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Universit Iuav di Venezia

Scuola di dottorato
DOTTORATO IN SCIENZE DEL DESIGN
XXV ciclo, 2010-2012

Verso unestetica ecologica per il design dellinterazione

relatore

Prof. Davide Rocchesso
correlatore
Prof. Agostino De Rosa

coordinatore
Prof.ssa Raimonda Riccini

candidato
Francesco Bergamo

Abstract
Questa tesi propone di riconsiderare gli approcci interdisciplinari allestetica dellinterazione, in particolare
nelle loro accezioni ecologiche, alla luce di strumenti teorici adatti a descrivere caratteristiche degli
ambienti contemporanei a cui la neuroestetica, gli approcci cognitivisti e parte della fenomenologia, ovvero
i modelli pi diffusi nella comunit scientifica interessata, non sono rivolti. Dopo un inquadramento
dellambito dindagine e delle principali questioni sollevate (cap. 1), si procede a restituire una mappatura
critica dello stato dellarte del contesto disciplinare (cap. 2), per poter individuare cosa manca e mettere
in luce i possibili punti di raccordo con modelli teorici provenienti da altri ambiti. Questi ultimi sono
stati ricercati principalmente in alcuni settori della filosofia contemporanea e della sociologia, e sono
stati selezionati specificamente sulla base del loro tentativo di definire nuovi paradigmi estetici (o di
applicarne di gi esistenti in modo innovativo) adeguati a informare la produzione di artefatti. Si sono
esclusi i modelli orientati pi strettamente allontologia, come nel caso dellontological design di matrice
heiddegeriana, privilegiando invece quelli neo-materialisti. Si quindi resa necessaria una seconda
mappatura critica, focalizzata su questi nuovi modelli prescelti, che stata effettuata attraverso un filtro
orientato al design dellinterazione e tentando di dipanare alcune ambiguit di fondo, al fine di restituire
strumenti il pi possibile coerenti (cap. 3). Si ottenuta cos una sorta di meta-modello che guarda
alle teorie filosofiche e sociologiche prescelte secondo la prospettiva dellinteraction design, e sulle sue
basi si sono innestate le nozioni e i concetti estrapolati da alcune questioni tipiche dei modelli esteticoecologici gi presenti e parzialmente messi a punto allinterno della disciplina (quelli elencati e descritti
nella precedente mappatura, cap. 2), guardando inoltre al contesto dellarte interattiva. Per una possibile
verifica dei risultati di questa operazione si proceduto ad applicare questo nuovo approccio estetico
allinteraction design ad alcune questioni tradizionali della disciplina, riviste secondo la prospettiva degli
strumenti proposti, corredandole di esempi selezionati nellambito del consumo di massa (cap. 4).

iii

Indice

Introduzione

ix

1. Interfacce ed estetica

1.1. Che cos uninterfaccia: definizioni e approcci

1.2. Ipotesi per una storia dellinteraction design

1.3. Arte, design, e interaction design: percorsi interrotti

1.4. Verso una critica estetica dellinteraction design

12

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

21

2.1. Fenomenologia ed embodied interaction

22

2.2. Lapproccio pragmatista

26

2.2.1. La svolta pragmatista e il modello di Dewey

27

2.2.2. Un framework fondato sullestetica pragmatista

29

2.3. Il dibattito sul post-modernismo e il Critical design

32

2.4. Estetica dellinteraction design come disciplina?

38

2.4.1. Un vocabolario condiviso

38

2.4.2. LAesthetic turn: una mappatura

43

2.5. Verso una critica dellinteraction design

45

2.6. Conclusioni

51

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per linteraction design


3.1. Ripensare la relazione tra soggetto e ambiente: un nuovo paradigma?

53
54

3.1.1. Da Baumgarten a Guattari

56

3.1.2. Processi di soggettivazione

.59

3.1.3. Desoggettivazione

66

3.1.4. Desiderio e scelte

69

3.2. Le interfacce come medium: nuove prospettive estetico-ecologiche

72

3.2.1. Neo-materialismo

75

3.2.2. Dallecologia delle affordance a unecologia degli affetti? 77


3.2.3. Affetti: ambiguit e nuove prospettive

82

3.3. Conclusioni
4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

85

91

4.1. Trasparenza

93

4.2. Simmetria

96

4.3. Familiarit

98

4.4. Metaforicit

100

4.5. Ritmo

102

4.6. Struttura drammaturgica

106

4.7. Malleabilit

109

4.8. Conclusioni

110

5. Conclusioni

113

BIBLIOGRAFIA

117

Allora si rendevano conto sino a che punto fossero condannati allabitudine,


allinerzia. Si annoiavano insieme, come se fra loro non ci fosse mai stato il
vuoto. Per molto tempo i giochi di parole, le bevute, le gite nei boschi, i grandi
pranzi, le lunghe discussioni su un film, i progetti, i pettegolezzi avevano sostituito lavventura, la storia, la verit. Ma erano solo frasi vacue, gesti vani,
senza intensit, senza sbocchi, senza avvenire, parole ripetute mille volte,
mani strette mille volte, un rituale che non li proteggeva pi.
(G. Perec, da Le cose)

Nota: le traduzioni dai testi nelle edizioni in lingue straniere, ove non sia diversamente indicato, sono a
cura dellautore della tesi.

Introduzione

La ricerca qui presentata ha preso le mosse da una necessit scaturita dallosservazione critica di quello che
negli ultimi anni si andato configurando come un ambito disciplinare sfaccettato, quello che riguarda
allo stesso tempo, in modo inscindibile, lestetica e i modelli ecologici dellinterazione, e le teorie sui
medium (o sulla mediazione). La teoria non nasce mai dal nulla, sempre informata dallosservazione
dei fenomeni e dalla pratica, e a sua volta pungola la pratica, in un processo continuo che presuppone
ruoli attivi e responsabili sia da parte di chi fa ricerca, sia da parte dei professionisti; inoltre la teoria
una componente fondamentale nella definizione dellidentit di una disciplina. Il primo presupposto di
questa tesi, che dovrebbe apparire scontato ma di cui talvolta ci si dimentica, vuole considerare il design,
in tutte le sue forme, come fatto culturale in senso ampio: il design identifica le societ e gli individui,
ed essi si identificano nel design. Nella comunit di chi si occupa di HCI (Human-Computer Interaction)
si va diffondendo un interesse per le teorie estetiche dettato almeno in parte dalla constatazione che il
computer e gli artefatti computazionali non sono pi soltanto strumenti di calcolo e di lavoro, ma hanno
anche implicazioni pi profonde, impalpabili e non misurabili. Infatti sono gi diventati il simbolo di
unepoca. Partendo da una ricognizione sulle teorie in questo settore, tuttavia, emerso un insieme di
approcci ancora nettamente orientato allecologia gibsoniana e al cognitivismo. Non si intende mettere
in discussione la fondamentale importanza di questi modelli per il design, bens iniziare a considerare,
partendo da strumenti aggiornati messi a punto da altre discipline, nuove possibili declinazioni di un
approccio ecologico allestetica del design, con unattenzione particolare al design dellinterazione e alle
teorie sui medium. Mentre fin dallinizio ha consolidato proficuamente la collaborazione con la comunit
scientifica (neuroscienze, ergonomia, ingegneria, ), il design dellinterazione sta manifestando ancora
in modo generalmente poco strutturato il suo interesse nei confronti dellarte e della filosofia, che pure
aiutano a comprendere aspetti complessi e fondamentali (politici, sociali, ) del tempo presente: se
guardiamo alla pratica, a ci che si produce nella professione, e a ci che viene divulgato, vediamo che l
questo interesse evidente, ma si fonda spesso su suggestioni, su pretesti presi a prestito dallarte, dalla
letteratura, dalla filosofia, senza un approccio sistematico e strumenti concettuali saldi. Un confine di
questa ricerca determinato quindi dalla scelta di lavorare in un campo diverso rispetto a quello della
neuroestetica e del cognitivismo, che comunque non esulano da possibili intersezioni con lapproccio
proposto. Si inoltre compiuta la scelta, sofferta ma indispensabile, di prendere in considerazione poche
posizioni gi consolidate e rodate, pur senza dimenticare lapporto di teorie emergenti che discendono
ix

Introduzione
da esse o che potessero arricchirle. Come apparir chiaro, i concetti a cui si far pi spesso riferimento
mostrano nella loro formulazione un debito nei confronti dei testi pi maturi di Gilles Deleuze e di
Flix Guattari1: se questi continuano a far germogliare idee in architettura, nelle arti, e ovviamente nella
filosofia, non sono ancora stati presi altrettanto in considerazione dal design. Gli strumenti teorici
condensati e messi a punto nel terzo capitolo e applicati nel quarto, dopo un inquadramento generale
(capitolo 1) e una mappatura di quelli gi esistenti nellinteraction design (capitolo 2), sono stati elaborati
in modo tale da poter lavorare su un set ridotto, ma potenzialmente estensibile, per metterli a fuoco e
renderli applicabili. A questo punto evidente che non si intende fare riferimento ai criteri epistemologici
della psicologia sperimentale (con cui non si vuole entrare in conflitto, semmai offrire un punto di vista
complementare), n allo strutturalismo (che viene invece implicitamente messo in discussione dalla
scelta dei modelli teorici di partenza). Non si vuole neanche parlare di estetica come di una ricerca del
bello basata soltanto sulla forma che gi stata ampiamente messa in crisi, indicando una via duscita per
il design (e non solo) in un ritorno a-critico alla piacevolezza, senza tenere conto dei substrati che hanno
portato il design e le arti di oggi ad essere quelli che sono; si vuole anzi cominciare con lindagare questi
substrati per estrapolarne dei modelli funzionali al design di oggetti computazionali, che oggi sono
riconosciuti tra gli strumenti pi significativi della spinta capitalistica nel mercato (si vedano le vendite
in ascesa dei prodotti tecnologici, anche in tempo di crisi, e la loro diffusione sempre pi capillare in
tutto il mondo). Dalle pagine che seguono risulter evidente la mancanza di chiarezza, considerata
sintomatica da Rancire, su cosa possa e debba essere lestetica oggi, ammesso che si possa ancora parlare
di estetica allaffermarsi di modelli che guardano a forze pre-personali e a macchine autopoietiche, che
esistono e si sviluppano a prescindere dalle soggettivit degli individui e dunque dalla loro esperienza,
seppure interagendo con essi. Luomo progetta e realizza i suoi strumenti ma anche assoggettato ad
essi, e la necessit di formulare modelli teorici che considerino una molteplicit di prospettive, in modo
complementare, oggi ulteriormente supportata dal fatto che al diffondersi del computer la conoscenza
umana stata ridotta (secondo alcuni, come Thackara2), o meglio nuovamente ricondotta, a sistemi
simbolici.
Volendo provare a indicare un modello epistemologico di come si svolta questa ricerca, c pi di
una ragione che porterebbe a proporre la descrizione e discussione da parte di Gilles Deleuze (nella
sua ultima apparizione in pubblico, nel gennaio 1988) della nozione di dispositivo, proveniente da
Foucault. Per Foucault, in estrema sintesi, un dispositivo un insieme di strategie di rapporti di
forza che condizionano certi tipi di sapere e ne sono condizionati3. Dunque una rete di relazioni che
si stabiliscono tra elementi, anche eterogenei. Lincontro con Che cos un dispositivo?4 di Deleuze (e
conseguentemente con lomonimo testo di Agamben) avvenuto in una fase avanzata della ricerca,

1. In particolare di Mille Piani (Castelvecchi, Roma 2010, III ed. [1980]) e Che cos la filosofia? (Einaudi, Torino
1996 [1991]) di Deleuze e Guattari, e ancora di pi nei confronti di Caosmosi (Costa & Nolan, Genova 1996
[1992]) di Guattari.
2. Cfr. J. Thackara, Beyond the object in design, in J. Thackara (a cura di), Design After Modernism. Beyond the
Object, Thames and Hudson, London 1988, p. 30.
3. M. Foucault, in Dits et crits, vol. III, ditions Gallimard, Paris 1994, pp. 299-300, citato in italiano in G.
Agamben, Che cos un dispositivo?, Nottetempo, Roma 2006, p. 7.
4. Cronopio, Napoli 2007 [1989].

allinizio della stesura della tesi ma quando la sua struttura era gi in buona parte definita, e mano a
mano si formata la consapevolezza che questa stessa tesi funziona come un dispositivo. Un dispositivo
innanzitutto una matassa, un insieme multilineare, composto di linee di natura diversa. Queste linee nel
dispositivo non delimitano n circoscrivono sistemi di per s omogenei oggetto, soggetto, linguaggio
ecc. ma seguono direzioni, tracciano processi in perenne disequilibrio; talvolta si avvicinano, talvolta si
allontanano le une dalle altre5. Poco pi avanti, nello stesso testo di Deleuze, cominciano ad emergere
indicazioni metodologiche pi chiare: per studiare e poter comunicare il funzionamento del dispositivo
bisogna in primis sciogliere la matassa delle linee, cio tracciare una carta, cartografare, misurare
terre sconosciute []. Bisogna disporsi su quelle linee che non soltanto formano un dispositivo, ma
lattraversano e lo spostano da nord a sud, da est a ovest o in diagonale6: questo corrisponde alle attivit
di mappatura dei modelli teorici esistenti condotte nella fase preliminare della ricerca.
Preso atto del fatto che la conoscenza sempre un processo in divenire, e che lavorare sul presente
tanto necessario quanto complesso e rischioso, per linevitabilit del tralasciare ci che esiste ma ancora
non si conosce, ha iniziato a svanire il timore del rischio di unoperazione di questo tipo, che non pu
e non vuole avere carattere definitivo. Ma che non si propone affatto come nichilista o relativista: i
dispositivi non si equivalgano mai, e basta impiegare criteri immanenti per testarli e metterli alla prova.
un compito complesso quello di far emergere questi criteri, per distinguerli, ma nellultimo capitolo
se ne sono proposti alcuni che si sono testati su questioni attuali e su casi concreti. Allinterno di questa
matassa, si sono dunque seguite linee di forza che cercavano di rettificare le linee di cui composta.
vero che, appena giunti a un risultato soddisfacente, ci si potrebbe accorgere della sua provvisoriet,
ritrovandosi a dover affrontare il rompicapo di sbrogliare nuovamente la matassa, ma lo scopo della
ricerca e dellinnovazione non il perpetuare leterno, bens la ricerca del nuovo e dellignoto. Ed cos
che questa tesi cominciata e si conclusa.

5. Ivi, p. 11.
6. Ivi, p. 12.

xi

1. Interfacce ed estetica
Si definisce qui il contesto dindagine partendo dai suoi contorni pi ampi, sintetizzando le posizioni che hanno contribuito e che contribuiscono a formarlo in relazione
agli obiettivi della ricerca, ed evidenziando e discutendo la presenza di questioni emergenti che ancora non hanno trovato risposte adeguate.

1.1. Che cos uninterfaccia: definizioni e approcci


Uninterfaccia letteralmente la superficie tra due (o pi) spazi, e stando al Websters
Collegiate Dictionary dato che la provenienza della parola composta anglosassone:
interface il termine sarebbe stato preso in prestito dalla chimica, dove fu introdotto
al pi tardi nel 18821 e dove oggi viene spesso impiegato come sinonimo di interfase.
Branden Hookway rintraccia invece le sue origini nella fluidodinamica ottocentesca,
prima delle migrazioni alla termodinamica, alle teorie dellinformazione e quindi alla
cibernetica2.
Il vocabolo entrato nel dizionario italiano soltanto nel 19723, e da allora i suoi significati specifici, come anche i suoi impieghi, si sono andati arricchendo e moltiplicando
soprattutto nellambito delle scienze dellinformazione, ma finendo per interessare anche il contesto sociale, e richiamando comera inevitabile lattenzione di filosofi, artisti,
designer e architetti, dati il potenziale e lestensibilit della nozione. Per i computer
scientist linterfaccia un
dispositivo di collegamento in grado di assicurare la comunicazione tra due sistemi informatici
altrimenti incompatibili, oppure tra unit centrale e unit periferiche4;

pensando invece a chi si occupa di interaction design, e guardando alla comunit della

1. Cfr. F. Cramer e M. Fuller, Interface, in M. Fuller (a cura di), Software Studies. A Lexicon, The MIT
Press, Cambridge 2008, p. 149.
2. B. Hookway, Interface: A genealogy of mediation and control, PhD Dissertation, Princeton University
2011 (in corso di pubblicazione per MIT Press con il titolo Interface), p. 7.
3. Cfr. il Devoto-Oli, Le Monnier, Milano 2012. In lingua inglese, interface si impiega diffusamente gi
dagli anni 60 del secolo scorso.
4. Ibidem.
1

1. Interfacce ed estetica

Human-Computer Interaction (HCI), si parla comunemente di interfaccia utente a


proposito della modalit grafica con cui un programma o un sistema operativo si
presentano sullo schermo e interagiscono con lutente5: su questultima definizione
gravano pesanti retaggi che derivano in buona parte dalle teorie sui medium6, che come
si mostrer tra poco sono ancora quasi sempre figlie degli studi di ascendenza modernista sul cinema e sul video, e dunque raramente si interessano alla mediazione come
effetto7. Sorprende innanzitutto che linterfaccia utente si trovi ancora definita nel dizionario soltanto come modalit grafica, senza tenere in considerazione modalit di
informazione e di interazione sonore o aptiche, a cui la comunit scientifica e le aziende
del settore dellinformatica e delle telecomunicazioni stanno lavorando da tempo; ed
evidente come questa svista sia connaturata al pensare linterfaccia come schermo, al
rappresentarla ancora come finestra o come porta.
Per compiere un altro passo nella direzione di puntualizzare lambito dindagine, tornano utili la definizione e le considerazioni di Cramer e Fuller:
le interfacce connettono software e hardware tra di loro e con i loro utenti umani, oppure con
altre sorgenti di dati8,

e possono essere classificate come:


1. hardware che connette gli utenti ad altro hardware (come i dispositivi input/
output: mouse, tastiere, schermi, altoparlanti, );
2. hardware che connette tra loro altri hardware (come i bus di dati);
3. software o sistemi embedded che connettono hardware a software;
4. specificazioni e protocolli che connettono software a software (come le API9);

5. Ibidem.
6. Altri dizionari, specie quelli in lingua anglosassone, sono generalmente pi accorti. Nellultima
edizione dellOxford Dictionary of English la seconda definizione di interface, che riguarda lambito del
computing, semplicemente: a device or program enabling a user to communicate with a computer.
7. Cfr. soprattutto A.R. Galloway, The Interface Effect, Polity Press, Cambridge 2012. Si tratta
probabilmente del primo testo ad analizzare la condizione delle teorie dellinterfaccia considerando
criticamente la loro genealogia, e a proporne una visione aggiornata e pi ampia a partire da strumenti
multidisciplinari: media studies, filosofia e teoria critica, e cos via.
8. Cfr. F. Cramer, M. Fuller, Interface, cit., p. 149, sintetizzato anche in D. Antic, M. Fuller, The
Computation of Space, in C.U. Andersen, S.B. Pold (a cura di), Interface Criticism. Aesthetics Beyond
Buttons, Aarhus University Press, Aarhus 2011, p. 130.
9. Acronimo per Application Programming Interface.
2

5. Interfacce utente (dora in avanti UI10), che costituiscono degli appigli simbolici
(symbolic handles) per rendere il software accessibile agli utenti, in congiunzione con
lhardware al punto 111.
I modelli che saranno discussi in seguito sono orientati a contribuire alla formazione
di un substrato teorico per una critica del design dellinterazione su basi estetico-ecologiche, e pertanto guardano in prevalenza agli artefatti appartenenti alle categorie 1.
e 5., di pi stretta competenza del designer e pi vicini allutente finale inteso anche
come consumatore, pur senza dimenticare che in entrambi i casi per la progettazione sono fondamentali i substrati tecnici 2., 3. e 4., le cui architetture, per esempio,
potrebbero essere impiegate come modelli formali o concettuali qualora il designer
decidesse di adottare una prospettiva costruttivista o un approccio vicino a quello del
design radicale o critico12. Si tratta anche delle due categorie per le quali pi evidente
il contributo del designer sul piano simbolico, dovendo essere linterfaccia dotata di
sintassi (anche nel caso siano implicate operazioni aleatorie) per poter essere decifrata,
compresa e utilizzata attivamente. E il mutato concetto di valore simbolico13 che
sempre un valore relazionale nella societ capitalistica contemporanea, oltre alla sua
contaminazione con valore di scambio e valore economico, intimamente connesso ai
nuovi modelli estetici ed ecologici a cui la disciplina dellinteraction design inizia appena
a guardare con interesse, come si vedr a breve.
Inoltre le interazioni non sono pi simmetriche14, tra individui della stessa specie che
hanno corpi, intelligenze e facolt comparabili, o con artefatti funzionali o rituali che
fino a pochi secoli fa erano di tipo completamente diverso: i singoli componenti hardware e la sintassi e la struttura dei linguaggi di programmazione, dei sistemi operativi

10.User Interface.
11.
Cfr. F. Cramer, M. Fuller, Interface, cit., p. 149. Cfr. anche F. Cramer, What Is Interface
Aesthetics, or What Could It Be (Not)? in C.U. Andersen, S.B. Pold (a cura di), Interface Criticism.
Aesthetics Beyond Buttons, cit., pp. 117-129.
12.
Cfr. il Critical Design di Anthony Dunne e Fiona Raby, a cui si torner pi nel dettaglio nel capitolo
2.
13.
Per una sintesi delle posizioni pi influenti (Appadurai, Bourdieu, Baudrillard, Godbout) si veda F.
Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, Lupetti, Milano 2009, pp. 25-37.
14.
Cfr. F. Cramer, M. Fuller, Interface, cit., pp. 150-151 e F. Carmagnola, Design. La fabbrica
del desiderio, cit., p. 29. Se il primo sembra interessato agli aspetti creativi che possono scaturire da
questa asimmetria (si veda il cap. 4 di questa tesi, in cui simmetrico/asimmetrico sono impiegati come
parametri critici), per il secondo la fruizione o il consumo dei beni simbolici fa parte di un universo
non relazionale, asimmetrico (ivi).
3

1. Interfacce ed estetica

e dei software sono qualcosa di totalmente sconosciuto alla maggior parte degli utenti
degli artefatti che li ospitano. Linterfaccia antropomorfa, il volto come interfaccia15
manifesta la ricerca di mantenere composta questa simmetria tra uomo e macchina
computante, ma si tratta inevitabilmente di unillusione, come mostra spietatamente
Kirsten Geisler nella sua installazione interattiva Dream of Beauty 2.0 (1999) e nelle
sue versioni successive, ove limmagine digitale del volto di una donna attraente rimane
insensibile a qualsiasi tentativo di approccio e di interazione, dichiarando la sua alienit
allumano, innescando solo in un secondo momento il perturbante che caratterizza
luncanny valley, e quindi amplificandolo.

Fig. 1.1, Kirsten Geisler, Dream of Beauty 2.0 (1999).

15.
Cfr. D. Fornari, Il volto come interfaccia, et al., Milano 2012.
4

1.2. Ipotesi per una storia dellinteraction design


possibile delineare una storia dellinteraction design? Linterazione una caratteristica
fondamentale per lusabilit di qualsiasi artefatto, a partire dagli utensili dei nostri
antenati preistorici, affinatasi poi nei secoli con lartigianato, e infine con il supporto
delle macchine e della scienza moderna, ed generalmente a partire da un passato
ormai relativamente lontano che hanno guardato coloro che hanno cercato di tracciare brevi storie (o archeologie) delle interfacce16. Tuttavia qui stiamo considerando
un arco temporale di pochi decenni, e una disciplina che ha preso il suo nome da Bill
Verplank e Bill Moggridge soltanto attorno alla met degli anni 80, con la necessit di
raccordare le competenze dellinformatica con le richieste del design, e in sostituzione
a ci che allora si chiamava softface, evidente riferimento allambito circoscritto della
progettazione di software: Cramer e Fuller, infatti, puntualizzano come negli anni 80
user interface e programming interface esprimessero lo stesso concetto 17 (basti pensare alla programmazione in BASIC, o a DOS e Unix).
Disponiamo di prototipi ed esemplari di molti degli artefatti che sono stati progettati
e prodotti dagli anni 60, dei loro progetti e dei testi che ne hanno descritto genesi e
verifiche sperimentali, delle testimonianze dei designer e delle aziende, di teorie talvolta
contrastanti che continuano a sopravvivere in vesti sempre rinnovate, di documenti che
attestano la presenza di istituzioni per la ricerca e per listruzione tra le quali il dipartimento di Computer Related Design fondato da Gillian Crampton Smith al Royal
College of Art di Londra nel 1990 ma ad oggi difficile trovare unorganizzazione
storica compiuta e sistematica, una linea di sviluppo che pure sarebbe fondamentale
per azzardare dei bilanci, e per guardare al futuro con le idee pi chiare18. Forse una o
pi storie, una o pi teorie di una materia che interdisciplinare e pragmatica per la sua

16.
Cfr., per esempio, E. Huhtamo, J. Parikka (a cura di), Media Archaeology. Approaches, Applications,
and Implications, University of California Press, Berkeley 2011, e E. Huhtamo, Monumental Attractions.
Toward An Archaeology of Public Media Interfaces, in C.U. Andersen, S.B. Pold (a cura di), Interface
Criticism. Aesthetics Beyond Buttons, cit., pp. 21-42.
17.
Cfr. F. Cramer e M. Fuller, Interface, cit., p. 150.
18.
Tra i testi a disposizione dai quali sarebbe necessario partire, per lampiezza della visione, la
ricchezza delle esperienze raccolte e perch mostrano un tentativo di sistemtizzazione per tipologie e
per autori, ci sono sicuramente le antologie: B. Moggridge (a cura di), Designing Interactions, The MIT
Press, Cambridge 2008, e S. Bagnara, G. Crampton Smith (a cura di), Theories and Practice in Interaction
Design, Lawrence Erlbaun, Mahwah 2006. Va segnalato inoltre il materiale disponibile gratuitamente
che si va raccogliendo sul sito web: www.interaction-design.org.
5

1. Interfacce ed estetica

stessa missione di intermediare tra uomo e macchina (e ambiente) rischierebbero di imbrigliarla e di far perdere di vista lenorme ricchezza delle sue manifestazioni e relazioni?
Troviamo tuttavia dei tentativi sintetici che si limitano a indicare delle direzioni,
come nel caso di Brad Myers in A Brief History of Human Computer Interaction
Technology19, orientato esplicitamente a mostrare come la ricerca nel campo dellHCI
non sia stata condotta quasi esclusivamente nei laboratori di grossi gruppi industriali
(Xerox PARC, Apple, Microsoft), come spesso sembra emergere dalla letteratura, ma
anche nelle universit, con finanziamenti pubblici, quasi in eguale misura. Paul Dourish invece suggerisce le possibilit di adottare il punto di vista tecnologico della storia
dei dispositivi di input e output, oppure quello politico (come le interfacce si sono evolute sulla base di ci che veniva richiesto ai gruppi di ricerca), e si concentra poi sugli
aspetti fenomenologici, che riguardano il come le interfacce sono state progettate per
impiegare diverse abilit e attitudini umane, proponendo una classificazione in quattro
fasi a partire dai primi computer (elettrica, simbolica, testuale, e grafica), e aggiungendo infine i nuovi approcci tangible e social su cui intende lavorare, e ai quali intende
raccordare la proposta di un modello teorico fondato sullembodied interaction20. Anche
la sua dunque una visione storica estremamente sintetica, finalizzata ad applicare allo
stato di fatto un nuovo modello teorico in grado di guidare chi si occupa di HCI.
Sembra comunque affacciarsi unaltra possibilit, che per la sua vastit non pu essere
esplorata a fondo in questa sede, ma di cui vale la pena tenere conto nellavvicinarsi
alla formulazione di un modello estetico, e che riemerger quindi spesso come un ulteriore strumento critico, come un angolo visuale diverso sulla stessa scena che ne pu
mostrare un risvolto diverso: la possibilit di allargare lorizzonte prendendo in considerazione la storia dellarte interattiva e delle teorie sui new media, a loro volta riviste
tramite il filtro delle proposte teoriche che stanno affiorando dal 2012 sullinterfaccia
non pi intesa come medium, grazie per esempio ad Alexander Galloway21 che mette
in discussione le teorie precedenti e propone linterfaccia come effetto, e alla tesi di

19.
Cfr. B.A. Myers, A Brief History of Human Computer Interaction Technology, ACM interactions.
vol. 5, n. 2, March 1998, pp. 44-54. Si veda anche A.H. Jrgensen, B. Myers, User Interface History,
in CHI 2008 Proceedings (Extended Abstracts), pp. 2415-2418.
20.
P. Dourish, Where The Action Is. The Foundations of Embodied Interaction, The MIT Press,
Cambridge 2001, pp. 5-23.
21.
A.R. Galloway, The Interface Effect, cit.
6

dottorato di Branden Hookway, discussa nel 2011 allUniversit di Princeton22, che


presenta linterfaccia come un meccanismo teorico che apparentemente si presta ad
essere impiegato come strumento critico, come una forma relazionale che non pu
escludere le dinamiche di soggettivazione in relazione ad aspetti politici e tecnologici,
e che si colloca proprio alla fine di un percorso tecnologico. Galloway dichiara di servirsi di un cocktail metodologico, di una lettura ravvicinata materiale e semiotica23,
che mira non a ricostruire linterfaccia, ma a identificarne la natura in una prospettiva
storica. Inizia col mostrare come linterfaccia a cui si pensa comunemente sia di solito
una superficie24, uno schermo attraverso il quale accedere a un mondo virtuale, sebbene
la prospettiva gi cambi se si pensa alla cibernetica o alla teoria dei sistemi25. bene
per mantenere la consapevolezza della (con)fusione che si ingenerata tra medium e
interfaccia a causa dellesasperazione della trasparenza di questultima26, che ha reso i
dispositivi pi intuitivi ma li ha anche naturalizzati, costruendo una simmetria27 tra
utente e computer che pu ingannare o perfino annichilire28. Il computer un medium diottrico radicalmente diverso da quelli che lhanno preceduto. Per McLuhan
e Kittler la techn soltanto substrato, i media sono definiti come esternalizzazione
delluomo negli oggetti: anche per questo siamo abituati a teorie dei medium che non
considerano la mediazione29, punto chiave dellinterfaccia. Lev Manovich30, riferendosi
prevalentemente al web e al mondo del software, secondo Galloway sembra non rendersene completamente conto. Del resto, Manovich impiega come sinonimi interfaccia e HCI, riducendo inoltre la prima a medium, e lestetica a una questione puramente
fenomenologica31. Il suo contributo comunque importante nella misura in cui mostra

22.
B. Hookway, Interface: A genealogy of mediation and control, cit. Questo lavoro citato da Galloway
nel suo libro come la migliore disamina dell storia e della teoria dellinterfaccia di cui sia a conoscenza
(p. 148, nota 1).
23.
A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 31.
24.
Si veda la definizione dal dizionario italiano in 1.1, nota 3.
25.
A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 18.
26.
Cfr. D.A. Norman, Il computer invisibile, Apogeo, Milano 2000 [1990].
27.
Cfr. sottocapitolo precedente, e nota 14.
28.
Cfr. A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 30.
29.
Ivi, p. 16.
30.
Cfr. L. Manovich, The Language of New Media, The MIT Press, Cambridge 2001.
31.
Cfr. F. Cramer, What Is Interface Aesthetics, or What Could It Be (Not)?, cit., pp. 119-120.
7

1. Interfacce ed estetica

le potenzialit poetiche delle tecnologie digitali e dei nuovi media, che risiedono nelle
stesse caratteristiche e princpi della tecnologia in questione, in modo analogo a quanto
predicava il modernismo32. Mentre ci che gli viene criticato, gi a partire da Mark B.
N. Hansen33, in primo luogo la natura cinematica del suo ragionamento, come se
limmobilit cinematografica fosse la condizione di default dellinterfaccia tra uomo
e computer34, a cui si aggiunge lenfasi su un puro formalismo slegato dai contesti
storico e sociale.
Finch non si adotta una prospettiva differente rispetto a quella dellartefatto usercentered forse non si pu capire perch i new media studies siano ancora cos legati
ai film studies: rimanendo nellorizzonte della fenomenologia si finisce per ripartire
inevitabilmente dal cinema, che fino a pochi decenni fa era ancora per molti il pi
fenomenologico dei medium35, come mostra chiaramente Chris Marker in The Owls
Legacy (1989), con gli spettatori prigionieri volontari nella sala buia allinterno della
quale vedono scorrere immagini proiettate da un punto a loro inaccessibile, e sulla
base di quelle si formano unidea del mondo, in analogia a quanto avveniva nel mito
platonico della caverna, ma con la differenza che qui le immagini sono pre-determinate
da altri individui, o da altre forze (le case di produzione, le grosse aziende, ). Nel
computer e negli artefatti interattivi invece lo scenario potrebbe essere capovolto, perch
generalmente non scompaiono36, sono percepiti nella loro oggettualit nel contesto
ecologico del quotidiano, modificano e aumentano la percezione dellambiente, invece
che separarci da esso costringendoci nella caverna platonica. Possono definire il nostro
essere soggetti (inter)attivi, anzich spettatori passivi.
Cosa pensano i designer dellimpiego di strumenti provenienti dalla filosofia per rispondere alle questioni della societ contemporanea, e per raccordare la conoscenza tecnicoscientifica con modelli dellessere umano e del mondo pi articolati e multidisciplinari?
Lwgren e Stolterman riprendono la classificazione degli studi sul design in quattro
generazioni proposta da Nigel Cross37, e articolata cronologicamente in management

32.
Cfr. A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 2.
33.
M.B.H. Hansen, New Philosophy for New Media, The MIT Press, Cambridge 2004.
34.
Cfr. A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 5.
35.
Ivi, p. 11.
36.
Fanno eccezione, per esempio, i videogame.
37.
N. Cross, Development in Design Methodology, John Wiley & sons, Chichester 1984.
8

del processo di design (anni 60), struttura dei problemi di design (anni 70), natura
dellattivit del design (anni 80), e filosofia dei metodi del design che ai suoi tempi
stava prendendo forma. possibile guardare a questa classificazione come a qualcosa
di utile anche per lambito dellinteraction design? Secondo Lwgren e Stolterman le
caratteristiche di queste generazioni sembrano suggerire una risposta affermativa, e
identificano lo stato dellarte degli studi sullinteraction design tra la terza e la quarta,
proponendo di contribuire specialmente a questultima38, con lo scopo di rendere il designer pi consapevole e responsabile. E questo anche lo scopo della presente ricerca,
che tenta di compiere un piccolo passo in una direzione che appare ancora nuova nel
contesto disciplinare.

1.3. Arte, design, e interaction design: percorsi interrotti


Prima di proseguire pu essere utile confrontare la situazione del design con quanto sta
accadendo negli ambiti dellarchitettura e delle arti, un tempo considerate sue parenti
strette, e chiedersi che relazioni intercorrano oggi tra essi, con in mente in particolare il
design dellinterazione. Le arti (arti visuali, musica, letteratura cinema, ...) pongono da
sempre questioni che la filosofia tenta di esplicitare, e allo stesso tempo si servono degli
strumenti elaborati da essa, oltre che da tutte quelle discipline (comprese chiaramente
quelle tecnico-scientifiche) in grado di produrre modelli teorici del presente: anche
per questo che larte interessa cos tanto ai filosofi di pressoch tutte le scuole e
orientamenti, perch gli artisti raccolgono, sintetizzano, elaborano e condensano spesso,
consapevolmente o inconsapevolmente, lo spirito del tempo. Un motivo per il quale il
contesto dellarte, il pi libero almeno a livello potenziale da condizionamenti legati
alla produzione e alla funzionalit, si appropriato di questioni progettuali tipiche del
design (nellarte interattiva, nellarte relazionale, nellarte che lavora sui vuoti normativi
della politica e del diritto internazionale), sta proprio nella sua intenzione di provocare
delle ricadute nelle dimensioni politica e sociale, non ultime quelle di suggerire strategie
rivoluzionarie al design (come nei casi di Liam Gillick, Andrea Zittel, Jorge Pardo) e di
rendere partecipi e consapevoli gli spettatori (come in Eliasson, che fa sempre in modo
che la sovrastruttura che rende possibile lartificio sia bene in vista).

38.
J. Lwgren, E. Stolterman, Thoughtful Interaction Design. A Design Perspective on Information
Technology, The MIT Press, Cambridge 2004, pp. 154-158.
9

1. Interfacce ed estetica

Chiedendosi cosa differenzi il design dallarte, Carmagnola risponde che


si tratta di due varianti della tchne, che solo la modernit ha disgiunto e che una volta erano unite
prima che il design esistesse, appunto. Unulteriore risposta suonerebbe allora cos: la differenza
consiste nel valore duso. Eppure qualcosa come la contemplazione di una perfezione si pu provare
anche rispetto a questi oggetti. E la contemplazione sfugge alluso39.

