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Second Life e gli altri

Soggettività e socialità virtuale: alienazione o integrazione

Paolo Ferri

1. L’aprirsi dello spazio sociale dei soggetti virtuali

Oggi esiste un nuovo spazio all’interno del quale la soggettività può vivere e comunicare si tratta
dello spazio virtuale di Internet, ma la rete oggi dopo la prima rivoluzione del 1993 che ha dato
origine al Web 1.0 è molto diversa. L’internet della banda larga e del web 2.0 è oggi un luogo
sociale dell’abitare ed è sempre di più una rete sociale, popolata di mondi virtuali in due o tre
dimensioni all’interno dei quali interagire, comunicare e lavorare e sopratutto rappresentare il
proprio sé (Di Bari 2008, Carr, 2008, Tapscott, Williams, 2007). Anche a questo servono i mondi
virtuali in tre dimensioni: sono ambienti virtuali simulati al computer dove il “visitatore” naviga
attraverso un icona virtuale di sé (avatar) che si muove e interagisce con l’ambiente virtuale. Il se
virtuale dell’utente può manipolare o creare oggetti o entrare in relazione con altri avatar, si genera
in questo modo un ambiente condiviso di telepresenza simulata. Questi mondi possono essere simili
al mondo reale o essere costruiti sulla base di leggi “fisiche” e ambientazioni del tutto fantastiche ed
immaginarie. Molti di questi mondi mescolano leggi “naturali” e leggi fantastiche. Ad esempio in
Second Life esiste la gravità ma le persone possono volare da un posto all’altro, la geografia è
simile a quella terrestre ma gli avatar possono muoversi attraverso il teletrasporto. La
comunicazione tra gli utenti può avvenire in molti modi mediante testo, icone grafiche, gestualità
virtuale, suoni, ma raramente sono attivabili come il tatto o mai l’olfatto. Molto spesso in
particolare nei giochi on-line ma anche in Second Life è possibile attivare “modalità” di
comunicazione e azione in tempo reale ad esempio utilizzare la web cam per il video e la Voice
over IP per chiacchierare.

Tra i moltissimi e disparati ambienti di social networking e condivisione disponibili nel “secondo”
Web, prendiamo in considerazione, qui, il caso ormai “storico” di Second Life
(http://secondlife.com/ ) un fenomeno che recentemente ha spopolato sui Mass Media analogici e
su quelli digitali. Second Life è un mondo virtuale in tre dimensioni progettato e avviato nel 2003
dalla società americana Linden Lab (Nicoletti, 2007). Il sistema fornisce ai suoi utenti (definiti
"residenti") gli strumenti per aggiungere e creare nel "mondo virtuale" nuovi contenuti grafici:
oggetti, fondali, fisionomie dei personaggi, contenuti audiovisivi, ma soprattutto di costruire un
proprio sé alternativo, un icona della propria soggettività nel mondo di Internet che può non solo
essere personalizzato e assumere sembianze le più fantasiose ma soprattutto può interagire con i
doppi virtuali degli altri utenti di Secondo Life in “quasi” tutti i modi possibili in quello reale. Gli
incontri all'interno di SL appaiono dunque come “simulacri” di reali scambi tra esseri umani
mediati "finzionalmente " degli avatar. Un sé sociale e condivisibile proprio perché la peculiarità
del mondo di Second Life è quella di lasciare agli utenti la libertà di modificare e vestire il proprio
avatar, costruire (attraverso un linguaggio di modellazione 3D molto semplice ed intuitivo) la
propria isola, edificare la propria casa, arredarla, invitare amici a discutere, nello stesso tempo gli
utenti posso usufruire dei “diritti d'autore” sugli oggetti che essi creano o anche sulle proprie protesi
virtuali, che possono essere venduti e scambiati tra i "residenti" utilizzando una moneta virtuale (il
Linden Dollar) che può essere convertito in veri dollari americani. Attualmente partecipano alla
creazione del mondo di Second Life oltre 450.000 utenti attivi (gli utenti registrati sono circa 12
milioni, il che comprende gli utenti inattivi,doppi o creati e mai utilizzati) 1.

