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a cura di
J. FEINER e M. LOHRER
QUERINIANA - BRESCIA
L;EVENTO SALVIFICO
NELLA COMUNITA DI GES CRISTO
con la collaborazione di
parte Il
QUERINIANA - BRESCIA
Titolo originale dell'opera:
MYSTiERIUM SALUTIS
Grundriss heilsgeschichtlicher Dogmatik
Benziger Verlag Einsiedeln 1967
7 Collaboratori
9 Prefazione
]OHANNES BE1'Z
Nato nel 1914, dr. teol., docente di dogmatica alla F~co!t teologica
dell'Universit di Wi.irzburg.
BERNARD D. DUPUY, o. p.
Nato nel 192,5, dr. teol., direttore del centro di studi ecumenici Istina,
docente di teologia all'Istituto cattolico di Parigi e alla Facolt teo
logica Le Saulchoir .
.TosEF Duss-voN WERDT
Nato nel r932, dr. fil., dr. teol., direttore dell'Istituto per le scienze
matrimoniali e familiari.
PETER HUIZING s. j.
Nato nel 1911, dr. dir. can., dr. dir. civ., lic. fl., lic. teol., docente di
diritto canonico alla Facolt teologica dell'Universit di Nimega.
MAX KELLER
Nato nel I 939, dr. fil., preside degli studi della Paulus-Akademie.
OsKAR KouLnR
Nato nel 1909, dr. fil., docente di storia universale all'Universit di
Friburgo.
REN}: LAURENTIN
Nato nel r9r7, docente di dogmatica alla Facolt teologica dell'Univer
sit di Angers.
RAPllAEL Sc11uL TE o. s. b.
Nato nel 1925, dr. teol., docente di dogmatica alla Facolt teologica
dell'Universit di Vienna.
Auns STENZEL s. j.
Nato nel 1917, dr. teol., docente di dogmatica e liturgia al Sankt
Georgen, Scuola superiore di filosofia e teologia, Facolt teologica S. J.,
Frankfurt a. Main.
DmTRICll WrnDERKEHR o. f.
Cap. m.
Nato nel 1933, dr. teol., docente di dogmatica alla Facolt teologica
dell'Universit di Friburgo.
FRIEDRICH WuLF s. j.
Nato nel 1908, dr. tL redattore capo della rivista Geist und Leben.
Traduttore:
GIOVANNI POLETii
PREFAZIONE
GLI EDITORI
CAPITOLO SESTO
IL SERVIZIO DIVINO
CELEBRATO DALLA COMUNITA CULTUALE E LITURGICA
ADUNATA IN CRISTO
Annotazioni preliminari
dei segni che sono destinati a presagire gli ultimi tempi, non ancora
manifesti ma pur tuttavia gi realmente sorti all'orizzonte.
Ma il culto? Non occorre certo avere gli orecchi troppo pieni di cristia-
nesimo areligioso, di secolarizzazione, di mondo profanizzat0>> e via
dicendo, per poter nutrire l'opinione che il concetto di culto - sia
pure con le aggiunte di <muovo o cristiano - non risulti sufficiente-
mente adattabile al risvolto decisivo del servizio divino celebrato dalla
comunit escatologica. In effetti, se il termine culto viene preso soltan-
to nel suo valore per qualcosa pi d'un vuoto guscio lessicale, slavato e
quindi divenuto p-'!ricoloso, riconoscendo che esso include (in senso pa-
gano, ma anche in senso vetero-testamentario) un luogo sacro, una perso-
na sacra, un rito sacro, bisogna risolutamente affermare che Cristo fine
della legge ha posto un termine anche ad esso. Ne segue logicamente
che, quando si usa ancora una terminologia cultuale, bisogna sempre
badare attentamente alla sostanza da essa designata. In altre parole, se
d'ora in avanti risulta proibito usarla con la solita disinvoltura, resta ov-
viamente da chiedrrsi perch mai debba ancora venir usata.
Qui la risposta non pu evidentemente anticipare le considerazioni che
ci accingiamo a fare. Ne diamo quindi per ora soltanto una giustificazione
sommaria. Decisivo qui il fatto che si sappia cogliere con lo sguardo, in
tutta la sua interezza, il servizio divino celebrato dalla comunit adunata
in Cristo solo incastonato nella prospettiva della storia della salvezza.
Ora assodato che Israele aveva il suo bravo culto inteso nel senso usua-
le del termine, ed era senz'altro una comunit cultuale. Per cui, se il nuo-
vo popolo di Dio non pu essere inteso altro che in derivazione da que-
sto popolo antico, bisogna necessariamente ammettere che la comunit
cultuale d'Israele ..:ostituisce il punto zero senza il quale non pu sussistere
alcun utile sistema di coordinate, e che occorre quindi tentar di definire la
comunit cultuale di Ges Cristo in rclazioae ad esso. Se non si ha gi
in partenza la fiducia che una antichissima 1radizione di linguaggio teolo-
gico sia in grado di garantire che lo slittamento dal popolo di Dio dell' An-
tica Alleanza porti di sana pianta alla comunit salvifica escatologica, oc-
corre ovviamente accertarsene. La terminologia cultuale usata dalla Scrit-
tura, infatti, non rigida. Gi l'AT include con tutta naturalezza l'os-
servanza dei comandamenti nei suoi discorsi sul culto. E se poi nel NT
l'amor fraterno e l'apostolato possono venir espressi accentuatamente in
termini cultuali, vuol dire che l'ampiamento del servizio divino all'intera
vita viene confermato come contesto estensivo reale. Sicch, quantunque
entri in gioco sempre un'applicazione largheggiante della terminologia
cultuale, oltre ad ammettere la gi dimostrata sostenibilit del suo uso,
bisogna insistere nel ricercarne la funzione positiva. A questo proposito,
basta un accenno: il poter conservare il termine culto, come fattore
intermedio fra il servizio divino verbalmente non dissociabile in ma-
IL SERVIZIO DIVINO
2 Cf. l'art. Culto (E. LENGELING) e la relativa bibliografia in: D:if n, 203-231.
3 Si pu tralasciare in questa sede di esaminare come, sulla via verso il pmo
monoteismo, anche il culto dovesse venir deputato, e altresl come il pericolo
d'una baalizznzione da parte della religione cimanea avesse provocato ricadute e
apostasie, rendendo necessarie di tanto in tanto delle riforme dcl culto. Nel nostro
caso di scarso interesse sapete se i passi di Ex. 25 e Num. IO vadano fani da
tate cosl addietro, da far si che uno speciale sacerdozio rimonti con sicnrczza a
Mos; se i sacerdoti avessero inizialmente a che fare, come loro compito spcci!co,
con l'interrogazione di Dio e con l'emissione di oracoli; se e come, e quanto a
lungo, l'offerta di sacrifici sia stata riservata al sacerdozio pre-gcrarchico dcl re (che
nelle religioni vetero-orientali occupa sempre il posto centrnle, incarnando l'ele-
mento da cui tenuto assieme il mondo), o rispcttivaml!nte al patriarca, al capo-
trib, ccc.
<:OMUNIT CULTUAl.E !IELL'ANTICA ALLEANZA 15
dosi nella preghiera, negli inni e nei canti, nel sacrificio. Il suo
scopo una presa di contatto, un incontro, un interscambio con la
divinit, al fine di ottenere una mediazione e un'aggiudicazione della
salvezza. A sua volta, la divinit deve mostrarsi munifica, con la
sua presenza e la sua azione salvatrice (le pratiche magiche non so-
no in contrasto con queste idee e con questi sforzi, ma anzi li at-
testano e li confermano, sia pure in maniera distorta). Sebbene la
istiruzione risulti verificabile nella maniera pl spiccata e genuina
in connessione con fa religione rivelata e le sue istituzioni, la realt
si aderge dietro tutti i luoghi, i tempi, i riti e i personaggi sacri: 4
sempre Dio che pone le condizioni per auto-rivelarsi, che apre la
via per ascoltarlo, che definisce e delimita l'abilitazione al culto,
creando cosl la propria comunit cultuale. Al pari di quanto avviene
in tutti gli altri culti, anche per il culto d'Israele valgono le cate-
gorie di puro (impuro), di sacrale (profano). Esse si traducono poi
in benedizione (bestemmia), in vita (morte), in prossimit (lonta-
nanza), vengono evocate efficacemente per autorizzazione di Dio nel-
la celebrazione cultuale, arrivando cos a creare per il culto un po-
deroso insediamento nella vita. 5
4 Cose tutte che ha anche Israele. Tanto per citare alcuni possibili malintesi e
demolirli in partenza, diciamo subito che tali esteriorit>> non dicono assoluta-
mente nulla contro l'interiorit dell'azione cultuale (l'unico uomo corporeo-spiri,
tuale non viene disintegrato), esattamente come la lapidaria declassazione fatta da
Hebr. 9,13 s. - purit delln carne purit della coscienza - non dice proprio nulla
contro la grazia presente (la svalutazione ~purit meramente cerimoniale, leviti-
ca qualifica l'Al\eanza come Alleanza della Legge, che in quanto tale non pu
dare alcuna grazia).
s In un'epoca come la nostra, caratterizzata gi da una spassionata desacralizza-
zione, da una ad.dirittura dolorosa consapevolezza che bisogna render presente Dio
in questo mondo mediante la fede, la speranza e la carit (e non in primo luogo
mediante l'istituzione), quanto mai necessario non lasciarsi offuscare lo sguardo
in modo da poter cogliere due dati di fatto: innanzitutto che l'estraniamento, la
rifrazione, la stilizzazione ec:c. sono veicoli quasi insostituibili della trascendenza e
al contempo ingredienti d'ogni azione cultuale umana (perch anche nella religio-
ne rivelata, pur essendo la condiscendenza di Dio e la visita da lui fatta all'uomo
le parole d'ordine decisive, In trascendenza e la re-ligio non si possono affatto ne-
gare); e in secondo luogo che il culto cosi inteso - azione umana compiuta in
questo mondo, eppure non di questo mondo - pu elevare la creatura al punto
da darle via libera verso il mondo.
16 IL SERVIZIO DIVINO
6 Potrebbe essere anche questa una ragione per cui, come autodesignazioni, si
sono scelti i sostantivi qahal ed ekklesla, e non termini cultuali derivanti da casa.
7 Un accenno atto ad attestare che questa mutua appartenenza e questo vicen
devole impegno non sono stati progettati per passare in seconda linea rispetto alla
vera comunione di vita, lo si ha nella stipulazione del Patto con Abramo (Gn. 15;
cf. l'analoga presentazione in Jer. 34,18 ss.): nella vita degli animali squartati, vista
come elemento di mediazione, sono presenti e vengono collegati fra loro ambedue
i contraenti.
...
COMUNIT CULTUALE DELL'ANTICA ALLEANZA
sono santo! (Lv. 19,2; cfr. Dt. 7,6; 26,19). Quello d'Israele un
popolo santo, eletto e coinvolto in un'Alleanza (Ex . .24,4-8) in cui
Dio assume l'iniziativa di stipulazione in maniera cosi energica, che
il Patto stesso in prima ed ultima analisi si regge sulla fedelt di
Dio. Sicch la realt di questa AHeanza va decifrata prendendo ~e
mosse da qui. Allora scorgiamo in essa l'eternit, l'irrevocabilit (Ex.
32,13; Lv. 26,42; Dt. 4,31), soprattutto allorch tale fedelt viene
superata al punto di trasformarsi in amore: Quando Israele era
fanciullo, io }'amavo (Os. n,1; analogamente; anche in Isaia la
santit come quintessenza della divinit assurge a piattaforma di ba-
se per il Dio della salvezza: Is. 41,14; 43,3; 47,4}. Per volont di
questo Dio - che secondo la teologia della preistoria il creatore,
il Signore, l'unico Iddio - , talie specialissimo Patto di Alleanza de-
ve essere caratterizzato da una perenne universalit. Certo, l'elezio-
ne a popolo particolare di propriet esclusiva costituisce la radice di
quel fenomeno che oggi si chiama nazionalit. Esso per non viene
scelto e predestinato ad un dispotismo autosufficiente ed egocentri-
co,8 bensl ad una missione fra i popoli del mondo, ad una testimo-
nianza apostolica (Is. 43,10; 49,6; 60,3; Jer. r,5). Se Jahw si
abbandona ad una cosl stretta intimit con Israele, l'O fa perch es-
so assurga a segnale inalberato della visita compiuta da Dio alla sua
creatura. Il regno di sacerdoti (Ex. 19,6) rappresenta certo anche
a tutt'oggi un duro enigma che d molto da fare all'esegesi. Ma
in sostanza ci dice sempre: questo popolo sacerdotale, ossia
vicino a Dio,9 ha accesso a lui. sacerdotale per la sua vita vissuta
8 Non desta alcuna meraviglia che l'esprei;sione Gott mit uns ( = Dio con noi)
possa degenerare in tanti modi, trasformandosi in appagamento delle crociate mo-
ralistiche, in legittimazione dell'egoismo politico, in massiccia e meccanica fiducia
cultuale nel Dio che sta in mezzo al suo popolo. La critica dei profeti quanto
mai eloquente, e tremenda la minaccia espressa per bocca di Osea (I,9; 2,25):
Il 'Non-mio-popolo' intendo chiamarlo 'Mio-popolo'.
9 La radicale avvicinarsi fa da sfondo alla parola ebraica indicante il sacer-
dote. Le risposte al quesito Tutti re? (con tarda eco in 2 Mc. 2,17) e Tutti sa-
cerdoti? (cf. Nm. II ,29) sono assai diverse fra gli esegeti. A titolo di orienta-
mento, si veda: G. FoHRER, 'Priesterliches Konigtum, Ex. 19,6', in: ThZ 19 (1963)
359-362. Qui non abbiamo nemmeno bisogno di prender posizione in merito: la
nostra afiermazione infatti si mantiene in certo qual modo al di l delle divergenze.
Oltretutto se in Ex. 19,6 l'enunciazione centrata su re e sacerdote, ci mppresCll-
ta ancora un riflesso della indissolubile compenetrazione dell'elemento popolare e
religioso in Israele. E costituisce anche un solido appoggio per dimostrare che il
18 IL SERVIZIO DIVINO
re rimaneva pur sempre il detentore de!la mediazione messianica. Anche gli stessi
profeti non riescono ad immaginare la salvezza prescindendo dalla dinastia di
Davide.
10 I! passo di Gn. I 2,r ss. la pi esplicita enunciazione della teoria d'una sal-
\TZZa universale. Lo jahwisca riconosce che Israele deve essere il sacramento per
la salw1.za del mondo, il dcutcronomista anc;or pi1 chiaramente.
11 :I'!. una formulazione dataci da G. v. Rad, Theologie des Alten Testaments I,
Miinchen 41962, p. 2r9 (trad. it. Teologia dell'AT, Paideia, Brescia). La necessit
di divenire proseliti un risultato di questa convinzione. Per quanto concerne le
modalit concrete di conversione dei pagani a Jahw, esistevano diverse tradizioni
escatologiche. Ne un'ulteriore prova ancora l'incertezza della comunit cristiana
primitiva: prodigiosamente colpisce nel segno pi l'intuizione che il pensiero di
una convinzione sistematica dcl mondo pagano da parte degli apostoli, che racool-
gono e mettono al sicuro la messe.
...
COMUNIT CUL'fUALE DEI.L'ANTICA ALLEANZA 19
Per noi che viviamo nella luce proiettata dalla lettera agli Ebrei,
non risulta facile scrutare a fondo l'Antica Alleanza. Difatti, puntan-
do lo sguardo attraverso quel fascio luminoso fatto di novit, di
adempimento, di realizzazione definitiva, si incappa nei prodromi,
nella preparazione, nel sintomo premonitore dell'AT, come anna-
spando nell'oscurit. Tuttavia, nel contesto. della storia salvifica re-
sta pur sempre moho di positivo da dire in merito al culto d'Israe-
le: cose che non si possono sorvolare, e che nella lettura retrospet-
tiva ricevono la loro brava conferma.
I sacrifici d'Israele non sono vuote affermazioni o inani tentativi
di autopuri.ficazione, d'interferenza umana su Dio. Essi producono
invece l'espiazione (cui tende la maggior parte dei riti sacrificali),
placano l'ira, conseguono la riconciliazione, mantengono in efficienza
la comunit cultuale e rinfocolano l'Alleanza con Dio. Certo, ne-
cessaria qui una catena di atti singoli, e ci che essa pone in essere
risulta in certo qual modo di corta durata. La lettera agli Ebrei
non far ovviamente fatica a porre in risalto su questo sfondo o a
mettere in rilievo come la necessit d'una continua ripetizione costi-
tuisca in ultima analisi una prova d'insufficienza e d'impotenza. Ma
anche cosl, resta pur sempre vero: proprio questo culto, questo rito
sacrificale, costituisce un fatto autorizzato da Dio, istituzionalizzato
per comando esplicito di Dio e destinato ad una ininterrotta con-
tinuit. Non bisogna ovviamente dimenticare che la sua sopravvi-
venza a termine indissolubilmente legata a quella d'una Alleanza
con Dio perennemente esposta al pericolo, di una Alleanza per la
cui sussistenza in fondo non esiste alcuna tangibile garanzia. La ca-
ducit e debelezza di tale Alleanza vengono sentite in maniera cosl
incisiva, che l'anelito e l'attesa puntano con sempre crescente insi-
stenza su una nuova AUeanza (]er. 3r,3r-34; Ez. 36,24-31). Tut-
89,1013, dove s'introduce nella narrazione biblica dt!lla creazione riportata dalla
Genesi la poesia (da quel momento ritenuta innocua) delle cosmogonie extra-bibliche.
IL SB-RVIZJO DIVINO
!9 'Da5 problem des historischen Jesus', in: Exegetische Versuche und Besinnun-
gen r, Gottingen 1960, p. 207.
2ll Per quanto concerne l'interpretazione della ripulitura del cortile dei pagani
come preannuncio messianico, d. E. l.oHMBYER, Kultus und Evangelium, Gouin-
gen 1942, 44-,51. La parola Tempio, tramandataci ripetuta per ben sei volte,
pone all'esegesi parecchi problemi. Non si pu ovviamente contestare che qui esi-
ste oggettivamente un nesso con questa azione segnaletica; in tal caso per, il verbo
tx~d)..).fw, in quanto affermazione duratura, assume uno spiccatissimo carattere
di chiave esplicativa.
CUL'ro DI GESll CRISTO 27
21 Questa scoperta occupa una posizione centrale, e come tale viene vista e va-
lorizzata p. es. da Teilhard de Oianlin, in cui l'onda cosmica tende ad assorbire
ogni ego in quel misterioso super-ego, che realizza al contempo la socializza-
zione e la personaliZ2azionc; oppure nella formula ecclesiologica Una persona in
molte persone, proposta da H. MOHLEN, Una mystica persona, Paderbom Z1967,
(trad. it., Citt Nuova, Roma).
30 IL SERVIZIO DIVINO
22 Per avere una prova che i due passi di Apoc. 5,10 e r Pt. 2,5.9 non mancano
di contesto pasquale, cf. J. Bt.!NZLER, 'Eine Bcmcrkung zum Geschichtsrahmen des
Johannesevangelium', in: Bihl. 36 (r955) 30 s.: qui l'autore fa notate come il
sacrificio pasquale sin nell'ultima epoca dcl Tempio debba esser rimasto sempre
l'eccezione, mentre ad ogni israelita era consentito il diritto di offrire sacrifici per-
sonali.
23 Essa si sperimenta con la massima incisivit nell'incontro liturgico centrale del-
l'eucatestin, che un'anticipazione del mangiare e bere nel suo regno, dotata di
forza evocativa finch egli ritorner (I Cor. n,26) e, in quanto commemorazione
della sua morte, da non consumare mai fuorch come banchetto di gioia (Act. 246).
24 Motto insistentemente ribadito e sottolineato nell'art. 7 della SC.
CULTO DELl.A COMUNIT ESCATOl.OGICA 31
a. Il sacerdozio comune
29 Rappresenta una piccola mancanza di buon gusto (del resto quasi inevitabile
data la struttura del lavoro), il fatto che la LG del Vaticano II riporti la maggior
parte delle a1fermazioni facenti al caso nostro nel capitolo sul laici. Tuttavia, pre-
scindendo dagli asserti correttivi (in cui si dice che non si deve pensare ad una
pe<:uliare qualit dei laici contrapposta alla gerarchia), la nuova terminologia offre
un valido aiuto. In effetti, invece di parlate come sinora si era sempre fatto di
sacerdozio universale (espressione facilmente esposta a malintesi, perch concepi-
ta come un contrapposto al sacerdozio speciale o magari addirittura intesa come
un sacerdozio generalizzato, nel senso di diluito, improprio), la costituzione par-
la di sacerdozio comune.
30 Ecco almeno due testi significativi al proposito: Omnes sacerdotes... quo-
niam membra sunt unius sacerdotis (AGOSTINO, De Civ. Dei xx, 10: OChr 48,
720); Omnes enim in Oiristo regeneratos crucis signum eflicit reges, sancti vero
Spiritus unctio consecrat sacerdotes, et praeter istam specialem nostri ministcrii
servitutem, universi spirituales et rntionales christiani agnoscunt se regii generis
et sacerdotalis officii esse consortes (LEONE M., Sermo 4,1: PL 54, 149 A). Per ul-
teriori accenni, vedi ancora: GIUSTINO, Dial. 116,J: GoooSl'EED, 234; TERTULLIA-
NO, De exhort. cast. vn, 3: CChr 2, 1024; AMBROGIO, De sacram. IV, 3: CSEL 73,47.
Il,. SERVIZIO DIVINO
b. Il sacerdozio ministeriale
Che dopo aver parlato del sacerdozio comune bisogni parlare anche di
quello particolare, non dovrebbe esserci necessit di dimostrarlo. E reci-
procamente, non dovrebbe nemmeno destar meraviglia che se ne parli
soltanto ora. Se infatti nel NT il sacerdozio esiste soltanto come parteci-
pazione al sommo sacerdozio di Cristo, e tale partecipazione sussiste in-
nanzitutto (nel1a sua sostanza e nel suo riconoscimento, comprovati am-
bedue dall'uso del1a terminologia cultuale) nella dignit sacerdotale del
nuovo popolo di Dio, nel sacerdozio comune di tutti i fedeli, tanto chia-
ro che esso andava esaminato per primo. Tuttavia, non bisogna dimen-
ticare che il culto, e rispettivamente la comunit cultuale, con l'analisi
precedente non sono state ancora sufficientemente sviscerate sotto l'aspet-
to pi determinante agli effetti del nostro assunto, ossia in quanto sono
costitutivi per l'istituzione Chiesa. Occorre affrontare qui il sacerdozio
ministeriale {e allora verr sul tappeto anche la parola programmatica
liturgia).
38 Non bisogna dimenticare qui che con ci si solleva una crttJca alle modalit
storiche aberranti di autocomprensione e di prassi, lanciando un programma per
l'avvenire. Si tratta per d'un servizio che non si pu concepire come una presta-
zione di grado inferiore alla potest; certo, sar necessario sicuramente lottare a
lungo, perch sotto un certo aspetto ci si sente quasi a disagio di fronte all'ele-
ganza teoretica della coordinazione da fare fra i due termini, ma nonostante tutto
la sua enunciazione ci deve restare permessa. Per quanto concerne il servizio in-
teso come destinazione fondamentale, cf. la LG, art. 18.20 e altri. Una bella for-
mulazione che merita di esser ricordata, quella contenuta nel Messaggio dei
Padri Conciliari al mondo, che essi indirizzano ai fratelli ...al cui servizio stia
mo in quanto pastori (AAS '4 [1962] 824).
CUl.TO DELLA COMUNlT ESCATOLOGICA 41
Sommo Sacerdote, nel quale e nella cui opera risulta eliminato e quin-
di abrogato tutto quanto conteneva il sacerdozio l~vitico, non lascia
al suo agire alcuno spazio per una funzione a pro della Chiesa analo-
ga a quella espletata dal sacerdozio levitico nei confronti d'Israele e
della sua Alleanza. Ma allora, dove si trova lo spazio distinto, tipi-
camente suo? Propriamente parlando, non pu essere un sacerdozio
di fronte alla Chiesa, bens soltanto un sacerdozio incardinato in essa.
Non pu mettersi in concorrenza -col sacerdozio comune, se e in
quanto esso assieme all'altro non pu venir inteso fuorch come par-
tecipazione all'unico sacerdozio della Nuova Alieanza. Risulta vie-
tata pure queI!a dissociazione, dietro la quale insorgerebbero interro-
gativi di questo tipo: Che cosa riservato al sacerdote? Che cosa
pu lecitamente fare anche il non sacerdote?. Resta quindi assoda-
to soltanto questo: la peculiarit del sacerdozio mi,nisteriale deHa
Nuova Alleanza pu consistere unicamente in. una particolare moda-
lit di autorizzazione ad attuare ci che la Chiesa nel suo comples-
so.39 Viene pertanto a collocarsi nella dimensione dd sacramento del-
la Chiesa,40 ma non rappresenta affatto un plus nella facolt di es-
ser figli di Dio. A titolo di ulteriore conferma, si pu forse accenna-
re a c10 che Agostino prospettava com~ soluzione per attenuare le
tensioni, protrattesi per lunghi secoli in seno alfa Chiesa primitiva,
c. La liturgia
con una certa enfasi, fa costituzione sulla sacra liturgia del Vaticano
n? Ecco la sua formulazione: La liturgia il culmine verso cui ten-
de l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la
sua virt (SC, 10 ). Qualora fosse lecito passare qui sotto silenzio
l'elemento attuazione attraverso i segni, addotto neUa definizione
di liturgia, la giustificazione per una formulazione del genere si po-
trebbe facilment~ trarre dall'oggetto designato. Nulla per ci accorda
tale permesso, sicch ci troviamo di fronte ad un'affermazione sor-
prendente. L'espressione culmine e fonte s'intende ovviamente ri-
ferita alla vita ecclesiale al di qua della linea tracciata dal battesimo.
Questo asserto conciliare non quindi senz'altro dell'opinione che
l'essere-sotto-il-vangelo significhi aver ormai lasciato alle spalle, assie-
me alla legge, anche ogni forma di culto. E di primo acchito, esso
non sembra allinearsi del tutto nemmeno alla grande preoccupazione
del concilio, che quella di far passare ogni elemento istituzionale
in secondo piano. Sicch, qualora non si voglia considerare tale af-
fermazione come una mera espressione verba1'e, bisogner ascoltarla
con la massima attenzione.
Si arriva cosl indubbiamente ad un'alta collocazione della liturgia
sulla scala di valori. Qui bisogna valutare, integralmente e in tutta
la sua utilit, quale importanza provenga alla dimensione della desi-
gnazione dal composto somatico-spirituale dell'uomo, dal fatto che la
fede d'ogni tipo per la sua affermazione ed espressione risulta ine-
vitabilmente rinviata sul piano del religioso daHa componente in-
carnatoria d'ogni epoca della Chiesa, dalla collocazione nella sto-
ria salvifica di questa stessa Chiesa, che le permette il culto dell 'ra
intermedia: un culto che annuncia e rende presente l'schaton, ap-
punto perch in esso si possono porre in essere dei segni effettivi,
esibitivi, che si staccano dalle solite e usuali realizzazioni. Qui si
pu forse rinunciare al binomio nevralgico sacrale-profano, perch
tale rinuncia si addke alla cosa. Purch non si ritenga di poter cosl
avvicinare pericolosamente il tempo ultimo ad un'apocalittica che
non prende abbastanza sul serio una storia tuttora in decorso; pur-
ch si sappia quanto poco la testimonianza possa sussistere .senza
una rappresentazione, capace di evitare l'anonimato privo di struttu-
razione e di configurazione precisa. Occorre saper vedete i segni del-
la fede come epifania, come dotati di un loro ancoraggio alla realt
CULTO DELl.A COMUNIT ESCATOI.OGICA 45
di Ges Cristo, Segno fontale del Dio Salvatore (Tit. 2,11; I ]o. I,
r ss. ), e a grandi linee sempre additanti la visione beatifica ( r Cor.
13 ,12 ), cosl come con tutta chiarezza ce lo affermano le paro1'e d'isti-
tuzione dell'eucarestia (Mc. 14,25): Chiesa e avvento del Regno di
Dio allo stadio finale non coincidono; funge da interregno l'ra della
Chiesa, che viene ad inserirsi fra l'ultima cena e la nuova cena da
celebrarsi nel Regno di Dio.
Ci che qui si accennato solo stringatamente, ci dice per molto
sulla fondamentale importanza rivestita dalla liturgia. Occorre poi
anche rilevare che non si mai completamente all'altezza di questo
termine fissato, per cui, a tale titolo bisogna accordare alla liturgia
un valore impegnativo sempre attuale. Ma la formulazione culmine
e fonte, che fa assurgere la liturgia ad una cosl superlativa dimen-
sione duratura della realizzazione della vita cristiana, esige senz'altro
un 'ulteriore chiarificazione. La via pi spiccia per arrivarvi, e a causa
dell'eminente ecdesialit di questa azione anche la pi immune da
sospetti, quella costituita dalla comunit intenta a celebrare l'euca-
restia. Non c' ovviamente bisogno di imbastire qui una teologia
compatta. Basta soltanto additare ci che essa manifesta, in qual mi-
sura la Chiesa in questa celebrazione sostanziale diviene se stessa ed
presente a se stessa (le indicazioni vita cristiana attinta da essa e
polarizzata su di essa rientrano infatti tra i pi familiari ed indiscus-
si tpoi della teologia!). Se l'art. 7 della costituzione sulla liturgia
mette in risalto, a buon diritto e con una retorica ben difficilmente
non avvertibile, la presenza del Signore del culto Ges Cristo in
seno alla sua comunit, da cui attinge la liinfa vitale ogni sacerdozio
comunitario nelle sue origini e nelle sue estrinsecazioni, vuol proprio
dire che essa sussiste qui con una densit insuperabile. Nell'assem-
blea celebrativa, la Chiesa presente in maniera esemplare. presen-
te come convocazione, come segno perenne sottratto al nostro tem-
po e superbamente inalberato dell'attuale munificenza di Dio; pre-
sente come raduno, come corpo che vive in maniera ideale e in forma
di caparra l'universale profferta salvifica di Dio; 44 presente come co-
BIBLIOGRAFIA
J SINGOLI SACRAMENTI
COME ARTICOLAZIONE DEL SACRAMENTO RADICALE
I. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
gomenti, magari qui attesi come cosa ovvia, rimandare agli altri con-
tributi accolti in questo volume parziale o nel v volume che se-
guir, senza nemmeno continuar a richiamare ~'attenzione sui rela-
tivi passi. Per l'esattezza, diciamo questo riferendoci innanzitutto al
IV capitolo Il nuovo popolo di Dio come sacramento di salvezza,
e pi precisamente alla sua II sezione La Chiesa come sacramento
di salvezza: 3 le questioni col svolte non vanno certo ripetute qui,
ma sempre tenute presenti si. Ci non pu ovviamente impedirci
di articolare meglio determinate affermazioni, senza le quali il fine
propostosi da questa nostra sezione non potr venir raggiunto. Inol-
tre - e anche .a questo proposito le cose dovrebbero essere chiare
- , non si pu attendersi di trovare qui ripetuto ci, o addirittura
tutto ci, che un tempo ci si preoccupava di offrire sotto il titolo
De sacramentis in genere; oppure di vedervi realizzate tutte le
esigenze che oggi si potrebbero accampare nei confronti d'una teo-
logia sacramentale specifica, compilata esaurientemente come tale.
Di andare incontro a queste ultime pretese, non ce lo permette n
n principio strutturatore scelto. per la presente opera, n lo spazio
posto a nostra disposizione.
Il considerare la Chiesa come sacramento di salvezza, e tanto pi
attenendosi alla formula che concepisce la Chiesa come sacramento
fontale o radicale (sacramento di base) e come tale la designa, rap-
presenta una recentissima conquista e al contempo un rilancio de-
gH sforzi dogmatico-sistematici posti in atto dall'ecclesiologia. Oggi,
come gi si ampiamente dimostrato,4 essa pu rkhiamarsi tranquil-
arnente alle dichiarazioni del Vaticano 11. In effetti, la visione sacra-
mentale della Chiesa pu mostrare il nesso, cosl importante in una
prospettiva storico-salvifica tra Cristo, sacramento dell'incontro con
Dio, e i singoli. sacramenti intesi come articolazioni e attualizzazio-
ni della Chiesa, in quanto sacramento radicale,' nonch ulteriori
utilissimi risvolti. Tuttavia, bisogna non dimenticare qui che tutti
gli spunti ecdesiologici formali rimangono pur sempre insufficienti,
fintanto che la stessa Chiesa vivente resta un mistero di fede. Per
la stessa ragione, va accuratamente evitato anche un impiego esa-
to Cf. in materia W. KASPER, 'Wort und Sakrament', in: Glaube und Geschichte,
Mainz 1970, 285-310, spcc. 289-295.
CONSTDEllllZJONI PllELlMINARl
55
Da quanto siam venuti sin qui dicendo, si deduce subito anche auto-
maticamente di fronte a quali compiti e difficolt concreti venga og-
gi a trovarsi l'elaborazione d'una teologia generale dei sacramenti. I
nuovi problemi cristologici ed ecclesiologici che s'affacciano ora alla
ribalta esigendo una soluzione, debbono - come adesso non c' pi
nemmeno bisogno di dimostrare - avere un influsso diretto anche
suHa comprensione di quelle azioni salutari, che continuano peren-
nemente a realizzare e a trasmettere nell'oggi, per via ecclesiale e
tramite segni efficaci, la salvezza per i molti conseguita dalla per-
sona e dall'opera di Ges Cristo. A tutto ci, si aggiungono poi og-
gi pi che mai la generale rifioritura e H deciso rilancio della teo-
logia, specie in seno alla Chiesa cattolica, verificatisi durante e so-
prattutto dopo il Vaticano 11. Per questa ragione, come pure sotto
la spinta delle generalizzate componenti storico-spirituali dell'epoca
attuale, che sembra caratterizzata spesso e sin troppo uni1'ateralmente
dalla tecnica e dal pensiero funzionalistico terreno posto in primo
piano, la teologia sacramentale in genere stata rimessa in discus-
sione, specie nei suoi fondamenti. Ora, questo un fenomeno di
portata tanto pio vasta ed immediata, in quanto i sacramenti van-
no trattati con senso di responsabilit, sia nella teologia teorica
l SACRAMENTI
Basta dare uno sguardo ad uno dei problemi oggi pi pressanti del-
la teologia sui sacramenti in genere, e precisamente alla questione
se sia possibile ricavare un valido e responsabilmente sostenibile
concetto di sacramento, per riconoscere di primo acchito l'esattezza
di quanto abbiamo detto. Esso infatti divenuto problematico (os-
sia degno di riesame) in maniera del tutto nuova. Che sia stato
sin da sempre un concetto spiccatamente aperto, mai univocamente
ed esclusivamente definito o anche soltanto fissato dal lessico uni-
ver.sale cristiano, lo sta a dimostrare la ricerca storica, che quanto
pi si dilunga tanto pi ce lo fa vedere chiaramente. Questa pro-
blematica viene ulteriormente acutizzata dal1e questioni poste sul
tappeto dalla teologia controversistica e dall'ecumenismo, come pu-
re dalla gi sovente menzionata applicazione nuova o riacquisita del
concetto di sacramento a Ges Cristo e alla sua Chiesa: appli-
cazione, questa, che adesso viene preordinata e anche deve venir
preordinata aU'altra, cio a quella designante in maniera tipica i
riti specifici di salvezza. In effetti, questo (nuovo o ripristinato)
uso del termine sacramento pu richiamar.si al linguaggio biblico
con autorit maggiore di quanto non possa fare quell'altro.
L'intrico di problemi posti dall'applicazione del termine o del
concetto di sacramento a Ges Cristo, alla Chiesa, e alle (sette)
azioni salvifiche vigenti nella Chiesa (e magari ad altro ancora, co-
me p. es. alla parola), salta subito agli occhi non appena osservia-
mo con la necessaria attenzione le differenze essenziali qui riscon-
trabili, per non arrivare poi ad incongruenze assurde. Quando Ges
Cristo viene designato col nome di sacramento fontale deHa nostra
salvezza, si pensa di fatto a lui personalmente, alla sua persona che
abbina in s la natura divina ed umana tramite l'unione ipostatica
60 I SACRAMENTI
umane, che hanno il loro movente nel febbrile attivismo del nostro
tempo. Risulta difficile riconoscere e vedere il mondo, le cose create
e gli uomini, presi tanto singolarmente quanto nella loro interdi-
pendenza di natura col mondo e la storia, scorgendone la strut-
turazione intima, considerandoli come reali e al contempo ancor da
realizzare, come (gi) dotati di significato eppure continuamente da
dotare di nuove accezioni e di nuovi significati. Stiamo ora nuova-
mente toccando delle questioni che qui non possono venir risolte,
ma che di fronte al nostro tempo, e soprattutto alla sua inumana
frenesia, non possono venir sottaciute da chi ritiene la vita sacra-
mentale degna di esser vissuta e presa in considerazione.
Prendendo le mosse dall'uhimo rilievo or ora fatto, tenteremo di
indicare con tutta la necessaria stringatezza una via provvisoria, ma
a tutt'oggi ancor battibile, per accostare il mondo del sacramentale;
e lo faremo, rammentando che questo mondo del sacramentale, se-
condo la nostra fede cristiana, l'unico mondo in cui viviamo, quan-
tunque sia pur sempre in attesa del'la sua perfezione escatologica. A
tale scopo, si pu descrivere provvisoriamente il sacramento nell'ac-
cezione cristiana, senza ancora esser tenuti a specificarne tutti i mo-
menti essenziali, presentandolo cosl.: nei sacramenti, si tratta d'un
evento interpersonale, ecclesiale, compiuto impiegando a mo' di se-
gno, cose, simboli, gesti e parole, in cui il sentimento interiore dei
cointeressati si manifesta in modo cosi palese, che i mezzi usati
fanno agire efficacemente anche sul piano personale e vitale la ri-
soluzione della volont (e del cuore) in essi venuta ad esprimersi.
Le persone cointeressate di cui si tratta nell'evento sacramentale,
sono in definitiva Dio e l'uomo. Qui ovviamente ha luogo una certa
forma di rappresentanza. Tramite questa mediazione personale, ma
altrcs corporea e materiale, ra comunicazione personale fra Dio e
l'uomo per la salvezza di quest'ultimo non viene affatto impedita:
il sacramento costituisce invece una delle pi1 intense possibilit di
incontro con Dio che si abbiano in questa vita. Certo, esso fa sentire
con infinita nostalgia l'affliggente <<non ancora della tanto agogna-
ta salvezza e della promessa vita in comunione con Dio; ma mette
in luce anche la fede avvalorata dalla vittoriosa speranza escatologica.
Quando si tenta di far (nuovamente) accettare la categoria del
sacramentale di stampo cristiano all'intelligenza dell'uomo, soprat-
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
tedato con le diverse cose di cui egli si serve per curare la propria vita,
per darle un'impronta e farla assurgere ad espressione del proprio io,
cosicch essa possa venir tipkamente individuata e riconosciuta dagli
altri come dotata d'un inconfondibile stile.
Una modalit tutta particolare di esprimersi qui indubbiamente il re-
galo, ossia l'appigliarsi a qualcosa di gi esistente, che come tale c'
gi da un pezzo, ma che ora viene colmato supplementarmente di un
significato nuovo, speciale, costituito dalla mente e dal cuore, anzi dalla
persona stessa del donatore di cui manifesta l'affetto. Facendolo, il do-
natore stesso vuole e pu accostare l'altro, nella cosa e attraverso la
cosa offerta in regalo. Il mazzo di rose, donato in una determinata oc-
casione con un particolare intento del cuore, sotto l'aspetto scientifco-
naturale e botanico pu anche essere (e rimanere) un affastellato di fiori
naturali chiaramente individuabili; ma come regalo, porta in s qualcosa
di promanante dalla persona, che lo fa diventare ben pi di quello che
esso in s e per s. In effetti, porta con s percettibilmente ed inci-
sivamente la persona del donatore nella misura voluta dai sentimenti
del suo cuore, affinch tramite questo mezzo essa venga riconosciuta dal-
l'altro proprio nella sua disposizione d'animo affettiva, suscitando nella
controparte una impressione reattiva personale. L'invito a cena, l'orga-
nizzare un pasto in comune come attestazione d'amicizia, significano
sempre qualcosa, e non certo quel!o che potrebbe apparire in primo pia-
no, ossia il bisogno di nutrirsi o la dichiarazione d'una necessit che si
vuol placare. Nell'agire comune invece, nel mangiare assieme, sebbene
quest'azione abbia <<gi di per s un contenuto significativo ed effica-
ce (necessario per natura, e quindi non arbitrario ma pur sempre spic-
catamente umano), deve trovar espressione e attuarsi anche un al-
tro fatto, eminentemente personale, che non pu essere meramente in-
tellettuale, ma deve invece estrinsecarsi soltanto in realizzazioni vive:
l'<(essere dell'amicizia. Occorre anche sottolineare, qui, come si tratti
d'un avvenimento cui partecipano ambedue le persone tramite un segno
comune: lo spirito di entrambe infatti s'incontra sotto l'emblema del
segno nello stesso identico fattore intermedio, p. es. nella cena consu-
mata assieme, dove trova modo di esprimersi in proporzione proprio al-
l'interesse che esse hanno l'una per l'altra. E attraverso quest'azione si-
gnificativa compiuta in comune avviene qualcosa: dopo di essa infat-
ti, si va per la propria strada diversi da come ci si era riuniti, o me-
glio ancora, grazie a tale segno, dopo ci si trova anche nella lontananza
pi uniti di quanto non lo si fosse prima di tale estroversione dello
spirito d'amicizia. Sicch il segno produce qualcosa nelle persone coin-
teressate.
Possiamo inoltre accennare anche al fatto che il fenomeno poc'anzi pro-
spettato si delinea pure in seno alle molteplici comunit umane. Esisto-
CONSIDERAZIONI ~RELIM!NARI
Il Cf. qui ancora una volta quanto gi abbiamo detto circa la problematca po-
srn dalla teologia dei sacramenti in genere (v. sopra pp. 55-62).
I SACRAMENTI
!2 Cf. al proposito, fra i primi scritti neotestamentari, spcc. r Cor. Negli !111i
degli Apostoli, questo stato di cose viene gi presentato nel contesto d'una rifles-
sione teologica. Cf. p. es. Act. 2 e passim.
13 Cf. in materia il problema dell'istituzione dei sacramenti Ja parte di Cristo,
che esamineremo in seguito, spec. alle pagine 165-172.
STORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI
77
14 Cf. al proposito p. es. il tema del concilio degli Apostoli, Act. 15,1-35.
I SACRAMENTI
15 Cf. a titolo esemplificativo 1 Cor.; Rom. (p. es. 6 e passim); Jo. 2.; Act. 2; ccc.
STORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI 79
2ll Cf. al proposito: Rom.; I Cor.; F,pb. ecc., passim. Ulteriori precisazioni si
possono trovare in R. Sc11NACKENBURG, Neutestamentlilhe 1"heologic, Miinchcn 1963,
spec. a p. xo2 ss., assieme alla bibliografia col addotta.
82 J SACMMENTI
Considerazioni preliminari
volta per tutte il tanto dibattuto termine. 23 Quasi non bastasse, la stes-
sa identica espressione (sacramentum, mysterion) continua pur sem
pre a persistere anche con un'accezione diversa. Di conseguenza, vien
subito fatto di chiedersi se si potr riuscire a dimostrare, in maniera
attendibile sotto il profilo storico-terminologico, in primo luogo co-
me si sia adottata tale espressione, e in secondo luogo come la si sia
applicata, nonostante il permanere di altre accezioni, in modo cos
peculiare a determinate estrinsecazioni di vita ecclesiale, per altro
esattamente numerate solo dopo un intero millennio, senza nemme-
no riservarla esclusivamente ad esse. Nel rispondere a questo interro-
gativo, non si pu abbandonarsi, come palesemente succede fin trop-
po spesso, all'illusione d'una prevedibile logica. Come in tanti altri
casi, anche qui bisogna constatare sotto l'aspetto storico-lessicale la
esistenza di qualche fatto, per spiegare il quale non si pu addurre
alcuna stringente e intuitiva logica di sviluppo. :E un rilievo, questo,
che rimane sin troppo spesso inavvertito in rapporto alla storia del
concetto di sacramento. Guardando ai risultati sinora ottenuti dalla
ricerca (dei quali verremo a parlare fra breve), non si pu nemmeno
scartare del tutto l'idea che qui, soprattutto col sostantivo sacramen-
tum, ci si trovi davanti ad una situazione simile a quella che gi co-
nosciamo molto pi chiaramente, ma non per questo meno tormen-
tosamente, ad es. per i termini missa o 1tp6awito"V,persona.24 Questi
termini considerati nella loro storia e insieme nel significato che vo-
gliono esprimere, possono rammentarci di che cosa siano capaci le
lingue vive e la creativit concettuale teologica, indipendentemente
da ogni presumibile logica. In tal modo, finisce per venir ridimensio-
nato ogni risultato della storia terminologica e concettuale; ma ri-
sulta al contempo messa in luce l'inderogabilit dei suoi risultati,
giacch la lingua appunto vita.
Sotto la spinta dell'interesse che ci attira nello sguardo d'insieme
glia allorch vediamo anche qui usato il sostantivo ucr{]pLa. per de-
signare libri sacri, riti segreti e formule di scongiuro, come pure dot-
trine esoteriche di vario genere.
b. Il ucr-.i)pLOV nell'AT
c. Il uO"t'l'jpiov nel NT
Alla luce dei risultati che abbiamo potuto raccogliere circa l'uso del
sostantivo ua"t'l'jpiov nel mondo greco, nell'ellenismo e nell'AT, si
possono fare delle interessanti constatazioni anche per quanto con-
cerne il NT. Rileviamo innanzitutto questo: il termine ucr-c1)piov
compare anche qui soltanto in pochi passi; quelli fra essi che rive-
stono davvero un'importanza decisiva hanno inoltre una fisionomia
tale, da permetterci solo a stento di capire chiaramente cosa inten-
dano dire. Addidamo poi anche subito un risultato della ricerca, se-
condo cui i passi del NT qui citati si pu dire non dipendano per
nulla, n come derivazione n come ulteriore sviluppo, dall'accezio-
ne terminologica da noi riscontrata nell'AT: l'uso dell'espressione
ucr-c1)piov assolutamente autonomo. Si pu per altro toccare con
mano che i relativi estensori hanno ritenuto il vocabolo particolar-
mente adatto ad esprimere il loro assunto. Raccomandiamo poi an-
cora una volta di ricordare, scorrendo le pagine seguenti, una cosa
assai importante per il contesto che ci acdngiamo a svolgere: l'espor-
re in maniera esauriente l'intero complesso del ucrt1}pLO'll nel NT non
orienta nella finalit che qui ci siamo proposta.n
Nei vangeli il termine uu-c1)pwo1 compare soltanto nel misterioso
discorso di Ges che si sottrae da una spiegazione completa e davve-
ro soddisfacente, riportatoci in Mc. 4,1 r s. e paralleli (Mc.: ucn1J-
pLov; Mt. e Le. ua-cT)pLa). Esso designa il mistero del Regno di Dio,
inserito sl nel contesto della parabola del buon seminatore, ma tutta-
via inteso apertamente cosl com'. Il ua-c'l'jpLo'll -cijc; ~acnulac; -cou
0Eov in definitiva Ges stesso, nella sua veste di Messia. Questo
uu'tf)pLov stesso o la sua conoscenza (Mt. Le.) o viene dato (Ooo-caL)
ai discepoli; un puro dono gratuito di Dio (Padre), un mero regalo
(teologicamente passivo!), e quindi non il risultato d'uno sforzo uma-
no, qualunque esso sia. Non sembra inopportuno richiamarci qui al
grido di giubilo sfuggito a Ges (cfr. Mt. I I ,25-30 e par.). Va poi
rilevato il carattere decisionale (giudiziario) rivestito dal termine, per
cui si parla in Rom. I 1,25 ss., e specialmente quello della sua salvezza
(escatologica). La stessa cosa si pu dire per quanto concerne la risurre-
zione dei morti di cui tratta 1 Cor. 15. Tuttavia, il contenuto importante
agli effetti del nostro assunto, racchiuso in questi passi e in altri si-
milari, potr benissimo inserirsi ed avere il suo peso nel discorso incen-
trato sul mistero di Cristo. Per quanto riguarda le applicazioni d'intona-
zione apocalittica del termine va-ti}pLov (cf. ad es. 2 Tess. 2,3 ss.; Apoc.
17 ,5-7 ), non riteniamo necessario sviscerarle ulteriormente in questa sede.
30 Bisogna tenere ben presente questo rilievo, specie in vistn della compilazione
d'una teologia dei sacramenti. Talvolta infatti ci si sente rinfacciare troppo sbri-
gativamente e ottusamente di insistere a torto nel mettere in luce i sacramenti e
la Chiesa, perch facendo leva su di essi si ascrive un alibi a Dio. In Eph. 3,112,
la. sovranit di Dio viene conservata nella sua assoluta integrit; eppure tanto
ovvio che egli ( ! ) intende rivelare ed attuare il suo mistero attraverso la Chiesa
(e quindi non pi senza di lei). Il problema della spiegnzone (ontologica e teo-
logica) di questa cooperazione ancora una volta una questione divefia, che sus-
siste di fatto; il che per altro non infirma per nulla la validit delle asserzioni
originarie fatte dal NT.
STORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI 95
nefcio degli altri (Eph. 3,2 assieme a 3,7 s.). 31 Tuttavia, sempre
nello stesso -senso, vengono menzionati anche gli apostoli e i pro-
feti beninteso neotestomentari (cf. Eph. 2,20; 3,5; Col. 1,6 s. 23-
29). Inoltre si pu ricordare il noi dalle molteplici accezioni (d.
I Cor.; Col. ed Eph. passim), che non si limita affatto ad esprime-
re un'esistenza e un dovere cristiano piattamente livellati, ma si ar-
ticola invece in peculiarissime funzioni di servizio (cf. Eph. 4,1-16),
quasi svettanti sopra il comune esser cristiani. Da qui si pu ar-
guire che da un lato non esiste in concreto alcun membro della
Chiesa privo d'una sua propria posizione, e dall'altro che risultano
assodate anche determinate funzioni di servizio e ben definiti grup-
pi esplicanti tali funzioni.
Occorre in.fine accennare alla finalit del uai:1'}pto'll, e conseguente-
mente allo scopo cui sono preordinate l'esistenza e la missicne della
Chiesa. Lo stadio di perfezione dell'intero cosmo (cf. Col. l; Eph.
