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Indice
1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui
1.1 Operatori lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Funzionali lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1
4
6
7
13
17
22
1.1
Denizione 1.1 Siano X; Y due spazi vettoriali normati sul campo K (= R o C).
Una funzione T : X ! Y si dice operatore lineare se
T ( x + y) = T (x) + T (y) 8x; y 2 X; 8 ;
1
2 K.
Solitamente quando un operatore lineare si omette la parentesi nellargomento, e si scrive T x invece che T (x) (ma naturalmente bisogna comunque
scrivere T (x + y) se largomento una somma!).
Teorema 1.2 Siano X; Y due spazi vettoriali normati e T : X ! Y un operatore lineare. Sono equivalenti le seguenti tre condizioni:
(a) T (vista come funzione tra due spazi metrici) continua in 0.
(b) T continua in ogni punto.
(c) vale la seguente condizione di limitatezza:
kT xkY
< 1:
x2X;x6=0 kxkX
sup
Dimostrazione. Proviamo che (a)=)(b). Questo vero per linearit. Proviamo che T continua in x sapendo che continua in 0: Occorre mostrare
che
xn ! x =) T xn ! T x:
Ma per linearit:
T xn
T x = T (xn
x) ! 0 perch (xn
x) ! 0 e T continua in 0.
X tale che
kT xn kY
kxn kX
Poniamo yn =
si ha
xn
nkxn kX .
Allora kyn kX =
n:
1
n
(1.1)
T yn ! 0. Ma:
T yn =
kT xn kY
T xn
perci kT yn kY =
n kxn kX
n kxn kX
1 per (1.1),
assurdo.
Proviamo che (c)=)(a). Per ipotesi esiste K > 0 tale che
kT xkY
< K per ogni x 2 X; x 6= 0:
kxkX
Allora se xn ! 0;
kT xn kY < K kxn kX ! 0
Denizione 1.3 Un operatore lineare T : X ! Y tra due spazi vettoriali normati X; Y si dice continuo se vale una delle tre condizioni equivalenti espresse
dal teorema precedente. In tal caso si denisce norma delloperatore il numero
kT k =
kT xkY
.
x2X;x6=0 kxkX
sup
kT k kxkX
8x 2 X:
kT f k1
dt = x kf k1
kf k1 :
3. Sia
T : C 2 [a; b] ! C 0 [a; b]
T f (x) = (x) f 00 (x) + (x) f 0 (x) + (x) f (x)
con
; ;
c kf kC 0 [a;b]
Si verica facilmente che ogni combinazione lineare di operatori lineari continui tra X e Y a sua volta un operatore lineare continuo. Si pu considerare
quindi lo spazio L (X; Y ) di tutti gli operatori lineari continui tra gli spazi
vettoriali normati X e Y , che risulta uno spazio vettoriale. Anzi, la norma
operatoriale
kT xkY
kT k = sup
x2X;x6=0 kxkX
risulta eettivamente una norma in questo spazio, quindi: L (X; Y ) uno spazio
vettoriale normato. Si pu dimostrare che, inoltre, se Y di Banach anche
L (X; Y ) di Banach.
1.2
sup
x2X;x6=0
jT xj
.
kxkX
Esempio 1.5 1. Sia X = C 0 [a; b]. Fissato un punto x0 2 [a; b], il funzionale
T f = f (x0 )
ovviamente lineare, ed continuo perch
jT f j = jf (x0 )j
kT k
kf kC 0 [a;b] , da cui
1:
jT f j
kT k
(b
jf (t)j dt
kf kC 0 [a;b] (b
a)
a) :
Confrontando gli esempi 1 e 2 vediamo che esistono funzionali lineari continui di tipo molto diverso, sullo spazio C 0 [a; b] :
3. Sia X = Lp ( ), e ssiamo una funzione g 2 Lq ( ) con q esponente
coniugato a p. Allora:
Z
Tf =
f (x) g (x) dx
4
kgkLq (
(q 1)p
jT f j
kf kp
q 1
q=p
jf j = jgj
= jgj ; quindi kf kp = kgkq
Z b
Z b
q
q
Tf =
f (t) g (t) dt =
jgj dt = kgkq
a
sgn(g) :
kgkq
Tf
q
=
= kgkq
q=p
kf kp
kgkq
q=p
= kgkq ;
quindi kT k = kgkLq ( ) .
