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Introduzione alla teoria degli spazi di Hilbert

per il Corso di Metodi Matematici per


lIngegneria
Marco Bramanti
Politecnico di Milano
4 maggio 2012

Indice
1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui
1.1 Operatori lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Funzionali lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1
1
4

2 Geometria negli spazi di Hilbert


2.1 Spazi vettoriali con prodotto interno . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

6
7
13

3 Funzionali lineari continui su uno spazio di Hilbert

17

4 Analisi di Fourier in spazi di Hilbert

22

5 Applicazioni allanalisi armonica


29
5.1 Il sistema trigonometrico. Serie di Fourier in una o due variabili
29
5.2 Base di Haar e wavelets . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

Cenni su operatori e funzionali lineari continui

Prima di introdurre largomento degli spazi di Hilbert, dobbiamo rapidamente


introdurre alcuni concetti riguardanti le funzioni lineari denite su spazi vettoriali normati qualsiasi.

1.1

Operatori lineari continui

Denizione 1.1 Siano X; Y due spazi vettoriali normati sul campo K (= R o C).
Una funzione T : X ! Y si dice operatore lineare se
T ( x + y) = T (x) + T (y) 8x; y 2 X; 8 ;
1

2 K.

Solitamente quando un operatore lineare si omette la parentesi nellargomento, e si scrive T x invece che T (x) (ma naturalmente bisogna comunque
scrivere T (x + y) se largomento una somma!).
Teorema 1.2 Siano X; Y due spazi vettoriali normati e T : X ! Y un operatore lineare. Sono equivalenti le seguenti tre condizioni:
(a) T (vista come funzione tra due spazi metrici) continua in 0.
(b) T continua in ogni punto.
(c) vale la seguente condizione di limitatezza:
kT xkY
< 1:
x2X;x6=0 kxkX
sup

Dimostrazione. Proviamo che (a)=)(b). Questo vero per linearit. Proviamo che T continua in x sapendo che continua in 0: Occorre mostrare
che
xn ! x =) T xn ! T x:
Ma per linearit:
T xn

T x = T (xn

x) ! 0 perch (xn

x) ! 0 e T continua in 0.

Proviamo che (b)=)(c). Per assurdo, sia


kT xkY
= +1;
x2X;x6=0 kxkX
sup

allora esiste una successione fxn gn=1

X tale che

kT xn kY
kxn kX
Poniamo yn =
si ha

xn
nkxn kX .

Allora kyn kX =

n:
1
n

(1.1)

! 0 perci essendo T continua in 0

T yn ! 0. Ma:
T yn =

kT xn kY
T xn
perci kT yn kY =
n kxn kX
n kxn kX

1 per (1.1),

assurdo.
Proviamo che (c)=)(a). Per ipotesi esiste K > 0 tale che
kT xkY
< K per ogni x 2 X; x 6= 0:
kxkX
Allora se xn ! 0;

kT xn kY < K kxn kX ! 0

perci T xn ! 0; e T continua in 0. Lequivalenza delle tre condizioni quindi


provata.
2

Denizione 1.3 Un operatore lineare T : X ! Y tra due spazi vettoriali normati X; Y si dice continuo se vale una delle tre condizioni equivalenti espresse
dal teorema precedente. In tal caso si denisce norma delloperatore il numero
kT k =

kT xkY
.
x2X;x6=0 kxkX
sup

Risulta, per denizione


kT xkY

kT k kxkX

8x 2 X:

Esempio 1.4 1. Sia k 2 L1 (Rn ). Allora


T : Lp (Rn ) ! Lp (Rn )
T f = kf
lineare continuo su Lp (Rn ) ; per ogni p 2 [1; 1] ; con kT k = kkkL1 (Rn ) . T si
dice (ovviamente) operatore di moltiplicazione.
2. Sia k 2 L1 (Rn ) : Allora
T : Lp (Rn ) ! Lp (Rn )
Tf = k f
lineare continuo su Lp (Rn ) ; per ogni p 2 [1; 1] ; con kT k = kkkL1 (Rn ) , in base
alla disuguaglianza di Young. T si dice (ovviamente) operatore di convoluzione.
2. Sia
T : C 0 [0; 1] ! C 0 [0; 1]
Z x
T f (x) =
f (t) dt:
0

Loperatore integrale T lineare continuo,


Z x
Z
jT f (x)j
jf (t)j dt kf k1
0

kT f k1

dt = x kf k1

kf k1 :

3. Sia
T : C 2 [a; b] ! C 0 [a; b]
T f (x) = (x) f 00 (x) + (x) f 0 (x) + (x) f (x)
con

; ;

2 C 0 [a; b] : Loperatore di erenziale T lineare e continuo perch


kT f kC 2 [a;b]

c kf kC 0 [a;b]

con c dipendente da k kC 0 [a;b] ; k kC 0 [a;b] ; k kC 0 [a;b] :


3

Si verica facilmente che ogni combinazione lineare di operatori lineari continui tra X e Y a sua volta un operatore lineare continuo. Si pu considerare
quindi lo spazio L (X; Y ) di tutti gli operatori lineari continui tra gli spazi
vettoriali normati X e Y , che risulta uno spazio vettoriale. Anzi, la norma
operatoriale
kT xkY
kT k = sup
x2X;x6=0 kxkX
risulta eettivamente una norma in questo spazio, quindi: L (X; Y ) uno spazio
vettoriale normato. Si pu dimostrare che, inoltre, se Y di Banach anche
L (X; Y ) di Banach.

1.2

Funzionali lineari continui

Un caso particolare di operatore lineare si ha quando Y coincide con il campo


degli scalari. Un operatore lineare continuo T : X ! R (dove X uno spazio
vettoriale normato reale) si dice funzionale lineare continuo su X. Lo spazio
L (X; R) si dice spazio duale di X e si indica con X o X 0 : E sempre uno
spazio di Banach (perch il secondo spazio, Y = R, lo ). Quindi il duale di
uno spazio vettoriale normato X lo spazio (vettoriale normato) dei funzionali
lineari continui su X. La norma di un funzionale lineare continuo denita da
kT k =

sup
x2X;x6=0

jT xj
.
kxkX

Esempio 1.5 1. Sia X = C 0 [a; b]. Fissato un punto x0 2 [a; b], il funzionale
T f = f (x0 )
ovviamente lineare, ed continuo perch
jT f j = jf (x0 )j
kT k

kf kC 0 [a;b] , da cui

1:

T si dice funzionale di valutazione (valuta le funzioni nel punto x0 ).


2. Sia X = C 0 [a; b]. Lintegrale denito un funzionale lineare continuo:
Z b
Tf =
f (t) dt
a

jT f j
kT k

(b

jf (t)j dt

kf kC 0 [a;b] (b

a)

a) :

Confrontando gli esempi 1 e 2 vediamo che esistono funzionali lineari continui di tipo molto diverso, sullo spazio C 0 [a; b] :
3. Sia X = Lp ( ), e ssiamo una funzione g 2 Lq ( ) con q esponente
coniugato a p. Allora:
Z
Tf =
f (x) g (x) dx
4

un funzionale lineare continuo su Lp ( ) ; per la disuguaglianza di Hlder:


Z
jT f j
jf (x) g (x)j dx kf kLp ( ) kgkLq ( ) ; perci
kT k

kgkLq (

Mostriamo che , pi precisamente, kT k = kgkLq ( ) . E su ciente per questo


trovare una specica f per cui risulti
Si ha f 2 Lp perch
p

(q 1)p

jT f j
kf kp

q 1

= kgkq : Poniamo: f = jgj

q=p

jf j = jgj
= jgj ; quindi kf kp = kgkq
Z b
Z b
q
q
Tf =
f (t) g (t) dt =
jgj dt = kgkq
a

sgn(g) :

kgkq
Tf
q
=
= kgkq
q=p
kf kp
kgkq

q=p

= kgkq ;

quindi kT k = kgkLq ( ) .
Lultimo esempio si pu rileggere cos: ogni funzione g 2 Lq ( ) induce
in modo naturale un funzionale lineare continuo su Lp ( ) per p; q coniugati.
Potremmo indicare questo funzionale con
Tg : Lp ( ) ! R
Z b
Tg : f 7 !
f g:
a

Chiediamoci ora: esistono funzionali lineari continui su Lp ( ) di tipo diverso


da questo, cio che non si rappresentino come integrali contro una funzione Lq ?
La risposta negativa, e questo signica che conosciamo una caratterizzazione
completa dei funzionali lineari continui su Lp ( ):
Teorema 1.6 (di rappresentazione di Riesz) Sia 1
p < 1. Per ogni
funzionale lineare continuo T su Lp ( ) esiste una funzione g 2 Lq ( ) (con q
esponente coniugato di p) tale che
T :f 7 !

f g:

Inoltre kT k = kgkq .
Possiamo anche leggere questo teorema dicendo: lo spazio duale di Lp ( )
si pu identicare con Lq ( ) ; per 1 p < 1. Invece, il duale di L1 ( ) non
L1 ( ).
Si osservi che, in particolare, il duale di L2 ( ) L2 ( ) stesso (essendo
lesponente 2 il coniugato di se stesso). Questo fatto un caso particolare di un
5

teorema molto pi generale, di rappresentazione dei funzionali lineari continui


su uno spazio di Hilbert, di cui parleremo fra non molto.
Si osservi anche che tutto ci che abbiamo detto vale per gli spazi Lp su
qualsiasi spazio di misura astratto ( ; M; ). Se in particolare consideriamo lo
spazio (N; P (N) ; m) dove m la misura del conteggio, otteniamo gli spazi Lp
di successioni, indicati col simbolo `p :
8
9
!1=p
1
<
=
X
1
p
`p = x = fxn gn=1 R : kxk`p =
jxn j
< 1 ; per 1 p < 1;
:
;
n=1

`1 =

x = fxn gn=1

R : kxk`1 = sup jxn j < 1 :


n

In particolare i funzionali lineari continui su `p sono tutti e soli quelli del tipo:
1

Ty : fxn gn=1 7!

