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Parole e spazi Roghi di libri e libri bruciati Immagini vietate e suggerite

Una carezza* sul Talmud

Chi traduce alla lettera un versetto un bugiardo;


e chi lo altera un poco di buono e un eretico.
Talmud, trattato Qiddshim 49a

Il saggio cerca la saggezza, lo stupido lha trovata


G.C. Lichtenberg

LEbreo vive in termini di intimit con Dio, e


Dio con lEbreo, allinterno delle stesse parole:
Una pagina divina. Una pagina umana. E in
entrambi i casi lautore Dio, in entrambi i casi
lautore luomo.
E. Jabes

La risposta la maledizione della domanda


M. Blanchot Lentretien infini

I clandestini, i perseguitati, gli eterodossi da sempre sono costretti a nascondere loro stessi e i loro beni e, come i felini, si
muovono nelloscurit della notte e, ancora come loro, preferiscono occultare le proprie tracce.
Chi invece ha il compito di vigilare su una propriet, sua o del suo padrone ... o presunta tale, preferisce che la luce del
giorno o di potenti riflettori gli renda noto ogni passaggio, ogni movimento. Quando non pu contare sulla luce, prescrive restrizioni
e divieti sulla circolazione notturna e, come i cani dominanti, ha una spiccata tendenza a marcare il territorio: con segni di confine,
con cartelli intimidatori, con cancellate... siano queste in robusto ferro o siano invece nervosi tratti a penna vergati sulle pagine di
manoscritti e libri a stampa al fine di cancellare, appunto, nomi e concetti considerati intrusivi, considerati violazioni dello spazio
ideale di cui si considerano padroni o, quanto meno, custodi. Non forse un caso che gli appartenenti allordine religioso che eccelse
nel compito di marcare e tutelare i confini della Chiesa di Roma, sia a livello teorico che nella sua materialit, lordine dei frati
predicatori fondato da san Domenico di Guzman, venissero appellati, giocando col nome con cui erano pi comunemente conosciuti,
Domini canes, i cani del Signore. Appellativo, questo, in cui viene a fondersi un insieme di connotazioni: la fedelt incondizionata
al padrone, la cieca obbedienza, la tenacia e, se necessario, la ferocia.
Ma che tipo di territorio difendevano i cani del Signore e tutti gli altri religiosi investiti del compito di attiva tutela dei
confini?
Certo cera anche un territorio fisico da proteggere, ma la loro attenzione era piuttosto rivolta a quei confini tracciati da una
religione rivelata che definiva, con diversi gradi di complessit in funzione dellinterlocutore, la figura della divinit, stabiliva divieti,
indicava precetti finalizzati a onorare e venerare la divinit e a vivere conformemente al suo volere, descriveva in che modo questo
mondo aveva preso forma, ne ricordava il carattere transitorio, adombrava mondi futuri ... di orrore o di gloria, istituiva figure
paradigmatiche il cui comportamento era, a seconda dei casi, da imitare o da aborrire, e stabiliva, fin nei minimi dettagli, le forme
rituali, labbigliamento di chi praticava i riti religiosi e la conformazione dei luoghi in cui i riti avrebbero dovuto avere luogo.
Solo che... solo che questa religione non era stata rivelata direttamente al popolo della Chiesa di Roma bens a coloro che
a qualcuno piacque chiamare i suoi fratelli maggiori: agli appartenenti al popolo di Israele.
Costoro, per, agli occhi dei seguaci del Cristo, si erano macchiati del peggiore dei peccati: quello di deicidio, prima
negandone la natura divina e rifiutando di riconoscerlo come latteso Messia e poi conducendolo, nella sua corporeit, alla morte.
Cos facendo, sempre secondo questi seguaci, il popolo di Israele si era estromesso dalla Grazia divina e condannato per leternit, a
meno che non avesse fatto ammenda dellorribile peccato commesso e riconosciuto, infine, la natura divina del Ges di Nazareth.
Descrivere in che modo una setta di apostati pot, nel volgere di pochi secoli, trasformarsi in una potente chiesa sarebbe
troppo lungo e complesso e, soprattutto, troppe sarebbero le variabili da identificare e da mettere in reciproca correlazione. Ai fini di
questo discorso, che prende spunto dal testo sacro scritto, commentato, cancellato, bruciato e da tutto quellinsieme di riflessioni,
meditazioni, interpretazioni e delucidazioni che vi gravitano attorno, sar sufficiente ricordare una sola variabile (ferme restando le
comuni conoscenze sul contesto storico dellepoca e dei suoi sviluppi).
Nei secoli III e II prima dellera volgare le comunit ebraiche della Palestina e della regione di Alessandria dEgitto,
soffocate dalla dominanza della cultura ellenistica, si fecero un punto donore traducendo in greco la Scrittura (la cosiddetta versione
dei Septuaginta) e di mostrare cos ai loro dominatori di essere gli eredi di una cultura sapienziale di tutto rispetto.
Bench in seguito a lungo ostracizzata dalla Chiesa di Roma, la Septuaginta costitu una delle chiavi di ingresso e di
espansione di quella piccola setta di apostati in un ben pi vasto mondo. Con la traduzione, poi, delle Scritture in latino da parte di
san Girolamo, ultimata allinizio del V sec. e.v., lantica setta, diventata ormai dominante chiesa, si impadron definitivamente del
testo della Rivelazione e, molti secoli dopo, col Concilio di Trento, la Vulgata di Girolamo fu riconosciuta come la traduzione
ufficiale della Chiesa di Roma. Il popolo di Israele, chi aveva ricevuto la Rivelazione insomma, era ormai del tutto estromesso...
sebbene le prime avvisaglie gi si fossero avvertite addirittura nel VI secolo, quando limperatore Giustiniano decret, nellanno 553
delle.v., che gli ebrei non potessero fare la tradizionale lettura della Bibbia durante lo shabbat in altra lingua che quella greca o
latina!
Ci che avvenne in seguito ben noto a tutti ma, per certi suoi aspetti paradossali e grotteschi, bene ricordarne alcuni
tratti.
Le Scritture, diventate ormai propriet della Chiesa di Roma nella loro versione latina, erano tenute ben distanti dalla massa
dei fedeli e ogni tentativo di volgarizzarne, a scopo devozionale, delle parti era severamente represso e punito. Per pi motivi la
versione greca dei Septuaginta non venne riconosciuta ortodossa, non fosse per altro che per il disaccordo tra la sua cronologia
sullet del mondo e quella della Vulgata. Sar solo nei secoli XVII e XVIII che, in seguito allincontro con le civilt dellEstremo
Oriente, le loro diverse cronologie e allanelito alla loro evangelizzazione, che alcuni religiosi scopriranno lutilit di far ricorso alla
versione dei Septuaginta che consentiva loro di retrodatare in modo consistente la nascita del mondo. Le Scritture in ebraico, a patto
che restassero circoscritte nei ristretti ambiti delle comunit della diaspora, erano tollerate con alterna fortuna, la stessa che stabiliva
la sorte del popolo che queste Scritture aveva ricevuto, finch, nelle fasi pi dure delloperato dellInquisizione e della
Congregazione dellIndice, non si arriv a pretendere che il loro testo si conformasse a quello stabilito come canonico dalla Chiesa di
Roma. Ecco allora un popolo, quello di Israele, che si compiaceva nel definirsi come popolo del Libro, vedersi privato, almeno
