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Cinque pani e due pesci

don Marco Pedron


Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (6 giugno 2010)
Lc 9,11-17

In genere e a ragione questa festa veniva associata all'eucarestia. Tutti noi ricordiamo le
processioni del Corpus Domini che si facevano una volta. Il sacerdote con dietro i chierichetti e
tutta la folla passava per le strade e le piazze del paese portando in esposizione il Pane consacrato.
Tutt'ora questa tradizione vive in molte zone.
La festa nasce dal miracolo di Bolsena a cui dobbiamo il duomo di Orvieto. Un sacerdote dubita
della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Cos durante una messa, quando spezza il pane,
un po' di sangue scorre dalla piccola ostia. Dal 1264 questa festa viene estesa a tutta la chiesa.
Nei primi secoli della chiesa si parlava di tre Corpus Domini: la presenza del Signore avveniva in
tre luoghi.
1. Ges, il corpo reale, fisico: il corpo di Ges vissuto duemila anni fa, adesso non c' pi.
2. Il pane consacrato, l'eucarestia, che veniva chiamato il corpus misticum (poi nei secoli
diventato il verum corpus): Ges presente simbolicamente, misticamente, in quel pane,
ricordando il suo gesto dell'ultima cena dove lui stesso ha detto: "Fate questo in memoria di me".
Ogni volta che alcuni cristiani vivono la Cena, Lui presente in mezzo a loro.
3. Il corpo delle persone: il verum corpus nei primi secoli, diventato poi il corpus misticum.

I tre Corpi di Cristo mettono in luce una grande verit: Dio visibile solo attraverso un corpo. Dio
ha avuto bisogno del corpo di Ges per incarnarsi e per rendersi visibile personalmente al mondo.
Dio ha bisogno di pane e vino per rendersi presente ogni domenica a noi. Dio vive nel corpo e
sangue delle persone e di tutto ci che esiste. L'universo stesso e tutto ci che in esso vi contenuto
non altro il corpo di Dio.
Per tanti secoli si diviso corpo e anima. Il corpo era il contenitore dell'anima. Non aveva valore
in s ma solo perch conteneva la parte nobile della vita: l'anima. Per cui tutto ci che era corpo
era insignificante, pericoloso o addirittura diabolico.
L'abate Oddone di Cluny nell'XI secolo (Cluny era una grandissima abbazia e un centro di
spiritualit enorme per quel tempo) poteva dire riferendosi al corpo: "Se ci ripugna toccare il muco
e lo sterco con la punta del dito, come potremmo mai desiderare di abbracciare il sacco stesso che
contiene lo sterco?".
Il corpo della donna per molti secoli stato il simbolo del peccato, della tentazione; l'affettivit
stata negata e repressa come infantilismo e la sessualit stata catalogata come strumento del
diavolo.
Non sono cose cos lontane da noi. Quanti di noi hanno sofferto per mancanza di affettivit pur
avendo avuto un grande accudimento (la frase classica: "Non ti abbiamo fatto mancare niente", il
che era proprio vero da un certo punto di vista)! Si veniva presi in braccio, ma solo per essere
cambiati o zittiti dal nostro pianto. Ma gli abbracci? Le coccole? Le carezze? Il contatto pelle a
pelle? Il gioco?
Quanti di noi sono analfabeti delle emozioni! Il linguaggio delle emozioni per molti di noi

