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free press

all’interno
rassegne in romagna
BILLY
RIVISTA CINEMATOGRAFICA ROMAGNOLA
giugno 2010

rubriche attualità
Guy Debord Cannes 2010
Jim Jarmusch Far East
Twin Peaks Film Festival
Doc in Tour
in sala Omaggio
Il segreto al cinema di
dei suoi occhi Raimondo
Il tempo che Vianello
ci rimane
Benvenuti a retropolis
Zombieland Echi
Poliziotti fuori dal margine

periferie
edizione

del cinema
numero 24 giugno 2010
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 FILOROSSO INDICE 3

filorosso Billy - Rivista cinematografica romagnola


Numero 24 Giugno 2010

Rivista fondata da Ilario Gradassi.


Direttore: Matteo Lolletti
Vicedirettore: Michelangelo Pasini
Caporedattore: Chiara Tartagni
Scrivono Marco Bacchi, Marco Berardi, Barbara

viaggio al termine De Caro, Francesco Garoia, Matteo “Lier” Lelli,


Matteo Lolletti, Luigi Palmirotta, Michelangelo
Pasini, Safr, Alberto Semprini, Dario Stefanoni,
Chiara Tartagni

della notte Editor: Cecilia Benzoni


Grafico: Stefania Montalti
Editore: Sunset Soc. Coop.
Sede: Viale Salinatore 50, Forlì
Ciò che Billy vi propone, in questo poranea, arrivando ai film di apertu- Periodico mensile.
nuovo numero, è un percorso at- ra di questo numero, due pellicole Autorizzazione del Tribunale di Forlì n° 22/010
traverso uno dei luoghi topici del nate alle periferie dell’impero, ma del 19/05/10.
cinema (e non solo del cinema): la che del senso estetico di quest’ul- Direttore Responsabile: Lisa Tormena
periferia. E com’è suo costume ne timo fanno cifra propria, in un rap-
ripercorre il senso attraverso dire- porto dialettico. Poi percorreremo la
zioni diverse e molteplici, parten- periferia come violenza mitopoieti-
do dal proprio personale sguardo, ca, come rivendicazione esistenzia- La rivista è rilasciata con licenza Creative Com-
orgogliosamente periferico – se di le o afflato imitativo, come territorio mons - Attribuzione - Non commerciale - Non
opere derivate 2.5 Italia. Ogni volta che usi
periferie rispetto a un centro si può politico o responsabilità criminale, o distribuisci quest’opera, devi farlo secondo i
parlare, in un mondo globalizza- in un’ottica di degenerazione o ri- termini di questa licenza, che va comunicata
to anche in termini di costruzione vendicazione morale. Infine, vi por- con chiarezza. In ogni caso, puoi concordare
dell’immagine e del suo senso – e teremo nei sobborghi del cinema col titolare dei diritti utilizzi di quest’opera non
consentiti da questa licenza. Questa licenza
quindi eccentrico, ossia privo di un non conciliato, quello che possiede lascia impregiudicati i diritti morali. http://creati-
centro comune o lontano da un cen- uno sguardo strabico e borderline, vecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it
tro comunemente inteso. Partiamo laddove il luogo fisico diviene prota-
quindi da Cannes, periferia e cen- gonista e simulacro emotivo. Copertina: Apichatpong Weerasethakul, foto da
tro del cinema moderno allo stesso http://www.lxfilmes.com
Venite con noi, quindi, perché il su-
tempo, passando poi per il Far East, burbio è verità. Buon viaggio. billy.rivistacinematografica@gmail.com
che parla di un cinema marginale http://billyrivistacinematografica.blogs.it/
oramai misura dell’estetica contem- Matteo Lolletti myspace facebook issuu scribd

FILOROSSO Fa’ la cosa giusta 15 ciNERDmatografo 22


I guerrieri della notte 15 C’è del marcio a Manhattan
Viaggio al termine della notte 3
CINELetteratura 23

Billy attualità VETRINA L.A. Confidential. Dietro le luci della


Rassegne in Romagna 16 ribalta
Cannes 2010: vita multiforme 4
Giugno 2010 in costume 24
Fischietto, cartellini e ironia 5
Il colore del melograno. Ai margini
Far East Film 2010
E il documentario si prese la rivincita
6
8
BORSINO della poesia
Borsino 18 psicovisioni 25

IN SALA
Il vento fa il suo giro

Il segreto dei suoi occhi 9


RUBRICHE killed the video star 26
Cattivi maestri 19 Twin Peaks
Benvenuti a Zombieland 10
Teorie della deriva. Il cinema di Guy I soliti ignoti 27
Poliziotti fuori 11
Debord Impossibilità di collocazione. Il
Il tempo che ci rimane 12
THE FILMGAMER 20 cinema alieno di Jim Jarmusch
Grand Theft Auto e il film espanso
RETROPOLIS
in matita 29
horror politics 21 garroyo e i suoi fratelli
Echi dal margine 13
Vinyan o di un nuovo Cuore di L’ex cinema Lux 30
L’odio 14
tenebra La Posta del Capp’tano 31
This is England 14
4 BILLY ATTUALITÀ CANNES 2010 BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

Cannes 2010: di CHIARA


TARTAGNI

vita multiforme
Basta scorrere la lista dei vincitori del festival di Dopo le grottesche polemiche che hanno accompa-
Cannes 2010 per constatare il coraggio della giu- gnato la proiezione di Draquila di Sabina Guzzanti,
ria presieduta da Tim Burton: la Palma d’oro per si gioisce nel vedere Elio Germano premiato come
il miglior film assegnata al regista thailandese miglior attore per La nostra vita di Daniele Luchetti,
Apichatpong Weerasethakul per Uncle Boonmee ex aequo con Javier Bardem per il deludente Biutiful
Who Can Recall His Past Lives segna la svolta per di Iñarritu. Germano, talento trascinante e integro del
un grande artista, già premiato a Cannes nel 2004 nostro cinema, dedica il premio all’Italia autentica,
con il Premio Speciale della Giuria per Tropical quella che sopravvive ogni giorno alla propria classe
Malady, dotato di uno sguardo onirico e perturban- dirigente. Cannes si conferma vetrina d’eccezione
te, che spazia dall’erotismo più carnale all’ambiguità per un cinema dai molteplici volti, che non si appa-
aerea del sogno. Il francese Xavier Beauvois si ag- ga di lustrini ma accetta di sfoggiarli, come testimo-
giudica il Gran Premio della Giuria con Des hommes nia l’apertura con il mediocre Robin Hood di Ridley
et des dieux, inno all’imprescindibile distinzione fra Scott. Il cinema dell’inestinguibile vena poetica di
religione e terrore. Il Premio della Giuria va invece al Manoel De Oliveira (Angelica), dell’incomunicabili-
ciadiano Mahamat-Saleh Haroun per A Screaming tà che tanto affascina Mike Leigh, in concorso con
Man, in cui il legame fra padre e figlio si scontra Another Year, del ritorno di Gordon Gekko nel girone
con la violenta realtà della guerra civile. E che dire infernale di Wall Street o di Woody Allen nell’amata
di Mathieu Amalric, miglior regista per Tournée? Londra. Ma Cannes è anche il luogo in cui una com-
Intenso protagonista di Lo scafandro e la farfalla mossa Juliette Binoche, migliore attrice per Copia
e cattivo numero 22 nella lunga carriera di James conforme di Abbas Kiarostami, può ricordare la lotta
Bond, Amalric dimostra di saper stare con agio e vi- di Jafar Panahi, regista iraniano inviso al regime: a
vacità anche dietro la macchina da presa. E l’Italia? Cannes il cinema è vita.

«Cannes si conferma
vetrina d’eccezione per
un cinema dai molteplici
volti, che non si appaga
di lustrini ma accetta di
sfoggiarli»

Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives ©2010 Illumination Films/Past Lives Productions and Kick the Machine Films
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 BILLY ATTUALITÀ RAIMONDO VIANELLO 5
Fischietto,
cartellini
e ironia
Omaggio al cinema

I Maniaci (1964) di Lucio Fulci


di Raimondo
Vianello

« indossa una divisa da ufficiale e fa il suo


ingresso nell’arena della risata, zampettando
per oltre un trentennio da un angolo all’altro
del terreno di gioco» di BARBARA DE CARO