1
X

n=1

xn yn con fyn gn=1 2 `q ssato,

e si ha:
1
X

n=1

xn yn

1
X

n=1

jxn j

!1=p

1
X

n=1

jyn j

!1=q

(disuguaglianza di Holder in spazi `p ). E interessante, in particolare, il caso


p = q = 2, per cui la disuguaglianza precedente risulta una generalizzazione
innito dimensionale della disuguaglianza (di Cauchy-Schwarz) elementare che
vale per il prodotto scalare in Rn :
!1=2 1
!1=2
1
1
X
X
X
2
2
xn yn
jxn j
jyn j
:
n=1

n=1

n=1

Questa relazione tra spazi innito dimensionali, prodotto scalare e funzionali


lineari continui avr la sua piena chiaricazione e il suo sviluppo naturale nella
teoria degli spazi di Hilbert, di cui ora ci occupiamo.

Geometria negli spazi di Hilbert

Gli spazi vettoriali dotati di un prodotto scalare sono ambienti astratti in cui si
pu denire un concetto di ortogonalit analogo a quello euclideo in Rn . Questo
mette a disposizione un sistema di riferimento privilegiato in cui i calcoli sono
particolarmente comodi e semplici, un concetto di proiezione ortogonale che
diventa strumento per approssimare un elemento generico di uno spazio vettoriale (che nelle applicazioni allanalisi una funzione) mediante elementi di
un particolare sottospazio (che nelle applicazioni sono funzioni di qualche tipo
particolarmente semplice). In dimensione innita, come abitualmente si in
analisi, lortogonalit da sola non basterebbe per a garantire il buon funzionamento di questo tipo di teoria: la validit della propriet di completezza (nel
6

senso degli spazi di Banach) essenziale a nch si possano dimostrare teoremi signicativamente simili a quelli che valgono in Rn . Da questa sintesi di
idee nasce il concetto di spazio di Hilbert, uno spazio di Banach in cui c un
prodotto scalare e quindi un concetto di ortogonalit. Lesempio pi naturale
di spazio di Hilbert utile in analisi, in un certo senso prototipo di tutti gli altri,
lo spazio L2 ( ) delle funzioni a quadrato sommabile in qualche dominio
di Rn . Perci la teoria degli spazi di Hilbert, pur essendo di per s una teoria
astratta che utilizza solo i concetti propri degli spazi vettoriali normati, nelle sue
applicazioni interessanti ha bisogno della teoria della misura e dellintegrazione
di Lebesgue. E una teoria che nasce quindi dallincontro tra gli sviluppi dellanalisi funzionale astratta con la teoria della misura moderna. A sua volta,
lapplicazione della teoria astratta degli spazi di Hilbert al contesto concreto
dello spazio L2 ( ) richiede, come vedremo, la conoscenza di particolari sistemi ortonormali completidi funzioni. Il sistema trigonometrico fsin nx; cos nxg
comunemente usato nellanalisi di Fourier il primo fondamentale esempio di
sistemi di questo tipo. A seconda del problema in esame (problemi di approssimazione di funzioni in analisi armonica, problemi ai limiti per equazioni differenziali ordinarie o alle derivate parziali), occorre a volte cercare altri tipi di
sistemi ortonormali completi di funzioni speciali, adattati in qualche senso al
problema in esame.

2.1

Spazi vettoriali con prodotto interno

Denizione 2.1 Sia V uno spazio vettoriale sul campo K (= R o C). Si. dice
che V uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno, o di prodotto scalare, o
anche che V uno spazio pre-Hilbertiano, se (oltre alle due operazioni proprie
dello spazio vettoriale, cio la somma di vettori e il prodotto tra un vettore e
uno scalare) denita una (terza) operazione, che chiamiamo prodotto scalare
o prodotto interno,
(; ):V V !K

con le seguenti propriet:


1. lineare sulla prima componente:
( x + y; z) =

(x; z) + (y; z)

8x; y; z 2 V; ;

2 K;

2.a. se K = R (caso che maggiormente considereremo in seguito): commutativo


(x; y) = (y; x) 8x; y 2 V ;
2.b. se K = C:

(x; y) = (y; x)

8x; y 2 V

dove indica il coniugato nel campo complesso. Si noti che se K = R dalla


commutativit segue anche la linearit sulla seconda componente, per cui in tal
caso diciamo semplicemente che il prodotto scalare bilineare; se invece K = C
da 1 e 2.b segue
(z; x + y) =

(z; x) + (z; y)
7

8x; y; z 2 V; ;

2C

e si dice che il prodotto scalare complesso sesquilineare. Notiamo anche che


nel caso complesso essendo (x; x) = (x; x), risulta (x; x) reale per ogni x 2 V ,
il che d senso alla prossima richiesta.
3. Positivit:
(x; x)

0 8x 2 V e (x; x) = 0 () x = 0:

Esempio 2.2 1. Lo spazio Rn col prodotto scalare


n
X

(x; y) =

xj yj :

j=1

2. Lo spazio Cn (su C) col prodotto scalare


(x; y) =

n
X

xj yj :

j=1

3. Lo spazio Rn col prodotto scalare

n
X

(x; y) =

aij xj yj

i;j=1
n

dove A = (aij )i;j=1 una qualsiasi matrice simmetrica e denita positiva.


4. Lo spazio C [a; b] (funzioni a valori reali) con
Z b
(f; g) =
f (t) g (t) dt:
a

5. Lo spazio C [a; b] (funzioni a valori complessi) con


Z b
(f; g) =
f (t) g (t)dt:
a

6. Lo spazio L ( ) (funzioni a valori reali o complessi),


misurabile di Rn con
Z
(f; g) =
f (x) g (x)dx:

sottoinsieme

Questo sar lesempio pi importante nel seguito. Se le funzioni hanno valori


reali ovviamente non c bisogno di mettere il coniugato sopra g.
1
7. Lo spazio `2 delle successioni x = fxn gn=1 a valori reali o complessi per
le quali si abbia
1
X
2
jxj j < 1;
j=1

col prodotto scalare

(x; y) =

1
X

xj y j .

j=1

Questo in un certo senso lanalogo discreto dellesempio precedente. Si noti


lanalogia con il prodotto scalare usuale di Rn .
8

In tutto il seguito, per semplicare le notazioni e le dimostrazioni, tratteremo


sempre spazi vettoriali su R. Quello che diremo vale comunque anche per spazi
complessi, con qualche modica di notazione o nelle dimostrazioni.
Teorema 2.3 Sia V uno spazio pre-Hilbertiano. Allora:
1. Vale la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:
p
p
j(x; y)j
(x; x)
(y; y) 8x; y 2 V:
2. Ponendo

kxk =

(x; x)

si ottiene che k k una norma, che si dice norma del prodotto interno. Si
noti che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si riscrive quindi
j(x; y)j

kxk kyk 8x; y 2 V:

(2.1)

3. La norma del prodotto interno soddisfa luguaglianza del parallelogramma:


2
2
2
2
kx + yk + kx yk = 2 kxk + kyk
8x; y 2 V:
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema lavorando per semplicit con uno
spazio pre-Hilbertiano reale. La dimostrazione di tutti i punti si basa sulle
propriet assiomatiche del prodotto interno.
1. Per ogni 2 R possiamo scrivere: per la positivit del prodotto scalare:
0

( x + y; x + y) =

per la bilinearit del prodotto scalare


2

(x; x) + 2 (x; y) + (y; y) =

per denizione di norma del prodotto scalare


=

kxk + 2 (x; y) + kyk :

Dunque abbiamo
2

kxk + 2 (x; y) + kyk

0 8 2 R,

il che implica che il discriminante del trinomio di secondo grado in


ossia
2
2
2
(x; y)
kxk kyk
0

sia

0,

da cui (2.1).
p
2. Ponendo kxk = (x; x) si ha, per la positivit del prodotto scalare, la
propriet di positivit della norma. Vale lomogeneit perch
p
p
p
2 (x; x) = j j
k xk = ( x; x) =
(x; x) = j j kxk :
9

Vale la disuguaglianza triangolare perch per denizione di norma e bilinearit


del prodotto scalare
2

kx + yk = (x + y; x + y) = (x; x) + 2 (x; y) + (y; y) = kxk + 2 (x; y) + kyk


per la (2.1)
2

kxk + 2 kxk kyk + kyk = (kxk + kyk)

da cui kx + yk kxk + kyk.


