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LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

SORIN DRAGOMIR

Abstract. Si stabilisce il legame fra il differenziale di una funzione e le sue derivate parziali. Si dimostra che una funzione differenziabile in un punto `e continua nello stesso punto.

` del differenziale
1. Unicita
Sia f : A Rn R una funzione differenziabile nel punto x0 A.
Allora esiste L (Rn ) tale che
1
{f (x0 + h) f (x0 ) L(h)} = 0.
(1)
lim
h0 khk
Dimostreremo che f `e derivabile nel punto x0 in ogni direzione v S n1
e la derivata direzionale in x0 `e
f
(2)
(x0 ) = L(v).
v
Infatti si ponga h = tv with t 0 nella formula (1). Allora khk = |t|
e si ottiene
1
(3)
lim {f (x0 + tv) f (x0 ) tL(v)} = 0.
t0 |t|
In altre parole se F `e la funzione di una variabile reale data da
1
F (t) = {f (x0 + tv) f (x0 ) tL(v)}
|t|
allora il limite limt0 F (t) esiste (ed `e uguale a zero). Com`e noto, se
una funzione (reale di una variable reale) ha limite in un punto allora
esistono in quel punto anche i limiti laterali (e sono uguali al limite
della funzione nel punto in discussione). Quindi
lim F (t) = lim F (t) = 0.

t0+

t0

Dunque se t 0+ (i.e. t 0 e t > 0) allora |t| = t e quindi


1
0 = lim+ F (t) = lim+ {f (x0 + tv) f (x0 ) tL(v)} =
t0
t0 t
1
= lim+ {f (x0 + tv) f (x0 )} L(v)
t0 t
1

SORIN DRAGOMIR

cio`e per la funzione


1
G(t) = {f (x0 + tv) f (x0 )}
t
esiste il limite laterale limt0+ G(t) ed `e uguale a L(v). In modo analogo
se t 0 (i.e. t 0 e t < 0) allora |t| = t e quindi
0 = lim F (t) = lim
t0

t0

1
{f (x0 + tv) f (x0 ) tL(v)} =
t

1
= lim+ {f (x0 + tv) f (x0 )} + L(v) = lim G(t) + L(v)
t0 t
t0
cio`e anche il limite laterale limt0 G(t) esiste ed `e uguale a L(v).
Riassumendo
lim+ G(t) = lim G(t) = L(v).
t0

t0

Daltra parte `e noto (dal corso di Analisi Matematica I) che in queste


condizioni, ossia se i limiti laterali in un punto esistono e coincidono
allora esiste anche il limite della funzione in quel punto (e coincide coi
limiti laterali). Di conseguenza (per com`e definita la funzione G) la
funzione f risulta derivabile nel punto x0 nella direzione v e la derivata
direzionale in x0 `e data da
1
f
(x0 ) = lim {f (x0 + tv) f (x0 )} = lim G(t) = L(v).
t0
t0
v
t
La formula (2) e laffermazione che la precede sono dimostrate. Come
corollario, se unapplicazione lineare L (Rn ) soddisfacente la relazione (1) esiste allora essa deve essere unica. Infatti se w Rn \ {0}
allora v = (1/kwk)w S n1 e quindi (per la formula (2))
(4)

L(w) = L(kwk v) = kwk L(v) = kwk

f
(x0 )
v

e naturalmente L(0) = 0 (giacche L `e lineare). Sarebbe a dire che ogni


applicazione L (Rn ) soddisfacente a (1) coincide con lapplicazione
Rn R,

w Rn 7 kwk

f
(x0 ),
v

` ora lecita la notazione adottata


e quindi lunicit`a di tale L `e provata. E
nella Lezione 2 ossia L = dx0 f . In particolare per w = v S n1 (dalla
formula (4) con kwk = 1)
(5)

