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Il tango è la nostalgia
per qualcosa che non è mai stato
ma che avremmo voluto che fosse
(A.G.B.)
si
Quando si comincia un’impresa, si crede sempre di sapere dove
quella finale. ar
si andrà a finire ma quasi mai la meta iniziale corrisponde a
Scrissi il libro che state per leggere molti anni fa: un libro
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che all’epoca vendette trentacinquemila copie e che rappresen-
tò, per l’editoria di quel tempo, una novità assoluta, in Italia
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e nell’Europa intera. A fronte della cieca politica commerciale
delle grandi case editrici, che sovente considerano i libri solo
come opportunità di guadagno e non quali strumenti di acqui-
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altri testi che mostravano non solo che il fenomeno adduttivo
era reale ma che esso costituiva un grande trauma psicologico
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per chi lo subiva. Karla Turner scrisse un libro sulle adduzioni
al femminile, cioè il resoconto delle esperienze, recuperate con
tecniche ipnotiche, di donne addotte. David Jacobs, un profes-
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sore di storia della Temple University, si era interessato a questi
accadimenti e aveva pubblicato alcuni libri pieni di racconti e
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testimonianze.
Se esistevano le adduzioni dovevano esistere anche gli addot-
ti: e se esistevano gli addotti, che evidentemente non erano mi-
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oscure provenienti da altri pianeti. Per i fisici, poi, non si può
superare la velocità della luce e dunque tutto quello che riguar-
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da la venuta di un alieno su questo pianeta non può esistere
perché tra un pianeta abitato e l’altro esistono miliardi di chi-
lometri: anche se si superasse la velocità della luce le distanze
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da coprire sarebbero sempre proibitive. Per i politici, infine, gli
alieni non costituiscono un problema da risolvere perché essi
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non votano e dunque non sono degni di alcun interesse.
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Gli ufologi
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Nessuno in verità voleva scoprire di cosa effettivamente si
trattasse. Persino gli ufologi sotto sotto speravano che non ve-
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nisse mai compreso che cosa provocasse questo fenomeno, per-
ché altrimenti gli ufologi stessi non sarebbero più serviti.
Oggi, ad anni di distanza, capisco che in effetti non si po-
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tevano studiare gli alieni se prima non si fosse studiato l’ufolo-
go che avrebbe dovuto studiare l’addotto, cioè il protagonista
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dell’adduzione.
L’ufologo era come il prete per la religione: rappresentava il
trait d’union fra la divinità e l’uomo peccatore. E così l’ufologo
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era colui che “confessava” l’addotto, che spesso gli dava una sorta
di credibilità e che lo metteva in contatto con la sua esperienza
aliena. Ma tutto ciò avrebbe dovuto prevedere, a monte e prima
di ogni altra cosa, una piena consapevolezza del fenomeno ad-
duttivo da parte dell’ufologo. L’ufologo di quei tempi era invece
Ma
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cisamente basso. I pochi che avevano fatto l’università avevano
studiato tanto ma capito veramente poco. E tra quelli c’ero an-
che io.
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La realtà della ricerca in Italia
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Di fatto, in Italia non esisteva alcuna ricerca su questa fenome-
nologia. Quello che si sapeva era stato letto su qualche libro di
autori d’oltreoceano. La rivista specializzata che in Italia parlava
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et Marie Curie) e cercavo di dare il mio contributo scientifico
nell’ambito di quell’organizzazione di ufologi costituita da im-
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piegati delle poste in pensione, pseudo giornalisti senza gior-
nale, impiegati di banca, preti falliti, commercialisti in attesa di
prendere le redini dello studio paterno, seminaristi in cerca del-
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la loro identità e studenti fuori corso di fisica, eterni laureandi.
Ognuno tentava di esprimere il meglio di sé, ma io allora
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credevo che avremmo dovuto impegnarci di più nel campo
scientifico con fisica, chimica e biologia alla mano.