“Con quella faccia un po’ così / quell’espressio- ridicolizza Sturges (I magnifici tre), tenendo fede a
ne un po’ così” Raimondo Vianello sta al cinema una comicità tutta tatto e linguaggio forbito che dà
popolare italiano come un arbitro a un campo di un bell’aspetto all’arte d’arrangiarsi e sfrutta le rea-
calcio. Atletico ma colto. Beneducato ma cinico. zioni altrui per scatenare una risata, all’apparenza,
Indulgente ma sarcastico. Nell’Italia post-bellica, mai cercata. Negli anni ‘60 i partner cambiano ma
indossa una divisa da ufficiale e fa il suo ingresso l’ironia resta. Con Steno, Mattoli&Co. attraversa i
nell’arena della risata (I due orfanelli, 1947), zam- filoni più in voga, prendendo parte a titoli indimen-
pettando per oltre un trentennio da un angolo all’al- ticabili del genere parodico. Dall’indifendibile Ma-
tro del terreno di gioco. Il principe De Curtis lo tie- ciste contro Ercole nella valle dei guai (peplum in
ne a battesimo (Fifa e arena, 1949 e Totò sceicco, coppia con Mario Carotenuto) al memorabile Per
1950). Qualche regista gli appioppa uno pseudo- qualche dollaro in meno (spaghetti western, con
nimo (Riccardo). E mentre le prime ninfette lattua- Buzzanca), dal cult I marziani hanno 12 mani (sci-fi
diane lo inducono a voltarsi (L’amore in città, 1953) con Franco&Ciccio) alla parodia della parodia Il vo-
– insieme agli altri italiani – il tris di lettere che apre stro superagente Flit (spy-movie con l’aliena Car-
il suo nome gli prefigura un lustro d’innovazione e rà). Nel ‘68 ci prova col crime (7 volte 7) ma deluso,
convivenze. Nella vita come sullo schermo, s’inna- chiede il time-out. Manda l’attore negli spogliatoi e
mora della Mondaini (Caccia al marito, Le olimpia- lascia in campo l’autore comico. Scrive di tutto e ci
di dei mariti, La donna degli altri è sempre la più regala un autoritratto. Fischietto, cartellino rosso e
bella). In tv come al cinema, esplode con Tognazzi. gazzetta rosa, l’incorruttibile Buzzanca è più che
Compagno perfetto per dissacrare, scimmiottare e una sua creatura: ci piace crederlo un alter-ego. Il
parodiare, con l’amico omaggia Hitchcock (Psyco- titolo del film? Fate voi! Noi no, noi no, noi no …
sissimo), rivolta Wilder (A noi piace freddo ...!) e non ve lo diciamo.
6 BILLY ATTUALITÀ FAR EAST FILM 2010 BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

Far East
«Nove nazioni rappresentate, molti
di nomi nuovi, tante conferme da giovani
MICHELANGELO autori che tornano a Udine, qualche
PASINI mostro sacro che ormai Udine non lo
abbandonerà più»

Udine Far East Film giunto quest’anno alla dodice- divertente commedia di kung-fu, che rispolvera tan-
sima edizione, continua a essere la più grande ve- te vecchie glorie del cinema cantonese che in tanti
trina mondiale di cinema popolare asiatico. In barba hanno imparato ad amare. Coreano il film premiato
al taglio di fondi, Sabrina Baracetti, direttrice della sia dal pubblico che dagli accreditati Black Dragon:
manifestazione, e i suoi collaboratori si rimboccano Castaway On The Moon racconta le disavventure di
le maniche e propongono l’ennesimo memorabile un povero disgraziato che dopo aver tentato il sui-
Feff! cidio da un ponte sul fiume Han a Seoul, si ritrova
Nove nazioni rappresentate, molti nomi nuovi, tan- svenuto sulle rive di un’isoletta nel mezzo del fiume
te conferme da giovani autori che tornano a Udine, stesso. Problemi: non sa nuotare, il cellulare non
qualche mostro sacro che ormai Udine non lo ab- funziona e nessuno sembra accorgersi di lui. È co-
bandonerà più. Impossibile citare tutti i film, ci limi- stretto a vivere da naufrago in mezzo a una delle
teremo a qualche pillola divisa per paesi. metropoli più popolate e tecnologiche del mondo. Il
Notizie dalla Cina: il cinema della mainland fa pau- film di Lee Hey-jun funziona per la capacità di coniu-
ra, per dispiegamento di mezzi, indubbia qualità gare commedia e sentimentalismo spicciolo, senza
tecnica, ma soprattutto per la presuntuosità con cui mai esagerare con la melassa, e per la rara capaci-
tematiche nazionaliste vengono proposte al pubbli- tà di conoscere i propri limiti. Il pubblico non poteva
co. È cosi che The Message di Chen Kuofu e Gao che adorarlo. Dal Giappone arriva il secondo posto
Qunsh e The Founding Of A Republic si presenta- per il premio del pubblico: The Accidental Kidnapper
no uno come un teso spy thriller volto a indagare le è una divertente quanto poco pretenziosa comme-
pieghe della resistenza durante la Seconda Guerra dia, che nonostante soffra di un minutaggio troppo
Mondiale, e l’altro come un kolossal epico prodotto elevato, strappa diverse risate e qualche piccola la-
per celebrare il settantesimo anniversario della na- crima. Filippine in discreta forma: The Arrival di Erik
scita della Repubblica Popolare Cinese. Buone nuo- Matti, veterano del Feff, sarà anche piccolo e po-
ve arrivano da Hong Kong: Bodyguards and Assas- vero, ma mette un’angoscia esistenziale come po-
sins di Teddy Chen, vincitore agli Hong Kong Film che altre pellicole in concorso. Il nuovo film di Joyce
Awards e successone in Oriente, visto su grande Bernal è altrettanto povero, tuttavia grazie a una
schermo acquista valore e si riscatta dal pregiudizio doppia spettacolare prova di Eugene Domingo fa di-
che colpisce ogni all-star movie; Dream Home, nuo- scretamente il suo lavoro. Citiamo poi il thailandese
vo attesissimo film di Pang Ho-cheung è un violento Slice di Kongkiat Khomsiri, morbosamente splatter,
e serrato slasher che non riserva particolari sorpre- capace di rendere il classico horror day, il più suc-
se, ma che stupisce per rapidità e solidità. Gallants culento da diversi anni a questa parte. Menzione di
di Derek Kwok e Clement Cheng è una piccola, ma demerito per il vietnamita Clash di Le Thanh Son: il
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 BILLY ATTUALITÀ FAR EAST FILM 2010 7

Film 2010
tentativo di mostrare e sfruttare il physique du role Guns! Ghost!, sottotitolo The Sensational Films of
di Johnny Nguyen è più che comprensibile, però è Shintoho propone quindici pellicole, rigorosamente
mai possibile sprecare scene efficacemente tamar- di genere, prodotte dalla storica factory giappone-
re e combattimenti al fulmicotone impiantandoli su se che ha dato alla luce capolavori immortali come
un plot di carta velina? Ghost Story of Yotsuya. Ci permettiamo un consi-
Tornano quest’anno le retrospettive al Visionario: glio agli organizzatori: viste le retrospettive parti-
spacca il pubblico quella dedicata a Patrick Lung colarmente interessanti e alcuni film decisamente
Kong, da molti considerato l’antesignano del cine- evitabili, potrebbe essere interessante diminuire il
ma cantonese della new wave, da altri bollato come numero di pellicole proposte ed effettuare repliche
regista retorico molto lontano dal soprannome per chi si perde film in concorso perché impegnato
di The Reformer che gli è stato attribuito. Nudes! con le proiezioni di film al Visionario.

Castaway On the Moon ©2009 BanzakBanzak Production


8 BILLY ATTUALITÀ IL CINEMA DELLA REALTÀ BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

E il documentario
si prese la rivincita
di «Si capisce a vista d’occhio: la rassegna
Il cinema della realtà, al Cinemacity
FRANCESCO di Ravenna, è riuscita nel suo intento:
GAROIA sancire l’unione tra il documentario
d’autore e il suo “ritrovato” pubblico»

Non so se avete presente quei tore e il suo “ritrovato” pubblico. perché gli italiani faticavano a im-
mega extra luccicanti multiplex Come ci spiega l’organizzatore porsi sul piano della qualità. Ho
dove per ogni sala cinemato- Fabrizio Varesco, documentarista visto la situazione migliorare col
grafica c’è un’attività collaterale. ravennate, «Questa settima edi- passare del tempo, e oggi i film
Bowling, sala giochi, scommesse, zione è stata una svolta, vista la di Cirasola, Montaldo e tutti gli al-
pizzeria. Non so se avete presen- grande partecipazione di spetta- tri, con il loro successo di critica e
te la soddisfazione di vedere che tori (un migliaio per tutte le tredici pubblico, sono una grande soddi-
la sala d’essai dell’edificio, dove proiezioni, nda). Tutte le serate sfazione».
proiettano Focaccia blues, è com- delle 20.30 hanno fatto il pieno, Ma il successo di una rassegna del
pletamente piena mentre in quel- mentre ovviamente quelle delle genere nella piccola sala d’essai,
la di fianco, dove proiettano Iron 18.00 sono state più penalizzate mentre il colosso Blockbuster sta
Man 2, due terzi dei posti sono per via dell’orario sfavorevole». fallendo e il box office italiano se-
liberi. Si capisce a vista d’occhio: Ma il 2010 è stato l’anno della gnala un costante calo delle pre-
la rassegna Il cinema della real- svolta anche a causa della pre- senze, non è sintomatico del fatto
tà, al Cinemacity di Ravenna, è senza di tanti documentari nostra- che le persone ricercano prodotti
riuscita nel suo intento: sancire ni: «All’inizio proiettavamo per lo sempre piùIlario Gradassi
interessanti e di quali-
l’unione tra il documentario d’au- più produzioni straniere, proprio tà, come, appunto, i documentari?
«Certo, noi ce ne siamo ben ac-
corti e credo che piano piano se
ne stia accorgendo anche chi ge-
stisce la distribuzione e si arroga
la pretesa di definire i gusti dei
fruitori. In un tempo in cui la fic-
tion sta debordando e diventando
qualche cosa di insopportabile, il
documentario d’autore che parla
della realtà offrendo spunti di ri-
flessione è sempre più importante.
Non a caso agli ultimi Oscar sono
andate sei statuette a The Hurt
Locker della Bigelow, film con un
taglio nettamente documentaristi-
co: c’è l’esigenza, anche da parte
di chi fa fiction, di trovare spazi
Foto di Francesco Garoia
nuovi nella realtà».
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010
The Secret in Their Eyes, foto di MarÏa Antolini ©2010 Sony Pictures Classics
RECENSIONI IN SALA 9