3. Per denizione di norma e bilinearit del prodotto scalare si ha:
2

kx + yk + kx

yk = (x + y; x + y) + (x y; x y)
= (x; x) + 2 (x; y) + (y; y) + (x; x)
2

2 (x; y) + 2 (y; y)
2

= 2 [(x; x) + (y; y)] = 2 kxk + kyk

Ogni spazio pre-Hilbertiano dunque uno spazio vettoriale normato, la cui


norma proviene da un prodotto scalare e soddisfa luguaglianza del parallelogramma.
Viceversa, potremmo avere uno spazio vettoriale normato (qualsiasi) e chiederci se esista un prodotto scalare che induca quella norma. Da questo punto di
vista, il fatto che valga luguaglianza del parallelogramma risulta una condizione
necessaria, come mostra il prossimo
Esempio 2.4 Dimostriamo che la norma di L1 [a; b] non proviene da un prodotto scalare. Si faccia attenzione: chiaro che il prodotto scalare
Z b
(f; g) =
f (t) g (t) dt
a

non induce la norma L (perch induce la norma L2 ); noi stiamo a ermando


per che non esiste alcun prodotto scalare (f; g) per cui si abbia
!2
Z
b

(f; f ) =

jf (t)j dt

Se un tale prodotto scalare esistesse, la norma L1 dovrebbe soddisfare luguaglianza del parallelogramma, cosa che non accade, come ora mostriamo. Consideriamo, in L1 [0; 2]:
f (t) = [0;1] (t) ; g (t) = [1;2] (t) :
Poich j(f

g) (t)j = 1 in [0; 2], si ha:

kf +

2
gkL1

+ kf
2

2
gkL1
2

dt

dt

= 4 + 4 = 8;

2 kf kL1 + kgkL1 = 2 (1 + 1) = 4
e luguaglianza non vale. Pertanto L1 non uno spazio pre-Hilbertiano.
10

Si pu dimostrare (non lo facciamo) che se V uno spazio vettoriale normato


la cui norma soddisfa luguaglianza del parallelogramma, allora il prodotto
i
1h
2
2
2
kx + yk
kxk
kyk
(x; y) =
2

eettivamente un prodotto scalare, che induce la norma k k. Di conseguenza


luguaglianza del parallelogramma caratterizza le norme degli spazi pre-hilbertiani.
Questo fa capire che tutta la geometria dellortogonalit scritta, implicitamente, nella semplice uguaglianza del parallelogramma. Difatti, come vedremo presto, questuguaglianza giocher un ruolo centrale nella dimostrazione
di teoremi importanti.
Il prodotto scalare soddisfa una propriet di continuit rispetto alla norma
che esso stesso induce:
Teorema 2.5 Sia V uno spazio vettoriale pre-hilbertiano. Per un x 2 H
ssato, si consideri il funzionale:
T :H!R
T : y 7! (x; y) :
Allora T un funzionale lineare continuo su X (rispetto alla norma indotta dal
prodotto scalare). Inoltre la norma di T come funzionale uguale alla norma
dellelemento x.
Dimostrazione. La linearit di T segue dalla bilinearit del prodotto scalare;
la continuit di T segue dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:
jT yj = j(x; y)j

kxk kyk

da cui T continuo con


kT kV 0

kxk .

Di pi, risulta kT kV 0 = kxk perch


jT xj = j(x; x)j = kxk

da cui jT xj = kxk = kxk e kT kV 0 kxk.


La continuit del prodotto scalare rispetto alla norma signica in particolare
che
yn ! y =) (x; yn ) ! (x; y) .
Si pu dimostrare anche:
xn ! x; yn ! y =) (xn ; yn ) ! (x; y) ,
relazione che ci sar utile in seguito.
In uno spazio vettoriale con prodotto interno si pu denire in maniera
naturale un concetto di ortogonalit:
11

Denizione 2.6 Si dice che x; y 2 V sono ortogonali tra loro, e si scrive x ? y,


se (x; y) = 0:
Vale allora il seguente
Teorema 2.7 (di Pitagora) Siano x1 ; x2 ; :::; xn 2 V elementi a due a due
ortogonali. Allora
n
X

xj

j=1

n
X
j=1

kxj k :

Dimostrazione. Si ha, per denizione di norma e bilinearit del prodotto


scalare:
0
1
2
n
n
n
n
X
X
X
X
xj = @
xj ;
xi A =
(xi ; xj )
j=1

j=1

i;j=1

i=1

poich i vettori sono a due a due ortogonali (xi ; xj ) = 0 per i 6= j, perci


=

n
X

(xj ; xj ) =

j=1

n
X
j=1

kxj k :

Denizione 2.8 Sia S


V un insieme qualsiasi di vettori. Si dice complemento ortogonale di S, e si indica con S ? , linsieme
S ? = fx 2 V : (x; s) = 0 8s 2 Sg :
Teorema 2.9 Linsieme S ? un sottospazio vettoriale chiuso di V (anche se
S non un sottospazio).
Dimostrazione. Che sia un sottospazio segue dalla bilinearit del prodotto
scalare: se x; y 2 S ? e ; 2 R si ha, per ogni s 2 S;
( x + y; s) =

(x; s) + (y; s) =

0+

0 = 0:
1

Che sia chiuso segue dalla continuit del prodotto scalare. Infatti sia fxn gn=1
S ? tale che xn ! x 2 V; e proviamo che x 2 S ? . Infatti per ogni s 2 S si ha
(x; s) = lim (xn ; s) = lim 0 = 0;
n!1

n!1

quindi x 2 S ? e S ? chiuso.

12

2.2

Spazi di Hilbert

Denizione 2.10 Si dice spazio di Hilbert uno spazio pre-Hilbertiano completo.


Quindi uno spazio di Hilbert uno spazio di Banach la cui norma proviene
da un prodotto interno.
Esempio 2.11 Passiamo in rassegna agli Esempi 2.2 di spazi vettoriali con
prodotto interno e vediamo quali di essi sono spazi di Hilbert.
Gli esempi 1, 2, 3, 4 sono nito dimensionali. Questi sono tutti spazi di
Hilbert, per la completezza di Rn .
Gli esempi 4-5 (funzioni continue, prodotto scalare integrale) danno spazi
non completi (sappiamo gi che le norme integrali non rendono completo uno
spazio di funzioni continue), quindi non di Hilbert.
Lesempio 6 L2 ( ), con il prodotto scalare integrale. Questo di Hilbert
(completezza degli spazi Lp ), ed lesempio pi importante per il seguito del
discorso. Si noti che stiamo parlando di L2 su un qualsiasi spazio di misura
astratto ( ; M; ), non solo un dominio di Rn con la misura di Lebesgue.
Lesempio 7 un caso particolare del precedente quando la misura quella
del conteggio su N. Si ottiene lo spazio `2 di successioni, col prodotto scalare
che generalizza quello usuale di Rn al caso innito dimensionale. In un certo
senso lo spazio `2 si pu pensare come una sorta di spazio R1 , dove per la
successione
delle coordinate soggetta a un vincolo preciso, la convergenza della
P
2
serie
jxn j .
Nota storica. La teoria astratta degli spazi di Hilbert fu formulata da von
Neumann alla ne degli anni 1920, come strumentazione matematica per la meccanica quantistica. In questa sua applicazione, la teoria degli spazi di Hilbert
complessi quella che serve; questo il motivo per cui abbiamo dato almeno le
denizioni iniziali nel caso complesso. Nel seguito del discorso, per semplicit,
considereremo quasi sempre spazi reali, soprattutto nelle dimostrazioni. Hilbert
fu il primo a introdurre lo spazio `2 , nei primi anni del 1900, e a gettare le basi
per linteresse per questi tipi di spazi vettoriali innito dimensionali. Ricordiamo
che la teoria degli spazi di Banach (di cui quelli di Hilbert sono un caso particolare) ebbe il suo importante avvio con il lavoro di Banach del 1932 Teoria degli
operatori lineari, quindi fu successiva alla teoria degli spazi di Hilbert. Segnaliamo anche che, mentre nella nostra trattazione introduttiva ci occuperemo
principalmente della geometria degli spazi di Hilbert e di alcune propriet dei
funzionali lineari continui su spazi di Hilbert, gli sviluppi pi signicativi della
teoria degli spazi di Hilbert (cos come quella degli spazi di Banach, che non
trattiamo) riguardano la teoria degli operatori lineari deniti su questi spazi.
Negli spazi di Hilbert il teorema di Pitagora dimostrato in precedenza si
estende a somme innite, al modo seguente:

13

Teorema 2.12 (di Pitagora, 2a versione) Se fxj gj=1 una successione di


elementi di
spazio di Hilbert H a due a due
Puno
P1ortogonali e tali che la serie
1
2
numerica j=1 kxj k converge, allora la serie j=1 xj converge in H e vale la
1
X

xj

1
X
j=1

j=1

kxj k :

Dimostrazione. Possiamo anzitutto applicare il teorema di Pitagora in versione nita ad ogni somma parziale della serie, e scrivere
m
X

xj

j=n

m
X

j=n

kxj k :

(2.2)

P1
2
Poich la serie numerica j=1 kxj k converge, le sue somme parziali sono una
Pm
2
successione di Cauchy, quindi j=n kxj k ! 0 per n; m ! 1: Per luguaglianza
Pm
(2.2) le somme parziali di j=n xj sono allora una successione di Cauchy in H,
ed essendo lo spazio completo la serie converge. Dunque esiste x 2 H tale che
n
X
j=1

n
X

xj ! x; perci
2
2

xj

! kxk :

j=1

Daltro canto

Pn

j=1

xj

Pn

j=1

n
X
j=1

(2.3)

kxj k ; perci
2

kxj k ! kxk .