nelle intenzioni della Chiesa di Roma, di ci che determinava la sua identit. Ma il popolo della diaspora, clandestino, perseguitato e,
agli occhi della Chiesa, eterodosso aveva imparato a muoversi nelloscurit, a nascondere le tracce e ... a leggere nelle Scritture
quello che, apparentemente, non era scritto. E di questo la Chiesa di Roma aveva paura. Certo aveva paura della traduzione in
volgare fatta dalleretico ex-agostiniano Lutero, delle sue 95 tesi affisse sul portale della cattedrale di Wittenberg e, soprattutto, delle
loro implicazioni politico-economiche, ma aveva anche paura dei pensieri elaborati nei ben pi ristretti ambiti delle comunit
ebraiche e della trasmissione di conoscenze che, da sempre, scorrevano parallelamente al testo delle Scritture. Per le menti pi colte e
raffinate la parola che faceva paura era Kabbalah, per tutti gli altri era Talmud (1).
A rigor di termini il Talmud non un libro, invece unopera composita che si svilupp e consolid lungo un arco di otto
secoli (dal III secolo p.e.v. al V-VI secolo e.v.) e che offre alla Legge scritta della Torah il necessario complemento della Legge orale
(opinioni e discussioni di Maestri, principi, precetti, precisazioni e, ma in misura decisamente minore, racconti e parabole) (2).
Quando non considerarono, come fece un ignorante frate medievale, il nome Talmud come quello dellautore, i cristiani in ogni
caso videro nellopera un libro, anzi: non un libro ma il libro maledetto per eccellenza e, in quanto tale, da condannare alloblio e alla
distruzione. A partire dal primo rogo documentato (attorno al 1190 in Egitto), attraverso secoli costellati da pubblici dibattiti su punti
controversi tra rabbi e teologi cristiani, da condanne da parte del tribunale dellInquisizione e di Universit e da bolle papali, fino ad
arrivare alle leggi tedesche del 1933 e allistituzione, nel 1940 della Einsatzstab Reichleiter Rosenberg finalizzata alla confisca di
beni culturali ebrei da destinare allInstitut fr Erforschung der Judenfrage, il destino del Talmud (e di molte altre opere della
tradizione ebraica) fu sempre lo stesso: sottrazione al legittimo proprietario e, quasi inevitabilmente, sua distruzione tramite il fuoco.
La storia delle comunit ebraiche della diaspora non pu ovviamente essere vista solo sotto langolazione della repressione
e della persecuzione e dei tentativi, da parte degli ebrei, di passare indenni attraverso le maglie pi o meno fitte delle reti con le quali
si cercava, quanto meno, di imbrigliarli. La storia di queste comunit infatti contraddistinta da una vivacit e da una ricchezza di
cultura e di riflessione spirituale e filosofica di sicuro non minore di quelle delle nazioni che le ospitavano. Certo le differenze
esistevano ed erano anche profonde. Certo i flussi delle correnti della tradizione ebraica e di quella dellOccidente cristiano
scorrevano paralleli. Talvolta, per la corrente ebraica emergeva e, come avvenne soprattutto nel tardo Medio Evo e nel
Rinascimento (3), lOccidente ne trasse i pi grandi benefici. Talvolta, ancora, unesuberante fantasia o unestrema
consequenzialit di raziocinio port a risultati che furono esecrati tanto dagli ebrei quanto dai cristiani: basti pensare, nel primo caso,
al messia mistico Sabattai Tzevi (XVII sec.) e, nellaltro caso, al proto-illuminista radicale Baruch Spinoza. Questi sono casi noti a
tutti. Un po meno noto il caso di un pensatore ebreo nato in Podolia (una regione dellUcraina) verso la fine del XVIII secolo,
nipote del Baal Chem Tov, il fondatore dellhassidismo, e conosciuto soprattutto per unopera che non scrisse o che, se la scrisse,
poco prima di morire ordin che fosse data alle fiamme: si tratta di Rabbi Nahman di Braslav e la sua opera il Sefer ha-Nisraf, il
libro bruciato.
A che tipo di stranezza, di paradosso, ci si trova di fronte? Un popolo che si compiace della definizione di popolo del
Libro, un popolo che ama il Libro non solo per il suo contenuto ma anche per le lettere che lo compongono, per la loro forma, per i
significati mistici a cui rimandano, per le figure che grazie alla particolare disposizione delle lettere possono essere composte (o
talvolta solo intraviste), un popolo che con fastidiosa frequenza subisce la distruzione dei suoi libri con il fuoco, un simile popolo
ricorda e onora la memoria di un autore che bruci la sua pi importante opera?
Bisogna aprire, a questo punto, una parentesi. I pensatori ebrei, i mistici, i cabbalisti che cercavano di risolvere gli eterni
interrogativi nascosti dentro e dietro il testo della Torah oltre alla Chiesa di Roma (e poi a tanti esponenti della Riforma) si trovarono
come avversari, certo meno pericolosi ma non meno ostinati, non pochi difensori dellortodossia ebraica, i rabbi che, pur
compiacendosi a giocare secondo tecniche ormai consolidate con le parole del testo sacro, temevano gli eccessi... pi di una volta
non a torto. Se per il rabbi la Torah era il testo, sacro e immutabile, della Rivelazione (per quanto passibile di interpretazioni che lo
rendessero sempre attuale), per il mistico, per il cabbalista era al massimo grado una sorta di motore, una forza propulsiva che
consentiva, senza soluzione di continuit di rigenerarsi fino al momento in cui il popolo di Israele non avesse portato a termine il
Tiqun, la restaurazione, e creato di conseguenza la condizione di messianicit.
Il Libro bruciato di Rabbi Nahman rappresenta dunque la radicalizzazione estrema del pensiero dei mistici e, soprattutto,
dei cabbalisti della scuola di Safed i quali, a loro volta, estremizzavano quella che, dalla distruzione del Secondo Tempio, era la
pratica corrente del giudaismo rabbinico: la continua, ininterrotta, instancabile, minuziosa intepretazione delle Scritture, i commenti
che si sovrapponevano ai commenti e la creazione di racconti (haggadot) che rendevano pi facilmente comprensibili certi aspetti
della Rivelazione. Sotteso a questo incessante e instancabile lavoro da parte di talmudisti e cabbalisti era un ben preciso intento:
preservare lunicit e lelezione del popolo di Israele e, di conseguenza, fare in modo che le Scritture continuassero a parlare, a
indicare la strada, a essere vive, quali che fossero le condizioni in cui si trovassero a vivere le comunit della diaspora o quelle di
Palestina asservite a vari dominatori.
Bisogna ricordare infatti che, con la distruzione del Secondo Tempio, il popolo di Israele si trov senza la possibilit di
praticare riti e senza sacerdoti che ne avessero la facolt. Il ruolo che, prima, veniva rivestito dal Tempio di Gerusalemme pass, in
un certo qual modo, alla Torah e il rabbi, che non un sacerdote, ha appunto il compito di fungere da intermediario tra la Torah e il
popolo di Israele, ha il compito di far s che la Torah non sia un morto documento ma parola viva, parola di vita e dunque di rinascita
e di trasformazione.
Ma dove trovano, talmudisti e cabbalisti, i significati che rendono vive, qui e ora, le parole che la divinit rivel a Mos sul
Sinai? Ben semplice, direbbero i diretti interessati, negli spazi bianchi tra le parole. Qualcuno, a sostegno, citerebbe un passo del
primo libro dei Re:

