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Il curricolo per lo studente

competente
Un’esperienza di ricerca-forma-azione

Fiorino Tessaro

Un’esperienza di ricerca-forma-azione … Così ho vissuto il lavoro insieme, per


quasi due anni, con gli insegnanti e i dirigenti della Rete. Da formatore
esperto? No, da studente (un po’) competente! È vero, il mio ruolo inizialmente
era di “esperto esterno”, ma ben presto ho compreso che ero lì per imparare,
non mi sentivo neppure uno studioso, ma un vero e proprio studente, quasi un
participio presente nella continuità dell’apprendimento.

Per troppo tempo, nelle commissioni, nelle università, nelle scuole e nei centri,
abbiamo discusso di competenze: era giunto il momento di tornare in classe,
per ritrovare, per scoprire, per promuovere, per stimolare, per consolidare le
competenze là dove esse si formano.

Quando, nel 2006, abbiamo iniziato il processo di ricerca-forma-azione,


vigevano le “Indicazioni nazionali per i piani personalizzati” del 2004; nel
settembre del 2007 sono state emanate le nuove “Indicazioni per il curricolo”.
In due anni abbiamo vissuto il cambiamento, per certi versi lo abbiamo
anticipato, per altri versi abbiamo ripreso e valorizzato le nostre professionalità
esperte. L’insegnante è un professionista competente dei processi
educativi e formativi e non un tecnico dei saperi.

Per il nostro lavoro, la ripresa del concetto di curricolo, o meglio della


costruzione del curricolo da parte delle scuole dell’autonomia, ha confermato il
senso e il significato della ricerca. La proposta di traguardi nazionali delle
competenze alla conclusione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e
della scuola secondaria di I grado, è stata accolta come un promettente seppur
parziale avvio per coerenti procedure di certificazione delle competenze.

Ma è soprattutto il quadro di riferimento “Cultura, scuola, persona” che


risponde appieno alle concezioni di fondo che la Rete si è data.

La centralità dell’allievo non è un’idea astratta ma qualcosa di estremamente


concreto, vissuto: il soggetto è attivo, è portatore di una storia personale, è
curioso, è singolare, è portato alla socialità, è persona che ha valore nella
comunicazione con gli altri. Il valore educativo di sintesi sta proprio in un
nuovo umanesimo nell’idea di cittadinanza insieme locale e globale.

Su questo punto, ciò che ho appreso dal lavoro insieme agli insegnanti è che
nell’allievo sta il motore del curricolo. La centralità dell’allievo non sta nel
fare, ma nella costruzione responsabile e autonoma del proprio
pensiero.

Anche l’idea di scuola, dell’infanzia e del primo ciclo, è coerente al percorso


intrapreso dalla Rete; è una scuola che risponde al diritto all’educazione; che
consolida l’identità; che promuove l’autonomia; che riconosce e sviluppa le
competenze; che favorisce esperienze di sviluppo e di discontinuità equilibrata;
che promuove il pieno sviluppo della persona; che favorisce l’elaborazione del
senso delle esperienze; che promuove la pratica della cittadinanza attiva; che
promuove l’acquisizione degli alfabeti di base della cultura.

Abbiamo condiviso la necessità di costruire curricoli per competenze in cui si


intrecciano saperi ed esperienze, condizione umana e sviluppi delle scienze e
delle tecnologie; in cui riconoscere le sfide dei limiti della conoscenza e
governare il cambiamento continuo; in cui riappropriarsi dei saperi acquisiti
nella quotidianità e valorizzare le esperienze interdisciplinari; in cui ricercare il
senso unitario, e non frantumato, dell’apprendimento.

Perciò è necessaria una scuola plurale, una scuola che costruisce saperi e
significati, una scuola che aiuta gli studenti a darsi orizzonti di senso, ad
interpretare il mondo, a costruirsi, in condivisione con la famiglia, percorsi
formativi e progetti di vita.

La competenza comporta responsabilità, dell’allievo e dell’insegnante, e del


gruppo come comunità di apprendimento: il valore della classe e
dell’esperienza cooperativa disegna la dimensione etica del curricolo per
competenze.
Le domande cruciali … le ipotesi di lavoro

Nel lavorare e nel ritrovarsi con gli insegnanti sono emersi alcuni nodi
particolarmente critici: sono domande cruciali che spesso bloccano lo sviluppo
del percorso; ad esse non ho dato risposte univoche, ma per quanto possibile
ho cercato di valorizzare le proposte, gli spunti, le intuizioni, le esperienze.
Ecco alcune delle domande più sentite:

 Quante competenze vanno progettate?


 Come si scrive un curricolo per competenze?
 Che differenza c’è tra abilità e competenze?
 Come si valuta e si certifica una competenza?
 Livelli o soglie? Quali livelli-soglia?
 Come si valuta una competenza negativa?

Una domanda cruciale, un nodo critico vanno affrontati in ottica di ricerca-


azione e l’elemento di riferimento per noi deve essere sempre l’allievo. Ogni
possibile risposta ha bisogno di un filtro: “che senso ha per l’allievo e per il suo
apprendimento? Questa soluzione promuove la migliore competenza, per il
singolo e per il gruppo?”

Operando secondo la logica della mediazione didattica che articola il percorso


in tre grandi azioni – progettazione, gestione, valutazione – possiamo ripartire
la riflessione in:

 Come costruire e progettare curricoli per competenze


 Come gestire e animare percorsi per competenze
 Come valutare e certificare le competenze
1. Come costruire e progettare curricoli per competenze

“A scuola si viene per imparare!” Ma imparare che cosa? Cultura?


