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INTRODUZIONE

. Si pu commentare allo stesso modo l'uso, attualmente in auge, dei prin_


CIpI retoricr Insegnati e praticati nell'antichit. Le opere degli oratori COsti_
tuiscono una parte importante della letteratura antica, e la formazione ora_
tona era un aspetto rilevante dell'educazione antica. Non sono scoperte
nuove, m~ nuova l'attenzione incentrata vi, che ha prodotto frutti copiosi
nello studio del N.T.; non cos peraltro nello studio degli Atti. Come si
VIstO, Luca scrive in modo tale da indurre ad annoverare e giudicare la sua
opera accanto a quelle degli storici antichi. La sua storia di lettura assai
piacevole, chiara, affascinante, illuminante e non priva di accuratezza. Ma
questo non perch Luca segua le regole dei retori. Nel complesso il suo atteggiamento corrisponde da vicino alle parole del Marco Antonio di Shakespeare: Non sono un oratore, com' Bruto ... lo non parlo che alla buona. Si prestata. particolare attenzione ai discorsi riportati negli Atti, per
esempio quello di Tertullo (24,2-9), che stato definito un capolavoro di
oratoria forense, e alla ~eplica di Paolo (24,10-21). Ma sono discorsi troppo brevi, come la maggior parte di quelli contenuti negli Atti, perch vi si
possano applicare i precetti della retorica. Precetti che si confanno, per
esempio, al De corona di Demostene (II2 pagine in OCT) non possono
essere ragionevolmente adattati a discorsi, o a sommari di discorsi, di poche righe appena.
5

LA TEOLOGIA

DEGLI

ATTI

F. Bovon: RevSR 69 (1981) 279-300; F. Bovon, F., Luke the Theologian. Thirty-tbree
Years ofResearch
(1950-1983), tr. ingl. a c. di K. McKinney, Allison Park I987; H. von
Campenhausen: ZNW 63 (1972) 210-253; C.H. Cosgrove: NT 26 (1984) I68-190; E.
Franklin, Christ the Lord, London 1975; B.R. Gavenra: Interprerarion
42 (1988) 146'
157; J.L. Houlden: JS T 2I (1984) 53-65; W.G. Kumrnel: ETL 46 (1970) 265-281,
pOI ZNW 63 (I972) 149-I65; B.F. Meyer, in Fs Farmer, 243-263; j.C, O' eill, The
Theology of Acts, London 21970; J. Panagopoulos:
T 14 (1972) 137-I59; C.H. Talben (ed.), Luke and the Gnostics, Nashville - ew York 1966; U. Wilckens, Die Missionsreden der Aposte/geschichte
(WMANT 5), eukirchenfVluyn 1961.

Nella misura in cui gli Atti apportano un loro contributo specifico alla teologia neotestamentaria,
esso da individuarsi non tanto nella trattazione
di dottrine particolari quanto piuttosto in un'interpretazione della possibilit e del corso della storia cristiana e segnata mente della missione cristiana. Pu nondimeno valere la pena di raccogliere alcune delle idee di Luca
in relazione a una serie di argomenti importanti, prima di cercare di riepilogare le convinzioni generali che stanno alla base della sua rappresentazione delle origini cristiane. I
r Per uno studio eccellente e molto pi completo della teologia lucana v. Bovon, Luhe the Theologians
J.A. Fitzrnyer, Luke the Theologian. Aspects of his Teaching, London J 989; v. anche bibliografa.

a) L'escatologia
F F. Bruce, in Fs Beasley-Murray, )I-63; J.T. Carroll, Response to the End of History
(SBLDS92), Atlanta 1988; E. Grasser, in Kremer, Actes, 99-127; K. Haacker: NTS 3l
( 985) 437-4sr;
R.H. Hiers: NTS 20 (I974) I45-I55; J.D. Kaestli, L'escbatologie
l'oeuvre de Luc, Genve I969; A.J. Mattill: CBQ 34 (1972) 276-293; D.P. Moesser: NTS 34 (I988) 96-104; G. Schneider, Lukas, Theologe der Heilsgeschichte
(BBB
;9), Bonn I985; S.G. Wilson, Gentiles, 67-80.

lans

Per il teologo moderno l'escatologia biblica un problema.


on cos per
Luca. Egli sapeva come affrontarla e aveva gi stabilito una posizione che,
alla fine del I secolo, risultava del tutto soddisfacente. Da lungo tempo si
era reso necessario riconoscere l'esistenza di un intervallo fra risurrezione e
parusia. Forse all'inizio ci non era previsto n, quando avvenne, fu compreso. La crocifissione (si credeva) sarebbe stata seguita dall'accreditamento di Ges, il che si poteva esprimere con le parole di Dan. 7 (la venuta
sulle nubi) o di Dan. 12 (il sorgere di coloro che dormono nella polvere).
Luca colse una distinzione netta, che emerge sia nel terzo vangelo sia negli
Atti. Ges era stato risuscitato da Dio; dopo un periodo di quaranta giorni, durante il quale era apparso a vari discepoli, era salito al cielo - modello dell'ascensione il quadro dipinto da Daniele della venuta del figlio dell'uomo, rovesciato -; quindi al momento giusto egli sarebbe tornato. Si potevano qualificare tutti questi eventi come escatologici nel senso che appartenevano al concludersi del disegno di Dio per il mondo. Dio stesso aveva
stabilito che l'ultimo atto del dramma sarebbe stato complesso, e lo aveva
gi manifestato nell' A.T. AI testo fondamentale viene riservata una collocazione di spicco nel racconto del dono dello Spirito nel giorno di pentecoste. Modificando il testo di Gl. 3,1- 5 (LXX) Luca parla degli ultimi giorni,
che coprono tutta la storia cristiana. Hanno inizio con il dono dello Spirito, descritto da Luca prima di citare il testo di Gioele, e la loro fine sar annunciata da fenomeni cosmici (l'oscurarsi del sole, e cos via), che evidentemente non sono ancora accaduti; il giorno grande e glorioso del Signore
non ancora arrivato. La chiesa esiste nel periodo intermedio, e la sua vita
determinata da quanto gi accaduto e da quanto deve ancora avvenire.
Questo periodo concesso da Dio affinch possa essere resa testimonianza
a Ges (Atti 1,8). Luca offre un resoconto di tale testimonianza da Gerusalemme fino a Roma, ma non c' alcun indizio, con l'avvicinarsi del libro
alla conclusione, della possibilit di attendere presto la fine. Che ci sar
una fine, che vedr il ritorno di Ges e il suo giudizio, apertamente pres~pposto. Lo si afferma categoricamente all'inizio del libro (r.f r ) e lo si
nbadisce pi volte, in particolare nei primi capitoli (2,19-21; 3,20.21;
10,42; 17>3I; [26,6J). implicito anche in alcuni passi riguardanti la salvezza, poich si tratta in parte di salvezza dal giudizio che s'abbatter sul

INTRODUZIONE

LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

genere umano peccatore. L'avvento del messia attende pentimento e fede


(3,19.20), che Luca spera di incoraggiare, ma chiaro che il suo interesse
si incentra sul presente ed egli fa scarso ricorso a minacce escatologiche
per sollecitare una risposta. Sotto questo aspetto gli Atti sono da contrapporre al vangelo di Luca; in proposito v. spec. Wilson, Gentiles, 67-80:
The two strands in Luke's eschatology. La sua conclusione appropria_
ta: Negli Atti si ha uno sviluppo ulteriore di uno dei due filoni che si riscontrano nel vangelo di Luca a spese dell'altro. Luca si allontanato dalla fede in una fine imminente. Uno dei metodi da lui adottati a tale scopo
consiste nello schematizzare e oggettivare la scansione dei tempi escatolo,
gici; un altro nel sostituire la teologia dell'ascensione, l'attivit attuale del
Signore esaltato nella sua chiesa, alla fede in una fine imminente, e questo
non tanto con un'asserzione dogmatica quanto piuttosto con la concentrazione su tale elemento negli Atti. Lo schema temporale degli Atti lascia uno
iato fra la risurrezione e la parusia, nel quale la chiesa pu esistere e crescere (80). Si vedano anche le eccellenti osservazioni di E. Grasser, in Kremer, Actes, 99-127, in particolare la conclusione a p. 127. La riflessione sull'escatologia lucana conduce direttamente a un secondo argomento.

b) Lo Spirito santo
A. George: RB 85 (1978) 500-542; R.P. Menzies: JSNT 49 (1993) Il-20;
NTS 38 (1992) 66-88.

M. Turner:

Secondo 2,17.18, il dono dello Spirito santo (dopo la risurrezione e ascensione di Ges) la prima parte del compimento della speranza escatologica.
Esso d inizio al periodo in cui (v. sopra) la chiesa pu esistere e crescere. Tanto frequenti sono i cenni allo Spirito quanto rari quelli alla parusia. Luca scrive non tam apostolorum, qua m Spiritus sancti Acta describens, sicut prior liber Acta Jesu Christi habet (Bengel, 389). Il concetto
espresso gi con chiarezza in 1,6-8 (non sta ai discepoli conoscere il programma escatologico di Dio, ma essi riceveranno dal dono dello Spirito la
potenza per essere testimoni). Non in rigorosa coerenza con questo dono
dello Spirito definitivo e fondante la notazione che compare sporadicamente in seguito, secondo cui i cristiani in occasioni speciali vengono riempiti
dello Spirito: 4,8.31; 6,3.5; 7,55; 9,17; II,24; 13,9.52. Si parla inoltre di
persone che vengono battezzate con lo Spirito santo; lo Spirito santo scende su di loro o cade su di loro. solo il modo di esprimersi di Luca a prestare il fianco a una critica logica; il suo pensiero chiaro e coerente. I credenti ricevono il dono dello Spirito santo come elemento costitutivo fondamentale della loro vita di credenti, e in momenti di particolare necessit
essi ricevono doni particolari dello Spirito che li abilitano a parlare o agire

.
d appropriato. Lo Spirito santo ha gi operato nell'A.T. (ad es. I,
in mo o. 7 SI' 28,25), ma ora (com'era stato profetizzato da Gioele, Atti
vi~ne' elargito a tutti, sicch il possesso dello Spirito da parte dei
, 7"]" , prova che essi sono giustamente compresi nella missione della chiegen(tlI e . -47; II,15.16; 15,8). Lo Spirito dirige la missione anche in al4 45
sa. 10,4
.
. l'eti
di guidando FI'1'IppO perc h'e mcontn
enope (8),29 e traspor t an d o I o
tn mo ,
d
d
.
. d' C
ai ad Azoto (8,39 s.), dicendo a Pietro i an are con I m~ssagg.en I .o.rp l'lO (oI, 19 s .,. I I , 12), vietando a Paolo di.... parlare In ASIa e di recarsi In
ne
. . (1667) e ordinandogli di tornare In ASia (19,1, SI vera lectioi. Se
"
.
.
.
..
.,
.
BJtJllla
.
4 lo Spirito sembra fornire indicazioni errate, CIOva senza dubbio atJll 21,
S ..
.
ff
. d
ib ito a una disattenzione da parte di Luca. Lo pinto viene o erto In 0roU
,"
.
.
a chi si pente e crede. L'offerta e esplicita nel gIOrno di pentecoste
f:'38; cf. 9,17; 13,52), Spesso, ma certo non sempre, il dono associato al
battesimo talora all'imposizione delle mam; al nguardo v. sotto, pp. 827
s. Lo Spirito, presente come principio guida nella comunione cristiana, viene offeso quando i cristiani praticano l'inganno: cos Anania e Saffira Ingannano lo Spirito santo e mentono a Dio (5,3.4). Dedurre da.questo testo
la divinit dello Spirito santo eccessivo, anche se Improbabile che Luca,
qualora gli avessero proposto questa enunciazione, l'avrebbe. neg~ta. Lo
Spirito associato al Padre e al Figlio in 2,33, versetto non pnvo di ambiguit. Ges stato esaltato alla (o dalla) destra di Dio; egli ha ricevuto il
dono dello Spirito santo; sul significato preciso di questa affermazione v. a
2,33. Ricevuta la promessa dello Spirito (lo Spirito promesso?), egli effonde
(il verbo !;XE:EV riprende la citazione di Gioele in 2,17) lo Spirito, la cui presenza si pu cogliere in fenomeni osservabili. Lo Spirito quantomeno una
terza forma dell'attivit divina.
Ci che si era potuto osservare (udire pi che vedere) era il miracoloso
parlare in lingue di 2'{.5-12. Non chiaro se i fenomeni di 2,2.3 furono
percepibili al di fuori della casa o della stanza in cui i discepoli erano radunati. Negli Atti il segno caratteristico della presenza dello Spirito il parlare, ora nella glossolalia (2,4; 10,46; 19,6), ora nella profezia (2,17.18)
II,27; 13,1-3; 2I,[4].[9].10.II), ora nella proclamazione (ad es. 4,31). E
sorprendente che Luca (a differenza di Paolo) non scorga l'opera dello Spirito nel rinnovamento morale della vita umana. Ci non vuoI dire che egli
non creda nel potere di Dio di mutare la condotta dell'uomo; significa tuttavia che era impressionato da quelli che potrebbero essere considerati gli
aspetti pi superficiali e appariscenti della vita cristiana, certo soprattutto
perch erano facili da descrivere e veri similmente tali da impressionare i
lettori come avevano impressionato lui.

~6;:~2iJ'

LA TEOLOGIA

c) La eristologia
G. Delling: NTS I9 (I973) 373-389; L. Harrman, come sotto, t. E. Kriinkl, Jesus de,
Knecht Gottes (Biblische Untersuchungen 8), Regensburg I972; D.P. Moessner: NT 28
(I986) 220-256; R.F. O'Toole: Blb 62 (I98I) 47~-498; E. Schweizer, in Fs Schubert,
I86-I93;
P. Vielhauer, In Fs Schuberr, 33-50 (gi In EvT I~ II950-I9srl
I-I5); G.
Voss, D/e Chrtstologie der lukamschen
Scbriften In Grundzgen, Paris-Brugge I96 .
J.A. Ziesler: JSNT 4 (I979) 28-41.
5.

