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1 t+T
u(T ) dt
T t
u
= u e xdx = x dx
t
t
( )
x y
nb3: la covarianza ci dice solo quanto le due variabili sono correlate. Se il legame tra le due
variabili esiste ma non lineare,ovvero non una correlazione, non abbiamo alcuna
informazione su di esso.
Se al posto delle due variabili x e y si effettuano le operazioni viste su un'unica variabile, si
ottiengono l'autocovarianza Rxx e l'autocorrelazione xx(), che danno informazione sul
legame tra realizzazioni a tempi diversi dello stesso fenomeno.
possibile inoltre costruire l'autocorrelogramma, il grafico dell'andamento di xx al variare
di .
L'autocorrelogramma d informazioni sulla memoria dei processi. Tanto pi la correlazione
alta, tanto pi facilmente la realizzazione del fenomeno prevedibile. Come ci si pu
aspettare, man mano che cresce, la dipendenza dei due valori decresce. Dato che prima o
poi viene raggiunto il valore 0, possibile definire l'integrale della curva, detto scala
integrale:
lailmil
I =0 ( )d
Chiaramente, quest'integrale ha senso soltanto se per un certo la memoria si spegne.
Se I alto, allora le realizzazioni del fenomeno sono molto autocorrelate. Viceversa,
quanto pi I bassa, minore sar l'autocorrelazione.
Un sistema detto ergodico quando la scala integrale un valore finito, ovvero I < .
Quando ci avviene, per tempi infiniti la media di insieme coincide con la media temporale.
L'evidenza mostra che in turbolenza la scala integrale sempre inferiore a infinito, e ci
significa che nei fenomeni si pu sempre eguagliare la media temporale con la media di
insieme, purch i tempi siano sufficientemente lunghi.
Decomposizione di Reynolds
Le equazioni che descrivono i fluidi Newtoniani derivano dalla combinazione di:
equazione di continuit:
legge di Newton:
seguente:
U i
Ui ui u j
1 P
U i
+U j
+
=
+
g i3
t
xj
x j
xi
x j x j
nella quale compare il gradiente spaziale della covarianza tra le componenti di agitazione
turbolenta, per cui la correlazione tra le fluttuazioni della velocit genera un effetto sul
moto del fluido.
Sorge allora un problema di chiusura della turbolenza: necessario cercare le equazioni
che regolano le incognite in pi. Tuttavia, questo risulta impossibile dal momento che di
volta in volta compaiono correlazioni di ordine superiore. Ci significa che tutte le scale si
influenzano reciprocamente.
Il problema della chiusura ha dato il via a numerosi sforzi, sin dall'inizio del ventesimo
secolo, per trovare dei modelli che descrivessero adeguatamente la turbolenza. In altre
parole si cercato di trovare delle funzioni che esprimessero i termini incogniti in maniera
approssimata ma verosimile.
Utilizzando la tensione:
U i U i j
)u i u j
x j
xi
possibile riscrivere l'equazione del moto del fluido in maniera pi compatta come:
DU i
1
=
g i3
Dt
xj
La variazione della velocit media legata ai gradienti spaziali di una tensione e all'energia
potenziale. Questa tensione dovuta a tre contributi:
1. tensione legata agli sforzi normali
2. tensione viscosa, legata alla celerit di deformazione attraverso la viscosit
3. tensione di Reynolds, dovuta alla turbolenza, molto superiore rispetto agli altri due
termini escluso in prossimit della parete.
ij =P ij + (
Il fatto che la turbolenza abbia o meno effetti sul moto del fluido dipende dal bilancio dei
termini 2 e 3. Se infatti le tensioni viscose sono maggiori di quelle di Reynolds (ad esempio
in prossimit della parete), il moto laminare. Viceversa, si creano dei vortici e il moto
risulta turbolento.
Implicazioni energetiche della turbolenza
La turbolenza ha notevoli effetti dal punto di vista energetico.
La variazione nel tempo dell'energia cinetica della particella descritta dalla relazione:
PU
U i
D 1 2
( U i )= [ j +2 U i E ij u i u j U i ]2 E ij E ij +u i u j
gU j
Dt 2
x j
x j
dove Eij il tensore delle celerit di deformazione:
1 U i U j
E ij = (
)
2 x j xi
Integrando i membri dell'equazione, grazie al teorema di Green risulta che il termine tra
parentesi quadre non genera n dissipa l'energia complessiva del volume di fluido,
semplicemente la sposta all'interno del volume stesso, e quindi l'integrale attraverso la
superficie si annulla.