in sala
recensioni dei
film in uscita
in Italia nel
Giugno 2010

il segreto dei suoi occhi


129’ ARGENTINA/SPAGNA Juan José Campanella 2009

Siamo al cospetto di un grandioso per spiegare, e spiegarsi, ciò che bergsoniano tempo della scienza sia
esempio del cinema latinoamerica- era stato bruscamente interrotto. insignificante in confronto al tempo
no. Il segreto dei suoi occhi strap- L’indagine compiuta da Esposito della vita, forse il vero metronomo
pa prepotentemente l’Oscar 2010 è strumentale alla vera investiga- del mondo. La figura di Esposito ri-
come miglior film straniero ai suoi zione interiore che permea l’intero corda a tratti il commissario Adam-
concorrenti, grazie alla contamina- film. L’uso continuo di inquadrature sberg della scrittrice Fred Vargas,
zione del fascino di un genere come di quinta, il quadro spesso barocca- malinconico, a volte impacciato, in
il poliziesco, così caro alla tradizio- mente affollato, i flashback che con- attesa meditabonda del treno giusto
ne hollywoodiana, con quella carica nettono così bene dimensione inte- o dell’occasione vincente. Il film non
passionale che può respirarsi solo riore ed esteriore sono gli strumenti si svolge nella New York brulicante
a Buenos Aires. Il protagonista è che rendono al meglio lo Streben (il o nella Parigi evocativa che il cine-
Benjamìn Esposito (un grandissimo “tendere”) investigativo tanto voluto ma ha incastonato nell’immaginario
Ricardo Darín), poliziotto in pensio- dal regista. La carrellata composita, collettivo, ma in luoghi lontani da
ne che diventa scrittore e rielabora realizzata con una skycam, che da Hollywood, anche se riuscirebbe ad
la sua carriera e il suo passato. Il un campo lunghissimo di uno stadio appassionare lo spettatore statu-
suo romanzo è la sua storia, che trova il suo climax in un piano ame- nitense medio così come l’amante
parte venticinque anni prima con un ricano sui protagonisti sugli spalti, del cinema autoriale. Questo picco-
caso di stupro e omicidio archivia- è senza dubbio il fiore all’occhiello lo capolavoro è una decisa rivincita
to senza un colpevole, e una storia che il regista José Campanella ci del sobborgo periferico sulla mega-
d’amore mancata con l’affascinante regala in questa pellicola. Il segreto poli del cinema.
Irene (Soledad Villamil), suo supe- dei suoi occhi ci racconta della forza
riore. La scrittura diventa lo stimolo distruttiva dell’amore, e di quanto il Marco Berardi
10 RECENSIONI IN SALA BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

Zombieland ©2009 Columbia Pictures Industries, Inc. All rights reserved


L’apocalisse zombie ci è addosso di nuovo, questa volta
per gentile concessione di una mutazione del morbo del-
la mucca pazza. Risultato: l’umanità è pressoché estinta,
e la terra appartiene ai non morti (qui in versione sprint/
centometrista, stile Il ritorno dei morti viventi e 28 giorni
dopo). In questa propizia circostanza, Columbus, giovane
nerd sociopatico, in viaggio verso casa nella speranza di
rivedere i suoi, incontra il cafonissimo Tallahassee, duro e
sboccato che di più non si può, e due sorelle ancora più
toste di lui. E insieme, tra uno zombie tolto fantasiosa-
mente di mezzo e l’altro, si divertiranno alla grandissima...
e noi con loro! Il film, con le sue continue gag, battute
sagaci e il cameo più divertente mai realizzato, appartiene
al genere denominato zombedy, la commedia zombesca
che oggi sembra avere tanta fortuna dopo lo strepitoso
L’alba dei morti dementi di Edgar Wright. La comicità dei
due film è pero profondamente diversa: allo humour ingle-
se da commedia romantica del film di Wright si sostituisce
qui lo spirito dei road movies americani. Coinvolgente e
fresca la regia pop di Fleischer, che firma un film destina-
to a conquistare le masse. Il vero punto vincente del film
è però senza dubbio la caratterizzazione dei personaggi
(e in particolare di Columbus, che con le sue regole di
sopravvivenza diverrà certamente un’icona) e l’intreccio
dei loro rapporti, profondamente umani e veri. Il successo
88’ USA 2009 RUBEN FLEISCHER
in patria è stato tale da far mettere immediatamente in
cantiere un sequel, che sarà girato in 3D.

benvenuti a Matteo Lier Lelli

zombieland

«Sono molto

Cop Out, foto di Abbot Genser ©2010 Warner Bros. Pictures


lontani,
però, i tempi
dell’esordio
fulminante
di Clerks
quando Smith
metteva in
riga critica e
pubblico»

poliziotti fuori
107’ USA 2010 Kevin Smith

L’atteso ritorno di Kevin Smith, dopo re per la restituzione, tra matrimoni ci si aspettava. Ciononostante non
le ultime pellicole, più o meno ingiu- da celebrare, mogli da controllare e mancano di certo i momenti esilaran-
stamente, fuori dai riflettori, è una colleghi da evitare. Sceneggiatura ti, merito, soprattutto, di un Morgan a
action-comedy che vede Bruce Wil- molto scarna e prevedibile (pochi proprio agio in questo personaggio,di
lis, divo intramontabile del genere, colpi di scena e tutti estremamente una raffica interminabile di battute e
che qui fa il verso in molte scene al intuibili) a supporto di un film la cui controbattute esilaranti (forse scon-
suo stesso personaggio, affiancato struttura si basa su un sistema visto tate ma sempre divertenti) e di un
da uno splendido Tracy Morgan, co- e rivisto in decine di altre occasio- ritmo che lascia poco spazio alla
mico statunitense del Saturday Night. ni. Classica coppia di poliziotti fuori noia. Sono molto lontani, però, i tem-
Le vicende vedono i due protagonisti dall’ordinario, rodata da anni di servi- pi dell’esordio fulminante di Clerks
alle prese col furto di un’importante e zio in coppia, alle prese con avventu- quando Smith metteva in riga critica
preziosissima figurina da collezione re e disavventure a cui non riescono e pubblico.
che arriva nelle mani di un boss della a sottrarsi e che finiscono per portarli
malavita con il quale dovranno tratta- in affari e guai più grossi di quello che Marco Bacchi

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Telefono: +39 0546.25968
Fax: +39 0546.25968

Orari di apertura 08.30-12.30 15.30-19.30


Chiuso il giovedì pomeriggio
12 RECENSIONI IN SALA BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

Il tempo che ci rimane


110’ UNITED KINGDOM ITALIA BELGIO francia Elia Suleiman 2009

C’è chi lo paragona a Jacques Tati. porsi. Diametralmente opposte, per dall’inizio del film, il corpo del regi-
Chi, senza problemi, scomoda Bu- tono e stile, le due parti che la com- sta entra nel testo per mixare umo-
ster Keaton. Chi, nel solito delirio pongono spostano sul piano forma- ri, sguardi e piani spazio-temporali.
citazionista che la caratterizza (la le quell’idea di scontro che sembra Lentamente prende vita un’autentica
sottoscritta), pensa al Fellini amar- avvolgere l’intero progetto narrativo. opera dada-surrealista che, lottan-
cordiano. Al Melville pre-nouvelle Dal conflitto arabo-israeliano all’anti- do contro l’impressionante realismo
vague. Al Sorrentino degli esordi. imperialismo americano, dalla lotta iniziale (ancora uno scontro!), capo-
Giochino di rimandi a parte, una contro una malattia incurabile al volge i giudizi e chiarisce i messag-
cosa è certa: Il tempo che ci rima- difficile ritorno dall’esilio, tutto nel gi. È lì che i riferimenti si fanno più
ne (The Time that Remains) è tut- film parla di croniche dialettiche, profondi. È lì che Keaton si confonde
to fuorché un film “collezionista”. imposizioni radicali, mute e secolari con Chaplin. Tati con Angelopoulos.
Raccoglie sì ciò che è stato, ma reazioni. Intimo come un vero home Melville con Resnais. E mentre ci
mai per il semplice gusto di farlo. movie ma cruento come il miglior si arrende ai miti d’oltreoceano (la
Messa in moto da un «Chi sono? documentario bellico (ancora uno badante e il karaoke), distruggendo
Dove sono?», perfettamente coe- scontro!), il lavoro inserisce la storia quelli locali (il salto al di là del muro
rente col suo sottotitolo – Chroni- – quella autobiografica dell’autore e dell’odio). Mentre la morte si fa più
que d’un absent-présent – la pelli- la sua famiglia – nella Storia – quella dolce e la musica spinge a soprav-
cola scritta, diretta e interpretata dal drammatica del popolo palestinese vivere (Stayin’ Alive!). Nel tempo che
palestinese Elia Suleiman cerca, al –, evitando di cedere all’ovvio, allo resta, si guarda avanti e si aspetta.
contrario, le giuste risposte a delle spettacolare, al consolatorio. Mate-
domande che non ha più la forza di rializzatosi all’improvviso a un’ora Barbara De Caro

«Il tempo che ci rimane (The


Time that Remains) è tutto
fuorché un film “collezionista”.
Raccoglie sì ciò che è stato
ma mai per il semplice gusto
di farlo»

The Time that Remains ©2009 Le Pacte


Do the Right Thing ©1989 Universal City Studios, INC. All Righs Reserved
retropolis
echi dal margine

La periferia è luogo reale e ipotetico, ma da sempre,


cinematograficamente parlando, creatore di miti,
soprattutto quando viene messo in assonanza con disagio
e violenza. Fotografia o metafora, la periferia al cinema
parla della realtà, in potenza o in atto, e se si declina
attraverso la violenza germogliata dal disagio si pone in
rapporto con il centro, con l’autorità, spesso con il potere.
La Parigi de L’Odio è nuova, drammatica e contrastata,
l’Inghilterra di This is England spara in faccia alla Thatcher,
e se la New York greca de I Guerrieri della Notte è più vera
della NY vera, quella lunga e calda di Fa’ la cosa giusta
assimila la realtà e contemporaneamente la crea.