Proprio come il terzo vangelo, cos, anche se in modo diverso, gli Atti sono
un resoconto delle opere di Ges il messia. Il versetto iniziale si rif ai contenuti della trattazione precedente in quanto incentrata su tutto ci che
Ges aveva cominciato a fare e a insegnare. una deduzione probabile
anche se non del tutto certa, che la nuova trattazione verta su tutto ci che
Ges continu a fare e a insegnare. Anche se non fosse stata questa l'intenzione di Luca, egli non avrebbe dissentito. I discepoli devono essere testimoni di Ges (1,8; per la loro testimonianza incessante cf . I ,22', 232'
, , 3,
15; 5,22; 10,39.41; 13,31; 22,15.20; 26,16 per il termine (J.ap-;-u:;)ed egli
il fondamento della loro testimonianza (222'
, , 3 ,13', 4 ,.2 IO .33', 542'
, , 812
,
35; 9,20.27; 10,38; II,20; 13,32 s.; 16,31; 17.3.18; 18,5.28; 20,21; 24,24;
28,23,31). Egli l'operatore di miracoli (ad es. 3,6; 4,10; 9,34). Talvolta
agisce indirettamente, tramite lo Spirito (che pu essere chiamato Spirito
di Ges, 16,7); pure gli angeli rivestono un loro ruolo (8,26; 12,7; 27,23).
Ma Ges parla e agisce anche in prima persona, in occasioni particolarmente rilevanti" allorch affronta Saulo (9,5; 22,8; 26,15) e lo incoraggia
(18,9; 23,1I) E una figura soprannaturale, in grado quando vuole di partecipare agli eventi storici.
A ci occorre aggiungere che quanto egli compie, lo compie come agente di Dio Padre. Nella guarigione dello storpio presso la porta del tempio, 3,
13 forse inteso a prospettare che Dio abbia glorificato il suo servo Ges
utilizzandolo come agente della guarigione; in 4,30 i discepoli pregano Dio
di distendere la sua mano per guarire e perch segni e portenti siano compiuti mediante il nome del suo servo Ges. Ges l'agente non solo della
guarigione (:Jw='pia) in senso fisico, ma della salvezza che significa appartenenza al popolo eletto, che sar condotto in salvo attraverso i pericoli degli ultimi giorni (4,12).
Ges definito con una serie di titoli, alcuni dei quali ampiamente usati
anche altrove nel N.T. Ovviamente egli il Cristo, il messia, il re unto del
Signor~. Opp~re si dovrebbe dire che, sar il Cristo? Questo interrogativo
nasce m relazione a 3,20; v. ad loe. E inverisimile che il versetto rinvii a
una designazione che appartiene ancora al futuro. Luca era senz'altro convinto che Ges fosse il Cristo fin dalla nascita; v. spec. Le. 2,1I. Non impossibile che una fonte da lui impiegata avesse un'idea diversa, ma impro-

DEGLI

ATII

82I

b bile. Sembra peraltro plausibile che Atti 2,36 significasse in origine che
; s divenne Cristo al tempo della risurrezione, anche se Luca dev'essere
.escito ad adattare il versetto al proprio punto di vista. Signore (xunU
. 2,36, e, una paro Ia c h e mter~reta
.
"1 per I,
pw~), che ricorre anc he :n
Xp~(j-;-o:;,
ondo ellenistico.
on e legittimo sostenere che, poich nel LXX xupw:; e
la resa di Jhwh, l'uso del termine negli Atti (e nel N.T. in generale) implihi di per s la divinit di Ges. Quantomeno non implica che Ges debba
~ssere identificato col Dio dell'A.T. o messo sul suo stesso piano. Citando
Sal. IIO,1 (dT.E'1 xupw:; -;-0 XUpiCfllJ.ou) in 2,34 Luca si mostra affatto
consapevole che il termine xupw:; poteva essere utilizzato in due sensi, e
per lui Ges il secondo xupw:; al quale il primo xupw:; rivolge la parola. Il
vocabolo produce immediatamente un'identificazione di Ges col re davidico e un accostarsi al mondo dei gentili con i suoi molti dei e molti signori (I Coro 8,5)' Indubbiamente Signore significa che Ges era, e cos lo
vedevano molti cristiani, uno che godeva di autorit assoluta, al quale era
dovuta obbedienza assoluta. Egli stesso peraltro sottoposto all'autorit
assoluta di Dio Padre: lui che ha reso Ges Signore e Cristo. C' dunque
negli Atti, come in gran parte del N.T., un elemento di subordinazionisrno,
ma la subordinazione di un figlio obbediente, che opera al servizio del
Padre. Ges il figlio (ula:;) di Dio solo in due passi. Potrebbe non essere
una coincidenza che sia Paolo a proclamare Ges figlio di Dio (9,20) e a
citare Sal. 2,7 in 13,33. Sarebbe sbagliato leggere una relazione metafisica
nel resoconto di Luca, quale che fosse il pensiero di Paolo. Soltanto nei
capp3 e 4 (3,13.26; 4,27.30) Ges detto servo (TCa~:;) di Dio, il che potrebbe riflettere l'uso da parte di Luca di una fonte. un errore supporre
che qui vi sia un richiamo al servo del Signore del Deutero-Isaia. In 4,25 il
termine T.a; applicato a Davide e nell' A.T. usato per re, profeti e altri
personaggi di spicco. tuttavia possibile che vi sia un'allusione a Is. 52,13
in 3,13: alla glorificazione piuttosto che alla sofferenza del servo. Qui Luca si serve di materiale tradizionale; quando, in 8,32.33, cita Is. 53, non c'
il termine servo.
Altri termini cristologici ricorrono di rado. Uno &PX'Yo:;: 3,15; 5,3!.
Il vocabolo pu voler dire principe, capo, autore, origine; per la trattazione si veda ad loe. In 5,3 I esso sta in coppia con :Jw-;-'hp,che compare di
nu?VO in 13,23; sono presenti pure altri termini della medesima famiglia
~:Cfl~E~'I,:Jw-;,a, :Jw-;hpw'l). incerto se ixwo:; (3,14, dove si legge
ayw xat ixaw:;; 7,52; 22,14) sia un titolo o una qualificazione; v. a 3,14;
7,52. :\a~wpa~o:; (2,22; 3,6; 4,10; 6,14; 22,8; 26,9; cf. 24,5, dove usato
al plurale, per i cristiani) considerato da alcuni un titolo, privo di rapporrr, Con la localit di Nazaret; ma cf. 10,38: &T. \a.~a.pD, e V. a 2,22.
L'espressione figlio dell'uomo, cos comune nei vangeli, usata una vol-

822

LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

INTRODUZIONE

ta soltanto da Stefano, in 7,56. Da quest'unico versetto impossibile dedurre alcunch sul suo significato; probabilmente per essa fu adottata in
quanto idonea a indicare una persona che ora in cielo ma attende di venire sulle nubi in un tempo futuro. I In 2,22; 17,3 I il termine (lv~P applicato inconsapevolmente - e ovviamente in modo del tutto proprio - a Ges; nel secondo versetto, dove l' uomo deve giudicare l'umanit, esso richiama un aspetto della connotazione del figlio dell'uomo.
Negli Atti non si ravvisa un pensiero cristologico profondo; 2 chiaro
tuttavia che Ges Cristo di Nazaret la persona che ha dato inizio e porr
fine a tutta la storia e che ne dirige l'intero corso. La sua vicenda, contraddistinta da prodigi, segni e opere potenti, era sufficiente a mostrare che Dio
era con lui, non semplicemente come era stato, per esempio, con i profeti,
ma in un senso eselusivo (ancorch indefinito). Egli era stato ucciso a causa di un errore commesso per ignoranza dai giudei, sia dai capi sia dal popolo, che lo avevano consegnato ai romani, ma presto Dio aveva rimediato all'errore risuscitandolo dalla morte, cos confermando - o creando -la
sua condizione di messia (termine pregnante per i giudei) e Signore (che
avrebbe avuto senso per i gentili). Il Ges risorto rest sulla terra abbastanza a lungo da provare di essere davvero vivo per poi ascendere al posto che
gli spettava alla destra di Dio. Ci dimostrava come egli appartenesse essenzialmente allo stesso ordine antologico del creatore, il Signore (Jhwh)
dell'A.T., per quanto all'interno di tale ordine occupasse una posizione secondaria. In quale senso si potesse dire che un secondo essere condivideva
il trono di Dio avrebbe costituito un problema e innescato dispute per alcuni giudei; non, a quanto pare, per Luca. Ora Ges aveva inviato lo Spirito in modo da dar vita a un Israele rinnovato, che ben presto sarebbe stato
arricchito dall'aggiunta dei gentili.' Cos Ges, crocifisso e risorto, portava
la salvezza alla comunit mista: il perdono dei peccati, lo Spirito ispirante
e santificante e la garanzia di passare incolumi attraverso le tribolazioni
escatologiche venture.
d) La chiesa
R.E. Brown: Proceedings of the Catholic Theological Society of America 36 (1981) 114;]. Pathrapankal: Zeitschrift fur Missionswissenschaft und Religionswissenschaft 70
(1986) 275-287; B. Reicke, Glaube und Leben der Urgemeinde (ATANT 32), Zurich
1957;].B. Tyson: Inrerpretation 42 (1988) 132-145.
I Nel discorso
di Stefano si possono notare altres termini che si sarebbero
potuti usare in senso cristo logico, ma che di fatto sono applicati a Mos: (i?XW'J, ~%:l:~-='~~, )1,'J":pw-:-~~,7,35; v. ad loc.

p, Vielhauer, nel saggio sul paolinismo


degli Atti (Fs Schuberr, 33-50; versione
[1950-1951] 1-[5), li considera prepaolini sotto il profilo della crisrologia,

3 V, sotto, sezioni h e j,

originale

in EvT IO

munit appena menzionata un'entit escatologica, che vive nel pe~~~~ di compimento cui, ha dato, inizio il dono dello Spirito e atten?e la
nelusione nei prodigi descritti da Gioele (Atti 2,17-21). Essa e ansua
, d'I grup~
che, co
nondimeno, un fenomeno storico, c h'e SI maruifesta
est a im una sene,
, d' credenti sparsi m vane parti del mondo mediterraneo. Tal! gruppi
pl
I nati grazie alla predicazione
di apostoli e altri. Quando accoglievaparola che ascoltavano, si trovavano riuniti in, comunit credenti e
dividevano una vita comune. Sul plano orgarnzzanvo esterno erano po~~i segni distintivi di questa vita comune; I la comunione constava di una
divisione della credenza che Ges fosse veramente colui che I predicarori avevano dichiarato, che offrisse la salvezza e chiedesse obbedienza. Lo
to
d
'
'I
Spirito induce~a a parlare e s~nza dubbio pro ucev~ entusiasmo, e ,I, comando di Gesu dell'amore reciproco trovava espressione nella condivisione dei beni (2,44.45; 4,32.34.35.36.37; 5,I-II; 6,1). Quanto questa prassi che secondo Luca aveva come esito l'assenza di povert nella comunit,
fosse affine e correlata a usanze simili osservate a Qumran materia controversa; v. val. I, 300 e a 2,44 s.
Da principio vi fu una sola comunit siffatta, a Gerusalemme. In 5,II;
8,1.3; II,22; 12,5; 15,4.22, e forse in 18,22, essa indicata con il termine
xx),~cria.Allorquando l'evangelo fu portato fuori da Gerusalemme nel
mondo, questa parola fin con l'essere applicata ad altri gruppi cristiani locali: ai cristiani di Antiochia in II,26; 13,1; 14,27; 15,3; ai cristiani di
Efeso in 20,17.2 Il termine usato per i gruppi di convertiti del primo viaggio missionario di Paolo: 14,23; 16,5; per quelli in Siria e Cilicia in 15,41.
Un'xx)"lV(a dunque, a quanto pare, un gruppo locale di cristiani. Vi sono due passi che inducono a pensare a un valore pi lato. Si spesso sostenuto che sia cos in 9,3 I, dove si parla della chiesa per tutta la Giudea, la
Galilea e la Samaria. possibile che qui si inauguri un simile uso, ma si
pu intendere la designazione geografica nel senso di una chiesa locale
che risiede in pi d'una citt (v. a 9,31). pi significativa la menzione (20,
28) della chiesa di Dio che egli si acquistato con il proprio sangue, espressione strana in quanto sembra vi compaia il sangue di Dio. Comunque si
interpreti il versetto, esso parla di un unico corpo formato da tutti i cristiani che Dio ha redento e costituito tramite la morte cruenta, vale a dire
sacrificale, di Cristo. Qui dunque xx)'I)cr(a la comunit universale dei redenti, l'ecclesia catholica. importante che il medesimo termine sia usato
in entrambe le accezioni. Pu anche darsi che Luca non abbia riflettuto a
fondo sul significato del proprio lessico, ma ci implica (e se ne trova conferma altrove nel N.T.) che ciascun gruppo locale di cristiani non sia sem-

~~7~

Ma v, sotto, sezioni e e

Se in

18,22

f.

b:xLr,:r,,, non designa la chiesa di Gerusalemme,

indicher

quella di Cesarea,

INTRODUZIONE

LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

plicemente I.egato alla chiesa globa~e, ma sia di fatto la chiesa globale nel
luogo In CUIesso SI trova. t altres notevole che II termine xx.Yjcria. sia
usato nel LXXcome resa di qhl, ti ~opolo di DIO, che vive (a volte ribelle)
s~t:o la su~ g,Uld~. ~a, connessione e sottolineata dalla presenza in 7,38 di
77 rExx, Yj(nq E'I 77 EP~IJ.c.;\t1 popolo d'Israele tra l'Egitto e la terra promes_
sa. Luca aveva farniliarir con I LXX e non si pu dubitare che avesse
mente questo impiego di xx'.Yj:J"ia.. NeIl'A.T. il Signore aveva acquista;~
un popolo con le gesta potenti che aveva compiuto in Egitto; ora egli ha
aC9U1stato un popolo, rrusto per stirpe, effondendo il sangue di Cristo. Perche la morte di Ges debba essere considerata un sacrificio e come il sac .
fi .
~
ClOpossa sortire l'effetto di costituire un popolo sono problemi che Luc
non affronta '. Per .questioni che invece gli stavano a cuore v. sotto, in parti~
colare h) I giudei e l) <<1gentili e la missione ai gentili. Per la costituzio_
ne e le attivit della chiesa v. e, f e g.
e) Apostoli e ministri
F.H. Agnew: JBL 105 (1986) 75-96; E'. Bammel: Augusrinianum 30 (1990) 63-72;
CK. Barrett, Signs, C Burchard, Der drezzehnte Zeuge, Cttingen 1970; A. Campbell:
JTS 44(1993) 5II-528; R.A. Campbell, The Elders. 5eniority within Earliest Christianity, Edmburgh 1994; H. von Campenhausen, Amt; L. Cerfaux, Recueil II, 157-174; E.
~guson: JTS 26 (~975) I-I2; B. Gerhardsson: SE 27 (1962) 89-131; K. Haacker:
3 (I988) 9~38, A.E. riarvey: JTS 25 (I974) 3I8-332; M. Karrer: NT 32 (1990)
I52-188; G. Klein, Die zwolf Apostel (FRLANT 59), Cttingen
I96I; D. Powell: JTS
26 (1975) 29-328; K.H. Rengstorf, Apostolat und Predigtamt, Srurrgarr I934, risr.
1954; K.H. Rengstorf, m TWNT 1,397-448; CH. Roberts: JTS 26 (I975) 403-40j"
W. Schrnithals, Das kirchliche Apostelamt (FRLA T 6r), Ctringen 1961; H. Schiir:
mann, m Fs Erfurr (1977), 1-44; B.E. Thiering: JBL 100 (I98I) 59-74; F.M. Young:
JTS 45 (I994) 142-148.