(2.4)

Da (2.3) e (2.4) segue


1
X
j=1

kxj k =

1
X

xj

j=1

Il risultato fondamentale sulla geometria degli spazi di Hilbert il seguente:


Teorema 2.13 (Distanza da un sottospazio chiuso, o Teorema della
proiezione). Sia H uno spazio di Hilbert e V un suo sottospazio vettoriale
chiuso. Allora per ogni x 2 H esiste un unico v 2 V di minima distanza da x,
ossia tale che
kx vk = inf kx vk :
v2V

Inoltre x

v ortogonale a V . Lelemento v si dice proiezione di x su V .


14

Dimostrazione. Proviamo lesistenza. Se x 2 V basta porre v = x, perci


supponiamo x 2
= V . Sia d = inf v2V kx vk. (Questo inf esiste perch V non
1
vuoto e kx vk 0). Sia fxn gn=1 V una successione minimizzante, ossia
tale che
kx xn k ! d:
(Tale successione esiste per denizione di estremo inferiore). Proviamo che
questa successione di Cauchy. Si utilizza a questo scopo luguaglianza del
parallelogramma:
kxn

xm k = k(xn

x) + (x

x)

k(xn

xm )k

(x

xm )k + 2 kxn

xk + kx

xm k

Ora, per n; m ! 1 si ha:


2

xk ! d2 ;

kxn
k(xn

x)

(x

xm k ! d2 ;

kx

xm )k = kxn + xm

2xk = 4

xn + xm
2

perch, essendo V un sottospazio vettoriale, xn ; xm 2 V =)


segue che
2
lim kxn xm k
4d2 + 2 d2 + d2 = 0;

4d2

x
xn +xm
2

2 V: Ne

n;m!1

cio kxn xm k ! 0, ossia fxn gn=1 di Cauchy. Poich H completo, esiste


allora v 2 H tale che xn ! v; inoltre, poich V un sottospazio chiuso di H,
v 2 V . Inne, poich
kxn
kxn

xk ! kv
xk ! d;

xk e

si ha kv xk = d. Questo completa la dimostrazione dellesistenza dellelemento


di V di minima distanza da x.
Proviamo ora lunicit. Siano dunque v1 ; v2 due elementi di V tali che
kvi

xk = d per i = 1; 2

e proviamo che allora v1 = v2 . Si usa ancora luguaglianza del parallelogramma,


in modo simile a quello gi visto:
kv1

v2 k = k(v1

x) + (x

v2 )k

k(v1

x)

(x

v1 + v2
2

v2 )k + 2 kv1
2

+ 2 d2 + d2

4d2 + 4d2 = 0

15

xk + kx

v2 k

2
2
in quanto v1 ; v2 2 V ) v1 +v
2 V ) v1 +v
x
d: Dunque kv1 v2 k = 0,
2
2
ossia v1 = v2 :
Prima di dimostrare lultimo punto del teorema (ortogonalit di x v a V )
ragioniamo sul signicato geometrico di questa propriet, lasciandoci guidare
dallanalogia con il caso nito dimensionale. Se V un sottospazio (chiuso) di
H e x un elemento di H che non appartiene a V , dal punto di vista geometrico
chi sar lelemento v 2 V di minima distanza da x? Sar la proiezione ortogonale
di x su V . Questo signica appunto che x v ortogonale a tutti gli elementi
di V .

Dimostriamolo. Sia w = x v, v 2 V qualsiasi, e proviamo che (w; v) = 0.


Per ogni 2 R, scriviamo (essendo v + v 2 V e kwk = d)
2

kwk

kx

(v + v)k = k(x

= (w

v; w

= kwk

v) = (w; w)
2

2 (v; w) +

kvk

da cui
2 (v; w)
Ponendo

v)

kvk

vk = kw

2 (v; w) +

vk
2

(v; v)

8 2 R:

= tsgn(v; w) con t > 0 la precedente si riscrive cos


2t j(v; w)j

t2 kvk

8t > 0;

da cui dividendo per t e facendo tendere t a zero si ottiene (v; w) = 0, che la


tesi.
Corollario 2.14 (Decomposizione ortogonale di H rispetto a un suo
sottospazio chiuso). Se H uno spazio di Hilbert e V un suo sottospazio
chiuso si ha:
H = V V ?;
16

dove si legge somma diretta e signica quanto segue:


ogni elemento x 2 H si pu scrivere come somma di un elemento v 2 V e
un elemento v 0 2 V ? , inoltre V \ V ? = f0g. Le due cose insieme implicano che
la scrittura x = v + v 0 con v 2 V e v 0 2 V ? unica.
Dimostrazione. Sia V un sottospazio chiuso di H. Se V = H allora V ? = f0g
e la tesi ovvia. Altrimenti, preso un x 2 H, per il Teorema della proiezione
possiamo scrivere x = v + (x v) con v 2 V e (x v) 2 V ? . E poi ovvio
che V \ V ? = f0g in quanto se x 2 V \ V ? si ha (x; x) = 0 e quindi x = 0.
Mostriamo anche che la scrittura di un elemento x 2 H nella forma x = v + v 0
con v 2 V e v 0 2 V ? unica. Supponiamo che esistano due scritture:
x = v1 + v10 = v2 + v20
con v1 ; v2 2 V e v10 ; v20 2 V ? . Allora si ha:
v1

v2 = v20

v10 :

Il primo membro un elemento di V , il secondo membro un elemento di V ? ,


allora poich V \ V ? = f0g si ha v1 v2 = 0 = v20 v10 ; da cui v1 = v2 ; v20 = v10
ossia la scrittura unica.

Funzionali lineari continui su uno spazio di


Hilbert

Abbiamo visto in precedenza (v. Teorema 2.5) che ogni elemento x di uno spazio
di Hilbert permette di denire un funzionale lineare continuo su H mediante
prodotto scalare con x stesso. In altre parole,
ad ogni x 2 H associato un Tx 2 H 0 tale che
Tx : H ! R
Tx : y 7! (y; x) ;
e risulta kTx kH 0 = kxkH :
Un risultato fondamentale sugli spazi di Hilbert aerma che vale anche il
viceversa: ogni funzionale lineare continuo necessariamente del tipo appena
descritto.
Teorema 3.1 (di rappresentazione di Riesz) Sia H uno spazio di Hilbert
e T un funzionale lineare continuo su H (ossia T 2 H 0 ). Allora esiste un unico
x 2 H che rappresenta T , nel senso che
T y = (y; x) per ogni y 2 H:
Inoltre kT kH 0 = kxkH : Si dice perci che il duale H 0 di uno spazio di Hilbert
H si pu identicare con H stesso.
17

Dimostrazione. Proviamo prima lesistenza di x. Se T il funzionale identicamente nullo basta porre x = 0, quindi supponiamo che T non sia identicamente
nullo. Per provare lesistenza di x, proviamo prima a indovinare chi pu essere. Se esiste x tale che T y = (y; x), T y si annuller per tutti gli y ortogonali
a x; dunque x un opportuno elemento ortogonale allinsieme degli y su cui si
annulla T . Guidati da questidea, consideriamo il nucleo di T , ossia linsieme:
KerT = fy 2 H : T y = 0g :
Si dimostra facilmente che KerT un sottospazio vettoriale di H (per linearit di T ) ed chiuso (per continuit di T ). Allora per il Corollario 2.14
possiamo scrivere
H = KerT KerT ? .
Sia z 2 KerT ? con kzk = 1 (poich stiamo supponendo T non identicamente
nullo, KerT non esaurisce H, perci KerT ? ha elementi non nulli e quindi,
essendo uno spazio vettoriale, ha elementi non nulli di norma unitaria). In base
al ragionamento iniziale, lelemento x che cerchiamo dovrebbe essere del tipo
x = z per qualche 2 R. Il prossimo argomento determiner in modo che
x = z soddis eettivamente la propriet richiesta.
Per ogni y 2 H; lelemento
Ty
z
y
Tz
appartiene a KerT; in quanto
T

Ty
z
Tz

Ty
T z = 0:
Tz

= Ty

(Si noti che ha senso dividere per T z in quanto z un elemento non nullo di
KerT ? , quindi T z 6= 0): Allora y TT yz z ortogonale a z, quindi,
0=

z; y

Ty
z
Tz

Ty
(z; z) = (z; y)
Tz

= (z; y)