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ignoto.
Le emozioni? Non si sa cosa si prova, non si riesce a dare un nome a ci che si vive, non si
conoscono neppure certe emozioni. Al di l di "bene" e "male" sembra che proprio non sappiamo
dire.
La rabbia? Ci hanno insegnato che bisogna tenerla dentro, che non bisogna esprimerla, che "non
ci si deve arrabbiare". Certo che non si deve mica spaccare la faccia alle persone quando si
arrabbiati; ma se non la esprimiamo (urlando, cantando, piangendo, parlando, rompendo o
pugnando oggetti simbolici) dove andr a finire? Poi ci si chiede perch la gente cos nervosa,
irritata, suscettibile o giudicante: per forza!
La tristezza? Ah no, non si poteva essere tristi. Bisogna sempre ridere, sempre fare la bella
faccettina e non mostrarsi mai tristi, perch un "bravo cristiano sempre felice". Cos sembrava
che tutti fossero felici e contenti e tu, che non ti sentivi cos, pensavi di essere anche sbagliato.
La gioia? Mai esprimerla troppo, sempre contenersi, mai esagerare. Quando si era felici bisognava
pensare alle persone tristi e a chi stava peggio di te. Cos quando eri felice, quando c'era da
godersi la vita e le giornate, ti sentivi sempre in colpa.
Quanti di noi vivono con sospetto ogni manifestazione corporea. Un abbraccio: "Se la vuole
portare a letto!". Una carezza: "Ci sta provando!". Un bacio sulla guancia: "Un approccio".
E la sessualit: non se ne parlava mai, perch il solo argomento imbarazzava gli adulti. Quando se
ne parlava era solo per stabilire "cosa si poteva fare e cosa non si poteva fare". Quanti di noi
l'hanno vissuta come un peso, una vergogna, un tab; e quanti sensi di colpa!
Tutto ci che era corpo era pericoloso o negativo. Qual'era il modello dell'uomo spirituale? Il
modello spirituale era il monaco che si disinteressava completamente del proprio corpo e che
notte e giorno era rivolto a Dio. Cos il corpo si poteva fustigare, colpire, umiliare, e tutto questo
era santit (oggi diremmo masochismo).
In realt la festa di oggi dice che Dio non esiste senza un corpo. Il corpo non un optional, un di
pi, un contenitore. Il corpo la realt visibile di ciascuno di noi e di Dio stesso. Non c'
un'anima dentro al corpo, una vita dentro un involucro di nome corpo. Ma l'anima corporea e il
corpo animato.
L'anima corporea. Se l'anima sta male il corpo lo manifesta. Se l'anima sta male il corpo sta
male.
Molte persone sorridono di fronte al parallelismo corpo-anima ma io lo trovo fonte di grande
conoscenza mia personale, quella conoscenza che ti mette di fronte la verit anche se non vuoi
vederla.
Ce lo insegna la psicosomatica; ce lo insegna Ges nei miracoli. Ce lo insegna la spiritualit
ebraica, cinese e tutte le grandi tradizioni spirituali. Analizzando i miracoli di Ges si scopre che
Ges guariva le persone perch le malattie fisiche erano la visualizzazione delle malattie
dell'anima. Ges lavora cos: il corpo lo schermo dell'anima. Guarisco l'anima e guarisco il
corpo.
L'uomo dalla mano inaridita (Mc 3,1-6): il problema di quest'uomo la stima di s. Non fa
(mano inaridita) perch ha paura di sbagliare e di essere al centro dell'attenzione. Dev'essere
stato educato nella paura: "Guai a te se sbagli! Questa cosa non la devi fare!" o nella derisione per
cui ha imparato che per non essere rifiutati meglio non fare. Cosa gli fa fare Ges? Gli dice:
"Mettiti nel mezzo!". Finch non trova la forza nell'anima di ri-mettersi al centro, di vincere la
paura di sbagliare non guarir.
Ogni volta che cambiavo di parrocchia mi slogavo le caviglie. Perch? La caviglia la direzione