3.9), la ricapitolazione di tutto in Cristo (d. Eph. l,IO) e la ricon-
segna definitiva e gloriosa dell'universo al Padre (d. r Cor. 15,
24-28; Col.; Eph. ), costituiscono il futuro escatologico (d. gi Eph.
l,IO e passim). Nonostante la gi avvenuta (e in tal senso insupera-
bile) rivelazione e realizzazione attuatesi con l'avvento di Cristo, la
86~rx rimane tuttora avvolta nel mistero (d. Col. l,27; 2,3). Per la
Chiesa, vale ancora come compito ci che Cristo ha compiuto in s
come opera per la Chiesa (cf. Col. l,18 ss.; Eph. 1,17; 2,14 ss.; 5,
25), ossia l'accollarsi da parte sua tutto quanto si addossato lui
(cf. I Cor. l,17 s. 26; 2,8.12-16), completandolo e sostenendolo
con ferma speranza pur in mezzo ai patimenti (~.l\jltLi;, cf. Col. 1,
24 s.; Eph. 3,13), ovviamente adesso gi in forza del: uaT{ipLo'll di
Dio Padre realizzatosi in Cristo. Nel contesto di cui ci stiamo oc-
cupando, va tenuto presente anche questo momento escatologico che
attualizza la croce nell'unico mistero di Dio, in quanto la Chiesa.
Per concludere provvisoriamente queste osservazioni, test fatte
soltanto a brevi cenni come ci eravamo proposti, sul uai:l}ptov nel
Per quanto concerne l'ra dei padri della Chiesa, continuiamo pur-
troppo a mancare di opportuni e soprattutto ben dettagliati nonch
complessivi risultati della ricerca, sull'effettivo contenuto semantico
e concettuale di ucr"t"TjpLov e sacramentum. 34 Malgrado tutto l'apprez-
oon la relativa bibliografia ivi riportata. Per il resto, faremo i debiti richiami a
luogo opportuno.
STORIA DELLA' TEOLOGIA DEI SACRAMl!NTI 99
44 Cf. per quanto ci accmg1amo a dire, le collezioni di testi (con relativa bi-
bliografia) riportate in G. VAN Roo, De Sacramentis in genere, Roma x966, 2I-3.5
108 I SACRAMENTI
e. Risultati
carestia.''~
Sintomatico per il fatto che in esse, sempre nel modo
tipico di ciascuna, si festeggia soltanto l'unico ua--t'l')p~ov. E con
esso, si designa nell'insieme l'unico evento-Cristo nel NT chiamato
enfaticamente uo--tiJp~ov, con speciare puntualizzazione sulla morte
di croce e sul suo frutto (risurrezione), visto per sempre come azio-
ne salvifica (nel senso pi ampio) esplicata da Dio Padre nei nostri
confronti. Precisamente in questo consiste la vera connotazione cri-
stiana della celebrazione cultuale nella mente della Chiesa di quel
tempo, che poi quella che qui c'interessa. Osserviamo bene l'as-
sunto completamente diverso dei culti misterici; ma teniamo presen-
te anche, come contrasto di tonalit in seno allo stesso campo cri-
stiano, p. es. l'intenzione propostasi dal medioevo con la messa in
scena dei suoi misteri, i quali vogliono appunto rappresentare in
forma teatrale gli episodi pi salienti della vita di Ges. Possono
esser esistiti anche nel; primo e secondo secolo prodromi d'una Ce-
lebrazione dell'anno liturgico. Si commemorano indubbiamente
come eventi salvifici singoli avvenimenti della vita di Ges; ma non
esistono (ancora) assolutamente feste commemorative vere e pro-
prie, bensl soltanto l'unica commemorazione dell'unico ua't'i)p~ov.
Giorni festivi e commemorativi dedicati a singoli avvenimenti s'in-
troducono soltanto in un secondo tempo, e, qud ch' pi importan-
te, vengono solennizzati proprio mediante l'unica celebrazione del-
l'eucarestia, quantunque essa come centro della festa venga inqua-
drata sotto il tema del giorno. Se queste e similari osservazioni
risultano fruttuose, soltanto ricerche ulteriori e impostate in ma-
niera nuova potranno portare maggiori chiarificazioni nel problema
concernente la derivazione del nostro concetto di sacramento dall'ef-
fettivo uso del termine uo-T'lip~ov, adottato per indicare determinate
azioni cultuali cristiane che solo pi tardi sarebbero state chiamate
specificamente sacramenti.
Nei risultati delle nostre precedenti ricerche sulla storia pmruuva della
vita vissuta dalla Chiesa nei suoi sacramenti, nonch sulla storia concet-
tuale biblica del ucrffiptov, possediamo effettivamente la chiave capace
di spiegarci come il cristianesimo neotestamentario concepisse sia Ges
Cristo come ucrt'llptov di Dio Padre, sia la Chiesa come sacramento,
giacch questa in quanto crwa. e 'lt.1}pwa. di Cristo costituisce ancora
lo stesso ucrffiptov di Dio inteso nella maniera poc'anzi pi diffusamen-
te spiegata. Adesso, su queste basi possiamo costruire; tanto pi che lo
sviluppo di tale argomento era gi previsto come compito spettante alla
corrispondente sezione nell'altra parte del presente volume. Ci nondi-
meno, dobbiamo gi sin d'ora elaborare il necessario per far compren-
dere i singoli sacramenti. Dobbiamo gettare i ponti biblico-teologici che
portano dalla visione neotestamentaria di Cristo e della Chiesa come
vCT"t'llptov di Dio, alla giustificazione teologica di chiamare ucrtjpta.
anche quei riti salvifici in derivazione da esso, cosl come di fatto sem-
pre avvenuto, poco importa con quali sfumature, nel corso della storia
della teologia. Sappiamo per ora di non poter pi, o comunque di non
poter in primo luogo, andar in cerca di concetti; dobbiamo invece co-
gliere la cosa, qualunque sia poi il modo in cui essa pu venir conce-
pita. E qui troviamo assodato che esiste s un solido ponte fra il
ucrt1}ptov e ci che successivamente assumer il nome di sacramento
(i), sebbene il relativo termine (da noi troppo avventatamente atteso o
addlrittura esigito) non venga poi addotto per designarlo (-i).
48 Per far capire cosa sia la benedizione spirituale con cui egli (Dio Padre)
ci ha benedetti in Cristo dall'alto dei cieli (Eph. 1.3), Gnilka scrive: Siccome
II8 I SACRAMENTI
to del cosiddetto spezzar del pane, e via dicendo. Tutto ci, a mero
titolo esemplificativo.
No, perch questo vale pure per tutti gli uomini e per l'intero mondo.
Ora gli uomini, secondo il disegno salvifio nascosto in Dio ancor pri-
ma di tutti i secoli (eoni), non sono gi automaticamente Oiiesa per il
solo fatto di esser uomini, e non lo sono neppure soltanto in forza del-
l'evento della croce {verificatosi sotto Ponzio Pilato e in questo senso
richiedente l'aoristo), che appronta definitivamente la salvezza per tutti
gli uomini. Gli uomini debbono invece diventare Chiesa, o meglio anco-
ra essere tramutati in Clllesa, da un avvenimento che li tocca anche
personalmente. Questo comunque ci che nella vita della Chiesa si ren-
de visibile perennemente dal principio in poi, e ha trovato la sua sedi-
mentazione gi nella riflessione neotestamentaria, chiarissima in Col., Rom.
Eph., ma altresl in numerosi altri passi.
Per gli uomini elevati a Chiesa, ossia per i cristiani, si ha quindi un
decisivo plus: in essi e con essi avvenuto personalmente qualcosa di
aggiuntivo promanante da Dio stesso, un evento che, se va messo a
fuoco in rapporto a questi divenuti cristiani, esige ancora una volta un
particolare aoristo accanto e dopo quello espresso dall'evento della
croce avveratosi sotto Ponzio Pilato. Ora, questo appunto l'evento, ac-
cennato p. es. in Eph. 1,3, ddla benedizione con cui siamo stati bene-
detti (d. l'analisi di questo versetto da noi fatta poco sopra). Quello
da noi qui inteso secondo la testimonianza neotestamentaria costituisce
quindi, dopo e in forza dell'evento della croce, una specie di ulterio-
re evento verificatosi per i divenuti cristiani e con la loro collabora-
zione personale: proprio un altro evento, la cui peculiarit sta per
precisamente nel fatto che, nel suo nucleo centrale, ancora appunto
quell'unico e primo, ossia il uCT'tT)pLov di Dio. E se noi ci chiediamo
sin da adesso quale sia, in base all'idea neotestamentaria, l'evento qui
inteso, ci troviamo rimandati a quel fatto che si chiama battesimo (te-
nendo presente che, stando alla nostra odierna enumerazione dei sacra-
menti, possiamo ammettere come compresa in esso anche la conferma-
zione). Basta un breve sguardo dato ai testi pi decisivi, per averne su-
bito la palese conferma. sufficiente per noi richiamarci soltanto ai passi
della lettera agli Efesini che, a parere degli esegeti, stanno in rapporto
diretto col battesimo. Essi sono per noi particolarmente eloquenti, pro-
prio perch tali passi fanno venire in luce la gi rilevata identit sostan-
ziale con ci che nella stessa lettera si chiama enfaticamente ucr-ri)p~ov
di Dio. Citiamo specialmente: Eph. 1,3-14, al cui proposito abbiamo gi
descritto il significato della benedizione; la sigillatura del v. x3 s. al-
lude nuovamente al battesimo (movendo dalla circoncisione); e inoltre
Col. 2,xr s. ed Eph. 4,30. Allo stesso modo va inteso il brano di Eph.
2,4-7, e partendo da esso, si pu riallacciarsi poi anche a I Petr. l,3, a
Col. 2,13 ss., a Tit. 3,5, e infine ad IGNAZIO, ad Tr. 12,3. La stessa cosa
viene riportata ancora da Eph. 5, seppure sotto un'altra sfumatura. Pren-
STORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI 121
Dopo tutto ci che abbiamo sin qui detto, riteniamo appaia sufficien-
temente chiaro che il ua"t"i]pLo'V di Dio calato nel tempo, nella vita
della Chiesa, per volere stesso di Dio debba essere un evento incar-
nato negli eventi, e che tali realizzazioni promananti da11l'unico u-
ai:i)pLov si possano poi, o addirittura si debbano, con piena giustifica-
zione teologica chiamare a loro volta ucr"t"i}ptov (sacramentum). Quali
I22 1 SACRAMENTI
.IO Cf. al proposito le disquisizioni sul sacramento dcl battesimo, nel susseguen-
te voi. v.
5 1 Per quanto concerne i relativi testi, nonch il loro sviluppo, rimandiamo alla
corrispondente sezione del presente volume alle pp. 230-258.
124 I SACRAMl!NTI
S2 Dato che non possiamo qui approfondire ulteriormente la cosa, si teng11 pre-
sente almeno quallto segue. Paolo, in r Cor. 6,13 - 74, usa il sostantivo uwa.
in un senso prettamente specifico. Per dirla in linguaggio moderno, egli lo usa
per indicare l'uomo con esplicita inclusione della sua corporeit e sessualit. Che
quest'ultima vi sia direttamente interloquita, stando al contesto non v' alcun
dubbio. La risurrezione di questo uwa. al contempo addotta, richiama oltre il
resto anche il cap. I 5. Parlando di questo uwa., ci vien detto inoltre che ap-
partiene al Signore, che tempio dello Spirito. Ora, per l'uomo, per In sua re-
denzione, guardando qui espressamente proprio anche alla sua corporeit e ses-
sualit, stato pagato un carissimo prezzo; e ci costituirebbe la base su cui
poggia l'obbligo della glorificazione di Dio in questo uwa:. La contrapposizione
fra Kvpi.o, e O'Wa: nel v. 13 non da trascurare; essa subisce per una caratte-
ristica sfumatura. C.Onsiderando i due versetti abbinati assieme, nel loro riferi-
mento al gi menzionato prezzo del riscatto - mistero della redenzione - essi
mirano in definitiva a ribadire che l'uomo tutto del Signore, non da u,\timo an
che e proprio nella sua corporeit e sessualit, ma altres che il matrimonio di cui
in 7,4 non affatto in contraddizione con tale appartenenza (diversamente da quan
to si era detto in 6,15 s.). Al pi tardi assieme ad Eph. 5, l'accenno alla presa
in considerazione del matrimonio come sacramento movendo dall'unio ua't'1'}p,o\I
della redenzione risulta evidente.
si Cf. sopra, p. 93.
STORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI 125
a"ti)p~ov,ossia del mistero della croce - per ripartire ancora una volta,
per le ragioni gi addotte, dal nostro testo fondamentale - il fatto che
esso abbia operato la redenzione, la remissione dei peccati (Eph. 1,7)
e la rappacificazione con Dio (Eph. 2,u-22), effettuandole per in mo-
do da farle tradurre in atto una volta ancora dalla Chiesa in seno alla
Chiesa, e quindi alla corrispondente presenza dei relativi membri della
Chiesa, lo sguardo dovrebbe avere visuale libera per cogliere gi le prime
avvisaglie del sacramento della penitenza.
E infine si pu accennare anche all'unzione degli infermi, cosl come essa
ci viene delineata in Jac. 5,13 s.: l'impegno ecclesiale di determinati mem-
bri nei confronti dell'individuo colpito dalla malattia, per la sua salvezza.
Che questi brevi cenni servano qui soltanto ad additare una possibile
via per dimostrare la legittimit teologica di ci che una valida teolo-
gia sacramentalie, partendo dalla sua base neotestamentaria, tenuta
a sviluppare, risulta chiaro dalla stessa finalit propostasi daHa presen-
te sezione. Va anche qui escluso, sia prima che dopo, ogni cosciente
o inconscio a priori. Tuttavia, badando alla vicenda storica effettiva-
mente vissuta dalla Chiesa e proprio anche alla sua consapevolezza
teologica, una tale via non si pu ormai pi dichiarare impercorribile.
~ Ora, se coloro che erano rimasti fedeli alle annichc usanze, sono giunti
(ij).bov) ad una nuova spera112a, non osservando pi il sabato ma vivendo secondo
la domenica, in cui anche la nostra vita nata (vl-tE~Ev) attraverso lui (Ges
Cristo) e la sua morte - cosa che alcuni negano - , un mistero (ucr-n')p~ov) tra-
mite il quale abbiamo ricevuto la fede (o meglio: il credere: s~ oi'.i vctc"i]pcov
H.d.~otv 't6 'll:ICM'Eumi) e grazie al quale perseveriamo, per venir trovati discepoli
126 I SACRAMENTI
cli Ges Cristo nostro unico dottore. Come potremo vivere senza di lui ... h (IGNA-
ZIO, aJ Magn. 9,1 ).
ss Sempre parlando dello stesso evento, un po' pi avanti ci vien detto: ...per-
ch abbiate la piena certezza della nascita, della passione e della risurrezione av-
venute al tempo della reggenza di Ponzio Pilato: tutte cose veramente e indub-
biamente compiute da Ges1 Cristo, speranza nostra, dalla quale ci auguriamo
nessuno di voi si distsccbi (IGNAZIO, ad Magn. n). Degno di rilievo il fatto che
qui il termine ua-n']p~ov non compaia. Da questo passo risulta poi assodato che
in 9,1 non vengono mezionate soltanto la morte e la risurrezione di Cristo, co-
me rileva il Bornkamm (ThWNT 4 [1942) 831). 11 verbo .va:d..M.> non com-
pare in Ignazio per indicare la risurrezione di Ges. Con ci ovviamente non si
nega che la nascita della nostra (!) vita tramite lui, avvenuta quel giorno che sa-
rebbe poi divenuto la domenica, abbia il suo intrinseco nesso es$Cnziale con la
risurrezione di Cristo. Ma nel caso nostro, nemmeno le pi sottili sfumature van-
no trascurate.
S'fORIA DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI 127
(che esige ancora una volta l'aoristo), per venir da lui realizzato anche
nella vita con una perseveranza (9,1) estendentesi su tutto il ciclo esi-
stenziale. Se poi riflettiamo ancora sul come la domenica in quanto tale
sia stata concretamente solennizzata, affiora ovviamente la possibilit che
si alluda non soltanto al battesimo, ma anche alla celebrazione tipica del-
la domenica, ossia all'eucaristia vista pure come uC""t"1)pLO\I.
Se le considerazioni sin qui fotte sono valide ed hanno una solida ra-
gion d'essere, abbiamo qualche buon risultato da tirare: nel NT af-
fonda gi le sue radici una incipiente teologia sacramentale, quantun-
que vi si delinei solo molto implicitamente. importante constatare
come, dall'unico va-n')pLov, cosl come esso appare concepito in ma-
niera autonoma e formulato nel NT, venga in luce il legittimo e pos-
sibile spunto evolutivo che porta alla designazione di parecchi riti cli
salvezza col nome di urJ"cfipLO'V-sacramentum. Per quanto com:erne
l'effettiva evoluzione storica lessicale e concettuale del vcrtfipLO\I (sa-
cramentum) e la storia della teologia dei singoli sacramenti stessi,
per quanto abbiamo potuto vedere, rimarr ovviamente da esaminare
ancora il senso derivato, di volta in volta diverso, con cui si usato
tale concetto. Nella parte sistematica, dovremo scrutare ancor pi da
vicino parecchi momenti, parecchie esigenze legittime, ma da accam-
pare a nuovo o quanto meno da ribadire a nuovo, per avere un con-
cetto veramente valido di sacramento. Qui occorrer tener presente,
non da ultimo, che, nel concetto di sacramento concepito in deriva-
zione dal ua-rfipLov neotestamentario, deve restare perennemente te-
matica l'attivit di Dio (Padre), il quale ha operato e continua tuttora
ad operare la salvezza tramite Ges Cristo suo Figlio. Ora, la stessa
cosa vale anche per Ges Cristo, e in derivazione da lui per la Chiesa
in quanto suo crwa. e 'lt:i'.Jpwa.. Questo ed altro ancora dovr venir
accuratamente vagliato a suo luogo.
Grazie allo sguardo panoramico che abbiamo dato alla storia lessica-
le e concettuale fino ai tempi di Agostino, e alle considerazioni che ab-
128 I SACRAMENTI
mentum dat Deus; unde et Graece mysterium dicitur quod sccrctam et reconditam
habeat dispositioncm (Etym. 6,19,39-42: PL 82, 255 CD). Circa i problemi sol-
levati dalla conCe2ione dei sacramenti nutrita da Isidoro e altri, cf. anche R. SCHUL-
TE, 'Die Messe als Opfer der Kirche. Die Lchre friihrnittelalterlicher Autoren iiber
das eucharistische Opfer, in: LQF 35 (Miinster r959}, 1328.
'SI De sacr. christianae fidci 1. 9,2: PL 176, 317 C.
I SACRAMENTI
sta causalit ex opere operato, non si trov per alcuna soluzione uni-
voca o accettata da tutti, non appena si tratt di definire l'esatta moda-
lit di tale processo causale. Assai istruttiva al proposito la soluzione
proposta da Tomaso d'Aquino. Egli suddivide differenziandolo il modo
di agire causale. Per lui, la causa principalis della grazia sacramentale
Dio stesso. Ci viene chiarito meglio facendo il raffronto con Cristo
(e anche prendendo le mosse da lui): la sua natura umana l'instru-
mentum coniunctum, i sacramenti sono invece gli instrumenta sepa-
rata della grazia che viene comunicata. Nonostante tutta l'insufficienza
che si pu forse riscontrate in questa concezione, l'attivit di Dio (Pa-
dre) resta comunque salvaguardata nell'evento sacramentale, anzi tenuta
bene in vista con una evidenza pi unica che rara in quel tempo. Nelle
epoche successive per, le cose andarono ben diversamente. Trattando
dei sacramenti, la teologia li and guardando sempre pi soltanto nella
loro causalit (sia pure strumentale), senza lasciare pi un posto essen-
ziale e tematico all'agire di Dio stesso, visto concretizzato soprattutto nel-
l'evento della croce. Si pu inoltre accennare anche al sintomatico fatto
che, in seguito al progressivo restringersi dell'orizzonte visivo della teo-
logia sui sacramenti in genere, si potuto (e guardando allo stato delle
cose forse si addirittura dovuto) giungere, nel concepire il sacramento
principale costituito dall'eucarestia, all'infelice distinzione fra sacramen-
tum e sacrilicium: una distinzione, le cui conseguenze a tutt'oggi non
sono ancora da noi state completamente superate.
58 Per una pi ampia conoscenza della vicenda storica passata dalla dottrina sui
sacramenti in genere, siccome lo spazio ci permette qui soltanto una presentazione
estremamente stringata e quindi assai incompleta, dobbiamo rimandare ai vecchi
manuali di dogmatica e di storia dei dogmi. Cf. inoltre: G. VAN Roo, De sacra-
mentis in genere, Roma 31966,
I SACllAME.NTl
Annotazioni preliminari
59 Sino a qual punto oggi si sente dappertutto, non da ultimo anche in campo
protestante, il bisogno di ripensare a nuovo la teologia sacramentale, facendola
ogiietto di riconsiderazioni e chiarificazioni veramente radicali, lo pu dimostrare la
seguente citazione: Li teologia per... non pu evitare di porre in atto tutti gli
sforzi per procacciarsi un concetto sufficientemente giustificato sotto il profilo ese-
getico e sistematicamente sostenibile di sacramento. Nel concetto di sacramento
infatti, si tratta al contempa di decidere non solo quale sia il rapporto storiro-rc-
ligioso fra cristianesimo e religione misterica, hensl anche quale sia il rapporto
di teologia fondamentale vigente fra rivelazione e natura, quindi fra Dio e mondo,
e infine di decidere se nell'escatologia trova la sua motivazione l'ontologia, o vi-
ceversa quest'ultima che trova la sua ragion d'essere in quella. Un semplice
sguardo dato alla storia della teologia d a vedere come nella concezione del sa-
cramento escatologia e dottrina della creazione risultino abbinate in un rapporto
strettissimo, rigorosissimo, ma anche quanto mai problematico ... - (E. JiiNGEL, 'Was
ist ein Sakrament. Ersrer Vortrag', in: E. ]iiNGEL - K. RAHNEll, W as ist ein Sa
krament, Freiburg x971 1 28 s.}. Sicch, una teologia sacramentale gestita respon-
sabilmente non pu cercar di scansare la problematica test delineata.
I SACRAMENTI
tino sospetto, prendiamo come base di partenza gli stessi passi scrit-
turali che finora ci hanno sempre accompagnati. Qui si aggiunge poi
nel nostro campo visivo anche l'altro fattore (che per meglio dire
ancora lo stesso), quello che dappertutto nella sacra Scrittura descri-
ve il comportamento fondamentale di Dio: l'agire e l'operare di Dio
viene sempre concepito come parola, come discorso; e la parola
rivelatrice e istruttiva di Dio costituisce sempre al contempo anche
un operare con gesto potente. ormai sufficientemente noto come
questa coscienza biblica di fede risulti percettibile nel vocabolo da-
bar e nell'uso che se ne fa: esso indica al contempo parola e azio-
ne (realt); quest'ultima, poi, denota tanto l'avvenimento (evento),
quanto anche l'essere ormai realizzato. Quasi non bastasse, un da-
to di uso corrente che proprio anche l'azione creativa di Dio si espli-
chi sempre nella parola e con la parola: Dio parla, e la cosa esiste.
Noi dobbiamo quindi sviscerare questi dati biblici, qui ovviamente
appena aocennati ma altrove diffusamente esposti, applicandoli al
nostro assunto. Non affatto detto che per questo dimentichiamo
come, in questa materia, si tratti di un problema sempre ulterior-
mente approfondibile, eppur mai dd tutto risolvibile sotto il pro-
filo teologico (e anche filosofico). 62
Possiamo sintetizzare brevemente in forma di tesi quello che ab-
biamo qui esposto, dicendo: ogni entit creata, in quanto tale, al
contempo realizzazione di Dio e parola, espressione, discorso di
Dio. Comunque si voglia definire l'ente creato in quanto tale, esso
porta in s come carattere di fondo essenziale, invincibile e assohi-
tamente valido, il fatto di essere sempre qualcosa di derivante da
un essere completamente dive~so, inteso nel senso prettamente teo-
logko di quest'espressione, tanto come realt quanto. come parola.
Ora, ci implica parecchi fatti che val proprio la pena di esaminare
attentamente.
In riferimento a Dio visto come Autore primordiale del UO"'TTJp~ov
e pertanto d'ogni entit creata, bisogna affermare questo: l'agire
creativo di Dio viene inteso gi nell'AT come un operare assoluta-
mente privo di qualsiasi analogia, per cui svela gi il carattere di
11.l Cf. in materia J. GNILKA, op. cit., p. 130. Il mistero della redenzione com
porta infatti (e rivela) proprio che Dio difenda la sua creazione. In questo con-
testo, sentiamo cosa dice il dotto autore: Nel concetto-rL itif.v-ra (Eph. 1,10 e 3,9),
si documenta l'idea per principio unitaria del mondo nutrita dall'epistola. Questa
unitariet risulta agevolata dalla fede nella creazione che si aveva nell'antica ra
biblica. Dio ha creato tutto quanto (3,9). Lo sviluppo avviatosi con Cristo (1,10)
mira appunto alla riconquista dell'unit... Bisogna richiamare pressantemente l'at-
tenzione sul fatto che l'interesse orientato al superamento del dualismo esistente
si lascia alle spalle la concezione statica del mondo, sicch la dinamica dcl quadro
del mondo presentato da Eph. va considerata qui come la sua pi notevole ca-
ratteristica (J. GNrLKA, op. cit., 65). L'importanza di questo fatto va conveniente-
mente sfruttata anche nella teologia sacramentale.
64 Eph. r,5, considerato nel suo insieme, vale in tutto il suo peso tanto per
la redenzione, quanto anche per la creazione.
I SACRAMENTI
1 44
inerente a Dio non costituisce per lui una necessit naturale, come
pure la realt posta in essere per venire afferrata come espressione
di Dio affidata alla decisione personale di accogliere e voler per-
cepire. Nemmeno hl creaturalit dell'uomo una sua necessit in-
trinsecamente naturale; no, perch un modo di essere che sfreccia
pi in alto di ogni necessit, in quanto accreditato come derivante
dall'amore, e da accettarsi in tutta libert con un'opzione personale
presa dinanzi a Dio. La creatura deriva dalla persona ed , ordinata
alla .persona. Sicch, dobbiamo concepire ogni entit creata come
azione e parola del Dio personale (seppure in primo luogo ancora e
soltanto nel senso del principio del ucr-ri)p~ov), come sua espres-
sione personale. Sotto questo aspetto, ogni elemento creato porta
gi in quanto tale un carattere personale voluto da Dio, poich mo-
vendo da lui nulla esiste per necessit inconsapevole o preterin-
tenzionale, ossia a-personale.
Questo rapporto di fondo e di origine ( = rapporto di creazione)
si mantiene per finch l'elemento creato continua ad esistere. Ora,
se visto in questa luce ogni essere creato permane in stato di non-
necessit tanto divina quanto creatural'e (1' ens contingens resta
sempre contingens ), e quindi sotto l'egida del potere di Dio ispi-
rato dall'amore, di palmare evidenza che il contenuto intrinseco
dell'entit realizzata per via creativa come espressione di Dio ri-
mane fondato su Dio stesso: in effetti, come gi bene sappiamo, la
realizzazione e la rivelazione del u<r-r{jptov non comportano affatto
la sua diminazione. Per cui, il significato e l' importanza d'ogni
singolo essere creato continuano a restare nascosti in Dio anche do-
po la sua reali:.:zazione, giacch nulla viene o pu venir scardinato
dal suo rapporto fondamentale con Dio. Pur essendo un'espressione
di Dio, l'elemento creato non ancora la sua ultima parola. Con-
siderato a tutta prima in se stesso, anzi soltanto un vocabolo
preconizzato ad una sempre possibilie locuzione {ulteriore) di Dio.
Come la singola parola (il singolo vocabolo) non ha un senso gi
di per se stessa o unicamente un significato ultimo, ma riceve invece
il senso ad essa attribuito soltanto da chi parla, e nel contesto d'una
proposizione ben determinata (pur senza per questo venir abusata.'),
cosi succede anche per ogni singolo essere creato. Qui in effetti ba-
sta prestare attenzione alla possibilit, ora gi nppars.1 evidente e
I SACRAMENTI
fondata sul mistero stesso della creazione, che l'elemento creato sia
suscettibile d'una ulteriore accezione in quanto mezzo espressivo e
operativo di Dio. Come <('discorso di Dio, l'essere creato non
qualcosa di irreiterabile e definitivo, ma partecipa (gi) al u1n'l'JpLov
di Dio in quanto elemento realizzato s, ma pur sempre ancor da
realizzare. L'essere creato non si limita soltanto ad avere la propria
origine (unica e conclusa) da Dio, ma presenta invece una continua
derivazione da lui, finch seguita ad esistere; e ci nel senso d'un
evento, d'un dialogo, in cui il singolo elemento creato, considera-
to come vocabolo (usato occasionalmente o anche frequentemente)
secondo il volere personale di Dio (o altres della creatura abilitata a
farlo), viene inserito nel contesto significativo di volta in volta vo-
luto, :finch si attuer la ricapitofozione completa in un'unica parola
di quanto stato detto nel corso della storia da Dio e dalla creatura.65
Guardando le cose in questa foce, risulta quindi proibita - sotto il
profilo teologico ed ontologico - ogni definizione inappeUabile
del singolo elemento creato. O quanto meno, la definizione potreb-
be venir accettata soltanto come misura minima dell'ente preso
in considerazione. L'apertura verso la possibilit d'una pi pregnan-
te ricettivit dell'essere, ossia in ahri termini l'apertura dell'onto-
logia verso l'escatologia, va salvaguardata sin dalle origini, cio sin
dal mistero della creazione.
Non soltanto in base agli asserti circa il uaTI]p~o'll 'tov GIEov della
lettera agJ.'i Efesini, bens anche a causa di numerosi altri passi del
NT, siamo obbligati a tener ben presente dinanzi al nostro sguardo il
risvolto trinitario di fondo gi per la stessa realt della creazione.
Ci non trae la sua intima giustificazione soltanto dall'evento deUa
redenzione, sebbene questa ci abbia concretament aperto g~i occhi
per vederlo e vi abbia apportato qualcosa di inauditamente nuovo
(cosa sulla quale torneremo poi). Sempre nell'ambito della teologia
della creazione, dobbiamo stringatamente enuclearlo per chiarire me-
glio il nostro assunto.
La nota massima, secondo cui le operationes divinae ad extra
communes sunt tribus personis, non pu limitarsi soltanto a rap-
presentare una sentenza riassuntiva e completa riguardante lo stato
di cose qui prospettato; seguendo la linea tracciata dalla Scrittura,
occorre invece fare teologia della creazione tenendo debitamente con-
to altresl deUa distinzione delle persone divine.61 Possiamo quindi
che abbiamo test detto con quanto ci accingiamo a dire sul Logos e
sullo Spirito.
Queste affermazioni possono venir ulteriormente condotte avan-
ti, dando uno sguardo al profondo significato della formula creatio
ex nihilo. Per quanto sgraziata possa sembrare, essa per in gra-
do di esprimere qualcosa di eminentemente positivo. Quel che pro-
priamente intende ribadire, non tanto l'assoluta mancanza di mate-
ria prima, quanto piuttosto il lato inconcepibile e ineffabile dell'a-
zione creatrice di Dio. Va sottolineato infatti non il fatto che prima
non esisteva <<nullia, bensl che tutto proviene da Dio, e quindi che
accanto a lui non c' nessuno e nulla da cui potrebbe pure derivare
qualcosa. Gi per questo solo fatto risulta di per s superato ed
escluso qualsiasi dualismo, messo fuori causa qualsiasi aspetto magico
proprio anche per l'evento sacramentale, sebbene esso possa a torto
insinuarsi di continuo nella mente. Pi importante ancora per il'
rilevare in questa formula l'essenza di qualsiasi causa impellente in
Dio stesso. In effetti, se proprio si pu addurre qualche movente
in forza del quale l'essere creato esiste, non restano che Dio stes-
so e il suo comportamento archtipo, la .ycbtTJ di Dio Padre (Eph.
1 ,5 ). Entra cos in campo il uui:i}pLov dd decreto fon tale di Dio Pa-
dre, che subisce qui la sua (prima!) estrinsecazione e rivelazione.
L'asserto di fede sintetizzato nella frase creatio ex nihilo intende
per affermare (anche) questo: la creatura non un essere provenien-
te dal nulla. L'origine dell'elemento creato non il nuUa, ma in-
vece la yr~:rt'l') e la Eooxla di Dio Padre. E ci ovviamente come
ua-i:1)pLov. L' ex nihilo significa la gratuit, ossia l'essere dona-
to gratis, in modo assolutamente non obbligato e non causato, da
quella scaturigine fontale che lo stesso Dio Padre.
In secondo luogo, ogni essere creato va fatto assurgere a tema di
considerazione come creato tramite il Logos, ripensandolo in vista
proprio della teologia sacramentale che ci proponiamo di elaborare.
Vediamo di enuclearne qualche momento, importante aglri effetti del
nostro assunto. Ogni essere creato un'espressione di Dio Padre (e
della sua &.yci1t'l')), enunciata per mediante il suo Verbo (parola}.
Per cui, ogni creatura anche discorso pronunciato da Dio col
suo unico Verbo, e quindi partecipazione all'intrinseca natura di Lo-
gos di quest'unica parola di Dio. Sicch ogni elemento creato de-
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
dalle persone cointeressate dichiarano non detto ci che prima non era
mai stato profferito, oppure lo sottacciono. Persino la contraddizione
(colpa) viene ascoltata; e Dio ha rivelato la potenza del suo amore, in cui
egli mediante lo stesso suo Verbo tollera e sopporta questa contraddizio-
ne (la morte di colui che la vita), per realizzare cosl nell'unica storia,
e non eludendo il divenuto (sia pure deforme), la ricapitolazione defini-
tiva di tutto quanto stato detto nel suo ultimo Verbo che abbrac-
cia tutto, perch porta in s il 'lt1)pwa. di Dio e l'essere dell'uomo, e
assurge cosl ad autentico adempimento escatologico del primo pensiero
del suo amore.72 L'importanza di questi dati di fatto per la comprensione
della vita sacramentale dovrebbe risultare evidente.
72 a. in materia Eph. 1,3-14, spec. r ,ro; vedi anche J. GN!LKA, op. cit., 80 s.
INQUADRAMENTO SISTEMATICO 16r
senza di Dio nella stori1', con tutte le sue implicazioni, sin dail.-
l'alba della creazione. Questa presenza di Dio - come abbia-
mo gi visto - anche trinitariamente differenziata. Sot-
to questo aspetto, vanno valorizzate appieno le affermazioni
contenute p. es. in Eph. 1,10 e 3,9 (in relazione a Dio Pa-
dre), in ]o. 1 (per il; Log.os) e nei corrispondenti passi gi dell'AT
(per lo Spirito). Ancora come abbiamo gi visto, l'uomo in quanto
fatto ad immagine e somiglianza di Dio stto creato e chiamato
sin dalle origini alla comunione vitale con Dio. Tramite questa for-
mazione dell'uomo, la libert di Dio si calata nell'Alleanza e nella
sua storia, sicch da quel momento in poi ogni disposizione umana
e personale presa dall'uomo, grazie all'autorizzazione comunicatag!ii,
ha anche le sue ripercussioni storiche su questa Alleanza e sulle sue
modalit fenomeniche d'impronta storica. Dio infatti non ha model-
lato l'uomo come conformit (gi realizzata) al suo verbo creativo,
ma lo ha invece chiamato e preordinato alla libera corrispondenza
personale, abilitandolo cosl a rispondere (con senso di riconoscenza)
in maniera libera, personale, attiva.
Si spiega cosl (ora) il significato della storia della rovina e della sal-
vezza nel suo decorso concreto. Non occorre che ci dilunghiamo qui a
sviscerarlo. Le sue fasi decisive possiamo indicarle nell'evento del pec-
cato (originale) e nell'evento della croce. Per quanto concerne il nostro
assunto, dobbiamo guardare alle implicazioni comportate dal peccato ori-
ginale e dal peccato in genere per la comunione vitale fra Dio e l'uomo,
giacch la cosa determinante per comprendere il mistero della reden-
zione e quindi i sacramenti. Che cosa s~tto questo aspetto significhi il
peccato, lo si pu dedurre con la massima chiarezza nel nostro contesto
da ci che l'uomo sin dalla sua origine e conseguentemente da ci che
gli era stato assegnato come compito vitale, nonch dalla caterva di con-
seguenze del peccato che si accollata il Logos di Dio facendole assur-
gere a mistero di salvezza.
L'essere originario dell'uomo come dono e compito assegnatigli da Dio
va individuato nella sua qualit di immagine di Dio, che per sua intrin-
seca natura vien descritta nella maniera pi chiara con l'altra formula-
zione dello stesso fatto, vale a dire con quella che si riscontra ad es. in
Ps. 8,6: l'uomo stato adornato della gloria e dello splendore di Dio
(kabod e badar), ed per benigna concessione poco meno che Dio.
Sicch, pur lasciando impregiudicata la perenne incomparabilit di Dio,
grazie all'atto creativo di Dio l'uomo risulta inserito nel ucrt"fipiov di
I SACKAMENTt
luogo l'ineffabile intervento sul fatto compiuto umano, avvenuto sia pure
a causa del comportamento peccaminoso dell'uomo, la consegna del Fi-
glio unigenito alla carne del peccato (cfr. Rom. 8,3 e passim) e alla mor-
te; il tutto come rivelazione e al contempo come potente opera del suo
amore salvifico. La olxovola. del ucrtiJp~ov nascosto in Dio sin prima
degli eoni non si vede quindi posta nella necessit di ricominciare dal
principio in maniera assoluta. Il mistero della redenzione si realizza nello
stesso Verbo di Dio, sempre beninteso grazie all'ineffabile onnipotenza
dell'amore di Dio (cfr. Eph. 1,5 ss.), accogliendo l'operato storico dell'uo-
mo. Il Padre d avvio alla salvezza non tramite il suo Logos divino in
quanto tale, e soltanto attraverso lui, bensl tramite il Logos incarnato
nella carne peccatrice. Ora, in tal modo, almeno per questo Logos, viene
a crearsi una modalitA completamente nuova di presenza storica. Che il
Logos fosse presente sin da sempre in mezzo al mondo, e quindi anche
nella vicenda vitale storica fra Dio e l'uomo, l'abbiamo gi ribadito. Tut-
tavia, pur lasciando impregiudicato questo fatto, il Logos di Dio entra
quasi aggiuntivamente e di bel nuovo nella storia facendosi uomo: una
presenza, questa, che prima non si era mai avuta ed era destinata a durare
esattamente per l'arco di tempo d'.una vita umana. Ci implica molte cose
da rilevare, tanto pi che questo Figlio di Dio, Ges Cristo, entrato con-
cretamente nella storia e operante in essa, da questo preciso momento in
poi finisce per essere il uO"t'lipi.ov di salvezza, il sacramento di salverza
per antonomasia e in persona.
Agli effetti della teologia sacramentale, possiamo prospettare il quadro
nella maniera che ora diremo. La salvezza e la vita destinate all'uomo da
Dio Padre in base al suo decreto di reden't.ione, ossia l'essere dell'uomo
sotto la grazia redentiva, deve essere una configurazione ad immagine di
questo Ges Cristo (cfr. Rom. 8,29; I Cor. 15,47; 2 Cor. 3,18; 4,4 s.;
Phil. 3,20 s.; di volta in volta con le sfumature messe in luce dai passi
addotti). Ora, tale configurazione ad immagine non deve ricalcarsi sol-
tanto sul Logos di Dio in quanto (unicamente) divino, ma attuarsi invece
proprio nella partecipazione al va'flptov di Dio, che si rivelato e reso
efficace con Ges Cristo e in Ges Cristo nell'evento della croce. A que-
sto punto, occorre tener presente che il Logos di Dio non ha assunto la
natura umana nella sua configurazione originaria, modellata dal Dio crea-
tore, facendola assurgere cosl a sacramento di salvezza. Si invece inse-
rito nella natura umana sfigurata dal peccato. Ha assunto l'esistenza uma-
na non nello stato di immagine di Dio in cui era stata creata, bensl
nello stato in cui si era storicamente tramutata a causa del peccato.
proprio tramite questa accettazione della natura umana storicamente con-
figurata e tramite l'avvento nella storia subito per obbedienza da questo
Incarnato, che si attuata la salvezza, ossia che il v<T"t'TJptov di Dio Pa-
dre si rivelato e realizzato in quanto mistero di redenzione. Ora, le im-
I SACRAMENTI
II/I, 82-107.
166 I SACRAMENTI
bene fra il nucleo essenziale tipico del sacramento, che poi l'unico
.vll't'i)pio'\I gi retiizzato ma pur sempre i.n atto di realizzarsi hic et
nunc,77 come reale evento vitale verificantesi qui e adesso tra Dio e
questo uomo concreto posto in questa sua situazione salvifica, da
un lato, e il sacramento in quanto esiste ed a portata di ma-
no come forma d'azione resa possibile, dall'altro. Quest'ultimo fatto
si esprime p. es. nella formula (assai probliematica) secondo cui la
Chiesa <~possiede i sacramenti (con possibilit di tradurli in atto};
mentre il primo fatto indica la vita della Chiesa nel suo concreto
evento esfrl'essivo.
Guardando all'evento sacramentale nella sua attuazione concreta,
la questione dell'istituzione dei sacramenti viene a coincidere con
quella dell'Autore dello stesso .ua"t1)pLov; s, perch sono poi la stes-
sa identica cosa. Per cui, indubbiamente in primo luogo Dio Pa-
dre che va indicato come l'origine per antonomasia, sia ad intra nel-
la Trinit sia ad extra nel creato, ed altresl come l'unico e concreto
Autore del vcr-ci)pLov; ancora e sempre llui, che accorda anche ad
altri la possibilit di cooperare attivamente, beninteso nel modo ti-
pico da lui concesso, all'unico evento vitale in fase di continuo svi-
luppo storico. Sono tutte cose gi da noi dimostrate in precedenza,
per cui qui ci basta soltanto applicarle assennatamente. In altri ter-
mini, possiamo tentare di risolvere il problema della paternit e del-
l'istituzione dei sacramenti in maniera non (pi) statica, sganciata da
ogni altra prospettiva di storia della salvezza. Quanto emerge dall'in-
quadratura nuova (o meglio, ricuperata, non affatto in contraddi-
zione con gli asserti enunciati p. es. dal Tridentino, ma anzi ne com-
penetra ancor pi a fondo l'assunto, soprattutto tenendone presente
la fisionomia legata al suo tempo (che rientra essa pure ne} vcr"t'i)piov
di Dio!).18
77 Per quanto concerne queste formulazioni, cf. i risultati delle nostre analisi
neotestamentarie, addotti sopra a pp. 93 s. e 113-127.
78 L'affennazione fatta dal Tridentino, secondo cui i sacramenti sono stati tutti
istituiti da Ges Cristo, non intende certo escludere l'attivit, anzi la causalit di
Dio Padre! La corrispondente fiss82ione non pu assolutamente venir intesa in que-
sto modo. Qualcosa di analogo succede poi anche con gli asserti concernenti l'effi.
cacia che i sacramenti posseggono di produrre la grazia: se vengono indicati come
mezzi di grazia, non si deve per assolutamente affermare, neanche implicitamente,
che siano gli unici mezzi, di cui Dio si serve per comunicare la grazia sua e ri-
spettivamente di Ges Cristo, e quindi se stesso.
INQUADRAMENTO SISTEMAnco
Sicch, anche nella presente questione, dobbiamo prendere molto sul se-
rio la paternit divina d'ogni cosa creata e di tutta la storia, ivi inclusa
la reale ed efficace energia operativa aggiunta da Dio stesso alla natura
intrinseca delle creature, e quindi anche le disposizioni storicamente in-
cisive prese dall'uomo nell'ambito dell'unico vcni)pLov di Dio; per cui,
Dio stesso si tiene legato, col Patto di Alleanza da lui liberamente sti-
pulato, persino a tali decisioni creaturali, pur senza minimamente abdi-
care per questo alla propria sovrana libert divina. Di conseguenza, una
sostanmale compartecipazione della creatura alla fissazione di determi-
nate forme espressive della vita comune, istituita da Dio ma decorrente
nella storia, non solo non va esclusa, ma anzi positivamente attesa. Un
semFilice sguardo dato al conOl'Cto VO"t'TJPLOV dell'evento della croce,
da cui i sacramenti in genere derivano, pu dimostrare direttamente un
fatto: la sostanziale fissazione di questo mistero, la croce, stata fatta
non in base ad una determinazione primordiale divina, bensl ad una
disposizione storica (oltretutto peccaminosa) umana.79 Ora, ci che vale
per lo stesso ucr'ti)piov (storicamente realizzato), non pu certo pi
risultare strano per le forme espressive usate nelle attuazioni ecclesiali.
Qui ovviamente non si pu pi partire da un a priori, bensl soltanto da
un accurato esame dei fatti storici successi nella vicenda salvifica, per dare
qualche ragguaglio sui singoli sacramenti: cosa che faremo analizzandoli.
Ci che or ora abbiamo rilevato circa l'agire di Dio Padre in relazione
all' istituzione dei sacramenti, vale in maniera corrispondente per Ge-
s Cristo, per lo Spirito santo, come pure per la Chiesa in quanto
vcr't1]p1.0v autorizzato e investito da Dio, anche senza che ci mettiamo
qui a darne le ragioni dimostrative. Limitiamoci soltanto a puntualiz-
zare questo: stante l'azione storica svolta da Dio nel senso suaccennato,
non pu rivestire un interesse cosl pressante l'ascrivere senza tante spie-
gazioni semplicemente a Ges Cristo l'istituzione dei sacramenti, ma-
gari perfino in ogni singolo elemento. Le considerazioni che abbiamo
fatte, ci hanno condotti invece a riconoscere perfino il senso dei cosiddet-
ti influssi extra-biblici sulla configurazione (esteriore, formale) delle
forme rituali nell'evento sacramentale (quando tali influssi risultino di-
mostrati), portandoci ad afferrarli nel loro significato pi profondo. Dal-
l'esame dell'azione salvifica svolta da Dio nella storia non si pu dedur-
re alcun a priori, in base a cui Dio ed anche i cristiani non avrebbero
potuto di per s appigliarsi ad alcun elemento gi preesistente nella sto-
ria, per imbastire ci che costituisce lo <<schema del rito sacramentale.
Sempre movendo da questa constatazione, si dovrebbe rivedere e supe-
rare anche quell'altra fraseologia teologica non di rado facente capolino
qua e l, secondo cui Ges o la Chiesa avrebbero preso o mutuato
qualche elemento da altrove, sicch questo rappresenterebbe per princi-
79 Cf. in materia quanto abbiamo detto sopra, pp. 160-165.
170 I SACRAMENTI
Una volta preso atto di tutto questo, si vede chiaramente come sia sem-
pre l'unico e solo uo"tliptov che subisce svariate modalit di attuazione,
senza per altro venir suddiviso in ciascuna di esse. L'unico uO"tTJptov
al momento di rivelarsi ed attuarsi, non sta per una parte in ci che
si chiama sacramento del battesimo, per un'altra parte in ci che si
chiama eucarestia, e via dicendo. Quantunque la realt della realizzazio-
ne vitale concreta, presa di mira dai singoli cointeressati al (singolo)
evento sacramentale, sia diversa - una volta si tratta dell'inserzione
nella Chiesa vista in quanto uc-ti)ptov di Dio; un'altra magari della
realizzazione del mistero Cristo-Chiesa nel sacramento del matrimonio;
un'altra ancora della celebrazione pubblica e reale del mistero della cro-
ce con una partecipazione attiva e personale {eucarestia), e via di questo
passo - , il VO'"t'TJptov di cui parliamo presente sempre tutto intero, e
non frammentariamente. Allo stesso modo, si noti anche questo: sebbe-
ne esistano molti eventi battesimali singoli - ossia il battesimo ammi-
nistrato a ciascun individuo singolo da inserire come membro nella Chie-
sa - (ai quali va quindi applicato anche l'aoristo nel senso da noi rile-
vato parecchie pagine addietro), si tratta pur sempre dell'unico battesi
mo, ossia dello stesso unico vCT"t'TJptov come battesimo. I molti eventi
battesimali verificantisi in seno alla comunit non moltiplicano il sa-
cramento del battesimo, n ripetono l'unico va-"t'1}p~ov: sono invece an-
cora e sempre l'unico mysterium. lo stesso vale per l'eucarestia: le
molte messe sono l'unico evento della croce realizzantesi sotto forma di
cena. E non diversamente succede con le altre attuazioni dell'unico my-
sterium chiamate sacramenti. Sicch, adottando questa prospettiva,
non esistono nemmeno i molti matrimoni (come sacramento), ma esiste
invece sempre l'unico mistero Cristo-Chiesa, tutto intero nelle sue sin-
gole attuazioni.
172 1 SACRAMENTI
fronti dei non ancora cristiani e del mondo non ancora sal-
vo (cfr. Eph. 1,3-14 e 3,5-13). Qui per, come gi abbiamo
ribadito sopra,112 la Chiesa non affatto una specie di personi-
ficazione, bens} la comunit di Cristo e di Dio (cfr. anoora Eph.
1 ,3-14), formata di uomini vivi (i quali, come gi credenti e
grazie al battesimo, sono membri della Chiesa, e quindi persona!~
mente partecipanti e cointeressati al ucrr1ipLov. Il Signore glorificato
istituisce molti uffici carismatici in quel suo corpo (Eph. 4,11 ss.)
che la Chiesa.8.'l Questi lavorano in essa, sotto la di lui guida, all'e-
dificazione del suo corpo per farlo giungere alla perfezione (Eph.
4,13-16). Ora, ci comporta che il uO"t1ipi.ov di Dio costituito dalla
Chiesa, la quale deve attuarsi come tale portando a sua volta il mi-
stero ad attuarsi tramite lei, non si rivela n si estrinseca se non at-
traverso la corrispondente opera attiva dei suoi singoli membri (o
gruppi di membri), impegnati a farlo dal potere, loro comunicato dal
capo in seno alla Chiesa, di cooperare alla realizzazione del ua-t~pLov
di Dio Padre. Sicch rientrano nell'attuazione del ucrn'}pLov, e quindi
nei sacramenti in quanto suoi eventi verificantisi hic et nunc, ap-
punto anche gli uomini che agiscono qui e adesso in questo senso
e con questi intenti, operando su incarico e autorizzazione in manie-
ra ecdesial-e, sacramentale e personale. La natura del sacramen-
to, che va concepita teologicamente secondo l'idea neo-testamentaria
in derivazione dall'unico uO"t~piov, non si pu quindi affatto coglie-
re senza includervi gli uomini personalmente e concretamente chia-
mati e cointeressati, in quanto membri della Chiesa e rispettivamen-
te di Cristo. Essi e la loro attivit, corrispondente a ciascun sacra-
mento (operante in maniera attiva o accogliente in maniera passi-
va), rientrano quindi anche in una valida deofinizione di sacramen-
to. Che poi movendo da qui si possa giungere a sviluppare il senso,
la portata e anche i limiti delle usuali affermazioni sui ministri e
!IO Circa la problematica parola e sacramento, su cui esiste una vasta lettera-
tura, cf.: W. KASPER, 'Wort und Sakrament', in: Glaube und Gescbichle, Mainz
1970, 285-310; A. SKOWRONEK, Sakrament in der evangeliscben Theologie der Ge-
genwart, Miinchen 1971, con relativa bibliografia.
