Indice
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Profazione all'edizione italiana
Premessa
Abbreviazioni
I. L’analisi musicale in generale
1. Collocazione dell’anatisi tra le disciptin: musicologiche
2. Natura dell’analisi musicale
Il. L’analisi musicale prima del ventesimo secolo
1. Preistoria
2. 1750-1840: struttura fraseologica e mod:lli morfologici
3. 1840-1900: concezioni organicistiche e didavtica della forma
4. Consapevolezza storica dell’ Ottocento
TI. L’analisi musicale nel ventesimo secolo
1. I primo Novecento: tecniche riduzionistiche e analisi dello stile
2. 1920-45; teoria delle rensioni ¢ liveltt st: wtturali
3. Dissenso empirista
4. 4945-60: linguistica, cibernetica, unit | nati
5. 1960-75: teoria degli insiemi, analisi. , ntazionale e altre tendenze
6. Verso gli anni Ottanta: le grammati: lla musica
IV. La metodologia dell’analisi’
91. Introduzione
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“2. Struttura fondamentale (Schenker)w
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Indice
wzione tematica (Réti) e analisi funzionale (Keller)
morfologica
fraseulogica (Riemann)
per patametri e per tratti stilistici
Semiologia musicale (Ruwet ¢ Nattiez)
oria dell’informazione
%. Analisi insiemistica
Licrrure.
1. HH. Schenker - La Sarabaerda della Terza suite per violoncello solo BWV
1009 di Bach.
2. R. Rétt - La Sonata in si-bemolle minore op. 35 di Chopin
3. D.F. Tovey - La Sedunda Sinfonia in re reaggiore op. 73 di Brahms
4, HeRiemann - 1a Sonata in sol meggiore op. 14 n. 2 di Beethoven
5. J. LpRue - Ul primo movietente della Golden Sonata di Purcell
6. bh Nattier e L. Hirbour Paquétte 11 Preludio del Pedléas et Mélisande di
ebussy
7. J.B, Youngblood - Venti melodie da Die schone Meilierin di'Bchubert,
1 Paulus di Mendelssobn ¢ Fratenhebe und -leben di Schumann
B.°N. Boker-Heil - U1 madrigale Vestive i colli del Palestrina
9%. A, Forte . L'Introduzione alla Prima Parte del Sacre du printemaps
ditSteavinskij
Glossario di termini analitici di Williams Drabkin
Note
Indice analitico
Riferimenti bibliografici
Fonsi det materiale illustrativePrefazione all’edi: one italiana
Per una coincidenza quasi fatidica, la preps azione di questo manuale é en
trata nella fase conclusiva mentre la storia dell xnelisi musicale in Italia voltava
pacina. Gli eventi che hanno scandite tale svolta, fra la primavera 1989 e Pin
verne 1990, si sono incrociati con accadimenti storici di rilevanza planetaria
sicché & probabile siano sfuggiti anche agli addetti ai lovori. Ma ciascuno d’essi
ha rappresentato un'innegabile novita: dall’ “incontre «i studio” sull’analisi che
si é svolto a Reggio Emilia nel marzo 1989, con il patiocinio di quel Comune,
dell’Istituto musicale “Achille Peri” ¢ delta rivista «Musice/Realia»*, alla fon-
dazione, nel luglio successivo, della Societa Italiana di Analisi Musicale; dalla |
pubblicazione nel novembre 1989 dei numero zero di «Analisi», trimestrale
della societa anzidetta, alfa costituzione nel gennaio 190 del Gruppo Analisi
e Teoria Musicale.