(dx0 f )(v) =

f
(x0 ).
v

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

Giacche la direzione v S n1 `e arbitraria lipotesi di differenziabilit`a


nel punto x0 assicura anche lesistenza delle derivate parziali
f
(x0 ) R, 1 i n.
xi
2. Differenziali e derivate parziali
Sia f : A Rn R una funzione differenziabile nel punto x0
A. Ogni vettore w = (w1P
, , wn ) Rn si pu`o rappresentare come
combinazione lineare w = ni=1 wi ei dei vettori {e1 , , en } della base
canonica in Rn . Allora (per la linearit`a dellapplicazione dx0 f : Rn R
e per la formula (5) con v = ei )
!
n
n
X
X
(dx0 f )(w) = (dx0 f )
wi e i =
wi (dx0 f )(ei ) =
i=1

n
X
i=1

wi

f
(x0 ) =
ei

i=1
n
X
i=1

wi

f
(x0 ).
xi

Abbiamo dimostrato la formula notevole


n
X
f
(6)
(dx0 f )(w) =
(x0 ), w = (w1 , , wn ) Rn .
wi
x
i
i=1
Siano pi : Rn R le proiezioni canoniche ossia le applicazioni definite
da
pi (x) = xi , x = (x1 , , xn ) Rn , 1 i n.
Il lettore si convincer`a facilmente che ogni proiezione canonica pi `e
unapplicazione lineare, ossia pi (Rn ) , e che {p1 , , pn } `e una base
dello spazio duale (Rn ) nota come la base duale a {e1 , , en }. Il
lettore si accerter`a senza difficolt`a che p1 , , pn sono le uniche applicazioni lineari da Rn in R tali che
pi (ej ) = ij , 1 i, j n,
dove ij `e il simbolo di Kroneker. Del resto ci`o costituisce materia standard del corso di Algebra Lineare e Geometria Analitica. La formula
(6) si pu`o scrivere
n
X
f
(dx0 f )(w) =
pi (w)
(x0 )
x
i
i=1
ossia (per larbitrariet`a di w Rn )
n
X
f
(7)
d x0 f =
(x0 ) pi .
x
i
i=1

SORIN DRAGOMIR

La formula (7) esprime uneguaglianza di applicazioni lineari, ossia


uneguaglianza fra due vettori di (Rn ) . Precisamente la formula (7)
`e la rappresentazione del vettore dx0 f (Rn ) come combinazione
lineare dei vettori della base duale {p1 , , pn } (Rn ) . I coefficienti di questa combinazione lineare, ossia le componenti del vettore
dx0 f rispetto alla base {p1 , , pn }, sono proprio le derivate parziali
(f /xi )(x0 ), 1 i n.
Lemma 1. La proiezione canonica pi : Rn R `e unapplicazione
differenziabile in ogni punto x0 Rn e (per lunicit`a del differenziale)
dx0 pi = pi per ogni 1 i n.
Dimostrazione. Abbiamo gi`a visto che pi : Rn R `e unapplicazione
lineare. Daltra parte
1
{pi (x0 + h) pi (x0 ) pi (h)} = 0
h0 khk
lim

semplicemente perche pi (x0 + h) pi (x0 ) pi (h) = 0 (dalladditivit`a


di pi ). Dunque vale la (1) con f = pi e L = pi . Segue che pi `e
differenziabile in x0 e il suo differenziale nel punto x0 `e proprio pi .
Q.e.d.
Esercizio 1. Mostrare che ogni (Rn ) `e unapplicazione differenziabile
in un qualsiasi punto x0 Rn e dx0 = .

Per il Lemma 1 la formula (7) si pu`o riscrivere


(8)

n
X
f
(x0 ) dx0 pi .
d x0 f =
xi
i=1

Vediamo ora se il punto x0 in (8) pu`o essere omesso e che natura abbia
leguaglianza ottenuta in questa maniera. Si supponga dapprima che
la funzione f : A Rn R sia differenziabile in ogni punto x A.
Allora leguaglianza (8) `e vera per ogni x0 A. Consideriamo ora
lapplicazione
df : A (Rn ) , (df )(x) = dx f (Rn ) ,

x A.

Lapplicazione df : A (Rn ) cos` definita si chiama il differenziale di


f . Il lettore dovr`a fare buona distinzione fra il differenziale di f e il
differenziale di f in un punto.
Il dominio della proiezione canonica `e tutto Rn e (per il Lemma 1) pi `e
differenziabile in ogni punto sicche il differenziale di pi `e unapplicazione
dpi : Rn (Rn ) . Pertanto ha senso lapplicazione dpi : A (Rn ) (la
restrizione di dpi ad A).