INQUADRA.'.IEN'JO SISTBMATICO
RAPHAEL SCHULTE
BIBLIOGRAFIA
I. Dizionari
3. Opere singole
I. Costituzione sociale
d. Collegialit
Chiesa locale, le Chiese locali fra loro, il vescovo coi suoi sacerdo-
ti, i vescovi tra loro formano una comunit, in quanto uomini che
nutrono le stesse idee o sono incaricati d'un compito comune. Sta
invece nel fatto che la loro origine e il loro perenne vincolo sono
costituiti dall'unione sacramentale di tutti e di ciascuno col Signore.
Un ordinamento ecclesiale pu emanare prescrizioni per l'ammissio-
ne alla comunit dei credenti, fissandone le condizioni e stabilendo
chi sia rompetente a decidere in merito a tale ammissione. La vera
e propria accettazione in seno a questa comunit non per un
atto arbitrario, lasciato ai fedeli o all'autorit: invece l'atto sa-
cramentale del battesimo, che viene compiuto in nome e co] potere
del Signore. La comunit o l'autorit ecclesiale non possono dispor-
re a loro piacere dell'ammissione dei soggetti a membri del corpo
sociale. Chi. entra in questo collegio, lo fa in qualit di inviato e
autorizzato personalmente e direttamente da Cristo. Proprio gra-
zie e questo, egli viene ad inserirsi nella comunit di tutti coloro
che sono stati battezzati nello stesso identico modo in Cristo.
La stessa cosa vale per la co.filegialit nella gerarchia. Anche qui
infatti, l'ordinamento ecqlesiale pu emanare prescrizioni circa le
condizioni e J.e competenze necessarie per venir insediati in un ufficio
gerarchico. Ma l'insediamento stesso ancora una volta l'atto sacra-
mentale ddla consacrazione. Il oonsacrato si aderge direttamente
inviato da Cristo e responsabile solo di fronte a lui, come tutti i
suoi confratelli nell'ordine sacro. Nemmeno l'insediamento nell'uf-
ficio gerarchico un atto autonomo de~ vescovo, o del collegio epi-
scopale o del papa. Affermando questo, si esprime in maniera pi
concreta e completa ci che 's'intende dire con l'espressione astrat-
ta, quando si asserisce che i vescovi reggono le loro Chiese in for-
za del diritto divino. In termini concreti infatti, ci significa che
i vescovi, in forza della loro missione canonica, detengono s un po-
sto bene specificato in seno all'ordinamento ecclesialie, sicch i loro
doveri, la loro responsabilit, le loro attribuzioni in rapporto ai
fedeli, ai sacerdoti e religiosi, ai loro colleghi vescovi e aD papa,
sono chiaramente determinati; ma significa altresl che nell'esercizio
del loro ufficio, nonostante tutto, restano sempre al primo posto la
missione personale ricevuta dal! Signore e la responsabilit diretta da
essi accollatasi di fronte a lui. La missione da essi ricevuta dal Si-
COSTITUZIONE SOCIALE 199
e. Societ perfetta?
g. Chiesa e Stato
avanti in nome della sua persona, Grazie a tale potere, essi sareb-
bero in gr:ado di r:imettere i peccati, di consacrare, di dispensare dai
voti, di sciogliere matrimoni, e via dicendo. Dalla suaccennata vi-
sione della comunit ecclesiale e dell'ordinamento in essa vigente,
appare tuttavia abbastanza chiaro che una distinzione fra potere con-
naturato e pote.re ricevuto da Cristo non pu affatto esistere. In ef.
fetti, nessuna funzione, nesstlllQ attribuzione, nessuna potest e nes-
sun diritto vigente in questa comunit propriet sua, e quindi
non derivante da Cristo. Il superiore, il predicatore, il presiden-
te della celebrazione eucaristica, il ministro del sacramento, tutti
quanti accettano questa direzione e ricevono il sacramento e ascol-
tano la parola, non stanno mai di fronte agli altri da sol!i e in
nome proprio, nemmeno sul cosiddetto piano giuridico dell'ordina
mento ecclesiale. Responsabilit, attribuzioni, diritti, doveri, e in-
somma tutti i rapporti giuridici vigenti all'interno dell'assetto ec-
clesial'e sono al contempo rapporti coi fratelli cristiani e con Cristo,
e ricevono il loro stigma di validit solo ed esclusivamente dall'unio-
ne sacramentale con lui. Con questo, non si vuol dire che l'intero
ordinamento ecclesiale e tutti i rapporti in esso esistenti siano sa-
cramentali in senso stretto; si afferma sol'tanto che essi fluiscono in
definitiva dall'unione sacramentale con Cristo e sono indirizzati al-
l'unione con lui. Non si possono neanche per un istante e sotto un
solo aspetto dissociare da essa, tramutandosi in un assetto proprio,
indipendente, umano o intra-mondano, se non vogliono perdere il
loro contenuto specifico, la loro finalit e il loro valore.
della comunit vivente del suo Spirito sta proprio nel fatto che l'e-
lemento divino risulta abbinato a quello umano. Si discusso se il
sinodo episcopale possa essere un collegio di consulenza per il papa,
oppure un organo decisionale assieme a lui. Si parlato a torto in
quell'occasione di diritto divino: per la collegialit dei vescovi,
contro il primato del papa. Eppure, badando al diritto divino, non
esiste risposta a questa alternativa. L'unico criterio applicabile
costituito qui dalla maggiore o minore utilit per un efficace gover-
no della Chiesa.
Nei problemi concreti dell'ordinamento ecclesiale, bisogna tener
ben presente che l'intero ordinamento ecclesiale riveste un valore re-
lativo e una funzione relativa in seno alfa comunit della Chiesa. Il
compito assegnato a Pietro e agli altri apostoli non mai stato in pri-
mo luogo quello di costruire un sistema di norme vincolanti. Essi
debbono invece avere sperimentato come loro primo diritto ci che
lo stesso Signore aveva vissuto come suo diritto: la piena libert
di dare testimonianza alla verit, esigendo il riconoscimento della ve-
racit di tale testimonianza. Poteva anche succedere occasionalmente
che si dovesse intervenire con autorit e dare delle prescrizioni, quan-
do la cosa appariva necessaria per assicurare la veracit del vangelo:
nel campo della professione di fede, nell'impostazione deUa vita, nel-
l'unione fraterna. Questa autorit di creare un ordinamento e il ri-
conoscimento di tale autorit poggiavano sulla veridicit della pre-
dicazione e stavano al suo servizio. Pietro deve innanzitutto essersi
sentito chiamato ad una particolare responsabilit nel, servizio ai
suoi fratelli. Se egli si fosse trovato costretto ad elaborare delle pre-
scrizioni vincolanti in materia, l'avrebbe dovuto spiegare di persona.
La missione assegnata ai Dodici da Cristo non in primo luogo e
direttamente una specie di norma giuridica costituzionale. Il diritto
gerarchico, al pari del diritto ecclesiastico in genere, non esiste per
conto proprio, come un tutto chiuso in se stesso con una validit in-
trinseca ed autonoma; esiste invece soltanto come possibile strumen-
to al servizio dell'evangelizzazione, che annuncia a tutti la salvezza
offerta dal Signore.
Con questo non si nega affatto il momento divino sussistente nel-
l'ufficio gerarchico ecclesiale. Quantunque le forme fenomeniche con-
crete dell'ufficio gerarchico nel corso dei secoli possano mutare, quan-
OBBEDIENZA ECCLESIALE 2II
3. Obbedienza ecclesiale
test di ordine e di governo pastorale, sia che agisca in uno dei molti
altri doni, ciascuno vive in definitiva l'unica obbedienza all'unico pa-
pa, vescovo, sacerdote e carismatico, che poi il Signor nostro Ges
Cristo.
Succede per continuamente che quest'obbedienza sostanzialmente
unica venga a conflitto con determinate prescrizioni o altri regol'a-
menti della Chiesa. Abbiamo gi rilevato come, per la coscienza
personale, l'obbedienza allo Spirito stia sempre al di sopra dell'ob-
bedienza alla legge, e come !!'ordinamento ecclesiale debba necessa-
riamente mantenersi aperto a quest'obbedienza superiore. Pu an-
che darsi che quest'obbedienza di fondo venga a trovarsi in con-
trasto con determinate norme o con determinate forme di eserci-
zio dell'ufficio gerarchico. La storia ce ne offre esempi a iosa, atti a
dimostrare come uomini veramente mossi dall'alto, per autentica
ispirazione del vangelo, sono arrivati a tale contrasto. L'antichissi-
ma dottrina della correzione fraterna offre gi una legittimazione a
tale contrasto, che ~'autorit non pu ignorare tranquillamente solo
perch essa costituirebbe un'opposizione ai superiori o al diritto.
Si pu addirittura attendersi che gli impulsi al rinnovamento e al-
l'ulteriore evoluzione nella Chiesa in genere non provengano dai di-
rigenti e dagli amministratori, i quali debbono essere pi che altro
i custodi delll'ordine esistente e costituito, per cui assumeranno sem-
pre un atteggiamento piuttosto negativo o quanto meno diffidente
nei confronti delle nuove ispirazioni. L'obbedienza ecclesiale non
esclude affatto situazioni di conflitto. Tali situazioni anzi sono per-
fino necessarie per un sano sviluppo. Le nuove prospettive e le
nuove forme d'esperienza della fede si presentano per lo pi con
una intensit e un'attrattiva tale, da condurre facilmente a prese di
posizione unilatera!~, a un radicale ripudio del passato e del presen-
te. Per far giungere ad una equilibrata maturazione il nuovo, assie-
me a quanto di buono c' nel sussistente, risulta per lo pi inevi-
tabile un periodo di conflitto. Possiamo qui richiamarci anche alla
tradizione canonica della consuetudine contraria alla legge, che pre-
suppone ovviamente una situazione di conflitto fra l'ordinamento
nuovo e quello gi sussistente. Il conflitto non viene rifiutato in
partenza. In effetti, nel corso del tempo, la consuetudine acquista
forza di legge e finisce per soppiantare l'assetto vigente in preceden-
OBBEDIENZA ECCLESIALE
c. Obbedienza comune
b. Disciplina ecclesiastica
c. Prestazione di servizio
d. Al servizio deH'uomo
l'unit del sacramento, in cui tutti sono uniti fra loro dal pensiero
polarizzato su di lui.
Un ordinamento ideale della Chiesa si pu avere soltanto in una
comunit ecclesiastica ideale. Per cui, all'atto pratico non esister
mai. Le considerazioni test fatte prestano facilmente il fianco al rim-
provero di essere troppo idealistiche e di non tener conto del!la real-
t. Si pu rinfacciare loro soprattutto di pretendere troppo dalla con-
vinzione e dall'esperienza di fede d'ogni singolo cattolico, attribuen-
do invece un valore troppo scarso ai vincoli religioso-sociali. Abbia-
mo gi detto per che in pratica siamo ancora nella fase iniziale agli
effetti dello sviluppo. La realizzazione dei postulati che oggi si pon-
gono ad un ordinamento ecclesiale, esige tempo e pazienza; fino al
momento in cui si tradurranno in atto, ci saranno ancor da superare
molte tensioni e numerosi conflitti. Le mte ideali devono fare i
conti con la realt, se non voglfono ridursi a meri fuochi di paglia.
Tuttavia, anche vero che l'ordinamento della realt deve per prin-
cipio orientarsi sull'ideale. Questo vale in maniera tutta particolare
e radicale per una comunit come la Chiesa. Un ordinamento eccle-
sial~ pu essere davvero un assetto degno della Chiesa, unicamente
allorch il suo indirizzo fondamentale rester sempre quello di ser-
vire alle finalit presentate come ideali dalla fede nel Signore; diver-
samente, esso finir per scadere, declassandosi ad una forma qua-
bnque di formalismo farisaico.
PETER HUIZING
BIBLIOGRAFIA
3. Sull'obbedienza
A. Mi.iLLER, Das Problem von Befehl und Gehorsam im Leben der Kir
che, Einsiedeln 1964.
CAPITOLO SETTIMO
FONDAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO
a. I racconti dell'istituzione
Ne possediamo quattro:
I Cor. 11,23-26: lo infatti ho ricevuto dal Signore ci che a mia volta
vi ho trasmesso: il Signore Ges, la notte in cui fu tradito, prese il pane,
(v. 24) e, dopo aver reso grazie (Euxapi<T't{Jcra.i;), lo spezz e disse: 'Que-
sto il mio corpo, che (dato) per voi. Fate questo in memoria di me'
(v. 25). Similmente, dopo la cena, prese il calice e disse: 'Questo calice
la nuova alleanza nel mio sangue. Tutte le volte che ne berrete, fatelo
in memoria di me' (v. 26). Ogni volta, infatti, che voi mangiate questo
pane e bevete questo calice, voi annunciate la morte del Signore, fino a
quando ritorner.
Le. 22,15-20: E quando giunse l'ora, egli si mise a tavola, e gli apostoli
con lui {v. 15 ). Ed egli disse loro: 'Ho ardentemente desiderato mangia-
re con voi questa pasqua, prima di soffrire (v. 16) poich vi dico: Non
la manger pi finch non trover il ~uo adempimento nel regno di Dio'
(v. q) E prese un calice'. recit la preghiera di ringraziamento e disse:
'.Prendetelo e dividetelo fra voi; (v. 18) poich vi dico: d'ora innanzi
non berr pi del frutto della vite, finch non verr il regno di Dio'.
(v. r9) E prese del pane, recit la preghiera di ringraziamento, lo spez-
z e lo diede loro con le parole: 'Questo il mio corpo, che sar dato per
voi. Fate questo in mia memoria' (v. 20) E allo stesso modo (prese) dopo
la cena il calice con le parole: 'Questo calice la nuova alleanza nel mio
sangue, che viene versato per voi'.
FONDAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO .z3x
Mc. 14,22-25: E mentre essi mangiavano; egli prese del pane, disse la
benedizione (E).oyi)11a) (su di esso), lo spezz e lo diede ad essi di-
cendo: 'Prendete, questo il mio corpo' (v . .z3) E prese un calice, disse
la preghiera di ringraziamento (Exa.pLU'ti)O"at;) e lo diede ad essi, e tutti
vi bevvero (v. 24). Ed egli disse loro: 'Questo il mio sangue dell'allean-
za, che versato per molti ( v. 2 5) In verit vi dico: io non berr pi del
frutto della vite fino a quel giorno in cui lo berr di nuovo nel regno
di Dio'.
Mt. 26,26-29: E mentre essi mangiavano, Ges prese del pane, disse
la benedizione, lo spezz e lo diede ai discepoli con le parole: 'Prendete,
mangiate, questo il mio corpo' (v. 27) E prese un calice, disse la pre-
ghiera di ringraziamento e lo diede loro con le parole: 'Bevetene tutti;
(v. 28) perch questo il mio sangue dell'alleanza, che versato per
molti a remissione dei peccati (v. 29) Ma io vi dico: D'ora innanzi non
berr pi di questo frutto della vite .fino a quel giorno in cui lo berr di
nuovo con voi nel regno del Padre mio'.
gno di Dio, che significa l'unione perfetta tra Dio e l'uomo. Questi ele-
menti costituiscono la sostanza fondamentale comune a tutti quattro i
racconti.2
Ma necessario tener presenti anche le dtfferenze che si possono notare
nei testi. Oltre alle minori divergenze stilistiche balzano agli occhi le se-
guenti oggettive differenze: per quanto concerne il rito esterno della ce-
.!!!. secondo Paolo i ges ane sarebbero ~~~-~nut! lpriml!J della cena,
mentre quelli sul qlice sarebbero avvenuti o diessa. In Mc./Mt. i
due orQIDL di gesti vengoOQ__campWti ~nsie~el e, secondo ogni verosimi-
glianza, assumono il senso di conclusione d? a celebrazione pasquale ( 14,
17-21). Il testo lucano, a prima vista, riproduce l'ordine di successione
p, olino, ma la posticipazione di wcrctv't"W~ potrebbe anche far pensare al-
la CO ~one mardana) del rito del pane alla conclusione del banchetto.
Per quanto concem-le parole d1 Gesu, le aggfi!Dte ai lQgia del pane e del
calice hanno lo stesso senso materiale, ma una differente collocazione nei
divf!lli racconti; Paolo riporta un'aggiunta (abbreviata) a proposito del
.1211)e, mentre.. Mc. /Mt ne hannn una a proposito del calice, e Le. a pro-
posito di entrambi. u.@ formula del calice J!'<>i ha in tutti i testi gli stessi
termlf!.i predicativi, ma un diverso e opposto ordine in Paolo e Le., da
una parte, e in Mc./Mt., dall'altra_ Infine 1n Mc. e Mt. mafica del tutto
l'ordiQe di ripetere il rjro ordine che jn Paolo si trova due volte e in Le.
una. Ecco quindi la prima visione d'insieme: i quattro racconti dell'isti-
tuzione naJ;!!ill?JQ_~atto. Di essi, il paolino e il lucano, da una parte
il marciano e il matteano, dall'altra, fotmano delle unit rigorose e rap-
presentano, di volta in volta, le variazioni tipiche di due correnti di tra-
dizione. alla cui base sta, a sua v.2!!.a..,_ una t~adizione primitiva. Paolo e
Marco costituiscono le manifestazioni principali, e indipendenti tra loro,
di queste due correnti.
--
della comunit.
I.
. --
Il racconto si distingue da quanto precede mediante un chiaro av-
vio, vale a dire con la concorrente ripetizione di xa:t l~i6vtw"V in Mc.
14,22 confrontato co~ x'4.~-8-"(Mt. "26:i6-21), e in Pacl~-;.;:;~diante l'im
piego dell'enfatico appellativo cultuale XVPLO~. 2. La mancanza di CO
.JQ[e, che mette in evidenza soltanto ci che deve valere per ogni ripe-
tizione della celebrazione, ma trascende (anche se non del tutto) i det-
tagli storici del convito istitutivo di Gesti, pu essere spiegata in base
alla proclamazione liturgica. 3. In base ad essa si spiegano anche gli
' Mc. 6,31#; Mt. 14,14-21: Le. 9,n-17; Mc. 8,1-10; Mt. 15,32-39; Jo. 6,11~.
10 !!. quanto stato fatto in maniera convincente da J. lEaRMJAS op dr , }J-82.
11 R. FENEBl!llG, Cbristlicbe Passafeier und Abendmahl, Miinchen 1971, ritiene
superata la controvenia, in quanto il racconto dell'istituzione una sedimentazione
della celebrazione cultuale cnlti'ana. ------
12 Lo- svoJgrienfoproaenagJiato della pasqua giudaica descritto da J. JERE
MIAS, op. cit., 79 S.
EUCARESTIA
' Cf. Is. 25,6; 65,13; Ien. etiop. 62,14; Apoc. sir. Bar. 29,8; Pirqe Ab. 3,20.
EUCARESTIA
come parte essenziale del sacrificio cllituale nella sua separazione dal
c~, nonch come rappresentazione dell'intera persona (che ~a
sentenza del pane compare designata dal concetto awa. ). Questo
modo di vedere include la conseguenza che anche la morte di Gesti
viene_ concei)it;~ffieOJrerta sacrilicale ciiTtU~e e non pi come sa-
crificio della vita nel martirio. Lo stesso Ges si presenta come il nuo-
vo Mos e come il sommo sacerdote. La lettera agli Ebrei ha ri-
flettuto su que~~~-~ncezi~. portandola ad un alto grado di espli-
~ne: Ges il nuovo sommo sacerdote che con il proprio san-
gqe entrato nel sanmarjo celeste CH.,ebr. 9,12 ). Rispetto al pre-
dicato paolino-lucano del calice la nuova alleanza nel mio sangue
il predicato marciano il mio sangue dell'alleanza deve essere con-
siderato cronologicamente posteriore, non soltanto a motivo dell'ac-
centuato parallelismo nella formulazione, ma anche a motivo detla
liturgizzazione materiale dell'evento narrato.
Le enunciazioni predicative esaminate delle proposizioni di defi-
nizione, prese per s, ci presentano Ges ~ale salvatore cheJi sa-
crifica, ma iilpratka--si riieriscono-anh~- al soggetto delle p.toposi-
zioni caratterizzando cosl concretamente i doni conviviali, per cui
ne risulta la loi;o identit con la persona saivi6ca di Ges. In Paolo
e Giovanni ci dato di vedere che questa identit venne intesa fin
da prinjpio ~:11-_g'identit Lontico-reale enunciante la presenza
di Ges nei doni conviviali. A questa interpretazione della presen-
za reale se ne contrappone certamente una idealista che ammette
soltanto un'identificazione logica e simboli~'dTClonl con il ~orpo e
il sangue di Ges; in base ad es~.a gli {!le1J:!9!.ti sigrtHiciio, designa-
no o simboleggiano il corpo e il sangue di Ges. Questa concezio-
~~ i;;t~~;t0la5U.a esE!ess10ne classica nella moderna teoria si.m-
{ i?_olica f'rotes~ante.ii G~~;-ilm~stro-del discorso in parabol;; nell'a
cena avrebbe ompiuto un'azione simbolica, indicante secondo alcu-
ni la sua morte e secondo altri la sua vita.2'i In questa conzione
l'azione di Ges durantuGancheito viene quasi spontaneamente
in primo piano. Ora anche noi abbiamo attribuito un'elevata impor-
~
rattut1'LWi era vietato di berlo. Il giudeo-cristianesimo radicale infatti
J. op!fine~TICe aersan~e 16 confermando cosi ancora una vol-
a rede delle epoche pi antic7 nella presenza reale. Questa fede pe-
r non va spiegata neru>ure cm;ne un'interpretazione ellenistica. Per il
1
pensiero ellenistico infatti la non consiste nell'unione n il
,C<lI.PO-J!!.a nella separazione da esso. Come potre be a ora l'ostilit, am-
messa universafulente, dell'ellenismo contro il corpo aver influito sulla
feck_nella presenza reale? La presenza reale non mutuata n dal g\u-
daismo n dall'ellenismo e neppure da un magismo popolare. La sua ori-
gine ..nu ssere ravvisata soltanto nel Ges storico. Secondo la lettera
delle parole di benedizione egli identifica concretament~__i doni convi-
viali offerti con la sua persona che si sacrifica. I logia quindi non vanno
concepiti metaforicamente, ma letteralmente e realisticamente. Egli si
d ai suoi come cibo da mangiare. La cena di Ges quindi un testa-
mento e un'autocomunicazione nella forma degli alimenti conviviali.
25 Cf. P. BENOIT, op. cii., p. 189. Benoit spiega esegeticamente la presenza Sen-
sibile e cfisica dcl Signore (188-197).
26 Al riguardo cf. J. BBTZ, op. cit., 1/1, 27-35; 11/1, 142; 219 s.
FONDAMl!NYO BIBUCO-TEOLOGICO
sentenza semplice del tipo di Le. 9.44 Ges fa anche degli accenni
alla sua futura glorificazione, ad esempio nel logion originario del
segno di Giona (Le. n,32),11 in quello della ricostruzione de]t tem-
pio distrutto (Mc. 14,59 con ]o. 2,19), nell'affermazione davanti al
sinedrio, secondo la quale egli siede~ alla destra della Potenza
(Mc. 14,61 s.). t-kll'a cena Ges annuncia che berr di nuovo il
vino nella basilia e conde.isa la sua convinzione e la sua certezza
del valore e della vittoria della sua morte, come pure del significato
salvifico dell'a sua persona, in un segno, che non -solo allude a ue-
sta reat, ma anc e a con tene come ono e strumento salvezza.
La presenza real~ comprensibile soltanto come evento escatologico.
In maniera inaudita, nella sua eucarestia, <;ies cglloca la sa per-
sona al centro deMa salvezza, e la d come dono salvifico sotto la
figura di un alimento. Quest'idea per non entra improvvisamente e
non. sta priva di relazioni all'interno del suo messaggio globale, ma
.Wuttosto ]a sacramentalizzazione, la condensazione e la radicaliz-
zazione del suo diritto aH'exousia avanzato anche altre volte. Certa-
mente fUiOVo il rivestimento conviviale che qui assume. Ma la pre-
tesa di essere il salvatore assoluto pervade l'intera sua predicazione.
Egli infatti .gi ritiene l'ultimo e definitivo araldo della basili"'i; della
a. L'et pi antica
nel convito,29 anzi negli stessi alimenti del convito. In questo senso
orientano. l'interpret~iop.e il grido di giubilo Hosanna 30 rivolto al
Messia, aggiunto in Did. lo,6, e l'a~tlchisslmo ..attrffiuto pneumati-
co che le professioni di fede applicano al cibo e alla bevanda cul-
tuali (r Cor. 10,3 s.; Did. 10,3). L'eucarestia quindi, ~ Risor-
f
to (Rom. l,4; r Cor. 1.5.45; 2 Cor. 3,17), appartiene alla sfera pneu-
matica, alla sfera della resurrezione. In questa sfera, secondo r Cor.
15,44, c' .AnCOr~}Ji awa:, ma non pi in <n!anto terrestre ('fvi~lt6v)
bensl in guanto m1Euarnc6v. Esso non pi~ottgposto alle leggi
spazi0:-temporalh__ma aperto alle possibilit di Dio, comunicabile a
tutti (cfr. Jo. 6,62; 7,39; 16,7). ------
Le pi antiche concezioni eucaristiche vengono in luce anche .nel-
le preghiere conviviali di Dl. 9-10. Se anche nella forma attuale i
ve~2 ss.; 10,2-5 sono dei testi che trattano deJil'agape, in origi-
ne essi dOVeVSOO eS-Sere .CUCarlstici:~I Quando ringraziano per la Vi-
ta, la ~noscenza e l'lmmortaiit(9,3; 10,2) essi non alludono a dei
beni salvifici di tipo ellenistico, bensl ai doni_.e_aradisiaci di Gn. 2,9
e 3,22, cui accenna anche Apoc. 2,7; 22,2.14.19. Coiiformemente al
famoso schema tempo delle origini e tempo finale, la piet tardo-giu-
daica sj 3ttend~..!!.~!l''~~~--~!~JQl9-gk.i:>...JL.riqnovamento dei doni del
paradiso. in questo senso che qui viene intesa l'eucarestia. Essa
quindi, gi nei tempi pi antichi, si presenta ovunque come un'en-
tit con un nuovo essere pneumatico, e di conseguenza viene intesa
realisticamente.
b. Paolo
29 C.OSl anche O. CutLMANN, Die Christologie des NT, Tiibingen 21958, 218 (trad.
it. Cristologia del NT, Il Mulino, Bologna); B. SANDVIK, op. cit., pp. 13-36.
30 B. SANDVIIC, op. dt., 37-40.
31 I testi della Did. 9,1-10,5, nella loro forma attuale, riflettono un'agape, cui
in 10,6 viene associata un'eucarestia sacramentale; cosi con la maggior parte degli
interpreti anche J.P. AUOET, op. cii., 410 ss., 423. Ma i testi hanno conservato
anche il patrimonio eucaristico di un corrispondente uso pi antico. Pi dettaglia-
tamente in J. BETz, 'Die Eucharistie in der Didach', in: ALW 11 (1969) lo-39.
32 Della bibliografia citiamo H. v. SonEN, 'Sakrament und Ethik bei Paulus', in:
Vrchristentum und Geschichle 11 Tiibingen 1951, 239-275; G. BoRNKAMM, 'Her-
FONDAMENTO BTIILICC>-TEOLOGICO
renmahl und Kirche bei Paulus', in: Studien zu Antike und Christentum Il, Miin
chen 21963, r38176; E. KAsEMANN, 'Anliegen und Elgenart der paul. AbendmahJ.s..
lchrc', in: Exeget. Verruche und Besinnun11,en 1, Tiibingen l96o, n-34; P. NEUEN
ZBIT, Das He"enmahl. Studien zur paul. Eucharistieau/Jassung, Miinchen 196o;
J.J. MEUZEU.AR, Der Leib des Messias ( ...in den Paulusbriefen), Assen 1961; L.
0EQUEKER - W. ZumEMA., 'L'eucarestia secondo son Paolo', in: Concilium ro/!968,
ed. it., 1641-16,1; J. BETZ, op. cit., u/1, 102-129; H. ScHLIER, Das Ende der Zeit,
Freiburg 1971, 201-215 (trad. it. La fine del tempo, Paideia, Brescia).
33 Cosl anche S. AALEN, 'Das Abendmahl als Opfermahl m NT', in: Novum
Test. 6 (1963) u8-152, qui 130-143.
EUCARESTIA
pensare proprio a un tale giudizio (II ,30 ss.), in cui si riflette il ca-
rattere di cibo paradisiaco proprio del banchetto del Signore. L'euca-
restia per ovunque un unico pane, con il quale il Kyrios compagi-
na, in senso reale-sacramentale, i molti nel suo corpo ecclesiale ( 10,
17), naturalmente non in maniera magica; infatti il sacramento non
esclude, bensl include la fede e l'ethos ( 10,1-II; u,27-34).
c. Giovanni
la manna narrato in Ex. 16. Perci gi nella prima parte del discor-
so (6,26-51) stanno sullo sfondo un mangiare reale 1m0 ch, in ma-
niera pi attenuata, un bere reale, cio il bere che ha per oggetto re
acque di Ex. 17 (6,35; cf. 4;4; 7 38), per cui il riferimento al con-
1
-
Ges (d. l,14), come conferma la coruinuazione mediante il prono-
me personale me nel v . .57 Il termine riprende le affermazioni
di katabasis del discorso metaforico. Inoltre la denominazione del-
)' eucarestia quale carne, in particolare del Figlio dell'Uomo (v. 53),
37 R. BuLTMANN, Das Ev. des Johannes, Gi:ittingen r963, p. 162, e al suo se-
guito G. Bornkamm, H. Koster, E. Schult7., E. Lohse considerano i versetti eucari-
stici 6,,rc-63 come aggiunta di un redattore ecclesiastico. Contro questa tesi si ~
levato E. RucKSTUHL, Die lilerarische Einhet des Jobannesevangelium, Freiburg
19,1, pp. 220 ss.
EUCJIRESTIA
-
bile. L'offerta riconoscente colloca 1 ne a s era i Dio, come
fa anche la parola di ringraziamento, in quanto proclama su di essi
e in essi l'azione sal'vifica. Cosl questi doni vengono interiormente
specificati dall'azione di Dio commemorata, ne divengono l'oggetti-
vazione e assumono il nome di eucarestia. In questo modo allora
vieRe ia lslf: 110 altro aspetto del ringraziamento: la funzione con-
sacratoria. Sintomatico al riguardo altresl l'uso transitivo del ver-
bo. Nelfa conoezione paleocristiana del banchetto del Signore in
4 Cosl la Lettera di Barnaba ."3; G1uS'I'INO, Dial. rr7 ,3: Corp. Apol. n, 4r8;
CLEMENTE AL., Strom. VII 79,2: GCS m 56,17; G10VANNI Cais., In Mt. hom. 23,
3: PG '7 ,331: I misteri tremendi vengono detti eucarestia, perch sono la me-
moria di molti benefici.
s In Ps. 34,rB: Sf 93, 188, 14 s.
6 De spec. leg. 1 19s; 224; 297; 298; De vict. 4; 9. Cf. De plant. 130 s.
1 Dial. II7,2: COl'p. Apol. II 418.
B Adv. baer. IV 18,6: Ss. Chr. 100, 612.
STORIA DEI DOGMI 261
11 O. CASEJ., 'Die Eucharistielehre des hl. Justinus Mairtyr', in: Der Katholik 1
94 (I914) 153 ss.; Otilio del N. Jesus in Rev. Esp. de Teol. 4 (I944) 3-58.
12 Dial. 41,1: Corp. Apol. I 138; 70: Corp. Apol. I 2;4.
13 Dia/. 70: Corp. Apol. I 254.
14 Apol. 1 66. Corp. Apol. r 180/2.
15 Per l'esegesi dei testi cf. J. BETZ, op. cit., 1/1, pp. 268 ss.; O. PERLER, 'Lo-
gos und Eucharisrie nach Juninus I. Apol. c. 66', in: DTh 18 (1940) 296-316.
16 Al riguardo cf. il recente J.P. DE JoNG, 'Der urspriingliche Sinn von Epiklese
und Mischungsritus nach der Eucharistielehre des hl. lreniius', in: ALW 9 (1965)
28-47.
17 Adv. haer. V 2,3: Ss Chr. 153, 36; d. anche IV 18,5: Ss Cbr. 100, 6u s.
STOllIA DEI DOGMI
sti, per porre una pietra miliare e annunciare la resurrezione, egli prese
il pane, ringrazi e disse: Prendete e mangiate! Questo il mio corpo
che stato spezzato per voi. Lo stesso fece con il calice dicendo: Questo
il mio sangue, che viene versato per voi. Ogniqualvolta fate questo, fa-
telo in mia memoria.
Memori della sua morte e resurrezione noi quindi ti offriamo il pane e
il calice ringraziandoti di averci trovati degni di stare al tuo cospetto e
di seryirti. Ti preghiamo: manda il tuo santo Spirito su~uesto offerta
d~hiesa. Raccogliendola nell'unit d a tutti i santi,e se ne ciba-
no, la pienezza dello Spirito santo che ne fortifichi la fede nella verit,
affinch6 ti celebriamo e lodiamo mediante il tuo servo Ges Cristo, per
mezzo del quale salgono a te l'onore e la gloria, a te, Padre, e al Figlio
insieme allo Spirito santo nella tua Chiesa santa, ora e nell'eternit.
Amen.
Abbiamo qui un'opera classica, insuperabile. Particolare importanza per
noi ha il passo che riflette seguendo il racconto dell'istituzione e che espri-
me la convinzione dogmatica degli anni intorno al 200. Esso tiene presen-
te l'intero evento e, nel memores, mette in risalto quale sua prima ca-
rat.~ristica l'anamnesis, che per non viene fatta soltanto a questo pun-
to, ma gi nella precedente proclamazione dell'opera salvifica di Dio in
Cristo. La memoria comunque ha Juggo alla maniera di un'offerta cultua-
le: memores offerimus. Neppure l'offerta avviene soltanto qui; l'intero
svolgimento dell'eucarestia ha un carattere offertoriale. Cosl la celebra-
zione avv~nuta allo stesso modo della memoria, pure essa sacrificale,
dell'opera salvifica di Ges. Que~.Ja..~egazione della messa data
nella Chiesa dei primi tempi Infine, nell'epiclesi _si prende coscienza di
un'altra caratteristica fondamentale dell'intero e.Y&nto. II punto culmi-
nante del suo significato non sta tanto nella consacrazione quanto piutto-
sto in una omnnjone feconda. che ha luogo nell'orizzonte ecclesiale. Que-
ste intuizioni di fondo circa il carattere dell'euca~tia quale anamnesis,
prosohora. epic/esis, ricompaiono nelle altre liturgie (posteriori). L'epicle-
si ass.umc. sempre dj pi la forma di un'epiclesi consacratoria. In Egitto
viene posta prima del racconto dell'istituzione.
lS Cf. EusEBIO, Comm. in Ps. 77,25: PG 23,920; De ecci. theol. 1 20,34 s.:
GCS IV 86,31-87,1; ATANASIO, Epist_ fesi. 7; LA11:sow, 101.
36 ATANASIO, Epirtula ad Maximum phil.: PG 26, 1088 C; cf. anche Ps. Cu-
SOS'l'OMO, Hom. de pascha 2,18: Ss Cbr. 36,91.
37 Ps.-ATANASIO, probabilmente MARCELLO DI ANCIRA, De incarna/ione et con
tra Arianos 16: PG 26, 1012: dl Pneuma comunicatore di vita la carne del Si-
gnore, poich essa origina dal Pneuma vivificante. Tutto ci che origina dal Pneu-
ma pneuma. CIRILLO AL., In ]o. (6,64) comm. 4,3: PG 73, 604.
38 A. STRUCKMANN, Die Eucharistielehre des hl. Cyrill von Alexandrkn, Pa-
derborn 1910.
l9 In ]o. comm. 4,2: PG 73,y76, ecc.
40 Quod unus sit Christus: PG 71,1360.
41 x1dt' V1;6Cl"f0tcnv : Contra Nest. 1 prooem.: ACO 1 1,6 pp. 15,37.
42 In ]o. (6,54) comm. 4,2: PG 73,576, .580 CD.
268 EUCl'.RESTlh
Non sacrifichiamo anche noi tutti i giorni? Certo, anche noi sacrifichia-
mo (quotiClianamente\ ma celebrando la memoria della sua morte; ma
questo un sacrificio solo, non molti. Come uno e non molti? Perch
egli -stato-offerta__$.Qlt.!!Jito una ~a. co;;quer sacrdic10 offerto nel
Santp_ dei santi. Questo un tipo di quello, e parimenti il nostro un
tipo di quelo. Noi _infat_ti ~~ia~() sempre lo __~!_esso J_<;~sto},3on oggi
questo e .c!Pm.ani quell'agnello, ma sempre lo stesso. Si tratta quinli di
un unico sacrificio (")fferla):-Ts~~~.. allo~;-m~Tt Cristo perch in mol-
ti luoghi si fa l'offerta? Affatto. Piuttosto si deve dire che si tratta sem-
pre dell'unico Cristo, qui e l nella sua totalit, un unico corpo. Ora
come l'Offerto in molti luoghi un corpo (soltanto) e non molti corpi,
cosl si ha anche un unico sacrificio (l)va"ltx =
azione sacrificale). Il no-
stro Smmo Sacerdote colui che ha offerto il sacrificio {della croce)
che ci purifica. Noi offriamo anche ora ci che stato offerto un tempo
ed inesauribile. E il sacrificio presente vien fatto in memoria di quello
compiuto un tempo. Egli infatti dice: Fate questo in mia memoria! Al-
lora fu offerto nientemeno che il Sommo Sacerdote, e noi in tutti i
tempi continuiamo ad offrire la stessa cosa, o meglio: compiamo una
memoria del sacrificio.,,
50 In Hebr. hom. r7,3: PG 63.131; per l'esegesi cf. J. BETZ, op. cit., 1/1, p. r9r.
51 In Hebr. 8,4-5: PG 82,736.
Sl! Altre testimonianze sono riportate pi sotto a pp. 344 s.
!B Su ci cf. F.J. REINE, The Eucharistic Doctrine and Liturgy of the Mystagogicat
Catecheses of Theodore of Mopsuestia, Washington 1942; J. QuASTEN, 'The Litur-
gical Mysticism of Theodore of Mopsuestia', in: Theolog. Studies 15 (1954) 431-439.
54 Cat. r5,20: ST 145. 497; 16,n: ST 145, 551.
~ Cat. r5,10: ST r45, 475; I2 ST 145, 479; 16,rr ST 145, 551.
STORIA DEI DOGMI 271
SII ADAMANZIO, De recta in Deum fide: GCS 184,14; EFREM, Adv. baer. 47,8;
BKV 61 [RilcKER] 166; GIOVANNI CRis., In 1 Cor. hom. 24,,: PG 61~204.
~ Molti documenti sono raccolti in In :r Cor. bom. 24: PG 61,200-20,.
sa Frammento su Mt. 26,26: TU 61,133 s.
59 Cat. 15,26: ST 14,,50,17.
60 Cat. 1,,10: ST 14,,47.:1; 12: ST l45A79; x6,u: ST l45,.:i.:i1.
61 De fide 19,2. Cf. anche E. BscK, 'Die Eucharistie bei Ephriim', in: Oriens
Christ. 38 (1954) 41-67.
t12 In :r Cor. II,28: PG 82,317.
l Cf. i documenti citati pi sotto a p. 360. La recezione della comunione viene
vista come un incontro con Cristo, cosl CIRILLO DI GBRUS., Cat. myst. ,,21: SChr
126,170; TEODORO Dr MoPs., Cat. 16,28: ST 14,s79; EFREM, In diem nat. iDom.:
BKV [ZINGERLE] 42. Nel complesso concorda anche l'affermazione di Giovanni Cri
sostomo, secondo cui Cristo giacerebbe ucciso sull'altare; cosl in De sacerd. 3A:
PG 48,642 ecc.; cf. anche C11t1LLO DI GERUS., Cat. myst. 5,10: SChr 126,160.
EUCARES1'1A
con quello reale viene fissata dal pensiero mediante l'idea di trasfor-
mazione. I doni del banchetto non sono pi delle semplici cose na-
turali, ma sono riempiti e trasformati dallo Spirito santo. Infatti la
trasfor~ione avviene in quanto lo Spirito santo - secondo Gre-
gorio di Nissa lo stesso Logos - tocca, prende, trasforma gli ele-
men. li rende corpo e sangue di Ges. I termini usati per connota-
re fa trasformazione, E'tcit~ciMw, ET111tOLE~v ecc. 64 e simili, espri-
mono un riordjnamepto per Qllanto concerne il eossesso, la funzione
e la potenza. Il concetto di trasformazione, esattamente come l'es-
senza viene assunto in maniera prevalentemente dinamico-funzionale
e non -~cora portato fino all'ultima profondit ontol~gica. "La tra-
sformazione e l'essenza del:l'eucarestia non sono accessibili ai sensi, ma
soltanto conoscibili da parte del pensiero che credei secondo Giovan-
ni Crisostomo esse sono essenzialmente 'llOT}'t6v.65 Questa caratteriz-
zazione per non intende esprimere una spiritualizzazione e una ridu-
zione del sacramento, bensl garantirne il nascosto plusvalore sopran-
naturale, cui allude anche l'attributo eucaristico tremendo ( q>pLX'toc;,
q>O~Epoc;).
68 Secondo NESTORJO, Liber Heracl. 1/1,58: DRIVER-HODGSON, 55, nel pane noi
vediamo il corpo, poich Cristo lo ha preso come suo pr6sopon (modo di manife-
starsi).
'fl De duobur Naturis in Chnsto tr. 111: THIEL, 541.
' In Fozio: PG rn3,980.
11 Adv. Nestorianos 53: PG 86,1728.
12 Tract. de trinitate et incarnat.: CSCO 2/27,roo.
7J Li ber Ileraclidis I I ,38 s., 4r: DRIVER-HODGSON 29,30,32 s.
EUCARESTIA
2 74
5. I padri latini
80 PG 94,II37.
81 In ultima analisi l'eucarestia il nostro Signore Ges Cristo, che disceso dal
ciclo,.: PG 94,1I37.
ai De imaginibus 3,26: PC 94,I348.
8J Adv. Mare. I,r4: CC I'455
84 De cor. mil. 3: CC 2,ro43.
EUCAJIESTIA
stica neMa presenza reale. Cosi dichiara che il pane posto sull'altare
e il contenuto del calice, santificati dalla parola di Dio, sono il cor-
po e il san~~-~- tisto. 117 La carne, nella quale cam~?..V..ll._i_fri
sto ce l'ha do~ata-~ cibo; ch1Ta-mangia, prima l'adora. 11~ Cristo
stesse) -ql1al1do--~lTc-eva 'Questo il mio corpo' teneva indubbiamente
neMe sue mani il proprio corpo.119 Nella cena egli sacerdote e
vittima. 120 Qllestorealismo 121-pr subisce una notevole sospensio-
ne e un indebolimento l dove il teologo Agostino interpreta il mi-
st~_::f ~ignific~~-che egli - il che nella luce della fede uniVer-
sale d~N~-Chiesa ancora possibile - spesso ribadisca. la distinzio-
ne modale tra corpo sacramentale e corpo nat~ral~--di. G~ii-; 22 ma
non l~-Ioro' id:Cntit. Per lui intatti la--cena-' primariamente ed es-
5~;;~~1!1~~~ setmo. La chiama signum, 1 il.-fi,~ra, 124 --Siiiiilitudo 125
del corpo e del sangue; nello stesso senso comprende anche il ter-
mine sacramentum. 126 H segno _!'.!Q~.!. alla vi~J?lle..,elatoni~...e
Ag~sti_.t:iC>.h11_della realt vera e propria (res ), come la cosa concreta
rimanda all'idea, tuttavia rimane sostanzialmente al di ~-~ sua
profondit ontologica. L'identit di nome tra segno e siwim~to
non.sffonda sull'identit (della natura), ma soltanto sulla somiglian-
za (similitudo), cosicch secundum quendam modum il sacramento
'-----~---- __ _____
del c~l-po-d.icristo corpo ai cristo e. H sacramento -
..._,, .....
del sangue di
1941). Cf. ancora P.G. MEuss, Die Abc-ndmahlehre Berengars (Diss. datti!.), Tiibin-
gen 19.u; P. ENGELS, 'De Eucharisticleer van Bcrcngarius v. T.', in: Tiidschr. v.
Tbeol. ' (196,:i) 363-392.
STORIA DEI DOGMI
suo genere letterario, deve essere vista come una con/essio (non come un
trattato), come una affermazione clw i oppo e ioteozjona1mente alla ne-
0
lfJ!I K.-H. KAmlLER, Die Abendmahlrlchre der Kardinalr Humbert und ibre Be
deutung fur dar gegenwiirtige Abendmah/rgerpriicb (Diss. datti!. Leipzig x966, pp.
n-92; L. HoDL, 'Die confessio Berengarii von to59', in: Scholastik 37 (.1962)
370-394.
no De sacramento corporir et sanguinir Chrirti: PL 150, 430 C.
m De corporir et sanguinis Christi veritate: PL 149,1444 B, 1450 B, 1481 B. Su
cib cf. P. HAUGNESSY, The Eucharirtic Doctrine of Guitmund of Aversa, Roma 1939
288 EUCAl\ESTIA
--
continu a portare avanti la riflessione. I primi scolastici - ad ec-
cezione di Gilberto di Poitiers _____- .. ...nella
,_, __ __
,.. ....... ________
, .,
174 Maggiori dettagli in F. HoLBOC:K, Der eucarisl1sche und mystische Leib Cbristi,
Roma 1941; H. DE LU11AC, Corpus mysticum, Paris 2 19'9 (!rad. it. Gribaudi, To-
rino).
17$ Summa Sent. 6,3: PL 176,140; PIETRO LoMBARDO, IV Sent. d. 8 c. 7: Qua-
racchi, 791 s. Ugo di S. Vittore ha i tre momenti species (segno) - veritas (realt) -
virtus (potenza). Su Ugo cf. H.R. SCHLETTF., 'Die Eucharistielebre Hugos von St.
Viktor', in: ZKTh 81 (19,9) 67-100; I63-210, qui 168.
176 Su quanto segue d. H. ]ORISSEN, Die Entfaltung der Tronssubstantiationslehre
bis tum Beginn der Hochscholastik, Miinster 196,.
EUCARESTIA
171 Su Pietro Cantore d. H. JoRISSE.N, op. cit., 87-cn. Altri aderenti sono Inno-
cenzo m (PL 217,86o ss.), la Ps.-Glossa di Poitiers, Pietro di Poitiers (PL 2u,1246),
Simone di Toumai, Radu1fo Ardente, Magister Maninus, la Summa Breves su"t dies
hominis (H. JoRISSl!N, op. di., 95-114), inoltre Roberto Courson (H. }ORISSEN, op.
cit., 117-120). Anche Rolando di Cremona limita la transustanziazione alla substa,,lia-
materia, ma considera la forma gi in un senso progredito come fondamento onto-
logico (e non come semplice somma) delle propriet (H. Jo11rssEN, op. cit., 123-13,).
178 ALANO, De fide cath. l,,s: PL 210,360 C; Regulae theol. 107: PL 210,678
BC. Cf. H. JmussBN, op. cit., 75-87. Ad Alano si riallacciano Stefano Langton, Gof-
fredo di Poitiers, Guido di Orchelles, Guglielmo di Am:erre (H. JoRISSl!N, op. cii.,
137-142) e i grandi scolastici.
STORIA DEI DOGMI
184 C.Osl Ugo di Langres, Giovanni Fecamp, Bruno di Asti; Ildeberto di Tours e
Stefano di Autun vedono il momento della conversione nella levtJJio, cf. I.R. GEI
SELMANN, Abendmahlslehre, cit., 119 s.
115 Ivo di Ow:tres, Summa Sententiarum, 111 scuola di Anselmo di Laon, Senten-
tiae Divinitatis; cf. J.R. GEISELMANN, Ahendmabl:rlebre, cit., 121 ss.
116 La teoria, secondo cui la mescolanza di un elemento consacrato con un altro
non consacrato ne produrrebbe la conversione, compare nella Missa Praesanctificatr>-
rum {venerdl santo) e si trova in Amalaro di Me12, nello Ps.-Alcuino, in Berndldo
di Costanza, Ruperto di Deutz e in alcuni glossatori dcl Decretum Gratiani, come
Stefano di Tournai, Giovanni Faventin, Rufino; su ci cf. J.R. GEISELMANN, Aben-
dmahlslebre, cit., 15:u.
117 JR. GEISELMANN, Abendmahlslehre, cit., 131.
188 J.R. GEISELMANN, Abendmahlslehre, cit., 255.
189 N Sent. d. 11 cl. 2: Quaracchi, 802 s.
294 EUCARESTIA.
a. Una prima teoria afferma che le sostanze del pane e del vino it!_l!aeia-
Cef!lem materiam re solvi (I bid. c~--2)~ 5r iffsofvereobero-iiegt-
elementi
fonlamentali;T'quali -p-;i - ed cosl che si deve completare questa teo-
ria - con.fluirebbero nel corpo di Cristo, ne acquisterebbero la forma.