Sulla novita di eventi siffatti non é il caso di insistere. Che nel nostro paese
non vi siano mai state, prima d’ora, né societ& né riviste d'analisi & una realta
nota a chiunque abbia qualche familiatiti con le cose musicali italiane. Quanto
al? “incontro”’ di Reggio Emilia, per rendersi cont: «he si @ trattato del pitt
vasto dibattito sull’analisi mai organizzato in Italia. !-1sta elencare le associ
zioni che vi hanno aderitg: la Societ’ Italiana di Muri ologia, la Societa Itali:
na di Ethomusicologia, la Societa Italiana di Educazione Musicale, PAssociazione
Italiana di Informatica Musicale, Ia sezione italiana della International Asso:
ciation for Studies in Popular Music. Piuttosto vale la pena di soffermarsi sul
significato che rivestono per la nostra cultura musicale i] successo del?’ “incon-
ave” in questione ¢ Ia fondazione dei due sodalizi neonati. Petché é vero che
“$a Europa non ¢'é pitt penuria di riviste, societa e convegni dedicati all’analisi
(nelPottabre 1K) te Sexcléeé Frangaise d'Analyse Musicale ha organizzata a
ee
* Agli att! dell Mnconten” sath proatimatente dedicata, cura di Marto Baroni e Rossaun
Dafmonte, une cle! @Juaileant lf Mistlea/Renled».van Analisi mesicale
Colmar addirittura un 1° Congrés Européen d’Analyse Musicale), ma & anche
vero che gli eventi ora menzionati sottintendono modifiche tanto profonde da
condizionare le intenzioni stesse con cui questo manuale viene a proporsi al
nostro pubblico.
Tali modifiche sono sopratiutto evidenziate da due dati: il fatto che gli-stu-
iliosi italiani di analisi si sono risolti a consorziarsi, mirando a una «migliore
slefinizione metodologica e didattica della disciplina, anche alla luce di espe-
tienze straniere assumibili per qualche esemplarita» (De Natale 1989); e l'alto
ttumero di quanti sono oggi attratti, anche in Italia, dalle pit sofisticate fra
le esperienze straniere in questione (donde, ad esempia, il ‘tutto esaurito” re-
uistrato, nell’ambito deil’ “‘incontro”’ di Reggio Emilia, dal seminario schenke-
viano di William Drabkin, coautore del presente volume). Questi dati, infatti,
voincidono con la scomparsa di due sintomi trai pit manifesti dell’arretratezza
degli studi analitico-musicali nel nostro paese: l'isolamento degli studiosi, da
‘ina parte; e il disinteresse per le tecnologie pit evolute, dall’altra._
Tutto questo potra sembrar poco, specialmente ai lettori pitt giovani. E dunque
‘] caso di rievocare termini allarmanti con cui un presidente deila Societa Ita-
liana di Musicologia, Claudio Gallico, parld della situazione dell’analisi del no-
sro paese al quartultimo congresso della International Musicological Society
‘lundicesimo, tenute a Copenhagen nell’agosto 1972): pit precisamente nel
orso di una tavola rotonda sui Metodi attuali di analisi stilistica della musica,
‘he vide Ia partecipazione di uno degli autori di questo manuale, Jan Bent, nonché
lei tedeschi Norbert Béker-Heil, Ludwig Finscher, Christian Wolff, dello ju-
soslavo Dragotin Cvetko, e degli americani Lewis Lockwood, Harold Powers,
‘eo Treitler, Peter Westergaard. Ecco l’esordio delPintervento di Gallic (1973,
np. 14-5):
I metodi pid sottili ed elaborati dell’analisi stifistica musicale non sono comuni
in Italia. Semplificando molto, Pindagine musicologica, del tipo tradizionale, ha certi
(1) ha forte inclinazione umanistica, ¢ vocazione storicizzante, (2) segue
modelli di cultura e di metodo della critica letteraria e figurativa; (3) & spesso condi-
zionata da un’acuta preoccupazione di impostazione metodica e teorica estetica ge-
nerale. A questo livello Poperazione analitica non supera generalmente lo studio
e Ja descrizione della forma grande, defle dimensioni architettoniche. Tuttavia al-
cuni esponenti della cosiddetta ‘nuova musicologia italiana” sono dotati di capaci-
t& analitice sufficiente; e in certi casi molto raffinata. Ma forse mai nessuno di nok
ha applicato quei procedimenti di analisi, come Ja si intende oggi in vari centri ame-
ricani o europei: per un fine di identificazione, o statistico, o di catalogazione; o
Vanalisia strati di Heinrich Schenker ¢ dei suoi epigoni. Certo, taluni di noi sanno
scompotre if pezzo musicale, ¢ quitsdi: individuare ¢ nominare gli clementi costitu-
tivi; studiarne ¢ porre in evidenza le funzioni ¢ le relazioni. Ma ancora non sussi-
stono metedi uniformi; non un indirizze unitario, una coscienza teoretica comune:
né comune & il codice sostitutivo, Ja grammatica dell’analisi.