Informazioni? Conoscenze? Educazione? Abilità? Procedure? Metodi? Tecniche?
Competenze? Si insegna di tutto, senza dubbio, ma oggi la scuola
dell’autonomia, in linea con raccomandazioni europee, identifica nelle
competenze il focus di ogni curricolo formativo.

Che cosa sono, e come si definiscono, le competenze? La domanda potrebbe


sembrare banale, ma in realtà il concetto di competenza ha dato luogo ad un
dibattito molto acceso, anche perché il termine non si presenta neutrale, non è
estraneo alle divergenze tra le diverse teorie del curricolo e tra le
corrispondenti tipologie di progettazione didattica. Alcune (come la
progettazione per situazioni, per sfondi, per padronanze, per problemi, per
progetti) rispondono appieno ad un curricolo per competenze, altre (come la
progettazione per obiettivi, per contenuti, per concetti) a diverso titolo si
limitano alle conoscenze e alle abilità.

All’interno della nostra ricerca-forma-azione abbiamo assunto la competenza


come un sapere personalizzato che si operazionalizza in un contesto,
un agire riflessivo per migliorarsi.

Innanzitutto la competenza è un sapere: è un sapere senza specificazioni o


attribuzioni. Superando le distinzioni artificiose tra sapere, saper essere, saper
fare, saper comunicare, ecc., il sapere implica il pensiero e l’intelligenza del
soggetto. Il sapere della competenza è tale quando è dotato di senso nella
combinazione di azione e riflessione, di senso personale e senso scientifico.

È un sapere condiviso da una comunità: la competenza mette in campo un


sapere riconosciuto a livello sociale, culturale, professionale, accademico e
scientifico. Il sapere condiviso diventa personalizzato quando il soggetto lo
elabora e lo riveste di significati propri.

È un sapere che si manifesta: la competenza può esprimersi nei termini


operativi e pratici dell’azione concreta, o enunciarsi in quelli logico-
argomentativi della costruzione mentale, o rappresentarsi nella produzione
espressiva. La competenza non è solo teoria, così, all'opposto, non è semplice
applicazione di una teoria: è invece azione e riflessione insieme.

La competenza per esprimersi ha bisogno di un contesto concreto. Il contesto


può essere disciplinare, professionale o esistenziale: può essere il contenuto di
un sapere, può essere l'esperienza passata, può essere un ambiente di
apprendimento, sia esso reale o virtuale. La competenza esperta è ricca di
contesti diversi, piuttosto che di saperi codificati.
Per condividere il concetto di competenza abbiamo provato ad esercitarci, a
confrontare le diverse enunciazioni proposte da commissioni, associazioni,
collegi, ecc. Eppure rimanevano ampi margini di fraintendimento, in particolare
fra i concetti di abilità e di competenza, tra le aree disciplinari e tra i diversi
ordini di scuola. Perciò, in ultima istanza, concordemente abbiamo assunto le
definizioni proposte nel frattempo dal Parlamento europeo nella
Raccomandazione relativa al Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli1:

“Conoscenze”: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni


attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi,
teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono
descritte come teoriche e/o pratiche.

“Abilità”, indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how


per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte
come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che
implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).

“Competenze” indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e


capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio
e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in
termine di responsabilità e autonomia.

Ecco alcuni esempi di competenza che abbiamo potuto condividere per


chiarezza e pertinenza:

 Area linguistica: l’allievo sa pianificare un discorso sulla base di una


consegna specifica per comunicare un’idea; sa preparare e usare una
scaletta per organizzare l’intervento.
 Area scientifica: l’allievo sa individuare e definire i termini di un
problema; sa formulare ipotesi per verificare possibili soluzioni
 Trasversale 1: l’allievo comprende e usa le categorie del testo
argomentativo (italiano, matematica, ecc.) per dimostrare ….
 Trasversale 2: l’allievo sa effettuare sintesi usando codici differenziati
(riassunti, formule, schemi, ecc.) per rilevare le relazioni principali ...
 Esistenziale 1: l’allievo riconosce le diversità culturali e sociali; conosce e
usa le modalità per rispettarle e valorizzarle.
 Esistenziale 2: l’allievo deve capire come operare in gruppo e come
ricoprire ruoli diversi per riconoscere le sue competenze e quelle degli
altri.
1.1 Come scrivere una competenza

Talvolta le piccole cose sono più illuminanti di un trattato. È accaduto quando


si è iniziato a mettere per iscritto le competenze. Nel confrontare le prime
proposte dei gruppi di lavoro sono emersi problemi sul come scrivere le
competenze.

Ho proposto questo formato:

<verbo-processo-azione-riflessione>

per

<scopo>

in

<situazione-contesto-ambito>

In particolare, è stata la particella “per” a chiarire i significati e la distinzione


tra abilità e competenza; quel “per” sta a significare il senso della competenza,
il suo verso, la sua direzione, il suo scopo.