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e la flessibilit di movimento: era ovvio, non volevo conformarmi alla direzione che mi veniva
imposta.
E Lazzaro? Lazzaro morto (Gv 11,1-44) perch le sorelle Marta e Maria lo hanno soffocato
(bende). Morto vuol dire spento, depresso, senza vita, angosciato, in una situazione dove uno non
vuol che morire. Quante madri sono quelle due sorelle! Madri che per iperamore (o anche
insicurezza loro) soffocano, stanno troppo con il fiato sul collo ai loro figli, li dirigono troppo o
trasmettono a loro troppa ansia. Cos il figlio muore dentro, non riesce ad uscire fuori, non riesce
ad essere se stesso, non riesce a vivere. E' l'anima di Lazzaro ammalata. E, infatti, Ges gli dir:
"Esci fuori!". Devi trovare il coraggio di uscire fuori anche se le deludi, anche se non ti accettano,
anche se rompi certi equilibri. E' l'anima delle sorelle, il loro atteggiamento interiore che
dev'essere modificato. A loro Ges dir: "Scioglietelo e lasciatelo andare". Bellissimo! Lasciatelo
libero, non trattenetelo, non vogliate che lui sia un prolungamento della vostra vita, non vogliate
che lui esaudisca le vostre pretese o le vostre vite non realizzate. Se lo amate, lasciatelo andare.
Avete mai osservato quante volte le persone si buttano alle ginocchia di Ges, si prostrano.
Perch? Il ginocchio la capacit di piegarsi, di inchinarsi, la flessibilit. Se tu non ti pieghi, se tu
non sai riconoscere i tuoi errori, i tuoi schemi sbagliati, non puoi guarire. Se tu rimani nelle tue
posizioni, se tu sei testardo, se tu non sei umile, non puoi guarire.
Quando il corpo soffre l'anima che soffre. Occhio? Cosa non vuoi vedere? Schiena? Quali pesi
ti schiacciano? Stomaco? Cosa non accetti? Pelle? Quali relazioni, rapporti, ti hanno macchiato,
ferito? Intestino? Cosa non vuoi lasciare andare? Fegato? A cosa non vuoi adattarti? Rene? Cos'
che non riesci a capire se bene o male, se ti fa bene o male? Molti prendono queste indicazioni
come "verit divina": no! I libri su questo vendono alla grande! E' un indicazione della tua anima.
E' un cartello sulla strada con scritto: "Padova". Ti indica una direzione, ma non serve a niente se
tu non percorri la strada. Applicare inutile: la tua anima che soffre e il tuo corpo te lo dice.
Come si pu credere che nel pane della domenica ci sia Cristo se non si crede che il corpo riveli
l'anima, il Dio dentro di noi? Come si pu credere che un po' di vino, che se lo assaggi anche dopo
la consacrazione sa sempre da vino ed sempre buono da bere tanto come prima, sia il corpo di
Cristo se non si crede che il mondo e tutto ci che esiste sia il Corpo di Dio? O lo spirituale si
rivela attraverso il corporeo sempre, o mai.

Il vangelo (9,11-17) dice: "Se tu ti lasci coinvolgere e tutti fanno la loro parte, l'impossibile a
volte avviene". Ges ha annunciato il regno di Dio e ha guarito molte persone (9,11). Adesso
sera e sarebbe bello poterli sfamare. Ma la cosa impossibile: cinquemila uomini! Come si fa?
Ges: "Dategli voi stessi da mangiare!". Ges prende ci che c', lo benedice, lo spezza e lo da a
tutti. E il miracolo, ci che sembrava impossibile accade e avviene.
Il vangelo vuol dire: "Certe situazioni sembrano senza via d'uscita (cinquemila uomini: e donne e
bambini non si contavano in quel tempo!). Non ti spaventare. Lasciati coinvolgere ("date voi
stessi da mangiare"), partiamo da quello che c', dalla realt, anche se poco o sembra
insignificante ("cinque pani e due pesci"). Accettiamo la situazione, la prendiamo per quello che
e accettiamo che ciascuno pu fare qualcosa. Se ognuno fa la sua parte (mette quello che ha)
accade l'impossibile".
Troppo spesso guardando a ci che dobbiamo affrontare, ci lasciamo scoraggiare, non abbiamo
fede, fiducia.
Cinquemila persone: "Ma dove vuoi che andiamo? Ma cosa vuoi che facciamo?". C' una
difficolt in casa, in famiglia: "Non c' niente da fare, non c' soluzione, non si pu fare nulla".