E vero: confrontando Pintervento di Gallico con quelli degli altri partevi
panti alla tavola rotonda di Copenhagen, ess appare pit un’ exeusatin now pePrafeztone ies
tifa che una squilla di riscossa. Ma cid si spicga. In primo luogo, la tavola rotonda
in questione prevedeva, dopo un primo giro di interventi teorici, una tornata
analitica incentrata su tin madrigale del Palestrina (Vestiva i colli) e sul tempo
lento di una sonata pianistica di Beethoven (op. 10 n. 3). E in quella sede
Gallico si sarebbe trovato ad analizzare i rapporti fra parola ¢ musica nel ma-
drigale palestziniano in termini quanto meno inattuali, se misurati sugli inter-
venti di Biker-Heil, che dello stesso madrigale ‘roponeva una mitabolante analisi
computazionale (Boker-Heil 1972b), 0 di Ber‘, che aveva eperto i lavori pole-
mizzando con i recenti tentativi di trasferire a'l’arvalist- musicale i suggerimenti
metodologici delle grammatiche trasformazionsli Bent 1972). In secondo lno-
go, Gallico parlava da musicologo storico, non ga teorico. Poteva quindi testi-
moniare sulle vicende dell’ analisi musicale-in Italia, non prospettare I’unica via
d’uscita praticabile all’epoca: un’operazione teosica di alto livello, capace di
rivendicate all’analisi la sua piena autonomia fra le discipline musicologiche.
E pei, anche a proporré un’operazione del genere, quali nostri musicalogi teo-
tict avrebbero potuto inearicargene? Praticamente nessuno, pesando su di essi,
pitt ancosa che sugli storici, due handicap puntualmente registrati da Gallico:
Pinsufficiente conoscenza dei meccanismi del linguaggio musicale, e la loro for-
mazione umanistica, che li portava a vedere nell’analisi tutt’al pix uno stru-
mento sussidiario di lavoro. Si spiega cos) come il pit brillante saggio analitico
pubblicato in Italia negli.anni Settanta rechi fa firma di un giovane storico,
Renato Di Benedetto (1978), e come Ia prima teoria dell’analisi mai proposta
da un nostro studiuso sia opera, negli stessi anni, di un didatta trasformatosi
in teoreta «per destino imposto»: Marco De Natale (1978), titolare dal noyem-
bre 1970 di un corso straordinario di analisi presso il Conservatorio di Milano.
Queste considerazioni sono decisive per comprendere come le recenti fortu-
ne dell’analisi nef nostro paese possono influire sulle ambizioni. di questo fibro.
Tnfatti ne consegue che tali fortune non presuppongono alcun process evolu-
tivo preordinato e consapevole, Presuppongono invece una miriade di fattori
del tutto,scoordinati ¢ casuali: ¢ intanto Ia serie di sperimentazioni didattiche,
di proposte editoriali, di iniziative scientifiche che hanno preso l'abbrivo nei
primi anni Settanta, senza altri punti di contatto che il richiamo a un approc-
cio afificonvenzionale all’esperienza musicale e ai modi tradizionali di parlarne.
