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Capitolo 2
La ricostruzione del profilo psicologico-comportamentale
del serial killer
1. L'infanzia e l'adolescenza dei serial killer
Diversi autori che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno sottolineato l'importanza delle
esperienze traumatiche subite dal soggetto in ambito sia familiare che extrafamiliare, durante
l'infanzia e l'adolescenza, per spiegare il manifestarsi del comportamento omicidiario seriale. (1)
Esaminando la casistica, si nota che molti assassini seriali rientrano in una delle seguenti categorie:
1. figlio illegittimo;
2. figlio di un genitore abusivo, di solito il padre, mentre l'altro sottomesso, spesso la madre
(anche se possibile il quadro opposto);
3. orfano di uno o entrambi i genitori;
4. infanzia caratterizzata da violenze fisiche, psicologiche e/o sessuali, perpetrate da uno o da
entrambi i genitori.
L'infanzia un momento fondamentale per la salute fisica e mentale del futuro adulto ed molto
importante la formazione di un buon "legame di attaccamento" fra il bambino e chi si prende cura di
lui. Con il procedere della costruzione del legame, il bambino s'identifica e cerca attivamente il
contatto con i genitori o con chi ne fa le veci. La frantumazione o la mancata formazione del "legame
di attaccamento", pu produrre un bambino - ed un futuro adulto- incapace di provare empatia, affetto
o rimorso per un altro essere umano, caratteristiche queste comuni anche agli assassini seriali.
Alla base del mancato processo di attaccamento, molte volte c' un problema di abbandono
genitoriale. Diversi assassini seriali hanno sofferto questa situazione, pur nascendo all'interno di un
matrimonio regolare, che per presentava caratteristiche di instabilit. Spesso il futuro "mostro" un
bambino che maturato fantasie perverse, perch trascurato, maltrattato o persino violentato;
frustrazioni, stress, incapacit cronica di affrontare e superare i conflitti generano nel bambino e, poi,
nell'adolescente un progressivo isolamento dalla societ, percepita come entit ostile; e dunque
anche estraneit alle sue convenzioni etiche. Questa situazione determina cos una rottura dei tab e
una serie di pulsioni violente dirottate su vittime che interpretano un bisogno vertiginoso di rivalsa.
Gianfranco Pallanca, sessuologo di nota fama, afferma che il processo attraverso il quale si diventa
assassini seriali passa attraverso tre fasi. La prima l'autoprotezione; il bambino rifiuta di vivere la
propria angoscia, nasconde i suoi sentimenti, si isola. La seconda la rimozione; le angosce
vengono trasferite nell'inconscio, dove giacciono dimenticate, ma attivissime. La terza la proiezione;
si addossa, cio, ad altri la colpa della propria angoscia. Il serial killer strazia ed uccide perch vede
nella vittima l'origine dei propri mali. Al sollievo momentaneo, procurato dalle sevizie e dalla morte,
segue una nuova crisi di angoscia dove si riaccende il desiderio di punire. (2)
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Il clima che caratterizza la vita del gruppo familiare assume toni drammatici quando si aggiunge
anche la violenza: la stragrande maggioranza dei serial killer stata a sua volta vittima di sevizie
durante l'infanzia o, comunque, proviene da una "famiglia multiproblematica". Del resto Roger L.
Depue, agente dell'F.B.I., sostiene che i "fantasmi" nel bambino cominciano a svilupparsi quando al
sesso si unisce la violenza; quando questi due concetti si legano, praticamente impossibile
separarli di nuovo.
Secondo la definizione di Mazer, una "famiglia multiproblematica" ogni "gruppo familiare composto
da due o pi persone in cui pi della met dei membri ha sperimentato dei problemi di pertinenza di
un servizio sociale e/o sociosanitario o legale". (3) Si possono individuare cinque tipi possibili di
"famiglia multiproblematica".
1. Il padre si presenta periferico, poco attivo nello svolgere bene il proprio ruolo, sia nel
sottosistema coniugale che in quello genitoriale. In questo tipo di famiglia, la coesione della
coppia dei genitori molto bassa e la figura centrale, sovraccaricata di funzioni, la madre. Il
padre, spesso, mette in atto comportamenti aggressivi contro la moglie o contro i figli. In
questo caso, il bambino ha due opzioni; o decide di assumere comunque il padre come
modello identificativo, anche se negativo, tendendo, una volta adulto, a ripeterne gli stessi
schemi comportamentali; oppure rifiuta questo modello e sceglie, se possibile, una figura di
riferimento sostitutiva (un nonno, uno zio, un fratello pi grande).
2. La relazione coniugale risulta interrotta: il padre spesso manca e la madre non si evoluta in
un ruolo genitoriale. In questo tipo di famiglie, l'assenza del padre pu essere causata dalla
sua morte improvvisa, da impegni lavorativi che lo tengono in viaggio per lunghi periodi di
tempo o da problemi coniugali che fanno in modo che i rapporti fra moglie e marito siano
incrinati.
3. Entrambi i genitori sono presenti, ma, per immaturit psicologica o incompetenza psicosociale,
il sottosistema genitoriale non funziona adeguatamente. In questa situazione, i due genitori
tendono a rinunciare alle funzioni di tipo esecutivo e la natura del loro rapporto si presenta
confusa ed instabile; questa realt tende, per la sua precariet, a portare allo spezzettamento
del nucleo familiare, a causa della notevole inconsistenza e mutevolezza delle regole.
4. In alcuni casi, la madre l'elemento incompetente e spesso assente della famiglia. In queste
situazioni, la madre viene, spesso, avvertita come invadente, ossessiva, prevaricatrice. Oppure
fredda e distante. Nel 45% dei casi il rapporto madre-figlio definito freddo dal futuro serial
killer. I profili psicologici degli assassini seriali sono spesso ripetitivi. La psicoanalista austriaca
Alice Miller ha parlato di "Pedagogia nera" (4): ci sono genitori convinti di poter usare metodi di
correzione come maltrattamenti, botte e isolamento; questo accade in ogni ceto sociale.
Fortunatamente solo alcune vittime della "Pedagogia nera" evolvono fino allo stadio di serial
killer; pu accadere quando il bambino particolarmente remissivo, non sa trovare una valvola
di sfogo che lo aiuti a comprendere da che parte sta il male. In questi casi la vittima finisce per
identificarsi con l'aggressore.
5. Una configurazione particolare quella in cui c' uno stato di quasi continuo flusso e riflusso di
membri. In questo tipo di famiglia, la situazione non mai stabile. In una prima fase, i figli
vengono dispersi in istituti e presso parenti; in una secondo momento il nucleo si ricostituisce
temporaneamente, per poi perdere nuovamente alcuni elementi. Si verifica una situazione in
cui la famiglia, per quanto decisamente spezzata, sussiste ancora, anche se molto labile la
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composizione dei sottosistemi in interazione e manca continuit nello svolgimento dei ruoli.
La maggior parte degli assassini seriali proviene da una "famiglia multiproblematica" e questo fattore
molto importante per spiegare la loro scelta di un comportamento deviante. Il solo fatto di crescere
in una famiglia di questo tipo non , per, sufficiente per stabilire una relazione causale con il
comportamento omicidiario seriale. Quello che, invece, si pu dire che esiste una correlazione
diretta con la scelta del soggetto di attuare un comportamento deviante, fra i quali l'omicidio seriale
solo una delle opzioni possibili.
Stern elabora la teoria dei "s multipli della prima infanzia" (5): esperienze molto intense collegate ad
un affetto (ad esempio, un abuso) possono contribuire alla mancanza di integrazione fra le
esperienze, che pu causare la suddivisione del s in una parte buona e in una cattiva. Sebbene
diversi assassini seriali abbiano avuto relazioni anche di lunga durata, nel loro interno c' sempre un
s nascosto che evita ogni tentativo di raggiungere una gratificazione e ci il frutto di modalit di
relazione errate apprese durante il periodo evolutivo.
Per quanto riguarda il rapporto con la famiglia, generalmente, gli assassini seriali provengono da
ambienti familiari che non consentono lo stabilirsi di relazioni comunicative adeguate. Molti di loro
sono stati abusati dai propri genitori e gli studi su questo tema hanno dimostrato che tutti sono stati in
qualche modo vessati nella loro infanzia. Hanno subito una violenza, spesso sessuale, in un'et in cui
non potevano ribellarsi e questa brutalit non ha fatto altro che minare in modo esponenziale una
personalit gi di per s fragile, costretta a difendersi con meccanismi del tutto inadeguati e tali da
portare poi all'espletazione omicidiaria mostruosa.
