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2010 n1
Una delle domande dellintervista riguardava il celebre detto tra il dire e il fare c di mezzo: lintervistato doveva
completare a suo piacimento la frase. Una parte di me voleva far riflettere (inconsapevolmente) gli intervistati (le
persone) sul fatto che a volte si esprimono intenzioni importanti, bellissime, stupefacenti, per, dopotutto, rimangono
solo parole: una bella teoria senza una buona pratica ha meno valore di quanto sembri. [Per questo solitamente il
racconto di un ricordo assume una connotazione pi reale, pi pregnante, anche se il passato: perch rievoca
situazioni comunque, in qualche modo, agite]. Ovviamente nessun intervistato poteva intendere il mio intento, ma
intanto ho potuto indagare su come ognuno si gestiva la domanda: sorrisi, imbarazzi, silenzi..
..
e tanto tanto mare.
..Nella mia vita ho conosciuto parecchia gente, x lavoro, x diletto e x difetto, e tante volte ho incontrato persone che
si esprimevano con molta convinzione e con molta profondit, con tante belle intenzioni, oppure che mi lasciavano
chiara la sensazione che avessi appena incontrato qualcuno con del talento, con delle potenzialit, talvolta enormi,
talvolta persino superiori alle mie. Poi ho atteso e atteso i frutti del seme delle parole. Ho atteso. Ho atteso HO
ATTESO..HO
ATTESO.Ho
atteso..
. Ora, ho visto queste persone ripetere le stesse parole con le stesse
pause negli stessi punti, le ho viste sfasciarsi davanti ai miei occhi, le ho viste perdersi nella saliva di uno sputacchio al
bordo del marciapiede. Le ho viste aggrovigliarsi in atti masturbatori fini a se stessi, auto contemplarsi x una parola
usata nel modo giusto al momento giusto, stringere il pugno facendo uscire scorregge. Non voglio essere volgare, in
fondo anche questo solo un atto di scrittura, e certo anchio mi sono perso (ma per amore). Soprattutto non sono
certo io a poter dare una sensata interpretazione di tutti gli infiniti rilucenti segreti racchiusi in ogni singolo essere umano
(anche il pi meschino). In realt ci tengo solamente a mettere in evidenza che la celebre, illuminata e consolidata teoria
di Austin secondo cui dire fare, risulta, x necessit, ampiamente superata o, meglio, da superare (Ma la scrittura
dire o fare?...). Ad ogni modo asserire non proprio + sufficiente, una forma che non basta a garantire la nostra
sopravvivenza. Occorre dire e agire, occorre compattarli. In questo scritto non c un monito, non c un intento di
convincere qualcuno di alcunch, intendo solo porre in evidenza che dire e fare possono coincidere, teoria e azione
possono essere ununica entit compatta che crea risonanze. E se ci non accade, allora l la discrepanza che
provoca il danno che il mondo infligge a se stesso. E l occorre andare. Perch l lunica strada. E la scrittura una
strada? Ma certo, pu essere una strada, un sentierino, uno stradone, anche se probabilmente da sola non basta. In
ogni caso pu essere una prima tappa piuttosto appetitosa. E in ogni caso va fermata, fissata nel tempo con una data:
ecco, oggi il 24 settembre 2010.Fissare gli obiettivi per tappe riconduce a una prassi, a un metodo, a una disciplina, a
una schematizzazione o a una divagazione, insomma, a un atto di scrittura. Perfino lenergia da sola non basta: ci
distrugge se non sappiamo con precisione dove indirizzarla. Occorre un indirizzo. Inevitabilmente. E ogni indirizzo porta
a un viaggio e, dunque, a unazione, il resto immobilit. E limmobilit infelicit.Laltro giorno mi ha telefonato una
ragazza, probabilmente senza un motivo preciso, e si messa a raccontarmi che ha deciso di cercarsi un lavoro come
dipendente, perch lavorare in proprio le da troppi pensieri (bel momento x cercare lavoro), mi raccontava dei vantaggi
delliniziare e finire una giornata in modo definito, monotono e disimpegnato. Dopo 20 minuti che raccontava ero ancora
l a chiedermi perch avesse chiamato proprio me per dirmi quelle cose, ma poi, dopo unoretta dalla fine della
telefonata, mi sono accorto che quel racconto mi aveva turbato. Ho ricordato che tutto ci che avevo fortemente
desiderato, quando lho raggiunto e lho posseduto, ha presto perso di valore, e lho rifuggito. E quanto pi sembrava
costituirsi una sorta di meccanismo automatico nella mia mente (nella mia vita), appositamente finalizzato a questo
scopo di egemonia / conquista / dominio, tanto pi avevo la sensazione di allontanarmi da me stesso. Ma, dopotutto,
cosa significa rifuggire da ci che si possiede quando, a ben vedere, nessuno pu possedere alcunch? I documenti
firmati e controfirmati che ci suggeriscono che esiste una propriet sono imbrogli cos come lo sono le carte colorate con
cui facciamo acquisti, gli alimenti che compriamo, ingeriamo e poi espelliamo. Se non li espellessimo, esploderemmo!! Il
concetto stesso di propriet solo un sofisticato illusionismo. Ogni slogan promozionale che violenta le nostre pupille lo
sottintende! Ogni culo ritoccato appiccicato a un cartellone lungo la statale lo urla incessantemente! Nessuno pu
davvero possedere (nemmeno il proprio culo.) e, di conseguenza, nessuno pu davvero rifuggire. Lirrazionalismo
che ci governa ne una prova. Nulla pu essere davvero rifuggito (n tanto meno posseduto). E allora occorre
affrontare e perdere ogni possesso. E affrontare pu essere un atto di scrittura (che anche dare, ovvero perdere il
possesso dei propri pensieri). Ma la scrittura dire o fare?... Non so rispondere a questa domanda, per alla domanda
tra il dire e il fare c di mezzo?, io rispondo: c di mezzo la scrittura!.