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

Definizione 1. Sia A Rn un insieme aperto. Unapplicazione :


A (Rn ) si chiama forma differenziale. 
Dunque, per la Definizione 1, il differenziale df : A (Rn ) della
funzione f : A R `e un caso particolare di forma differenziale per la
quale si adotta la seguente terminologia.
Definizione 2. Una forma differenziale : A (Rn ) si dice esatta
se esiste una funzione f : A Rn R tale che f sia differenziabile in
ogni punto di A e = df . 
Date due forme differenziali 1 : A (Rn ) e 2 : A (Rn ) si pu`o
definire la forma differenziale
1 + 2 : A (Rn ) , (1 + 2 )(x) = 1 (x) + 2 (x),

x A.

Qui 1 (x), 2 (x) sono vettori in (R ) sicche la loro somma 1 (x) +


2 (x) ha senso ed `e ancora un vettore in (Rn ) . Abbiamo dunque
definito unoperazione di addizione delle forme differenziali. Nella stessa
maniera si pu`o definire unoperazione di motiplicazione delle forme differenziali con scalari reali. Infatti per ogni forma differenziale : A
(Rn ) ed ogni scalare R si pone
: A (Rn ) , ()(x) = (x),

x A.

Di conseguenza, com`e facile verificare, linsieme delle forme differenziali si organizza come spazio vettoriale reale.
Data una forma differenziale : A (Rn ) e una funzione : A
R si pu`o definire lapplicazione
: A (Rn ) , ( )(x) = (x) (x),

x A.

Qui (x) R e (x) (R ) e quindi ha senso (x) (x) (moltiplicazione con scalari reali nello spazio vettoriale reale (Rn ) ). Abbiamo dunque definito unoperazione di moltiplicazione fra funzioni
: A R e forme differenziali : A (Rn ) . Il risultato `e
ancora una forma differenziale.
Siamo ora pronti ha riscrivere leguaglianza (8) come uneguaglianza
fra due forme differenziali. Infatti, per larbitrariet`a del punto x0 A
si ha
n
X
f
(9)
df =
dpi .
x
i
i=1
Frequentemente la proiezione canonica pi si denota anche con xi . Allora
la formula (9) diventa
n
X
f
df =
dxi .
x
i
i=1

SORIN DRAGOMIR

In questa forma essa si ritrova nella maggior parte dei testi che presentano la teoria della differenziabilit`a delle funzioni di pi`
u variabili
reali.
3. Gradienti
Sia f : A Rn R una funzione derivabile nel punto x0 A in
ogni direzione ei S n1 (dove {e1 , , en } `e la base canonica in Rn ).
Ha senso allora costruire il vettore le cui componenti sono le derivate
parziali di f calcolate nel punto x0


f
f
(Df )(x0 ) =
(x0 ), ,
(x0 ) Rn .
x1
xn
Definizione 3. Il vettore (Df )(x0 ) si chiama il gradiente di f in x0 .

Se le derivate parziali di f sono definite in un qualsiasi punto x0 A
allora si pu`o considerare


f
f
Df =
, ,
.
x1
xn
Chiaramente Df (il gradiente di f ) non `e un vettore in Rn (le sue
componenti sono funzioni definite su A a valori in R).
Definizione 4. Una funzione X : A Rn Rn si dice campo vettoriale su A. Le funzioni Xi : A R definite da Xi = pi X (dove
pi : Rn R sono le proiezioni canoniche) si chiamano le componenti
di X. 
Sia X : A Rn un campo vettoriale su A. Allora per ogni x0 A
si pu`o rappresentare X(x0 ) Rn come una combinazione lineare dei
vetttori della base canonica
n
X
X(x0 ) =
i ei
i=1

con 1 , , n R scalari univocamente determinati. Poiche la proiezione


canonica pj : Rn R `e lineare e pj (ei ) = ji
" n
#
n
X
X
Xj (x0 ) = pj [X(x0 )] = pj
i ei =
i pj (ei ) =
i=1

n
X

i=1

i ji = j

i=1

ossia
j = Xj (x0 ), 1 j n.

