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L'informazione come strumento di gestione strategica dei conflitti.


Nel corso della storia, il grado di civiltà di un popolo si è dimostrato essere intimamente legato
alla presenza di processi informativi qualitativamente avanzati ed efficienti.
Man mano che andavano sviluppandosi la parola, la scrittura ed infine i codici e le leggi, diventava
possibile elevare le controversie da un contesto di mera contrapposizione di forze fisiche ad uno di
negoziazione di concetti simbolici (cioè informazioni a descrizione di eventi, situazioni,
circostanze, ecc.) di conseguenza aumentava il numero delle dispute che potevano essere risolte
senza ricorrere a scontri fisici cruenti e sanguinosi.
E-business e dint
L’attitudine a descrivere fatti, rappresentare situazioni, categorizzare eventi, in altre parole la
capacità di formalizzare la realtà sulla base di un sistema di definizioni condiviso (formale
appunto) fatto di simboli, parole, grammatiche, linguaggi, ecc., rende possibile generare
modifiche allo status quo senza che sia necessario ricorrere necessariamente alla forza fisica.
Questo rappresenta la prima caratteristica per un sistema che possa essere definito civile: ossia la
negazione della violenza come unico mezzo di composizione delle dispute.
Il fatto è che nell’istante in cui ognuno effettua la propria personale formalizzazione della realtà (o
di un suo aspetto specifico) essa non solo è diversa - perché sicuramente incompleta - dalla realtà
“reale”, ma sarà diversa anche da tutte le altre formalizzazioni che gli altri soggetti producono
autonomamente relativamente allo stesso aspetto specifico.
In questa fase critica diventa di vitale importanza la capacità di acquisire, veicolare ed elaborare
tutta questa mole di informazioni. Ed è proprio in questo momento che si percepisce quanto sia
rilevante l’aspetto informativo di una circostanza rispetto alla sua realtà, proprio perché “ogni
cosa è come noi la vediamo, ma non la vediamo come in realtà è”.
L’esempio classico è il daltonismo, dove il formalismo dell’informazione “colore” è scardinato da
una diversa reazione percettiva dell’occhio daltonico al fascio di luce, percezione assolutamente
Ultimi Commenti incompatibile (anzi in palese contrasto) con la formalizzazione comune predominante che dice che
un oggetto di colore rosso è rosso perché “lo vedo rosso e perciò lo chiamo così”. Infatti, sia che
Non è stato ancora venga osservato da un occhio daltonico che da uno sano, l’oggetto “rosso” (o meglio l’oggetto che
inviato alcun formalmente la maggioranza chiama rosso) non modifica affatto la sua natura fisica.
commento su La necessità di comprendere e valutare gli effetti prodotti dalle differenze di formalizzazione (e
questo articolo. percezione ) della realtà - prime fra tutte quelle riferibili ai vari linguaggi e forme di scrittura (tra
lettere e ideogrammi ad esempio) – danno origine a quella disciplina che oggi potremmo
chiamare “analisi informativa”, ma che in realtà è sempre esistita nelle più svariate forme in
Vuoi essere il quanto frutto di millenni di evoluzione della nostra cultura.
primo ? L’applicazione di questa disciplina finalizzata alla gestione strategica di controversie, dispute,
conflitti o comunque al raggiungimento di una condizione favorevole di vantaggio (economico,
politico, sociale, militare) su terzi soggetti, prende il nome di guerra informativa.
Psycological operations, network warfare, electronic warfare, haker warfare. A parte la locuzione
“warfare” in comune (derivante dalle originarie applicazioni di carattere militare) questi sono tutti
termini che identificano attività che – pur perseguendo finalità assimilabili- sono abbastanza
forums
diverse tra loro. Spessissimo però si sovrappongono e si intrecciano dando origine ai metodi, agli
strumenti e alle tecniche dell’ “Information Warfare” (IW).
chat
Esistono diverse definizioni accademiche dell’IW coniate dai più autorevoli esperti del settore. La
definizione del termine è però in continua evoluzione e sono sempre di più i significati riferibili a
Newsletter:
nuove applicazioni che entrano a far parte della dottrina della “guerra informativa” (intelligence
based warfare, economical information warfare, netwar, ecc.).
Esemplificando al massimo, è possibile suddividere l’IW in tre aree di massima:
- la guerra "con" le informazioni, usandole per costruire un contesto informativo (più o meno
reale) tendente a dissimulare o camuffare i propri disegni strategici;
- la guerra "per" le informazioni; usando vari metodi (compresa la guerra con le informazioni) per
ottenere notizie riguardanti gli effettivi disegni strategici degli antagonisti;
- la guerra "delle" informazioni, cioè l’utilizzo delle due metodologie sopraccitate per alterare,
manipolare, trasformare uno specifico contesto informativo (o per indurre qualcuno a farlo al
nostro posto).
Altre distinzioni possono essere operate sulla base delle tecnologie impiegate o degli obiettivi
strategici. Ma l'IW non è più solo un'esclusiva dei militari. Lo sviluppo generalizzato del
paradigma interconnesso della attuale “società dell’informazione”, l’abbattimento delle barriere
geopolitiche e la creazione di nuovi mercati, hanno estremizzato la necessità del raggiungimento
del massimo profitto praticamente in tutti i campi della vita sociale, orientando la competizione
socio-economica verso nuovi teatri strategici (digitali).
Le multinazionali e i grandi cartelli economici attingono a piene mani da tecniche e strategie
informative di stampo prettamente militare (a partire dalle teorie sulla guerra di Sun Tzu in poi)
implementando avanzatissimi sistemi per il management strategico dell'informazione
(intelligence economica, competitive intelligence, ecc.).
Ricerche di mercato, monitoraggio delle abitudini dei consumatori, sondaggi di opinione,
statistiche di consumo, sono tutti strumenti che sono alla base del marketing moderno e che tutti
conosciamo e – nostro malgrado - sopportiamo.
L'information warfare applicata al campo civile, permette a chi detiene il potere economico di
osare ancora di più. Oggi più che mai il raggiungimento della superiorità informativa sugli altri
competitori del mercato, assume i connotati di un’irrinunciabile necessità strategica, costi quel
che costi. Data la situazione, forse è il caso di cominciare a scrivere anche in questo campo delle
regole etiche per questa nostra società civile, che forse “civile” potrebbe (e dovrebbe) esserlo un
po’ di più.
*Giovanni Nacci, Ufficiale della Marina Militare in congedo proveniente dal 5° Reparto
“Cooperazione Internazionale e Infrastrutture NATO” del Ministero della Difesa (Ufficio Centrale
del Bilancio). Membro del Comitato Scientifico del CeSDiS (Centro Studi Per la Difesa e la
Sicurezza) di Torino, fa parte del Team di Sviluppo del progetto internazionale E-CIA (European
Central Intelligence Agency Project). Socio AICA, membro di NetJus é iscritto nell'albo dei
Consulenti Tecnici d'Ufficio del Tribunale di Chieti. Si occupa di Consulenza direzionale e
strategica nell’ambito delle attività di programmazione e impiego strategico delle risorse
informative e per la sicurezza. Autore di articoli e saggi (pubblicati dal Cesdis di Torino e da
AnalisiDifesa.it) si occupa anche di formazione e divulgazione delle tematiche inerenti al rapporto
tra tecnologia, intelligence e sicurezza in senso lato. (E-mail: giovanninacci@giovanninacci.net -
Url: www.giovanninacci.net)

Net Jus - 10/11/2003

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.
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