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Uno ha una paura: "Troppo difficile! Troppo grande! Non c' niente da fare!". Ma chi l'ha detto?
Viene una donna: "Il mio matrimonio finito, le ho provate tutte, ma non c' niente da fare. Non
mi resta che separarmi; quanto vorrei che non fosse cos!". Sembra che non possa essere che cos.
Alcuni giorni dopo viene il marito: "Ce l'ho messa tutta, amo mia moglie e le mie figlie ma non
c' proprio niente da fare; non mi resta che andarmene". Com' possibile - mi son detto - che
tutti e due vogliano stare insieme e che non sia possibile? Allora sono venuti insieme e siamo
partiti dalla verit pi elementare ma pi difficile da accettare: "Non colpa mia, non colpa tua,
ma noi abbiamo un problema (vari problemi)". Siamo partiti dalle difficolt, dall'incapacit di
comprendersi e di relazionarsi. All'inizio sembrava un'impresa titanica, impossibile; bisogna, in
effetti, aver fede, crederci! Sono emersi dei traumi personali antichi che ciascuno andato a
elaborare da solo; ciascuno di loro si messo in gioco e adesso, dopo un po' di tempo non solo
sono ancora insieme ma l'amore fluisce e si comprendono in profondit. Anzi solo adesso possono
dire di amarsi veramente.
Una donna di cinquant'anni, da trentacinque anni che non studiava, dice: "La mia vocazione
quella di fare massaggi". Quando lei inizia a comunicare il suo desiderio tutti si mettono a ridere.
"A cinquant'anni ti metti a fare una cosa del genere?". A ben pensarci, in effetti, sarebbe un po'
tardi (dice la paura). E' andata a scuola di Shiatzu, si organizzata nella vita familiare, si
trovata un lavoretto per mantenersi gli studi, non ha guardato al niente di partenza, ha creduto nel
suo desiderio profondo ed oggi pratica massaggi Shiatzu, vivendo di questo lavoro.
Quest'anno abbiamo organizzato i centri estivi. Il prezzo era troppo alto per le famiglie e non
c'erano iscrizioni. D'altronde: la cooperativa ha le sue spese e le sue esigenze; il prezzo non era in
realt alto, ma anche vero che le famiglie hanno le loro esigenze. Noi volevamo farli perch
credevamo a quest'iniziativa e alla possibilit di dare ai ragazzi spazi educativi, ma sembravano
non esserci vie d'uscita. Si poteva dire: "Va beh, ci abbiamo provato, andata come andata".
Allora ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: "Cosa possiamo fare?". "Io potrei provare a
trovare delle sponsorizzazioni? io potrei provare a chiedere fondi alla mia azienda? potremo fare
una vendita di dolci? potremo chiedere al comune se ci aiuta? io potrei vedere se? io potrei sentire
se possibile?". Tutte cose piccole (cinque pani e due pesci) ma ognuno si messo in gioco (date
voi stessi da mangiare). Si riusciti ad abbattere il prezzo dei centri estivi e le adesioni sono
arrivate.
Anni fa c'era un ragazzo che voleva diventare musicista. Ma dopo una serie di tentativi tutti falliti
decise di abbandonare il campo musicale. La situazione precipit quando la sua ragazza, molto
carina, lo lasci e lui pens che non avrebbe realizzato pi nulla nella sua vita. Cos pens di
suicidarsi. Sembrava impossibile ogni strada (musicale e sentimentale). Entr in terapia e part da
quel poco di personalit che gli era rimasto (era depresso e ansioso). Si fid di s e realizz i suoi
sogni. Quel ragazzo si chiamava Billy Joel (e spos la top model Christie Brinkely).
La gente si guarda e si dice: "Ma non vedi che faccio schifo? Ma cosa vuoi che faccia? Non sono
capace!". La gente non crede in s e non credendo in s non crede in Dio che li ha creati grandi,
unici e figli suoi. Invece, io devo prendere quello che sono, anche se mi sembra poco, anche se mi
sembra niente e fidarmi.
Mi sembra di non valere tanto? Mi sembra di non aver grandi doti? Mi sembrano impossibile
certe cose? Bene, sono nella stessa situazione degli apostoli nel vangelo di oggi.
Prendo quello che sono (cinque pani e due pesci), lo accetto senza lamentarmi per quello che
dovrei essere, per fare quella cosa o che dovrei avere, per fare questa scelta e benedico.
Benedico vuol dire che "dico bene" di me, che credo nelle mie possibilit nascoste e nelle mie