Lultimo esempio si pu rileggere cos: ogni funzione g 2 Lq ( ) induce
in modo naturale un funzionale lineare continuo su Lp ( ) per p; q coniugati.
Potremmo indicare questo funzionale con
Tg : Lp ( ) ! R
Z b
Tg : f 7 !
f g:
a
f g:
Inoltre kT k = kgkq .
Possiamo anche leggere questo teorema dicendo: lo spazio duale di Lp ( )
si pu identicare con Lq ( ) ; per 1 p < 1. Invece, il duale di L1 ( ) non
L1 ( ).
Si osservi che, in particolare, il duale di L2 ( ) L2 ( ) stesso (essendo
lesponente 2 il coniugato di se stesso). Questo fatto un caso particolare di un
5
`1 =
x = fxn gn=1
In particolare i funzionali lineari continui su `p sono tutti e soli quelli del tipo:
1
Ty : fxn gn=1 7!
1
X
n=1
e si ha:
1
X
n=1
xn yn
1
X
n=1
jxn j
!1=p
1
X
n=1
jyn j
!1=q
n=1
n=1
Gli spazi vettoriali dotati di un prodotto scalare sono ambienti astratti in cui si
pu denire un concetto di ortogonalit analogo a quello euclideo in Rn . Questo
mette a disposizione un sistema di riferimento privilegiato in cui i calcoli sono
particolarmente comodi e semplici, un concetto di proiezione ortogonale che
diventa strumento per approssimare un elemento generico di uno spazio vettoriale (che nelle applicazioni allanalisi una funzione) mediante elementi di
un particolare sottospazio (che nelle applicazioni sono funzioni di qualche tipo
particolarmente semplice). In dimensione innita, come abitualmente si in
analisi, lortogonalit da sola non basterebbe per a garantire il buon funzionamento di questo tipo di teoria: la validit della propriet di completezza (nel
6
senso degli spazi di Banach) essenziale a nch si possano dimostrare teoremi signicativamente simili a quelli che valgono in Rn . Da questa sintesi di
idee nasce il concetto di spazio di Hilbert, uno spazio di Banach in cui c un
prodotto scalare e quindi un concetto di ortogonalit. Lesempio pi naturale
di spazio di Hilbert utile in analisi, in un certo senso prototipo di tutti gli altri,
lo spazio L2 ( ) delle funzioni a quadrato sommabile in qualche dominio
di Rn . Perci la teoria degli spazi di Hilbert, pur essendo di per s una teoria
astratta che utilizza solo i concetti propri degli spazi vettoriali normati, nelle sue
applicazioni interessanti ha bisogno della teoria della misura e dellintegrazione
di Lebesgue. E una teoria che nasce quindi dallincontro tra gli sviluppi dellanalisi funzionale astratta con la teoria della misura moderna. A sua volta,
lapplicazione della teoria astratta degli spazi di Hilbert al contesto concreto
dello spazio L2 ( ) richiede, come vedremo, la conoscenza di particolari sistemi ortonormali completidi funzioni. Il sistema trigonometrico fsin nx; cos nxg
comunemente usato nellanalisi di Fourier il primo fondamentale esempio di
sistemi di questo tipo. A seconda del problema in esame (problemi di approssimazione di funzioni in analisi armonica, problemi ai limiti per equazioni differenziali ordinarie o alle derivate parziali), occorre a volte cercare altri tipi di
sistemi ortonormali completi di funzioni speciali, adattati in qualche senso al
problema in esame.