Nel rappresentare la chiesa Luca appunta l'attenzione non sulla massa ma


SUISUOIesponenti di spicco. La continuit fra la vita terrena di Ges di Nazaret e la chiesa dopo il tempo della risurrezione garantita da dodici uomini. U,ndici di loro (1,13) avevano fatto parte del gruppo dei dodici scelti
da Gesu (Le. 6,13-16), dal quale era stato rimosso Giuda Iscariota per la
sua defezione e la sua morte (Atti 1,16-20), e cui era stato aggiunto Mattia
(1,21-26), col ncorso alla sorte per dimostrare che egli al pari degli altri
era stato scelto da Ges (&vaElov ov EW, 1,24). Questi dodici compaiono di n~ovo con tale titolo in 6,2, ed esso implicito in 2,14, dove
PIetro SI levo in piedi <~congli undici (cf. 1,26). Essi sono dunque artefici
della proclamazione iniziale dell'annuncio cristiano, e cosi sono consideraT L'uso
di b:x),-r,,,i,,, in I9,(32)394J per indicare
Illustra la comune accezione profana del termine.

l'assemblea

cittadina

debitamente

costituita

a Efeso

.
ora al cap. 6, dacch esprimono l'intenzione di dedicarsi alla preghieti ancl ministero della parola, lasciando la gestione dell'attivit caritativa a
~~e~:no e ai suoi compagni (6,2-6), che essi stessi designano dietro indicazione del gruppo.
...
.
.
.
.
Quando si unisce loro M~,ttla, ~I: undl~1 sono, d~ttJ apostol~, terrnme che
in sintonia con Le. 6,13 (o'.J~xw a.r:o(j7o,o'.J~ wVOIJ.CX:J"EV) ed e usato molto
pi spesso del numerale, sebbene non dopo 16A. Si talora ma non sem~
e affermato in modo piuttosto reciso che gli apostoli coincidono con I
~~dici, e vi sono solo due versetti (14,4.14; v. ad loc.) nei quali personaggi
che non appartengono ai dodici sono chiamati apostoli. Solo in questi versetti Paolo (e Barnaba con lui) sono cos definiti, ed chiaro che Paolo (e
presumibilmente anche Barnaba) non rispondevan~ alle co?dizioni esposte
in 1,21.22 per la designazione. Dal resto del .T. nsulta .evidente che ti termine (btO:J"70.o~ trovava impiego in pi d'un'accezione, I e probabilmente
la soluzione migliore supporre che la fonte (antiochena?) utilizzata da Luca al cap. 14 parlasse di Paolo e Barnaba come apostoli, nel senso di inviati, o missionari, della chiesa di Antiochia, e che egli abbia tralasciato di correggere l'appellativo adeguandolo al proprio uso generale.
Luca racconta alcuni episodi di grande rilievo incentrati su Pietro: la sua
testimonianza nel giorno di pentecoste; la guarigione dello storpio presso
la porta del tempio e il discorso che ne segu; la comparsa dinanzi al consiglio giudaico; il compimento di miracoli, riferiti sia in generale sia nei
particolari; la visita a Samaria; l'incontro con Cornelio; la liberazione dalla prigione di Erode; la partecipazione al concilio apostolico. Nei capp. 3;
4; 8 Giovanni accompagna Pietro. Al cap. 12 si legge dell'esecuzione capitale di Giacomo, fratello di Giovanni. Luca non ha altro da dire sui dodici
apostoli ed chiaro che ai suoi occhi la loro importanza in quanto gruppo
risiede soprattutto nel loro mero esistere, e con ci testimoniare e garantire
(quanto possibile) la continuit fra Ges e la chiesa successiva alla risurrezione. Solo Pietro (secondo il racconto di Luca) contribuisce anche in altro
modo alla vita della chiesa. La loro funzione importante (si noti la contrapposizione in 13,3I.32, e cf. 10,39), ma non poteva n doveva essere
rinnovata.
on ci sono altri apostoli; il termine nel senso in cui inteso in
2 Coro 8,23 (e forse in Atti 14,4.14) cadde in disuso. Paolo, il tredicesimo
testimone,' come si gi notato, non soddisfa i requisiti di apostolo esposti da Luca, cionondimeno era, agli occhi di Luca e senz'altro nella realt,
ti missionario per eccellenza della prima generazione. Per Luca Paolo incarnava inoltre esemplarmente la sua visione del giudaismo quale erede del
popolo di Dio veterotestamentario,
che tuttavia ora deve intendere sia
r v. Barrett, Signs, con il sommario alle pp. 71-73.
, Der dreizehnte Zeuge il titolo di un volume di C. Burchard

(Corringen

1970).

INTRODUZIONE

l'A.T; sia la propria vocazione alla luce dell'evangelo. Come lo si deve de.
finire. Luca non dispone di una categona per lui. Egli O"XEO:; tXoy~ (9,
15), strumento prescelto ~a DIO per uno scopo particolare, un uomo che
avrebbe portato 11 nome di Cristo dinanzi al gentili e al re e ai figli di IS .
ra
le.. Paolo non subordinato ai dodici. L'unico passo che lo potrebbe le.
a
sciar pensare 13,32, e non si tratta di subordinazione bens di distinzion
e
Il suo discorso agli anziani di Efeso in 20,18-35 importante sia perch :
mostra la sua concezione del ministero pastorale, come egli stesso lo es ~
cita e ci ~i aspetta ~o esercitino gli anziani, sia perch chiarisce l'origine ~~I
loro. mlnlster~. ESSInon sono ,stati desi~nati n dalla chiesa in cui svolgono
d rrurnstero ne da Paolo, bens dallo Spirito santo (20,28). Qui non si indi.
cano disposizioni per i futuri ministri: essi scaturiranno dalla medesim
fonte. Ci non significa negare una partecipazione umana al processo~
Specie nei primissimi giorni Paolo deve aver personalmente ricoperto un
ruolo guida nelle nomine (14,23), ma 13,1-3, come 20,28, descrive la designazione non tanto a un ufficio quanto a un compito specifico da parte dello Spirito santo, che agisce, presumibilmente, tramite i profeti di 13,r. Il
compito del profeti e dottori era di profetizzare e insegnare, di esprimere
me~saggi comunicati dallo Spirito santo e di conservare e applicare le tradIZIOni fondamentali della fede. Gli anziani dovevano gradire che Paolo
stesso manifestasse il disegno di Dio (20,27) e mantenesse la disciplina nella comunit. Poich lavoravano per il proprio sostentamento verisimilmente aiutavano i bisognosi con le loro risorse e con quelle della chiesa. Altrove questa la mansione dei diaconi, ma il termine (~XO'lo;:: non ricorre negli Atti. Gli anziani, detti 7,(crxOTiO( oltre che TipEO"~U7EPO(, assolvono tutti i
compiti propri dei ministri; Atti 6 non vuole essere un resoconto sulle origini del diaconato come ordine ministeriale (v. voI. I; 341 s.).
f) Battesimo e pasto cristiano
G. Barrh: ZTK 70 (I973) I37-I6I; S. Brown: ATR 59 (I977) I35-I51; E.J. Christiansen: ST 40 (I986) 55-79; N.A. Dahl, in Fs Mowinckel, 36-)2; L. Hartman: ST 28 (I974)
2I-48; T.W. Mans~n: JTS ~8 (I947) 25-33; P.H. Menoud: RHPR 33 (I953) 2I-36;
M. Quesnel, Baptiss dans l Esprit (LD 120), Pans 1985; B.E. Thiering: NTS 27 (I98I)
6I 5-63 I;]' Thomas, Le mouvement baptiste en Palestine et Syrie, Gembloux I93 5.

Questi due argomenti gemelli (cos appaiono oggi; ma tutt'altro che certo che tali sembrassero a Luca; al pari di altri scrittori neotestamentari egli
non disponeva di un termine come sacramento per accomunarli) hanno
sollevato una serie di perplessit. Se ci si concentra su determinate parti degli Atti (c~pp. l; 2; 8; 9-II; 16; 18; 19; 22), o piuttosto su porzioni di quesu capitoli, II battesimo sembra il modo normale e universale di entrare a
far parte della chiesa cristiana. Che cosa dobbiamo fare?, chiede la folla

LA TEOLOGIA

DEGLI ATTI

.
di pentecoste. Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare, reil g~~r;i~trO(2,37.38). I samaritani convertiti reagiscono alla stessa manie~
pII Cornelio e i SUOIamICI, Il carcen:re di Filippi e la sua famiglia, moltI
ra..
. zi vengono battezzatI. Se pero Cl SI volge ad altri capitoli (o a parn
del
"1'1
. L a f o Ila presso I'1' tempio e, esor conn
elli elencati sopra), SItrova
I SIenzio.
di qu
ntirsi perch i suoi peccati siano cancellati, ma non le viene detto
rara a pe
di'
f . battezzare. Non ci sono battesimi nel resoconto lucano e primo
dI arsI
.
, .
.
A
L'd'
io missionano, benche siano fondate chiese (14,23).
parte I la e
vlagg
.
la
di
b
...
M
d'
'1
eriere di Filippi, non SI par a I attesirm m
ace orna o ne l filone
I carc
h'
.
)
d
..,
. . ale del racconto (vale a dire fuorc e m 19,5 e Il' atnvita
svo Ita d a
pnnclp
nemmeno a MalP ao lo a Efeso. Nessun battesimo ha luogo dopo il cap.f 19,
d
..
ra, dove pure Paolo suscita un'impressione cosi pro OD a. Ancora: ~e CI SI
domanda se il dono dello Spirito preceda, accompagni o segua d n.to del
battesimo nell'acqua, si avranno risposte differenti m parti dlff~rentI degli
Arti. Se ci si chiede se II battesimo debba essere completato dall'imposizione delle mani, non si trova una risposta univoca. Che cosa s'intende per battesimo nello (o con lo) Spirito? una conseguenza del battesimo nell'acqua
o ne indipendente? Chi sono i destinatari appropriati del battesimo nell'acqua? solo i credenti adulti o anche bambini? Sulla base degli Atti non
possibile rispondere a nessuno di questi interrogativi con una certa sicurezza. Il battesimo compare abbastanza negli Atti da mostrare chiaramente che
Luca aveva familiarit con questa pratica; non pare possibile sfuggire alla
conclusione che nella chiesa delle origini esso non fosse, come si ritiene comunemente, un'usanza universale, o quantomeno che alcune fonti di Luca
(come quella basata su Antiochia) non fossero interessate al battesimo.
Dove si fa menzione del battesimo e quando se ne precisano i particolari
(e poich nel I secolo la pratica si stava ampiamente diffondendo,'
doveva
esservi la specificazione: il nostro battesimo ... ), si dice che esso nel
nome (i:;' o t'I 70 'IOfJ.(l7(; d:; 7 o'lor.w) di Ges.' A questa espressione
certamente sotteso l'ebraico 15m, che qui vorrebbe dire cos da andare sotto l'autorit di. In greco l'espressione acquista una connotazione finanziaria: cos da essere aggiunto sul conto di, ossia da diventare propriet
di. A quanto pare Luca pensa anzitutto a questo: i convertiti (si potrebbe
dire battezzati o meno) diventano uomini o donne di Cristo. Ci produce
conseguenze: essi divengono membri del popolo di Cristo; Cristo accorda
loro il dono dello Spirito; i loro peccati sono perdonati.
ell'idea di Luca
tali elementi costituiscono un tutto unico e non gli interessa precisare in
quale ordine essi si presentino. In 2,38 non viene espressamente affermato,
ma implicito che il dono dello Spirito segue il battesimo: ciascuno di voi
IV.]. Thomas,
bloux 1935

Le MOl/ventel1t Baptiste el1 Palestine


2 Non vi sono indizi di una formula

et Syrie (./50 avo l.-C. - 300 ap, f.-C.), Gemtrinitaria come quella di Mt. 28,19.

LA TEOLOGIA

INTRODUZIONE

si faccia battezzare ... e riceverete ... . In 10,44-48 ricorre l'ordine 0PPOSt .


lo Spirito scese su Cornelio e i suoi amici e la reazione di Pietro fu: Po~:
siamo astenerct dal battezzare questi uomini che hanno ricevuto lo Spirit
santo, proprio. come non';l . I Nasce una complicazione ulteriore al cap. o8
(cf. 19,6), quando Filippo battezza i samaritani e non si dice che essi rice_
vettero lo Spirito santo. Allorch invece Pietro e Giovanni arrivano, impon_
gono loro le mani e pregano, lo Spirito viene concesso. L'imposizione delle
I?ani necessaria? Essa non menzionata negli altri racconti considerati.
E un rito che solo un apostolo pu celebrare? Non si conoscono le risposte
a questi interrogativi; si vedano le note esegetiche ai vari passi. Non ci si
pu sottrarre alla conclusione che Luca fornisca un resoconto poco chiaro
del battesimo. Non aveva principi stabiliti riguardo alla sua pratica, o forse al suo significato. Per Paolo il battesimo comportava la crocifissione e
sepoltura con Cristo, ed egli sembra presupporre che questa sia una concezione cristiana comune (Rom. 6,3). Quanto Luca dice sul battesimo corrisponde in effetti alla sua cristologia. Egli sa benissimo che Ges era stato
crocifisso e che la sua risurrezione implica prima la sua morte. Ma per lui il
Cristo crocifisso non un tema centrale, il tema per eccellenza, com'era per
Paolo (r Coro 2,2). Perci il Cristo al quale i convertiti venivano ad appartenere non era cos specificamente ed esclusivamente Cristo crocifisso come
per Paolo. La crocifissione restava inevitabilmente fuori del battesimo.
La chiesa di Luca aveva un'eucaristia? Egli non lo dice. Gli Atti contengono svariati riferimenti a pasti consumati dai cristiani.
ella descrizione
della comunione cristiana conseguente alla predicazione di Pietro il giorno
di pentecoste si leggono 2,42: Essi persistevano assiduamente nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle
preghiere; 2,46: erano assidui di comune accordo nella pratica del tempio, e spezzando il pane a casa consumavano i pasti con gioia e semplicit di
cuore. In Atti 20,7 si dice che Paolo e i suoi compagni si riunirono con la
chiesa di Troade per spezzare il pane; al V. II, dopo l'incidente occorso al
giovane caduto dalla finestra, Paolo risal, spezz il pane e mangi, e continu il suo discorso. In 27,34-36 Paolo esort i compagni di viaggio sulla
nave a prendere cibo; ci sarebbe stato per il loro bene (crwqpia). Detto
questo e preso il pane, lo spezz dinanzi a tutti loro e cominci a mangiare;
e tutti si fecero coraggio e presero anch'essi cibo. Per ciascuno di questi passi si rinvia alle note esegetiche. Sorprende che tutti menzionino la frazione
del pane. Nell'ultimo ci si esprime in un linguaggio particolarmente vicino
a quello di Le. 22,19.20 (l'ultima cena) e 9,16.17 (il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci); V. anche Le. 24,30.35. Non si fa peraltro
parola, come accade invece nel racconto dell'ultima cena (in r Coro II,23l

Alla domanda

se gli apostoli

fossero

battezzati

non possibile

dare una risposta.

DEGLI

ATTI

e che nei vangeli), del bere vino. Ha probabilmente ragione J. Jere1.6 o ltr
.'
.
.' ( a 2 42) a ritenere che spezzare il pane sia un'usanza cnsnana, m[Ulas V. ,
. .
d
.
. t un pasto specificamente cnstiano, mentre ha torto quan o sostIene
dICan e
.'
.'
.'
.
,' tenzione di Luca sia tenere nascosto a lettori non cnstiam un nto
che l m
.'
., f
.
. . o segreto riservato al credenti. Luca aveva gIa orrnto un resoconto
cnsnan
.
. .
,.'
)
del pasto, inserendovi parole esplIcatIve. (<<Questo. e Il mIO corpo ecc. :
soltanto per il pane, ma anche per ti VInO, e In 27,35 SI premura di
non
. ., '
I
t
. re che i gesti di Paolo furono compiuti E'IW"W'I a'l-=w'l. qua tro
preCIsa
.'
..'
.
'1
. negli Atti descnvono un pasto di comunione cristiano, che traeva I
paSSI
.
.,
.'
d 1sua significato peculiare non da ClOche vemv.a mangiato e bevuto, ma a
la comunione tra i cristiani, i quali, nel mangiare e nel b.ere, non avrebbero
dimenticato il Signore che si era dato per loro e dandosi per loro si dava a
loro. Se altri erano presenti, avrebbero preso ci che potevano di quel paro _ ed esso si sarebbe potuto dimostrare, persino nel mezzo di una tempesta, pi che un sostentamento fisico. La disponibilit di vino da bere poteva dipendere dalle circostanze. Non c' alcuna indicazione che I pasn ncordati negli Atti fossero connessi in qualche modo con la pasqu~, nella ~uale
era obbligatorio bere quattro coppe di vino. Un problemaplU arduo e suscitato dalla presenza nel resoconto paolino del pasto cnsnano (r Coro IO,
16.21 oltre a II,23-26) di una menzione specifica del vino. naturale - e
fondato - osservare che c'era probabilmente una grande variet nell'esecuzione del rito cristiano nel I secolo, ma Luca (comunque si valutino i brani
col noi) era a suo modo paolinista. La soluzione migliore verisimilmente supporre che, sebbene spezzare il pane non fosse un'espressione cifrata intesa a mantenere segrete le procedure rituali, era diventata una formula che indicava un pasto intero, senza voler specificare tutti gli alimenti In
t

esso consumati.
pressoch fuor di dubbio che per Luca fosse importante non il significato simbolico delle azioni compiute, di ci che si mangiava e beveva, ma
la condivisione di vita che l'essere commensali rappresentava. In 2,42 la
frazione del pane figura in un contesto caratterizzato dall'insegnamento degli apostoli, dalle preghiere e dalla comunione (xWlw'Iia), che in parte almeno riceve la propria definizione dal fatto che coloro che VI partecIpavano avevano in comune (Xo~'I~) i loro beni e usavano le loro nsorse per aIUtare i poveri.
g)

Il protoeattolieesimo

(Fruhkatholizismus)

E. Bammel: Hervormde
teologie Studies Il (1993) 69-77;
R. Bultrnann, Theologie,
446-470 (spec. 446. 464). 621-623, 718-725, con copiosa bibliografia;
H. von Carnpenhallsen, Kirchliches Amt und geistliche Vollmacht in den ersten drez Jahrhunderten
(BHT), Tiibingen 1953; H. Conzelmann,
Theologie, 58-77, 333-337; A. Harnack, Ent-

830

INTRODUZIONE

LA TEOLOGIA

stehung und Entwicklung der Kirchenverfassung und des Kirchenrechtes in den zw .