La materia quindi ci che rimane in comune tra il Qunto di partenza e
quello..~ Ll""'consacrazioiieon-srst:e'I1ef 1~tto--che la materia fonda-
mentale ,.tb.e...rimaw:_omune acqi,U~ta una nuova forma. Questa <Heoria
della trasformazione nella prima s~;tic8 vi~~-'WStenuta soltanto da
Guglielmo di Thierry (f II49), che paragona la trasformazione del pane
nel corpo di Cristo con la sorte di ~n~-~C:Jl!,,~i vino gettata ~c:[oceano,
che viene .!~~bita (PL 180, 350 s.). Soltanto d...QP_Q_TQ!!!.~2.- Questa so-
luzione riesce a fare scuola.
b. Una~~~~;;;-~~ delle sostanze del pane e del vino sostenu-
ta dall.a._t,~.!i! della consStaiiilaZr0ne. Essa professa un '1mpanai0ne del
Log~oo.iii~T-~~i~-~-Cf,f sa!?~ue~~~~~-~~~le_ sostanze per-
manenti degli elementi. Questa sOfuzione furante ra prima sCOlastica vie-
ne difesa soltanto da autori anonimi (d. PL 149, 1430.1492) e da
nessun autore famoso; 190 alcuni la tollerano. i pi la respingono, cosl Pie-
tro Lombardo, Ugo di S. Vittore (De Sacr. II 8,9), Pietro di Capua; i
grandi scolastici (Guglielmo di Auxerre, Alessandro di Hales) la respin-
gono decisamente. Alberto-Magno-e--'BOiiiiVemITTa-Ta ritengono-7c)ntraria
ali~ rhze.~gn~ mentre per Tommaso (S. Th. m, q. 75, a. 2) e Riccardo
di Med.iaWJa eretica:Nonfiffieil in seguito riesce ad avere nuovo im-
pulso. Infatti per.Giovanni Duns Scoto 191 .e:1sa non contro la Scrittura,
bensl, tenendo conto dell'onnipotenza divi~:6.1;soficailleirt--so5telble,
dev~-~.!?--~~~re .t.~e_~t~.. <:~_!!le _n!_J_n, __ r~11k. in . ~!!~- a_~~ __~~io~!_della!
l Chiesa_guida,~~Q.illo_P.!~~~~U-3!!!2.: Cosl pens.s:.t!!.!!!19 ~!!C:!i.~LI1omi!1filisti.I I
e, In opposizione a questa teoria altri scolastici spiegano la transustan-
ziazion~Jllf~.!!land~.~he. ~e -~()St~~Z.~.~~g!!_. ~le~!1!i ~~C>.~~~9~1.....vengono
annientate, sostituite dlla sostanza del corpo e del sangue di Ges. Que-
sta teoria della annichilazione trova nel scc. xn e agli inizi del sec. XIII
una considerevole risonanza, 192 anche se in verit le si oppone presto una
violenta resistenza,193 destinata a crescere dopo il i200. I grandi scola-
190 Essa viene attribuita agli almariciani, come accusa contro Ruperto di Dcu1z;
quest'accusa viene respinta da G. Gerberon (PL 167,23r94) e ai nostri giorni da
R. Haacke in RThAM 32 (1965) 20-42.
l91 In W Sent. d. rr q. 3 n. 9.14.15: V1vts 17,357, 375 s.
l9J Secondo Jorissen (op. cit., pp. 26-55) si devono citare i seguenti nomi: (pro
babilmente Pietro Abelardo), Rolando Bandinelli, Magister Udo, la Glossa ordinaria
al Decretum Gratiani, Uguccione, la scuola di Pietro Cantore, Roberto Courson,
Goffredo di Poitiers, la raccolta erlanghiana di Quaestiones (Cod. lat, 260), Gu-
gliebno di Auvergne (nella forma della teoria della successione) e Rolando di
Cremona.
iro L'annichilazione respinta da quasi tutti gli autori che sostengono la con-
STORIA DEI DOGMI
versione positiva della sostanza; d. i loro nomi alla nota 198; soltanto Innocenzo
m e la Summa Ne transgrediaris rinunciano ad una condanna esplicita.
194 Alberto Magno ritiene che la teoria dell'annichilazione sia la spiegazione pi
vera, ma non la segue, perch respinta dai sancti (In IV Sent. d. I I a. 7: BoR-
GNET 29,285. Pi tardi, nel De corpore Domini d. 3 tr. JII c. I,8: BoaGNET 38,312,
Ia respinger decisamente.
195 Ox. 1v d. II q. 4 n. 15: V1vF.s 17,376; un po' diversllJilente E. IsERLOH,
Gnade und Eucbaristie in der philosopbischen Theologie des Wilbelm von Ockbam,
Wiesbaden 1956, J62.
196 In N Sent. q. 6 L.
197 Canoni:r Mi:rsae Expositio, lect. 41 s. 9&/d; similmente In N Sent. d. u
q. l a. 3 dub. 6 N, cit. in R DAMERAU, Die Abendmablslehre des Nominalismus
inbesondere des Gabriel Biel, Giessen 1965, 210.
EUCAltESnA
1'8 In Jorissen (op. cit., 2'64) emergono i seguenti nomi: Roberto di Melun, la
Ps.-Glossa di Poitiers, la Glossa di Bamberga (Cod. Patr. 128) e di Monaco (Clm
22 288), Simone di Toumai, Radulfo Ardente, Magister Martinus, Innocenzo III
(Lotario di Segni), la Summa Ne transgrediars di Gerardo di Novara, Stefano
Langton, Guido di Orchelles, Guglielmo di Auxerre, Ugo di S. Caro, Erberto di
Auxerre, Giovanni di Treviso, la sintesi delle Sentenze Fila mag;stri, il com
mento delle Sentenze Par. Nat. lat. 3032, Riccardo Fishacre, Alessandro di Hales,
Riccardo di Melitona, Lectura super quartum Sententiarum, Alberto Magno nella
sua opera tardiva De corpore Domini, Tommaso, Bonaventura.
STOlllA DEl DOGMI 297
1'.19 Jorissen (op. cit., u-24) come testimoni evidenti di questa concezione men-
ziona Alano di Lilla, Baldovino cli Ford, la Summa de poenitent1a iniungenda, co-
me testimoni meno chiari menziona Stefano di Tournai, Pietro Mangiatore, Prepo-
sitino, la Summa contra haereticos, Garnerio di Rochcfort. Per Tommaso d. S. Th.
III, q. n. a. 2c e Script. super N Sent. d. 10 d. 8 q. 2 a. 1; per Bonaventura,
cf. In N Seni. d. n p. Ia e q. 1s. 1: Quaracchi IV, 24ra; (d. H. JoRISSBN,
op. cii., 50 ss.).
200 Cf. il testo della sua Summa (Miinchcn CLm 14508) in H. JoRISSEN, op. cit.,
24.
EUCARESTIA
210 UGO, De Sacr. n 8,r4: PL 1761 472 AB; INNOCENZO, De sacri altllf'is myste-
rio 6,12: PL 217, 913 B.
211 De corp. Dom. d. 6 tr. n 4,4: BoRGNET 38, 408. Sull'oblatio cf. la sintesi di
A. KoLPING, op. cii., pp. 265 ss.
112 In N Sent. d. 13 F a 23: BoRGNBT 29, 37r.
213 De corp. Dom. d. 6 tr. u 44: BoRGNET 38, 408.
300 EUCARESTIA
iDI In W Sent. q. 4L ad ' (secondo E. lsERLOH, op. cit., 195 s.); cf. G. BUESCHER,
op. cit., 67 ss., 143.
221 EGrnro, Theoremata de corp. Chrirti, Theor. 6, Venezia 1502, f. 9xvb; testi
in K. Pr.oTNIK, Hervaeus Natalis, cit., 2r.
212 Cf. R. DAMERAU, op. cit., 183; E. ISF.RLOH, op. cii., 190 ss. Il significato di
questa idea esposto troppo brevemente da lserloh. Se vedo bene, in essa si
hanno le radici del calcolo infinitesimale, che verr poi sviluppato da Nicol Cu-
sano, Newton e Leibniz.
STORIA DEI DOGMI
rDJ Quodl. IX q. 9 (ed. Paris 1518) f. 37ov, cit. da K. PWJ:NIK, Hervaeur Na-
talis, cit., 33.
2M Theoremata de corp. Chrirti, Prop. 26-34; testi documentati in K. PLOTNIK,
Hervaeus- Natalis, cit. '-7 ss.
225 Quodl. IX q. 2,11; testi in K. PLOTNrK, Hervaeus Natali!, cit., 38.
l3lll ltr IV Seni. d. Il q. 2, testi in K. PLOTNIK, Hervaeus Natalis, cit., 53-57.
Durando ha un precursore nell'anonimo discepolo di Giacomo di Metz, nell'auto-
re del Ms. Vat. lat. U'J., e un compagno nell'anonimo commentatore della scuola
di Giacomo di Metz, nell'autore del Ms. Vat. lat. 985.
f1fll Testi della Determinatio in K. Pwl'Nnc:, Hervaeus Natalir, 57-59.
228 In IV Sent. d. II q. 3 n. 9.13-15: VIVS 17, 357, 372-375.
EUCAltl!STlA
253 Vermabnung zum Sakrament des Leibes und Blutes Christi (r530): WA 30/
II, 614.
254 Le principali testimonianze sull'eucarestia sono la Confessio Fidei de Eucha
ristia (r537): OS 1,435 = CR 37,7u; Petit Traict de la Saincte Cene (1541):
CR. .33.42~460; Institutio christiana IV, 17: OS 5,342-417 = CR 30,1002-1051;
Presa di posizione contro gli artt. 5-9 della Sorbona (1544): CR 35,14 s.
Per la bibliografia, oltre a H. Guss, Die Abendmah/slehre, cit., d. W.M. Nrn-
Sl!L, Calvins Lehre vom Abendmahl, Miinchen 21935; In., Die Theologie Calvins,
Miinchen 21957, 210-225; H. GoLLWITZER, Coena Domini, Mtinchen 1937; H. CHA
VANNl!S, 'La prsence relle che2 st. Thomas et che2 Calvin', in: Verbum Caro 13
(1959) 151-170; W.F. DANKBAAR, Johannes Calvin, Neukirchen 1959, rn ss.; H.
]ANSSEN, 'Die Abendmahlslehre Johannes Calvins', in: TH. SARTORY (a cura), Die
EuchtZTistie im Verstndnis der Konfessionen, Reck\inghausen 1961, 204-220; M.
THURIAN, Eucharistie, Mainz 1963, 254-255; P. ]ACOBS, 'Pneumatische Rcalpriisenz
bei Calvin', in: Rev. d'Hist. et de Phil. rei. 44 (1964) 389-401; K. Mc. DONNELL,
John Calvin, the Church and the Eucharist, Princeton N.J. 1967; J. GoTTSCHALK,
Vie Gegenwart Christi im Abendmahl, Essen i966, 48-64.
255 Com. Tig., art. 17: CR 35,740.
256 Inst. IV, 17,n: OS 5,354 = CR 30,roro.
257 Cons. Tig., art. 21: CR. 35,74r.
2511 lnst. IV, 17,22: OS ;1,372 s. = CR 30,1021.
259 Ihid.; parimenti Cons. Tig., art. 22: CR 35 ,741 s.
2l!ll Tnst. IV, 17,29: OS 5,384-387 = CR 30,ro28-1030.
STORIA DEI DOGMI
'J6I Vom dem heiligsten Opfer der Messe ( 1'25 ). Su ci cf. E. KoMPOSCH, Die
Messe als Opfer der Kirche. Die Lehre Kaspar Schatzgeyers (Diss. datti!.). Miin-
chen 1962.
:111'111 Opuscola omnia, Lyon 1538, pp. 341 s. Cf. W. BAUM, The Teaching of the
1'71 Su ci cf. H. ]EDIN, Krisis und Abschluss des Trienter Kom:ils IJ62/63,
Freiburg 1964, 43 s.
m H. JEDIN, op. cit., 46ss.; E. lsl!JU.OH, 'Das tridentinischc Messopfcrdekret in
seinen Bcziehungen zu der Kontroverstheologie seiner Zeit', in: Il ConciliG di
Trento e la Riforma tridentina, Roma 1965, 401-439.
STOJllA DBI DOGMI
dono sia il canone che la forma della messa propria della chiesa
cattolica (c. 6, 7, 9 ).
tamento. Il carattere sacrificale della messa egli lo vedeva nel fatto che
questa, in virt della duplice consacrazione e della separazione del corpo
dal sangue di Ges, uruL_~resentazione commemorativa dell'unico
r~e sacrificio cruento. La semplice riproouzlofieru"Uii evfitO sacr.11.cale
non . senZiJlt~ questo un sacrificio. Perci altri teologi continua-
rono a cercare dei tra a1Iliente saCrihcali nella messa. Nella presenza
distinta del corpo e del sangue di Ges Suarez ve eva non soltanto un
simbolismo ma anche un evento sacrificale a livello sacramentale. Ma si
cercava soprattutto una distruzione, sia delle specie eucaristiche che dello
stesso Cristo eucaristico. Su~- vide nella cessazione delle sostanze
natiirali dqli elemen$i, Cana nella fw:iQne dell'ostia; De Lugo e, pi
tardi, Franzelin la videro nel fatto che Cristo~ uniformi all'umile stato
ll di cibo {status declivio:];nii.uncianao alle funzioni sensibili, momento
che in seguito verr illustrato anche da A. de Cienfuegos; Bellarmino, in-
fine, v ione del sacramento al momento del-
{, la comunione. Alla duplice consacrazione con la sua ten a separatrice
il Lessio attribuisce -una forza tale cl).~~ vi verborum e i~ produr-
rebbe la reale uccisione di Ges, se questa non fosse per accidens impe-
dita daII'Iiipassibilit del cristo glortoso. Non Sl pot quiiiar fare molto
con il realismo della concezione sacrificale n si prest sufficiente atten-
zione all'autocomprensione della liturgia.
Pi che alla distruzione Suarez m conferisce valore all'oblazione dei doni.
Egli getta cosl il_.EQnte verso la teoria dell'oblazione, de ravVlsi:'essen-
za del sacrificio _non nClla "diSiruZTiie;-iiialiCWOfferta della vittima. Su
questa linea si muovono j maestri deII':E'.Coie franaise {come p:-'de Brul-
le, Oliere Lebrun), che vedono la messa comepartecipazione all'oblazione
di Gew al Padre suo. Il testimone classico di questa.. teoria V. Ihalbo-
.~ Egli predica con grande calore un sacrificio celeste di Cristo, che
continua il suo atto sacrificale della croceeche-nella messa asSuiiie forma
spazio-temporale, in quanto Cs;istq__Q._ella consacrazione compie lo stesso
atto sacrl!icale __g>mpiutc.u!!Lt:~mi?o sulla :rosi.icti'e-or.!..f.2!DPe J..'Llielo.
Si parla sempre di pi di un. vero sacrilicio celeste di Cristo e Io si costi-
tuisce anello di congiunzione tra il s~~~TfiClQ--;lella croce e quello della
messa. Alcuni seguaci di questa teoria ammettono per ~ messa un vero
e att~~~-~acrilicale ~~-,2~.Lr!fil!?. ..fil()r,,j,s.ato, rom-sePunico
sacrificio di Ges non fosse valido una volta per tutte. Secondo M. de la
Taille poi il sacrificio redentivo di Ges costituito del suo esplicito atto
di oblazi~ nella cena e dell'immolazione cruenta sul Golgotha. Nell'eu-
carestia la Chiesa continua l'oblazione della cena, Offre aI Paare il Cristo
reso presente dalra transustaoz1azi,pne.m Nel complesso i teologi conside-
rano sempre pi la duplice consacrazione come una uccisione -mistica,
cio sacramentale, di Cristo (;on L. Billot) e insieme co~ la sua offerta
al Padre.
All'atteggiamento dogmatico fondamentale in quei secoli corrisponde an-
che la prassi eucaristica. Anche in essa la presenza reale se ne sta in pri-
mo piano dominante e isolata. La piet orientata all'adorazione del Si-
gnore presente, essenzialmente un culto di adorazione; il tabernacolo ac-
quista una posizione dominante nell'architettura e nel culto. La comu-
nione, soprattutto nel giansenismo si fece rara e veniva ricevuta fuori del-
la messa. Nella polemica antiri:formatoria quest'ultima veniva vista sol-
tanto come l'opera del sacerdote consacrante. Che anche i fedeli concor-
rano al sacrificio in virt del sacerdozio universale, un concetto che
scompare dalla coscienza. -
219 'Mysteriengegenwart', in: JLW 8 (1929) 145; d. anche O. CASEL, Das chri
stlicbe Kultmy:rterium, Regensburg 41960, 79. Per la bibliografia di e su Case! cf.
O.D. S.urrAGADA, in: ALW x/r (1967) 7-77.
STORIA lll!I DOGMI
280 'Le mystre eucharistique dans les perspective de la Bible', in: NRTb 77 (1955)
561-580; Io., 'Prsence eucharistique et transsubstantiation', in: IrniJwn 33 (1959)
139-164.
231 Su ci cf. E. ScHILLEBEECKX, LA presenza eucaristica, Roma 1968; J. PoWERS,
Die Euchariie in neuer Sicht, Freiburg 1968 {trad. it. Teologia eucaristica, Que-
niana, Brescia).
EUCARESTIA
212 F. Selvaggi scrisse due articoli sul problema della sostanza nell'eucarestia in
Gregorianum 30 (1949) 745 e 37 (r956) r6-33. Lo seguono R. Masi, M. Cuervo, J.
C. Tomer. Sulla discussione d. C. Vou.r.RT, 'The Eucharist: Controversy in Trans-
substantiation', in: Theol. Studies 22 (1961) 391-425.
283 J. TERNUS, 'Dogmatische Physik in dcr Lehre vom Altarsakramenti>', in: StdZ
82 (1937) 220-230; C. COLOMBO, 'Teologia, filosofia e fisica nella dottrina della tran-
sustanziazione', in: LA Scuola cattolica 83 (19.:;5) 89-124.
lB4 Ceci est mon corps, Neuchatel-Paris 1955, spec. 31.
285 Oltre a J. de Baciocchi si devono ricordare anche A. VANNESTE (secondo J.
PoWERS, op. cit., x25 s.) e E. ScHJLLEBEECKX.
S1"0RIA DEI DOGMI
290 Essa viene sostenuta anche da R. SoNNEN, 'Neubesinnung auf die Eucharistie
a1s Sakrament', in: Kat. Blattl!t' 90 (l965) 490-501, qui p. 491. Pet J- PoWERS, op.
dt., 189, la sostanza connota il significato e gli effetti di un ente.
29 1 Cosl P. Sc::HOONENBERG in Concilium 4/1967, ed. it., 97-1n.
292. Die eucharistische Gegenwart, 84-rn7.
STORIA DEI DOGMI J2 I
RIFLESSIONE SISTEMATICA
a. Scrittura
b. Tradizione
La Chiesa antica sviluppa la fede nella presenza attuale eucaristica
cli Ges s.otto. -ch!~-E~<;>~: in lui essa vede il larg!!9r~--~}~ond.atore
del suo convito __S@CJ@l,_~tii.!~. e AL so~mo sacerdote del suo sacri-
ficio. 6 Per la prima idea essa trovava una prova scritturale in Prov.
9,1-5.1 Anche Ireneo fa testimonia quando dichiara che Ges pro-
clam il calice suo sangue, con il quale i.Debrier il nostro sangue, e
assicur che il pane il suo corpo, con i l quale fortilica i nostri
corpi.8 La presenza attuale diventer poi una delle idee predilette
degli alessandrini. In quanto per essi il vero contenuto dei doni con-
viviili il LOgos, quale loro largitore non pu entrare in questione
che quest'ultimo. Clemente entusiasta lo annuncia come il nostro
nutritore, che ci presenta la sua carne e il suo sangue, se stesso,
comenutrimento-adeguato e come bevand~-di immortalit.9 Secondo
Origene Ges esercita sempre la sua attivit come all'ultima cena,
quindi anche -per-coloro Che la celebrano att;;almente~ 10 Con partico-
lare calore, Teofilo di Alessandria espone la nostra idea: Cristo og-
gi ci ospita, oggi Cristo ci serve, Cristo, l'amico degli uomini, ci
offre il riposo ... Jl re della gloria si lascia pregare, il Figlio di Dio
d rj.cevimento 1 il Dio-Logos divenuto carne ci incoraggia ad an-
darvi.11 Energicamente come nessun altro, Gi~vanni Ctrsostomo ad
Antiochia ribadisce la presenza attuale di Cristo nella cena, che per
lui diventa l'incontro personale del cristiano con il Cristo quale
imbanditore del convito. n banchetto eucaristico ha lo stesso valore
del convito di istituzione compiuto un tempo da Ges, infatti nei
due casi lo stesso Ges consacra e porge la stessa vittima, appagan-
do cosl il mutuo desiderio. 13 Citiamo ancora un testo: Cristo
presen.t~_fill.fh~-~~a_:__ Q?h11_h~_~a volta servi a tavola, vi serve an-
che_ora. Non_~__}nfatti un uom~- a_~:.~lclie--i-oflerte divengano il
corpo e il sangue di Ges, ma lo stesso Crist~ crocifisso per noi.
--------------------..:--------
6 Per le testimonianze preefesine dei padri greci cl. J. BETZ, Eucharistie, cit., r/r,
86-139.
7 I testimoni sono ad es. Cipriano, Atanasio, Diimo, Teofilo e Cirillo di Ales-
sandria (PG 73,588), Basilio, Macario di Magnesia.
8 Adv. haer. V 2,2: S. Cbr. 1,53, 32.
9 Paed. I 6A2,3: GCS I II5,20-24; Potrept. xn 120,3; GCS I 85,4 s.
IO In Mt. comm. ser. 86: GCS xr 198,22 ss. Altrove (GCS XI 99,17-21) Origene
afferma: Ma colui che prende il calice e dice: 'Bevetene tutti', non si allontana da
noi quando beviamo, ma beve anche lui con noi (in quanto presente nel singolo);
noi cio non possiamo mangiare di quel pane e bere del frutto della vera vite da
soli e senza di lui.
n Ps ...C1RILLO, Hom. zo in coen. myst: PG 77,1017 A.
12 a. tra l'altro In Mt. hom. 50,3: PG 58,507; In Mt. hom 82,5: PG 58,744;
In 2 Tim. bom. 2.4; PG 62,6I2. Altri testi in J. BETz, Eucharistie, cit., 1/1, pp. 102 ss.
RIFLESSIONE SISTEMATICA 333
c. Magi5tero
Per realizzare un'opera cosl grande, Cristo sempre presente nella sua
Chiesa.~. gi__~odo .fil?.C.-tle nelle. azioni li!:EF..s_i~e. presente nel sacri
fido della messa -~!u:!ella persona..dtl_f!linistro - ~~Offerti5SfUiia
volta sulla croce, offre ancora se stessc:i per il ministero dei sacerdoti' -
sia soprattutto sott_J~_ speJ~.~ca~!~~~~J?.r~~!!~..fQl!J~ -~'!a virt
nei sacramenti, di modo che quando uno battezza Cristo stesso Che Diit-
tezza. prelifJ!!~_riellit~~la, giacch lui che parla quando nella
Chiesa si legge la sacra Scrittura. presente infine quando la Chiesa pre-
ga e loda, lui che ha promesso: 'Dove sono due o tre riuniti nel mio no-
'mezzoa
mc,--i--sono:- in loro'.
In quest'opera cosl grande, con la quale viene resa a Dio una gloria per-
fetta e gli _QQl)lUP .,,~IJ.EQQQ__S_!!!!_!!!_c~fi!.!Q_~~~9_~ _sempre a s la Chie-
sa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per"mezzo Cli1ui
rende il culto all'eterno Padre.
Giustamente perci la liturgia ritenuta come l'eS<;Idzio del sacerdozio
di Gc:s Cristo; in essa, per mezzo di segni senSibili, vTeiie-s1g.ificat e,
in modo -~a essi proprio, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene
esercitato dal corpo mistico di Ges Cristo, cio dal capo e dalle sue
membra, il culto pubblico integrale.
Perci ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e
del suo corpo, che la Chiesa, azione sacra per eccellenza, e nessun'altra
azione dalla Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia la
efficacia.
d. Illustrazioni sistematiche
D La citata lettera dei vescovi tedeschi giustifica l'ordine soprattutto affermando che
la presid~!_ .~e!!~ -~a costituisce il vertice della missione del ministro promanante
da CiiStO che l'attualfazwoiie algesff-dclta cena- 1a rappre-senrazile pi fiiiensa
Qltristo (n. 47). Se l'ordinazione nelle Chiese della Riforma adempia le condizioni
dellSccessione apostolica, prootema-nonanora rTsOli. Cf:~ 'Zur
Disktis~ionunfCfiC-Bcdl!tlt'llng-cles ~-dm-VoH~iijf"der Eucharistie', in: Catho-
lica 26 (l972) 86-107; J. HAMER, 'Die ekklesiologische Terminologie des Vaticanums
11 und die protestantischen .11.mter', ibid., r46-r53; W. AVERBECK, 'Gegenseitige Aner-
kennung des Amtes?', ibid., 172-191; W. BEINERT, 'Amt und Eucharistiegemeinschaft',
ibid., 154-171.
RIFLESSIONE SISTEMATICA
3.39
24 Civ. Dei xo,6: CSEL 40/I,454: Verum sacrificium est ornne opus, quod agitur,
ut sancta socictate inhaereamus Deo.
25 Cf. sopra pp. 259 s.
340 EUCARESTIA
35 Ep. 63,17: CSEL 3,714: ... pass1oms eius mentionem in sacrificiis omnibus
facimus, passio est enim Domini sacrificium quod offerimus.
36 Cf. J. BETz, Eucharistie, cit., 1/r, 217-242; cf. anche GAUDENZIO DI BRESCIA,
Tr. pasch., 2,u: vinum ... in figura psssionis offertur.
37 Civ. Dei 10,20: CSEL 40/1,480 s.
38 Cool TERTULLIANO, De pud. 9: CC 2,1298: Cristo viene nuovamente ucciso e
in quel convito sieder nuovamente a tavola. METODIO DI OLIMPO, Symp. 3,8: GCS
35,21 s.: Il Logos scende anche ora in mezzo a noi e si spoglia di s nella memo-
ria della sua passione ... Cristo si spoglia, si umilia e muore. TEOFILO DI ALESSAN-
DRIA, Hom. de coena myst.: PG 77,roq: Il Figlio viene sacrificato volontaria-
mente, oggi non dagli avversari di Dio, ma da se ~tesso, per manifestare la sua pas-
sione salvatrice,.. TEODORO DI MoPs., Cat. 15,20; ST 145,497: Cristo, che in cielo,
che per noi morto, risorto e salito in cielo, anche ora viene sacrificato attraverso
i simboli. Se nella fede consideriamo con i nostri occhi le azioni commemorative che
ora vengono svolte, giungiamo a vedere che egli ancora una volta muore, risorge e
sale in cielo, cose che egli un tempo ha fatto in nostro favore. AoosTINO, Ep. 98:
CSEL 34,5 30 s. Cristo non stato sacrificato una volta nella sua persona, e non
viene tuttavia sacrificato per il popolo nel sacramento ad ogni festa pasquale, anzi
ogni giorno?. GREGORIO MAGNO, Dial. 4,58: PL 77,425 CD: Colui che vive im-
mortale e incorruttibile, in questo mistero della sacra oblazione viene nuovamente
ucciso. Nella liturgia romana delle feste principali (Natale, Epifania, Ascensione,
Pentecoste) si incontra un caratteristico badie.
39 Cf. CrPRIANO, Ep. 63,17: CSEL 3,714: la passione di Cristo il sacrificio che
noi offriamo. Ps.-CrRILLO DI G1rnus., Cat. myst., 5,10: SChr. I26,r5): Noi sacri-
fichiamo il Cristo ucciso per noi.
RIFLESSIONE SISTEMATICI\
34.5
nel quale afferma che anche ora noi offriamo il sacrificio del grande
sacerdote offerto una volta, ... nessun altro, ma sempre il medesimo,
perch noi compiamo una memoria di quel sacrificio.40
Anche il medioevo vive della fede che nella messa partecipiamo attiva-
mente alla vita e alla passione di Cristo. Tale fede trova fin da Amalaro
di Metz un'espressione decisamente storicizzante nella spiegazione allego-
rica della messa, che non altro che il rivestimento condizionato dal tem-
po della giusta idea dogmatica fondamentale della presenza attuale comme-
morativa. Che non si tratti di una ripetizione (reiteratio) della passione
di Cristo, lo precisa il Decretum Gratiani.41 Nella sua forma vera la pre-
senza attuale commemorativa compare nei grandi maestri dell'alta scola-
stica. Per Alberto Magno l'eucarestia memorile amarinimae pasrionir
Christi et transitus Christi ex hoc mundo ad Patrem, 42 nonch spiritualis
mactatio e immolatio. 43 Chiarissimamente si esprime Tommaso. Per lui il
sacrificio nella Chiesa non niente altro che il sacrificio di Cristo, la
sua commemoratio. 44 Nei molti particolari rituali, specialmente nei segni
di croce, egli vede delle allusioni allegorizzanti alla passione.45 Ma gli rie-
sce di radicare anticamente la morte di Ges nella consacrazione, in quan-
to presentifcazione, vi verborum, separata del corpo e del sangue.46
48 CT VII 478, T8 s.: Memoriam renovat iam pcracri (se. sacrilicii) ncc illud
figurat tantum quemadmodum vetera, sed re ipsa in se comprehcndit.
49 Su ci cf. B. NEUNHEUSER, 'Die numerische Identitiit von Kreuzesopfer und
Messopfer', in: ID., Opfer Christi und Opfer der Kirche, Dusseldorf 1960, pp.
139-151.
RIFLESSIONE SISTEMAnCA
347
's.i I documenti sono Did. r4,3; GIUSTINO, Dia/. 28,5; 4r,2; n7,r; IRENEO, Adv.
b11er. JV r7,5; CLEMENTE AL., Strom. v I4,I36; T!'RTULLIANO, Adv. ]ud. 5; Adv.
Mare. 3,n.
54 Duula.; Did. r4,t s.; GIUSTINO, Dia/. 40,I; Dia!. n7,I s.; IRF.NEO, Mv. haer.
IV 17,.5; 'll:POO'<jlOpti: CLEMENTE ROMANO, Ep. r 36,t; 40,2.4; (44,4); Cornelio di
Roma in Eusu10, Hist. ecci. vr 43,18; oblatio: lllENEO, Adv. haer. IV I7.,5; r8,1.4;
TF.RTUJ.LJANO, Ad. ux. 9; De cor. mil. 3; sacrificium: IRENEO, Adv. haer. rv. 17,5;
18,1.4; TERTULLIANO, De cultu fem. 2,rr; De orat. 19; Cipriano parla spesso di
oblatio e sacrificium.
5.5 C/_ IRENEO, Adv. haer_ rv 18,5: S Chr. l00,6ro.
350 EUCARESTIA
61 Decreto sulla vita e il ministero dei sacerdoti, art. 5; cf. anche l'art. 2 e la
cosrituzione sulla chiesa art. 28, secondo cui i sacerdoti rendono presente e appli-
cano il sacrificio di Cristo.
EUCARESTIA
3J2
6:! Le antiche teorie sul sacrificio della messa vogliono spiegare il carattere sa-
crificale, ma tengono troppo puco prcscnre la complessa struttura dcl sacramento.
La teoria della dis1ruzione soprattutto infelice quando vuole ravvisare l'essenza
e l'aspetto principale nella dis1ruzione dell'offerto, e tale aspetto pensa di trovare
nella messa. La teoria dcll'ob\a?.ione sceglie meglio il suo punto di partenza. Ma
ammettendo un nuovo atto sacrificale da parte dd Cristo celeste essa stabilisce un
nuovo sacrificio, sminuisce il sacrificio della croce e non riconosce la Chiesa quale
soggetto del sacrificio in rappresentanza di Cristo.
6.1 Nelle antiche preghiere dcll'offe1torio romano a ragione si faceva la memoria
panionis.
"' La mancanza dcl racconto dell'is1itm.ionc nei tardi manoscritti della liturgia di
Addai-Mari solleva ancora oggi un problema insolubile.
RIFLESSIONE SISTEMATICA 353
dicato del calice o~~XTJ nonch l'cda. nel senso della persona in
stato di martirio.76 Invece nel logion marciano del calice il sangue
presentato, secondo il modello di Ex. 24,8, come una parte (isolata)
del sacrificio cultuale, e Ges viene visto come il gran sacerdote che
con il suo sangue offre il sacrificio di s. Infine, anche qui l'a.la.,
in quanto pars pro toto, indica l'intera persona.
n fatto della presenza reale fisica viene testimoniato M.ffiara-
natha (Did. lo,6; I Cor. 16,22), inoltre da P~~f--e-Giovanni. Se-
corufo I Cor. IO,I6 s. l'unico pane rende i molti di tutto il mondo
un so~~..E_<:>.r,.P<?, p...Qich....euo..__ appunto la....parrecipazione reale del
co,mQ.. di_.Qristo. In I Cor. u,27-34 Paolo introduce il motivo del
giucliziQ....f..q~e dimostrazione concreta dell'asserita identit tra gli.
alimenti dell;~~;; e-ilcorpo.e 1C sanguecrrcesii: . f"asi di malattia
e di morte a Corinto in quanto cohseguenze di c9mpj2ui imJ,egne
dimos.tt.aJlo. l'.eflcac.ia.:sa(;tameD!!l(!. ~i_A~;iL~<:~i!tici. Giovanni par-
la cos realisticamente, in 6,5 1-5 8, di mangiare la carne e di bere il
sangue di .G~~Y., che..no P.JJQ.. t!_ssere inteso se non letteralmente. Il
rifugiarsi in una presunta inaute~cit-def ~~~~;tti-ili~gittimo. I
termini 11&.p~ e a.la. indicano anche qui l'intera .P.:t:rsona. In favore
di un'h~t~;pr~ta~i~~~ ~~l ~~nso d~lla p;es~~ real;&pongono per
gi i~.9.PJiqell~istit~.?:!.?E~ es,~L!.n.aj,.~~te,&>..go degli accenni evi-
denti in questa direzione. La forma stilistica dei logia interpretativi
diversa da quella <leHe proposizioni metaforiche, e l'offerta e l'as-
sunzione dei doni equivalgono ad una sottolineatura del loro carat-
tere realistico. Ci si pu perci chiedere: se Ges voleva rendere
presente il suo sacrificio, poteva farlo meglio che rendendo presente
se stesso come vittima?
bb. Tradizione. Fin dall'inizio la presenza reale di Cristo te-
stimoniata in maniera sorprendentemente chiara. Ignazio di Antio-
chia identifica if banchetto del Signore semplicemente con la car-
ne del nostro salvatore Ges Cristo, la quale ha sofferto per i nostri
peccati, ed stata risuscitata dal Padre nella sua bont.77 Egli non
vede l'eu~~~~stia ori:ie quakosa di enttilcato; ma', i~ ~.;;uormit del-
la sua mistica di Cristo, come il farmaco dell'immortalit e l'anti-
che in male.101 Per lui per essi sono corpo e sangue di Cristo non
sic et simpliciter, ma soltanto in certo modo, ne sono piuttosto il
sacramentum e producono, se interpretiamo hene il suo pensiero, una
aspirazione alla comunione di grazia con Dio. Essi per simboleggia-
no e attuano la comunione di amore della Chiesa in quanto corpo
di Cristo, che egli considera vero e proprio contenuto del sacramen-
to. Non si pu dimenticare che da Agostino riceveva .itllpulso e splen-
dore soprattutto una concezione simbolistica (che egli rappresentava
a motivo dell'extra ecclesiam nulla eucharistia). Egli ha tuttavia re-
so pi acuto il problema della realt, della possibilit interiore e
della portata della presenza reale, avviando cosl lia soluzione defi-
nitiva. La tensione tra realismo e simbolismo, tra Ambrogio e Ago-
stino, doveva portare ad uno scontro, che si ebbe appunto nelle due
controversie eucaristiche del medioevo. 102
Mentre Pascasio Radberto sottolineava la pienit)dentit ~el cor-
po sacramentale di Ges con quellt> storico, Ratramno poneva l'ac
cento sulla disd.nzion~_J!!. i due. Per quest'ul~o l'eucarestia cor-
po di ___!!JQ. soltanto sotto un certo asP<;tto, in quanto cio, in virt
della conversione, contiene una potenza dixini. Il vero enfant terri-
ble della faccenda presenza reale sar Berengario, che la nega reci-
s~me~~ Per lui il pane e il vino sono sacramentum~o) che, in
q1:tg, tale, rim.andfl Jiam sacramenti.i._ al..~~ e sanB!!e di Cristo
in cielo, ma, il _Qane e il vino nonJi COJ!!s.!!&2_00, bensl conservano le
loro propriet e quindi anche la loro sostanza, che per lui l'insie-
me delle qualit; gli elementi. quindi non vengono trasformati on-
tologicamente. L'opposizion~oontro-dilui (rappres~nata.- da Adel-
~~r;~~-di Liittich, Ugo di Langres, Durando di Troarn) si concentra
nella formula di professione del 1059 (os 690), composta dal cardi-
nale Umberto, la quale ribadisce un'identit troppo globale del cor-
po s~r~mi!.ltaf~_Cnsto__~n qu1lo -~-~orico~E in-quanto--:B;;n-
gario continua ad esagerarne la distinzione, Lanfranco di Bee e Guit-
Sermo 234,2; PL 38,u16; Sermo Guelf. 7; Mise. Ag. I, p. 462; Contra Faustum
20,I3: CSEL 25,r,552.
101 Guadagno spirituale: In ]o. tr. 26,13: PL 35,1613; Senno 57,7: PL 38,J89.
Giudizio nella comunione indegna: Sermo 227: PL 38,nor; Sermo 229: PL 38,
1103.
102 Anche per quanto segue si tengano presenti i particolari delle riflessioni svol
te pi sopra nella parte storico-dogmatica.
EUCARESTIA
doni affinch trasformi il pane nel corpo d L.risto e il vino nel san-
gue di Cristo; infatti ci che lo Spirito santo tocca per principio
consacrato e trasformato. 114
La concezione fondamentale greca della conversione, che qui vie-
ne in luce, 1'a seguente: Di~~n.fle j doni ~ffertiL li fa Eoi, li
compe~a, li inserisce nel Lo~, li rende corpo e sangue di Ges.
A ci, da -parte dell'uomo:-cr,rrisi>nde -'offerta--dei donT nella pro-
spho!A, la preghier~--~~loro accettazio~~-p.ell'~iclesi e nell'eu-
charistia. L'aspetto fondamentale dlla conversione quindi l'ap-
propriazione _dei d_q!}i da parte di_pio, il cambio di .E!_opriet, 115 che
comporta che le cose vengano dominate da un nuovo potere e ri-
cevano_~~ ~!._~SE _U!1~-~l!OVa potenzj~. La natura delle cose e il
loro mutamento non veniva visto filosoficamente, ma Rrimariamente
in rn!lP.!~.!!__din~ic~~-_fu-~~E.!lle. Era inoltre prevalente l'interro-
gativo su_ ci che _in_ ultima_ analisi deteneva, possedeva e infor-
mava 1!._c_~ Proprio quest; ~s};etto -offriva un .
adeguato -p;;to di
partenza per la comprensione dell'eucarestia. Se si spinge fino in
fondo l'interrogazione per sapere a chi in ultima analisi appartenga
una cosa ci si incontra con il problema della sostanza. La conver-
sione eucaristica si fonda sul fatto che le offerte non appartengono
pi a se stesse, ma al Logos, e ci nella maniera pi intensa, e nel
Logos hanno anche la loro sussistenza. Questo punto stato messo
in lu$_~.2e!l!!!!!tt.Q_ da Q@o ili. Al'e~~!!ndria_. Egli ricoEduce la di-
gnit e l'efficacia dell'eucarestia in molti luoghi al fatto che essa
iola. aap~ del Logos, la carne che questi si fatta propria. 116 Egli
usa anche la formula secondo cui l'eulogia unita "lta.it'\nt6a't'a.a~v
con il Logos. 11q Alla fine dell'et pa~ristica Giovanni Damasceno
esprime ancora la sintesi greca di incarnazione e conversione sacra-
mentale: Il corpo (euc,aristico) veramente unito alla divinit,
quel corpo nato daUa vergine, e ci non perch il corpo asceso in
cielo vi ridiscenda nuovamente, ma perch il pane e il vino vengo-
12 1 Testi principali per mutare: Sacr. .5,4,15,16,17; 6,1,3; Myst. 9,50,52; con-
vertere: Sacr. 4,5,23; 6,r,3; Myst. 9,52; transfigurare: De /ide IV ro,124; De
incorn. 4,2 3.
122 Myst. 9,52: CSEL 73,r12.
121 Sacr. 6,r,3: CSEL 73,72 s.
124 Ibid.: CSEL 73,n.
!25 Ps. GEROLAMO, Ep. 38,2: PL 30,272; cf. PL 67,10_52 ss.-1056; PL 82,1225-1228.
1.26 Ibid.: PL 30,275.
121 Ibid.: PL 30,273.
128 Liber de corpore et sanguine Domini 8,2: PL 120,1287 C; 20,2: PL 120,
1330C.
RIFLESSIONE SlSTl!MAnCA
375
sere al non essere e dall'essere all'essere. 129 Egli .ammette una conver-
sione ~ll'eucaresti (cap. 25), che per DOA toi;ca la ~so:nanza~ la
realt fisica delle cose create, ma equivale al sopraggiungere di una
virtus segreta.V'' L'eucarestia_Lil_fQ!J>O di Ci:i_~~ in sp'!._cj!2_!ed in
virtute. 131 Lo stimolo decisivo ad una pi esatta determinazione della
cruwersione proviene da Berengario. Oltre alla presenza reale egli nega
anche l!!.._!~~ reale degli elementi, la quale s~oncfoui
comporterebbe l'annientamento del pane e del vino, il che contrasta
con la bont di Dio come pure con l'apparenza, equivatrebbe inoltre
a un nuovo divenire del QOrpo di Cristo, il che impossibile. Beren-
gario -~~~~?.!!~~Elli!.. trasformazione del significato degl~le
menti, in quanto essi divengono simbolo del corpo e del sangue di
Cristo. 132 Il compito di sQiegare in mani~a lo_g!ca sodisfacen_E,:_ la
identit, a~~~ita ~~~--f~~dc:L~.orpq euf~~-s_t_i~~i-~!.~t_?_ ~.....21el
lo naturale, veniva assolto ammettendo una conversione della sostan-
za degli elementi nella sostanza del corpo reale di Cristo. Lanfranco
e Guitmondo di Aversa furono i pionieri di questa idea. --La trasir-
mazione non-rguarda.'apparenza estetn;-(species), 7neppure sem-
plicemente la vitJ:Q..i!i$E.!1a, ma ~~ci?~~it_ !:fl.~ri~~-~~l!!Pirica
deV..'..~~e. Ora si imponeva la soluzione di due problemi, la cui
storia abbiamo gi delineato: che cosa viene trasformat2z_ che cosa
la_ .S.!>!tanza che si trasforma? E -~e pr(x;de la m~fo;;azione,
che cosa ~u~-~~~e agli elementi terreni? La risposta alla prima doman-
da si muove sulla linea del concetto di sostanza che sta alla base. La
prima corr~n~,_rappresentata da-~etro_ c6nt9.r~J~--=~l~.!~~sa la
sost~I_!~ nel__~_!!J?Eor!_~ dell~ qualit, concepisce conseguentemente la
transustanziazione Come trasformazione soltanto del sostrato mate-
ri~J~1 rimanend~ conservata la forma sost~~1e- quafil es-
senziali. m Qu~~~~ione parziale viene soppiantata dall'altra con-
cezione, che viene introdotta da Alano di Lilla e considera la sostan-
za come uoiti__J[Pia~~i~~~)2~-a: ~--qci~d1--ia-trii:s~st:i'n2iazione
come trasform~i()l!~ d~~!~i!.l!_t:!a ~n~it~. S_?st~n~ale, cio del soggetto
--
sua umanit, assume -i _d.Qnj_ ~~ri.fiali ..P!~~~Dt.atLe Qti!:;n.La Dio, si
appropria anch~_,di essi in maniera talmente intima che essi cessano
di essere degli enti"creitf au1~~2.D!i . iit ciIVntarirsuo-s-acramento,
il modo anamnes"i:ico-df'ffi;nifestazione del suo corpo e del suo san-
gue, anzi per diventare addirittura in manier;t sostanziale il suo cor
po e il suo sangue. Alla base deHa conversione sta quindi una parti-
RIFLESSIONI! SISTEMATICA
Oltre alle opere citate nel testo ricordiamo anche la seguente biblio-
grafia:
I. Opere generali
4. Opere sistematiche
Sofonia J Luca I
Queste continue allusioni, che ritroviamo anche nel seguito del rac-
conto, suppongono una duplice :identificazione: Maria la figlia di
Sion escatologica promessa da Sofonia; la presenza di Jahv, del
re in mezzo al suo popolo (bekirbek), diventa incarnazione: Ecco,
concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio; il figlio di Daviid
viene identificato con il Figlio di Dio 6 e Maria la nuova arca del-
l'alleanza che dovr essere coperta dall'ombra della schekinah. 7
4 Ivi, 64-91.
5 lvi, 64-71. Un analogo annuncio di gioia messianica, rivolto alla figlia di Sion,
presente anche in Joel 2,21-27; Zac. 2,14 e 9,9. Ma la maggior affinit oon Le.
presenta il testo di Sopb. 3 (ivi, 66, nota 8).
6 lvi, 71-72 e spec. 140-148. Le. r,32. (Figlio dell'Altissimoi.), che richiama .2
Sam. 7,14 (egli sar mio figlio1>), rimane indeterminato. Soltanto Le 1,3,5 ci eleva
al piano di una reale figliolanza di Dio, della schekinah (presenza di Dio nell'arca
dell'alleanza). Le. 1-2 proviene indubbiamente dalle cerchie giovannee e s'avvicina
al prologo del vangelo di Giovanni, ma non svolge il pensiero con altrettanta am
piezza.
7 Ivi, 73-79. Nella nuova edi2ione del 1962 ho corretto la chiusa del primo ca
poverso di 76: il tennine gloria, che manca in Mt. e Mc., viene assunto da Le.
9,32. Su Maria nuova arca dell'alleanza, secondo Le. 12, vedi ivi, l,59-162 (d.
73-80).
MAllJA PROTOTIPO DELLA Qll.ESA
394
Gi. che nella prima arca dell'alleanza si trova realizzato come in pre-
figurazione, ora si realizza pienamente ed interamente nella persona
di Maria. In entrambi i casi la presenza dal di sopra segno di
una presenza dall'interno. Mediante la potenza trascendente di
Dio, 1'a Vergine (I.e. l,27) concepir senza conoscere uomo (I.e.
1,34; cf. ]o. 1,13), e colui che da essa nascer non sar un bambino
comune, bensl il Santo per eccellenza (Le. 1 ,35 ), il Dio con noi
(ls. 7,14; Mt. l,23; cf. 28,20). Il Logos diventato uomo e si
attendato fra noi (]o. 1,14). La gloria trascendente si trapiantata
nel mondo da salvare. A differenza di quanto accade nelle nascite
normati, qui il figlio preesiste aUa madre.
H nuovo Israele si trova quindi presente nei suoi due primi mem-
bri: nel Figlio di Dio incarnato e in colei che lo inserisce nel genere
umano e nella sua stoma. Lo Spirito santo non soltanto il principio
di questa nascita ma anche n vincolo di questa unione fisica e spiri-
tuale. La cooperazione di Maria al mistero dell'incarnazione - la
sua domanda (Le. l,34), il suo fiat (Le. l,38), la sua partecipazione
nel ruolo di madre - dipende dall'azione dello Spirito santo (1,35),
il quale opera tutto in tutti.
In realt si tratta di un legame che si fonda sull'opera dello Spirito
e che congiunge tra loro l'autore di ogni grazia e colei alla quale, se-
condo il nuovo nome conferitole daN'angelo (XEXPL'tWVT), Le. 1,28:
la piena di grazia della Volgata), si rivolge la benignit di Dio. Il
Corpo mistico, che si dispiega nella Chiesa visibile, universale gi
misteriosamente presente nei suoi due membri originari: nella serva
del Signore, che ha pronunciato liberamente il suo fiat (Le. 1,38) e
nel Signore (2,11), che in lei diventato figlio di Davide (1,33 e
2,11 ), figlio del genere umano, per salvarlo. Dio ha voluto che questa
comunione tra lui e gli uomini salvati si attuasse nella fede ( 1'45 ), nel-
l'amore, nell'obbedienza e umilt, nel dialogo ed anche nella chiara
conoscenza (1,34).
EVOLUZIONE STORICA DEL llAPPOllTO
12 F.M. BRAUN, La Mre des fidles, Tornai 219_54, 55-55, ha messo in rilievo
questa separazione dopo Cena, sottolineata dai testi sinottici (vedi _59-62 ). Ma non
dobbiamo esagerare. Questa utile separazione transitoria e non presenta alcunch
di rigido. Si noti che Braun non prende in considerazione ]o 2,u: Dopo questo,
egli sese a Cafamao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli, ma
non vi rimasero molti giorni.
Fatto veram"ente interessante: quando si tratta della propria missione, Ges tie
ne lontana Maria e dimostra di voler evitare soprattutto qualsiasi confusione tra
piano carnale e piano spirituale. Lo scorgiamo nell'episodio del suo ritrovamento
(Le. 2,49 s.), poi a Cana (Jo. 2,4, il cui significato di negazione non pu essere mi
sconosciuto) ed infine pi volte nel corso dell'attivit di predicazione di Ges:
Mc. 3, 31-35 (e paralleli: Mt. 12, 46-50; Le. 8,19 ss.), Le. II,27 s. e Jo. 7,3-10. Te
sti che per lungo tempo i cattolici hanno ignorato e che il Vaticano 11 ha ripropo-
sto (Lumen gentium, .57 e ,-8). .
IJ Per l'ora>i> della passione, che secondo ]o. 2,4 e 19,27 circonfusa di glorio,
vedi F.M. BRAUN, op. cii., _55-58; A. FEUILLET, 'L'hcure de Jsus et le signe de
Cana', in ETL 36 (1960) 5-22.
14 <0Maria, ecco tuo figlio; figlio, ecco tua madre (Jo. 19,25 ss.) solo pi tardi venne
interpretato nel senso di una maternit spirituale (per la storia delle interpretazioni
vedi TH. KoEHLER, 'Les principales imerprtations tradicionellcs de Jean 19,2 5-27
EVOLUZIONE STORICA DEL RAPPORTO
397
pendant !es douze premiers sicles', in Etudes Mariales 16 (19_59) 119-155). Una tale
interpretazione sembra comunque fondata e viene proposta sempre con maggiore
insistenza dagli eliegeti. Cf., oltre Braun e Feuillet gi citati, M. de GoEDT, 'Bases
bibliques dc la matemit spitituelle', ivi 35-.54 e il saggio integrativo: 'Un schme
de R6rlation dans le quatrime Evangile', in: NTS 8, 1961, 141-1_50, ecc. Ma pet
quanto riguarda sia questo come altri punti, oggi vediamo delinearsi un movimento
contrario, critico.
1s Gen. 4,2,, Jo. 19 tutto intessuto di allusioni all'Antico Testamento. Nei vv.
25-27 c' forse un riferimento a Gen. 4,25 e Gen. 3,20 (Madre dei viventi,.)? E
possibile, ma non possiamo provarlo, specialmente per Gen. 4,25.