I punti essenziali di questo formato sono:

1. il verbo-processo-azione-riflessione: una competenza va scritta


utilizzando verbi e non sostantivi; nel verbo è implicito il processo, il
dinamismo dell’agire; un sostantivo invece rappresenta un risultato, la
conclusione del percorso, l’obiettivo raggiunto. Fin qui nulla di nuovo:
anche un’abilità si scrive utilizzando verbi; le Indicazioni sono una
miniera di verbi-abilità, si tratta semplicemente di prenderne alcuni,
quelli che ci sembrano più significativi, e dal loro un senso, uno scopo;
2. lo scopo: si può utilizzare il “per”, o “al fine di”, o espressioni
linguistiche atte ad esplicitare il perché è necessario l’apprendimento di
quella competenza. Questo fatto è importante per l’insegnante, ma
soprattutto per l’allievo. Se lo studente non comprende lo scopo dello
studio non ne è motivato. Spesso lo scopo è definito con un altro verbo-
processo: soprattutto nelle competenze a priorità disciplinare i verbi di
scopo delineano il quadro epistemico assunto;
3. la situazione-contesto-ambiente: una competenza non può essere
priva di contesto, e se non è esplicitato per definizione si assumono i
contesti tipici della disciplina. È necessario quindi moltiplicare le
situazioni d’uso, e per quanto possibile prendendole a prestito dalle
esperienze esistenziali degli allievi.
1.2 Costruire il curricolo partendo … dai traguardi

Il curricolo è come un viaggio … Per raggiungere una destinazione nuova


dobbiamo utilizzare una mappa. La mappa rappresenta un modello degli
itinerari possibili. Così una disciplina si presenta modellizzata dall'analisi
disciplinare: la mappa di una disciplina è un insieme di basi di conoscenze tra
loro collegate da relazioni di senso.

Chi deve giungere a destinazione?, chi deve percorrere il tragitto? Senz'altro


l'allievo, per questo il curricolo è il suo percorso. Lungo alcuni tratti, nei diversi
segmenti del percorso formativo l'allievo sarà accompagnato dagli insegnanti,
ora dall'uno, ora dall'altro, e talvolta da più insegnanti insieme. Ma, il senso
completo e unificante del viaggio è dell'allievo.

La partecipazione dello studente alla costruzione del curricolo è determinante;


l’itinerario dovrebbe essere disegnato insieme all'allievo: in tal modo si
riuscirebbe a coniugare nel curricolo la pianificazione degli insegnamenti con la
pianificazione degli apprendimenti.

In realtà il curricolo, come ogni viaggio, può essere interpretato in diversi


modi:

Il curricolo ha valenza educativa poiché è percorso di sviluppo mirato: con il


viaggio formativo si persegue uno scopo, un risultato, il raggiungimento di …

Il curricolo ha valenza epistemica poiché è percorso tra saperi selezionati per


facilitare l’incontro tra i modi di “conoscere la realtà”, tra quello dello
scienziato e quello dello studente: il curricolo non è il programma ministeriale,
non è l’elenco dei contenuti, non è l’indice del libro di testo; è invece
modulazione di saperi scientifici, plurali e diversi; è un’offerta di saperi insieme
universali (essenziali, validi per tutti) e particolari (specifici per ogni allievo o
gruppo di allievi).

Il curricolo ha valenza didattica poiché è itinerario di insegnamenti progettati:


il viaggio va sempre pensato e pianificato prima del suo inizio. Si potranno
anche prevedere “vagabondaggi” formativi, ma senza mai perdere di vista le
coordinate progettuali (dove ci si trova e dove si sta andando).

Il curricolo ha valenza organizzativa poiché è percorso in ambienti


predisposti: un intervento didattico si può improvvisare, il curricolo no! Il
curricolo è un piano organizzato nei tempi e negli spazi, nei soggetti e negli
oggetti.

Il curricolo ha valenza formativa poiché è percorso di personalizzazione: il


curricolo è formativo in quanto si basa sullo sviluppo potenziale e, quindi, sulla
vicinanza tra sistemi di elaborazione dei saperi del soggetto che apprende (lo
studente) e i sistemi di produzione dei saperi delle discipline.

Il curricolo ha valenza esperienziale poiché è percorso di elaborazione


metacognitiva dei vissuti: il curricolo si basa sull'esperienza (ossia sull'essere
esperto) del soggetto che apprende. Lo studente che riflette sulle sue
esperienze e in esse riporta ciò che apprende diventa consapevole del suo
viaggio.

Il curricolo ha valenza operativa poiché è percorso di azioni reali: il curricolo


non è virtuale. Le azioni formative devono essere operative, tali da poter
essere riconosciute nei loro risultati, nell'evidenza tangibile dei passi di
sviluppo.

Il curricolo ha valenza relazionale poiché è percorso di azioni insieme: il


curricolo non è un viaggio solitario. È sempre un accompagnarsi reciproco. La
valenza relazionale del curricolo significa facilitazione dell'apprendimento,
condivisione di saperi, incremento motivazionale. Naturalmente l'apprendere è
un fatto tutto personale, individuale e soggettivo, ma apprendere insieme può
aiutare, stimolare e migliorare l'apprendimento.

Nel nostro lavoro per lo studente competente siamo partiti pensando alla meta
del viaggio scolastico, al profilo delle competenze in uscita alla III media,
ma anche alle tappe intermedie, ovvero alle competenze di interconnessione
tra la scuola primaria e la secondaria di I grado, e tra la scuola dell’infanzia e
la scuola primaria. Poi, a settembre 2007, con le nuove Indicazioni abbiamo
potuto attingere ai traguardi delle competenze. In piena autonomia, e in
mancanza di standard di riferimento, abbiamo assunto i traguardi come
strumenti di ricerca.

Prendiamo ad esempio la competenza comunicativa in area linguistica: il


traguardo finale, alla conclusione della scuola secondaria di I grado, recita
“L’alunno è capace di interagire in modo efficace in diverse situazioni
comunicative, sostenendo le proprie idee con testi orali e scritti, che siano
sempre rispettosi delle idee degli altri. Egli ha maturato la consapevolezza che
il dialogo, oltre a essere uno strumento comunicativo, ha anche un grande
valore civile e lo utilizza per apprendere informazioni ed elaborare opinioni su
problemi riguardanti vari ambiti culturali e sociali.