2.1
Denizione 2.1 Sia V uno spazio vettoriale sul campo K (= R o C). Si. dice
che V uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno, o di prodotto scalare, o
anche che V uno spazio pre-Hilbertiano, se (oltre alle due operazioni proprie
dello spazio vettoriale, cio la somma di vettori e il prodotto tra un vettore e
uno scalare) denita una (terza) operazione, che chiamiamo prodotto scalare
o prodotto interno,
(; ):V V !K
(x; z) + (y; z)
8x; y; z 2 V; ;
2 K;
(x; y) = (y; x)
8x; y 2 V
(z; x) + (z; y)
7
8x; y; z 2 V; ;
2C
0 8x 2 V e (x; x) = 0 () x = 0:
(x; y) =
xj yj :
j=1
n
X
xj yj :
j=1
n
X
(x; y) =
aij xj yj
i;j=1
n
sottoinsieme
(x; y) =
1
X
xj y j .
j=1
kxk =
(x; x)
si ottiene che k k una norma, che si dice norma del prodotto interno. Si
noti che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si riscrive quindi
j(x; y)j
(2.1)
( x + y; x + y) =
Dunque abbiamo
2
0 8 2 R,
sia
0,
da cui (2.1).
p
2. Ponendo kxk = (x; x) si ha, per la positivit del prodotto scalare, la
propriet di positivit della norma. Vale lomogeneit perch
p
p
p
2 (x; x) = j j
k xk = ( x; x) =
(x; x) = j j kxk :
9
kx + yk + kx
yk = (x + y; x + y) + (x y; x y)
= (x; x) + 2 (x; y) + (y; y) + (x; x)
2
2 (x; y) + 2 (y; y)
2
(f; f ) =
jf (t)j dt
Se un tale prodotto scalare esistesse, la norma L1 dovrebbe soddisfare luguaglianza del parallelogramma, cosa che non accade, come ora mostriamo. Consideriamo, in L1 [0; 2]:
f (t) = [0;1] (t) ; g (t) = [1;2] (t) :
Poich j(f
kf +
2
gkL1
+ kf
2
2
gkL1
2
dt
dt
= 4 + 4 = 8;
2 kf kL1 + kgkL1 = 2 (1 + 1) = 4
e luguaglianza non vale. Pertanto L1 non uno spazio pre-Hilbertiano.
10
kxk kyk
kxk .
xj
j=1
n
X
j=1
kxj k :
j=1
i;j=1
i=1
n
X
(xj ; xj ) =
j=1
n
X
j=1
kxj k :
(x; s) + (y; s) =
0+
0 = 0:
1
Che sia chiuso segue dalla continuit del prodotto scalare. Infatti sia fxn gn=1
S ? tale che xn ! x 2 V; e proviamo che x 2 S ? . Infatti per ogni s 2 S si ha
(x; s) = lim (xn ; s) = lim 0 = 0;
n!1
n!1
quindi x 2 S ? e S ? chiuso.
12
2.2
Spazi di Hilbert
13
xj
1
X
j=1
j=1
kxj k :
Dimostrazione. Possiamo anzitutto applicare il teorema di Pitagora in versione nita ad ogni somma parziale della serie, e scrivere
m
X
xj
j=n
m
X
j=n
kxj k :
(2.2)
P1
2
Poich la serie numerica j=1 kxj k converge, le sue somme parziali sono una
Pm
2
successione di Cauchy, quindi j=n kxj k ! 0 per n; m ! 1: Per luguaglianza
Pm
(2.2) le somme parziali di j=n xj sono allora una successione di Cauchy in H,
ed essendo lo spazio completo la serie converge. Dunque esiste x 2 H tale che
n
X
j=1
n
X
xj ! x; perci
2
2
xj
! kxk :
j=1
Daltro canto
Pn
j=1
xj
Pn
j=1
n
X
j=1
(2.3)
kxj k ; perci
2
kxj k ! kxk .
