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NARRAZIONE, INTERATTIVITÀ
E PERFORMANCE LUDICA NEL VIDEOGIOCO:
IL CASO DI «IN MEMORIAM»
Relatore:
Chiar.ma Prof.ssa PAOLA CARBONE
Voglio dedicare questa tesi di laurea alla mia famiglia, per tutto quello
che ha sempre fatto per me. Ringrazio mio padre, perché da piccola mi ha
regalato tutte le parole del mondo, insegnandomi a leggere, e perché è grazie
a lui che ho cominciato a giocare con i videogame. Ringrazio mia madre per
avermi trasmesso l'amore per la letteratura e per l'arte, perché mi ha sempre
capito e assecondato in tutte le mie passioni e le mie scelte.
Ringrazio mia sorella Giulia perché siamo così vicine che spesso, tra noi,
le parole diventano superflue.
Sono felice di avere accanto degli amici veri: Alice, Paolo, Massimiliano,
Giuseppe, Daniela, Riccardo e Massimiliano, grazie perché mi date tanto e
perché mi sopportate così come sono.
Ringrazio mio zio Angelo, un punto di riferimento per me, con cui
parlare è sempre così speciale e abbraccio Franca, che con simpatia e affetto
mi è stata vicina in tutti questi anni.
Introduzione.................................................................................................. 7
Capitolo 1
Videogioco e Game Studies: di cosa stiamo parlando?............................... 15
Capitolo 2
Focus on In Memoriam: il videogioco, le contaminazioni e i temi...............68
2.1.1 Trama.......................................................................................... 71
4
2.1.7 Internet e i motori di ricerca........................................................ 85
Capitolo 3
Performance creativa, soggetto giocante e prospettive future................ 142
5
Conclusioni................................................................................................ 176
Summary.................................................................................................... 178
Bibliografia................................................................................................ 187
Vari......................................................................................................... 191
Videogame.............................................................................................. 191
Sitografia................................................................................................... 194
6
Introduzione
7
per il fruitore, in cui la storia, gli eventi, i personaggi supportino e motivino il
giocatore e in cui l’interattività, il dialogo tra uomo e macchina, mettano
l’utente al centro dell’azione, facendogli percepire il controllo diretto sugli
eventi (o anche solo simulando questo controllo).
Dall’unione di questi due elementi, che sono sì due dei tanti, ma che
sono, tuttavia, fondamentali e imprescindibili, scaturisce la performance
ludica, il reale prodotto della sessione di gioco intrapresa dal videogiocatore.
Cercherò di mostrare come, in alcuni casi (e In Memoriam costituisce un
esempio emblematico e forse unico, ad oggi), il giocatore possa costruire un
percorso di gioco creativo, autonomo e individuale, partendo da una struttura
predefinita, seguendo una storia predeterminata, ma spaziando e inventando
in modo originale e imprevedibile soluzioni ai problemi proposti. La scelta di
questo prodotto videoludico in particolare è stata determinata da vari fattori:
la complessità che lo caratterizza, la raffinatezza degli elementi che lo
costituiscono, dall’aspetto grafico alla ricercatezza dei contenuti,
l’accuratezza e lo studio che stanno alle spalle del progetto ma, in particolar
modo, per il fatto che In Memoriam è un gioco sperimentale, che recupera
elementi appartenenti a generi videoludici già esistenti per trasformarli e
creare una sorta di “nuova corrente”. Affiancandosi al neonato genere dell’ARG
(Alternate Reality Gaming), In Memoriam cerca di costruire una situazione e
un contesto all’interno dei quali ambientare la performance del giocatore: non
si limita a costruire uno spazio ludico virtuale (che comunque non manca)
all’interno del quale il fruitore deve agire e interagire, ma si prefigge di creare
una vera e propria realtà ludica alternativa che arriva a inserirsi nella
quotidianità del giocatore, a conquistarlo e a permettergli la realizzare la
propria performance creativa. Partendo dall’esempio pratico del gioco
specifico, effettuerò quindi considerazioni più ampie e generiche riguardanti
narrazione, interattività e performance, elementi cardine dei videogiochi in
generale.
8
permesso, infatti, lo sviluppo di nuovi codici comunicativi, proprio grazie alle
intersezioni e alle riconfigurazioni che i media “vecchi” hanno subito al suo
interno. È per questo che ritengo importante e, anzi, fondamentale, effettuare
studi e ricerche a riguardo: considerata la giovinezza di questo medium, è
stato finora impossibile determinare un metodo di analisi coerente e
appropriato. Spesso, infatti, sono stati applicati al videogame schemi di studio
appartenenti ad altri media o ad altri canali di comunicazione (ancora,
appunto, quelli di cinema o letteratura, ad esempio). Urge invece la
costituzione di una metodologia originale e indipendente, che eviti di
“sezionare” il prodotto ludico e di analizzarlo secondo obsoleti schemi del
passato. È in quest’ottica che ho deciso di analizzare In Memoriam:
consapevole del fatto che non è possibile affrontare in modo approfondito
tutti gli aspetti che costituiscono il videogioco, intendo concentrarmi su
narrazione e interattività, evitando però di applicare, nell’analisi di questi
aspetti, metodologie antiquate e cercando invece di individuare quale possa
essere il vertice comune verso cui questi due elementi tendono, all’interno
della struttura videoludica.
9
studio. Attualmente, invece, la tendenza si è modificata e si propende più per
un approccio innanzitutto interdisciplinare, e quindi per la definizione di un
metodo di analisi appropriato e plasmato direttamente sul videogame. Uno
studio interdisciplinare è fondamentale ma, da solo, non basta. Dalla pluralità
di prospettive di ricerca va infatti costruita ed estrapolata una vera e propria
metodologia. Questo non significa assolutamente rinnegare o ignorare le
metodologie già esistenti e particolari, ma partire da esse per costruirne di
nuove e adeguate. Proprio questa è l’attuale tendenza degli studi di settore.
Ogni studioso, dalla propria prospettiva, dal proprio ambito di competenze,
cerca di fornire un contributo critico costruttivo nei confronti di uno o più
prodotti videoludici particolari, in modo da gettare le basi per un metodo di
studio comune e condiviso.
10
portali monotematici e così via. La rete (di siti web, ma anche di persone, in
alcuni casi) sorta intorno al videogioco è molto ampia e non si può evitare di
accennare al fenomeno delle comunità on-line: possono essere di giocatori
che giocano oppure di giocatori che si confrontano a livello teorico, che si
scambiano informazioni, che elargiscono consigli, che animano dibattiti, ma
sono sicuramente una parte molto attiva e non trascurabile nello studio e
nello sviluppo del videogame. La cooperazione tra i vari ambiti di indagine
sembra, ancora una volta, essere la strada auspicabile per il raggiungimento
di una metodologia di analisi pertinente. Senza dubbio, l’interesse intorno al
videogioco è più vivo che mai, produce accesi confronti e, in alcuni casi, porta
a esiti costruttivi e positivi.
11
proseguire nella partita, a ideare soluzioni creative a problemi predeterminati,
e, quindi, ad affrontare in modo personale e individuale il percorso di gioco.
Lo scopo della mia analisi, che non può e non vuole essere definitiva e
conclusiva, è quello di dimostrare l’importanza della performance che il
giocatore realizza durante l’utilizzo del videogame e, di conseguenza,
l’importanza della possibilità di personalizzazione, coinvolgimento,
motivazione dell’utente, che può avvenire soprattutto per mezzo di uno
sfruttamento adeguato e integrato di narrazione e interattività. Il potenziale
intrinseco del videogioco deve essere potenziato e ottimizzato a dovere: è
quindi necessario seguire la tendenza dei media digitali che stanno spingendo
lontano dal concetto di mass media a favore della diffusione di personal
media, in grado di rispondere alle esigenze, ai ritmi, agli interessi e alle
capacità di ogni singolo utente.
12
accademico, ossia la narrazione e l’interattività, riportando le opinioni dei due
maggiori gruppi in opposizione (i già citati narratologi e ludologi).
13
ludologi, arrivino invece a integrarsi, completarsi e potenziarsi a vicenda fino
a costruire il terreno ideale per la performance del giocatore. Proprio la
performance creativa e individuale di ogni utente, infatti, risulta essere
l’aspetto più interessante del gioco. Intendo sostenere che la trasformazione
del videogioco classico in un personal medium è, se non inevitabile,
quantomeno caldamente auspicabile. In questo modo, infatti, il medium
videoludico verrebbe realmente potenziato e sfruttato in tutte le sue
possibilità. Per concludere, affronterò un ulteriore aspetto sperimentale di
questo videogame: il ruolo del giocatore e il rapporto che intercorre tra
l’utente e il computer. Non solo, infatti, evidenzierò come In Memoriam faciliti
l’immedesimazione del fruitore, ma cercherò di sottolineare anche il rapporto
di stretta cooperazione che si instaura tra il giocatore e la macchina. In
particolar modo mi concentrerò sull’aspetto della memoria, sia del gioco che
del giocatore, mostrando come attraverso l’integrazione armonica delle di
memoria meccanica e memoria biologica la performance di gioco venga resa
più accattivante e intrigante. Infine, effettuerò un accenno al proseguimento
dell'esperienza di gioco oltre la conclusione della partita. Il progetto di In
Memoriam, infatti, proseguirà sia on-line che con la pubblicazione di nuovi
capitoli della vicenda: questo per sottolineare, ancora, come il videogame
tenda a uscire dalla propria sede standard, il computer, e a diventare
un’esperienza, una performance che dipende dal singolo individuo, dal
singolo giocatore, e che diventa così un evento unico e irripetibile ogni volta
che viene affrontato.