In altri casi, meno gravi di quelli appena descritti, i futuri serial killer sono andati incontro al cosiddetto
"processo di triangolazione": i genitori coinvolgono il bambino nei loro conflitti emotivi, usandolo
alternativamente come strumento per ricattare l'altro coniuge. Spesso, il rapporto con uno dei due
genitori caratterizzato da ripetute aggressioni verbali alle quali viene sottoposto il bambino. Nelle
storie di vita degli assassini seriali, si nota esclusivamente una comunicazione unidirezionale tra
genitore e figlio, anche in quelle famiglie nelle quali, apparentemente, non ci sono traumi particolari a
minare la vita psichica del bambino. I genitori degli assassini seriali non hanno un confronto empatico
con loro, tendono a comandare, a regolare la vita del figlio in base alle loro esigenze.
Una nutrita serie di ricerche ha dimostrato la correlazione esistente tra l'aggressivit sessuale e la
cattiva relazione bambino/padre. Questo dato particolarmente importante perch, spesso, si tende
a focalizzare troppo l'attenzione sulle problematiche edipiche del maschio nel rapporto con la madre,
relegando in un angolo la figura paterna. Il legame con il padre fondamentale perch il bambino
consolidi la sua identit di genere. Il problema non tanto come si comporti il padre, ma qual la
percezione che il figlio ha del comportamento del genitore che, spesso, neanche si accorge di
trascurare il proprio figlio. Se il padre assente o inadeguato, il bambino deve trovare un altro
modello maschile con il quale identificarsi; se neanche questo esiste oppure viene a mancare troppo
presto, il bambino si ritirer nell'immaginazione, perdendo progressivamente il contatto con il mondo
reale. Il rapporto con la madre altres importante, in quanto per il figlio maschio, rappresenta il
primo contatto con un mondo che non conosce, il mondo femminile. Quando la figura materna
dominante e oppressiva nei confronti del figlio, il rapporto tra i due centrato sulle prescrizioni, le
proibizioni e le punizioni ed i ruoli all'interno del nucleo familiare sono ribaltati, per cui il bambino vive
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Per quanto riguarda le assassine seriali, si rileva un'elevata incidenza di abusi sessuali durante
l'infanzia; la maggior parte delle volte il padre a rendersi colpevole dell'abuso, ma pu essere un
fratello, uno zio, un altro parente. Anche nel loro caso c' una mancanza di direzionalit nei rapporti
comunicativi con i genitori. In qualche modo, perci, le figure genitoriale risultano per i serial killer
delle vere e proprie persecuzioni che, coscientemente o meno, li guidano nella valutazione delle
proprie vittime e nelle attivit omicide.
Riguardo al rapporto con il gruppo dei pari, praticamente tutti gli assassini seriali hanno mostrato
gravi difficolt di relazione con gli altri ed una vita sociale molto povera. Questi problemi sono la
logica conseguenza di un periodo evolutivo vissuto prevalentemente in solitudine con gravi problemi
di rapporto con il gruppo dei pari. Il bambino proietta nella scuola e nel rapporto con i coetanei, i
vissuti che si porta appresso dall'ambiente familiare, dove spesso non ha imparato dei modelli di
comunicazione adeguati.
Esistono due modelli fondamentalmente opposti di comunicazione e rapporto con il gruppo dei pari:
a. il modello del capro espiatorio: si tratta di bambini che, fin dal primo giorno di scuola, vengono
presi di mira dai compagni e devono sopportare ogni tipo di scherzo e di insulto. Col passare
degli anni, il soggetto si adatta al fatto di essere un "capro espiatorio" e non fa niente per
uscire da questa situazione, tranne che ritirarsi ancora di pi in un suo mondo fantastico.
Quelle rare volte che l'offesa talmente grave da scatenare la sua reazione, mostra di avere
una forza impensata, data dall'enorme quantit di rabbia accumulata durante gli anni di
frustrazioni, sia a casa che fuori. Terminato l'episodio, il soggetto rientra nel suo stato di apatia.
In alcune circostanze, invece, il primo atto di ribellione il segno di un inversione di tendenza,
che spinge il soggetto a manifestare un comportamento aggressivo e violento;
b. il modello del bullismo: la configurazione opposta alla precedente. Sono dei bambini
particolarmente aggressivi che, nelle relazioni con il gruppo dei pari, assumono la leadership e
sfogano la loro rabbia contro altri bambini. Ressler, facendo riferimento ai dati raccolti
dall'F.B.I., afferma che il 54% degli assassini seriali, durante l'infanzia, ha manifestato
comportamenti crudeli verso altri bambini, percentuale salita al 64% durante l'adolescenza. (7)
1. isolamento sociale. Nel campione di assassini seriali considerato dall'F.B.I., il 71% dei soggetti
riferiva di provare forti sentimenti d'isolamento durante l'infanzia. Si tratta di bambini nei quali la
fantasia assume un ruolo predominante e compensa una realt povera di stimoli positivi. Queste
fantasie hanno la caratteristica di essere precocemente sessualizzate, quindi i loro contenuti
turbano profondamente il bambino, ma, allo stesso tempo, lo eccitano. Il bambino si lascia sedurre
dal suo mondo fantastico e, progressivamente, si allontana da quello reale;
2. difficolt di apprendimento. Danni fisici e mentali, deprivazioni precoci e una mancanza cronica di
fiducia nei confronti degli altri, sono tutti fattori che contribuiscono a creare il fallimento scolastico,
situazione comune a molti assassini seriali. Nonostante la maggior parte di loro abbia un
quoziente intellettivo medio o, addirittura, elevato non riescono a sopportare il peso degli studi, a
causa della stessa inquietudine interna che provoca la loro incostanza nel campo lavorativo;
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3. sintomi di danno neurologico. Questo danno pu essere provocato da una ferita o da una malattia
e include forti mal di testa, attacchi epilettici, scarsa coordinazione muscolare e incontinenza. In
taluni casi, un forte trauma alla testa associato all'apparizione improvvisa di un comportamento
aggressivo e/o di una personalit eccessiva. Questa situazione, secondo i periti di parte, riguarda
anche Gianfranco Stevanin, l'agricoltore di Terrazzo (Verona) che tra il 1994 ed il 1995 ha ucciso
almeno quattro donne a seguito di pratiche di sesso estremo (vedi cap. 4, par. 1);
5. problemi con le autorit e di autocontrollo. Spesso, il bambino soffre quando i genitori lo affidano
ad altri parenti o a estranei e quando maestri di scuola cambiano troppo frequentemente. Sono
bambini incapaci di tollerare le restrizioni e che reagiscono in maniera estrema alla minima
frustrazione;
6. attivit sessuale precoce e bizzarra. Molte volte, gli assassini seriali iniziano a masturbarsi da
bambini oppure manifestano dimostrazioni di sessualit violenta e abusiva nei confronti di altri.
Anche l'utilizzo di materiale pornografico inizia in et precoce. In particolare gli assassini seriali
fanno un abbondante uso di pornografia, anche se non possibile stabilire una correlazione
diretta fra i due comportamenti. Da bambini, gli assassini seriali spesso sono costretti loro
malgrado ad avere precoci esperienze sessuali, in quanto sono vittime di violenze sia intra che
extrafamiliari. Ci li porta ad una forma di attrazione-repulsione per il sesso, che inizia a diventare
un pensiero ossessivo nella loro mente;
7. ossessione per il fuoco, il sangue e la morte. Spesso, i serial killer da bambini sono ossessionati
da fantasie distruttive che sfociano, a volte, in veri incendi dolosi che vanno oltre i normali giochi
con i fiammiferi fatti da tutti i bambini. Ressler, facendo riferimento ai dati forniti dall'F.B.I., afferma
che la piromania presente nel 56% degli assassini seriali durante l'infanzia e persiste nel 52%
dei casi durante l'adolescenza; in et adulta si dimezza rispetto all'infanzia. (9) Per il serial killer
bambino o adolescente, appiccare un incendio soddisfa due pulsioni molto forti: la prima quella
distruttiva, comune a tutti i bambini, la seconda quella sessuale. Quando questo tipo di
comportamento insorge durante l'infanzia, significa che il soggetto si sente profondamente
inadeguato, perci si ribella distruggendo oggetti. Per il serial killer adolescente, la piromania un
mezzo per scaricare le proprie tensioni sessuali.