E se questo un paradosso del design, da parte sua larte stata confinata dal mercato
in contesti da addetti ai lavori con leccezione di alcune manifestazioni spontanee
per cui spetta invece al design il compito di intervenire nel diffondere le idee affinch
vengano recepite in modo capillare, sebbene si debba inevitabilmente scontrare con
le logiche del profitto e degli interessi politici. Il dibattito in corso sulle intersezioni
tra arte e design ancora sfaccettato e complesso, e non sembrano esserci per ora possibilit di mediazione condivise sul piano istituzionale, tanto sono diverse le posizioni
degli attori in gioco e la loro provenienza: basta leggere o sfogliare i non molti volumi
in circolazione sullargomento40 per farsi unidea di quanto sia frammentario il quadro.
Per esempio, linteresse nei confronti per larte di Paola Antonelli, designer e curatrice
del dipartimento di architettura e design al MoMA, dimostra un approccio che va nella
direzione inversa rispetto a quello di Alex Coles, critico e storico dellarte, nei confronti
del design: ciascuno dei due compie loperazione comunque legittima e proficua di partire da assunti che sono propri della disciplina dorigine, per impiegarli come strumenti
di analisi critica e di intervento in quella a cui sono approdati, ma i risultati sono per
certi versi opposti.
Larte interattiva e virtuale interessa particolarmente in questa sede, in quanto luogo
di sperimentazione dellinterazione che non stato eccessivamente condizionato da
logiche di profitto, e come occasione per le nuove tecnologie di riflettere su se stesse.
Anche larchitettura e lurbanistica stanno delegando sempre pi spesso ai livelli dazione
pi bassi e capillari, quelli dei piccoli studi e delle piccole opere, gli interventi che possono e dovrebbero portare cambiamento: secondo Hal Foster, a partire dagli anni 90
larchitettura col suo giro di affari e la speculazione si ritrovata al centro del dibattito

39.
F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., p. 18. Per Bruno Munari il design era
lintermediario, il medium per eccellenza tra arte vita.
40.
Si segnalano per ampiezza di vedute e autorevolezza degli interventi: AA.VV., AC|DC, Contemporary
Art, Contemporary Design (Symposium, Exhibition and Master Classes, 26-27.10.2007), Geneva
University of Art and Design, JRP Ringier, Geneva and Zurich 2008; e A. Coles (a cura di), Design
and Art, The MIT Press, Cambridge 2007 (questultimo mostra un cambiamento del punto di vista del
curatore rispetto ad A. Coles, DesignArt, Tate Publications, London 2005).
10

sul postmodernismo, ne stata risucchiata ed scesa a patti con le richieste del capitalismo, generando cos il fenomeno delle archistar (architetti famosi quanto pop star,
e lo studio di architettura come brand) ed espandendosi verso un design totale la cui
complessit per impossibile da gestire saggiamente. Foster si chiede se il soggetto
progettato, designed, che riconosce nel consumismo di oggi possa essere il figlio indesiderato del soggetto costruito del postmodernismo, ma lunica cosa che sembra chiara
che il design e larchitettura contemporanei alimentano un circolo quasi perfetto di
produzione e consumo41. Questa consapevolezza costante, che estremamente chiara
agli artisti e di cui gli architetti continuano spesso a servirsi piegandola alla costruzione
della propria immagine, sembra mancare almeno in parte al design, come mostra lo
scarso interesse di questultimo verso limpiego di modelli filosofici ed estetici contemporanei, se non a livello di mere suggestioni.
Il riposizionamento del soggetto, che viene trattato nel capitolo 3, pu contribuire a
ricomporre i percorsi interrotti e deviati di arte, design e architettura? Flix Guattari
propone di riconsiderare il ruolo estetico e culturale degli artefatti di uso quotidiano,
scardinando lidea delloggetto estetico come confinato entro il recinto autoreferenziale
dellarte prodotta dal sistema capitalistico:
solo tardivamente, nella storia dellOccidente, che larte si definita in quanto attivit specifica
connessa a una referenza assiologica particolare. La danza, la musica, lelaborazione di forme plastiche e di segni sul corpo, sugli oggetti e sul suolo, nelle societ arcaiche erano intimamente legate ai
momenti rituali e alle rappresentazioni religiose42.

Il suo il punto di vista di uno psicanalista filosofo che sperimenta nuove vie per
lavorare con i pazienti, riponendo grande attenzione nella societ contemporanea da
cui provengono:
la settorializzazione dei modi di valorizzazione talmente radicata nellapprensione cognitiva della
nostra epoca che ci difficile prescindere da essa quando tentiamo di decifrare le societ del passato.
Come immaginare, per esempio, il fatto che un principe rinascimentale non acquistasse opere darte
ma legasse alla propria persona dei maestri la cui notoriet ricadeva sul suo prestigio,

e ancora
non possiamo trattenerci dallestetizzare un episodio di arte rupestre che possiamo immaginare
avesse una portata essenzialmente tecnologica e culturale. Ogni lettura del passato quindi sovracodificata dai nostri riferimenti al presente43.

41.
H. Foster, A Little Dictionary of Received Ideas about Contemporary Design, Keynote Speech
in AC|DC, cit., p. 21.
42.
F. Guattari, Caosmosi, Costa & Nolan, Milano 2007 [1992], p. 106.
43.
Ivi, p. 107.
11

1. Interfacce ed estetica

Per Guattari i paradigmi della tecno-scienza odierna descrivono un mondo che esclude
gli aspetti soggettivi in relazione allambiente, con tutta la loro complessit, mentre
nellarte pu ancora avvenire il contrario, purch non sia quella istituzionalizzata; e la
filosofia ha il compito di descrivere questi meccanismi.
Si pu intanto cercare di abbozzare una nuova definizione di interfaccia alla luce di
quanto considerato finora, in una prospettiva estetica ecologica, prendendo spunto
da Hookway: linterfaccia, in quanto soglia, essa stessa unambiente, un piano di
immanenza44 dotato di una propria struttura spazio-temporale che detta i ritmi, le
forme e le regole in base alle quali linformazione passa tra gli elementi che connette e
separa allo stesso tempo45.

1.4. Verso una critica estetica dellinteraction design


Il contesto delineato finora fa capire da un lato che il design dellinterazione una disciplina recente ma gi matura, che vanta un trasferimento di idee pluridirezionale con gli
specialisti delle discipline tecnico-scientifiche, dal momento che la sua pervasivit e gli
interessi in gioco, specie quelli economici e scientifici, continuano a crescere grazie alla
diffusione di artefatti computazionali interattivi come personal computer, smartphone
e tablet, e di interfacce sempre pi intelligenti con capacit di calcolo sempre pi
rapide e sempre pi interattive, connesse a sensori e a sistemi di feedback incorporate
in oggetti dalle tradizioni pi antiche come apparecchi per la registrazione e la riproduzione di audiovisivi, elettrodomestici, automobili, biciclette, e cos via. Dallaltro
lato la disciplina, pur non avendo mai messo in discussione la sua propria valenza culturale, ha iniziato ad affermarla con chiarezza soltanto negli anni 9046, e solo in tempi
molto recenti ha iniziato a confrontarsi con settori provenienti dallambito umanistico
quali estetica e critica, fatte salve ovviamente le sue intersezioni con il sistema dellarte

44.
Cfr. Gilles Deleuze, Flix Guattari, Mille Piani. Capitalismo e Schizofrenia, Castelvecchi, Roma
2010 (III ed.) [1980].
45.
B. Hookway, Interface: A genealogy of mediation and control, cit., p. 6.
46.
Anker Helm Jrgensen, nella proposta per un paper intitolato From calculation to Culture: The
HCI landscape in a Historical Perspective (2002), fa risalire il momento in cui questa presa di coscienza
ha preso forma al libro di Steven Johnson Interface Culture. How New Technology Transforms The Way We
Create and Communicate, Basic Books, New York 1997.
12

che per, data la sua struttura, raramente ha contemplato la produzione in serie, e che
rimane un contesto in cui il destinatario un fruitore occasionale, chiamato magari a
riflettere sulle criticit della tecnologia con cui ha che fare, invece che un utente abituale, che per esempio necessita di operare sul suo smartphone e sul suo computer con
grande frequenza e per lungo tempo, e di mettersi in relazione con linformazione senza
distrazioni da parte dellinterfaccia stessa.
Inoltre, se lapproccio ecologico di matrice gibsoniana47 riconosciuto specialmente
in Norman e nella sua applicazione del concetto di affordance48 e quello estetico
pragmatista che continua a far riferimento a Dewey49 si occupano dellinterazione del
soggetto con lambiente tramite le interfacce, ci accade da una prospettiva eminentemente
fenomenologica che non contempla altre relazioni tra lindividuo50 e lambiente (per
esempio nelle sue forme di strutturazione sociale): poich i processi di soggettivazione
avvengono negli individui anche attraverso i medium e gli artefatti, si ritiene in questa sede
necessario tentare di applicare alle pi dibattute questioni dellestetica dellinterazione
i modelli sociologici, filosofici e psicanalitici che descrivono tali processi, allargando la
prospettiva ecologica al contesto del milieu, dellambiente inteso in senso pi ampio,
pre-soggettivo e pre-personale, guardando al soggetto dallesterno come a un individuo,
unentit che concorre insieme a tutte le altre, da quelle umane a quelle inorganiche, a
ridefinire continuamente lambiente stesso con cui interagisce. In Gibson e Dewey, e
quindi nei loro seguaci, la prospettiva antropocentrica, lambiente quello percepito
attraverso i sensi, il design user-centered; quello che si intende proporre non un
ribaltamento della prospettiva, ma un controcampo, una visione complementare nella
quale si possa provare a considerare lambiente nella sua complessit in una prospettiva
a-centrica (un-centered) o in alternativa con una molteplicit di centri, necessaria a
guardare criticamente al design come strumento che collabora alle sovrastrutture

47.
Cfr. J.J. Gibson, Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino, Bologna 1999 [1986]
e The theory of affordances, in R. Shaw, J. Bransford (a cura di), Perceiving, Acting, and Knowing:
Toward an Ecological Psychology, Lawrence Erlbaum, 1977, pp. 67 82.
48.
Cfr. D.A. Norman, La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, Giunti,
Firenze 1990 [1988], e Il computer invisibile, Apogeo, Milano 2000 [1990].
49.
Cfr. J. Dewey, Arte come esperienza, Aesthetica, Palermo 2007 (II ed.) [1934], e R. Shusterman,
Pragmatist Aesthetics. Living Beauty, Rethinking Art, Blackwell Publishers, Oxford 1992.
50.
Questa ricerca si interessa dei processi di soggettivazione; la ridefinizione del principio di
individuazione nel mondo contemporaneo, in particolare in relazione alla tecnica, ha iniziato in tempi
molto recenti a godere della dovuta considerazione, grazie specialmente al riconoscimento postumo del
lavoro di Gilbert Simondon.
13

1. Interfacce ed estetica

sociali, politiche, economiche, e a informare sia il designer, sia lutente. Ci sono altri
elementi che suggeriscono di interpretare il dilagare della realt virtuale e linteresse per
larte immersiva51 come sintomo e concausa di un parziale rigurgito antropocentrico;
se il modernismo aveva messo in discussione lillusione prospettica rinascimentale (ne
troviamo gli esempi pi consapevoli e raffinati in Duchamp, che infatti conosceva la
storia della rappresentazione occidentale come pochi suoi contemporanei) abbattendo,
occludendo o smascherando lillusoriet della finestra prospettica albertiana52, le nuove
tecnologie digitali hanno aperto possibilit di immersioni nel virtuale pi credibili che
mai, non necessitando pi di un osservatore statico monoculare ma coinvolgendo la
visione stereoscopica, il suono spazializzato e il tatto, e aggiungendo la componente
fondamentale dellinterazione con ambienti sintetici o misti, aumentati. Ecco che il
retinico, e i suoi omologhi sonoro53 e aptico, sono tornati pi forti di prima. Forzando
lanalogia, si potrebbe pensare alle sperimentazioni degli anni 60, 70 e 80 come a
un nuovo Rinascimento digitale, che riabilita via via la prospettiva perch si trova
a disporre di strumenti tecnici e per la rappresentazione che prima non esistevano; e
alla meraviglia degli ambienti virtuali degli anni 90 come al primo Barocco54, in cui
stordisce la sovrabbondanza di informazione sensibile che per trova come controparte
e complemento la speculazione cartesiana solipsista che si ripiega su se stessa, finisce per
considerare oggettivo il mondo virtuale del pensiero. necessaria la rappresentazione
prospettica per fare s che il mondo sintetico sia user-centered: i videogiochi pi avanzati
sono forme di soggettivazione che richiedono limmersione, per cui ecco anche l la
creazione di scenari virtuali ripresi in prospettiva, player-centered. Eppure un videogioco
richiede sempre lesecuzione di compiti, di task pi o meno precisi, esattamente come
nelle faccende da sbrigare nella vita e nel lavoro quotidiano55.

51.
Cfr., per esempio, O. Grau, Virtual Art: From Illusion to Immersion, The MIT Press, Cambridge
2003.
52.
Come in M. Duchamp (per esempio in Fresh Widow, 1920 e in tant donns, 1946-1966) e in R.
Magritte (per esempio ne La condition humaine, 1933).
53.
Duchamp non tralasci di estendere il suo percorso concettuale alla musica e al suono, con due
composizioni musicali aleatorie e un readymade sonoro. noto come amasse Satie e fosse scettico nei
confronti del perfezionismo maniacale di Varse, a proposito del quale disse: sono ancora forme: fare del
rumore come Mozart o fare del rumore come Varse, la stessa cosa (Conversazione con Otto Hahn, in
E. Grazioli (a cura di), Riga n.5: Marcel Duchamp, Marcos Y Marcos, Milano 1993, p. 55).
54.
Cfr. T. Murray, Digital Baroque. New Media Art and Cinematic Folds, University of Minnesota
Press, Minneapolis 2008, e G. Deleuze, La piega. Leibniz e il Barocco, Enaudi, Torino 1990 [1988].
55.
Cfr. A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., pp.39-45. Galloway sottolinea per come nelle
14

Esula dagli obiettivi di questa tesi il considerare le specificit dei videogame, ma interessa
in questa sede far notare en passant come per essi i meccanismi di soggettivazione siano
gi stati esplorati pi a fondo56 che per linteraction design, data la loro appartenenza
allindustria dellintrattenimento e dello spettacolo, che li pone quindi in continuit con
le questioni del cinema, come aveva mostrato David Cronenberg in Existenz (1999).
Si tratta di una ri-soggettivazione che fa perdere di vista, almeno momentaneamente,
il s-individuo in relazione allambiente pi ampio. Ecco perch lartista Char Davies57, nel suo ambiente virtuale immersivo Osmose (1995), proietta il fruitore, che si
trova in solitudine, in uno spazio virtuale strutturato per i primi minuti da una griglia
cartesiana, che serve come riferimento percettivo ed funzionale allorientamento e
che poi si dissolve, iniziando a lasciar fluttuare il soggetto in un ambiente virtuale che
unimitazione critica della natura (si passa da uno scenario oceanico a una foresta,
attraversando anche nuvole e paesaggi rocciosi in unosmosi fluida, senza soluzione di
continuit), sebbene esperita da una prospettiva innaturale. Linstallazione di Davies,
come quelle di molti suoi colleghi, appartiene al sistema dellarte e pu esercitare il
privilegio di essere indipendente dalla produzione di massa , pu permettersi di fare
della filosofia, di speculare sulla posizione del soggetto in relazione a questo nuovo
medium. Disembodiment e re-embodiment tendono a diventare sinonimi di de-soggettivazione e ri-soggettivazione. O, se si volesse tradurre in nozioni di ascendenza deleuziana, lindividuo si deterritorializza e riterritorializza, e questo avviene costantemente.
Ma forzare le analogie, estenderle a un intero sistema e voler trovare delle chiavi interpretative semplificando sarebbe fuorviante, occorre sempre fare un passo indietro e
riprendere le fila della visione dinsieme. Gli anni 90 vedono affermarsi in parallelo, o
a complemento, non soltanto estetiche relazionali58, in cui loggetto artistico diventa
interfacce dei videogame ci siano spesso due livelli sovrapposti, uno diegetico (che generalmente
anche prospettico) e uno non-diegetico (che lapparato info-grafico presente indipendentemente dalla
narrazione); egli individua in World of Warcraft (2004) un esempio particolarmente riuscito e innovativo
di questa combinazione. Si tratta potremmo aggiungere di una realt aumentata interna alla stessa
realt virtuale del gioco, che consente di vedere doppio nel doppio.
56.
Cfr., per esempio, N. Land, Fanged Noumena: Collected Writings 1987-2007, Urbanomic, Falmouth
2011, p. 456.
57.
anche co-fondatrice di Softimage. Lhardware di Osmose si compone di grafica (occhiali polarizzati
e schermo per la proiezione) e suono interattivi 3D, un HMD (Head-Mounted Display) e un sistema
di tracciamento del movimento che rileva inoltre in tempo reale le condizioni di equilibrio e il respiro
del fruitore. Il software stato compilato in buona parte da John Harrison di VR Software. Cfr. www.
immersence.com/osmose e O. Grau, Virtual Art: From Illusion to Immersion, cit., pp. 193-202.
58.
Cfr. N. Bourriaud, Estetica relazionale, Postmedia Books, Milano 2010 [1998].
15

1. Interfacce ed estetica

proprio il tessuto di relazioni e di scambi (conviviali, sociali, perfino economici59), ma


anche un ritorno del reale60 (anche nei suoi aspetti pi traumatici e abietti, come in
Mike Kelley), mentre la filosofia continentale inizia a mettere a fuoco modelli neomaterialisti e immanentisti che ripartono da Deleuze e Guattari proprio per tentare di
gettare una nuova luce sui cambiamenti in atto a livello globale (come in De Landa e
Massumi61).
Pu sembrare paradossale adottare strumenti provenienti da discipline umanistiche,
come la filosofia, per tentare di costruire modelli che guardino al di l di una prospettiva
soggettivistica e antropocentrica. Negli ultimi anni emersa con alcune pubblicazioni
che hanno avuto un certo rilievo larea di ricerca delle digital humanities, che tuttavia
ancora oggi una zona ambigua dove convivono studiosi che applicano metodologie
umanistiche per studiare oggetti digitali62, e altri che allinverso impiegano tecnologie
digitali per studiare oggetti umanistici, come quelli estetici63. Una locuzione che tende a
comprendere tutta questa gamma di sfumature quella di aesthetic computing, scelta da
Paul A. Fishwick come titolo della sua antologia di scritti sullapplicazione dellestetica
al calcolo digitale64, che divisa in quattro sezioni: Philosophy and Representation, Art
and Design, Mathematics and Computing (che fa riferimento alla seconda tendenza cui
si accennato poco fa a proposito delle digital humanities), e Interface and Interaction.
La sezione che pi ci interessa in questa sede lultima, perch come vedremo riguarda

59.
Jens Haaning realizza nel 1998 a Friburgo (Svizzera) Super Discount, trasformando il Fri-Art Center
in un supermercato in cui sono venduti prodotti importati dalla Francia, a prezzi inferiori del 35%
rispetto ai supermercati locali. Cfr. J. Haanning, Hello, My Name is Jens Haaning, Les Presses du Rel,
Djion 2003, pp. 8, 48-49.
60.
Cfr. H. Foster, Il ritorno del reale. Lavanguardia alla fine del Novecento, Postmedia Books, Milano
2006 [1996].
61.
Uno dei primi testi che propone unestetica immanentista del virtuale B. Massumi, Parables For
The Virtual. Movement, Affect, Sensation, Duke University Press, Durham & London 2002.
62.
Cfr. larticolo di K. Fitzpatrick The Humanities. Done Digitally, in The Chronicle of Higher
Education, 8 maggio 2011.
63.
Cfr. P.A. Fishwick (edited by), Aesthetic Computing, The MIT Press, Cambridge 2006. La terza
sezione (Mathematics and Computing, pp. 227-353) interamente dedicata ai tentativi compiuti nella
direzione di studiare e descrivere modelli di bellezza attraverso algoritmi e modelli di calcolo. A questo
proposito D.M. Berry parla di computational turn (cfr. The Computational Turn: Thinking about
Digital Humanities, in Culture Machine, vol. 12, 2011), per specificare che si tratta di un approccio che
impiega un trasferimento di conoscenza nel senso inverso rispetto a quello dellaesthetic turn di cui si
dar conto nel cap. 2.
64.
P.A. Fishwick (edited by), Aesthetic Computing, cit., p. 4.
16

da vicino laesthetic turn nellaccezione di Udsen e Jrgensen65, ove con svolta estetica
si intende la presa di coscienza degli artefatti computazionali e interattivi come portatori di valori culturali ed estetici. Traspare la volont di tessere un legame perduto tra
il significato, che si pensa comunemente come appartenente al mondo della cultura,
e lutile, tradizionalmente di dominio del mondo della tecnica66. Troviamo una sintesi
di cosa siano le digital humanities nei testi di Johanna Drucker67 che, provenendo dalla
critica darte, ha sentito la necessit di impiegare le metodologie che le erano familiari
allambito delle tecnologie digitali:
se lattivit delle digital humanities dovesse essere definita con un solo precetto, questo sarebbe il
requisito di disambiguare la rappresentazione della conoscenza in modo che possa operare entro i
codici della processualit computazionale68.

Il passo successivo di Drucker e del suo gruppo di ricerca stato quello di applicare le
conoscenze cos messe a punto alla pratica di speculative computing, usando il computer
per
creare provocazioni estetiche risultati visuali, verbali, testuali che fossero sorprendenti e imprevedibili. E cosa pi importante, si incorporata la soggettivit, base di qualsiasi rappresentazione
interpretativa ed espressiva, negli ambienti digitali69.

Ma per fare ci ha lavorato su progetti sperimentali e su modelli teorici e metodologici


che, come si capisce dalla citazione precedente, sono inflazionati e hanno gi mostrato
ampiamente i loro limiti, perch non guardano molto oltre a ci che ha prodotto il
dibattito sul post-modernismo70.

65.
L.E. Udsen, A.H. Jrgensen, The Aesthetic Turn: Unravelling recent aesthetic approaches to
human-computer interaction, in Digital Creativity, vol. 16, n. 4, 2005, pp. 205-216.
66.
A questo proposito, in relazione ai processi di soggettivazione, si veda M. Combes, Gilbert Simondon
and the Philosophy of the Transindividual, The MIT Press, Cambridge 2013 [1999], p. 58.
67.
Cfr. J. Drucker, Speclab. Digital Aesthetics and Projects in Speculative Computing, University of
Chicago, Press, Chicago 2009 e A. Burdick, J. Drucker, P. Lunenfeld, T. Presner, J. Schnapp, Digital
Humanities, The MIT Press, Cambridge 2012. Una definizione dal loro punto di vista si trova anche
nel sito web della UCLA: http://www.cdh.ucla.edu/about/what-is.html. C tuttavia una seconda
comunit scientifica che intende le digital humanities in senso estremamente pi ristretto, occupandosi
sostanzialmente di questioni relative al mondo delle Lettere alla luce degli strumenti digitali, cfr. S.
Ramsay, Reading Machines. Towards an Algorithmic Criticism, University of Illinois Press, Chicago 2011
(il testo pubblicato in una collana dedicata interamente alle digital humanities o humanities computing,
definita come larea di studi che si occupa di redefining basic principles about research and publication).
68.
J. Drucker, Speclab. Digital Aesthetics and Projects in Speculative Computing, cit., p. 5.
69.
Ivi, p. 19.
70.
Cfr. il Critical Design trattato nel cap. 2, e il cap. 3.
17

1. Interfacce ed estetica

Fig. 1.2, Johanna Drucker, tabella che mostra unelaborazione di coppie di concetti
contrapposti, comparando la prospettiva e le attitudini delle digital humanities
con quelle dello speculative computing (in Speclab. Digital Aesthetics and Projects in
Speculative Computing, 2009, p. 25).

Il paradosso cui si accennava si scioglie se si considera che proprio lestetica, in quanto


parte della filosofia, aspira a mantenere la funzione di osservatrice attiva sulluomo
e sul mondo, formulando ed esplicitando questioni che sono implicite, analizzando
le modalit di conoscenza sensibile e, guardando allapproccio ecologico che qui si
intende adottare, ridefinendo in base ad esse modelli teorici adeguati a rappresentare
le componenti in gioco su scale diverse. Carmagnola71 riassume con lucidit come la
teoria critica della scuola di Francoforte prima, e le analisi di Baudrillard poi abbiano
gettato le basi per allargare linteresse dellestetica e quello rivolto allestetica da parte
di altre discipline, come il design a un ambiente ecologico profondamente mutato,
e popolato da artefatti che non vengono pi scelti solo per la loro funzione, ma anche
per il loro valore simbolico, legato anche alla bellezza e alla sfera degli affetti. Tuttavia questi approcci teorici non sono serviti a far cambiare direzione al capitalismo n

71.
F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., pp. 131-141.
18

tantomeno a favorire il diffondersi di una consapevolezza dei suoi meccanismi su larga


scala, rimanendo relegati negli ambiti da cui provenivano, o al massimo rielaborati
criticamente dallautoreferenziale mercato dellarte, se non addirittura inglobati nelle
stesse strategie del profitto rivolte a formare nuovi soggetti consumatori72.
Ammesso che i tre possibili approcci riscontrabili anche nel mondo del design siano,
in sintesi, quelli di assecondare a-criticamente lo stato delle cose, di sradicarlo completamente (con strategie mirate che possono andare dal sovvertirlo allaccelerarne
levoluzione per anticiparne il collasso), e di favorire un atteggiamento critico nei suoi
confronti, in primis a partire dagli utenti-consumatori, evidente che specialmente
a questultimo che ci si guarda in questa sede, prendendo spunto dalla consapevolezza della sua necessit che da alcuni anni va prendendo forma anche nellambito
dellinteraction design, e che pu trarre giovamento da strumenti che possano connettere criticamente la disciplina non solo con comunit scientifica e con la tecnologia, ma
anche con la societ, la politica, i sistemi economici, i soggetti, gli individui, gli altri
artefatti, il mondo organico e la natura minerale, come si gi in parte insinuato e
come si chiarir nel capitolo 3.

72.
Secondo alcuni, da qualche tempo sta accadendo lo stesso anche con i modelli provenienti da
Deleuze e Guattari. Ad esempio, per iek le nozioni di rizoma e di corpo senza organi sarebbero
gi impiegate consapevolmente o meno dagli speculatori e dalle grosse societ per creare profitto,
servendo da modelli teorici utili per deviare i flussi di consumo, dato che consumatori e utenti per lo pi
ne sono invece ancora alloscuro. Cfr. S. iek, Organs Without Bodies: On Deleuze and Consequences,
Routledge, New York 2004; e K.X. Faucher, McDeleuze: Whats More Rhizomal than the Big Mac?,
in Deleuze Studies, vol. 4, 2010, pp. 42-59.
19

2. Lestetica ecologica secondo la comunit


dellinteraction design
In questo capitolo si propone una mappatura critica dello stato dellarte, riassumendo e
confrontando i modelli teorici a disposizione nellambito della comunit che si occupa
di interaction design: un punto di partenza indispensabile per iniziare a raccogliere
le questioni pi significative, al fine di aprire a nuove possibilit di implementazione.
Come si gi visto dal capitolo precedente, per fare chiarezza necessario classificare
le posizioni pi rappresentative e innovative tra quelle che hanno ricadute dirette nel
dominio dellestetica ecologica, circoscrivendo lambito dindagine a quello proprio
della disciplina dellinteraction design1.
Ciascuno degli approcci qui mappati ha il pregio di mostrare sia delle aperture verso
gli altri, sia molteplici intersezioni che si riflettono specialmente nella pratica: sebbene
le teorie a cui fanno riferimento siano spesso individuabili in modo inequivocabile, il
carattere trans- e multi-disciplinare consente di interpolarli tra loro e di impiegarne i
concetti fondamentali per rileggerli alla luce di ulteriori nuovi modelli, nonostante i
postulati e le strutture siano talvolta molto diversi. Questa apertura fa s che le diverse
posizioni riscontrabili allinterno della disciplina non siano sempre nettamente classificabili nelle categorie che si propongono in questo capitolo, il cui scopo quello
di rilevare i riferimenti teorici pi diffusi e influenti, descritti e discussi in relazione a
come vengono impiegati dalla comunit dellinteraction design. Si reso cos necessario
operare delle semplificazioni, facendo soltanto dei cenni agli approcci oggi meno maturi, meno radicati o che si allontanassero troppo dagli obiettivi di questa ricerca, non
essendo rilevanti ai fini di unindagine estetica ed ecologica. Per esempio, per questo
motivo che si scelto di non ritenere esemplare il comunque interessante modello
messo a punto da Denef, Oppermann e Keyson2, fondato sul metodo a pattern lan-

1. Non si considera quindi influente, per esempio, il fenomeno effimero della New Aesthetics dominato
dalla fascinazione per il glitch e per la bassa fedelt, che sottende genericamente le tendenze che si sono
sviluppate in seguito alla massificazione della cultura digitale, con gli strumenti messi a disposizione di
chiunque dai software pi diffusi (cfr. http://booktwo.org/notebook/sxaesthetic).
2. Cfr. S. Denef, R. Oppermann, D.V. Keyson, Designing for Social Configurations: Pattern
Languages to Inform the Design of Ubiquitous Computing, in International Journal of Design, vol. 5,
n. 3, 2011, pp. 49-65.
21

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

guage dellarchitetto Christopher Alexander3, che potremmo comunque collocare tra


lapproccio di Paul Dourish descritto in 2.1., specie per limpiego di metodologie di
analisi provenienti dalletnografia e dalla sociologia, e quello pragmatista descritto in
2.2.
Lordine che si scelto di adottare prende in considerazione, a grandi linee, la successione temporale che riguarda il diffondersi degli approcci teorici allestetica del design
dellinterazione, che coincide approssimativamente anche con il susseguirsi storico dei
modelli filosofici a cui tali approcci fanno riferimento, modelli che possono essere collocati allincirca tra la fine del XIX secolo e la fine del XX: da un interesse prevalentemente tecnico-scientifico si passati gradualmente ma rapidamente, a partire dalla
seconda met degli anni 90, a guardare alle problematiche umanistiche, e tra queste a
quelle estetiche, in una prospettiva ecologica che ha avuto bisogno di partire da questioni strettamente legate allesperienza, intesa come usabilit dapprima in senso funzionalista, per aprirsi poi a quelle che coinvolgono i sistemi sociali, politici ed economici.

2.1. Fenomenologia ed embodied interaction


Paul Dourish, che aveva lavorato per il dipartimento di ricerca e sviluppo di Apple e
dal 2000 continua le sue ricerche presso lUniversit della California di Irvine, stato
tra i primi, in tempi recenti, a individuare la necessit di nuovi modelli per unecologia
dellinteraction design, come si era gi accennato in 1.2. a proposito della prospettiva
storica sulla disciplina che ha adottato in funzione della sua proposta teorica. con
il libro Where The Action Is: The Foundations of Embodied Interaction (2001)4 che
mostra i primi passi per gettare lo sguardo oltre un approccio puramente cognitivista,
trasferendo saperi e metodologie dalla sociologia e dalletnografia, seppure riducendoli

3. Il modello teorico messo a punto da Alexander per larchitettura, e basato su una classificazione
delle questioni ricorrenti in pattern, ha influenzato anche la programmazione orientata agli oggetti in
ambito informatico. Cfr. soprattutto C. Alexander, A Pattern Language. Towns, Buildings, Construction,
Oxford University Press, New York 1977, in cui il linguaggio viene costruito sulla base di un lessico
formato da 253 pattern, analogamente a quanto avviene in una grammatica generativa. Questo modello
ha influenzato in parte anche gli studi di Lwgren e Stolterman, cfr. Thoughtful Interaction Design, cit.,
pp. 146-147.
4. The MIT Press, Cambridge 2001.
22

a una visione fenomenologica: uno dei suoi postulati fondamentali5 identifica infatti
nella tradizione della fenomenologia gli strumenti adeguati per spiegare lembodied
interaction nei contesti di tangible e social computing, oltre che per poter sviluppare
per essi nuove idee. Si tratta di un testo che ha valore fondativo e che funziona grazie
al rigore e alla chiarezza delle classificazioni che, nonostante le inevitabili rigidit e
parzialit che esse implicano, contribuiscono a formare una panoramica organizzata
sulla disciplina. Dopo il capitolo di introduzione storica di cui si gi detto, Dourish
prende in considerazione quelle che riconosce come le principali tendenze del design
dellinterazione contemporaneo, tra le quali lubiquitous computing6 (di cui torner a
scrivere pi estesamente dieci anni dopo in Divining a digital future7), limpiego di
desktop digitali, la realt virtuale e quella aumentata, e larea della tangible computing
(guardando specialmente alle ricerche del Tangible Media group al MIT). Questultima
gli interessa in quanto fonde il calcolo e il design fisico al fine di estendere linterazione
oltre il desktop8; con lobiettivo di coinvolgere il contesto sociale, nel capitolo successivo
descrive poi un modello per il social computing9, considerando il design dellinterazione
nel suo rapporto con lutente in un ecosistema allargato, servendosi delle osservazioni
sul campo proprie della sociologia, delletnografia e dellantropologia, e invitando
a spostare lattenzione dalle procedure alle pratiche. Cercando un minimo comun
denominatore che renda fruttuosa la relazione tra tangible e social computing, Dourish
formula lipotesi che esso si possa ritrovare nella nozione di embodiment, e che a sua
volta questa possa essere concettualizzata attraverso gli approcci fenomenologici che si
sono susseguiti da Husserl in poi, passando per Merleau-Ponty e infine riprendendo
lapproccio ecologico di Gibson (filtrato dallimpiego del concetto di affordance da
parte di Donald Norman10), e dunque in una prospettiva user-centered, che per in
quanto tale limita in parte lesplorazione dei contesti sociale e culturale in relazione ai
sistemi politico ed economico.

5. Ivi, p. 100.
6. Si tratta di un modello alternativo a quello del desktop, in cui linterazione si considera integrata negli
oggetti di uso quotidiano, e nelle attivit che ad essi sono correlate. Il termine stato introdotto da Mark
Weiser nel 1988.
7. P. Dourish, G. Bell, Divining a Digital Future. Mess and Mythology in Ubiquitous Computing, The
MIT Press, Cambridge 2011.
8. P. Dourish, Where the Action Is: The Foundations of Embodied Interaction, cit., p. 55.
9. Ivi, cap. 3, pp. 55-97.
10.
Ivi, cap. 4: la storia della fenomenologia descritta da Dourish si trova alle pp. 103-122.
23

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

Il cambiamento di paradigma che evidenzia Dourish riguarda il posizionamento della


funzione del significato, che per lintrospezione cartesiana era un fenomeno interno,
mentre per la fenomenologia connaturato al mondo di cui facciamo esperienza11,
analogamente a quanto avviene per le affordance. Il capitolo seguente del suo libro si
occupa proprio di questo, e di conseguenza descrive modelli (ontologici, intersoggettivi, dellintenzionalit, del funzionamento della rappresentazione tramite le metafore)
che, eludendo il problema della formazione della soggettivit, si fondano su teorie provenienti da periodi storici in cui linterazione con artefatti computazionali ancora non
esisteva, in cui le interfacce non erano trasparenti e le macchine non erano pervasive
n ubique come lo sono oggi, e in cui la natura stessa dei medium e del design era profondamente diversa. I framework teorici che presenta e gli esempi che riporta possono
comunque essere considerati nellinsieme una forma di interaction criticism, finalizzati
a descrivere situazioni di interazione tra uomo e computer, e vi si possono trovare
degli strumenti e dei princpi di grande utilit e oggi largamente condivisi, come per
esempio quello di considerare il computer come medium12. Nel libro che ha pubblicato con Genevieve Bell a distanza di dieci anni, Divining a digital future, lapproccio
rimasto sostanzialmente lo stesso: linteresse rivolto specialmente allubicomp come
oggetto socioculturale13, e cultura e societ sono considerate ancora in relazione a come
si costruiscono e si ritrovano significato e senso nellaccezione fenomenologica di
Merleau-Ponty nel mondo.
Nonostante il rigore metodologico nella complessit del lavoro trans-disciplinare affrontato, con il riconoscimento della necessit di guardare a un contesto pi ampio,
ormai chiaro dal capitolo precedente di questa tesi che si ritiene che lapproccio di
Dourish debba essere integrato dallapplicazione di modelli aggiornati. Il paragrafo
che Dorusih dedica allaffetto nel suo ultimo libro14, per esempio, mostra sia la solidit
che i limiti propri delle teorie pi diffuse nellHCI: esse collocano ancora laffetto tra
percezione e azione, rendendolo un fatto individuale, che s embodied e connesso
al mondo, ma visto sempre e soltanto dal punto di vista del soggetto. Per superare
tale limite Dourish propone un approccio etnografico alle emozioni, senza considerare
per che affetto e affordance sono intimamente legati in questa prospettiva, e con-

11.
Ivi, p. 127.
12.
Ivi, pp. 162-166.
13.
P. Dourish, G. Bell, Divining a Digital Future, cit., p. 46.
14.
Ivi, pp. 75-79.
24

tinuando di fatto la tradizione inaugurata da Norman. Inoltre, se la fenomenologia


afferisce allinterpretazione della posizione del soggetto in relazione agli artefatti, c
da aggiungere che le altre discipline (sociologia, etnografia, antropologia) sono ancora
considerate in una prospettiva strutturalista.
Si sostiene in questa sede la necessit di trasferire al mondo dellHCI una teoria complementare degli affetti, che sia sovra- e pre- personale, e di cui disponiamo gi a partire
dalle nozioni messe a punto da Deleuze e Guattari, in seguito affinate da Massumi e da
altri. Se vero che le modalit della percezione umana si modificano nel corso della
storia15, nellera del tardo capitalismo diventa sempre pi impellente la necessit di
guardare a queste modalit in un contesto che consideri tutti i meccanismi che le formano. Che lapproccio ecologico fenomenologico sia ancora quello pi diffuso alla
pari con quello pragmatista, di cui si dar conto a breve per chi si occupa di estetica
del design dellinterazione risulta evidente dalle numerose pubblicazioni che continuano a prendere a modelli teorici di riferimento quasi esclusivi quelli di Merleau-Ponty16
e di Gibson17, come nel caso degli articoli nelledizione speciale dellInternational Journal of Design dedicata allestetica dellinterazione18, e in altri testi dal carattere multidisciplinare come Digital Ground di McCullough19, che aspira a costruire una teoria per
il design dellinterazione nei contesti architettonico, urbanistico e ambientale in cui si
sottolinea s la necessit di andare verso una pratica della critica20, portando come
esempio le esperienze condotte ad Ivrea nel 2002, ma in cui i concetti fondanti ruotano
ancora attorno a quelli di embodiment e di affordance.