(2.4)
kxj k =
1
X
xj
j=1
Inoltre x
xm k = k(xn
x) + (x
x)
k(xn
xm )k
(x
xm )k + 2 kxn
xk + kx
xm k
xk ! d2 ;
kxn
k(xn
x)
(x
xm k ! d2 ;
kx
xm )k = kxn + xm
2xk = 4
xn + xm
2
4d2
x
xn +xm
2
2 V: Ne
n;m!1
xk ! kv
xk ! d;
xk e
xk = d per i = 1; 2
v2 k = k(v1
x) + (x
v2 )k
k(v1
x)
(x
v1 + v2
2
v2 )k + 2 kv1
2
+ 2 d2 + d2
4d2 + 4d2 = 0
15
xk + kx
v2 k
2
2
in quanto v1 ; v2 2 V ) v1 +v
2 V ) v1 +v
x
d: Dunque kv1 v2 k = 0,
2
2
ossia v1 = v2 :
Prima di dimostrare lultimo punto del teorema (ortogonalit di x v a V )
ragioniamo sul signicato geometrico di questa propriet, lasciandoci guidare
dallanalogia con il caso nito dimensionale. Se V un sottospazio (chiuso) di
H e x un elemento di H che non appartiene a V , dal punto di vista geometrico
chi sar lelemento v 2 V di minima distanza da x? Sar la proiezione ortogonale
di x su V . Questo signica appunto che x v ortogonale a tutti gli elementi
di V .
kwk
kx
(v + v)k = k(x
= (w
v; w
= kwk
v) = (w; w)
2
2 (v; w) +
kvk
da cui
2 (v; w)
Ponendo
v)
kvk
vk = kw
2 (v; w) +
vk
2
(v; v)
8 2 R:
t2 kvk
8t > 0;
v2 = v20
v10 :
Abbiamo visto in precedenza (v. Teorema 2.5) che ogni elemento x di uno spazio
di Hilbert permette di denire un funzionale lineare continuo su H mediante
prodotto scalare con x stesso. In altre parole,
ad ogni x 2 H associato un Tx 2 H 0 tale che
Tx : H ! R
Tx : y 7! (y; x) ;
e risulta kTx kH 0 = kxkH :
Un risultato fondamentale sugli spazi di Hilbert aerma che vale anche il
viceversa: ogni funzionale lineare continuo necessariamente del tipo appena
descritto.
Teorema 3.1 (di rappresentazione di Riesz) Sia H uno spazio di Hilbert
e T un funzionale lineare continuo su H (ossia T 2 H 0 ). Allora esiste un unico
x 2 H che rappresenta T , nel senso che
T y = (y; x) per ogni y 2 H:
Inoltre kT kH 0 = kxkH : Si dice perci che il duale H 0 di uno spazio di Hilbert
H si pu identicare con H stesso.
17
Dimostrazione. Proviamo prima lesistenza di x. Se T il funzionale identicamente nullo basta porre x = 0, quindi supponiamo che T non sia identicamente
nullo. Per provare lesistenza di x, proviamo prima a indovinare chi pu essere. Se esiste x tale che T y = (y; x), T y si annuller per tutti gli y ortogonali
a x; dunque x un opportuno elemento ortogonale allinsieme degli y su cui si
annulla T . Guidati da questidea, consideriamo il nucleo di T , ossia linsieme:
KerT = fy 2 H : T y = 0g :
Si dimostra facilmente che KerT un sottospazio vettoriale di H (per linearit di T ) ed chiuso (per continuit di T ). Allora per il Corollario 2.14
possiamo scrivere
H = KerT KerT ? .
Sia z 2 KerT ? con kzk = 1 (poich stiamo supponendo T non identicamente
nullo, KerT non esaurisce H, perci KerT ? ha elementi non nulli e quindi,
essendo uno spazio vettoriale, ha elementi non nulli di norma unitaria). In base
al ragionamento iniziale, lelemento x che cerchiamo dovrebbe essere del tipo
x = z per qualche 2 R. Il prossimo argomento determiner in modo che
x = z soddis eettivamente la propriet richiesta.