Non disprezzavo il lavoro degli altri, ma dovevo ammettere
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Ufo: mentre noi stavamo lì, a decidere come identificare con una
definizione una cosa non identificata, sul territorio italiano i fe-
nomeni di adduzione sarebbero esplosi nel giro di pochi anni.
I primi passi
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ego, ma mostrava chiaramente la mia poca consapevolezza, cosa
che emergeva dagli atteggiamenti che assumevo nei confronti
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del fenomeno oggetto dei miei studi. Io ero l’investigatore de-
putato a scoprire cosa si celasse dietro il fenomeno adduttivo,
ero colui che, come un cavaliere senza macchia e paura, anda-
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va contro le regole della società, scopriva gli alieni e indicava
ai religiosi che non eravamo soli nell’universo, contrariamente
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a quanto sostenuto dalle dottrine cattoliche della religione di
Stato. Ero colui che dichiarava ai servizi segreti lo smaschera-
mento del loro subdolo gioco di dissimulazione di un fenomeno
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ricoloso lasciarmi fare perché gli amici consiglieri militari, poli-
tici, massoni ed ecclesiali, non sarebbero stati d’accordo.
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Fu lì che ingenuamente e in ritardo rispetto ai tempi della
mia vita, capii che mentre io volevo davvero comprendere il fe-
nomeno ufologico, gli altri volevano soltanto essere ufologi.
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lib
Il libro, la storia, l’epurazione
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era importante per l’umanità. Era fondamentale comprendere
cos’era successo a Valerio, perché si trattava di un momento di
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riflessione in cui religione, politica, storia, scienza, psicologia e
chissà cos’altro venivano rivisti e messi a confronto. Se Valerio
era veramente stato addotto, come la sua iniziale testimonianza
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sembrava confermare, allora i fenomeni di adduzione erano re-
ali: quindi gli alieni esistevano e noi eravamo loro ignari oggetti
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di studio. O forse, senza che ce ne rendessimo conto, venivamo
semplicemente utilizzati? E se era così, per quale recondito e
nascosto obiettivo?
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Mi è poi successo molte altre volte di trovarmi di fronte a situa-
zioni simili, dove persone che fino a un minuto prima sembravano
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sostenerti, sentivano improvvisamente il bisogno di sconfessarti,
rinnegando senza alcun pudore le proprie posizioni e mostrando
un trasformismo degno dei più quotati politici italiani.
Ci rimasi molto male.
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Credevo di aver svolto un lavoro epico e invece scoprivo che,
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siccome avevo smascherato le magagne di alcuni loschi perso-
naggi all’interno di quel centro ufologico, questi avrebbero tan-
to voluto tapparmi la bocca per sempre.
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alieno, e identificate le differenti specie di microchip che gli alie-
ni, durante interventi operatori e chirurgici, introducevano nei
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corpi degli ignari e inconsapevoli addotti. Il centro ufologico
dal quale ero uscito, nelle persone dei suoi consiglieri, di fronte
alle mie dichiarazioni era totalmente impazzito. Forse temeva
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che gli amici militari si arrabbiassero, o forse aveva solo paura
di perdere l’immagine di serio gruppo ufologico tutto dedito a
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scoprire misteri e segreti che i servizi segreti non volevano di-
chiarare. Tutti i componenti dell’allora direttivo di quel centro
mi si rivoltarono contro e io rimasi solo.
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si
cosa succedeva durante l’adduzione. L’alieno era interessato a
essa in quanto fonte di vita immortale. L’alieno non voleva fare
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l’esperienza della morte. In quel contesto usava l’addotto, in
particolare la sua parte animica immortale, per rigenerarsi. La
parte animica dei soggetti addotti era quasi sempre totalmente
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inerme di fronte all’adduzione che lei stessa faceva fatica a com-
prendere.
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Ma cos’era questa parte animica? Un gruppo di vettori e
tensori legati allo spazio e all’energia ma mancanti dell’asse
del tempo. Anima vedeva il tempo come un tutt’uno, un solo
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potente. Nei trattati esoterici e gnostici come la Pistis Sophia,
si parlava di arconti che avevano voluto creare dei contenitori
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umani in cui mettere la parte animica, che doveva essere sem-
pre loro asservita. La parte animica era l’espressione di un’im-
mortalità che l’alieno bramava e che per lui costituiva il mito di
Prometeo.