Ty
;
Tz

da cui
T y = T z (z; y) = (x; y) ;
avendo posto
x = (T z) z:
Questo prova lesistenza. Il fatto che risulti kT kH 0 = kxkH gi stato provato
nel Teorema 2.5 (ora che sappiamo che T = Tx ).
Proviamo lunicit. Se esistono due elementi x1 ; x2 2 H tali che
T y = (y; x1 ) = (y; x2 ) per ogni y 2 H
ne segue
(y; x2
e scegliendo y = x2

x1 ) = 0 per ogni y 2 H;

x1 si ottiene x2

x1 = 0; da cui lunicit.
18

Osservazione 3.2 (Duale di L2 ( )) Osserviamo che nel caso particolare H =


L2 ( ) ; il teorema precedente garantisce che ogni funzionale lineare continuo su
L2 si rappresenti nella forma
Z
Tf =
fg
0

per qualche g 2 L2 ( ). Ritroviamo quindi il risultato di dualit L2 ( ) =


L2 ( ) ; che un caso particolare del teorema (che abbiamo enunciato ma non
dimostrato) secondo cui il duale di Lp ( ) Lq ( ) con p; q esponenti coniugati,
se 1 p < 1.
Il teorema precedente un risultato fondamentale. Vediamo subito una delle
sue conseguenze importanti: il teorema di Lax-Milgram, che gioca un ruolo
fondamentale nella formulazione debole dei problemi ai limiti per equazioni a
derivate parziali, di cui ci occuperemo nellultima parte del corso. Premettiamo
qualche denizione.
Denizione 3.3 Sia H uno spazio di Hilbert. Si dice forma bilineare su H una
funzione
a( ; ) : H H ! R
che lineare in ognuno dei due argomenti, quando laltro ssato. Esplicitamente, signica che, per ogni u; v; w 2 H e ; 2 R
a ( u + v; w) = a (u; w) + a (v; w)
a (w; u + v) = a (w; u) + a (w; v) :
Una forma bilineare su H si dice:
continua se esiste una costante c > 0 tale che
ja (u; v)j

c kuk kvk per ogni u; v 2 H;

coerciva se esiste una costante c0 > 0 tale che


a (u; u)

c0 kuk per ogni u 2 H;

simmetrica se
a (u; v) = a (v; u) per ogni u; v 2 H:
Esempio 3.4 1. In qualunque spazio di Hilbert, il prodotto scalare una forma
bilineare simmetrica, continua (con c = 1, per la disuguaglianza di CauchySchwarz) e coerciva (con c = 1, per denizione di norma del prodotto scalare).
2. In Rn una forma bilineare ha sempre la forma:
a (u; v) =

n
X

i;j=1

19

aij ui vj

per unopportuna matrice A = (aij )i;j=1 . La forma bilineare simmetrica se la


matrice A simmetrica; sempre continua; coerciva se la matrice denita
positiva, con c =minimo autovalore di A.
3. In L2 ( ) si consideri
Z
a (u; v) =
(x) u (x) v (x) dx;
con funzione L1 ( ) assegnata. Questa una forma bilineare simmetrica e
continua, qualunque sia 2 L1 ( ). E coerciva solo se (x) c0 > 0 quasi
ovunque in .
Veniamo al risultato annunciato:
Teorema 3.5 (di Lax-Milgram) Sia H uno spazio di Hilbert e a (u; v) una
forma bilineare continua e coerciva su H. Si consideri il seguente problema:
(P). Assegnato T 2 H 0 (cio T funzionale lineare continuo su H), determinare u 2 H tale che
a (u; v) = T v per ogni v 2 H:
Sotto le ipotesi precedenti, per ogni T 2 H 0 esiste uno e un solo u 2 H
soluzione del problema (P). Inoltre vale la seguente stima di stabilit:
kukH

1
kT kH 0
c0

dove c0 la costante che compare nellipotesi di coercivit.


Questo teorema servir per provare un risultato di esistenza, unicit e dipendenza continua dai dati, per certi problemi ai limiti per equazioni a derivate
parziali, dopo che questi avranno avuto unopportuna formulazione debole.
Tutto ci sar spiegato in dettaglio nellultima parte del corso. Per il momento vediamo questo teorema come un risultato astratto di esistenza, unicit e
dipendenza continua dal termine noto T , per la soluzione del problema astratto (P). Dipendenza continua signica quanto segue. Il problema lineare,
nel senso che se u1 ; u2 sono soluzioni del problema (P) con assegnati T1 ; T2
rispettivamente, allora u1 + u2 sar soluzione del problema (P) con assegnato
T1 + T2 . In particolare allora la stima di stabilit implica che, con le notazioni
precedenti,
1
ku1 u2 kH
kT1 T2 kH 0 ,
c0
stima che si pu interpretare al modo seguente: se il dato T1 vicino al dato
T2 ; anche la soluzione corrispondente a T1 vicina alla soluzione corrispondente
a T2 . In questo senso la soluzione stabile rispetto a una perturbazione del
termine noto, o anche dipende con continuit dal termine noto.
Dimostrazione. Per semplicit dimostriamo il teorema sotto unipotesi aggiuntiva: che la forma bilineare sia anche simmetrica. (La dimostrazione in
20

assenza di questipotesi sensibilmente pi elaborata, e questipotesi risulter


vericata in diverse applicazioni signicative che faremo di questo teorema).
Notiamo che una forma bilineare simmetrica e coerciva su H soddisfa gli
assiomi di prodotto scalare. In altre parole, se poniamo
(u; v) = a (u; v)
(lasterisco ricorda che questo non il prodotto scalare originale in H; ma uno
diverso), si ha che:
(u; v) bilineare perch la forma bilineare;
(u; v) commutativo perch la forma simmetrica;
vale la propriet di positivit perch la forma coerciva:
(u; u) = a (u; u) c0 kuk 0; quindi (u; u) = 0 =) kuk = 0 e u = 0.
Consideriamo ora la norma indotta da questo nuovo prodotto scalare:
q
kuk = (u; u) :
Per la continuit e coercivit, risulta:
kuk =
kuk =
ossia

q
p
2
c kuk = c kuk
q
p
2
c0 kuk = c0 kuk

a (u; u)

a (u; u)

c0 kuk

kuk

c kuk per ogni u 2 H:

Le due norme sono dunque equivalenti ; in particolare questo signica che se T


un funzionale lineare su H continuo rispetto alla norma originaria, kuk, lo
anche rispetto alla norma kuk : Infatti, per ogni v 2 H si ha
r
p
p
c
kT kH 0 kvk :
kT vk
c kT vk
c kT kH 0 kvk
c0
Possiamo allora applicare il teorema di rappresentazione di Riesz allo spazio di
Hilbert H dotato del prodotto scalare (u; v) ed aermare che esiste uno e un
solo elemento u 2 H tale che
(u; v) = T v per ogni v 2 H; cio
a (u; v) = T v per ogni v 2 H;
che quanto volevamo provare. Quanto alla norma di u, si ha:
c0 kuk

a (u; u) = T u

da cui
kuk

kT kH 0 kuk ;

1
kT kH 0
c0

che la stima di stabilit.


21

Analisi di Fourier in spazi di Hilbert

Andremo ora pi a fondo del concetto di ortogonalit, vedendo come opportuni


sistemi di vettori ortogonali possano costituire, in uno spazio di Hilbert astratto
cos come avveniva in Rn , un buon sistema di riferimento.
1

Denizione 4.1 Un insieme nito fej gj=1 o numerabile fej gj=1 di elementi
di H si dice sistema ortonormale se
0 se i 6= j
1 se i = j:

(ei ; ej ) =

In altre parole, i vettori sono a due a due ortogonali, e ciascuno ha norma


unitaria.
Notazione. In questo paragrafo considereremo spesso combinazioni lineari
di vettori, ed importante distinguere a colpo docchio i vettori dalle costanti
che li moltiplicano. Cambiando leggermente notazioni quindi, scriveremo ad
n
esempio ej j=1 per indicare i vettori e
n
X

cj ej

j=1

per indicare una loro combinazione lineare, dove le cj sono costanti.


Cominciamo con lillustrare alcuni procedimenti e idee che riguardano i
sottospazi di dimensione nita di uno spazio di Hilbert.
Ricordiamo anzitutto che in base al teorema di Pitagora in spazi di Hilbert
si pu scrivere:
n
X
j=1

cj ej

n
X

cj ej

j=1

n
X
j=1

jcj j :

(4.1)

Questuguaglianza in particolare implica che vettori che costituiscono un


sistema ortonormale nito sono sempre linearmente indipendenti. Infatti se
n
X

cj ej = 0

j=1

per certe costanti c1 ; c2 ; :::; cn , in base a (4.1) si ha


n
X
j=1

jcj j = 0

e quindi cj = 0 per j = 1; 2; :::; n; perci i vettori sono indipendenti.

22

Un sistema ortonormale nito costituisce quindi una base dello spazio vettoriale da essi generato. Viceversa, se V0 un sottospazio nito dimensionale di
n
H, data una qualsiasi base uj j=1 di V0 sempre possibile a partire da questa
generarne unaltra che sia costituita da vettori ortonormali. Esu ciente adoperare il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, che illustriamo
iterativamente cos:
e1 = vers (u1 )
(dove, qui e nel seguito, indichiamo vers (u) =
e2 = vers (u2

u
kuk );

(u2 ; e1 ) e1 )

(spiegazione: dopo aver normalizzato il primo vettore, consideriamo il secondo e


gli sottraiamo la sua componente nella direzione del primo; cos u2 (u2 ; e1 ) e1
risulta ortogonale a e1 ; ora lo normalizziamo e abbiamo e2 );
e3 = vers (u3

(u3 ; e1 ) e1

(u3 ; e2 ) e2 )

e cos via no a ottenere una base ortonormale ej

n
j=1

di V0 .