16 ]o. 19,25 ss. pu essere confrontato con Apoc. I2,17: a quelli che restano del
la progenie di lei, a quelli che ossetvano i comandamenti di Dio e hanno la te-
stimonianza di Ges. Per l'interpretazione di questo passo, d. gli scritti citati
nelle note 12 e 13, come pure A. FEUILLET, 'Le Messie et sa Mre, d'aprs le cha
pitre I2 de l'Apocalypse', in: RB 66 (1959) n86 e l'altra analisi complementare ap-
parsa su Biblica 47 (1966) 169-184; 361-380; 557-573.
17 Bolla Munificentissimus dell'1 nov. 1954: DS 3903.
MARIA PROTOTIPO DELLA CHIESA
nel Cristo che nasce, nel Cristo che muore, nel Cristo glorificato. In
questa prospettiva Maria la cellula originaria in cui la Chiesa gi
virtualmente contenuta come la pianta net seme, come la conseguen-
za nelle premesse. Procedendo su questa linea Paolo VI giunto a
proclamare, il 20 dic. 1964, Maria Madre della Chiesa: una for-
mula che il papa ha accompagnata con alcune riserve e precisazioni
e che illustra appunto questo stato di cose in modo toccante e pa-
radossale.
c. Questo rapporto s'inverte, invece, quando l'osserviamo alla
luce del mistero di Pentecoste. D'ora in poi Maria chiaramente uno
dei membri della Chiesa, una delle 120 (Act. 1,1.5), poi delle 3000
(Act. 2,41), inlne delle 5000 persone (Act. 4,4), che si sono riunite
attorno agli apostoli, dei quali ora emergono l'importanza e supre-
mazia.
3. Nesso funzionale
22 ... Cum altari assistitur, semper ad Patrem dirigatur oratio: MANSI 3, q59,
col. 922, can. 21 (25); cf. HEFELE-LECLERCQ, Histoire des Conci/es u, Paris 1908, 87.
La disposizione, secondo la quale nella liturgia della messa ci si doveva rivolgere al
Padre soltanto, venne emanata nel 393, dal Sinodo di lppona, e poi confermata nel
197, dal Sinodo di Cartagine. Fu mantenuta a Roma per molti secoli e sembra si
sia poi estesa a tutte le orazioni liturgiche che non vengono recitate all'altare.
1.3 H. BARR, 'Les premires prires mariales de l'Occident', in: Marianum 21 (1959)
129. Solo dal sec. x circa... (in Occidente) inizia l'usanza di recitare l'Ave Maria
secondo la forma biblica, che si conclude con il 'ventris tui'. Barre analizza (129-
141) le prime formuk a noi note che si riferiscono a Maria, per lungo tempo im-
piegate secondo la forma di lode piuttosto che secondo quella di orazione. Purtroppo
non possibile stabilire una datazione precisa (sec. m/1v) della preghiera vera e
propria, pi antica, Sub tuum praesidium, di origine greca. Dopo lo scritto pi
sopra menzionato, Barr ha pubblicato la sua importante opera Prires anciemies de
l'Occidenl la Mre du Sauveur, Paris 1962. a. anche G.G. MEERSSEMAN, Der
Hymnos Akatbistos im Abendland. Akathistos-Akoluthie und Grossbymnen, Spici-
legium Friburgense 2, Freiburg/Schw. 1958.
NESSO P'UNZIONALE
sta della Nativit {8 sett.) la troviamo verso la met del sec. v1; quella
della Presentazione di Maria al tempio (21 nov.) nei secc. vu/vm. Dal
sec. VII queste festivit si diffondono progressivamente in Occidente,
per ultima la festa della concezione (nel sec. xu).25 In seguito l'Occiden-
te produrr le sue proprie festivit mariane, non senza certe esagerazioni
(nell'et moderna). Dal sec. xvn in poi, :fino al concilio Vaticano n, Ro-
ma dovette continuamente opporsi alla proliferazione delle festivit ma-
riane. La Congregazione dei Riti non consentl la celebrazione di centi-
naia di feste suggerite dalla piet mariana post-tridentina, alcune di es-
se le ha rigidamente circoscritte a determinate aree, mentre ne ha sop-
presse un buon centinaio.
2S Per la posizione che Maria venuta ad assumere nella liturgia e il nascere delle
commemorazioni e feste liturgiche, vedi la pi ampia e documentata esposizione di
R. LAURENTIN, Court lrait..., 51968, 54-57 e la nota 4 al 172 s. Alcune precisazioni
e rettifiche, suggerite dall'importante resi di laurea di ). Caro, vengono addotte dal
l'autore nello scritto 'Bulletin sur la Vierge Marie', pubblicato su RSPbTh :;2 (1968)
513.
NESSO FUNZIONALE 405
36 Nei suoi atti il titolo di mediatrix molto raro. Le traduzioni spesso in-
gannano, perch convertono frequentemente il termine sequestra, usato tenendo
conto di r Tim. 2,5, in mediatrice.
_17 H. ASMUSSEN, Maria die Mutler Gottes, Stuttgart 1951, :;r.
NBSSO FUNZIONALE
39 R. LEIBER, 'Pius xn', in: StdZ 163 (19381959) 86: Per quanto ... riguarda ....
il problema della 'Mediatrice' e 'Corredentrice', Pio xn, ancora poche settimane
prima di morire, nei giorni immediatamente seguenti al Congresso Mariologico di
Lourdes, affermava che entrambe le questioni erano troppo oscure e non ancora
sufficientemente maturate. In tutto il suo pontificato non ha mai voluto, e di
proposito, prendere posizione in merito a tali problemi, preferendo lasciarli alla
libera discussione dei teologi. N pensava di mutare questo atteggiamento.
" R. LAURENTIN, La Vierge au Concile, Paris 1966, 151168.
NESSO PUNZIONAJ.E
Cristo Cristo
Ma}ia j t
Maria
t
J,
J,
Chiesa Chiesa
NESSO FUNZIONALE
REN LAURENTIN
BIBLIOGRAFIA
2. Bibliografie
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O. SEMMELRont, Urbi/J Jer Kirche. Organischer Aufbau des Marien-
geheimnisses, Wiirzburg 1950; 1 1954.
SEZIONE SECONDA
cl~siale, per cogliere cosi quel punto di vista da cui partire per di-
stinguere fra una gerarchia esterna ed una interna.
Condurremo questa riflessione in due tappe. Innanzitutto esami-
neremo la possibilit e necessit di una simile ricchezza di forme ec-
clesiali, e ~;n ~~grado bensl proprio a motivo del comune fonda-
m~to_clj. fu.de. La concretazione e configurazione dei singoli tipi
non sol-o sono possibili ma sono anche esigite, richieste a ciascuno.
In modo analogo a quello che riscontriamo nella riflessione filosofica
La tensione fra ~.~nza cristiana deHa fede colta nei suoi tratti
generali e comuni e quella osservata,--nelfeClIV"erse espressioni che
essa assume all'interno della Chiesa solleva senz'altro un problema
specificamente teologico, che si potr approfondire anche in base a
deUe analogie di tipo filosofico. Va comunque osservato che in tal
caso non basta semplicemente vedere la problematica ecclesiologica
come l'applicazione sussunta di un problema filosofico generale; es-
sa piuttosto l'amplificazione formalizzata di un'esperienza concreta.
tavano pur sempre il fatto che negli enunciati ontologici era impos-
sibil'<'.. rac~~~~~er(!_ ~~ ~.?!1.<:~~t:_z~~-~~l.'t:~~~~r.i!e.._~golo, e specialmen-
te l'unit della persona singola e specifica. La determinazione onto-
logica consente altre e pi precise determinazioni, ancora passi-
bi!_e.__.J!j__ determinaz~ e di specificazione. Un esempio plastico di
questo stato di cose ci viene 9J.J~nQ.__l;!IJ.'al~.Q_s!L:Porfrio, pianta
che costretta a differenziarsi oltre i rami del genere e della specie
per poter includere anche la cosa singola. Ma questa possibilit si
rivela anche una necessit: la determinazione ontologica universale
an;;~a carente. di..A!Le.!_mintL'IJQ.ne. Ci vale anch~-qua~doPuniver
salit e l'astrattezza del concetto filosofico, nel designare l'individua-
lit ~illg_Q~. cozza.v. !LfQ!!tro i lQJ:..Q__ mlli._.limi!i. Cosa rende, fra i
molti alberi di una determinata famiglia, questo singolo diverso da
tu_!:ti gli altri? o~a rende,J!.!_i molti uomini, Socrate ci che egli
.? Questi erano i semplici interrogativi che ci si ponevano oon-essen-
do in grado di addurre un pi preciso principio di individuazione.
Nemmeno la soluzione scolastica, che localizzava tale principio nella
materialit singola o nel t~9 fra _mt~~-fil!Ll!J.'Opria materia,
autorizz a pensare di aver colto e formulato l'essenza dell'indivi-
dualit, ma soltanto e tutt'al pi di averla cercata. 2 Se tal'e soluzio-
ne poteva soddisfare le esigenze emer~ti dal wndo materiale, es-
sa -rimane-li1vece -1nfutltmente dist~~-t-e, sul piano umano, dal miste-
ro della persona. E questo risulta chiaro solo quando si cerca di ap-
profondire meglio i modi di concretare l'esistenza di fede neH'am-
bito ecclesiale.
2 Per una breve panoramica sulle diverse teorie filosofiche circa l'individuazione,
cf. G. MEYER, 'lndividuation', in: LThK v (1960) 658.
MULTIFORMIT DELL'ESISTENZA ECCLESIALE 421
b. Testimonianza cristiana
come risposta alle sollecitazioni della storia
s Per quanto riguarda l'unit carismatica che caratterizza ogni attivit ecclesiale,
d. H. HASENHUTTL, Chdrisma, Ordnungsprinvp de Kirche, Freiburg 1969.
CHIESA COMI! LUOGO D'BSJSTl!NZA ClllTIANA
stiana. Ma perch quanto gli Atti degli Apostoli affermano sulla vita
della comunit primitiva e sugli inizi dci discepoli di Ges venisse nuo-
vamente preso in considerazione, e questo ricordo rivivificato, era ne-
cessaria una determinata situazione ecclesiale, una sollecitazione offerta
dalla storia.
I Per le diverse categorie dei santi, nella tradizione liturgica e sua valutazione,
d. 1.F. G>RRES, 'Heiligentypen', in: LThK v (1960) rn3 s.
9 di santo, come tematica autentica della teologia (oltre quindi la tematica del
la santit istituzionale della Chiesa e dei sacramenti), ci viene delineato, ad esem-
pio, da H.U. v. BAL'IHASAR, 'Theologie und Heiligkeit', in: Verbum Caro, Einsie-
deln 196o, 195-225 (trad. it., Morcelliana, Brescia); K. RAHNER, 'Die Kirche der
Heiligen', in: Schriften III, nr-u6; In., 'Warum und wie konnen wir die He!-
Jigen verehren?', in: Schri/len vn, 283-303.
MULTIJIORMIT DELL'ESJST&NZA l!CCJ.l!SIALB
11 Cf. K. RA.HNER, 'Der Anspruch Gottes und der Einzelne', in Schriften VI,
.:;21-536 (trad. it. cit., nota 4).
434 CHIESA COME LUOGO D'ESISTENZA Cl.ISTIANA
stili di vita cristiana, dove l'e..filatenza dei relisiosj esprime una ri-
spondenza pi adoguata, una testimonianza dj presenza e di realiz-
zazrone pi intensa di quella che riscontriamo invece nell'esistenza
che i cristiani conducono nel mondo, di cui continuano ad accettare
le condizioni e in cui s'impegnano pi decisamente. Meno pronun-
ciata questa valutazione affiora anche quando si vede riferito il_re-
ligioso, se non pi ad un futuro e compimento escatologici che si
profil~no nel mondo, aa
uno stanco Sldil. AHille a questo giudizio
si mostra an_che una visuale pi soteriolo&fEa, che fa appello al pro-
gresso raggiunto sl!L_cammino della santificazione e del rinnovamento
dell'uomo, e che considera il religioso come una persona ormai
decisaiiinte inserita in uno stato di redenziooe e di santifjcazione, il
secolare invece ancora radicato nefil'ambivalenza soteriologica di
peccato e santificazione, di uomo vecchio e uomo nuovo. Sintoma-
tico a tale proposito l'impiego del simbolismo battesimale durante
le cerimonie della vestizione e della professione dei voti.
Tutti questi criteri ebbero come risultato che ai cristiani, i quali
vivevan~-~ll __vita religiosa, si attribuisse uno stto pi perfetto di
quello riconosciuto ai cristiani secolari; a fondamento ed esempio si
adducevano anche i diversi detti e immagini della Bibbia. L'idea dei
diversi statfdi maturazione condusse poco a poco, e senza che lo
si avvertisse, ad una .segregazione elitaria dei religiosi dai comuni
cristiani secolari; i primi costituivano cosl la cerchia dei cristiani
maturi e perfetti, che si nutrivano di solido cibo ed erano in grado
di gu;tdare nel "In.istero pi profondo, mentre tutti gli altri fedeli
rimanevano ancora in uno stadio infantile, dovevano venir nutriti
con il fatte dell'elementare insegnamento della fede e non erano
ancora giunti alla pi profonda visione delle cose (I Cor. 3,1 s.).
17a. K. RAHNER, "Ober die evangelischm Rate', in: Schriften VII, 404-434.
Rabner si sforza di superare una falsa gerarchia,., senza tuttavia compromettere la
validit dei consigli evangelici.
444 CHIESA COME LUOGO D1ESISTE.NZA CRISTIANA
----
ferita'"":__ come dovrebbe essere possibile in una Chiesa dinamica e
aperta - al singolo cristiano, bensl spostata verso na comunit ed
un m:dinamentoberi-;tt\itturato di vita. Quel criterio di maiigiore o
min<?re realizzazione di fede, prima fatto dipendere dal1a decisione
personale, venne cosl ricav~to dall'istituzione e ordinamento di ser-
vizio. Certo, si dovranno rilevare le diverse intensit di esistenza
~iiUla, ma non detto che queste intensit si trovino obiettivate
ne~rsi ordinamenti di vita. Si dovr tener presente anche, come
un secondo momento storico, che ben presto la Chiesa, prima del-
l'et moderna, fu fatta coincidere con le comunit politiche e terrene
succedentisi nel tempo. Nell'orizzonte deUa cristianit medievale la
C~oltanto se stessa, e il non cristtll!!_~_!l:Itt'al pi
come fenomeno marginale. Manc dunque l'esperienza quotidiana
dell'incr~dliffi~P-~redeaia, per cui si ~mnorome ovvi
un minimo di fede e una prassi religiosa conformistica, indispensabi-
li per l'integrazione in una societ cristiana. Che da questa vita cri-
stian~ a tutti comune, ma vissuta nd segno della mediocrit, emer-
gesser.Q. .d~LJnOY.i m.Wiiftar(Tq~;JTnell' am'bTto-arun generico cri-
stianesimo si propfl.!!.<:!~~p.~ una vita vissuta nella fede radicale e nel-
la sequela risoluta, era senz' alt~o-@-~Tntomo--dlpresa<IICOscienza
ev~~geii~;: Data la mancanza dt UD__ f!r!.~~J~!.edele e fa presenza
di un ambi~nt~-~- socie~ gi__gistj!_ni, era quasi inevitabile che uno
stile di vita pi pronuf!ciato lo si interpretasse anche come un mo-
do di vivere pi perfetto. Trovar-ono cosl nuova aPPliazloile-gli
enuncia~lill"Hd sul passaggio sl.tl_xe.:..ctilil_J!Q!!lo all'uomo nuovo,
sullo sganciamento da~ mondo peccaminoso. Qu~iteS'ti non pote-
vano pi venir riferiti alla scelta battesimale operata da tutti i cri-
MULTIFORMIT DELL'ESISTENZA ECCLESIALE
fia in senso lato e ristretto, cio anche dalle forme di fede cristiana
non canonizzate.
La fede oristiana, nel suo svolgersi nel tempo, conosce due limiti che
non possono venir superati in avanti o all'indietro, ma che nell'arco
cronologico da essi determinato rendono ancora possibili diverse ac-
cenmiazion.i ed esperienze. Gi il NT ci mostra questa unit e varie-
t insieme. vero infatti che la fede cristiana sa di essere trasposta,
a motivo della presenza cli Dio in Ges e della .e_romessa ch~ascen
de il tempo, in una presenza escatologk3_Q.alla quale qon potr pi
prescindere. Nell'esistenza di Ges e nel suo annuncio iniziato H
re@....<!LQio. Il Signore glorificato ora rende partecipi, per mezzo
dello Spirito, della sua nuova realt. Ma anche vero che la stessa
fede non pu ~_;::;;;~~p;;r ii:oppaleggerezza ed impazienza, i limiti
che le sono imposti in questo suo tendere verso un futuro salvilco
manifesto e pienamente- realizzato. La -presenza del regno di Dio vie-
ne continuamente posta in questione dall'esperienza ~posta, quella
cio_,P.i un potere di. morte che an>_!!.Mmane. La comunione con
il Signore risorto dev'es,~.C?!~-~antenuta in una esperienza disincan-
tata d!~~sio!!~.!.~~ mc;>:!.; N'~;;;~~~~-1-;. Chi~~-;--pu- identificarsi
trionfalisticamente con il regno di Dio e immaginarsi sottratta ad ogni
minaccia e peccato. Nell'esistenza del singolo, come nell'esperienza
della c~!!~ ..s.L~oyrappongonn esperieQK.~-~eterminE.ioni di tem-
po d.c::l tutto contrapposte: gi inseriti nella nuova realt, ma non
ancor~T~...QQ"!~i~.iQ..Qf_y~3_ce.r.tezza_ulri:_fca che non ammetta tenta-
zioni; gi partecipi del dono dello Spirito, ma sempre stimolati dal-
1'imJLli'.glW...ad..un~. vita. _vj~s4 t~-~ef.~>nd>. i_ .9~Jtl\mLdcLm,e.Pesimo Spiri-
to. Questa determinazione dell'esistenza rende ormai impossibile una
ricaduta nel passato, ma anche un salto nel futuro. Lo stesso NT
mostra in modo paradigmatico come siano possibili tipi fra loro estre-
mamente diversi di realizzazione della comune fede e della stessa
comprensione del tempo all'interno di questa determinazione tem-
porale; tensioni che possiamo cogliere anche in un'opera letteraria,
quella paolina ad esempio. Lungo l'intero arco storico della Chiesa,
della spirh1,1l!1.~t_!_i: . Aell,'~s_Qerie~!!.. ..di.Jede.. ..sL.notetanooJa..~ssa di-
spersione e policromia. Singole persone, gruppi o comunit sperimen-
tera~~o-in--s stssr soprattutto uno stato di ir-redenzione: nei pro-
pri peccati, nella propria e comune debolezza, nella sofferenza del
TIPI DI ESISTENZA ECCLESIALE
457
Questa dilatazione del carisma del singolo alla vita cli un gruppo solle-
va per__~!iJ?roblemi.!...~~ la mag~~i:_~za..?~~!-~~i... !.c:l:i&!2~!:. . ~~tte
affrontare. Data la sua r1cciieZza, la spirnuat.t del fondatore non solo
pu-essere imitata ma deve anche rifrangersi in diversi tipi di vita spi-
rituale. Ma l'interpretazione e la concretazione di questo modello ori-
ginario .non sono affatto arbitrarie. Le diverse battaglie che, nel corso
della s:oria;-~fcombaii~~(J;nsiamo soprattutto ai francescani) per
affermare ..m1_i!__Q..f!:i:_minl!!_~_ !.gl_2ost~ion.!:_A~l..P.!9erio ordin~~so, non
sono certo edificanti, e tuttavia dimostrano pur sempre la preoccupazione
dei disce.P..o.li di rimanerJ~...filtid.~ak.dcLS.imt9"' anch~_t_EN.~ che
questa fedelt da alcuni veniva interpretata in modi troppo rigidi e ser-
vili, da altri troppo lassi ed arbitrari. Nell'affermare la giustezza e con-
form_iE _di que~~_AJ~~~ato _i _~L.I!~Q ..~a~-~opratl!!_lli>.. JJ.gli !!.~petti
esteriori, e~indi smarrire la vitalit dello .:!P.!!.i~<?. 2~i_fil?ario; ma si pu
sfociare anchiil 'iiiosp1ntilaTis-mo-1ntUilistico, e perdere cosl la con-
cretezza della vocazione iniziale, ora appiattita in una genericit priva
di qualsiasi profilo. Il fondatore potr, comunque, irradiare ancora la
sua luc~ ..soha.!!ill2.LV..er.r.. ~~ _9n.t~$t.Q_.fQ.Q9:~-~~-_jl}_ c1!_i_egli
realizz ~a__~ria ispirazione evangelica. Una spiritualit disincarnata
orma.i da tale conCrtzza n-pru-aenevolte non fa altro che mini-
strare in modo arbitrario certi contenuti generali del patrimonio cristia-
no, come la povert, l'amore per il prossimo, ecc_
a. Condizionamenti storico-culturali
di un rapporto di fede con il mondo
2o1 Per la teologia degli ordini religiosi e relativo significato ccclesiologico, cf.
1.F. G<iRRES, 'Vcrsiegcnde Brunnen. Ein Selhstgespriich iiber Monch und Laic', in:
Caritas 44 (1966) 252-274 e 293-3or; S. REGLI, Das Ordensleben als Zeichen in
der Kirche der Gegenwart, Freiburg/Schw. 1970; Fr. WuLF, 'Um den Standort <ler
Orden in Kirchc und Welt', in: GuL 36 (1963) 302-306.
TIPI DI ESISTENZA ECCLBSIALB 471
poste non erano affatto considerate tali. Che il vangelo possa es-
sere vissuto secondo lo stile di un Francesco, mvita religiosa secon-
do lo stile della Compagnia di Ges, la vita contemplativa secondo
quello di Charles de Foucauld, apparir convincente soltanto dopo
che questa testimonianza si effettivamente realizzata. Prima di ve-
nir concretata, essa rappresenta invece, sia per n singolo come an-
che per la Chiesa di cui egli fa parte, un rischio di cui non si co-
noscono le proporzioni e che n il singolo fedele come nemmeno la
Chiesa istituzionale sono senz'altro disposti a correre. L'elemento
nuovo qui sta nella sottolineatura di una istanza evangelica, e re-
lativa strutturazione di un certo rapporto ecclesiale, o in un impe-
gno critico che la societ contemporanea sollecita. E non affatto
facile accettare questa attenzione profetica, soprattutto perch ci
implica quasi inevitabilmente il riconoscimento di un disinteresse
ed omissione colpevoli. Si pensi ad esempio alla battaglia per l'abo-
bizione della schiavit od all'impegno politico per l'indipendenza de-
gli <Stati coloniali; due atteggiamenti che sempre, nei territori di
missione, hanno dovuto cozzare contro una fitta rete d'interessi po-
litici, economici e sociali, da cui non si voleva s-pontaneamente uscire
e che non si era disposti a fronteggiare in modo critico e conflittua-
le. Non si potr certo sostenere che la Chiesa cattolica, che pur van-
ta una notevole tradizione di fede ed esemplari figure di santi, ma
che anche impacciata dal suo apparato istituzionale, si sia dimo-
strata particoliarmente aperta a quelle persone carismatiche che an-
nunciavano un nuovo momento nella vita della fede e deHa Chiesa.
Prima di accordare fiducia, o d'infondere coraggio, a questi testimo-
ni profetici della fede e acuti interpreti del momento storico, essa
volle sincerarsi della compatibilit fra questi atteggiamenti e le pre-
cedenti forme di fede e di santit: pretesa che non poteva venir sod-
disfatta prima che l'esperimento si fosse realizzato, e con successo.
In una Chiesa che voglia essere contemporanea al mondo in cui vive,
si dovrebbe presumere l'autenticit spirituale a simili iniziative.
Ma questi nuovi tipi di fede e di vita, che quando sorgono incon-
trano una certa resistenza soprattutto nella Chiesa istituzionale, ri-
mangono pur sempre esposti al rischio di dimenticare il momento
storico in cui sono nati. I singoli cristiani devono riconoscere, oltre
il momento in cui la loro testimonianza prese origine, anche la pre-
CHI.BSA COMB LUOGO D'ESISTENZA. CltlSTIANA
474
senza o meno cli quella situazione che l'ha resa possibile. Come esi-
ste il pericolo di arrivare in ritardo sul kair6s, sulla situazione che
Chiesa e societ stanno vivendo, cosi c' i~ rischio di proseguire sul-
la propria strada disattendendo le sollecitazioni del momento. I mo-
vimenti profetici e le singole persone che rendono questa testimo-
nianza profetica sono sempre tentati di smentirsi: se all'inizio de-
vono combattere contro la sfiducia e inerzia dei loro contemporanei,
dopo un certo periodo non riescono pi a seguire il corso degli even
ti e si isolano in un rigido conservatorismo. Gli ultimi vent'anni
della Chiesa catt'Olica, periodo preconcilare e postconciliare cosi ric-
co di fermenti, ci offrono esempi che non possiamo non qualificare
come tragici. Ma esperienze analoghe sono rilevabili anche nella sto-
ria. Le misure che la Chiesa adott nei confronti delle eresie e delle
scelte arbitrarie dei fanatici erano in parte giustificate; miravano in-
fatti a rafforzare il ministero ecclesiastico contro ogni forma di stru-
mentalizzazione dei doni dello Spirito. Non furono giustificate in se-
guito, quando le si affermarono come legge permanente della Chie-
sa. Anche la storia degli istituti religiosi conosce delle scelte che al-
l'inizio dimostravano una notevole attenzione e disponibilit nell'av-
vertire certe esigenze del momento, come ad esempio il riscatto dei
crociati caduti in mano al nemico, la difesa dei poveri contro gli
usurai, ma che in seguito si stabilizzarono su delle posizioni che non
rispecchiavano pi l'ideale originario, o perch progressivamente lo
smarrirono o perch ne scelsero uno addirittura opposto.
Se dono dello Spirito riconoscere il kair6s cli una nuova realiz-
zazione dell'esistenza cristiana e dell'agire ecclesiale, sar pure dono
dello Spirito capire che il momento storico ormai trascorso, rinun-
ciare all'attivit cui in precedenza ci si era dedicati e interrogarsi
nuovamente sui voleri di Dio. I pericoli provengono, comunque, da
diverse direzioni: all'inizio pi dalla chiesa sperimentata,. che dai
testimoni dell'ultima ora, in seguito invece pi da questi ultimi. Una
riflessione critica ed una analisi delle nuove situazioni s'impongono
quindi sia all'una che agli altri. In definitiva, una testimonianza che
voglia ri~ndere alle istanze in cui viene prodotta pu scaturire
soltanto dal comune ascolto e ricerca, mai da un monologo.
TIPI DI ESISTENZA ECCI.l!SlALI!
475
c. Confini fluidi
tanto cristiani che fanno certe esperienze devono praticare; essa s'im-
pone alla Chiesa stessa, che forse proprio su questa via sar arricchita
di nuove possibilit e che solo in tal modo conserver nel proprio se-
no le persone carismatiche, che la riannodano alle origini e l'aprono
a nuovi orizzonti.
che la struttura interna della Chiesa, in cui la variet dei doni trova il
suo legame nell'unit visibile della professione di fede, della comunio-
ne fraterna e della testimonianza credibile resa al cospetto del mondo.
Ma la Chiesa non dovrebbe strumentalizzare la Trinit divina, impri-
gionandola entro gli angusti Hmiti delle proprie esperienze; dovreb-
be piuttosto lasciarsi da essa modulare in una pi ricca variet di
forme, inserire nel mistero incondizionabile del singolo e della sua
comunione.
DIETRICH WIEDERKEHR
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SEZIONE TERZA
Nel 1957 A. Sustar poteva osservare che la posizione che il laico oc-
cupa nella Chiesa ~ oggi una delle questioni pi dibattute~unto
di Vista StOICO-teo}ogiCO, giuridiCO-paStOraJe-O-asretiro:-erati;2~~ I a
quel tempo infiUtiST dispon~iSitantodi. alcuni .rr;TT~vori signi.fi.
cativi dedicati al problema del laicato.2 Ma nel giro di pochi anni ven
ne pubblicata un'intera serie di contributi, pi o meno ampi, che da
diverse prospettive prendevano posizione sul tema.3
Questo interesse per il laico nella Chiesa, sempre pi vivo dopo
la seconda guerra mondiale, pu essere ricondotto a motivazioni di-
verse. La difhW~ell'Azione Cattolica, l'incapacit che di fat-
to iLcle!_o dimostrava nell'assolvere i propri compiti, la riflessio
ne condott~ - ;~e s~crdozio crer-reaen,
lattivo inserimento dei
laici nella celebrazione liturgica, promosso dal movimento li-
turgico: tutti questi motlvl condussero ad un approfondimento
teorico e pratico della figura de} laico. Ma l'influenza pi decisiva
1 A. SusTAR, 'Der Laie in der Kirche', in: FThh, 519.
2 Qui ricord}8.!II<;'_ ~lt~tE J~.Jmrul.tl!!!ti: Y. CoNGAR, ]alons pour une tholo-
gie du lalcat, Paris 1952 (trad. it. Per una teologia del laicato, Morcelliana, Bre-
scia); G . .PlnLJPS, Le role du laicat dans l'Eglise, Tournai 1954; K. RAHNEll, ''Ober
das Leien;p0stolat', in: Schri/ten %Ur Theologie II, Einsiedeln x955, ~375 (trad.
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F.X. ARNOLD, Kirche und Laientum, Tiibingen 1954; pubblicato anche su ThQ 134
(1954)2b3:i89; d. Hochland 46 (1954) 401-4u, 524-533; ID., 'Die Stellung der La-
ie in der Kirche', in: Una Sancta 9 (1954) 8-25; H.U. v. BALTIIASAR, Der I.aie
und die Kirche. Viele Amter, ein Geist, Einsiedeln 1954, 13-30; O. SEMMELRCYI'H
- L. HoFMANN, Der Laie in der Kirche. Seine Sendung, seine Rechte, Trier 19,5.
3 E. ScH~LLEBEECKX, 'Die typologische Definition des chtist!ichen Laie nach dem
Zweiten Vatiknlscfiil Konzil', in: Gott Kirche - Welt = Gesammelte Schriften
II, Mainz 1970.
'l'P.OLOGIA J>l'.L LAICATO
18 K. RAHNER, op. cit., 340. Rahner si richiama alla distinzione fra potcstas
ordinis,. e potestas iurisdictionis. Anche senza una vera e propria trasmissione
(mediante l'ordinazione) certe persone possono entrare in possesso del contenuto
di ciQJ.h.i:.._vjene trasmesso (il potere ministeriale), e cosl non sono pi laici in sen-
so proprio . .f!. il caso ili un catechista, di una collaboratrice parrocchia_!s..di un
~~no ... (op. cit., 340T-------------------------
:n Osserviamo queste posizioni proprio negli scritti che vogliono porsi a com-
pleto servizio di una teologia del laicato. Cosl ad esempio G. PmuPs, Der Laie
;,, der K!fc;;e,-S8libiiril9')-;'Prlmil.parla della chiesa come mJ11_~. di fede" e
~ ------......... _
della ger~...!!l.~ mistero della Chiesa, e poi passa a trattare fiJWmQi anche
b. Nel Vaticano II
35 1bid., 31.
36 Ibid., 31.
37 Ibid., 35, Ad Genles, 21, Apostolicam actuositatem, 13.
38 Lumen gentium, 36.
39 Apostolicam actuositatcm, 2.
-40 Ad Gentes, 21.
41 Lumen gentium, 35.
42 Gaudium et Spes, 43.
4l Apostolicam actuositatern, 4.
44 Apostolicam actuositalem, 7.
4S Ibid., 29.
IMPOSTAZIONE DEI. PROBLEMA 493
46 lbid., 7
47 lbd., 13.
48 H. HEIMERL, 'Leienbegriffe in der Kirchenkonstitution des Vatikanum u', in:
Conclum 2/1966, 219-224 (ed. it. 2/1966).
ol9 H. HEIMERL, art.
cit., 220.
50 a. art. cit., 220. a. al proposito K. RAHNER, 'Einige Bemer-
H. HEIMERL,
kungen zum Artikel von Hans Heimerl', in: Conclium 2/1966, 225 (ed. it. 2/1966).
51 H. fuIMERL, art. cit., 222.
TEOLOGIA DEL LAICATO
494
------------- ------ ..
quello secolare. Questa nuova prospettiva va anche decisamente ol-
tre il commento dello schema del 1962, offerto dalla Commissione
-
preparatoria. vero che gi qui si oiceva che i laici non ~<.?E~ uo-
mini .Erofani bensl ~embri deHa Chiesa nel m~do _erofano.&l Tut-
tavia questa proposizione poteva venire fnterpretata in modo sutico
e rafforzare ulteriormente il dualismo Chiesa-mondo. L'aggiunta del
I 964 denuncia chiaramente una concezione dinamica (e quindi an-
che escatologica e storico-salVTii'"f(l Chiesa.
Questo per non rende pi agevole la determinazione del pro-
prium del laico. A me sembra che non si sia ancora risolto il pro-
bk!Il? di ~M~orretta l.nt;rpret;i~ne:E.schillebe~k~rpreta
lo spe~i&:o Cfe11a iI.~r~-d~fr~@~ di__Q~~-- l!!i~aJ~-~ finaliz-
zazione alla salvezza del processo terreno di umanizzazione (compi-
to dell'~-;;t.Uffiano-smpncmen~-:14-M-i!. testorimane aperto
anche a interpretazioni diverse.
In ogni caso l'indagine.._~ulla .JipedfidtLlcLlaico deve ~gliarsi
dalle preoccupazioni di definire il posto che egli occupa in una Chie-
sa contrapposta, come entit chiusa, al mondo, e stabilire invece
un'analisi pi approfondita della missione della chiesa per il mon-
do. In altre parole l'interrogativo non suona: Che cos' il laico
in un~Chiesa che si contrappone al mondo?, bensl; ~Qu-;f-iI
compito ddcristfano--ln-una chiesa -che -SiC-~prende come Chiesa
~!- i(~-~ncio?. Allora ri~ulter pur~ chino he-h<C)rdihar~ 1;-co-
se_t_emPQ!:.al! non sta (come compito secondario) accanto al testi-
moniare il ~;~gelo-(CT;me funzione primaria). Il rapporto cristiano
CO~ fa_~~c~JaritA85 - proprio un rapporto, aeforffiinafo dal ~~~gelo,
36 Cf. E. N1ERMANN, 'Laie', in: Sacramenlum mundi 111, 1969, 134: L'ordinare
le cose temporali e 'testimoniare' (evangelizzare) non sono due processi sepuati tra
loro, ma devono essere vissuti nello srcsso tempo e nello stesso sforzo di realiz-
zazione umana.
67 Lumen gentium, u. Soltanto alla fine - quando si parla dei doni straordinari
- si richiama anche l'attenzione sul fatto che l'autorit ecclesiastica ha il compito
di vagliare l'autenticit dei carismi.
118 Lumen gentium, 30.
89 Presb)'terorum ordinis, 9.
90 Apostolicam actuositatem, r.
91 Apostolicam actuositatem, 3.
92 lbid., 33.
9J Lumen genlium, 33.
TEOLOGIA DEL LAICATO
a. Punto di partema
Le questioni, che gi si ponevano quando si rifletteva sulla rina-
scenza laicale>) del pre-concilio, si trovano cosl confermate e in par-
te ulteriormente acutizzate nei testi del Vaticano II. Le enunciazioni
conciliari sui laici 50no affette da una singo1'are ambi≪it. Tentativi
di apertura al futuro s'intrecciano con sforzi di trovare una conci-
liazione con il pensiero. tradizionale. I risultati cui si giunge tradi-
scono i compromessi che si sono dovuti accettare per trovare com-
prensione nelle minoranze. Il lavoro venne forse ostacolato anche
dagli innumerevoli scritti re-conciliari sul tema del laico. Non
certo gratificante affrontare un problema e ai pi considerato
risolto e che consente forse soltanto degli spostamenti di accento.
Tuttavia fa pensare il fatto che, malgrado tanti sforzi. non si sia
tentata una definizione teologica del laico. Questo forse perch ci
si, limit a ricordare, trattando dei laici, i nuovi princpi elaborati
dall'ecclesio~ia, senza averli prima sufficientemente sfruttati sul
piano t~gico~-ji"~ompitocneoggi rimane dunque quello di far
leva sulle possibilit ecclesiologiche aperte dal concilio, per giunge-
re a enunciazioni pi complete suHa realt laicale.
Da pi parti si osservato che, negli anni precedenti il Vatica-
no II, si -~2f'profondita~ nuovi schemi la posizione eh~ laici
oc~ nella Chiesa. Con molta maggior coscienza che nel passa-
to, la Chi~~-;-ve~-;~ompresa come q_n intero composto di chierici
e.. laici A. questa visione d'insieme si giunge quando il clero presen-
ta fiq~J;e d suo interno anche la s:omp~eJ..aicale.
Il Vaticano n evolve poi questo spunto. Oltre ai ministri, esisto-
no nella Chiesa. anche altri membri? La risposta che a questo in-
terrogativo~data, schematicamente riassunta suona: 1. C' il
non-clero, 2. ci sono gli oggetti della cura dei ~i (ecc.), 3 ci
sono dei soggetti ampiamente autonomi, i quali non solo parteci-
pano ai diversi ministeri, ma hanno lo specifico compito da svol-
gere nel raggio secondario d'azione della Chiesa, nell'ambito cio
delle cose temporali.
Accanto a questa linea, ancora fortemente caratterizzata dal mo-
dello ecclesiologico: Cristo-gerarchia-'comuni' fedeli, troviamo un'al-
l!LEMF.Nn DI UNA TEOLOGIA DEL LAICATO 501
95 H. SCHLIER, 'Das mysterium Israels', in: Die Zeit der Kirche, Freiburg 1962,
234 ( trad. it. Il tempo della chiesa, Il Mulino, Bologna).
96 P. BoRMANN, 'Das wandernde Gottesvolk - die Exodus-Gemeindc. Die Aus-
sagen dcs 11. Vat. in der Kirchcnkonstitution auf dem Hintergruncl des AT und
NT', in: R. BAUMER - H. DoLOI (a cura), Volk Gottes, Freiburg 1967, 538 s.
91 E. BatJNNER, Dogmatik 111, Ziirich 1960, 37.
'l8 O. Cuu.MNN, Christus und die Zeit, Zollikon 1946, 45 (trad. it. Cristo e
il tempo, Il Mulino, Bologna).
ELEMENTI DI UNA TEOLOGIA DEL LAICATO
b. Tentativi di chiarimento
13!a a. sul tema H. ScHuER, 'Ecclesiologia del Nuovo Testamento'. in: Myste
rium Salutis 1v/1, II.5 ss.
m R. LAURENTIN, 'La crisi attuale dei ministeri alla luce del Nuovo Testamen-
to', in: Concilium 10/1972, ed. it_ 20-21.
133 R. LAu1tENTIN, art. cit., 22.
134 R. LAURENTIN, art. cit., 23.
TEOLOGIA DEL LAICATO
---
te. Anche in passato si metteva in rilievo la responsabilit che i laici
devono dimostrare nel campo delle scelte concrete. I rappresentanti
del miigistrott8cciavano Te"ditettive, mentre ai laici spettava il com-
pit~_!!.adurle nella prassi. Questo valeva soprattutto per il campo
s~Jiti~:.. Oggi i laici devono, in forza della funzione di tro-
vare ~~.!~- ~ ~e.stiEt_oniarla propria del senso di fede, pors..Ldi fron-
te ai probleiaj_ anche a prCsan<Iere ctaSPedali indicazioni del magi-
la
~ Dovrann~t~silili'ortiare propria fede innanzitutto nella sfera
secqlare e in virtiJ della loro vocazione carismatica. Non giusto squa-
lificare a priori, quasi fosse un'espressloiieprivata, questa testimo-
----~~--~--~- ------- . -
nianza di fede, quando reale e non rappresenta semplicemente l'in-
teresse di un gruppo sociale o politico. Ogniqualvolta una simile te-
stimonianza di fede realmente si effettua, sempre -una testimonian-
za ecclesTafe:s i:i:atta infatti ddta reHzzaz1one-(fe'l18 grazia di Ge-
s Cristo, che rimane presente nel suo dinamismo per opera dello
Spirito santo. Decisivo, per il carattere ecclesiale, non quindi un
mandato ministeriale od una direttiva ufficiale, che pure devono es-
sere vagliati in base al criterio del loro lv xupl~.
Riprenderemo pi avanti la tematica del vaglio dell'autenticit
della missione, che non pu essere considerato prerogativa esclusi-
va d~f capCinlnisteriali. Ma possiamo dire sublto.che~f~ttO'i:i- impor-
tanti qul'son~Jt ciiaj?,~.e la ricerca condotta in comune. Da un mi-
nistero che si esercita neu; thies e( si devono inMn.zitutto attendere
delle esortazioni al singolo perch decida secondo la propria coscien-
za, una rinuncia al controllo ed alla tutela, ma anche un ascolto co-
'
llLEMl!NTI DI UNA TEOLOGIA DEL LAICATO
c. Prospettive
14S F. KLOSTERMANN, Print.ipim, Formen, Dienste, Augsburg 1972, pp. 77, 79.
146 F. KLosTERMANN, op. cit., 78.
147 R. LAURENTIN, art. cit., 18.
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j20 BIBLIOGRAFIA
cramento (os 761) e la lista completa del septenarius sia stata for-
mulata dal magistero solo nel 1274, durante il secondo concilio di
Lione ( os 680 ). Bastano queste osservazioni ad impedirci di porre
come punto di partenza, per le riflessioni che seguiranno, la formula
del concilio di Trento, il risultato pi appariscente di una lunga evo-
luzione (DS 1797-1812). Ne risulterebbe il circolo: il matrimonio
un sacramento, quindi esso un sacramento!
A. Auer ha ragione di dire che fondamentalmente fin dall'inizio
il matrimonio viene inteso come sacramento (DzT II, 275 ss.). Bi-
sogna per aggiungere che, nel corso della storia, questa sacramen-
talit venne compresa in modi cos diversi che oggi non ci si presen-
ta come un'enunciazione del tutto chiara. Il fatto che soltanto verso
il sec. XIII il matrimonio. venga annoverato tra i sette sacramenti e
1 Cf. l'analisi empirica Situation und Bediirfnisse der Ebe- und Familienpastorol
in der Diozese Chur, edito dall'Institut fiir Ehe- und Familienwissenschaft, Zfu:ich
1970, p. 144.
522 SACRAMBNTAUT Dl!L MATRIMONIO
I. Esame genetico
a. Il dato storico
6 5,2: PG ,, 723 s.
7 E. ScttrLLEBEECKX, loc. cit., r73.
8 Stromata 3,r7: PG 8, 1205.
9 Ivi, 4,2: PG 8, 1338.
10 P. AnNS, loc. cit., 48.
11 Stroma/a 3,12: PG 8, II84 e 2,23, 8, ro89, ro92.
ESAME GE..'IETICO
32 E. SCHILLEBEECKX, /oc. cit., p. 194. Cf. anche PH. DEUIAYE, 'Fssazione dogma-
tica della teologia medioevale. Sacramento, vincolo, rato e consumato', in Concilium
5/r970, cd. it., 106 ss.
530 SAC!lAMl!NTALIT DEL MATRIMONIO
17 IV Se11t., d. 28, c. 3.
l<IK. RITZER, Formen, Riten u11d religiOse Bra11chtum der Eheschliessu"g in de"
christlichm Kirchen des erste" ]ahrtausends, Miinster Westf. 1962, I]3. - J.P. DE
)oNG, 'Brautsegen und Jungfrauenweihe. Einc Rekonstruktion des altromischen Trau-
ritus als Basis fiir thcologische Besinnung', in: ZKTh 84, 1962, 300-322.
39 K. R1TzER, loc. cit., I94
532 SACRAMENTALIT DEL MATRIMONIO
fatti, era una sicurezza giuridica mediante una forma normativa (pre-
scrizione che non doveva creare alcun turbamento), quindi la stessa
univocit che ai nostri giorni viene garantlta dal matrimonio civile
obbligatorio.!17 Si aggiunga tuttavia che H concilio si sforz di preci-
sare l'interazione fra i due momenti, quello giuridico e queHo teo-
logico, il rapporto fra sacramento e contratito, e tale chi.arifcazio
ne verr poi sempre pi decisamente affermata come il fondamento
su cui si regge il diritto inalienabile deJ.tla Chiesa di legiferare in ma-
teria matrimoniale.
Comunque nel periodo post-tridentino l'evoluzione fu caratteriz-
zata dagli sviluppi che si ebbero nel campo del diritto canonico. Do-
po la separazione dello Stato dalla Chiesa, ci si preoccup soprattut-
to di difendere i poteri giurisdizionali della Chiesa in materia matri-
moniale. In tale contesa ebbe la sua importanza, anche sul piano teo-
logico, il cosiddetto diritto acquisito. Mentre durante il concilio di
Trento la ragione per cui si ritenne di dover ordinare la materia ma-
trimoniale era il desiderio di giungere ad una sicurezza giuridica, in
seguito l'accento si spost sul profondo legame esistente fra litur-
gia nuziale e forma giuridica, dove quest'ultima venne posta in stret-
tissimo rapporto con l'attivit salvifica e mediatrice della Chiesa stes-
sa.58 Cosl Morsdorf pu ad esempio affermare che la cooperazione pre-
stata dal sacerdote nell'atto nuziale costituisce un elemento essen-
ziale, quindi costitutivo, del matrimonio sacramentalmente inteso.59
L'evoluzione subita dal concetto di Sacramentalit in riferimen-
to al matrimonio d offre un ottimo esempio dello sviluppo della in-
tera teologia sacramentaria. Fino all'alta scolastica, che incomincer
a precisare in modo estremamente chiaro il segno sacramentale (sa-
cramento = contratto), il concetto di sacramento rimne. molto
fluido. I singoli sacramenti appaiono ancora come delle traduzioni
storiche dell'unico 'sacramentum', del nesso fondamentale della sto-
ria di salvezza. I sacramenti sono concepiti in chiave cristologica,
b. Il dato biblico
che in ci vedono (Mt. r9,10) una rigorosit inaudita, Ges non ri-
sponde affermando che si tratta di qualcosa di assolutamente ovvio.
Ovvio per lui piuttosto il fatto che il vincolo matrimoniale viene
infrj.11!<;>, ~~-~t~(! g,g_~Jra_tt~.8: non_~. a_f!~tt~ C()~~~tita. nel caso in
cui esso risponda a ci che Dio nel matrimonio ha posto. Ma non
poter separare non significa che il matrimonio rappresente!'.ebbe una
uni~~ HIIl(!~a~sl<;aO. che' _aa. ri~ potr . veiir-liliiiU1tau-:L.1stariZa --che
emerge piuttosto quel)..a..che.non .sidebb'i._-P.i_O.yocare una simile frat-
tura, pena la perdita del significato che il matri;~nio m s racchiude
a motivo...deLs110. .im~rifl_lento nell'ordine cellacreazione.69 Solo cosl
ci riesce in qualche modo c~~prensibll~--irdetto, piuttosto enigmati-
co, del Maestro: Non tutti capiscono questa parola, ma soltanto
quelli ai quali stato ~ncesso ( v. II). Ma a chi stato conces-
s~_?_Si f_11,l~r_eb~ Jl__se!lso del testo se si vedesse qui un riferimento
all'aiuto di nio, quindi un. nsedmeiii:o Clel matrliiloruonell'ordine
della salvezza? ~ pur vero che gi la creazione ordine di salvezza.
Si va 9-uie.di ()l!_re l'.~~h.it~ di __1:'~~-~~~~~!.!_~one. Il matrimonio
indissolubile per coloro che sono in grado di condurre una vita con-
forme alla volont del creatore.-ro
Un concstto che viene chiarito anche in Le. 16,1 Sa (Chiunque ri-
pudia la propri~ ~~glie. e ne .spo~~ un'iJt~;, ~~~~tt;;---;J~Tt~rlo );
qui ci si oppone ad una legittima norma del codice giudaico, secon-
do il quale era consentito, ma al marito soltanto, di ripudiare la
propria moglie, anche se le ragioni per un simile atto erano contro-
verse. P. Hofmann a tale proposito a1Ierma: Ges critica la legge
e SC,.QPre la _!"~~t del matrimonio, ~h~~E-esiste alla legge e non pu
mai ess~re sufficientemente custodita dalla legge. Questa prospettiva
contie~e ~~~--;;sig~;;~~ ed-~nap~esS;e5Sa indica in qual misura
gli uomini diventano colpevoli l'uno nei confronti dell'altro, ma an-
che quale possibilit di pieno adempimento loro offerta. Queste
parole sono dunque norma e criterio per ogni risposta cristiana al
problema del divonio. Ma proprio perch esprimono la realt stessa,
esse non sono legge. 71 Luca qui esprime una direttiva etica.72 Si
tratta dell'esigenza che un matrimonio rivendica, o che si rivendica
nei suoi confronti.
Secondo questi testi l'indissolubilit del matrimonio si fonda sul
da principio, sulla volont istituente del creatore. Si tratta di una
intenzione del ct,9!~~e~..1.-cli__@. 2!..c!ine della creazione, non dell'or-
din~ dell.lL.n~rnra. un'esigenza ed una promessa-insieme:-ma nella
dt;,,ep.sione della.. /~4e. Cre~one., infl!~~i, -~-la categoria primitiva
di un modo giudaico-cristiano di intendere il mo~do, di compren-
derlo in 1'1' C.Q~!.ft.J!..<J .di fol.e. Manifestamente, solo alla fede con
cesso di capire come le ~-da prit:!~io __(~!- -~..2!! ss.).
Per questa ifede, l'indissolubilit strettamente oongiunta con il
tlos verso cui la creazione tende.