Il termine legato alla viscosit cinematica sottrae sempre energia al sistema, dissipandola
sotto forma di calore.
La correlazione tra le fluttuazioni di velocit indica l'energia sottratta al sistema dalla
lailmil
turbolenza.
Il termine legato alla accelerazione di gravit indica semplicemente che all'aumentare
dell'energia potenziale diminuisce l'energia cinetica (e viceversa).
In sostanza la perdita di energia localizzata nei due termini:
Ui
2 E ij E ij u i u j
xj
Di questi, accade generalmente che l'energia sottratta dalla turbolenza molto superiore
di quella dissipata sotto forma di calore. Infatti, l'ordine di grandezza di Eij dato dalla
scala tipica delle velocit su una lunghezza tipica del problema.
Se si prende in considerazione la scala della turbolenza, invece, si vede che le oscillazioni
turbolente sono dello stesso ordine di grandezza della velocit media.
Per questo motivo il rapporto tra i due termini di gran lunga superiore a uno:
U 2
2
(
)
2 E ij
L
1
Ui
U
2
( )U
u i u j
L
x j
possibile inoltre scrivere l'equazione della variazione di energia cinetica nella turbolenza:
pu 1
Ui
D 1 2
( u i )= [ j + u 2i u 2j 2 u i e ij ]
u u 2 e ij e ij
Dt 2
x j
2
x j i j
che analoga alla precedente fatta eccezione per il campo gravitazionale - che ora
assente - e nella quale compare il termine
1 u u j
e ij = ( i
)
2 x j xi
Si noti che in questo caso il termine legato alla turbolenza rappresenta un guadagno di
energia e ha dunque segno positivo. Affinch la turbolenza sussista, necessario che
questo termine sia diverso da zero, ovvero che ci sia correlazione tra le oscillazioni di
velocit. Ci significa che il gradiente di velocit media lungo xj non nullo, ma ci sar uno
strato limite turbolento oltre il quale, non essendoci pi tale gradiente, il profilo di velocit
piatto. Anche in questo caso, il termine legato alla viscosit indica una dissipazione di
energia, che si perde sotto forma di calore.
La turbolenza come cascata di vortici
Il moto turbolento possiamo immaginarlo come un insieme di vortici, l'uno dentro l'altro,
che si influenzano l'uno con l'altro (eddies). Ogni vortice un moto rotatorio, che contiene
all'interno altri moti rotatori. Definiamo scala la dimensione di tali vortici. Le scale sono
estremamente variabili, per cui i fluidi turbolenti danno luogo a geometrie frattali:
l'oggetto si presenta sempre uguale a s stesso in qualsiasi scala lo si osservi
(autosimilitudine).
La scala pi grande dettata dalle condizioni al contorno. In altre parole, i vortici grandi
sono influenzati da quello che gli sta attorno, e dipendono dalla scala del problema,
dunque possiamo dire che le scale grandi non sono universali.
Si detto che la turbolenza sottrae energia al moto medio. Ci avviene attraverso vari
processi, il pi importante dei quali il vortex stretching:
immaginiamo di avere due vortici, l'uno allineato con la direzione di stiramento e uno
perpendicolare a esso. Il primo vortice viene stirato, quindi, per la conservazione della
quantit di moto, poich la massa si avvicina tutta all'asse di rotazione, la velocit di
rotazione aumenta e si ha un'accelerazione. Per l'altro vortice avviene il contrario.
lailmil
4
=A
1 + i
e ( )d
2
Secondo Fourier uno spettro pu essere scritto come una serie di termini in seno e coseno.
La trasformata di Fourier ha leffetto di modificare la variabile indipendente. Nel caso del
tempo si passa dalla variabile temporale t alla pulsazione = 2f , dove f e la frequenza.
Nel caso spaziale si passa dalla posizione al numero donda k=2/.
Dal momento che frequenza e numero d'onda sono legate tra loro, risulta che la scala
temporale legata alla scala delle dimensioni dei vortici. Questo intuibile dal momento
che la scala integrale legata alla memoria del sistema, ovvero ai vortici pi lenti, che sono
quelli pi grandi.
S ( )=
Lo spettro della turbolenza presenta un picco all'inizio, dal momento che il massimo di
energia legato ai vortici pi grandi, ovvero a lunghezze d'onda maggiori. Data la non
universalit delle scale grandi, tale picco pu avere svariate forme.
In scala logaritmica, l'energia si distribuisce lungo le scale inerziali secondo una retta
discendente, fino a quando non entra in gioco la viscosit, che vincola l'andamento.