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

Segue che
X(x0 ) =

n
X

Xj (x0 )ej = (X1 (x0 ), , Xn (x0 )) .

j=1

Giacche il punto x0 A `e arbitrario si pu`o scrivere anche


X = (X1 , , Xn ).
Con la comparsa dei campi vettoriali si conviene (a posteriori) di chiamare le funzioni f : A R campi scalari su A. Siamo in grado di dire
ora che il gradiente Df di un campo scalare f (le cui derivate parziali
sono definite in ogni punto del suo dominio A) `e un campo vettoriale
su A.
Definizione 5. Se X : A Rn `e un campo vettoriale tale che le sue
componenti Xi , 1 i n, sono delle funzioni di classe C 1 su A allora
la divergenza di X `e il campo scalare
div(X) : A R,
div(X) =

n
X
Xi
i=1

xi

X1
Xn
+ +
.
x1
xn


Definizione 6. Se f : A R e X : A Rn sono rispettivamente un
campo scalare e un campo vettoriale allora il prodotto fra f e X `e il
campo vettoriale
f X : A Rn ,
(f X)(x) = f (x) X(x),

x A.


Esercizio 2. Mostrare che
div(f X) = f div(X) + (Df ) X.
Definizione 7. Sia A R3 un insieme aperto. Il rotore del campo
vettoriale X = (X1 , X2 , X3 ) : A R3 `e il campo vettoriale
rot(X) : A R3 ,

rot(X) =


X3 X1 X2 X1
X3 X2

,
+
,

y
z
x
z
x
y


.

SORIN DRAGOMIR

La definizione del concetto di rotore pu`o risultare difficile da memorizzare. Perci`o diamo la seguente regola di memorizzazione ponendo


e1 e2 e3







(10)
rot(X) =
.
x y z




X X X
1

Qui

,
,
: C 1 (A) R
x y z
sono le applicazioni definite da
(11)

f
(f ) =
,
x
x

f
(f ) =
,
y
y

f
(f ) =
,
z
z

per ogni f C 1 (A). Le applicazioni (11) sono casi particolari di operatori differenziali, un concetto che verr`a introdotto pi`
u tardi nelle
lezioni di Analisi Matematica Due. Nella Definizione 7 si suppone tacitamente che le componenti del campo X siano funzioni di classe C 1 . Il
determinante (10) pu`o essere accettato soltanto per la forza di volont`a
poiche non ha elementi della stessa natura1. Infatti la prima riga consiste dei vettori {ei : 1 i 3} della base canonica in R3 , mentre
la seconda riga consiste delle applicazioni (11), e infine la terza riga
consiste di alcuni campi scalari, le componenti di X. Tuttavia se si
applica formalmente il teorema di Laplace per il calcolo del determinante in questione e.g. secondo la prima riga, si ottiene la definizione
rigorosa del rotore di X. In conclusione, la formula (10) non `e rigorosa
ma presenta il vantaggio di essere di facile memorizzazione. Infatti i
complementi algebrici degli elementi e1 , e2 e e3 sono rispettivamente





X
X2


3
(1)1+1 y z =

,


y
z
X X
2




(1)1+2 x z

X1 X3
1Nella




X3 X1

+
,
=

x
z

teoria dei determinanti, come presentata nel corso di algebra lineare, gli
elementi di un determinante sono dei numeri, reali o complessi.

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI




(1)1+3 x y

X X
1
2



X
X1

2

,
=

x
y

e quindi


e1 e2 e3







rot(X) =
=
x y z




X X X
1
2
3


















y z
x z
x y
=
e1
e2 +
e3 =






X X
X1 X3
X X
2
3
1
2






X3 X2
X3 X1
X2 X1
=

e1
e2 +
e3 =
y
z
x
z
x
y


X3 X1 X2 X1
X3 X2

,
+
,

.
=
y
z
x
z
x
y
Se f : A R `e differenziabile in x0 A allora per ogni w Rn
n
X
f
(dx0 f )(w) =
(x0 )wi = (Df )(x0 ) w.
x
i
i=1
Lidentit`a cos` ottenuta
(12)

(dx0 f )(w) = (Df )(x0 ) w,

w Rn ,

`e utile nella dimostrazione del seguente


Teorema 1. Sia f : A Rn R una funzione differenziable nel
punto x0 A. Allora f `e continua in x0 .
Dimostrazione. Adottiamo la notazione
(x, x0 ) = f (x) f (x0 ) (dx0 f )(x x0 ).
Se si pone h = x x0 nella (1) si ottiene
lim

xx0

(x, x0 )
= 0.
kx x0 k

Di conseguenza (per la (12) e per la diseguaglianza di Cauchy-Schwartz)