14
Capitolo 1
Videogioco e Game Studies: di cosa stiamo
parlando?
15
altro che il racconto di un’esperienza. L’esperienza, però, prima o poi, va
vissuta. Non sarebbe possibile effettuare l’analisi di una poesia senza mai
averne letta una, oppure di un film senza la consapevolezza della visione
cinematografica. Non è possibile commentare senza sperimentare e non si
può comprendere appieno senza aver vissuto, almeno una volta, anche
brevemente, un’esperienza videoludica.
Nel corso degli anni, i Game Studies, materia nuova, nata di riflesso per
studiare i videogiochi, hanno seguito vari “filoni”: l’attenzione è stata
incentrata sulla narrazione, sull’integrazione dei media, su elementi tecnici,
su elementi visivi. Ora molti studi convergono su un punto: il videogioco,
prima di essere un prodotto, è sicuramente un’esperienza. Mostrerò come lo
sviluppo e la diffusione del videogame, similmente a quello del cinema, abbia
costretto i fruitori a interagire con una forma d’arte nuova, secondo modalità
inedite: nel caso del cinema, si è imparato a osservare e ascoltare, nel caso
del videogioco è stato necessario osservare, ascoltare, leggere e interagire
attivamente. In entrambe le circostanze, però, il “pubblico” si è trovato
davanti a una novità che andava sperimentata in prima persona, di cui non era
sufficiente avere un resoconto, per quanto dettagliato potesse essere.
Nessuno ora potrebbe pensare di spiegare il cinema senza mostrarlo. Lo
2
Quando mi riferisco ai giocatori, quando utilizzo i termini “noi”, “nostra”, mi riferisco quasi
esclusivamente alle popolazioni appartenenti ai paesi industrializzati che sono stati investiti
negli ultimi decenni dalla cosiddetta Rivoluzione Digitale. Quindi le considerazioni riguardanti i
media digitali (e in particolare i videogiochi,) si riferiscono soprattutto a questa “parte di
mondo”. Altre considerazioni che verranno fatte in seguito (v. cap. 2 e cap. 3) riguardo al gioco
e ai meccanismi ludici in generale sono invece applicabili anche a culture diverse.
16
stesso vale per il videogame: è impensabile cercare di comprenderlo e
analizzarlo se non si è prima giocato (e deve giocare sia chi scrive sia chi
legge sui videogiochi).
3
In realtà il discorso che riguarda l’accessibilità all’informazione è più complesso: esiste e
continuerà ad esistere molto a lungo, purtroppo, un digital divide, ossia un divario netto che
cresce sempre di più tra chi può accedere alla tecnologia dell’informazione e chi invece no (per
diversi motivi, che possono essere disabilità fisiche o problematiche socio-culturali).
4
Per approfondire l’argomento si segnala S. Turkle, The Second Self: Computers and the Human
Spirit, Haper Collins, 1984.
17
questo prodotto si fa.5 Il fatto che un fenomeno sia nuovo non deve costituire
un ostacolo, anzi, dovrebbe essere un ulteriore stimolo. Tutto quello che
nasce oggi e che non è mai stato preso in esame in precedenza può essere
analizzato ampiamente, in modo molto proficuo e produttivo proprio perché è
possibile osservare in prima persona l’evoluzione del fenomeno. La ormai
“vecchia” difficoltà di accettazione (e anche lo scarso gradimento di alcuni nei
confronti dei videogiochi) è stata lentamente accantonata in favore di
un’analisi il più obiettiva possibile. Non si tratta di stabilire i propri “gusti
personali”, quanto di cogliere e comprendere un trend culturale innegabile,
con i suoi aspetti sia positivi che negativi.
Tutto questo per trarre una conclusione anche abbastanza ovvia, forse,
ma sicuramente meritevole d’attenzione. L’uomo e la macchina interagiscono
ormai da anni (e, se consideriamo la tecnologia in senso assoluto, da secoli) e
questa interazione è sempre stata varia e molteplice. L’essenza più vera e
autentica di questo rapporto, però, si può ritrovare nel processo di gioco e nel
processo creativo. L’uomo, quindi, interagisce con la macchina e, in questa
performance, in questo “evento”, cerca di esprimere se stesso. Parallelamente,
però, questa interazione modifica l’uomo e la consapevolezza che ha di sé e
cambia i suoi paradigmi concettuali e cognitivi. La spirale, allora, continua:
l’uomo, influenzato da se stesso e dalla macchina, inventerà nuovi rapporti,
nuove performance e nuovi eventi per confrontarsi con la tecnologia in modo
sempre originale.
5
C. Ascione, nel suo testo Videogame – Elogio del tempo sprecato, Minumum Fax, Roma 1999,
presenta ironicamente un caso emblematico di “denigrazione” del videogioco: “un non lettore
normalmente ritiene che il tempo impegnato nella lettura sia tempo sprecato. Eppure nella
maggior parte dei casi non osa dirlo, per non palesare la propria inferiorità culturale. Preferisce
affermare che gli manca il tempo da dedicare alla lettura, anziché confessare che il libro non
esercita su di lui alcun potere di seduzione. Spesso però un non lettore e un lettore si ritrovano
solidali nel dire che le ore trascorse durante una partita a Tomb Raider o a Quake sono tempo
sprecato”.
18
1.1.1 Il videogioco, questo sconosciuto
6
Definizione tratta dall’enciclopedia on-line Wikipedia (informazione consultabile presso
http://en.wikipedia.org/wiki/Videogame).
7
M. J. P. Wolf, The Medium of the Video Game, University of Texas press 2001, p. 14.
19
ben lontano da quello del gioco (l’oscilloscopio, appunto). Due rettangoli e un
quadratino erano diventati due racchette su un campo da tennis che si
sfidavano a colpi di diritto (non esisteva neppure il rovescio). Poco importava
che la stilizzazione grafica non permettesse di distinguere una figura umana,
su quel campo. Il gioco c’era e, da lì in poi, sarebbe stato una parte integrante
(e, ultimamente, quasi preponderante) della tecnologia. Se infatti
narratologicamente e tecnologicamente Tennis for two non aveva importanza
alcuna (era semplicemente una prova, un passatempo realizzato con i mezzi
allora a disposizione, per testare le potenzialità della macchina) in realtà
culturalmente era un balzo in avanti da giganti: era infatti un esempio basilare
di riconfigurazione e di simbolizzazione dello spazio virtuale.
8
La questione legata all’importanza del gioco nella cultura e nella civiltà viene affrontata nel
Capitolo 2, paragrafo 2.2.
20
e che si sono sviluppati negli ultimi quarant’anni. Invece di essere considerato
come l’appendice trascurabile e giocosa di un fenomeno culturale serio, il
videogame deve essere visto (ed è proprio quello che sta succedendo) come il
portavoce di una tendenza che travolge tutto e tutti (almeno nei paesi toccati
da questo tipo di trasformazione sociale).
9
F. Alinovi, “Serio videoludere”, in M. Bittanti, Per una cultura dei videogames, Edizioni Unicopli,
Milano 2002.
10
Ibid., p. 7.
11
Ibid., p. 8.
21
“È possibile ricondurre il processo evolutivo che ha
portato il videogioco da semplice esercitazione
tecnologica a mezzo d’intrattenimento di massa a
quattro tappe fondamentali, che possiamo riassumere
sotto altrettanti termini ombrello: manipolazione,
narrazione, ambiente e emozione”.12
12
Ibid., p. 8.
13
Ibid.
14
Ibid.
22
“Determinati stereotipi narrativi si legano ad altrettanto
stereotipate strutture di gioco: la fantascienza offre le
coordinate alla categoria degli sparatutto, il mondo delle
favole si riempie di piattaforme e i film di arti marziali si
tramutano in picchiaduro, mentre lo sport, quello filtrato
dal televisore, detta le coordinate per lo sviluppo di
svariate trasposizioni digitali delle diverse discipline”.15
15
Ibid., p. 9.
16
Ibid., p. 8.
23
gioco. La trama narrativa smette di essere l’elemento cardine: certo, essa
mantiene tuttora una discreta importanza (senza, infatti, non esisterebbe
l’occasione di gioco) ma il vero “godimento” si può individuare nella libertà
d’azione e di esplorazione (seppur limitata) concessa al giocatore. Più che a
una narrazione letteraria, il videogioco comincia ad avvicinarsi al cinema e ad
assimilare alcuni elementi tipici del linguaggio cinematografico.
17
Ibid., p 10.
18
I. Fulco, “Lo zero ludico”, in M. Bittanti, Per una cultura dei videogames, Edizioni Unicopli,
Milano 2002.
24
sommaria strutturazione della meccanica tipica di tutti i videogame. “Per
meccanica di gioco s’intende l’insieme degli elementi/meccanismi per mezzo
dei quali può svilupparsi l’azione di un videogioco”.19 Gli elementi individuati
sono cinque, ossia: lo stato iniziale, lo stato obiettivo, gli strumenti, le
condizioni e il pattern. La meccanica di gioco descritta da questi cinque
elementi è assolutamente elementare e lineare e proprio per questo si adatta
a qualunque tipologia di videogame, dallo first person shooter all’avventura
grafica, dal gioco di simulazione al gioco di ruolo. I primi quattro elementi,
stato iniziale, stato obiettivo, strumenti e condizioni sono definiti a priori dai
programmatori. Il pattern è invece il percorso individuale che ogni giocatore
arriverà a “creare” utilizzando gli altri quattro elementi. Tutti i videogiochi, dai
più semplici ai più complessi, dai più recenti ai più datati si basano su questo
tipo di struttura.