Gli assassini seriali, inoltre, durante il loro periodo evolutivo, mostrano una particolare attenzione
nei confronti del sangue. Per alcuni di loro, ci legato ad un vero bisogno fisico di avere un
contatto col sangue.
Un'altra ossessione riscontrata di frequente nel periodo evolutivo di molti assassini seriali quella
per la morte. Questi soggetti, invece di provare una naturale repulsione nei confronti di tutto ci
che collegato alla morte, ne sono come affascinati, cosicch certi autori parlano di
"necromania". (10) A volte, il contatto con la morte avviene in et precoce quando il bambino pi
facilmente impressionabile. Alcuni assassini seriali, si sono trovati, da bambini, a dover
fronteggiare la morte improvvisa di una persona cara, senza riuscire ad elaborare adeguatamente
il lutto e ci ha costituito il punto di partenza per la "necromania" successiva;
8. crudelt verso gli animali e/o altre persone. Nel campione di assassini seriali esaminato da
Ressler, il 36% ha mostrato segni di crudelt verso gli animali durante l'infanzia, raggiungendo il
46% durante l'adolescenza. Gli esperti che studiano il fenomeno consigliano di non sottovalutare
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mai i giochi violenti dei bambini nei confronti degli animali, perch questi comportamenti possono
essere segnali di disagio che pu preannunciare lo sviluppo di una personalit violenta; (11)
9. furto e accaparramento. Vengono considerati sintomi del vuoto emozionale del bambino. Spesso il
furto la prima tappa della carriera criminale del assassino seriale. Questo comportamento pu
comparire in et molto precoce per sfociare poi col tempo in vere rapine a mano armata. A volte, il
furto collegato a deviazioni della sfera sessuale come il voyeurismo e il feticismo;
10. comportamento autodistruttivo. La "sindrome di automutilazione" pu durare per decenni nei quali
l'automutilazione si alterna a momenti di calma assoluta ed a comportamenti impulsivi, come i
disordini alimentari, l'abuso di alcol e di altre sostanze e la cleptomania. Nel campione dell'F.B.I., il
19% disse di aver praticato degli atti di automutilazione durante l'infanzia;
11. precoce abuso di stupefacenti. un modo di evasione psichica dalla realt o di emulazione del
comportamento genitoriale ed molto frequente tra gli assassini seriali. Il pi delle volte, sono gli
stessi genitori, e in particolare il padre, a fornire il modello al figlio. Soprattutto quegli assassini
che iniziano a uccidere quando sono ancora adolescenti fanno un uso frequente di queste
sostanze, per darsi coraggio e sembrare dei "veri uomini".
Come abbiamo visto, la maggior parte degli autori che si sono occupati del fenomeno degli assassini
seriali ha focalizzato l'attenzione sull'infanzia di questi soggetti, evidenziando soprattutto la presenza
di situazioni traumatiche di varia natura nella loro vita. Sicuramente, questo fattore ha la sua
importanza, ma da solo non sufficiente a spiegare l'insorgenza del comportamento omicidiario
seriale in un individuo. La caratteristica principale dell'omicidio seriale data dalla ripetitivit
dell'azione omicidiaria, al di l del movente estrinseco che ispira gli omicidi. Il motivo della ripetizione
sta nel fatto che il soggetto, in ogni azione omicidiaria, cerca qualcosa che per non trova mai, per
questo costretto a ripetere il comportamento all'infinito. Questo qualcosa cercato dall'assassino
appartiene alla societ industrializzata e, in particolare, all'ambiente urbano. Non a caso, secondo gli
studi effettuati da De Luca in materia, il 58% di tutti gli assassini seriali si trova negli Stati Uniti, la
nazione pi industrializzata del mondo. (12)
Per quanto riguarda il rapporto tra omicidi seriali ed immigrazione, possiamo affermare che soltanto
negli Stati Uniti una certa quota di omicidi seriali viene commessa da immigrati; del resto l'unico
paese in cui si nota una correlazione significativa (3%) fra questi due fattori. Negli altri paesi del
mondo, i casi di omicidio seriale commessi da stranieri sono esigui, anche se si pu ipotizzare, in
futuro, con la maggior diffusione e velocit dei mezzi di trasporto e con l'abbattimento delle frontiere
in Europa, che gli assassini seriali si sposteranno da un paese all'altro pi agevolmente.
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per, sono accomunati dal fatto di provare una marcata sensazione di disagio nei rapporti
interpersonali e di sentirsi emarginati.
Keniston parla, a proposito di ci, di "sindrome dell'alienazione", basata su undici indicatori e che si
pu applicare anche agli assassini seriali per descrivere il loro mondo interiore. (13) Questi elementi
sintomatici sono:
1. sfiducia. Gli individui alienati non provano fiducia verso il mondo esterno e per quello che potr
riservare loro il futuro. Gli assassini seriali hanno avuto un'infanzia ed un'adolescenza
traumatica ed anche la loro vita da adulti contraddistinta da una serie di frustrazioni che si
accumulano, andando a creare una condizione di sfiducia sia nei confronti del mondo esterno
che nei riguardi delle proprie capacit di adattamento all'ambiente;
2. pessimismo. La maggior parte dei serial killer convinta di non potersi inserire adeguatamente
nella societ, per cui sceglie la strada alternativa della devianza. Il pessimismo dovuto ad un
basso livello di autostima, di cui sembrano soffrire un po' tutti gli assassini seriali;
3. ostilit confessa. Molti serial killer provano rabbia e ostilit verso la societ, che essi ritengono
colpevole di non offrire loro le stesse opportunit che sono offerte agli altri. L'omicidio seriale
ha un elevato valore simbolico, in quanto non la singola vittima di ogni omicidio che si vuol
punire, ma la societ nel suo complesso;
4. alienazione interpersonale. I serial killer hanno una grossa difficolt a stabilire una
comunicazione interpersonale soddisfacente. Abbiamo visto come, fin da piccoli, abbiano la
tendenza a chiudersi in un loro mondo immaginario, popolato da fantasie, piuttosto che in
quello reale fatto di scambi interpersonali;
5. alienazione sociale. Gli assassini seriali hanno una vita sociale estremamente povera proprio a
causa della loro scarsa capacit di instaurare legami interpersonali;
6. alienazione culturale. I serial killer, pur essendo, in linea di massima, di intelligenza media
hanno una cattiva riuscita scolastica e il grado di istruzione della maggior parte di loro medio-
basso. Gli assassini seriali non hanno, in genere, particolari interessi culturali, non amano
leggere e non vanno a teatro. Anche la passione per il cinema orientata verso alcuni generi
specifici; su tutti, i film di gangster;
7. disprezzo si s. I serial killer hanno una bassa autostima e questo fattore collegato al
pessimismo, alla sfiducia ed alla mancanza di un'identit autentica e ben strutturata.
Mancando questa, o disprezzando quella che hanno, cercano un'identit fittizia;
8. esitazione. Tutta la vita degli assassini seriali contrassegnata da una mancanza cronica di
capacit decisionale. Questa caratteristica viene confermata anche quando l'assassino viene
catturato: sulle prime, pu negare di aver commesso dei delitti, poi sente l'impulso di
confessare e, in seguito, pu decidere di ritrattare la confessione;
9. subspezione. I serial killer sono affascinati dalla psicologia, perch sono interessati a sapere
come funziona l'uomo e, quindi, loro stessi;
10. estraneit. Gli assassini seriali sono convinti di non appartenere al genere umano. Si sentono
migliori degli altri come nel caso degli egocentrici e dei narcisisti patologici, ma anche
incompresi, perch nessuno vuole riconoscere la loro grandezza. Altri, invece, si sentono
estranei, considerandosi peggiori del resto del genere umano;
11. non strutturazione dell'universo. L'universo degli assassini seriali caotico, manca totalmente
di organizzazione ed come se il soggetto fosse sempre in bilico fra due mondi opposti (reale
ed immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.
