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professionista .
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(da stampare)
Il confine tra i popoli, cos il diritto tra gli individui, insieme unisce e
divide: disegna intorno a ognuno quella sfera di diritti e doveri che ne
rappresenta l'identit civile; stabilisce i modi e le forme in cui le diverse sfere
possono o devono entrare in contatto tra loro. Cos, al pari del confine,
conferisce identit e fornisce sicurezza. In altre parole, il diritto pu essere
visto costituire il minimo comun denominatore dell'umano di base nel
contesto sociale: regolamenta gli egoismi e pone un freno alle reciproche
invasioni, e diventa condizione necessaria allo sviluppo delle potenzialit
individuali, al manifestarsi dell'umano di vertice. Ma tutto ci appare
insufficiente. Infatti se il principio originario del diritto consiste essenzialmente
in una radicale alternativa di metodo alla violenza, tuttavia nulla impedisce - se
non il riconoscimento, necessariamente meta-giuridico, della presenza
nell'altro di un identico rango ontologico - che col diritto si continuino a
perseguire gli stessi scopi di prevaricante affermazione dell'esserci, tipici della
violenza. Se la presenza del diritto la discriminante forse fondamentale per
rendere possibile un'umana esistenza, un'esistenza che voglia dirsi veramente
umana non potr mai passare esclusivamente attraverso di esso. Il diritto
possiede quindi dei limiti ontologici, i quali limiti emergono soprattutto in
relazione alla sua capacit di essere o meno un efficace strumento di
pacificazione nei rapporti sociali.
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Come vera salute non soltanto assenza di malattia, cos vera pace
non soltanto assenza di guerra. Esistono,infatti, numerosi stati, o livelli, di
pace diversi; e altrettanti modi di risoluzione dei conflitti ad essi
corrispondenti. Il livello pi basso di pacificazione sicuramente quello
dell'armistizio dove i contendenti depongono le armi e sospendono le ostilit,
ma non per fare la pace; semplicemente, si lasciano in pace, perch sono
venute momentaneamente meno le risorse materiali o le spinte motivazionali
necessarie al conflitto; le ingiustizie perpetrate e subite rimangono intatte sul
terreno della contesa. La pace come armistizio presuppone che il parametro di
normalit nelle relazioni sia rappresentato dallo stato di guerra.
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essere. Con lui si combatte, fino alla resa, o allannientamento. Tale in realt
lesito di ogni vittoria, anche processuale.
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farlo nellambito di una struttura formalizzata: il processo-giudizio. Tutte le
societ tecnologicamente avanzate manifestano in varia misura questa
tendenza: c, per cos dire, una diffusa mancanza di fantasia che porta a
ritenere il giudizio, la decisione imposta da un potere esterno, come il
principale, se non lunico, metodo praticabile di soluzione conflittuale. Ad
esempio, in molti rapporti commerciali si oscilla spesso da un eccesso
dinformalismo (promesse verbali, fiducia personale assoluta ) finch le cose
vanno bene, a un improvviso eccesso di formalismo (la lite, il processo) nel
momento in cui sorgono dei problemi. Al centro c invece tutto uno spazio
intermedio, spesso inesplorato, dove possono venire utilmente applicati i
metodi latu sensu riconducibili al modello della conciliazione.
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trovano riconoscimento in una sentenza di tribunale o in una legge dello stato.
La consuetudine passa ormai sotto un quasi completo silenzio, a meno che non
venga richiamata da una legge (fatti salvi gli usi e costumi).
Infatti tra il 1970 e il 1985 il numero delle cause civili iscritte presso le
corti federali americane era pi che quadruplicato. Si trattava soprattutto di
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cause complesse, che implicavano tempi lunghi ed elevati costi di gestione: si
stima che nel giro di un decennio le spese vive sopportate dal sistema della
giustizia civile americano siano quasi raddoppiate, giungendo a sfiorare
lequivalente di 60.000 miliardi di lire dellepoca. Costi che, come possibile
notare, in un sistema di mercato assolutamente liberista come quello
americano, venivano a minare la competitivit globale dei soggetti produttori
coinvolti, che si vedevano inevitabilmente costretti a scaricarli sul consumatore
finale.
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imparziale. Il risultato della procedura di solito una decisione (lodo)
variamente vincolante. Nellarbitrato si ha, come nel processo, il medesimo
tipo di intervento nella gestione del conflitto, in quanto sia il
giudice che larbitro nel dirimere la lite decidono, in quanto
hanno lultima voce in capitolo sulla lite. Il terzo giudica,
secondo ci che il legislatore ha emanato come diritto vigente, e
Alcune descrizioni:
Sono questi i due grandi insiemi dei metodi di soluzione dei conflitti.
Nellinsieme dellordine negoziato, le parti mantengono dallinizio alla fine il
controllo sulla procedura e il suo eventuale risultato. La procedura autonoma,
nel senso che volta per volta segue tutte e sole le regole che le parti abbiano
stabilito; e informale, nel senso che non segue (almeno apparentemente)
prescrizioni e modelli. Nellinsieme dellordine imposto, le parti hanno un
controllo limitato (o nullo) sulla procedura e il suo esito. Le regole procedurali
sono in varia misura poste dallesterno e in generale non sono disponibili. La
procedura (in varia misura) formale, soprattutto nel senso che non ha
interesse per le intenzioni delle parti, ma solo per gli atti di queste
formalmente corretti. Le nostre societ praticano, spesso dilettantescamente e
inconsapevolmente, i metodi dellordine negoziato. Mantengono come modello
di riferimento culturale soprattutto quelli dellordine imposto.
