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Elementi di una comunicazione interculturale : promuovere i linguaggi 

di una
comunicazione inclusiva
di Alessandra Ferrario

Riporto alcune definizioni del termine comunicare, comunicazione , riportate dal vocabolario:
rendere comune, trasmettere, essere in relazione, atto del trovarsi in contatto, passaggio.
Intercultura : reciprocità fra due o più culture.
Ci rendiamo subito conto di come la comunicazione assuma un significato operativo, corporeo , di
esperienza , che va ben al di là della “parola” intesa come insieme di suoni e di segni grafici che
veicolano un contenuto mentale.
Il linguaggio verbale, più di tutti i codici comunicativi, esprime una distanza, un vuoto, al bambino o
all’adulto da poco arrivati nel nostro paese, produce uno spaesamento globale rispetto alla percezione del
“se’”, rispetto al “prima” della propria storia , un vuoto narrativo che isola la dimensione presente dalla
propria dimensione del passato e le aspettative di un futuro. Una percezione di “sospensione” che annulla
gli apprendimenti conseguiti fino a quel momento; e questo spaesamento permane fino a quando ci si
impadronisce di alcuni strumenti linguistici di base e soprattutto fino a quando si incontra qualcuno che
rassicuri, di cui fidarsi e che ti accompagna in questo processo comunicativo, che ti faccia ricomporre il
prima e il dopo della propria esperienza, che riconosca e valorizzi le tue competenze, le tue esperienze e
ti aiuti a intrecciarle al presente, all’oggi, proiettandoti con fiducia nella costruzione di una dimensione
futura.
Il compito della comunicazione interculturale è centrale in questa fase: favorire il contatto, la
relazione e il confronto tra persone di culture diverse . Il primo aspetto da prendere in considerzione, per
l’acquisizione di abilità comunicative, è riconoscere a ciascuno la possibilità di esprimere la propria
esperienza, la propria particolarità.
Tutto comincia dal prendere coscienza della propria unicità e particolarità e di volerla raccontare,
condividere con gli altri.
Ciascuno ha qualcosa da dire, da raccontare. Dare la parola significa creare uno spazio,accogliente e
inclusivo, dove ciascuno possa esprimersi senza essere giudicato, dove la lingua non sia l’unico alfabeto
possibile, ma diversi linguaggi espressivi che offrano la possibilità di ritrovarsi e sentirsi a casa ( la
musica, l’arte, il corpo) e di lasciarsi coinvolgere in una comunicazione autentica e profonda.
“Les oiseaux ont chacun leur façon de chanter …” ( Ciascun uccello ha il proprio modo di
cantare) è un antico proverbio dell’africa occ. utilizzato per liberare la parola nelle assemblee di villaggio
e che io ho proposto a scuola per promuovere questa consapevolezza e renderla visiva , con una
rappresentazione grafica particolare, come richiamo costante al gruppo ( vd diapositive) e stimolo a
tradursi in comportamenti abituali, cioè quotidiani , di reciproco riconoscimento e accettazione.
La parola inter-cultura ci pone di fronte etimologicamente ad un rapporto di reciprocità fra
due o più culture.
Quindi scambio, relazioni, punti di vista che si confrontano in una relazione di parità.
Stiamo parlando di una scuola per tutti, dove ciascuno si senta accolto e coinvolto, investito come parte
importante del processo educativo. Non parliamo di percorsi ad hoc, di obiettivi rivolti ai soli alunni
stranieri.

Cerchiamo di dar voce e spazio alle voci culturali presenti sul territorio, di avviare un ascolto, di
rapportarci in modo positivo e dialogico con la realtà , assumendo la differenza come parte della propria
identità. Non omologazione ma valorizzazione di sfumature e di approcci differenti; intercultura non
come luogo di pace e di statica armonia, ma necessariamente come luogo di confronto e persino di
scontro.
Scontri e conflitti inevitabili, ma importanti per farci crescere se si affronta la realtà nella sua complessità,
nelle sue mille sfaccettature di culture, pensieri, stili di vita.

Partiamo dalla conoscenza reciproca, dalla ricerca della fiducia in sé per verificare la
propria accettazione del gruppo; poi si prosegue sperimentando e promuovendo la fiducia negli
altri, la capacità di comunicare, per approdare infine alla capacità di cooperare e risolvere
situazioni varie, anche quelle conflittuali che si dovessero presentare.