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Quello che vogliamo chiederci ora se c' la possibilit di stabilire una sorta di correlazione causale
fra il grado di industrializzazione di una societ e il fenomeno dell'omicidio seriale. Riguardo a questo
argomento, occorre fare una premessa relativamente al cosiddetto "modello di vita americano". Si
tratta del sistema "capitalistico" fondato sull'acquisizione continua di beni di consumo che, negli ultimi
anni, ha esercitato un influsso deleterio nell'ex Unione Sovietica. Con il crollo del regime comunista, il
modello americano stato introdotto bruscamente in un paese sterminato che non aveva le strutture
adeguate per supportarlo aggravando la crisi sociale ed economica in questo paese. Secondo
Alexandr Bukhanovsky, psicologo russo ed esperto di serial killer, ci ha portato ad un'epidemia di
omicidi seriali, che simboleggiano l'odio verso la societ, considerata responsabile in blocco del
fallimento dei progetti individuali, e la voglia di distruzione del soggetto nei confronti di una realt
economica e sociale estremamente frustrante. (14)
Come abbiamo detto, le contraddizioni e la competitivit proprie della realt americana possono far s
che soggetti particolarmente fragili non riescano ad affrontare correttamente la vita quotidiana,
ritirandosi perci in un loro mondo fantastico che pu portarli ad avere sentimenti di rivalsa verso la
societ che spesso sfociano in comportamenti omicidiari seriali. Vediamo adesso, in particolare, quali
sono le caratteristiche strutturali e sociali della societ americana che possono esser considerate
fattori facilitanti il sorgere di quella "sindrome di alienazione", ritenuta da molti autori elemento
trainante per la formazione di un assassino seriale:
a. elevata mobilit interna. A cominciare dagli anni '60, lo scompiglio provocato dal progredire
della tecnologia avanzata e della moderna conduzione degli affari ha creato dei tipi di comunit
completamente diversi che hanno ben poca somiglianza con le societ tradizionali.
Gli effetti negativi a lungo termine di una simile condizione di vita andranno a ricadere
soprattutto sul membro pi debole del nucleo familiare: il figlio. In una "famiglia ultramobile", il
bambino non ha la possibilit di stabilire legami duraturi con i suoi coetanei, perch subito la
famiglia deve trasferirsi in un'altra citt e lui deve ricominciare tutto da capo. A ci si aggiunge
il fatto che, in famiglie di questo genere, i genitori spesso non sono in grado di manifestare al
figlio il loro affetto in maniera adeguata, perch troppo presi dal fatto di seguire la loro carriera.
b. disgregazione della famiglia. un fenomeno che, nelle societ occidentali, sta raggiungendo
dei livelli veramente allarmanti, con gli Stati Uniti in testa.
Aumentano i divorzi e le separazioni e i figli vengono sempre pi spesso allevati in una famiglia
monoparentale, quasi sempre formata dalla madre. Viene cos a mancare ai figli maschi, il
modello di riferimento dello stesso sesso, con il conseguente aumento dei problemi collegati
all'identit di genere e di ruolo e delle difficolt di relazione con l'universo femminile.
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Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale un modo per esercitare la loro rivalsa sulla societ e per
liberare l'aggressivit accumulata a causa delle frustrazioni subite. In generale, gli assassini seriali
tendono a utilizzare le caratteristiche intrinseche del proprio mestiere per la cattura delle vittime o per
l'esecuzione dell'omicidio; ad esempio, i medici e le infermiere possono scegliere di uccidere tra i
pazienti di cui si occupano. Si pu dire, quindi, che, in diversi casi di omicidio seriale, la scelta delle
vittime fatta in base all'opportunit che si presentano all'assassino ed esiste un certo grado di
correlazione con il tipo di lavoro svolto da questo.
Per alcuni assassini seriali, l'omicidio soltanto l'ultima tappa di un percorso criminale iniziato molto
presto. Generalmente, si tratta di soggetti che provengono da ambienti estremamente disgregati,
cresciuti con l'esempio costante di modelli devianti. Questi individui intraprendono una vera e propria
carriera criminale, nella quale si possono individuare delle tappe ben precise:
Una categoria di soggetti che presenta un gran numero di serial killer quella dei vagabondi; si tratta,
spesso, di persone caratterizzate da una personalit irrequieta e incostante. Questi soggetti sono
estremamente difficili da catturare a causa della loro continua mobilit. Spesso, infatti, passano
diversi anni prima che ci si accorga di trovarsi di fronte ad un caso di omicidio seriale, perch le
autorit di polizia dei diversi Stati lavorano su base locale senza comparare casi di omicidio che
avvengono a centinaia di chilometri di distanza.
Gli assassini seriali che hanno un lavoro fisso, invece, svolgono dei mestieri piuttosto modesti, in
linea con il loro grado di scolarizzazione. Alcuni mestieri si riscontrano con maggior frequenza:
1. cameriere/a
2. bracciante, contadino
3. camionista.
Un'altra categoria particolarmente interessante quella legata alle professioni sanitarie. Queste
attivit possono portare il soggetto a credersi onnipotente, perch sa che dalla sua abilit possono
dipendere le vite di diverse persone. Attraverso l'omicidio seriale, il medico pu realizzare l'altro lato
della sua personalit e trovare la soddisfazione pi completa.
Analizzando le storie di vita di molti assassini seriali, si nota come molti di loro siano assolutamente
incompatibili con la vita militare. All'inizio, provano una certa attrazione per un mondo governato da
rigide regole di comportamento che, in un certo modo, rispecchia il modello genitoriale paterno
dell'autorit. Spesso, l'assassino seriale, una volta adulto, sente il bisogno di entrare in un setting
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strutturato che diriga la sua vita con autorit: questo perch, in generale, si tratta di soggetti con una
bassa autostima ed una capacit comunicativa interpersonale povera. Alcuni serial killer sono per
talmente abituati a vivere destrutturati che, dopo poco tempo, diventano insofferenti alla vita militare
ed iniziano a non rispettare la disciplina o, addirittura, diventano disertori.
Il mestiere del poliziotto attira molti assassini seriali; per i serial killer questa professione assume un
fascino particolare, in quanto indossare l'uniforme un modo di rivestire il loro Io debole con una
corazza che li fortifica davanti al mondo esterno. Altre volte, l'assassino seriale sceglie di fare il
poliziotto perch in questo modo pu canalizzare la propria aggressivit indirizzandola contro dei
soggetti che in ogni caso sono stigmatizzati dalla societ. Alcuni serial killer, invece, vedono il proprio
rapporto con la polizia come una partita a scacchi e traggono un grande piacere dal fatto di battere i
poliziotti al loro stesso gioco. Per altri ancora, la paura di essere presi un afrodisiaco, ci spinge
taluni assassini seriali a sollecitare l'attenzione delle forze dell'ordine. Infine, alcuni di loro, possono
mantenere dei rapporti indiretti con la polizia; ad esempio, Ed Kemper si recava spesso in un bar
frequentato da poliziotti e divent amico di alcuni di loro per farsi raccontare a che punto erano le
indagini sui suoi omicidi.
La quasi totalit delle donne serial killer, invece, rientra nella categoria della casalinga; di solito, le
vittime sono scelte nell'ambito familiare o comunque hanno una qualche relazione con l'assassina.
bene sottolineare che ciascuna delle modalit di attuazione di comportamenti sessuale devianti
solo l'estremo di un continuum che va dal nessun interesse per lo stimolo sessuale ad
un'impossibilit assoluta di provare una qualsiasi forma di interesse sessuale in assenza dello stimolo
stesso. In psichiatria, questi disturbi, in passato chiamati "deviazioni sessuali", attualmente sono
definiti con il termine di "parafilia": ci indica che l'anormalit riguarda ci da cui il soggetto attratto.
(16) La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella sfera sessuale. Questo dato
valido anche per quei soggetti i cui delitti non hanno una motivazione principalmente sessuale.
proprio la modalit di attuarsi della pulsione sessuale che importante conoscere ed approfondire
in relazione all'argomento di cui ci occupiamo, perch essa, nelle sue infinite sfaccettature, ci che
caratterizza la condotta di molti serial killer. Questi soggetti, spesso, esternano la loro aggressivit
nella sfera sessuale, assaltando e stuprando estranei in attacchi brutali o esaltandosi in azioni di
sadismo sessuale sulle loro vittime. In alcuni casi, le componenti sessuali possono rivelarsi con chiari
segni di violenza sessuale o di atti sessuali compiuti dall'omicida sulla vittima, oppure possono
essere denunciate dalla particolare sede e morfologia delle lesioni inferte ad essa, quando queste
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consistono in ferite a parti sessuali del corpo o in escissione delle stesse. Vi sono anche omicidi in cui
le componenti sessuali non potrebbero essere sospettate ad un'analisi fenomenica della scena del
delitto o in base all'esame della vittima, in quanto completamente integrate dall'atto lesivo e/o
omicidiario in quanto tale.