SL viene normalmente utilizzato dai suoi utenti per discutere, conoscersi, interagire e socializzare.
Si tratta di un comunità virtuale “di interesse” così come in comunità culturali, politiche e di azione
sociale. La metafora che ispira il mondo di SL dal punto di vista geografico e quella della mappa
geografica 3D della terra, zoomando “isole” tra gli oceani di un “mondo” simile alla terra (Sterling,
1988). Come nella vita reale gli utenti, le istituzioni e le imprese che concorrono alla costruzione di
questo mondo possono danno vita a eventi e incontri pubblici virtuali: vengono cioè organizzate
conferenze, incontri politici e commerciali, così come vengono condivisi o venduti, file musicali e
video, opere d'arte, ecc.; si è inoltre assistito alla creazione di numerose sottoculture “tribù”
all'interno dell'universo simulato di SL. Si tratta di un vero e proprio un “doppio” grafico delle
interazioni umane sociali ed economiche, ma anche sentimentali. Molte aziende hanno, inoltre,
creato “sedi virtuali” su SL – per citarne alcune Adidas, AMD, BBC, Microsoft, Dell IBM Leo
Burnett, Reebok, Reuters, Sun Microsystems, Warner Bros Music. Queste sedi virtuali permettono
ai loro dipendenti di interagire e svolgere videoconferenze e di praticare il cooperative working
sfruttando l’opportunità offerta dall’ambiente di interagire in un ambiente tridimensionale. Singoli,
associazioni ed aziende hanno creato all’interno di SL il più famoso, anche se forse non il più
frequentato o doppio virtuale tridimensionale del mondo reale.

SL come vedremo è solo uno dei mondi virtuali che l’immaginazione creativa dell’umanità cercato
di implementare sul Web, ma è certamente quello che ad oggi ha avuto il maggiore successo

1
Da http://it.wikipedia.org/wiki/Second_Life
mediale. Prima di analizzare più in dettaglio le caratteristiche delle manifestazione dell’identità e
della soggettività su SL percorriamo rapidamente la storia dei mondi virtuali tre D.