.
er:
s ten j a h rh un d erten, L"eipzig I91O; tr. ingl.
The Constitution and Law of Church inei th
First two Centunes, London I9Io; E. Kasernann, Exegetische I, I09-I34 (spec. 1 ~
I33); cf. I35-I57; ..'I,. 239-2)2.262-267;
E. Kasernann, in Id., (cd.), Das Neue Te:t~_
ment als Kanon, Gotnngen I970, 37I-378. 399-4IO; H. Ki.ing, in Ksemann, Das N.T
CIt., 175-204;].B. Tyson: Inrerpretarion 42 (I988) 132-I45.
.,

Si sostenuto che le informazioni fornite dagli Atti sugli apostoli e sul mirusrero, sul battesimo e sull'eucaristia rivelino l'evolvere della chiesa delle
ongmi ver,so 1a fase del protocattolicesimo.
Prima di poter valutare questa
posIZl~ne e es~enzlale sapere con precisione che cosa s'intende per protOcattolicesimo. GIOva risalire a uno stadio precedente nel dibattito, la COntroversia fra Harnack e Sohm sul significato del cattolicesimo. l Il senso della
discussione cos chiarito da Conzelmann: 2 Non c' ancora protocattolicesimo l dove esiste un'idea di tradizione. Essa fa parte della teologia stessa. La cesura decisiva sta dove la tradizione riceve una garanzia istituzionale attraverso il collegamento a un ufficio e a una successione in questo ufficio, Ma non c' ancora protocattolicesimo
quando c' un ordinamento
stabile dell'ufficio - anche se fosse dotato gi di un vertice monarchico _
bens soltanto quando l'ufficio ministeriale si attribuisce la qualit di mediatore della salvezza, e l'azione dello Spirito e del sacramento viene legata al
rrnrustero. Per dir]a con Bultmann: il momento decisivo la trasformazione del semplice significato regolativo del diritto ecclesiastico in elemento costiturivo (Bultmann, Theologie, 449 s.}. Sohm e Harnack trattavano lo
Spirito e l'ufficio, o il diritto, alla stregua di alternative polarmente opposte.
Bultmann 3 precisa l'antitesi, quasi la capovolge. Holl ha mostrato, a parer
suo, che la parola del carismatico, in quanto parola autoritativa crea un
ordine e una tradizione. La formulazione di von Canipenhausen' pi viCIna al vero, perch espressa in termini reciproci. A essere decisiva piuttosto la forte correlazione in cui stanno sin dal principio lo Spirito e il concett? di parola o testimonianza, che riconducono entrambi alla persona di
Ge,su. ESSIsono la realt decisiva e insieme rendono parimenti impossibile
un assolutizzazione dello Spirito contro la tradizione o della tradizione contro lo Spiritov.s
. La teologia si fa pi alta quando le viene dato un aggancio storico specifico In relazione agli Atti a opera di E. Ksernann, il quale definisce il prol Lo studio
migliore di A. Harnack,
Entstehung und ElItwicklulIg, cir., in particolare la critica dello
scruto di R. Sohm, Wesell und Ursprung des Katbolizismus, 12T-r86 (rr. ingl., 175-258). L'articolo
di Sohm (~bhandlungen
der Phd.-HISL Klasse der K. Siichs. Gesellschaft
der Wissenschaften
27/3
'1909]) VI e ampiarnenre citato e sunreggiaro.
2 Tbeologie, 3 T8.

3 Egli rimanda a K. HolI, purtroppo


senza precisare il rinvio, nonch a H. von Soden: Studium
rale 4 (T951) 35.1 ss., e Campenhausen,
Amt, 324. 325. Il volume rutto in vario grado uri le.
4

Amt, 325.

Gene-

DEGLI ATTI

831

tolicesimo null'altro che il movimento di difesa della chiesa nei conroca~idella gnosticizzazione incombente.'
L'escatologia sostituita dalla
fron./ geschichte. La stona. d e 11a missione
..
d a L uca non h a per oggetnarrata
H S
. percorsa e l'atnvita
.. , svo Itoella testimonianza al Cristo proc Iamato, ma la via
dall'organismo salvifico (Hetlsanstalt) cnsnano che abbraccia II mondo.
~<aLa
parola non pi l'unico criterio della chiesa, rr;a la chiesa a essere le. un'azione della parola, e l'origine apostolica dell ufficio ecclesiastico
for~
,
..
. e la garanzia di una predicazione legittima (p. 21). E una questione nOlSC
l
. '1 bi
spetto alla quale. Luca forse non abbastanza teo ogo per sennre I isogno
di prender posIZIone..
.
.
Tutti costoro hanno colto un Importante contrasto teologico, il che non
risponde alla domanda se essi abbiano valutato adeguatamente la documentazione storica fornita dagli Atti. Non tutti, mvero, la valutano alla
stessa maniera. I tratti del racconto che orientano nella direzione del protocattolicesimo sarebbero i seguenti: I. il rilievo attribuito all'importanza
degli apostoli e 2_ l'idea di una successione degli apostoli in quanto costitutivi dell'esistenza della chiesa e in quanto la dotano del suo rrurustero; 3.
l'idea di un ministero che essenziale all'esistenza della chiesa e 4. l'accento sull'importanza dei sacramenti come strumenti coi quali il ministero nutre la vita della chiesa.
Questi argomenti sono gi stati in parte trattati. vero che Luca d considerevole risalto agli apostoli.' Essi sono i primi credenti e, con alcune
donne, costituiscono il primo corpo dei cristiani. Il loro numero importante, talch dopo la morte di Giuda viene reintegrato l'organico originario. La scelta del dodicesimo apostolo condotta in modo da mostrare che
compiuta da Ges, come nella designazione dei dodici originari. Non
chiaro se essi soltanto ricevettero lo Spirito nel giorno di pentecoste, ma
furono loro che, guidati da Pietro, si levarono in piedi per parlare alle folle
radunate. I convertiti in quel giorno perseveravano assiduamente nell'insegnamento degli apostoli, ed palese lungo i capp. 3; 4; 5 che sono gli apostoli, diretti da Pietro e Giovanni, i capi del movimento cristiano. AI cap.
6, indicati come i dodici, risolvono il problema delle vedove trascurate
nominando sette uomini destinati a servire alle mense, mentre essi continuano a dedicarsi alla preghiera e al servizio della parola. Secondo 8,1 solo gli apostoli sfuggirono alla persecuzione e restarono a Gerusalemme, ma
sul loro conto si legge poco altro. AI cap. 9, dopo un iniziale atteggiamento di Sospetto, accettano Saulo, e Pietro si reca a Cesarea, dove Cornelio
diventa cristiano. Questo episodio oggetto di dibattito al cap. II, e Barnaba viene inviato a vedere che cosa stia accadendo ad Antiochia, come Pier ZTK 54 (1957) 20; v. anche Satze Heiligen Rechtes im NT: NTS T (1955)
2 V. Sopra, sezione e.

248-260.

INTRODUZIONE

tro e Giovanni erano stati mandati a Samaria al cap. 8. Nel cap. 12 Giacomo viene ucciso e Pietro fugge abbandonando
Gerusalemme per andare
in un altro luogo. Si quindi informati che gli apostoli erano presenti al
concilio del cap. 15, ma a parlare soltanto Pietro. Su di loro non si viene
a sapere pi nulla e sembra probabile che Luca non ne avesse pi notizie.
Essi erano importanti perch avevano accompagnato Ges durante il suo
ministero e fungevano in tal modo da garanzia - o forse da simbolo - di come le iniziative della chiesa posteriore alla risurrezione fossero una continuazione legittima dell'opera di Ges. Per questo sono importanti, anzi indispensabili, ma non esercitano alcuna autorit amministrativa, bench Pietro riprovi Anania e Saffira e i dodici designino i sette. Tale importanza
esclusivamente loro propria; non pu essere trasmessa a successori, perch
gli apostoli e solo essi colmano lo iato fra il tempo di Ges e il tempo della
chiesa, facendo insieme da testimoni della risurrezione, il che significava che
quel Ges che era stato crocifisso era anche il Signore della chiesa, senza
soluzione di continuit.
Una successione dunque a rigore impossibile; la funzione primaria dei
dodici apostoli non era trasmissibile. Si visto (sopra, p. 827) che non
dato evincere dagli Atti che il battesimo fosse una pratica generale e che
per indicare il pasto comune dei cristiani non si faceva ricorso a un linguaggio specificamente sacramentale. La chiesa negli Atti dotata di
quelli che si potrebbero chiamare ministeri, che tuttavia non sono di genere uniforme. A Efeso ci sono TIpEU~'J,e:pOL, detti anche TIbXOT.OL, ma ad
Antiochia sembra non vi fossero presbiteri bens profeti e maestri (13,1).
Probabilmente tutti assolvevano funzioni molto simili. Filippo era un evangelista, e c'erano gli aiutanti insigni di Paolo, quali Barnaba e Sila. Come si
visto, gli apostoli non potevano avere successori, ma il loro compito di
rendere testimonianza al Ges risorto era condiviso da altri, e a quanta
pare Luca non pensava che per svolgere tale compito fondamentale fosse
necessaria una legittimazione speciale (oltre al riconoscimento come cristiani). Stefano fu un testimone di primo piano, ma l'unico incarico assegnarogli (secondo il racconto di Luca) fu l'assistenza alle vedove degli Ellenisti. Senza dubbio a Luca preme la continuit, che per va distinta dalla
successione. In 20,28 Paolo non dice di aver ordinato i presbiteri-vescovi
di Efeso, ma che lo Spirito santo li aveva resi ci che erano. Qui non c' nulla di corrispondente al resoconto di Clemente della designazione del ministero postapostolico (che pure piuttosto informale: I Clem. 40-44) o all'insistenza di Ignazio sulla centralit indispensabile del monoepiscopato e
di un triplice ministero. C' quantomeno un rito, che poi diventer un sacramento, non praticato universalmente (a quanto se ne sa). Sono questi i
fenomeni storici principali.

LA TEOLOGIA

DEGLI ATTI

ObOIaffermare la presenza di alcuni indizi di quelli che si possono


pOSSI I e
di
01
od
lementi di una struttura cattolica 111 corso I SVIuppo, ma
I
erare
e
o
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binati in modo da costitUire essi stessi una struttura catto In sono com
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tO occorre qualcosa di pi che alcum e ernenn pm o meno .arnPer ques
odi I o o
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l
ca-ui bench essi possano anticipare il prodursi I u renon mutamen I ne,
big r~. Il termine centrale nella citazione di Conzelmann (sopra, ~. ~30) e
futu o l
Qualsiasi gruppo di persone che sussiste riconoscibile per
StItuzJQnae.
o
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mero di anni sussiste in Virt della tradizione: g I anziaru msecerto nu
o
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ogloovani la ragion d'essere del gruppo e quando essi non sono piu
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l
gonano dal di proseguire la loro opera trovano altri o c h e lO
I sostitUiranno
ne
III gra o
I
,o
o l h f
o o La questione cruciale e quale sia la forza vita e c e a sopravvive
compito.
N li A o
01 ruppo e in che modo essa venga preservata a trasmessa.
eg ,I tn
re I gb ona pace di Kasernann) il principio vitale la parola che Gesu affi(con u
o
l
'
o
da a quanti lo seguono e lo Spirito di, Dio grazie al qua e quest announCl~
viene recepito e reso attivo. Esso non e legato a una succeSSIOne e gli a~o
stai i non sono i pi attivi nel promuoverlo. DI quando 111 quando SI dICe
che chi riceve la parola (espressione carattenstIca degh Atti) vlen~ battezzato nel (o in) nome del Signore Ges. senz'altro pOSSibile che CIOsia sottinteso anche quando non se ne fa menzione esplicita, ma pure 111 tal caso
l'omissione non senza importanza. Il gruppo del fratelli e delle sorelle
cristiani _ com' affatto naturale - condivideva ogm tanto un pasto di comunione. possibile (Luca non lo dice) che richiamass,ero e npetessero le
parole di Ges: Questo il mio corpo. Questo calice e la nuova alleanza
nel mio sangue. Non c' alcuna indicazione che la frazione del pane e l~
pronuncia di queste parole fossero riservati a una categona particolare di
persone, sebbene non sorprenda che quando Paolo era presente parlasse
o

molto a lungo (20,7.rr).


oo
Haenchen, 15, conclude che occorre cautela nell'us? della ?efinIZlone
'protocattolicesirno'. Il monito potrebbe essere anche pm energico.
h) I giudei
R.L. Brawley, Luke-Acts and the Jews (SBLMS 33), Atlanta 1987; v, Fusco:
T 3~
(1996) 1-17; s. George: RB 75 (1968) 481-525; K. Haacker: NTS 31 (1985).437-451:
W. Horbury: JTS 33 (1982) 19-61; L.To Johnson: JBL 108 (1989) 419-441, G. Loh
fink, Die Sammlung lsraels (SA T 33), Miinchen
1975; H. Merkel: NTS 4 (1994:
371-398; M. Rese, in Fs Schneider, 61-79; J.To Sanders, The Jews In Luke-Acts, Lon o
8
don 1987; R.e. Tannehill: JBL 104 (1985) 69-85; J.B. Tyson: NTS 41 (1995) 19-3 ,
A. Vanhoye: Bib 72 (1991) 70-89; L.M. Wills: JBL 110 (1991) 631-654.