Per ogni y 2 H; lelemento
Ty
z
y
Tz
appartiene a KerT; in quanto
T
Ty
z
Tz
Ty
T z = 0:
Tz
= Ty
(Si noti che ha senso dividere per T z in quanto z un elemento non nullo di
KerT ? , quindi T z 6= 0): Allora y TT yz z ortogonale a z, quindi,
0=
z; y
Ty
z
Tz
Ty
(z; z) = (z; y)
Tz
= (z; y)
Ty
;
Tz
da cui
T y = T z (z; y) = (x; y) ;
avendo posto
x = (T z) z:
Questo prova lesistenza. Il fatto che risulti kT kH 0 = kxkH gi stato provato
nel Teorema 2.5 (ora che sappiamo che T = Tx ).
Proviamo lunicit. Se esistono due elementi x1 ; x2 2 H tali che
T y = (y; x1 ) = (y; x2 ) per ogni y 2 H
ne segue
(y; x2
e scegliendo y = x2
x1 ) = 0 per ogni y 2 H;
x1 si ottiene x2
x1 = 0; da cui lunicit.
18
simmetrica se
a (u; v) = a (v; u) per ogni u; v 2 H:
Esempio 3.4 1. In qualunque spazio di Hilbert, il prodotto scalare una forma
bilineare simmetrica, continua (con c = 1, per la disuguaglianza di CauchySchwarz) e coerciva (con c = 1, per denizione di norma del prodotto scalare).
2. In Rn una forma bilineare ha sempre la forma:
a (u; v) =
n
X
i;j=1
19
aij ui vj
1
kT kH 0
c0
q
p
2
c kuk = c kuk
q
p
2
c0 kuk = c0 kuk
a (u; u)
a (u; u)
c0 kuk
kuk
a (u; u) = T u
da cui
kuk
kT kH 0 kuk ;
1
kT kH 0
c0
Denizione 4.1 Un insieme nito fej gj=1 o numerabile fej gj=1 di elementi
di H si dice sistema ortonormale se
0 se i 6= j
1 se i = j:
(ei ; ej ) =
cj ej
j=1
cj ej
n
X
cj ej
j=1
n
X
j=1
jcj j :
(4.1)
cj ej = 0
j=1
jcj j = 0
22
Un sistema ortonormale nito costituisce quindi una base dello spazio vettoriale da essi generato. Viceversa, se V0 un sottospazio nito dimensionale di
n
H, data una qualsiasi base uj j=1 di V0 sempre possibile a partire da questa
generarne unaltra che sia costituita da vettori ortonormali. Esu ciente adoperare il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, che illustriamo
iterativamente cos:
e1 = vers (u1 )
(dove, qui e nel seguito, indichiamo vers (u) =
e2 = vers (u2
u
kuk );
(u2 ; e1 ) e1 )
(u3 ; e1 ) e1
(u3 ; e2 ) e2 )
n
j=1
di V0 .