2. Un po’ di storia dei mondi virtuali 3 D

L’idea di mondo virtuale rimonta agli anni eroici dell’informatica. I primi mondi virtuali ad essere
implementati su computer risalgono agli anni Sessanta e non furono giochi sociali o ambienti di
relazione in 3D, ma “simulatori di realtà”, o altri device per la realtà virtuale che consistevano
spesso in caschi o altri oggetti indossabili, guanti, tute ecc. per costruire l’illusione di una realtà
virtuale, di una simulazione di realtà. I primi tra questi strumenti a diffondersi furono i simulatori di
volo per i piloti militari, prima, e per l’aeronautica civile successivamente. Gli strumenti on-line di
“condivisione di realtà” sono emersi in maniera indipendente rispetto a questi primi ambienti
virtuali ad utente singolo non condivisi. Infatti, mentre la gli strumenti classici della realtà virtuale,
caschi, guanti e simulatori, cercano di ingannare il sistema percettivo immergendo l’utente in un
scenario virtuale, nel caso dei mondi virtuali on-line l’impressione di immersione viene generata dal
coinvolgimento psicologico ed emotivo generato, dallo scenario, dal paesaggio e soprattutto dalle
interazioni sociali, dalla comunicazione e dai contenuti all’interno del mondo virtuale on-line che
viene visitato (Rheingold, 1993). Il primi mondi virtuali emersi dal magma creativo dell’Internet
sono state le Bbs e le “comunità virtuali” (Ferri, Carbone, 1998), ambienti virtuali solo testo dove i
partecipanti potevano condividere con altri utenti contenti e informazioni. Queste si sono poi
sviluppate in MUDs (Multi User Domain/Dungeon - Ambienti multiutente 3D) cioè in mondi
virtuali generati dagli utenti abitati da contenuti, testi ed avatar di utenti. Nel primo periodo di
Internet i MUD erano solo testuali, successivamente con lo svilupparsi dei linguaggi di
progettazione della grafica digitale e delle interfacce web si trasformarono in MOO. I MOOs (Mud
object oriented) sono sistemi di per la creazione di ambienti on-line, che prevedono la possibilità
per utenti multipli di programmare le caratteristiche del mondo che abitano, degli avatar e dei
contenuti che li popolano, è dai Moo nascono molte applicazioni che sono diventate strumenti di
interazione sociale on-line: Adventure Games come World of Warcraft e Ultima on-line
(http://www.uoherald.com/news/, http://www.worldofwarcraft.com/tournament-splash.htm ) , ma
anche sistemi di formazione continua come Active Wordls, e una serie di altri ambienti
cooperativi, utilizzati sia per lo svago che per il lavoro. Ora SL, ma anche Habbo
(www.habbo.com) - un ambiente virtuale 3 D che riunisce milioni di adolescenti nel mondo
(www.habbo.com) costituiscono l’ultima evoluzione di questa storia.
3. Come si manifesta il sé on-line
Abbandonando la ricostruzione storica e le esemplificazioni concrete proviamo a fornire
una definizione teorica del fenomeno dei Mondi virtuali on-line che hanno
caratterizzato il Web 1.0 e oggi caratterizzano il Web 2.0. Essi possono, a un prima
approssimazione, essere definiti come spazi elettronici socio e mitopoietici, cioè
ambienti collettivi ad alto tasso di interattività che possono rivelarsi produttivi tanto in
campo sociale e lavorativo quanto nel campo della creatività artistica e letteraria. Oggi i
mondi virtuali on-line costituiscono veri e propri ambienti cognitivi polidimesionali e
interattivi:2 lo sviluppo delle applicazioni grafiche e in realtà virtuale ha, infatti,
permesso di realizzare raffinate architetture digitali, all’interno delle quali gli utenti
sviluppano giochi narrativi e di ruolo (attraverso il loro avatar elettronico) nei quali
gestiscono e possono impersonare un personaggio o più personaggi
contemporaneamente. Quest’ultima possibilità offerta dai mondi virtuali 3D ci mette in
grado di comprendere perché sia particolarmente interessante analizzare in questo
contesto il problema dell’identità reale e virtuale. Gli ambienti 3D on-line sono, infatti,
uno dei luoghi virtuali in cui maggiormente il concetto di identità proprio dell’universo
gutemberghiano vacilla. Anche la posta elettronica, le chat o i forum permettono di non
dichiarare la propria identità, di rimanere anonimi all’interno del cyberspazio, o di
contraffare la propria identità o di moltiplicarla, ma all’interno dei mondi virtuali 3D è
possibile costruirsi una vera e propria identità virtuale alternativa. Afferma a questo
proposito Howard Rheingold: “Analogamente a come i media precedenti hanno dissolto
vincoli sociali relativi al tempo e allo spazio, i più recenti mezzi di comunicazione
telematica sembrano dissolvere anche i confini dell’identità” (Reingold, 1993, p. 235).
Una delle cose che facciamo noi immigranti digitali “figli di McLuhan” (Lotito, 2008,
Prensky, 2001, 2006), cresciuti con la televisione e la “teleselezione”, nei mondi virtuali
è fingere di essere qualcun altro, o addirittura fingere di essere varie persone a un
tempo”.3
Proviamo a esplicitare l’implicito sotteso alle affermazioni di Rheingold. Ogni
tecnologia della comunicazione porta con sé una peculiare ridefinizione dei concetti e
delle nozioni culturali e filosofiche. Per esempio, l’apertura dello spazio della scrittura