In questo ambito, quindi, non si pu fare a meno di rilevare che la tipologia fenomenica di tali delitti
pu essere differenziata soltanto attraverso un'analisi psicomotivazionale relativa alla qualit,
all'interazione e/o alla commistione tra componenti in senso lato aggressive e componenti sessuali.
Nella sua analisi Ressler evidenzia che il 46% del campione di serial killer da lui studiato proveniva
da famiglie nelle quali c'erano problemi riguardanti la sessualit; in molti casi la madre dell'assassino
seriale una prostituta e l'odio provato da bambino viene spostato e proiettato su tutte le donne, che
l'assassino vuole punire al posto della madre. (18)
L'ossessione per il sesso del futuro serial killer si pu sviluppare anche a causa di un'educazione
troppo repressiva nella quale i genitori descrivono tutto ci che ha a che fare con la sfera sessuale
come qualcosa di peccaminoso, da condannare. Possiamo concludere affermando che in tutti gli
assassini seriali si nota la presenza di problemi sessuali e di esperienze di violenza nell'infanzia e
nell'adolescenza e la presenza massiccia di numerose fantasie sessuali.
Gli assassini seriali sono spesso dei disadattati, incapaci di fronteggiare adeguatamente la realt e le
sue richieste. Quando l'angoscia troppo forte, ecco che scatta il bisogno di ricorrere alla
perversione, che permette al soggetto di raggiungere una gratificazione, anche se transitoria.
Le esperienze sessuali precoci e traumatiche lasciano un segno indelebile nella psiche del serial
killer e, anche da adulto, il comportamento sessuale sar orientato verso livelli visuali e di
autoerotismo, con gravi problemi nello stabilire relazioni intime normali e nel raggiungimento
dell'orgasmo in attivit sessuali convenzionali. Le due perversioni principali riscontrabili negli
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assassini seriali sono il sadismo e la necrofilia, le quali tendono ad escludersi a vicenda. Alcuni
assassini seriali sadici compiono atti sessuali con i cadaveri delle loro vittime, ma per affermare la
loro potenza sessuale e come ulteriore segno dispregiativo nei confronti della vittima. Il necrofilo,
invece, ama il cadavere, fisicamente e psichicamente, e pu ricevere piacere solo con un corpo
inanimato. In conclusione dove l'assassino seriale sadico finisce il piacere - con la morte della vittima
- inizia invece la soddisfazione sessuale necrofilo.
Forma erotica dell'odio, una fantasia, che di solito viene messa in atto ma a volte rimane
a livello di un sogno diurno. un'aberrazione abituale preferita ad altre forme di
comportamento sessuale, necessaria perch il soggetto provi una piena soddisfazione
ed motivata primariamente da ostilit. Nella perversione, l'ostilit prende forma in una
fantasia di vendetta celata nelle azioni che costituiscono la perversione e serve a
convertire il trauma dell'infanzia nel trionfo dell'adulto. (20)
Il sadismo collegato all'uso della tortura nella serie omicidiaria e, in questo caso, ci troviamo di
fronte ad un soggetto che pu sviluppare l'aggressivit come risposta ad un meccanismo di difesa
contro sentimenti di colpa o frustrazioni.
I serial killer di questo tipo preferiscono uccidere le loro vittime mediante strangolamento, perch
possono prolungare a piacere il momento reale del decesso, aumentando e diminuendo la forza
della stretta; l'azione accompagnata da una vera e propria eccitazione sessuale che pu
culminare nell'orgasmo. L'uso del coltello e, in generale, di armi da punta e da taglio, ha un
significato di sostituzione o rafforzamento della funzione del pene. Alcuni serial killer, infatti, sono
completamente impotenti, per questo l'arma sostituisce in toto le funzioni dell'organo sessuale e
viene usata per la penetrazione simbolica del corpo; si nota, infatti, che diversi assassini seriali
concentrano le pugnalate sui seni della donna e intorno alla regione vaginale, perch vogliono
distruggere i simboli della femminilit che tanto li spaventano.
2. Necrofilia. Mentre i sadici si eccitano alla vista del sangue delle loro vittime, i necrofili cercano di
mantenere intatto il cadavere e, per questo motivo, come mezzo per uccidere, prediligono lo
strangolamento, il soffocamento, l'avvelenamento, cio quelle tecniche che lasciano intatti i tessuti
corporei.
L'assassino seriale necrofilo, di solito, stato un bambino chiuso in se stesso, timido e poco
socievole con i coetanei. Il mondo della fantasia occupa un posto centrale nella vita di questo
soggetto, a scapito del mondo reale, con il quale il serial killer necrofilo non ha molta
dimestichezza.
Il sesso con persone vive qualcosa che incute in questi soggetti paura: il piacere sessuale
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inibito dal timore dell'oggetto. Il cadavere un oggetto completamente passivo sul quale il
necrofilo pu indirizzare la propria sessualit, finalmente libera da inibizioni.
a. feticismo di una parte del corpo: l'assassino concentra l'interesse sessuale su una o pi
parti della vittima; in questo caso, avviene un processo di "parzializzazione", per cui la
vittima acquista importanza in quanto possiede la particolarit che interessa all'assassino;
b. feticismo per qualit fisiche: in alcuni casi, gli assassini seriali sembrano attratti da
particolari caratteristiche fisiche della vittima, come, ad esempio, la predilezione per le
donne grasse;
c. feticismo del vestiario: il tipo pi facilmente riscontrabile nei serial killer; Krafft Ebing
sostiene che, in questo caso, il fascino non pi spiegato dalla donna in s, ma da un
determinato capo di vestiario, che si distacca completamente dalla rappresentazione
complessiva della donna. (21)
4. Voyeurismo. una delle perversioni predilette dagli assassini seriali; in molti casi, si deve parlare
di "voyeurismo obbligato", in quanto il bambino pu essere costretto dai propri genitori ad
assistere ad uno o pi rapporti sessuali. Ne deriva una situazione profondamente traumatica per
lo sviluppo della psiche del soggetto.
Molti individui, prima di iniziare ad uccidere, si sono dedicati per anni al voyeurismo, di solito
accompagnato dal feticismo, attivit che richiedono una forte partecipazione dell'immaginazione e
il ruolo massiccio della fantasia. Molto spesso, si verifica un processo in base al quale il soggetto
non pi in grado di soddisfare la propria eccitazione con l'attivit voyeuristica, per cui ha bisogno
di stimoli sempre pi forti.
5. Esibizionismo. un'altra delle tappe obbligate dello sviluppo sessuale degli assassini seriali. Di
solito, i primi arresti per reati sessuali includono l'esibizionismo ed il comportamento contrario alla
moralit pubblica e il buon costume.
6. Stupro seriale. Gli stupratori, spesso, provano impulsi sessuali sovrabbondanti. Le fasi
dell'eccitazione sono regolari, mentre ad essere profondamente disturbata la fase del desiderio.
Spesso, questi assassini seriali sono dediti alla pornografia e sono feticisti di biancheria intima
femminile. A volte lo stupro si conclude con l'uccisione della vittima, a volte no (stupratori seriali).
Egger (22) sostiene che le dinamiche motivazionali dell'omicidio seriale sembrano molto simili a
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quelle riscontrate nelle ricerche sullo stupro. Il bisogno di esercitare potere una componente
fondamentale di entrambi i crimini e, spesso, basta che la vittima opponga maggiore resistenza
per trasformare uno stupro violento in un omicidio. La differenza principale tra i due crimini risiede
nella forma e nel grado di controllo che l'aggressore vuole esercitare sulla vittima e della capacit
di dominio delle pulsioni del soggetto.
7. Cannibalismo e vampirismo. Queste due perversioni sessuali non sono affatto rare tra i serial
killer. Nella maggior parte dei casi questi comportamenti sono il risultato di un disturbo psichiatrico
di gravit variabile.
A volte, il cannibalismo appena accennato e l'assassino seriale si limita a mordere il corpo delle
vittime, senza per mangiarne una parte. Un soggetto che prova degli impulsi cannibalistici ed
omicidiari pu essere in uno stato di allucinazione cos forte da autoconvincersi di essere un
animale selvaggio. Nella prospettiva del soggetto, il crimine diventa di propriet dell'animale,
trasferendo su esso la responsabilit dell'atto.