Usa in modo efficace la comunicazione orale e scritta per collaborare con gli
altri, per esempio nella realizzazione di giochi, nell’elaborazione di progetti e
nella valutazione dell’efficacia di diverse soluzioni di un problema”

È un traguardo bellissimo, con scopi precisati ed una molteplicità di contesti e


di situazioni d’uso. Si tratta ora di coniugarlo (il traguardo è un verbo) nei
tempi e nei modi più opportuni fino a raggiungere, a ritroso, il traguardo in
uscita dalla primaria. Anche quest’ultimo si presenta nitido e rilevabile:
“L’alunno partecipa a scambi comunicativi con compagni e docenti
(conversazione, discussione, scambi epistolari…) attraverso messaggi semplici,
chiari e pertinenti, formulati in un registro il più possibile adeguato alla
situazione.” In questo traguardo vengono indicate due tipologie di interlocutori
(i compagni e i docenti) e alcune situazioni comunicative (conversazione,
discussione, scambi epistolari, che si suppongono anche via e-mail); ma
vengono anche suggeriti alcuni criteri di valutazione (semplicità, chiarezza,
pertinenza, registro adeguato alla situazione): non siamo ancora agli standard,
ma la strada è tracciata.

Decisamente generico e sovrastimato è il traguardo nel campo di esperienza “I


discorsi e le parole” per la scuola dell’infanzia: “[Il bambino] Sviluppa
fiducia e motivazione nell’esprimere e comunicare agli altri le proprie emozioni,
le proprie domande, i propri ragionamenti e i propri pensieri attraverso il
linguaggio verbale, utilizzandolo in modo differenziato e appropriato nelle
diverse attività”: è un traguardo difficile anche per molti adulti!

1.3 Le competenze di cittadinanza

Le competenze-chiave di cittadinanza, anch’esse proposte dall’Unione Europea


nel dicembre 2006 e fatte proprie dal nostro Paese con il DM 3 agosto 2007,
non sono soltanto semplici competenze trasversali: esse rappresentano il
raccordo epistemico e metodologico tra i traguardi delle competenze e
il cittadino, la persona, il soggetto che apprende.

Sono proposte come traguardi alla conclusione dell’obbligo scolastico, ovvero ai


sedici anni … ma interessano direttamente tutto il primo ciclo di istruzione:
l’educazione e la formazione delle competenze per la cittadinanza devono
iniziare prestissimo: fin dalla scuola dell’infanzia.

1. Imparare ad imparare: ogni studente2 deve acquisire un proprio metodo


di studio e di lavoro. (Oggi molti di loro si disperdono perché non riescono ad
acquisirlo).

2. Progettare: ogni studente deve essere capace di utilizzare le conoscenze


apprese per darsi obiettivi significativi e realistici. Questo richiede la capacità di
individuare priorità, valutare i vincoli e le possibilità esistenti, definire strategie
di azione, fare progetti e verificarne i risultati. (Oggi molti di loro vivono senza
la consapevolezza della realtà e delle loro potenzialità).

3. Comunicare: ogni studente deve poter comprendere messaggi di genere e


complessità diversi nella varie forme comunicative e deve poter comunicare in
modo efficace utilizzando i diversi linguaggi. (Oggi gli studenti hanno molte
difficoltà a leggere, comprendere e a scrivere anche testi semplici in lingua
italiana).

4. Collaborare e partecipare: ogni studente deve saper interagire con gli


altri comprendendone i diversi punti di vista. (Oggi gli studenti assumono
troppo spesso atteggiamenti conflittuali e individualistici, perché non
riconoscono il valore della diversità e dell’operare insieme agli altri).

5. Agire in modo autonomo e responsabile: ogni studente deve saper


riconoscere il valore delle regole e della responsabilità personale. (Oggi spesso
gli studenti agiscono in gruppo per non rispettare le regole e per non
assumersi responsabilità).

6. Risolvere problemi: ogni studente deve saper affrontare situazioni


problematiche e saper contribuire a risolverle. (Oggi gli studenti tendono,
spesso, ad accantonare e a rinviare i problemi per la situazione di malessere
esistenziale che vivono nell’incertezza del futuro).

7. Individuare collegamenti e relazioni: ogni studente deve possedere


strumenti che gli permettano di affrontare la complessità del vivere nella
società globale del nostro tempo. (Oggi molti studenti non possiedono questi
strumenti).

8. Acquisire ed interpretare l’informazione: ogni studente deve poter


acquisire ed interpretare criticamente l'informazione ricevuta valutandone
l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni. (Oggi molti studenti sono
destinatari passivi di una massa enorme di messaggi perché sono sprovvisti di
strumenti per valutarli).
1.4 I luoghi di responsabilità nel formare per competenze

Sono molteplici i luoghi di responsabilità dei curricoli per competenze; essi


sono concentrici, a progressivi livelli di decisione:

 un livello unitario, su base europea, dove si fissano le finalità


universali della scuola, si stabiliscono i protocolli di comunicazione tra le
diverse politiche e pratiche scolastiche nazionali, si determinano gli
standard che tutti gli stati dell'Unione si impegnano a raggiungere;
 un livello nazionale, dove ogni stato, attraverso i programmi o
indicazioni, indica gli scopi, gli obiettivi e le competenze per ogni indirizzo
di studi, presenta un'articolazione di massima dei contenuti ed alcune
indicazioni metodologiche e valutative comuni; per queste ultime,
determina gli standard nazionali;
 un livello locale, su base territoriale regionale o sub-regionale, dove
si mediano le indicazioni generali con le realtà sociali, culturali,
economiche, ecc. del territorio di riferimento; sono fondamentali attente
analisi delle specifiche situazioni che caratterizzano realtà anche vicine,
ma con bisogni formativi profondamente diversi;
 un livello scolastico, del singolo istituto e/o di reti locali, dove la
collegialità dei docenti adegua e adatta le indicazioni generali e locali alle
caratteristiche specifiche dell'utenza del proprio istituto, riferendosi
esplicitamente all'ambiente culturale e sociale da cui provengono gli
studenti;
 un livello di classe, dove tutti i docenti che insegnano in una classe (o
ad uno specifico gruppo di allievi) fissano le competenze comuni e
trasversali che impegnano il team o l'intero consiglio di classe o parte di
esso;
 un livello di campo di esperienza o di ambito disciplinare, che
stabilisce le priorità nello sviluppo delle competenze, le sequenze
concettuali e gli standard di accettabilità relativamente agli
apprendimenti degli studenti.
2. Come gestire e animare percorsi di apprendimento per
competenze

Le preoccupazioni degli insegnanti erano rivolte per lo più alla progettazione e


alla valutazione delle competenze. Sembra che la gestione e il governo dei
percorsi di apprendimento, anche nella didattica per competenze, non
presentino particolari problemi. In realtà promuovere una didattica per
competenze non è così scontato. Nelle nostre aule, in particolare in quelle della
secondaria, si fa ancora molta scuola trasmissiva, agli antipodi con gli
apprendimenti per competenze per loro natura aperti, dinamici, situati,
simulati, laboratoriali. L’apprendimento per competenze:

 dà luogo ad un rovesciamento della prospettiva didattica:


l’obiettivo non è quanto si deve conoscere in ordine alle discipline
teoriche, ma in che modo le discipline possono costruire la
competenza nell’allievo, in che modo esse possono cercare di
riempire lo spazio tra il mondo dei problemi vissuti e quello della
riflessione;
 dà luogo a processi di costruzione-ricostruzione della conoscenza.
Affinché i contenuti e le procedure proposti non si sovrappongano
semplicemente alle conoscenze già possedute, ma interagiscano con
queste permettendo una loro ristrutturazione attraverso nuovi e più
ricchi modi di connessione ed organizzazione, è necessario trovare
efficaci collegamenti tra contenuti dell’insegnamento e le esperienze
diversificate degli allievi;
 dà luogo ad avventure conoscitive: nell’insegnamento-apprendimento
l’insegnante e l’allievo si costituiscono entrambi come quel viaggiatore, il
cui viaggio e la cui scommessa è il percorso formativo (metafora
dell’esplorazione di Bateson). Il laboratorio didattico è il luogo più
indicato per intraprendere un’avventura conoscitiva.
 dà luogo alla metacognizione: perché mira ad un processo di
apprendimento che non incide solamente sulle abilità di base o
acquisite, ma anche sulle modalità della loro comprensione ed
utilizzazione. Infatti, l’approccio metacognitivo è una modalità di
intervento polivalente e trasversale all’interno del processo di
apprendimento.
 dà luogo alla cooperazione: è l’ambiente in cui si concretizza un nuovo
modello di insegnamento-apprendimento fondato sulle interazioni fra gli
attori del processo formativo. L’enfasi va posta sul rapporto tra
esperienza individuale e ricostruzione culturale affinché le teorie servano
per rispondere ai perché diventando significative e motivanti.

Nella metodologia laboratoriale troviamo una valida risposta alla didattica per
competenze. A. Munari (1994) indica alcune caratteristiche per un laboratorio
di epistemologia operativa (= conoscere attraverso l’azione) validissime per
il farsi dell’agire competente.

L'attività proposta, nel laboratorio formativo, si deve prestare ad una


manipolazione concreta. Un’attività puramente verbale, senza il passaggio
al trattamento reale, non è sufficiente. Quando si parla si sottintendono cose
date per scontate, che così non sono quando si tenta di tradurle in attività
tangibili.

L'attività deve implicare le operazioni cruciali. In una sessione di laboratorio


non è possibile fare di tutto: è necessario focalizzarsi su alcune operazioni
principali. È indispensabile che il docente sappia con precisione lo sviluppo
della procedura che intende centrare, anche se non è detto che di questo siano
consapevoli gli studenti. Costoro accetteranno di fare ciò che viene chiesto loro
e, solo alla conclusione, in gruppo, si discuterà sulle azioni compiute e sul
risultato ottenuto.

L'attività non deve avere una soluzione unica. Questa affermazione può
risultare sconcertante per coloro che considerano il laboratorio come il luogo
dell'esercitazione meccanica, dell'addestramento concreto, dei passi obbligati.
Ma non è questo il laboratorio inteso come “spazio mentale attrezzato”, che
richiede non una risposta giusta, un'unica soluzione, ma più risposte e più
soluzioni, a vario titolo plausibili.

Le attività devono provocare uno “spiazzamento” cognitivo. L'esperienza di


laboratorio deve produrre dissonanza tra ciò che l'allievo conosceva e ciò che
va apprendendo mediante il lavoro. Deve indurre una maggiore motivazione
negli studenti e mantenere costante il desiderio di scoprire qualcosa di nuovo.
Le applicazioni automatiche irrigidiscono il pensiero e rendono difficile la
consapevolezza delle diversità dei contesti e dei processi.

L'attività si deve situare ad una giusta distanza dalle competenze possedute.


Le abilità richieste nelle attività laboratoriali non possono collocarsi
eccessivamente distanti3 dalle competenze possedute dall'allievo, altrimenti
costui utilizzerebbe soltanto un approccio per tentativi ed errori. Per altro
verso, le attività non possono neppure identificarsi con le competenze
possedute dell'allievo, che si troverebbe costretto a svolgere un esercizio, e
non a ricercare le soluzioni ad un problema.