n
X
x; ej ej :
j=1
PV0 x; ek ) = (x; ek )
n
X
x; ej
ej ; ek = (x; ek )
(x; ek ) = 0:
j=1
Quindi la scrittura
x = PV0 x + (x
PV0 x)
e1 = vers (1) =
R1
0
e2 = vers (x (x; e1 ) e1 ) ;
Z 1
1
(x; 1) =
xdx = ;
2
0
!1=2 r
2
1
1
1
dx
=
= p ;
2
12
2 3
p
1
;
e2 = 2 3 x
2
e3 = vers x2
x2 ; 1 =
x2 ; e1 e1
x2 dx =
x ; e2 =
1
2
1
;
3
x 2 3 x
x2 ; e1 e1
x2 ; e2 e2
L2
=@
=
1
3
x2
1
x+
6
p
e3 = 6 5 x2
x+
x2 ; e2 e2 ;
p
1
3
dx =
;
2
6
p
3 p
2 3 x
6
x2
= 1:
1=2
12 dx
1
6
!1=2
dx
=p
1
2
x+
1
6
1
2
!2
11=2
dxA
1
1
= p ;
180
6 5
Calcoliamo dunque:
Z 1
2
(f; e1 ) =
sin ( x) dx = ;
0
(f; e2 ) =
p
sin ( x) 2 3 x
1
2
(f; e3 ) =
p
sin ( x) 6 5 x2
dx = 0;
1
x+
6
dx =
p
2 5
2
3
12
Perci
PV0 f =
=
60
p
2 5
12
3
2
12
3
x2
p
6 5 x2
x +
12
x+
2
1
6
120
3
Teorema 4.3 (Disuguaglianza di Bessel) Se ej j=1 un sistema ortonormale in uno spazio di Hilbert H; per ogni x2 H vale la disuguaglianza (di
Bessel):
1
X
2
2
x; ej
kxk :
j=1
25
n
X
x; ej ej
= kxk
j=1
n
X
x; ej
(4.2)
j=1
x; ej
j=1
= kPV0 xk
kxk
PV0 x)
d, per lortogonalit,
2
kxk = kPV0 xk + kx
PV0 xk
e quindi
x
n
X
j=1
x; ej ej
= kx
PV0 xk = kxk
kPV0 xk = kxk
n
X
x; ej
j=1
8j
26
=) x = 0:
1
j=1
Si pu dimostrare che:
Teorema 4.5 In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormale
completo, nel senso della precedente denizione1 .
Ricordiamo che separabile signica: che contiene un sottoinsieme denso
numerabile. Ad esempio, se
un sottoinsieme misurabile di Rn lo spazio
2
L ( ) separabile. Questo lesempio fondamentale che ci interesser nel seguito. Dal punto di vista pratico il teorema precedente non cos importante
nel senso che quando si applica la teoria di solito si conosce esplicitamente un
sistema ortonormale completo, dunque non c bisogno di appellarsi a un risultato astratto per garantirne lesistenza. Ad esempio, come vedremo, in L2 [a; b]
il classico sistema trigonometrico lesempio pi noto di sistema ortonormale
completo.
Il prossimo teorema condensa i risultati fondamentali di analisi di Fourier in
spazi di Hilbert:
Teorema 4.6 (Serie e trasformata di Fourier in spazi di Hilbert) Sia H
1
uno spazio di Hilbert e ej j=1 un sistema ortonormale completo. Per ogni
x2 H; poniamo
x
bj = x; ej per j = 1; 2; 3; :::
Allora
1. La serie di Fourier di x converge in H ad x, cio:
x=
1
X
j=1
2. Loperatore
x
bj ej
1
F : x 7! fb
xj gj=1
detto trasformata di Fourier su H, lineare e continuo a valori nello spazio di
successioni `2 ; pi precisamente, F una isometria tra spazi di Hilbert, cio
biunivoca e conserva il prodotto scalare e la norma, ossia:
x; y =
1
X
j=1
x
bj ybj 8x; y 2 H (uguaglianza di Plancherel)
kxk =
1
X
j=1
jb
xj j
1 Si pu dare una denizione di sistema ortonormale, e quindi di sistema ortonormale completo, non solo nito o numerabile, ma di cardinalit qualsiasi. Il teorema allora andrebbe
riformulato dicendo In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormale completo numerabile . Non entriamo in questi dettagli perch non ci interesseranno mai spazi di
Hilbert non separabili.
27
Dimostrazione.
Loperatore F evidentemente lineare; per la disuguaglianza
P1
2
2
1
di Bessel, j=1 jb
xj j
kxk ; in particolare fb
xj gj=1 2 `2 .
