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VITIGNI AUTOCTONI UMBRI

PROCANICO
Il suo nome deriva dal latino “praecanere” (incantare, ammaliare) in loco detto
anche trebbiano rosa. Vitigno utilizzato per lo più lungo i confini fra Toscana, Umbria
e Lazio, con l’Umbria come patria d’elezione. E’ geneticamente identico al trebbiano
toscano ma si differenzia sia morfologicamente (foglia e grappolo più piccoli) sia per
la produttività nettamente inferiore. Rispetto al trebbiano toscano come vino è più
aromatico, con sentori vegetali e aromi balsamici, dimostrando una certa
personalità.

GRECHETTO
E’ coltivato principalmente in Umbria e nell’Alto Lazio. Resiste al freddo e alle gelate
primaverili. Le rese sono molto alte per cui abbisogna di essere controllato con
opportune potature. Si ottengono vini fruttati e di corpo. Può essere spumantizzato
ed anche passito. Grappolo di media grandezza, cilindrico, spargolo, buccia sottile
ma consistente, acino di media grandezza di colore giallastro.

TREBBIANO SPOLETINO
Riscoperto negli ultimi 10 anni, appartiene al territorio compreso fra Spoleto e
Montefalco, storicamente maritato agli olmi e agli aceri. Diverso sia dal trebbiano
toscano che da quello abruzzese. Produce vini di spiccata personalità, molto
profumati (erbe aromatiche, agrumi) e acidi, sarà molto interessante assaggiare i
nuovi trebbiani spoletini alla distanza di alcuni anni. Si ritiene particolarmente
adatto alla spumantizzazione.

VERDELLO
Sostanzialmente coltivato solo in Umbria, fatta la debita e strana eccezione di alcune
decine di ettari coltivati in Sicilia. Il nome deriva, con molta probabilità, dalla
colorazione delle bacche, verdi anche a settembre. Grappolo medio-piramidale, acini
sferici di piccole dimensioni, produttività media-regolare, ama i terreni argillosi e
calcarei. Dà vini leggermente amarognoli e fruttati. E’ previsto nei disciplinari delle
DOC Orvieto, Colli del Trasimeno e nel Bianco di Pitigliano.
SAGRANTINO
Coltivato nella zona di Montefalco sin dal Medioevo. Provenienza possibile l’Asia
Minore portato dai Frati Francescani (una leggenda parla addirittura di San
Francesco) oppure di origine greca importato dai monaci bizantini. Il nome deriva da
sacer ovvero sacro o sagra, vino della festa e delle funzioni religiose. Nato come vino
dolce oggi è più diffuso nella versione secca. Grappolo medio-piccolo cilindrico,
semi-spargolo. Uva con più sostanze polifenoliche al mondo (specie tannini).
Presente nella DOCG Montefalco Sagrantino e nella DOC Montefalco Rosso.

SANGIOVESE
Il vitigno più coltivato in Italia e tra i più importanti, ha come patrie d’elezione la
Toscana e la Romagna, ma è diffuso in tutto il centro Italia. Il nome sembra derivi da
SANGUIS GIOVIS, sangue di Giove, nome attribuitogli da un monaco del Convento di
S.Arcangelo di Romagna, situato nei pressi del Monte Giove, durante un banchetto in
onore di Papa Leone XII. Il primo a parlarne con una certa cognizione fu il Soderini.
Entra in quasi tutte le DOC umbre per quanto concerne i vini rossi, fra queste, di
maggiore rilevanza, sono la DOCG Torgiano Rosso Riserva e la DOC Montefalco
Rosso.
.

CANAIOLO
Vitigno antico, già in uso degli Etruschi, diffuso in Italia Centrale, fra Toscana, Umbria
e Alto Lazio, è previsto e utilizzato nella DOCG Torgiano Rosso Riserva e in varie DOC
dell’Umbria. Grappolo medio, cilindrico acini rotondi, buccia blu-viola, pruinosa.
Predilige il caldo e i terreni collinari. Colore del vino è rubino, alcolico ma di scarsa
acidità, profumato e aromatico.

CILIEGIOLO
E’ coltivato in tutta l’Italia Centrale ed anche in Liguria (Riviera di Levante). Il nome
prende origine dal colore e dal caratteristico aroma che ricorda la ciliegia. Usato
spesso in assemblaggio perché apporta alcol e morbidezza, oggi viene sempre più
spesso usato in purezza perché si è dimostrato ottimo per l’invecchiamento.
Grappolo grosso, cilindrico piramidale, alato, acino grosso, rotondo, nero-violaceo.
VITIGNI AUTOCTONI LAZIALI

MALVASIA PUNTINATA
Largamente diffusa nel Lazio, specie nella zona dei Castelli Romani. Il termine
puntinata deriva dall’ombelico dell’acino, un puntino grigio-marrone, molto evidente
e riconoscibile. In passato spesso si è preferito sostituirla con la malvasia di Candia
aromatica, in quanto più resistente alle avversità della vite ma di qualità
decisamente inferiore. Oggi, fortunatamente, sta avvenendo il contrario, e non è
raro trovare vini ottenuti da malvasia puntinata in purezza. Data la buona
concentrazione di zuccheri si possono ottenere ottimi vini dolci da vendemmia
tardiva (Stillato). Grappolo medio-grande, piramidale alato, acino medio, buccia
consistente. Note fruttate di albicocca e agrumi. (Il nome deriva dalla località marina
greca di Monemvasìa, fu importata in Italia dai Veneziani ai tempi d’oro della
Repubblica)

BELLONE
Diffuso in tutto il Lazio ma soprattutto in provincia di Roma e Latina. Plinio la definì
“tutta sugo e mosto”, viene detta anche cacchione, arciprete, uva pane. Grappolo
grande, acino medio-rotondo di colore giallastro. Si ottengono vini dorati con netto
profumo floreale e un leggero accento minerale, alcolici e di struttura. Produttività
elevata. Negli ultimi anni sempre più spesso vinificato in purezza nelle DOC Cori e
Marino.