Esci e sta sul monte davanti al Signore. Ed ecco che il Signore pass. Ci fu un vento che scosse le montagne e
frantum le rocce. Ma Yahv non era nel vento. E dopo il vento, un terremoto, ma Yahv non era nel terremoto; e dopo il

2
terremoto, un fuoco, ma Yahv non era nel fuoco. Dopo il fuoco, qol demama daqqa ... un suono di sottile silenzio ... e
come Elia lo intese si avvolse il viso con il suo mantello. [1 Re 19.11-13]

perch come Mos di fronte al roveto ardente [Esodo 3.6] temeva di guardare Dio.
Ci che rende viva la Torah scritta e la Torah orale sono gli spazi vuoti, gli spazi tra le parole, il bianco della pagina che
segna i contorni delle lettere, le interlinee, i margini (4) ... in questi spazi vuoti che risuona un suono sottile di silenzio, la
presenza divina che, ormai priva del suo Tempio e della sua classe sacerdotale, pu parlare solo attraverso la continua
interpretazione delle Scritture e dunque adattare la forma del suo dire, ma certo non il suo contenuto, al mutare del tempo e della
situazione.
Per capire come la divinit possa parlare con un suono sottile di silenzio, attraverso il bianco della pagina, bisogna fare
riferimento al pensiero di Isaac Luria e della Scuola di Safed.
Secondo Luria, la creazione del mondo stata possibile solo grazie a un processo di ritrazione della divinit (processo
denominato tsimtsum), perch essendo questa tutto se non si fosse ritirata non vi sarebbe stato spazio per il mondo. Nel vuoto cos
creato avvenne lemanazione della Luce e la creazione dellAdamo Primordiale, lAdam Kadmon. La sovrabbondante potenza della
Luce divina, per, provoc la Chevira, la rottura dei vasi che la contenevano e la Luce venne cos a disperdersi nello spazio infinito.
Gran parte della Luce fu recuperata ma delle scintille, rimaste attaccate a frammenti dei vasi, continuarono a vagare nello spazio. Si
rese cos necessaria loperazione di Tiqun, di recupero, di restaurazione, compito che fu affidato allAdam ha-Richone, al primo
uomo, allAdamo dellEden. Ma lAdam ha-Richone fall nellimpresa: anzich unire ci che andava unito e separare ci che andava
separato egli separ ci che andava unito: Ed egli stacc il frutto dallalbero. E, ancora una volta, la divinit si manifesta nel
soffio leggero del vento del giorno (Gen. 3.8). A partire dallepisodio del peccato del primo uomo, passando attraverso quello del
Vitello doro, che annulla leffetto della consegna delle Tavole della Legge, e tanti altri episodi, si pu constatare che ogni qual volta
lequilibrio sta per essere ristabilito, in termini cabalistici: ogni qual volta sta per compiersi il Tiqun, il recupero delle ultime scintille
disperse della Luce primordiale e dunque lingresso nella condizione messianica, qualcosa interviene a impedirlo: la storia continua a
fluire e il popolo dIsraele deve continuare a compiere le azioni appropriate per la creazione della condizione messianica. Queste
azioni, certo, sono guidate dal rispetto dei 613 precetti ma, a un livello pi attivo, sono anche guidate dal trovare sensi sempre nuovi
alle Scritture, in modo tale che la divinit sia sempre viva e presente. Ecco, allora, dove il pensiero cabbalistico della scuola di Safed
fa intervenire la funzione degli spazi vuoti, del bianco tra le lettere e le parole, delle interlinee e dei margini. Se, infatti, la presenza
divina non fosse altrove che nelle parole che vennero dettate a Mos nel Sinai, le Scritture sarebbero lequivalente delle condizioni
preesistenti alla Creazione: tutto sarebbe colmato dalla presenza della divinit. Per superare questa condizione, luomo deve limitare
il proprio sapere (secondo la terminologia cabbalistica fare il tsimtsum del proprio spirito, operazione che ha qualche analogia con
la docta ignorantia di Cusano) e quindi non vedere pi le parole come immagini fissate una volta e per sempre, ma vederle
attraverso, al di l, allinterno del vuoto che le circoscrive. per questo motivo che le parole delle Scritture sono state sottoposte a
ogni tipo di operazione ermeneutica (operazioni che, con variazioni da scuola a scuola, verranno codificate a seconda delle varie
tecniche sotto i nomi di gematria, di notarikon, di tseruf, ecc.).
Bruciare il libro, latto suggerito e compiuto da Rabbi Nahman, lestremizzazione, la radicalizzazione di queste
operazioni: , se si vuole, un atto teatrale come la distruzione delle Tavole da parte di Mos una volta venuto a conoscenza della
costruzione del Vitello doro, ma un atto che sottolinea la necessit e la volont di creare quello spazio vuoto che, solo, pu
consentire il continuo rinnovamento e il continuo progredire verso la creazione delle condizioni messianiche. Cos inteso, il Sefer ha-
Nisraf, Il libro bruciato, si pone agli antipodi dei roghi di tutti i persecutori.
I tentativi di censori e inquisitori di mettere a tacere la voce della tradizione ebraica colpendo sia il Libro sacro, per il suo
divergere dalla versione considerata ortodossa dalla Chiesa di Roma (la Vulgata), sia il vasto apparato di commenti, riflessioni,
