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di Nicola Procaccini
di Nicola Procaccini
A meno di un anno dalla tragedia dello Tsunami, le istituzioni statali e religiose della
Thailandia implorano il ritorno del turismo occidentale, ma la situazione nel Paese
resta critica come lo era, d’altra parte, anche prima della terribile onda che spazzò
via migliaia di tailandesi e turisti di ogni nazionalità. Una gran mole di finanziamenti
è giunta nelle mani delle autorità nazionali ma la ricostruzione delle territorio sembra
procedere troppo lentamente. Eppure proprio dalla Thailandia arriva una storia di
speranza e solidarietà che merita di essere raccontata.
All’inizio è solo una vicenda di povertà e disperazione come altre con un protagonista
dal nome difficile da leggere quanto da scrivere: Amporn Wathanavongs. C’è un
vecchio detto thai che definisce i bambini come i beni più preziosi della nazione,
peccato che Amporn, da bambino, non abbia potuto confermare l’adagio popolare.
Nato a Surin, un piccolo villaggio in una delle zone più remote del Paese, Amporn
non ha mai conosciuto i suoi genitori, non ha mai avuto una casa ed è sopravvissuto
in strada insieme ad altri bambini grazie alla carità degli abitanti di Surin ma
soprattutto grazie all’istinto di sopravvivenza. Per tutta la sua infanzia Amporn è
vissuto mendicando, compiendo una serie infinita di piccoli furti, senza ricevere alcun
tipo di educazione o affetto sotto qualsiasi forma possibile. Una vita iniziata senza
alcuna speranza al punto che il ragazzino più volte cercò di uccidersi, ma senza
riuscirvi. Amporn oggi ci scherza sopra e racconta all’agenzia Asia News che ha
riportato recentemente l’attenzione sulla sua vicenda: “era troppo difficile vivere ma
non era tanto facile neanche morire”.
(Fonte Indipendente del 18 ottobre 2005)
Fanno irruzione nelle scuole medie per sequestrare gli studenti, poi li
addestrano alla guerriglia
di Nicola Procaccini
Nel liceo Nepal Rastriya si è consumato un dramma “in differita”. Hanno atteso
cinque giorni le autorità nepalesi prima di dare la notizia che il 22 giugno scorso i
ribelli maoisti sono entrati nella scuola superiore di Paudiamrai, un villaggio nel
distretto di Gumliche, ed hanno sequestrato 90 studenti di età compresa tra i 13 ed
i 15 anni.
Dei ragazzi rapiti non si sa nulla, tranne, forse, lo scopo del rapimento: “indottrinare”
i giovani sulla rivoluzione comunista che i guerriglieri maoisti portano avanti da anni
con l’obiettivo di rovesciare la monarchia in Nepal. Non sarebbe certo la prima volta.
I ribelli indottrinano in maniera sistematica i bambini per reclutarli nella guerriglia
maoista. Quasi cinquemila studenti dai 9 anni in su sono stati portati via da scuola e
costretti con la forza a partecipare alle manifestazioni dei miliziani. I ragazzini
vengono incoraggiati a lasciare scuola e famiglia, costretti a marciare per giorni
interi, e coloro che non resistono alla fatica vengono abbandonati nella foresta.
Gli insegnanti che si oppongono alle operazioni di reclutamento forzato nelle scuole
vengono massacrati, come nel caso del preside del Jana Priya College di Pokhara,
ucciso sulla soglia di casa da due ribelli in motocicletta.
A Musikot, capitale del distretto di Rukum, una delle zone più infestate dai ribelli, si
trova un’importante organizzazione per i diritti dei bambini, vi lavora Siddharaj
Paneru. “La guerriglia usa spesso i bambini come scudi umani o per portare
rifornimenti. – racconta Paneru – In molti casi i bambini vengono colpiti dagli
elicotteri dell’esercito perché costretti dai ribelli a portare via i feriti dalle basi
attaccate”.