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'ufficiale' (anche se a questa sono variamente collegati, quanto a
legittimazione e a conseguenze), e che utilizzano mezzi e perseguono fini
notevolmente diversi da quelli delle classiche procedure di aggiudicazione.
Come si diceva, non hanno molto in comune con le varie forme di arbitrato,
attraverso le quali i privati ricercano dopotutto soltanto quella speditezza
giurisdizionale che l'amministrazione pubblica della giustizia spesso non in
grado di offrire. E ben pochi punti di contatto hanno anche con la transazione
negoziale, nella misura in cui questa soltanto la ricerca di un compromesso
intorno a posizioni rigide; una contrattazione che verte sulle rispettive pretese,
piuttosto che sui reali motivi e interessi sottostanti a ciascuna di esse.
Nella societ civile, il modo stesso in cui sorge la lite manifesta quasi
sempre la tendenza a esaltare e ad accuire, piuttosto che a sedare, gli aspetti
patologici del contrasto.
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intersoggettivo fallito - e quindi a riparare con strumenti giuridici delle pi o
meno gravi lacerazioni del tessuto civile - quanto a trarre fino in fondo le
conseguenze del fallimento; in questo senso che, alla fine, l'intervento del
professionista patologo si trasforma esso stesso in fenomeno patologico.
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A tal proposito si rileva che si viene cio a generare un contesto
caratterizzato dal netto prevalere degli aspetti di terapia su quelli di
prevenzione, e in cui la patologicit della situazione, la specializzazione
tecnica e professionale dell'intervento e il compenso pagato dalla societ per
l'intervento stesso, si amplificano simultaneamente e reciprocamente.
Specialmente nel caso della patologia giuridica, la stessa terapia tende poi a
spostarsi - soprattutto nell'ottica del giudice - dalla cura del reale contrasto
originario, per concentrarsi sugli aspetti formali della violazione
dellordinamento, allontanando ulteriormente gli operatori dall'oggetto primario
del loro intervento.
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La natura della mediazione e dei suoi operatori si comprende meglio per
negazione e per contrasto. Non una transazione negoziale, nella misura in cui
questa soltanto la ricerca di un compromesso intorno a posizioni rigide: una
contrattazione che verte sulle rispettive pretese, piuttosto che sui reali motivi e
interessi sottostanti a ciascuna di esse. Tanto meno un giudizio, in cui un
potere esterno definisce la vittoria di una parte sullaltra; o un arbitrato,
attraverso il quale i privati ricercano dopotutto soltanto quella speditezza
giurisdizionale che l'amministrazione pubblica della giustizia spesso non in
grado di offrire. E un metodo di risoluzione conflittuale di tipo non ego- ma
onto-centrico, basato cio su una logica diversa, sulla logica del convincere e
del riconoscimento; il suo scopo non quello di recepire un ordine imposto e
precostituito, ma di costruire un ordine negoziale che faccia emergere le vere
cause del conflitto, senza fermarsi ai sintomi di esso che si manifestano nei
rapporti di diritto, o di forza, tra le parti. Lartefice delleventuale successo della
procedura il mediatore, terzo neutrale alla disputa che svolge la funzione di
maieuta, cio di catalizzatore della comunicazione tra i soggetti in conflitto.
Egli assolutamente privo di potere, ai fini del raggiungimento dellaccordo. Il
potere tutto nelle mani delle parti. Ma non di autorit. Anzi, la sua autorit
dipende proprio dalla sua mancanza di potere: consiste in un saper-fare
accrescitore di potenzialit e ideatore di opportunit, messo al servizio degli
interessi delle parti.
Riguardo al primo punto, sembra che il conflitto tra due parti nitidamente
individuate sia al tempo stesso quello che ha pi bisogno di mediazione e
quello dove la mediazione ha pi probabilit di successo. Non difficile notare
come il gruppo di 2, si trovi particolarmente in difficolt nel gestire i propri
conflitti nel risolvere i problemi di ordine interno e ha tipicamente bisogno della
mediazione per risolvere i suoi problemi interni. Una triade, ad esempio, pu gi
affrontare le proprie difficolt ricorrendo apertamente o meno al sistema della
maggioranza; oppure un suo membro pu offrirsi come mediatore tra gli altri
due, proponendosi in posizione neutrale.
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Ci si potrebbe in generale ad esempio chiedere se la mediazione riesca a
gestire i conflitti in gruppi composti da pi di due elementi. Di fronte ad A, B e
C in contrasto, il mediatore X pu avere difficolt a interpretare il suo ruolo
senza farsi coinvolgere nelle manovre interne dei contendenti: se X chiede a A
la disponibilit a una soluzione proposta, A pu replicare che dar il suo
consenso se X si impegner a dissuadere B da impegnarsi per una concessione
che questi intende fare a C. X diventa cos lo strumento nelle mani di coloro
che credeva di aiutare. Pu trovarsi pertanto di fronte allalternativa tra
conservare il vuoto titolo di mediatore e divenire a pieno titolo il quarto
partecipante ai giochi del gruppo. E chiaro che in questo modo le possibilit di
raggiungere un ordine funzionante vengono ulteriormente ridotte, perch si
forma la possibilit di due blocchi di due contro due: la triade si trasforma in
una diade venendo anche a perdere leventualit di risolvere il suo problema
con un voto a maggioranza.
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Uno studio serio e analitico sulla mediazione serve a superare quella
tendenza moderna la quale spinge a ritenere che ogni ordine sociale debba
essere imposto da qualche forma di auctoritas. Quando prenderemo atto di
come il mediatore, privo di quella autoritas, pu aiutare le parti a dare ordine
e coerenza ai loro rapporti, ci accorgeremo di come queste possano fare a
meno dellordine imposto, e che lordine sociale pu talvolta scaturire
direttamente dalle interazioni che esso sembra governare e dirigere.