Gli Atti iniziano presentando Ges, giudeo, che si intrattiene con i propri
discepoli giudei nelle settimane immediatamente successive alla nsurrezl~ne. Segue la sua ascensione e subito dopo il dono dello Spirito santo. I di-

LA TEOLOGIA

DEGLI

ATTI

INTRODUZIONE

scepoli predicano a un gruppo di persone ampio e variegato, molte delie


quali accolgono il loro annuncio. Esse provengono da numerosi paesi l11a
sono venute a Gerusalemme, e i pi, se non tutti, devono essere considerati
giudei. La temperie giudaica persiste nei capitoli successivi, tanto che al
cap. 8 la conversione a opera di Filippo dei samaritani e di un etiope presentata come un passo nuovo verso un mondo estraneo. Cos per la visita di Pietro a Cornelio e il suo battesimo. Da questo momento l'avanzata
nel mondo dei gentili (v. sotto, sezione j) subisce un'accelerazione. guidata da Paolo e dai suoi compagni, e alla fine del libro egli cita 15. 6,910 ai
giudei romani, aggiungendo: Sia noto a voi che questa salvezza di Dio
stata inviata ai gentili; essi ascolteranno (28,26-28). Una lettura superficiale del racconto lascia pensare che a questo punto la missione ai giudei
sia conclusa; i cristiani li abbandonano a loro stessi e si concentrano sulla
missione ai gentili. Trarre questa conclusione dagli Atti non inammissibile, e nel libro si ravvisato un contributo sostanziale all'antisemitismo cristiano.
Non certamente cos. Non facile reputare antigiudaico (tanto meno
antisemita: gli Atti non mostrano alcun interesse per l'etnia in quanto tale)
un libro i cui attori principali - Pietro, Stefano, Paolo, Giacomo, per non dire Ges (perlopi fuori scena) - sono tutti giudei. Alla maggior parte dei
capi della chiesa necessaria una pressione assai forte, con argornentazioni, visioni, interventi divini tramite lo Spirito santo, prima di indurii ad accettare come compagni di fede i gentili incirconcisi. Non v' dubbio: la
salvezza per i giudei, ai quali era stata promessa. Il versetto citato sopra
(28,28) non isolato. Ci sono paralleli in 13,46 <poich respingete [la parola di Dio] e vi giudicate indegni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo
ai gentili) e in r8,6 <Il vostro sangue sia sul vostrocapo, io sono puro.
D'ora innanzi andr ai gentili), e in entrambi i casi il primo passo di Paolo nella localit da lui successivamente visitata (14,1; 18,19) consiste nell'entrare nella sinagoga e svolgere ivi la sua missione. Non c' motivo per
cui 28,28, anche se posto alla fine del libro, debba essere letto in chiave totalmente altra.
Ci non significa che non vi sia da porsi domande. chiaro (e al riguardo non c' motivo di dubitare dell'attendibilit degli Atti) che una larga
parte di giudei rigettava allora la credenza che Ges fosse il loro messia
giudaico. L'accusa mossa da Stefano dura e aspra (7,51- 53). Significa che
il popolo giudaico ha perso il proprio posto speciale nel disegno divino?
che ora stato sostituito dal gruppo multietnico di credenti in Ges? La
questione del ruolo che il popolo giudaico pu continuare a svolgere nel
piano di Dio e la sua speranza finale di salvezza sono oggetto di un esame
assai approfondito di Paolo in Rom. 9-1I. Luca non era in grado di con-

sto enere di trattazione ed era probabilme~te meno consap~vol~


durre que ,gd'
nto lo siano la maggior parte del teologi oggI. SI puo
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le indicatore affine a quelli rilevati m 14,1 e I ,19, or'un
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del discorso di Stefano: VOIcostantemente VI op
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to: come hanno fatto i vostri padn, cost VOI 7,SI'
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ponete a ha illustrato varie mancanze considerevoli da parte e e, preceStefano
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d ' Giuseppe era stato venduto dal fratelli m Egit,
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adorarlo; avevano desiderato ed edificato un tempio c e
rello d oro Pier I c'las~una di queste occasioni Dio avrebbe potuto la' non vo eva. n
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ma non lo ha fatto. E vero, Gesu era m un cer
, l" l propno estino,
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SCIarI a
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oteva essere considerato l'ultima parola di Israele m
stanza spec~~a Dal ~acconto lucano delle sofferenze di Paolo emerge, del
nspostari: ett~ ai romani, un ritratto negativo; d'altro canto la sua pnma
giudei, P
iunto a Roma la convocazione del capi giudei (28,17),
inizianva appena glUn
)
,
he l'annuncio di Paolo non era nulL
(iustamente o meno assensce c
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ci che i profeti e Mos avevano detto sarebb: do,:,uto_a~c: ere
-
- a.t -O'~ E:"J'iE:O"t'i
(26,22), e questo egli era pronto a proc lamare ,ep ,E: "xep X - , -~
(26,23)'
"
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Ma stava propno qUI I
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Plaarsocoerta
di due elementi fondamentali. Secondo Paolo le Scntture avevaGno
,
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ompiuto m eprofetizzato la morte e risurrezione del messia, e CIOSI,era c bb
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s Secondo Luca essi avevano predetto altres che DIO,avre e tratto a
. "
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8) In virt di questa interpretagentili un popolo per li suo nome 15,14 I.
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presi i gentili mcirconcisr, era I
zione Ges era il meSS13e a c lesa, com
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t' n una co ocazione mpopolo di Dio con la nazione di Israe e a anca al
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definita in attesa di rientrare grazie alla fede nel disegno dlVlnod'dofrse a
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non molto so IS acente
punto di vista teologICO questa era una pos1Zlone,
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probabIlmente
ta e a so n molto chiara ma era una so l uzione pra rea
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"
' Lo stesso SI ovra
disfare Luca e la maggior parte del SUOIcontemporaneI.
, ( 29) sul quale v. sotto e a 15,
dire probabilmente del decreto aposto lICO 15,
,
,
,
d lla legge' v la sezione se20.29. La questione cruciale era rappresentata
a
, .
guente.
i) La legge
C L Bl
b rg: JSNT 22 (1984) 53-80; D.R,
C.K. Barrett, in Fs Bammel, 345-367;
.,
om e '
86
_ 2; N,]. McEleCatchpole:
lTS 23 (1977) 428-444; F,G, Dowmng: JSNT 26 ()19 ~4: J M Wedderney: NTS 20 (1974) 319-341; M.A. Seifrid: JSNT 30 (1987 39-)7,
.'
.

burn: NT 35 (1993) 362-389,

INTRODUZIONE

Su tre cose si regge il mondo: la legge, il servizio [del tempio] e la prat'


delle opere di misericordia (Ab. I,2 [Danby]). Nessuno scrittore neotes~:~
mentano, ce~to non Luca, solleva obiezioni sulla gmjlwt hsdjm, la pratica
delle opere d~ mlsencordla. L'atteggiamento verso il tempio che emerge da.
gli Atti non e unIvoco.' Secondo la loro rappresentazione i primi cristiani
contI,nuano a fre,quent~rlo. Lo scenario dell'evento di pentecoste (2,1-4)
non e precI.sato; e possibile che fosse Il tempro. v. a 2,2. In Atti 3 Pietro e
GlOvanm SI recano al tempio all'ora della preghiera; guariscono uno storo
pIO presso la por~a Be.lla e il gruppo procede all'interno del tempio, dove
PIetro e GI~vanm SI nvolgono alla folla radunata. AI cap. 5 gli apostoli
sta~no predIcando nel t~mpio quando vengono arrestati. In 6,13.14 Stefa.
n~ e ~ccusato di mInaCCIare la distruzione del tempio e al cap. 7 lancia il
pru VIOlento attacco al tempio che compaia al di fuori dell'A.T. Da questo
punto negli Atti la scen~ prende a spostarsi da Gerusalemme, ma Paolo,
quando VI torna, accoglie la sfida di dimostrare la propria fedelt al giudaisrno prendendo parte al nn del tempio (21,23.24.26)
e affermando in
tal. modo di accettarne la disciplina (21,24). Questo duplice atteggiamento
nel confronti del tempio riflette l'atteggiamento degli Atti verso il giudaismo In generale." Il giudaismo buono se inteso alla maniera cristiana. Il
tempio aiuta la preghiera, e la partecipazione allo scioglimento di un voto
di nazirearo prevedeva un sacrificio, per cui si deve ritenere che la visita di
Paolo al tempio al cap .. 2I abbia come scopo un sacrificio oltre che la preghIera. Ma ogm tentativo di relegare Dio in una dimora costruita dall'uomo dev'essere respinto, sicch l'esistenza stessa di un tempio costituiva un
pericolo per la vera religione, tanto a Gerusalemme quanto ad Atene (Il,
24) E un atteggiarnenro diverso da quello della setta di Qumran, che non
nprovava Il tempio in linea di principio ma solo il modo in cui era arnrninistrato e chi lo governava. V. voI. I, 375 s.
E significativo che Stefano, che attacca il tempio con tanta veemenza non
si scagli ~ontro la legge. Mos ricevette oracoli viventi da dare a noi. (7,
8
3 ). GlI l~raelItl ricevettero la legge d~ ((7ay~ yyi),wv (concetto che
Paolo usa In modo diverso, GaI. 3,19). Che essi avessero una legge era buona ,cosa; la loro colpa stava nel non osservarla. Sulla base degli Atti non si
puo dire che ~tefano abbia inaugurato un evangelo libero dalla legge. Negli Atti non c e In realt un evangelo libero dalla legge, ma un compromesso fra chi voleva mantenere vigente l'intera legge e chi postulava come condizione per la salvezza che non vi fosse alcuna legge. Tale compromesso trova espressione nel decreto di Atti 15,29. Senza dubbio esso propende nettamente nella dIreZIOne della libert dalla legge. Non pretesa la circoncisione, ma ai gentili convertiti si richiede ("avayy.E in 15,28) di astenersi
, V. Fs Bammel,

34S-367.

V. Sopra, sezione h.

LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

.
ff rto agli idoli dal sangue, dalla carne di animali strangolati e
l Cibo o e
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.
I l Q
da f
. azione richieste che combinano aspetto morale e ntua e.
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.
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d [la arDIc
a resumibilmente il risultato di anni di c~ntrove:sle ra Pao o e I SUOI
sro PI
e vari gruppi di giudaizzanti dall altro. E sostanzialmente un
d un ato
.
.
.
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.
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di indole pratica piuttosto che teologica, e se ene sta preornprome
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. .
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me se contenesse condizioni di salvezza, I suo e etto concreto
entato co
..
.
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d Il h'
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5 rincipale, oltre a quello di stabilire la pace all'interno
e a c I~~a; u proP'
l rnent e di dare a giudeocristiani ed etrucocnsnani la possibilit
babl
b di 2par.
'nsieme
al
pasto
comune
della
chiesa.
Esso
peraltro
era
asato
[eClpareI
.....
.
. su
li I enti del giudaismo al quali un giudeo non poteva nnunciare
queg I e em
I . d .
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I
nemmeno nel frangente estremo della persecuzione: i glU ~IS~O n o~to a
.'
ndispensabile cos da imporre al gentili Il minor disagio possibile,
rnlmrno
,
.,.
Il l
Le ragioni per cui Luca accorda una dispensa COSIampia da a egge sono esposte al cap. I 5. Le motivazioni fondamentali
veng~no messe m bocca
probabilmente per valutazioni strategiche. Anzitutto una motivaP t
a le ro,
.
Ia ai zenti
zione pragmatica: Dio ha chiamato Pietro ad annunciare la paro a al gentili; essi l'hanno ricevuta per fede (non per le opere della legge) e DIO ha e1ar~
gita loro lo stesso dono dello Spirito che in pnnclplO aveva concesso agli
apostoli (giudei) (15,7 s.). Nella seconda motivazione SI sottolinea come
Dio non abbia fatto alcuna distinzione fra circoncisi e incirconcisi: costoro, per quanto fossero gentili impuri, sono stati purificati da Dio per fede,
senza alcun espediente legale. Infine Pietro afferma che gli stessi glUde~ non
sono stati in grado di portare il giogo della legge e non devono quindi cercare di imporlo ai gentili, affermazione che difficilmente pu essere giustificata a meno che non si comprenda nell'osservanza della legge la pratica
dell'amore perfetto verso il prossimo. Barnaba e Paolo corroborano l'argomentazione raccontando i segni e prodigi che Dio aveva compiuto nel corso della loro missione ai gentili: certo Dio non li avrebbe compiuti se avesse disapprovato quanto stava accadendo. Giacomo, infine, fa notare che
l'azione di Pietro era stata condotta secondo la Scrittura, che manifesta
l'intenzione di Dio di trovare un popolo fra i gentili. Il concetto, non troppo chiaro, espresso poi da Giacomo (r5,21), pu essere inte,so a doppio
taglio: Mos viene letto in tanti luoghi che la sua legge non puo essere semplicemente ignorata; egli tuttavia dispone di un numero abbastanza vasto
di persone che lo predicano senza che noi ci uniamo a loro ..
Questa un'argomentazione
molto diversa da quella di Paolo, non da
ultimo perch Cristo non viene mai menzionato (se non, m modo oscuro,
ne! cenno alla tenda di Davide, in 15,r6). Per Paolo Cristo il 7D,o
[J.ou (Rom. 10,4). Il significato preciso di queste parole dibattuto," ma

va-

IV.alcap.

'5.

3 V. Cranfield,

Romans;

V. a 'S,20.
S' S-52o; Barretr,

. ...

Romans, ,84; Dunn, Romans, 589-591, con molti nnvu.

INTRODUZIONE

fuori discussione che l'intera trattazione si impernia sulla figura di C .


E
l'i d"
.,
fiSto
questa f orse In reazione piu palmare che Luca non aveva un'intelli
.
za profonda della teologia cristiana, e segnatamente paolina. Egli er;enleale ~redente cnstiano ma non coglieva tutte le implicazioni della sua ~
de, ne fu In grado di ricavare dalle varie fonti utilizzate una visione COe
r
te della l~gge. Stefano accusato di parlare contro la legge (xa, ... 1'o ::
~,O!)) e di dire che Ges avrebbe s~vvertito (:)\)\aE~) le usanze mosaiche
(d)YJ, 6,I3I4); nel suo d.lscorso egli mostra alta considerazione della legge
e sostiene che s,ono I SUOIaccusarori a infrangerla, L'episodio di Cornelio
Irto di difficolt. In Marco (ma non in Luca) Ges dichiara che ogni cib '

d
Oe
p.~ro, ma. Pretro ev'essere convinto da una visione a non reputare profano
CIO~he DIO purifica. Questa stessa visione sembra afferire ai cibi puri e imPU~I, ma viene Interpretata in relazione agli esseri umani e alla legittimit
di Intrattenere rapporti con i gentili. l Pietro riconosce inoltre che Dio non
fa riguardi p~rsonali (Io,34). Il versetto successivo difficile da interpreta_
re con pr:CIslOne. In s~perficie sembra voler dire che chiunque si comporta ~ene e accetto a DIO e che ci possibile sia ai gentili sia ai giudei. Se
Cosl,.per, sembra non vi sia molto bisogno dell'evangelo che Pietro sta per
predicare a Cornelio. Se s'intende dire solo che un uomo buono come Cornelio ha dirittodi essere destinatario dell'annuncio dell'evangelo tanto quanto un giudeo, significa che l'uomo comune necessita di una conversione morale prima di poter ottenere una conversione cristiana e invero la convers~one ~i Cornelio non consiste nel cambiar vita come chi prima abbia prancato Il male, bens nel dono dello Spirito che ha quale effetto il parlare in
lIngu~ (IO,4~-46). La conclusione, raggiunta in seguito a un dibattito (Il,
I8), e tuttavia che I gentili In quanto tali possono adesso essere ammessi
alla salvezza, finora intesa come riservata ai giudei. Da questa conclusione
sembrano prendere le distanze non solo coloro la cui opinione citata in
I 5,I. 5, ma il concilio e il decreto, secondo i quali vi sono determinate condIZIOnI necessarie che i gentili devono soddisfare. Pi avanti si legge che
clrco.lava la voce che Paolo insegnasse ai giudei della diaspora a non cir~onCIdere I loro fig~i e a non seguire le usanze (giudaiche); in una parola,
l apostasra da Mose (21,2I). Paolo accoglie il consiglio di Giacomo come
via per sottrarsi a q~est'accusa. Paolo insegnava che non si doveva imporre la circoncisione al gentili e che tra i giudei essa era un adiaphoron: la
circoncisione non alcunch e l'incirconcisione non alcunch(Gai. 6,
I5) Secondo gli Atti egli osservava le festivit giudaiche (20,I6), bench in
GaI. 4,10 ne parli In tono spregiativo. L'opinione romana che la differenza tra Paolo e altri giudei sia un problema di interpretazione della loro
legge (18,15) e Luca, pur ravvisando l'importanza della questione, laddove
1 v. voI. I, 535 s., e a 10,28.

