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Vetri Rotti di Arthur Miller con Elena Sofia Ricci e Gianmarco Tognazzi.

Gli
orrori del nazismo e le inquietudini quotidiane. La recensione.

Il titolo richiama gli orrori della Kristallnacht del novembre 1938 - quella Notte dei
Cristalli che rappresentò una delle prime devastazioni condotte dai nazisti ai danni
degli ebrei - e intreccia gli eventi storici accaduti in Germania con la vita quotidiana di
una famiglia americana. Lo scopo è quello di affrontare l’argomento delle persecuzioni
da un punto di vista diverso, quello di Sylvia Gellburg (Elena Sofia Ricci), una
casalinga ebrea che vive negli Stati Uniti e apprende le notizie dai giornali,
scoprendosene scossa e ossessionata al punto di perdere l’uso delle gambe. È proprio
questa reazione psicosomatica agli eventi a dare il là allo spettacolo, strettamente legato
alla malattia della donna. Questo stato di infermità è infatti il pretesto per chiamare in
causa le due figure che cercano di aiutarla: il marito e il medico, rispettivamente
interpretati da Maurizio Donadoni e Gianmarco Tognazzi. I due uomini adottano
approcci differenti al problema: il primo, che ha un rapporto problematico con le
proprie origini ebraiche e si sente inibito all’interno del matrimonio con la bella moglie,
tende a minimizzare i drammatici accadimenti d’oltreoceano. Il secondo è invece
energico, in grado di trasmette alla paziente la forza per reagire, affascinandola con
carisma e autorevolezza. Si sviluppa così un intreccio complesso che mischia le tristi
tematiche storiche che tutti conosciamo (o dovremmo conoscere) alle frustrazioni e alle
inquietudini quotidiane, principalmente incentrate sulla vita di coppia.
I due atti che compongono lo spettacolo poggiano quasi completamente su dialoghi
mirati a sviscerare la natura tortuosa delle figure in gioco, pur senza mai raggiungere
una reale chiarezza, principalmente a causa del loro continuo alternare materie diverse
che vanno dalla politica all’attrazione sessuale.
Apprezzabile la scenografia minima, volta a enfatizzare l’introspezione e efficace nel
frequente cambio di scenario e argomentazione: la struttura adatta a contenere, almeno
in parte, uno spettacolo estremamente vasto, che nell’immensità dell’argomento
trattato rischia a più riprese di smarrirsi e di smarrire l’attenzione del pubblico.

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