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nuova percezione del loro problema e di loro stesse. Sembra esistere
unantitesi essenziale tra la mediazione e le procedure legali standard di
soluzione conflittuale.
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Ci si deve ancora chiedere se il problema gestibile per mezzo della
mediazione, ricordandone i limiti essenziali: 1) che funziona bene soprattutto
tra due parti nettamente individuate; 2) che presuppone una presenza di
interessi comuni alle parti sufficiente a spingerle alla collaborazione nella
mediazione.
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caratteristiche per produrre uno strumento capace di fornire soluzioni di
qualit superiore per ogni tipo di disputa.
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3. Unopportunit di trasformazione personale.
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Si potrebbe tendere a pensare chevediamo che lemergere di un metodo
dovuto al semplice eclissarsi di fatto di un altro.
Bibliografia
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Un'istituzione formalista e legalista mal equipaggiata per comprendere
cosa sia realmente in gioco nei conflitti che la coinvolgono. Nell'incapacit di
modificare razionalmente i propri metodi superati, probabile che si limiti ad
adattarsi opportunisticamente [...]. L'idea di legalit ha bisogno di essere
concepita pi ampiamente e di essere curata dal formalismo (NONET e
SELZNICK, Op.cit., pp. 77, 108.
V.J. AUERBACH, Justice without Law?, New York 1983. V. anche G. COSI,
Il logos del diritto, Torino 1993, pp. 145 ss..
Si calcola che oggi in Italia siano pendenti circa 4 milioni di cause civili:
anche ipotizzando che ognuna di queste coinvolga soltanto 2 persone, circa 1
italiano su 7 (compresi i bambini) avrebbe a che fare con la giustizia.
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rappresentazione serve anche a raffigurarsi realisticamente le difficolt e i
costi cui si andr incontro nel processo vero e proprio.
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struttura preesistente che guida la mediazione; il processo mediazionale che
genera la struttura.
Cos ad es. R.A. BARUCH BUSH e J.P. FOLGER, The Promise of Mediation,
San Francisco 1994.
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La figura di mediazione costruita dal legislatore italiano
La figura di mediazione costruita dal legislatore italiano, si pone sulla scia del
modello statunitense e dei modelli propri di altri ordinamenti, ma presenta
elementi di originalit: imperniato sugli organismi di mediazione pi che sui
mediatori, che degli organismi sono semplici ausiliari. Inoltre,gli organismi di
mediazione,possono essere enti pubblici o privati, e operano in un mercato
libero, ma controllato dallo Stato attraverso l'iscrizione in un registro tenuto
presso il Ministero della giustizia. Anche la formazione dei mediatori - profilo
estremamente delicato e decisivo per la riuscita della mediazione - posta
sotto il controllo dello Stato, ancora attraverso la necessaria iscrizione in un
apposito registro degli organismi di formazione.
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Mediazione "l'attivit, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e
finalizzata ad assistere due o pi soggetti sia nella ricerca di un accordo
amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di
una proposta per la risoluzione della stessa".
evidente l'intento del legislatore italiano di porsi saldamente nel solco della
tradizione nord-americana dell'ADR. La definizione che viene offerta di
mediazione - quanto meno nella sua prima parte - infatti quella "classica"
[1], imperniata sull'attivit di assistenza alle parti posta in essere dal terzo
privo del potere di decidere la lite.
Anche dal punto di vista linguistico, la scelta a favore del termine di origine
anglosassone "mediazione". Sino ad oggi, il legislatore, per la materia civile e
commerciale, aveva preferito, per indicare il procedimento ed il terzo neutrale,
utilizzare i termini "conciliazione" e "conciliatore" - storicamente appartenenti
al linguaggio giuridico italiano attraverso l'istituto della conciliazione ad opera
del conciliatore -, invece del termine "mediazione", che nel sistema del codice
civile individua il contratto di cui all'art. 1754 e segg. c.c. [2].
Non ci resta dunque che valutare lesperienza applicativa del nuovo Istituto, la
sola che, potr dirci se i due termini si imporranno nella prassi con il significato
loro attribuito dall'art. 1 del decreto n. 28.
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2.1. Mediazione facilitativa e mediazione "aggiudicativa".
Chi il mediatore?
Ci troviamo allora di fronte non alla mediazione, ma ad una figura ibrida, una
sorta di mediazione-arbitrato: pi precisamente, ad una prima fase di
mediazione, ove il terzo aiuta le parti a comporre la lite, seguirebbe una
seconda fase, sostanzialmente un arbitrato, che sfocia in una decisione non
vincolante del terzo [15]. Il problema, quindi che, per come strutturato il
procedimento, il mediatore non ha a disposizione gli elementi - di fatto e di
diritto - per decidere la controversia e, quindi, la proposta non potr che
basarsi sugli elementi sorti dall'incontro con le parti e avere un "contenuto
fortemente transattivo".
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In effetti sono note le obiezioni avanzate contro lo svolgimento del ruolo di
conciliatore/mediatore da parte del giudice [20]: le modalit di composizione
della lite sarebbero troppo lontane, e poco conosciute dal giudice, il quale
professionalmente preparato a decidere sulla base di argomenti
esclusivamente, razionali in fatto e diritto, e non ad ascoltare i bisogni e le
necessit delle parti, le quali d'altra parte non si sentirebbero libere di
esprimersi di fronte a chi, nel caso di mancato raggiungimento dell'accordo,
deve poi giudicare.