15.
Si tratta di unintuizione di Walter Benjamin ripresa da Sren Bro Pold in The Cybernetic Mentality
and Its Critics: Ubremorgen.com, in C.U. Andersen, S.B. Pold (a cura di), Interface Criticism. Aesthetics
Beyond Buttons, cit., p. 91.
16.
Cfr. soprattutto M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003 [1945].
17.
Cfr. J.J. Gibson, Un approccio ecologico alla percezione visiva, cit. Sullimpiego delle teorie psicologiche
di questultimo nellambito dellinteraction design si per andata formando una tradizione che in parte
le ha snaturate e fraintese.
18.
C. Hummels, K. Overbeeke (a cura di), International Journal of Design, special issue: Aesthetics
of Interaction, vol. 4, n. 2, 2010. Si vedano soprattutto leditoriale dei due curatori e M.C. Rozendaal,
H.N.J. Schifferstein, Pleasantness in Bodily Experience: A Phenomenological Enquiry, pp. 55-63.
19.
M. McCullough, Digital Ground. Architecture, Pervasive Computing, and Environmental Knowing,
The MIT Press, Cambridge 2004.
20.
Ivi, pp. 165-168.
25

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

2.2. Lapproccio pragmatista


I due principali testi di riferimento per coloro che hanno fondato sullestetica pragmatista il proprio approccio ecologico allinteraction design sono Art as Experience21 dello
statunitense John Dewey e Pragmatist Aesthetics del suo allievo Richard Shusterman22,
che ha contribuito ad ampliare il modello teorico di Dewey e ad applicarlo per esempio al contesto politico, seppure in una direzione diversa rispetto a quella della teoria
critica della scuola di Francoforte e in particolare rispetto a quella di Adorno che
Shusterman confessa di ammirare pur avendo finito per preferirgli Dewey per il suo
pragmatismo democratico23, non elitario.
Anche in Dewey, come in buona parte della fenomenologia, fondamentale la questione del significato nellesperienza estetica, che devessere organizzata e deve accadere
in determinate condizioni di immedesimazione e di consapevolezza, condizioni che
si possono delineare sotto forma di pattern e di struttura24; tra le modalit di interazione con lambiente assume particolare rilevanza quella dellespressione25, intesa letteralmente come spinta verso lesterno che segue un impulso. La critica esercitata
tramite il giudizio, e loggetto estetico pu essere sottoposto alla critica e al giudizio tramite lesperienza, la sua interazione con la sensibilit e la conoscenza del soggetto26. Il
pragmatismo di Dewey diventa per Shusterman la chiave per ripensare la filosofia non
pi come finalizzata a rappresentare concetti, quanto come attivamente coinvolta nel
formularli in modo tale che possano essere impiegati con profitto27, come avvenuto
nella comunit dellHCI. La proposta di Shusterman per una nuova disciplina che si
chiami somaesthetics28 dichiara esplicitamente fin dal nome prescelto che intende met-

21.
J. Dewey, Arte come esperienza, cit.
22.
R. Shusterman, Pragmatist Aesthetics. Living Beauty, Rethinking Art, Blackwell Publishers, Oxford
2000 (II ed.) [1992]. Shusterman identifica i germi dellapproccio pragmatista allestetica gi in Ralph
Waldo Emerson e in Alain LeRoy Locke, riconducendolo quindi implicitamente alle radici stesse della
cultura americana.
23.
Ivi, p. xvii.
24.
Ecco perch lapproccio di Denef, Oppermann e Keyson, citati in apertura del presente capitolo,
pu essere collocato a met strada tra quello di Dourish e quello pragmatista.
25.
J. Dewey, Arte come esperienza, cit., capp. 4 e 5.
26.
Ivi, cap. 13.
27.
R. Shusterman, Pragmatist Aesthetics (II ed.), cit., p. xv.
28.
Ivi, cap. 10.
26

tere al centro del suo pensiero estetico il corpo (soma) con lesperienza che esso implica,
superando la posizione della teoria critica (Adorno e Horkeimer) che, secondo lui,
vedeva nel culto per il corpo i germi del totalitarismo nazista prima e capitalista poi29, e
recuperando invece il significato fondativo di percezione sensoriale dellestetica.
Gli psicologi e i designer che hanno scelto di adottare questo approccio sono spesso
critici nei confronti della teoria delle affordance di Norman, considerata una riduzione
troppo semplicistica del significato che esse assumono nellecologia gisboniana, ma allo
stesso tempo partono spesso da presupposti affini, rimanendo Gibson un riferimento
importante anche per le applicazioni dellapproccio pragmatista.

2.2.1. La svolta pragmatista e il modello di Dewey


In Technology as Experience30 di John McCarthy e Peter Wright emergono le questioni
dei confini da adottare nel controllo dellartefatto durante la progettazione e della determinazione dellesperienza dellutente programmaticamente, lo si intende qui pi
come consumatore che come fruitore senza dimenticare che lazione e il significato
negli artefatti interattivi trovano la loro massima espressione nei casi in cui gli utenti riescano ad hackerare i dispositivi, o comunque a impiegarli per finalit diverse da quelle
per le quali erano stati progettati31. Lutente considerato come un attore sociale, al
quale vanno lasciati gradi di libert che una progettazione totale della user experience,
adottata come condizione ideale da molte aziende, non vorrebbe consentire32. A differenza di Dourish, per, i due autori individuano il framework teorico pi adatto a
fornire modelli e risposte alle loro questioni nel pragmatismo di Dewey e di Bakhtin33,
dei quali qui interessa specialmente la possibilit di considerare lesperienza estetica

29.
Ivi, pp. 273-274.
30.
J. McCarhy, P. Wright, Technology as Experience, The MIT Press, Cambridge 2004.
31.
Di questo si tratter pi estesamente nel cap. 3, per esempio in riferimento alla filosofia di Bernard
Stiegler.
32.
Ivi, p. 9.
33.
Gli autori considerano lapproccio di Bakhtin pragmatista, sebbene siano consapevoli che altri
abbiano trattato il suo lavoro come fenomenologico. Cfr. ibidem, p. 55.
27

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

come parte del quotidiano34, e dunque come ecologica35: riprendere e rivedere le teorie
del pragmatismo particolarmente utile per comprendere la tecnologia e il design36,
e a questo proposito proseguono lungo la linea indicata dalla svolta che aveva gi portato dal razionalismo alla pratica37, e che era iniziata con lapproccio fenomenologico
alla computer science, allintelligenza artificiale e al design ontologico38, proseguendo
poi con lintroduzione di metodologie etnografiche e con una certa attenzione alle
questioni politiche riscontrabile specialmente nel design scandinavo39. Dopo aver introdotto e riassunto le qualit dellapproccio pragmatista, esso viene impiegato per
analizzare lesperienza estetica, specie quella che riguarda linterazione con artefatti ad
alto contenuto tecnologico: quattro possibili percorsi da seguire sono quello sensuale
(legato allesperienza sensoriale), quello emozionale (e questi primi due caratterizzano
la formazione del significato dellesperienza), quello della composizione (relazione tra il
tutto e le parti), e quello spazio-temporale40. Infine, servendosi del linguaggio trasferito da Dewey, Bakhtin e Shusterman, questo nuovo approccio viene applicato dagli
autori a tre casi studio che riguardano unesperienza di shopping online (lacquisto di

34.
Ivi, p. ix.
35.
Pu essere utile considerare laggettivo ecologico impiegato in questa sede in analogia allormai
consolidata distinzione tra ascolto musicale e ascolto ecologico, ove il primo sottintende unattenzione
focalizzata verso la sorgente sonora, mentre il secondo riguarda lesperienza quotidiana (everyday
listening), e implica dunque unattenzione pi selettiva. Lassunto che sta alla base de Il paesaggio sonoro
di Murray Schafer (LIM/Ricordi, Lucca 1985 [1977]), un testo fondamentale per lestetica ecologica
della musica degli ultimi decenni, considerare il mondo come unimmensa composizione musicale.
Anche John Cage aveva utilizzato in pi occasioni il termine ecologia: Kyle Gann scrive a proposito
di 433 (1952) che la sua conseguenza principale fu quello di avere ragione sul fatto che la differenza
tra arte e non-arte semplicemente una questione percettiva, e che noi siamo in grado di controllare
il modo in cui organizziamo le nostre percezioni (cfr. No Such Thing as Silence. John Cages 433, Yale
University Press, New Haven & London 2011, p. 20). Come la sound art e il sound design si pongono a
met strada tra queste due condizioni, di fatto raccordandole e considerando le specificit di entrambe,
possiamo considerare linteraction design come informato sia dalle modalit di fruizione estetica nei
contesti designati dalle istituzioni artistiche (specie per le qualit immersive di tali modalit), sia da
quelle della vita quotidiana. Senza necessariamente voler forzare lesercizio dellarte al di fuori del museo,
abbattendo i confini tra arte e vita (come suggeriscono con sfumature diverse sia Dewey che Cage), si
propone qui di considerare il regime proprio dellestetica del design come ibrido.
36.
J. McCarhy, P. Wright, Technology as Experience, cit., p. 19.
37.
Il sottocapitolo Turn from Rationalism to Practice, in ibidem, pp. 24-28.
38.
Che gli autori identificano in particolare in quello di ascendenza heiddegheriana di Winograd e
Flores. Cfr. ibidem, pp. 28-34 e T. Winograd, F. Flores, Understanding Computers and Cognition: A New
Foundation for Design, Addison-Wesley, Menlo Park, California 1986.
39.
J. McCarhy, P. Wright, Technology as Experience, cit., pp. 37-39.
40.
Ivi, pp. 79-94.
28

vini dal sito di Virgin), il processo di familiarizzazione di un pilota con le procedure di


emergenza (che implica anche la costruzione di un nuovo s, sebbene questo tema resti
solo sullo sfondo e non venga definito nellanalisi condotta), e lesperienza del controllo
del sistema che gestisce gli spostamenti delle ambulanze per due centri ospedalieri di
diverse dimensioni.

2.2.2. Un framework fondato sullestetica pragmatista


Lestetica pragmatista ha prodotto negli ultimi anni dei casi studio e delle rielaborazioni
teoriche, specialmente alla Aarhus University e alla Eindhoven University of Technology, che hanno suscitato grande interesse da parte della comunit scientifica. Tra gli
esiti prodotti dalla Aarhus si pu citare per esempio il lavoro di Petersen e Iversen41, il
cui framework discende direttamente da Shusterman, considerando invece la posizione
di Norman troppo semplicistica e inattuale: partendo dalla distinzione tra estetica analitica (per la quale lestetica sarebbe soltanto un valore aggiunto dellartefatto) ed estetica pragmatica (lestetica riguarda lutilizzo, linterazione), e adottando un approccio
socio-culturale, anche loro tentano di riportare lestetica nel contesto in cui ritengono
accada linterazione, interpretandola come uno strumento, un quinto elemento, una
quinta possibile prospettiva da aggiungere alle quattro classificate da Bdker e Kammersgaard42.
A Eindhoven, Ross e Wensveen hanno ulteriormente implementato questo modello,
definendo uninterazione estetica come unesperienza interattiva che abbia un valore
pratico (di utilizzo, funzionale) e parimenti intrinseco, ovvero una dimensione sociale ed etica e una forma dinamica soddisfacente riconsiderando la nozione stessa
di forma in un contesto in movimento, legato alla temporalit dellesperienza coinvolgendo tutti gli aspetti dellessere umano, con un approccio olistico che deriva

41.
Cfr. M.G. Petersen, O.S. Iversen, P. G. Krogh, M. Ludvigsen, Aesthetic Interaction - A Pragmatists
Aesthetics of Interactive Systems, DIS 2004, Symposium on Designing Interactive Systems, August
2004, pp. 269-276; O.S. Iversen, M.G. Petersen, P. G. Krogh, G. Marianne, The Fifth Element.
Promoting The Perspective of Aesthetic Interaction, nei Proceedings of the Third Danish HCI Research
Symposium, Roskilde, Nov 2003; C.U. Andersen, S.B. Pold (a cura di), Interface Criticism. Aesthetics
Beyond Buttons, cit.
42.
Quelle che riguardano rispettivamente i punti di vista del sistema, dello strumento, del dialogo
con il partner considerando uomo e macchina come entit simmetriche e dialogiche e del medium.
29

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

in parte da Djadjadiningrat e Overbeeke43; hanno quindi integrato questi princpi


nellattivit progettuale, testando per esempio vari prototipi per una lampada da tavolo
dal comportamento dinamico ispirato a una ricerca condotta con dei danzatori, che
vuole innescare nellutente comportamenti virtuosi e che lo incoraggia a interagire con
lartefatto, per esempio avvicinandosi o allontanandosi o controllandone il funzionamento attraverso il contatto con la sua superficie, aumentata da sensori. Lartefatto
dunque considerato come intelligente, e sono previste diverse modalit di risposta
da parte della lampada, pi o meno simmetriche e basate su parametri, consentendo
per esempio di assecondare quella che viene rilevata come la necessit del momento
dellutente (Helpful) o innescando comportamenti creativi (parzialmente autonomi rispetto ai dati provenienti dai sensori), o ancora stimolando linterazione sociale.

Fig. 2.1, Philip R. Ross e Stephan Wensveen: in alto, sketch funzionante della
lampada composto di un vaso di vetro a cui sono applicati sensori di distanza e
sensibili al tocco, e led (a sinistra) e studio per la forma della lampada (a destra);
in basso, sequenza di diversi comportamenti del prototipo funzionante della lampada AEI nella modalit Helpful (in Designing Behavior in Interaction: Using
Aesthetic Experience as a Mechanism for Design, pp. 9 e 10).

43.
P.R. Ross, S. Wensveen, Designing Behavior in Interaction: Using Aesthetic Experience as a
Mechanism for Design, in International Journal of Design, vol. 4, n. 2 2010, pp. 3-13.
30

Fig. 2.2, Paul Locher, Kees Overbeeke e Stephan Wensveen, diagramma che illustra il framework dellesperienza estetica generata dallinterazione tra utente e
artefatto (in Aesthetic Interaction: A Framework, p. 72).

Locher, Overbeeke e Wensween (delluniversit di Eindhoven) sono partiti da questi


modelli, confrontati con quelli provenienti dalla tesi di dottorato di Wensveen44, per
costruire un framework in grado di rappresentare lesperienza estetica45, che secondo
loro non era ancora mai stato prodotto in modo adeguato nella comunit dellHCI:
in particolare, anche loro considerano insufficiente ed estremamente riduttivo il concetto di affordance cos come era stato impiegato da Norman46, suggerendo invece un
modello pi complesso orientato allazione ma comprendente feedforward e feedback
in movimento. Si presuppone che lesperienza estetica, anche in ambito ecologico, implichi un profondo coinvolgimento e un certo grado di consapevolezza, analogamente
almeno in parte a quanto avviene con la fruizione di unopera darte. Il framework
che ne risulta costituito da un flusso complesso di informazioni (di tipo funzionale,
aumentato e intrinseco) e di filtri, senza soluzione di continuit, tra utente e artefatto,

44.
S. Wensveen, A Tangibility Approach to Affective Interaction, tesi di dottorato, Febodruck 2005.
45.
P. Locher, K. Overbeeke, S. Wensveen, Aesthetic Interaction: A Framework, in Design Issues, vol.
26, n. 2, The MIT Press, Cambridge, Spring 2010, pp. 70-79.
46.
Cfr. T. Djajadiningrat, K. Overbeeke, S. Wensveen, But how, Donald, tell us how? On the creation
of meaning in interaction design through feedforward and inherent feedback, DIS 2002, ACM 2002,
e il precedente Augmenting Fun and Beauty: A Pamphlet, DARE 2000, Elsinore (Denmark) April
2000, pp. 131-134.
31

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

ove lo spazio dellinterazione rappresentato tra il contesto della persona (con la sua
struttura cognitiva) e quello dellartefatto (con le sue caratteristiche: forma, funzione,
ecc.)47.
Ci che risulta evidente, nonostante lutilit di questo modello e la sua innovativit,
che linterazione (oltre alla stessa interfaccia) considerata come un medium, e per di
pi deve favorire limmediatezza48: soltanto con i modelli deleuziani e post-deleuziani,
come quello di Galloway e altri cui si accennato nel capitolo precedente e che saranno
ripresi per esteso nel successivo, si iniziato a fornire punti di vista alternativi a questo,
che viene dato per scontato da quasi tutti gli approcci alla disciplina.

2.3. Il dibattito sul post-modernismo e il Critical design


Il critical design di Anthony Dunne e Fiona Raby un approccio al design dellinterazione
che ha preso forma nella seconda met degli anni 90 al Royal Collage of Art di Londra,
definendosi nella tesi di dottorato elaborata da Dunne sotto la supervisione di Gillian
Crampton Smith49, e influenzato in buona parte dal lavoro della fine degli anni
Ottanta di John Thackara, che allora era interessato agli aspetti sociali, culturali ed etici
del dibattito sul postmodernismo, aspetti di cui Dunne non ravvisava a sufficienza la
presenza nel contesto della letteratura e della pratica dellHCI. La prospettiva di stampo
postmodernista sulla cultura del tardo capitalismo, che si concretizza per esempio in un
para-funzionalismo che fa uso di concetti come quello di user-unfriendliness, ancora
oggi fortemente radicata nel lavoro di Dunne e Raby, ed in essa che si fondano il loro
atteggiamento critico e lesteso ambito dintersezione con la critica e la pratica artistica
degli anni 80 e 90. La continuit del critical design con le espressioni del design radicale
(Memphis, Alchymia, design primario, Archigram, ) evidente, specialmente per le
dimensioni politica e sociale, e per la fascinazione nei confronti di scenari futuri pi
o meno plausibili, ma sempre problematici; una parziale differenza sta invece nel suo
essere sempre e comunque user centered perfino quando la piacevolezza, la familiarit

47.
P. Locher, K. Overbeeke, S. Wensveen, Aesthetic Interaction: A Framework, cit.
48.
Ivi, p. 76.
49.
Cfr. A. Dunne, Hertzian Tales. Electronic Products, Aesthetic Experience, and Critical Design, The
MIT Press, Cambridge 2005 (seconda edizione; la prima edizione del 1999), p. xiii.
32

e la friendliness sono ribaltate , nel voler innescare il coinvolgimento dellutente pi


che proporre soluzioni astratte, e di conseguenza nellallontanarsi almeno in parte dalle
neo-avanguardie. Troviamo una definizione di cosa voglia essere il critical design tra le
Frequently Asked Questions del sito web di Dunne e Raby:
Il critical design fa uso di proposte speculative per il design al fine di mettere in discussione presupposti ristretti, preconcetti e certezze che riguardano il ruolo giocato dai prodotti nella vita di tutti i
giorni. Si tratta pi di unattitudine che altro, pi di una posizione che di un metodo. Ci sono molte
persone che fanno la stessa cosa e che non hanno mai sentito parlare di critical design, che hanno
un loro modo diverso di descrivere quello che fanno. Chiamarlo critical design semplicemente un
modo utile per rendere questa attivit pi visibile, e soggetta a discussione e dibattito50.

E ancora:
A cosa serve?
Principalmente a farci pensare. Ma anche ad aumentare la consapevolezza, a mettere in luce i preconcetti, a provocare lazione, a far scaturire un dibattito, e perfino ad intrattenere in un modo che si
potrebbe definire intellettuale, come accade con la letteratura o con il cinema51.

Oltre alla dimensione ecologica, a quella estetica e a quella critica, da questa definizione
emerge un ulteriore punto di contatto con i modelli che si andranno a discutere nel
terzo capitolo, nel voler superare lapproccio meramente tecnicistico, ergonomico e
semiotico. Come si diceva, la scintilla teorica proviene da Thackara, e in particolare
dal libro da lui curato Design After Modernism (1988)52 che ospita tra gli altri i punti
di vista dello stesso Thackara e di Marshall Berman, quelli di Kenneth Frampton e di
Christopher Alexander per larchitettura e lurbanistica, e poi quelli di Peter Fuller,
Franois Burkhardt 53, Claudia Don, dellimmancabile Jean Baudrillard, e nel versante
pi orientato alle nuove tecnologie, al software e al virtuale i saggi di Thierry Chaput,
Mike Cooley, Tom Mitchell e John Chris Jones. Di l a dieci anni questi approcci
mostreranno gi segnali di stanchezza, per continuano ancora oggi a mantenere aperte
alcune questioni frequentate dalla filosofia e dalla critica darte, e non secondarie anche

50.
http://www.dunneandraby.co.uk/content/bydandr/13/0
51.
Ibidem.
52.
J. Thackara (a cura di), Design After Modernism. Beyond the Object, Thames and Hudson, London
1988
53.
tra quelli a dichiarare pi esplicitamente il desiderio che il postmodernismo attecchisca presso
il mondo del design, perch dal suo punto di vista i designer non hanno ancora iniziato a riflettere
adeguatamente su cosa esprimono e su come lo esprimano, e a mettere in discussione criticamente il
loro lavoro al servizio delle grandi compagnie e del mercato. Si veda F. Burkhardt, Design and avantpostmodernism, in Ivi, p. 147.
33

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

per il design: ne troviamo una sintesi in unaltra importante antologia, curata da Hal
Foster e titolata programmaticamente The Anti-Aesthetic (1998)54, a cui a Baudrillard
e a Frampton si aggiungono per esempio la posizione neo-marxista pi disincanta di
Fredric Jameson, che avr un importante seguito e che ancora oggi continua ad essere
fruttuosa, e quella di Gregory Ulmer che parla di oggetto della post-critica, e di crisi
della rappresentazione.
a questo sistema teorico che sono ascrivibili i concetti provocatori di user-unfriendliness
(lestetica del post-optimal object non pu non ricercare luncanny, il perturbante,
che Dunne rilegge nel concetto di defamiliriarizzazione), di para-functionality
(lestraniamento funzionale come strategia di consapevolezza di come gli oggetti
elettronici condizionino il nostro comportamento: la critica al funzionalismo uno dei
principali tratti distintivi del postmodernismo in tutte le sue manifestazioni), e di real
fiction (il trasportare i meccanismi narrativi, per esempio letterari e cinematografici,
nellesperienza di tutti i giorni: sovvertendo luso di un oggetto e innescando affetti ed
emozioni, anche il coinvolgimento risulta amplificato). Se la categoria pi praticata in
assoluto nel mondo professionale quella del design affermativo, che cerca soluzioni ai
problemi conformandosi alle aspettative culturali, sociali, tecniche ed economiche55
e generando sempre nuovi prodotti, pi piccoli, pi veloci, differenti, migliori56, il
design critico si propone di trasferire le provocazioni, le sfide e le questioni proprie
dellarte nel mondo del consumo di massa, per dare loro finalmente senso compiuto.
Nella presentazione del loro lavoro Between Reality and the Impossible per la Biennale
di Saint Etienne del 201057, Dunne e Raby si chiedono cosa succeda quando ci si
trovi nelle condizioni di scindere il design dal mercato, e quando la tecnologia non
sia pi resa invitante e consumabile rapidamente, ma i designer impieghino invece
un linguaggio che ponga domande, diverta e provochi allo stesso tempo, e si dia degli
imperativi differenti.

54.
Hal Foster (a cura di), The Anti-Aesthetic. Essays on Postmodern Culture, The New Press, New York
1998.
55.
A. Dunne, F. Raby, Design Noir: The Secret Life of Electronic Objects, Birkhuser, Basel 2001, p. 58.
56.
Ibidem.
57.
Cfr. www.dunneandraby.co.uk/content/projects/560/0, e A. Dunne, F. Raby, Between Reality
and the Impossible, nel catalogo della mostra omonima per la Biennale di Cite Du Design del 2010,
pp.128-153.
34

Fig. 2.3, Anthony Dunne e Fiona Raby, tabella sintetica che mostra le opposte
attitudini del design critico rispetto a quello affermativo (nel catalogo di Between Reality and the Impossible alla Biennale del Design di St. Etienne del 2010,
p. 153).

Thackara affermava che il design non mai neutrale, unattivit pianificata che si
lega a commercio e politica, e analogamente Dunne e Raby sostengono che il design
sia sempre ideologico58, e che sia allora opportuno rendere manifesta lideologia che lo
informa (portando lutente-consumatore da una condizione di unthinking assimilation
a quella di informed appreciation).
Due presupposti che sembrano impliciti in questo approccio, e che pu essere utile
esplicitare guardando alla visione sul rapporto tra arte e filosofia di Deleuze e Guattari,
sono i seguenti: larte non soltanto qualcosa su cui fare della filosofia, ovvero un puro
esercizio intellettuale, bens di per se stessa una forma di pensiero, coniugato allattivit pratica. Analogamente, la teoria non mera rappresentazione del mondo, bens uno
strumento per condizionare gli interventi pratici su di esso. Buona parte degli artefatti
progettati e realizzati da Dunne e Raby non superano lo stadio del prototipo, e vengono esposti in contesti destinati allarte, o comunque allesercizio della critica e della
speculazione. C la consapevolezza del rischio di rimanere confinati in un contesto
elitario, escludendo di fatto la maggior parte dei consumatori/utenti dalla possibilit

58.
Cfr. A. Dunne, F. Raby, Design Noir: The Secret Life of Electronic Objects, cit., p. 58.
35

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

di accedere a questi strumenti riflessivi, suggerendo un approccio critico radicale che


per, esattamente come fa notare Carmagnola a proposito delle proposte di Baudrillard, rischia di rimanere cosa per pochi. Tuttavia non mancano i teorici e i designer
che dimostrano di aver subto linfluenza dei loro lavori, interpretando spesso in modi
nuovi, sia teorici che pratici, questa attitudine. Per esempio Bill Gaver ha proposto di
lavorare nella direzione di ampliare la possibile gamma di interpretazioni delluso degli
artefatti, mettendo in discussione il concetto di affordance a favore di unambiguit
che responsabilizzi lutente e lo faccia interagire con pi coinvolgimento, senza costringerlo a comportamenti e a modi duso predeterminati59. E Malcolm McCullough
ha dedicato alcune pagine del suo libro del 2004 allimportanza di una pratica critica
(cfr. il sottocapitolo Towards a Critical Practice60) nellambito del physical computing
e dellinterazione, proponendo strategie non molto diverse e in parte derivanti proprio
da qui.
Il motivo per il quale il critical design cos interessante in questa sede, nonostante i
suoi presupposti teorici risultino oggi datati, sta nel fatto che costituisce un approccio
critico sistematico applicato anche e soprattutto agli artefatti interattivi e ad alto contenuto tecnologico, e in particolare a quelli che fungono da interfaccia con una componente del nostro ecosistema a cui di solito non prestiamo attenzione: quella dello spazio hertziano, ovvero lo spazio permeato da onde elettromagnetiche di per s pressoch
impercettibili allessere umano, ma che attraverso opportuni interventi possono non
solo essere rappresentate (visualizzate, o ascoltate come nelle Electrical Walks61 di Christina Kubisch), ma anche impiegate per costruire narrazioni62, e per suscitare la consapevolezza della loro presenza in una condizione di realt aumentata. Buona parte di chi
effettua frequentemente acquisti online e desidera ricevere i prodotti il prima possibile
finisce per appassionarsi alle vicende della loro spedizione, specie se questa tracciabi-

59.
Cfr. W. Gaver, J. Beaver, S. Benford, Ambiguity as a Resource for Design, in Human Factors in
Computing Systems, CHI 2003 Proceedings, ACM, pp. 233-240 e soprattutto W. Gaver, P. Sengers,
Staying Open to Interpretation: Engaging Multiple Meanings in Design and Evaluation, in DIS 2006
Proceedings, ACM, pp. 1-10.
60.
M. McCullough, Digital Ground. Architecture, Pervasive Computing, and Environmental Knowing,
cit., pp. 165-168.
61.
Si tratta di passeggiate sonore, o Soundwalk, durante le quali il fruitore indossa delle cuffie che
contengono semplici sistemi a induzione elettromagnetica, trasformando i campi elettromagnetici
presenti nellambiente in suono.
62.
Cfr. i capp. 6 e 7 di A. Dunne, Hertzian Tales. Electronic Products, Aesthetic Experience, and Critical
Design, cit., pp. 101-145.
36

le e a maggior ragione se si verificano dei ritardi, con linevitabile senso di frustrazione


dovuto proprio allimpossibilit di interagire con questa narrazione rappresentazione
delle vicende di un pacco, inanimato e inorganico poich essa coinvolge lutente sul
piano affettivo: la necessit di telefonare a un operatore per ricevere chiarimenti pu essere percepita come unultima ratio63, che si svolge su un piano diverso rispetto a quello
della rappresentazione (seguita per esempio su un sito web), implicando lingresso di
un nuovo attore: loperatore allaltra parte del telefono.

Fig. 2.4, Anthony Dunne e Fiona Raby, Faraday Chair (1994-97). Si tratta di un
artefatto che ha il compito di fornire allutente uno spazio affettivo protetto dai
campi elettromagnetici di cui sono ricche le abitazioni, una sorta di spazio vuoto e
silenzioso. La distanza che viene suscitata nel fruitore dallapparente inusabilit
innesca lesercizio critico, portando alla riflessione e a una forma di consapevolezza
sulla relazione delluomo con la presenza di forze impercettibili nellambiente in
cui vive.

Il libro del 2001 Design Noir64 e i lavori pi recenti di Dunne e Raby hanno ulteriormente ampliato il lessico e la grammatica del loro approccio allinteraction design, oltre
che il catalogo di idee, concetti, tipologie di utenti, e proposte di artefatti critici, sempre pi orientati a immaginare il futuro in relazione allambiente, agli altri esseri viventi
e agli altri esseri umani. Analogamente al cinema e alla letteratura, mostrano come si
possa lavorare su concetti di genere: cos il noir proposto come un genere a tutti gli

63.
A questo contribuisce il fatto che la maggior parte dei numeri telefonici dei corrieri espressi sono
a pagamento.
64.
A. Dunne, F. Raby, Design Noir: The Secret Life of Electronic Objects, cit.
37

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

effetti per il design, e in questo contesto fondato su uno strutturalismo ancora vicino
allesistenzialismo65 e sulla dimensione psicologica dellesperienza, che gli artefatti elettronici possono espandere e aumentare, mettere in scena e drammatizzare66.
Se il critical design nella sua forma attuale ancora strettamente apparentato al periodo
maturo del dibattito sul post-modernismo, quello dellanti-estetica, allora al tempo del
neo-materialismo, dopo che il simulacro divenuto clich, forse giunto il momento di
ripensare le strategie di rivoluzione di un design critico, sulla base del riposizionamento
del soggetto in un contesto ambientale pi ampio.

2.4. Estetica dellinteraction design come disciplina?


Alla luce degli approcci descritti fino ad ora, scelti come campioni significativi di un
panorama pi ampio, c chi ha iniziato a lavorare nella direzione di trovare un minimo
comun denominatore, contribuendo alla configurazione di quella che per alcuni gi
una nuova disciplina. Gli approcci descritti di seguito costituiscono probabilmente i
primi tentativi di mappatura sistematica dei concetti chiave allo scopo di disporre di un
lessico finalizzato alla diffusione di una conoscenza condivisa, e di prendere atto che la
quantit e la qualit dei diversi modelli teorici sono sintomatiche di una svolta estetica
che la comunit dellHCI non pu non tenere in considerazione, come appare evidente
guardano ai programmi dei principali convegni a livello internazionale, e dunque non
pi soltanto in ambito scandinavo.
2.4.1. Un vocabolario condiviso
opportuno menzionare il contributo di Jonas Lwgren67 tra quelli che hanno impiegato pi di frequente la nozione di estetica e che si sono adoperati per una sua arti-

65.
In questa sede si fa notare solo incidentalmente lapparentamento tra esistenzialismo e fenomenologia.
La vicinanza alla critica strutturalista dellapproccio di Dunne e Raby suggerita gi in prima istanza dal
loro impiego dei concetti di genere e di narrazione.
66.
Ivi, pp. 46-47.
67.
Attualmente docente di interaction design presso luniversit di Malm, in Svezia. La sua attivit
per stata spesso condivisa non soltanto con colleghi dellEuropa del Nord, ma anche del mondo
anglosassone, come nel gi citato caso del libro scritto a quattro mani con Erik Stolterman (attualmente
presso la School of Informatics presso lIndiana University, dopo aver conseguito il dottorato ad Ume,
in Svezia).
38

colazione coerente e applicabile nel contesto dellHCI, in numerose pubblicazioni che


ha redatto da solo o insieme ad altri autori (alcuni dei quali gi citati nelle pagine precedenti). Nella sua visione, il design dellinterazione si deve occupare proprio di dare
forma ai materiali digitali secondo criteri estetici, in modo che contribuiscano alle dimensioni emozionale e affettiva68. La prospettiva che si affacciava a partire dal suo libro
con Stolterman69 contemplava gi quella che sarebbe andata formando uno dei risultati
pi preziosi del suo lavoro teorico, ovvero una raccolta di parametri e di concetti utili
per orientare tanto il processo del design quanto lesercizio della critica, indispensabile
per valutare il progetto e i prototipi70. A distanza di due anni, nel capitolo pubblicato
nellantologia Aesthetic Computing (2006)71, questa sua articolazione della conoscenza
riguardo alle buone pratiche per lestetica dellinterazione prende forma e si concretizza
in una proposta di classificazione in 19 use qualities72 desunte da osservazioni teoriche,
dalla sua pratica di designer, e dallo studio degli artefatti prodotti dai suoi colleghi.
Queste 19 qualit sono a loro volta raggruppate in 5 cluster:
- Qualit che hanno a che fare con aspetti motivazionali: anticipazione (anticipation,
legata a forme di interazione che presuppongono uno sviluppo narrativo), giocabilit
(playability, insieme di caratteristiche che invitano lutente ad appassionarsi allinterazione), seduttivit (seductivity, che implica lattirare lattenzione e il soddisfare poi le
aspettative dellutente), e rilevanza e utilit (relevance e usefulness, fondamentali negli
strumenti di lavoro, ma che rivestono un ruolo minore nel caso dellintrattenimento).
- Qualit che riguardano linterazione di per se stessa, e le superfici con cui gli artefatti
si offrono alla percezione e allinterazione: fluidit (fluency, che riguarda soprattutto
la transizione tra condizioni e stati diversi di uninterfaccia), grado di autonomia
(autonomy: considerando i due estremi, un artefatto digitale pu non solo agire automaticamente, ma anche essere percepito come attore autonomo, dotato di propria
intelligenza, o pu viceversa essere una mera estensione del corpo e della volont
dellutente, totalmente sottomesso al suo controllo), immersivit (immersivity, para-

68.
Cfr. per esempio il suo capitolo Articulating the Use Qualities of Digital Designs in P.A. Fishwick
(a cura di), Aesthetic Computing, cit., pp. 383-403.
69.
J. Lwgren, E. Stolterman, Thoughtful Interaction Design. A Design Perspective on Information
Technology, cit. Cfr. la sezione 1.2. della presente tesi.
70.
Ivi, cap. 5, The Product and Its Use Qualities: quelli che diventeranno dei proto-parametri, o dei
concetti in grado di caratterizzare le qualit estetiche dellinterazione, sono qui identificati come qualit.
71.
P.A. Fishwick (edited by), Aesthetic Computing, cit., pp. 383-403.
72.
Ivi, pp. 383-384.
39

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

metro relativo al coinvolgimento sensoriale nello svolgimento di un compito o nel


corso di unesperienza, che pu implicare o meno forme di disembodiment, ovvero
di distacco percettivo e fenomenico dal mondo materiale circostante), e malleabilit
(pliability73, ovvero la possibilit di uninterfaccia di essere usata generando feedback
e riposte analogamente a quanto avviene quando si manipola un materiale plastico, in opposizione a una reazione rigida). Questultimo concetto, o qualit, ricorre
spesso nel lavoro di Lwgren74, essendo quello a cui ha dedicato pi attenzione e che
ha impiegato pi spesso nella sua attivit progettuale e di ricerca, cercando di superare limpressione di rigidit spesso connaturata alle interfacce digitali dei decenni
precedenti. Per Lwgren si tratta di una qualit importante specialmente in quei
progetti di interaction design che hanno a che fare con la gestione e la classificazione
di grandi quantit di informazioni. un esempio di questo suo interesse il progetto
Sens-A-Patch (2001)75, finalizzato a rendere chi visitava un sito web pi interessato ad
esplorare i contenuti di un menu, per esempio animandoli allo scorrere del puntatore
(pratica oggi estremamente diffusa).