Per alcuni assassini seriali, queste perversioni hanno un chiaro significato simbolico. Questi atti
possono essere praticati dopo che il soggetto ha avuto un rapporto sessuale insoddisfacente con
la vittima ed una regressione al comportamento animale. Per altri solo un modo estremo di
raggiungere la gratificazione sadica. In ogni caso, i serial killer cannibali sono sempre uomini. Per
gli assassini seriali, il cannibalismo rappresenta un appagamento degli impulsi omicidiari con una
violenza estrema e con eccesso di desiderio. L'identit altrui viene annientata con l'introiezione di
parti del corpo ed i soggetti che cannibalizzano le vittime sono sempre affetti da gravissime turbe
sessuali che risalgono ad un'infanzia vissuta in un tessuto familiare completamente disgregato.
8. Pedofilia. una perversione molto comune tra gli assassini seriali: dopo le donne, quella dei
bambini la categoria vittimologica pi frequente.
In questo caso, l'assassino seriale ha una particolare difficolt a relazionarsi con un soggetto
sessualmente adulto. Il bambino un soggetto meno impegnativo, per cui non subentra l'ansia da
prova. Il controllo del potere assoluto, dato che la vittima offre un grado di resistenza quasi nullo.
Quasi sempre i pedofili hanno loro stessi alle spalle un'esperienza di abuso subita durante l'et
evolutiva, per cui sono portati a ripeterla, assumendo per, questa volta il ruolo dell'aggressore.
Riguardo alle modalit di avvicinamento della vittima, possiamo distinguere due tipologia di
assassini seriali pedofili:
1. pedofilo violento: di questa categoria fanno parte gli stupratori ed i soggetti che, alla
violenza del minore, fanno seguire l'omicidio con modalit particolarmente cruente;
2. pedofilo non violento: utilizza principalmente la modalit della seduzione, riuscendo ad
individuare i minori che hanno gravi carenze affettive; in questi casi, il pedofilo pu
rappresentare per loro un mezzo per riempire il vuoto affettivo ed emotivo lasciato dai
genitori. Un esempio di pedofilo non violento rappresentato da Luigi Chiatti, un giovane
geometra di Foligno che, tra il 1992 ed il 1993, uccise due bambini (vedi cap. 4, par. 3).
necessario effettuare un'ulteriore distinzione tra assassini seriali pedofili solitari, che agiscono
individualmente e assassini seriali pedofili organizzati, che agiscono in gruppo e all'interno del pi
vasto campo della prostituzione minorile e del turismo sessuale.
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comportamento violento. un dato di fatto che molti assassini seriali affermano di fare uso frequente
di materiale pornografico. Va distinta, per, la pornografia normale dalla pornografia sadomasochista,
che sembra quella pi direttamente coinvolta nell'omicidio seriale. Gli stimoli provenienti da questo
materiale, non fanno altro che rafforzare le fantasie di dominio gi presenti nella mente del soggetto e
dargli, in un certo senso, una giustificazione di essere nel giusto. In sintesi la pornografia
sadomasochista rafforza le fantasie del soggetto, quelle stesse fantasie che sono alla base
dell'omicidio seriale. Persone che sono gi predisposte alla violenza possono fare uso di pornografia
violenta, ma ci non significa che questa crei una predisposizione alla violenza, anche se pu
rinforzarla e esacerbarla. Un effetto sicuramente collegato a questo tipo di pornografia quello di
desensibilizzare il soggetto alle manifestazioni del dolore e alla visione della sofferenza di vittime
reali.
Ferracuti evidenza l'esistenza di una assuefazione al materiale pornografico, che egli chiama "effetto
di saziet", che fa si che, col passare del tempo, il soggetto perda l'interesse per uno stimolo sempre
della stessa intensit e abbia bisogno di materiale che gli dia stimoli pi forti per rafforzare le proprie
fantasie. (23)
Questo processo avviene in ogni omicidio seriale, anche se la durata dell'elaborazione della fantasia
subisce variazioni molto ampie a seconda del tipo di omicidio. Occorre precisare che tutti i bambini
hanno fantasie, ma quando queste sono sempre orientate verso morte e distruzione, il segno pi
chiaro di un inclinazione patologica che si orienter verso un futuro comportamento deviante.
Douglas, ritiene che, ai fini del buon esito dell'attivit investigativa, occorre in primo luogo analizzare
attentamente il comportamento del serial killer. L'autore in questione, sulla base di una ricca
esperienza sul campo, distingue il modus operandi dalla "firma". (24) L'elaborazione di queste
categorie si deve essenzialmente alla criminologia d'oltreoceano. Il modus operandi il
"comportamento acquisito", ci che l'assassino seriale fa nell'esecuzione del crimine. Ha
caratteristiche di dinamicit e pu evolversi nel tempo. La "firma", invece, rappresenta ci che il
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soggetto deve fare per raggiungere "l'appagamento". Rimane, pertanto, costante in ogni delitto e non
varia negli anni. In alcuni casi, fra le due categorie esiste soltanto una sottilissima differenza. Gli
investigatori devono stare molto attenti a non confondere i due elementi e concentrarsi soprattutto
sulla ricerca della "firma", non lasciandosi depistare dalle variazioni del comportamento messo in atto
di volta in volta dall'assassino. Delitti con modalit operative differenti possono, comunque, esser
marcati da una medesima firma.
Nell'ambito del modus operandi efferatezza e crudelt sono gli indicatori pi significativi. Gli agenti
dell'F.B.I., riferendosi a crimini di questo genere, parlano di overkilling, vale a dire "eccesso di
omicidio". In esso si cela la volont di trarre piacere dalla sofferenza altrui, attraverso il cosiddetto
"supplizio dei cadaveri", dando cos sfogo alla propria "pulsione di morte". Bruno, a tal proposito,
parla di "necromania", intendendo con ci una sorta di inversione di un istinto morfobiologico che ci
spinge verso la vita e a fuggire la rappresentazione della morte.
Tutto questo depone per il fatto che organizzazione, controllo e pianificazione accompagnano e
seguono il comportamento del serial killer. Cercare di conoscere la misteriosa ossessione che muove
gli omicidi seriali, significa cercare di comprendere i meccanismi psicologici dell'assassino seriale, il
fine del suo uccidere. Chi deve cercare un serial killer, comunque, sa bene che, in assenza di un
movente chiaro, l'unico indizio da sfruttare sono proprio le vittime; osservando queste, si procede
ricostruendo la storia dell'assassino, la sua vita ed, infine, la sua identit. Il serial killer, del resto, si
muove sempre in ambiti ben precisi, che sono quelli entro i quali sceglie la vittima, l'aggredisce e la
uccide. Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue fantasie ed reso
perci riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera non come esseri umani, ma come oggetti,
ci che conta, infatti, non l'identit del cadavere ma quello che rappresenta per l'assassino seriale.
Le vittime, quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate casualmente, e se conoscenza c'
stata, stata solo superficiale ed estemporanea. A volte, pu accadere che si tratti di persone che
passano davanti lo sguardo del serial killer: vicini di casa, ad esempio, che d'improvviso vengono
registrati dalla sua mente come prede. L'assassino seriale sembra avere un fiuto speciale, un sesto
senso che lo avverte della vulnerabilit delle vittime; del resto, queste sono spesso persone deboli o
emarginate, per lo pi giovani donne o bambini. Il serial killer riesce, in qualche modo, a creare un
incontro con la vittima; costante il proposito di evitare in questa sentimenti di sfiducia, paura o
sospetto, se non addirittura di creare un clima di confidenzialit e di intimit. L'assassino seriale pu
essere sorridente, affabile, apparentemente affidabile, spesso ha un volto familiare e la sua futura
vittima ha fiducia in lui: nessuno pu immaginare che dietro quell'aspetto bonario di persona per
bene, si nasconda un proposito tanto atroce.
Una volta terminata questa fase, l'assassino seriale cerca il contatto fisico con la vittima, con un
repentino e drammatico mutamento dell'atteggiamento: strangolamento, strozzamento, uso di armi
bianche sono i modo pi frequenti per infliggere sofferenza e morte. Il piacere sessuale non coincide
con la penetrazione, ma conseguenza dell'effetto eccitante di poter usare il corpo dell'altro come
cosa, sentirsi potente nel procurare sofferenza e terrore.
Gustavo Charmet, psichiatra e docente di psicologia dinamica a Milano, per descrivere la volont di
controllo da parte del serial killer, parla di "controllo sadico ed onnipotente attraverso il quale
l'assassino rende cosa un essere e fa di tutto perch non dia segni di vita". Spiega, infatti, che
appena la vittima parla di s o esprime dolore, lui la mette a tacere perch "nel rigido schema del
"mostro", non c' spazio per un rapporto affettivo.