Matteo Lolletti
14 RECENSIONI RETROPOLIS BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

The Hate ©1995 Mars Distribution


tità senza mai trovarla. Sebbene il
passare delle ventiquattr’ore in cui
è ambientato il film venga scandito
da orari ben definiti, si ha la sensa-
zione che il tempo non scorra affat-
to. Dopotutto l’inquadratura iniziale
e quella finale sembrano dirci che

l’odio
l’intera vicenda sia in effetti un av-
venimento ciclico, un po’ come se i
tre ragazzi fossero costretti a rivive-
re la stessa giornata all’infinito. La
pellicola di Kassovitz è un ritratto
distaccato e tuttavia ironico di una
gioventù completamente persa in
se stessa e senza coordinate con
cui affrontare e giudicare la vita se
non quelle dell’odio e dell’amicizia
virile. Con formalismo, pur senza
95’ francia 1995 notte prima e sospesa nel tempo, mai perdere la lucidità, il pedina-
Mathieu Kassovitz come se fosse un non luogo. Vin- mento zavattiniano del regista non
cent, Hubert e Saïd sono anime si addentra mai in profondità nella
«Il problema non sta nella caduta perse in una sorta di purgatorio, violenza, ma la osserva da lontano,
ma nell’atterraggio», ed è una conti- sorvegliate da demoni dell’inferno in tentando di capirne le cause senza
nua caduta senza schianto L’odio di uniforme da poliziotto. Vagano sen- però trovarne. Dopo tutto, l’odio è
Kassovitz. I suoi personaggi vivono za meta, aspettando un’occasione un circolo vizioso destinato a ripe-
in un limbo, muovendosi nella peri- per scatenare la loro violenza (più tersi all’infinito.
feria di una Parigi in bianco e nero o meno volontariamente) e sem-
devastata dalle sommosse della pre in costante ricerca di un’iden- Alberto Semprini

L’era thatcheriana sembra essere fonte inesauribile sociale e culturale. È movimento armonico e continuo
d’ispirazione per i registi britannici, dal Ken Loach di Riff contro le mura del sistema. The future is unwritten.
Raff fino allo Stephen Daldry di Billy Elliot: dissimili ma
convergenti visioni, con impagabile ironia britannica, Chiara Tartagni
dell’Inghilterra governata dalla Lady di ferro. Ma This

this is england
is England, opera del poco noto (da noi) Shane Mea-
dows, ce ne offre uno dei ritratti più feroci: basato su
esperienze autobiografiche, il film agguanta con pugno
di ferro lo stomaco e il cuore, in un’escalation di violen-
za verbale e fisica quasi documentaristica. Intenerisce
seguire il giovanissimo Shaun, orfano del padre morto
durante la grottesca guerra delle Falkland, nella sua
progressiva discesa nei bassifondi della periferia ingle-
se e vederlo conservare, vero uomo fra adulti-bambini,
la sua dignitosa innocenza. Così come sconvolge la
figura di Combo, carismatico capo skinhead (a tratti le
sue parole richiamano alla mente il manieristico Derek
Vinyard di American History X), che dichiara timida-
mente il proprio amore a una giovane donna e picchia
a morte un ragazzo reo di godere un’invidiabile felicità
familiare. Proprio in questa ampiezza di sguardo, mai
ambigua ma doverosamente complessa e non priva di
affettuosa partecipazione, sta la trascinante forza del
film, il cui titolo cita non a caso una canzone dei Clash: 101’ UK 2006 Shane Meadows
la ribellione, per Shaun e per il popolo britannico, non
è nichilismo, né disperata opposizione al melting pot
This is England, foto di Dean Rogers ©2006 IFC First Take
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RECENSIONI RETROPOLIS
Do the Right Thing ©1989 Universal City Studios, INC. All Righs Reserved
15
Prendete un quartiere di periferia e abitatelo di uomini con
la doppia identità afro-americana, italo-americana, lascia-
te che da soli interagiscano e osservate come nella real-
tà si comportano nel tentativo di far emergere una delle
due identità, quella più lontana geograficamente, quella
più antica, quella da conservare prima che sia schiaccia-
ta dalla paura dell’omologazione nell’identità comune. È

fa’ la
questo che Spike Lee osserva e riprende. Inventa per-
sonaggi che non hanno niente di eroico e sembrano già
creati dalla realtà. Ognuno dei protagonisti sembra stare
in guardia aspettando l’eventuale lotta contro un nemico
invisibile, mostra i denti, digrigna, urla insulti e improperi
(nel doppiaggio italiano spesso non tradotti), cela un’ag-
gressività difensiva. Eppure non succede nulla di cata-

cosa
strofico in questa calma apparente, tutto è vita quotidiana.
Gli eventi ruotano intorno a una pizzeria di italiani, orgo- 120‘ usa 1989 spike lee
gliosi delle loro origini, con una clientela di africani, i quali
vogliono immagini dei loro idoli afroamericani sulla parete
insieme a quella degli italo-americani. Questa è la scintil-
la che appicca il fuoco a quegli animi già surriscaldati. Il
nemico invisibile è sì il razzismo, ma per tutti è la paura di

giusta
esserne vittima. L’aria è tesa, ognuno nel suo monologo
teso a barricare la propria identità natia, finché un’inno-
cente muore, uccisa dall’autorità in divisa con la pelle di
un colore diverso da entrambi, ed è troppo tardi per capire
che la tragedia poteva essere evitata.

Luigi Palmirotta

In un futuro astratto e indefinito, caccia all’uomo. Prima che giustizia suggestioni mitologiche e visiona-
New York è ridotta a un irrequieto sia fatta, il loro ritorno a casa sarà rietà iperrealista, capace di legare
mosaico di violente tribù metropo- minato, come il nostos omerico, da classico e moderno in un plot incal-
litane, vere e proprie gang di ribelli risse sanguinose (con i Punks e i zante e compatto. Classico per le
“senza causa” che si contendono Furies) e inganni sirenici (delle mel- origini letterarie e l’aristotelica unità
piccoli feudi notturni e deserti. Tra liflue Lizzies). Autentico cult genera- spazio-temporale, profondamente
queste, i Warriors, ingiustamente zionale, il western urbano di Walter moderno, invece, per il vertiginoso
accusati dell’assassinio del leader Hill, ispirato all’Anabasi di Senofon- ritmo visivo di combattimenti e colpi
spirituale Cyrus, diverranno l’ambi- te, è un ineguagliato ibrido di scor- di scena. A distanza di oltre trent’an-
ta preda di una collettiva e rabbiosa ribande action e pulsioni musical, ni dalla sua uscita, appena velato da
un vago senso di kitsch retrospettivo
e vicino, nelle coordinate d’immagi-
nario, alla New York secondo Car-
penter, I guerrieri della notte, come
tutto Hill, suona come l’ideale trait
d’union tra la sobrietà compositiva e
narrativa di Howard Hawks e la fu-
riosa violenza coreografica di Sam

i guerrieri della notte


Peckinpah, tra l’essenzialità mini-
male del primo e la brutale iconocla-
stia del secondo, capace a tutt’oggi
di avvincere e sorprendere, come
un racconto in grado di rigenerare la
93‘ usa 1979 Walter Hill. potenza atavica del mito.