Fig. 2.5, Jonas Lwgren, Sens-A-Patch, diagramma concettuale del suo funzionamento (a sinistra) e suo impiego nellapplicazione Slidespace per la gestione e la
presentazione di materiali durante una presentazione (a destra): si nota lanimazione delle voci che emergono dal fondo quando sono avvicinate dal puntatore.

- Qualit legate alle azioni e alle loro conseguenze sui vari livelli sociali: identit (iden-

73.
Questo termine stato scelto in seguito allattivit del Pliant research group (www.pliant.org)
iniziata nel 1995 nel contesto delle ricerche condotte da Apple, che tra gli altri comprendeva anche Paul
Dourish. Cfr. ibidem, p. 384.
74.
Cfr. J. Lwgren, Pliability as an experiential quality: Exploring the aesthetics of interaction design,
in Artifact 1 (2) 2007, pp. 8595.
75.
Ivi, pp. 392-393.
40

tity: anche gli artefatti interattivi ad alto contenuto tecnologico possiedono qualit
simboliche, che caratterizzano sia lartefatto stesso come i rivoluzionari iMac colorati, dice Lwgren sia chi lo possiede), flessibilit (flexibility, che riguarda la possibilit da parte degli utenti di adattare uno strumento alle proprie esigenze, trasformandolo in qualcosa nuovo, come accade con i fogli di calcolo), connettivit sociale
(social connectedness, che contiene tutte le accezioni dellessere in contatto in modo
significativo sul piano personale: nel testo76 si fa lesempio degli SMS o degli squilli
che gli adolescenti si scambiavano per esprimere vicinanza, mentre oggi gli esempi
pi lampanti sono costituti dai social network e dai dispositivi per la telepresenza), e
rappresentabilit sociale (social actability, intesa come il luogo di possibili azioni ed
eventi, in cui tra i fattori entrano in gioco anche gli artefatti digitali; i confini di questa categoria sembrano particolarmente sfumati, ma si tratta di un concetto che pone
implicitamente questioni interessanti, che saranno riprese nel prossimo capitolo).
- Qualit che mediano qualit che sono strutturali agli ideali dellingegnerizzazione,
riflesse in qualit duso: efficienza (efficiency, che riguarda lo svolgimento di un compito: lefficienza implica di solito che il compito venga svolto velocemente e senza
errori), trasparenza (transparency, qualit legata allefficienza), ed eleganza tecnica
(technical elegance, sintesi di potenzialit e semplicit; nella programmazione questo
si traduce generalmente in una struttura chiara composta di elementi che vengano
eseguiti rapidamente; dal punto di vista dellutente si usa spesso il termine vago, e in
buona parte slegato dalle sue origini, di minimalismo).
- Qualit relative alla costruzione del significato per lutente in relazione a una configurazione digitale (si tratta di qualit almeno parzialmente opposte a quelle del punto
precedente, e quindi da considerare come termini ad esse complementari, qualora venissero impiegate come parametri critici): ambiguit (ambiguity, pu implementare
il coinvolgimento ma in opposizione allefficienza, e di solito si ottiene rinunciando
alla trasparenza e costringendo lutente a partecipare, a divenire consapevole di meccanismi con cui inizialmente non ha familiarit77), sorpresa (surprise, sfida i preconcetti e dunque si insinua tra la naturale correlazione causa-effetto), e parafunzionalit
(parafunctionality, per la quale si rimanda al sottocapitolo 2.3).
Cercando esempi adeguati per applicare limpiego di questi parametri, Lwgren fa

76.
Ivi, p. 394.
77. Cfr. W. Gaver, J. Beaver, S. Benford, Ambiguity as a Resource for Design, in Human Factors in
Computing Systems, CHI 2003 Proceedings, ACM, pp. 233-240. Gaver classifica tre tipi di ambiguit:
dellinformazione, del contesto, e relazionale.
41

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

spesso riferimento al mondo dellarte interattiva e virtuale, del software, dei siti web, e
di alcuni artefatti, mostrando convincentemente come abbattere le barriere tra arte e
design possa contribuire alla ricerca, per lo meno in questambito. Quali sono i principali ambiti di applicazione di queste qualit? Lwgren ne indica tre: la loro nomenclatura contribuisce a formare il vocabolario impiegato dai designer per comunicare nelle
fasi preliminari del progetto; possono essere usate per la comunicazione tra i designer
e le altre figure professionali coinvolte nel processo di progettazione e produzione;
contribuiscono allevoluzione della conoscenza nellambito dellinteraction design78.
Lwgren non intende questa classificazione come definitiva, bens come un tassello che
contribuisce alla buona pratica del design. Tre anni dopo, per esempio, per articolare
unestetica dellinteraction design ridurr i parametri a quattro, concentrandosi sulla
natura temporale dellestetica dellinterazione, ci che dal suo punto di vista distingue
lesperienza interattiva dalla semplice apparenza di un artefatto79: malleabilit (la gi
nota pliability), ritmo (rhythm), struttura narrativa (dramaturgical structure), e fluidit
(di nuovo, la fluency).
Limpiego di parametri qualitativi si va diffondendo anche nel contesto di approcci
dai contorni pi definiti; Youn-Kyung Lim del KAIST80 e i suoi collaboratori, per
esempio, si collocano in un contesto pragmatista (citando Shusterman) e identificano
come attributi la concomitanza di eventi (che variano da concomitanti a sequenziali),
la continuit (da discreti a continui), la prevedibilit (da imprevedibile a prevedibile),
e cos via81. opportuno far notare come invece la classificazione proposta da Lwgren
per le sue qualit-parametri cerchi di tenere in considerazione approcci diversi, attraversandoli e insieme fondendoli. I concetti da lui messi a punto sono utili nel contesto
di questa tesi come strumenti critici, per cui non si esclude che possano essere applicati
anche in altri ambiti rispetto ai tre da lui indicati, come quello di unattivit critica i cui
risultati possano essere rivolti anche ai consumatori, e dunque agli utenti finali.

78.
P.A. Fishwick (a cura di), Aesthetic Computing, cit., pp. 399-400.
79.
J. Lwgren, Towards an Articulation of Interaction Aesthetics, in The New Review of Hypermedia
and Multimedia (June 16, 2009, manuscript).
80.
Attualmente insegna al KAIST nella Corea del Sud, ma si formata allIIT di Chicago.
81.
Cfr. Y.K. Lim, S.S. Lee, D.J. Kim, Interactivity Attributes for Expression-oriented Interaction
Design, in International Journal of Design, vol. 5, n. 3, 2011, pp. 113-128.
42

2.4.2. LAesthetic turn: una mappatura


Una mappatura degli approcci allestetica del design dellinterazione precedente a
quella che si sta proponendo in questa sede, e probabilmente la prima del suo genere,
appare nellarticolo su Digital Creativity di Udsen e del gi citato Jrgensen82, intitolato The Aesthetic Turn: Unravelling recent aesthetic approaches to human-computer
interaction (2005)83. Il titolo fa pensare a un radicale cambiamento di paradigma,
anticipando di poco la svolta semantica di Krippendorff84, che propone invece un
modello di design human-centered basato sulla costruzione del significato in una visione olistica85. Tuttavia ci a cui alludono i due autori , pi semplicemente, la presa di
coscienza di unevidente tendenza che negli ultimi anni si dovuta confrontare con la
letteratura proveniente da discipline che hanno profondamente condizionato (e che
sono state condizionate da) concetti come quelli di usabilit e interazione. Il corpus letterario che si andato accumulando sullestetica dellinterazione ne restituisce tuttoggi
unidea confusa, che Udsen e Jrgensen hanno per iniziato a dipanare partendo da
una classificazione degli approcci esistenti in quattro tendenze (trend) nellambito
della ricerca sullestetica dellinterazione nella comunit dellHCI: approccio culturale
(cultural approach, interessato alle qualit critiche e riflessive degli artefatti), approccio
funzionalista (functionalist approach, che riguarda lusabilit e che si basa in buona parte
sul mantra di Norman 86, secondo cui le cose attraenti funzionano meglio), approccio
basato sullesperienza (experience-based approach, che guarda allinfluenza degli artefatti
e loro significato sulla vita degli utenti87), e approccio tecno-futurista (techno-futurist

82.
Cfr. 1.2.
83.
L.E.Udsen, A.H. Jrgensen, The Aesthetic Turn: Unravelling recent aesthetic approaches to
human-computer interaction, in Digital Creativity, vol. 16, n. 4, 2005, pp. 205-216.
84.
K. Krippendorff, The Semantic Turn. A New Foundation for Design, Taylor & Francis, Boca Raton
(FL) 2006.
85.
E rifacendosi quindi tra gli altri a Varela, a Gibson, a Witggenstein, motivo per il quale in questa
sede si pu considerare il suo approccio come fondato su presupposti non distanti da quelli trattati in
2.1. e 2.2.
86.
L.E. Udsen, A.H. Jrgensen, The Aesthetic Turn: Unravelling recent aesthetic approaches to
human-computer interaction, cit., p. 209.
87.
Come risulta dai sottocapitoli precedenti, questa categoria potrebbe inglobare anche buona parte
delle altre, poich come si visto i fondamenti teorici di buona parte della disciplina stanno in modelli
fenomenologici e pragmatisti, e laccento sullesperienza comunque fondamentale per tutti. Gli autori,
infatti, collocano in questa terza voce anche lapproccio critico di Dunne e Raby.
43

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

approach, che riflette su come gli esseri umani facciano esperienza degli ambienti in cui
vivono, mano a mano che la loro progettazione investe sempre di pi la tecnologia88:
si tratta di quello dai confini pi labili, ma tra gli esempi si pu riportare il lavoro
del Tangible Media Group coordinato da Hiroshi Ishii, che cerca nuove dimensioni
estetiche per esempio nella rappresentazione dei dati, nei Tangible Bits e di recente nei
Radical Atoms89).

Fig. 2.6, Lars Erik Udsen, Anker Helms Jrgensen, tabella sintetica dei quattro
approcci estetici allinteraction design (in The Aesthetic Turn: Unravelling recent
aesthetic approaches to human-computer interaction, 2005, p. 206).

Come per Lwgren, anche per Udsen e Jrgensen gli standard quantitativi e sperimentali impiegati dallHCI non sono sufficienti a descrivere e a valorizzare gli aspetti culturali degli artefatti interattivi90, essendo quelli qualitativi a renderli significativi nelle
vite delle persone. La ragione per cui azzardato parlare di un cambiamento di paradigma91 risiede nel fatto che concetti come quelli di bellezza e piacevolezza sono connaturati al design fin dallantichit. Gli autori fanno per notare che se per Baumgarten
lestetica esisteva a priori, come lo studio dellesperienza del mondo attraverso i sensi, e
Kant ha poi posto al centro il soggetto con le sue facolt di giudizio e le sue emozioni,

88.
Ivi, p. 211.
89.
Cfr. http://tangible.media.mit.edu
90.
L.E. Udsen, A.H. Jrgensen, The Aesthetic Turn: Unravelling recent aesthetic approaches to
human-computer interaction, cit., p. 205.
91.
O almeno non un cambiamento completo; cfr. ibidem, p. 212.
44

abbandonando lidea di unestetica a propri (questo passaggio sar trattato per esteso
in 3.1.1.), lera digitale ha visto infine fiorire una grande variet di posizioni differenti
sullinterpretazione della correlazione tra oggetto estetico ed esperienza estetica, il che
ha portato a unimmagine sfocata del settore92.
Per quanto la loro classificazione costituisca un passo significativo, i due autori dimenticano di mettere in luce proprio alcuni cambiamenti di paradigma che riguardano gli
studi sullestetica contemporanei: come si gi detto, lera del tardo capitalismo stata
segnata dallanti-estetica come adeguata forma di rappresentazione e allo stesso tempo
come strumento critico nei confronti dei sistemi di produzione (degli artefatti, dei
servizi, dellarte, della cultura, ), in cui linterlocutore del produttore (o del designer)
era un utente trasformato in consumatore, com descritto nei testi di Baudrillard93. Si
vedr nel capitolo 3 come, specialmente dopo i modelli messi a punto da Deleuze e
Guattari, e grazie anche ai raccordi disciplinari con psicologia cognitiva, ergonomia,
informatica e sociologia, il concetto stesso di estetica sia ulteriormente mutato allo scemare della centralit del soggetto stesso, oggi tendenzialmente considerato dalle nuove
posizioni estetiche come parte di un sistema complesso (lambiente, o milieu) con il
quale interagisce continuamente e nel quale attraversa diversi territori, adeguandosi di
volta in volta a ciascuno.

2.5. Verso una critica dellinteraction design


Tra le direzioni verso le quali possono convergere gli approcci fin qui presentati c
quella dellesercizio di una critica consapevole e strutturata, regolamentata nei confronti dellestetica dellinteraction design. Se la valenza culturale dellinterazione con gli
artefatti computazionali un dato assodato da pi di un decennio, come si mostrato
nel capitolo 1, si pongono allora le questioni della possibilit e dellutilit dellaffermarsi
di un approccio critico omologo a quello cui siamo gi abituati negli ambiti della letteratura, della musica, del cinema e delle arti in generale, e che come sappiamo serve
come strumento per riflettere sia sugli stessi prodotti culturali, sia sulla societ, sulla
politica, sullambiente e su altri aspetti dellesistenza94.

92.
Ivi, p. 206.
93.
Cfr. Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti, cit.
94.
Esistono infatti approcci critici alla stessa critica, e diverse teorie sulla critica, ancora in buona
45

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

Considerando che il lavoro di Lwgren ancora orientato prevalentemente alla pratica


e alla fase progettuale, Jeffrey Bardzell, della School of Informatics dellIndiana University, a muovere i primi passi verso la costruzione di un linguaggio espressivo condiviso per una critica dellinteraction design, ispirandosi in parte al lavoro di Bertlsen e
Pold della Aarhus University95, oltre a quello dei gi citati McCarthy e Wright96, e di
Lwgren e Stolterman97. Il contributo di Bertlsen e Pold riconosciuto da Bardzell
come il primo a sostenere con fermezza che lHCI abbia bisogno di essere considerata
anche come una disciplina estetica, dotata di un proprio apparato critico che guardi
oltre quello meramente funzionalista, sperimentale e da laboratorio della psicologia
cognitiva ancora dominante, spostandosi invece verso una forma di realismo, inteso
nel senso del considerare linterazione nellambiente ecologico, del quotidiano. Si assume che larte sia una manifestazione pratica di ci che accade nel mondo (tecnologia,
societ, individuo, ), e quindi si impiegano anche gli strumenti di cui si serve il suo
sistema per riflettere su rappresentazione, esperienza e percezione sensoriale, oltre che
su questioni stilistiche, di genere (cfr. il gi citato design noir di Dunne e Raby), e cos
via. Se il come riuscirci ancora poco chiaro in Bertlsen e Pold, i due non hanno invece
dubbi sulle caratteristiche del chi, che dovrebbe avere familiarit con lesercizio della
critica in ambito letterario o artistico, oltre che un background sulla storia dellestetica.
Laffermazione cruciale che si condivide in questa sede, tuttavia, riguarda il fatto che la
critica (interface criticism, in questo caso) il momento in cui lestetica dellinterfaccia
incontra la pratica e i processi operativi: rielaborando questa considerazione si potrebbe
ridefinire la critica dellestetica delle interfacce come uninterfaccia (concettuale) essa
stessa tra teoria e pratica, e come dispositivo98.
Come per la critica letteraria, musicale, cinematografica e darte, ma anche per esempio
per un sommelier che devessere in grado di formulare valutazioni sui vini, indispensabile disporre di unexpertise, di un bagaglio culturale (anche interdisciplinare) di

parte basate su quelle letteraria e sulla semiotica. Si veda per esempio F. Curi, Per una teoria della critica,
Guida, Napoli 2012.
95.
O.W. Bertlesen, S. Pold, Criticism as an Approach to Interface Aesthetics, in Proceedings of
NordiCHI 2004.
96.
J. McCarhy, P. Wright, Technology as Experience, cit.
97.
J. Lwgren, E. Stolterman, Thoughtful Interaction Design. A Design Perspective on Information
Technology, cit.
98.
Si veda come stato definito questo concetto nellintroduzione a partire da Foucault, Deleuze e
Agamben.
46

esempi e di precedenti considerati nel contesto (storico, sociale, semantico)99, cos Jeffrey Bardzell tenta di applicare allHCI categorie gi consolidate per gli altri medium e
per le altre arti. La mappatura critica da lui eseguita , tra tutte, quella che consente di
costruire il ponte pi solido verso i modelli che si tratteranno nel capitolo successivo:
nel suo approccio si assume che la critica favorisca la consapevolezza della percezione,
perch il formulare una valutazione anche un atto cognitivo e culturale, non soltanto
fenomenologico. Larte educa la percezione e orienta la cognizione, il responso estetico inscindibile dallesercizio della critica, la critica implica un movimento continuo
dellattenzione tra particolare e generale, ed inoltre fonte di suggestioni ed eticamente
edificante100.
Il titolo del paper presentato insieme alla moglie e collega Shaowen alla conferenza CHI
di Firenze nel 2008 era gi una dichiarazione dintenti esplicita: Interaction Criticism:
A Proposal and Framework for a New Discipline of HCI101. La nascente disciplina
viene qui definita come
unanalisi rigorosa e circostanziata che esplichi le relazioni che intercorrono tra gli elementi di
uninterfaccia e i significati, gli affetti, gli stati danimo, e le intuizioni che essi producono nelle
persone interagenti []. Lo scopo immediato di questanalisi generare visioni innovative per il
design102.

Viene dato particolare risalto al fatto che questo processo debba avvenire in modo
rigoroso, ovvero
trascendere la dimensione soggettiva per la quale pu essere detta qualsiasi cosa, offrendo invece
analisi sistematiche e circostanziate di fenomeni soggettivi103,

anche in questo caso analogamente a quanto si affermava nellintroduzione a questa


tesi riprendendo il concetto di dispositivo, soggetto a criteri di valutazione immanenti.
Anche per Bardzell serve dunque costruire un vocabolario condiviso, e dei presupposti
teorici saldi, specialmente se lobiettivo quello di contribuire alla fondazione di una
nuova disciplina.

99.
J. Bardzell, S. Bardzell, Interaction Criticism: A Proposal and Framework for a New Discipline of
HCI, CHI 2008 Proceedings, ACM, pp. 2464.
100.
Cfr. J. Bardzell, Interaction Criticism: An Introduction to the Practice, in Interacting with
Computers n. 23, 2011, p. 607, e inoltre J. Bardzell, Interaction Criticism and Aesthetics, in CHI
2009 Proceedings, ACM, pp. 2357-2366.
101.
J. Bardzell, S. Bardzell, Interaction Criticism: A Proposal and Framework for a New Discipline
of HCI, cit., pp. 2463-2472
102.
Ivi, p. 2464.
103.
Ibidem. Il corsivo non c nel testo originale in inglese.
47

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

In un paper di qualche anno successivo la definizione gi proposta si affina ulteriormente, gi nellabstract: per interaction criticism si intendono
indagini interpretative rigorose delle complesse relazioni che intercorrono tra (a) linterfaccia, comprendendo le sue qualit materiali e percettive come anche la sua pi ampia collocazione nei linguaggi visuali e nella cultura, e (b) la user experience, comprendendo i significati, i comportamenti,
gli affetti, le intuizioni, e le sensibilit sociali che emergono nel contesto dellinterazione e delle
sue conseguenze. La critica dellinterazione una pratica conoscitiva che consente ai professionisti
dellambito del design di appassionarsi e impegnarsi nellestetica dellinterazione, aiutandoli a coltivare reazioni critiche pi raffinate e consapevoli nei confronti del design e dei modelli104.

La proposta metodologica riconosciuta come standard, e che Bardzell vuole affinare


e adeguare, consiste in una sequenza di quattro diversi momenti: definizione del
problema, verifica sullutente, elaborazione di prototipi (fase di sketching mediante
prototipi), e valutazione105. Per costruite il suo framework per linteraction criticism,
Bardzell sceglie invece di appoggiarsi a uno dei cinque princpi descritti da Lev Manovic
per i new media106, quello della transcodifica (transcoding), che afferma lesistenza di
una corrispondenza tra il piano computazionale e quello culturale delle informazioni
contenute nei file, sottintendendo che tali piani si influenzano reciprocamente (per
esempio, si pensi al modo in cui luso di Photoshop e la fotografia si sono evoluti
negli ultimi anni a causa delle relazioni che li contraddistinguono107). Il principio della
transcodifica viene impiegato da Bardzell per trasferire quelli che riconosce come i
quattro riferimenti fondamentali del piano culturale su quello dellinterazione. Per cui
il designer viene concettualizzato come artista e creatore (con tutte le sovrastrutture e i
modelli che questa identificazione pu fornire: per esempio, adottando il modello poststrutturalista, la morte dellautore corrisponderebbe allapertura di problematiche sul
ruolo dellidentit del designer108); linterfaccia come artefatto culturale (e dunque come
testo, in una prospettiva formalista, semiotica o intertestuale109); lutente come fruitore

104.
J. Bardzell, Interaction Criticism: An Introduction to the Practice, cit.
105.
J. Bardzell, S. Bardzell, Interaction Criticism: A Proposal and Framework for a New Discipline
of HCI, cit., pp. 2463-2464. Lo schema ripreso da J. Preece, Y. Rogers, H. Sharp, Interaction Design:
Beyond Human-Computer Interaction, Wiley, Hoboken (NJ), 2007 (ii ed.).
106.
Cfr. L. Manovich, The Language of New Media, cit.
107.
J. Bardzell, S. Bardzell, Interaction Criticism: A Proposal and Framework for a New Discipline
of HCI, cit., p. 2467.
108.
Ivi, p. 2468.
109.
Ivi, pp. 2468-2469.
48

(o come lettore od osservatore, anche in questo caso aprendo la scena a tutte le teorie
disponibili a riguardo di queste due categorie, specialmente quelle che lo descrivono
in un ruolo attivo); e c infine il contesto sociale (che invece rimane lo stesso, e che va
considerato dai punti di vista storico, politico, ecologico, e cos via).

Fig. 2.7, Jeffrey Bardzell, rappresentazione delle categorie tradizionali impiegate


dalla critica (in Interaction Criticism and Aesthetics, 2009, p. 2361).

Fig. 2.8, Jeffrey Bardzell, rappresentazione della teoria del transcoding di Manovich
(a sinistra), che mostra come i file digitali appartengano sia al livello culturale che
a quello del computer, che si influenzano a vicenda, e la sua implementazione
(a destra) con le quattro prospettive critiche applicate al piano dellinterazione
da quello dei cultural studies (in Interaction Criticism: An Introduction to the
Practice, 2011, p. 612).

Questa teoria spalanca molteplici possibilit da esplorare nellambito dellinterazione


uomo-macchina, ma allo stesso tempo richiede grandissima cautela per non cadere
nelle trappole del relativismo e del soggettivismo, che sono ampiamente frequentate
dalla critica negli altri settori disciplinari, specie da quella diffusa tramite i mass
49

2. Lestetica ecologica secondo la comunit dellinteraction design

medium. Bardzell, come Bertlsen e Pold, sembra esserne consapevole, e lo dimostra


sia nellargomentazione di ogni singolo punto delle sue classificazioni, sia per esempio
in due paragrafi dai titoli Constructing the User e Constructing the Artifact110.
Nel primo invita a prendere consapevolezza di come la categoria dellutente, inteso sia
come fenomeno da studiare empiricamente che come costrutto speculativo, sia spesso
considerata come un dato scontato nei modelli di interazione. Espone il modo in cui
lutente viene rappresentato in molte soluzioni di cybersecurity111, ove il sistema (per
esempio bancario) ha bisogno appunto di una rappresentazione dellutente che deve
corrispondere a una singola entit (individuo, istituzione o impresa); le caratteristiche
e le qualit di tale rappresentazione per sono totalmente diverse rispetto a quelle che
vengono deliberatamente scelte dallutente stesso nella sua attivit su un social network,
su Second Life, o su on videogame giocato in rete. Rispetto alle posizioni discusse nelle
pagine precedenti, la principale innovazione in Bardzell quella di mettere finalmente
in discussione le teorie sulla rappresentazione, sulla veridicit della corrispondenza
tra rappresentante e rappresentato (come nel caso delle corrispondenze tra modello
formulato dal designer e modello concepito dallutente dello stesso artefatto, di cui parla
Norman)112, analogamente a quanto avviene nei modelli filosofici che si impiegheranno
nel capitolo 3: le teorie sulla rappresentazione impiegate in precedenza vanno in crisi se
la natura dellesperienza culturale viene considerata come inter-soggettiva.
Le caratteristiche dellutente cos come viene concettualizzato si riflettono inevitabilmente anche sulla progettazione degli artefatti: lo si era visto gi nel caso radicale di Dunne e Raby, per i quali lidea di utente si avvicinava molto a quella di
fruitore consapevole, o destinato a intraprendere un processo di consapevolezza, per
esempio di uninterfaccia intesa come elemento dellinterazione nel quale avviene la
ricomposizione tra il dato binario elaborato e la sua manifestazione sensibile (tornando al caso di una fotografia digitale: si potrebbe definire questa separazione come
schizoinformativa?113).

110.
J. Bardzell, Interaction Criticism and Aesthetics, cit., p. 2362-2364.
111.
Ivi, p. 2363.
112.
Cfr. J. Bardzell, Interaction Criticism: An Introduction to the Practice, cit., pp. 604-605.
113.In analogia con il concetto di schizofonia di cui scrive R. Murray Schafer ne Il paesaggio sonoro,
LIM/Ricordi, Lucca 1985 [1977]. Il prefisso schizo- indice di una scissione, per cui in quel caso
si intendeva il dilagare di suoni riprodotti da apparecchiature analogiche (e poi digitali) in luoghi e
tempi differenti dalla loro sorgente originaria. Ad esso va ricondotta ovviamente la stessa definizione di
schizofrenia, insieme alle numerose proposte che sono state formulate per individuarne cause e soluzioni.
50

2.6. Conclusioni

Si mostrato come soprattutto nellultimo decennio sia andato progressivamente


maturando un nuovo interesse nel campo pi ampio degli studi sullinterazione
uomo-macchina: quello per lestetica, conseguente e concomitante al crescere della
consapevolezza del valore culturale in un senso pi ampio rispetto a quello tecnicoscientifico e funzionalista delle interfacce e dellinterazione. Se i fondamenti teorici
dellHCI continuano a mantenere saldi i legami con la psicologia cognitiva e con le
verifiche sperimentali, com giusto che sia, approcci come quelli fenomenologico e
pragmatista costituiscono i primi tentativi di mediazione con modelli ecologici adeguati
a descrivere lesperienza estetica in questambito disciplinare.
Si vanno lentamente delineando posizioni diverse, sulla base soprattutto dei framework
estetici ed cologici disponibili e conosciuti, ma tra le quali c uno scambio costante e
proficuo, tanto che si pu gi parlare di una comunit scientifica internazionale dedita
allestetica e alla critica dellinteraction design, che ha i suoi fulcri nel mondo scandinavo
(soprattutto in Danimarca e in Svezia), in Inghilterra, negli USA e da qualche tempo in
Australia. certamente prematuro considerare questa comunit come rappresentativa
di una disciplina consolidata, ma grazie anche al fiorire delle digital humanities sono
sempre di pi le persone coinvolte e che si adoperano per costruire gli strumenti necessari al dibattito, a partire dal vocabolario per un linguaggio condiviso: i contributi di
Lwgren e di Bardzell costituiscono dei tentativi importanti in questo senso, anche se
tuttaltro che definitivi. Inoltre, i protagonisti che sono stati citati in questo capitolo si
servono di strumenti teorici che loro stessi vanno affinando anche nel confronto quotidiano con la pratica, sia esercitandoli su artefatti opportunamente presi in esame, sia
nellambito progettuale, e coinvolgendo inoltre in entrambe le situazioni i loro studenti
a scopo didattico. In questa sede si scelto di citare poche di queste applicazioni, poich in questa fase si riteneva pi importante fornire una prospettiva critica sulle diverse
posizioni in relazione ai loro fondamenti teorici messi a nudo e ricondotti ai concetti
di base, per raccordare ad esse quelli del capitolo successivo. Per i casi studio presentati
dagli autori citati in questo capitolo si rimanda dunque ai loro testi, e ad alcuni di essi
si far rifermento nel capitolo 4. Vale la pena per di ricordare fin da subito il paper
scritto a sei mani da Jeffrey Bardzell, Jay Bolter e Jonas Lwgren, in cui i tre ricercaSi veda in particolare la proposta di schizoanalisi elaborata da Deleuze e Guattari a partire da LantiEdipo. Capitalismo e schizofrenia, Einaudi, Torino 1975 [1972].
51

tori, di provenienza eterogenea ma parimenti interessati a contribuire alla fondazione


della nuova disciplina, esaminano lo stesso artefatto (Mve, sviluppato alluniversit di
Potsdam sotto la supervisione di Boris Mller e Till Nagel, e presentato alla Biennale
di Architettura di Venezia del 2008) ciascuno secondo i proprio strumenti critici, e in
seguito mettono a confronto i risultati ottenuti114.
Nel capitolo successivo si tenter di sintetizzare alcuni modelli provenienti dalla filosofia contemporanea, e in parte dalla sociologia, che possono fornire un ulteriore
contributo allestetica del design dellinterazione in una prospettiva ecologica; lo si far
a partire da una visione diversa dellutente/consumatore, approfondendo e ampliando
alcune delle suggestioni che apparivano gi in nuce nei testi di Bardzell e che iniziano
a delinearsi in quelli di Matthew Fuller.

114.
J. Bardzell, J. Bolter, J. Lwgren, Interaction Criticism: Three Readings of an Interaction Design,
and What They Get Us, in Interactions, March + April 2010, pp. 32-37.
52

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design


Nella mappatura restituita nel capitolo precedente si sono contestualmente messi in
evidenza i limiti, intesi come indispensabili confini strutturali, dei pi diffusi approcci
teorici allestetica del design dellinterazione, secondo un ordine che risponde a due
diverse valenze: quella di pensarli via via pi inclusivi e pi consapevoli della presenza
di quelli che li precedevano nella classificazione, e quella di seguire la sequenza storica
delle teorie estetico-filosofiche su cui si fondano: fenomenologia, pragmatismo, strutturalismo, post-modernismo e post-strutturalismo, insieme alle teorie sui nuovi medium, come nellapplicazione del principio della transcodifica di Manovic da parte dei
Bardzell discusso qui in 2.5.
Questo capitolo prende in considerazione strumenti contemporanei che soltanto in
tempi molto recenti hanno iniziato ad essere guardati, spesso con superficialit, dalle
digital humanities rivolte allHCI. Sono modelli che necessitano di essere implementati
e messi a punto, e che proseguono idealmente la classificazione proposta secondo entrambe le direzioni lungo le quali stata condotta, in quanto sono cronologicamente
successivi a quelli descritti nel capitolo 2, e allo stesso tempo la loro applicazione in
questa sede tenta di essere ulteriormente aperta e inclusiva, essendo il contributo che
si vuole proporre proprio quello di fornire nuovi approcci ai parametri e ai concetti gi
noti e condivisi, oltre a proporne alcuni di nuovi.
Si rendono necessarie due precisazioni, prima di proseguire. Innanzitutto, come risulter pi chiaramente dalle applicazioni nel capitolo 4, i concetti che qui si intendono
introdurre a chi si occupa di design dellinterazione non sono indicati come alternativi
o migliori, e proprio in questo senso non sono esclusivi. Nonostante la storia della
filosofia continentale sia spesso segnata da dispute nelle quali una teoria emerge opponendosi a unaltra, in questa sede teorie e concetti sono considerati strumenti fondamentali per costruire modelli utili al design, ma in una prospettiva critica quella che
fin dallinizio ci si proposti di adottare il loro insieme costituisce una ricchezza di
punti di vista complementari, esattamente come accade quando a un testo o a unopera
darte vengono applicate in parallelo analisi e letture diverse1. Inoltre, opportuno

1. Il grande successo di un manuale critico sullarte del XX secolo come A. Foster, R. Krauss, Y.A.
Bois, B.D. Buchloch, Arte dal 1900. Modernismo, antimodernismo, postmodernismo, Zanichelli, Bologna
2006 [2004], pur con tutti i limiti e le lacune che gli sono stati necessariamente rimproverati, dovuto
53

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

ribadire che il corpus della filosofia contemporanea, come quella dei decenni e dei
secoli passati, e come avviene anche per larte, continuamente riconfigurato dai cambiamenti in atto, va a rappresentare e a descrivere mediante modelli con i limiti che
questi necessariamente comportano lo stato di fatto, propone punti di vista inediti e
possibili vie duscita. Per questi motivi la filosofia continuamente informata da quanto avviene nella scienza e nello sviluppo tecnologico: fornisce una visione pi ampia e,
raccordando diverse teorie, fornisce un possibile tessuto connettivo interdisciplinare.
Per esempio, il contributo di Brian Massumi non affatto in contraddizione con i
modelli cognitivisti, su cui anzi fonda i suoi modelli di interazione ecologica secondo
una prospettiva non fenomenologica ma pre-individuale.

3.1. Ripensare la relazione tra soggetto e ambiente: un nuovo paradigma?


Il biologo ed ecologista Eugene F. Stoermer ha iniziato ad usare il termine Antropocene agli inizi degli anni 802 per indicare una nuova era geologica, quella attuale,
successiva allOlocene: sebbene non sia riconosciuta come tale se non da una parte
dalla comunit scientifica, almeno per ora, il significato della proposta evidente fin
dal nome scelto. Sia che si concordi con questa denominazione, sia che la si consideri
azzardata, resta inequivocabile limpatto degli artefatti a tutte le scale non soltanto sul
genere umano, ma anche sui mondi animale, vegetale e minerale. Lantropocentrismo
ha assunto diverse forme nellultimo millennio, e nonostante i duri attacchi subiti dalle
teorie cosmologiche e dallevoluzionismo continua ad essere una prospettiva inevitabile: ciascun individuo al centro del suo personale universo. Il mondo antropizzato
e antropomorfizzato per essere addomesticato e reso pi familiare. Gli artefatti interattivi non fanno differenza, come si pu sinteticamente dedurre dallaccurata disamina
critica sulle interfacce umanoidi proposta da Davide Fornari3. Secondo buona parte
del pensiero contemporaneo, lelemento da cui necessario ripartire il soggetto. Di
non soltanto alla qualit dei contributi proposti, ma anche alla complementariet dei diversi approcci
impiegati, talvolta trasversalmente (legati alla psicanalisi, alla storia sociale, a formalismo e strutturalismo,
e al post-strutturalismo).
2. Il concetto divenuto popolare soltanto nel 2000 grazie al premio nobel Paul Crutzen. Cfr. W.
Steffen, J. Grinevald, P. Crutzen, J. McNeill, The Anthropocene: conceptual and historical perspectives,
in Philosophical Transactions of The Royal Society A, n. 369, 2011, pp. 842-867.
3. D. Fornari, Il volto come interfaccia, cit.
54

conseguenza, da qui che si dovrebbe poi ridefinire un nuovo approccio ecologico, pi


comprensivo.
Che cos dunque il soggetto? Nel linguaggio comune lo si considera talvolta come
sinonimo di individuo, ma mentre questultimo vocabolo indica un singolo elemento
di una collettivit, indivisibile, e riconoscibile mediante un atto o un processo di individuazione4, soggetto deriva da subiectum, che indica subalternit, lessere sottoposto,
e si dovrebbe quindi porre laccento sulla sua malleabilit, senza dover necessariamente
ricorrere a modelli deterministici o strutturalisti. Tradizionalmente, il soggetto stato
concepito come essenza ultima dellindividuazione; il soggettivo in effetti riguarda la
sensibilit propria di un individuo, il suo modo specifico di relazionarsi o di interagire
con una determinata esperienza, unificando gli stati di coscienza nellhic et nunc. Il
soggettivo quindi mutevole, e soprattutto a sua volta sottoposto a condizionamenti
(sociali, mediatici, ecc.) che lo formano determinando preferenze, scelte e credenze5,
lungo processi che possono tendere alla conservazione o alla trasformazione del soggetto stesso. per questo motivo che la filosofia e parti della sociologia e della psicanalisi
contemporanee si interessano della produzione della soggettivit, ambito in cui si ritiene qui sia possibile intervenire anche nel contesto del design dellinterazione.
Uno dei testi a cui indispensabile fare riferimento Caomsosi di Flix Guattari, perch
mostra la possibilit di un nuovo paradigma etico-estetico che orientato allecologia,
in senso batesoniano6, e per lenorme influenza che continua ad esercitare, come si
vedr tra poco. In questa prospettiva per serve spostare lattenzione dal soggetto alla
soggettivit, dal risultato al concetto e al processo, perch:
considerando la soggettivit laccento sar piuttosto messo sullistanza fondatrice dellintenzionalit.
Si tratta di considerare il rapporto fra il soggetto e loggetto in relazione allambiente e di far passare
in primo piano listanza esprimente []. Si pone quindi la questione del Contenuto. Questo partecipa della soggettivit, dando consistenza alla qualit ontologica dellEspressione7.