Le attività devono comportare diversi livelli di interpretazione. Imparare in


laboratorio significa apprendere metodi che possono essere variamente
applicati in diverse situazioni; perciò un metodo diventa suscettibile di
interpretazioni diverse secondo l’angolo visuale adottato. Il gruppo di studenti
in laboratorio viene chiamato a proporre, condividere e sperimentare i diversi
punti di vista.

Le attività devono possedere valenze metaforiche. L'attività laboratoriale


non richiede soltanto competenze di tipo esecutivo, così come non produce
soltanto apprendimenti di tipo operatorio-concreto. Operare in laboratorio
significa fare riferimento (ripensare) ad esperienze lontane ed eterogenee, e
contemporaneamente costruire, su quel pensiero, nuove esperienze.

Le attività devono coinvolgere il rapporto che ciascuno ha con il sapere. Nel


laboratorio l'azione e la riflessione si ritrovano intrecciati nella costruzione del
sapere individuale, attraverso continui processi retroattivi e proattivi. In tal
modo il laboratorio supera la perenne divisione tra teoria e pratica, tra principi
e applicazioni, individuando il sapere come conoscenza in azione.
3. Come valutare e certificare le competenze

La valutazione preoccupa sempre, ma gli interrogativi che maggiormente


assillano gli insegnati sono alcuni molto specifici. Vediamoli uno ad uno.

Quale è la differenza tra valutare e certificare le competenze?

Rimandano a due finalità completamente diverse: la valutazione (attribuzione


di valore) ha scopi primariamente formativi, punta all’interpretazione
soggettiva, serve per migliorare, predilige la metodologie qualitative; la
certificazione ha scopi primariamente documentali, punta alla comparazione
rispetto a standard prefissati, serve per monitorare, predilige la metodologie
quantitative.

È possibile valutare le competenze in modo oggettivo?

No! Una competenza è un insieme integrato di conoscenze, abilità,


atteggiamenti, attitudini. Con rigorosi strumenti docimologici si possono
verificare conoscenze e abilità, ma per valutare la competenza nel suo farsi
personalizzato è necessario interpretare i risultati delle verifiche nella
complessità del soggetto in azione. E l’interpretazione è sempre un processo
soggettivo.

Perché la soggettività valutativa è un valore?

Perché:

 le interpretazioni non possono che essere personali sulla base dei giudizi
pregressi, dei vissuti e delle esperienze individuali (H.G. Gadamer),
 la riflessione valutativa deve essere promossa non solo da parte
dell’insegnante ma anche dallo studente, e deve condurre alla
consapevolezza delle relatività (parzialità) del loro valutare,
 ciascuno valuta i processi ai quali partecipa e quindi non esistono
separazioni nette tra auto ed eterovalutazione,
 non si devono valutare le persone ma i processi, le azioni, i
comportamenti e gli atteggiamenti delle persone.

Come è possibile ridurre l’aleatorietà di una valutazione soggettiva?


Soggettività non vuol dire individualismo o anarchia valutativa del docente. La
soggettività non deve costituire un alibi alla mancata ricerca del massimo
grado possibile di obiettività. L’individualismo si supera con la consapevolezza
dei vincoli e dei limiti personali, professionali e culturali, ma anche con il
riconoscimento dei preconcetti e delle stereotipie presenti in ciascuno. In
pratica l’unica strada percorribile sta:

1. nella trasparenza e nella comunicazione delle valutazioni,


2. nella condivisione dei criteri per la valutazione (Lakatos),
3. nella triangolazione dei punti di vista, dei metodi e delle tecniche di
valutazione (Huberman, Stake).

Un docente può da solo valutare una competenza?

Trasparenza, condivisione e triangolazione sono regole che chiamano


direttamente in causa la collegialità dei docenti; i consigli di classe, i gruppi di
insegnanti per discipline o aree (dipartimenti), le commissioni di studio o di
progetto: siano essi équipe, team o staff, tutti hanno il compito di progettare e
di valutare in gruppo, nell’applicazione e nel rispetto dei principi indicati.

Ed oltre i colleghi, c’è sempre lo studente da coinvolgere in processi di co-


valutazione: un allievo apprende solo se è soggettivamente consapevole del
senso e del valore personale del sapere che scopre e che costruisce.

Come si possono classificare i gradi di una competenza?

I diversi gradi di competenza, dal principiante all’esperto, possono essere


analizzati per livelli di expertise, in soglie o in livelli-soglia. Nella scuola per
anni si è parlato di livelli, per lo più associati a prove di verifica i cui punteggi
finali servivano per distribuire la classe in fasce di livello. Ma a che cosa serviva
questa distribuzione? Che senso aveva? Migliorava l’apprendimento dell’allievo
scarso?

Che differenza c’è tra livello e soglia?

Il livello è la misura raggiunta da una prestazione nell’ambito di una scala


ordinata di valori. Il livello misura risultati parziali o finali. In una competenza il
livello (generale) riguarda l’insieme dei livelli di conoscenza e di abilità (tempo
di esecuzione, correttezza, destrezza, ecc). Il concetto di livello, pertanto, è
statico, poiché riguarda i risultati dell’apprendimento misurati in un
determinato momento. Il concetto di soglia, invece, è dinamico, poiché
riguarda il divenire di una qualità o di un processo: la soglia definisce gli
elementi di raccordo e di congiunzione tra la fase di un processo e quella
successiva.

Che cosa è il livello-soglia?