19
Ibid., p. 51.
25
realtà quotidiana e momento di gioco diventa veramente labile. Potremmo
chiamare questa ulteriore tappa la performatività e quello che intendo
mostrare parlando di In Memoriam è che il gioco sta subendo, per l’ennesima
volta, un cambiamento, una riconfigurazione, un’evoluzione, e si sta avviando
a permeare la vita quotidiana più di quanto già non faccia attualmente.
L’interazione e la performance vengono infatti poste al centro dell’esperienza
ludica. In Memoriam costituisce un prodotto emblematico nel panorama
videoludico attuale perché estremizza l’interattività tra media digitali e
giocatore e pone l’accento sulla performance di quest’ultimo. L’interattività
non è più un elemento accessorio: se in passato era possibile affrontare dei
giochi sfruttando in modo minimo l’interazione che la tecnologia metteva a
disposizione, con In Memoriam i processi cambiano. La meccanicità di
movimento non è più sufficiente per avanzare nella partita (certo, esistono
schermate più classiche in cui il giocatore deve risolvere puzzle meccanici,
ma, nel complesso, questo videogioco sperimenta canali interattivi del tutto
nuovi per il panorama videoludico commerciale). Senza una partecipazione
attiva non solo dal punto di vista pratico e manuale del giocatore, ma anche
dal punto di vista cognitivo e intellettivo il gioco non può proseguire.20 Inoltre,
se in passato la performance era legata unicamente all’ambiente di gioco, al
mondo ricreato sullo schermo, ora le cose stanno cambiando. Il risultato da
raggiungere per terminare il gioco è sempre lo stesso per tutti i giocatori, ma
i percorsi (i pattern di cui parla Fulco) e soprattutto i mezzi messi loro a
disposizione sono molto più ampi e meno limitanti. Lo scopo di In Memoriam
(e anche di altri videogiochi di ultima generazione), non è più unicamente
quello di ricreare un micro-mondo virtuale.
20
Questo tipo di interazione attiva e potenziata non è tipico solo di In Memoriam, ma
appartiene anche ad altri generi, come per esempio a quello delle avventure grafiche. Come
verrà spiegato però nel paragrafo 2.2, In Memoriam unisce tanti elementi che caratterizzano
altre forme e generi ludici e li trasforma, li riconfigura, fino a creare un ambiente di gioco
totalmente immersivo, sia da un punto di vista meccanico-sensoriale sia (soprattutto)
intellettivo-cognitivo.
26
che diventerà la cultura della simulazione. I videogiochi
attuali, invece, sono diventati più complicati e «opachi».
Essi trasmettono l’idea di far parte di un luogo che,
anziché analizzato, deve essere abitato, nel senso che
«nei videogame si impara ben presto che per imparare a
giocare bisogna giocare ad imparare»”.21
21
G. Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell’homo game, Editori
Laterza, Roma-Bari 2003, p. 90.
27
espandendo il suo influsso al di là del momento di gioco, nel senso che anche
la cultura ha cominciato ad essere modificata e influenzata da questo medium
neonato. Le modalità attraverso cui questo processo sta avvenendo sono varie
e molteplici.
Per capire il ruolo che il videogioco sta avendo sulla cultura attuale e le
modalità secondo cui sta permeando sempre più in profondità la società in
generale, è necessario contestualizzare questo prodotto all’interno del
panorama culturale odierno.
22
Wikipedia, definizione di “pop culture”, consultabile presso Wikipedia, the free enciclopedia,
http://en.wikipedia.org/wiki/Pop_culture (novembre 2004)
“La Popular Culture, o pop culture, è la cultura popolare (della gente comune) che è ha
acquistato notevole importanza nella società moderna. I contenuti della pop culture sono
determinati in larga misura dalle industrie che diffondono materiale culturale, per esempio i
film, la televisione e le case editrici, così come i nuovi media. Ma la cultura popolare non può
essere descritta solo come un aggregato dei prodotti di quelle industrie; piuttosto, è il risultato
della continua interazione tra quelle industrie e le persone che fruiscono dei loro prodotti”.
28
distribuire e di sfruttare al massimo l’interazione con “il resto del mondo”. È
(anche) secondo questo processo che oggi avviene la creazione e la
produzione. Non si può negare che l’interazione e la comunicazione non-
verticale che si sono andate sviluppando negli ultimi anni abbiano un
profondo influsso su tutta la società. Quindi, la cultura popolare è “l’insieme
dei prodotti delle industrie”, ma non solo. L’elemento veramente centrale, che
rende la cultura popolare viva e attiva, è proprio “la continua interazione tra
queste industrie e le persone che consumano i prodotti”. Si può dire che, nel
caso della cultura i fruitori non sono più semplici “spettatori” o “acquirenti”,
ma contribuiscono attivamente alla direzione seguita dal mercato. Mercato e
cultura sono entrati in contatto ed è certo che
23
Le osservazioni sul mercato e sulla cultura sono tratte dal testo di F. Carmagnola, La triste
scienza. Il simbolico, l’immaginario, la crisi del reale, Meltemi, Roma 2002, pp. 132-141.
24
Come sempre, le questioni legate ad Internet e al web non sono semplici e univoche: è
sicuramente vero che c’è una maggior possibilità di comunicazione, di reperimento o
pubblicazione dell’informazione, ma è altrettanto vero che è necessario acquisire strumenti
(anche complessi, a volte) per imparare a gestire e a vagliare tutta questa informazione. Il
rischio è quello di essere sommersi dai dati ma di non essere capaci di trovare la nozione,
l’informazione o la notizia realmente attendibile.
29
questo processo è quello della Wikipedia (da cui, peraltro, sono tratti diversi
riferimenti o definizioni inseriti in questo lavoro). La Wikipedia25 è
un’enciclopedia on-line, di libera consultazione (non è necessario iscriversi o
pagare per avere l’accesso) che contiene, come ogni enciclopedia, definizioni,
approfondimenti, rimandi, sulle tematiche più varie. L’originalità di questo
progetto consiste nel fatto che la Wikipedia non è stata redatta da un gruppo
ristretto di persone, da “addetti ai lavori”, ma ogni utente della rete può
liberamente dare il proprio contributo, scrivendo articoli ex novo o integrando
le voci esistenti con precisazioni e approfondimenti.
25
Wikipedia, http://www.wikipedia.org.
26
Wikipedia, definizione di “wikipedia”, consultabile presso “Wikipedia, the free enciclopedia”
http://en.wikipedia.org/wiki/Wikipedia (novembre 2004)
“La Wikipedia (http://www.wikipedia.org) è una enciclopedia «copyleft» multilingue ideata per
essere consultata e redatta da chiunque. È realizzata e aggiornata da centinaia di utenti che
collaborano attraverso un software wiki, ed è ospitata e mantenuta dalla Fondazione non-profi
Wikimedia”.
30
diviene forza produttiva”.27 Definire e “incasellare” la pop culture quale
fenomeno di cultura alta o bassa è di secondaria importanza rispetto al fatto
stesso di comprendere che alla base di questa corrente culturale sta una
pressante e costante interazione tra gli emittenti di cultura e i riceventi (che a
loro volta si trasformano in emittenti).
31
Il videogioco produce “volitional mobility”, ossia un cambiamento
volontario che deriva direttamente dall’esperienza. L’esperienza del giocatore
sta alla base di tutto il processo. Ancora una volta, l’evoluzione avviene grazie
alla performance, all’atto, all’esperienza del singolo utente. Inserito in questo
contesto di cultura prodotta per mezzo dell’interazione costante tra i diversi
ambiti (quello della creazione, quello della commercializzazione, quello della
fruizione, e così via), il videogioco sta diventando imprescindibile per
qualunque altro contesto artistico-culturale: dal videogioco si sono sviluppate
nuove correnti artistiche vere e proprie, che introducono nuovi schemi di
pensiero, una nuova sensibilità estetica, nuovi modi e nuove prospettive per
vedere e per descrivere il mondo.
sono tipiche del medium videoludico, una funzione della sua materialità, e lo stesso vale per le
ideologie confezionate e promosse dall'industria dei videogame, come nel caso delle strategie
narrative e degli indirizzi strutturali”.
29
H. Jenkins, “Games, the New Lively Art”, consultabile presso Henry Jenkins,
http://web.mit.edu/21fms/www/faculty/henry3/GamesNewLively.html (novembre 2004)
“Gli artisti che operano con altri media sembrano pronti ad assorbire aspetti dell'estetica del
videogame nelle loro opere”.
32
esplicative) e molto simili ai “libri-game”. Il giocatore poteva interagire con il
computer unicamente per mezzo del linguaggio verbale: il gioco “narrava” e il
giocatore, di conseguenza, doveva scrivere le proprie azioni e proseguire nella
partita per mezzo di un linguaggio simile a quello naturale ma molto più
limitato e ridotto (il computer poteva “comprendere” solo un certo tipo e un
certo numero di comandi). Questa tipologia di gioco, innovativa e accattivante
all’inizio, è stata “soppiantata” e messa da parte dall’avvento dalla “presa di
potere” della grafica: utilizzare semplicemente il linguaggio verbale sembrava
essere una “limitazione” di un medium che in realtà aveva ben altre possibilità.