interpretazioni che dal Libro sacro prendono vita, sono per irrimediabilmente votati allinsuccesso quali e quanti siano i libri che
riescono a sequestrare e a bruciare. Il motivo di questo fallimento risiede nellincomprensione, da parte della Chiesa di Roma, delle
pi profonde implicazioni di ci che differenzia il cristianesimo dallebraismo. Per i cristiani la venuta di Ges Cristo la venuta del
Messia, il compimento delle Scritture, il loro realizzarsi. Per lebraismo, invece, la parola biblica ancora parola profetica, attesa,
spazio in cui il vuoto, il non detto, lancora da dirsi conta almeno quanto il pieno, quanto le lettere che compongono le parole del
testo rivelato.
Ovviamente, tra la parola scritta e la sua assenza, sia questa rappresentata dagli spazi vuoti tra lettere e parole o dallatto
estremo di bruciare il libro, esistono gradi intermedi e questo risulta ben chiaro a chiunque si soffermi a osservare le pagine di tanti
manoscritti ebraici.
Lopinione pi diffusa quella che la cultura ebraica sia una cultura della parola, e della parola scritta in particolare. Si
sostiene anche, sulla base di ben precisi passi scritturali (Esodo 20.3-5; Levitico 26.1; Deuteronomio 4.15-20), il carattere aniconico
dellebraismo, la sua opposizione alle immagini o, addirittura, il veto (5). Come sempre avviene con le generalizzazioni, per, si
corre il rischio di sfiorare solo la superficie della problematica. Senza contare poi che altri passi scritturali apertamente contraddicono
il presunto aniconismo assoluto (si pensi, per esempio, a Esodo 25.10-20, descrizione del mobilio cultuale; Numeri 21.8, costruzione
del serpente di metallo; 2 Cronache 3-4, costruzione del Tempio). bene intendere, allora, che laniconismo ebraico dettato solo a
un livello superficiale dalle interdizioni scritturali. Limmagine ha il difetto di fissare una volta e per tutte laspetto rappresentato
(6), di non lasciare quel vuoto, quel silenzio che, come gli spazi tra lettere e parole, consenta una continua reinterpretazione e
quindi attualizzazione e quindi continua creazione. Limmagine fissa il passato, la storia passata, non lascia il vuoto attraverso il
quale protendersi verso la storia futura, verso lera messianica, verso la restaurazione della Luce della Creazione.
Ma unosservanza troppo rigida di questa interdizione sarebbe stata, a sua volta, una cristallizzazione, una negazione della
vita nel suo continuo trasformarsi. Ecco allora che, in qualche modo, le immagini si insinuano nelle pagine della Torah e di tutto
quellapparato di opere di commento, di interpretazione, di narrativa moraleggiante e di deduzione normativa.
Certo questo uso delle immagini non indifferente a fattori contestuali, di moda si potrebbe dire, quali la ricchezza degli
ornamenti grafici dei libri della tradizione islamica o, per le comunit della diaspora nei paesi cristiani, per limportanza che qui
viene data, oltre che agli ornamenti, allillustrazione vera e propria (7).
I modi di penetrazione dellimmagine nei manoscritti ebraici sono i pi vari: si va dai semplici diagrammi, tipo alberi di
Porfirio, che illustrano il dispiegarsi delle Sefirot, allinclusione delluna dentro laltra delle lettere iniziali dei nomi delle Sefirot
fino a formare una sorta di labirinto (8).

3
Pi trasgressive (e di vario contenuto: dal semplice nome dello scriba e del committente dellopera, a commenti al testo
sacro o a passi del Talmud, fino alla citazioni di passi delle Scritture) sono le micrografie disposte in modo tale da tracciare i contorni
di una figura. Pi intriganti ancora sono i casi in cui le parole del testo sono spaziate tra loro in modo tale che, guardando la pagina da
una posizione fortemente angolata e senza leggere il testo, manifestano forme o parole, tracciate in bianco, tracciate con gli spazi, che
non sono visibili guardando le pagine da una posizione adeguata alla sua lettura. chiaro che questi espedienti possono anche essere
manierismi ed esibizioni di virtuosismo tecnico. Ma solo in parte. Il messaggio che vogliono trasmettere (ancora una volta non
dichiaratamente) che nella pagina scritta c sempre qualcosa di pi delle parole che vi sono tracciate (9), c qualcosa scritto nei
singoli caratteri (10) che compongono le parole e nel bianco degli spazi, delle interlinee e dei margini e di cui mai si pu pensare di
esaurirne la pienezza.
Il limite estremo di questa forma di pensiero quella di bruciare il libro che si scritto: nellassenza assoluta, il pieno; nello
spazio creato, sempre nuove possibilit interpretative; nel fuoco che crea, la migliore risposta a tutti gli oppressori, gli inquisitori, i
persecutori che, ingenuamente, col loro fuoco si illudono di distruggere, di cancellare, di annullare.
Non facile bruciare il libro che si scritto. Forse pu riuscirci solo chi segue una, probabilmente la pi importante, delle
prescrizioni di Rabbi Nahman: vietato diventare vecchi!.