Al centro di un percorso interculturale si situa l’uomo, bambino o adulto che sia, con la propria
storia e il proprio vissuto personali. Per questo l’autobiografia, quindi la consapevolezza di come siamo
e degli ingredienti che hanno costituito la nostra infanzia e le nostre tappe evolutive, rappresentano la
base di qualsiasi relazione.
La conoscenza dell’altro costituisce il presupposto necessario per affermare condizioni di pacifica
convivenza e di accettazione reciproca.

Questa conoscenza viene attivata e sviluppata costantemente anche attraverso le narrazioni:


fiabe, miti, racconti di ogni spazio e tempo.
Il nostro bagaglio di esperienze, emozioni, informazioni cresce, si arricchisce ed alimenta il nostro
inconscio collettivo, il nostro patrimonio umano, culturale e spirituale: si diventa così donne e uomini più
completi e aperti al confronto.
Dalla reciproca accettazione scaturisce la possibilità di affrontare punti di vista diversi, di decentrasi
emotivamente e cognitivamente, confrontando e valorizzando i valori comuni, sottolineando senza paura
le diverse angolature perché scommettere sulla propria crescita significa porsi l’obiettivo di formulare
ipotesi ampie e ricche che riescano a comprendere le differenze senza annullarle.

La fiaba rimane un pilastro portante dell'educazione e offre straordinarie possibilità per percorsi di
educazione interculturale, nell’ottica di creare e alimentare un tessuto sociale dialogico e arricchente.
Molto è stato scritto, in questi ultimi anni, sulla fiaba e la sua capacità di legare culture e storie diverse.
Diverse proposte didattiche sono state pubblicate sul suo utilizzo, quale tappa obbligata dello sviluppo del
bambino e della programmazione didattica per la scuola d’infanzia e per il primo ciclo della scuola
primaria, come possibilità di ancorare affettivamente ed emotivamente l’immaginario del bambino a
culture, ambienti, protagonisti lontani. 1
Quindi non mi soffermerò oltre, se non per richiamare a brevi tratti il potenziale educativo della fiaba in
questa veste “cosmica”.
La fiaba è un genere letterario universale, caratterizzato da una struttura narrativa costante; è un
terreno fertile, perché ha un carattere aperto, cioè è adatta ad essere smontata, modificata e ricostruita,
come un gioco ad incastro e si presta a numerosissimi itinerari didattici o percorsi d’immaginazione.
La sua struttura costante e facilmente riconoscibile crea un senso rassicurante di familiarità,
stabilità e sicurezza, fondamentali nell’età evolutiva.
Ogni bambino ha bisogno della sua fiaba, quella che inconsapevolmente lo rassicura e lo fa
crescere, lo accompagna affrontando i nodi cruciali dell’esistenza, curando le cicatrici rimaste aperte a
causa di sofferenze o traumi, gli offre la fiducia e la possibilità di farcela, sempre, in qualsiasi situazione
si trovi, gli fornisce una maggiore capacità di controllo sulle pulsioni interiori e sugli eventi esterni.
Se riusciamo ad arricchire la valenza aggregativa e partecipativa della parola, con altri codici
(intenzionale, mimico, paralinguistico, cinesico...), coinvolgiamo tutti i partecipanti nell’interazione
comunicativa, con un’intensità che riconduce il racconto alle sue origini, all’incontro sapienziale di terre
lontane.
Questi codici, sostitutivi della scrittura, ci riportano al valore della tradizione orale e alla sua
pregnanza vitale, tanto che per molti popoli rappresentano la funzione comunicativa per eccellenza.
La fiaba offre un terreno d’incontro che non ha barriere né temporali, né etniche, né d’età:
“l’immaginario” nutre la capacità d’immaginare, perché creare mobilita le risorse della fantasia infantile,
“crea spazio per altre cose, non utili come la poesia, la musica, l’arte, cose che riguardano direttamente
la felicità dell’uomo e non la sua utilizzazione in una qualsivoglia macchina produttiva”. Così si esprime
Gianni Rodari, che altrove aggiunge: “... non credo che la fantasia sia evasione, ma uno strumento della
mente, capace di esprimere e formare una personalità più ricca.”
M. Lavagetto invece sottolinea come... Le fiabe sono di natura migratoria,
Viaggiano nel tempo e nello spazio
Attraverso secoli e continenti…
1
LABORATORIO SULLA FIABA AFRICANA. Emi ed, 2003 A. Ferrario
“La fiaba”, scrive Italo Calvino, “riesce a realizzare massimi risultati servendosi di pochissimi
mezzi”. Da un lato scatena e mette in campo le dinamiche identificative-proiettive, dall’altro permette una
ripresa rapida dell’esercizio di razionalità. La fiaba è fonte di piacere, un’attività ludica importante per
tutte le età.