3. La mediazione obbligatoria
Numerose critiche e perplessit [22] sono state sollevate nei confronti della
scelta operata dal legislatore, scelta a favore della obbligatoriet che, percorsa
pi volte (pensiamo al tentativo obbligatorio in materia di subfornitura o, pi
recentemente, in tema di telecomunicazioni), era stata di recente, con il
precedente dichiarato del d.legisl. n. 28 - ovvero il decreto societario n. 5/2003
- abbandonata.
Di rilevante entit sono stati i dubbi anzitutto sollevati per quanto concerne a)
la legittimit costituzionale della mediazione obbligatoria, sia sotto il profilo
dell'osservanza dei criteri e principi enunciati dall'art. 60 della legge n.
69/2009, b) sia sotto il profilo del rispetto del canone fondamentale
dell'accesso al giudice. Critiche che si accompagnano a perplessit circa
l'elenco delle materie assoggettate al tentativo obbligatorio di mediazione.
L'elenco stato infatti considerato poco omogeneo e comunque comprensivo di
materie che mal si adattano ad essere mediate .E stata ribadita, pi volte
rispetto all'istituto disegnato dal decreto n. 28, l'obiezione in genere sollevata
contro le forme di conciliazione obbligatoria, pi precisamente il fatto che la
mediazione pu avere successo solo ove sostenuta da una reale volont
conciliativa, cos che quando sia, invece svolta, sic et sempliciter, per
ottemperare a un obbligo si trasforma riducendosi in un mero adempimento
formale che ritarda la definizione delle controversie .
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La compatibilit con il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale
La Corte ha escluso che nel caso ad essa sottoposta vi sia una sproporzione tra
gli obiettivi dell'istituto e le limitazioni del diritto di azione che esso comporta,
giungendo a questa conclusione sulla base di un esame della configurazione
normativa del procedimento di conciliazione obbligatoria ad opera del
regolamento dell'Autorit garante per le comunicazioni.
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3.l'istanza di mediazione ha effetti di sospensione della prescrizione e di
impedimento della decadenza [38];
4.l'obbligatoriet della mediazione non priva il titolare del diritto della tutela
cautelare [39].
Efficacia dell'istituto
La mediazione delegata
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C da ricordare comunque e a prescindere dalle discussioni sorte in materia
che la mediazione delegata dal giudice non rappresenta una novit assoluta nel
nostro ordinamento.
In sintesi dunque:
1.l'invito a ricorrere alla mediazione rientra nei poteri discrezionali del giudice;
Infatti quanto alla disposizione dettata dal codice civile all'art. 155-sexies, sono
controversi sia la qualificazione degli "esperti" che l'ambito del controllo
operato dal giudice sul procedimento di mediazione. Accanto a chi vede nella
mediazione un'attivit del tutto esterna al processo con gli esperti nominati
dalle parti, vi invece chi ritiene che la mediazione si svolga sotto il controllo
del giudice che provvede lui a nominare gli esperti, opinione quest'ultima che
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ha trovato avallo nella giurisprudenza di merito. L' "esperto" sarebbe quindi un
ausiliario del giudice, la cui natura giuridica "va inquadrata sistematicamente
nell'ambito dell'art. 68 c.p.c. sia alla luce del dato normativo sia in base ad un
esame sistematico delle disposizioni di legge" [60].
Quanto invece alle prassi gi presenti nei nostri tribunali, netta la scelta
verso un modello di procedimento ove il giudice si limita a suggerire alle parti
di procedere al tentativo di conciliazione stragiudiziale presso uno degli
organismi aderenti alla sperimentazione, organismo che poi amministra il
procedimento provvedendo alla nomina del mediatore [61].
Questo per, non significa che il giudice, una volta che abbia raccolto il
consenso delle parti e fissato la successiva udienza ai sensi del comma 2
dell'art. 5, perda i suoi poteri di direzione del processo. Cos, qualora la
mediazione dovesse ad esempio chiudersi immediatamente perch una delle
parti, che pure ha dato il suo consenso, non si presentata all'incontro [63], al
giudice pu essere chiesto di revocare il proprio provvedimento di fissazione
dell'udienza anticipandone la data.
La mediazione di classe
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Se la precedente formulazione dell'art. 140-bis dedicava specifica attenzione al
tema della conciliazione, nulla invece dispone l'attuale testo, che si limita al
comma 15 a prevedere che "le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti
non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente
consentito".
Adesso nella disciplina del decreto legisl. 28/2010 l'istituto dell'azione di classe
ricorre due volte.
Una volta che si sia conclusa la conciliazione tra le parti, il processo si estingue
infatti nella sua totalit: per l'attore collettivo e l'impresa convenuta, in
relazione ai quali si avr cessazione della materia del contendere, e anche per
tutti gli aderenti, sia per quelli che hanno dato il loro consenso che per quelli
che tale consenso non l'abbiano invece dato (l'art. 140-bis non prevede infatti
la possibilit di una prosecuzione dell'azione con la nomina di un nuovo
rappresentante [74]). Con la conseguenza, per questi ultimi, della definitiva
consumazione dell'azione collettiva: ai sensi del 14 comma dell'art. 140-bis,
infatti, "non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei
confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione
assegnato dal giudice ai sensi del comma" [75].
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possiamo concludere lo stesso per i componenti della classe, diversi dall'attore,
che abbiano aderito all'azione. vero che essi non sono vincolati da accordi ai
quali non hanno prestato il proprio consenso, ma anzitutto non scontato che
tale accordo venga da loro conosciuto e poi non certo tutelato da un lato il
loro diritto ad ottenere una sentenza nell'azione di classe e dall'altro ad avere
un accordo transattivo adeguato, con la conseguenza che possono trovarsi a
dover scegliere tra l'accettare una composizione magari poco soddisfacente
della lite e l'avviare un nuovo ed autonomo giudizio individuale.