Dario Stefanoni
The Warriors ©1979 Paramount Pictures Corporation. All Rights Reserved
VETR
16 RECENSIONI RETROPOLIS

VETRINA
BILLY NUMERO
BILLY NUMERO 2424 GIUGNO
GIUGNO 2010
2010

rom
Accadde Domani sabato 12 giugno Drei Donà - via venerdì 25 giugno Tenuta
del Tesoro 23 Vecchiazzano (FC) Pandolfa - via Pandolfa 35
Cineclub Notorius c\o LA DOLCE VITA Fiumana di Predappio (FC)
Cinema Tiberio viale Tiberio 173’ ITA 1960 Federico Fellini NINE
59 Rimini 121’ USA 2009 Rob Marshall
Ore 21.00 introduzione martedì 15 giugno Comune di

GIU
del regista e proiezione Castel Bolognese - Chiostro sabato 26 giugno Marta
a seguire incontro con il della residenza comunale Valpiani - Terme di Castrocaro
regista all’Osteria Angolo di TRA LE NUVOLE Via Roma 2 Castrocaro
Vino con degustazione di 108’ USA 2009 Jason Reitman Ospite della serata Enzo G.
vino e crostini, €6. Castellari, regista icona di
venerdì 18 giugno Comune Quentin Tarantino
mercoledì 9 giugno di Faenza - piazza Nenni ex BASTARDI SENZA GLORIA
Molinella 148’ USA 2009 Quentin
MARPICCOLO
87’ ITA 2009 Alessandro Di
SALLY/MERCURIO Tarantino
ITA 2010 Domenico Ciolfi, Jader
Robilant
Giraldi lunedì 28 giugno Cantine
Intesa - via Prov.le Faentina 46
mercoledì 16 giugno
sabato 19 giugno Tenuta Condè Modigliana (FC)
LA FISICA DELL’ACQUA - via Lucchina 26 Fiumana di BASTA CHE FUNZIONI
76’ ITA 2009 di Felice Farina Predappio (FC) 92’ USA/FRA 2009 Woody Allen
CHE FINE HANNO FATTO I
mercoledì 23 giugno MORGAN? martedì 29 giugno Associazione
L’UOMO FIAMMIFERO 100’ USA 2009 Marc Lawrence Torre di Oriolo - via Salita di
81’ ITA 2009 Marco Chiarini Oriolo 22 Oriolo dei Fichi -
lunedì 21 giugno C.A.B. Faenza
Brisighella - Villa Corte Via COLPO DI FULMINE - IL
Cinemadivino Corte 9 Loc. Castellina di MAGO DELLA TRUFFA
Brisighella (RA) 102’ USA 2009 Glenn Ficarra,
apertura cantine e stand LA RIVOLTA DELLE EX John Requa
gastronomico ore 19.30 98’ USA 2009 Mark Waters
inizio proiezione ore 21.30 mercoledì 30 giugno
€10 compresi 3 calici di vino mercoledì 23 giugno Tenuta Campodelsole - via Cellaimo
e visita su prenotazione, Folesano - via S. Silvestro 17 850 Bertinoro
sedi varie Panico di Marzabotto (BO) SHERLOCK HOLMES
JULIE & JULIA 130’ GB/AUS/USA 2009 Guy
martedì 8 giugno Incantina 123’ USA 2009 Nora Ephron Ritchie
- Humboldstraße 3 60318
Frankfurt am Main giovedì 24 giugno Astra (Terre
NON PENSARCI Naldi) - via Tebano 45 Faenza
105’ ITA 2007 Gianni Zanasi BASILICATA COAST TO COAST
105’ ITA 2010 Rocco Papaleo
RINA
BILLY
BILLY NUMERO
NUMERO 2424 GIUGNO
GIUGNO 2010

rassegne in romagna
nel giugno 2010
2010 RECENSIONI RETROPOLIS 17

omagna
I Lunedì del Jolly Supercinema venerdì 25 giugno
I GATTI PERSIANI
Bagno Fandango Viale Piazza Marconi 1 106’ IRAN 2009 Baman Ghobadi
delle Nazioni 50 Marina di Santarcangelo di Romagna
Ravenna ore 21.15 ingresso € 5 martedì 29 e mercoledì 30
ore 21.00, ingresso libero bambini fino 12 anni € 4 giugno

UGN
L’UOMO NELL’OMBRA
lunedì 7 giugno martedì 1 e mercoledì 2 giugno 131’ USA-GER-FRA 2010 Roman
SOUL KITCHEN              IL PICCOLO NICOLAS E I Polanski
99’ GER 2009 Fatih Akin SUOI GENITORI
91’ FRA 2009 Laurent Tirard
lunedì 21 giugno
FUORI MENÙ venerdì 4 giugno
111’ SPA 2008 Nacho G.Velilla SIMON KONIANSKI
100’ BEL-FRA-CAN 2009 Micha
lunedì 28 giugno Vald
LE MELE DI ADAMO
94’ DAN 2006 Anders Thomas martedì 8 e mercoledì 9 giugno
Jensen DEPARTURES
130’ JAP 2008 Yoiro Takita

venerdì 11 giugno
Lunedì film mai CRAZY HEART
visti 112’ USA 2009 Scott Cooper

Cinema Saffi d’essai Viale martedì 15 e mercoledì 16


dell’Appennino 480 Forlì giugno
ore 21.00 e 22.30, € 5 MINE VAGANTI
110’ ITA 2010 Ferzan Ozpetek
lunedì 7 giugno
L’AMORE È UN GIOCO venerdì 18 giugno
13’ ITA 2010 Andrea Rovetta IL PROFETA­
LA BOCCA DEL LUPO 150’ FRA-ITA 2009 Jacques
76’ ITA 2009 Pietro Marcello Audiard

lunedì 14 giugno martedì 22 e mercoledì 23


MIO FIGLIO giugno
9’ ITA 2010 Filippo Soldi HAPPY FAMILY
IL VELO 90’ ITA 2010 Gabriele Salvatores
6’ ITA 2010 Mario D’Anna
LA PAURA
69’ ITA 2009 Pippo Delbono
18 BORSINO BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

BORSINO giugno 2010

Alessandro Merci
Barbara De Caro

Alberto Semprini

Dario Stefanoni

Chiara Tartagni
Matteo Lolleitti
Marco Bacchi

Michelangelo
Matteo Lelli

Pasini
amori folli, gli
città verrà distrutta
all’alba, la
draquila - l’italia che
trema
iron man 2
matrimoni e altri disastri
notte folle a manhattan
perdona e dimentica
robin hood
shadow
vendicami

l’unico centro sportivo al mondo con:


✘✘ 9 CAMPI INDOOR/OUTDOOR IN SABBIA PER BEACHTENNIS
✘✘ 2 CAMPI DA TENNIS OUTDOOR
✘✘ PARCO GIOCHI
✘✘ PIZZERIA - RISTORANTINO - BAR

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BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE CATTIVI MAESTRI 19

MATTEO LOLLETTI
CATTIVI MAESTRI
il cinema di
guy debord
teorie della
Guy Dèbord, http://www.cccb.org

deriva
«Nel suo cinema il concetto
narrativo è largamente
sospeso, e lo spettatore
assume un ruolo nuovo
all’interno della fruizione
cinematografica»

È difficile riassumere l’opera di Debord in poche bat- ta e più unanime. (…) La mia stessa esistenza resta,
tute. Perché Guy Debord, a livello cinematografico, è in questo ambito, un’ipotesi generalmente respinta.
soprattutto un mistero. Scrittore e filosofo francese, Mi vedo dunque posto al di sopra di tutte le leggi di
morto suicida nel 1994 a quasi sessantré anni d’età, genere»2. Nel suo cinema il concetto narrativo è lar-
fondatore dell’Internazionale Lettrista e dell’Interna- gamente sospeso, e lo spettatore assume un ruolo
zionale Situazionista, inventore del détournement, è nuovo all’interno della fruizione cinematografica3.
colui che scrisse sui muri di Parigi, nel 1953, «Non Ne sia un esempio per tutti Urla per de Sade (1952),
lavorate mai». un’opera indefinibile. Totalmente privo di immagini, lo
Ma Guy Debord è stato anche regista di un pugno di schermo è bianco durante la proiezione dei 20 minuti
film (laddove il cinema rivestiva un ruolo centrale per scarsi di dialoghi sparsi per la pellicola, inframmezzati
la società), opere, alcune, di clamoroso interesse, all’ora di nero silenzio restante. Un silenzio che chiu-
che lui stesso decise, nel 1984, di ritirare dagli scher- de il film con 24 minuti di nulla, durante i quali, in pra-
mi. La sua esistenza, nel cinema, è però largamente ticamente tutte le proiezioni, il pubblico comincia(va)
negata: «Se io fossi esistito molti autori di film avreb- a urlare. Per de Sade appunto.
bero perso una parte della loro reputazione di inno-
vatori, e alcuni l’avrebbero persa del tutto»1. Debord
era iperbolico, ma aveva ragione: «Ho meritato l’odio
2 In girum imus nocte et consumimur igni, Guy Debord, Mon-
universale della società del mio tempo e mi avrebbe
dadori, 1988.
dato fastidio avere altri meriti agli occhi di una società
3 «In qualunque epoca, d’altronde, non si è mai comunicato
del genere. Ma ho notato come sia ancora una volta
niente di importante avendo dei riguardi per il pubblico (…).
nel cinema che ho sollevato l’indignazione più perfet-
Questo pubblico così perfettamente privo di libertà, e che ha
sopportato tutto, merita meno di ogni altro di essere trattato
1 Guy Debord, 1985. con qualche riguardo». Idem.
grand
20 RUBRICHE THE FILMGAMER

theft
the filmgamer
alberto semprini
«chi gioca non solo si trova a rivivere le storie
cinematografiche nude e crude, ma è costretto
a immergersi in un mondo permeato da
atmosfere già viste sul grande schermo»

Grand Theft Auto: San Andreas developer Rockstar North publisher Rockstar Games
© GameWallpapers.com hosted by JTL.net