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Il braccio secolare del potere sul nostro pianeta si era col-
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lusivamente unito alle forze aliene in cambio di un poco di
immortalità. Dal canto loro, gli alieni avrebbero vissuto con
la copertura perenne dei nostri governanti che, in guisa delle
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Coscienza e consapevolezza
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scritti altri, tra cui Alieni o Demoni. Avevo scritto anche alcu-
ni articoli che cercavano di spiegare scientificamente, a livello
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di fisica quantistica, il fenomeno adduttivo. Con alcune analisi
scientifiche avevo chiarito la natura dei vari microchip che tro-
vavamo nel corpo degli addotti; avevamo anche relazionato sul
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fenomeno della percentuale isotopica che sembrava dimostrare,
senza ombra di dubbio, che il materiale con cui erano costruiti i
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microchip non fosse terrestre (dati ricavabili con analisi di spet-
trometria di massa a struttura fine).
Ma ci eravamo dedicati anche al funzionamento del nostro
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va “demoni” e che invece altro non erano che alieni senza corpo,
che usavano quello dell’adotto per poter succhiare la parte vita-
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le di Anima. Ma più insistevo nel forzare la mano sugli addotti,
più essi si ritrovavano nel fenomeno. Alcuni di loro addirittura
si rivoltarono ferocemente contro di me, lasciandomi perplesso
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di fronte alle loro reazioni: in un primo momento mi conside-
ravano il loro salvatore e subito dopo divenivo il loro nemico.
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Non avrei probabilmente risolto la situazione se, a un certo
punto della mia vita, non avessi quasi totalmente perso la vista.
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pochi secondi e contemporaneamente la lente destra dell’occhiale
si spezzò inspiegabilmente a metà.
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Dopo diciassette anni, a seguito di un’altra aggressione ver-
bale da parte di un familiare, a mio avviso del tutto ingiustificata,
cominciai a perdere la vista all’occhio che ancora vedeva. Stavolta
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neanche il cortisone riuscì a fermare il processo. La situazione si
aggravò nel giro di pochi giorni, durante i quali, ora dopo ora, ci
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vedevo sempre meno. Stavo uscendo dalla società dei vedenti.
In quegli istanti, però, mentre perdevo la capacità di vedere
ciò che era fuori, acquisivo quella di guardarmi dentro.
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sue misurazioni. Durante le innumerevoli sedute di ipnosi che
avevo effettuato su altrettanto numerosi addotti, ero riuscito a
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gestire benissimo il fenomeno del transfert. Mentre in ipnosi
il soggetto riviveva i momenti più drammatici e terrificanti del
suo scontro con le forze aliene, io rimanevo impassibile di fron-
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te alle urla, spesso strazianti, che uscivano dalla stanza di casa
mia, dove ero solito effettuare le sedute ipnotiche.
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Il test tct prevede di simulare nella propria mente la presen-
za di tre sfere colorate che rappresentano ideicamente anima,
mente e spirito del soggetto che deve verificarne, con opportune
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Ero anche l’altro che mi veniva contro. La mia anima mi aveva
suggerito che avevo perso la vista esterna perché in questo modo
Guardarsi dentro
r ar
ero stato costretto, una volta per tutte, a guardarmi dentro.
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Nel giro di poche ore il mondo mi apparve totalmente diverso.
Ora si capiva bene quello che era successo: io sono l’altro, che mi
appare come uno specchio di me stesso. Avevo voluto studiare il
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solo per quello che avevo scoperto, primo fra tutti, l’esistenza
della parte animica nell’ambito dei fenomeni di ipnosi profon-
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da. Ancora una volta l’altro faceva da specchio a una mia esigen-
za, l’altro – che in questo caso era rappresentato dall’addotto
di turno – rispecchiava tutto quello che io, di me, non volevo
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vedere né prendere in considerazione. La mia parte animica.