Si ritirne che, una volta riportato l'accordo sotto il controllo del tribunale, sia
possibile superare la lacuna relativa alla comunicazione dell'accordo
conciliativo: secondo i poteri conferitigli dall'art. 140-bis, comma 11 [81], il
tribunale ordiner alle parti di comunicare agli aderenti il contenuto
dell'accordo in modo che questi possano prestare il loro eventuale consenso.
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Bibliografia
[3]Ai sensi dell'art. 1754 c.c. "mediatore colui che mette in relazione due o
pi parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse
da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza".
[5] Mi limito ad alcuni esempi. Anche negli Stati Uniti viene usato il termine
conciliation, talvolta per enfatizzare il ruolo svolto dal terzo nel convincere le
parti a negoziare, ma perlopi come sinonimo di mediation (cos Cole-McEwen-
Rogers, Mediation: Law, Policy and Practice, 2009, in westlaw.com, cap. 1,
1; si veda anche Chase, ADR and the Culture of Litigation: the Example of the
United States of America, in Cadiet [a cura di], Mdiation et arbitrage, Paris,
41
2005, 140). In Austria i due termini si differenziano, in modo rigoroso, in base
al ruolo del terzo, che di mera assistenza alle parti nella mediazione e invece
di tipo valutativo-propositivo nella conciliazione (cfr. Bajons, La lite tra
mediazione e processo, in Varano (a cura di), L'altra giustizia, Milano, 2007, 55
s.). Lo stesso vale per il Giappone, ove nel procedimento di chotei o
conciliazione il terzo che assiste parti formula una proposta di accordo, mentre
nel procedimento di assenn o mediazione il terzo si limita ad assistere le parti
(cfr. Maeda, ADR in Japan, in www.jcaa.or.jp/jcaa-
j/jigyou/textadrinjapan.html). La relativit delle scelte linguistiche operate nei
diversi ordinamenti sottolineata nella Guida allegata alla Model Law on
International Commercial Conciliation dell'UNCITRAL (supra menzionata).
[6]Resta, Giudicare, conciliare, mediare, in Politica del diritto, 1999, par. 10.
Briguglio (Conciliazione giudiziale, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. III, Torino,
1988, 205) sottolinea invece che "conciliazione" un termine che ha una
doppia accezione, potendo indicare sia il risultato che l'attivit tendente a quel
risultato.
[9] [9] Cfr., in termini riassuntivi, Della Noce, Evaluative Mediation: In Search
of Practice Competencies, in 27 Conflict Resolution Quarterly, 2009, 193 ss.
[10] Sulla distinzione tra le figure di mediazione, cfr. nella letteratura italiana
Luiso, La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim dir. proc.
civ., 2004, 1216 ss.
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[11] [11] L'intento deflattivo, con abbandono di qualsiasi riferimento al
carattere - proprio della mediazione "classica" - della partecipazione delle parti
sta poi alla base del disposto dell'art. 7, comma 2, lettera b) dell'attuativo
decreto ministeriale, a norma del quale l'organismo pu prevedere nel
regolamento che "la proposta pu essere formulata dal mediatore anche in
caso di mancata partecipazione di una o pi parti al procedimento di
mediazione".
[12] Relazione illustrativa, 1, 14. Cfr. pure l'analisi tecnico- normativa che
accompagnava lo schema di decreto, secondo la quale "l'obiettivo finale della
novit sta nella capacit deflativa dell'istituto, sia per la prevenzione di
specifiche liti, sia per la prevenzione generale cui sotteso un cambio nella
cultura della gestione dei conflitti sociali".
[13] The Forms and Limits of Adjudication infatti il titolo del famoso saggio di
Fuller sulle caratteristiche del processo giurisdizionale, in 92 Harvard Law
Review, 1978, 353 ss.
43
[21] Cfr. al riguardo Malte von Bargen, Gerichtsinterne Mediation. Eine
Kernaufgabe der rechtsprechenden Gewalt, Tbingen, 2008. Cfr. pure il
Canada, ove si parla di JDR, ossia Judicial Dispute Resolution per indicare
l'attivit di mediazione svolta dai giudici (al riguardo si veda Landerkin-Pirie,
Judges and Mediators. What's the problem?, in www.royalroads.ca, secondo i
quali l'attivit di JDR parte importante del ruolo contemporaneo del giudice).
[24]Cos il Consiglio Superiore della Magistratura nel Parere sulla legge delega
(reso l'11 marzo 2009).
[25] Si vedano in particolare Corte cost., 13 luglio 2000, n. 276; Corte cost., 4
marzo 1992, n. 82; Corte cost., 19 dicembre 2006, n. 436.
44
[30] Art. 3, comma 1, del regolamento sulle procedure di risoluzione delle
controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche ed utenti (il
regolamento pu essere letto sul sito dell'Autorit per le garanzie nelle
comunicazioni, www.agcom.it).
[42] Ai sensi dell'art. 17, comma 5, del decreto n. 28, quando la mediazione
condizione di procedibilit della domanda all'organismo di mediazione "non
dovuta alcuna indennit dalla parte che si trova nelle condizioni per
l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato".
45
[43] Cfr. l'art. 16, comma 4, lettera d), del decreto del Ministro della giustizia
supra menzionato.
[45] [45] Il 1 comma dell'art. 5 del decreto distingue infatti l'ipotesi in cui la
mediazione sia gi iniziata, ma non sia ancora conclusa (con fissazione
dell'udienza da parte del giudice dopo i quattro mesi dal deposito dell'istanza)
dalla diversa ipotesi in cui la mediazione non sia stata esperita.