2
Una definizione che può essere applicata anche al concetto di ipertesto. Sul concetto di “ambiente cognitivo
polidimensionale”, si veda l’Introduzione di P. Ferri, “Un nuovo spazio della scrittura”, in (Landow, 1998) cit. pp. 1-19.
3
Rheingold ha aperto nei tarid anni novanta, all’interno della comunità virtuale The Well da lui creata, un forum di
discussione intitolato Boon o Bete noire (dono o bestia nera) dedicato al tema dell’identità. All’interno di questo forum
lo psicologo sociale Kenneth Gergen ha sviluppato la nozione di “Sé saturo” di cui ci occuperemo in seguito (K.
Gergen, The Satured Self: Dilemmas of Identity in Contemporary Life, Basic Books, New York 1991). Si veda anche H.
Rheingold, Comunità virtuali, p. 172.
gutenberghiano,4 l’introduzione del testo a stampa, ha definito il campo concettuale di
un’intera civiltà, la nostra civiltà del libro insieme alla nozione moderna di autore e
soggettività (Ferri, 1998). Allo stesso modo, la “rivoluzione digitale” ha provocato e lo
provoca soprattutto per i nativi digitali (Ferri, Mantovani, 2008) un generale
riorientamento gestaltico dei concetti che sono alla base della nostra civiltà postmoderna
o ipermoderna. Ora, l’analisi del fenomeno dei mondi virtuali 3 D e dei comportamenti
al loro interno di nativi e immigranti digitali è particolarmente interessante al fine di
comprendere la sfida e la torsione che le nostre categorie concettuali subiscono
nell’epoca delle nuove tecnologie.
L’esperienza dei Mondi virtuali 3D materializza all’interno del Web una nuova forma di
rapporto con la propria identità, sperimenta un nuova frontiera della soggettività cui tutti
noi possiamo attingere semplicemente collegandoci a una delle centinaia di sociale
network presenti sulla rete del Web 2.0. All’interno di Second Life o di Habbo è
possibile accedere o attivare a un numero praticamente infinito di identità virtuali. In SL
è possibile sperimentare la messa in scena, molto concreta anche se virtuale, di una
molteplicità di personaggi, per utilizzare l’espressione junghiana è possibile interpretare
molte personae differenti. Garantiti dall’anonimato e dalla “sicurezza” della virtualità, è
possibile, cioè, non solo narrare e condividere (ad esempio in twitter twitter.com), la
propria ”identità principale” ma anche costruire esperimenti di identità.
Esplorare, cioè aree sconosciute del proprio Sé. In tutti i mondi virtuali, all’atto della
registrazione ci viene richiesto di compilare il nostro profilo e di costruire il nostro
avatar. Questa operazione non è neutra, possiamo cioè definire e modificare a piacere il
nostro modo di apparire in rete. Possiamo sia adattare la nostra “identità principale” ad
interpretare un ruolo attinente al plot narrativo progressivamente stratificatosi in quel
determinato mondo virtuale, sia dislocare la nostra identità e di calarci in una persona
differente, con sembianze, genere e esperienze “virtuali” anche molto differenti da
quelle della nostra identità principale.
Di volta in volta ciascuno di noi può essere un esploratore galattico, un cavaliere
medievale, un cane, una donna, se è uomo o un uomo se è donna. Ciò che è più, però, è
il fatto che la partecipazione al MUD implica la “necessità” di articolare la propria
indentità virtuale, sia essa quella “principale” o quella alternativa o ancora un mix di
entrambe, in maniera che può essere molto dettagliata ed originale. A seconda del