Se all’interno della scuola o di altri gruppi si ha la possibilità d’incontrare o di creare punti


d’incontro e relazioni con bambini e ragazzi di altre culture, la fiaba ci aiuta a costruire orizzonti comuni
partendo da storie diverse, ci aiuta ad affermare i valori della socialità e della tolleranza, poiché crea le
condizioni affinché individui diversi per cultura ed esperienza collaborino concretamente e scoprano di
condividere i valori profondi dell’umanità.
Quando il bambino straniero si sente accolto, si sente a suo agio, perché si è creata con i compagni e
l'istituzione scolastica una relazione protetta ed amica; a questo punto è bello raccogliere a ruota libera i
frammenti e i ricordi delle sue radici, delle sue origini o sollecitarlo a raccontare le fiabe della propria
terra, magari con l’aiuto dei genitori. Tutto ciò, al di là dell’offrire molti indizi sulle diverse realtà
ambientali e socio-culturali dei paesi d’origine, permette anche di conoscere l’immagine che l’altro porta
dentro di sé, dà la possibilità di esprimere affetti, nostalgie e di recuperare esperienze passate in vista di
situazioni e bisogni presenti.
La narrazione diventa la possibilità di dar vita alle emozioni e alla memoria più profonda.

Presenterò ora alcuni filmati per raccontare un’esperienza interdisciplinare che ha coinvolto più
classi attorno alla narrazione di alcuni popoli sul tema del Fuoco, elemento naturale di primaria
importanza per la vita dell’uomo, nonché fonte di energia per la sua psiche.

Uno schema comune, un’unica ipotesi: la fiaba è un ponte tra le culture? Quattro narrazioni di
provenienza diversa a confronto (Africa, Artide, Sud America, Oceania) e la produzione di libri animati:
uno per classe.

La narrazione di fiabe e miti utilizza il linguaggio simbolico per superare e trascendere la


dimensione spazio-temporale ed acquisire la capacità e l’immediatezza di arrivare subito all’uomo.
Il linguaggio simbolico è la base di molti canali comunicativi: l’arte, la religione, il disegno, il
sogno..sono tutti canali di comunicazione alimentati dal simbolo, dagli archetipi che costituiscono il
nostro patrimonio umanitario.
Oltre alla fiaba ho approfondito e tradotto in percorsi interculturali il linguaggio simbolico dei
tessuti, dei tappeti come espressione antica e moderna di culture e valori in ogni popolo.
L’obiettivo è far apprezzare la diversità culturale e artistica di ciascuno, valorizzando ogni patrimonio
culturale e costruendo ponti, tessuti e storie che s’intrecciano e s’interrogano, per creare una cultura di
reciprocità e dialogo. Lasciarsi avvolgere da questi fili preziosi è “ricreare il mondo” attraverso la
tessitura.
Il TAPPETO nasce con l’UOMO. L’arte di tessere è antica quanto il mondo e ha seguito l’uomo e
il suo sviluppo nei secoli e in ogni spazio geografico.
La tessitura è l’arte d’intrecciare le fibre.
Nel gesto che si ripete
È scritto il canto dell’uomo,
delle sue origini;
il colore della sua anima.
(L.Triscitti)