E la definizione inglobante (in riferimento ad altri ambiti disciplinari) che propone


Guattari fin dallinizio per la soggettivit :

4. Per una teoria dellindividuazione compatibile con i modelli teorici qui considerati vi veda M.
Combes, Gilbert Simondon and the Philosophy of the Transindividual, cit.
5. Cfr., per esempio, G. Dorfles, Dal significato alle scelte, Castelvecchi, Roma 2010 [nuova edizione;
I ed. Einaudi, Torino 1973], e P.L. Berger, T. Luckmann, La realt come costruzione sociale, Il Mulino,
Bologna 1969 [1966], pp. 165-229.
6. Cfr. G. Bateson, Verso unecologia della mente, Adelphi, Milano 1977 [1972].
7. F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 39.
55

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design


linsieme di condizioni che rendono possibile a delle istanze individuali e/o collettive di essere in
posizione per emergere come Territori8 esistenziali s-referenziali, in adiacenza o in rapporto di delimitazione con unalterit, essa stessa soggettiva9.

Ma prima di prendere nella dovuta considerazione questo nuovo paradigma, o protoparadigma, pu essere utile guardare ai concetti di soggetto e soggettivit da framework
teorici pi affini a quelli dei modelli impiegati nel capitolo precedente.

3.1.1. Da Baumgarten a Guattari


Come si era gi accennato in 2.4.2., a partire dalle considerazioni di Udsen e Jrgensen,
negli ultimi due secoli e mezzo linteresse dellestetica si andato progressivamente
spostando verso aspetti percettivi, e in seguito interattivi, che a questo punto possiamo iniziare a considerare soggettivi. Baumgarten10 aveva introdotto lestetica come
un analogo della ragione e come tale esistente a priori perch aveva la necessit di
fondare una scienza della conoscenza sensitiva, non logica ma parimenti vera, che
potrebbe essere riformulata in vista degli obiettivi di questa ricerca come: afferente a
caratteri di un artefatto che sono individuabili e oggettivi, anche se non misurabili.
C chi guarda a questo come a un modello da recuperare, come se ci fosse sufficiente
a risolvere questioni connaturate a un mondo che negli ultimi secoli profondamente

8. Cfr. T. Matts (traduzione per la pubblicazione e note sui termini adottati nelle edizioni italiana,
francese e inglese di F. Bergamo), Ritmi e ambienti, il concetto di ritornello in Deleuze e Guattari,
per InnovaMusica, Napoli 2012: territorio un termine tecnico nel vocabolario di Deleuze e Guattari,
e ha un significato diverso da quello di ambiente. Infatti si tratta di un atto che modifica gli ambienti
e i ritmi, che li territorializza. Poich il territorio in realt un atto, il ritornello viene definito come
una articolazione territoriale. La parola articolazione stata scelta nelledizione italiana per tradurre
il francese agencement [nella traduzione inglese di Massumi si parla di assemblage], che si riferisce tanto
allatto dellarticolare [assemblare] quanto al prodotto articolato [assemblato]. Essa quindi sottolinea la
presenza di un processo continuo, un produttore-prodotto. E della parola terra (terre in Francese) si deve
notare la parentela con territorio, sempre nella sua accezione tecnica. Questo processo di articolazione
vede le componenti ambientali della Natura (come le foglie utilizzate dalluccello Scenopoietes dentirostris,
i cambiamenti della colorazione in alcune specie di pesci, eccetera) divenire qualit. Lazione ripetitiva
dellanimale in questione costituisce un passaggio territorializzante che rompe con il modello etologico
classico circa la tesi sullaggressione di Lorenz. Queste funzioni comportamentali, come la scelta delle
foglie o i movimenti a zig-zag del corpo, suggeriscono piuttosto un divenire-espressivo, un processo
attraverso il quale subiscono un distacco (o deterritorializzazione) dalla loro precedente funzionalit
ambientale, distacco che necessariamente accompagnato da una successiva territorializzazione (o
riterritorializzazione).
9. F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 26.
10.
Cfr. A. G. Baumgarten, LEstetica, cit.
56

cambiato. Appare dunque reazionaria la proposta di ritorno alla forma di Mark Foster
Gage11, che auspica peraltro un rifiuto del concettualismo di cui ritrova le origini,
superficialmente, nel movimento moderno. Auspica lallontanamento di architettura e
design dallembodiment e dagli approcci fondati sulla percezione che sono invece oggi al
centro dellattenzione, ma dimostra la sua ingenuit quando afferma che questo debba
avvenire tornando a porre la forma al centro di tutte le questioni.
Il principale riferimento con cui continua a confrontarsi il pensiero estetico contemporaneo Kant, che nellEstetica trascendentale, prima parte della Critica della ragion
pura (1781)12, metteva a punto il concetto di critica come analisi e quello di estetica
come scienza della sensibilit, che solo nella Critica del giudizio si apre al problema
del piacevole e del non-piacevole in risposta alle condizioni reali, dellesperienza reale13.
Salvaguardando listanza empirista ereditata da Hume14, Kant riconosce che il mondo
degli oggetti il mondo dellesperienza per eccellenza, ma lestetizzazione delloggetto
(di contemplazione) ci distanzia dalla sua presenza materiale, lo separa dal soggetto caricandolo di significati simbolici e valori metaforici che costruiscono la sua autonomia. Il
giudizio estetico quindi disinteressato, ma lesperienza delloggetto prodotta soggettivamente: al centro c il soggetto, con le sue proprie capacit di giudizio. Per Guattari,
questo un punto importantissimo per la formulazione di unetica dellestetica:
o si oggettivizza, si reifica e si scientifizza la soggettivit o, al contrario, si tenta di coglierla nella
sua dimensione di creativit processuale. Kant aveva stabilito che il giudizio estetico coinvolge la
soggettivit e il suo rapporto allaltro in un atteggiamento di disinteresse. Tuttavia non sufficiente
designare le categorie di libert e disinteresse come la dimensione essenziale dellestetica inconsapevole,
necessario infatti esplicitare la loro modalit di inserzione attiva nella psiche15.

Soltanto in Heiddeger lesperienza diventer lincontro con qualcosa che


sopraggiunge16, sostituendo alloggetto la cosa, liberata dalle necessit di essere ogget-

11.
Cfr. M.F. Gage (a cura di), Aesthetic Theory: Essential texts for Architecture and Design, W. W. Norton
& Co, New York 2011. Si vedano specialmente la prefazione, pp. 7-11, e lintroduzione, pp. 15-25.
12.
Cfr. I. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Bari 2005 (III edizione) [1781 e 1787].
13.
Oltre ai testi di Kant, si veda anche G. Deleuze, Lidea di genesi nellestetica di Kant [1963], in
Lisola deserta e altri scritti. Testi e interviste 1953-1974, Einaudi, Torino 2007 [2002], pp. 67-87.
14.
Cfr. F. Carmagnola, Della mente e dei sensi. Oggetti dellarte e oggetti del design nella cultura
contemporanea, Anabasi, Milano 1993, p. 33. Il testo fornisce una prospettiva storico-critica chiara e
precisa sulla genesi e sullevoluzione dellestetica, specie in relazione alle questioni proprie dellarte e del
design contemporanei.
15.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 30.
16.
F. Carmagnola, Della mente e dei sensi. Oggetti dellarte e oggetti del design nella cultura contemporanea,
cit., pp. 47-48.
57

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

tiva e sottoposta allego, in una complessa indagine ontologica. Poich lestetica riguarda il dominio del sensibile, non deve stupire che il soggetto assoggettato alla ragione
e ai sensi, comunque li si consideri sia stato sempre al centro della questione, pi
o meno consapevolmente, perfino nellanti-estetica post-modernista e prima ancora
nello strutturalismo. E chiedendosi cosa sia lo strutturalismo, lui che laveva sentito
molto vicino allinizio del suo percorso, Deleuze non manca di far notare che
non affatto un pensiero che sopprime il soggetto, ma un pensiero che lo frantuma e lo distribuisce
in modo sistematico, che contesta lidentit del soggetto, lo dissipa e lo fa passare di posto in posto,
soggetto sempre nomade, fatto di individuazioni, ma impersonali, o di singolarit, ma preindividuali.
in questo senso che Foucault parla di dispersione; e Lvi-Strauss pu definire unistanza soggettiva
soltanto come dipendente dalle condizioni dellOggetto secondo le quali sistemi di verit diventano
convertibili e dunque ricevibili simultaneamente da molti soggetti17.

Guattari ancora pi radicale, perch dal suo punto di vista nella moda strutturalista
lattenzione si focalizzava su una meccanica strutturale interattiva, ritenuta motrice del paesaggio
fenomenico. In tal modo, si perdevano di vista i punti di cristallizzazione ontologica che emergevano
da detto paesaggio. Le discorsivit fonologiche, gestuali, spaziali, musicali, tutte riportate a una
medesima economia significante, dovevano garantire un controllo assoluto sui contenuti che si supponeva dovessero produrre figure paradigmatiche discrete 18.

Guattari rintraccia in Bachtin19 la descrizione di un transfert di soggettivazione che si


opera tra lautore e il fruitore di unopera20: cos lutente o consumatore pu diventare
co-creatore, e la separazione di autore e fruitore fa s che il contenuto dellartefatto
(tornando sul piano del design) si possa distaccare dalle connotazioni con le quali era
stato progettato. Il transfert potrebbe far pensare ancora una volta a Norman, alla
corrispondenza tra modello elaborato dal designer e modello attribuito dallutente
allartefatto nellipotesi di uninterfaccia perfettamente trasparente, ma la separazione
che Guattari fa notare in Bachtin, pur essendo ancora connaturata a processi di soggettivazione, presenta delle analogie anche con quella distanza che sottende un atteggiamento critico, in unaccezione quindi non molto diversa da quella di Dunne e Raby, e
che contiene dunque in potenza la pratica dellhacking21.

17.
G. Deleuze, Lo Strutturalismo, SE, Milano 2004 [1976], pp. 58-59.
18.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 71.
19.
Cfr. M.M. Bachtin, Il problema del contenuto, del materiale e della forma nellopera letteraria,
in Estetica e romanzo. Un contributo fondamentale alla scienza della letteratura, Einaudi, Torino 1979
[1975].
20.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 31.
21.
Nella sua accezione pi generale. Cfr. la definizione corrente su Wikipedia: linsieme dei metodi,
58

Rancire non esita a mettere in evidenza la confusione prodotta dalla grande quantit
di teorie anti-estetiche, inestetiche, e che proclamano la fine dellestetica22, vedendo
proprio in questa confusione
il nodo stesso che permette a pensieri, pratiche e affetti di trovarsi istituiti e provvisti del loro territorio o del loro oggetto proprio. Se estetica il nome di una confusione, questa confusione proprio ci che consente di identificare quegli stessi oggetti, i modi di esperienza e le forme di pensiero
dellarte che pretendiamo di isolare denunciandola23.

Se questo nodo il minimo comun denominatore non va dunque sciolto, secondo


Rancire, ma ascoltato, e ci dice che lestetica dovrebbe innanzitutto decretare la
fine delle belle arti a favore di un concetto pi comprensivo o inclusivo di arte (che
sia anche politico, sociale ed ecologico?), che prenda atto della fine della mimesis e
della rappresentazione. Nella seconda met del Novecento, il soggetto-tipo delle
societ capitaliste identificato sempre pi spesso dalla filosofia e dallarte con un
consumatore tendenzialmente a-critico: si specchia (la societ dello spettacolo) e poi
si frantuma, giungendo infine secondo alcuni a una sorta di scomparsa, che accade con
limmersione in ci che sta oltre la superficie trasparente del medium, che produce una
nuova identificazione, sostituendosi allidentit precedente.
3.1.2. Processi di soggettivazione
La crisi del soggetto e dellidentit nella cultura contemporanea sta trovando significative rappresentazioni nellarte, nella letteratura e nel cinema. Per lartista statunitense
Andrea Zittel
se da una parte la produzione di massa pu condurre a una maggiore equit, portando gli stessi beni
di consumo a disposizione di tutti, dallaltra diminuisce le individualit e le identit. Ci che noi
dobbiamo fare come consumatori ridefinire i nostri oggetti nel contesto dei nostri bisogni. Questo
pu anche significare alterarli fisicamente, o trovare modi personalizzati di usare qualcosa24.

Si tratta di un punto di vista condiviso anche da altri artisti (come Lucy Orta e Jorge
Pardo) che come lei mostrano un interesse per design e architettura come sovrastrutture
del condizionamento sociale, politico, morale.
delle tecniche e delle operazioni volte a conoscere, accedere e modificare un sistema hardware o software
(al 31 gennaio 2013).
22.
Cfr. J. Rancire, Il disagio dellestetica, ETS, Pisa 2009 [2004].
23.
Ivi, p. 23.
24.
Intervista con Benjamin Weil, Home is Where the Art is (1994), in A. Coles (a cura di), Design
and Art, cit., p. 119.
59

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

Fig. 3.1, Andrea Zittel, due delle A to Z Living Units (1994), proposte in contesti
destinati allarte contemporanea come modelli di life management.

Negli ultimi anni si assistito a un lento ma significativo proliferare di posizioni pi


radicali e disumanizzanti, che mettono inoltre in discussione lutilit del concetto stesso
di Natura, estensibile allinfinito, per lecologia25. Cyclonopedia di Reza Negarestani26 si
rapidamente affermato come uno dei testi di riferimento per la cultura contemporanea,
influenzando non soltanto il mondo accademico della filosofia continentale ma anche
artisti, musicisti e matematici: in esso avviene un ribaltamento rispetto allideale eroico
delluomo che si confronta con le forze della natura, perch sono soprattutto queste a
prendere il sopravvento sui personaggi umani e a generare mutamenti negli individui,
nelle societ e nel pianeta. Cos il petrolio del Medio Oriente unentit dotata di forze
e affetti che influenzano lindustria e il capitalismo27, mentre la complessit dellattivit
magnetica del sole produce il non plus ultra della musicalit, unindecifrabile sferragliare
che esiste e agisce a prescindere da qualsiasi operazione di sonificazione, a prescindere
dallumanit28. Analogamente, una visione post-psicanalitica della relazione estetica tra
uomo e natura si trova in almeno tre di quattro film che sono stati distribuiti
tutti nello stesso anno: The Tree of Life (Terrence Malick, 2011), Melancholia (Lars

25.
Si veda soprattutto T. Morton, Ecology Without Nature: Rethinking Environmental Aesthetics,
Harvard University Press, Cambridge 2007.
26.
R. Negarestani, Cyclonopedia. Complicity with Anonymous Materials, Re.press, Melbourne 2008.
Esistono dei lontani antecedenti catastrofisti, come il caso eccezionalmente precoce di Matthew P. Shiel
(specialmente La nube purpurea, Adelphi 1967 [1901]), ma sempre in una prospettiva antropocentrica.
27.
Ibidem.
28.
R. Negarestani, Cyclonopedia. Complicity with Anonymous Materials, cit., p. 147.
60

von Trier, 2011), Take Shelter (Jeff Nichols, 2011)29 e Il cavallo di Torino (A Torini l
di Bla Tarr, 2011), nei quali le vite e le prospettive soggettive dei protagonisti-umani
sono assoggettate a forze naturali o innaturali, comunque pre-individuali (ancora
metafisiche nel dualismo edipico di Malick, materialiste e nichiliste e anti-edipiche, in
misura diversa, negli altri).

Fig. 3.2, un fotogramma dal film Take Shelter (Jeff Nichols, 2011).

Come avviene dunque questo riposizionamento del soggetto? Come pu essere descritto? Quali sono le sue implicazioni sullestetica, in particolare in una prospettiva
ecologica? E come questo nuovo paradigma ammesso che Guattari avesse ragione nel
ritenerlo tale e le nuove filosofie da esso scaturite hanno a che fare con linterazione,
con la tecnologia, con i medium e con le interfacce? Scrive Massimiliano Guareschi a
proposito dellAnti-Edipo, nella prefazione alla seconda edizione italiana di Mille Piani,
che
allinconscio della psicoanalisi a cui verrebbe affidata una funzione rappresentativa nei termini
della messa in scena teatrale di unimmancabile tragedia, quella di Edipo contrapposto un inconscio produttivo, visto come una fabbrica che produce desiderio lungo direttrici molteplici30.

Caosmosi di Guattari fa un ulteriore passo in avanti, ed per questo che interessa da circa
un decennio il mondo dellarte, e da qualche anno una nicchia del mondo dellHCI e
dei new media. Riconsidera il ruolo estetico e culturale degli artefatti di uso quotidiano,

29.
Per questi film si veda la lettura critica di T. Matts, A. Tynan, With the raising of the ground:
Catastrophism, geotrauma and cinemas ecological niche, in Design Ecologies, vol. 2, n. 1, August 2012,
pp. 93-119.
30.
G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e Schizofrenia, cit., p. 29.
61

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

scardinando lidea delloggetto estetico come confinato entro il recinto autoreferenziale


dellarte, prodotta dal sistema capitalistico. Propone un nuovo paradigma che definisce
protoestetico,
per sottolineare come non intendiamo riferirci allarte istituzionalizzata, con le sue opere manifeste
al campo sociale, ma a una dimensione di creazione allo stato nascente, perpetuamente a monte di
se stessa31.

proprio per questo che pu essere utile al design, e in particolare allinteraction


design quando si spinge a descrivere il funzionamento delle macchine estetiche della
virtualit, in cui i
concatenamenti di desiderio estetico e gli operatori dellecologia del virtuale non sono entit facilmente circoscrivibili nella logica degli insiemi discorsivi. Non hanno interno n esterno. Sono interfaccia fuori limite32 e sono conoscibili non per rappresentazione ma per contaminazione affettiva33.

Ma torniamo per un momento al soggetto o, meglio, al


decentramento della questione del soggetto su quella della soggettivit. Il soggetto, tradizionalmente, stato concepito come essenza ultima dellindividuazione []. Diversamente, considerando
la soggettivit laccento sar piuttosto messo sullistanza fondatrice dellintenzionalit. Si tratta di
considerare il rapporto fra il soggetto e oggetto in relazione allambiente e di far passare in primo
piano listanza esprimente34.

Dal riduzionismo strutturalista si vuole dunque passare a una soggettivit parziale,


pre-personale, polifonica, collettiva e macchinica35: il divenire soggetto sottoposto
a condizioni economiche, sociali, mediatiche, tecnologiche che cambiano continuamente. Per questo Guattari adotta il termine caosmos, che viene da Joyce, per indicare
un caos composto, non previsto n preconcetto. Le macchine sociali, mediatiche e
linguistiche non sono pi qualificate come umane36. convinto che la prospettiva

31.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 109.
32.
Ivi, p. 101.
33.
Ibidem.
34.
Ivi, p. 39.
35.
Ibidem.
36.
Ivi, p. 27. Per sintetizzare le definizioni di caos e ambiente, si riporta un passo da T. Matts, Ritmi
e ambienti, il concetto di ritornello in Deleuze e Guattari, cit.: Caos il termine che Deleuze e
Guattari impiegano per descrivere la dimensione dinamica, indefinita e indeterminata della Natura, ed
paradossalmente precedente a e insieme coesistente con il mondo stabile delle forme. Pertanto minaccia
continuamente gli ambienti (milieu) stabili che sono prodotti dai ritmi che da esso emergono. Tuttavia
il caos non il contrario del ritmo, bens lambiente di tutti gli ambienti. [] Luso che Deleuze e
Guattari fanno del termine ambiente quindi propriamente tecnico, e il termine originale in Francese
milieu incorpora i significati di intermedio, di circondario, e anche di medio (come il medium in
62

corretta sia quella di allontanare le scienze umane e sociali dai paradigmi scientisti
per farle transitare verso paradigmi etico-estetici37. Allora non stupisce che Bourriaud
dedichi quasi per intero lultimo e pi consistente capitolo del suo libro Estetica relazionale38 proprio a una disamina delle macchine di produzione di soggettivit che si fonda
integralmente sul paradigma estetico di Guattari, qui forse recepito per la prima volta
come il perfetto omologo teorico delle strategie di interazione sociale attivate da quella
tendenza che da questo momento in avanti sar definita come arte relazionale. In
questa sede tuttavia non si abbraccia la proposta di allontanare, ma piuttosto si vuole
avvicinare, non cercando un ribaltamento ma ritenendo di poter contribuire cos alla
consapevolezza teorica e metodologica delle qualit estetiche degli oggetti computazionali.
La visione di Guattari anti-fenomenologica perch si oppone alloggettivazione e alla
reificazione della soggettivit, cercando invece di coglierla nella sua dimensione di creativit processuale. Sperimenta nel suo lavoro con i pazienti la produzione di nuove
soggettivit:
alcuni malati psicotici, originari di zone agricole povere, saranno spinti alla pratica delle arti plastiche,
a fare del teatro, del video, della musica, eccetera, universi fino ad allora loro estranei. Allopposto
burocrati e intellettuali saranno attratti da lavori manuali: in cucina, giardino, in cantina, al club ippico []. Si operano cos degli innesti di transfer che procedono non da dimensioni gi date della
soggettivit, cristallizzate in complessi strutturali, ma da una creazione e che quindi possono essere in
qualche modo riferite a un paradigma estetico. Si creano nuove forme di soggettivazione in analogia,
ad esempio, con il lavoro dello scultore che crea nuove forme a partire dai materiali di cui dispone39.

In questo senso la proposta di Guattari in sintonia con la ricerca da parte dellinteraction


design di forme di coinvolgimento espressivo dellutente:
al supermercato il tempo non consente n di apprezzare la qualit di un prodotto n di contrattare
per fissare il giusto prezzo. Linformazione necessaria e sufficiente ha evacuato le dimensioni esistenziali dellespressione40.

chimica). Anche la parola ritmo impiegata tecnicamente, e implica una forma di ripetizione che non
costante n metrica, bens differenziale. Si pu dire che il ritmo sia la replica degli ambienti al caos,
come anche lo strumento con il quale essi si distinguono luno dallaltro, pur rimanendo in qualche
modo comunicanti, spesso per vie oblique (questo ci che comunemente si definisce ecologia).
37.
Ivi, p. 28.
38.
N. Bourriaud, Estetica relazionale, Postmedia Books, Milano 2010 [1998].
39.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 24.
40.
Ivi, p. 98.
63

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

Sono necessarie alcune precisazioni sulla nozione tecnica di espressione in Guattari e


in Deleuze41, facendo riferimento al contesto del design: in Mille Piani troviamo che
lespressivit non interessa soltanto lessere umano, ma tutto il mondo. Un bastone
un ramo di un albero de- e ri-territorializzato; un flauto di legno un bastone de- e riterritorializzato, e cos via42. Si tratta di una concettualizzazione che pu essere impiegata
con profitto anche nella costruzione della genealogia di uninterfaccia. Quando
rivolgiamo lattenzione al mondo animale, si nota che il divenire-espressivi dei suoi
appartenenti rivela che lessere umano non lunico a possedere una creativit che vada
oltre i suoi bisogni primari, ma semplicemente appartiene a una specie con una gamma
di affetti intesi in primis come capacit di influenzare ed essere influenzati, come si
vedr a breve diversa. Tutto il sistema vivente, e non solo secondo le nuove filosofie
materialiste, pervaso di unattitudine al divenire-espressivo. Da questa prospettiva
possibile comprendere diversamente le scelte consapevoli compiute dai designer, come
una sorta di consistenza ritmica istituita nel caos: questa co-evoluzione ha luogo tra
il soggetto (inteso come ambiente umano, interno) e gli ambienti esterni presenti nel
mondo.
La dimensione espressiva che auspica Guattari si pu ritrovare per esempio nei progetti
di sonificazione di Davide Rocchesso, Stefano Delle Monache, Pietro Polotti e Stefano
Papetti: acquistano una valenza critica perch rendono udibile ed espressivo il risultato
di azioni riconducibili alla quotidianit o a convenzioni sociali che provengono da
processi di soggettivazione attivati fin dallinfanzia, come quello dello stare a tavola nel
progetto Gamelunch43. Si tratta di uninstallazione interattiva in cui un comune tavolo
da pranzo e gli oggetti che stanno sopra di esso (posate, ciotole, piatti, e altri contenitori per cibo e bevande) sono aumentati in modo tale da restituire un feedback sonoro in
tempo reale che deterritorializza e riterritorializza sia il singolo gesto, sia lintera pratica
complessa di consumare un pasto con gli strumenti convenzionalmente impiegati.
Anche le macchine tecnologiche di informazione e comunicazione operano sulla e nella soggettivit, e chiamano in causa la responsabilit del design. Allopposto

41.
La semplificazione attuata in questa sede da ricondurre in parte al lavoro di sintesi di Tim Matts
in Ritmi e ambienti, il concetto di ritornello in Deleuze e Guattari, cit.
42.
Si tratta di un concetto fondamentale anche in termini di produzione di significato, di valore e
industriale.
43.
Cfr. per esempio: D. Rocchesso, P. Polotti, S. Delle Monache, Designing Continuous Sonic
Interaction, in International Journal of Design, vol. 3 n. 3, Dec. 2009, pp. 13-25.
64

Fig. 3.3, Davide Rocchesso, Stefano Delle Monache, Pietro Polotti e Stefano Papetti, il Gamelunch in alcune delle sue configurazioni.

dellatteggiamento che vuole suggerire allutente uninterazione critica troviamo


quello che inferisce intenzioni persuasive, un cui possibile modello teorico pu essere
identificato in quello complesso e raffinato descritto da Nathan Crilly44 e basato sul
Persuasion Knowledge Model (che riguarda la persuasione pubblicitaria) di Friestad e
Wight, che pu trasformarsi per in uno strumento critico se messo a disposizione
del consumatore, affinch sviluppi conoscenza di come funzionino i meccanismi di
persuasione aiutandolo a identificare come, quando e perch i venditori cerchino di
influenzarlo45. Anche per questo lesempio del Gamelunch sembra rispondere alletica
estetica che auspicava Guattari:

44.
Cfr. N. Crilly, Do Users Know What Designers Are Up To? Product Experience and the Inference
of Persuasive Intentions, in International Journal of Design vol. 5, n. 3, 2011, pp. 1-15. Per una
prospettiva diversa, post-determinista, si veda S. Detering, Persuasive Design in C. Wiedemann, S.
Zehle (a cura di), Depletion Design: A Glossary of Network Ecologies, Institute of Network Cultures,
Amsterdam 2012, pp. 113-116.
45.
Ivi, p. 1. Si aggiunge losservazione che, analogamente, il design spesso trae ispirazione e idee su
come cambiare il coinvolgimento degli utenti anche dalla retorica, dai modelli linguistici, e cos via.
65

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design


una simile estrazione di percetti e affetti46 deterritorializzati, a partire dalle percezioni e dagli stati
danimo banali, ci fa transitare dalla voce del discorso interiore e dalla presenza del s, in ci che in
essi vi pu essere di pi standardizzato, a itinerari verso forme di soggettivit radicalmente mutanti.
Soggettivit del di fuori, soggettivit dellapertura, che lungi dal temere la finitudine e le prove della
vita, del dolore, del desiderio, della morte, le accoglie come un pimento essenziale della cucina
vitale47.

Cos il design pu intervenire proprio nella definizione di macchine estetiche che, anzich assoggettarsi a loro volta ai sistemi sociali e di produzione, o rifiutarli a priori invocando rivoluzioni utopiche (come nel caso di Baudrillard) od oggetti para-funzionali,
possono agire come dotate di vita propria negli interstizi di ci che gli utenti danno per
scontato, ridefinendo il loro modo di stare al mondo e soprattutto la consapevolezza
di un ambiente che non esiste in funzione delluomo, ma che pervaso da processi di
deterritorializzazione e riterritorializzazizone che coinvolgono anche i mondi animale,
vegetale e minerale, senza soluzione di continuit. Si tratta di affidare alle macchine
estetiche interattive una funzione critica il pi possibile aperta, che stimoli il coinvolgimento affettivo, che sia conoscibile non per rappresentazione (Norman) ma per
contaminazione affettiva. Macchine che iniziano a esistere in voi, malgrado voi [].
Laffetto concerne non la rappresentazione e la discorsivit, ma lesistenza48.

3.1.3. Desoggettivazione
Nelle ultime pagine di Estetica relazionale49, Bourriaud sottolinea a pi riprese come
Guattari aspiri a spostare lattenzione dallesperienza del fruitore (o dellutente): come
si detto, infatti, la sua una prospettiva anti-fenomenologica (in questa tesi la si vuole
adottare invece come complementare a quella fenomenologica). Lesperienza estetica
diverte temporaneamente ma lasciando segni permanenti sul soggetto, allontana dalle
consuetudini: estrae dal caos e dalla complessit percorsi inediti che possono guidare
nuovi processi di soggettivazione. Se questi percorsi si ripetono come dei ritornelli50,

46.
Cfr. 3.2.3.
47.
F. Guattari, Caosmosi, cit., p. 98.
48.
Ivi, p. 101.
49.
N. Bourriaud, Estetica relazionale, cit.
50.
Deleuze e Guattari mostrano in Mille Piani come la musica costituisca un coerente modello della
natura e del cosmo, e in particolare come il ritornello serva a dare ordine e struttura al territorio proprio
di ogni individuo, inteso nella sua componente soggettiva (cfr. 4.5. in questa tesi).
66

possono sedimentarsi andando a strutturare un nuovo soggetto, e se si intensificano


fuori misura possono sfociare in ossessioni, come quelle causate in alcuni soggetti dal
gioco dazzardo, dalla pornografia, dai videogame, dal desiderio dellultimo smartphone
o tablet, o dal loro utilizzo compulsivo per i motivi pi disparati. Se il ritornello naturalizza lesperienza estetica del soggetto nellambiente, la nevrosi una sua degenerazione che produce uno svuotamento della soggettivit, e questo riconosciuto da
Bourriaud e da Agamben51, rifacendosi ancora a Guattari, come un tratto distintivo del
tardo capitalismo: la territorializzazione avviene nelle merci perch esse stesse vengono
presentate come territori, e questo pu accadere anche su una scala collettiva, pi ampia di quella del singolo individuo. Entrano in gioco forze pre-individuali che portano
a desiderare compulsivamente cose inumane. Per questo per Guattari fondamentale
considerare lesperienza estetica in una prospettiva ecosofica, perch pu contribuire
allauto-produzione (o autopoiesi) di una soggettivit che si arricchisca continuamente
nella sua relazione con lambiente, in modo tale che il ritornello non diventi un loop
senza uscita. Il modello macchinico ma anti-meccanicista:
vorremmo considerare la problematica delle tecniche come sovradeterminata da quella delle macchine []. Le concezioni meccaniciste privano la macchina di tutto ci che le permetterebbe di eccedere lo statuto di una semplice costruzione partes extra partes. Le concezioni vitaliste la assimilano
agli esseri viventi; a meno che non siano gli stessi esseri viventi ad essere assimilati alla macchina. La
prospettiva cibernetica, aperta da Norbert Wiener, considera i sistemi viventi come macchine particolari dotate di un principio di retroazione. Alcune concezioni sistemiche pi recenti (Humberto
Maturana e Francisco Varela) sviluppano il concetto di autopoiesi (autoproduzione) riservandolo alle
macchine viventi52.

Cos sono macchine anche i gruppi sociali, il corpo, e alcuni strumenti scientifici e
teorici. Per Agamben, con la tecnologia contemporanea il soggetto si demoltiplica (in
un processo schizofrenico) e dequalifica: per questo parla di desoggettivazione invece
che di riterritorializzazione e ri-soggettivazione. In effetti, qualcosa di simile sembra
avvenire nella moda e nelle tendenze giovanili: se venti o trentanni fa la moda serviva
ancora ad identificare gli individui in gruppi sociali e politici tramite appartenenze (che
avvenivano tramite soggettivazioni, assoggettamenti) a stili di vita preconfezionati, oggi
viene pi spesso usata per distaccarsene, sebbene spesso con esiti paradossali. Quella che
in Dunne e Raby la necessit critica, per Agamben limportanza della profanazione
dei dispositivi, che potremmo intendere come una forma di de-sacralizzazione che pu

51.
G. Agamben, Che cos un dispositivo?, cit.
52. Cfr. F. Guattari, Caosmosi, cit., pp. 48-49.
67

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

avvenire per esempio tramite lhacking. Agamben mostra lanalogia con il funzionamento
delle religioni mediante consacrazione (tramite sacrificio) e profanazione (tramite la sua
controparte), interpretando di fatto le stesse religioni come dispositivi53. I dispositivi
del capitalismo sono per pi difficili da profanare: lidentit e la libert dei soggetti
vengono acquisite proprio nel processo di assoggettamento di cui si servono i sistemi
politici ed economici; cos la profanazione inevitabilmente sovversiva, ed proprio
questa sovversione che Agamben auspica urgentemente per uscire dallo stato attuale
delle cose. Carmagnola definisce il problema con una sfumatura diversa, ma il senso
rimane lo stesso ai fini di questa indagine: in questa economia il consumatore
insieme attivo e sottomesso: attivo in quanto il circuito dei suoi desideri innesca e tiene in vita una
produzione di beni la cui destinazione primaria si allontana dal valore duso; sottomesso in quanto
spinto da quella pulsione fittizia che gli psicoanalisti definiscono come godimento coatto: coazionea-godere, attraverso le merci54.

La rappresentanza diventa assoluta, cio indifferente55, ogni bene diventa potenzialmente rappresentativo, perfino la sua storia pu essere prodotta artificialmente dalla
fiction mediale. Bernard Stiegler parla di miseria simbolica a proposito del modo in
cui la sincronizzazione della coscienza nella societ iper-industriale produce una specifica economia della vita affettiva56, sostenendo che la massificazione del consumo
abbia prodotto un inaridimento dellattaccamento estetico alle singolarit, agli oggetti
singolari57, e di conseguenza una perdita strutturale dellindividuazione. Trasferita
nellambito del design, questa posizione potrebbe suggerire linvito a un ritorno alle
singolarit che fa pensare a soluzioni lo-fi o low-tech58.
Pi linterfaccia trasparente, pi il soggetto esonerato dallobbligo di mettere a nudo
lartefatto nella sua interazione con esso: la soggettivazione e la riterritoralizzazione
sono guidate dal dispositivo, che quindi induce comportamenti che diventano abitudini, se si perde il controllo sulla ritornellizzazione. Il dilagare dei dispositivi materiali

53.
G. Agamben, Che cos un dispositivo?, cit., pp. 27-28.
54.
F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., p. 11.
55.
Ivi, p. 34.
56.
In I. James, The New French Philosophy, Polity Press, Cambridge 2012, p. 78.
57.
Ibidem.
58.
Sorprende dunque ancora meno che James, adottando la prospettiva di Rancire, metta in luce la
posizione elitista di questo concetto in Stiegler. Cfr. ibidem, p. 79.
68

ovviamente connesso con lestremo sviluppo del capitalismo59 ma, gettando lo guardo
oltre le considerazioni di Agamben, bisogna far notare che abolire i dispositivi significherebbe anche abolire i medium tra noi e lambiente (quello che Agamben chiama
Aperto). I limiti pi importanti di questa posizione, secondo chi scrive, risiedono
nel rischio di tornare a considerare il medium come messaggio e, come parziale conseguenza, nel non poter parlare al design dellinterazione e nemmeno agli utenti, che
tramite lesercizio della critica possono inventare usi alternativi. Prendiamo ad esempio
le mosquito ringtones60: nel 2005 Howard Stapleton mise a punto il Mosquito61, un
dispositivo di controllo sociale finalizzato a disincentivare laggregazione spontanea
di adolescenti in luoghi ove la loro presenza rumorosa e disordinata non fosse gradita,
mediante lemissione di suoni fastidiosi ad alta frequenza (circa 17-22 kHz) che con
la naturale perdita delludito dovuta allet (presbiacusia) tendono a non essere pi
percepibili dagli adulti. Di l a poco i teenager iniziarono a impiegare lo stesso principio
per generare e scaricare suonerie per i loro telefoni cellulari, disponendo cos di segnali
inaudibili ai loro genitori e ai loro insegnanti (o per lo meno ad alcuni di loro), comunicando via SMS anche nelle aule scolastiche e durante i compiti in classe senza essere
notati62.