* Si scelto di adottare il termine carezza non solo per sottolineare il fatto che queste poche riflessioni solamente
sfiorano la vastit e la profondit di alcune delle molteplici tematiche legate al Talmud ma anche in riferimento a un concetto elaborato da
Emmanuel Levinas (Le Temps et lAutre, p. 82 ss.; Totalit et infini, p. 234 ss.; Autrement qutre) e poi ripreso da Marc-Alain Ouaknin,
rabbino e filosofo. Di questultimo ci piace riportare un passo:

La main souvre, dploie ses doigts vers le dehors. Eclatement, transcendence vers le monde. Mais lorquelle atteint
le monde, les doigts ne se referment pas en une prise, en une emprise, en un main-tenant.
Les doigts restent tendus, offerts. Ainsi la main se fait-elle caresse.
La caresse est ce qui soppose la raison de la prise, du concept, du Begriff; anti-concept, anti-logos, qui rside encore dans
lindtermination de limage, dans limaginaire du mythe.
La caresse est un terme que nous empruntons la philosophie dEmmanuel Levinas et qui est devenu pour nous le paradigme
de la modalit du penser talmudique. Modalit du savoir qui nest pas fonde sur la raison. Attitude face au monde o nous restons
conscients quune ide, un concept, un modle cognitif ne sont quune reprsentation du monde une interprtation dont lefficacit ne
constitue jamais un critre de verit et quainsi on ne peut rduire toute ralit du quantifiable.
La caresse nest pas un plaidoyer pour on ne sait quelle irrationnalisme talmudique; elle fait seulement signe (et cest peut-tre
dj beaucoup) vers une autre modalit du savoir.
Le Talmud nous rappelle constamment que penser nest pas ncessairement juger, cest signifier! Non pas seulement signifier
le monde, mais se signifier soi-mme dans un choix privilgi dinvestissement de significations particulires.
Par lintermdiaire du concept, lhomme peut ranger lunivers entier dans ses rubriques logiques bien ordonnes.
La caresse dnonce les dfauts du concept qui rsultent dune fixation et dun durcissement dans la mmoire par
gnralisation qui procde dun mouvement de passage mtaphorisation. Lhomme oublie trop souvent que son savoir du monde est issu
dun mouvement rapide, trop rapide, dun passage de lanalogue lidentique, du semblable lunit, qui par le biais du langage est rendu
disponible lchange au sein dune communaut de personnes.
Tout concept est gnral en tant quil conserve le semblable, quil rsulte de lidentification du non-identique.
[...]
Le monde du concept - du Begriff - , prise et emprise, est le monde du main-tenant: annulation de la possibilit du temps.
[...]
Le monde du maintenant est capable de saisir le rel ou, en tout cas, sen donne lillusion.
[...]
Comme lnonce le mot main-tenant, la temporalit de la prise, du concept, est celle de la prsence, de linstant sorti du flux
du temps; instant fig, gel, la limite du hors-temps: prsent-ternel.
[...]

4
Cet loge de la caresse qui est toute la matire de ce livre a pour objectif de faire obstacle au dogmatisme de la raison et de
mettre en place une sorte de philosophie du non, pour faire chec la verit, par laquelle et au nom de laquelle est perptr un ensemble
de violences injustifiables et intolrables.
[...]
La caresse soutient que lunique verit divine peut et doit se dcomposer en une pluralit de vrits relatives que les hommes
peuvent partager. La relativit de la caresse exclut la verit totalitaire.
[Marc-Alain Ouaknin Lire aux clats. loge de la caresse. Paris: Quai Voltaire, 1992; p. 257-260 passim]

(1) Il mondo ebraico ha ... evitato una frattura seria tra il legalismo religioso e il misticismo fino allarrivo del falso
messia Sabbatai Zevi (1626 1676). Sono i cabalisti cristiani che tentarono, per evidenti ragioni, di conficcare un cuneo tra Talmud e
Zohar, permettendo anche di stampare o ristampare il secondo nel momento in cui il primo era in preda alle fiamme.
[Maurice-Ruben Hayoun Lo Zohar. Alle origini della mistica ebraica. Milano: Jaca Book, 2011; p. 61]

(2) soprattutto in concomitanza con la conquista da parte dellIslam della Palestina, dellAfrica del Nord e di parte
della Spagna che ebbe luogo in modo sistematico il consolidamento, attraverso la scrittura, della tradizione orale che gravitava attorno ai
libri sacri, vale a dire dei Targumin (le traduzioni in aramaico della Bibbia), dei Midrashim (sia halakici che aggadici), nonch di preghiere
e poemi liturgici. In area ashkenazi (Germania e parte della Francia settentrionale), a causa di una diffusione decisamente minore della
scrittura, la tradizione orale ebbe pi a lungo una funzione preponderante, seguendo una pratica simile a quella che ha portato alla
formazione della Guemara: un maestro che spiega, in ebraico e in volgare, un testo biblico o talmudico, allievi che prendono appunti e i
commenti e gli interventi pi significativi che vengono trasmessi alle generazioni successive che, a loro volta, li integrano o ne espungono
passi. Col tempo il Talmud, che era stato nelle sue prime fasi un sostegno per le interpretazioni e le decisioni, divenne a sua volta
problematico e fonte di mille possibili interpretazioni. A partire dal XII secolo nel Nord della Francia riemerse limportanza della notoriet
personale e, di qui, il proliferare delle glosse che presto contornarono anche il testo del Talmud.