4
La nozione di spazio della scrittura è stata sviluppata in particolare da J.D. Bolter, Lo
spazio della scrittura. Computer, ipertesti e storia della scrittura, a cura di M. Groppo e I.
Grazani, Vita e pensiero, Milano 1993.
personaggio che si è scelto si tratterà infatti di comportarsi, parlare e agire come il
nostro personaggio richiede, un esperienza che non è lontana da quella delle “maschere”
che di volta in volta assume la nostra identità principale nel mondo reale, ma con una
possibilità di alterarla molto più radicalmente.
In questo modo, a tutti coloro che posseggono un collegamento a Internet a banda larga
è possibile realizzare, senza essere uno scrittore o un attore di cinema o di teatro,
un’esperienza di decentramento del proprio Sé e di calarsi in un’identità alternativa.
La vita può essere cioè scomposta in molte finestre. Ma nella pratica quotidiana le
finestre - “Windows” è il sistema operativo più diffuso nel mondo - sono diventate
potenti metafore per pensare il proprio Sé come un sistema multiplo distribuito, un
sistema di identità multiple correlate.
La pratica di vita nei modi della rete, nelle differenti finestre che apriamo nel nostro io,
è quella di un “sé” decentrato, che esiste in molti mondi e impersona ruoli diversi nello
stesso istante. Cerchiamo ora di trarre alcune conseguenze teoriche dall’esperienza
fenomenologica di navigazione in Second Life o in Habbo. Affrontiamo cioè il
ragionamento appena accennato relativo alla nuova immagine di soggettività che le
nuove tecnologie sembrano suggerirci.
La tematica del decentramento del Sé, come nota anche Sherry Turkle (Turkel, 2005),
ha costituito una delle principali scandalose novità del movimento psicanalitico. L’idea
freudiana che il soggetto non fosse “padrone in casa sua”, costituisce uno dei temi forti
e dibattuti della psicanalisi. Jung interpreta il Sé come il luogo di incontro di differenti
archetipi, il teatro dove agiscono differenti personae, comprendere e conoscere le quali
rappresenta il passo verso una maggior consapevolezza del proprio mondo interiore.
Lacan ha radicalizzato la teoria del decentramento del Sé, inasprendo l’impostazione
freudiana e tramutando il Sé nel luogo dell’“assenza”, un luogo attorno al quale si
costruisce un’infinita catena di significanti linguistici. Ancora un volta il mondo di
Internet e soprattutto il Web 2.0 si presentano come un riscontro concreto e immediato
di queste teorizzazioni. L’identità individuale, infatti, all’interno dello spazio elettronico
è propriamente un significante linguistico, iconico, o prossemiche che si metamorforsa e
subisce una serie di peculiari alterazioni che è necessario comprendere a fondo.
Non si tratta tanto di instaurare l’ennesima analogia tra teorie post-strutturaliste e nuovi
media digitali, quanto piuttosto di utilizzare il modo in cui le forme dell’individualità si
incarnano nei media digitali per comprendere qualcosa in più sul modo in cui dopo la
rivoluzione digitale può essere declinato un ragionamento sull’individuo.
4. Il soggetto nell’epoca del Web 2.0 e del social networking