In effetti, l’elemento della grafica è risultato fondamentale in molti sensi. Non
era solamente una componente che si andava a sostituire (o a sommare,
soprattutto nei primi casi) all’apparato testuale che costituiva il gioco. Era,
soprattutto, un passo avanti nella sperimentazione tecnica: dalle famose “due
lineette e un quadratino”, che costituivano i videogiochi “primordiali”, si stava
passando infatti alla realizzazione di ambienti che fungessero da contenitori e
da sfondi per le avventure dei personaggi. Quindi, da una parte esisteva
l’elemento testuale, dall’altra quello grafico. Entrambi potevano vantare
sicuramente dei precedenti illustri nella letteratura e nel cinema. Infatti, le
tipologie narrative ricalcavano e riprendevano quelle dei generi letterari
classici (il romanzo d’avventura, il giallo, e così via) mentre per quanto
riguarda il cinema erano presenti ambientazioni come gli scenari di guerra,
ambientazioni fantascientifiche, persino il genere del western è stato ripreso
e sfruttato, per non parlare poi del genere horror e dei polizieschi (in
particolari gli hard boiled). All’inizio, insomma, il videogioco si sentiva in un
certo qual modo “insicuro” e doveva avvicinarsi alla sensibilità collettiva
attraverso strade che fossero già ben conosciute, ricalcando quindi i percorsi
e i linguaggi di media pre-esistenti. Grazie però alla libertà di cui godeva e alla
rapidità con cui sono avvenuti certi progressi tecnologici, da un medium di
secondo piano si è trasformato in un leader. Anzi, decisamente, i ruoli di
influenza si sono invertiti e, lentamente, è stato il videogioco a “prendere in
mano la situazione” e a dettare le regole per la riconfigurazione e, in un certo
senso, l’evoluzione dell’arte contemporanea.
33
sconvolgendola, ricontestualizzandola, caricandola di significato. La questione
è talmente sentita che, al di fuori dell’ambito accademico, anche i periodici
divulgativi del settore hanno cominciato ad affrontare l’argomento
presentando ai lettori, che di solito sono videogiocatori, anche degli esempi di
video-arte derivata dai videogame. Un esempio illustre è costituito da The
Games Machine, rivista autorevole e specializzata in videogiochi per pc.
Nell’articolo “Arte e videogioco: incontro possibile”30 viene tracciata una breve
panoramica di come il videogioco abbia cominciato a influenzare una serie di
artisti che hanno quindi trasformato e sfruttato questo giovane medium in
tanti modi. Per esempio, Mauro Ceolin31 utilizza il videogioco per descrivere e
raccontare il mondo con un linguaggio quasi “universale” (quello della grafica
dei videogame, appunto). Ovviamente, non tutti i videogiochi si prestano a
questa trasformazione: bisogna
scegliere con cura il materiale da
utilizzare. Ceolin ha scelto di
“recuperare” videogiochi storici e ormai
entrati nell’immaginario collettivo,
come Tetris, Space Invaders, e di
modificare non la struttura (il
meccanismo di gioco resta invariato)
ma gli elementi grafici e visivi in essi
contenuti. Principalmente, Ceolin
Immagine 1 - Un’immagine di RGBtetris di cambia gli elementi “neutri” della
Mauro Ceolin - http://www.rgbproject.com
grafica (i blocchi di Tetris, Immagine 1,
le navicelle di Space Invaders) con loghi e icone appartenenti all’immaginario
collettivo. I messaggi sono quindi legati al mercato attuale e,
metaforicamente, vengono affrontate tematiche “scottanti” come per esempio
la recente “coalizione” dei motori di ricerca contro Google. Come viene
riportato nell’articolo,
30
P. Casolari, “Arte e videogioco: un incontro possibile” in The Games Machine, Xenia Edizioni,
Novembre 2004, p. 38.
31
Per ulteriori informazioni sull’autore e sui suoi progetti, vedere il sito web di Mauro Ceolin
RGBproject, http://www.rgbproject.com/.
34
nella lotta per il dominio di Internet da parte delle
società dei motori di ricerca”.32 (Immagine 2)
35
spazio in cui critica pratica e teorica marcino
necessariamente assieme”.
L’obiettivo insomma
è quello di fare
videogiochi, giocare con i
videogiochi, ma anche
pensare, criticare,
proporre e soprattutto
comunicare. Tutti i
Immagine 4 - Un esempio di videogioco della Molleindustria, il
videogiochi e gli scritti Tamatipico - http://www.molleindustria.it
realizzati da
Molleindustria sono disponibili sul sito omonimo
(http://www.molleindustria.it). Il tono non è sicuramente pacato, anzi. La
verve, il sarcasmo, l’accento dissacratore sono alla base di tutte le produzioni.
Per effettuare critica sociale (che vada dalle multinazionali, come nell'esempio
mostrato dall' Immagine 4, alla guerra, dalla religione alla televisione, ecc.) la
Molleindustria cerca “di sperimentare pratiche che possano essere emulate e
si diffondano viralmente. Il videogioco non è necessariamente una montagna
di codice incomprensibile. Chiunque può farlo”.35 Molleindustria è solo uno dei
tanti esempi. In rete (e fuori dalla
rete) si sono sviluppati e
continuano a nascere movimenti e
gruppi di aggregazione di questo
tipo. Il videogioco non è più solo un
prodotto commerciale da
acquistare, fruire, mettere da parte.
È ormai diventato parte integrante
del quotidiano di un’ampia fascia di
persone. La conseguenza ovvia è
che questo nuovo linguaggio,
Immagine 5 - Uno degli Screenshot di Jon Haddock
che ritrae un monaco buddista che si da fuoco per
questo nuovo modo di “vivere” la
protesta - http://www.whitelead.com/jrh/ realtà (sebbene virtuale) ha un
impatto non indifferente anche
35
Informazioni tratte dal sito web http://www.molleindustria.it/pivot/entry.php?id=1 (novembre
2004).
36
sull’arte. Un altro esempio di come l’arte sia stata ormai contaminata dal
virus-videogame è il caso di Jon Haddock.36 Questo artista americano cerca di
capire in che modo i videogiochi influenzino la percezione della realtà.
L’opera più conosciuta di Haddock sono gli Screenshot (Immagine 5), ossia
una serie di immagini realizzate secondo
Per informazioni su Jon Haddock e sui suoi lavori, consultare il sito web Jon Haddock,
36
37
linguaggi, permeando in modo preoccupante la realtà degli “spettatori”,
rischiano infatti di diventare strumenti per la diffusione (scorretta) di
paradigmi ideologici devianti.
Questi sono solo alcuni dei moltissimi artisti che stanno sperimentando
l’unione dei linguaggi canonici con i linguaggi dei videogiochi. La
riconfigurazione dell’arte in generale, poi, è solo una parte del processo di
contaminazione che sta avvenendo. Anche la letteratura e il cinema,
inevitabilmente, sono stati contagiati dal virus ludico. All’inizio, quando il
videogioco (e la cultura digitale in generale) cominciarono a diffondersi, il
timore più comune era che questa nuova cultura soppiantasse ed eliminasse,
cancellandone ogni traccia, quella preesistente. Non solo questo non è
avvenuto (era anche piuttosto inverosimile che accadesse, a dire il vero) ma i
diversi tipi di cultura e di arte hanno invece cominciato a integrarsi e
contaminarsi. Così, come dice Bittanti nel suo saggio “Fuori gioco –
Sconfinamenti videoludici”
39
M. Bittanti, “Fuori gioco”, in M. Bittanti, Per una cultura dei videogames, Edizioni Unicopli,
Milano 2002, pp. 226-227.
38
Il cinema, più della letteratura, ci fornisce esempi lampanti di questo
processo: c’è stata una doppia tendenza, per così dire. Da una parte, c’è un
ampio e ben nutrito filone cinematografico che ha “trasposto” trame narrative
in film (o lungometraggi di animazione): è il caso, per esempio, del film
Resident Evil, tratto dall’omonimo videogioco, che ha avuto un successo tale
da far realizzare anche diversi seguiti. Si può citare anche Final Fantasy – The
spirit within, lungometraggio di animazione scritto e diretto da uno degli
ideatori della saga di videogame Final Fantasy (attualmente sono usciti circa
undici episodi del videogioco citato) o ancora la serie di Mortal Kombat, un
videogioco di combattimento trasformato a sua volta in prodotto
cinematografico. Un personaggio più che famoso del mondo dei videogiochi,
che è diventato anche icona cinematografica, è Lara Croft, la protagonista di
Tomb Raider. Delle sue avventure esistono numerosi videogiochi e sono stati
realizzati ben due film. Tutti questi esempi costituiscono solo una panoramica
minima del vasto processo di influenza che è avvenuto e sta tuttora
avvenendo tra cinema e videogiochi. È pur vero che non è difficile trovare
esempi che testimonino anche la tendenza inversa, ossia quella di realizzare
videogiochi sulla base di storie cinematografiche (o anche letterarie): è il caso
di Guerre Stellari e di Indiana Jones, per fare due esempi. I personaggi e le
trame dei film sono stati “esportati” verso i videogame omonimi. Anche la
letteratura ha subito un processo simile basti pensare, per esempio, ad Alice
nel paese delle meraviglie, che ha ispirato Alice McGee, o alcuni racconti di
Edgar Allan Poe, a cui si ispira il videogioco The Dark Eye. L’elenco sarebbe
lunghissimo e lo scopo di questo testo non è quello di fornire una panoramica
sulle reciproche influenze dei vari media (anche se l’argomento è senza
dubbio molto interessante).