Nell’ambito delle istituzioni scolastiche, aperture significative si sono avu-
te, fra il 1970 e i] 1971, con Vistituzione da parte dell’Universita di Bologna
din corso di laurea in Discipline delle. Arti, della Musica c dello Spettacolo
(Dams), e con Vintroduzione in alcuni Conservatori di corsi novennali di Nuo-
va Didattica della Composizione. Certamente modeste, se rapportate alle istanze
sessantottesche di palingenesi della scuola italiana, queste novita hanno tutta-
via comportato — per decine di giovani intenzionati a dedicarsi professional-
mente alla musica — un apprendistato di qualita sin N ignota, tanto ai diplomandi
in composizione dei nostri Conservatori quanto ai laureandi in Storia della musica
presso la dozzina di facolt& universitaric allora dotate di tale insegnamenro.
Si pensi, per convincersene, a quanti studenti de] Dams si sono accostati ai pro-Arvatisi musicale
blemi della tecnica compositiva sotto la guida di maestri come Aldo Clementi
o Franco Donatoni; oppure all’utilizzazione sistematica di modelli linguistici
nel corso di Nuova Didattica della Composizione che il Conservatorio di Ca-
gliari ha affidato nel 1975 a Franco Oppo (1982).
Quasi contemporaneamente, nel 1972-73, comincia a trovate applicazione
in Italia uno dei metodi d'analisi «sottili ed elaborati» sin Ii ignorati anche dal-
la “nuova musicologia italiana”: l’analisi distribuzionale messa a punta dieci
anni prima dal linguista francese Nicolas Ruwet. Nelle ricerche sui corali Iute-
rani di Mario Baroni ¢ Carlo Jacoboni (1973), essa é ancora un punto di riferi-
mento teorico. Ma negli scritti di semiotica che Gino Stefani inizid a pubblicare
in quegli anni, i] metodo di Ruwet trova anche applicazione pratica. Mi riferi.
xa specialmente aun articolo apparso nel 1976 sulla «Rivista Italiana di Musi-
vologia» Stefani 1976), ¢ cuimeplicdt tamburo battente ii musicologo olandese
Frits Noske (1977), inviando alla stesse riviste uno scriteo ancora pit memora-
hile ai nostri fini. Uno scritto che rappresenta al tempo stesso il primo inter-
vento polemico su questioni di metedo-analitico mai pubblicato in Italia; un
segnale indubbio che la nostra maggiore rivista musicologica sf4ya aprendosi
snch’essa a tematiche analitiche aggiornate (in questi anni il sudfamitato di-
rettive fa capo, non a caso, a Lorenzo Bianconi: musicologo itd@psviezero di
formazione germanica); ¢ un’eloquente testirnonianza di come le anali-
liche di Stefani attirassero pit l'interesse degli stadiosi stranieri che iy ‘quelli
italiani. Il che non toglie che il diffuso interesse per l’analisi oggi riscontrabile
nel nostro paese sia dovuto anche al lavore dé Stefani. Solo che 2 dovuto so-
orattutto alla sua capacit’ di introdurte ¢ interessare ai meccanismi della co-
‘nunicazione musicale i non addetti ai lavori: i portatori di «competenza musicale
omune», che sono da sempre gli interlocutor’ ideali di questo studioso (Stefa-
ii L978). Un analogd merito storico va riconosciuto del resto anche a Baroni
Jacoboni, le cui ricerche non hanno certo convertito molti musicologi italiani
uso del computer a fini analitici, e tuttavia hanno stittolato a tale uso una
‘ascia patticolare di non addetti ai Javori (0, pili esattamente, di addettyad altri
‘avori): quella degli espexti di isiformatica musicale, che hanno ripetutamente
ipresovin proprio la metodologia esperita da questi due studiosi nelle Igro ri-
crche sulle grammatiche musicali generative (Camilleri 1986, p. 357).