A parte i casi di cannibalismo, la vittima viene in qualche modo occultata; nascosta, gettata in acqua,
carbonizzata o altro; se non fatta sparire, abbandonata nella posizione dell'abuso. Da ci si pu
dedurre che l'assassino seriale ben lungi dal provare sentimenti di piet e di compassione per le
vittime, piuttosto manifesta disprezzo attraverso questi comportamenti; viene a degradare la vittima
alla stregua di una cosa. Il serial killer sempre molto attento a non lasciare tracce sul luogo del
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delitto, quando accade perch ha raggiunto un tale livello di sicurezza e di impunit da diventare
temerario, fino a sfidare apertamene l'autorit giudiziaria.
Innanzitutto, Bruno e il suo staff, sono partiti dalle categorie gi note di serial killer, mass murderer e
spree killer, definite dall'F.B.I. secondo parametri comportamentali: tra le caratteristiche che gli autori
americani privilegiano nelle definizioni di tali assassini si possono ricordare la ripetizione dell'omicidio,
l'assenza di motivazioni evidenti e di relazioni con la vittima, una finalit di tipo edonistico o di tipo
fanatico, un legame pi o meno netto con la sessualit ed infine la presenza frequente, ma non
assoluta, di diverse forme di patologia mentale.
Bruno non ha rifiutato a priori tali elementi, ma andato oltre, giungendo ad individuare
quell'elemento che avrebbe consentito di analizzare fenomeni anche apparentemente diversi; agli
elementi prospettati dall'F.B.I., Bruno aggiunge la categoria della "mostruosit", ritenendola il comune
denominatore degli omicidi seriali. Non a caso l'opinione pubblica di ogni paese, secondo il
criminologo, invariabilmente assegna a questi assassini la qualifica di "mostro", intendendo
evidentemente con ci riferirsi ad una "sorta di terza classe di soggetti che non sono (solo) criminali,
che non sono folli, ma che appunto sono "mostri", fenomeni rari, eccezionali, che si ergono al di
sopra delle possibilit di comprensione umana e che sono espressione di realt innaturali,
apparentemente estranee alla natura dell'uomo". (26)
La definizione di serial killer fornita dall'F.B.I., come di un criminale che uccide pi di tre persone,
secondo Bruno, dice assai poco: egli pensa che in realt gli assassini seriali non siano n normali, n
matti; sono esattamente quello che l'opinione pubblica crede: dei mostri. L'autore ritiene, inoltre, che
nell'uomo albergano entrambi i principi, quello del bene e quello del male, e si sa anche che il male
talvolta pu prevale, anche se generalmente controllato dalle strutture superegoiche, fondanti la
moralit.
Tuttavia non facile definire il bene e il male, si tratta, infatti, di strutture antinomiche e relative; al
contrario, secondo Bruno, la mostruosit pu esser pi facilmente definibile: vi una mostruosit nel
bene ed una nel male, entrambe fanno riferimento ad un concetto pi semplice da valutare, quello
della sproporzione qualitativa e quantitativa. come se esistesse un valore limite che la sensibilit
comune riesce a cogliere e che, quando superato, d luogo alla mostruosit.
Da un punto di vista operativo, Bruno ritiene che il carattere di mostruosit pu essere correlato:
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Una volta presupposto il carattere di mostruosit, che non pu essere definito quantitativamente in
modo rigido, ma che tuttavia pu essere considerato presente ogni qual volta si possa cogliere uno o
pi degli elementi suddetti, Bruno passato alla seconda fase del programma, che si proponeva di
quantificare in qualche modo il fenomeno. Tenendo conto che, sempre secondo i dati di questa
ricerca, dal 1895 ad oggi nel mondo si sarebbero manifestati almeno 850 serial killer, e, compiute le
dovute proporzioni, si pu affermare che, almeno per ora, nel periodo generazionale di circa
vent'anni, nei paesi pi industrializzati, si manifesta, in media, un assassino seriale ogni
settecentomila abitanti. In Italia, un calcolo ragionevole, fa stimare almeno un serial killer per ogni
milione di abitanti.
In conclusione, al termine di questa esposizione, possiamo riassumere alcuni dati che sembrano
rilevanti: innanzitutto, risulta evidente che il fenomeno ormai largamente presente in Italia, almeno
al pari degli altri paesi industrializzati (ad eccezione degli Stati Uniti), e che, negli anni '90, il
fenomeno appare in crescita quantitativa e qualitativa. Le caratteristiche degli omicidi seriali
riscontrati nel nostro paese rispecchiano abbastanza fedelmente quelle gi notate dalla letteratura
internazionale, si pu quindi che il fenomeno stesso sia espressione di fatti sociali e culturali simili nei
paesi in cui si ha la massima incidenza e di fatti psicologici e psicopatologici individuali che attengono
alla struttura della persona.
L'unico modo per prendere i serial killer, secondo Douglas, imparare a pensare come loro; il
comportamento riflette la personalit, quindi ritiene che: "se vuoi comprendere l'artista, devi guardare
il quadro; se vuoi conoscere il colpevole, devi guardare il crimine; un assassino seriale pianifica il suo
"lavoro" con la stessa cura con cui un pittore elabora il soggetto e l'esecuzione di una tela". (27) Cos
Douglas ha ricostruito degli indizi un volto, un nome, una personalit, un'ossessione; non c' altro
modo di agire se il delitto non ha apparentemente un movente. Quando l'assassino il figlio che
vuole ereditare, il socio che vuol tenersi tutti i soldi, il coniuge tradito, le indagini sono semplici,
perch dal movente si risale al colpevole. Ma il serial killer, spesso, non ha interessi economici, non
conosce le sue vittime, non approfitta dei suoi delitti.
L'arma del delitto, secondo Douglas, non il coltello, non la pistola, ma la mente: l che bisogna
scavare per catturarli. Perci necessaria l'analisi psicologica per identificare un assassino seriale:
bisogna capire quali sono i gusti, le abitudini, le fantasie; comprendere le motivazioni pi recondite e i
fantasmi che, di solito, si traducono in un rituale elaborato, al momento dell'esecuzione del delitto o
subito dopo. L'importanza fondamentale proprio il ruolo della fantasia; ci sono vari gradini nella
fantasia di un serial killer, spesso in principio c' la pornografia o giochi crudeli con gli animali: sono
rivalse per i maltrattamenti subiti o per i complessi dell'infanzia.
Soltanto agendo in questo modo possibile, secondo Douglas, riuscire a catturare un assassino
seriale, soprattutto nell'ipotesi di serial killer organizzati, i quali prestano particolare attenzione ad
ogni particolare dell'atto omicidiario, non consentendo alle forze dell'ordine di sviluppare le proprie
indagini da tracce pi o meno evidenti lasciate dall'assassino sulla scena del crimine.
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Se la polizia mi avesse detto che mio figlio era morto, i miei pensieri su di lui sarebbero
stati diversi. Se mi avessero detto che uno strano uomo lo aveva attirato in un
appartamento e, pochi minuti, dopo, lo aveva drogato, strangolato, e poi violentato e
mutilato il suo cadavere- in breve, se avessero riferito a me quelle cose che avevano
dovuto comunicare ad altri padri e madri- avrei fatto anch'io quello che hanno fatto loro.
Avrei pianto mio figlio e avrei preteso che l'uomo che lo aveva ucciso venisse duramente
punito: se non giustiziato, almeno separato per sempre dal resto dell'umanit. Ma a me
non fu detto quello che fu detto agli altri padri, che il loro figlio era morto per mano di un
assassino. No, a me fu detto che mio figlio era quello che aveva assassinato i loro figli
[...]. Come potevo sapere che il ragazzo che sedeva di fronte a me, con gli occhi
completamente spenti, se ne stesse in un mondo di incubi e di inimmaginabili fantasie
che, con il passare degli anni, l'avrebbero sopraffatto? Non l'ho mai sentito parlare del
futuro. Ora capisco che sin da allora immaginava che non ne avrebbe avuto uno. (28)
probabilmente per questo motivo che, quando chiesero a Dahmer senior se, dopo la condanna a
novecentocinquantasette anni di carcere, avesse perdonato il figlio, lui semplicemente rispose: "s,
l'ho perdonato, ma lui avr perdonato me?".