39
Se il videogioco è un ricettacolo di tanti elementi e media diversi (e
diventa a sua volta fonte a cui attingere per nuove ispirazioni e nuove
sperimentazioni), non bisogna dimenticare che comunque il prodotto ludico
non è semplicemente l’insieme e l’accumulo informe di tutti i diversi elementi
che lo compongono, ma anche e soprattutto una rielaborazione, una
mutazione, un’evoluzione dei codici comunicativi ed espressivi.
Payne2), ci troviamo di fronte a un first person shooter in cui, a differenza di altri, le parti
narrative di “collegamento” tra un livello e l’altro sono costituite da tavole di fumetti, non da
filmati o da semplice narrazione. L’elenco di esempi è sicuramente ancora lungo. Sarebbe
interessante studiare in che modo le varie tecniche narrative modificano la percezione
dell’esperienza di gioco del fruitore.
41
M. Bittanti, op. cit., p. 225.
40
per poi arrivare a parlare della loro situazione attuale e di eventuali
prospettive future.
42
Nel paragrafo 1.2.2 verrà effettuata una panoramica generale sulla situazione dei Games
Studies oggi.
41
specifici. Spesso, infatti, il videogioco rimedia diversi mezzi di comunicazione,
che di solito invece esistono (e vengono quindi affrontati ed analizzati)
separatamente. Alcuni dei media o generi che il videogioco “mescola” sono la
letteratura e la narrativa, il cinema, la fotografia, l’arte pittorica, il fumetto e
la musica.
42
un’ottima “summa” dell’attuale situazione in cui versa il videogioco. Come
sostiene Aarseth, “games became subject to humanistic study only after
computer and video games became popular”.45 Aggiunge anche i giochi
devono essere studiati perché sono delle simulazioni e, in quanto tali possono
contenere tanti fenomeni (tutti, forse) legati alla realtà. In potenza, insomma,
i videogiochi possono essere delle rappresentazioni di qualunque aspetto del
reale. Sussistono, però, dei problemi, o meglio delle “limitazioni di analisi”
dovute al fatto che il videogioco deve essere affrontato secondo un’ottica più
globale e inclusiva rispetto ad altre forme d’arte. Il successo repentino e
immediato di cui ha goduto il medium videoludico lo ha fatto diventare un
oggetto di analisi centrale ma non ha permesso lo sviluppo di strumenti
adeguati per effettuare questa analisi.
43
un gioco di simulazione o uno di azione avranno delle differenze strutturali
sostanziali che dovranno essere affrontate di conseguenza.
47
Ibid.
“C'è una forte correlazione tra il livello dominante di un gioco e l'attrattiva che ha in quanto
oggetto di analisi per alcune discipline e approcci”.
48
Ibid.
“Se non abbiamo mai avuto un'esperienza diretta del gioco, corriamo il rischio di imbatterci in
gravi fraintendimenti”.
49
Il gioco oggetto di analisi, In Memoriam, costituisce, come si vedrà nel Capitolo 2 e nel
Capitolo 3, un caso particolare di analisi perché enfatizza e porta all’estremo proprio questa
caratteristica. Il fatto che il giocatore debba compiere un percorso forzato (ossia quello imposto
dagli ideatori del videogioco) attraverso ricerche soggettive e in molti casi indipendenti
sottolinea come la performance di ciascun giocatore costituisca un punto di partenza
44
questione. “Is playing for analytical purposes different from playing for
pleasure?”50 Il metodo di gioco cambia se intendiamo analizzare il prodotto
ludico o se intendiamo utilizzarlo per divertirci (o per imparare)? Questa
questione non può essere risolta in modo univoco perché i fattori da cui
dipende sono troppi. Non devono mai essere tralasciati certi elementi,
comunque, come il soggetto che compie l’analisi (un giocatore esperto? Un
giornalista? Un docente?), le basi teoriche che possiede, il tipo di gioco
davanti a cui ci troviamo. “Every game involves a learning process, and this
process is different for different players, depending on prior skills, motivation
and context”.51
assolutamente non trascurabile per l’analisi del prodotto. La performance non è importante
quindi solo a livello di gioco, ma anche a livello di studio, analisi critica e comprensione. Il
metodo di ricerca si deve quindi necessariamente fondare sull’esperienza diretta.
50
Espen Aarseth, op. cit.
“Giocare per effettuare un'analisi è diverso da giocare per il puro divertimento di farlo?”
51
Ibid.
“Ogni gioco presuppone un processo di apprendimento e questo processo è diverso da
giocatore a giocatore, a seconda delle abilità di base, della motivazione e del contesto”.
52
Ibid.
“Bartle ha creato un modello generale per il comportamento umano nell'ambiente virtuale”.
45
chiede “where is the respect for the game? And, more importantly, how is the
flavour of the game kept intact?”53 Se attualmente alcuni studiosi non sono in
grado di affrontare un gioco in modo del tutto “onesto” e devono quindi
ricorrere a trucchi e scorciatoie, è auspicabile che questa tendenza cambi (e
magari scompaia definitivamente) in futuro.
53
Ibid.
“Dov'è il rispetto per il gioco? E, soprattutto, in che modo si mantiene intatta l'essenza del gioco
stesso?”
54
Ibid.
“Gli studiosi, i giocatori, i critici e gli sviluppatori hanno tutti esigenze diverse ed esigono tutti
metodi diversi”.
55
Un esempio teorico-pratico di impostazione di analisi di un videogioco è costituito dallo studio
di Lars Konzack, Computer Game Criticism: A Method for Computer Game Analysis, disponibile
presso http://www.daimi.au.dk/~sbrand/MMProduktion2002/Tekster/konzack-tampere2002.pdf
46
effettuato da Massimo Maietti in Semiotica dei videogiochi56. Oltre a
presentare una panoramica classica sulla storia dei videogiochi, l’autore parla
infatti di cinque modelli di testo a cui si possono ricondurre le pubblicazioni
sull’argomento. La ricostruzione storica è considerata come la forma più
comune finora adottata per contestualizzare il prodotto videoludico. Questo
primo (e diffuso) tentativo è stato in seguito affiancato dal cosiddetto
“pamphlet apologetico”, che consiste nella difesa e nella valorizzazione degli
aspetti positivi del videogame. Viene rivendicato il pieno diritto a
videogiocare, e tutti i testi di questo tipo sono caratterizzati da un tentativo
di riabilitazione della figura del videogiocatore. Un’altra tipologia di scritto sui
videogiochi alquanto diffusa è quella del saggio pedagogico: questi testi
consistono in studi scientifici (o “pseudo” tali) sul videogioco. Alcuni hanno
demonizzato il prodotto e lo hanno accusato di essere dannoso e pericoloso
per la salute (sia fisica che mentale) dei giocatori, in particolare dei bambini.
Ovviamente, però, non tutti i testi hanno seguito questa corrente, anzi. Negli
anni sono sempre state presenti diverse prospettive, alcune molto più aperte
e “lungimiranti”. Il videogioco è stato analizzato in quanto strumento per
l’apprendimento, o come “macchina virtuosa per la cognizione” 57, o come
strumento in grado di attivare capacità di inferenza e capacità empiriche di
induzione.58 Nonostante la varietà di posizioni presentate, tuttavia, la critica
in questo senso è ancora carente. Come afferma Maietti, infatti, “(…) non è
stata sviluppata non solo una semiotica dell’interattività, ma neppure una
pragmatica della ricezione videoludica”.59 La terza tipologia di studi elencata è
quella degli studi di comunicazione e dei “tentativi di classificazione
borgesiana”, come li chiama Maietti. Partendo da autori come Johan Huizinga
o Roger Callois sono state effettuate diverse classificazioni delle tipologie
videoludiche, con tabelle e catalogazioni di vario tipo (ispirate alla
classificazione dei giochi effettuata da Callois, appunto). Anche questo
approccio, però, presenta delle “debolezze”, in particolare
56
M. Maietti, Semiotica dei videogiochi, Edizioni Unicopli, Milano 2004.
57
R. Maragliano, Esseri multimediali, La Nuova Italia, Firenze 1996.
58
Cfr. Intervista a Paolo Fabbri al programma televisivo Il grillo, RAI Educational, 28/1/98.
59
M. Maietti, op. cit., p. 30.
47
videogiochi, che ancora non è riuscita a tracciare i confini
della fruizione ludica”.60
60
Ibid., p. 38.
61
Ibid., p. 39.
62
Ibid., p. 41.
48
Queste fin qui esposte sono solo alcune delle prospettive di analisi
adottate (sia all’interno che all’esterno dell’ambito accademico). Numerose
sono ancora le strade da percorrere e da esplorare per arrivare a una
scomposizione e a un metodo di analisi che rispettino e valorizzino veramente
il videogioco. L’acceso interesse e la produzione accademica in questo campo
fanno ben sperare.
63
M. J. P. Wolf, The Medium of the Video Game, University of Texas Press, Austin 2001.
64
M. J. P. Wolf, B. Perron, The Video Game Theory Reader, Routledge, New York 2001.
49
dell’analisi dei meccanismi di funzionamento del gioco, delle reazioni e delle
abilità dei giocatori, dei possibili utilizzi dei vari prodotti ludici. Bob Rehak,
invece, effettuerà un excursus storico-psicologico sulla complessità degli
avatar e sul rapporto giocatore-personaggio di gioco. Mia Consalvo parlerà
della sessualità e delle implicazioni emotive nel gioco The Sims. Gonzalo
Frasca affronterà il tema di narrativa e simulazione e prospetterà la nascita
della materia di studio chiamata “ludologia”. Insomma, ognuno, a seconda del
proprio ambito di studi e del campo accademico di provenienza potrà dare un
contributo originale e specializzato sull’argomento. Almeno fino a quando
non si sarà in grado di effettuare un’analisi globale del videogioco o di
individuare degli strumenti propri e adatti.