[46] [46] Il dibattito aperto anche negli altri ordinamenti. Un esempio per
tutti: l'Inghilterra, ove alle opinioni contrarie (ricordiamo l'opinione,
menzionata supra alla nota 16, espressa dalla Court of Appeal nel caso Halsey
v. Milton, nonch, in dottrina Brunsdon-Tully, There is an A in ADR but Does
Anyone Know What it Means Anymore?, in Civil Justice Quarterly, 2009, 218
ss.) si contrappongono opinioni nettamente favorevoli al ricorso obbligatorio
alla mediazione. Cos Sir Anthony Clark, Master of the Rolls, ha sostenuto che
"A horse (even a very obstinate horse) is more likely to drink if taken to water.
We should be doing more to encourage (and perhaps direct) the horse to go to
the trough. The more horses approach the trough the more will drink from it."
(Speech to the Second Civil Mediation Council National Conference: The Future
of Civil Mediation, 8 maggio 2008, in www.judiciary.gov.uk).
[48] [48] Per tutti, cfr. Chiarloni, Stato attuale e prospettive della conciliazione
stragiudiziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 461 ss. Per un esame della
disciplina si veda Luiso, Il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle
controversie di lavoro, in Riv. italiana dir. lav., 1999, 375 ss.
[52] Il fatto che l'istituto sia previsto dalla direttiva europea esclude, a mio
avviso, ogni dubbio di illegittimit costituzionale dell'istituto sotto il profilo del
rispetto della delega.
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federali di primo grado (cfr. al riguardo l'Alternative Dispute Resolution Act del
1998, sezione 2, comma 3).
[60] Cos Trib. Lamezia Terme, 5 dicembre 2007, in Fam. e dir., 2008, 265.
[63] Non mi sembra infatti che le parti - che pure abbiano consentito davanti al
giudice alla mediazione - siano poi "obbligate" a partecipare al procedimento,
salva ovviamente l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 8.
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maggior numero dei membri della collettivit danneggiata, fino dunque alla
scadenza del termine per le adesioni".
[68] Pensiamo all'Olanda ove nel 2005 stato disciplinato il c.d. procedimento
collettivo di conciliazione: si tratta di un procedimento che pu essere attivato
- senza che sia necessaria una previa pronuncia giurisdizionale - sia da una
associazione o da una fondazione che rappresenti gli interessi dei titolari del
diritto che dalla controparte, con l'obiettivo di raggiungere un accordo che
possa essere ratificato dal giudice (la Corte d'appello di Amsterdam). La
conciliazione, una volta che sia stata ratificata, vincola tutti i membri della
classe, a meno che questi abbiano manifestato la volont di essere esclusi
dall'accordo.
[71] Consolo, Come cambia, rivelando ormai il suo volto, l'art. 140-bis e la
class action consumeristica, in Corr. Giur., 2009, 1306 s., il quale osserva - in
relazione al comma 15 dell'art. 140-bis - che aperta la questione, dato il
silenzio al riguardo della disposizione, circa la possibilit, e le eventuali
modalit, del ritiro dell'adesione e se sia possibile per il singolo consumatore
porre in essere una autonoma transazione e se ci comporti la revoca
dell'adesione.
[72] Cfr. Fiorio, L'azione di classe nel nuovo art. 140-bis bis e gli obiettivi di
deterrenza e di accesso alla giustizia dei consumatori, in www.ilcaso.it. cit.
[74]Tale soluzione viene avanzata come quella che avrebbe dovuto adottare il
legislatore da Menchini-Motto, Art. 140-bis, in www.judicium.it.
[75] Opposta era invece la soluzione ricavabile sulla base della precedente
formulazione dell'art. 140bis (cfr. Consolo, La transazione dell'azione collettiva:
difetti e pregi, in Analisi giur. Economica, 2008, 188, secondo il quale la
transazione comportava la rinuncia alla proposizione dell'azione da parte
48
dell'attore collettivo, ma non comprometteva la possibilit di avviare una
nuova azione di classe da parte di altri soggetti legittimati).
[76] Per una panoramica dei nei quali le conciliazioni delle azioni collettive
sono sottoposte all'approvazione da parte del giudice cfr. Cappiello, La
composizione stragiudiziale dell'azione collettiva risarcitoria, in Analisi giuridica
dell'economia, 1, 2008, 196.
[79]Ai sensi del comma 11, infatti, il tribunale determina "il corso della
procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e
sollecita gestione del processo (..) e disciplina ogni altra questione di rito".
49
Riservatezza: perch le parti di una disputa dovrebbero potersi fidare del
conciliatore? Non vi il rischio che il conciliatore possa rivelare
particolarisalienti e privati a terzi, a tutto svantaggio delle parti? Ci non
possibileperch tutto il procedimento di conciliazione caratterizzato da
riservatezzae confidenzialit: lesito della procedura e, se del caso, anche
lavvenutosvolgimento della stessa, restano segreti e non accessibili ad alcuno.
Questo
Buona parte delle motivazioni risiedono nelle cause che verosimilmente hanno
determinato il fallimento del negoziato diretto cause superabili, invece, conla
mediazione del conciliatore.
Potrei parlarvi del fatto che spesso nessuna delle parti vuole introdurre
largomentotransazione per non rischiare di apparire debole. Potrei parlarvi
della svalutazione reattiva quel meccanismo mentale che
50
conseguenze del non accordo portarle sul baratro, significa far capire loro che
il non accordo una sconfitta in partenza, determinata dalla perdita dei
potenziali vantaggi conseguibili con laccordo e dallinsorgere dei rischi che
implica il sottoporsi alla decisione di un giudicante. La conciliazione al contrario
senza rischi. Lesito del procedimento solo quello voluto dalle parti.