LA TEOLOGIA

DEGLI

ATTI

. la banalizzano non discorda completamente da Gallione. Come


i romanI
,
l
..
....
h
.
b
l
'A
tico Testamento ne suo msieme, l cnsnaru
anno Inteso ene a
con l n
.
i giudel male.
legg,e

i)

I gentili e la missione ai gentili

M.G. Barclay: JSNT 60 (1995) 89-120; E.E. Ellis, in SE IV (TU 102), Berlin 1968,
J.
. p Frederikson: JTS 42 (1991) 532-564; A.T. Kraabel: Numen 28 (1981)
390-3996: A'T Kraabel in Fs Stendahl, 147-157; J.M. Lieu: JTS 46 (1995) 483-501;
113-12,
. .,
.
h
J M. Lieu, in Fs Goulder, 329-345; B.F. Meyer, In Fs Farmer, 243-263; J. Murp y'Connor: RB 99 (1992) 418-424; J.A. Overman: JSNT 32 (1988) 17-26; J. Reynolds
_R. Tannenbaum, Jews and Godfearers at Aphrodisias (Cambndge Philological SOCIety
Suppl. Val. 12), Cambridge 1987; E. Richard, in SBL Seminar Papers 1980, 267-282;
J.T. Sanders: NTS 37 (1991) 434-455; CH. Talbert, In Fs Schneider, II 1-126; J.B. Tysan: NTS 33 (1987) 619-631; M. WIicox: JSNT 13 (1981) 102-122; S.G. WIison,
Gentiles.

Di questo argomento si trattato gi quasi.a sufficienza nelle sezi~ni.sull~


legge e i giudei, e anche in quella sulle fonti (vol. I, 77-81), d~cche SI puo
ritenere che in gran parte le fonti di Luca fossero I racconti sull orIgme e lo
svolgimento della missione ai gentili che egli era riuscito a raccogliere: La
questione cronologica di chi fu il primo a portare l'evangelo al di fUOrI del
giudaismo nel mondo dei gentili non pu avere risposta, poich verisimilmente non lo sapeva nemmeno Luca. Nel suo resoconto del concilio (15,7)
egli attribuisce tale priorit a Pietro, pur avendo narrato l'attivit di Filippo prima di quella di Pietro, probabilmente perch aveva detto (8,1) che allorquando tutti gli altri cristiani si erano dispersi da Gerusalemme gli apostoli erano rimasti in citt. La missione era il soggetto della sua opera (v.
sopra, p. 768); quella ai gentili era la pi grande de}le missioni, e se non il
suo iniziatore, il suo pi grande capofila era Paolo. E interessante come negli Atti questi si impegni meno di Pietro e di Giacomo nel giustificare la missione al mondo dei gentili, limitandosi ad addurre (al cap. 15) i miracoli
accaduti nel corso della sua attivit missionaria. Egli non fa appello alla
figura di Abramo come a colui che era stato giustificato per fede, senza circoncisione, e aveva ricevuto una promessa che abbracciava tutte le nazioni
(Cen. I7,5; Gai. 4,17; Gen. 12,3; GaI. 3,9).
Le primissime missioni che coinvolgevano non giudei non furono (secondo gli Atti) il frutto di una pianificazione da parte di chi le intraprese. La
missione di Filippo in Samaria fu la conseguenza della persecuzione che disper~e tutti i cristiani (eccetto gli apostoli) da Gerusalemme. Il suo incontro con l'etiope fu il risultato di istruzioni dirette impartite dapprima (8,
26) da un angelo, successivamente (8,29) dallo Spirito. La visita di Pietro a
COmelio fu l'effetto di disposizioni coordinate impartite ai due uomini.

INTRODUZIONE

LA TEOLOGIA DEGLI ATTI

Dalla risposta di Pietro alla visione (10,14) appare chiaro che egli non

dISpOStOa contatti '. con Cornelio e che la sua resistenza dovette essere vi~

nta
dalla pressione divina. Quando coloro che, come Filippo, erano stati sc
ciati da Gerusalemme giunsero ad Antiochia, la loro prima intenzione
evidentemente di predicare solo ai giudei; in una seconda fase uomini ~~
c~i "?" si fa il nome provenienti da Cipro e Cire ne estesero il loro carn~
d azione a non giudei. Tenuto conto di questo sviluppo, e della chiesa mista che ne scatur ad Antiochia, pu darsi (anche se non detto esplicita_
mente) che fosse inteso sin dall'inizio che la missione di cui furono incari_
cau Barnaba e Saulo(I3,I-3)
dovesse coinvolgere. i gentili. 13,5, tuttavia,
parla solo della predica ZIOne nelle sinagoghe di Cipro, e l'incontro (13,612) con il proconsole Sergio Paolo sembra non fosse programmato. una
congettura plausibile, ma affatto incerta, che il successo di questo incontro
(13,12) abbia stimolato l'interesse per i gentili. ipotesi anch'essa plausibile ma affatto incerta che Giovanni Marco abbia abbandonato i suoi compagni pi anziani (13,13) perch disapprovava questa iniziativa non programmata. Da questo momento, secondo gli Atti, il disegno di Paolo fu perseguito con costanza, ed egli adott di solito il metodo, all'arrivo in una
nuova citt, di visitare anzitutto la sinagoga, ricorrendo a un uditorio gi
raccolto per ascoltare un discorso religioso, e di lasciarla quando, come accadeva regolarmente, i giudei rifiutavano il suo annuncio, per concentrarsi
sui gentili. Egli non smise mai di interessarsi ai giudei come lui (ad es. 28,
23; anche Rom. 9,1-3; 10,1), ma riconobbe nella missione ai gentili una
vocazione speciale, che negli Atti fatta risalire gi alla sua conversione
(9,15; 22,21; 26,17), e giustamente, visto che ci trova conferma in GaI.
1,16 (... t'i(/, ECl''E\i~WIJ.W (/.-;'I 'I ,o~:;i:8'1E:H'I). Il primo viaggio (per rifarsi alla partizione lucana del materiale) consiste in un piccolo giro in Panfilia e Pisidia; quindi Paolo amplia il proprio raggio d'azione.
assai probabile che Ges non abbia dato esplicita disposizione di intraprendere una missione ai gentili. J. Jeremias l ha presumibilmente ragione a ritenere che Ges previde dopo la sua morte il pellegrinaggio escatologico delle nazioni a Gerusalemme. Il loro unirsi ai giudei in un unico popolo di Dio sarebbe stato un aspetto della fine della storia. Dopo la risurrezione i discepoli si resero conto che prima della fine sarebbe dovuto intercorrere un periodo di storia non previsto. Questa dilazione temporale
rese possibile una missione ai gentili (v. sopra, pp. 817 s.), ma non era sufficiente da sola a produrre tale missione. Per individuarne le cause occorre
guardare oltre. In parte possibile che essa sia stata esito di quello che potrebbe apparire un caso fortuito. Un gentile ud le parole del missionario,
le accolse e manifest i segni spirituali e morali di una vita mutata. Il pre-

:c-

r [esus' Promise to the NatiOl1s, tr. ingl., '958,

spec. 55-73.

.
e si trov ad affrontare la domanda formulata da Pietro in 10,47=
dJCaWr osso rifiutarmi di battezzare una persona c h e maruifesta g l'I stessi.
come P
.
~ C
. d
'
ssegni dell'esistenza cristiana che mostro IO stesso. . OStUi ovra
contra
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h
Il
accolto nella comunit salvata. Non mancavano m IZI anc e ne a
essere
..
..
l d' f
. d'
. da di Ges. Egli non aveva mtrapreso alcuna missione a I uon I
vicen
.
..
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ma si era dedicato e aveva dato la sua vita per quanti, se ene I
Israele,
..
. .
l'
. giudaica, erano USCitidal quadro relIgIOSOdel loro popolo. Se eg I
etllla
...
d'
ff . h P'
, mangiare con pubblicani e peccaton, sorpren e m e etti c e retro
pote
.
.
G'
d' h'
.
abbia esitato a mangiare con Cornelio e che, se esu ave;a ~c iarato .p~n
. i cibi 1 inizialmente SI sia rifiutato di obbedire ali ordine: UCCidie
tutti
,
l'
.
mangia (10,14.28; II,3) Senza dubbio ebbero uogo conversioru s~oradiche, ma fu lo sviluppo teologico paolino a porre le fondamenta dell attivit fra i gentili, in particolare il riconoscimento che l'antenato slgl1lfica~lvo di Ges non era Davide ma Adamo, il padre del genere umano, e che DIO
non era il Dio solo dei giudei ma anche dei gentili (Rom. 3,29); un DIO di
mezza umanit sarebbe stato solo un Dio a met.
Questo sviluppo teologico non si trova negli Atti. Paolo chiamato ad
andare ai gentili, e va. C'erano altre missioni ai gentili. Di alcune si informati soprattutto dalle lettere paoline, ma se ne pu scorgere qualche
traccia negli Atti: c'era chi dichiarava senza mezzi termini che i gentili potevano essere accolti, ma soltanto se accettavano la circoncisione e la legge
(Atti 15,1.5). Forse c'erano altres taluni la cui esistenza riconosciuta,
bench in 15,24 si neghi la loro legittimazione. Gruppi differenti insistevano su vari elementi nel giudaismo: alcuni su tutti, i giudaizzanti galati sulla
circoncisione e il calendario, i giudaizzanti corinti sulle norme alimentari,
gli artefici del decreto sulle norme alimentari, sul divieto dell'idolatria e
sulla castit. possibile che questi ultimi fossero connessi con i sette di
Atti 6,5. A costoro o ad altri giudei della diaspora va forse ricondotto il
discorso di Stefano (che critica il tempio ma accetta la legge) e il discorso all'Areopago attribuito a Paolo. Entrambi i discorsi orientano verso un'origine' nel giudaismo ellenistico. Sarebbe naturale - e per nulla improprio per un giudeo ellenista diventato cristiano rivedere e riutilizzare una predica sinagogale nella quale aveva combinato la filosofia greca con la religione veterotestamentaria, introducendo alla fine un cenno a Ges.
A questo punto sarebbero da menzionare anche i cosiddetti timorati di
Dio. Per la loro esistenza, le definizioni usate per designarli e il loro possibile ruolo negli Atti v. a 10,2. Qui basta affermare senza soffermarvisi che
erano gentili che si sentivano attratti dall'etica, dalla teologia e dal culto
giudaici, ma non tanto da diventare proseliti. Probabilmente alcuni avevano
1

Me.

V. val. I, 375 ss., e a 7,5-44;

7,19 (assente

in Luca).
inoltre

val. 1,711

s. e a 14,'5-17.

INTRODUZIONE

contatti con la sinagoga locale. I predicatori cristiani offrivano a loro, c


me a tutti, una forma di giudaismo spogliato degli aspetti meno attraen
in particolare del rito della circoncisione. Se non si disponesse di alcuna te.
stimonianza, sembrerebbe verisimile che alcuni di costoro abbiano adotta
to la via cristiana di ammissione al popolo di Dio, per costituire cos il nucleo di un elemento non giudaico e incirconciso nella neonata chiesa.
k) L'etica
C.K. Barrett, in Fs Furnish, 161-172; P. Borgen, in Fs Kee, 126-141; R.J. Cassidy, Soci_
ety and Politics in the Acts of the Apostles, Maryknoll,
.Y. 1987, 21988; F.G. DoWQ.
ing: NTS 27 (1981) 544-563; L.T. ]ohnson, The Literary Function of Possessions iIt
Luke-Acts (SBLDS 39), Missoula 1977; A.J. Malherbe, Social Aspects of Early Christianity, Philadelphia 21983; D.L. Mealand: TZ 31 (1975) 129-139; D.L. Mealand:JTS
28 (1977) 96-99.

Gli Atti non contengono pressoch alcuna istruzione etica diretta. Nei discorsi missionari compare l'appello al pentimento, che implica una svolta
nella condotta morale; si noti in particolare 26,20, con la richiesta che gli
ascoltatori mostrino iX(a -;-"ij:; (J-e:1'avoia;EPY<X,
opere, atti morali volti a
provare la sincerit del pentimento di cui fanno professione. Anche qui tuttavia (cf. 2,38; 3,19; 17,30) non c' alcun tentativo di precisare le opere
che potrebbero sortire questo effetto. L'unico esempio di istruzione etica
specifica si ha in 20,33 -3S, ove Paolo, rivolgendosi agli anziani di Efeso
(sono ovviamente cristiani che ci si pu aspettare ricevano un insegnamento etico), parla dell'esempio che egli ha offerto e li esorta a non dipendere
dalla carit ma a lavorare come ha fatto lui cos da poter aiutare i deboli.
Egli adduce un detto che attribuisce (con scarsa attendibilit; v. ad loc.) a
Ges: cosa pi beata dare che ricevere. Cf. 1,21:22: il dodicesimo apostolo destinato a prendere il posto di Giuda Iscariota deve aver accompagnato Ges per tutto il suo ministero, il che comporta la consuetudine co
suo insegnamento, compreso l'insegnamento etico.
Coerentemente con quanto si detto, la narrazione degli Atti sotto il
profilo etico di buon livello. La guarigione dei malati considerata chiaramente un'attivit consona, nella quale i cristiani, se hanno il dono appropriato, devono impegnarsi (3,1-10; 4,9: la guarigione Un'E'Je:PYEcr(a;
4,30;
S,I2-16; 8,6-8; 9,33.40 s.: il risuscitare i morti un atto particolarmente
insigne; 14,10; 19,Il s.; 20,10-12; 28,8.9), bench la compassione per i ma'
lati non sia l'unico motivo: i miracoli hanno un valore dimostrativo.
azioni violente contro i cristiani sono evidentemente disapprovate, ma non
si mostra una simpatia particolare per Sostene (18,17), e il racconto dei fio
gli di Sceva (19,14-16) esposto con una certa gioia maligna. Menzogna e
inganno sono male (S,I-Il), come la slealt (IS,}8) e la crudelt (in un raC'