Come a notato Turkle (1995), una delle massime esperte nell’analisi dell’impatto delle
nuove tecnologie sull’esperienza dell’identità e della soggettività on-line “nelle
comunità in tempo reale del cyberspazio, noi siamo gli abitanti sulla soglia tra reale e
virtuale, insicuri del nostro stesso incedere, inventando noi stessi mentre procediamo”
(Turkle, 1995, p. X). Consapevole delle analisi del rapporto tra tecnologia e potere di
Foucault, Turckle sviluppa una dettagliata analisi delle forme di manifestazione
dell’identità all’interno dei media digitali. Un’analisi mirata non solamente alla
comprensione del fenomeno ma che si fonda sull’ipotesi operativa di utilizzare i mezzi
che le nuove tecnologie offrono come strumenti di “cura”. Turkle, infatti, è stata
l’antesignana dello studio delle possibilità che i media digitali offrono come appoggio
alle tradizionali terapie psicologiche5. Le forme del manifestarsi dell’identità sulla rete,
nelle chat cosi come all’interno delle applicazioni del Web 2.0 e del social networking
divengono perciò un terreno privilegiato per analizzare i caratteri di questa forma
tecnologica di reinvenzione del nostro Sé.
La prima e più eclatante possibilità di sperimentazione sull’identità che offre abitare il
social networking è come abbiamo visto, quella possibilità di costruire identità
alternative. Turkle, anche nei suoi lavori più recenti (Turkle, 2007, 2008), fornisce
molti esempi di questo fenomeno: studenti, studentesse e professionisti che utilizzano
questa forma di teatro virtuale per agire identità alternative . Al di la della possibile
valenza terapeutica di questa pratica del sé, l’aspetto più interessante di questo
fenomeno è il fatto che, per gli utenti, non si tratta semplicemente di una forma di
evasione e di distacco da una realtà concreta spiacevole o poco gratificante. Non è
neppure un semplice gioco trasgressivo, una forma di svago a basso costo che lascia
inalterati i tratti della nostra “personalità principale”. Spesso, infatti, come nel caso di
Gordon, un giovane ventitreenne americano (1995, p. 280-281) analizzato dalla Turkle,
i differenti personaggi che vengono interpretati all’interno della simulazione dei MUD e
degli ambienti virtuali 3D, possono costituire una forma di esperimento mentale che
permette a chi lo pratica di mettere alla prova e di consolidare comportamenti e aspetti
problematici o non sufficientemente analizzati della personalità.

5
Questo tema è approfondito nel capitolo “Considerare i programmi per il valore dell’interfaccia”, de La vita sullo
schermo, pp.126-164 in vengono anlizzati anche un serie di esperimenti di utilizzo clinico del computer e delle reti
telematiche.
Si tratta di un’euristica telematica della scoperta del Sé o meglio delle molteplici facce
del Sé individuale che può condurre a una migliore gestione della propria vita reale.
Una sorta di allenamento ludico del Sé alla complessità del reale. A proposito del caso
di Gordon, la Turkle afferma: “Può interpretare e giocare con molteplici parti di se
stesso per settimane, mesi, addirittura anni. Quando un personaggio esaurisce la sua
utilità psicologica Gordon lo mette da parte e ne crea uno nuovo. La partecipazione al
mondo dei MUD ha procurato a Gordon un processo di creazione e di ricreazione senza
soluzione di continuità. Il gioco ha intensificato il suo Sé come una costruzione di
crescita costante. Spiega come il suo Sé reale inizi ad appropriarsi di piccoli frammenti
sparsi dei personaggi interpretati” (1995, p. 281) .
L’abitare i mondi virtuali viene interpretato dalla Turkle come un esperimento euristico
di autoanalisi per esplorare i tratti riposti o più conflittuali della propria identità.
Ma dopo più di dieci anni di pratica sociale diffusa all’interno dei mondi virtuali del
Web 1.0 e successivamente del Web 2.0 la possibilità offerta da questi di costruire
identità alternative che abbiamo più sopra esaminato pone una questione di portata più
ampia: dal punto di vista psicologico i mondi virtuale e il loro utilizzo massiccio,
ricordiamo che la maggioranza dei preadolescenti italiani frequenta con continuità
questi ambienti (Istat, 2007, Rivoltella, 2006) implicano un trasformazione nella nostra
nozione di soggettività e questa è positiva o negativa?
Questa domanda è tanto più rilevante visiti la quantità di soggetti che praticano
quotidianamente questa esperienza, sia tra i nativi che tra gli immigrati digitali.
Soprattutto i nativi che praticano questa forma di “iscrizione del sé” sono decine di
Milioni (Boyde, 2007), gli utenti diventano quotidianamente autori di se stessi nei blog,
nei siti di social networking, così come nei mondi virtuali 3D, costruendo nuovi sé o
“profili” attraverso l’interazione sociale elettronica. I mondi virtuali, così come i siti di
social networking di rappresentazione e ostensione del sé come Myspace e Facebook,
consentono di esprimere aspetti inesplorati del proprio Sé, di “giocare” con la propria
identità e di sperimentarne di nuove, ma possono anche far correre il rischio di perdere
il contatto con il proprio Sé cullandosi nella molteplicità dei possibili.
Il doppio virtuale della nostra esistenza sulla rete telematica sovverte quindi molte delle
tradizionali forme di identità, anche quelle più intime legate all’identità sessuale.6 E’
chiaro come questa trasformazione della nozione di identità possa costituire, come