Dalla meta degli anni Settarita, peraltro, la proliferazione di interessi anali-
ici nel nostro paese si affida anche alla nuova attenzione dell'editoria italiana
‘er una produzione musicologice di qualita. E la fine del fungo osteacismo di
jualsiasi testo specialistico si provasse corroborare la trattazione storice-critica
on puotuali rilievi analitici (le dita di una mano4astano a contare i libri di
luesto genere usciti in Italia nel quindicenno 1954-68: che pure non fu dei
eggiori, aprendosi con Espressionismo e dodecafonia di Luigi Rognoni ¢ chiu-
lendosi con Fase seconda di Mario Bortolotto}. Ed & anche linizio della sco-
erta autodidattica dell’analisi de parte di un crescente numero di leltori, «
i incoraggiati da traduzioni importanti come quella di The classical stylePrefazione xt
[Lo stile classico} di Charles Rosen, edita da Feltrinelli nel 1979, oppure da opete
originali come la Storia della musica curata dalla Societa Italiana di Musicologia
e pubblicata dalla EDT a partire dal 1976 (un’insolita abbondanza di spunti
analitici s’incontra gia nei primi volumi usciti: si pensi al Medioevo I, di F.
Albetto Gallo, apparso nel 1977).
Possiamo ora comprendere come mai, alla fine del decennio successivo, |’ “‘in-
contro” di Reggio Emilia abbia richiamato da ogni parte musicisti pratici e mu-
sicofili colt, esperti di informatica ed etnomusicologi, docenti di scuole primarie
e secondarie, studenti ¢ professori univetsitari e di conservatorio. Tl fatto é che
quanti potevano essere interessati, nell’Italia degli anni Settanta, a produrre
discorsi analitico-musicali o a fruirne sono stati tutti raggiunti da qualche solle-
citazione a nutrire questo loro interesse. Né va dimenticato, a questo proposi-
to, l'importante contributo dell’etnomusicologia, il cui ingresso fra gli
insegnamenti universitari (1976) ha moltiplicato le possibilita di incontro dei
nostri giovani con l'analisi intesa come strumento d’indagine scientifica.
Quanto agli anni Ottanta, essi consolidano le posizioni raggiunte nei settori
della didattica ¢ della ricerca, non meno che in campo editoriale. Nescono rivi-
ste come «Prospettive musicali», «Quaderni di informatica musicale» ed «Eu-
nomio»: dall’esistenza talora effimera e di qualita non sempre superlativa, ma
pur sempte interessate programmaticamente a problemi di analisi. Si fanno pitt
stretti i legami fra la grande editoria e la nuova didattica musicologica, tra l’al-
tro inducendo ¢re diverse casc editrici — Discant' Marsilio ¢ 11 Mulino —
ad adoperarsi nella diffusione dell’opera di Carl Danfhaus, e dunque anche di
un testo fondamentale come Auatyse und Werturteil [Analisi e giudizio estetico]
(Dahlhaus 1970), Proliferano iniziative didattiche di vatio rango, che spaziano
dal corso estivo di analisi in qualche Jocalitd amena al ciclo di seminari finaliz-
zato a progetti di ricerca intercultural (si pensi a quelli che }Istituto Interna-
zionale di Studi Musicali Comparati organiaza annualimente a Venezia dal 1987).