1
Mostriamo che F suriettiva. Data una successione fcj gj=1 2 `2 ; cio tale
P1
P1
2
che j=1 jcj j < 1; per il Teorema di Pitagora 2.12 la serie j=1 cj ej converge
in H ad un certo elemento x; calcoliamo ora:
!
1
X
ck ek ; ej =
x
bj = x; ej =
k=1
1
X
ck ek ; ej
k=1
1
X
k=1
(x; ek ) ek ; ej = x
bj
=x
bj
x
bj = 0:
1
X
k=1
x
bk ek ; ej
Dunque essendo il prodotto scalare (4.3) nullo per ogni j, per la completezza
del sistema segue che
1
X
(x; ek ) ek = 0; ossia
x
k=1
x=
1
X
k=1
x
bk ek ,
28
Sapendo questo, luguaglianza di Plancherel segue dalla bilinearit e continuit del prodotto scalare:
0
1
1 X
1
1
1
X
X
X
x; y = @
x
bk ek ;
ybj ej A =
x
bk ybj ek ; ej =
k=1
j=1
e per lortonormalit
k=1 j=1
1
X
j=1
x
bk ybj :
5
5.1
; ], il sistema trigonometrico
1 cos nx sin nx
p ; p ; p
per n = 1; 2; 3; :::
2
(5.1)
ortonormale completo.
Dimostrazione. Lortonormalit si verica elementarmente calcolando opportuni integrali (questo stato fatto in Analisi 2). Proviamo la completezza. Si
tratta di dimostrare che se f 2 L2 [ ; ] ortogonale a tutti gli elementi del
sistema trigonometrico (5.1) (il che come dire: se f ha i coe cienti di Fourier
tutti nulli) allora f uguale a zero quasi ovunque in [ ; ] (cio lelemento
nullo di L2 [ ; ]). La dimostrazione procede in due passi.
1. Prima si prova la tesi supponendo che f sia anche continua. Notiamo
anzitutto che se f ortogonale a tutti gli elementi del sistema trigonometrico,
29
f (x0 )
8x 2 (x0
2
; x0 + ) :
x0 )
cos :
Si verica che
t (x) > 1 per jx
jt (x)j 1 per jx
x0 j <
x0 j
:
n
ossia
; ]\jx x0 j<
f (x) t (x) dx =
; ]\jx x0 j
; ]\jx x0 j
; ]\jx x0 j
; ]\jx x0 j
; ]\jx x0 j
jf (x)j dx;
Mostriamo invece che il secondo membro tende a 1 per n ! 1 (da cui lassurdo). Scegliamo un intervallo [a; b] contenuto nellinsieme [ ; ] \ jx x0 j < ;
su [a; b] la funzione t (x) avr minimo m > 1, perci
Z
Z
f (x0 )
n
n
f (x) t (x) dx
t (x) dx
2
[
; ]\jx x0 j<
[
; ]\jx x0 j<
Z b
Z b
f (x0 )
f (x0 )
f (x0 )
n
t (x) dx
mn dx =
(b a) mn ! 1 per n ! 1:
2
2
2
a
a
30
f (t) dt:
F (x) =
cos (n )
cos (n )
F ( )+
F(
n
n
)=0
A0
= F (x)
2
1
2
F (t) dt:
31
; ] ; deniamo
f (x) cos nxdx per n = 0; 1; 2; 3:::
f (x) sin nxdx per n = 1; 2; 3; ::
a0 X
+
(an cos nx + bn sin nx)
2
n=1
Naturalmente serie e coe cienti di Fourier si possono adattare ad un intervallo [a; b] qualsiasi (v. [1, Cap. 7, 3.4]).
La teoria degli spazi di Hilbert fornisce un risultato semplice e generale sulla convergenza delle serie di Fourier in L2 . Naturalmente anche interessante
sapere se la serie di Fourier converge puntualmente (cosa che non segue dalla
convergenza in L2 ). In realt, il problema della convergenza puntuale il primo
che si posto, storicamente, col sorgere stesso della teoria delle serie di Fourier
(1822, Fourier, trattato Teoria analitica del calore). Il primo studio rigoroso
sulla convergenza puntuale delle serie di Fourier dovuto a Dirichlet nel 1829.