Nessuno ci potr imporre di sottoscrivere un accordo che non sia tale. Si badi
bene, utopistico confidare che le parti vadano in conciliazione con
atteggiamento assolutamente positivo.La prima fase della conciliazione tende
infatti a costruire fiducia nella procedura e nella persona come nellopera del
conciliatore ma soprattutto a liberare i contendenti da tensioni, frustrazioni,
angustie che rendono impossibile una visione razionale della controversia, della
convenienza economica dellaccordo e soprattutto che rendono impensabile la
cooperazione verso il perseguimento di una soluzione costruttiva condivisibile.
Il conciliatore diviene cos un facilitatore del dialogo tra le parti che
attraversolindagine delle cause che hanno determinatoli fallimento del
negoziato diretto e lesplorazione degli interessi, sottostanti le posizioni
espresse, in grado di superare le barriere psicologiche e fattuali che hanno
impedito il negoziato diretto (in parte gliaspetti cui ho accennato prima) e
soprattutto di creare, inventare soluzioni nuove per entrambe le parti.Labilit
del conciliatore, stimola liniziativa dei consulenti di parte e delle parti stesse,
attraverso la tecnica del brain storming fa emergere possibili soluzioni e
soprattutto consente di raggiungere un accordo senza che nessuna delle parti
ne sia il proponente.Immaginate di proporre alla controparte laccettazione
delle condizioni richieste a fronte di un diverso contratto al posto del rapporto
in contestazione certamente rischio la svalutazione reattiva nuove richieste;
ovvero di poter consegnare nelle mani del conciliatore non della controparte
unaffermazione di questo genere: se riesce ad avere il loro assenso su
questo tipo di contratto, invece dellaltro, le assicuro cheaccetteremo le loro
condizioni. Ecco che, senza aver inventato niente, il conciliatore diventa lo
strumento attuativo delle proposte dei contendenti senza che nessuno di loro
debba assumere laposizione di proponente. Il conciliatore il demiurgo di una
nuova realt.
compromessa.
Bibliografia
52
Un'istituzione formalista e legalista mal equipaggiata per comprendere
cosa sia realmente in gioco nei conflitti che la coinvolgono. Nell'incapacit di
modificare razionalmente i propri metodi superati, probabile che si limiti ad
adattarsi opportunisticamente [...]. L'idea di legalit ha bisogno di essere
concepita pi ampiamente e di essere curata dal formalismo (NONET e
SELZNICK, Op.cit., pp. 77, 108.
V.J. AUERBACH, Justice without Law?, New York 1983. V. anche G. COSI,
Il logos del diritto, Torino 1993, pp. 145 ss..
53
Ricordiamo in proposito la legge n. 192\1998 sul tentativo obbligatorio di
conciliazione e di arbitrato in materia di controversie nel campo delle
subforniture, e la legge n. 281\1998 che prevede la possibilit di ricorrere alla
conciliazione come strumento di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.
La legge n. 580\1993 affida alle Camere di Commercio la fornitura di questi
servizi di giustizia alternativa.
Si calcola che oggi in Italia siano pendenti circa 4 milioni di cause civili:
anche ipotizzando che ognuna di queste coinvolga soltanto 2 persone, circa 1
italiano su 7 (compresi i bambini) avrebbe a che fare con la giustizia.
54
alle parti di avere un contatto diretto con la controversia e di formarsi cos
unopinione fondata intorno alle proprie possibilit di vittoria. La
rappresentazione serve anche a raffigurarsi realisticamente le difficolt e i
costi cui si andr incontro nel processo vero e proprio.
Cos ad es. R.A. BARUCH BUSH e J.P. FOLGER, The Promise of Mediation,
San Francisco 1994
17% per laffidabilit del servizio. Partendo dalle remore che si possono
incontrare nel sottoporre le proprie dispute ad un tipo di procedimento che,
sebbene vantaggioso e risolutivo, risulta essere ancora oggi in fase di lancio
in Italia, esaminiamo quali sono i vantaggi che concretamente le parti possono
ottenere. Professionalit dei conciliatori: la prima remora in cui ci si imbatte, di
solito, lo scetticismo che le parti possono avere nei confronti del conciliatore,
di cui non si conosce n la figura n la professionalit. Invero, tutti i conciliatori
devono aver seguito corsi di tecniche di conciliazione e composizione dei
conflitti,appositamente strutturati per lacquisizione della professionalit atta a
coadiuvare le parti durante gli incontri di conciliazione. Gli stessi, daltro
canto,oltre a seguire le norme deontologiche proprie della professione che
esercitano,sono tenuti a rispettare le norme di comportamento ispirate al
codice deontologico approvato dallU.I.A. (Unione Internazionale degli
Avvocati) nella sessione2 aprile 2003. Attenzione ai veri interessi delle parti:
che differenza c allora tra un organo giudicante ed un conciliatore? Il
conciliatore, a differenza di un giudice o di un arbitro(costretti dal poco tempo
a disposizione e da norme procedurali schematiche e tecniche)potr, anzi
dovr concentrarsi su elementi importantissimi in una disputa come le stesse
in termini di perdita di immagine, cattiva pubblicit ed anche perdita di
clientela (se imprese o professionisti). Infatti tutte le parti presenti al
tentativodi conciliazione (incluso naturalmente il conciliatore e il
funzionario,qualora sia previsto, che espleta le funzioni di segreteria) sono
tenute a non rivelare alcuna informazione appresa nel corso del suddetto
tentativo. Oltretutto il conciliatore non potr svelare ad alcun altra parte le
informazioni ottenute confidenzialmente dallaltra, senza lavallo preventivo
della parte che gliele ha rivelate. La riservatezza quindi una importante,
oserei dire a volte vitale, caratteristica di un procedimento conciliativo,
mentre quasi sempre assente in un procedimento ordinario civile che per sua
natura pubblico. Esempio di riservatezza lo troviamo allart. 40, 3 del d. lgs.