Rockstar Games è uno studio molto importante


auto
e il film espanso
nel panorama videoludico, nonché molto partico-
lare. Con la sua popolarissima serie di G.T.A. e entrato nella sala cinematografica. Esempio lam-
con tutta una serie di titoli correlati, ha contribuito pante è il videogioco Rockstar tratto da I guerrieri
a diffondere una personalissima filosofia del vi- della notte di Walter Hill. La vicenda del film si
deogame. Innanzitutto, si parla di giochi di stile svolge nell’arco di poche ore mentre il videoga-
free roaming, cioè che permettono al giocatore di me omonimo, pur partendo dallo stesso spunto,
esplorare e muoversi liberamente per uno spazio permette al giocatore di espandere l’esperienza
virtuale molto vasto (di solito una città), lasciando del grande schermo e riviverla nella sua quotidia-
all’utente stesso un’ampia libertà d’azione. In se- nità. Ovviamente Rockstar Games non è l’unica
condo luogo, tutti questi videogame sono caratte- software house a declinare l’immaginario cinema-
rizzati da una fortissima influenza cinematografi- tografico nei suoi giochi, ma di sicuro rimane la
ca. Nella stessa saga di G.T.A. possiamo identifi- migliore nel campo!
care le varie matrici servite di ispirazione ai mondi
virtuali che compongono ogni singolo gioco. Se in
G.T.A. 3 troviamo tutti i cliché dei film di ganster
scorsesiani, in Vice City si ha la fortissima sen-

Per comprare
sazione di ripercorrere le gesta di Tony Montana
in Scarface, San Andreas riprende la cultura Hip
Hop delle gangs di colore tipiche del cinema di
Spike Lee, mentre G.T.A. IV si aggiorna alle mafie
russe ed est europee viste in film come Eastern
Promises di Cronenberg. La lista potrebbe durare
ancora per molto, ma la cosa più interessante è
questo spazio
appunto il modo in cui il giocatore riscopre que-

3381029116
ste analogie. Come già detto, parliamo di video-
game free roaming, quindi chi gioca non solo si
trova a rivivere le storie cinematografiche nude e

3284070669
crude, ma è costretto a immergersi in un mondo
completamente permeato da atmosfere già viste
sul grande schermo. La volontà sembra quella di
estrapolare l’immaginario filmico e culturale su-
scitato da un intero filone cinematografico e am-
pliarlo di modo che il giocatore/spettatore possa
prolungare la sua permanenza nel sogno in cui è
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE HORROR POLITICS 21
«È quindi l’ambiente geografico, che a questo
punto non si colloca neanche più ai margini di
un centro, ma si struttura come un luogo altro
totalmente a-centrico, a rappresentare il motore
precipuo della narrazione»

Foto dal set di Vinyan © Marcel Hartmann


horror poli t i c s
matteo lolletti

vin yan
Vinyan (2008) del belga Fabrice du Welz, già au-
tore dell’anomalo e folgorante Calvaire, non è un
film horror in senso stretto. Magari ci gira attorno, da
lontano, in maniera periferica, ma non accondiscen-
de né alle sirene del sobbalzo né agli effettacci teen-
oriented. È una pellicola lenta, bagnata e allucinata,
o di un nuovo
cuore di tenebra
magine di un disastro morale, in cui l’assenza della
convenzione affettiva, dell’oggetto amoroso come
significante formale, svela un’esistenza umana pri-
va di un senso sociale immediato, divenendo signifi-
cato abnorme di un sentimento visionario e bestiale.
La ricerca cieca e disperata – e forse pretestuosa,
strisciante come il fiume-serpente di Apocalypse nei termini di un tentativo di riallineamento di senso
Now, ed emotiva come il viaggio di Fitzcarraldo. della propria esistenza – di due genitori, la cui par-
Alla base di un film che ha come assunto narrativo te femminile è convinta di aver riconosciuto il figlio,
lo tsunami thailandese, nelle cui zone è ambienta- disperso dopo l’onda devastante, nelle immagini
to, si colloca la catastrofe naturale intesa come im- di un video, è un racconto archetipico, che scivo-
la progressivamente insieme ai protagonisti, che si
inoltrano in territori inospitali e inauditi, nella perdita
del contatto “abituale”, della logica consolante, fino
a qualcosa che assomiglia alla follia.
È quindi l’ambiente geografico, che a questo punto
non si colloca neanche più ai margini di un centro,
ma si struttura come un luogo altro totalmente a-cen-
trico, a rappresentare il motore precipuo della narra-
zione. L’allontanarsi dei protagonisti dalla civiltà ver-
so la graduale immersione nell’elemento matrigno
della terra, o mortifero di un’acqua incessante e on-
nipresente, in luoghi inusitati e sovra-rappresentati,
introdotti da un moderno Caronte, si configura come

ABBIGLIAMENTO E un viaggio quasi (auto)cannibalico e sicuramen-


te intimo, in cui l’uomo viene fagocitato dai confini

ACCESSORI MOTO sempre più permeabili e indefinibili di un mondo in


cui le sicure, etiche, convenzioni borghesi vengono
fatalmente, e con indifferenza, spazzate via.
Via Papa Giovanni XXIII 5/b 47034 Ci si trova così a rintracciare una coincidenza tra

Forlimpopoli FC - Tel. 0543 743153 forma e contenuto di raggelante, per quanto lussu-
reggiante e densa, autenticità, dalla quale è impos-
sibile fare ritorno.
22 RUBRICHE CINERDMATOGRAFO BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

cinerdmatografo
matteo lier lelli
«Cunicoli malsani, vie degradate,
fogne tetre: tutto il lato oscuro della
Grande Mela; aggiungete splatter e
barboni mutanti e il risultato non può
che essere godibilissimo!»

c’è del marcio a


manhattan C.H.U.D ©1984 New World Pictures. All Rights Reserved

quando gli abitanti della grande mela vanno a male


Manhattan, il distretto più celebre di New York, la sua fici, tra stupri di gruppo, omicidi e vandalismi vari. Il
isola principale, è il vero centro e cuore pulsante del- regista Jim Muro si macchierà di un altro crimine nei
la città. Ed è talmente grande da avere anch’essa confronti di New York collaborando nel 1988 a Slime
una sua periferia, i suoi sobborghi, i suoi sordidi bas- City, di Greg Lamberson (che ha appena sfornato il
sifondi così vicini eppure così distanti dai fasti di Cen- sequel Slime City Massacre). In questo caso un gio-
tral Park o della Quinta Strada. E quali orrori hanno vane appena trasferitosi in un decadente condominio
vissuto i poveracci che li abitano! Dapprima è toccato di un degradato sobborgo della città dovrà fare i conti
ai barboni delle fogne, che nel 1984 hanno dovuto con un liquore che contiene l’essenza di uno strego-
fare i conti con i C.H.U.D. di Douglas Cheek, uma- ne suicida: la bevanda lo trasformerà in un giallastro
noidi cannibali abitatori del sottosuolo che sono poi umanoide poltiglioso, e lo costringerà a brutalizzare
altri barboni mutati a causa di sostanze radioattive più di un malcapitato (ora un gangster, ora una prosti-
riversate nel loro habitat dal solito politicante corrotto. tuta, ora, tanto per cambiare, un barbone...). Lentino,
Cunicoli malsani, vie degradate, fogne tetre: tutto il ma con un finale tutto effettacci-vecchia-scuola che
lato oscuro della Grande Mela; aggiungete splatter vale il film! Da ultimo, nel 2006, i poveri diavoli che
e barboni mutanti e il risultato non può che essere abitano Mulberry Street sono stati vittime, oltre che
godibilissimo! Nel 1987 sono ancora i senzatetto a della regia squallidina di Jim Mickle, anche di un vi-
fare una brutta fine: in Horror in Bowery Street: Street rus che trasforma la gente in uomini-ratto assetati di
Trash alcuni esplodono, altri si sciolgono (memorabi- sangue. Bella l’idea, bella l’ambientazione in un quar-
le il barbone che si squaglia sul water!), tutti vittime tiere povero molto ben caratterizzato, belli i mostri, a
dell’alcolico Viper. La degradazione di questo squalli- tratti davvero disturbanti, meno bello il prodotto finito:
do quartiere è molto ben rappresentata in questo film qualcosa, nella regia, nel montaggio, e nel ritmo non
in cui gli stessi vagabondi sono sia vittime che carne- proprio incalzante, non funziona come dovrebbe.
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE CINELETTERATURA 23

l.a. confidential
dietro le
luci della
LA Confidential ©1997 Warner Bros

ci neletteratura marco bacchi


ribalta «Los Angeles diventa periferia morale,
viene svuotata di principi e di etica
da coloro che invece si nascondono
dietro l’ombra del potere»