65
N. Wardrip-Fruin, P. Harrigan, First Person – New Media as Story, Performance, and Game, The
MIT Press, Cambridge 2004.
66
Sito web della rivista Electronic Book Review, http://www.electronicbookreview.com/v3/
(gennaio 2005), parte del sito web Alt-x , http://www.altx.com) (gennaio 2005).
50
anche il fatto che questo testo non parli solo di videogiochi, ma che tratti, in
realtà, il tema dell’interazione, della narrazione e della fruizione delle opere
digitali (insieme a molti altri) mettendo a confronto diversi tipi di prodotti
multimediali. Il risultato, comunque, porta in una direzione ben precisa. Il
videogioco sembra essere il prodotto in grado di integrare e riconfigurare,
come nessun altro prodotto digitale, molti degli aspetti originali derivati dalla
Rivoluzione Digitale. L’interazione, la partecipazione, la modifica e la
trasformazione di soggettività, tempo, spazio, gioco, sono tutti concetti che
trovano nel videogioco la loro espressione ottimale (come non è avvenuto nel
cinema interattivo e, secondo alcuni, nemmeno nell’ipertesto).
67
Il sito web di riferimento è Ludologica, http://www.ludologica.com (novembre 2004).
M. Bittanti, Per una cultura dei videogames – Teoria e prassi del videogiocare, Edizioni Unicopli,
68
Milano 2002.
51
approccio risolutivo, non viene presentato un metodo univoco, ma vengono
suggeriti metodi e potenziali tipologie di analisi. L’iniziativa di Ludologica è
principalmente editoriale, ma non solo. L’obiettivo, oltre alla produzione
materiale di studi e analisi, è anche quella di sensibilizzare, di diffondere
l’idea del videogioco come device culturale, che merita un posto di rilievo e a
cui si deve dedicare un’attenzione sempre maggiore. L’iniziativa di
Ludologica, ovviamente, non è l’unica che si occupi di pubblicazioni di critica
videoludica in Italia. Anzi, l’interesse per questo settore è cresciuto
notevolmente, tanto che numerose case editrici hanno deciso di battere una
strada che fino a poco tempo fa poteva sembrare rischiosa o poco proficua,
ma che ora è diventata di interesse diffuso. Testi come quello di Gianfranco
Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione – La nascita dell’homo
game, o come quello di Ciro Ascione, Videogames – Elogio del tempo sprecato,
dimostrano che esiste effettivamente un interesse e un investimento sempre
maggiore in questo settore di studi.69
oltre ad influenze più o meno esplicite nei meccanismi di costruzione del testo, ci sono veri e
propri casi di libri costruiti sui modelli della cultura del videogioco. Un esempio è il testo di
Alessandra C, Skill, Giulio Einaudi Editore, Torino 2004.
52
affiancati da esempi pratici, l’analisi culturale passa in secondo piano, e
l’analisi del mercato, le tendenze delle industrie, le novità, le conferenze, gli
incontri, i seminari rivolti agli specialisti passano in primo piano. Un’altra “on-
line resource for videogames researchers” è sicuramente Ludology
(http://www.ludology.org) sito di Gonzalo Frasca, appassionato di videogiochi
ma soprattutto studioso e accademico. Questo sito fornisce molte
informazioni utili, pubblica e distribuisce gratuitamente moltissimi saggi e
articoli di spessore che, come nei casi precedenti, spaziano e toccano molti
settori di studio. Un’intera sezione, addirittura, è dedicata a tesi di laurea o di
dottorato che riguardano i videogiochi. Il sito Game Research
(http://www.game-research.com) si occupa di “research, news a development
in the computer games area”, tralasciando invece recensioni e analisi tecniche
che vengono effettuate in altri siti. Solo osservando il menu della pagina
principale, è possibile notare la varietà di tematiche riguardanti i videogiochi
prese in considerazione: Business, Education, Health Hazards, On-line Gaming,
Wireless Gaming e molti altri. Esiste addirittura un sito web, WomenGamers
(http://www.womengamers.com/) dedicato alle giocatrici che si propone come
una vetrina sul mondo dei videogame “al femminile” (realizzati o giocati dalle
donne).
Questa era solo un rapido excursus sul vastissimo panorama che Internet
fornisce sul mondo dei videogiochi. Come per l’editoria, anche in questo
ambito le produzioni specificamente italiane non mancano. Esistono siti
illustri che affrontano il tema del videogiocare con spunti sempre nuovi e
riflessioni acute. Ad esclusione del caso già citato di Ludologica
(http://www.ludologica.it), progetto che parte dall’accademia e cerca una
diffusione critica della cultura videoludica, la differenza del panorama italiano
rispetto a quello straniero consiste, principalmente, nel fatto che i siti web di
maggior rilievo non sono gestiti da studiosi o da accademici ma, piuttosto,
sono da appassionati esperti e coinvolgono direttamente il vasto pubblico dei
videogiocatori. Il progetto della MolleIndustria è stato già citato nel paragrafo
1.1.2 (http://www.molleindustria.it, realizzazione di giochi con intento di
critica sociale e raccolta di studi critici, a volte provocatori e “fuori dagli
schemi”), ed è affiancato da molti altri esempi. Un illustre punto di riferimento
italiano è The First Place (http://www.thefirstplace.it), punto ritrovo per
appassionati, studiosi, curiosi. Oltre a una vasta raccolta di recensioni
53
riguardanti numerosi videogiochi, The First Place offre un ricco archivio anche
per quanto riguarda la teoria del videogiocare, la videogame art, la letteratura
(non solo quella specialistica, ma anche la narrativa vera e propria, sempre
riguardante i videogiochi), e molto altro. Più che un semplice sito sui
videogiochi, The First Place è una comunità culturale che si occupa di tanti
fenomeni che hanno a che fare con la cultura digitale. È un punto di ritrovo e
di confronto anche grazie al frequentatissimo Forum, punto di scambio e
libero confronto. Un sito altrettanto autorevole è Project Ring
(http://www.project-ring.com): si tratta di una rivista on-line i cui contenuti si
concentrano quasi unicamente sui videogiochi. Periodicamente vengono
pubblicati sul sito i nuovi numeri, che contengono recensioni, riflessioni,
spunti, curiosità, approfondimenti e che rimangono comunque sempre a
disposizione degli utenti in un’apposita sezione di download. Uno dei punti di
forza di questo sito web, oltre sicuramente alla qualità del materiale prodotto,
consiste nell’annesso Forum. Oltre ad essere assolutamente accessibile e
sempre frequentato, costituisce un esempio concreto di cultura “interattiva” ai
tempi della pop culture. Questo Forum (come molti altri) non serve solamente
per scambiarsi opinioni pratiche sui giochi, ma anzi, costituisce il punto di
partenza per molti dibattiti teorici, per molte riflessioni collettive su temi
“scottanti”, per il reperimento di informazioni preziose e di punti di vista
differenti.70 Il discorso sui meccanismi che regolano le comunità virtuali è
ampio e richiederebbe una trattazione a parte: posso solo confermare che
l’interesse nutrito dal pubblico per i videogiochi non è unicamente di tipo
pratico (ossia consigli per continuare la partita, pareri sull’acquisto o meno di
un prodotto, richiesta di informazioni tecniche e così via) ma anche più
decisamente teorico.
Per concludere questa overview (se pur parziale) sulle “condizioni” attuali
dei Game Studies, è utile mostrare come alcune delle maggiori conferenze
mondiali che si occupano di arte digitale (il già citato DAC, Digital Art
Conference, o Ars Electronica, festival di arte elettronica che ha compiuto
quest’anno venticinque anni) si stiano concentrando sui videogame e stiano
dando loro risalto.
70
Ho potuto sperimentare direttamente questo fenomeno, in quanto ho aperto un dibattito su
In Memoriam, il videogioco oggetto di analisi della mia tesi, e ho ricevuto numerosissimi
contribuiti, di ogni tipo, tutti validi, utili e stimolanti.
54
Tutto questo interessamento e tutta questa riconosciuta importanza
culturale al medium videoludico sono sicuramente delle basi per la
costruzione di un futuro metodo di analisi che metta in evidenza gli elementi
realmente importanti del videogame, senza utilizzare impropriamente
strumenti appartenenti ad altre discipline e senza concentrare l’attenzione su
aspetti accessori e di secondaria importanza.
Nel contesto dei Games Studies finora descritto, due temi sono
particolarmente “scottanti”: la narrazione e l’interattività. Il dibattito in corso
riguardo la presenza di questi due elementi nei videogiochi è vasto e al suo
interno sono presentate le prospettive più disparate e varie. L’evoluzione del
medium videoludico è andata di pari passo con l’acquisizione e l’incremento
dell’importanza dell’elemento narrativo. Se all’inizio la trama era secondaria,
in alcuni casi inesistente, lentamente il videogame ha imparato a convivere
con una storia che aiutasse e favorisse lo svolgimento del gioco. Nello stesso
tempo, inoltre, veniva incrementata l’interattività. Le scelte del giocatore, da
minime e basilari, andavano crescendo sempre più: dall’utilizzo degli oggetti
presenti nell’interfaccia di gioco alla possibilità di esplorazione dei mondi
virtuali, dalla personalizzazione di avatar e personaggi alla modifica totale dei
livelli di gioco tramite i cosiddetti mods, l’interattività, e quindi l’attività
positiva del giocatore, hanno assunto un ruolo sempre più centrale.