17 gennaio2003, n. 5, che sancisce che le dichiarazioni rese dalle parti nel
corso del procedimento di conciliazione, salvo che per gli effetti in ordine alle
spese,non possono essere utilizzate in giudizio, n possono formare oggetto di
prova testimoniale. Accordo di conciliazione: il testo dell'accordo raggiunto al
termine della procedura conciliativa (il verbale di raggiunta conciliazione)
58
scritto direttamente dalle parti, (con lausilio solo tecnico del conciliatore)
sicch queste possono prevedere clausole penali o risolutive in ipotesi di
inadempimento. Tale verbale vincolante per le parti alla stregua di un
contratto liberamente concluso. In alcuni casi, poi, il verbale di conciliazione ha
efficacia di titolo esecutivo. Alcuni studi specialistici svolti in Gran Bretagna
hanno accertato un tasso di esecuzione degli obblighi assunti in procedure
conciliative pari al 95 %. Naturalmente il terzo conciliatore aiuta le parti a
fissare i termini di un accordo che soddisfi i loro reciproci interessi, sicch
un'intesa raggiunta su tali basi difficilmente verr disattesa e violata. Lunico
modo, ripeto sempre in chiusura delle mie relazioni, per poter eliminare quel
velo di scetticismo che comprensibilmente si ha quando per la prima volta si
sente parlare di conciliazione, quello di provarla. Infatti, il vedere soddisfatti i
propri interessi in tempi brevi, con costi predeterminati e bassi e con tutti gli
altri vantaggi sopra esaminati, servir a farne apprezzare appieno tutta la
validit.
Bibliografia
Questi sono gli statuti,le prescrizioni e le leggi che il Signore stabil fra s e gli Israeliti,
61
sul monte Sinai, per mezzo di Mos Levitico 26,46.
62Il Signore disse ancora a Mos sul monte Sinai: (2) parla agli Israeliti e riferisci loro:
quando entreretenel paese che io vi do, la terra dovr avere il suo sabato consacrato al
Signore. (3) Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i
frutti; (4) ma il settimo anno sar come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato
in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna. (5) Non
mieterai quello che nascer spontaneamentedal seme caduto nella tua mietitura
62
precedentee non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sar un anno di
completo riposo per la terra. (6) Ci che la terra produrr durante il suo riposo servir di
nutrimento a te,al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che
presso di te; (7) anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servir di
nutrimento quanto essa produrr. (8) Conterai anche settesettimane di anni, cio sette
volte setteanni; queste settesettimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.
(9) Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel
giorno dell'espiazione faretesquillare la tromba per tuttoil paese. (10) Dichiareretesanto
il cinquantesimo anno e proclameretela liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti.Sar
per voi un giubileo; ognuno di voi torner nella sua propriet e nella sua famiglia. (11) Il
cinquantesimo anno sar per voi un giubileo; non fareten semina, n mietitura di quanto
i campi produrranno da s, n faretela vendemmia delle vigne non potate.(12) Poich il
giubileo; esso vi sar sacro; potreteper mangiare il prodotto che daranno i campi. (13)
In quest'anno del giubileo, ciascuno torner in possesso del suo. Levitico 25, 1-13.
66
Mediazione e conciliazione nella tradizione ebraica
63 Allora tutto il popolo si radun come un solo uomo sulla piazza davanti alla porta delle
Acque e disse ad Esdra lo scriba di portare il libro della legge di Mos che il Signore
aveva dato a Israele, Libro di Neemia 8,1.
Allora tuttigli uomini di Giuda e di Beniamino si radunarono a Gerusalemmeentro tre
giorni; si era al nono mese, il venti del mese. Tutto il popolo stava nella piazza del tempio,
tremanteper questo evento e per gli scrosci della pioggia. (10) Allora il sacerdote Esdra si
alz e disse loro: "Voi avete commesso un atto d'infedelt,sposando donne straniere: cos
avete accresciuto la colpevolezza d'Israele. (11) Ma ora rendetelode al Signore, Dio dei
vostri padri, e fate la sua volont, separandovi dalle popolazioni del paese e dalle donne
straniere". (12) Tutta l'assemblea rispose a gran voce: "S, dobbiamo fare secondo la tua
parola, Libro di Esdra 10, 9-12.
53Dai dialoghi intercorsi con il Gad Eldad Michel Ascoli del beth din di Roma.
58
Mediazione e conciliazione nella tradizione ebraica
54Genesi 4,7 Ma se non agisci bene, il peccato accovacciato alla tua porta; verso di te
il suo istinto, ma tu dominalo.
55Morineau, J., Lo spirito della mediazione, FrancoAngeli, Milano 2000, p. 130.
56Sagi, A., Elu va-Elu: A Study on the Meaning of Halakhic Discourse [Hebrew] Hakibbutz
Hameuhad, Tel Aviv 1996.
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57Deuteronomio 6,5.
58Sadun Paggi, Guarire le ferite, EMI,Bologna 2005.
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Mediazione e conciliazione nella tradizione ebraica
Dai dialoghi intercorsi con il Gad Eldad Michel Ascoli del beth din di Roma.
53
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Mediazione e conciliazione nella tradizione ebraica
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SINOSSI:
ALTRO
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