Non ci potremo comunque limitare alla polemica di Ges coi fa.
risei ed al l_ggiQ~UQ~}J~_J.radizione pi ~I!_~i~8-i . ~tr~!Ji v~o infatti
interpretati entro l'orizzonte pi ampio della predicazione del Mae-
stro. Concretamente ci significa che dobbiamo prendere in consi
derazione anche il sermone del monte. :E: interessante osservare che
in Mt,..5,27 s. si .dice: Non devi commettere adulterio, per quan-
to tu lo possa fare e lo f~~~ .pur-:-&;-~tJ;ili;~~;;n confronto tra
questo detto e gli altri imperativi formulati nel medesimo contesto,
ad esempio Non devi uccidere (v. 21), Non devi spergiurare
(v. 33), sorge il problema se queste parole vadano intese in senso
letteraJ.=..._e. se in ~-modo siano .mai...s.tatcJ!l_t:~~retate. Stando all'in
tera storia della Chiesa, la risposta suona neg~l!:.JJ.~~ider_f'. ~er
giurar.e_iu_se!llp~~--~rmesso, quindi il divieto non venne mai re-
cepito alla lettera. Forse che nel divieto di sciogliere il matrimonio
dovremo sc~~.!~__1,1.Il~.. .Ilc:>~.ll_di diverso tipo? Guerre, inganni e
frodi, fallimenti di matrimoni, ~~~o tutti fatti che rientrano nella
sfera della vita concreta dell'uomo, anche se non dovrebbero mai
verifi;arsi. Per quanto i-i~arda piii spcificamente la realt matri
moniale, Mt. 19_,8 vede il vero motivo del ripudio nella durez.
za del cuorC:, qu~di-in-;m,;~tr~!~ ~post~ione-drfndo~ -ru- pro-
prio verso questo atteggiamento f;ndwentaie. delfi persona che mi-
2. Spunti ,sistematici
v'essere visto dalla parte della Chiesa e quindi della donna. Sia in
Eph. che in 1 Cor. 7 e Gal. 3,28 si richiama l'attenzione sulla re-
ciprocit che si stabilisce nel rapporto uomo-donna e sulla sua ugua-
glianza in Cristo Ges; in Gal.. un accenno importante al battesi-
mo, il quale infrange gli schemi sociali in cui si afferma una dispa-
rit fra i sessi.
Ne deriva, sul piano teologico, un matrimonio come segno, come
attualizzazione - od anche ripresentazione, quindi un possibile mo-
do di osservare la Chiesa in una situazione storica in cui la presenza
del Signore ancora nascosta. Il matrimonio non soltanto model-
lo della Chiesa, ma pu essere anche esso stesso Chiesa:COmunit.
Abbiamo detto--cne-- il matrimonio un possibile modo di il-
lustrare la realt ecclesiale, e questo perch esso non l'unica ri-
presmtazione--possibile della Chiesa, ma solo una fra le tante e le-
gittime forme. Ricordiamo a questo proposito il detto di Mt. 18,20:
='--
Dov;___( ~).4~e o _ti;_ ~!le:> !~~~!#. _q~l f!liQ J!Q~.~J_.!Q..~~no in mez-
zo a loro. Questa costituzione comunitaria pu essere realizzata sia
nel II).ftt.\glg_gJq__ b~_Qi altri contesti. Il fatto che venga formulata al
condizionale sta a sigl1ificare Clic il matrimonio non rappresenta di
per s~_J,a_mmunit di Cristo, ma solo a cOridiioneChe l'uo-
mo e la donna si uniscano in suo nome. Si ricordi quanto gi
vedemmo per ~rmula: contrarre un matrimonio nel Signore.75
Il matrimo~non significa quindi semplicemente un dato oggettivo
della comunit o della Chiesa; esso la ripresenta soltanto quando
~... segno corporeo-sociale della fede e amore personali; 76 la co-
munit si trova inserita in questo evento, nel quale il matrimonio
pu verificarsi, ma e rimane realt matrimoniale anche quando ci
non avviene.
Ora, se il matrimonio esprime una possibile forma di manifesta-
zione della Chiesa, non potremo pi ritenere insolubile il problema
del suo carattere sacl'amentale. Questo lo si scorge nel sacramen-
to radicale'~'chelierpreced~nti contributi di quest'opera si rico-
nosciuto ed illustrato come proprio della realt della Chiesa: alla
luce della_Chiesa, __qpind_L~__!l_Q.~ -~-eL~~~rJ:l?.onio in quanto tale.
Maggiori difficolt riserva l'altra questione~el mo-
75 Sopra, p. ,24.
16 K. RAHNE1t, !oc. cit., ,52.
SPUNTI SISTEMATICI 547
8:1Ivi.
BI D. 0' <LLAGHAN, 'Sulla sacramentslit del matrimonio', in: Concilium :;/r970,
ed it., r3r.
SPUNTI SISTEMATICI 549
84 H.U. VON BALTHASAR, 'Casta meretrix', in: Sponsa Verbi, Einsiedeln 196o, 203-
305 ( trad. it. Morce!liana, Brescia).
as K. RAHNE11, /oc. cit., 531 s.
86 Vedi al proposito H. ScHLIER, loc. cit., 264-275.
SACRAMENTALIT DEL MATRIMONIO
c. Alcune conseguenze
aa. Come ogni teologia, anche quella del matrimonio dev'essere ac-
cettatq__quale.. int~PI~t~_~iQne .cJ~!J.'.~si~ten~~ U~?na, gui nel suo aspet-
to_gl_Y.~!:~. CC?.!!!1=1-gale. Altrimenti un lusso di cui potremmo fare
anche a meno. Nell'abbozzo storico che abbiamo delineato si . visto
che di volta in volta la teologia del matrimonio ha recepito i dati,
le usanze e le necessit dei diversi momenti storici. Il fatto poi
che la Chiesauffidaie..iibia acquisito-,;;~- ~~~~p~lio pressoch esclu-
sivo i!!_ materia matrimoniale, l'abbia ecclesiasti;ata, sf spiega con
la situa~i~ne sioic e ron la posizione chiave che la Chiesa ha as-
sunto in determinate epoche. La componente sociale della teologia
87 K. RA11NER, !oc. cit., 540.
SPUNTI SISTEMATICI
BIBLIOGRAFIA
I. Il problema ermeneutico
Chi oggi vuol scrivere una teologia della vita religiosa s'imbatte im-
mediatamente nel difficile interrogativo: Che cosa significa propria-
mente 'vita religiosa'?. Si tratta proprio di un concetto cosl chia-
ro come in genere si suppone? Il contenuto di questa vita religiosa
coincide del tutto con le sue attuali forme concrete? O non si sono
verificate, lungo il corso della storia, delle radicali trasformazioni an-
che in questo ambito? E i tentativi odierni di realizzare questa vita
religiosa non si differenziano forse a tal punto l'uno dall'altro che
ormai impossibile riassumerli tutti sotto un'unica designazione?
Di fronte alla crisi in cui versano gli ordini religiosi - per molti si
tratta di una crisi d'esistenza 1 - ancora possibile precisare chia-
ramente quale sia l'essenza, e quindi pure il dato permanente, im-
mutabile, insopprimibile, della vita religiosa? O che gli stessi pro-
tagonisti hanno forse raggiunto un accordo in materia? comunque
certo che il can. 487 del Codice di Diritto Canonico non serve pi
allo sctipo. 2 Basterebbe chiedersi in che direzione si debba cercare
l'elemento specifico ed essenziale della vita monastica, per ottenere
tutta una serie di risposte fra loro contrastanti. Ce Io potrebbe con-
I F. WuLF, 'Die Orden in der Kirche', in: HPTh 1v, Frcburg 1969, ,4,'72
(spec. no ss.); J. KERKHOPS, 'Krise und Zukunft des Ordenslebens', in: Das Scbick-
raJ der Orden - Ende oder Ncubeginn, Freiburg 1971; R. HosnE, Vie et mori de:r
ordrer religieux. Approcher psychorociologiquer, Paris 1972 (spec. 254-319).
2 Per un verso, il tradizionale rapporto precetto-consiglio, che il can. 487 implica,
non pi sostenibile (vedi nl 3: Ci che specifica la vita religios11 e la contraddi-
stingue dal comune ideale cristiano,.), per l'altro, alla luce del NT, il concetto cen-
trale della vita religiosa ~ quello della sequela di Cristo, nel cui orizzonte soltanto
si fa veramente esperienza di ci che significhino i cosiddetti consigli evangelicil
(cf. il decreto conciliare Perfectae caritatis, n. :z).
IL PROBLEMA EltMl!NEUTICO
'59
7 Cf. il commento che l'autore ha fatto del decreto Perfcctae caritatis, in: LThK,
Das Zweite Vatikanische Konzil II, 1967, 250 ss., introduzione, spcc. 263, 26~ (scm
pre dalla parte sinistra).
8 Il locus classicus nella pericope del giovane ricco: Se vuoi essere perfetto... ,.
(Mt. 19,21 ). Secondo la dottrina tradizionale, che nessuno contestava (ma gi i rifor-
matori la pensavano diversamente), Cristo stesso avrebbe istituito la vita religiosa (
quanto si legge in F. SuAREZ, De Religione 11, Tractatus Septimus: De statu perfectio-
nis et rcligionis, ed. Vivs, Paris, voi. xv, lib. III, c. 2); per giustificare ciascuno dei
tre consigli, ci si richiamava alle parole (talora anche a detti diversi) del Signore e
degli apostoli (cf. Enchiridion de statibus perfectionis I, Documenta ecclesiae soda-
FENOMENOLOGIA TEOLOGICA Dl!LLA VITA lll!UGIOSA
libus instituendis, Roma 1949, nn. x-8; T. D'AQUINO, S. Th. 11-11, q. 196, aa. 3.,).
Gran parte di queste prove dell'origine divina della vita religiosa veniva addotta
anche negli schemi preparatori del concilio Vaticano u, e secondo l'esegesi tradizio-
nale, cio nell'orizzonte della dottrina delle due vie, quella dei precetti e quella
dei consigli, e delle opere supererogatorie (d. LThK, Das Zweite Vatikanische Kon-
zil r, 28' s.; n, 2.52 ss.).
9 S. LtGASSE, L'appel du riche. Contribution /'tat religieux, Paris 1966; W.
PEsCH, 'Ordensleben und Neues Testament', in: Dienst an det> Welt (ed. H. CLAAS-
SBNS) Freiburg 1969, 35-67 (con ampia bibliografia, 70-72); J.M.R. T1LLARD, 'Le
fondement ~vanglique de la vie religieuse', in NRTh 91 (1969) 916-<n'; A. SoruLZ,
'Von dcr neutestamentlichen Grundlagc der sogen. kli:isterlichen Armut', in: Ordcns-
korrespondenz:, 10 ( 1969) r-q.
10 J.M.R. TntARD, Le fondement, cit., 917 s.; 923-925.
11 Per vita apostolica la tradizione monastica e post-monastica intendeva la vira
vissuta nella poven liberamente scelta, come la si vedeva realizzata dagli apostoli
e nella prima comunit (Atti); d. H ..M. V1cA1RI!, L'imitation des a~tes. Moines,
chanoines, mtndicants (Vl'-Xlll' sicles), Paris 1963; ]. LBCLEllQ, J!tudts sur le
vocabulaire monastique du moyen ogt, SA 48, Roma 1961, 38.
12 Per il concetto cattolico di canalogia fidci, cf. E. PRZYWAU, in LThK I (19,7)
4n-476.
IL PROBLEMA BRMEMEUTICO
Il decreto Perfectae caritatis (art. u), il quale afferma che il seguire Cristo
come viene insegnato dal vangelo.. ill norma fondamentale della vita religiosa,
ci apre ad esempio lo sguardo verso un modo d'intendere i consigli evangelici
pi profondo, in quanto fondllto su basi storico-salvi6che; sempre a patto, comun
que, che si colga realmente questa sequela in termini biblici e non la si riduca
esclusivamente sul piano della morale.
25 'Het nieuwe mens- en Godsbecld in conllict met het religieuze leven', in:
Ti;dschrift vor Theologie 7 (1967) 1-27.
l'ONDAMl!NTI TEOLOGICO-SPIRITUALI
30 Per la storia del significato che il Dio soltanto venne ad assumere nella
tradizione spirituale, vedi F. WuLF, 'Gott allein. Zur Deutung eines christlichen
Grundwortes', in: GuL 44 (r97r) 162-169.
31 A proposito dell'ideale della vita religiosa, Leone XIII scriveva, senza precisare
meglio il senso delle sue affermazioni e limitandosi semplicemente a ripetere quanto
in modo analogo si era detto prima di lui, che nel proclamare i consigli evangelici
Cristo si rivolge a quelle anime eroiche e generose che attraverso la preghiera e lll
contemplazione, la santa rigorosit e l'osservanza di un determinato ordinamento di
vita, si sforzano di salire verso le somme vette della perfezione cristiana (Acta
Leonis XIII, val. xx, 340).
FENOMENOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA RELIGIOSA
32 Non a caso il tema generale scelto per il congresso degli abati, che si svolse
a Roma nel 1973, fu .. L'esperienza di Dio. Ci si richiama continuamente a questa
esperienza di Dio, la quale per non suona pi cosi ovvia all'attuale generazione di
cristiani, e quindi esige d'essere esposta e interpretata nelle possibilit e modi che
essa offre anche alla vita monastica.
a.
l3 w. WuLF, op. cit., 166-169.
34 Cf. OH. PESCH, 'Licher - Vergangenheit oder Zukunft?', in: W. SEIBEL - OlI.
Pl!sCH, op. cii., Kevelaer 1969, pp. 22-37; qui alle pp. 37 s.
l'ONDAMBNTI TEOLOGICO-SPIRITUALI
35 Qui la tradizione teologica parla, fin dal tempo di Tommaso d'Aquino, del
..desiderium morale in visionem Dciio (LThK m (19,9) 248-2,0).
36 Ori pi di ogni altro ci ha illustrato, nel nostro tempo, questa situazione uma-
na dal punto di vista speculativo e partendo dalla ttascendentalit dello spirito del-
l'uomo, K. Rahner (vedi spec. 'Ober das Verhiiltnis von Natur und Gnade', in:
Schriften 1, 323-345 (trad. ic. 'Natura e grazia', in: Saggi di antropologia sopranna-
turale, Paoline, Roma); vedi anche J. Al.FARO, 'Trascendencia e immanencia de lo
sobrenatural', in: Gr. 38 (19_57) ,5-,57; circa il problema psicologico del carattere
immediato dell'esperienza di Dio, cf. C. ALBREOl'l', Das mystische Erkennen, B~
men 19_58, 368.
37 Q sembra che ai nostri giorni soprattutto due sintomi stiano ad indicare la
presenza di un desiderio (alienato) di far esperienza del mistero trascendente di Dio
e del mondo: il favore sempre pi ampio che incontra la cosiddetta meditazione
trascendentale e, sotto forma di brama, di speranza, le utopie sociali, che oggi af-
fascinano una gran parte della giovane generazione.
38 L'esperienza cristiana di Dio, se vuol essere autentica e preservarsi dalle illusio-
sioni, dovr porre sempre al centro il mistero di Cristo, per quanto diversi siano i
gradi e la coscienza che si possiede di tale collocazione. Secondo la concezione del
cristianesimo, per sua essenza la mistica fondata sulla persona ed opera di Cristo.
39 Non questo il caso delle meditazioni classiche delle grandi religioni orien-
tali, quali ad esempio lo Zen, dove l'esperienza del fondamento trascendente ed
unico di ogni essere viene sempre avvertito come dono della grazia; d. K.G.
DORKHEIM, 'Werk der Obung Geschenk der Gnade', in: GuL 4.5 (1972) 363-382.
t invece il caso di molti metodi di meditazione>Jo che oggi si offrono.
572 FENOMENOLOGIA TBOLOGICA DEI.LA VITA llBLlGlOSA
42 Per l'appello incondizionato che gli inviti di Ges alla sequela contengono,
vedi M. HENGEL, N11Ch/olge und Charisma. Eine exegetisc,,..,.eUgionsgeschichtliche
Studie zu Mt. 8,u s. un ]esus RM/ an die N11Ch/olge, Berlin 1968.
43 Che la sequela di Ges nei sinottici debba essere compresa entro l'ottica del-
la Chiesa post-pasquale, e che quindi la sequela storica dei discepoli valga coma
paradigma per tutti i cristiani, ce lo illustrano in modo oonviucente H. Z1MMl!ll-
MANN, 'Cliristus nachfolgen. Eine Studic zu den Nachfolge-Worten der synoptischen
Evangelien', in: Theol. 53 (1963) 241-2.55; R. PEsOJ, 'Berufung und Sendung, Nach-
folge und Mission. Eine Studie zu Mk 1,16-20', in: ZkTh 91 (1969) pp. 1-31; M.
liENGEL, Nachfolge und ChtZTisma, cit.; che pero i discepoli si differenzino, come
una cerchia pi ristretta, da tutti gli altri che in qualche modo seguono Ges (G.
BoRNKAMM, Jesus von NattZTeth, Stuttgart 19,6, 136 (trad. it. Ges di Nat.areth,
Candiana, Torino); con lui, altri autori; e che ci sia di un significato decisivo anche
per la sequela post-pasquale, traducendosi nel monachesimo e nella vita religiosa, lo SO
stienc H. ScHi.iRMANN, 'Der Jiingcrkreis Jesu als Zeichen fiir Israel (und als Ur-
bild des Riitestandes)', in: fo., Ursprung una Gestalt, Diisseldorf 1970, 4.5-60; ma
questa una logica conseguenza anche dell'impostazione di H. Zimmermann, R.
Pesch e soprattutto di M. Hengel, ammesso che realmente la sequela storica di
Ges sia rimasta normativa, nel suo Specifico carattere carismatico-escatologico
(Hengel), anche pet le successive concezioni di sequela, e che si sia concretata
pure in uno specifico ministero apostolico, che Hcngel qualifica come il frutto
genuino dell'appello di Gesit alla sequela (p. 92 ).
+I ATANASIO, Vita S. Antonii, c. 2.
45 La celebrazione natalizia, nel bosco di Greccio ( 1223 ), attorno ad una man-
giatoia, cc lo esprime in modo particolarmente chiaro e significativo (TOMMASO t>A
CELANO, Vita I, Lib. I, c. 30; BONAVENTURA, Legenda maior, c. ro).
46 In Einiibung im Christentum (ed. W. REsT), Koln 19,1, pp. 117-123; Phil~
sophische Brosamen, Koln 1959, 67-85 ( trad. it. Briciole di filosofia, a cura di C.
FABRO, Bologna 1963).
574 PENOMENOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA llELIGIOSA
.f1 Il fatto che un evento storko, religiosamente rilevante, venga affennato con-
temporaneo al momento presente di ogni tempo, e che questa affermazione di con-
temporaneit sia un topos storico-religioso (d. M. EtIADE, Die Religionen und dar
Heilige, Salzburg 19,4, pp. 488 ss.), non comporta affatto un carattere mistico che
tale avvenimento assumerebbe nel cristianesimo; si tratta di qualcosa di pi e di
ben diverlio dal desiderio ancestrale che l'uomo ha di elevarsi sul tempo profano,
per vivere in un tempo sacro (ivi, p. 462).
48 E ci vale per lo stesso Ignazio di Loyola, che dopo la sua conversione and
a visitare i luoghi santi della Palestina per stare pi vicino al suo Signore e per
poterselo rendere pi tangibile (d. le sue Lebenserinnerungen, relazione del pelle-
grino, Freiburg i. Br. 1956; si ricordi poi anche l'affermazione del Santo: fossi
nato giudeo, sarei pi simile a Ges anche per sangue! E lo diceva con tanta
commozione che le lacrime gli rigavano il volto (Mon. Hist. SJ, Mon. lgn., set.
IV, Scripta de S. lgnat., Dieta et facta n. 32, p. 398; d. A. HuONDER, Ignatiu.r
von Loyola, KO!n 1932, 20). Secondo M. HENGEL, Nachfolge und Charisma, cit.,
80, la comunione di destino con Cristo costituisce un elemento essenziale della
sequela: Sequela significa innanzitutto una comunione di destino che non cono-
sce limite alcuno e che non teme le rinunce e sofferenze che s'incontrano nel se-
guire il Maestro. Essa possibile soltanto se il discepolo mostra una rotale fidu-
cia: ora egli pone il proprio destino, il proprio futuro, nelle mani del Maestro.
EONDAMJ!NTI Tl!OLOGICO-SPWTUALt
.f1 Come: hanno dimostrato anche le pi recenti indagini esegetiche sul discepo-
lato storico (d. nota 43); il servi%io una componente essenziale della sequela
di Cristo; un servizio reso alla causa del Regno cli Dio ormai pl:O!isimo> (M.
HENGEL, Nachfolge und Charisma, 81 }. Nella storia della vita religiosa, l'idea del
servizio nella sequela cli Cristo stata espressa per la prima volta in tutta la sua
plasticit con la fondazione degli ordini mendicanti, non solo domenicani ma an-
che francescani. Quando Francesco, durante la messa celebrata nel giorno della festa
di S. Mattia (24.2.uo9) ascolt il vangelo che narra come Ges inviasse i disce-
poli ad annunciare il regno di Dio (Mt. I,5,.5 ss.), si sentl anch'egli chiamato a
questa missione (TOMMASO DA CELANO, Vita I, Lib. I, v. 9).
!O H. SortiRMANN. Der ]ungerkreis Jesu, cit., 47-,!5I, sottolinea il nesso inscin-
dibile fra l' ascoltare e I'insCBnarei. nella sequela cli Cristo, da una parte, e la
collaborazione nell'annunciare e confermare dall'altra.
FENOMENOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA RELIGIOSA
del figlio che pi non lo conosce. In una parola, questi un Dio per
il mondo e per gti uomini. 56 E chi si sente chiamato vuol porsi al
suo servizio, vuol rendersi suo docile strumento, per la salvezza
dei molti. Alcune istituzioni religiose dei nostri giorni ebbero qui
la loro origine, da questo modo di vedere Dio. Il motto del loro
programma potrebbe essere quello del vivere nell'impegno di Dio,57
per la redenzione ed attuazione piena del mondo, per la liberazione
dell'uomo.
Ma chi fa questa esperienza, spinto anche a solidarizzare con
i .fratelli. Tutto ci che si vive nella tensione fra salvezza e sventura
per lui ora assume la dimensione di mondo. Egli si riconosce in CO
loro che piangono, che sono tentati, si sono resi colpevoli, si sono
allontanati da Dio, hanno fallito. Si pone dalla parte di tutti costo-
ro e ne condivide fino in fondo il destino.58 Fa esperienza di un Dio
enigmatico, incomprensibile, un Dio lontano che non si riesce pi
a situare nella sfera delle possibilit e forze di questo mondo, e
che sembra diventato ormai superfluo. A nome di molti altri, egli
deve ora sforzarsi di rifondare questa realt divina, di g~ustificarla e
renderla quindi nuovamente credibile. In ogni caso egli dovr met-
tersi dalla parte del mondo e degli uomini, sentirsi responsabile del
loro futuro, impiegare tutta la forza di cui dispone e porsi al l'oro
servizio. Questo atteggiamento potr consentire ad un uomo come
Teilhard de Chardin di intonare un sublime inno alla materia, di
scorgere la grandezza di Dio presente nelle forze, celate e manife-
ste, di un mondo in evoluzione; anzi, gli far credere di aver sco-
perto una profonda convergenza fra l'opera salvifica di Dio e l'vo-
luzione di un mondo che stato da lui creato.59 na questo punto
" a. K. RAHNER, 'Ober die Evangclischen Rate', in: Schri/tcn vn, 403-434; per
la questione, vedi 408 s., 427 ss.: Lo stato dei consigli e lo stato profano dei
cristiani.
61 Il Vaticano n qualifica i tre consigli evangelici come un dono divino, che
la Oiiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva> (LG,
43); gi il primo monachesimo si comprese come vocazione carismatica, cf. AM.
RnTER, Charisma im Verstandnis des Jobannes Cbrysostomos und seiner Zeit, GOt-
tingen 1971.
62 Cf. K. RAHNER, Ober die Evangelischen !Vite, 427, nota 2.
'LO SPECIFICO 111!.LLA VITA RELIGIOSA
67 Osserviamo anche a questo proposito che qui non si esige necessariamente an-
che una carica emotiva; ci che importa che venga toccato il nucleo della persona.
68 Ci che qui stato illustrato come nerbo& della professione religiosa - e
che quindi comune B tutti gli ordini, sia attivi che contemplativi (pure il de-
creto conciliare Perfectae caritatis, al n. 5, lo ha descritto, anche se molto imper-
fettamente) - sta a fondamento di ci che il progetto stilato dal Sinodo delle
diocesi della Germania Federale (Die Ord~n und andere geistliche Gemeinschaften.
Autgaben und pastorale Dienste heute) chiama incarico fondamentale (Grundauf-
trag). Ivi si cerca di far vedere come questo incarico, da una parte, non coincida
semplicemente con i concreti servizi di una comunit religiosa, a motivo di una
differenza di tipo escatologico; dall'altra, per, si osserva che, se gli ordini voglio-
no adempiere il loro specifico compito nella Oliesa e nella societ, necessario
che fra l'uno e gli altri si stabilisca un'unit vitale. Questa dualit-unit fra inca-
LO &PECIFIOO DELLA VITA 1BLIGIOSA
rico fondamentale e servizi concreti non dev'essere paragonata a quello che finora
(anche nei dibattiti conciliari sul decreto della vita religiosa) andava sotto il nome
di duplice fine della vita religi05a, cio il fine generale (la contemplazione, la
unione perfetta con Dio e 1'amore senza risel'llC, la glorificazione di Dio) e il fine
particolare,. (o lo stile di vita canonico e contemplativo dell'ordine monastico, o
l'attivit apostolica e ~tativa) (vedi al proposito LThK, Das Zweite Vatik. Kon-
zil n, Introduzione, 46-49 ). L'incarico fondamentale, infatti, non si esaurisce in
un rapporto immediato con Dio, prescindendo dal mondo e dall'impegno del cri-
stiano sulla terra, ma ha per suo contenuto l'intera economia divina di salvezza:
la salvezza definitiva dell'uomo e del mondo, o in termini neotestamentari il re-
gno di Dio in .tutte le sue dimensioni. Esso presenta insieme una componente
verticale ed una orizzontale. Ci che s'intende per incarico fondamentale, ce lo
ha pregevolmente illustrato nel titolo e nel contenuto del suo libretto, H.U. VON
BALTHASAR, Im Einsat:r Gottes leben, Einsicdeln 1970. Sulla stessa tematica, vedi
anche F. WuLF, 'Bericht iiber die Vorlage Die Orden und andere geistliche Ge-
meinschaften', in: Synode (1973) fase. 2; C. BAMBERG, 'Von vornethein sinnlos
ohne den Gott der Verheissung. Zur Ordcnsvorlage der Gemeinsamen Synode der
deutschen Bisti.imer', in: Lebendiges Zeugnis (1973) fase. 1.
11> ~ questo che sem'altro intendeva affermare, in ultima analisi, la secolare qua
lificazione della vita religiosa in termini di Stato di perfezione, cio stato di co-
loro che, in forza di una vocazione speciale, carismatica, e di uno stile di vita
ispirato dalla sequela di Ges (il suo mistero della croce), tendono all'amore per-
fetto. Per quanto riguarda il motivo per cui tale concetto non venne accettato dal
Vaticano II (il suo carattere di ambiguit), d. LThK, Das Zweite Vatik. Konzil 11,
Lumen gentium, capp. v e VI, introduzione, 284 s.
70 Quando l'accento si pone pi sull'alienazione di tutto ci che ci appartiene,
PENOMENOLOGIA TEOLOGICA Dl!.LLA VI1' A RELIGIOSA
alcuna zona della propria esistenza, non vuol trattenere nulla per
s, ma mette a disposizione tutto ci che possiede per quella sola
cosa di cui c' bisogno. E siccome nella chiamata si fa sentire il
respiro stesso dell'assoluto, anche la risposta tender ad assumere
il carattere d'assolutezza e d'irrevocabilit.71
La vocazione religiosa, quindi, non altro che un nuovo e spe-
cifico impegno - che si svela e si realizza come dono dello Spirito
- a vivere la propria esistenza cristiana sema riserve, a seguire
una condotta di vita conforme al vangelo, e. porsi alla sequela di
Cristo, a diventare missionari: tutte istanze gi fondamentalmente
racchiuse nel battesimo e continuamente riproponentisi, nei modi pi
diversi, nella vita del cristiano.72 Se questo. impegno si traduce nella
forma di un particolare dono di grazia, allora esso comporta una
scelta ed una separazione per l'esclusivo servizio di salvezza a fa-
vore dell'umanit, del prossimo, dell'intera societ umana. Un simi-
le servizio mira innanzitutto, e nella sua sostanza pi vera, a man-
tener desto il ricordo dell'agire liberante di Ges e ad orientare l'at-
tenzione verso il regno di Dio, meta definitiva dell'esistenza cristia-
na, e verso la vita vissuta secondo il vangelo, verso la sequela di
Cristo e la missione in genere. Ci che la vita religiosa esige da
colui che ad essa stato chiamato, che questa persona non s'affi-
di pi ai propri desideri e progetti, ma si renda strumento dell'amo-
rosa volont di Dio (per mezzo di Cristo), per la salvezza del mon-
do.73 La vita religiosa esige disponibilit totale.74 Questo spiega la
si parla di sacrificio totale e di olocausto, usando quindi la terminologia li-
turgica dell'Antico Testamento (l'holocauslum della Volgata).
n Che il carattere di definitivit e irrevocabilit del vincolo, evidenziato anche
nella professione perpetua, trovi il suo primo e profondo motivo in una specie di
appello divino, cc lo attestano anche i detti sulla sequela, specialmente quelli di
Le. 9,,7-62. Per quanto riguarda il problema di un vincolo definitivo e irrevoca-
bile che si contrarrebbe con i voti perpetui e la questione dei voti in generale,
cf. H.U. VON BALTHASAR, Klarstellungen, Freiburg 1971, p. 129; H. RoTTER, 'Ge
liibde und Versprechen', in: GuL 43 (1970) 354-31;8; A. VoJ.LER, 'Zeitliche Ge-
liibdc odcr Bindungen anderer Art?', in: Ordenskorespondenz 12 ( 197r) 426-444.
72 Il concilio Vaticano II ha continuamente e decisnmente riferito la vocazione re-
ligiosa alla vocazione cristiana del battesimo (Lumen gentium, cap. vr, n. 44; Per-
fectae caritatis, n. '). Il concilio ha tentato anche, ma senza convincere del tutto,
di chiarire ci che la consacrazione religiosa attesti oltre" la consacrazione batte-
simale. (Cf. sull'argomento H.U. VON BALTHASAR, Klarslsellungen, 132}.
73 ~ appunto questo il tema del gi ricordato libretto di H.U. VON BALTHASAK,
Im Einsat;: Gottes Leben.
74 H.U. voN BALTHASAK, Klarstellungen cit., I2!)-I32.
LO SPECIFICO DELLA VITA l!ELIGlOSA
75 Ivi, 129.
16 Essendo unico il carisma della vocazione religiosa, ciascuno dei tre consigli
partecipa, nel suo profondo, alla realt degli altri due. C.Osl, ad esempio, il celi-
bato e l'obbedienza sono anche una forma di povert, e d'altra parte la povert
religiosa esige sempre, nel suo nucleo, un abbandono ed un'autodonazione dagli
stessi tratti che vediamo delineati nel celibato e nell'obbedienza. Sulla povert
intesa come espressione generale, atta a comprendere l'atteggiamento spirituale e
cristiano di fondo, d. F. WULF, 'Charismatische Armut im Christentum. Geschichte
und Gcgenwart', in: GuL 44 (1971) 2r. K. RAHNER, Ober die Evangelfrchen Riite,
cit., 419 ss., vede l'elemento comune dei tre consigli nel loro carattere di rinun-
cia, in forza del quale, ed allo stesso modo, essi rappresentano delle possibilit
di rendere certi, mediante la loro attuazione (cio la rinuncia dei valori terreni),
della fede trascendente, ecc.
PENOMENOLOGIA TEOLOGICA DI.LI.A VITA ULlGIOSA
77 Questo pericolo lo ritroviamo presente lungo l'intera storia della vita religiosa.
78 Ci non si tuttavia verificato nel primo JD()nachesimo e nemmeno nella vita
religiosa del medio evo e dell'et moderna fino alla rivoluzione francese. In una
societ strutturata per ceti sociali ed improntata dal cristianesimo, gli ordini re-
ligiosi risultavano integrati sia nel tessuto profano che in quello sociale, perse-
guivano degli obiettivi specifici ed avevano una collocazione riconosciuti da tutti.
La situazione mut nel secolo scorso, quando si decompose il vecchio ordinamento
sociale e la secolarizzazione investi tutti i settori della vita pubblica. Si determin
oosl anche una profonda frattura fra chiostro e mondo, e gli ordini religiosi entra
rono in un isolamento sempre pi profondo.
79 Non quindi assolutamente iedto contrapporli alle rispettive forme di vita del
cristiano che vive nel mondo: il celibato al matrimonio, la povert al possesso, l'00.
bedienza alla libert. Questo modo di procedere ci condurrebbe a delle erronee
conclusioni. :n vero invece che i consigli, nella loro tendenza di fondo, sono ri-
volti a tutti i cristiani (d. r Cor. 7,29 11s.) e che la loro attuazione {soprattutto della
povert ed obbedienza) nella vita religiosa si differenzia, in molti casi e pratica-
mente, dalla vita che il cristiano vive nel mondo solo per una diversa intensit.
Cf. P. LIPPEltT, Die 'Evangelischen Rate', eit., 662.
IO E come tali vennero visti unilateralmente e quasi esclusivamente dalla trad.
zione, soprattutto dR Tommaso d'Aquino in poi. Ci non significa che tale aspetto
sarebbe del tutto irrilevante; cf. K. RAIDIER, tJber die Evangelischen Rate, cit.,
pp. 416 ss.: 5: 'I consigli evangelici come mezzi per il conseguimento della per-
fezione personale'.
LO SPECIPICO DllLL.t. VITA IUILIGIOSA
90 Anche questo uno dei topoi pi antichi della vita religiosa; per il monache-
simo della Chiesa primitiva, d. A.M. RrTTER, Charisma im Verstiindnis des Johan-
nes Chrysostomos und seiner Zeit, cit., 92; per il nostro tempo: VATICANO II,
Lumen gentium, cap. VI, n. 44, par. 3.
91 Su questo punto si richiamata spesso l'attenzione in questi ultimi tempi. La
vita nell'ordine religioso e quella vissuta nel matrimonio e nella professione han-
no, dal punto di vista umano e cristiano, una funzione d'integrazione reciproca. E
quando questo aspetto viene trascurato, si arrischia di ridurre in modo unilaterale
i contenuti cristiani che queste due forme di esistenza cristiana racchiudono.
592 FENOMENOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA llEJJGJOSA
112 Qui s'inserisce il carattere indicativo che il matrimonio cristiano presenta al-
la luce del vincolo Cristo-chiesa (Eph. 5,32).
93 VATICANO II, Lumen gentium, cap. IV, n. 31.
94 Cf. K. RAHNER, Ober die Evangelischen Rate, cit., 8: 'La rilevanza ecclesio-
logica (significativa) dei consigli evangelici' (430-434).
!lS Cosl gi 1 padri della Chiesa. Per Crisostomo, ad esempio, i monaci sono, in
mezzo ad una cristianit continuamente esposta al pericolo della mondanizzazione,
del compromesso e del patteggiamento con le 'realt' - reali o presunte -, per
la loro stessa esiste!12a un momento di salutare irritazione ed un 'segn': un 'me-
mento' vivente che ricorda la precariet .. ., un continuo ricordo del fatto che i cri-
stiani sulla terra sono degli 'estranei' e vivono da pellegrini',. (A.M. Rl!TTER, Cha-
risma im Verstandnis des Johannes Chrysostomos, cit., 92). La stessa idea che ri-
troviamo predominante nel Vaticano II, quando esso parla della capacit di segno
propria della vita religiosa (vedi Lumen gentium, cap. VI, n. 44; par. 3).
LO SPECIFICO DELLA VITA RELIGIOSA .593
111 Vedi ad esempio J. SuoBRACK, 'Das Neue wagen - und das Alte gewinnen.
Zur Selbstbesinnung der Ordensgemeinschaften', in: GuL 41 (1968) pp. 176-193;
O.H. PEscH, 'Ordensleben und Verkiindigung', in: Ordenskorrespondem: 9 (1968)
265-382; P. LIPPl!RT, Funktion und Dienst als mOgliche Schliisselbegrifle fiir
Mitwirkung und Selbstdarstellung der Orden auf der Synode 1972', in: Orden-
korrespondenz I2 (1971) 314.
97 noto il grande abuso che nel Vaticano II si fatto dell'idea e del termine
servizio; d. H. RAHNER - H. VoaGRIMLER, Kleine:r Konzilskompendium, Frei-
burg 1966, alla parola Dienst, dove si adduce tuttavia un'esigua parte di passi.
98 Anche il progetto elaborato dal sinodo delle diocesi della Repubblica Fede-
rale Tedesca: Die Orden und andere geistliche Gemeinschaften. Auftrag und pa-
storale Dienste ruota interamente attorno al concetto di servizio.
~ Per la Chiesa come segno quasi-sacramentale di salvezza, cf. VATICANO II, Lu-
men gentium, nn. i.9.48.59; Gaudium et Spes, nn. 42.45; Sacro:ranc/um Concilium,
nn. 5.26; Ad gentes, nn. 1.5.
.~94 Fl!NOMl!NOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA IELJGlOSA
100 Anche se non pi con la stessa efficacia del passato, quando gli ambienti si
presentavano omogenei dal punto di vista cristiano, gli ordini dovranno in ogni
caso svolgere la loro funzione di segno ali 'interno delle comunit.
101 Ordenrleben und Verkiindigung, eit., 377.
BLEMJ!NTI DI UNA TEOLOGIA DBLLA VITA 11BLIGIOSA .59.5
toJ Cf. P. WusT, 'Ungewissheit und Wagnis', in: Ges. Werke, 1v, Miinstcr 51965.
I tre ultimi capitoli dell'opera suonano: 'Die lnsccuritas humana und das Wa-
gnis des Entscheidungsirrationalismus'; 'Die lnsecuritas humana und das Wagnis
der Wcisheit', 'Die Geborgenheit des Menschen in seiner Ungeborgenheit'.
ELBMl!NTI DI UNA TEOLOGIA DELLA VITA RBUGIOSA
'97
lui infatti che qui opera una i.-c:elta.La sua vocazione sempre vo-
cazione individuale. Riguarda soltanto la sua persona. Questo per
solo un aspetto. La vita religiosa significa anche comunit, e non
solo per ragioni di convenienza ma per sua stessa natura. Essa cerca
di realizzare l'obiettivo verso cui mira il messaggio cristiano, la koi-
nonia, l'unione dei molti nel comune mistero: in Dio, in Cristo, nel-
la Chiesa, nell'amore. In quanto tale, essa stessa Chiesa visibile, ha
un carattere pubblico. Il rischio che il singolo corre nel suo atto di
fede un rischio che viene affrontato al cospetto della Chiesa; non
pi qualcosa del tutto privato, bensl testimonianza che si rende
nella comunit dei fratelli. Il carattere di testimonianza una com-
ponente teologica essenziale della vita religiosa. Ci che Paolo affer-
ma a proposito del ministero apostolico nella Chiesa vale anche, in
modo analogo, per la stessa vita religiosa, malgrado tutte le oscurit
che questa presenta: Siamo di~tati spettacolo al mondo, agli
angeli e agli uomini (z Cor. 4,9).
Vita religiosa innanzitutto professione di fede in Dio, dell'uni-
cit ed esclusivit di Colui che tutto in tutti (1 Cor. 15,29), la
sola cosa di cui c' bisogno (Le. 10,42). Il Dio assoluto, Colui che
ha fondamento e non pu essere paragonato ad altri, l'inizio e 1-a fine,
:a promessa e l'adempimento (salvezza), che rivendica l'uomo inte-
ro, solo questo Dio giustifica la vita religiosa. Per quanto sia legit-
timo pretendere una presenza nel mondo degli ordini religiosi, un
carattere di servizio che dovrebbe connotarli nell'attivit che essi
svolgono a favore degli uomini che versano in difficolt, bisogna tut-
tavia riconoscere che la vita religiosa, nella sua radice teologica pog-
gia su un fondamento insostituibile, quello del Deus solus, del
soli Deo servire, del soli Deo vacare, come la tradizione cristia-
na ha continuamente affermato. 104 Nemmeno in Cristo si osserva un
equilibrio fra Dio e mondo. Dio tutto, e il mondo esiste solo in
forza di questo tutto e in esso. 1115 Bench non si possa separare, al-
l'interno dell'unico precetto dei due testamenti, l'amore di Dio da.
quello del prossimo e non sia lecito parlare di un prima e di un
poi (cf. Deut. 6,5; Lev. 19,18; Mc. 12,20 par.), rimane pur sem-
164 Cf. H.U. VON BALTIJASAR, Klarslellung, cit., n9123; F. WuLF, Gott allein.
Zur Deutung eines christlich<!n Grundwortes, cit.
111.i H.U. VON BALTIIASAR, Klarstellung, cit., 122.
FENOMENOLOGIA TEOLOGICA DELLA VITA BELIGIOSA
111 I sociologi parlano di strutture <li plausibilit, quelle cio che sorreggono
una concezione globale del mondo e la rendono plausibile, chiara, all'uomo che
opera nel quotidiano. Cf. P.L. BERGER, Auf den Spuren der Engel. Die moderne
Wclt und die Wiederentdeckung dcr Transzendent., Frankfurt/M. 1970, )7-61; 74.
ELEMENTI DI VNA TEOLOGIA DEI.LA VITA RELIGIOSA 601:
FRIEDRICH WULF
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BIBLIOGRAFIA
a. La diakonia cristiana
dove la Parola di Dio risuona. Non dovr quindi ricorrere agli stru-
menti di potere del mondo. Non cercher di affermare se stessa, in
quanto il suo obiettivo rimane Ja salvezza degli uomini. Non esiger
nemmeno che coloro, ai quali essa si rivolge, si avviliscano e si sot-
tomettano, ma vorr essere accettata nell'interiorit, in forza di quel-
la convinzione personale che matura soltanto in un'atmosfera di li-
bert, perch solo lo Spirito santo pu fare in modo che i precetti
del Signore vengano accolti. Il ministero ecclesiale non si traduce
in un potere vero e proprio, bens in un prudente controllo (rni.-
axom'J),6 che viene esercitato nel nome del Signore.
Tuttavia, quando si mantiene nell'ordinamento di salvezza, cio
nella sfera genuinamente ecclesiale, l'autorit dei ministri assume la
forma di un certo potere. Pi volte Ges, rivolgendosi agli apostoli,
ce lo dimostra. Cosl ad esempio quando, nell'ultima ceoo, d l'ordi-
ne: Fate questo in memoria di me, o quando dopo la risurrezione
dice: Mi stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque
e ammaestrate tutte le nazioni ... (Mt. 28,18 ss.). Gli apostoli ven-
gono resi quindi testimoni e banditori per l'intera durata della storia
di salvezza, fino al ritorno di Cristo, e da Gerusalemme fino agli
estremi confini della terra.7
Ma chi sono i destinatari di queste parole? I discepoli e contem-
poraneamente la Chiesa intera.8 Fra i discepoli soprattutto Pietro, ma
6 .t questo il senso di Mt. 16,19; 18,18: A te dar le chiavi del regno dei cieli,
e tutto ci che legherai sulla terra sar legato nei cieli, e tutto ci che scioglierai
sulla terr sar sciolto nei cieli.... Le chiavi sono un attributo messianico (Act.
1,18; 3,7; cf. Is. 22,22). Come un tempo, quando Jahv volle porre sulle spalle di
Eliakim le chiavi di David (Is. 22,22). cosl anche ora la consegna delle chiavi a
Pietro sta a signilcare l'ufficio di sorveglianza che gli apostoli sono chiamati a
svolgere. Costoro dovranno essere sorveglianti fedeli (Mt. 2445-51), hanno cio il
compito di preparare il ritorno del Signore: amministrando i suoi beni, indicando il
sentiero che si deve percorrere, annunciando il suo messaggio. Il potere di legare
e sciogliere (Mt. 16,20) chiarisce ed integra tale concetto. Ci che con una simile
espressione s'intende affermare non innanzimtto una trasmissione del potere di ri-
mettere i peccati, di accogliere nella comunit o di escludere da essa. Questa locu-
zione va situata in un contesto pi ampio (cf. G. LAMBEJtT, 'Lier et dlier: vivre
et penser', in: RB (1941-1944) 91-103) e significa soprattutto che agli apostoli
stato affidato il compito di condurre il popolo di Dio nel regno messianico. !!: inne-
gabile anche un accento che ci richiama un potere giuridico. Qui per si tratta di un
diritto tutto particolare, dcl diritto bibhco ed evangelico, di un diritto della fede
e della grazia, quello cio di annunciare e comunicare la salvezza con autorit.
7 Act. 1,8; ',32; 10,39.
8 a. ad es. AGOSTINO, Enarr. in Psalm. 47, 14; De bapt. 7, 84-85.
6ro TEOLOGIA DEI MINISTEII ECCLESIASTICI
11 Ci. J. Dt1PONT, 'Le logion des douze tr6nes', in: Biblica 45 (I964) 355-392.
612 TEOLOGIA DEI MINISTERI ECCLESIASTICI
11 Cf. M. SIMON, [,es premiers chrtien, Paris 1952; St. Stephen and the Hellenists
in the primitive Church, London 1958.
ia Cf. G. Drx, Jew and Greek. A study in the primitive Churcb, New York r953.
STB.U'l'TUB.A DEI MINISTEl!.r Dr SERVIZIO
20 Cf. J. DuPONT, 'Le nom d'apotres a-t-il donn aux Douze par Jsus?', in: L'O-
rient Syrien 1 (1956) 267-290; 425-444; E. LoHSE, 'Ursprung und Priigung des chri-
stlichen Apostolats', in: ThZ 9 (1953) 259-275; H. VON YMPENHAUSEN, 'Der
urchristliche Apostelbegriff', in: Studia theologica (Lund) r (1947) 166-200; d. an-
che E.M. KREDEL, in: ZKTh 78 (1956) 169-.193; 257-305; H. Rll!SENPELD, in: RGG
1 (1957) 497-499; H. MosBECH, in: Studia theologica (Lund) 2 (1949-50) 166-200.
21 Il problema della definizione di apostolo particolarmente decisivo per Pao-
lo. Egli non ha conosciuto Cristo secondo la carne, e quindi difende il proprio di-
ri1to d'essere inviato da Cristo nei confronti di coloro che prima di lui erano apo-
stoli. Egli si considera apostolo, al quale, ultimo fra tutti, come a un aborto (Rom.
1 I ,r ), cio come Beniamino, ultimogenito di Giacobbe (Paolo era della trib di Be-
niamino!), il Signore apparve. Apparendo ai Dodki (incluso Tommaso), il Risorto li
conferm quali apostoli (]o. 20,19-29), ma olfrl anche l'occasione per appl'Ofondire
ulteriormente il conceuo di apostolo, in quanto sono beati quelli che pur non
avendo visto crederanno.
22 Cf. J. MuNCK, Paultts und die Hei/Jgeschichte, Kopenhagen 1954; 'La vocation
de l'ap61rc Paul', in: Studia theologica (Lund) l (1947) 131-145.
2J Cf. l.c. 19,16, testo addotto nella Lumen gentium, n. 20.
STRUTTURA DEI MINISTERI DI SERVIZIO
24 Cf. H. SCHLIER, 'Die Ordnung der Kirche nach den Pastoralbriefen', in: Die
Zeit der Kirche, Freiburg i. Br. 1956, 129-147 (trad. it. Il tempo della Chiesa, Il
Mulino, Bologna).
25 Se l'episcopato locale s'impose praticamente ovunque, i titolari di questo ufl.
do, nelle loro diverse sedi, non erano posti tutti sul medesimo piano. L'episcopato
sull'Egitto, ad esempio, che aveva la sua sede ad Alessandrfa, dipendeva stretta-
mente dal .. papa di questa citt, che in seguito verr elevata a patriarcato. La for-
mazione della sede di Alessandri;1, l'atteggiamento che poi essa assumer, il rap-
porto con Marco, tutto questo sta ad indicare una origine apostolica del patriarcato
che venne fondato ad Alessandria. Il titolo di vescovo, che spetta al capo della co-
munit alessandrina, si spiega col fatto che a quel tempo Alessandria era la capitale
dell'Egitto. Ma i privilegi d cui godevano altri centri si possono comprendere sol-
tanto se li si riconduce ad una personalit di rilievo, la quale esercitava delle fun-
zioni cui era stata deputata direttamente dagli apostoli. Questi patriarcati, che non
necessariamente devono la loro origine (come vorrebbero certi autori) ai discepoli
degli apostoli, si presentano come una realt storica talmente solida da giustificare
la trasmissione dell'bnaxoit1} nella Chiesa (cf. O. KRAM, 'Les chsires apostoliques
et le r61c dcs patriarcats dans l'Eglise', in: Y. CoNC.~R - B.-D. DuPUY (a cura), L'E-
piscopal e/ l'Eglise universelle, ~ Unam Sanctam, .Paris 1962, 261-278 ).
26 Didacht u-12 e 1,-; CLEMENTE RoM., 42,r-,-; 44,1-3.
STllU'l'TUllA DEI MINISTElll DI SEll.VIZIO 619
c. L'episcopato monarchico
l8 Lumen gentium, nn. 20-23. Cf. Etudes sur le sacrement de l'Ordre, Paris 19,7;
Y. CoNGAR - J. DuPONT (a cura), La collgialit piscopale, Paris 196,; G. BARAUNA
(a cura), De Ecclesra Il, Frankfurt aM. 1966, 7-26-'; 'Die hierarchische Struktur der
Kirche' (trad. it. La Chiesa del Vaticano II, Vallecchi, Firenze).
l9 Cf. L. CERFAUX, 'Le chapitre xv du Livre des Actes la lumi1e de la littra-
ture ancienne', in: Miscellanea G. Mercati I, Roma 1946, 107-u6; H. L1ETZMANN,
'Der Sinn des Aposte.ldekrets und seine Textwandlung', in: Amicitiae Corolla, Lon-
don 1933, pp. u3-236; K. LAKE, 'The Apostolic Council of Jerusalem', in: The
Beginnings of Christianity v, London 1933, 195-212.
> Cf. F. DvoRNIIC, Histoire des conciles, Paris 1961; lo., 'Emperors, Popes and
Generai Councils', in: Dumbarton Oaks Papers 6 (1951) I23; B. BOTTE - H. MARoT,
(a cura), Le Concile et les Conci/es, Paris 1960; K.E. SKYDsG,.,.RD, Kon:dl und
Evangelium, GOttingen 1962.
STRUTTURA DEI 1141NISTW DI SB.11.VIZIO
5l Cosi si esprime Stefano I, in C1PRIANO, Bp. 77, 3; HARTEL, 373. Una raccolta di
testi in P. BATTIFOL, C11thedr11 Petri, Poris 1938. Si osservato che nella tradizione
degli Atti (codex Bezae) l'accento si sposta sulla persona di Pietro. Cf. J. DuPoNT, in;
RB 64 (,1957) 42, nota I; ELDON ]AY EPP, The Theological Tendency of Codex
Be:uie Cantabrigiensir in Acts, Cambridge 1966.
S4 Secondo PERRONE, Praelectiones theologicae II, Roma 1942, 279 ss., '7 I ss., e
FRANZELIN, T beses de Ecclesia Christi, th. u, la successione cli Pietro legata alla
sede episcopale romana iure apostolico at immuJabili; il modo in cui si articola invece
l'elezione del vescovo di Roma, il modo del suo governo e tutto ci che concerne la
disciplina di questa successione, sono invece soltanto ;ure ecclesiastico e quindi pos
sono subire delle mutazioni.