Tutto il lavoro degli ultimi vent’anni sulle ipnosi regressive mi
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gridava ad alta voce: «Non vedi che sono qui, non vedi che sono te?»
Di lì a poco compresi che non avevo fatto altro che emulare
il mito di Edipo. Edipo vuole salvare la sua popolazione dall’a-
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dunque nel mito non esiste. Ma io potevo scriverla.
Non si tratta di un momento egoico ma una necessità.
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Il tornare a vedere, per me e per Edipo, significa solo avere
raggiunto una perfetta comprensione, chiudendo quel ciclo di
consapevolezza che porta la nostra coscienza a divenire consa-
pevole di sé.
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manipolarci per prendere quella parte animica immortale, attra-
verso cui sarebbe stato possibile fermare l’Universo in un eterno
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presente non evolutivo. Gli Dei, attraverso la nostra anima, non
sarebbero morti e sarebbero dunque divenuti immortali.
Gli Dei rifiutavano quell’esperienza che noi, inconsapevol-
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mente, avevamo accettato di fare. Noi avevamo deciso di venire
su questo piano esistenziale quali esseri eterni ma, per com-
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prendere appieno cosa vuol dire dualità, cosa significa nascere
e morire, cominciare e finire, dovevamo passare attraverso una
particolare esperienza formativa, quella della morte fisica.
cro
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L’esperienza va fatta. Nell’istante in cui comprendiamo tut-
to questo, la nostra Coscienza, che è la Creazione, decide che
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non abbiamo più bisogno dell’esperienza aliena: ed essa scom-
pare come per incanto. Nello stesso unico eterno istante in cui
l’universo virtuale vive, gli alieni capiscono che bisogna accetta-
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re l’esperienza, passarci nel mezzo e guarire dalla malattia.
La malattia, dal suo canto, altro non sarebbe che un istante
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di non comprensione in cui ognuno di noi si chiede qualcosa.
Nel momento in cui ti dai una risposta guarisci dalla malattia.
La natura totalmente psicosomatica dei nostri eventi ci por-
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asse delle energie.
Un universo che ci appare duale solo perché noi crediamo
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che lo sia e dunque lo creiamo inconsapevolmente come pen-
siamo di doverlo costruire. Ed ecco che esso ci appare come noi
crediamo che esso debba essere. Ma, nell’istante in cui la no-
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stra consapevolezza cambia e sappiamo che la dualità è solo un
mezzo per comprendere l’unicità del tutto, ecco che noi creiamo
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il nostro virtuale come non più duale e così esso ci appare.
Questo è il nocciolo della rivoluzione totale che sarà non una
rivoluzione armata, non una rivoluzione culturale, industriale o
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perdiamo in realtà abbiamo vinto perché abbiamo imparato da
quella parte di noi più brava nel giocare.
è il gioco stesso.
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Ora ci troviamo nella fase in cui ci siamo accorti che in realtà
la cosa che lega i due giocatori, facendoli divenire una cosa sola,
o fotoni che siano, fossero due e solo alla fine del nostro percor-
so coscienziale, avremmo potuto apprendere la verità. Invece è
successo che alcuni di noi si sono accorti di tutto questo a metà
del gioco. Sei a metà della partita e scopri che il tuo nemico sei
tu stesso, che hai inconsapevolmente creato il gioco e che non
Ma
vincerai né perderai.
A che scopo continuare a giocare?
Mi sono dato la seguente risposta:
si
sta fingendo e che dopo una settimana tornerà a essere ricco.
La vera esperienza è quella vissuta genuinamente, in cui non
sai di essere ricco.
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Noi siamo ricchi perché siamo tutto, ma sovente non ne sia-
mo coscienti. Oggi, la fisica quantistica e la termodinamica ci
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dicono che il gioco finisce bene, che alla fine non ci saranno né
alieni né alienati ma un unico universo olografico in cui ogni
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pixel di tale ologramma avrà la stessa risoluzione (coscienza)
dell’intero ologramma.
Gli Ufo nella mente è stato il punto di partenza di questa
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