(3) Lindipendenza della tradizione razionalista maimonidea dalla cultura italiana e la perdita nella penisola delle
tradizioni esoteriche rielaborate nel mondo ashkenazita spiegano perch Abulafia [si tratta dellebreo di origine spagnola Avraham ben
Shemuel Abulafia; nota agg.], che presentava una sintesi dei due sistemi di pensiero, rimase relativamente indifferente alle
contemporanee forme di mistica cristiana. [...] Il caso di Alemanno [Yohanan ben Yishaq Alemanno, di discendenza ashkenazi; nota agg.]
molto pi complesso, poich egli si basa su ci che era gi stato elaborato dai cabbalisti precedenti, ma attinge anche dallevoluzione
della magia astrale nella Castiglia del XIV secolo [...] In ogni caso la situazione pi aperta del tardo Quattrocento fiorentino rappresenta un
nuovo sviluppo, anche se, a mio avviso, n Marsilio Ficino n Giovanni Pico possono essere considerati mistici. Mi pare che Alemanno
abbia influenzato gli umanisti contemporanei pi di quanto ne sia stato influenzato.
La varie forme di Cabbal italiana sono dunque il risultato di unimportazione massiccia di conoscenze esoteriche originate in
Spagna e in Provenza, anche se affondano le loro radici nel Vicino Oriente. Questo passaggio delle conoscenze esoteriche dai centri in cui
erano state affidate alla scrittura, fenomeno che oserei definirire sradicamento delle tradizioni, pu comportare la transizione
dallesoterismo allessoterismo e, in concomitanza, anche la frequente tendenza a operare confronti tra la Cabbal e alcune forme di
filosofia, trasformazione manifesta, ad esempio, nella Toscana del tardo Quattrocento.
[Moshe Idel La Cabbal in Italia (1280 1510) Firenze: Giuntina, 2007; p. 29-30]

(4) In the middle of the thirteenth century in Castile, R. Jacob, the son of R. Jacob ha-Cohen, proposed an interesting
theory on the relationship between the white and the black configurations of the Hebrew letters. [...] The inner form, which represents the
invisible aspect of the divine, consists of the white spaces that was imagined as the locus of the black configuration of the letter. It is the
inner form that is the most important one, just as the soul sustains the body. [...] The white forms are therefore not gaps without
significance, disjunctive aspects of a text but the unifying background which is, mystically speaking, more sublime than the black aspect.
The text is continuous, and it assumes the quality of a picture [sott. agg., nda]. [...] The white spaces are now described in terms
reminiscent of negative theology. Intertwined as the white and black letters are they point to the theosophical layers which sharply differ
from each other. The human-oriented aspect, the semantic one, is constituted by the black letters while the divine dimension consists in the
white spaces, and is parasemantic. The meaning created by the black letter define, at the same time, the shape of the divine, which
embraces the semantic message.
[Moshe Idel Torah: Between Presence and Representation of the Divine in Jewish Mysticism in: Representation in Religion. Studies in
Honor of Moshe Barasch Edited by Jan Assmann and Albert I. Baumgarten. Leiden: Brill, 2001; p. 205-6 passim]

(5) The scarcity of figural representation in Jewish art is often regarded as an iconoclastic phenomenon. Used in this
connection, the term is clearly not Byzantine Iconoclasm but its generalized, lower case sibling, of no historical specificity. Nevertheless,
the association in itself is highly misleading. Attributing the preference for non-figural motifs in Jewish art to iconoclasm means evading
one of the most basic differences between Jewish and Christian art, namely that between their respective attitudes toward the work of art
and the process of creation. Constrained from the beginning by the Second Commandment, Jewish art never initiated a preoccupation with
the relationship between the work of art and its subject, but solely between the work of art and its viewer [sott. agg., nda]; nor did Judaism
admit the classical concept of God in human form, so that no effort was ever devoted to developing a theory for or against figural
representation. Further, the use of iconoclasm to explain anything in Jewish art is not only incorrect and unsuitable, but also unproductive:
while providing an apparently satisfactory explanation for the general lack of figures in Jewish art, it may distract attention from the actual,
specific, local and historical reasons for the lack or presence of such figures in particular monuments.
[Bianca Khnel Jewish Art and Iconoclasm: the Case of Sepphoris in: Representation in Religion. Studies in Honor of Moshe Barasch
Edited by Jan Assmann and Albert I. Baumgarten. Leiden: Brill, 2001; p. 161]

(6) Or la vie est fort imparfaite contrairement luvre dart. LHbreu prfre limparfait, la tension dynamique, la
mouvance, la batitude de la contemplation du beau. Il prfre lasymtrie la symtrie, il se mefie de toute idole, que ce soit le nombre
dor ou la perfection du classicisme. Le verset de la Gense ne dit-il pas Yaphet doit rsider dans les tentes de Shem? Yaphet, qui est
dans la Tradition le beau, lesthtique, le peuple grec, doit pour se raliser parfaitement rsider sous la Tente du Nom, de lessence
mouvante, du rythme cosmique, du Tetragramme, et du peuple hbreu. Le commentaire talmudique de ce verset biblique veut lier thique
et esthtique dans cette rencontre entre Hbreux et Grecs.
[Nadine Shenkar LArt juif et la Kabbale Paris: Nil ditions, 1996; p. 24]

(7) Dans un contexte byzantin ou musulman, les Juifs restrent fidles linterdiction, dautant plus que leurs htes
taient eux-mmes farouchement iconoclastes. Il semblerait aussi que le dveloppement du christianisme ait contribu nuancer lattitude
de la Halaha envers les arts plastiques aux II et III sicles. Peut-tre faudrait-il galement mentionner une autre raison dordre
pdagogique et intellectuel: lart chrtien a t fort longtemps un art religieux. Statues et fresques racontaient lhistoire sainte aux fidles

5
illettrs qui frquentaient glises et cathdrales. Or, les Juifs, pour qui ltude et lenseignement ont une valeur sacre mme pour les
jeunes enfants, taient capables de lire les Textes, et donc nprouvaient pas le besoin de ce moyen ducatif qutait lart sacr.
En fait, linterdiction biblique devait connatre une fluctuante histoire influence sans doute par le laxisme ou au contraire
linhibition en matire du figuratif.
[Nadine Shenkar LArt juif et la Kabbale Paris: Nil ditions, 1996; p. 15-16]

Come sempre, i divieti non vanno mai considerati come assoluti. Sebbene la normativa islamica su cosa si possa e cosa non si
possa raffigurare sia tra le pi severe, anche in questo ambito gli artisti hanno trovato il modo di allargarne le maglie. Ecco un eloquente
esempio nel quale la raffigurazione di una testa umana composta dai nomi di Allah, Mohammed, Ali e Hassan (ripetuti in scrittura
speculare) in grafia Naskhi (da un ms. persiano del 18.-19. secolo; limmagine riprodotta in: Ernst Khnel Islamische Schriftkunst Graz:
Akademische Druck u. Verlagsanstalt, 1972; p. 79).