3.1.4. Desiderio e scelte


Sono molti i concetti connessi a quello di soggettivit che troviamo nei testi che hanno
proseguito sulla strada inaugurata da Deleuze e Guattari con lAnti-Edipo (1972)63,
seppure talvolta con deviazioni significative. In questa sede sembrato opportuno limitarsi a quelli basilari per cominciare a gettare una luce nuova sugli approcci estetici
allinteraction design. Tra questi, pu essere utile accennare a quello di desiderio. Ne
Lanti-Edipo, Deleuze e Guattari introducono il concetto di macchine desideranti, a cui

59.
Ivi, pp. 23-24.
60.
Cfr. www.freemosquitoringtones.org
61.
Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/The_Mosquito e il sito del produttore: www.compoundsecurity.
co.uk/security-information/mosquito-devices
62.
Sulle strategie di controllo sociale esaminate sulla base di un framework analogo a quello proposto
in questo capitolo si veda soprattutto S. Goodman, Sonic Warfare. Sound, Affect, and the Ecology of Fear,
The MIT Press, Cambridge 2010.
63.
G. Deleuze, F. Guattari, Lanti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, cit.
69

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

appartengono anche gli individui umani64. In estrema sintesi si attribuisce la rimozione


del desiderio, portatore di vitalit e innovazione, alla repressione sociale: ad esso le
sovrastrutture sociali sostituiscono credenze e rappresentazioni indotte, mediante quelli
che poco fa si sono definiti processi di soggettivazione.
In un testo sullestetica pubblicato appena lanno successivo, Dal significato alle scelte
(1973) 65, Gillo Dorfles analizza, da una prospettiva semiotica e radicalmente diversa,
i meccanismi che possono sovraimporre determinate scelte ai consumatori, agli utenti
e ai fruitori, arrivando a formulare dei concetti che intersecano quelli dellAnti-Edipo.
Dorfles distingue tra preferenza e significato, ossia tra proairetica e semantica66, e lungo
la sua disamina emerge anche da qui che lindividuo sempre pi isolato nelle sue
scelte, eppure ci non implica che le compia in autonomia67, come mostra in modo
evidente il significato stesso della parola moda. Per mettere in atto cambiamenti
necessaria prima di tutto la consapevolezza da parte dellindividuo, serve che eserciti
unazione disequilibrante contro le strutture cristallizzate, statiche, simmetriche della
societ68, e in questo aspetto asimmetrico Dorfles indica la chiave per la consapevolezza, in un certo senso identificando in esso lapporto critico e propositivo, e forse
prefigurando lasimmetria uomo-macchina che si invita a esplicitare in questa sede, e
che invece il design tende ancora a ricondurre a simmetrie confortanti ma forzate: solo
lasimmetria consente linsorgere di proairsi e dunque di operare scelte autentiche, la
stessa asimmetria che contraddistingueva le manifestazioni estetiche (arte, moda, eccetera) del tempo in cui scriveva, mentre i sistemi sociali tentano sempre di imporre il
simmetrico che rassicurante, stabilizzante, e garantisce lordine.
Neanche la sua idea di uomo-strumento69 sembra inconciliabile con il concetto di
macchina di Deleuze e Guattari; un minimo comun denominatore si ritrova in La-

64.
In seguito mostrano come ad ogni tipo di societ si possa far corrispondere un tipo di macchina,
per esempio quelle cibernetiche e i computer per le societa di controllo.
65.
G. Dorfles, Dal significato alle scelte, Castelvecchi, Roma 2010 (II ed.) [1973]. Lautore sottolinea
anche la responsabilit del design nel sentirsi chiamato in causa per una etica proairetica, intendendolo
quindi come attivit basata sopra un elemento preferenziale etico destinato a guidare le azioni del
progettista (ibidem, p. 142), anticipando in parte nella formulazione il paradigma etico-estetico che si
ritrover in Caosmosi di Guattari.
66.
Ivi, p. 15.
67.
Ivi, p. 8.
68.
Ivi, pp. 23-24.
69.
Ivi, pp. 113-114.
70

can, nel suo interesse per la schizofrenia in relazione a ideologie in grado di spingere
lessere umano allabiezione, e ad aberrazioni ideologico-politiche. E ancora, i fattori determinanti per Dorfles della situazione e della funzione delluomo nella societ
contemporanea in rapporto al suo habitat70, ovvero la memorizzazione affettiva, i
rapporti intersoggettivi tra abitanti, la riconoscibilit del territorio e dellambiente71
e la presenza pi o meno consistente di simbologie nellambiente72, anticipano in parte
il concetto di nomadismo messo a punto in Mille Piani73 e riprendono quelli di de- e
ri-territorializzazione, anche se con conseguenze diverse:
il distacco rispetto al proprio ambiente, agli edifici che lo compongono, ai frammenti di natura
(verde pubblico, fiumi, stagni) che ancora contiene, dovuto appunto al vorticoso avvicendarsi delle
costruzioni, dei mezzi di trasporto, degli insediamenti umani []. Al disinteresse affettivo saccompagna un altrettanto acuto disinteresse estetico. E questo vale per quasi ogni parte del mondo, salvo
per alcune aree privilegiate dove ancora la vita si svolge secondo una tradizione antica74.

Deleuze e Guattari vedono nella schizofrenia i germi per una possibilit vitale di rinnovamento, mentre latteggiamento di Dorfles pi prudente e conservatore, ma le
loro analisi della loro epoca, in parte ancora valide, sono forse pi vicine di quanto
si sia finora sospettato. Inoltre, il testo di Dorfles ci interessa perch si proponeva di
guardare ai problemi dellattualit attraverso le pratiche e le consuetudini estetiche di
quello stesso periodo, senza escludere quindi i riferimenti teorici provenienti da diverse
discipline, n le avanguardie artistiche per quanto concerneva il loro valore in relazione
alle preferenze del mercato e degli addetti ai lavori (come nel caso dellarte concettuale): mostra ancora oggi come larte sia una cartina al tornasole utile anche al design
in quanto sensibile agli eventi, magari apparentemente slegati tra loro, che hanno il
denominatore comune dellattualit e del pensiero dominante75.

70.
Ivi, p. 136.
71.
Laccezione di ambiente impiegata da Dorfles sembra qui meno estesa rispetto a quella di milieu
(ambiente, in italiano) definita in Deleuze e Guattari: pare sottintendere specialmente linsieme delle
condizioni fisico-chimiche e biologiche pi che linsieme di spazio circostante, condizioni sociali,
eccetera, e di tutte le relazioni che li legano. Tuttavia, nelle considerazioni di Dorfles sembra ci sia
sufficiente margine per poterla estendere e raccordare a quella che si trover alcuni anni dopo in Mille
Piani.
72.
Ivi, pp. 133-142.
73.
Cfr. il sottocapitolo Modello estetico: larte nomade in G. Deleuze, F. Guattari, Mille Piani.
Capitalismo e Schizofrenia, cit., pp. 582-589.
74.
Ivi, p. 140.
75.
Ivi, pp. 77-78.
71

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

3.2. Le interfacce come medium: nuove prospettive estetico-ecologiche


Nel 2005 viene pubblicato Media Ecologies. Materialist Energies in Art and Technoculture di Matthew Fuller76 e suscita le reazioni di chi, abituato a pensare alle media
ecologies nellaccezione di McLuhan e Postman fino ad allora condivisa77 e sintetizzabile
con il celeberrimo statement il medium il messaggio78, si trova di fronte allimpiego
di una locuzione familiare in una prospettiva radicalmente nuova. Si lasciano qui da
parte le diatribe interne allambito di studi e alle diverse prospettive per concentrarsi
sul contributo di Fuller, a cui si era gi accennato nel primo capitolo proprio a partire
dalla sua definizione di interfaccia (1.1.): gi da qualche anno andava proponendo una
forma di software criticism basata come si visto sul considerare linformatica un fatto
culturale, e orientata al guardare criticamente alle sue relazioni con lesercizio del potere
e del controllo sociale, cercando di far emergere nuove strategie di intervento per creare
consapevolezza, quale per esempio un nuovo tipo di rivista di computer79 destinata
proprio alla diffusione di approcci critici. Fuller rimprovera allHCI di fondare la sua
retorica sulla sovranit dellutente80, talvolta senza chiedersi a quale modello di persona ci si riferisca, se non dando per scontate identit fittizie, e come esso venga plasmato
dallinterazione con le macchine. Incolpa di conseguenza il funzionalismo, come aveva
gi fatto Dunne: lenfasi sulla percezione e sulla funzione ha separato lutente dal contesto81. Con queste premesse (o forse allinverso, con queste come conseguenze) non
sorprende che Fuller abbia trovato un bacino di potenziali risorse proprio negli strumenti della filosofia di Deleuze e Guattari82 pur mettendone in luce contraddizioni e

76.
The MIT Press, Cambridge 2005.
77.
Cfr. C.M.K. Lum, Perspectives on Culture, Technology and Communication: The Media Ecology
Tradition, Hampton Press, New York 2005. La locuzione media ecologies impiegata anche in settori
disciplinari diversi (per esempio quello del business), ma qui si prendono in considerazione soltanto
lambito dei media studies e quello dellHCI. Per una genealogia delle media ecologies si veda soprattutto
M. Goddard, Towards an Archaeology of Media Ecologies: Media Ecology, Political Subjectivation
and Free Radios, in M. Goddard, J. Parikka (a cura di), The Fibreculture Journal, n. 17: Unnatural
Ecologies, Open Humanities Press, April 2011, pp. 6-17.
78.
Cfr. M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare. Mass media e societ moderna, Il Saggiatore, Milano
1967 [1964]
79.
M. Fuller, Behind the Blip. Essays on the culture of Software, Autonomedia, New York 2003, p. 11.
80.
Ivi, p. 12.
81.
Ivi, p. 14.
82.
Ivi, pp. 18-22. Il testo a cui fa principalmente riferimento Che cos la filosofia? (Einaudi, Torino
72

limiti a partire dalla possibilit di arrivare a concettualizzare una soggettivit digitale.


Fuller decide di impiegare la locuzione media ecologies proprio perch gli sembra
poter dare conto degli incroci di concetti e di discipline che chiama in gioco e perch,
nonostante la sua ambiguit, una nuova prospettiva sui concetti che sottende pu
gettare nuova luce sul tipo di artefatti e di relazioni di cui quel campo di studi si era
occupato fino a quel momento83. Su quali modelli rifondare e rivedere quegli approcci?
Anche in questo caso, la risposta individuata soprattutto nei lavori pi recenti di
Guattari e nelle teorie neo-materialiste (come quelle di Manuel DeLanda84), adottando
il modello di un mondo materiale che esiste a prescindere dalla mente e dal soggetto, in
unestensione ma in parte anche in contestazione del materialismo marxista. Ma nel
perseguire il suo scopo di contribuire allo sviluppo di una nuova estetica per gli artefatti
dellera delle macchine elettroniche e digitali, Fuller si concentra pi su analisi critiche
di esempi concreti che su articolazioni e concatenazioni teoriche (che sono invece lo
scopo principale di questa tesi), guardando sia al mondo dellarte istituzionalizzata
sia soprattutto, come suggeriva Guattari, a quello delle manifestazioni spontanee (da
cui il paradigma proto-estetico), come le radio pirata di Londra negli anni 90 e 0085,
territorio di acclarata innovazione e sperimentazione da parte di una cultura che si
era auto-organizzata servendosi di un medium. Ci sono ancora molti nodi da sciogliere
in questo approccio, ma Media Ecologies ha avuto il merito di portare a un dibattito
e ad aperture i cui esiti si possono rintracciare per esempio nel n. 17 dellaustraliano
Fibreculture Journal, intitolato Unnatural ecologies86, che raccoglie contributi che
si trovano tutti in stretta relazione alla proposta di Fuller e che hanno pi o meno
direttamente un debito verso lecologia estetico-politica di Guattari e di Bateson (anche
per questo non-naturale), considerando la tecnologia e i medium come dotati di
materialit, come materiali a tutti gli effetti che, insieme a tutti gli altri, contribuiscono
alle ecologie macchiniche, in perenne divenire87. Il numero si conclude con un articolo

1996 [1991]), in cui Deleuze e Guattari chiariscono specificit e intersezioni di filosofia (concetti),
scienza (funcetti), e arte (affetti e percetti), accomunate per esempio tutte dallesercizio della creativit.
83.
M. Fuller, Media Ecologies. Materialist Energies in Art and Technoculture, cit., p. 3.
84.
Per una panoramica sul suo lavoro si veda per esempio M. DeLanda, A New Philosophy of Society:
Assemblage Theory and Social Complexity, Continuum, London 2006.
85.
Prendendo spunto anche in questo caso da Guattari, che negli anni 70 aveva studiato le radio libere
italiane, riportando soprattutto il caso della bolognese Radio Alice.
86.
M. Goddard, J. Parikka (a cura di), The Fibreculture Journal, n. 17, cit.
87.
Ivi, nelleditoriale dei curatori, p. 1.
73

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

dello stesso Matthew Fuller88 che questa volta, pur rivendicando il ruolo della teoria,
che delinea traiettorie attraverso le ecologie dei media e informa le interfacce89, la
dichiara sempre e necessariamente faulty, mancante di qualcosa e parzialmente errata,
rappresentante sempre di un solo punto di vista, di una sola prospettiva. Ma proprio
nelle pieghe tra la teoria e ci che essa rappresenta che ci si pu insinuare; Fuller lascia
intendere che in quegli interstizi c la possibilit di ripensare le interfacce, come mostra
lesempio di Alfred Jarry con la sua patafisica come doppio (paradossale, ironico e
geniale) della conoscenza scientifica90, faulty theory per eccellenza utile a riflettere sul
reale, esercizio critico che trascende la mera dimensione surreale.
Come gi si scritto nel primo capitolo (soprattutto in 1.2.), una delle critiche pi
compiute e radicali alle precedenti teorie sui medium viene per da Alexander Galloway91, per il quale linterfaccia non pi un oggetto ma un effetto, una zona autonoma
di attivit estetica, da considerare in una nuova prospettiva ecologica, dunque in relazione allambiente e ai condizionamenti politici che si assumono essere quelli della
societ del controllo di cui scriveva Deleuze92, radicalmente diversa dalle societ disciplinari che, come mostrava Foucault, miravano alla normalizzazione dellindividuo. Il
controllo oggi avviene mediante una sorta di panopticon elettronico: alla trasparenza
delle interfacce corrisponde la trasparenza (vera o presunta) dei dati personali, delle storie, della disponibilit delle informazioni. Il potere distribuito, spalmato sulle diverse
istituzioni politiche, sociali ed economiche; non pi esercitato da un sovrano o da
unoligarchia ma macchina autopoietica, si auto-controlla in modo sovra-personale e
disumanizzato ( questa una delle questioni che Galloway riprende dalla filosofia neomaterialista). Per questo anche linterfaccia, che lo rappresenta, pu essere considerata
autonoma, disumanizzata, guidata da logiche sovra-personali. Galloway non interessato a una disamina delle interfacce sulla base di quelle che funzionano bene o male per

88.
M. Fuller, Faulty Theory, ibidem, pp. 69-81.
89.
Ivi, p. 69.
90.
La patafisica viene definita come la scienza delle soluzioni immaginarie in A. Jarry, Gesta e opinioni
del dottor Faustroll, patafisico, Adelphi, Milano 1984 [1911]. Si tratta di una delle opere di narrativa
pi influenti e rivoluzionarie del Novecento, ancora oggi punto di riferimento per chi cerca strategie
rivoluzionarie o non convenzionali. Forzare il pensiero di Jarry per tentare di sovvertire le logiche del
mercato pu per rivelarsi unimpresa utopica e controproducente, come alcuni hanno rimproverato a
Baudrillard.
91.
A.R. Galloway, The Interface Effect, cit.
92.
In G. Deleuze, Pourparlers (1972-1990), Minuit, Paris 1990, pp. 240-247.
74

lutente, che sono riflettenti o trasparenti, bens, allegoricamente, al loro ruolo politico
(inteso in senso ampio): linterfaccia la manifestazione ubiqua ed emblematica della
cultura digitale e della societ di oggi, per cui nel pensarla indispensabile cominciare
ad aggiungere queste dimensioni a quelle fenomenologica, formalista, pragmatista, e
via dicendo. Linterfaccia diventa uno strumento per decifrare il presente, un dispositivo allegorico93 che, riconducendo il ragionamento di Galloway allo scopo di questa
tesi, necessario sottoporre a operazioni critiche sia da parte di chi ha il compito di
progettarla, sia da parte di chi la usa quotidianamente. Inoltre, se la definizione di Galloway corretta, allora anche dellideologia si pu dire che uninterfaccia, per esempio
tra la societ e i sistemi di potere, e una nuova teoria dellinterfaccia dovrebbe a sua
volta estendere la sua influenza su contesti diversi, compreso quello delle scienze sociali.

3.2.1. Nuovo materialismo


Prima di provare a delineare una possibile conseguenza di questo punto di vista
sullinteraction design, si ritiene necessario dare conto brevemente del contributo di almeno una delle traiettorie che il pensiero filosofico degli ultimi anni ha intrapreso sulla
scorta dei testi di Foucault e soprattutto di Deleuze e Guattari. La scelta ricade quasi
inevitabilmente sul neo-materialismo (o nuovo materialismo94) sia per lattenzione che
sta iniziando a ricevere da parte di chi si occupa di HCI, e ancor di pi di arte interattiva e virtuale, sia per gli strumenti teorici di cui si serve, come per lappunto la
nozione di affetto che sar discussa a breve. Inoltre, tra le diverse tendenze dei nuovi
approcci materialisti (attivista, discorsivo, eliminativo, naturalista, retorico, trascendentale, vitalista, eccetera) si concentrer lattenzione su quegli autori e quei concetti
che si ritengono pi utili in questa sede. La paternit della locuzione new materialism
si attribuisce allartista multimediale, filmmaker, programmatore, software designer e
filosofo autodidatta Manuel DeLanda95, messicano trapiantato negli USA, per il quale

93.
A.R. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 76.
94.
Essendo la maggior parte della letteratura in lingua inglese, salvo specialmente per il contributo di
alcuni francesi, la dicitura comunemente pi impiegata new materialism, ma alcuni preferiscono neomaterialism.
95.
In The Geology of Morals: A Neomaterialist Interpretation, in Virtual Futures 95 Conference
proceedings, Warwick University, 1995 (disponible allindirizzo http://www.t0.or.at/delanda/geology.
htm ). Il termine new materialism stato usato indipendentemente e quasi contemporaneamente anche
75

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

linterazione una componente fondamentale dellecologia che la scienza moderna ha


troppo spesso dimenticato: studiando un ambiente, si finisce solitamente per scomporlo in elementi sempre pi specializzati, in parti sempre pi piccole, perdendo di
vista le relazioni tra esse. Da Deleuze e Guattari ha tratto ispirazione proprio per riportare lattenzione sulle qualit di queste interazioni, alla ricerca di strumenti idonei
per coglierne le propriet, e questo ha condotti lui e altri filosofi a guardare oltre le
rappresentazioni e le prospettive umane, considerando invece tutto il sistema nonumano che esiste indipendentemente da noi e dalle nostre percezioni e sensazioni, e
che attivo e dinamico. I suoi War in the Age of Intelligent Machines96 e A Thousand
Years of Nonlinear History97 riscrivono la storia dellera delle macchine e dellultimo
millennio da un punto di vista completamente nuovo, dove i mondi della tecnologia
e quelli animale, vegetale e minerale sono altrettanto importanti delle azioni umane.
Basta guardarsi attorno per riconoscere la presenza di strutture complesse in continuo
divenire (come gli eventi atmosferici) che non hanno mente n organi98: la materia ha
capacit morfogenetiche proprie99. Pur dovendo fare i conti con Marx, trattandosi comunque di una forma di materialismo, DeLanda rifiuta lapriorismo della sua politica
economica, e lantropocentrismo della sua teoria dei valori. Il nuovo materialismo si
propone insomma come una nuova metafisica100, che costringe chi la adotta a riscrivere
da questa prospettiva non soltanto la storia, ma anche e soprattutto il presente. Le questioni della rappresentazione/astrazione (dallumano) e del materiale/immateriale sono
fondamentali per le teorie sui medium. Gli anni 80 e 90 sembravano profetizzare la
dematerializzazione dellinformazione, seguendo una tendenza che il mondo dellarte

dallitaliana Rosi Braidotti, sempre a partire dalle prospettive immanenti di Foucault e di Deleuze, ma
con unorientamento spiccatamente rivolto a questioni di genere (e dunque femministe, tanto che il
nuovo materialismo di Braidotti stato da lei stessa equiparato a una forma di anti-maternalismo). Uno
dei tentativi pi riusciti nel dare una visione complessiva del nuovo materialismo, tramite i suoi principali
protagonisti, il libro: R. Dolphijn, I. van der Tuin, New Materialism: Interviews and Cartographies,
Open Humanities Press, Ann Arbor 2012.
96.
The MIT Press, Cambridge 1991.
97.
The MIT Press, Cambridge 1997.
98.
Per la nozione di corpo senza organi, su cui si deciso di non soffermarsi in questa tesi per dare
spazio a concetti pi basilari, si rimanda in primis a G. Deleuze, F. Guattari, Lanti-Edipo. Capitalismo e
schizofrenia, cit., dove stata formulata per la prima volta.
99.
Cfr. R. Dolphijn, I. van der Tuin, New Materialism: Interviews and Cartographies, cit., p. 43.
100.
Che Meillassoux definisce correlazionista (anti-assolutista), in opposizione a quella dominante
soggettivista a cui finisce per ascrivere anche Deleuze, cfr. ibidem, pp. 72-73.
76

aveva gi intuto101. Ma in tempi pi recenti divenuto impossibile ignorare limpatto


materiale dei dispositivi tecnologici, degli apparati dei medium con le loro connessioni
e interazioni. La ricerca di Antony Dunne va esattamente nella stessa direzione, esplorando lo spazio hertziano e relazionandolo al sensorio, rendendo manifesta (al sensorio)
la sua materialit: ci che sembra immateriale, come linformazione, in realt non lo ,
e per giunta si espande in un sistema di artefatti che sono palesemente materiali (per lo
pi inorganici), gli stessi che peraltro alimentano il capitalismo.
Anche nella filosofia di Brian Massumi, uno dei pi fedeli a Deleuze, giocano un ruolo
fondamentale larte interattiva, i nuovi medium e il virtuale102, ma la sua posizione
meno radicale, ancora in parte soggettivista e interessata allevento103, sebbene questo sia
pensato come ricco di movimento e di divenire. Massumi sottolinea nettamente come
linterazione non sia mai neutrale, riprendendo Foucault104: le esperienze immediate mostrano un pericolo che peggiore del realismo ingenuo: il suo esatto opposto,
il soggettivismo ingenuo105; la fenomenologia andrebbe dunque ribaltata in quanto
riguarda un soggetto senza soggettivismo, costruito da meccanismi esterni106.

3.2.2. Dallecologia delle affordance a unecologia degli affetti?


Da quanto si scritto nel capitolo precedente, appare evidente che il modello ecologico
per linteraction design basato sulle affordance, cos come laveva formulato Donald
Norman sulla base della psicologia della percezione gibsoniana, oggi ritenuto uno
strumento non pi sufficiente per lo meno da solo a fornire risposte alle questioni
ecologiche pi ampie che si sta ponendo lHCI107, e che chiamano in causa per esempio

101.
Cfr. per esempio R. Lippard (a cura di), Six Years: The dematerialization of the art object, University
of California Press, Berkeley 1973.
102.
Cfr. B. Massumi, Parables For The Virtual. Movement, Affect, Sensation, Duke University Press,
Durham & London 2002 e Semblance and Event. Activist Philosophy and the Occurrent Arts, The MIT
Press, Cambridge 2011.
103.
Cos per lui scopo dellarte quello di creare situazioni aperte allinterazione, e non funzioni o
reazioni.
104.
B. Massumi, Semblance and Event. Activist Philosophy and the Occurrent Arts, cit., p. 47.
105.
B. Massumi, Parables For The Virtual. Movement, Affect, Sensation, cit., p. 2.
106.
Ibidem.
107.
Cfr. la tesi di dottorato di S. Delle Monache, Sonic Interaction. Research through Basic Design
(relatore: D. Rocchesso), discussa presso lUniversit Iuav di Venezia nel 2012, pp. 27 e sgg.
77

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

aspetti sociologici e relazionali. Il problema dellinterfaccia, per Norman, stava nella


sua stessa esistenza, nel suo essere interfaccia e, come si sostiene anche in questa tesi,
dunque medium:
le interfacce stanno in mezzo. Non voglio dedicare le mie energie allinterfaccia. Voglio solo concentrarmi sul lavoro che devo svolgere108.

Dagli anni 90 per sono cambiate molte cose, le interfacce digitali sono diventate
pervasive, o ubique per dirla con Dourish, e non riguardano pi soltanto gli strumenti
di lavoro che necessitano di essere confortevoli e di non distrarre gli utenti, ma anche
e soprattutto linterazione ecologica in tutti i contesti e i momenti della quotidianit
(perfino durante il sonno, come si dir nel capitolo seguente). Bisogna per riconoscere che lo stesso approccio di Norman non cos semplicistico e statico, dato che lui
stesso spiega chiaramente che lesperienza non pu mai essere ridotta soltanto allo svolgimento di un compito, ma per esempio coinvolge aspetti emozionali ed affettivi109.
Lapertura del concetto di affordance cos come laveva formulato Gibson ha lasciato
tuttavia dei margini per contestare la ristrettezza della formulazione di Norman, sebbene resti pressoch invariata la triade su cui si fondano quasi tutti i modelli basati su
di esso: percezione, stimolo, ambiente. Dourish, per esempio, contesta a Norman il
fatto di avere prima attribuito allambiente le affordance, come propriet fondamentali, divertendo lattenzione dalla loro caratteristica relazionale, e poi invece di averle
spostate sul piano cognitivo, mentale e percettivo, rifiutandosi ancora una volta di
soffermarsi sull(inter)azione110. Per questo un numero crescente di teorie ha iniziato a
ridimensionare limportanza delle affordance facendo crescere invece quella di emozioni
e affetti, ma cos si creata ulteriore confusione perch questi due termini sono spesso
stati impiegati come sinonimi111, considerando talvolta laffect, situato tra percezione e
azione, come qualcosa di individuale, soggettivo, in un rapporto ambiguo con la sfera
cognitiva (da alcuni vista come distinta da quella emotiva, da altri profondamente condizionata da essa): si era gi visto dalla mappatura del capitolo 2 come in tempi recenti,
e certamente in una relazione a doppio senso con la svolta estetica e con il fiorire di

108.
D. Norman, Why Interfaces Dont Work, in B. Laurel (a cura di), The Art of Human-Computer
Interface Design, Addison-Wesley, Menlo Park 1990, p. 210.
109.
Cfr. D.A. Norman, Emotional Design. Perch amiamo (o odiamo) gli oggetti di tutti i giorni, Apogeo,
Milano 2004 [2003].
110.
Cfr. P. Dourish, G. Bell, Divining a Digital Future. Mess and Mythology in Ubiquitous Computing,
cit., p. 75.
111.
Ibidem. Nella prospettiva di Dourish, emozioni e affetti sono qualit specifiche dellembodiment.
78

un umanesimo digitale, si sia iniziato a considerare lapproccio emozionale come un


complemento necessario a quello cognitivo. Tramite sensori di vario genere si cerca di
misurare e classificare lo stato emotivo dellutente (con il battito cardiaco, la risposta
galvanica della pelle, eccetera) e di innescare feedback e interazioni che lo possano
condizionare112. Vanno in questa direzione, per esempio, il progetto ancora acerbo di
Djajadiningrat e dei suoi collaboratori per un razionalizzatore (prototipo per Philips)
che possa mettere in guardia gli operatori finanziari dal compiere scelte azzardate sulla
base di eccessi emotivi113, e quelli di Jung, Altieri e Bardzell per superfici espressive
in contesti interattivi114. Il primo caso vuole proporre uno specchio delle emozioni,
nel quale lutente possa vedere riflessa lintensit delle sue emozioni115: un bracciale
misura la risposta galvanica sul polso dellutente, e i dati elaborati vengono visualizzati sia tramite led posizionati sul bracciale stesso, sia su di una ciotola che riflette
lintensit e il movimento emotivi in quelli luminosi, avvisando lutente di quando
sia necessario ripristinare una condizione pi rilassata prima di procedere nel prendere
decisioni su delicate transazioni finanziarie. Si tratta evidentemente di unoperazione
che sfrutta in parallelo due metafore molto semplici: la ciotola come doppio (o specchio) dellutente, nella quale egli pu guardare dallesterno la sua condizione interiore,
e lintensit luminosa (nellattivit dei led nella ciotola e nel bracciale) come doppio
dellintensit emotiva misurata sulla base della risposta galvanica della pelle. Questo
esempio, che pure testimonia di una svolta che appariva sempre pi necessaria verso il
coinvolgimento delle dimensioni emotiva e affettiva nellHCI, mostra un approccio
centrato interamente sullutente, noncurante delle condizioni ambientali che va a determinare soltanto da una prospettiva soggettiva: presuppone uninterfaccia che, come
nella teoria sui medium di McLuhan, ancora mera estensione funzionale dellessere
umano.

112.
Cfr. per esempio T. Djajadiningrat, K. Overbeeke, S. Wensveen, Interaction Frogger: a Designer
Framework to couple Action and Function through Feedback and Feedforward, in DIS 2004
Proceedings, ACM, New York 2004.
113.
T. Djajadiningrat, L. Geurts, P.R. Munniksma, G. Christiaansen, J. de Bont, Rationalizer: an
emotion mirror for online traders, in Design and semantics of form and movement (DeSForM) 2009, pp.
39-48.
114.
H. Jung, Y.L. Altieri, J. Bardzell, Computational Objects and Expressive Forms: A Design
Exploration, in CHI 2010 Proceedings, ACM, New York 2010, pp. 3433-3438.
115.
T. Djajadiningrat, L. Geurts, P.R. Munniksma, G. Christiaansen, J. de Bont, Rationalizer: an
emotion mirror for online traders, cit., p. 39.
79

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

Fig. 3.4, Tom Djajadiningrat e collaboratori, il prototipo dei due oggetti (bracciale
e ciotola aumentati) che compongono il Rationalizer, presentato per Philips nel
2009.

Per allargare gli orizzonti, quello che altri continuano a fare guardare a come concetti
analoghi, magari espressi dallo stesso vocabolo, siano impiegati in altre discipline.
Dourish e Bell, per esempio, trasferiscono le scoperte e le teorie sugli affetti e sulle
emozioni provenienti dalletnografia, ovvero le de- e ri-territorializzano, analogamente
a quanto avveniva al ramo di Mille Piani che diventava bastone, e da bastone flauto,
mantenendo la sua individualit ma cambiando identit. Basandosi sugli studi di
Catherine Lutz sulle emozioni degli abitanti della Mirconesia, e su quelli di Lila AbuLughod sullespressione affettiva dei beduini 116, Dourish e Bell giungono a estrapolare
alcuni concetti e metodi che possono contribuire allanalisi ecologica e alla formulazione
di un conseguente modello che possa informare il progetto di design dellinterazione.
Per esempio pu essere presa in considerazione una tassonomia delle emozioni sulla base
del contesto culturale, o una prospettiva generativa della cultura secondo la quale la

116.
Cfr. P. Dourish, G. Bell, Divining a Digital Future. Mess and Mythology in Ubiquitous Computing,
cit., pp. 77-78.
80

Fig. 3.5, Kirsten Boehner e collaboratori, alcune configurazioni assunte


dallinterfaccia di Affector collocata tra i due uffici.

cultura stessa un medium che contribuisce a plasmare ci che lutente ritiene reale,
oltre alle varie componenti della sua esperienza ecologica: la prospettiva fenomenologica di Dourish cos si arricchisce di quella culturale, da un punto di vista per certi
versi affine a quello dello strutturalismo (lemozione prodotta dalle convenzioni sociali e dalle circostanze) e dalle spiccate connotazioni etnografiche, ma con unapertura
verso la consapevolezza che lemozione stessa produttrice di cultura e di mutamenti:
lemozione interazionale, e non rappresentazionale.
Anche adottando la prospettiva di Dourish, potremmo affermare che il modello sotteso al Rationalizer di Djajadiningrat sia da evitare, in quanto linterfaccia riflette lo
stato dellutente ma in un modo che aspira ad essere trasparente, in-mediato, acritico.
Dourish e Bell portano invece lesempio dellapproccio che qui si considera critico
dellAffector di Kirsten Boehner e dei suoi colleghi117: si tratta di una finestra interpo-

117.
Ivi, p. 79. Si vedano P. Sengers, K. Boehner, S. Warner, T. Jenkins, Evaluating Affector: Co81

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

sta tra i due uffici di due colleghi, connessa a un sistema che distorce materiale video
ripreso in real time in entrambe le stanze sulla base delle condizioni di luce, dei colori di
arredi e abbigliamento degli utenti, e del movimento rilevato. Ciascuno dei due utenti
ha dunque unimmagine palesemente mediata dellaltro, una rappresentazione dichiaratamente critica e non realistica, come se il sistema stesso, linterfaccia, fosse dotato
di una propria individualit e intelligenza.
A differenza che nel Rationalizer, si pu notare come qui il sistema sia intersoggettivo
(rielaborando le espressioni di diversi utenti), critico (non essendo rappresentazionale
e funzionale ma semmai, rifacendoci alla terminologia di Dunne, para-funzionale), e
dotato di un sua autonomia (essendo loutput almeno parzialmente imprevedibile e
indipendente dal comportamento degli utenti): richiede coinvolgimento per imparare
a decifrarlo almeno in parte.

3.2.3. Affetti: ambiguit e nuove prospettive


La parola affetto deriva dal participio passato del verbo latino afficre che significa
influire, mettere in condizione118; come sostantivo rimanda comunemente alla dimensione affettiva e sentimentale, mentre come aggettivo significa attaccato, colpito, gravato119. Come si detto nelle pagine precedenti, negli studi sui new media e
nellestetica dellHCI il termine affetto trova un terreno fertile nel porsi come antidoto ai modelli che fanno uso della rappresentazione120 intesa come teoria della corrispondenza della verit tra rappresentante e rappresentato, ovvero in primo luogo
alle interfacce trasparenti: lo troviamo in Galloway, in Fuller, in Dourish (come si
detto) e in molti altri, spesso impiegato come sinonimo della sfera emozionale oppure definito negativamente come ci che non rappresentazionale n cognitivo. In
altri casi non definito affatto, resta un concetto ambiguo che afferisce a qualit generiche e non sistematizzate, oppure mantiene dei confini estremamente labili, come

Interpreting What Works, in CHI Workshop on Evaluating Affective Interfaces, 2005, e K. Boehner,
R. DePaula, P. Dourish, P. Sengers, How emotion is made and measured, in International Journal of
Human-Computer Studies, n. 65 (2007), pp. 275291.
118.
Cfr. A. Nocentini, dizionario Letimologico, Le Monnier, Milano 2010.
119.
Cfr. il Devoto-Oli, cit.
120.
Come quelli degli anni 90 di Norman, per lappunto.
82

in Jeffrey Bardzell121 che lo adopera per rifiutare parametri quali la misurabilit della
soddisfazione dellutente in contesti sperimentali e non ecologici, invitando invece a
considerare componenti quali lumore e la sociabilit. Un contributo importante alla
formulazione del concetto, ma i cui confini non sono ancora sufficientemente distinti,
quello di Brian Massumi, che identifica laffetto con le intensit di unesperienza,
dove la piacevolezza non coincide necessariamente con sensazioni allegre e dove le
condizioni al contorno possono sempre modificare quella che era lesperienza progettata, in perenne stato di sopensione122. proprio a partire dal suo gi citato Parables
for the Virtual: Movement, Affect, Sensation (2002) che iniziato nellultimo decennio
un dibattito sulla presunta svolta affettiva, o affective turn123, in ambito umanistico e
sociologico, e che sta iniziando a interessare il mondo dellHCI. Il numero di dicembre 2012 del Fibreculture Journal interamente dedicato alle affective interactions124:
da una parte testimonia dellinteresse crescente che gli strumenti teorici provenienti
da Deleuze, Guattari e dal nuovo materialismo stanno esercitando su chi si occupa di
interazione uomo-macchina, dallaltro mostra ancora una galassia di interpretazioni
nellimpiego del concetto di affetto riconducibili talvolta a mere suggestioni da cui
trarre ispirazione, oltre al fatto che si trovano molti esempi di arte interattiva ma ancora
molto poco design rivolto al mercato di massa o alle infrastrutture. Del resto, era stato
proprio Massumi a liberare la nozione di affetto a possibilit multiformi, per la vasta
mappatura delle quali si rinvia allesaustivo editoriale di Fritsch e Markussen125.
Perch sia possibile impiegare qui la nozione di affetto come strumento critico ed
operativo necessario prendere una posizione coerente con i modelli che si sono
andati consolidando fino ad ora, e stabilirne delle specificit e dei confini pi netti. La
definizione attorno alla quale si vanno assestando le diverse posizioni, consapevolmente
o inconsapevolmente, a partire proprio da Massumi, quella che deriva da Deleuze e
che stata in seguito interpolata dal nuovo materialismo e dalle teorie sui medium, e
che Deleuze a sua volta riprendeva da Bergson e prima ancora da Spinoza. Si cercher

121.
J. Bardzell, Interaction Criticism: An Introduction to the Practice, cit., p. 605.
122.
Cfr. per esempio B. Massumi, Parables For The Virtual. Movement, Affect, Sensation, cit., pp. 2328.
123.
Cfr. per esempio P.T. Clough, J. Halley (a cura di), The Affective Turn: Theorizing the Social, Duke
University Press, Durham & London 2007.
124.
J. Fritch, T. Markussen (a cura di), The Fibreculture Journal, n. 21: Exploring Affective Interactions,
Open Humanities Press, December 2012.
125.
Ivi, pp. 1-9.
83

qui di seguito proprio di istituire alcuni punti fermi al fine di disporre di un concetto
che possa essere impiegato in una teoria estetica ecologica anche per la disciplina del
design dellinterazione.
La prima cosa da chiarire che si considerano gli affetti in relazione con le emozioni,
ma antecedenti rispetto ad esse: possono riguardare parimenti esseri viventi e non viventi, sono delle propriet relazionali che fungono da colla ontologica del mondo,
come suggerisce Massumi. NellEtica di Spinoza, affetto indica la variazione prodotta
in un corpo per via della sua interazione con un altro corpo, o sistema, che pu aumentare o diminuire le sue potenzialit di azione:
1. Chiamo causa adeguata quella, il cui effetto percepibile chiaramente e distintamente mediante
essa, e inadeguata, o parziale, quella, il cui effetto non pu essere inteso mediante essa sola.
2. Dico che noi agiamo, quando avviene, in noi o fuori di noi, qualcosa di cui siamo causa adeguata,
cio (per la definizione precedente) quando segue dalla nostra natura qualcosa in noi o fuori di noi,
che pu essere inteso chiaramente e distintamente soltanto per mezzo di essa. Dico viceversa che noi
patiamo, quando in noi avviene qualcosa, o qualcosa segue dalla nostra natura, di cui noi non siamo
se non causa parziale.
3. Per affetto intendo le affezioni del corpo, da cui la potenza di agire del corpo stesso viene aumentata o diminuita, aiutata o impedita, e insieme le idee di queste affezioni 126.

in Mille Piani di Deleuze e Guattari che laffetto diviene compiutamente intensit


pre-personale, indipendente dal soggetto, propria in particolare del regime dellarte
(estetico) insieme ai percetti (che non sono pi percezioni, in quando anchessi
indipendenti dallo stato di chi li esperisce): affetti e percetti sono entit che non
necessitano della presenza umana per sussistere. Semmai, luomo stesso composto da
affetti e percetti127. Scopo dellartista (ma anche del progettista e del designer, possiamo
dire) dunque quello di instaurare nuovi affetti, come processi additivi che inducono
desideri e che possono manipolare significati e relazioni, e vengono dunque prima della
percezione, che ne influenzata128. La direzione seguita quindi diversa rispetto a quella
che discende da Cartesio, soggettivista e interessata alle percezioni, alle sensazioni e alle
emozioni, per la quale gli affetti possono essere prodotti per mimesi, analogamente a

126.
B. Spinoza, Etica [1677], parte III (Origine e natura degli affetti), Bollati Boringhieri, Torino
2006, pp. 96-97.
127.
Cfr. soprattutto G. Deleuze, F. Guattari, Che cos la filosofia?, cit., cap. 7.
128.
Cfr. anche A. Parr, The Deleuze Dictionary, Edinburgh University Press, Edinburgh 2005, pp. 1113, e G.J. Seigworth, From affection to the soul in C.J. Stivale (a cura di), Gilles Deleuze: Key Concepts,
McGill-Queens University Press, Montreal & Kingston 2005, pp. 159-169.
84

quanto raccomandava gi Aristotele. Lestensibilit del concetto estremamente ampia:


cos per Mark B.N. Hansen, che si rif a Deleuze e in parte anticipa Galloway, laffetto
pu essere inteso come medium, offrendo uninterfaccia tra linformazione (digitale) e
lesperienza umana, interfaccia che mostra essere formata da immagini-facciali-digitali
che costringono lutente a confrontarsi con il virtuale mettendone a fuoco lindifferenza
nei suoi confronti, come nella g citata installazione Dream of Beauty 2.0 di Geisler
(cfr. Fig. 1.1) e in molti altri esempi riportati dallo stesso Hansen nel suo libro New
Philosophy for New Media129.
Riassumendo, gli affetti denotano dinamiche collettive che riguardano esseri viventi e
non, e precedono i processi cognitivi e il piano della rappresentazione: sono capacit
intrinseche di influenzare e di essere influenzati, e ricondotti al design differiscono dalle
affordance perch cambiano radicalmente la prospettiva ecologica, non pi centrata
sullutente/soggetto ma pre-soggettiva, cos in grado di fornire risposte e strategie in
relazione alle strutture di potere dominanti. Fondamentalmente indipendenti dalla
nostra creativit cosciente, questi affetti comunicano ispirazioni sconosciute, influenze
sconosciute, e in una certa misura impossibili da conoscere perch rimangono al di
l della misura, spesso a dispetto delle forze quantificanti delle competenze tecnicoscientifiche130. In quanto corpi, e in quanto consapevoli di queste forze e delle
dinamiche pre-personali della societ contemporanea, a noi data per la possibilit
di intervenire per far insorgere nuovi affetti, progettando le conseguenze sui piani
intersoggettivo (sociale) ed ecologico, questultimo inteso nellaccezione pi ampia
che comprende le entit animali, vegetali e minerali ma anche le dimensioni sociale,
economica, politica, e cos via.