È insieme misura e valore della competenza posseduta nel passaggio da una


fase alla successiva nel processo di apprendimento: misura delle conoscenze
possedute e delle abilità raggiunte e attribuzione di valore di tutti gli elementi
di qualità e di personalizzazione, che non possono essere misurati. Nello
sviluppo di una competenza ci sono traguardi di tappa: ciascuno di essi
rappresenta un livello-soglia. Nella didattica modulare in cui ogni modulo
persegue il raggiungimento di specifiche soglie di padronanza, il livello-soglia è
dato dall’insieme delle rilevazioni dei risultati conclusivi, da cui si può inferire il
superamento o meno della fase di sviluppo di una competenza.

Si può valutare negativamente una competenza?

Una competenza o c’è o non c’è, e quando c’è il primo livello viene
generalmente identificato come iniziale, o principiante, o esordiente, ecc.
Pertanto non ha senso una valutazione negativa; la logica stessa delle
competenze si basa sulla rilevazione del potenziale, sul positivo, anche
minimo, che lo studente presenta, e non su ciò che manca, sul deficit, sulla
carenza.

Ma la domanda nasconde altre preoccupazioni e vanno affrontate.

I caso. Supponiamo che un allievo di quarta primaria non abbia raggiunto


nemmeno il livello iniziale della competenza prevista per la sua classe. Sarebbe
del tutto inutile stigmatizzare con un “gravemente insufficiente”, è opportuno
rilevare gli elementi di conoscenza, abilità e competenza che l’allievo possiede
e rintracciarli nei descrittori delle classi precedenti.

II caso. Supponiamo che un allievo di terza media in sede finale si collochi al II


livello, mentre lo standard minimo è fissato al III livello. Non è forse una
valutazione negativa? In realtà è una certificazione negativa: non bisogna mai
dimenticare che lo scopo della valutazione (formativa) è la regolazione per il
miglioramento, mentre lo scopo della certificazione (documentale) è la
classificazione per la selezione.
3.1 OCSE PISA – Matematica: Un esempio di livelli di competenza

Competenza matematica (Mathematical Literacy)4: La competenza


matematica è la capacità di un individuo di identificare e comprendere il ruolo
che la matematica gioca nel mondo reale, di operare valutazioni fondate e di
utilizzare la matematica e confrontarsi con essa in modi che rispondono alle
esigenze della vita di quell’individuo in quanto cittadino che esercita un ruolo
costruttivo, impegnato e basato sulla riflessione.

Livello 6: Concettualizzazione, generalizzazione e uso di informazioni


basate su situazioni e problemi complessi. Collegamento fra diverse fonti
di informazioni e forme di rappresentazione differenti, in seguito
combinazione di diversi elementi. Sviluppo di nuove soluzioni e strategie
di gestione di situazioni non familiari.

Livello 5: Sviluppo e utilizzazione di modelli per situazioni complesse.


Scelta, confronto e valutazione di strategie opportune per affrontare
problemi complessi. Utilizzazione strategica di forme di rappresentazione
adatte e applicazione di conoscenze riferite alle situazioni.

Livello 4: Utilizzazione corretta di modelli espliciti per situazioni


complesse. Scelta e integrazione di varie forme di rappresentazione e
loro collegamento con aspetti di situazioni reali, argomentazione
flessibile.

Livello 3: Svolgimento di procedure descritte chiaramente, comprese


quelle che presuppongono decisioni sequenziali. Utilizzazione e
interpretazione di rappresentazioni basate su varie fonti di informazioni e
capacità di trarne delle conclusioni dirette.

Livello 2: Estrazione di informazioni pertinenti da un’unica fonte e


comprensione di un’unica forma di rappresentazione. Applicazione di
algoritmi, formule, procedure o convenzioni fondamentali.

Livello 1: Risposte a domande formulate in un contesto familiare,


contenenti tutte le informazioni pertinenti e definite chiaramente.
Svolgimento di procedimenti di routine secondo istruzioni dirette.
3.2 OCSE PISA – Lettura: Un esempio di livelli di competenza

Competenza di lettura (Reading Literacy)5: La capacità di un individuo di


comprendere e utilizzare testi scritti e di riflettere sui loro contenuti al fine di
raggiungere i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità
e di svolgere un ruolo attivo nella società.

A differenza della competenza matematica, quella di lettura si declina in


cinque livelli, anziché sei, e per ciascun livello si analizzano tre indicatori:
Individuare informazioni, Interpretare il testo, Riflettere e valutare, e si
determinano due contesti paradigmatici: testi continui e testi non continui.

Dal punto di vista dell’enunciazione, della coerenza e della completezza, questo


modello è a mio avviso davvero esemplare: dobbiamo imparare a costruire
curricoli per competenze in questo modo!

Livello 5

Individuare informazioni Interpretare il testo Riflettere e valutare

Localizzare, ed Cogliere il significato di Valutare criticamente e


eventualmente ordinare o sfumature del linguaggio o formulare ipotesi
integrare, più informazioni dimostrare una piena ed basandosi su conoscenze
non immediatamente approfondita comprensione di carattere specialistico.
evidenti, alcune delle quali del testo. Saper affrontare concetti
possono trovarsi al di fuori contrari alle aspettative e
del corpo principale del basarsi su una conoscenza
testo. Inferire quali, fra le approfondita di testi lunghi
informazioni del testo, o complessi.
siano pertinenti rispetto al
compito, discriminandole
tra più informazioni
plausibili.

Testi continui - Trattare testi la cui struttura non è ovvia o chiaramente indicata al fine di
discernere la relazione tra specifiche porzioni di testo e il suo argomento o scopo implicito.