6
Si veda a questo proposito Gender Swapping on the Internet, la conversazione moderata da A. Bruckman nel
newsgroup Rec.Games.MUD.
afferma Turkle,7 un interessante terreno di ricerca per approfondire il tema della
trasformazione della nozione di ùdi identità nell’epoca contemporanea.
La questione è di cercare di comprendere come questo tipo di interazioni nello spazio
elettronico possano trasformare il nostro spazio reale, come si integrino o come
contrastino con la nostra esperienza vissuta; e ancora: il praticare l’uso delle personalità
alternative rapporta o indebolisce il Sé reale?
Più in generale, l’esperienza della polimorfia di personae che il nostro Sé contiene, e
che la rete telematica ci mette in maniera così efficace di fronte agli occhi sullo
schermo, può condurre a una rischiosa forma di alienazione, a perdersi nella
simulazione telematica, allontanando sempre di più il confronto con la materialità e, a
volte, la crudezza dei problemi della vita reale?
Si tratta dunque di comprendere se la transizione al virtuale possa rappresentare una
nuova forma di alienazione, come sembrerebbe potersi evincere dalle teorie sviluppate
su questo tema da alcuni apocalittici come Jean Baudrillard,8 dal sociologo Stephen L.
Talbot,9 oppure se l’ingresso nell’universo del virtuale non possa amplificare le
possibilità della nostra soggettività.
Questa direzione è indicata da Kenneth Gergen10 e da Robert Jay Lifton.11 Gergen ha
sviluppato la nozione di “Sé saturo”, l’idea cioè che le tecnologie della comunicazione
ci mettano ogni giorno di fronte alla saturazione della nostra mente operata dalle mille
“voci dell’umanità” che il sistema dei media tradizionali e digitali inserisce nelle nostre
vite. Il nostro Sé sarebbe composto degli infiniti linguaggi che si meticciano con quello
della nostra coscienza nel corso delle nostre esperienze comunicative. La saturazione
sociale ci fornisce, cioè, una molteplicità di linguaggi del Sé spesso incoerenti e in
conflitto tra loro. Le comunicazioni digitali estendono questa saturazione su scala
globale, e la globalizzazione relativizza i nostri paradigmi di lettura. Esistiamo l’uno
all’interno dei cervelli dell’altro in uno stato di costante immersione all’interno di