Attraverso il linguaggio e i segreti delle tessiture di tutto il mondo ho costruito un percorso didattico
interculturale che attraversa tutte le discipline avvolgendole di fascino e mistero, arricchendole di
frammenti d’arte esclusivi e preziosi, patrimonio dell’intera umanità.
Tale percorso didattico prende spunto dall’originalità di alcune culture del mondo, cogliendone i valori e
le caratteristiche proprie, si traduce poi in laboratori da realizzare con i ragazzi, sviluppando sia la parte
creativa e manipolativa attraverso pitture, composizioni tessili, tessiture a telaio… che l’aspetto letterario
e antropologico: fiabe e narrazioni di ogni cultura legate a questi temi, percorsi legati alla storia e alla
posizione geografica di quei popoli ed infine indaga l’aspetto sociale, perché, cogliendo la problematicità
del lavoro minorile spesso legato all’attività tessile, desideriamo tessere fili di pace e proporre ai nostri
ragazzi possibilità concrete di sensibilizzazione e solidarietà. 2

Recentemente, proprio per trasformare l’esperienza in una proposta percorribile da tutti e per
lasciarsi contagiare da quest’arte e dai suoi misteri, racchiusi in un mondo ormai confinato a piccole
nicchie o ai paesi del Sud del mondo, ho pubblicato due testi, suddivisi in due volumi, un primo di
carattere più generale e culturale sulla tessitura nel mondo e un secondo più operativo contenente
esperienze realizzabili con i ragazzi.
L’intreccio dei fili ci ha permesso di intrecciare storie, saperi e culture. Tanti fili, un tessuto...
insieme per tessere la vita!
Ci auguriamo d’intrecciare fili sottili di arte, storie e culture, per comunicare attraverso il linguaggio dei
tessuti la creatività e l’espressione culturale che nasce nell’incontro di ogni donna e uomo del mondo.

L’ambizione di tutti questi percorsi è quella di raccogliere la sfida della complessità, per vivere al plurale,
per educare alla reciprocità, alle differenze e alla circolazione di più punti di vista, per vivere
positivamente le relazioni con gli altri: vivere, cioè, nel “pluriverso” come luogo accogliente in cui c’è
spazio per tutti e dove, nel gioco dinamico della reciprocità, ognuno possa sentirsi arricchito dall’incontro
con l’altro.

Alessandra Ferrario 3

2
TUTTI I NODI VENGONO AL PETTINE, A. FERRARIO - Ed VANNINI, settembre 2006: I e II vol. + Kit completo di
matassine e strumenti per iniziare la tessitura
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Alessandra Ferrario, pedagogista e insegnante a CARONNO P. ( VA) in un progetto interculturale. Ha
vissuto sei anni in Africa come volontaria, svolgendo attività di formazione e creando Laboratori Didattici
per la prevenzione e l’educazione sanitaria.
Attualmente, oltre all'insegnamento, si occupa di intercultura attraverso attività di formazione rivolte a
bambini/ragazzi e a docenti, collabora con il Centro Come, Acra, Ismu, Mani Tese e Centro Coe di
Milano, il CEM Mondialità di Brescia, Fratelli dell’Uomo di Milano e alcune Biblioteche o Librerie
Lombarde.
Ha pubblicato alcuni testi sulla narrazione, autobiografia e tessiture con proposte interculturali.
BIBLIOGRAFIA .per una didattica interculturale

Sulle fiabe:

FERRARIO A. Laboratorio sulla fiaba EMI Bologna,2001


africana
GIODA P.- MERANA Fiabe e intercultura EMI Bologna,1998
-VARANO M.
GHINELLI A. - Kan ma kan, c’era non c’era CENTRO MODENA,
QUERZÈ A. DOCUMENTAZIO 1994
NE
EDUCATIVA

Sulle tessiture:

FERRARIO A. TUTTI I NODI VENGONO VANNINI Brescia, 2006


AL PETTINE vol. I
Storie e significati dei tappeti
FERRARIO A. TUTTI I NODI VENGONO VANNINI Brescia, 2006
AL PETTINE vol. II
Laboratori e racconti
ROBYN BATT LA FABBRICA DEI SOGNI IDEALI Milano, 2000
R.GRIFFIN DI STOFFA
(Raccolta di fiabe e tessuti di
diversi paesi)

Sull’identità:

FAVARO GLI ALFABETI GUERINI Milano, 2000


FERRARIO A. INTERCULTURALI
GAMELLI
Con gioco dell’oca
LESSANA
autobiografico
DEMETRIO IL GIOCO DELLA VITA GUERINI Milano, 1997
DEMETRIO RACCONTARSI CORTINA ED Milano, 1996
L’autobiografia come cura di

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