ORDINAZIONE AL MINISTERO BCCI.ESIASTlCO
b. La preghiera dell'ordinazione
4. Le tappe dell'ordine
66 Nel testo odginale ebraico si dice: secondo il genere (al divrati) di Melchise--
dech. II testo della lettera agli Ebrei risente l'influenza della versione dei LXX:
xa:-.. '\"TJ'V -.a~w. Per il Midrasch Mekhisedech era un personaggio immortale, pree-
sistente, Certe correnti del tardo giudaismo lo identificheranno con il Giudice degli
ultimi tempi, con il Figlio dell'Uomo. Non quindi lecito applicare tale espressio-
ne al sacerdozio cristiano. Cf. D. FLUSSER, 'Mekhisedek et le Fils de l'homme', in:
Nouvelles chrtiennes d'lsrael 17, 1966, 23-29.
In Fin dall'inizio la terminologia cristiana latina conferisce a questo termine un
significato ben preciso. A Roma ordo stava a significare determinati collegi o classi
sociali. Ad un ordo appartengono soltanto coloro che ed esso sono stati chiamati a
far parte e che di fatto ne fanno parte. L'ordo superiore, l'ardo amplissimm, esiste-
va fin dall'inizio nel Senato, All'epoca dei Gracchi fra l'orda dei senatori e il po-
pu/m rumanus s'install un'altra corporazione sociale e politica, quella dei giudici~
per cui in seguito si parler cli ardo 11terque. Pi tardi anche la plebs verr chia
mata talora ordo, Nel pe~iodo in cui il cristianesimo fece il suo ingresso nell'impe-
ro romano, la coppia ordo et plebs era del tutto familiare; a quel tempo l'ordo era
la corpor112ione che raccoglieva le persone abilitate a svolgere funzioni di governo.
Cf, l'art. ordo in PAULY - WrssowA - KROLL xvur-1, Stuttgart 1939, 930-934
(B, KilnLER),
68 Cf. P,-M. GY, 'Remarques sur le vocabulaire antique du sacerdore chrtien'~
in: Etudes sur le sacrement de l'Ordre, Paris 19,7, u6-133 (vi ricorriamo spesso}.
TEOLOGIA DBI MINISTElll ECCLBSIASTICI
tardi. Ci che l' ordo sta ad esprimere invece. una 4!gnit, una po-
sizione di cui sj gode nella Chiesa. Fin dal tempo di Costantino, ve-
scovi, sacerdoti e diaconi, furono inquadrati _!!ell'ordinamento, rigo-
ros~~archico, dei funzionari_ imperjali. Essi avevano il di-
ritto di..t>prtare .!~- inseg~ del loro grado, com~_.!l_.e!1!.~~ stola,
i sandali e forse anche il m~ajeoI?.16 .Pure certe disposizioni emanate
nel s.ec. IV come il di,yie_!~di ordinazioni per salttf.m, l'obbligo di at-
tenersi agl!i interstizi, il principio dell'anzianit, sembrano siano stati
ispirati dal codice delle obbligazioni dei funzionari pubblici.'XI
Si osserva quindi che la struttura della Chiesa sente, in questo
periodo, _le profonde influenze della societ civile. Scandalizzarsi per
questo fatto significa procedere per preconcetti, e denota anche una
mancanza di realismo. Innanzitutto perch sono fatti che constatia-
mo__generaLme~te nelle societ del passato e poi eerch, ci che pi
conta, questo_stato._ di cose assume un _significato storico-teol~co.
Nel periodo in cui il cristianesimo venne alla luce, la societ dell'im
l'C!:O -~mano_yivC!.~iE-~~~tem!_di .&2._~~n...comea,ginato e uni-
.!!!:iQ, sotto una monarchia autocratica, che sotto l'influsso esercitato
dalla filosofia politica dell'ellenismo aveva sostituito il regime repub-
blicano. Questa filosofia aveva poi anche condotto, gradatamente, al-
la divi,Qizz_~iQti~ ..9&~-~~-s~r~l'l!.o_<l,e~~--S.~.to, __~-~uale si riconosce-
va un potere assoluto, perch reliigioso, su tutti i sudditi dell'impe-
ro. Quando, 4~.!.l! __conversione di Costantino, il clero fece il suo
ingre~~-9__pel__WQ!'!clQ._P..r9f~, si trov-.inmediatamente esposto...,al pe-
ricolo di smartfilJ~..E!QEPa J~!I]-_!:it~. .J-nfatti, come gi rilevammo,
esso si fonda essenzialmente sul servizio, non sul potere.71 Tuttavia
entr -~;clie in-~o~~orren~;--~~n-1rpc;iere" a1-que!iiomondo, svolgen-
do un ruolo non indifferente nella storia politica.72
69 TH. KLAUSER, Der llrsprung der birchOflichen Insignien und Ehrenrechte, Kre-
feld 21953; d. MThZ 3 (1952), 17-32, ce lo illustra.
70 Come osserviamo nel sinodo di Sardica (347), nelle Decretali di Siricio (365)
e di Zosimo (418), queste disposizioni vennero in parte introdotte anche nel di-
r-itto canonico. Cf. G. fa: BRAs, 'Le droit romain au scrvice de la domination pon-
tificale', in: Revue d'hist. du droit fran. et trang. 27 (1949) 38, nota 7.
71 Cf. M.-D. CHENU, 'La fin de l're constantinienne', in: Un conci/e paur notre
temps, Paris 191)1, 59-87.
72 In quel tempo il sacerdozio cristiano, in quanto rappresentanza di Cristo, pre-
tese la supremazia nel campo della religione e spogli il potere profano del suo
carattere sacrale. L'imperatore, convertitosi orma.i alla fede cristiana, rinunci ai
TAPPE DELL'Ol!IllNE
85 Cf. A.M. RAMSEY, The Gospel and the Cburch, Lcindon r936, 63; R. PAQUrER,
citato in: Istina 9 ( 1969) r78.
TEOLOGIA DEJ MINISTERI ECCLESIASTICI
fedeli del popolo di Dio, popolo sacerdotale cui sono stati elargiti doni
e carismi pure femminili, ovvio che esister nella Chiesa un sacerdo-
zio femminile, dei ministeri DS;Ciali di sgyizio riservati alle donne.
in questa dir he dobbiamo o tivamente la nostra ri-
cerca. Come nel mondo, anche nella Chiesa infatti i com iti d a onna
devono integrare que i e uomo, m co ormtt 'm o e emm1 e. Se
il ministero ecclesiastico viene compreso come un servizio, dovrebbe es-
sere possibile riconoscere il carattere di ministeri femminili Cli se:rVlZio
a quelle attivit che le donne svolgono nell8 Chiesa. Nulla vieta, anzi
sarebbe proprio auspicabile, che servizi cosl numerosi, vari e preziosi
per lit vita della Chiesa, venissero riconosciuti come tali e trasmessi in
un modo diverso aa qullo dd triplice ministero gerarchico dell'uomo,
ed appunto come ministero femmmile. La reJatJ.va consacrazione potreb-
be essere amministrata, come quella gerarchica, mediante l'imposizione
d i. vero che ben diBcilmente tale scelta trebbe in alche
modo !PJ>Cllars1 a tra 'zione, ma va osservato che dai primi tempi
della Chiesa l'imposizione delle mani fu un rito dal significato cosl am-
pio. che consente senz'altro una tale dilatazione. Esso non significa in-
nanzitutto una trasmissione dell'autorit, bens1 il riconoscimento dei do-
ni e la consacrazione a determinati compiti. In ogni caso ci assicure-
rebbe che i compiti femminili, svolti nella Chiesa, sono ministeri di ser-
vizio ecclesiale, cosa che oggi si dovrebbe riconoscere anche a livello
ufficiile. -
Ma se per ministero sacerdotale s'intende il ministero gerarchico, la par-
tecipazione al ministero episcopale, pt;r cui il sacerdote il rawesen-
tante <;li Cristo, che il capo della Chiesa, allora sorgono f~ver
g~e in campo c~~5.?lico. La maggioranza dei teologi ritiene che il mi-
nistero ecclesiastico sia riservato ai soli uomini. Adduce come giustif-
cazionejoprattutto il fatto ~CrfStahap~elto soltanto dell_~rso
ne di sesso maschilei..... e questa scelta non deriverebbe, secondo costoro,
da un pregiudizio, ma rispecchierebbe 1.m ordinamento della--~ na-
turl\ ..umana, c.Qr.porea e spirityitJe. Ammettono che ai nostri giorni an-
che nella Chiesa le donne assolvano delle funzioni molto importanti,
soggiung.o.no.per....che si tratta dj eccezioni. Je quali non richiedono una
consacrazi9_m;_acrawentale eh~ conferisca loro il carattere di rappr-esen-
tare Cristo,. capo della chiesa.
Altri la pensano per diversamente e sostengono che il problema del
sacerdozio ministeriale . ..dclla__doona non di_~_ci~atico, bensl teo-
logicitiasm:fale:Secondo costoro il fatto che Ges non "bbia chiamato
alcuna donna a far parte del collegio dei Dodici o del gruppo dei Set-
tanta discepOli,e<JianC1le- nell'ra apostoTica 11 mU11sterci gerarchico
della presidenza sia stato affidato sempre a uomini, frutto delle con-
dizio11L deLtempo; nell'.amhienterligfoso:lirtilrai-dl-Ges .den.. thie-
TEOLOGIA DEI MINISTERI ECCLESIASTICI
cc. Il minpstero dei diaconi. Bench nel corso della sua storia abbia
smarrito a significato originario, il diaconato non il pi insignifi-
cante dei tre ordini. Al! contrario esso deve riassumere l'intera sua
funzioQ~'-P.~~ch_ l'ordine una realt organica. Il suo rinnovamento,
preso in attenta co~sfCleraifone . d.afVaticano1,
ci offre anche la chia-
ve per un rinnovamento dell'intero ministero ecclesiastico.94
93 Sul problema del sacerdozio della donna, cf. C. LEFVRE, 'Sur le problme du
presbytrat fminin. La rencontre louvaniste des 20 et 21 dcembre 1971', in: RTL
3 ( 1972) 200-204; R. GaYSON, Le minist"e dans l'Eglise ancienne, Gembloux I97'l;
PH. DELHAYE, 'Rtrospective et prospective des ministres fminins dans l'Eglisc', in:
RTL 3, 1972, 55-75; H. VAN DER MEEa, Priestertum der Frau? Bine theologiegeschi-
chtliche Untersuchung, QD 42, Freiburg i. Br. r969.
94 Lumen gentium, 19; motu proprio Sacrum Diaconaltls Ordinem (18 giugno
TAPPE DELL'ORDINE
'11 Dutante il medio evo, spesso l'unzione degli infermi venne amministrata dai
laici. Cf. A. CHAVASSE, Etudes sur l'onction des infirmes dans l'Eglise latine I, i70 s.
911 Bench la predicazione venga ricordata nel rito latino ddla consacrazione dei
diaconi soltanto durante il medio evo, i diaconi svolsero un ufficio di predicazione
fin dall'et antica. ]. LECUYER, in: K. RAHNER - H. VoRGRIMLER (a cura), Dia-
conia in Christo, Freiburg i. Br. 1962, 46, cita la Const. Apost. Il, 30, r-2, i si-
nodi di Ancira (314), can. 2, di Roma (595), can. r, il quarto sinodo di Toledo
(633), can. 39. Il Codice di Diritto Canonico del i917, nel can. 1342, r, ascrive
sia ai diaconi che ai preti la conciliandi facultas.
99 Cf. Y. CoNGAR, 'Le diaconat dans la thologie des ministres', in: Le dit1cre
dans l'Egjise et {e mond d'aujourd'hui, Paris 1966, p. 135. Il suddiaconato e gli
ordini minori (accolitato, lettorato, ostiariato ed esorcistato) sono ministeri intro-
dotti. soltanto nel corso della storia, allo scopo di facilitare il diacono nel suo com-
pito di conferire alla comunit liturgica una struttura vitale. Come .c'era da atten-
dersi, questa struttura si differenzi notevolmente quando le assemblee di culto
divennero pi frequenti. Il numero e il significalo di queste diverse consacrazioni
variarono nel corso dei secoli, e cosl l'Oriente cristiano non ha mai conosciuto
l'accolitato, duplicato romano dell'ufficio che compete al suddiacono. In Roma cad-
de invece ben presto in disuso il ministero dell'ostiariato e dell'esorcistato. Questi
servizi vennero poi reintrodotti nelle Gallie, bench non se ne sentisse il biso-
gno, quando si adottarono i testi liturgici del rriro romano. Gli ordini minori non
hanno un carattere sacramentale. Originariamente venivano conferiti senza la pre-
ghiera dell'ordinazione; ci si limitava alla consegna dello strumento relativo alla fon-.
zione da esercitare, proprio come nell'uso profano. In seguito queste consacra-
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- 'Die Kirche und ihre Amter', in: Das Neue Volk Gottes, Diisseldorf
2 1970, 75-245 (trad. it. Il nuovo popolo di Dio, Queriniana, Brescia).
* Il presente lavoro stato ultim_ato nel marzo del l~O. Nel frattempo sono sta-
te date alla ~rampe alcune pubblicazioni, tre delle quali vanno menzionate, dato il
particolare interesse che dimostrano per la questione dlla Chiesa come storta: R.
KoTTJE (a cura), Krchengescbic~te!Jule - Geschichtswisin"iFift oler Theologie?,
T~ier 1970, con contributi di N. Brox, E. Iserloh, H. Jedin, H. Lutz e P. Stock-
meier; P. STOCKMllIER, 'Kirchengeschichte und Geschichtlichkeit dcr Kirche', in:
ls. f. KG 81 (1970) 145-162; 'Storia della Chiesa e rinnovamento delle scienze',
Concilium, 7/x970, ed. it., con contributi di A. Weiler, J. Cobb, C. Monnkh, B.
Plongeron, G. Alberigo, Y. Congar e R. Aubett. Non abbiamo te11ytg__g>_!lto, n_!]la
nostra trattazione, di. que~_t_i _s.~tj!_!!_o..fil.J!!l!IDlr:!!.ntiL_J?erch avremmo dovuto appor-
tare delle 'i:oq~li' c~_pol non ~~~~-Q.1Sl!i!LQ!J?.~.n.!.a..re all'editore. Ci li-
mitiamo quinCli a riportare'Uii'iiHermazione di G. Alberigo, il quale dimostra molto
coraggio nell'affrontare il ii'rbfema-ma-d1e..tioi!iesce;- come del resto compren-
sibile, a risol\'~.!!,o_ p~e.namente: Da un altro punto di vista la preoccupazione... di
superare lo statuto 'au5i1iario' assegnato ... alla storia della Chiesa rispetto alla teolo-
CHIESA COME STOllIA
sione dello Spirito santo, come inizio, e i1 promesso ritorno del Si-
gnore, come fine. Per la riflessione storica il tempo un tempo sto-
rico, il quale si svolge come qualsiasi altro tempo storico e per Ja
cui indagine scientifica ci si serve del metodo storico generale. Ma
anche se lo storico della Chiesa ritiene, e saggiamente, che spetti al-
l'esegeta chiarire la questione controversa se il Ges storico abbia
istituito Ja Chiesa e se potesse in verit istituirla, dato il carattere
escatologico del suo messaggio indirizzato ad Israele, come pure l'al-
tra, quella del significato escatologico delle parole con cui il Risor-
to conferisce un compito 1 ai suoi discepoli, ed anche se deve am-
mettere che lo stesso NT storia, e il brano pi importante della
storia della Chiesa, egli non potr tuttavia valutare in modo sensato
i secoli che ci separano dal tempo della comunit primitiva di Geru-
salemme se non tengono presenti questo inizio e questa fine
dell'autocomprensione storico-salvifica deHa Chiesa. Infatti, ben-
ch il periodo della Chiesa sia H tempo compreso fra questo inizio
e questa fine, pur vero che entrambi, l'origine e il futuro, influi-
scono costitutivamente su tale lasso di tempo, non per come influi-
scono la nascita e la morte (in cui questa si trova gi racchiusa) su
una cultura storico-mondana, bensl come eventi che si verificano in
un tempo categorialmente diverso da quello storico-mondano.2 Se
vero che ogni istituzione storica a conoscenza del proprio inizio
- nella forma del mito o dei documenti storici - e che questo
inizio, che contiene il periodo storico della Chiesa, si differenzia
dal periodo storico-mondano per il suo diverso modo di essere tem-
po, allora anche la fine del tempo della Chiesa presenta un carat-
tere diverso. Infatti, mentre ogni istituzione storica contiene, fin
dalla nascita, la propria morte, ma non la eleva allo stato di coscien-
za e vive piuttosto nell'illusione di una durata senza fine, in un'il-
gia appare del tutto comprensibile, ma non sembra realizzabile con l'attribuzione di
uno sta.tE_t2...teologii:o .alla . .stacia. ..dd.la. j~iesa, ma piuttosto con la coerente riaffer-
mazione della sua natura di disciplina storica, autonoma anche se interdipendente ri-
spetto alla teologia (in Concilitim, 7/1970, ed. it., 101, nota 15). Ma proprio que-
sta insopprllr.ibile interdipendenza costituisce il problema che dovremo affrontare
nella presente trattazione.
1 R. Som.1.CKENBUllG, in: LThK v1 (1961) T68 s. Sulla questione vedi Y. CoNGAR,
in: M)'sterium Salutis 4/1, 607-609.
2 Cf. A. DA1tLAP, 'Anfang und Ende', in Sacramentum Mundi 1, 1976, 138-145
( trad. it., Morcelliana, Brescia).
PROBLEMA Dl!LLA TEOLOGIA STORICA
3 O. Kc)HLER, 'Der Glaube und clic Geschichtc', in K. FiiRBER (a curn), Krise der
Kirche - Chance des Glaubens, Frankfurt 41968, 75-84.
4 In., 'Der Gegenstand dcr Kirchengcschichtc', in: Hist. Jahrbuch i7 (1958) 254.
5 Questa concezione viene sostenuta soprattutto dagli storici della Chiesa catto-
lici e in Germania accomuna tra loro - se:iza sopprimere certe differenze di minor
rilievo nel quadro storico - l'esposizione che della storiR della Chiern ha dato Th.
Katerkamp (un'opera in cinque volumi, pubblicata a Miinster negli anni 1823-
1834), condivisa, dopo un'iniziale cri~ica, anche da Johann Adam Mohler (1796-
18:i8), quella di F. X. FUNK, Lehrbuch der Kirchengeschichtc, Paderborn 11886, il
cui breve accenno alla scientllcit (p. 2), stato ripreso da K. Bih!meyer, suo pro-
CHIESA COME STORIA
17 lbid., p. ,.
18 A. E11RHARD, Die historische Theo/ogie und ihre Methode (Festschr. f. S. M.i!11.-
kJ.E) Diisseldorf 1922, 1,17-136, qui 131 s. In modo del tutto simile a quello di Joh.
Lorcnz Mosheim, l'autore struttura la teologia storica in 3 <1zone vitali esteriori
(missione; Chiesa e stato; rapporti con le altre confessioni e religioni non cristiane)
e in 5 zone vitali interiori (costituzione, liturgia, agiografia e storia generale della
piet, storia dd dogmi, storia cristiana della cultura). Una ripartizione che suscita
certo delle puplessit: l'attivit missionaria pu essere veramente concepita come
una diffusione di tipo esteriore, o non costituisce invece un mandato che la Chiesa
conserva nel suo pi profondo? Si osservi comunque che una simile tematica segna
un apprezzabile progresso nci confronti delle posizioni sostenute nel tardo medio
evo, quando ern usuale sopravvalutare la storia del papato e del rapporto tra
C.nicsa e stato.
662 CHIESA COMI!. STORIA
della sua storia. Egli intende cosl significare che l'inizio e la fine
della storia della Chiesa si fondano su una posizione (Setzung) teo-
logica,21 che in quanto inizio e fine non possono essere quindi
oggetto storico e costituiscono l'estensione (cf. sopra alla p. 369)
della Chiesa come storia; nello stesso tempo per essi determinano
anche la continuit affatto storica, che come tale non pu essere og-
getto storico. Certamente la storia di ogni istituzione questa sto-
ria solo fino al momento in cui non diventata storia cli qualcos'al-
tro. Sorge per il problema generale, di tipo teoretico-storico, del mo-
do in cui l'identit storica vada distinta da quella logica, e nel nostro
caso, pi precisamente, la questione del modo in cui l'identit del-
la Chiesa possa essere un'identit di tipo storico, che non possiede
la storia soltanto nelle mutevoli forme di manifestazione di ci
che sempre identico, ma che essa stessa storia in tutti i momenti
che la costituiscono. La rilevanza teologica di tale questione appare
manifesta quando si dice che la Chiesa non ha pi da attendere una
nuova rivelazione o n'integrazione di questa, e che. tuttavia
anche parte attiva nel processo in cui la rivelazione si rende presen-
te.12 Questa attualizzazione infatti un atto storico che dev'essere
compiuto secondo modalit sempre nuove; che non produce soltan-
to delle variazioni su un dato astratto dalla storia, ma rappresenta
questo stesso dato in modi sempre diversi, e non seguendo l'arbitrio
ma muovendosi fin dall'inizio nell'alveo della tradizione. Il concetto
di continuit pu essere senz'altro compreso in chiave storica, e in
tal caso viene a sostituire il concetto di tradizione. Naturalmente il
significato che questa racchiude - non quindi una tradizione intesa
nel senso specifico di traditio non scripta del tempo apostolico e nem-
meno in quello pi generale di tradizione che ogni cultura possiede,
bens nella sua accezione ecclesiologica ed universale - di capi-
tale importanza per il concetto di una storia ecclesiastica concepita
entro uno schema teologico e storico. 23 Ci che normalmente si co-
24 K. Rahner e K. lehmann {nello scritto citato alla nota precedente) non appro-
fondiscono il problema dcl rapporto tra evolu7.ionc e storia. Certe riserve nei
confronti .def car3itere'"l:ifolgiC<i' d1. ooiicetti ...fil:alJ svil.JppQii,~ <te.uoliZiQri.~; _iengo-
no avanzate,_tta.gli..alt.ci.. da .. G ...~ELING, Auslegung, cit. (nota 13) 17 e da J. RNI-
ZINGER, Dogmengeschirhte, cic. (nota 14) 17. Un simile concetto poteva sembrare
adatto ad ovviare alla perdita d'identit, tanto pit che lo stesso concilio Vaticano 1
utilizza l'immagine del germe, gi impiegata da Vincenzo di Lerino (Commonitorit1m,
cap. 23), per sconfessare l'evoluzionismo teologico. Giustamente J. RATZl:-IGER, op.
cit., p. 9, qualifica il concetto di tradizione di Vincenzo di Lerino come astorico.
25 J. F1HNP.R, loc. cit., 29
666 CIDBSA COMI! STORIA
cosl facendo non si riesce a coglierla nella sua realt piena). E tut-
tavia, in una concezione della storia ecclesiastica che accetta il dato
dogmatico dell'identit e della continuit, la storia del dogma costi-
tuisce inevitabilmente un problema peculiare, la cui soluzione dipen-
de dal fatto che un simile modo d'intendere la storia della Chiesa
trova o meno un solido appoggio nel dogma. Proprio per tale
motivo non per nulla casuale, quindi non una contingenza pu-
ramente letteraria, che la teologia cattolica abbia prodotto un'intera
serie di storie di papi, mentre lo studio della storia dei dogmi, ini-
ziatosi nel periodo dell'illuminismo, non annovera alcun scritto cat-
tolico che tratti della dinamica interna del dogma, e soltanto neJ
sec. xx si riscontrano alcuni accenni alle -singole epoche ed alla sto-
ria dei singoli dogmi.111 J. Rat.zinger ritiene che il contributo di K.
Rahner e K. Lehmann sulla Storicit della mediazione sia una
disanima del problema della storia dei dogmi la pi accurata finora
prodotta da parte cattolica, e lui stesso evolve poi questa imposta-
zione teoretica. 27 Rat.zinger uno storico ed ha riflettuto a lungo sulla
teologia storica di Bonaventura, per cui inserisce il problema della
storia dei dogmi entro l'orizzonte del problema pi vasto della sto-
ria della chiesa. L'espressione di A. Ehrhard: l'essenza del cristia-
nesimo si dispiegata e rivelata (sic!) nei suoi elementi costitutivi
lungo il corso della storialll non coglie pienamente l'aporia insita
nella questione; la si potr fonnulare in tennini teologici pi rigo-
rosi intendendo per soggetto della storia non l' essenza del cristia-
nesimo e nemmeno l'istituzione del magistero ecclesiastico, che nel-
le sue deflnizioni d origine allo spirito oggettivo, bensl gli uomini
della Chiesa che vivono la loro fede, per cui il discorso sulla sto-
ria della fede non verr a significare semplicemente un discorso
sulla storia dei dogmi, il cui concetto richiama facilmente l'idea
M Cf. A. AUER, "Dogmengeschichtc' in: LTbK m (1959) 468 s. - A proposito del-
l'Handb11cb der Dogmengescbichte (.Freiburg i.Br., nizio della pubblicazione nell'an-
no 1951 ), che per considerazioni di principio viene strutturato in singoli trattati e
che plf'ccdc a rilento, giustamente J. RATZINGER, Dogmenf!.eschichte, (nota 14) p. 15,
osserva: esso senz'altro riuscito a produrre una serie di considerevoli sezioni, ma
dato l'impianto che lo sorregge ben difficilmente sar in grado di delineare con suf-
ficiente continuit una visione generale della storia dei dogmi.
Z7 K. RAHNER - K. LEHMANN, in: Mysteritmz Salutis 1/2, 295-366; J. RATZINGER,
op. cit., 26.
is A. EHRHARn, op. cit., 119; un po' diversa ]'attualizzazione della rivelazio-
ne (J. Feiner, nota 22 ).
668 CHIESA COME STOlllA
29 J. RA<TZJNGER, op. cit., 23. L'idea di un progresso che, nella storia del dogma,
tenderebbe alla pienezza della rivelazione (per quanto non la possa mai pienamente
raggiungere) di fatto svolge un ruolo importante nel contributo di K. Rahner e K.
Lehmann. Alcune affermazioni: Solo la storia stessa dello sviluppo del dogma rivela
propriamente il suo mistero; ... ogni progresso raggiunto nel campo del finito
inevitabilmente anche una limitazione delle possibilit per il futuro. Quanto pi la
verit si fa f'ena e chiara, tanto pi essa diviene rigorosa, tanto pi essa esclude la
possibilit d'un errore futuro (op. cii., 342); nel processo ... d'un venire a s quasi
impercettibile di questa coscienza di fede qualificata (op. cit., 353). D'altra parte si
osserva anche - citando W. ScHNEEMELCHER, 'Das Problern der Dogmengeschich-
te', fa: ZThK 48 (r9~r) 89, ma condividendo manifestamente il pensiero di questo
autore - che la storia dci dogmi, diversamente dal come la pensava F. Ch. Baur,
viene ragionevolmente subordinata al Vangelo, essa non appare pi n come un
processo di apostasia, n come un crescente progresso ... (op. cii., 356).
JO J. RATZINGEll, op. cit., .25; cf. anhcc J. FErNER, op. cit., (nota 25) 29; sull'argo-
mento anche K. RAHNER - K. LE11MANN, op. cit. (nota 27) 348 s.
PROBLEMA DELLA TEOLOGIA STOllICA
Parola di Dio, si <futingua dalla storia profana per il fatto che essa
pu essere crattata in modo adeguato soltanto facendo ricorso a
quelle capacit che si sono acquisite nell'intero ambito del sistema
teologico TI (capacit per che ci si potevano attendere anche dallo
storico profano nel medio evo d'Occidente). La tesi, secondo la
quale l'esperienza di fede condotta sulla storia della Chiesa si esten-
de oltre le possibilit della comprensione razionale corretta, ma
bisogna aggiungere che questo oltre presenta una qualit catego.
rialmente diversa. Non un di pi che si coglierebbe sul medesi-
mo piano di conoscenza.
L'analisi fin qui condotta, che si proponeva di accertare se sia
possibile concepire la storia della Chiesa nel suo momento teologico
ed al contempo in quello storico senza ridurre nessuno dei due mo-
menti, ci 'Sembra abbia mostrato che da un lato, .in quanto storia,
essa diventa a-teologica, perch come disciplina storica esclude dalla
propria indagine il dato essenzialmente teologico {M fine di salvare sia
il dato storico che quello teologico), dall'altro essa l'assume nella sto-
ria universale (ed anche qui al .fine di salvare sia il dato storico che
quello teologico), e intende ricavare la propria differenza specifica dal-
l'interno, arrischiando per di smarrirla in una storicizzazione gene-
rale. Nel primo caso l'estensione della storia ecclesiastica, compresa
tra un inizio ed una fine che per loro stessa natura non posso-
no essere oggetto storico, rimane inviolata come intelaiatura, ben-
ch inizio e fine cstituiscono il tratto specifico di questo di-
scorso storico; nel secondo questa estensione viene talmente inte-
grata nel corso degli avvenimenti, che la storicit specifica di questo
inizio e di questa fine, in quanto storia della salvezza operata da
Dio (che pur agisce insieme all'uomo), si dissolvono nella storicitb
universale. Ed allora, se non sembrano accettabili la divisione del
lavoro secondo i fattori umano e divino e i relativi metodi che A.
Ehrhard propone, la teologia storica nella sua sostanza non sar
forse un pseudo-concetto?
17 R. W1TTRAM, op. ci.'. (n0ta 5) 145. L'autore valuta in modo espressamrntc posi-
tivo la profani1.zazione, i:1 quanto ritiene <he essi; abbia aperto la strada per una
visione dell 'intcro passato come campo generale di una attivit divina sempre pre..
sente, mni per accenahile in questo o quel determinato luogo (ivi). Non persuade
la critica che T11. ScmEDER, loc. cit. (nota 35) muove a Wittram, cui rimprovera di
aver reso la persona religiosamente intesa oggetto principale della storia.
CHIESA COME STORI.A
Nelle riflessioni fin qui condotte il tempo della Chiesa stato te-
matizzato in se stesso ed analizzato nel suo rapporto con la storia pro-
fana. Ci si chiesti fino a che punto esso sia storia di cui lo storico
possa occuparsi ed allo stesso tempo fino a che punto sia anche sto-
ria speciale, una storia che lo inserisce quindi nell'ambito della ri-
flessione teologica. Ora bisogner cercare di stabilire il luogo che la
storia della Chiesa, dal punto di vista teologico-storico, occupa nella
storia di salvezza, e questo non con l'intenzione d'integrare una teo-
logia della storia di salvezza di cui gi si offerta una trattazione,M
ma soltanto aUo scopo di determinare se una simile collocazione teo-
logico-storica contribuisca in qualche modo alla chiarificazione del
carattere peculiare del tempo della Chiesa, e pi precisamente del-
la sua peculiarit teologico-storica. Questo per significa risaHre ol-
tre il dilemma che sorse quando si volle rendere scientifica l'es~i
zione della Chiesa, questa intesa come oggetto separato. Non certo
un'impresa facile tracciare l'esatto ambito storico in cui tale dilem-
ma si profil, perch i secc. XVI e XVII costituiscono una specie di
terra di nessuno, in cui s'intrecciano momenti tra loro contrastan-
ti. E tuttavia un tentativo che, data la sua importanza, s'impone,
perch se vogliamo avvertire la reale problematica della teologia
storica, dobbiamo liberarci da un modo di procedere ormai ovvio
nel trattare la storia della Chiesa con strumenti di tipo storico-eccle-
siastrci.
certo che le edizioni delle fonti di storia ecclesiastica, prodotte
nello spirito filologico-storico dell'umanesimo ed entro la prospetti-
va controversistica dcl periodo della Riforma, condussero inevita-
bilmente all'elaborazione di un metodo storico-critico e quindi an-
che ad una -storia ecclesiastica intesa come scienza. 39 n fatto per
45 H. }EDIN, Handbuch cit. (nota 5) 34. La storia della storiografi.a ecclesiastica cat-
tolica oggetto d'indagine fin dal scc. XVI ed ha giocato un ruolo notevole special-
mente in Francia. La prestazione senz'aluo migliore (H. }EDIN, Handbuch, cit.
[nota 5] 40) la Selecta historiae ecclcsiasticae capita ( 26 volumi, pubblicati a Parigi
negli anni 1676-1688) da Natalis Alexandcr, un domenicano antigesuita e gallicano,
morto nel r724; un'opera che pu essere considerata per certi versi la prima storia
ecdcsinstica cattolka completa dell'ra moderna (A. HANGGI, in: LThK VII (1962)
7971s.), anche se in un simile giudizio si dimentica un po' il fatto che l'attenzione
qui ancora troppo rivolta alle questioni dott11inali (A. H.'\NGGl, Der KirchenhistO
riker Natalis Alexander, Fribourg 11955). La moralistica Histoire de l'J1gfise (5 vo-
lumi, anni 1657-1678) di A. Godeau, tradotta anche in italiano e in tedesco (sulla
\ersione italiana), abbraccia i primi ouo secoli. Le Mmoires pour servir l'histoire
Jcclesiastiq11e des six premiers siclcs (r8 volumi, pubblicati a Parigi negli anni
i693-r712) di L. dc Tillemont, precedute da una storia degli imperatori che si ri-
feriva al medesimo periodo, sono un raggruppamento di fonti condotto secondo cri-
teri pedagogici. A questo autore, e sopmttutto al :nctodo critico di J. Mabillons, si
ispira !'Histoire cclesiastique, Avignon r77, trad0ttll. in tutte le lingue europee, di
Clande Flcury (16+0-1732), simpatizwnte delle idee gallicane; cf. F. GAQU!lli, C.
Flewy, Paris r925.
46 II. Z1MMF.RMANN, Ecclesia al.f Obickt der Hisloriographie. Studien zur Kirchen-
gcschichtsschteibung im :Mittclaltcr und in der friihcn Ncuzcit := <'.lsterr. Ak. d.
Wiss. Phil. Klassc 235, Koln 1960, 69.
STORIA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA
50 W. Nigg (p. 113), il quale pone in contrasto la storiografia scientifica con quella
di Eusebio. Anche dopo la benemerita documentazione offertaci da P. Meinhold
nella sua (;eschicbte der kirchlichen Historiographil:, l'autore ha illustrato la sto-
riografia ecclesiastica specialmente nelle introduzioni ai documenti, non nel loro
svilupp.) <IOl'irn generale .--- il libro di W. NIGG, Die Kirchengescbichtsschr~ibung,
1934, nonostante i suoi limiti, l'unica opera, per quantJ superata da molt~ inda-
p,ini particvlari e pure dal lavoro di P. Mcinhold, che tratti questo tema; cf. anchv
H. DrcKERHOF, op. cii. (nota 42).
51 H. ]EDIN, Handbuch, cit (nota 5) I, 2L
52 Il.E. v. (AMPENHAUSPN, 'Die Entstehung der Hcilsgcschichtc', in: S.iccultem
7.! (1970) 69-9r.
STORIA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA
" Adv. hller. m, rr, 18 (in P. MEJNHOLD, op. cit., 1, 55, citaz. secondo l'edizione
cd enumerazione di W.W. li.ARWF.Y, Cambridge 1857, II, 50). - ]. DANIRLOU, 'Saint
Irne et Ics origincs de la thologie de J'histoirc', in: RSR 34 (1947) 227-231.
o;.i W. KAMLAH, Christentum und Geschichtlichkeit, Stuttgart 1951, 67. Quest'ope-
ra, pur giustamente criticata per l'impiego che essa fa di catt:gorie moderne, tcologico-
csisten~iali, nell'interpretazione di fatti storici, rimane pur sempre uno dei pi im-
ponanti contributi sul problema della formazione della storia ecdesiastica. Cf. J_
RATZJNG"R, 'Herkunft und Sinn dcr Civitas-Lchre Augustins. Bcgegnung und Ausci-
nandersctzung mit Wihl. Kamlah', ristampato e pubblicato in W. LAMMERS (a cura),
Gescbichtsdenken und Cescbtchtsbild im Mittdalter, Darmastadt 1961: Si veri-
fcata forse una dcstorificazionc nel senso in cui Kamlah l'intende, un'escatologizza-
zione ... nel senso di isolamento radicale, o non vero invece che questo supera-
mento di ogni limite ha il significato <li un legame con l'Io di Cristo e quindi con
il Noi dcl nuovo a, ~ou ilEou? (p. 7r ).
"' Adv. haer. r, 20, 2, citaz. secondo la BKW, ,\liinchen l9r2 (tra<l. i E. KLEBDA).
CHIESA COME STORIA
tempo che ancor perdura. Certo, in quanto esso il punto verso cui
si orientano i divini fatti dell'al!leanza, possiede anche un suo luogo
storico, alla fine della storia di salvezza, e quindi non soltanto un
breve intervallo, privo di storia, compreso tra l'assunzione del Si-
gnore e il suo ritorno, ma ha anche una sua pre-istoria. In se stes-
so considerato, per, non il tempo della salvezza.
Un'identica concezione sta pure a fondamento della dottrina di
Giustino e di Ireneo, i quali, richiamandosi alle speculazioni tardo-
giudaiche, strutturano la storia nei sei giorni della creazione: come
la creazione, anche la storia della salvezza stata portata a compi-
mento nel suo sesto giorno, cui successo il giorno del riposo. La
concezione chiliastica che Ireneo ed altri sostengono, 56 legando il
mito della settimana con le visioni dell'Apocali~se, per cui solo
quando il mondo sar rinnovato e Dio ritorner, i giusti risorgeran-
no per ricevere l'eredit loro promessa ... e per regnare sulla terra, 57
non vuol proporre alcun nuovo tempo di salvezza ma soltanto un
giusto conguaglio in favore dei giusti, che hanno dovuto soppor-
tare tante sofferenze. Ma ci che pi conta che qui non s'intende
ancora un tempo della Chiesa il quale si estenderebbe fino a compren-
dere la stessa storia. La salvezza si gi pienamente attuata: Poi-
ch questa la fine del genere umano che ha Dio come eredit: co-
me all'inizio, ad opera dei primi uomini, fummo tutti condotti in
schiavit attraverso la colpa della morte, cosi alla fine del tempo, ad
opera dell'ultimo uomo, tutti coloro che fin dall'inizio s<lno stati suoi
discepoli, purificati e lavati dalla colpa della morte ora entrano nella
vita di Dio. 58 Il fatto poi che questa conoscenza per fede della fine
del genere umano sia stata accompagnata anche da certi computi
cronologici, escogitati per dimostrare che gli ultimi tempi erano or-
mai prossimi od f!ncora lontani (Ippolito nella sua cronaca), di per
s ci testimonia pi ln realt dell'attesa che la raffigurazione di una
ra 'cristiana' dilatantesi nella storia.59 E tuttavia bisogna conce-
dere che queste cronache, le quali erano redatte secondo modelli
60 A.-D. V.D. BRINCKHN, Studicn zur lateinischm Weltchronistik bis in das 7,eital-
ter 01/os von Freising, Diisseldorf 1957.
680 CHll!SA COME STORIA
mente egli era l'uomo del momento. Eusebio osserva la storia del
mondo e della Chiesa con ottimismo aulico; nella sua qualit di ve-
scovo dello stato, ligio all'imperatore, egli elabora un ideale impe-
riale e statale che eserciter una forte e lunga influenza.61 Possiamo
senz'altro ammettere che la sua importanza di 'padre della Chiesa'
rimanga intatta,62 ma dovremo anche aggiungere che, come redatto-
re della sua Cronaca profana ed autore della prima Historia eccle-
siastica, eg1i. non soltanto il padre ma anche il testimone rap-
presentativo di un grave dilemma. Il tempo della Chiesa, nella
sua qualificazione teologica e nel suo carattere di fine della storia di
salvezza, era stato posto, infatti, in sincronia non soltanto estrinseca
con la storia profana che perdurava. Ma questa identificazione, man-
tenuta non senza contraddizioni, nel corso dei secoli, un bel giorno
and in frantumi: prima nei secc. XII e xm, quando ci si chiese qua-
le fosse il tempo proprio della Chiesa, e poi all'inizio dell'ra mo-
derna, quando sorse il problema della storia ecclesiastica. Contro
un modo di esporre in termini troppo semplificati la cosiddetta svol-
ta costantiniana, si richiamata giustamente l'attenzione su certe
testimonianze pre<ostantiniane, da cui traspare un modo di valutare
positivamente, talora sulla scorta di motivi teologici, l'impero ro-
mano.63 Ma si cadrebbe nella semplificazione opposta quando, vittime
del tentativo di armonizzazione ad oltranza, non si fosse disposti a
riconoscere una cesura in quanto si legge ne1 lib. x della Storia Ec-
cleS<iastica, dove proprie un cristiano che parla (nella Vita di Co-
stantino) di un sovrano di questa terra; che si tratti di un encomio,
61 B. A1.TANER .. A. SrurnER, Pt1trologie, Frciburg i.Br. 71966, 2r7 (trad. it., Patro-
logia, Marietti, Torino).
62 txx}..w:no:CT'l'LXTJ lcr-c-plr.t., prima del 303 in 7 libri, altre due edizioni fino al
325 in 10 libri. - Edizione in lingua greca e tedesca a cum di H. Kraft, 2 voli.,
Darmsrndt 1965. - IL RAHNER, 'Eusebios v. Kaisareia', in: LThK III (1959) II95
rr97, qui alla col. u96. - II. BF.RKllOF, Die Theologie des Eusebius von Ciisarea,
Amsterdam r939, spct. 52-59, dove ~i mustra che Eusebio adduce la prova apologe-
tica ricavata cbi fotti della storia e in Costantino vede adempi'.1ta la profezia bi-
blica; lD., Kirche 1md Kaiser, Ziirich 1947, spec. 54-rn4; W. VOLlrnR, 'Von wclchen
Tendenzcn liess sich Euschius h"i dcr J.utiasrnng seiner Kirchcni.:escbichtc lciten?',
in: \ligiliac chrrtmac 4 ( rci50) 157-180; G. BARDY, 'La thfologk d'Eushc de C-
san~c d'apr:s ll'!istoirc ccdcsiasfiqtH'', in: RHE 50 (1955) 5-20; C.S. WAI.J.ACh
IlAmrn.1., l'tirebius of Cac:sarca, London r960; A. DF.MPF, 'Eusebius als Historiker',
in: _labrh. d. Bayl'Y J1k. d. WiJs., Phit. K.l., Miinchen 1964, fase. 11.
'" H. RAH!l;ER, Kirch~ umi Stru:I i>n frtlhcn Christent11m, Mi.inchcn 196r.
STORIA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA 681
"' Tlist_ f'al., X,1,8, trhl. in; BKW: Eu.tebi11s Il, Miinchcn r932, .137.
65 A. WACHTEI., Beitrii}l,e zur Geschichtstheo!ogie dcs Aurclir's Augr,stinus, Bon-
nl'r IIist. I'orschungcrn>, 17, 1960, 75, con riferimenti a J. STRAUB, Vom Herrsche-
rid~al rfrr Spiitantike, 1939, 116 ss. ed a J. VOGT, Consta11tin d. Gr . r949, 289 ss.
'"' H. JEmN, HandbtJch (nota _5) J, 22.
682 CHIESA COME STORIA
situa gli eventi verificatisi tra gli anni 324-425, e che hanno per
protagonisti Chiesa e impero, entro un .orizzonte storico-profano.
Rufino critica il lib. XVIII della Storia Ecclesiastica di Eusebio, ma
significativamente senza richiamarsi a dei motivi teologici; rimpro-
vera infatti all'autore di aver profuso elogi ai vescovi, che pur non
contribuiscono minimamente ad una reale conoscenza della storia.67
A differenza di quanto osserviamo in Occidente, nell'impero bizan-
tino la concezione storico-salvifica della cronaca profana non assunse
il carattere di principio ispiratore. All'inizio del sec. VII l'ultimo mil-
lennio viene interpretato, e questo chiaramente contro Ireneo ed al-
tri, in termini storico-ecclesiastici. Per la storiografia classica, la sto-
ria della Chiesa coincide con fa storia dell'impero, in quanto i con-
torni dell'orbis christianus sono identici a quelli dell'impero, dove
l'imperatore il depositario supremo dello Spirito.68
Ci che sta verificandosi sia nella Chiesa orientale come in quella
occidentale, anche se in modi diversi, viene alla luce nei primi anni
del sec. v, da una riflessione che stata provocata da determinati
eventi di storia profana e che, per la sua profondit, non trova al-
cun riscontro nella storia dell'approfondimento cristiano di quel rap-
porto tra fede e storia che sta alla base del problema della storia
ecclesiastica. Ma non sempre si prestata la dovuta attenzione al
fatto che la teologia storica di Agostino ha una sua collocazione sto-
rica ben precisa. Tra ia concezione degli schata di Ireneo e l'esca-
tologia di Agostino abbiamo la vittoria che il cristianesimo riport,
con Costantino, sul potere ostile dello stato, una vittoria avvertita
come la pi bella prova della sua origine divina 69 anche quando
la gran parte dei cristiani vittoriosi non sapeva cosa rispondere
alla critica che il paganesimo romano muoveva alla chiesa imperia-
le di Teodosio, dopo quanto era successo a Roma nel 410. Non
possibile delineare con assoluta chiarezza i veri termini della rispo-
sta data dal vescovo di Ippon;1 - come lo dimostrano anche gli stu-
di condotti su Agostino, compresi i pi tf'centi - , perch nemmeno
lui, nonostante avesse criticato l'identificazione tra imperium roma-
num e civitas Dei, come troviamo formulata nella teologia imperiale
76 Ibid., 71.
71 lbid., con drnzioni alla p. '.-!O.
18AGOSTINO, l!.p. I99, 47
79 En. in ps . .H 2. 9, citaz. in A. WACIITEL, op. d1., 74-
80 II. Fiur.s, in: A1yslt'ri11111 Salutir 1v/1, 282, 285.
Hl A. WACllTEL, op. cit., 117.
STORIA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA 68;;
iv, Vita Ma/chi, 1: PI. 23, 5.~ - P. ME1mrn1.o, op. cii., 142, mette fortemente in
evidenza questa csprcs$ione cli Girolamo; e pu essere amche corretto farlo, 1na solo
a patio che non ci si dimentichi che quest'uomo stato formato nella cultura laia.
S1'0RIA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA
dovr vagliare 00 e che tipica della sesta et. Qui tutto ancora
intrecciato: accanto alla coscienza escatologica che Agostino ha del
carattere caduco della storia profana, troviamo anche la qualifica-
~ione storico-salvifica dell'impero romano, delineatasi ancor prima
di Eusebio, ma soltanto da questi formulata in termini di assoluta
1 J SPORI., 'Das Alte und das Ncue im Mittelalter', in: Hist. ]t1hrb11ch 50
(itJW) 297-34r, 498-524 qui alle pp. 512s. e 330.
~~ fo_, 'Die Civitas D~i im Geschichtsdenkcn Ottos von Frd~ing', ristampa in:
\V!. LAMMERS (a cura}. op. ct. (nota 54).
~9 Chronicd r, Pro!. (cd. A. HoFMEISTER, trad. A. Sc!lMIDT, curata per la nuova
ristampa da W. LA'.1.IMERS, Darmstadt 1960, 3n).
90 I hid., 58 3 s.
688 CHIESA COME STORIA
tementi in ri: ;evn i! ,;cnso che Anselmo aveva per h: novitatcs, anche se, e gillstamen
te, in forma mrno moderna di quella di Ena. Cf. anche W. K:.:-.tUll. Apokalypse
wul Geschicbts!l:eo!n.~i~ <~or ]oachin van Fiore), Ilist. Studirn i85, Berlin 1y35;
nirirn noi ro11fron1i t!dle mplicanze moderne si dimostra anche J. RATZINGER, op.
l'i!. (1wta 5.1); fo .. Dil' Gcschichtsthe !oRie ,/;s hl. Roruwentur.1, ;\.fiinchcn 1959; nel
capitolo dcd'calo ad :\nsdmo (pp. ro-1106) so1tolin~:1 il fotco che questi si richiama
nlla tradi7.ionc patristka, la qe:11c foc<:va ini~iarc l'eccl<sia C0"1 1\bcle.
trn Hexaiimeron v, 144.
1o 1 K. rrNh, op. rit., vo!. 33, p. 26.
CHIESA COll4E STORIA
trina dei quattro regni mondani, quando non viene addirittura re-
spinta, ad esempio da Gerhoh von Reichersberg (t n69).102 Si
infatti convinti che l'Apocalisse rappresenti per la Chiesa una enun-
dazione mistica degli eventi che l'attendono prima del ritorno 'del
Signore. All'inizio i commentari si limitano a stabilire i limiti -
mizio e fine - del periodo ecclesiale, e non vogliono essere quindi
delle riflessioni sulla storia della Ghiesa. 103 Essi approfondiscono
per una duplice serie di avvenimenti: quelli che concernono la cre-
scita mediante la predicazione e quelli che sono connessi con le
persecuzioni. Agostino aveva distinto tre tipi di persecuzione: la
persecuzione aperta, fino a Costantino - la persecuzione interna, ad
opera degli eretici e dei falsi fratres - l'Anticristo. Analogamente
anche Anselmo di Havelberg distingue tre tipi di persecuzione che
la Chiesa conosce prima dell'avvento dell'Anticristo e tre relativi
momenti di crescita: al primo status, quello radioso del periodo apo-
stolico (il cavallo bianco dell'Apocalisse), seguono 1. il periodo della
persecuzione fino a Costantino, con Stefano e gli altri martiri (il ca-
vallo rosso), 2. come terzo status il periodo che Anselmo descrive
come quello degli eretici e, in loro contrapposizione, dei padri della
Chiesa e dei concili (il cavallo nero) e 3. infine, come quarto status,
il tempo presente, quello dei falsi fratres e degli hypocritae da
una parte e degli ordini religiosi dall'altra. Il quinto status, che se-
guir a quello presente, non viene ulteriormente precisato. Gli ul-
timi due sono di natura squisitamente escatologica: saranno quelli
dell'Anticristo e della beatitudo. Del resto una simile successione
viene proposta anche da Eusebio, che nei Iibb. I-III descrive il tem-
po di Ges ricordando le figure degli apostoli e il periodo post-apo-
stolico; alle liste episcopali fa seguire le eresie e gli scrittori
ecclesiastici, contrapponendo i martiri ai loro persecutori (libb. rv-
vn); infine, dopo le persecuzioni dci nostri giorni (libb. vm-rx),
nell'ultimo libro celebra la vittoria del tempo presente. Qui ritorna,
assieme all'espressione falsi fratres, mutuata da Agostino e da
altri autori, l'intera terminologia storica. Identica anche l'impo-
.:>tazionc del commentario di Riccardo di San Vittore ( t I I 73 ), dove
HM Cita?.. Jbid., ~5
ios J. llo11at.'Clltura, dt. (nota 99), 97-ro>, qni 102. In queste pa-
RATZl'.'lGER
gine ci vien data un'ottima informazione sulla teologia della storia dell'abate
Rupcrt, un pensatore ancorn poco swdiato. M. M.1GRASs1, 'l'eologi,1 e storia nel
pen.<iero di Rupert di /Jculz, Roma 1959.