Come può la Los Angeles degli anni Cinquanta che sta dietro al lato oscuro del potere, indagan-
riuscire a incarnare lo spirito di una periferia così do su casi apparentemente a sé stanti, ma che
lontana dalla metropoli che invece era? La città fanno emergere una realtà fatta di prostituzione,
degli angeli, così come ci viene descritta dalla droga e omicidi, che sembra legare, attraverso
penna di James Ellroy, non è altro che uno sfon- un filo diretto, la malavita organizzata alla società
do, uno scenario, come potrebbe esserlo qual- perbenista della città e, in modo più generale, a
siasi altra città statunitense di quel periodo, un tutte le alte sfere che rappresentano la comunità.
teatro in cui i vari personaggi si intrecciano, così Obiettivo dei tre è non tanto scoprire la verità per
come le loro storie, calcando un palcoscenico che ristabilire ordine e legalità, né restaurare sistema
altro non è che un secondario contorno alla vi- malato, quanto raggiungere, in ogni modo e a
cenda raccontata e alle innumerevoli sfumature ogni costo, i vertici stessi di quel sistema tentan-
di ogni personaggio. Dal bestseller dello scrittore do in ogni modo di sovvertirlo alle loro regole. É
americano nasce un film corale, in cui ogni per- così che la Los Angeles di Ellroy, adattata per il
sonaggio è una faccia diversa dello stesso dado grande schermo da Curtis Hanson, diventa peri-
che rappresenta una società corrotta, violenta e feria morale, viene svuotata di principi e di etica,
arrivista, il cui marcio affiora da chi, in realtà, lo di valori che dovrebbero essere rappresentati da
dovrebbe combattere. Il contrasto tra un ambien- coloro che invece si nascondono dietro l’ombra
te rispettabile, come dovrebbe essere quello della del potere e manovrano le pedine del gioco per
polizia, e la depravazione di chi lo popola, ci viene assicurarsi denaro e fama. Una società macchiata
descritto attraverso tre poliziotti con metodi poco dal male incurabile della corruzione morale, peri-
ortodossi e voglia di riscatto dal peso di un passa- feria di se stessa e di ciò che luccica sotto i riflet-
to difficile da superare. Ci svelano i segreti di ciò tori delle telecamere di Hollywood.
24 RUBRICHE IN COSTUME BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

The Colour of Pomegranates @Nora Armani

chiara tartagni
in costume
«Ciò che più di tutto
unisce il poeta a
Sergei Paradjanov è
la ricerca di un ideale
estetico e sentimentale
che non trova spazio
nell’ambiente in cui essi
vivono»

il colore del melograno


ai margini della poesia
Perché raccontare in un film la storia di un poeta
e trovatore armeno del XVIII secolo? Di certo non
presso il re di Georgia e perdutamente innamorato
della figlia del sovrano. Proprio lei, interpretata dal-
solo per le coincidenze che accostano la vita del la stessa attrice che presta il proprio volto al poe-
regista a quella di Sayat Nova (1712-1795): en- ta e dunque sua figura speculare, sarà la causa
trambi di origine armena ma nati a Tbilisi, capitale ultima dell’isolamento che Sayat sperimenterà in
della Georgia, e artisti consapevoli del profondissi- monastero fino alla fine dei propri giorni. L’infanzia
mo valore della parola. Ciò che più di tutto unisce il serena, il fuoco che arde fra il poeta e la sua donna
poeta a Sergei Paradjanov (1924-1990) è la ricer- («…cercavamo noi stessi l’uno nell’altra…»), le se-
ca di un ideale estetico e sentimentale che non tro- duzioni della corte, la mistica della vita monacale
va spazio nell’ambiente in cui essi vivono: il potere ancora offuscata da momentanee tentazioni: tutto
del re di Georgia non è dissimile dal ferreo dominio narrato attraverso un simbolismo che si rifà in par-
sovietico ed entrambi pagano amore e libertà con te alla cultura armena, ma che risulta ermetico solo
l’esilio o la prigionia. Dunque Sayat è Sergei e il a chi vi pone uno sguardo razionale (non a caso
regista celebra il campione della tradizione arti- il film fu censurato per «estrema deviazione dal
stica armena con Il colore del melograno (1968): realismo russo»). Il colore del melograno è quello
una biografia per quadri viventi spesso privi di pa- del frutto tipico dell’Armenia, avidamente divorato,
rola ma non di suono, un’esperienza sensoriale di come dovrebbe esserlo il legame del poeta con il
surrealismo buñueliano e di ammaliante, ieratica mondo, dai compagni monaci; del sangue animale
sensualità. Ecco dunque il poeta, ancora bambino, e della tintura dei tappeti; ma anche delle gemme
apprendere l’incommensurabile importanza dei li- sulla pelle della donna amata. Così come quello
bri; e quel bimbo resterà vivo in lui, passando let- della passione di Sayat-Sergei, mai sopita e mai
teralmente il testimone al Sayat trovatore di corte domata dalla gelida mano dell’autorità.
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE PSICOVISIONI 25

«Il film con i suoi


richiami psicosociali
svela il meccanismo
semplice che la cultura
tradizionale aziona
per scongiurare la
sua morte quando
l’estraneo si insinua
all’interno della comunità
e porta la novità»
Il vento fa il suo giro ©2007 Aranciafilm - Imago Orbis

psicovisioni luigi palmirotta

il vento fa il suo giro


Ogni cosa prima o poi ritorna e rimane tutto
com’è. In un borgo di periferia quasi disabitato
della falsa accusa, dell’inganno, poiché è visto
come estraneo a quel corpo e intende ristabilire
delle nostre alte montagne, dove persino il sin- lo status quo. Le varie fasi, diffidenza, accettazio-
daco vive in pianura; in una cornice che può es- ne, tolleranza, rifiuto sono ben scandite nel film
sere un paradiso, la vita si trasforma in inferno che ha il pregio di avere come attori la gente del
per un immigrato che sceglie la sua vita georgica posto, eccezion fatta per i protagonisti, più capaci
in quei luoghi dalla natura adatta ai suoi pascoli, di rappresentare quel respiro antropologico che
ma non ha fatto i conti con la natura dell’uomo. Il intende dare Diritti. Sebbene animato dal concet-
film con i suoi richiami psicosociali svela il mecca- to che la cultura nasca dalla convivenza giorno
nismo semplice che la cultura tradizionale aziona per giorno, il pastore francese dovrà arrendersi e
per scongiurare la sua morte quando l’estraneo andar via da Chersogno e diventare vittima della
si insinua all’interno della comunità e porta la no- sua stessa teoria: la frustrazione genera il più vile
vità, perturba la quiete ma anche gli animi diffi- dei sentimenti. Eppure quel vento nuovo giunto
denti. Rappresenta un esempio di costruttivismo lì in montagna assomiglia molto più all’antico di
lì dove l’intera comunità, assomigliante più a una quanto lo siano i suoi stessi abitanti che cercano
famiglia allargata, partecipa alle scelte dell’inte- di sbarazzarsi del pastore – lavoro portato avanti
ro paese. Prima accoglie con fiaccole e tavola col metodo più tradizionale appartenuto alle ge-
imbandita il nuovo arrivato e poi genera accuse nerazioni passate della valle stessa – con le armi
e cattiverie per eliminarlo. L’intolleranza agisce moderne della denuncia all’ufficio igiene. Non si
come un sistema immunitario: inizialmente acco- può veramente fare ciò che si ha voglia di fare,
glie il diverso e poi lotta per eliminarlo, guidata pur scegliendo un angolo sperduto nel mondo,
dal pregiudizio, con le armi del dissenso sociale, senza l’integrazione.
«portò in televisione la paura,
l’orrore, l’ipocrisia, la provincia,
l’ambiguità e un costrutto
linguistico più simile ai tempi
cinematografici che a quelli
televisivi»