MOSCATO DI TERRACINA
Varietà locale diffusa solo nel Baso Lazio litoraneo, coltivato sin dal 1600. Vitigno
aromatico, grappolo piramidale, acino grande e sferico, bacca di colore giallo verde.
Vino paglierino dai riflessi dorati, aromatico con note di frutta tropicale, di agrumi e
di miele, sapido e asciutto (DOC Terracina).
ROSCETTO
Vitigno dell’Alto Lazio (detto in loco trebbiano giallo o rossetto), concentrato
soprattutto nella zona di Montefiascone (uvaggio di EST ! EST !! EST !!! di
Montefiascone). Il nome deriva dal colore dell’uva quando è matura. Dà vini fruttati
e floreali estremamente eleganti (es.: Ferentano di Falesco), pietra focaia, fresco e
sapido. Grappolo e acino medio grande, cilindrico, di colore giallo-dorato.
CESANESE DI AFFILE
Il termine cesanese è di origine latina e deriva da “caese”, che significa “luoghi degli
alberi tagliati”, perché un tempo ricoperti di boschi. Il cesanese di Affile ha un
grappolo e un acino più piccolo del cesanese comune, di colore nero violaceo, semi-
spargolo, delicato. Ama le buone esposizioni e le escursioni termiche. Produce vini
ricchi di alcol, di colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento,
trasparente (pochi antociani). Profumi tipici sono i frutti di bosco, la violetta, la china
e la carruba. A volte anche speziato e erbaceo.

NERO BUONO
Uva laziale, diffusa principalmente nel territorio di Cori, di origine sconosciuta.
Considerato ottima uva da taglio, grazie a pochi produttori (Carpineti, Cincinnato,
Poggio Le Volpi) è stato riscoperto e utilizzato in purezza, ottenendo così vini
caratteristici e di valore, dal colore rosso rubino intenso, vinoso. Grappolo serrato,
medio, alato, acino di colore rosso-nero.

ALEATICO
Vitigno semi-aromatico, diffuso in Toscana, Lazio e Puglia. Grappolo e acino medio,
di forma allungata e spargolo, di colore blu-rossastro. Predilige terreni collinari, ben
esposti e ventilati. Vino dolce, di colore rubino tendente al granato, fruttato,
confettura di prugna, china e rabarbaro, vellutato e dolce.

MONTEPULCIANO
Vitigno coltivato in tutto il centro Italia, originario dell’Abruzzo. Grappolo medio,
cilindrico alato, serrato, acino medio, buccia dura, di colore nero violaceo. Vini
fruttati e floreali, speziati, tostati, alcolici, ricchi di colore. In uvaggio in molte DOC
della regione Lazio (Tarquinia, Cerveteri, Velletri, Cori, Atina ecc) mai utilizzato in
purezza. Adatto all’invecchiamento.
DEFINIZIONE
DELL’ESTRATTO SECCO

L’estratto secco è un parametro che dà un’idea della corposità di un vino e dal punto
di vista analitico si può distinguere in:
a) Estratto secco TOTALE – costituito dall’insieme delle sostanze non-volatili
(zuccheri, acidi, sali, polifenoli, glicerina ecc) del vino dopo aver
allontanato/eliminato tutte le sostanza volatili (acqua, alcol) mediante
riscaldamento a 100° C;
b) Estratto secco NETTO – è l’estratto secco totale meno gli zuccheri presenti nel
vino

Il valore dell’estratto secco viene espresso in g/l. La legge nello stabilire i valori limite
per l’estratto secco fa riferimento solo all’estratto secco netto, e sono per i vini
bianchi in 14 g/l e per i rossi in 18 g/l. I vini rossi, a causa la presenza di sostanze
coloranti e dei tannini, hanno solitamente un estratto superiore a quello dei vini
bianchi
FORME DI ALLEVAMENTO

Le forme di allevamento sono schemi di potatura adottati dal viticoltore per ridurre
o condizionare la crescita delle piante a favore della resa produttiva e della qualità
dell’uva.

TENDONE: è un sistema espanso utilizzato sia per la produzione dell’uva da tavola


(Abruzzo, Puglia) sia per la produzione dell’uva da vino (Abruzzo, Lazio), specie
quando si vogliono ottenere enormi quantità e utilizzare macchinari per la raccolta
dei grappoli.
ALBERELLO: sistema di allevamento diffuso nell’Italia del Sud e Insulare. E’ concepito
per sviluppare una vegetazione di taglia ridotta alla scopo di adattare la produttività
del vigneto alle condizioni sfavorevoli dei suoli poveri e/o siccitosi o le basse
temperature o ai venti marini impetuosi.

Nelle forme di allevamento di spalliera la vite viene fatta crescere in filari più o meno
lunghi costituiti da pali (legno, cemento, acciaio) su cui vengono fissati 2 o più fili di
acciaio zincati.
CORDONE SPERONATO: qualche mese dopo l’inizio del riposo invernale si esegue la
potatura lasciando una o due branche che resteranno sulla pianta per almeno 4 o 5
anni. Su di essa/e si lasceranno 4 speroni equidistanti fra loro. La potatura degli anni
a venire consisterà nel rimuovere lo sperone anno per anno
GUYOT: il principio sui cui si basa è quello di ottenere il capo a frutto da cui si
svilupperanno i tralci fruttiferi, e lo sperone, dal quale si svilupperanno 2 o 3 tralci,
nella potatura successiva si selezionerà il nuovo capo a frutto.

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