Supponiamo ora che V0 , sottospazio nito dimensionale di H, sia dotato


n
di una base ortonormale ej j=1 (cosa che, come appena visto, si pu sempre
supporre). Dato un elemento x2 H; il suo elemento di minima distanza da V0
(che sappiamo gi esistere in base al teorema delle proiezioni) non altro che:
PV0 x =

n
X

x; ej ej :

j=1

Infatti PV0 x 2 V0 e si verica facilmente che x PV0 x 2 V0? . E su ciente


calcolare per k = 1; 2; :::; n il prodotto scalare
(x

PV0 x; ek ) = (x; ek )

n
X

x; ej

ej ; ek = (x; ek )

(x; ek ) = 0:

j=1

Quindi la scrittura
x = PV0 x + (x

PV0 x)

mostra, in base al teorema delle proiezioni, che lelemento di minima distanza di


x da V0 proprio PV0 x: Ecco quindi che la conoscenza di una base ortonormale
in V0 d un algoritmo semplice ed esplicito per calcolare lelemento di minima
distanza di un vettore qualunque da V0 ; mediante la sua proiezione ortogonale.
Prima di proseguire sar utile illustrare queste idee con un esempio concreto:
Esempio 4.2 Determinare il polinomio di grado 2 che approssima meglio la
funzione f (x) = sin ( x) in L2 (0; 1) :
Ragioniamo cos: sia V0 lo spazio vettoriale dei polinomi di grado
2 su
[0; 1]. E uno spazio vettoriale di dimensione nita (3), quindi chiuso; un
23

sottospazio di L2 (0; 1) : Il polinomio di grado


2 che approssima meglio la
funzione f in L2 (0; 1) la proiezione di f su V0 . Per calcolarla, dobbiamo prima costruire una base ortonormale in V0 . Per farlo, partiamo da una base
qualunque di V0 , sceglieremo quella pi semplice, costituita da 1; x; x2 , e la
ortonormalizziamo in L2 (0; 1) mediante il procedimento di Gram-Schmidt:
1

e1 = vers (1) =

R1
0

e2 = vers (x (x; e1 ) e1 ) ;
Z 1
1
(x; 1) =
xdx = ;
2
0
!1=2 r
2
1
1
1
dx
=
= p ;
2
12
2 3
p
1
;
e2 = 2 3 x
2
e3 = vers x2

x2 ; 1 =

x2 ; e1 e1

x2 dx =

x ; e2 =

1
2

1
;
3

x 2 3 x

x2 ; e1 e1

x2 ; e2 e2

L2

=@
=

1
3

x2

1
x+
6

p
e3 = 6 5 x2

x+

x2 ; e2 e2 ;

p
1
3
dx =
;
2
6
p
3 p
2 3 x
6

x2

= 1:

1=2

12 dx

1
6

!1=2

dx

=p

Ricapitoliamo: una base ortonormale di V0 costituita dai 3 vettori:


e1 = 1;
p
e2 = 2 3 x
p
e3 = 6 5 x2

1
2

x+

1
6

Ora bisogna calcolare la proiezione di f su V0 ; cio:


PV0 f = (f; e1 ) e1 + (f; e2 ) e2 + (f; e3 ) e3 :
24

1
2

!2

11=2

dxA

1
1
= p ;
180
6 5

Calcoliamo dunque:
Z 1
2
(f; e1 ) =
sin ( x) dx = ;
0

(f; e2 ) =

p
sin ( x) 2 3 x

1
2

(f; e3 ) =

p
sin ( x) 6 5 x2

dx = 0;

1
x+
6

dx =

p
2 5

2
3

12

Perci
PV0 f =
=

60

p
2 5

12

3
2

12
3

x2

p
6 5 x2
x +

12

x+
2

1
6

120
3

Rappresentiamo la funzione f insieme alla sua approssimante:

Supponiamo ora di avere a disposizione (e vedremo in seguito che sar pro1


prio cos in molti esempi interessanti) una successione ej j=1 di vettori che
costituiscono un sistema ortonormale. I procedimenti illustrati precedentemente
si possono applicare iterativamente ai primi n vettori di questa successione, per
n crescente. Si ottiene allora il seguente importante risultato:
1

Teorema 4.3 (Disuguaglianza di Bessel) Se ej j=1 un sistema ortonormale in uno spazio di Hilbert H; per ogni x2 H vale la disuguaglianza (di
Bessel):
1
X
2
2
x; ej
kxk :
j=1

25

In particolare, la serie a primo membro converge. Inoltre:


2

n
X

x; ej ej

= kxk

j=1

n
X

x; ej

(4.2)

j=1

Dimostrazione. Applichiamo il teorema delle proiezioni e quanto sopra ossern


vato al sottospazio V0 generato dai primi n vettori ej j=1 . Si ha:
n
X

x; ej

j=1

= kPV0 xk

kxk

per n = 1; 2; 3; ::: Passando al limite per n ! 1 si ha la tesi (ricordiamo che


una serie numerica a termini positivi con somme parziali superiormente limitate
convergente).
Daltro canto la scomposizione
x = PV0 x + (x

PV0 x)

d, per lortogonalit,
2

kxk = kPV0 xk + kx

PV0 xk

e quindi
x

n
X
j=1

x; ej ej

= kx

PV0 xk = kxk

kPV0 xk = kxk

n
X

x; ej

j=1

Lidea dellanalisi di Fourier in spazi di Hilbert approssimare un elemento


x di H mediante la sua proiezione su opportuni sottospazi nito dimensionali.
Pn
2
Poich al crescere di n la somma j=1 x; ej
aumenta, dalla (4.2) del teore2
ma precedente leggiamo che la distanza kx PV0 xk diminuisce. Ci piacerebbe
poter aermare che questa distanza non solo diminuisce ma tende a zero. Signicherebbe che abbiamo un metodo per approssimare bene quanto vogliamo
un generico elemento di uno spazio di Hilbert, mediante combinazioni lineari di
elementi del sistema ortonormale ssato. Daltro canto a nch questo accada
1
necessario che il sistema ortonormale ej j=1 sia su cientemente ricco da catturare tutte le direzioni di H: se ad esempio in R3 considerassimo un sistema
ortonormale costituito da soli due vettori, certamente non potremmo approssimare bene quanto vogliamo un generico elemento di R3 con combinazioni lineari
di questi due vettori. Questo porta alla seguente
Denizione 4.4 Sia H uno spazio di Hilbert. Un sistema ortonormale ej
in H si dice completo se per ogni x2 H,
x; ej = 0

8j
26

=) x = 0:

1
j=1

Si pu dimostrare che:
Teorema 4.5 In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormale
completo, nel senso della precedente denizione1 .
Ricordiamo che separabile signica: che contiene un sottoinsieme denso
numerabile. Ad esempio, se
un sottoinsieme misurabile di Rn lo spazio
2
L ( ) separabile. Questo lesempio fondamentale che ci interesser nel seguito. Dal punto di vista pratico il teorema precedente non cos importante
nel senso che quando si applica la teoria di solito si conosce esplicitamente un
sistema ortonormale completo, dunque non c bisogno di appellarsi a un risultato astratto per garantirne lesistenza. Ad esempio, come vedremo, in L2 [a; b]
il classico sistema trigonometrico lesempio pi noto di sistema ortonormale
completo.
Il prossimo teorema condensa i risultati fondamentali di analisi di Fourier in
spazi di Hilbert:
Teorema 4.6 (Serie e trasformata di Fourier in spazi di Hilbert) Sia H
1
uno spazio di Hilbert e ej j=1 un sistema ortonormale completo. Per ogni
x2 H; poniamo
x
bj = x; ej per j = 1; 2; 3; :::
Allora
1. La serie di Fourier di x converge in H ad x, cio:
x=

1
X
j=1

2. Loperatore

x
bj ej
1

F : x 7! fb
xj gj=1
detto trasformata di Fourier su H, lineare e continuo a valori nello spazio di
successioni `2 ; pi precisamente, F una isometria tra spazi di Hilbert, cio
biunivoca e conserva il prodotto scalare e la norma, ossia:
x; y =

1
X
j=1

x
bj ybj 8x; y 2 H (uguaglianza di Plancherel)

(il coniugato ybj necessario se H uno spazio di Hilbert complesso);


2

kxk =

1
X
j=1

jb
xj j

8x; y 2 H (uguaglianza di Perceval).

1 Si pu dare una denizione di sistema ortonormale, e quindi di sistema ortonormale completo, non solo nito o numerabile, ma di cardinalit qualsiasi. Il teorema allora andrebbe
riformulato dicendo In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormale completo numerabile . Non entriamo in questi dettagli perch non ci interesseranno mai spazi di
Hilbert non separabili.

27

Dimostrazione.
Loperatore F evidentemente lineare; per la disuguaglianza
P1
2
2
1
di Bessel, j=1 jb
xj j
kxk ; in particolare fb
xj gj=1 2 `2 .
1
Mostriamo che F suriettiva. Data una successione fcj gj=1 2 `2 ; cio tale
P1
P1
2
che j=1 jcj j < 1; per il Teorema di Pitagora 2.12 la serie j=1 cj ej converge
in H ad un certo elemento x; calcoliamo ora:
!
1
X
ck ek ; ej =
x
bj = x; ej =
k=1

per linearit e continuit del prodotto scalare


=

1
X

ck ek ; ej

k=1

per lortonormalit del sistema


= cj .
1

Dunque abbiamo costruito un elemento x2 H tale che fb


xj gj=1 = fcj gj=1 ;
perci F suriettiva.
1
Liniettivit di F segue dalla completezza del sistema ej j=1 : se x
bj = 0

8j ossia x; ej = 0 8j; allora x= 0; per denizione di sistema ortonormale


completo. Dunque F lineare e biunivoca tra H e `2 . Mostriamo ora che la
serie di Fourier di x converge proprio a x. Segue ancora dalla completezza del
sistema, infatti:
!
1
X
x
(x; ek ) ek ; ej =
(4.3)
k=1

per la linearit e la continuit del prodotto scalare


= x; ej

1
X

k=1

(x; ek ) ek ; ej = x
bj

per lortonormalit del sistema

=x
bj

x
bj = 0:

1
X

k=1

x
bk ek ; ej

Dunque essendo il prodotto scalare (4.3) nullo per ogni j, per la completezza
del sistema segue che
1
X
(x; ek ) ek = 0; ossia
x
k=1

x=

1
X

k=1

x
bk ek ,

che la convergenza della serie di Fourier.