3.3. Conclusioni
Si ritiene qui che il concetto di affetto cos definito possa funzionare in parallelo anzich in serie con o in alternativa a quello di affordance, come altrettanto utile strumento teorico per guidare i processi di design dellinterazione e la valutazione critica

129.
Cfr. M.B.N. Hansen, New Philosophy for New Media, cit., specialmente per i capitoli 4 (Affect as
Interface: Confronting the Digital Facial Image) e 6 (The Affective Topology of New Media Art).
130.
Cfr. anche J. Preece, Y. Rogers, H. Sharp, Interaction Design: Beyond Human-Computer Interaction,
Wiley, Hoboken (NJ), 2007 (II ed.), cap. 5: Affective Aspects.
85

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

degli sketch, dei prototipi e degli artefatti. Sebbene i modelli discussi in questo capitolo
si siano affermati in opposizione sia al soggettivismo che alla presunta oggettivit della
conoscenza tecnico-scientifica, un compito irrinunciabile del design non tanto quello
di mediare tra questi approcci nel progetto, quanto il prenderli in considerazione alla
pari, adottando un approccio critico che ampli la consapevolezza delle ricadute del
progetto sul soggetto, sullindividuo, sui sistemi politici ed economici, sullambiente
naturale e antropizzato, approccio che inizia a mostrare la necessit di teorie adeguate. La prospettiva correlazionista di Quentin Meillassoux fornisce un punto di vista
alternativo ma non del tutto incompatibile con quanto si sostiene: riparte dalle qualit
primarie e secondarie definite da Locke, e gi presenti in Cartesio, per distinguere
tra propriet intrinseche degli oggetti (e inseparabili da essi, dunque pre-individuali)
e sensazioni (qualit affettive e percettive, che non possono esistere senza un soggetto), risolvendo il dualismo nella correlazione che le lega: il sensibile un rapporto e
non una propriet inerente alla cosa131, mentre le leggi di natura sono contingenti.
Non possibile prescindere dallusabilit nel design: un martello, la tastiera di un computer, il touch screen di un tablet, unelettrodomestico e unautomobile rispondono a dei
bisogni soggettivi e individuali, per i quali lergonomia e lusabilit rimangono requisiti fondamentali. Si visto per come alcuni bisogni possano essere indotti da desideri
costruiti artificialmente, e come talvolta rispondano a costruzioni sociali. Nel collage
Just What Is It that Makes Todays Homes So Different, So Appealing? per la mostra This Is
Tomorrow del 1956, Richard Hamilton ritraeva un interno domestico in cui ogni oggetto/prodotto era perfettamente riconoscibile mediante la sua rappresentazione, che a
sua volta ne rivelava potenziali (o subliminali) caratteristiche attraverso il sistema di
relazioni in cui lautore aveva deciso di situarla. La dipendenza soggettiva dalle cose
prodotta da un sistema pre-individuale, quello capitalista, descritta in profondit
anche ne Le Cose di Perec132, in cui la vita dei protagonisti assoggettata a quello che di
l a poco Baudrillard chiamer il sistema degli oggetti133. Riflettere sugli affetti cos
come sono stati definiti, trovare strategie per farne emergere la presenza pu essere una
via percorribile per ricercare un diverso equilibrio con sistemi sempre pi complessi, o
se non altro per attivare una consapevolezza nei confronti di tutto ci che non

131.
Q. Meillassoux, Dopo la finitudine. Saggio sulla necessit della contingenza, Mimesis, Milano 2012
[2006], pp. 13-16.
132.
G. Perec, Le cose, Einaudi, Torino 2011 [1965].
133.
J. Baudrillard, Il sistema degli oggetti, cit.
86

Fig. 3.6, La schermata con le istruzioni principali e una possibile configurazione


di invito allinterazione in Situationist di Benrik, per iPhone.

soggettivo, possibilmente anche negli stessi utenti. Lalternativa quella di partecipare


a un assoggettamento alle cose che sta accelerando vertiginosamente, come dimostrano
laccorciarsi dei tempi di obsolescenza degli artefatti computazionali e le file fuori dai
centri commerciali nelle occasioni del lancio dellultimo smartphone.
Se allesercizio critico-estetico si pu rimproverare di essere stato mercificato dalle istituzioni, che lo hanno collocato nei musei e reso autoreferenziale, anche compito del
design quello di riportarlo negli artefatti di uso quotidiano, recuperandone la dimensione spontanea che auspicava Guattari. Il senso di alcune applicazioni per smartphone
che si ispirano al situazionismo sembra andare proprio in questa direzione: in Situationist, sviluppata per iPhone da Ben Carey and Henrik Delehag (come Benrik), sfruttando la geolocalizzazione si d la possibilit a utenti che non si conoscono, ma che si
trovano casualmente vicini nello spazio, di instaurare relazioni intersoggettive e interpersonali generate dal dispositivo stesso, sulla base di azioni del tipo abbracciarsi per
esattamente 5 secondi: lassoggettamento, la de- e riterritorializzazione avvengono con
la consapevolezza da parte dellutente di partecipare a unattivit (ludica ma realmente
87

3. Nuovi modelli estetici ed ecologici: proposte per il design

sociale e relazionale) in cui viene esplicitato il sistema di affetti che si instaura134. Si


tratta di uno dei tanti casi che, come per i progetti di Dunne e Raby, presuppongono
gi una certo livello di consapevolezza culturale da parte dellutente, che probabilmente
venuto a conoscenza dellapplicazione tramite la stampa specializzata o siti web omologhi alle webzine, in cui si trova gi una forma pi o meno organizzata e strutturata di
interaction criticism.
La sfida a cui chiamato il design rivolta alla diffusione di un consumo critico, accettando la definizione di Carmagnola135, in cui lesercizio estetico avvenga mediante
la consapevolezza di come gli oggetti ci seducono, ma si pu aggiungere anche di
come funzionano su di noi le loro affordance, di quali macchine (sociali, estetiche, culturali, ) le hanno instaurate a un livello pre-individuale. evidente che sarebbe impossibile ottenere questo risultato per tutti gli utenti con tutti gli artefatti che incontrano: ciascun individuo ha a che fare quotidianamente con una quantit tale di prodotti
da non poter gestire la consapevolezza critico-estetica di tutti. Lanalogia gi proposta136
con la distinzione tra ascolto ecologico e ascolto musicale pu essere impiegata anche
qui per suggerire come sia necessario far proliferare lo scambio di intuizioni tra il regime ecologico del design e quello astratto e decontestualizzato dellarte. Lesempio del
Gamelunch (3.1.2.) discusso in questo capitolo riesce a manifestare allutente-fruitore le
affordance degli oggetti che sta usando per consumare il suo pasto tramite listituzione
di affetti (mediante sonificazione), e viceversa gli affetti si fanno pi presenti quanto
sono amplificati dalle affordance a cui sono associati. In questo caso la strategia del
coupling genera nel fruitore un decoupling critico che lo pu portare alla consapevolezza
di soggettivazioni (per esempio di natura sociale: il fatto di usare le posate fin dallinfanzia) di matrice pre-individuale: si disinnesca provvisoriamente il coupling in un
processo di deterritorializzazione rispetto a quelle convenzioni relative al consumo
del cibo che erano date per scontate.
Quando si compiono delle scelte ritenute consapevoli, o si selezionano i materiali e le
proposte per un progetto creativo, si sta lavorando con qualcosa che non siamo noi, con
le forze e gli affetti, le componenti e le funzioni dei numerosi ambienti attraverso i quali
ci muoviamo, e che vengono progressivamente costruiti con noi in un passaggio di

134.
Ferma restando la possibilit di rifiutare linterazione con unaltra persona se per qualsiasi motivo
lo si ritenga sconveniente in un determinato momento o luogo.
135.
F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., pp. 61-65.
136.
Cfr. cap. 2, nota 35.
88

espressione, di scelta, di articolazione, di territorializzazione. decentrando lo sguardo


dallindividuo, guardandolo da una prospettiva ecologica pi ampia e non-soggettiva
che si possono iniziare a cogliere implicazioni (sotto forma di affetti) su una scala pi
ampia per i progetti di design. Se si decider di adottare questa prospettiva, si render
anche necessario affinare i modelli di interazione affettiva, e continuare a produrne di
nuovi per lHCI.

89

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design


Gli strumenti teorici elaborati nel capitolo precedente hanno lobiettivo di contribuire
allinnovazione e di partecipare alla produzione di conoscenza nel contesto del design
dellinterazione, e in particolare in quel suo sottoinsieme trasversale che si occupa di
questioni estetico-ecologiche. Come si affermava nellintroduzione, teoria e pratica si
informano costantemente a vicenda, e ciascuna delle due non potrebbe sussistere senza
laltra: perfino i primi artefatti costruiti dai nostri lontani antenati non sarebbero stati
possibili senza la formulazione di rudimentali teorie basate sul rapporto causa-effetto,
a loro volta conseguenti losservazione dei fenomeni circostanti, e la cui confidenza
si andava consolidando al ripetersi di determinati eventi sulla base di determinate
sollecitazioni1. Quanto finora proposto non pu essere esauriente n esaustivo, n
tantomeno definitivo: il mondo continua a cambiare, e proprio per questo si ritenuto
necessario tentare di informare lHCI di quelli che sembrano essere gli strumenti
estetico-ecologici pi aggiornati e innovativi tra quelli oggi disponibili, partendo dalle
nozioni di base che da essi era possibile estrarre per cambiare, o meglio ampliare, la
prospettiva corrente. Tuttavia i testi a cui si fatto riferimento contengono molti altri
concetti di cui non possibile dare conto in questa sede (si sarebbe dovuto sommare
tutto il corpus letterario di buona parte della filosofia contemporanea, a cui andrebbero
aggiunti i necessari raccordi critico-analitici), e daltra parte si pone la questione di
una necessaria verifica di quanto finora proposto da sottoporre alla comunit estesa
del design, mediante discussioni e tentativi di applicazioni. Si tratta insomma soltanto
di un primo passo, che pure trova conforto in altri piccoli passi compiuti altrove
(soprattutto in Danimarca, negli USA, in Inghilterra e in Australia2) che sembrano
iniziare a tracciare una mappa analoga per un nuovo approccio ecologico al design
dellinterazione che richiede di essere esplorato. Sarebbe dunque unoperazione

1. Da cui il rinnovarsi dei rituali e limpossibilit di sconfiggere la superstizione. Ma per Wittgenstein


Gli eventi del futuro non possiamo arguirli dagli eventi presenti. La credenza nel nesso causale la
superstizione (L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus [1921] 5.1361, in Tractatus logico-philosophicus e
Quaderni 1914-1916, Einaudi, Torino 1998, p.67. Il corsivo nel testo originale).
2. Si vedano tra gli altri i gi citati lavori di Mark B.N. Hansen, di Matthew Fuller, e il Fibreculture Journal.
Altri concetti provenienti da Deleuze si trovano applicati come suggestioni anche dal tedesco Inke Arns,
cfr. il suo Transparent World. Minoritarian Tactics in the Age of Transparency, in C.U. Andersen, S.B.
Pold (a cura di), Interface Criticism. Aesthetics Beyond Buttons, cit., pp. 253-276.
91

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

azzardata e presuntuosa quella di voler consegnare in questo capitolo un toolkit messo a


punto, nel senso di pronto e concluso, composto di strumenti teorici immediatamente
applicabili alla pratica della progettazione e dellesercizio critico-analitico. Si pu per
indicare una via percorribile proprio a partire da alcune delle questioni tradizionalmente
ricorrenti e ancora controverse nel dibattito sulle interfacce3, come per esempio quelle
della trasparenza, dellimpiego di metafore e dellorganizzazione di narrazioni, che
diventano qui occasione di sintesi e di messa a fuoco di alcuni concetti emersi nel
capitolo precedente. Essendo uno degli obiettivi di questa tesi quello del raccordo con
le teorie gi consolidate, si scelto di comprendere i quattro concetti che possono
iniziare a caratterizzare le qualit estetiche dellinterazione 4 indicati da Lwgren, in
aggiunta ad altri giustificati in primis dalla quantit di letteratura che stata prodotta su
di essi. Tra i quattro succitati, soltanto ritmo e fluidit sono stati accorpati, per ragioni
che saranno chiarite nel corso della discussione, mentre si mantenuta lindipendenza
di struttura drammturgica e malleabilit.
Lobiettivo sottinteso alla proposta dunque analogo a quello di Lwgren: disporre
di concetti che servano da riferimento per un terreno comune sulla base del quale
esercitare una critica dellestetica dellinterazione, cercando inoltre in questo caso di
ampliare la prospettiva. Ciascuno di essi pu a sua volta essere discusso secondo un set
trasversale di parametri che si deciso per quanto possibile di far ricorrere, soltanto
a titolo esemplificativo (pochi concetti ricorrenti possono aiutare a riscontrare pi
chiaramente come siano impiegati): cos, per esempio, la user friendliness/unfriendliness
e lautonomia/dipendenza possono essere messe in relazione sia alla coppia trasparenza/
opacit, sia a quella di simmetria/asimmetria dellartefatto5. La gamma proposta in
questa sede necessariamente estremamente ristretta; nellesercizio critico, qualit
e parametri specifici assumono pi o meno significato a seconda delle specificit
dellartefatto su cui si chiamati a lavorare, comprendendo il contesto (ambiente e

3. Per ciascuna si rimanda alla copiosa letteratura specifica di cui sarebbe impossibile dare conto in
questa sede, ove ci si limiter soltanto a considerare alcuni caratteri generali che possono servire a titolo
esemplificativo, e a riferimenti pi specifici solamente qualora siano chiamati direttamente in causa.
4. J. Lwgren, Towards an Articulation of Interaction Aesthetics, cit. Si tratta come si era visto nel
cap. 2 di pliability, rhythm, dramaturgical structure, e fluency. Il set pi esteso e diviso in 5 categorie si trova in
Articulating the Use Qualities of Digital Designs in P.A. Fishwick (a cura di), Aesthetic Computing, cit.,
pp. 383-403.
5. Al concetto di simmetria e a quello di autonomia, che sono qui proposti in aggiunta ad altri pi
tradizionali, si era gi fatto ricorso per discutere il prototipo della lampada AEI di Ross e Wensween,
cfr. 2.2.2.
92

territorio) che destinato ad ospitarlo6. Cos la discussione sul genere, come il noir su
cui lavora Dunne, fondamentale in un videogame, ma pu essere del tutto irrilevante
nellinterfaccia di uno strumento di lavoro ove tra le priorit ci siano la sicurezza
dellutente, lusabilit e lefficienza.
I riferimenti concettuali e teorici su cui si fondato il modello proposto nel capitolo
precedente offrono molti altri parametri trasversali che possibile impiegare, e che
in alcuni casi possono essere ricondotti ad altri gi sedimentati. Un testo come il gi
citato Mille piani di Deleuze e Guattari che sebbene sia ormai datato rimane ancora
oggi fucina vitale di idee per larte, la letteratura, larchitettura, la pianificazione del
territorio, la politica, e perfino leconomia7 fornisce per esempio coppie di concetti
che possono aiutare a prendere posizione, a compiere delle scelte radicali o intermedie:
molare/molecolare, territorializzazione/deterritorializzazione, liscio/striato, rizoma/albero, macchina da guerra/apparato di cattura, carta/calco. Ciascuna coppia pu a sua
volta essere suddivisa in altre componenti che interessano anche le altre coppie: per
esempio lalbero rimanda a un sistema centralizzato, alla memoria a lungo termine, a
un rapporto gerarchico, mentre il rizoma a un sistema mutevole, alla memoria a breve
termine, a un rapporto paritetico o in continuo divenire.

4.1. Trasparenza
Si visto nel capitolo precedente che la trasparenza delle interfacce, per quanto spesso
perseguita come obiettivo dallinteraction design, unutopia8; la maggior parte delle
posizioni che hanno cercato unalternativa al mito della trasparenza hanno riconosciuto
il suo opposto nella riflessivit: linterfaccia come specchio anzich come finestra9.
La metafora impiegata per descrivere il concetto evidentemente di natura ottico-

6. Anche Blair-Early e Zender, chiedendosi in via ancora pi generale quali siano le qualit-parametri
sulla base dei quali poter valutare lefficacia di uninterfaccia, affermano che la risposta dipende dal
contesto. Cfr. A. Blair-Early, M. Zender, User Interface Design principles for Interaction Design, in
Design Issues, vol. 24, n. 3, The MIT Press, Summer 2008, p. 88.
7. Cfr. cap. 1, nota 72.
8. D. Norman, Why Interfaces Dont Work, in B. Laurel (a cura di), The Art of Human-Computer
Interface Design, Addison-Wesley, Menlo Park 1990, p. 210.
9. Cfr. in particolare J.D. Bolter, D. Gromala, Windows and Mirrors. Interaction design, digital art, and the myth
of transparency, The MIT Press, Cambridge 2003.
93

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

prospettica, ed in entrambi i casi user-centered: nellinterfaccia come specchio (si


pensi ad alcuni lavori di Dunne e Raby) ci che lutente vede se stesso riflesso
mentre interagisce, cos la critica esercitata in primis tramite la consapevolezza e
la contestualizzazione del s. Galloway, riprendendo la metafora, suggerisce che sia
avvenuto un passaggio dalla catottrica (lo specchio, la societ dello spettacolo) alla
diottrica (la rifrazione delle lenti, la societ del controllo)10, che moltiplica e deforma.
Se cos fosse, avrebbe avuto ragione Deleuze quando paragonava il regime estetico della
societ del tardo capitalismo a quella del Barocco maturo11, pur senza esplicitarne proprio
linnovazione pi importante, causa delle scoperte astronomiche e non indipendente
dai modelli politici pi innovativi del tempo: la diottrica12. Tuttavia a differenza di
buona parte della ricerca sullottica seicentesca, che pure era volta allo spettacolo
e alla meraviglia, ma ancora nel segno di Cartesio si proponeva spesso di rendere i
fruitori consapevoli dellingannevolezza dei sensi, le interfacce di oggi vorrebbero essere
invisibili come le lenti di un paio di occhiali, spacciando per oggettivo il virtuale o una
realt aumentata. Spingendoci oltre con la metafora, si potrebbe anche far notare come
il diafano del vetro opacizzi, cos come il valore simbolico necessariamente offusca13,
distoglie da un altro mito: quello delloggettivit.
Nel caso della trasparenza, il reale definito nei termini dellesperienza di chi guarda;
si tende a evocare una risposta (cognitiva, emotiva) immediata, che quindi ritenuta
autentica14. Gli strati opachi che offuscano questa iper-visione vanno eliminati o nascosti, cos che ci si dimentichi della finestra. Il parametro della fluidit impiegato da
Lwgren si interseca con quello della trasparenza, in quanto lesperienza deve apparire
naturale e per quanto possibile istantanea, priva del flickering e dei salti a cui erano
abituati gli utenti dei computer fino ad alcuni anni fa, e dei glitch che non a caso sono

10. Cfr. A. Galloway, The Interface Effect, cit., p. 25.


11. G. Deleuze, La piega. Leibniz e il Barocco, cit. Cfr. anche T. Murray, Digital Baroque. New Media Art and
Cinematic Folds, University of Minnesota Press, Minneapolis 2008.
12. Cfr. per esempio, per quanto riguarda il frontespizio del Leviatano di Hobbes, N. Malcolm, Aspects
of Hobbes, Oxford University Press, Oxford & New York 2007 [2002], pp. 211-222.
13. Cfr. F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., p. 132. Sulla questione delloggettivit nella
scienza e nella rappresentazione il testo di riferimento pu essere considerato L. Daston, P. Galison,
Objectivity, Zone Books, New York 2007.
14. Cfr. D. Bolter, R. Grusin, Remediation: Understanding New Media, The MIT Press, Cambridge 2000,
p. 53.
94

diventati uno dei principali strumenti critici a disposizione di artisti e di teorici15.


Bertelsen distingue tra due generazioni dellHCI, nella prima delle quali si tentava di
andare incontro alle necessit dellutente, mentre nella seconda si cercato di instaurare
un rapporto dialettico tra uomo e macchina, arricchendo linterazione16, e sottolinea
tuttavia come, nonostante la presenza di approcci diversi nellarte e in altri contesti, la
trasparenza rimanga obiettivo quasi indiscusso dei designer. Del resto larte, almeno fin
dagli inizi del Novecento, diventata invece il luogo in cui accogliere lo sporco, lopaco, ci che si vuole tenere fuori dagli ambienti in cui viviamo (si pensi allAllevamento
di polvere di Marcel Duchamp, agli Intonarumori di Luigi Russolo, e poi ai combines di
Rauschenberg), luogo delezione per riflettere sulla materia di cui composto il mondo
ma che le societ civilizzate tendono a nascondere o a voler dimenticare, insieme a quelle forze pre-personali, che qui si sono definite come affetti, che esistono a prescindere
dalla volont e dai sensi.

Fig. 4.1, Olav W. Bertlesen, rappresentazione dei diversi focus dellHCI nelle diverse generazioni: da unindifferenza della macchina nei confronti dellutente, che
si doveva conformare a essa (assenza di focus), si passa a una prima generazione in
cui si tenta di minimizzare il carico cognitivo dellutente, adattando la macchina
alluomo, e quindi a una seconda generazione che inizia a considerare gli utenti in
un contesto pi ampio, e non pi come isolati (In Tertiary Artifacts and the Interface, p. 359). La trasparenza stata per considerata come la condizione ideale
da raggiungere in entrambe le generazioni, tendendo allimmediatezza (invisibilit
del medium, per lappunto) tra uomo e macchina.

15. Si vedano per esempio le pagine Facebook, Twitter e Tumblr di Glitchr (alias del lituano Laimonas
Zakas). In ambito musicale, due compilation hanno messo a fuoco la relazione tra lestetica della musica
digitale degli anni 90 e la filosofia di Deleuze: Folds and Rhizomes for Gilles Deleuze (Sub Rosa, 1995) e In
Memoriam Gilles Deleuze (Mille Plateaux, 1995), rappresentando tra gli altri il lavoro di Oval, Scanner, Jim
ORourke. Si veda anche il libro R. Paci Dal, E. Quinz (a cura di), Millesuoni. Deleuze, Guattari e la musica
elettronica, Cronopio, Napoli 2006.
16. Nella prima fase, invece, era luomo a doversi adeguare alle necessit del linguaggio della macchina.
Cfr. O.W. Bertelsen, Tertiary Artifacts and the Interface, in P.A. Fishwick (a cura di), Aesthetic Computing,
cit., pp. 357-359.
95

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

Il mito della trasparenza sembra rafforzare la teoria di Foucault sulla societ contemporanea come controllata tramite dispositivi omologhi al panopticon (cfr. il capitolo precedente), il che implicherebbe inoltre lassoggettamento degli individui a macchine sociali e a sistemi di potere pre-individuali. I modelli che descrivono il desiderio, le scelte,
la confidenza sociale in qualcosa (compreso un oggetto tecnologico) che determinata
dal ripetersi di certe esperienze, possono fornire ulteriori piani di approfondimento
per questo parametro. Progettare secondo ideali di trasparenza e di user-friendliness
significa generalmente considerare e posizionare lutente esclusivamente nel ruolo di
soggetto che ha a disposizione una grammatica per interagire con lartefatto17. Si pensi
per esempio alla grammatica gestuale che si andata consolidando negli ultimi anni
in seguito al diffondersi degli smartphone, e che interessa ormai tutti i dispositivi touch
screen e buona parte dei dispositivi di puntamento18. Al dissimularsi delle interfacce e
al diffondersi di convenzioni e grammatiche che esse impongono, mediante strategie
commerciali finalizzate prima di tutto ad alimentare il mercato, si ritiene anche necessario prestare la dovuta attenzione ai modi in cui esse stiano contribuendo a modificare
le relazioni con artefatti di generazioni precedenti (come mostrano i filmati che documentano le esperienze di alcuni bambini in tenera et, abituati alluso dei tablet, con
libri e giradischi), oltre alle relazioni sociali e con lambiente (soggetti immersi nei loro
smartphone o tablet per la strada, nei mezzi pubblici e negli spazi un tempo destinati alla
socialit). La gamma di affetti che pu andare a descrivere un modello pre-individuale
di questo tipo di interazione per ancora quasi tutta da esplorare.

4.2. Simmetria
Laccezione di simmetria a cui si fa riferimento la stessa che era stata introdotta in
3.1.4., per cui ci si limiter qui soltanto ad alcune considerazioni aggiuntive. Si visto come per Dorfles sia necessario minare la stabilit e la simmetria delle strutture
sociali, il che equivale nella prospettiva di Agamben a profanare i dispositivi. Se si

17. Cfr. F. Cramer e M. Fuller, Interface, in M. Fuller (a cura di), Software Studies. A Lexicon, cit., pp.
151-152.
18. Come il Magic mouse di Apple e i touchpad dei laptop. Perfino levoMouse di Celluon, probabilmente
il primo mouseless mouse che si appresta a diffondersi nel mercato online, proposto a forma di gatto per
sottolineare linnovazione, e che impiega un fascio luminoso a infrarossi per determinare la posizione
delle dita quando tocchino e si muovano su una qualsiasi superficie piana, utilizza la stessa grammatica
gestuale con tapping, pinching, eccetera (cfr. http://celluon.com/shop_evo_mouse.php).
96

accettano queste indicazioni, compito del design quello di innescare affetti che portino in queste direzioni, non tanto dal punto di vista figurativo e formale quanto in
unaccezione relazionale e per lappunto affettiva, a tutte le scale dellambiente (sociale,
politica, economica, paesaggistica, e via dicendo) e anche su un piano pre-individuale.
In Dorfles il concetto di asimmetria viene esplorato in diverse epoche storiche e in
diversi contesti culturali e scientifici19, che sembrano mostrare come la rottura degli
schemi simmetrici sia foriera dinnovazione, del deviare dalle regole tradizionali, e condizione necessaria per operare delle scelte: il simmetrizzare d conforto, ma anche
sintomo di un disagio che pu essere in relazione con la schizofrenia, con la spersonalizzazione, e portare allincapacit di scegliere20. Il concetto di simmetria che qui si vuole
mettere in discussione per riguarda, come estensione, anche la specularit tra utente
e rappresentazione digitale di dati, tra uomo e macchina21. Anna Munster ha fatto
notare come una simmetria costruita tramite faccializzazione, ovvero antropomorfizzando le interfacce, funzioni come una macchina di soggettivazione22: la trasparenza (o
invisibilit del dispositivo diottrico) dellinterfaccia umanizza le macchine digitali e gli
algoritmi computazionali portandoli sullo stesso piano, naturalizzando lartificiale, ci si
confronti o meno con il problema del test Turing. Compito delle interfacce, tornando a
guardare alla loro definizione, quello di descrivere e condizionare questa asimmetria;
se uninterfaccia aspira ad essere trasparente, probabilmente punter alla simmetria, a
far interagire lutente come con un suo proto-simile23. Uneccesso di simmetria per
condurrebbe a una condizione perturbante, come avviene nelluncanny valley, mentre
la presenza di asimmetria potrebbe contribuire a rendere lesperienza pi ricca, pi
stimolante in quanto sempre parzialmente imprevedibile, pi giocosa nellinvitare
lutente a esplorare le specificit dellinterazione e dellartefatto, che in molti casi raccoglie a sua volta informazioni sugli utenti (come avviene nei social network, in alcuni
negozi online come Amazon, e nei motori di ricerca).

19. G. Dorfles, Dal significato alle scelte, cit., pp. 147-162.


20. Ivi, p. 154.
21. Si potrebbe notare che si andata consolidando una sorta di simmetria spesso acritica, che la
filosofia contemporanea sta gi esplorando (Longo, Meillassoux, Negarestani, eccetera), anche tra il
dominio della matematica e quello dellinformatica.
22. A. Munster, Materializing New Media. Embodiment in Information Aesthetics, Dartmouth College Press,
Hanover (New Hampshire) 2006, pp. 122-124.
23. Cfr. anche F. Cramer, M. Fuller, Interface, in M. Fuller (a cura di), Software Studies. A Lexicon, cit.,
pp. 150-151.
97

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

4.3. Familiarit
Per familiare si intende comunemente ci che ricorda o simile a qualcosaltro
di gi conosciuto24. Un artefatto familiare quindi gi friendly e si detto poco fa,
implicitamente, di come trasparenza e simmetria siano spesso funzionali proprio
al raggiungimento di questo tipo di risultato, a una confidenza e una fiducia nei
confronti dellartefatto il pi possibile immediata. La familiarit, dal punto di vista
dellutente-soggetto, pu essere quindi conseguenza della riconoscibilit di determinate
caratteristiche, e pu richiedere un processo (familiarizzazione) lungo oppure scaturire
nel giro di pochi secondi: per esempio ci possono volere mesi prima di percepire una
buona confidenza con un software complesso utilizzato per lavoro, e pochi istanti con
un altro che abbia uninterfaccia e funzionalit molto semplici e molto simili a quelle
di unaltra applicazione che gi si impiegava quotidianamente. Per Roland Barthes
gli oggetti sono sottoposti a un processo di naturalizzazione che porta la societ ad
accettarli25, a considerarli come parte dellambiente-ecosistema della quotidianit, dando
per scontata la loro giustezza a prescindere dalla loro storia e dalla loro genealogia, che
viene anzi progressivamente dimenticata, specie dopo ogni passaggio generazionale.
Il doppio della categoria del familiare in quella del perturbante (unheimlich in
Tedesco, e uncanny in lingua inglese): a partire da Freud, gli oggetti perturbanti
sono quelli che, innescando un disorientamento emozionale, lo trasformano in
materia dindagine filosofica26. Nel caso di Dream of Beauty 2.0 di Geisler (cfr. Fig.
1.1) il perturbante scaturisce in modo analogo a quanto avviene nelluncanny valley:
la simmetria inizialmente percepita nel riconoscimento di un volto amichevole e
piacevole si capovolge in una simmetria innaturale quando ci si accorge che quel volto
non modifica la sua espressione in relazione a chi ha di fronte. Non sorprende dunque
che lattivazione del perturbante sia stata identificata come una delle strategie predilette
da chi ha fondato la propria attivit critica sulle teorie post-moderniste, come mostrano
per esempio i lavori di Jeff Koons e di Ed Kienholz, e in tempi pi recenti i progetti

24. Cfr. A. Blair-Early, M. Zender, User Interface Design principles for Interaction Design, cit., p.
86.
25. Cfr. S. Turkle (edited by), Evocative Objects. Things We Think With, The MIT Press, Cambridge 2007,
p. 311.
26. Una delle indagini letterarie pi compiute sul perturbante nella cultura contemporanea si trova in
M. Danielewski, Casa Di Foglie, Mondadori, Milano 2005 [2000].
98

per il design di Jason Hoof e di Dunne e Raby, che come si gi detto attualizzano e
ricontestualizzano nelle tecnologie odierne la stessa attitudine che si poteva trovare in
Castelli, in Sottsass e in Mendini.
possibile adottare approcci intermedi? E qual la situazione presente, quali strumenti
teorici abbiamo a disposizione per analizzarla? Fulvio Carmagnola scrive di marketing
del fantasma e di retro-visione a proposito della tendenza, che si va diffondendo nella
cultura popolare negli ultimi anni, a
ripescare apparentemente alla rinfusa dal regno delle sue proprie forme passate, estraendone alcune
da riportare alla luce - e in questo modo [il design] crea valore27:

la nuova Fiat 500 e la nuova Mini, la calcolatrice Braun del primo iPhone e lorologio
delle ferrovie svizzere sulliPad, rispondono alla stessa logica analizzata pi approfonditamente da Simon Reynold in Retromania28 nel contesto del mercato e della cultura
musicale odierna, e si allontanano dalle specificit della tecnologia contemporanea per
recuperare una letteralit che attiva il senso di familiare mediante la memoria e la tradizione, per poi problematizzarlo inserendolo nel nuovo contesto.

Fig. 4.2, la calcolatrice su iPhone del primo sistema operativo iOS (disegnata da
Jonathan Ive), comparata con il modello a cui era esplicitamente ispirata (la calcolatrice Braun di Dieter Rams), e lorologio di iPad su iOS 6.

Se una delle idee soggiacenti a questa visione indubbiamente quella di hauntology, proveniente dagli Spettri di Marx di Derrida29 e diffusasi recentemente come macro-genere

27. Cfr. F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., p. 88.


28. S. Reynolds, Retromania. Musica, cultura Pop e la nostra ossessione per il passato, Isbn edizioni, Milano
2011.
29. Cfr. J. Derrida, Spettri di Marx, Raffaello Cortina, Milano 1996 [1993]. A questa idea sono connesse
99

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

della New Aesthetics30 che si innestato sul noir e in parte lha rimpiazzato nellultimo
decennio, dallaltra parte si pu ipotizzare la sua dipendenza da unaccelerazione oramai difficile da controllare nella produzione, nel consumo e nel susseguirsi di mode,
di novit, nel proliferare di micro-generi che sembrano generare unofferta sterminata
ma che guardano in realt tutti allo stesso passato come terreno in cui trovare conforto,
pur lasciando aleggiare quegli spettri che non possono lasciare indifferenti, che invitano
ad esplorare ci che si ha di fronte.