7
Si veda a questo proposito il capitolo “Sesso virtuale: i problemi dell’identità sessuale”, in S. Turkle, La vita sullo
schermo, cit., pp. 313-347.
8
Discuteremo in seguito e più dettagliatamente la tesi di Baudrillard, per il momento si veda la sua posizione sulla
tecnologia come forma di alienazione, J. Baudrillard, Guerra virtuale e guerra reale. Riflessioni sul conflitto del golfo,
a cura di C. Formenti e M. Perniola, Mimesis, Milano 1991.
9
S.L. Talbott, The Future does not Compute. Trascending the Machines in Our Midst, cit.,
pp.127-128, in cui analizza le peculiari distorsioni della percezione della realtà che
colpiscono, in alcuni casi, i bambini che sono avvezzi alla forma di mimesi del reale
offerta, per esempio, dai videogiochi o dalla televisione. L’ipotesi è che il bombardamento
di esperienza simulata cui si ha accesso attraverso in nuovi media, metta in secondo piano
le interazioni e le esperienze reali.
10
K. Gergen, The Satured Self: dilemmas of Identity in Contemporary Life, cit.
11
R.J. Lifton, The Protean Self: Human Resilience in the Age of Fragmentation, Basic Books, New York 1993.
immagini, suoni e pensieri che solo incidentalmente abbiamo sviluppato personalmente.
“Esistiamo in uno stato di continua costruzione e ricostruzione; si tratta di un mondo in
cui funziona tutto quello che può essere negoziato. Ogni realtà del Sé da avvio alla
domanda riflessiva, all’ironia e infine all’investigazione gioiosa di un’altra realtà. Il
centro si sfalda.”12 Secondo Gregen, ci stiamo trasformando in personalità multiple, ci
stiamo co-saturando con le altre menti in un processo di continua ridefinizione della
nostra identità. Ma senza principio di coerenza nessuna personalità può sopravvivere,
senza una qualche forma di armonia nella composizione delle parti l’individuo stesso si
vanifica. Si tratta di stabilire il grado di compatibilità della molteplicità con l’unità.
È di questo problema che si occupa Robert Jay Lifton nel suo The Protean Self.13 Anche
Lifton sostiene che le vecchie nozioni di individualità e di soggettività non sono più
sostenibili: il soggetto moderno della tradizione cartesiana non è più proponibile dopo i
maestri del sospetto: Freud, Marx e Nietzsche. La nozione tradizionale che identifica
l’individuo come un’ unità compatta e solida è in crisi e dà luogo a soluzioni plurime e
contraddittorie: la prima è l’insistenza dogmatica sull’unità della soggettività; la
seconda è il ritorno al fondamentalismo che impone una nuova forma di rassicurante
conformismo; la terza è l’ipotesi più realistica dell’accettazione dell’idea di un Sé
frammentario.14 Nessuna di queste posizioni pare a Lifton soddisfacente, in particolare
la terza che sembra condannare l’individuo a una fluidità che sconfina nel licitazionismo
morale e interiore. La proposta di Lifton che anche la Turkle sembra condividere è
quella di un Sé che assuma le sembianze di Proteo, la divinità marina greca. Un Sé,
quindi, che possa assumere molteplici forme e nello stesso tempo conservare il senso di
Sé e la possibilità di un’azione morale. Opzioni, ipotesi, segnali di un processo di
trasformazione delle nostre categorie concettuali.
L’analisi dell’esperienza virtuale dei Mondi virtuli 3D che abbiamo condotto a partire
dallo spunto di Second Life sembra quindi suggerirci due possibili alternative, che
andranno approfondite e che vengono sintetizzate dalla Turkle nella parte conclusiva del
suo La vita sullo schermo: “Nel cyberspazio centinaia di migliaia, forse milioni, di
utenti si inventano personaggi on-line che vivono in gruppi diversificati di comunità
virtuali, dove l’abitudine alla creazione di identità multiple sconvolge qualsiasi nozione
di un Sé unitario e reale. Tuttavia, il concetto di reale resiste. Nonostante tutto, le
persone che vivono in mondi paralleli sullo schermo sono vincolate dai desideri, dalle

12
K. Gergen, The Satured Self: Dilemmas of Identity in Contemporary Life, cit., p. 7.
13
R.J. Lifton, The Protean Self: Human Resilience in the Age of Fragmentation, cit.
14
R.J. Lifton, The Protean Self: Human Resilience in the Age of Fragmentation, cit. p. 192.
sofferenze, e dalla mortalità dei propri Sé fisici. Le comunità virtuali offrono un nuovo
e importante ambiente in cui è possibile pensare all’identità nell’epoca di Internet.
Luoghi ove si apprende il senso del vissuto di una cultura della simulazione. Sarà un
mondo separato dove ci si perde sulla superficie, oppure impareremo a vedere come
reale e virtuale possano comunicare, ciascuno dotato della capacità di accrescere e
espandere l’altro?”.15

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