Foto dal set di Twin Peaks ©Richard Beymer

TWIN PEAKS
Il 9 gennaio del 1991 arrivava in Italia una serie
televisiva destinata a cambiare per sempre la sto-
matteo lolletti
cose serie
simbolismo (a volte erotico) dei luoghi al posto di
interni sempre uguali e di location immediatamen-
ria della televisione e il modo di interpretare la te connotate; la dimensione orrorifica, fantastica e
serialità sul piccolo schermo. Prodotta da David a tratti surreale della trama, raramente spinta così
Lynch, e da lui diretta in alcuni episodi, insieme a in profondità; le caratterizzazioni dei personaggi,
Mark Frost, Twin Peaks emancipò il tubo catodi- ottenute con artifici cinematografici; la pervasività
co dalla schiavitù unitaria delle sit-com degli anni delle musiche, anch’esse configurate in maniera
’80. Di più: portò in televisione la paura, l’orrore, poco televisiva.
l’ipocrisia, la provincia, l’ambiguità e un costrutto Non si creda però che Twin Peaks sia stata una
linguistico più simile ai tempi cinematografici che semplice traslazione da cinema a televisione. La
a quelli televisivi. Anticipata da una campagna grande rivoluzione della serie fu, al contrario, quel-
pubblicitaria sapiente e costruita in maniera cla- la di spingere il mezzo meno nobile in territori che
morosamente efficace, si riassunse in un primo non si credevano esplorabili, creando un linguag-
tempo in una domanda che attanagliò l’intero sti- gio televisivo del tutto nuovo ed esplosivo, unendo
vale, dopo aver fatto impazzire gli Stati Uniti: chi i tantissimi elementi di novità a una robusta strut-
ha ucciso Laura Palmer? Si formarono gruppi di tura classica. Lynch si permise di rispondere alla
ascolto che ogni mercoledì si radunavano nelle domanda fatidica addirittura all’inizio della seconda
case per assistere alla nuova puntata di una se- e ultima stagione, riuscendo a spostare il centro
rie che massacrava i canoni classici del telefilm: dell’attenzione verso un altrove in parte condiviso
la mancata unitarietà dei protagonisti, quando con lo spettatore e in parte assolutamente impre-
sull’immediata riconoscibilità e immutabilità dei vedibile.
personaggi si era costruito pressoché ogni serie Poco più di un mese dopo scoppiava la Guerra del
televisiva precedente; la pluralità, la duttilità e il Golfo, la prima guerra in diretta.
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE I SOLITI IGNOTI 27
Fare cinema negli Stati Uniti significa avere a che perché è capace di mettere davanti alla macchina
fare con gli studios di Hollywood. In un modo o da presa mostri sacri come Iggy Pop, Tom Waits,
nell’altro registi o aspiranti tali si devono relazio- Forest Whitaker, Steven Wright, Steve Buscemi, Al-
nare con questi colossi della produzione cinemato- fred Molina, Bill Murray e ancora Roberto Benigni e
grafica. Bussando alle loro porte o scegliendo la via Johnny Depp, girando spesso in un bianco e nero
dell’indipendenza. Jim Jarmusch ha parlato spesso che se ne infischia completamente della vendibilità
e volentieri del suo (non) rapporto con Hollywood: del film, e soprattutto perché racconta storie che
la sua è stata una scelta prima della scelta, non ha per l’America contemporanea sono spine nel fian-
trovato le porte degli studios chiuse, ma ha deciso co. Il suo sembra un ondivagare ora allontanandosi
di chiuderle di sua spontanea volontà. Ha guarda- ora avvicinandosi a Hollywood, prima rifiutandolo
to in faccia «i soldi, il potere e il prestigio» e li ha poi bramandone i volti. E non si parli di incoerenza,
rifiutati in toto, autoesiliandosi nella più bizzarra pe- quanto piuttosto di profonda coerenza nello sce-
riferia cinematografica che ci si possa immagina- gliere di rimanere perifericamente indipendente.
re. Bizzarra perché percorre terreni di invalicabile Vale a dire rifiutare l’uno (Hollywood), ma anche
disillusione attraverso le collaborazioni più dorate l’altro (l’appiattimento culturale di un certo cinema
che vengano in mente a uno spettatore. Indipen- alternativo). Vorremmo considerare Coffe and Ci-
dentemente dal valore delle sue opere, dal gusto garettes, Down By Law e Dead Man periferici nella
personale di chi vi si pone davanti, Jim Jarmusch è metropoli degli studios, ma riusciamo solamente
oggettivamente un Ufo nel panorama cinematogra- a immaginarceli fuori da qualsivoglia contenitore
fico mondiale. È un oggetto volante non identificato classificatorio.

im possib il ità di collocazione


il ci n ema alieno di ji m jarmusch
michelangelo pasini i soliti ignoti
Coffee and Cigarettes ©2003 Smokescreen Inc. All Rights Reserved

«Indipendentemente
dal valore delle sue
opere, dal gusto
personale di chi vi
si pone davanti,
Jim Jarmusch è
oggettivamente un
Ufo nel panorama
cinematografico
mondiale»
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BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE IN MATITA 29

IN MATITA SAFR
30 RUBRICHE GARROYO E I SUOI FRATELLI BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010

«Mi chiese se conoscevo la storia del cinema Lux, ora ospizio Santa
Barbara. Risposi incautamente di no»

garroyo l’ex cinema


e i suoi fratelli lux
di Paco Garroyo

L’altra mattina passeggiavo per Sorrise, mi immobilizzò col suo il Lux è diventato una sala da
Rio Claro diretto al bar (la mia tenero sguardo magnetico da ballo: la sala da ballo del circolo
iguana domestica, Bigelow, ave- nonno, e cominciò a narrare. dei Repubblicani. Negli anni ‘50
va aperto il frigo e si era pappa- «Vede, giovine, deve sapere che questo posto ha visto i dischi di
ta tutti i miei yogurt agli agrumi il Cinema Lux venne aperto negli Elvis e Little Richard, ci si scate-
lasciandomi senza colazione) anni ‘40. Era un piccolo cinema nava con Be Bop A Lula, Rock
quando, passando davanti di paese, buio e pregno di fumo Around the Clock, giovinotto
all’ospizio, notai un signore an- di sigarette, ma a Tobago in que- mio. Ma diciamocelo, quello dei
ziano con tanto di bastone che gli anni non c’era mica un gran Repubblicani di Tobago è sem-
con aria alquanto malinconica ché da fare, neanche adesso a pre stato un partito un po’ cam-
rimirava l’edificio. dire il vero, ma beh insomma il pato in aria: negli anni ‘60 il Lux
Lo salutai educatamente, e sic- cinema era sempre pieno. E che ha pochi clienti e chiude. Riapri-
come sono uno che non riesce a film proiettavano: Casablanca, Il rà per iniziativa di un privato nel
farsi i cavoli propri, gli chiesi se mistero del falco, Via col vento. ‘70, sempre come cinema: ci ho
andava tutto bene. Sì illuminò, Chaplin a manetta. D’altronde visto trenta volte Giù la testa e
come si illuminano gli anziani chi se ne frega, al cinema si Arancia Meccanica, io, qui den-
che ti stanno per attaccare una guardavano le ragazzine spetta- tro. Mica la merdaglia che guar-
pezza mostruosa. Mi chiese se trici, mica si badava ai films. Ma date voi giovini. Poi in provincia
conoscevo la storia del Cinema poi le ragazzine hanno smesso hanno aperto i multicosi, lì, quelli
Lux, ora ospizio Santa Barba- di interessarsi a Bogart e hanno con tante sale e il bovling. Per
ra. Risposi incautamente di no. cominciato a voler ballare. Così il Lux, dalla metà degli anni ‘80
in avanti, è stata una lenta ago-
nia. Nel ‘95 tentarono il cambio
di programmazione, trasforman-
do il nome da Lux in Luxuria –
sull’insegna l’aggiunta la fecero
col pennarello – e facendone un
cinema a luci rosse ambita meta
per tutti i pervertiti di Rio Claro.
Che comunque erano troppo po-
chi per farci affari. I sold out di
Nella porca fattoria e Il senso di
Smilla per la fava non fecero il
miracolo: nel ‘99 il Lux chiude.
Comprato dalle suore, steriliz-
zato e benedetto, voilà l’ospizio
Santa Barbara. Venga con me,
giovine, andiamo a sbronzarci».
BILLY NUMERO 24 GIUGNO 2010 RUBRICHE LA POSTA DEL CAPP’TANO 31

el
s t ad no
o ta
l ap
p p'
c a

la corrishpundenza eccezziunale
di capitan phalco
Caro Capitano, Oh Capitano mio Capitano, Caro Capitano,
volevo chiederti una cosa, alla luce quali sono i tuoi film preferiti? da dove viene il tuo soprannome?
del numero scorso di Billy: ma chi Con devozione, Un’ammiratrice
è il mostro più mostro del cinema D.A.
italiano? Cara la mia ‘mmiratora... come tu
Tuo, Quelle iniziali... Possibb’le?... Die- sai il falco è ‘na belva pretatora, e
Paolino co, mio maeshtro d’ vita, sei tu?! M’ l’ishtesso so’ io quando so’ sul mio
vuoi mettere alla prova pe’ vvede- bbolido... Essendo però che il bi-
Shtimato lettoro, devi sape’ che io re se so’ un degno seguacio?! So’ ker viene dall’America, ho preferito
non guaddo molti fimmi shpaurosi fan d’ tutti i tuoi fimmi, pure su Fei- mettermi un nome ‘nternazionalo, e
pecché poi c’ho dei problemi d’in- shbuz! In patticolare m’ fanno im- siccome c’ho pure i capelli lunchi ch’
durmentamento, nel senso no che pazzi’, che li conoshco a memoria vanno curati, ho deciso di chiamam-
non dommo alla notte, ché non visiva e pure cieca e so tutte le bat- mi Phalco, con PH, come quello che
sono mica uno che c’ fai shqua- tute che le ripeto la sera l’ishtesso shta nello shampo! E ora che il PH
quarellare sotto facilmente, eh! Ma che il rosario... ma no fiorello, eh!, ce l’ho nel nome, posso pure ‘vitare
tutto que’ bbuio sullo shchermo m’ quello dei preti... m’ fanno impazzire d’ farmi la doccia!
fa veni’ sonno... Però t’ confesso tutti i fimmi terruncielli tipo ‘Ccezziu-
che uttimamente m’è capp’tato d’ nale Veramente, Viuuulentemente
vedere una roba davvero trementa, Mia, Il Ras de’ Quattiero... Pensa
che in un film dell’orroro (m’ pare si che la mia muturetta l’ho chiamata
chiamava Il Divano) c’ shtava uno Attila, l’ishtesso che tu! Oh ‘Batan-
che pareva Antreotto! Brutto ugua- tuono mio Batantuono, ho superato
le! Mannaccia che shpavento! Non la prova? Di’ sottanto ‘na parola ed
c’ho avuto il coraccio di guaddallo io sarò gasato!
tutto e non ho capito se il moshtro
era lui o il d’vano del titolo... un Se volete rivolgere domande al
d’vano ‘ndemoniato che prima t’ fa Capp’tano mandate le vostre
shparire le babbucce, e poi quando disperate missive a
t’ pieghi pe’ ceccalle... zac: t’ zompa billy.rivistacinematografica@gmail.com.
addosso e t’ shputella! Ogni vostro dubbio verrà saziato.
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