LA TEOLOGIA

DEGLI ATTI

eterotestamentario, ad es. 7,19). Erode Agrippa peraltro abbattuconto v erch ha fatto decapitare G"iacorno e ImpnglOnare
"
P'retro, ma per
to
non
p
"Il'
l
, ff
d'indole teologica consistente ne aver accettato a g lona' d ovuta a
l o eS~tanto (12,23). Il coraggio e la determinazione, nell'affrontare la morDIO so
)
, , L f
'
S. 21 13) o in una tempesta in mare (cap. 27 , sono virtu. a orrute (a' d ee,e lo spargimento di, sangue (se e, questo I'l' sigmif cato d'I a((J-a;
7
v. a d
caziOn
, d II
"
loc. ) s ono vietati nel decreto (IS,20.29; 21,2S) La pratica e a magia e
condannata (8,9; 13,6; 19,13-19).
, ,
L'insegnamento degli apostoli (2~42) doveva pre,sumlbllmente compre nce ne sarebbe
dff e l'insegnamento etico, anche se In una comunita giudaica
,
,
l
to poco bisogno: alti principi etici erano gi insegnati e venivano ne
stamplesso messi in pratica. L'insegnamento impartito da Paolo a Felice (24,
~~) non era forse superfluo. Se ci si attiene al testo occidentale, il decreto
apostolico conteneva la forma negativa della regola aurea, ch~ era certo
familiare al giudaismo. La richiesta generale dl benevolenza e assistenza per
i bisognosi espressa in pi modi. Per la vendita dei propri beni e la condivisione degli averi (2,44 s.; 4,32.34.3S.36.37;
S,I-Il; cf. 6,1) v. anche sotto. La chiesa di Antiochia ha inviato aiuti per sopperire alle necessit dei
cristiani di Gerusalemme (Il,29.30; 12,2S). Paolo nella sua ultima visita a
Gerusalemme era arrivato portando elemosine (24,17). Fare l'elemosina
era fra le virt di Cornelio (10,2+31) e Dorcas era prodiga di opere buone ed elemosine (9,36.39). L'ospitalit un'opera buona meritoria (16,
15.34; 21,8.16). Paolo si preoccupa per i suoi compagni di viaggio che sono stati troppo tempo senza prendere cibo (27,33-38). La preghiera di Stefano per il perdono di coloro che lo hanno lapidato modellata su quella
di Ges (7,60).
interessante osservare che nel racconto lucano la virt e la carit non
sono prerogativa esclusiva dei cristiani. Si gi segnalato che Cornelio praticava la carit e la giustizia (10,2+ 3I. 3S). Degli amici di Paolo tra gli
asiarchi non si dice che fossero cristiani, ma si presero cura di lui e cercarono di proteggerlo (19,31). Il centurione Giulio prese provvedimenti per
salvare Paolo (27,43; come avevano fatto altri funzionari romani) e i barbari di Malta ci mostravano una gentilezza non comune (28,2).
Per due volte Paolo sostiene di mantenere, o di aver fatto del suo meglio
per mantenere una buona coscienza (23,1; 24,16). Se fu Paolo in persona a
pronunciare queste parole, probabilmente soggiunse - a voce alta o sottoVOce- quelle che usa in I Coro 4,4: ),'Ol;X t'I -:ou-:cp e:(xa(w(J-w. Per Luca il loro significato semplicemente che Paolo cercava sempre di fare ci
che riteneva giusto. I
In 21,9 di Filippo si dice che aveva quattro figlie che erano vergini e prol

Per la i:b%-r,:r,~ morale

nella letteratura

deureropaolina

v,

Fs Furnish,

161-172,

CONCLUSIONE

INTRODUZIONE

fetavano. Ci si deve limitare a chiedersi che cosa vi sia, se qualcosa c'


dietro questa informazione. Era la verginit a consentire loro di profetare;
Era una qualit per essere menzionate nel libro? Oppure Luca sta sempli:
cemente enunciando una serie di dati: erano quattro; erano rimaste nubil4
facevano profezie?
L'attenzione speciale per la povert e la ricchezza, per il pericolo che com,
portano le ricchezze e l'importanza di prendersi cura dei poveri, sovente
segnalate quali caratteristiche del terzo vangelo, sono presenti ma meno in
evidenza negli Atti, dove perlopi assumono la forma di organizzazione
dell'assistenza ai bisognosi. La colletta di Paolo (Rom. I5,25-28, e altrove), cui forse si allude in Atti 24,I7, non viene menzionata in Atti I5 (ma
cf. GaI. 2,IO). possibile che la colletta antiochena (v. sopra) coincida Con
quella stessa donazione. Rivestono qui un ruolo di primo piano - ma se ne
tratta nel voI. I, I99-202. 288-297. 347 s. 350 s. -la vendita dei propri beni, di cui si parla in 2,44 s.; 4,J2-37; 5,I-II, e la ~~xov(~ di 6,I. Merita notare altres l'uso del termine xo~vwv(~ e l'affermazione che i cristiani avevano amzVTa xo~va (2,44; 4,32). Il ministero di 6,I paragona bile alle note attivit caritative giudaiche; il possesso comune dei beni richiama alla
mente proverbi greci, che senz'altro trovavano talora espressione in disposizioni concrete, ma all'interno del giudaismo si ha un parallelo soltanto
nelle pratiche della setta di Qumran; v. a 2,44 s. Non sorprende che soluzioni di questo tipo, naturali in gruppi minoritari, si incontrino sia a Qumran sia fra i cristiani; ci non prova alcuna stretta connessione fra loro.

6.

CONCLUSIONE

Nella prefazione al vangelo (Le. I,I-4) Luca sostiene di avere stabilito rapporti con persone I che possono essere state o meno in grado di fornirgli
informazioni storiche accurate sulla vita e l'insegnamento di Ges, ma che
in qualche modo devono essere state coinvolte nella vita della chiesa delle
origini. Esse sono definite testimoni oculari e ministri della parola (cro.
r;-;CH x~" 0r;Yp-;~~ -;O'~ O)'o!J). Questi contatti costituivano la base della sua
affermazione, per lui evidentemente importante, della continuit fra il Ges prima della crocifissione e la chiesa dopo la risurrezione. Avranno avuto la funzione di fonti degli Atti oltre che (in modo diverso) del vangelo, e
devono essere state altres fonti del pensiero teologico e religioso di Luca.
Che cosa dire dell'autore e del suo libro? Nelle pagine che seguono, che
imporranno qualche ripetizione di temi gi trattati, sar presa in esame
tale questione.
Non sar male prendere le mosse dall'osservazione che Luca era uno cui
I Se r:~cr!'1 inteso come maschile, ClPYJxo)..o!.r9r,xo-:t

deve avere questo valore.

raccontare e che sapeva raccontare.

Era meno abile nel connettere

.
Piaceva
l o gli episodi . narrati;. forse g l'l interessava
meno. Eg l'l aveva d'manzi . a
f:a o~odeJlo analogo di narrazione episodica, Marco, per il quale nutriva
se unde rispetto - a l"tnrnenn non ne avre bb e f atto un uso COSI,. consistente.
~:nera capace di migliorarlo, e ~i si accinse. ~ffn lo stile greco, ridusse
b ni inutilmente prolissi e sfrutto gli spazi COSI nsparrruatr inserendo molra ateriale nuovo. Le sue revisioni e aggiunte ebbero l'effetto di produrre
t~~acconto meno spiccatamente teologico, pi umano per interessi e
~ensibilit. Una volta assimilato, il vangelo di Marco era da acca~tonare;
era stato sostituito e se ne poteva fare a meno. Fortunatamente Cl furono
cristiani che non furono d'accordo e lo conservarono.
poco verisimile pensare che il piacere di raccontare possa essere sufficiente per produrre un'opera scritta di dimensioni cospicue. L'interesse per
la narrazione conduce a un interesse per la storia, e a motivare un interesse
siffatto stavano ragioni ulteriori. Il cristianesimo era una religione, un'istituzione, un sistema di pensiero - nessuna di queste definizioni soddisfacente, ma possono bastare - che poteva conservare la propria identit solo
richiamando le proprie origini, poich quando era veramente se stesso, era
determinato dalle proprie origini. Luca scrisse in un'epoca in cui la sensazione che si era avuta un tempo di una consumazione imminente della storia si era affievolita. Nei primi giorni non c'era stato bisogno di ricordare,
perch il futuro era di breve durata e la fine immediata. Ma ora i ricordi
correvano il rischio di svanire. Qualcuno doveva provvedere a garantire la
memoria della chiesa non solo per quanto concerneva Ges ma anche il
modo in cui si era compiuto il passaggio da Ges alla chiesa. Il vangelo di
Marco, e qualsiasi altro vangelo circolasse, non avevano registrato questo
aspetto; Paolo, le cui lettere (che Luca sembra ignorare) contenevano valide parti storiche, neppure. possibile che Luca non abbia avvertito questa
necessit con la chiarezza con cui qui la si enunciata, ma egli, e per quanto se ne sa nessun altro, ha fatto qualcosa per farvi fronte. Oltre al pericolo di dimenticare c'era quello di un decadimento dei principi morali e dottrinali. Le societ tendono perlopi a pensare alle loro origini come ai
giorni eroici nei quali i propri membri hanno resistito saldamente nella fede e nella moralit e si sono sostenuti a vicenda. Un quadro del passato, forse di un passato idealizzato, ispirer e dar ammaestra menti al presente. Il
profilo tratteggiato da Luca dei cristiani della prima generazione intendeva
assolvere questa funzione per i suoi contemporanei. Egli era inoltre consapevole dei pericoli che fa prospettare a Paolo in 20,29.30. Ci che per
Paolo a Mileto era futuro, nel complesso restava tale anche per Luca, ma
era ben pi vicino e senza dubbio si era gi delineato all'orizzonte. C'era
chi parlava in modo perverso e traviava i discepoli verso le proprie consor-

CONCLUSIONE

INTRODUZIONE

terie scismatiche. Occorreva alzare una voce di monito e proporre lIIl


esempio appropriato. L'esempio, nella predicazione come nella mora~
negli Atti c', ma carente di contenuto concreto. Negli Atti l'insegna..
mento etico scarno, bench sia chiaro che dai cristiani ci si aspetta sianc.
brave persone, e globalmente lo sono. E Luca non ha dottrine teol().
giche da raccomandare, oltre ai principi cristiani fondamentali. Egli crede
in Dio, che concepisce in conformit all'A.T., pur essendo consapevole di
una convergenza tra il pensiero veterotestamentario
e il miglior pensiero
greco. Ges Cristo centrale ne!la riflessione di Luca, che per non compie
alcun tentativo di approfondire i problemi dell'incarnazione. Egli figlio
di Dio (9,20), come sanno tutti i cristiani, ma la definizione in s non im.
plica il suo essere della stessa sostanza del Padre. Egli Signore e Cristo,
ma si trova perlomeno un'indicazione che lo sia divenuto soltanto nell'esal.
tazione (2,36). La sua morte stata il risultato del peccato e dell'ignorano
za, cui ha tempestivamente posto rimedio Dio (3,13-18), ma solo in 20,2.8
si prospetta l'idea che proprio con la sua morte egli abbia redento l'umani.
t. Luca indubbiamente credeva nello Spirito santo, e in 503 s. si trova un
cenno che induce a reputarlo divino, ma a interessare Luca la fenomenologia dello Spirito pi che la sua natura personale. Egli accettava l'A.T. come parola di Dio e in questo senso stava col popolo giudaico, ma avrebbe
adottato la linea cristiana secondo cui l'A.T. dev'essere interpretato alla
luce di Cristo, non Cristo alla luce dell'A. T.
Luca non sostiene una posizione teologica particolare, ma - si direbbefa propria la posizione della maggioranza dei cristiani negli anni 80 e 90
del I secolo. Questa tuttavia un'asserzione che esiger un attento esame.
Non affatto chiaro quale gruppo di cristiani possa essere accreditato di
costituire una maggioranza negli anni 80. Secondo]. ]ervell i giudeocristiani erano numericamente una minoranza ma esercitavano un influsso sproporzionato rispetto alloro numero: negli Atti, per esempio, si trova riflessa
la loro preoccupazione per la legittimit teologica della missione ai gentili.
un'osservazione sotto molti aspetti rilevante, ma richiede qualche rettifica. I Che i decenni precedenti del secolo fossero stati segnati da contlitti,
spesso aspri e implacabili, trapela oltre ogni dubbio dalle lettere paoline.
Ora la chiesa era approdata a un periodo di relativa tranquillit. Ci era
accaduto prima di quanto pensasse Baur (v. sopra, p. 809) e non proprio
nel modo in cui ritiene Goulder (v. sopra, pp. 776 n. 4. 798 n. I). Non fu
Paolo a vincere, anche se sarebbe forse eccessivo dire che perse." Paolo e
Giacomo, i due estremisti di destra e di sinistra, erano stati entrambi sconfitti dal partito di centro, che volendo si pu chiamare degli E!lenisti.
loro compromesso a figurare nel decreto apostolico. Questo decreto evi-

IV.

Barrett, What Minorities?, in Fs Jervell,

l-IO.

V, Fs Jervell, 6-9,

te accettato da Luca come base della missione ai gentili e falsaridentemenla quale condurla. Esso ne fornisce
"
altres la teo l'ogla, c h e appare
"
'
d'l
g, a lungoforma diversa nel discorso
ali Areopago (17,22-31: ) la d ottnna
In, una lla quale i teisti, giu
, d ei"l'e genti I potevano convenire,
'
e connesso a esDiO su
, questa la teologia'h c e preva l'se in questo peno' d o
anciO
a
Ges.
E
g
sa 11un vita
ag della chiesa, assumen d'o inevita
itabilI mente forme d'iverse a secon d a
~:i ~uoghi. Essa aveva, avuto origine co~ ~giudei ellenisti e fu accettata da
moltissimi gentili. Il nfenmento a Gesu e ml,mmo in Atti 7,52 e 17,31 e
come risulta evidente da numerosi paSSI, scnvendo m modo autonoL~,
"
lo avrebbe notevolmente ampliato. COSIfecero,
per esempio, I e 2 Cl e~ te e Ignazio, poco Erma. La sottostruttura teo l'ogica resse fino a qua nmen
,"
fine
do non fu attaccata da Marcione, c he non nUSCIlD
ne aa iImporre la sua reazione eccessiva. Gli Atti offrirono un contributo sostanziale alla sua sconfitta e, quando ci si rese conto di ci, il libro emerse dall'oscun~ nella quale era sprofondato e serv a mostrare che il DIO creatore e il DIO ,redentore
erano il medesimo e unico Dio e che Paolo concordava con I dodici. Ireneo
e Tertulliano non si sbagliavano nell'affermare che Luca aveva puntualizzato questi concetti, anche se non era questo il suo intento primario:
'
Storicamente, dunque, Luca ha ragione quando celebra la vittoria degli
Ellenisti: gli Ellenisti (se dato usare tale termine) erano un partito di centro e il loro decreto guid la chiesa attraverso un periodo oscuro e continu a orientarla ancora a lungo. Luca sbagli a presentare Paolo come
uno degli Ellenisti vittoriosi: costui si definisce (2 Coro II,22; Fil. 3,5) un
Ebreo. questo il punto cruciale (bench non certo l'unico) sul quale deve
basarsi qualsivoglia giudizio su Luca storico e teologo.
Sono numerosi gli aspetti degli Atti che esigono sia emesso un verdetto
favorevole sull'autore come storico. Si trovano richiami piuttosto frequenti
ad accadimenti e istituzioni contemporanee, e nel complesso sono soddisfacenti. Molti esempi sono segnalati nel commento; qui basta forse menzionare i due re, Agrippa I e Agrippa II (Luca descrive la morte del primo in
Sostanziale accordo con Giuseppe e sa che la sorella del secondo era Berenice); i due governatori romani, Felice e Festo (dietro 24,27 c' un problema di datazione dell'entrata in carica, ma sono le testimonianze non bibliche a non consentire conclusioni univoche); i due proconsoli, Sergio Paolo
e Gallione (il governatorato del secondo in Acaia pu essere datato con una
certa precisione e per il primo c' una probabile attestazione epigrafica);
l'imperatore Claudio (sono documentate carestie durante il suo regno e
non si pu biasimare Luca per qualche incertezza sulla data del suo provvedimento di espulsione dei giudei da Roma). Ai personaggi si possono aggiungere luoghi e istituzioni loro associati: Luca sa che Filippi era una colonia e che i suoi magistrati erano noti come a--:pa-:'ffroi; informato sul

INTRODUZIONE

tribunale dell'Areopago ad Atene e sulla celebre dea di Efeso Arte .