Un genitore che scopre che il proprio figlio uno spietato serial killer attraversa delle fasi emotive ben
definite:
Per quanto riguarda i parenti delle vittime, invece, si dimentica completamente che avrebbero
bisogno di un trattamento mirato alla gestione del dolore, che spesso insopportabile. Nei congiunti
delle vittime frequente che si manifestino dei sintomi tipici del "Disturbo post-traumatico da stress"
(PTSD), con lo sviluppo di ansia e sintomi dissociativi conseguenti al fatto di rivivere continuamente
la morte della persona cara. I membri della famiglia della vittima vanno incontro ad una riduzione
della reattivit emozionale che porta alla difficolt di provare piacere in attivit precedentemente
considerate piacevoli e spesso si sentono persino in colpa per il fatto di svolgere le faccende abituali
della vita.
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Mentre lo studio della personalit dei singoli assassini seriali sono infiniti, i lavori che prendono in
considerazione i processi psicologici e comportamentali che avvengono nella comunit in cui
operano questi soggetti sono rarissimi. Lo studio pi interessante e approfondito quello di Norvell,
che esamina le risposte emozionali in risposta ad un caso di omicidio seriale avvenuto nella cittadina
di Gainesville in Florida. (29) L'esame si concentra sul cambiamento dei fattori psicologici nella
comunit dopo il verificarsi di una serie di omicidi. L'analisi ha evidenziato una condizione di
depressione notevolmente maggiore nel gruppo testato dopo gli omicidi. La depressione appunto la
reazione affettiva pi sviluppata dopo un caso di omicidio seriale, che, soprattutto se l'assassino
continua ad uccidere per un periodo prolungato senza essere catturato, viene vissuta come un
trauma continuato. Lo stato di depressione porta invariabilmente a scegliere delle strategie di
adattamento inadeguate, improntate all'evitamento e alla passivit.
Fisher fa notare che, quando in una comunit un serial killer rimane in libert a lungo, la gente inizia
a credere che chiunque possa essere l'assassino. Il sospetto e la sfiducia nei confronti dell'altro, visto
come potenziale nemico, sono gli elementi caratterizzanti le interazioni sociali. Paura, ansiet e, in
alcune circostanze, panico, sono le risposte emozionali principali all'omicidio seriale. (30) Quando un
assassino seriale viene arrestato, da una parte si ha una reazione di sollievo per il cessato pericolo,
dall'altra parte subentra una reazione di incredulit, perch, spesso, l'assassino il "bravo vicino
della porta accanto". Quando il serial killer, invece, non viene catturato e il caso rimane irrisolto, ad
un certo punto la comunit riprende la vita di tutti i giorni, ma nell'inconscio collettivo rimane sempre
la paura nascosta che possa, prima o poi, tornare a colpire.
Che il mistero, dunque il fascino, degli omicidi a catena fosse sfruttabile era scontato. Quel che
stupisce, tuttavia, il sereno cinismo impiegato ad alimentare il mito di questi nuovi divi del male,
anche da parte di individui o riviste all'apparenza alieni da morbosit. In fondo i serial killer, psicotici o
psicopatici che siano, o ipernormali, come definiti da alcuni, possiedono quasi tutti un'altissima
opinione di s. E finiscono, piaccia o no, per prendersi la scena. Secondo molti hanno perfettamente
colto un messaggio comune a tutto il mondo occidentale: ci si ricorda solo dei vincitori. Essere
ricordati o dimenticati, diventare star a livello nazionale oppure restare comparse.
Cos, quasi tutti i serial killer sognano di finire sui giornali o in televisione e quindi di diventare famosi.
E per assecondare la loro sete di gloria si servono anche del crimine. "Se fate a pezzi delle persone
per mangiarle, tutti parleranno di voi. Ambire alla pena di morte, da parte loro, fa parte del clamoroso
boom che sperano di scatenare attraverso i mass media", chiosa lo psichiatra Donald T. Lunde,
docente a Palo Alto.
Il grande interesse per i serial killer c' perch, di fronte a loro, noi abbiamo la
sensazione che la pi pura espressione del male si stia palesando. Il male privo di
qualsiasi giustificazione. Qualsiasi motivazione appare, in un certo senso, liberatoria. In
pi, a sollecitare l'interesse, c' l'innocenza della vittima, che, di solito, debole ed
indifesa. In quell'innocenza ci s'identifica tutti. Una scena dove il male sta tutto da una
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parte e il bene dall'altra, insieme al terrore, beh non cosa trascurabile. (31)
Quando un caso di questo tipo occupa lo schermo della televisione o le pagine della stampa, in una
prima fase, le reazioni emotive, la compassione, i sentimenti di solidariet sono tutti in favore della
vittima. Nel momento in cui, dopo un po', il colpevole compare dinanzi ad un tribunale, incomincia a
verificarsi un viraggio e l'interesse emozionale della gente muta di oggetto: lo sdegno diviene meno
violento, l'imputato viene posto sotto le luci della ribalta; lui a diventare il primo attore. La figura
della vittima perde rilievo e il nucleo dell'attenzione pubblica si va concentrando sull'imputato: la sua
storia di vita, la sua personalit, i suoi problemi sono quello che ora maggiormente interessa. Allorch
il colpevole, una volta condannato, sar posto in carcere, si verifica un ulteriore viraggio: passato
del tempo ed egli, per l'opinione pubblica non pi tanto il reo che sta espiando il male che ha fatto,
quanto un uomo che sta soffrendo la pena.
Un altro ambito fortemente connesso al fenomeno dei serial killer quello legato ad Internet, gi
molto utilizzata da chi commette crimini e soprattutto da organizzazioni pedofile. estremamente
probabile che, in un futuro prossimo, con la sempre maggiore diffusione della rete, gli assassini seriali
possano far ricorso a questo strumento per selezionare le loro vittime. Avendo l'assassino seriale,
spesso, problemi relazionali con il sesso femminile, Internet lo strumento ideale per permettergli di
comunicare in forma anonima.
Ancor pi preoccupante lo sviluppo della "pedofilia telematica" che, tra le numerose attivit illegali
svolte attraverso il sistema telematico, quella che meno rispetta i confini geografici. I siti per pedofili
sono limitati, ma hanno potenzialit criminose infinite. Fino a qualche anno fa, questi siti venivano
aperti quasi esclusivamente in Asia, mentre oggi l'epicentro si spostato in Russia e nell'Europa
orientale. Un caso di pedofilia organizzata e omicidio seriale riguardante anche Internet stato
scoperto di recente grazie ad un'operazione di polizia congiunta in Italia e in Russia.
Note
1. S. Bourgoin, Serial Killers, (trad. it. La follia dei mostri), Sperling & Kupfer, Milano 1993 e M.
Garbesi, I Serial Killers, ed. Theoria, Roma-Napoli, 1997.
3. M. Malagoli Togliatti, L. Rocchietta Tofani, Famiglie Multiproblematiche, NIS, Roma 1975, p. 35.
5. C. Stern, A Study of Serial Murder, Paragon House, New York 1995, p. 244.
7. R. Ressler, A. Burgess, J. Douglas, Sexual Homicide: Patterns and Motives, Simon & Schuster,
Londra 1988. P. 35.
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8. M. Newton, Serial Slaughter: What's Behind America's Murder Epidemic, Loompanics, Washington
1992.
11. Ibidem.
13. K. Keniston, Young Radicals; trad. it. Giovani all'opposizione: mutamento, benessere, violenza,
Einaudi, Torino 1968, p. 318.
15. G. Canepa, M. Lagazzi, (a cura di), I delitti sessuali, Cap. II, Ponti, G., Merzagora, I., Cedam,
Padova 1988, p. 31.
16. F. Ferracuti, (a cura di), Criminologia e psichiatria forense delle condotte sessuali normali,
abnormi e criminali, cap. 8.1., Giuffr, Milano 1988, pp. 3-5.
18. Ibidem.
19. S. Glover, Perversion, Psychodinamics and Therapy, trad. it. Perversioni Sessuali, Feltrinelli,
Milano, 1956, pp. 35-36.
22. S.A. Egger, The Killer Among Us, Prentice Hall, New Jersey 1998, p. 31.
25. Relazione presentata al Seminario "Mostri o Serial Killer", analisi del fenomeno nell'Italia di oggi,
Dic. 1995, Sala delle conferenze della Corte d'Appello di Roma.
26. Ibidem.
28. L. Dahmer, A Father's Story, trad. it. Mio figlio, l'assassino, Sperling & Kupfer, Milano 1994.
29. N.K. Norvell, Emotional and Coping Responses to Serial Killing, Praeger, Westport 1993.
31. F. Bruno, M. Marrazzi, Inquietudine omicida: i Serial Killer analisi di un fenomeno, Phoenix, Roma
2000.
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