(8) A partire dal XIII secolo, e fino al pieno dellet moderna, i cabbalisti si dedicarono alla rappresentazione del
mondo incorporeo con continuit e profonda originalit creativa: il corredo grafico una componente fondamentale di molte importanti
opere cabbalistiche. I primi saggi grafici che possiamo datare con sicurezza sono quelli di Yakov ben Yakov ha-Kohen, ancora sulla linea
di demarcazione dei haside Ashkenaz e strutture sefirotiche. Ma, gi nellultimo scorcio del Duecento, i manoscritti cabbalistici
documentano un repertorio ormai stabile di sfere concentriche e di ruote alfabetiche, che serve allinsegnamento e alla contemplazione. [...]
Nel Trecento, le figure sono ormai divenute corredo consueto della didattica mistica. Grandi pergamene, srotolate davanti agli allievi,
servono per risalire lungo i fiumi sefirotici, e segnalano tappe, distanze, e ostacoli nel percorso di conoscenza.
[Giulio Busi Qabbalah visiva Torino: Einaudi, 2005; p. 7 e 8]

Nel libro giudaico, la decorazione miniata ha una lunga tradizione che risale per lo meno al IX secolo. Gi nei pi antichi
codici biblici, prodotti nel Vicino Oriente, raffinate immagini accompagnano il testo e commentano visivamente la parola di Dio.
Allinizio, si tratta per lo pi di disegni geometrici, di cornici architettoniche che seguono lesempio dellornamentazione astratta islamica;
in altri casi sono inventari visivi degli arredi del Tempio di Gerusalemme, i cui modelli risalgono probabilmente alle tradizioni det
tardoantica. Nella diaspora europea del XII e XIII secolo cominciano ad apparire anche episodi narrativi, con le figure di personaggi
biblici. Le scene sono spesso ambientate in una cornice medievale, fatta di citt turrite, di cavalieri dalle pesanti armature e dirriverenti
grilli gotici. Tuttavia, in questo grande patrimonio iconografico scarseggiano non solo le illustrazioni sulla nascita del mondo ma anche
quelle sulla struttura dei cieli, che si limitano semmai alliconografia zodiacale o alla coppia sole-luna. [...] Se gli eleganti codici miniati
sono avari di raffigurazioni cosmogoniche e cosmologiche, forse meglio provvisti sono i pi modesti manoscritti destinati alluso
personale e allo studio.
[ibid., p. 80 e 81]

Limmagine delle lettere e delle sefirot incastrate luna dentro laltra come le spire di un labirinto o la struttura di una cipolla
tratta dallAssis Rimonim. commento al Pardsh Rimonim (Giardino dei melograni), sesto portico.

(9) Tanto pi se si tratta della Torah:


One of the most fascinating cases of straightforward identification of the graphic shapes of the Torah with the divine realm is
found in a circle of Kabbalists active at the end of the 13th century in Castile, to which both Gikatilla and the book of the Zohar have been
close. In the anonymous Sefer ha-Yihud ... it is said that ... the precise form of the authorized writing of the Bible is ... equivalent to the

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shape of God. In its ideal form, the Bible constitutes an absolute book, including in itself the supreme revelation of God, which is offered
anthropomorphically and sometimes symbolically, limb by limb, within the various parts of the text.
[Moshe Idel Torah: Between Presence and Representation of the Divine in Jewish Mysticism in: Representation in Religion. Studies in
Honor of Moshe Barasch Edited by Jan Assmann and Albert I. Baumgarten. Leiden: Brill, 2001; p. 208-9]

Non bisogna dimenicare, infatti, che


Prima della creazione delluniverso, la Torah era scritta sul braccio di Dio con un fuoco nero su fuoco bianco.
[Talmud di Gerusalemme Sheqalim VI]

E, ancora, il mistico Natan ben Sa'adya Har'ar scriveva verso la fine del XIII secolo:
[...] il Signore di Tutto gli si rivel nel roveto e gli spieg e insegn i massimi prodigi, che rimasero con lui fino alla
rivelazione sul Sinai, quando gli rivel i segreti pi profondi della scienza delle lettere [...] quando gli fu nota lessenza di tali lettere,
rivelate a noi in virt della sua conoscenza, e lessenza delle loro antiche origini, allora Mos ... organizz la Torah come un continuum di
lettere corrispondenti alla via dei nomi [divini] che riflette la struttura del mondo superno; poi divise [il testo della Torah] secondo la
lettura dei comandamenti, che riflette la struttura delle entit inferiori.
[Sefer sha'are sedeq, 29]

(10) Unlike the assumption of the identification between the forms of the letters and of the pericopes, and the divine
form, or the intellectual vision of the Torah, another assumption which draws its inspiration from astro-magical sources, informed many
Kabbalistic and Hasidic texts. According to this view, the Hebrew characters stand for containers of the divine light, or spirituality, which
descends from above within the biblical text, and thus the divine light may be encountered by fathoming neither the semantic meaning of
the text, nor by contemplating its graphic form, but by penetrating a zone found within the letters. ... many of the Hasidic authors are
concerned with the divine light within the black letters. [...] Following these theories, many Kabbalists and Hasidic masters assumed that
there is a divine immanence within the letters of the holy book... Seen from this point of view the book is holy because of its serving as the
dwelling locus of the divine presence, and it is possible to manipulate this power, which may also be experienced as part of what may be
described as a mystical encounter. This is a major contribution of the astro-magic model of Kabbalah to Hasidim, and the vision of letters
as palaces and containers of divine light is wide spread since the very beginning of Hasidism.
[Moshe Idel Torah: Between Presence and Representation of the Divine in Jewish Mysticism in: Representation in Religion. Studies in
Honor of Moshe Barasch Edited by Jan Assmann and Albert I. Baumgarten. Leiden: Brill, 2001; p. 222-23]