0 |f (x) f (x0 )| = |(dx0 f )(x x0 ) + (x, x0 )| =
= |(Df )(x0 ) (x x0 ) + (x, x0 )| |(Df )(x0 ) (x x0 )| + |(x, x0 )|

10

SORIN DRAGOMIR

k(Df )(x0 )k kx x0 k + |(x, x0 )| =




|(x, x0 )|
= kx x0 k k(Df )(x0 )k +
0, x x0 .
kx x0 k
Dunque limxx0 f (x) = f (x0 ). Q.e.d.
4. Un controesempio
Chiudiamo la Lezione 3 con un esempio di funzione f : R2 R,
continua dapperttutto, che ammette derivate direzionali in ogni punto
(x, y) R2 ed in ogni direzione (v1 , v2 ) S 1 , e che tuttavia non `e
differenziabile dapperttutto.
Esempio 1. Si consideri f : R2 R definita da
2
xy

x2 + y 2 , se (x, y) 6= (0, 0),


f (x, y) =

0,
se (x, y) = (0, 0).
` necessario verificare la continuit`a soltanto in origine e cioe dobbiamo
E
mostrare che
lim f (x, y) = f (0, 0).
(x,y)(0,0)

Useremo una tecnica particolare, e cioe il passaggio alle coordinate


polari
x = cos , y = sin ,
tenendo presente che se (x, y) (0, 0) allora = x2 + y 2 0. Se
(x, y) 6= (0, 0) si ha
2

x y 2 cos2 sin


=
= cos2
0 |f (x, y)| = 2
2



x + y2
2 cos2 + 2 sin
poiche | cos | 1 e | sin | 1. Risulta che f (x, y) 0 = f (0, 0) per
(x, y) (0, 0). Abbiamo dunque verificato la continuit`a di f nel punto
(0, 0). Inoltre per ogni v S 1
f
1
v 2 v2
(0, 0) = lim {f (tv1 , tv2 ) f (0, 0)} = 2 1 2 = v12 v2
t0 t
v
v1 + v2
e in particolare
(13)

f
f
(0, 0) =
(0, 0) = 0.
x
y

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

11

Verifichiamo ora che f non `e differenziabile in (0, 0). La dimostrazione


si conduce per riduzione ad asssurdo. Si supponga che f sia differenziable in (0, 0). Allora vale la formula (7) ossia (per n = 2)
d(0,0) f =

f
f
(0, 0)p1 +
(0, 0)p2 .
x
y

Dalle (13) segue che d(0,0) f = 0 (R2 ) . Daltro canto per ogni v S 1
f
(d(0,0) f )(v) =
(0, 0) = v12 v2 .
v

1
In
particulare
per
v
0 = (1/ 2 , 1/ 2) S si ottiene (d(0,0) f )(v0 ) =

2/4 6= 0, una contraddizione. 


Dallesempio precedente sorge la seguente domanda naturale: che
ipotesi aggiuntive deve soddisfare la funzione f : A Rn R (oltre
allesistenza delle derivate parziali) affinche f sia differenziabile (in un
punto dato x0 A)? Nella lezione successiva vedremo che le derivate
parziali devono essistere in un intero intorno del punto x0 e devono
essere continue in x0 .
5. Il caso n = 1
Chiudiamo questa lezione con una discussione del differenziale di
una funzione di una variabile reale (n = 1). Se A = (a, b) R `e un
intervallo aperto e f : (a, b) R una funzione allora
Teorema 2. f `e differenziabile in x0 A se e solo se f `e derivabile
in x0 . Inoltre se ci`o avviene il differenziale dx0 f R e la derivata
f 0 (x0 ) R sono legati dallidentit`a
(14)

(dx0 f )(w) = f 0 (x0 )w,

w R.

Infine se f `e derivabile in ogni punto di A allora la formula (9) diventa


(15)

df = f 0 dx.