inoltre, l’analisi diventa I’asse portante pil o meno dichiarato dei corsi speri-
mentali ch¥ alcuni Conservatori (in primo luogo quelli di Milano ¢ di Roma)
cominciano a varare verso la met’ degli anni Ottante, facenda leva ora sui de-
creti istitutivi delle Scuole sperimentali di Composizione, ora sulla normativa
della sperimentazione didattica nelle scuale secondarie. Tuttavia i! primo cor
so di conservatorio i cui studenti abbiane sentito parlare dei metodi analitici
di Heinrich Schenker, Leonard B. Meyer ¢ Allen Forte & stato vérosimilmente
il corso di computer nmsic tenulo da Lelio Camilleri presso il Conservatorio di
Firenze, nel cui ambita sane da tempo operativi orogrammi di analisi compu-
tazionale ispirati appunto ai metodi dei tr studios anzidetti (Camilleri-Carreras-
Grossi-Nencini 1987). In campo scientilicn, infine, gli anni Ottanta si aprone
con tte convegni patrocinati dalla Sogieta ftaliana di Musicologia — la terza
edizione degli Studi corelliani (Fusignano, 1980), Music grammars and contputes
analysis (Modena, 1982), Frescabald} ¢ if so tempo (Ferrara, 1983) — nei qualiAsalisi musicale
comincia a manifestarsi quella volonta di incontre e di dibattito sulla proble-
matica dell’analisi, che di [ia qualche anno imdurr’ i nostri musicologi alle ini
ziative consociative ricordate all’inizio. Certo, la preponderanza degli studiosi
non italiani nelle sedure analitiche sulla musica di Corelli e Frescobaldi svoltesi
durante i convegni del 1980 e del 1983 @ pressoché assoluta (cfr. Durante-
Petrobelli 1982, pp. 45-117, e Durante-Fabtis 1986, pp. 281-327). Sicché.si
potrebbe meglio intendere tali sedute come ulteriori indizi della recente tivita-
lizzazione della nostra musicologia da parte di studiosi formatisi o specializza-
usi all’estero: nella fattispecie, Pierluigi Petrobelli, coordinatore del convegno
di Fusignano, e Thomas Walker, presidente del comitato scientifico-organizzativo
di quello di Ferrara. Ma il convegno modenese del 1982 ¢ indubbiamente [’an-
tesignano dell’ “‘incontto” di Reggio Emilia del marzo 1989. Si consideri come
Tuno e l’altro abbiano fatto capo a Mario Baroni, che ha coordinato il primo
in collaborazione con Carlo Jaceboni e altri componenti il stro gruppo di lavo-
ra, ¢ il secondo insieme a Rossana Dalmonte. E si osservi come il convegno
di Modena — per i] fatto stesso di concentrarsi su particolari tecniche analiti-
che, anziché su musiche o autori determinati — abbia consentito, gia nel 1982,
un’attendibile verifica dell'ampiezza dell’interesse per P’analisi maturata in Italia
nel] decennio precedente. Non a caso il gruppo dei relatori italiani prefigura
con stupefacente esattezza l'eterogeneo insieme dei partecipanti all’ “‘incontro”’
di Reggio Emilia, comprendendo musicologi come Baroni e.Stefani, etnomusi-
cologi come Giorgio Adamo, musicisti e docenti di conservatorio come Azio
Corghi ¢ Franco Oppo, informatici come Lelio Camilleri, musicofili colti’come
Laure Tedeschini Lalli, Claudio Baffoni e Francesco Guerra dell’Istituto ma-
tematico “G. Castelnuovo” dell’ Universita di Roma (Baroni-Callegari £984)
E finalmente possibile trarre da tutto cid una conclusione direttamente tife-
ribile al presente manuale. L’interesse per !'analisi musicale che gli anni No-
vanta ereditano dai due decenni precedenti sembra davvero dotato di
un’ampiezza straotdinaria, Ed @ certo che senza un tale elemento*propulsore
la situazione italiana di questa disciplina sarebbe ancora quella tratteggiata da
Gallico diciotto anni fa. Tuttavia— data la natura, la varieta, fa catmalita delle
occasioni che lo hanno propiziato — si tratta anche din interesse costituzio-
nalmente fragile ¢ facilmente dispersivo. Se la svolta da esso solléeitara deve
essere irreversibile, come tutti ci auguriamo, occorre dunque aiutare Guesto in-
teresse a qualificarsi e consolidarsi alla luce delle massime acquisizioni Mel pen-
siero analitico moderno. Qui sta il senso ultimo della coincidenza fra la
pubblicazione di questo manuale e Ja svolta registrata nel 1989-90 dalle vicen-
de dell’analisi in Italia. Non nel proporsi come un’ennesima novita statistica,
come if primo manuale di analisi in lingua italiana da affiancare alla prima rivi
sta o alle prime socicta di analisi fondate nel nostra pacse. Bens! nel fatto che
esso pud essere — in quanto concepito ed elaborato nel modo che stiame pet