4.4. Metaforicit
La metafora uno degli strumenti retorici che si incontrano pi di frequente
nellinteraction design: per esempio, il trasferimento di significato ha consentito a milioni
di utenti di familiarizzare pi agevolmente e rapidamente con le interfacce visuali
dei personal computer, mediante la metafora del desktop. Una metafora generalmente
funziona tanto meglio quanti pi aspetti di un sistema gi culturalmente condiviso
possono essere trasferiti a un altro sistema, in questo caso quello digitale che si
presenta allutente. Le interfacce, qui intese come artefatti, possono inoltre caricarsi di
significato al punto di diventare transizionali, di aprire allutente un mondo interno
alla memoria e allimmaginazione, come per la madeleine proustiana. per questo che
molti produttori di artefatti ad alto contenuto tecnologico hanno iniziato negli ultimi
decenni a personalizzarli, o a renderli comunque personalizzabili, come nel caso del
primo iMac colorato, dei telefoni cellulari Nokia, e oggi del proliferare del mercato di
custodie per gli altrimenti indistinguibili iPhone e iPad (lo stesso sito di Apple invita
ad appropriarsi anche simbolicamente del dispositivo che si possiede, acquistando una
custodia per personalizzarlo).
Fino ai primi anni 90 ladozione della metafora nel design delle interfacce digitali
sembrava indispensabile, essendo i modelli di riferimento principalmente linguistici, e
considerando inevitabile la necessit della rappresentabilit31, mentre come si visto c
chi oggi mette in discussione le teorie sulla rappresentazione nei medium. C per da
chiedersi se questa consuetudine alla metafora nellHCI sia destinata a scomparire proanche quelle di retrofuturismo, di afrofuturismo, e cos via.
30. Cfr. cap. 2, nota 1.
31. Cfr. T.D. Erickson, Working with Interface Metaphors, in B. Laurel (a cura di), The Art of HumanComputer Interface Design, pp. 65-73.
100

gressivamente, al tendere delle interfacce verso modelli tangible, social o radical atoms
(nella visione di Ishii), e soprattutto allavanzare delle generazioni di nativi digitali che
in alcuni casi non hanno mai avuto un contatto diretto con quei medium e con quegli
strumenti che sono ancora presi a modello per le interfacce digitali dei software che
usano (come per i giradischi virtuali in molte applicazioni per mixare musica dal vivo,
o come nel gi citato caso della calcolatrice grafica su iPhone).

Fig. 4.3, linterfaccia grafica dellapplicazione per Mac OS X djay (sviluppata da


Algoriddim), destinata a una larga fascia di utenti, specie non professionisti.

Giocano ruoli fondamentali labitudine e il substrato culturale: un neo-utente Mac


potrebbe trovarsi inizialmente spiazzato dalla lente dingrandimento di spotlight (la
funzione di OS X che consente di cercare file, cartelle e applicazioni), dato che in altri
software la metafora della lente usata invece per modificare il fattore di zoom.
Matthew Fuller convinto che il software dovr progressivamente essere visto per
quello che fa, e non per quello che qualcosaltro fa32; tuttavia ci che fa il software
determinato in buona parte da chi lo realizza e dai codici, dalla grammatica e dal
linguaggio che si hanno a disposizione, per cui metafore che sono state assimilate dalle
interfacce digitali a partire da consuetudini consolidatesi culturalmente e socialmente
nei decenni o nei secoli passati, potrebbero un giorno sopravvivere soltanto come
abitudini trasferite nellinterazione con una realt virtuale o in quella aumentata, e
da l tornare poi nuovamente in circolo nel mondo reale: si tratta ancora di continue

32. M. Fuller, Behind the Blip. Essays on the culture of Software, cit., p. 100.
101

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

de- e ri-territorializzazioni, che richiedono di essere descritte tramite genealogie. La


prospettiva potrebbe cambiare mano a mano che linterazione tender a un embodiment
che coinvolga sempre di pi lintero sensorio: resta da vedere se in questo modo ci sar
sempre meno bisogno delle metafore come affordance, o se al contrario lartificio retorico
potr essere impiegato come possibile strategia critica per spostare lattenzione sugli
affetti, trasferendo il significato a partire da modelli condivisi sul piano culturale ma
pre-personali, come per esempio quelli che riguardano il funzionamento di meccanismi
fisici, vegetali, geologici, astronomici.

4.5. Ritmo
La qualit ritmica dellinterazione pu contribuire a strutturare lesperienza temporale
e per esteso quella spaziale: si pensi allarchitettura come interfaccia dellinterazione,
non soltanto in contesti musicali33. Pu presupporre un determinato grado di autonomia nellorganizzazione dellesperienza da parte dellartefatto, oppure assecondare le
azioni dellutente34. A Deleuze e Guattari il ritmo interessa specialmente come forma di
ripetizione non tanto metrica, quanto differenziale, e in Mille Piani lo si trova connesso
alla nozione di ritornello. Il capitolo Sul ritornello inizia cos:
Nel buio, colto dalla paura, un bambino si rassicura canticchiando. Cammina, si ferma al ritmo
della sua canzone. Sperduto, si mette al sicuro come pu e si orienta alla meno peggio con la sua canzoncina. Essa come labbozzo, nel caos, di un centro stabile e calmo, stabilizzante e calmante. Pu
accadere che il bambino si metta a saltare, mentre canta, che acceleri o rallenti la sua andatura. Ma la
canzone stessa gi un salto: salta dal caos a un principio dordine nel caos, ma rischia di smembrarsi
ad ogni istante. C sempre una sonorit nel filo dArianna. O nel canto di Orfeo35.

Il ritornello serve quindi a far emergere ordine dal caos, e tramite esso si pu estrapolare
ritmo (suddivisione e organizzazione del tempo o dello spazio), anche dal rumore. Il
concetto non va inteso in senso strettamente musicologico36, ma ha a che fare in senso
lato con con il territorio, e pi in particolare con il comportamento dellindividuo e

33. Cfr. J. Lwgren, Towards an Articulation of Interaction Aesthetics, cit., p. 8.


34. Lwgren porta come esempio lapplicazione per iOS di Brian Eno e Peter Chilvers Bloom (2011),
in cui laltezza di ogni suono generato dallattivit dellutente proporzionale alla coordinata verticale
dellinput sul display, ma il ritmo deciso dallandamento del tapping delle dita dellutente.
35. G. Deleuze e F. Guattari, Mille Piani. Capitalismo e Schizofrenia, cit., p.378.
36. Anzi, debitore anche a concetti provenienti dalla geografia, dalletologia e dalla biologia.
102

con i diversi ambienti, con i diversi territori che il divenire-soggetto attraversa. Anche
in questo caso entrano in gioco gli affetti, cos come si erano definiti nel capitolo precedente: lespressivit ritenuta primaria e allo stesso tempo autonoma, ed anche in
questo senso che si pu vedere come per Deleuze e Guattari linconscio sia interamente impersonale, unentit tra che relazionale o macchinica, e dunque un medium, o
uninterfaccia.
Il ritmo e la ripetizione aiutano a rendere linterazione friendly e familiare perch consentono di prevederne lo sviluppo e il ripetersi di pattern, di riconoscere una struttura;
la variazione nella ripetizione pu portare al disorientamento dellutente, ma se consente di mantenere dei margini di riconoscibilit e sa coinvolgere opportunamente la
memoria a breve e a lungo temine, allora pu rendere linterazione ancora pi coinvolgente e interessante37, stimolando nellutente una forma di consapevolezza dellorganizzazione dellinterazione. Si ottengono risultati opposti nel caso in cui si imponga un
ritmo autonomo rispetto al soggetto, e in quello in cui invece si adatti ad esso. Stanno
avendo un discreto successo alcune applicazioni commerciali per smartphone che funzionano come personal trainer, monitorando lattivit sportiva per esempio attraverso
laccelerometro integrato, fasce cardio collegabili via bluetooth, e ovviamente con la
misurazione della durata dellattivit e, quando necessario, dei tracciati GPS. Cos
possibile contare il numero di piegamenti o di addominali di una sessione di esercizio,
e tracciare e registrare i dati relativi a una corsa conoscendone durata, distanza percorsa,
passo, velocit istantanea, e battiti cardiaci in ogni piccolo intervallo di tempo e in ogni
posizione sulla mappa. La maggior parte di queste applicazioni contiene espedienti
motivazionali, per esempio dei reminder che si attivano quando non si sia svolta alcuna
attivit fisica da qualche giorno, e programmi di allenamento personalizzabili. Tuttavia
scegliere un piano di allenamento diverso dallutilizzare il dispositivo per gareggiare,
magari a distanza, con altre persone in tempo reale (relazione tra diversi individui della
stessa specie): significa assoggettarsi volontariamente alle indicazioni del software, che
vengono trasmesse per esempio sotto forma di comandi vocali con voci che si fanno
sempre pi fluide, come nei navigatori satellitari, a suggerire trasparenza, simmetria
e confidenza (la voce umana o umanizzata come omologo sonoro del volto). Nella
direzione inversa, sono in via di sviluppo applicazioni in grado di modificare delle

37. Un omologo musicale di una strutturazione di questo tipo si pu trovare in alcuni lavori di Morton
Feldman tra cui Crippled Symmetry (1983), un pezzo per trio della durata di circa 90 minuti in cui la lenta
ripetizione di cluster apparentemente semplici immerge lascoltatore in uno spazio musicale dilatato,
mediante continue variazioni.
103

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

playlist in tempo reale per accompagnare lutente con musica che presenti un numero
di battute al minuto proporzionale al battito cardiaco rilevato, oltre che rispondente ai suoi gusti musicali, adeguandosi dunque alle sue condizioni del momento38. E
ancora, specialmente dopo la curiosit suscitata inizialmente da Sleep Cycle sviluppata
da Maciek Drejak Labs39, si stanno diffondendo sul mercato per gli smartphone altre
applicazioni che misurano, mediante laccelerometro integrato, i movimenti dellutente mentre disteso sul letto per dormire, e sulla base di questi dati vengono formulati
dei modelli sullandamento delle fasi del sonno che dovrebbero quindi permettere di
attivare la sveglia non a un orario prestabilito sullorologio, bens in modo flessibile
quando il sonno sia pi leggero, allinterno di un arco temporale definibile dallutente.
Alcuni designer dellinterazione particolarmente interessati allespressivit e a questioni
estetico-ecologiche, come Wensveen, hanno elaborato prototipi di artefatti destinati a
svegliare lutente nel modo pi adeguato possibile al suo umore e alle sue condizioni
psicofisiche, caricandoli di una ricchezza affettiva centrata sulla possibilit da parte
dellutente/soggetto di esprimere o comunicare le proprie preferenze40. Sembra invece
voler dichiarare la sua autonomia, il suo ritmo e la sua propria natura macchina la sveglia Clocky41, commercializzata da Gauri Nanda dopo averla sviluppata al MIT in veste
di studentessa. Clocky possiede due ruote motorizzate che si muovono casualmente e
indipendentemente luna dallaltra, mettendola in movimento allora prestabilita e facendole compiere traiettorie imprevedibili, costringendo lutente ad alzarsi per cercarla
e inseguirla, per riuscire a disattivarla.
Lassoggettamento al tempo come entit pre-personale a scopi sociali un esempio
che era gi stato discusso in riferimento a momenti storici precedenti a quello attuale,
come nel caso esemplare di Mumford che sosteneva che lorologio sia una delle prime

38. Cfr. per esempio H. Liu, J. Hu , M. Rauterberg, Music Playlist Recommendation Based on User
Heartbeat and Music Preference, in Proceeding of 2nd IEEE 2009, pp.545-549.
39. www.sleepcycle.com; cfr. anche www.azumio.com
40. Cfr., oltre alla gi citata tesi di dottorato di Wensveen, anche: S. Wensveen, K. Overbeeke, T.
Djadjadiningrat, Touch Me, Hit Me and I Know How You Feel: A Design Approach to Emotionally
Rich Interaction, in DIS 2000, ACM, New York 2000, pp. 48-52; J. van Kasteren, No more moody
mornings: alarm clock anticipates sleepers emotions, in Delft Outlook (Delft University of Technology),
n. 4 2002; K.F. Ozenc, J.P. Brommer, B.K. Jeong, N. Shih, K. Au, J. Zimmerman, Reverse Alarm Clock:
a research through design example of designing for the self, in DPPI 2007, Proceedings of the 2007
conference on Designing pleasurable products and interfaces, ACM, New York 2007, pp. 392-406.
41. Cfr. www.nandahome.com. Lo stesso principio si ritrova anche in Tocky, dalla forma pseudo-sferica
che le consente di rotolare su se stessa.
104

Fig. 4.4, a sinistra Sleep Cycle di Maciek Drejak Labs (posizionamento del dispositivo prima di coricarsi e interfaccia grafica), a destra la sveglia Clocky di Gauri
Nanda.

e principali cause della meccanizzazione della societ42: la regolazione artificiale del


ciclo sonno-veglia e delle attivit quotidiane costituisce un cambiamento radicale della
relazione dellindividuo con lambiente, e del suo essere soggetto sociale. La disponibilit
di sensori e di strumenti di calcolo pi potenti pu dunque porsi e porre gli utenti a
met strada tra le esigenze del tempo sociale e istituzionale macchinizzato e quello
soggettivo e individuale (se a prevalere fosse questultimo, si correrebbe oggi il rischio
di un mondo popolato da individui isolati?).
Unaltra qualit tra le quattro gi citate proposte da Lwgren, che pu essere discussa
in relazione ai concetti di ritmo e di ritornello, quella di fluency, che riguarda le transizioni tra uno stato e unaltro dellinterfaccia: si era gi accennato a questo parametro
a proposito della sua importanza nel rendere uninterfaccia trasparente, evitando per
esempio fenomeni quali flickering e glicth, e si ritiene utile citarlo nuovamente per
evidenziare la sua dimensione temporale. La fluidit pu far scomparire il ritmo, per
esempio addensando le pulsazioni fino a renderle un continuum, oppure lo pu esaltare come nel caso di loop o in quello pi sofisticato di elementi ricorsivi. Lwgren
sottolinea come il concetto di fluidit si presti a essere impiegato sia per descrivere il
funzionamento dellinterazione periferica (ovvero non al centro dellattenzione e non
invasiva, in analogia con la visione periferica) in un uso quieto della tecnologia, sia
nellambito ecologico pi esteso, nellesperienza quotidiana nellambiente, per guardare
alla relazione tra gli artefatti digitali e le norme e le pratiche sociali di tutti i giorni43.

42. La teoria di Mumford ripresa anche da Marshall McLuhan ne Gli strumenti del comunicare. Mass
media e societ moderna, cit., p. 157.
43. Cfr. J. Lwgren, Towards an Articulation of Interaction Aesthetics, cit., p. 11.
105

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

Un esempio del primo caso riguarda la progressiva scomparsa di pulsanti a vantaggio di


gesture nelle nuove interfacce per touch screen; rimanendo nellambito delle applicazioni per smartphone e per tablet, laggiunta, leliminazione o lo spostamento di compiti
(task) in elenchi o liste di cose da fare avviene sempre pi spesso mediante scorrimento
o altre forme del lessico gestuale che si sta rapidamente consolidando, mentre si riducono i pulsanti da premere e anche quelli virtuali (semplicemente da toccare).
Come per la fluidit, anche il concetto di ritmo pu essere applicato alla pi ampia
scala sociale ed ecologica dei consumi. Per Baudrillard, lideologia del tardo capitalismo
viene alimentata coltivando desideri che supportano la produzione e il consumo; una
delle correnti pi radicali del nuovo materialismo, iniziata da Nick Land, propone di
assecondarne lincessante accelerazione del sistema capitalistico perch vede in esso i
germi della sua stessa dissoluzione: secondo questa prospettiva, il diminuire del tempo
di obsolescenza degli artefatti e la crescita dei consumi andrebbero lasciati proliferare,
per arrivare il prima possibile al punto di rottura.

4.6. Struttura drammaturgica


Lidea di considerare e di progettare linterazione come se si avesse a che fare con una
struttura drammaturgica stata trattata ampiamente circa 20 anni fa da Brenda Laurel44.
Tuttavia da allora sono cambiate sia le interfacce, sia come si visto specialmente dal
capitolo precedente le teorie sui medium. Si detto che il cinema stato considerato a
lungo come il pi fenomenologico dei medium, e si pu affermare che la sua immersivit
dipenda da una riterritorializzazione e da una soggettivazione che sono coadiuvate
anche dalla narrazione, da una struttura dal respiro pi ampio rispetto a quella ritmica
e della ripetizione differenziale e che si basa almeno in parte sulla fluidit, portando
avanti una concatenazione di eventi che rende lesperienza coinvolgente. Linstallazione
The Clock (2010) di Christian Marclay, pur non essendo interattiva in senso stretto,
mette insieme questo aspetto e quelli descritti nel sottocapitolo precedente. Si tratta di
un collage audio-video composto di frammenti di film mainstream nei quali viene data

44. B. Laurel, Computers as Theater, Addison-Wesley, Menlo Park 1993.


106

Fig. 4.5, Christian Marclay, The Clock (2010) visto in due diversi momenti. Sono
in molti, anche tra i colleghi di Marclay, ad auspicare unedizione online o in un
DVD-ROM, sincronizzata allora locale del computer o del dispositivo su cui
sarebbe visualizzata. In questo modo lopera potrebbe mescolarsi con lattivit
quotidiana dellutente, ma si perderebbe proprio il senso di distacco (che favorisce il processo critico) dallambiente ecologico, attuato nellinstallazione tramite la simulazione di una sala cinematografica.

in pochi secondi uninformazione oraria (in un dialogo, alla radio, dalle lancette o dal
display di un orologio); lora rappresentata nei frammenti perfettamente sincronizzata con lora locale del luogo in cui installato il video, cos che i fruitori possano fare
esperienza contemporaneamente del tempo istituzionale e di quello soggettivo della
loro esperienza di spettatori, assistendo nella seconda alla rappresentazione del primo,
e proiettando nel primo la loro immedesimazione nella finzione narrativa. Lopera,
della durata di 24 ore esatte, strutturata in modo tale che ciascun piccolo insieme di
frammenti in sequenza costituisca una micro-struttura narrativa sospesa (anche perch
deterritorializzata) e incompiuta, coadiuvata dal montaggio audio che fa s che talvolta
il suono attraversi gli stacchi sempre privi di transizioni del montaggio video. Un uso
sapiente di pattern ritmici, suspense, ed elementi ricorrenti su tempi pi lunghi, fanno s
che un grandissimo numero di visitatori, sia tra gli addetti ai lavori che semplici curiosi,
passi ore intere di fronte allistallazione senza annoiarsi. La saldatura senza soluzione
di continuit di diversi livelli temporali rende questo lavoro insieme confortante (il
tempo sotto controllo, non ci si deve preoccupare di perdere la sua cognizione come
avviene generalmente nellesperienza soggettiva della visione di un film) e perturbante,
mettendo sullo stesso piano e sincronizzando finzione e realt (il tempo dellorologio).
La narrazione in questo caso interagisce in modo pre-individuale con il tempo istituzionale, e non con il fruitore che pure rimane rapito tra le due dimensioni che esistono a
prescindere dalla sua presenza, grazie a un coinvolgimento che pu essere considerato

107

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

critico a tutti gli effetti. Si era gi visto del resto in Dunne e Raby45 come la struttura
drammaturgica possa essere impiegata come strumento critico, costruendo nel loro
caso delle finzioni reali nel senso inverso rispetto a quello messo a punto da Marclay.
Unaltra tendenza recente nei software e nelle applicazioni per smartphone e tablet
quella di impiegare per semplificare lapprendimento meno tutorial video e pi microanimazioni che funzionano come affordance46; per esempio, avvicinando il puntatore
a un determinato elemento, questo si pu animare informando lutente che l per
consentirgli di eseguire delle operazioni a cui pu accedere rapidamente. In un certo
senso, si tratta di aiutanti spersonalizzati e non invadenti, a differenza dellesempio
fallimentare di Clippy47, lassistente-graffetta umanizzato di Microsoft Office che con
la sua personalit distraeva costantemente dai compiti che si stavano svolgendo.
Poich in 4.5. si portato lesempio di personal trainer virtuali, si vuole mettere in evidenza come anche il tempo soggettivo di una narrazione possa contribuire a motivare
lutente, utilizzando dinamiche drammaturgiche analoghe a quelle dei videogame. Per
esempio, Zombies, run! (2011)48 unapplicazione per iPhone sviluppata da Six to Start
e scritta da Naomi Alderman, realizzata e commercializzata dopo una raccolta fondi che
ha riscosso molti consensi. In essa il gioco, la classica missione di sopravvivenza in un
mondo popolato da zombie, adeguato in tempo reale al ritmo di jogging dellutente
e al tracciato GPS, restituendo dei feedback sonori in tempo reale: si tratta di compiere
delle missioni (virtuali, nel gioco) correndo (realmente) inseguiti da zombie (virtuali)
che dovrebbero far accelerare (realmente) lutente quando le loro voci sembrino avvicinarsi troppo, e con il supporto di una radio (virtuale) che fornisce informazioni utili
alla sopravvivenza nel mondo del gioco. La narrazione si sviluppa in un regime interattivo di mixed reality, il fruitore si deterritorializza per riterritorializzarsi e risoggettivarsi
nellambiente virtuale popolato dagli zombie, trasformando una sessione di jogging

45. Lwgren fa riferimento proprio al concetto di parafunctionality adottato da loro per portare un
esempio di struttura drammaturgica che si potrebbe sviluppare in tre fasi: riconoscimento del prodotto,
frustrazione per il fatto che non funzioni come ci si aspettava, e improvvisa intuizione di ci che lartista
o il designer intendeva mettere in luce, ci di cui intendeva rendere consapevole lutente/fruitore. Si
veda J. Lwgren, Towards an Articulation of Interaction Aesthetics, cit., pp. 10-11,
46. Analogamente a quanto si era detto per Sens-A-Patch (2001) di Lwgren, che pu essere considerato
un precursore di questa tendenza. Cfr. 2.4.1.
47. Cfr. lindagine condotta da H. Schaumburg, Computers as tools or as social actors? The users
perspective on anthropomorphic agents, in International Journal of Cooperative Information Systems. Special
Issue on Intelligent Information Agents: Theory and Applications, n. 10, 2001, pp. 217-234.
48. www.zombiesrungame.com
108

in un gioco, assoggettandosi volontariamente agli stimoli provenienti dal software che


lo monitora, per mezzo di affetti che si sostituiscono in buona parte a quelli ecologici
propri dellambiente esterno.

4.7. Malleabilit
In 2.4.1. si tradotto con malleabilit il parametro della pliability, quello a cui Lwgren dedicava unattenzione particolare 49, sebbene per lui pliability implichi anche
pi estesamente il coinvolgimento dellutente (un richiamo alla trasparenza) e la sua
confidenza nelluso (riconducibile alla familiarit). Nellaccezione pi estesa in cui lo
si considera in questa sede, si tratta di un concetto che rimanda almeno in parte alla
figura del bricoleur di cui scriveva Claude Lvi-Strauss ne Il pensiero selvaggio:
Il bricoleur capace di eseguire un gran numero di compiti differenziati ma, diversamente
dallingegnere, egli non li subordina al possesso di materie prime o di arnesi, concepiti e procurati
espressamente per la realizzazione del suo progetto: il suo universo strumentale chiuso e, per lui, la
regola del gioco consiste nelladattarsi sempre allequipaggiamento di cui dispone, cio ad un insieme
via via finito di arnesi e materiali, peraltro eterocliti, dato che la composizione di questo insieme
non in rapporto col progetto del momento, n daltronde con nessun progetto particolare, ma il
risultato contingente di tutte le occasioni che si sono presentate di rinnovare o di arricchire lo stock
o di conservarlo con i residui di costruzioni o di distruzioni precedenti []. Il suo modo pratico di
procedere inizialmente retrospettivo: egli deve rivolgersi verso un insieme gi costituito di utensili e
di materiali, farne o rifarne linventario, e infine, soprattutto impegnare con esso una sorta di dialogo
per inventariare, prima di sceglierne una, tutte le risposte che linsieme pu offrire al problema che
gli vien posto50.

Pi linterfaccia malleabile, pi consente allutente di essere impiegata in una


molteplicit di modi che possono trascendere quelli per i quali era stata progettata.
questa la qualit che si potrebbe adottare per sottolineare la preferenza rivolta da molti
utenti a sistemi come Linux e Android, rispetto alle politiche di controllo di Apple e di
Microsoft, e che sottintende possibilit di hacking anche da parte di utenti meno esperti
ma curiosi. Molte interfacce, applicazioni e menu sono altamente personalizzabili,
anche se questa tendenza va scomparendo per quanto riguarda gli elementi strutturali
a favore di una curva di apprendimento pi breve, fatta eccezione per i prodotti ad uso

49. Cfr. J. Lwgren, Pliability as an experiential quality: Exploring the aesthetics of interaction
design, in Artifact 1 (2) 2007, pp. 8595.
50. C. Lvi-Strauss, Il pensiero selvaggio, Il saggiatore, Milano 1964 [1962], pp. 30-31.
109

4. Parametri per unindagine critica dellinteraction design

professionale che ancora richiedono grandi quantit di strumenti e un elevato grado


di customizzazione (come per i software CAD, o ancora di pi per quelli prodotti ad
hoc per lavorazioni artigianali o industriali altamente specializzate). Bisogna quindi
considerare che, pi che per altri parametri, la malleabilit varia in funzione del tipo di
utente: la Kinect di Microsoft e lhardware provvisto di sensori della Nintendo Wii sono
strumenti straordinariamente malleabili per gli utenti che sono in grado di hackerarli
(nel primo caso sufficiente scaricare dal web gli appositi driver) per farli funzionare
con applicazioni proprie, ma ben pi misteriosi per il consumatore medio; il software
commerciale per il quale sono prodotti tuttavia pu contenere possibilit di esplorazione
(per esempio narrativa) in grado di adattarsi allutente, sebbene si tratti nella maggior
parte dei casi di percorsi o deviazioni previste dal designer, salvo con lintroduzione di
algoritmi che generino situazioni pseudo-casuali. La malleabilit presuppone s una
certa confidenza con lartefatto, ma anche la possibilit di rompere o modificare il
rapporto causa-effetto nel suo utilizzo. La causalit genera confidenza e pu contribuire
alla trasparenza, ma lasimmetria che auspica Dorfles presuppone la rottura del nesso
causale, lintroduzione dellindeterminazione51, di eventi imprevisti che scardinino
labitudine, o per lo meno la percezione della possibilit del loro manifestarsi. Anche
in questo caso torna in gioco la componente rituale nelluso da non confondere con
la ripetizione fine a se stessa che conferisce valore simbolico, e se il valore simbolico
fa parte della catena del valore52 allora possiamo pure rifarci alla profanazione di cui
scrive Agamben (cfr. 3.1.3), senza dimenticare che una forma dindeterminazione pu
essere semplicemente perseguita mediante la previsione di comportamenti autonomi
da parte dellinterfaccia, che ricordino la sua natura non umana, asimmetrica.

4.8. Conclusioni
Il set di parametri presentato a titolo puramente esemplificativo in questo capitolo
mostra come non ci sia soluzione di continuit tra luno e laltro, a maggior ragione essendo interessati da altri concetti come quelli di usabilit, di ritornello e di autonomia
che li riguardano trasversalmente quasi tutti. E ciascuna interfaccia ha delle specificit
che prevalgono rispetto ad altre, per cui esula dagli scopi di questa tesi quello di fornire

51. Come in molta arte contemporanea, specialmente dopo il contributo di John Cage.
52. Cfr. F. Carmagnola, Design. La fabbrica del desiderio, cit., pp. 26-28.
110

strumenti teorici universali ed esaustivi. Si messo in luce per come parametri qualitativi e concetti gi adoperati dallHCI possano assumere nuove valenze e aprire nuove
prospettive al design se utilizzati mediante un filtro critico informato anche semplicemente dai pi basilari tra gli strumenti teorici messi a disposizione da altre discipline
contemporanee (come il pensiero filosofico).
Lapproccio qui adottato trova conforto nel gi citato tentativo sperimentale di
Bardzell, Bolter e Lwgren di fornire tre diverse letture critiche dello stesso artefatto
interattivo53: una si fonda sul concetto di pliability e guarda a come il contenuto si
manifesti allutente (anche se non dichiarato, possiamo quindi riconoscere lautore
in Lwgren), la seconda alla performativit dellinterazione, orientata allespressione
del s da parte dellutente, come alternativa alla proceduralit (Bolter), e la terza alla
costruzione dellutente sulla base di teorie che provengono dagli studi sul cinema
(Bardzell). Analogamente a quanto si pu riscontrare confrontando diverse recensioni
provenienti da riviste specializzate circa uno stesso film, uno stesso libro o una stessa
mostra darte, le tre interpretazioni pubblicate si fondano su strumenti teorici diversi,
applicati pi o meno rigorosamente, e consegnano valutazioni e risultati diversi, che
per insieme iniziano a restituire un quadro via via pi definito, a fornire spunti per
una possibile implementazione dellinstallazione criticata e per progetti analoghi di
interaction design.
Secondo quando mostrato in questa tesi, a questi approcci se ne devono aggiungere
altri, che siano informati diversamente, e possibilmente fondati su teorie pi aggiornate. Se il selvaggio di Lvi-Strauss trasformava il territorio e produceva i suoi artefatti
secondo la sua cultura di individuo appartenente a una collettivit, oggi ci sono in
gioco nuove forze che industrializzano il territorio e lo riducono a macchina, come lo
stesso soggetto macchina desiderante. A meno che non si scelga di assecondare questa
tendenza (con la conseguenza di accelerarla) o di voler recuperare uno stato precedente,
unepoca perduta, rimane la possibilit di un design critico che guardi e che faccia
guardare a ci che produce, con la consapevolezza di come funzionino le macchine di
potere oggi, a tutte le scale.

53. J. Bardzell, J. Bolter, J. Lwgren, Interaction Criticism: Three Readings of an Interaction Design,
and What They Get Us, in Interactions, March & April 2010, pp. 32-37.
111

5. Conclusioni

Da quando iniziato il percorso di ricerca che ha portato alla stesura di questa tesi,
andata via via addensandosi la pubblicazione di alcuni testi tra libri, articoli e paper che
hanno contribuito a fornire prospettive innovative per la formulazione di teorie della
mediazione e dellinterazione uomo-macchina1; dunque, parallelamente a questa ricerca si andato delineando, a partire da alcuni ricercatori dislocati in tutto il mondo, un
punto di vista estetico-ecologico orientato anchesso a mettere in discussione lassoluta
centralit del soggetto/utente nel progetto di design dellinterazione, attingendo a strumenti teorici analoghi a quelli adottati per questa ricerca congiunti allattivit criticoriflessiva proveniente dellarte interattiva e virtuale.
Il primo contributo di questa tesi consiste nellaver classificato e definito in modo pi
rigoroso i concetti di base delle teorie tradizionali e di quelle pi innovative nellambito
dellestetica dellHCI, e nellaver intessuto dei raccordi tra di esse, che sono state
mappate e ordinate nel capitolo 2 sulla base dei modelli teorici dellesperienza estetica
(fenomenologico, pragmatista, strutturalista, post-modernista) su cui si fondano. Parte
di esse mostra contemporaneamente lesito di ricerche condotte attraverso il design,
e quindi attraverso la progettazione e la verifica sperimentale sugli artefatti, senza
soluzione di continuit con i modelli proposti; tra i professionisti, per, la teoria
ancora spesso considerata e impiegata non come uno strumento a cui venga attribuita
la dignit di un rigore metodologico, ma come suggestione o come semplice insieme
di linee guida, per esempio sul piano etico o su quello formale. Tra le posizioni prese
in considerazione, alcune si pongono in continuit con la tradizione degli studi sui

1. Il Fibreculture Journal (http://fibreculturejournal.org) da tempo attento ai nuovi modelli provenienti


dalla filosofia ma, come si visto, solo a dicembre 2012 ha finalmente pubblicato un numero dedicato
allinterazione (e, in particolare, allesplorazione del concetto di affetto di ascendenza deleuziana
nellinteraction design e nellarte interattiva). Questo e il libro The Interface Effect di Alexander Galloway,
anchesso del 2012, sono probabilmente annoverabili tra i primi segnali inequivocabili di una necessit la stessa dichiarata da parte di chi scrive nellintroduzione - che alcuni studiosi cominciano ad avvertire.
Al momento della chiusura di questa tesi non stato possibile consultare per intero la testi di dottorato
di B. Hookway dal titolo Interface: A genealogy of mediation and control, discussa a Princeton e in via
di pubblicazione per MIT Press, se non per lindice e lintroduzione, che per gi indicano la stessa
direzione. inoltre aperta una call per articoli (con scadenza il 31 dicembre 2013) per un numero del
journal Symplok (University of Nebraska Press) dal titolo Digitopia, le cui premesse lasciano presagire
un contributo significativo.
113

5. Conclusioni

new media, altre cominciano ad interessarsi a una prospettiva storica sulle interfacce
digitali, e altre ma sono ancora in minoranza a questioni filosofiche, politiche,
sociali ed economiche provenienti dalla pi stretta attualit. Il percorso descritto in
queste pagine non intende portare a un nuovo paradigma, sebbene ne adotti uno
come riferimento (quello di Guattari in Caosmosi) che si dichiara tale, ma cerca invece
di aggiungere un tassello al mosaico che si va progressivamente creando, dopo aver
disposto le altre tessere in modo tale che siano ben visibili e potenzialmente connesse
tra loro. La mappatura del capitolo 2 pu essere usata come punto di partenza anche da
chi decida di adottare punti di vista e modelli differenti da quelli intessuti nel capitolo
3, portando quindi a strumenti diversi e a prospettive diverse. Il proliferare di approcci
critici molteplici pu generare questioni nuove, e quindi una maggiore consapevolezza
per linteraction design, a patto che si lavori nella direzione del confronto su un terreno
disciplinare comune e mappato in modo rigoroso. Lastrazione teorica deve sempre
prestare attenzione alla pratica e deve rendersi sufficientemente interessante da farsi
ascoltare; una delle strategie che pu impiegare proprio quella di mostrarsi come
terreno comune condiviso anche con altre discipline. Cos gli strumenti elaborati nel
capitolo 3 potrebbero essere implementati e intessuti anche con strumenti e parametri
tipici di altri settori del design, dellarchitettura2 o di altre discipline.
Il quarto capitolo propone un insieme di concetti rivolti gi allambito professionale,
a quello didattico e a quello della critica del design dellinterazione di cui si sostiene
la diffusione, sia allinterno della comunit scientifica sia sui mass media, per rendere
pi consapevoli designer e utenti/consumatori fornendo loro prospettive pi ampie e
articolate, cos come avviene per la critica propria delle discipline umanistiche. Questi
concetti, in parte provenienti da questioni gi largamente dibattute nellHCI e in parte
discendenti dallapproccio teorico perfezionato nel capitolo 3, contribuiscono a gettare
delle fondamenta su quel terreno comune di cui si scriveva pocanzi, sia per la formazione
di un vocabolario condiviso, sia per la definizione di parametri su cui effettuare
valutazioni e considerazioni critiche. La buona critica che necessita della teoria e la
buona pratica si dovrebbero stimolare e controllare a vicenda. Cos i parametri proposti,
da affinare e al contempo ampliare a seconda dei contesti, possono servire ai designer
che durante il processo creativo vogliano rispondere a questioni etiche ed estetiche

2. Larchitettura e la moda, per esempio, possono essere studiate come interfacce tra luomo e lambiente,
considerando dunque sia i bisogni delluomo sia il funzionamento dei sistemi di cui esso si trova a fare
parte, talvolta inconsapevolmente.
114

con unattenzione che guardi oltre il gusto personale, le richieste del mercato e la mera
relazione con un soggetto decontestualizzato da molte componenti fondamentali del
suo ambiente; e possono servire agli utenti che, disponendo di pi punti di vista e
andando pi a fondo delle questioni, orienterebbero pi consapevolmente le loro scelte
di consumatori e i loro comportamenti.

115

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Ringraziamenti
Questa ricerca deve molto allincoraggiamento e alla fiducia di Davide, che stato inoltre fonte
dispirazione per il rigore, la correttezza e la passione con cui svolge il suo lavoro, e di Agostino, al
quale sono debitore per avermi coinvolto nelle attivit di ricerca da lui coordinate fin dalla laurea, per
avermi dato supporto nel mio personale percorso, e per il suo essere un amico insostituibile e un punto
di riferimento importante. Federica, Ruggero, Silvia, Teresita e Nicol sono stati i migliori compagni
che potessi trovare per questa avventura, e senza la loro presenza e i loro consigli oggi avrei idee meno
chiare e meno coraggiose; parimenti si sono rivelati decisivi i suggerimenti di Eleonora, di Stefano e di
Tim, ai quali sono legato da un sincero affetto, come quello che mi unisce alle altre persone straordinarie
che ho conosciuto durante questi tre anni: Anna, Davide, Jan, Luca, Luana, Marco, e altrettanto
importanti Ada, Eva, Giovanna, Ilaria, Isabella e Mario. Marta, Emmy, Francesca, Elena, Mark, Ale,
Chiara, Rob, Gianpaolo, Giovanni, Claudia, Francesco, Marco, Enrico, Girolamo, Emiliano, Maria,
Elisa e Andrea, Serena e Fabio, Silvia, Enzo, Isabella, Joachim, Mauro, Marika, Stefano e molti altri che
sarebbe impossibile elencare mi sono sempre stati vicini, e la loro amicizia e la loro compagnia mi sono
state di conforto e mi hanno aiutato a superare i momenti pi scuri, che purtroppo non sono mancati.
Il pensiero di come hanno vissuto i miei nonni che non ci sono pi continua ad essere un punto di
riferimento che mi fa guardare avanti, e questa tesi dedicata ai miei genitori, Fidalmino e Fidenzia:
senza il loro supporto, la loro pazienza e il loro amore incondizionato non mi sarebbe stato possibile
concluderla n iniziarla.

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