Dimostrazione. Si supponga che f sia differenziabile in x0 . Allora


esiste L R tale che
1
(16)
lim
{f (x0 + h) f (x0 ) L(h)} = 0.
h0 |h|
Poiche L : R R `e unapplicazione lineare
L(h) = L(h 1) = hL(1)
e quindi se si pone a = L(1) R allora
L(h) = ah,

h R.

12

SORIN DRAGOMIR

Dunque (dalla (16))


1
f (x0 + h) f (x0 )
0 = lim+
{f (x0 + h) f (x0 ) ah} = lim+
a
h0 |h|
h0
h
e quindi esiste il limite laterale destro
f (x0 + h) f (x0 )
= a.
lim+
h0
h
In modo analogo (sempre dalla (16))
f (x0 + h) f (x0 )
1
{f (x0 + h) f (x0 ) ah} = lim
+a
0 = lim
h0
h0 |h|
h
e quindi esiste anche il limite laterale sinistro
f (x0 + h) f (x0 )
lim
= a.
h0
h
Poiche i limiti laterali esistono e sono eguali segue che
f (x0 + h) f (x0 )
lim
=a
h0
h
e quindi f `e derivabile in x0 e la sua derivata in x0 `e
f 0 (x0 ) = a = L(1) = (dx0 f )(1).
Cio conduce alla formula (14). Infatti (dallomogeneit`a dellapplicazione
lineare dx0 f : R R)
(dx0 f )(w) = (dx0 f )(w 1) = w(dx0 f )(1) = wf 0 (x0 )
per ogni w R.
Esercizio 3. Dimostrare limplicazione inversa e cioe se f : (a, b) R `e
derivabile in x0 allora f `e differenziabile in x0 (e vale la (14)).

Lunica proiezione canonica (nel caso n = 1) `e lapplicazione identica


p1 : R R data da p1 (x) = x per ogni x R. Lapplicazione identica
p1 si denota comunemente con x. Infine la derivata parziale f /x
coincide con la derivata usuale f 0 sicche la formula (9) diventa (15).
Esercizio 4. Si mostri che R consiste di tutte e sole le applicazioni La :
R R date da La (x) = ax per ogni x R, dove a R `e un numero reale
arbitrario.

Compito N. 3
1. Calcolare il gradiente e il differenziale delle seguenti funzioni
i) Sia x0 Rn un punto fissato. Si consideri
f : Rn R,

f (x) = x x0 ,

x Rn .

LEZIONE 3: DIFFERENZIALI E DERIVATE PARZIALI

13

ii) Si consideri
g : Rn R,

g(x) = kxk4 ,

x Rn .

iii) Si consideri
h : Rn R,

h(x) = (x x0 )2 ,

x Rn ,

dove x0 Rn e un punto fissato.


iv) Sia x0 Rn e si consideri la funzione
j : Rn R,


j(x) = cos kx x0 k2 ,

x Rn .

v) Si consideri la funzione
k : Rn R,



k(x) = sin kxk2 + cos kxk2 ,

x Rn .

vi) Si consideri la funzione



x1
.
f (x1 , x2 ) = x1 sin
x2
Prima di risolvere il problema proposto, si determini il massimo dominio di
definizione A R2 della funzione data.
vii) Sia A = [aij ]1i,j,n Mnn (R) una matrice quadrata n n a coefficienti reali aij R. Si supponga che A sia simmetrica i.e. aij = aji per ogni
1 i, j n. Si risolvi lesercizio proposto per la funzione
T
g : Rn R, g(x) = AxT x , x Rn ,


dove xT e il trasposto di x i.e.

x1

x = (x1 , , xn ), xT = ... .
xn
Pn
Cenno. Mostrare che g(x) si scriva g(x) = i,j=1 aij xi xj .
viii) Si consideri al funzione
F : Rn \ {0} R,

F (x) =

g(x)
,
kxk2

x Rn , x 6= 0,

dove g : Rn R e la funzione dellesercizio precedente (Esercizio n. vii).


2. Per la funzione F : Rn \ {0} R dellesercizio precedente (Esercizio
n. viii) si dimostri che DF (x0 ) = 0 se e solo se F (x0 ) e un autovalore della
matrice A = [aij ]1i,jn corrispondente allautovettore x0 .
3. Calcolare il limite

xy 2
.
(x,y)(0,0) x2 + y 2
Cenno. Passare alle coordinate polari.
lim

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