nonch sulla connessione di Efeso con la magia, sui suoi asiarchi e sul ,
ypa[1-[1-a-reu; sa che era possibile trovare un centurione della Cohors It ~.
a Cesarea; che il Foro Appio e le Tre Taverne, citt di per s non impo~~
ti, erano tappe sulla via per Roma; che mfhggere maltrattamenti a Un .
tadino ro~ano era pericoloso, ma che opporre resistenza o osteggiare i 6
[1-a7a Ka~crapo
lo era altrettanto, bench un cittadino potesse perlom
evitare una punizione immediata appellandosi a Cesare. Luca ha mano eno.'
no felice ,quando tratta di giudei e faccende giudaiche. Il suo richiamo":
Anna puo forse .essere difeso con qualche difficolt; Luca fa giustamente
nome di Gamahele, ma gli attribuisce uno strafalcione storico nella m
.
d' G' d
d
en.
zione I 1U a e Teu. a; difficile conciliare i particolari degli eventi cho
hanno condotto alla rivolta .nel tempio con le norme che regolavano i voti,
nonos~ante Luca sia attendibile nel presentare l'introduzione di gentili in
aree .vletate del tempio come una trasgressione e una provocazione molto
gravi,
. Luca, pertanto, era in generale ben informato su persone, fatti e istitu
Z~Olllnel mondo greco-romano del I secolo, probabilmente pi della maggior parte del SUOIcontemporanei, nonch dei suoi lettori. E non era uno
SCIOCCO.
Dove concorda con altre fonti storiche, la sua testimonianza riceve conferma; dove discorda, o dove manca altra documentazione, deve
quantomeno essere presa in seria considerazione. Ma questi aspetti sono
secondan r.lspetto al suo obiettivo, poich non scrive storia politica, sociale, economica, militare o istituzionale, bens storia cristiana, ed su questo
terreno che va giudicato.
.Sui primi dodici capitoli degli Atti si pu dire poco, se non che verisimIlm~nte rappresentano a grandi linee e con numerose lacune il tipo di
eventi che devono essere accaduti nei primi anni del cristianesimo. Non
questo il luogo in cui discutere la storicit della risurrezione. I Coro 15,4-8
basta a provare che i primissimi cristiani (prepaolini) erano convinti che il
Ges crocifisso era apparso vivo a vari loro capi. Questa credenza trova riscontro negli Atti. Il resto dei primi cinque capitoli costituito da alcuni
racconti t~adizionali e da costruzioni lucane non prive di fondamento sto"
nco. DodICI era un numero significativo per il gruppo ristretto dei discepoli; i cristiani si ritenevano ispirati dallo Spirito di Dio' devono aver tenuto discorsi per comunicare il loro credo; c'era un gru~po tradizionale di
racconti di miracoli; si ebbero tensioni fra i cristiani e le autorit giudaiche '. Con Il cap. 6 SI apre una nuova fase sotto il riguardo storiografico. Le
fonti usate sono trattate nel voI. I, 82 S. Luca incorpora in tradizioni antiochene svariate storie petrine, tradizioni gerosolimitane racconti risalenti
a Filippo e la tradizione sui primissimi contatti di Paolo' con il cristianesi-

CONCLUSIONE

t, materiale

storico di valore; a .mancare ~ono continuit e coerenza eroEgli propone resoconti diversi dell'inizio della rrussione al gentili.
nologlca. _ cos sembra - ha un futuro. Viene fornito da principio nella narSoJouno
d .
P
Il'
. .
.
'ncentrata su Antiochia er capp. 13 e 14. rosegue ne e rmssioru
razIOneI
...
.
d
. d Il
h'
l'
Ii
le cui rradizioni, alcune ncavate
a esponenti e a cerc la pao 1.
.,
l'
I
.
Pao me,
ltre raccolte localmente m citta pao me, sono esposte per a pnma
vol a in una sequenza di viaggi missionari. Questi viaggi di Paolo missionava
. .
.
. talibero di recarsi . dove lo con d uce Io Spinto,
terrrunano
a G erusa Iemme;
cap. 22 egli non pi u~ uomo libero e la storia dei su~i incontri con
rorit giudaiche e romane e molto difficile da valutare stoncamente. Pao~unon era tenuto in segregazione, sicch c'era la possibilit di ottenere inf~rmazioni sui vari procedimenti legali - e illegali. Ma nel racconto non si
trova nessuna indicazione al riguardo, nessuna menzione di un arruco che
sia rimasto in contatto con lui, se si eccettua 24,23, particolare cui Luca
non d alcun rilievo e che in ogni caso lascia fuori gli eventi dei capp. 25 e
26. Da 27,2 Paolo di nuovo accompagnato
da una o pi persone ed
possibile congetturare con un certo grado di plausibilit l'inserimento di
passi in tradizioni a loro risalenti.
Finora nulla si detto del cap. 15, ed qui che sorgono interrogativi
che non possono non condizionare il giudizio sul resto degli Atti. Alla composizione del capitolo sar dedicata una trattazione piuttosto approfondita (v. sotto, pp. 855 ss. 870 s.). Esso opera di Luca, per quanto non manchi di fondamento storico. Contiene peraltro difficolt intrinseche, che si
fanno pi evidenti quando lo si confronta con la testimonianza diretta di
Paolo, in particolare con la lettera ai Galati. Paolo ha effettivamente contribuito a produrre, approvare e diffondere un decreto di cui egli, anche
quando affronta lo stesso argomento, non fa parola? un decreto che impone ai suoi etnicocristiani condizioni giudaiche (esclusa invero la circoncisione) alle quali essi sono tenuti a ottemperare se vogliono essere membri
del popolo di Dio? L'unica risposta possibile no.
A questo punto la questione su Luca storico s'incrocia con quella su Luca teologo. Che Luca intendesse deliberatamente calunniare Paolo, attribuendogli idee che sapeva non sue, infatti inconcepibile: lo ammirava
troppo per giungere a tanto. L'unica alternativa che non lo abbia compreso fino in fondo. Che l'uomo giustificato per fede e non per le opere
della legge (Rom. 3,28) un enunciato che non trova adeguato riscontro
nel solo cenno alla giustificazione presente negli Atti (13,38.39). La spiegazione del fraintendimento implicita nell'abbozzo delineato in queste ultime pagine. Come mostra lo stesso Luca, la missione al mondo dei gentili
non ebbe un unico inizio ufficiale. Essa prese avvio indipendentemente in
luoghi diversi, a opera di persone diverse e lungo linee diverse. Tra coloro

ma..

~~

INTRODUZIONE

CONCLUSIONE

che, ciascuno a modo proprio,


la promossero
c'erano giudei ellenist"
erano d~ventati cristiani.
Furono questi i fonda tori della chiesa mis~acbe
~ntlOchla.
La loro forma di pensiero teologico e di predicazione
tras di
In Atti 7 e 17 La loro missione continu e prosper, per divenire (v. soPare

t~

pp. 775 ss.) l'indirizzo


ufficiale ~ominante.
Ma la linea di sviluppo che
ca conosceva, ammirava e Illustro era quella di Paolo, ed egli confuse le d
Paolo era connesso a Stefano e ad Antiochia
(7 58' 8 l' II 25 s' 12 ue.

, , "
,
"' ,2.S
13,1-3; 14,26-28; 15,2; 22,20); dev'essere stato successore e continuato'
di Stefano - questo fu il voltafaccia della sua conversione.
Egli ha com ~
ciato come invi~to di Antiochia; deve avere continuato
a esserlo. Sicch ~

decreto frutto di un compromesso


giudeo-ellenistico
doveva essere il decr
to ~i Paolo, e Paolo non solo perse la battaglia per un evangelo radicalme:
te libero dalla legge, ma perse al tempo stesso la propria integrit: destino
strano quello che l'eroe di Luca ebbe a subire per mano dello stesso Luca.
Era questa l'unica differenza rilevante fra loro. Altrove sufficiente dire
c?e a Luca manca la profondit
di Paolo. Luca crede in Cristo, crocifisso e
risorto; ma non riflette sulla preesistenza
o sulla divinit, intesa in senso
pregnante,
e nel complesso
(eccetto in 20,28) considera la croce un errore
sciagurato
cui ha posto rimedio la risurrezione,
che felicemente la annulla.
Egli crede nello Spirito che produce parlare estatico pi che amore, gioia e
pace. Crede nella chiesa ma non si pu dire che la veda come il corpo di
Cnsto. Conosce il battesimo
e un pasto cristiano,
che per non sono incentrati sulla crocifissione,
sul morire con Cristo e sulla proclamazione
della morte del Signore finch egli verr. Tutto ci non significa che Luca dissentisse da.Paol~; solo che non era altrettanto
valente in teologia. E questa
considerazione
nconduce alla storia: fino a che punto Luca era vicino a Paolo e al suo ministero?
.
. Ma si deve concedere ancora
di Luca ha una sua legittimit?
Testamento?

un po' di spazio alla teologia. La teologia


o abbiamo esautorato
un libro del Nuovo

Non si deve presupporre


che l'omissione,
specie in questioni cristologiche, implichi contraddizione,
tanto pi che Luca o tollera o forse non riesce a ravvisare un certo grado di contraddizione.
Un lettore superficiale di
Atti 2,36 trarr la conclusione che secondo Luca Ges divenuto messia e
Signore con la risurrezione.
possibile che la fonte di Luca intendesse
esprimere questo concetto e che egli lo abbia accolto quando la trascrisse.
Ma Le. 2,1 I afferma con altrettanta
chiarezza che Ges nato messia e
Signore. La riformulazione
negli Atti riflette l'impressione
suscitata
dalla
risurrezione
su chi vi assistette. I Nessuna cristologia completa senza l'idea
di preesistenza, che tuttavia nella cristologia
spesso mancata. La cristoloT

v. Barrerr,

Romans,

20-22,

a Rom. 1,3-4-

e priva, ma ci non significa che egli l'avesse negata o do di Luca n


. .
Il d
.
d l
gla
l Si possono svolgere le stesse osservazioni
su a ottnna
enegar a.
.
.
\'ess~.
tramite la morte di Cristo. Che Luca non la enunci (eccetto In
plazIOne
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uol dire che l'abbia negata e tanto meno c e I SuOI etton
e "20,28) non v
b no negarla.
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f nto fra Atti 17,22-31 e Rom. 1,18-25 propone drasticarnente
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del ruolo che la teologia naturale occupa ne pensiero I ao o, e


questIone
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nel pensiero cnsnano m generale.
bene mqua rare I iscorso ne
dunque che Luca gli ha creato e leggervi l'influsso determinante
della decontesto
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rofetica veterotestamentana
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stoica. Paolo condivideva


tale denuncia (come SI appren
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bilmente - dal racconto di Luca): .~g I era irntato ."(lPW..,U\IE-;O, 17,1
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d' una citt pIena di idoli, CIO che gli ateruesi avevano fatto della navista I
.
.
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tura non era teologia naturale
(in senso propno),
ma idolatria nat~ra e.
Questa posizione non in contrad.dlZl~ne
con Rom. I, ma manca dell ana,.. pecificamente paolina e non SI puo pensare che Il discorso sia stato teISI s
Il ..
d '
nuto da Paolo. Esso proviene invece dal giudaismo
e erusnco, e e stato
adattato a intenti cristiani (v. sotto, pp. 988 ss.).
I! problema pi arduo sorge riguardo alla legge. Luca non ne d mai una
definizione pi positiva di Paolo, che la considera
santa, giusta, buona,
spirituale (Rom. 7,12.14). Una volta solo la condanna
come un peso che
n i nostri antenati n noi siamo stati in grado di portare
(Atti 15,10) e
non la indica mai quale origine di passioni peccaminose
(Rom. 7,5) Manca la dialettica paolina, come pure il rifiuto radicale della legge (concepita
legalisticamente)
in quanto agente di salvezza. Se i gentili vogliono essere
salvati devono accettare determinate
condizioni
legali - se ne d un elenco
drasticamente ridotto, ma sono pur sempre condizioni.
Non sorprende che
Paolo sia stato obbligato a rifiutare il decreto di Atti 15,29, o quantome~o
a ignorarlo n che come mostrano le vicissitudini testuali," del decreto SIano state offerte in~erpretazioni
differenti.
possibile che talora sia stato
considerato poco pi che una richiesta di attenzione
e cortesia rivolta a etnicocristiani che consumavano
i pasti con giudeocristiani.
qui - come si visto - che l'assenza in Luca di una speculazione
profonda e radicale ha incidenza sul valore storico del suo libro. Egli riesce bene nella rappresentazione
di coloro il cui pensiero affine al suo, anch.e
quando gli mancano fonti coeve precise. La predicazione
di Pietro nei pnmi capitoli ha un sapore primitivo, come si notato spesso, ma quel tip~
di carattere primitivo
che appartiene
tanto agli anni 80 quanto agli anni
I Si veda il testo della mia conferenza
Paulus a/s Missionar und Theologe, in ZTK 86 (1989) 18-}2,
nonch in M. Hengel- U. Heckel (edd.), Paulus und das antiee judenturn, Tubingen
1991,1-15, e in
tr. Ingl. in Barrett,jesus and the Word, Edinburgh
1995, 149-162.
2 V. a 15,20.29

852

INTRODUZIONE

30, e invero a innumerevoli cristiani di tutti i tempi, eccellenti ma privi di


attitudine alla riflessione. Vi si esprime una lealt assoluta a Ges Cristo
come persona ma poco presente il tentativo di valutarIo come vero uomo
e vero Dio, o anche in senso meno ortodosso ma ugualmente riflessivo. Con
Paolo entrata nella vita cristiana una nuova dimensione, e probabilmente
la semplice verit dire che Luca (al pari di molti altri) era incapace di cogliere la differenza tra un atteggiamento verso i gentili che si basava sulla
scoperta che potevano essere buoni quanto i giudei, e un atteggiamento che
scaturiva dalla scoperta sconvolgente che i giudei erano peccatori tanto
quanto i gentili, sebbene forse in modo diverso. indubbio che l'autore
degli Atti considerasse Paolo il pi eminente missionario ai giudei e ai gen
tili e che muovergli critiche non rientrava nei suoi piani. Identificarlo col
tipo di annuncio cristiano giudeo-ellenistico corrente ai suoi tempi era per
Luca un errore ovvio; ma era un errore che si deve rettificare sulla scorta
della lettere di Paolo stesso e al quale non bisogna consentire di determinare il quadro del I secolo cristiano. Entrambe le parti della citazione di F.C.
Baur, riportata sopra, p. 89, rispondono al vero. Gli Atti costituiscono
una fonte storica preziosissima per la storia del cristianesimo delle origini,
ma se ne ricava il meglio solo se li si utilizza con gli strumenti della critica
pi rigorosa, storica e teologica.

7.

ATTI

I5-28.

I CONTENUTI

Si fatto notare nel voI. I, 85, che sarebbe ozioso cercare di tracciare un
esame nitido, meticoloso, equilibrato dei contenuti di Atti 1-14". La seconda parte del libro diversa. Il soggetto centrale della prima parte, la diffusione dell'evangelo nel mondo dei gentili, continua a essere sviluppato, ma
ora connesso cosi strettamente all'opera di Paolo, da acquistare una cero
ta unit e continuit. Le fonti utilizzate sono prese in considerazione sopra
(pp. 759-767). Il racconto, nella composizione di Luca, muove dal concilio,
nel quale vengono stabilite le condizioni dogmatiche e pratiche della missione ai gentili. Seguono resoconti dell'attivit missionaria diretta, che contempia sia la predicazione evangelica, con cui sono fondate nuove comunit cristiane, sia l'azione pastorale, con la quale esse vengono sviluppate e
sostenute. I rapporti fra Paolo e le autorit giudaiche deflagrano in una rivolta nel tempio, e da qui in avanti sono narrate le vicissitudini causate a
Paolo da giudei e romani fino a quando, dopo l'appello a Cesare, egli si trova a Roma. il punto culminante del libro, compimento emblematico del
programma e della promessa di 1,8.

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