La pendenza della retta che descrive le scale inerziali ottenuta da Kolmogorov
attraverso il teorema di . Come si detto, le scale inerziali sono troppo piccole per
dipendere da L e troppo grandi per dipendere da , perci lo spettro dipende dal numero
d'onda e dai flussi di energia: S = f(k, ).
2
3
S = k
5
3
Kolmogorov giunge cos alla legge dei 5/3: nel range inerziale lo spettro ha pendenza 5/3.
I risultati ottenuti da Kolmogorov hanno una buona corrispondenza con le evidenze
sperimentali.
lailmil
y
2
M =v c f d ( )=costante lungo x
2
ovvero v c =cost perch queste sono le uniche grandezze che dipendono da x. E quindi,
trovata la funzione vc2(x) si trova . Per trovare la funzione della velocit al centro del getto
si applica il teorema :
lailmil
v c =v c (x , ,M )
Per Reynolds sufficientemente elevato, si osserva che il processo sempre uguale a se
stesso indipendentemente esso (autosimilitudine di Reynolds).
M
v c
e quindi x
x
ovvero il getto si allarga secondo due rette. Per una scia invece, applicando lo stesso
procedimento, si ottiene x
I fenomeni di turbolenza libera sono caratterizzati dall'instabilit di Kelvin-Helmotz:
quando due fluidi sono a contatto e si muovono parallelamente l'uno all'altro, la superficie
di contatto non rimane piatta, ma presenta delle ondulazioni. Ipotizziamo che vi sia una
piccolissima perturbazione su tale superficie: immediatamente si forma un'onda. In
corrispondenza della cresta varia la superficie, e quindi la velocit. Variando la velocit, si
modifica anche la pressione. Accade cos che uno dei due fluidi diminuisce la propria
velocit, aumentando la pressione, e l'altro si comporta in maniera opposta. Si innesca cos
un feedback positivo che amplifica l'effetto della perturbazione, con il risultato che il
fluido si allontana sempre di pi dall'equilibrio.
Turbolenza di parete
A causa delle forze di adesione, le particelle a contatto con la parete hanno la stessa
velocit della parete, quindi se la parete ferma v=0.
Facendo le ipotesi di parete liscia e senza curvatura, Millikan definisce uno strato molto
prossimo alla parete, il wall layer o inner layer: questa zona abbastanza vicina alla parete
da non risentire di ci che accade alla scala globale del fluido. In essa il profilo di velocit
dipende da vari fattori: U=U(y, , , ). Per conoscere tale profilo possibile applicare il
teorema di .
Le due variabili contenenti la massa, dal momento che a primo membro questa non
compare, devono combinarsi in modo che essa sparisca, ovvero con un rapporto. Inoltre,
affinch ritroviamo la velocit, necessario estrarre la radice quadrata di tale rapporto.
Viene fuori la velocit di attrito u* e quindi U=U(y, , u*).
yu
U
=f ( )=f ( y T )
Applicando il teorema si trova:
u
U
=yT
u
Si focalizzi ora l'attenzione su una
zona lontana dalla parete, detta
outer layer.
nb: per convenzione, il profilo di
velocit si d come complemento
rispetto alla velocit massima U
(legge del difetto di velocit U-U)
Il difetto di velocit funzione di y,
di
u*
e
della
dimensione
complessiva : in questo caso,
infatti, le scale di interesse saranno
le scale pi grandi
U U =F ( y ,u ,)
La velocit adimensionalizzata sar
quindi
funzione
della
y
adimensionalizzata rispetto :
U U
y
=F ( )=F ()
u
A questo punto, Millikan fa un'ulteriore ipotesi: esiste una zona di sovrapposizione tanto
vicina alla parete da non essere interessato da , ma abbastanza lontano da non sentire
l'effetto di . Questo strato detto overlap layer. In esso valgono contemporaneamente:
U U
U
=f ( y T )
=F ( )
e
u
u
Allora deve esserci un vincolo che lega le due funzioni f e F:
dU u df
=
dy
dy T
dU u dF
=
dy d
dF
df 1
= yT
=
d
dy T k
con k=0,4 costante di Von Karman
da cui
nb: dal momento che a sinistra e a destra dell'uguale vi sono due funzioni di due variabili
diverse, affinch l'equazione abbia senso necessario eguagliare le i due membri a una
costante. Integrando si ottiene:
yu
1
f ( y T )= ln( )+A
k
1
y
F ()= ln( )+B
k
lailmil
lailmil