ICl6 E. Mm.:THEN, op. cit. (nota io2), 209.
CHIESA COME STORIA
m J.
RATZINGER, lbid., r7.
116 A. DAllLAP, in: M}'stcrzum Sa/utis l/r 4j-45, giustamente non ha presentato
la Storia della chiesa come uno dei diversi modi di rcaliz~azione dcl mncetto
di storia della salvezttl (p. 45),
STORJA DELLA STORIOGRAFIA ECCLESIASTICA
1;ro E. lhNz, op. cit., (nota 1r7). Ivi anche nn'esposi7.ione delle idee di Petnis
] oh. Olivi e <lella rcla7.ione ("nonima) che critirn la ma postilla, contestatagli !lOi
come eretica nel processo (qr7-1326). Bibl. in V. HhYNCK, vu, I962, u49 s.
!2l G. An:-ior.o, Brst<' I.iebc II, 2B nr712).
1?.2 E. SnHERG, GottfrilJ Amold, Meeranc 1923; risr. 1964; P. MEINHOl.n, op.
cii. (nora rn) l, 430-433.
STORIA DELLA STOlllOORAFIA l!CCLl!SIASTICA
m J. SP(iRr., Grnndfnrmen, cit. (nota 96) 73-113; qui 90, 93; H. HoHENLEUTNER,
'J. of Salisbury in Jcr Literarur der lctzten ro Jahrcn', in: Ilist. ]ahrbuch 77
( l\)~8) 493-500.
m ]. RATZINGER, 'Kirche', in: LThK VI (J961) 173 s.
11' F. MnzBACflf'H, 'Wandhmgcn dcs Ki1-chcnbcgriffs im Spiitmittelalter', in: Zs.
d. S.1ri~nvSti,lt11n11.. Kanonist. Aht. 70, Weimar i953, 274361. Ivi anche i pi1 im-
portanti scritti: AHGlllIUS RoMANUS, De ecclesiastica xive de summi pontifici.i po
testate (q02; in rda~ione all'affermazione di Bonifacio vm: Omnes ergo homincs
l't Ol!Hlt'S possess'oncs stmt rnb dominio ('ccks[ac [ 2, cap. n; ed. Scl!OLZ, 99 l );
i\ur;irsTJ~lJS TRll1MP!IL'S rt 1~28), Summ.i de f!Ole.<tate ecclesiastka; Al.VARO PE-
1.AYO l'J' l u2), De s/a/11 l't planctu ecdesiae (rnn spunti di mistica sponsale tradi-
,ion:ile: ~r~pa er1:0 succcssor csr Christi, non ccclesim> [I, art. 31)); J11,\N rm ToR-
OlJFI\IADA (t 1468, Summa de eccl<'Jitt (la Chiesa in quanto republirn christiana, do-
v<; per il papa non : lilla specie di sovrano universale (MERZBACHER, op. cit.,
315 s>.). !vkrzbach<r prcsmra anche una storia del concetto conciliaristico della
chiesa.
11,; 11. .TEnrn, Ilcmdb11ch, cit. (nota 5} 29.
700 CHIESA COME STORIA
corpo dello spirito dei credenti che si forma dall'interno, quel cor-
po in cui il vescovo la riproduzione fattasi persona dell'amore
della comunit. 142 Mohler distingue quattro epoche nella storia del-
la Chiesa: I. (fino al sec. vr) L'epoca dello sviluppo e del dispiega-
mento dell'unit della vita cristiana - II. (fno al sec. XVI) L'epoca
dell'unit tranquilla e statica - III. (fino al presente) L'epoca del-
l'incessante sollecitazione al dissolvimento dell'unit - IV. (il futuro)
.L'epoca del ricupero, del ritorno all'unit. 143 La successione del-
le diverse epoche viene presentata come un processo, la cui dialetti-
ca, per Mohler, ovviamente guidata dallo Spirito santo. Introdu-
cendo le lezioni dell'anno 1833-1834, il nostro autore affermava in-
vece: proprio questo profondo inserimento dello spirito umano
nel contenuto del cristianesimo a costituire, dal punto di vista og-
gettivo, I.a sua storia. Da questo punto di vista, dunque, ci che po-
trebbe mutare non la verit di fede bensl lo spirito dell'uomo. 144
Ne ideriva quindi anche una diversa periodizzazione: i momenti del-
la storia della Chiesa saranno le culture (la cultura greco-romana fino
al sec. vm, quella germanica fino al sec. xv, da allora in poi la fu-
sione di entrambe). ovvio che a questa periodizzazione, giusta-
mente contestata dagli storici per lo schema che ne deriva: antichi-
t - medio evo - ra moderna, non condusse la premessa di tipo teo-
logico. Ed anche certo che Mohler non intendeva osservare la sto-
ria della Chiesa dalla prospettiva delle culture (formazioni), ma
soltanto cogliere, in queste culture, le peculiari espressioni in cui la
Chiesa si manifesta nella storia. Da tale premessa teologica possi-
bile ricavare anche periodizzazioni diverse, che mettono maggiormen-
te in rilievo la storia interna della Chiesa. Si tratter, comunque, pur
sempre di una storia che vede tra loro contrapposti l'immutabile
verit di fede e il mutevole spirito dell'uomo, spirito per - e
sta qui la singolarit della premessa - profondamente inserito nel
contenuto del cristianesimo e che non rende quindi possibile afferma-
re lma perfetta adeguatezza tra questo contenuto e la verit di
142 .T.A. :-.wrn.EK, D1e Einb,'it, cdiz. e comm. a nu~ di J.R. GnSELMM.;N, 01-
tcn 1957, r67 (ttad. ir. L'unit nc!l.1 chiesa, Citt Nuov,1, Roma).
14J Fcfo.ione a rnra di J.R. CEISELMANN, in: Gi:isl des Christentums w:d dcx
Katholizismus, :-fainz r940, 394.
144 1bid., 490, Le Vorli!Jtm~e11 t.ur Kircbenge.rcbichtr: di ].A. l\fohlcr sono state
(acritic3mer:tl') pubblicate J~ P.B. GAMS, 3 voli., Regensburg r867/68.
EPOCHI! DELLA STORIA DELLA CHIESA
fede. Ora, certo che la divina rivelazione per sua stessa essenza
accessibile allo spirito umano, anche se da questo non pienamente
integrabile. Va per notato che una verit di fede definita in modo
statico, e non clta anche nel dinamismo che lo Spirito santo le im-
prime, ci si presenta come un blocco privo di storia situato all'interno
del contenuto (storico!) del cristianesimo. J.A. Mohler ci ripropo-
ne quindi la problematica che avevamo gi abbozzato all'inizio della
trattazione. Egli per anche un teologo che, prima di giungere Q
queste posizioni era ricorso ad un concetto pneumatologico di Chie-
sa per comprendere, nel momento dell'unit spirituale dinamica-
mente intesa, la storia della Chiesa come storia della salveZ7Al, Il mu-
tamento di rotta trova forse la sua spiegazione in certe circostanze
biografiche (il suo trasferimento da Tubinga a Monaco) e, pi in ge-
nerale, nel fatto che a quel tempo si stava affermando la neoscola-
stica, la quale non concedeva spazio alcuno alla riflessione storica del-
la Scuola di Tubinga. Ma ci che pi importa che ci troviamo di
fronte ad uno storico della Chiesa che non ha mai cercato, almeno in
prima linea, la sua strada nelle speculazioni su un concetto di Chiesa
di stampo pneumatologico o cristologico, ma che ha sempre ritenuto
fosse proprio compito esporre il corso storico delle vicende della
Chiesa. Si dovr per anche aggiungere che J.A. Mohler, il quale
assieme (e questa vicinanza non fu tra le pi felici) a F. Chr. Baur
si era sforzato di concepire fa storia della Chiesa secondo criteri
eminentemente teologici invece di dissolverla nella storia, visse nel-
la sua propria esistenza il problema della storia ecclesiastica -
dal quale certi discorsi suUa Storicit qualche volta prescindono
- pur senza poterne risolvere anche l'aporia. E questa aporia si
manifesta in tutta la sua cnidezza nella svolta da lui operata: egli
abbandona la periodizzazione secondo i momenti dell'unit della
Chiesa, per affermare una periodizzazione secondo le diverse cul
ture.
1~5 E. CiiLJ F.R, Die Periodcn der K irchengeschichtc und die epochale Stcllww.
de.' Mittdalters, Frcihurg i. lk 1919; K. Hwssr, Altert11111, Mittdaltcr rmd Ncr;-
;wit in dcr Kirrh11r.cJ1:bid1tr, Tiihing<on 1921; O.E. Sn,1sSER, 'Lcs priodts et !es
poqu<" d, l'histoire de 10..\~lisc', in: JUil'hR 30 (1950) 290-304. Circa il problema
teologico della pcrietlizzazione, vedi nota 158.
EPOCHE DELLA STORIA DELLA CHIESA
sere anche il papa che, come nel medio evo, estende il proprio di
ritto di conferma in diritto di nomina (operazione dettata da enor
mi interessi finanziari), mentre si d anche il caso, come avviene nel
l'et moderna e nei paesi a religione di stato, che il potere si afEer
mi mediante patronati e privilegi.
La storia del ruolo privilegiato, che il vescovo di Roma svolge
per l'intera cristianit, viene considerata, da quando gli studiosi so-
stanzialmente concordano nel ritenere che Ireneo di Lione e Cipria-
no non possano venir addotti come testimoni de.I.l'idea primaziale,
innanzitutto come la storia di una rivendicazione romana, fondata
sul dato biblico, formulata in termini sempre pi chiari e gi pie-
namente evoluta con Leone Magno (440-461 ). La storia della Co-
stituzione della chiesa del medio evo essenzialmente storia del
papato, connessa con la storia dello stato ecclesiastico e con l'evolu-
zione del diritto ecC'lesiastico romano. L'idea del conciliarismo, la
cui preistoria risale ai secc. xu e xn1, viene evoluta in tutte le sue
implicanze durante lo scisma d'Occidente e nel periodo immediata-
mente successivo; pur fondandosi su una certa impostazione eccle-
siologi<:a, fin dall'inizio essa presenta dei forti legami con l'ideologia
politica e prassi dei governi confessionali. Le posizioni conciliaristi-
che vennero superate, nella Chiesa romano-cattolica, dal concilio di
Trento, mentre ~1 gallicanesimo e l'episcopalismo furono vinti dal
primato .pontificio. Ma il r870 fu l'anno che segn la fine dello stato
pontificio (dalla Chiesa per accettata soltanto nel I 929) e l'inizio,
con la definizione dell'infallibilit, di un'autorit pontificia di tipo
spiri tua le, che dopo il concilio Va ticano II va inquadrata nella pi
ampia sfera dei rapporti fra papa e collegio episcopale universale.
Nella suc<:essione dell'apostolo Pietro, il papato si comprende come
principiurn unitat.r della Chiesa. Due volte nella storia della Chie-
sa, e sempre in determinate situazioni storiche, esso ha per segna-
to anche il motivo, se non unico certo il pi consistente, delle gran-
di lacerazioni ecclesiali: nel ro54 con la scissione operatasi tra la
chiesa occidentale e quella hizantim, e nel sec. xvi con la Riforma.
Nella storia ecclesiastica dell'et costantiniana, il laico esercitava
un notevole inlusso sulla Chiesa, non per in quanto membro del
popolo di Dio, bens1 nella sua qualit di detentore del potere poli-
tico e sociale. Gli ordinamenti delle Ghiesc riformate, con le loro
CHIESA COM.I!. STORIA
I4.<a li problema delle esposizioni cattoliche della storia dci dogmi gi stato
sollcvnto pit1 sopra; d. B.J. 01'TI'~, ;1 Manual ol the History of Dogmas, 7 voll.,
l.ondon r917; ;\I. S<.'HM.\US f.T ALII, H11tzdbuch, cit. (nota 26). Per quelle prate
st1111ti, cf. W. Kom.1m, Dogml'ngeschichtc als Gnr.hicbte des christlichen Selb.<tbe-
w11utsei11s. \.'on dcn Aniii11~e11 hi.r zur Reformation, Ziirich l1951; In., Das Zeita!ter
da Rt>/ormation, /'.ijrich 1951 ( ovvio che questa esposizione non dcv"es~ere presa
come rapprr,entativu Jd protestantesimo nel suo complesso).
C'HlES A COMI! :STORIA
154 L. R1AU, lcll/101!.rtl{'bie ,f,, l'art ,:brtit'll I, Il T-2, nr T-3, Paris 1955/')9;
E. KJRSCllBAUM (l curn), Lexikmi r Christ!iche11 IkmmY,raphie, 6 voli. (pubbF-
cati il voi. I e 11), Freihurg i. Br. 196~ ss.
EPOCHE DELLA STORIA DELLA CHIESA 723
157 G. Ebcling giudica insostenibile la distinzione fra storia profana e storia ec-
de.iastica; tutto opera di Dio, ma il suo sl e no lo si potr conoscere sol
tanto in Cristo, nella sua Parola: op. cit. (nota 13) 13-16.
158 H. URs voN BAr.rnAsAR, op. cit., I42, giunge fino al punto di affermare che
la Chiesa in quanJ.Q struttura e js1j111zi!n1~.t...Wruiilaro~W::... ~gqtlca, in quanto
Spirito -~-..Pn:scnia ...di... Cristo.. ..~mi.Dcntem.cnt.e ___rjc~11:. dL,5.t()rt,a. Infatti ci che
d~>cisivo per il tipo della sua storicit non il fatto che la Chiesa, in quanto isti-
tul'lionc visibile, soggetta, come tutte le altre entit storiche, ad una certa tra-
sformazione e sviluppo; il fatto che esiste una storia della liturgia, una storia dci
dogmi, una storia dei papi e dei concili; decisiva invece la stabilit sovrasto-
rica, i11.J.1\!.itr:\tp_ cy_sa . . la_ C_h_Lcs!l.. ~I).li, _S!!,11!.~, ___attQ!i~a- te~- _ap_ost~ca. Nat\ralmcn-
tc, in tal caso lo storico ecclesiastico non avrebbe mai a che fare con la genuina
essenza della Chiesa, perch il sovrastorico non pu costituire oggetto della sua in-
dagine. Ccl'to, nemm~no la presenza di Cristo si adegua pienamente all'istituzione
vi~ibile della Chiesa, anzi non nemmeno vincolata ad essa. Ma questa presenza
n!1n si rifcrisrt~ n<'ppure in rno,!o dcl tutto particolare alla istituzione relativnmen
t~ astorica, che sola pu costituire l'oggetto d'im'agine dello storico ecclesiastico,
o cnmllmJnc non si riferisce a<l essa in modo tale dw lo storico Jclla Oti~sa pt-..
trcbhc dire: qui c' Cristo. qui non c'; forse allora in termini tali che que>to og-
g~tto risulterebbe allo storico della Chiesa che rif'.,ttc in modo teologico, anche
st' poi, in quanto scienziato. non pni'l determinare tale connotazione e deve quindi
snivcrc la storia ecclesiastica come storia profana? Il sovrastorico accade pro
prio (anche) nel relativamente ~stodco.
t~ G. Env.LTNG, o[i. t. (nota r3 ), 11, 22 s.
STORIA DELLA CHIESA ~ STORIA DELLA SALVEZZA
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mann (dal vol. 3J, da J. Zellingcr u. C. Meyman) 83 Bde, Kemptcn
x9JI ss. 2
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BM l:lenedektinische Monatsschrift, Beuron 1919 ss.
BSLK Dic Bekenntnisschriften der ev~ngelisch-lutherischen Kirche 3, hrsg.
von Deutschen Evangclischcn Kirchenausschluss, Gottingcn 1956.
ABBREVIAZIONI
734
A Argenberto, 527.
Ascndorf U., 307.
Aalcn S., 255.
Asmussen H., 354, 408, 504.
Abelardo P., 294, 534 Anastasio Sinaita, 274.
Adam K., 278 s.
Adamanzio, 271.
Atanasio, 26,, 267, 332, 360 s., ,73.
Attone di Vercelli, 28,.
Adelmanno di Luttich, 286, 363.
Aubert R., 651, 6,6.
Adns P., 523 s., _528.
Audet J-P., 245, 254, 259.
Adriano, 69,. Auer A., 667.
Afanassief N., 62,
Augusto, 683.
Agostino 35, 41, 46, 106-xn, u3, 127 s.,
Averbeck W., 338, 3'4 ss.
I 30, 277-283, 308, 324 S., 329, 3_39,
Avito, 635.
344, 350, 362 s., 373, 402 s., 4,3,
p8 s., 534, 581, 609, 625, 632, 681-
684, 687, 692, 694, 718, 724 B
Agostino Triunfo, 699.
Aimone di EUlbcrstadt, 285. Baciocchi J. de, 317 s., 325.
Aland K., 710. Baldovino di Ford, 297.
Albrecht C., .57I. Baltensweiler H., ,38-,42, 544, 5.50.
Alberto Magno, 284, 291, 294 ss., :i98 s., Balthasar H. U. v., 102, 420, 426, 428,
345. 350, 5.35. 718. 439, 441, 454, 467, 477, 485, 488 s.,
Alberigo G., 651. '551. 568, 578, 583s., 597, 727s.
Alcuino, 284. Bamberg C., '567, 583, 587.
Aldama I.A. dc, 314, 336. Handinelli R., 288, '-94
Alano di Lilla, 290, 297, 364, 375. Barauna G., 38, 437, 622.
Allmcn J.]. van, 355 s. Bardy G., 680.
Alessandro di Hales, 291 s., 294, 296, Baronia C., 674, 700.
364, 376, 534 Ban II., 402, 406.
Alexandcr N., 674. Barth K., 84, r64, 608, 658.
Algero di Luttich, 292. Basilio, 265, 332, 720.
Alfaro J.. 57r. Rattifol P., 626.
Alfonso M. di Llguori, 353. Baum W., 310.
Altaner B., 624, 680, 682, 685. Baur F. Ch., 657, 668, 688, 694, 7or s.,
Amalaro di Mctz, 284, 293, 345. 705, 707.
Ambrogio, 35, 277 s., 293, 360, 362 s., Banmann I., 576.
374, 620, 632. Biiumer R., 502, 505.
Ambrosiasta, 620. Bayma J., 378, 382.
Anacleto, 624. Be<-k E., 27 1.
Andn:a di Creta, 406. Bcck H .. G., 682, 718.
Anonimo, 525. Beda, 284.
Anselmo di Cantetbllry, 293. Be1kenkamp W. H., 285.
Anselmo di Havclberg, 690693. Reinert W., B8, 382.
Anselmo di Laon, 293, 533. Beissc, St., 721.
Aristotele, 718. Bdlarmino Roherto, 313 s., 353, 379.
Ario, 3H Benedetto di Norcia, 588, 69r, 720.
Arnold F. X., 309, 485. Bcnoit P., 2.3J, 234, 250, 627.
Arnold G., 698. Benz E.. 697 s.
744 INDICE ONOMASTICO
Crisostomo G., 258, 260, 269-272, 274, Ehrhard A., 627, 661 s., 667, 671.
277, 332 s., 343, 350, 359 ss., 370 s., Eicklcr A., 300.
592, 620. Elchinger L.A., 496.
Cuervo M., 318. Eliade M., 20, 574.
Cullmann O., 254, 502, 624, 694. Epp E. ]., 626.
Tirnpie P. C., 3.15
D Emser G., 309.
Engclaardt G., 678.
Damerau R., 295, 3or s., 304. Engels P., 286.
Danlou ).. 453, 677, 705, 725. Enrico di Gand, 302.
Dankbaar W. E., 308. Enrico di Hcsscn, 304.
Darlap A., 652, 672, 696 s. Enrico di Langenstcin, 304.
Decio, 713. Epener ]., 698.
Delarvclle E., 635. Epifanio, 40J.
Delhaye P. H., 529, 644. Erasmo di Rotterdam, 672.
Demonstier A., 625. Erberto di Auxerre, 296.
Dcmpf A., 680. Erigero di Lobbes, 285.
Denzler G., 703. Ervco Natale, 291, 301, 303.
Dequclcr L., 255. Eugenio IV, 365.
De Smedt, 496. Eusebio di Cesarea, 265, 267, 269, 343,
Dcwailly L.-M .. 62r. 349, 360, 625, 673, 676, 679-683, 685,
Delacroix S., 723. 687, 691 s., 696, 700, 705.
Dickerhof H., 673, 676. Euterio di Taiana, 272 s., 361.
Didimo, 265, 332, 359. Eynde D. V., 534-
Diekamp F., 313.
Diestelmann J., 306. F
Dilthey W., 705.
Diocleziano, 713. Fabro C., .573
Dix G., 263, 6r4, 630. Fahey ]. F., 285.
Dolch H., 502, 505. Farbcr K., 655.
Domenico, 559, 723. Farrer A. M., 613.
Driver-Hodr,son, 272 s. P:iusto <li Rictz, 283, 374
Droysen J. G., 670, 705. Favcntin G., 293.
Duns Scolo G., 294 s., 300 s., 303, 336, Fecamp G., 29.3
379, 718. Fcinc H. E., 714.
Dupont J., 234, 243, 6n, 6r6, 622, 626. Fcincr J., 663, 665, 667 s.
Dupuy B.-D .. 618, 621, 627, 630. Fencberg R., 2.39
Durando di S. Pourain, 301, 303, 382. Fcuillct A., 396 s.
Durando <li Troarn, 286, 363. Filone Aless., 260, 333, 673.
Diil'khcim K. G., 571. Fi!oss~no di Mnbbug, 273.
Di.irig \Yl ., 536. Filograssi I., 313 s.
Durrwcll F .. X., 347. Finn K., 690 s., 693 s.
Duval A., 642. Finckc E., 354.
Dvornik F., 622. Fish:icrc R., 291., 296.
Pishel' G., >09.
F. Fittkau G., 269.
Flcnkcnstein J., 68 ~.
Ebding G., 659, 665, 670, 728. Flcury C., 674.
Eck e;., w1 s. !'<loro t!i tionc, 284, 299.
Ecolnmpadio. 306. Flusser D., 63 ~-
Eckhart M., 718. Fohrcr G., 17, 243.
Efr,rn, 27r, 273, 360. Poucau!J Ch. de, 473.
Egidio Romano, 302 s., 699. FournCl" P., 526.
INDICE ONOMASTICO
Fozio, 273. Gnilka J.. 88 s., n6 s., 121 s., 140, 143,
Franck S., 675, 698. 154, 160, 173, 179 s.
Francesco di Assisi, 559, 573, 575 s., 691, Godcscalco, 285.
720. Godeau A., 674.
Franz A., 284. Goodspeed, 35.
Franzelin F., 313 s., 326, 379, 626. Gottfredo di Fontainers, 303.
Friedberg, 345, 635. Goffredo di Poitiers, 290, :z94.
Fries H., 684. Goedt M. de, 397.
Fuchs P., 673. Goller E., 708.
Fulberto di Chartres, 285. Gollwitzer H., 308, 608.
Funk F. X., 655. Golot J., 382.
Gorres I. F., 428, 470.
G GOssmann W. E., ;;33, 703.
Gottschalk ]., 308.
Gams P. B., 706. Gouyon P., 6:z3.
Gaqure F., 674. Grass H., 305, 308.
Garncrio di Rochefort, 297. Grav E., 559.
Gardgou-Lagrange R., 314, 336. Graziano, 530 s., 635 s.
Gartner B. E., 355. Gregorio Magno, 283, 344, 686, 719.
Gaudenzio di Brescia, 344. Gregorio 1, 695.
Geiger W., 702. Gregorio VII, 710, 719.
Geiselmann J. R., 283 ss., 291 ss., 375, Gregorio di NazillllZO, 265, 344, 360,
705 s. 406.
Gelasio, 273, 285, 361. Gregorio di Nissa, 265, 271 s., 370 s.,
Gerardo di Cambrai, :l.85. 524.
Gerardo di Novara, 296. Gregorio di Tours, 679, 686.
Gerberon G., 294. Gregorio di Valencia, 313.
Gerhoh di Reichersberg, 692, 694. Grignion da Montfort, 4r3.
Gcrken A., 587. Groner F., 58r.
Gessel W., 279 s. Gropper J.. 309.
Gcstrich C., 305. Gross H., 504.
G~wiess J.. 508. Griinewald J., 307.
Ghysen G., 377. Gryson R., 644.
Giacomo di Metz, 301, 303. Guardini R., 3r5.
Gibbard S. M., 261. Guglielmo di Auxerre, 290, 292, 294,
Giblet J., 2~1, 256. 296, .534
Guglielmo di Champeaux, 292.
Giescler J. C. L., 658.
Guglielmo di Thicny, 294.
Gilheno di Poitiers, 289.
Guglielmo di Auvergne, 294, 534.
Gioacchino da Fiore, 689, 694 s., 698. Guglielmo Durando, 299.
Giordano, 686. Guido di Orchclles, 290, 296.
Giovanni xxnr, 408, 454. Guitmondo di Aversa, 287, 291, 364,
Giovanni Damasceno, 274 s., 36r, 370 ss., 375.
38r, 620. Gutwenget E., 3!!2.
Giovmmi Qnitort di Pal"igi, 30_3, 382. Gy P.-M. 633.
G'.ovanni Rufo, 27+
Ciownni di Salisbury, 699 s. H
(; iov,mni di Ttcvso, 296.
(;irnlmno di Monopoli, 309. I T:tacke R., 294.
Girolamo, 271'1, 620, 635, 679, 686. Hang H., 5j6.
Giustino, 3 5, 100 ss., 260, 262, 343, Haas A., 579.
"\-19. 371, 607, 624, 678. Haasc f., 62.5.
Giustiniano, 273 s., 695. Hahn F., 231, 240, 244.
INDICE ONOMASTICO
747
Pietro Mangiatore, 297. 487 s., 493, .509 s., 536, 546 s., 550 ss.,
Pietro di Poitiers, 290, 293. .'56, 571' 580 s., 58 5 s., 590, 592 s.,
Philips G., 485, 490, 496. 59&'. 621, 636 ss., 646 s., .663_, 665,
Pieper J., 663. 667 ss., 7rn, 712.
Piepkorn A.C., 355. Ramsey A.M., 639.
Piijiram F., 506. Ranke L. v., 656, 697.
Pipino il Breve, 526. Ratcro di Verona, 285.
Pio IX, 392. Ratramno, 285, 374.
Pio x, 315, 409, 490. Ratzinger J., 278 s., 382, 537, 543, 659,
Pio Xl, 409. 665, 667 ss., 677, 691, 693, 696, 699.
Pio xu, 38, 316, 335, 366, 378, 408 ss., Rauschen G., 278.
629. Rau L., 722.
Plachte K., 354. Regli S., 470.
Planck G.]., 70I. Rehbach A., 354.
Platone, 86, 26:;. Reine F.J., 270.
Plachi W., 714. Reineccius R., 674.
Plongeron B., 651. Renz F.X., 313 s., 353
Plooj J., 355. Rest W., 573, .590.
Plotnik K., 301 ss. Reumann J., 3,,.
Poelman R., 504. Reuss J.M., 353.
Polman B., 675. Riccardo dt Mediavilla, 29I, 294.
Policarpo, 401, 524. Riccardo di Mclitona, 296.
Porfirio, 420. Riccardo di S. Vittore, 692.
Possidio di Calama, 632. Richter H.E., 599.
Pourrat F., 721. Richter St. 426.
Powers J., 317 s., 320 ss. Riesenfcld H., 616.
Prcpositino di Cremona, 297. Rigaux B., 88.
Prenter R., 3.54 Righetti M., 401.
Pr.i:ywara E., 562. Ritter AM., 580 s., 591 s.
Pseudo Akuino, 293. Ritter K.B., 354.
Pseudo Cesario di Nazianzo, 274, 283. Ritzcr K., .531.
Pseudo Crisostomo, 267, 402. Roberto di Melun, 296.
Pseudo Cirillo di Gerusalemme, 332, Rogier LJ., 656.
344, 370 s. Rolando di Cremona, 290, 294.
Pseudo Girolamo, 283, 374. Rolcvinck \Yf., 694.
Pi.irstingcr B. di Chicmsee, 309. Romano di Mclode 405.
Rosmini A., ~78.
Q Rottet II., 584.
Roy O. du, 568.
Qunnbeck W., 355. Ruckstuhl F.., 257.
Quasten J., 270. Rufino di Aquileja, 293, 534, 681 s.
Rniter T. d~. 587.
R Ruperto di Deutz, 293 s., 298, 559, 689,
69~ s.
Rabano Mauro, 285. Rusch P., 6TO.
Rackl M., 509.
Rad G. v., 18 s., 22. s
R,dbcrto, 293.
Radulfo Ardente, 288, 290, 296. Salviano di Marsiglia, 686.
Rahncr H., 680, Sanduik B., 231, 254.
Rahner K., 41, 43, 84, 135, 3u, 377 s., Santagada OD., 316.
417, 423, 426, 428, 433, 436, 443, Sartory-Rcidick G., 542.
453, 460, 462, 464, 471, 477, 485, S<1rtory Th., 308, 353-
lml!CE ONOMASTICO
V y
Vajta V., 354 s.
Vanncscc A., 318. Yori:k P., 705.
Van Roo G., ro7, 131.'
Vasquez C., 313.
Vicaire II.M., 562.
z
Vitric!o di Rouc.>n, 525. Ziegkr T , 5 >,o.
Vinc<>nzo <li I.crine, 665. :~im111,,rni;111n 11., 57: <>n. 689, 700.
Vivts, 295, w3. z,"i1110, 6q.
Vogel C., 6n. 7'.11idl'ma \'il., 255.
Vogt E., ~8. Zllinglio U, 305 <., 308, ~65.
INDICE ANALITICO
A C
l'origine nel GesQ storico della C. com- concretizzazione come problema filoso-
portante la presenza reale, 2 ,1 ss. fico, 419.
Chiesa (d. Popolo di Dio) concrctizz114:ione come problema teolo-
carisma come concetto strutturale del- gico; 420 s.
la C., 'JO] S. Concupiscenza
Ecclesia spiritualis, 698. matrimonio come remedium concupi-
matrimonio come forma di manifes1a- scentiae, 534-
zione della C., 54,547. Confermazione, 32 s., 76, III.
differenza tra matrimonio e C., 546 s., Conflitto, 214 s.,440 s., 5 I 5.
'50- Consensus fidelium, 510.
libert nella C., 195, nJ ss. Consigli evangelici, 581, 585 ss.
storicit della C., 'J02 s. significato dei C. E. per i laici, 489,
fede della C. e sacramenti, 174 s., 494, 'J9I S.
177 s., 182 . consigli e precetti evangelici, 489 s.,
chiesa come comunit cultuale, 31 ss. 431, 442 s., ,63 s., 585 s.
chiesa come corpo di Cristo, 174 s., Contemplazione, 469 s. 563.
280, 327 s. Creazione, 91.
chiesa come luogo della propria deci- cristocentrismo della C., 32;; s.
sione di fede, 436. creazione dal nulla, 1,2.
chiesa come presenza reale del 110''t"fi matrimonio come dato della C., 54r.
p~ov di Dio, Il8 ss., 174 s. unit tra C. e redenzione, 139, 142.
chiesa come comunit di fede e sacra cre112ione nello Spirito, 154 s.
carattere personale dell'elemento crea-
menti, 193 s., 437
chiesa dai giudei e dai pagani, ll9. to, 144, i49.
potenzialit del\'elemento creato, 146-
chiesa per il mondo, 498.
150.
chiesa e eucarestia, 46 s., 229, 275 s.,
creazione mediante la Parola, 1p ss.
279, 326 s.
chiesa e Maria, 390-413. aspetlo di teologia della C. dell'evento
mysterium e C.. 93 ss., n6-125. sacramentale, I 3,9-I66.
creazione ed escatologia, 146,
missione della C., .503 ss.
creazione e storia, 144 s., 156-160.
mutamenti nella comprensione della C.,
carattere simbolico dell'elemento crea-
453, 496 s.
to, 141-146.
parola e sacramento come elementi co-
aspetto lrinitario dell'elemento creato,
stitutivi della C., 42, 180-185.
150-156, 161 s.
Chiliasmo, 446, 677 s., 68r s., 683 s.
Cresima, -> Confermazione
Clericalismo, 489, 495 s. Cristologia
Collegialit, 197 s., 209 s., 215, 610, cristologia come orizzonte di compren-
61.2 s., 622. sione dell'eucarestia, 325 ss.
papa e collegio dci vcS<:ovi, 198 s.,
spiritualit cristologiche, 438, 45r, 572-
209 s.
577.
Comunione cristologia del Servo di Dio nei rac-
comunione spirituale, 267, ns, 29l. conti <lcJ!a Cena, 235 s.
Comunit (cf. Chiesti) cristologia cosmica, 325.
comunit Jei Jiscepoli, 575. cristologia dcl Logos e eucarestia,
comunit culluale, u s. 26.5 ss.
comuni1 cultuale dell'AT, 1424. l'curnr<stia come verifica della C. se-
verifica dei rnrismi attraverso la C., mndo i padri, 260 ss., 272 ss.
.515 Critica
comnnit come comunione, 68 s., T9.3 s., critica alla societ, 37.
437 Croc~. <J2 s., 120, 138, 163, 4 38, 4O ~ ..
Concilio, 622 s. 478, 570, 590.
Concretizzazione Culti misterici, 85, 97, IIr.
INDICI! ANALITICO
755
la nuova riflessione del sec. xx, 315 traduzioni della Bibbia, lOj.
323. Tertulliano, lo 5 s.
patristica storia della teologia, 127-133.
Ambrogio, 277 s., 363, 374. Ugo da s. Vittore, 129.
padri apostolici, 259 s. Isidoro di Siviglia, 128 s.
Agostino, 279-283, 363. Tommaso d'A., 129.
Cipriano, 276 s., 34 3.
Cirillo di Alessandria, 267, 360, 372. E
padri greci dopo Efeso, 272 ss.
Gerolamo, 278. Ecclesiologia
preghiera eucaristica di Ippolito, ecclesiologia di Agostino e concezione
263 s. dell'eucarestia, 282 s.
Ignazio, 261, 342, 358. essen2ialismo nell 'E., . x ss.
Ireneo, 262 s., 359. la designazione dell'eucarestia come
Isidoro di Siviglia, 283. corpus mysticum diventa attributo del-
Giovanni Crisostomo, 269 ss., 332, la Chiesa, 287.
343 s . 3~0. 360 s. concetto di Chiesa in Agostino, 684 s.
Giovanni .Damasceno, 274 s., 360, Ellenismo, 86 s., 265 s.
372. ellenizzazione del cristianesimo, 711.
Giustino, 26o, 359. Elezione (cf. Vocazione)
Clemente d'Alessandria, 265, 360. ele-done a un servizio, ;i84 s.
Origene, 266 s., 360. eiezione di Israele e della Chiesa, 165.
Tertulliano, 275 s., 362. l'elezione costituisce il popolo di Dio,
Teodoro di Mopsucstia, 270, 343. 501 s.
realismo e simbolismo in Agostino, Epiclesi, 270, 371, 38i.
279-283. Episcopato (cf. Vescovo)
cena come segno in Agostino, 279 ss. collegio dci vescovi, 622.
la Chiesa come corpo di Cristo la episcopato e papato, 198 s., 209 s.,
rl'S dell'eucarestia, 280. 621-626 .
.facramentum e res in Agostino, 280. episcopato monarchico, 619 ss.
tensione tra simholismo agostiniano e Escatologin
realismo ambrosiano, 283, 363. E. e incarnazione, 489 s.
tendenza spirituali7.zante degli alessan- dimensione escatologica ddla Cena,
drini, 266 s., 360. 252 s., ~30 s.
Dottrina sui sacramenti pmspclliva escatologica dell'esistenza
prime vicend<" cli una teologia sui sa- di fole, 442, 503 s.
cramenti, 113-127. missionl' escatologica dei Dodici, 612.
compiti cli ima teologia dei sacramenti mome>nto escatologico del rnystcri11m
!n genere, q4-138. in Paolo, 95.
dichiarn~ioni dcl magistero, l27-133. 1iuo"tr1p.ov come segreto escatologico
concilio di Trento, qo ss. ncll'AT, 88.
prohkmntir:1 di nna tf'ologia dci sacra- creazione c<l E .. 147 ss.
tnt"llli in W'llCTI:, n-6I. tensione tra E. presente e compitmnto
suddivisione dcl tr:irrato sui sacra- cs . :uologico, +16, 4 56 ss., 48.
nwn1i. 'i/. hsenzialismo
dillcolti't odierne .ii comprensione. es>rnzi:tlismo n~lla teologia, 42r s.
'i6 s., 6,. s~. Fssc;.,personn dell'uomo (cf. Uomo), 64
collocazinne della 1tolugia elci ~:1cra ss.
menti nel quadro ,fogmatico. 58 s. 1111i1:1 della pcrwna, 420.
prohkmatira sul concetto di sacra pttscn7.1. 121 s.
mento, 5<) s. i11divid111m1 in<'Oabile, 480 '
J:~(.,.~1.~,.unltPH nei paclr1 comunit ecclesiale e r~rson<.' magg;n.
Agost;fl(, r08 ss.~ 1 ,.lJ, 27R s. n:nni, : 17 's.
INDICE ANALI'l'ICO
7'7
valore etico dcl M., 528 ss. Mistica della Passione, 451.
indissolubilit del M., 528 ss., 533, Mito
540 ss. mito di Hieros Garnos, 511.
fondamento biblico della indissolubili- Mysterium, 81 s.
t, .540 ss. carattere arcano costante, 92.
ecclesiasticizzazione del M., 535 s., n2 momento escatologico, 95.
ss. chiesa come presenza reale del u<T'f1\-
Mediatore pt.ov di Dio, II8 ss., 175
Israele come M. di salvezza, z9,24. misteri della vita di Ges, I Il.
mediazione di Cristo e di Maria, 407 s. celebrazioni dei M., 102 s., II I s.
mediazione di Cristo, 25 ss. u<T"l'Ttpt.ov nell'AT, 87 s.
Ministero (cf. Ordinamento ecclesiastico, apocalittica, 88.
Ordinazione, Ordine, Sacerdozio) segreto escatologico, 87.
delimitazione delle fu112ioni, 637 s. 1J<T'f-/iP1.0V in Ef. e matrimonio come
ministero come servizio, 40 ss., 454, sacramentum, 538.
5 r3 ss., 605 ss. 1J1n1}pt.ov nel mondo greco e nell'el-
ministero come rappresentazione di lcn.i~mo, 8 5 ss.
Cristo, 608 ss. gnosi, 86.
ministero come autorit, 608 ss. concetto cultuale, 85.
potere di legare e sciogliere, 609, ti !osofa, 86.
631 s. ucri:i)pi.ov nel NT, 89-96.
ministero nella Chiesa e Maria, 396, concetto complessivo del M. in Ef./
399 s. Col., u6-125.
insediamento nel M. e consacrazione M. neotestamentario e culti misteri-
sacramentale, 198. ci, 97.
sacerdozio ministeriale, 34, 40 ss., 641 rivelazione del M., n9 ss.
ss. Paolo, 90-97.
funiionc dei presbiteri, 631 s., 641 ss. sinottici, 119 s,
diastasi fra regnum e sacerdotium, 700. realizzazione dell'unico M. negli
consacrazioni minori, 646 s. eventi della vita di Ges, u5.
funzione ordinatrice del M., 43, 512 uCT'fTtpt.ov nell'epoca patristica, 97-
ss., 515. ro9.
partecipazione dei laici agli uffici di Ignazio, 1 oo ss., 120 s.
Cristo, 491 ss., 510 ss. Giustino) r.oos,
prcsbi1crio, 618 s., 64r ss. Origcnc, 102 s.
sacerdozio della donna, 642 ss. rapporto coi sacramenti, n5 ss., 121.
rapporto tra M. e carii;ma, 514-.5r9. 1wo-TI)p~cv e t:vocyyO.~ov, 97.
diversit della teologia del M. tra 1wcr-ri)p~o1 e sacramentum, 83 ss., 97,
oriente e occidente, 619 s. 103 ss. 110 ss.
1
posto del laico nel M., 486 ss., 491 ss., collettivo del collegio dei vescovi,
497 s. 64os.
Monofisismo, 272 s. validit dell'O. nelle Chiese non-catto-
liche, 638.
ordinazione e successione apostolica,
o 338.
sacramento dell'O., u4, 6n-638.
Obbedienza uno o pi sacramenti?, 637.
obbedienza ecclesiale, 2II2r8. imposizione delle mani, 614, 627 s.
disponibilit e O. nella vita religiosa, rito di intronizzazione, 627.
584 s. preghiera dell'O., 628 ss.
Occidente carattere sacramentale, 640.
idcnrifcazione della Chiesa con l'O., consacraz. sacramentale e insediamen-
724 ss. to nel ministero, r98 s., 207 s.
Oikonomia, 93 s. doni conferiti nell'O., 631 s.
Opere, 586. duplice forma dell'O., 626 ss.
Ordinamento della Chiesa Ordine (cf. Ministero)
autorit e obbedienza, 210-219. applicazione del concetto di O. al mi-
significato del consensus, 212 s. 510. nistero ecclesiastico, 633 ss.
esperimento, 226, 47_3, ;;; r8. O. come sacramento della successione
spazio di libert, 217 ss., 225 s., 473, apostolica, 621.
475 s. O. come designazione di uno Stato,
obbedienza comune, 2r5 s. 633 s.
uguaglianza dinanzi al Signore, 213 s., O. e giurisdizione, 621 s., 636.
507. gradi della gerarchia, 638-647.
situazioni di confiltto, 214 s., 440 s., Ordini religiosi, --1- Vita Religiosa
515.
obbedienza vcrdcale e orizzontale,
215 s. p
costituzione sociale della Chiesa, 193-
Papa (cf. Primato)
202.
mal\cabilhil dcll'O. d. C. 196, 2IO, episcopato e papato, r98 s., 209 s.,
45.3 s., 476 s., 516 s.
62r-625.
Chiesa e stato, zor. Parola
collegialiti, 197 s., 209 s., 215, 6IO, creazione mediante la P., r52 ss.
6T1. S., 6l2. diversa ricezione della P. di Dio, 422.
ordinamento della commtmio, 194, carattere di P. dell'elemento c1cato,
201. 623. q1-145.
Chiesa del diritto-Chiesa della carir, parola e cucar~stia in Oi-igene, 266 s.
parnla e sacr~mento, 43, rn8, 139, r82-
195
informazione nella Chiesa, 215. 1B5, 265.
com11nica7.ionc intrac-cdesiale, 2r 5, 518. Pasqua
fnnzione ordinatrice del ministero, 4 3, mvst<rium pr1sch(}/e, 32 s .. 46.
5 I] SS., 515. pasqi:a ed eucarestia, 238 s., 258, 343.
vicaria, 202.
po1<./t1s propl"it1-pofrstas l'ccrnto
fnmionc relativa dell'ordinamento del- voc3:>.ionc religiosa e situazion~ di non-
la Chiesa. 2ro s., 2r3 ,,., 219 s. saln~na. 56-580.
fc>nclamer.to sacramentale dell'O. d. C., peccllo e redenzione, r60-164.
lC)8 s. stori.t della rovina, 161 s.
.mcictas perfec/11?, ICJ9. 4~9- P~nitena (Sacramento ddb), 12 5.
chi vincolato dAll'O. d. C.?, 200. Pl'rc;cc 17.ionc\ (;8.4 1 7 r r ~.
Ordinazione (d. Ministero, Sacerdozio) l'il'<W, 625 S.
comacra~ionc di un vc'covo rnme atto Pht~1n!:-:.mo
INDICE ANALITICO
numero dei S., 130, 133, 169 ss., 521, Santi, 427 s., 460 s.
532, 547 storia dell'ideale incarnato dai S., 721.
carattere di segno, 108, I29, 132, 278 Santit, r8 s.
ss. sacro e profano, 15, 26, 44, 494.
signum rememorativum, demonslrali- Sapienza, 92.
vum, prognosticum in Tommaso cli Scienza
Acquino, 129, q8. significato delle S. umane per la vita
struttura del segno sacn.mentale, 176- religiosa, 601 s.
180. Soolas tic a, 718.
Sacra Scrittura Scuola di Tubinga, 659, 705.
differente ricezione della parola di Dio Secolarizzazione, 47 s., 450 s.
nei singoli scritti, 422. Senso (Problema del), 64 ss., 70.
Sacrificio (cf. Sacrificio della messa) Sensus fdei, 510 ss.
sacrificio spirituale, 606 s.
Sequela, 426, 559, ;i72-576, 590.
concetto di sacrificio, 313 s., 337 ss.
Sessualit, 459 s., 548 s.
sacrificio nell'AT, 23 s.
Sacrificio della messa (cl. Eucarestia, Sa- Simbolo, 67 s., 141-145, 316, 346.
crificio) simbolismo eucaristico, 278-284, 363.
rifiuto del carattere sacrificale da parte simbolismo teologico-storico, 688.
dei Riformatori, 304 ss., 353 Sinagoga, 615.
eucarestia come sacrificio secondo il Sinergismo, 432.
Vat. 11, 334 s., 346. Societ
eucarestia come sacrificio secondo i pa- chiesa come S., 193-202.
dri, 261, 268ss., 275 ss., 281, 331 ss., soc:taJ pcrfecla1, 199, 489.
341-346, 349 s. strutture della S. e strutture ecclesiali,
cena e sacrificio, 331 ss., 351 s. 633 s.
mess.1 come sacrificio secondo il con- Sostanza (cf. Tra11sustanziazione)
cilio di Trento, 309, 312 s., 346 s., istituzione <lei sacramenti nella loro SO
350 s. stanza_, l 32.
teorie sacrificali, 313 s. problematic:i odierna sul concetto di
carat tcrc sacrificale dell'euarcstin e teo- s., 3l6323.
logia evangelica, 353 s. wsrnnza come unit di materia prima
carattere sacrificale della Messa in Al- e forma rnbstantialis, 289 ss., 364,
bel'to e Tommaso, 298, 346, 350. 367.
sacrificio di Cristo e eucarestia come problema del rnpporto tra S. e qnanti
S. della Chiesa, 326 ss. t, 3or.
cuc. mmc sacrificio della Chiesa, Sotcriologi a
H?-350. prospettiva soteriologica della csistcn
il sacerdote agisce i11 persontt Chrisli, za cristiann, +H
64t. Spcranzn
il sacrificio della Chiesa e S. della Dio della S., 570.
croce, 281, 326 s., 334-337. vita religiosa come testimonianza di S..
euc. come sacrificio att11:1liz7.atn di 599 s.
Cristo, 3.: q6. Spirito (d. Spirito Santo)
non t'- rl10\ra immolar.ione. di Cri- spirito come fondamento d~lfo diversi-
Wl ndla messa, 3 )6 s. t dci ministeri ec,ksiali, 424 s.
rapporto t~a sacrificio di Cris;o e S. <piritn come istanza ctitirn ddl'ordina-
della Chicsa, 3_50 s. mento della Chiesa, 195 s.
disr'nzione tra Sllcrame11!11m e s11crifi creazione nello Spirito, 154 s.
citon, 131, 2R3, 3!0. Spirito Santo (d. Spirito), 28_
scarrn intt>ress<' p<:"r il carnttcrc sacrifi- ripolngia dei doni dello S. nella storia
cale ddl'cucarestia nd rnrclo ME, 304. dclLi Chiesa, 693.
Sang~u\ .:q 3, 246 i;s. dfosirnw tle11n S. e culto, 3 r. s.
INDICE ANALl'IICO
consigli evanselici, 585 ss. carisma della V. R., 463 s., 580-592.
carattere esemplare della V. R., 590 vita rei. come esercizio di salvezza, 598.
ss. pragmatismo, 594.
totalit della rinuncia, 590. prescrizioni giuridiche, 2 I 7 s.
incarico fondamentale, 582. status perfectionis, 442 s., 564.
vita in comunit, 588 ss., 600. teologia dello stato religioso in Tom-
vita religiosa come modo particolare maso d'A., 563 s.
di esistenza cristiana, 583 ss. fondamenti teologico-spirituali, 567-
vita religiosa come disponibilit to- 579.
tale, 585. incontro con Cristo, 572-576, 598.
dimensione di segno e carattere di incontro con situazioni di non-sal-
servizio, 592 s. vezza, 576579.
matrimonio e verginit, n1 s. incontro con Dio, 569-572, 598.
prospettiva escatologica della V. R., rischio della fede, 595.
691 s. vita religiosa come testimonianza di
storia degli Ordini religiosi, 720 s.
speranza, 599 s.
situazione storica della vocazione rei.,
solidariet coi &atclli, 578 s.
445.
problema ermeneutico di una teologia Vaticano 11, 564 s.
della V.R., 558-566. Vocazione (cf. Elezione)
fondamento biblico, 561 ss. estensione della V. a tutte le forme
situazione attuale, 565 s. di esistenza cristiana, 432-433.
momento dell'esperienza, 561. unicit della V., 435 s., 480 s.
momento della realt storica, 559. vocazione religiosa, 581 ss.
isci1uzionalizzazione della V. R., 600. fallimento della V., 434 ss.
ordini nella teologia storica del ME, incondizionatezza dell'appello, 568.
690-696. rischio della V., 433 s., 596 s.
INDICE
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
II. Storia della vita sacramentale della Chiesa e vicende della teologia dei
sacramcn1i da essa sviluppantesi .......... . . 73
1. Vicende storiche della vita della Chiesa nei suoi sacramenti.......... 74
2. Storia lessicale e concettuale del ucr>'ljpLo'll e del sacramentum in rap-
porto alla teologia dci sacramenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
a. Il ucr>i)p~ov nel mondo greco e nell'ellenismo . . . . . . . . . . . . . . . . 8.5
b. Il uo'ljpLO'll nell'AT ........... .. ... .. .. 87
770 INDICE
c. Il 1X1'Tijpi.ov nel NT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
d. Il significato di uo"ti'JpLOV e s11cramentum nella primitiva epoca
patristica ................................................. .
97
e. Risultati .............................................. IIO
3. Nascita e prime vicende storiche della teologia sui sacramenti in genere 113
4. Momenti essenziali dell'ulteriore evoluzione e dichiarazioni del ma-
gistero ufficiale della Chiesa ................................... . 127
Bibliogra.fia
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227
2. Nesso strutturale
Bihliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 414
Bibliografia 557
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 3