7
a. Bibbia < BNF ms Hbreu 21 (cote)> f. 9

8
b. Bibbia < BNF ms Hbreu 23 (cote)> f. 27

c. Salomon ben Isaac Commentaire sur les Premiers prophtes, les Prophtes postrieurs et les Hagiographes < BNF ms. Hbreu 646>
ff. 13, 23, 37

9
d. Alfassi ben Yaakov < BNF ms. Hbreu 311> ff. 9, 10, 12, 64, 179, 271

10
e. David Kimhi Bibbia, Salmi <BNF ms Hbreu 114> ff. 5, 6, 7

11
f. Bibbia, Esther < BNF ms. Hbreu 123> f. 16

Commentario talmudico scritto probabilmente nel XIV sec. o allinizio del XV in Ashkenaz / Vaticano, Bibl. Apost., ms. ebreo 128, f. 148
r. (inclinando la pagina e, soprattutto, guardandola senza leggere il testo si pongono in evidenza le grosse lettere scritte in bianco: SH-B-T-I che
compongono la parola Shabatta, con ogni probabilit il nome dello scriba.) [la riproduzione fotografica tratta da: Colette Sirat Les manuscrits
Hbreux au Moyen ge Paris: CNRS ditions, 1994

Descrizione dei manoscritti (BNF)

a. Bible. A.T. (hbreu) / Hbreu 21 (cote) / A 5055 (ancienne cote) / Suppl. hbr. 4 (ancienne cote) / XIIIe-XIVe sicle / Les documents
dcrits sont en hbreu. / Parchemin. 373 f. .284 x 226 mm. . Rglure la pointe sche rhausse parfois l'encre brun clair ou retrace la mine de
plomb.. Ecriture carre de type sfarade. 3 col. (2 ou 1 col. pour Psaumes, Job, Proverbes, Ruth, Cantique des cantiques, Eclsiastes). 34 lignes crites
la page. Massora magna sur 2 et 3 lignes. Chaque livre biblique est spar par quatre lignes blanches. 6 pages de calendriers encadres de colonnes
et d'arcatures. 9 pages tapis. Le compte des versets la fin de chaque livre est parfois donn Pour la description complte voir Sed-Rajna, Gabrielle.
Les manuscrits hbreux enlumins des bibliothques de France. Paris, 1994. Reliure de maroquin noir. Encadrement de filets estamps froid. Au
centre des plats un dcor estamp chaud. Sur les plats suprieurs et infrieurs traces de fermoirs. Au dos, titre dor : "BIBLIA HEBRAICA
ANTIQUISSIMA & CORRECTA".

b. Bible. A.T. (hbreu) / Hbreu 23 (cote) / Oratoire 6 (ancienne cote) / XIIIe-XIVe sicle / Parchemin. 386 f. Ecriture carre
d'origine sfarade.

12
c. Titre : Salomon ben Isaac. Commentaire sur les Premiers prophtes, les Prophtes postrieurs et les Hagiographes (incomplet) / Date
d'dition : 1201-1300 / Type : manuscrit / Langue : Hbreu / Format : Parchemin. - . II+395+II feuillets. 250 x 196 mm. criture semi cursive de
type ashknaze. Titre des chapitres en criture carre. Rglure la pointe sche. 31 lignes longues crites la page. Reliure de parchemin, tranche
dore / Identifiant : ark:/12148/btv1b84701092 / Source : Bibliothque nationale de France, Dpartement des manuscrits, Hbreu 646

d. Auteur : Alfassi, Itshak ben Yaacov Cohen (1013-1103) / Date d'dition : XIVe sicle / Type : manuscrit / Langue : Hbreu / Format :
Parchemin. - 200 f. - Ecriture de type ashknaze / Identifiant : ark:/12148/btv1b8455951d / Source : Bibliothque nationale de France, Dpartement
des manuscrits, Hbreu 311

e. Titre : Bible. A.T. Psaumes (hbreu) / Auteur : Kimhi, David (1160?-1235?) . Auteur du texte / Date d'dition : XVe sicle / Type :
manuscrit / Langue : Hbreu / Format : Parchemin sans trous ni coutures. - 153 f. Foliotaiton l'encre. Le f. 153 est foliot au crayon. - 280 x 196
mm. - Rglure la plume. 20 lignes rgles. 46 lignes environ pour le commentaire. Avec deux lignes en bas et 1 ligne en haut. Reliure plein cuir
estampe chaud, dcor d'ecoinons et plaque central sur les plats. Dcor d'entre nerfs (pomme de pain). Tranche dore et ais de bois (Hurault de
Boistaill). Traces de fermoir sur les plats / Identifiant : ark:/12148/btv1b9064416f / Source : Bibliothque nationale de France, Dpartement des
manuscrits, Hbreu 114 / Description : Copie excute Alessandria (Italie) . Dans les marges, le targum en aramen et le commentaire de David
Kimhi

f. Titre : Bible. A.T. Esther (hbreu) . Italie / Date d'dition : XVIe sicle / Type : manuscrit / Langue : Hbreu / Format : Rouleau. -
Parchemin. - 35 col. - 29 x 295 cm. Dimensions d'une colonne d'criture, environ 58 x 47 mm. - Rglure la mine de plomb. - Ecriture carre orne
de taguim. Encre brun clair. 11 lignes crites par colonne. - Dcors : au dessus et au dessous du texte hbreu, guirlande de fleurs. Chaque colonne est
spare par un motif vgtal / Identifiant : ark:/12148/btv1b9064451w / Source : Bibliothque nationale de France, Dpartement des manuscrits,
Hbreu 123 / Description : Rouleau d'Esther avec son montant de bois.

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