Testi non continui - Identificare la struttura che lega fra loro molte informazioni presenti
all’interno di una rappresentazione grafica – che può essere ampia e complessa – facendo
riferimento, in alcuni casi, anche a informazioni che si trovano al di fuori della
rappresentazione stessa. Il lettore deve essere in grado di comprendere da solo che, per
comprendere pienamente una determinata porzione del testo, è necessario far riferimento a
un’altra parte dello stesso documento, per esempio una nota a piè di pagina.

Livello 4

Individuare informazioni Interpretare il testo Riflettere e valutare

Localizzare, ed Utilizzare inferenze Servirsi di nozioni di


eventualmente ordinare o complesse basate sul testo carattere formale o di
integrare, più informazioni per comprendere e cultura generale per
non immediatamente applicare categorie a un formulare ipotesi su un
evidenti, ciascuna delle testo di argomento non testo o per valutarlo
quali può dover soddisfare familiare e per interpretare criticamente. Dimostrare di
molteplici criteri, all’interno il significato di una comprendere in modo
di un testo il cui contesto o porzione del testo tenendo accurato testi lunghi o
la cui forma non sono conto del testo nel suo complessi.
familiari. Inferire quali, fra insieme. Saper affrontare
le informazioni del testo, ambiguità, idee contrarie
sono pertinenti rispetto al alle aspettative e concetti
compito da svolgere. espressi in forma negativa.

Testi continui. Seguire collegamenti linguistici o tematici lungo più capoversi, spesso in
assenza di indicatori del discorso, allo scopo di localizzare, interpretare o valutare informazioni
non immediatamente evidenti oppure per inferire il significato di carattere psicologico o
astratto.

Testi non continui. Scorrere un testo lungo e dettagliato al fine di individuare informazioni
pertinenti, spesso in mancanza di un‘organizzazione grafica (etichette, formattazione
particolare ecc.) per localizzare più informazioni da confrontare o integrare.

Livello 3

Individuare informazioni Interpretare il testo Riflettere e valutare

Localizzare e, in alcuni Integrare diverse parti di Stabilire connessioni o


casi, riconoscere la un testo al fine di paragoni, fornire
relazione tra singole identificarne l’idea spiegazioni su un aspetto
informazioni, ciascuna principale, di comprendere di un testo o valutarlo.
delle quali può dover una relazione o di Dimostrare una
soddisfare molteplici interpretare il significato di comprensione dettagliata
criteri. Gestire informazioni una parola o di una frase. di un testo mettendolo in
messe in rilievo che Confrontare, contrapporre relazione a nozioni familiari
possono essere confuse o classificare tenendo o della vita quotidiana,
con quelle richieste. conto di molteplici criteri. oppure attingendo a
Gestire informazioni che nozioni meno comuni
possono essere confuse
con quelle richieste.

Testi continui. Utilizzare, laddove siano presenti, strutture testuali convenzionali e seguire
connessioni logiche esplicite ed implicite (quali relazioni di tipo causa-effetto) lungo più
proposizioni o capoversi al fine di localizzare, interpretare o valutare informazioni.

Testi non continui. Esaminare una rappresentazione grafica alla luce di un’altra
rappresentazione o di un altro documento, magari presentato in forma differente, oppure
integrare diverse informazioni singole – di carattere spaziale, verbale o numerico – in un
grafico o in una mappa al fine di trarre conclusioni sull’insieme delle informazioni
rappresentate.

Livello 2

Individuare informazioni Interpretare il testo Riflettere e valutare

Localizzare una o più Identificare l’idea Stabilire paragoni o


informazioni, ciascuna principale di un testo, connessioni tra il testo e
delle quali può dover comprendere relazioni, conoscenze extra-testuali
soddisfare molteplici creare o applicare semplici oppure spiegare un aspetto
criteri. Gestire informazioni categorie oppure del testo attingendo dalla
che possono essere interpretare il significato di propria esperienza e dalle
confuse con quelle una porzione limitata di proprie opinioni personali.
richieste. testo nei casi in cui le
informazioni non sono in
evidenza e vengono
richieste inferenze poco
complesse.

Testi continui. Seguire connessioni linguistiche o tematiche all’interno di un unico capoverso,


allo scopo di localizzare o interpretare informazioni, oppure sintetizzare informazioni da diversi
testi o porzioni di testo, allo scopo di inferire lo scopo dell’autore.

Testi non continui. Dimostrare di afferrare la struttura sottesa ad una rappresentazione


grafica, quale un semplice diagramma ad albero o una tabella, oppure integrare due
informazioni di un grafico o di una tabella.

Livello 1
Individuare informazioni Interpretare il testo Riflettere e valutare

Localizzare, sulla base di Riconoscere l’idea Stabilire una semplice


un singolo criterio, una o principale o lo scopo connessione tra
più informazioni dell’autore, in un testo informazioni presenti nel
indipendenti formulate in riguardante un argomento testo e nozioni comuni
modo esplicito, con poche familiare in casi in cui le della vita quotidiana.
o senza informazioni che informazioni richieste sono
possono essere confuse in evidenza.
con quelle richieste.

Testi continui: Utilizzare la ridondanza testuale, i titoli o le convenzioni grafiche per formarsi
un’opinione riguardo all’idea principale di un testo, o per localizzare informazioni formulate in
modo esplicito in un punto circoscritto del testo.

Testi non continui: Concentrarsi su singole informazioni slegate, solitamente raccolte in


un’unica rappresentazione grafica, quale una mappa semplice o in un grafico a linee o a barre,
che presenta poche informazioni in modo diretto e nel quale il testo scritto si riduce a poche
parole o frasi.

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