55
mezzo. In realtà, ci sembra una valida prospettiva quella secondo cui non è
tanto importante chiedersi se la narrazione nei videogiochi sia o meno
importante. È piuttosto fondamentale chiedersi che tipo di narrazione sia
quella dei videogiochi. Un altro dei problemi che insorgono quando si tenta di
analizzare la narrazione nei videogiochi è quello, ancora una volta, di una
mancanza di metodologia specifica. Non è infatti coerente cercare di
analizzare la tipologia narrativa dei videogiochi secondo i canoni utilizzati per
la letteratura o per il cinema. È più sensato cercare di capire in che modo la
narrazione si relazioni e stia in “equilibrio” con gli altri elementi canonici del
videogioco. È quindi utile effettuare una panoramica sulle varie opinioni per
cercare un punto di incontro aperto e funzionale tra la narrazione e altri
elementi quali, innanzitutto, l’interattività, e per capire in che modo questi
elementi siano in relazione tra di loro: riteniamo che nessuno di questi due
aspetti debba essere, a priori, predominante sugli altri, ma che le diverse
tipologie ludiche siano costituite anche (non solo) dal diverso equilibrio che
intercorre tra essi.
56
compito o nel fallimento. Lo schema proposto del ludus si avvicina a quello
della narrazione, ma questa somiglianza, dice Frasca, non deve essere
fraintesa: i due oggetti di analisi sono tuttavia molto diversi, addirittura sono
“two ontological different objects”.72 La differenza sta nel fatto che lo schema
di Bremond costituisce una traccia generica, che sta all’autore rispettare o
meno. Lo schema del ludus invece è fisso e il giocatore (ossia il potenziale
autore dell’esperienza ludica) non può eluderlo in nessun modo. Inoltre, nel
caso della narrazione canonica, il lettore si trova ad essere un mero
osservatore esterno, senza capacità di interazione con il testo. Nel caso del
processo ludico, invece, il giocatore non è assolutamente un osservatore
esterno, ma è il soggetto stesso che compie l’azione. Il giocatore è attivo e
senza la sua attività la narrazione e la sessione ludica non si
concretizzerebbero.
57
concetto di paidea. La confusione di questi due settori fa sì che la prospettiva
di analisi narratologica sia fallimentare, o comunque almeno parziale, se
applicata al videogame così com’è. Quindi, Frasca, iniziatore della corrente dei
ludologi, spinge fortemente verso un ridimensionamento dell’importanza
della narrazione nel videogame, perché più che un “aiuto” per l’analisi,
costituisce un elemento destabilizzante.
Jesper Juul, a sua volta ludologo, ha una posizione ancora più estrema.
Nel suo saggio A Clash Between Games and Narrative73 sostiene che
“Computer games and narratives are very different phenomena. Two
phenomena that fight each other. Two phenomena that you basically cannot
have at the same time”. Juul effettua un’analisi di prodotti narrativi e di
videogiochi che gli fanno individuare una serie di differenze sostanziali tra i
due settori. La narrativa è caratterizzata, secondo Juul, da sequenze fisse,
velocità di fruizione variabile, da una storia, da una narrazione al passato,
dalla necessità di attori umani o antropomorfi, dal desiderio di narrare e dalla
fruizione unica (non ripetuta, solitamente). Il videogioco, invece, è
caratterizzato da sequenze flessibili, da una velocità di fruizione fissa, da un
insieme di programmi e argomenti, da una narrazione al presente, dalla non
necessità di attori reali o verosimili (esistono giochi astratti), dal desiderio di
scoperta e di performance e dalla possibilità di ripetere a piacimento (e di
modificare) la narrazione. In realtà, l’intervento di Juul è provocatorio e mira a
sottolineare il problema e a cercare di individuare una soluzione possibile. Il
suo fine ultimo, infatti, è quello di trovare un modo per integrare in modo non
artificioso la narrazione con la struttura tipica del videogioco. È effettivamente
vero che in alcuni casi un elemento limita l’altro. È pur vero, però, che la
sperimentazione in questo senso sta avanzando molto rapidamente (non solo
in campo teorico, ma proprio dal punto di vista pratico della produzione
innovativa di videogiochi). Forse questa frattura che sembrava insanabile
potrà trovare presto un valido compromesso.
73
J., Juul, A Clash Between Games and Narrative, consultabile presso il sito web Digital Arts and
Culture 1998, http://cmc.uib.no/dac98/program.htm (novembre 2004).
“I videogiochi e la narrativa sono due fenomeni molto diversi. Due fenomeni che si combattono
a vicenda. Due fenomeni che non possono coesistere”.
58
video game’s use of space and time grew more complex and graphics grew
more representational, the medium became increasingly narrative based”.74
Riconosce che la trama “canonica” dei videogiochi, in certi casi, è di “serie b”
rispetto a quella di altri media, ma ritiene che questa semplicità che
caratterizza le trame videoludiche sia funzionale al diretto coinvolgimento del
giocatore all’interno della storia. L’eccessiva complessità costituirebbe un
ostacolo per un’interazione proficua. Wolf, però, individua molti aspetti del
videogioco in cui la narrazione (non intesa semplicemente come storia, ma
come presenza di elementi narrativi) diventa fondamentale. Pone l’accento
sullo stimolo emozionale potenziale del videogioco: attraverso la storia, il
gioco è in grado di suscitare emozioni forti.
Addirittura, a differenza di altri (come Juul, per esempio), Wolf pensa che
l’interattività e la narrazione non siano in contrapposizione, ma che possano
“convivere” e in qualche modo integrarsi a vicenda. Riconosce che
l’interattività può essere, in certi casi, limitata dalla trama, ma trova la
soluzione nella costruzione di una narrazione i cui percorsi permettano
all’utente una scelta multipla. Se, infatti, il giocatore viene posto davanti a
scelte multiple e “aperte”, necessarie per proseguire nella storia e, di
conseguenza, nel gioco, allora l’interattività verrà rispettata. “Interactivity,
then, does not have to work against narrative or even linearity; it simply
74
M. J. P. Wolf, “Narrative in the Video Game”, in The Medium of the Video Game, University of
Texas Press, Austin 2001, p. 93.
“Con l'aumento della complessità dell'uso dello spazio nel videogioco e con l'aumento di
realismo della grafica, il medium è diventato sempre più basato sulla narrativa”.
59
requires that multiple lines of narrative be present, or the potential for a
variety of narrative possibilities”.75 Per concludere, Wolf sostiene che
“although the interactive nature of video games has led many designer to
concentrate on goal-oriented narratives, other possibilities remain to be
explored”.76 La narrativa interattiva, con il videogioco come maggior
esponente, ha ancora molta strada davanti a sé.
60
adeguare alle diverse tipologie di gioco. Effettuare lo studio della trama di un
first person shooter e di un’avventura grafica con gli stessi strumenti sarebbe
erroneo e porterebbe sicuramente a risultati scadenti. È altresì ovvio che
l’esperienza di gioco non può e non deve mai essere ridotta unicamente ad
un’esperienza narrativa. Ci sono altri elementi che sono fondamentali, e
bisogna acquisire un metodo per stabilire il rapporto e l’equilibrio che
intercorrono tra le varie parti costitutive di un videogame. Infine, è necessario
sottolineare come il medium ludico racconti le storie in modo diverso rispetto
ad altri media.
61
presentando però al giocatore spazi e suggestioni estremizzate ed
esasperate, in modo da coinvolgerlo attivamente e da trattenerlo all’interno di
una storia che, comunque, è già nota. Spesso alcuni videogiochi modificano
storie già conosciute o si rifanno a saghe famose, senza però spiegarne
dettagliatamente la trama, semplicemente aggiungendo elementi narrativi
nuovi, in un certo senso “approfondendo” la storia da cui traggono
ispirazione. Secondo Juul, un processo di questo tipo evidenza la limitatezza
della potenzialità narrativa del videogioco. Jenkins invece ribatte che proprio
questo è l’elemento forte del nuovo medium: è in grado di integrare
narrazioni ulteriori (che sono culturalmente diffuse, e quindi condivise e già
conosciute) e di realizzare una sorta di “transmedia storytelling”, cioè di
narrazione trans-mediale. Questo è, effettivamente, un punto di forza
dell’aspetto narrativo dei videogiochi. Sono in grado di integrarsi con il
background culturale e di arricchirlo, aggiungendo nuovi elementi a storie
“vecchie” e di pubblico dominio. L’esempio riportato da Jenkins (ripreso da
Juul) è quello di Star Wars, il film e il videogioco. Juul sostiene che “you can’t
deduct the story of Star Wars from Star Wars the game”.79 È vero, ma Jenkins
ribatte che “we already know the story before even we buy the game. (…)
Rather, the Star Wars game exists in dialogue with the films, conveying new
narrative experiences through its creative manipulation of environmental
details”.80 La terza tipologia di narrativa individuabile nel videogioco è quella
della dell’esplorazione narrativa (Enacting Stories), in cui l’esplorazione
dell’ambiente, la “navigazione” dello spazio virtuale costituiscono di per sé
una narrazione, nel senso che si trasformano in viaggio, che sono lo scopo
centrale del giocatore, che “vaga” per l’ambiente digitale senza altro scopo. In
questi casi, è possibile che il videogiocatore si imbatta in “localized incident”,
ossia casi di “micronarrativa”: durante l’esplorazione principale, ci si può
imbattere in mini-task da risolvere, in compiti o micro-storie all’interno del
mondo che esploriamo. I giocatori hanno la libertà di movimento assoluta e
non devono compiere nessuna missione, non devono raggiungere alcuno
scopo. Resta però un problema, ossia quello di riuscire a dare un senso
79
J. Juul, op. cit.
“Non è possibile dedurre la storia di Star Wars dal videogioco di Star Wars”.