Si tratta di un problema fondamentale per lanalisi armonica, di cui per non
diremo nulla, in quanto ci interessa qui solo illustrare alcune applicazioni della
teoria degli spazi di Hilbert, che fu creata circa 100 anni dopo le serie di Fourier, come gi accennato. Per qualche dettaglio sullo studio della convergenza
puntuale delle serie di Fourier si rimanda a [1, Cap. 7, 3.6] o a [2, Chap.8,
8.5].
n
Allora
1
fen (x) em (y)gn;n=1
; ]:
2
; ]
; ]
; ] ; perch
jgm (x)j dx =
f (x; y) em (y) dy dx
33
n2Z
1
2
(2 )
:
n;m2Z
; ]
f (x; y) e
i(nx+my)
dxdy per n; m 2 Z
e si ha quindi
f (x; y) =
+1
X
n;m= 1
fbn;m ei(nx+my)
2
allora risulta
kf
sN kL2 ([
; ]2 )
! 0 per N ! +1:
Una delle possibili applicazioni delle serie di Fourier in due variabili alla
compressione delle immagini. Unimmagine in scala di grigi si pu vedere come
una funzione f (x; y) denita in un rettangolo a valori in [0; 1], dove il valore
f (x; y) rappresenta lintensit di grigio nel punto (pixel) (x; y), quindi f = 0
vuol dire punto bianco e f = 1 punto nero. Una somma di Fourier parziale
di f immagazzina (in modo approssimato) linformazione dellimmagine in un
numero limitato di coe cienti di Fourier.
5.2
k) per k = 0; 1; 2; :::; 2n
1; n = 0; 1; 2; 3; :::
35
n;k
di
n;1
n;k
1
n;k
(x) dx = 0 e
si ha
1
n;k
(x) dx = 1:
E facile rendersi conto che il prodotto tra due funzioni diverse tra le n;k o
identicamente nullo oppure una delle due moltiplicata per una costante;
perci queste funzioni sono anche a due a due ortogonali. Poich tutte queste
funzioni hanno media nulla, se vogliamo sperare di avere un sistema ortonormale
completo necessario aggiungere almeno una funzione che non abbia media
nulla: la costante 1 va bene. Vale il seguente
Teorema 5.4 Il sistema di funzioni
f1;
36
fbn;k =
f (x) dx
f (x)
n;k
1;
allora la serie
fb0 +
1 2X1
X
n=0 k=0
fbn;k
n;k
(x)
Poich le n;k ; e quindi ogni loro somma parziale, una funzione discontinua, ci aspettiamo che questo tipo di serie possa approssimare bene anche
funzioni con discontinuit; laltra faccia della medaglia che la somma parziale
sar sempre discontinua, anche quando la funzione da approssimare continua.
Soprattutto, per, il pregio di questa approssimazione la sua localizzabilit:
ogni n;k diversa da zero solo in un intervallino, perci scegliendo opportunamente i termini n;k possiamo aumentare il dettaglio dellapprossimazione di f
in un tratto specico dellintervallo [0; 1].
Esempio 5.6 Sia
f (x) =
1 x2 per x 2 [0; 14 ]
log x per x 2 ( 14 ; 1]
fb0 +
3 2X1
X
n=0 k=0
fbn;k
37
n;k
(x)
38
Riferimenti bibliograci
[1] M. Bramanti, C. D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 2. Zanichelli, 2009.
[2] G. Folland: Real Analysis. Modern applications and techniques. Wiley, 1984.
[3] R. Onyshczak, A.Youssef: Fingerprint Image Compression and the Wavelet
Scalar Quantization Specication, Chap. 19 in N. Ratha, R. Bolle, Editors:
Automatic Fingerprint Recognition Systems, Springer 2004.
39