28

Sapendo questo, luguaglianza di Plancherel segue dalla bilinearit e continuit del prodotto scalare:
0
1
1 X
1
1
1
X
X
X
x; y = @
x
bk ek ;
ybj ej A =
x
bk ybj ek ; ej =
k=1

j=1

e per lortonormalit

k=1 j=1

1
X
j=1

x
bk ybj :

Inne, luguaglianza di Perceval segue dalluguaglianza di Plancherel per y= x:


Come si vede, gli spazi di Hilbert dotati di un sistema ortonormale completo
numerabile (cio, per il Teorema 4.5, gli spazi di Hilbert separabili ) sono un
ambiente estremamente naturale per lanalisi di Fourier: i risultati del teorema
precedente sono infatti esaurienti e puliti: la serie di Fourier di qualsiasi
elemento x converge ad x, e la trasformata di Fourier unisometria tra spazi
di Hilbert, il che signica che tutta linformazione che identica lelemento x
1
codicata nella successione numerica fb
xj gj=1 . Naturalmente per applicare la
teoria ad uno spazio di funzioni concreto occorre conoscerne esplicitamente un
sistema ortonormale completo. Nel seguito incontreremo alcuni esempi espliciti
di sistemi ortonormali completi in vari spazi di Hilbert di tipo L2 ( ).
Si rietta anche sul fatto che qualsiasi spazio di Hilbert separabile risulta
identicato, tramite la trasformata di Fourier, con lo spazio `2 ; dal punto di
vista della struttura astratta esiste quindi un solo spazio di Hilbert separabile!

5
5.1

Applicazioni allanalisi armonica


Il sistema trigonometrico. Serie di Fourier in una o
due variabili

Teorema 5.1 Nello spazio L2 [

; ], il sistema trigonometrico

1 cos nx sin nx
p ; p ; p
per n = 1; 2; 3; :::
2

(5.1)

ortonormale completo.
Dimostrazione. Lortonormalit si verica elementarmente calcolando opportuni integrali (questo stato fatto in Analisi 2). Proviamo la completezza. Si
tratta di dimostrare che se f 2 L2 [ ; ] ortogonale a tutti gli elementi del
sistema trigonometrico (5.1) (il che come dire: se f ha i coe cienti di Fourier
tutti nulli) allora f uguale a zero quasi ovunque in [ ; ] (cio lelemento
nullo di L2 [ ; ]). La dimostrazione procede in due passi.
1. Prima si prova la tesi supponendo che f sia anche continua. Notiamo
anzitutto che se f ortogonale a tutti gli elementi del sistema trigonometrico,
29

per linearit ortogonale a tutte le combinazioni lineari nite di questi elementi,


ossia: per ogni polinomio trigonometrico p (x) si ha:
Z
f (x) p (x) dx = 0:
(5.2)
Mostriamo che sotto questipotesi f identicamente nulla. Per assurdo, non lo
sia, e sia ad esempio f (x0 ) > 0 (se < 0 il ragionamento analogo). Per il
teorema di permanenza del segno esiste un > 0 tale che
f (x) >

f (x0 )
8x 2 (x0
2

; x0 + ) :

Consideriamo ora il polinomio trigonometrico


t (x) = 1 + cos (x

x0 )

cos :

Si verica che
t (x) > 1 per jx
jt (x)j 1 per jx

x0 j <
x0 j
:
n

Inoltre se t (x) un polinomio trigonometrico, anche t (x) lo , per n =


1; 2; 3; :::. Perci si ha:
Z
n
0=
f (x) t (x) dx
Z
Z
n
n
=
f (x) t (x) dx +
f (x) t (x) dx;
[

ossia

; ]\jx x0 j<

f (x) t (x) dx =
; ]\jx x0 j

; ]\jx x0 j

f (x) t (x) dx:


; ]\jx x0 j<

Ora, il primo membro delluguaglianza rimane limitato al crescere di n, perch:


Z
Z
n
n
f (x) t (x) dx
jf (x)j jt (x)j dx
[

; ]\jx x0 j

; ]\jx x0 j

; ]\jx x0 j

jf (x)j dx;

Mostriamo invece che il secondo membro tende a 1 per n ! 1 (da cui lassurdo). Scegliamo un intervallo [a; b] contenuto nellinsieme [ ; ] \ jx x0 j < ;
su [a; b] la funzione t (x) avr minimo m > 1, perci
Z
Z
f (x0 )
n
n
f (x) t (x) dx
t (x) dx
2
[
; ]\jx x0 j<
[
; ]\jx x0 j<
Z b
Z b
f (x0 )
f (x0 )
f (x0 )
n
t (x) dx
mn dx =
(b a) mn ! 1 per n ! 1:
2
2
2
a
a
30

Questo dimostra il teorema nel caso f continua.


2. Sia ora f 2 L2 [ ; ] tale che per ogni polinomio trigonometrico p (x)
vale (5.2). Deniamo
Z
x

f (t) dt:

F (x) =

La funzione F risulta assolutamente continua ed esiste F 0 (x) = f (x) quasi


ovunque (per il Teorema fondamentale del calcolo integrale per lintegrale di
Lebesgue). Calcoliamo i coe cienti di Fourier di F .
Z
Z
sin (nx)
sin (nx)
F (x) cos (nx) dx =
F (x)
f (x) dx = 0
n
n

perch il primo addendo nullo in quanto sin ( n ) = 0; il secondo nullo


perch f ha coe cienti di Fourier nulli.
Z
Z
cos (nx)
cos (nx)
F (x)
+
f (x) dx =
F (x) sin (nx) dx =
n
n
poich f ha coe cienti di Fourier nulli
=
perch: F (

cos (n )
cos (n )
F ( )+
F(
n
n

)=0

) = 0 per denizione di F come funzione integrale, e


Z
F( )=
f (t) dt = 0

perch f ha anche il coe ciente a0 = 0. In denitiva, la funzione F ha nulli i


coe cienti di Fourier Ak e RBk per k
1, mentre non necessariamente vero
che sia A0 = 0; cio che sia
F (t) dt = 0. Consideriamo per la funzione
F (x)

A0
= F (x)
2

1
2

F (t) dt:

Questa funzione per denizione ha integrale nullo su [ ; ], e daltro canto


continua ad avere gli altri coe cienti di Fourier nulli. Ne segue che F (x) A20
ha tutti i coe cienti di Fourier nulli, ed una funzione continua; per la prima
parte della dimostrazione, allora, F (x) A20 identicamente nulla. Ne segue
che
0
A0
f (x) = F (x)
= 0 quasi ovunque,
2
che la tesi.
In base al teorema precedente e al Teorema 4.6, possiamo concludere il
risultato di convergenza in L2 [ ; ] delle serie di Fourier:

31

Teorema 5.2 Sia f 2 L2 [


Z
1
ak =
2
Z
1
bk =
2

; ] ; deniamo
f (x) cos nxdx per n = 0; 1; 2; 3:::
f (x) sin nxdx per n = 1; 2; 3; ::

Allora la serie di Fourier di f


1

a0 X
+
(an cos nx + bn sin nx)
2
n=1

converge ad f in L2 [ ; ] : Esplicitamente, questo signica che:


"
#2
Z
n
a0 X
f (x)
+
(ak cos kx + bk sin kx)
dx ! 0 per n ! 1:
2
k=1

Naturalmente serie e coe cienti di Fourier si possono adattare ad un intervallo [a; b] qualsiasi (v. [1, Cap. 7, 3.4]).
La teoria degli spazi di Hilbert fornisce un risultato semplice e generale sulla convergenza delle serie di Fourier in L2 . Naturalmente anche interessante
sapere se la serie di Fourier converge puntualmente (cosa che non segue dalla
convergenza in L2 ). In realt, il problema della convergenza puntuale il primo
che si posto, storicamente, col sorgere stesso della teoria delle serie di Fourier
(1822, Fourier, trattato Teoria analitica del calore). Il primo studio rigoroso
sulla convergenza puntuale delle serie di Fourier dovuto a Dirichlet nel 1829.
Si tratta di un problema fondamentale per lanalisi armonica, di cui per non
diremo nulla, in quanto ci interessa qui solo illustrare alcune applicazioni della
teoria degli spazi di Hilbert, che fu creata circa 100 anni dopo le serie di Fourier, come gi accennato. Per qualche dettaglio sullo studio della convergenza
puntuale delle serie di Fourier si rimanda a [1, Cap. 7, 3.6] o a [2, Chap.8,
8.5].
n

Si possono anche denire le serie di Fourier in n variabili, sullinsieme [ ; ]


(e quindi, riscalando il sistema trigonometrico, su qualunque n-parallelepipedo).
2
Ad esempio, in due variabili si pu sviluppare una funzione f (x; y) 2 L2 [ ; ]
in serie di Fourier doppia. Vediamo prima il seguente risultato astratto:
1