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risorse non ancora realizzate, compiute o sviluppate.
Quante volte mi guardo e mi dico: "Io? Cinque pani e due pesci!", come a dire: "Poca cosa sono!
Non posso puntare in alto; non posso vivere appieno; non posso essere felice; non posso inseguire
certi traguardi".
Ma credere in Dio poter dire: "Questo quello che sembra e che si vede. Parti da quello che
sei, accettalo, benedici e vedrai che quantit di pane e di pesci c' dentro di te!".

La chiesa oggi celebra la festa dell'eucarestia. Noi crediamo che un pezzo di pane diventi il Corpo
di Cristo. Ed cos!
Ma se Dio capace di fare di un pezzo di pane il suo Corpo, cosa pu fare di noi? Quando io
vengo a fare la Comunione e vengo a prendere sulla mia mano il corpo di Cristo dico due grandi
cose.
La prima: "Guarda cosa fa un po' di pane! Sembra niente e invece sfama migliaia di persone".
Cio: questo pane placa la mia fame d'amore, disseta il mio cuore arso, indirizza il mio sguardo
cieco, trova ragioni per vite senza senso, illumina il buio e i tunnel. Questo pane Dio stesso che
viene in me, che non si vergogna di entrare nella mia casa, che ha voglia di venirmi a trovare, che
vuole incontrarmi, che vuole saziarmi, che vuole amarmi.
Quando mangio questo pane mi sento a casa: Lui viene in me ma in realt sono io che vado da Lui.
Lui mi prende cos come sono, senza maschere, n uniformi, n paraventi e mi dice: "Vai bene
cos. Io sto bene con te quando tu sei quello che sei, quando tu ti mostri per quello che sei senza
nasconderti". Allora io tiro un grande respiro e mi sento finalmente a casa. Qui non c' nulla da
dimostrare e si pu essere quello che si .
La seconda: "Se io trasformo, cambio, questo pane, cosa posso fare di te?". Per me fare la
comunione un atto rivoluzionario, trasformativo, evolutivo. Quel pane il Signore stesso; e il
Signore stesso adesso dentro di me (me lo sono mangiato!) e io stesso sono Lui. Lui in me ed io
in Lui.
Quel pane una forza enorme per me: "Tu puoi perch io sono in te". Cos quando me la
racconto, quando mi rassegno, quando faccio un po' la vittima e mi dico che non ce la faccio,
adesso non ho pi scuse. Magari io non credo di potercela fare ma Lui in me. Non credere in me
non credere in Lui.
Quando vado a fare la comunione il sacerdote mi dice: "Corpo di Cristo". Che vuol dire:"Questo
il Corpo di Cristo" e si riferisce al pane, ma si riferisce anche a me.
E io sento un fremito, un sussulto, una potenza nucleare dentro di me: "Io sono Corpo di Cristo".
Se posso accettare questa forza, questa verit, questa realt, veramente posso tutto. Veramente pu
accadere nella mia vita la moltiplicazione dei pani (di me). Se accetto e amo il poco che mi
sembra di essere ("cinque pani e due pesci"), e lo metto in gioco, scoprir di essere il molto che
non conosco ("tutti mangiarono? e furono portate via dodici ceste").

Pensiero della Settimana


Se guardi a te non vedrai che cinque pani e due pesci.
Se guardi a Lui vedrai la moltiplicazione.

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