Teorema 5.3 Sia fen (x)gn=1 un sistema ortonormale completo in L2 [

Allora

1
fen (x) em (y)gn;n=1

un sistema ortonormale completo in L

; ]:
2

; ]

Dimostrazione. Lortonormalit si verica facilmente: per (n; m) 6= (n1 ; m1 )


risulta
Z Z
(en (x) em (y) en1 (x) em1 (y)) dxdy
Z
Z
=
en (x) en1 (x) dx
em (y) em1 (y) dy = 0
32

perch almeno uno dei due integrali zero, essendo n 6= m o n1 6= m1 ; mentre


Z Z
Z
Z
2
2
jen (x) em (y)j dxdy =
jen (x)j dx
jem (y)j dy = 1 1 = 1:
Quanto alla completezza, sia f 2 L2 [
Z

; ]

e supponiamo che sia

f (x; y) en (x) em (y) dxdy = 0 per ogni n; m:

Fissiamo m e consideriamo la funzione


Z
gm (x) =
f (x; y) em (y) dy:
Questa funzione sta in L2 [
Z

; ] ; perch

jgm (x)j dx =

f (x; y) em (y) dy dx

applicando nellintegrale interno la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz


Z
Z
Z
2
2
jf (x; y)j dy
jem (y)j dy dx
Z Z
2
2
=
jf (x; y)j dydx = kf kL2 ([ ; ]2 ) < 1:
Inoltre gm ha tutti i coe cienti di Fourier nulli rispetto al sistema fen (x)g,
dunque gm (x) = 0 quasi ovunque. Questo, per denizione di gm ; signica che
per quasi ogni x ssato la funzione y 7! f (x; y) ha tutti i coe cienti di Fourier
nulli rispetto al sistema fem (y)g ; dunque per q.o. x e per q.o. y f (x; y) = 0.
Questo prova la completezza del sistema.
La scrittura esplicita del sistema trigonometrico in due variabili resa complicata dal fatto che occorre moltiplicare ognuna delle tre funzioni
1 cos nx sin nx
p ; p ; p
2
per ognuna delle tre funzioni
1 cos my sin my
p ; p ; p ;
2
mentre viene molto pi semplice usando la scrittura complessa
einx
p
2

33

n2Z

e quindi, in due variabili,


ei(nx+my)
2

In questo caso si pone, per f 2 L2 [


fbn;m =

1
2

(2 )

:
n;m2Z

; ]

f (x; y) e

i(nx+my)

dxdy per n; m 2 Z

e si ha quindi

f (x; y) =

+1
X

n;m= 1

fbn;m ei(nx+my)
2

con convergenza della serie in L2 [ ; ] . Pi esplicitamente, una nozione


di convergenza di una serie denita da due indici interi relativi richiede una
denizione precisa di somma parziale. Tale denizione non univoca; ad esempio corretto aermare che, se deniamo
X
sN (x; y) =
fbn;m ei(nx+my) per N = 0; 1; 2; :::
jnj+jmj N

allora risulta

kf

sN kL2 ([

; ]2 )

! 0 per N ! +1:

Una delle possibili applicazioni delle serie di Fourier in due variabili alla
compressione delle immagini. Unimmagine in scala di grigi si pu vedere come
una funzione f (x; y) denita in un rettangolo a valori in [0; 1], dove il valore
f (x; y) rappresenta lintensit di grigio nel punto (pixel) (x; y), quindi f = 0
vuol dire punto bianco e f = 1 punto nero. Una somma di Fourier parziale
di f immagazzina (in modo approssimato) linformazione dellimmagine in un
numero limitato di coe cienti di Fourier.

5.2

Base di Haar e wavelets

Nellutilizzo dellanalisi di Fourier per approssimare un segnale periodico, il


sistema trigonometrico ha, insieme a tanti pregi, un paio di difetti.
1. I polinomi trigonometrici sono funzioni continue e regolari, perci una
serie di Fourier approssima male una funzione discontinua. Lapprossimazione in
L2 rimane, ma non possiamo certamente aspettarci una buona approssimazione
puntuale vicino a un punto di discontinuit.
2. Lapprossimazione con polinomi trigonometrici ha una natura globale:
supponiamo di voler approssimare una funzione f 2 L2 [ ; ] che ha un graco
semplice e liscioin [ ; 0] e piuttosto frastagliato in [0; ]. A nch la somma
parziale di Fourier segua bene il graco di f in [0; ] noi dovremo aumentare il
numero di termini, i cui coe cienti sono stati calcolati in base al comportamento
34

di f su tutto [ ; ]; questo signica che lunico modo di migliorare i dettagli


dellapprossimazione in [0; ] quello di aumentare i dettagli in tutto [ ; ];
non possiamo ra nare lapprossimazione su una sola parte dellintervallo.
Per ovviare a questi due difetti, e in particolare al secondo, si possono utilizzare altri tipi di sistemi ortonormali completi di L2 [ ; ], che hanno la
propriet di permettere unanalisi su scale diverse in parti diverse dellintervallo, o come si dice, fare una analisi multirisoluzione. Sistemi di questo tipo
sono le wavelets. Ce ne sono di molti tipi, presentiamo qui il pi semplice.
Ci mettiamo ora nellintervallo [0; 1]. Deniamo la funzione madre
8
per 0 x < 12
< 1
1 per 12 x < 1
(x) =
:
0
altrimenti

e la seguente famiglia di funzioni ottenute traslando e riscalando la funzione


madre:
n;k

(x) = 2n=2 (2n x

k) per k = 0; 1; 2; :::; 2n

1; n = 0; 1; 2; 3; :::

Visualizziamo i graci di alcune di queste funzioni.


Ad esempio per n = 2 e quindi k = 0; 1; 2; 3 si ha:

Confrontiamo invece tra loro funzioni

35

n;k

per diversi valori di n. I graci

di

n;1

per i valori n = 1; 2; 3; 4 sono:

Notiamo che per tutte le funzioni


Z

n;k

1
n;k

(x) dx = 0 e

si ha
1

n;k

(x) dx = 1:

E facile rendersi conto che il prodotto tra due funzioni diverse tra le n;k o
identicamente nullo oppure una delle due moltiplicata per una costante;
perci queste funzioni sono anche a due a due ortogonali. Poich tutte queste
funzioni hanno media nulla, se vogliamo sperare di avere un sistema ortonormale
completo necessario aggiungere almeno una funzione che non abbia media
nulla: la costante 1 va bene. Vale il seguente
Teorema 5.4 Il sistema di funzioni
f1;

n;k gk=0;1;2;:::;2n 1; n=0;1;2;3;:::

ortonormale completo in L2 [0; 1] :


Dimostrazione. Lortonormalit stata sostanzialmente dimostrata. Per la
completezza, ci limitiamo a segnalare che si pu dimostrare che questo sistema
di funzioni denso nellinsieme delle funzioni semplici (cio misurabili e che
assumono un numero nito di valori), che a sua volta denso in L2 [0; 1].
Dalla completezza del sistema precedente segue:

36

Teorema 5.5 Per f 2 L2 [0; 1] deniamo:


fb0 =

fbn;k =

f (x) dx

f (x)

n;k

(x) dx per n = 0; 1; 2; 3; :::e k = 0; 1; 2; :::; 2n

1;

allora la serie

converge a f in L2 [0; 1].

fb0 +

1 2X1
X

n=0 k=0

fbn;k

n;k

(x)

Poich le n;k ; e quindi ogni loro somma parziale, una funzione discontinua, ci aspettiamo che questo tipo di serie possa approssimare bene anche
funzioni con discontinuit; laltra faccia della medaglia che la somma parziale
sar sempre discontinua, anche quando la funzione da approssimare continua.
Soprattutto, per, il pregio di questa approssimazione la sua localizzabilit:
ogni n;k diversa da zero solo in un intervallino, perci scegliendo opportunamente i termini n;k possiamo aumentare il dettaglio dellapprossimazione di f
in un tratto specico dellintervallo [0; 1].
Esempio 5.6 Sia
f (x) =

1 x2 per x 2 [0; 14 ]
log x per x 2 ( 14 ; 1]

Allora il graco di f insieme a quello della sua somma parziale


n

fb0 +

3 2X1
X

n=0 k=0

fbn;k

37

n;k

(x)

(che ha in tutto 16 termini) il seguente:

Si osserva che nel gradino di f lapprossimante segue il salto senza problemi;


daltro canto, lapprossimante a gradini anche nei tratti continui di f .
A titolo di confronto il graco di f insieme alla sua somma parziale di
Fourier
8
a0 X
+
(ak cos (2 nx) + bk sin (2 nx))
2
n=0
(che ha in tutto 17 termini) il seguente:

38

Un interessante esempio di problema di compressione delle immagini in cui si


rivelato utile luso di wavelets in due variabili la digitalizzazione dellarchivio
di impronte digitali compiuto dallFBI negli anni 1990. Una lettura interessante
in tal senso il saggio [3].

Riferimenti bibliograci
[1] M. Bramanti, C. D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 2. Zanichelli, 2009.
[2] G. Folland: Real Analysis. Modern applications and techniques. Wiley, 1984.
[3] R. Onyshczak, A.Youssef: Fingerprint Image Compression and the Wavelet
Scalar Quantization Specication, Chap. 19 in N. Ratha, R. Bolle, Editors:
Automatic Fingerprint Recognition Systems, Springer 2004.

39

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