80
H. Jenkins, op. cit., p. 124
“Conosciamo già la storia ancor prima di comprare il gioco. (...) Piuttosto, il gioco di Star Wars
esiste in rapporto dialogico con il film, e apporta nuove esperienze narrative attraverso la sua
manipolazione creativa dei dettagli spaziali”.
62
all’esplorazione senza proporre una trama narrativa. È proprio questo che i
programmatori si trovano a dover affrontare:
81
Ibid., p. 125
“I programmatori di videogiochi si trovano davanti allo stesso problema, cercano cioè di capire
quanta trama creerà una cornice di gioco costrittiva e quanta libertà potranno sperimentare i
giocatori a livello individuale senza deviare del tutto dalla traiettoria narrativa”.
82
Ibid., p. 126
“Non è tanto una struttura temporale quanto un insieme di informazione”.
63
dei quali il giocatore si inserisce quasi automaticamente perché richiamano
molte delle convenzioni tipiche della realtà. Un esempio è costituito da The
Sims: il gioco parte presentando una struttura e degli elementi digitali in stato
iniziale (il gioco comincia sempre nello stesso modo), ma, a seconda delle
azioni del giocatore, si costruiscono diversi percorsi narrativi. Come in una
casa di bambole, il giocatore può inventare storie differenti e far agire e
interagire di conseguenza i propri personaggi. L’immedesimazione nel gioco,
favorita dall’interfaccia che richiama ampiamente la realtà, spinge il giocatore
a creare personaggi che siano “emotionally significant to them, to reharse
their own relationships with friends, family, or coworkers or to map characters
from other fictional universes onto The Sims”.83 In pratica, le Emergent
Narratives permettono di costruire storie partendo da un sostrato particolare
in cui il giocatore si deve inserire e immedesimare. Nel caso di The Sims si
tratta della vita reale, nel caso di altre simulazioni si può trattare di mondi
fantastici, mondi fantascientifici e così via. Jenkins, in pratica, come molti
altri, non dà una risposta definitiva alla questione narrazione e videogioco.
Traccia una panoramica sulla situazione attuale, sottolineando i punti cardine
da cui non è possibile prescindere, ma non trova una risoluzione definitiva alla
questione metodologica in corso. D’altra parte, forse, non è possibile
individuare una risposta univoca. È sempre più evidente come vari settori e
campi di indagine debbano unirsi e collaborare nella “scomposizione” e
nell’analisi del medium videoludico.
83
Ibid., p. 128
“Emotivamente significativi per loro, per permettere di ricreare le proprie relazioni con familiari,
amici e colleghi o per creare personaggi appartenenti ad altri universi e farli interagire in The
Sims”.
84
Ibid., p. 129
“le scelte che riguardano la struttura e l'organizzazione degli spazi di gioco hanno conseguenze
narratologiche”.
64
trascurarlo in nessun caso. “In each case, it makes sense to think of game
designers less a storytellers than as narrative architects”.85
85
Ibid., p. 129
“In ogni caso, è ragionevole pensare ai designer dei videogiochi più come ad architetti narrativi
che a narratori veri e propri”.
86
E. Zimmermann, “Narrative, Interactivity, Play and Games: Four Naughty Concepts in Need of
Discipline” in N. Wardrip-Fruin, P. Harrigan, First Person – New Media as Story, Performance, and
Game, The MIT Press, Cambridge 2004, p. 158
“Interattività è una di quelle parole che può significare insieme tutto o niente”.
87
Ibid. p. 158
“È veramente possibile affermare che l'esperienza della lettura non sia interattiva? Non è forse
vero che il lettore tiene il libro e gira fisicamente le pagine? Che è emotivamente coinvolto e
psicologicamente immerso? Che ha a che fare con la lingua e che deve decodificare i segni del
testo? Non è vero che la forma fisica del libro e la comprensione dei suoi contenuti evolve
mentre si interagisce con esso? Sì e no”.
65
interpretativa ad un testo. Consiste nella risposta psicologica, emotiva,
ermeneutica e semiotica del lettore al testo 88. È, in pratica, la relazione che un
lettore può avere con il contenuto di un testo. La seconda modalità è
l’Interattività funzionale (Functional Interactivity). Questa tipologia di
interattività consiste nell’analisi degli apparati funzionali al testo, quale
indice, illustrazioni, considerazioni sul supporto fisico e così via. La terza
modalità è l’Interattività esplicita (Explicit Interactivity), o partecipazione
attiva alle scelte e alle procedure strutturali del testo. Questa è l’interazione
in senso stretto, riguarda cioè le azioni che sono consentite al fruitore davanti
a un testo: la possibilità di cliccare su link ipertestuali, di cambiare l’aspetto a
un’interfaccia di utilizzo, di utilizzare gli strumenti forniti, per esempio, dal
gioco, per effettuare ricerche e per risolvere enigmi, e così via. Sono comprese
in questo tipo di interazione gli eventi casuali, le simulazioni dinamiche e
altre procedure che rendono l’esperienza del fruitore (almeno parzialmente)
interattiva. L’ultima modalità è la Meta-interattività (Meta-interactivity), o
partecipazione culturale. In questo caso l’interazione avviene al di fuori della
fruizione di un singolo testo. Un esempio illustre è costituito dalla fan
literature, quel tipo di letteratura in cui gli appassionati si appropriano,
decostruiscono e ricostruiscono storie e narrazioni tipiche di media lineari in
modo da trasformarle in esempi di narrazione collettiva.89
88
Il termine “testo” va inteso in senso ampio, in quanto prodotto culturale: un libro, un film, un
videogioco, e così via.
89
Questa classificazione è tratta da E. Zimmerman, op. cit., p. 158.
66
alla scoperta, in una parola, di nuovo, alla performance, appunto. È con
questo obiettivo che devono essere ideati, programmati e studiati gli elementi
narrativi e interattivi. Devono tutti concorrere alla creazione di un’impellenza
performativa, che avvincerà il giocatore e lo porterà al completamento della
partita. Questo avviene già, secondo modalità diverse e varie, in molti
videogiochi. Il prodotto videoludico che ho preso in analisi, In Memoriam, ha
ben assimilato e “ristrutturato” vari stili e vari generi preesistenti e costituisce
un esempio forse unico e fondamentale di come narrativa e interattività
concorrano alla creazione di un ambiente (in senso lato, non solo digitale)
performativo in cui si inserisce il giocatore. Questo videogioco rivoluziona il
panorama ludico e pone le basi per lo sviluppo di nuove forme narrativo-
interattive finalizzate, tra l’altro, al potenziamento della performance ludica
90
individuale.
90
Nel paragrafo 3.1 viene affrontato il discorso che riguarda la convergenza di narrazione e
interattività al fine della creazione di un contesto efficace per la performance ludica.
67
Capitolo 2
Focus on In Memoriam: il videogioco, le
contaminazioni e i temi
Come già detto nel Capitolo 1 (paragrafo 1.1.2), sempre più, ormai, il
videogioco vede riconosciuto il suo status di opera culturale moderna. Non
viene (e non può essere) considerato solo un divertissement, un
intrattenimento per ragazzi e adolescenti, un “antagonista” della vera cultura,
ma viene finalmente analizzato e studiato per quello che in realtà è: un’opera
di tecnologia e di arte moderna, configurazione ed incarnazione della cultura
contemporanea.
91
Lexis Numérique – créateur d'emotions, http://www.lexis-games.com/societe/societe1.htm
(agosto 2004).
92
“Grande opera” è il nome che l’autore fittizio del CD-ROM, il serial killer la Fenice, ha attribuito
a questo che lui definisce il suo “capolavoro”: “Costui si fa chiamare la ‘Fenice’ e conclude i suoi
messaggi con le parole ‘In Memoriam’. È stato proprio lui a chiederci espressamente di rendere
pubblico questo CD-ROM, che fa parte della sfida da lui stesso chiamata la ‘Grande opera’”.
(manuale di gioco di In Memoriam).
68
dell’attuale panorama internazionale dei videogiochi (è già stato distribuito in
Europa nel 2003 ed negli Stati Uniti alla fine del 2004) in modo originale ed
innovativo: gli elementi che lo caratterizzano, infatti, lo rendono refrattario a
qualunque classificazione nelle esistenti categorie di genere dei videogiochi,
di cui, peraltro, incorpora e potenzia molte caratteristiche.
93
Requisiti minimi PC: Processore Pentium 333MHz, sistema operativo Windows 95-98-2000-Me-
XP, 700 MB di spazio libero su disco, 64 MB di RAM, scheda grafica a 32 bit, lettore CD-ROM 8x,
scheda audio a 16 bit.
69
realizzato In Memoriam non si è limitato all’organizzazione tecnica (e
artistica) di una serie di dati, ma è consistito, innanzi tutto, in una raccolta e
una verifica attenta ed accurata della documentazione. I filmati costituiscono
un altro elemento fondamentale per la struttura di gioco: per la loro
realizzazione sono stati necessari attori professionisti, una troupe che si
occupasse delle riprese, varie location sparse in tutto il mondo: il videogioco è
infatti ambientato in diversi paesi europei e non solo: Francia, Ungheria, Italia,
Grecia, Inghilterra, Polonia sono solo alcuni dei tanti. Un ulteriore elemento
che sottolinea il grado di pervasività del gioco nella realtà del giocatore è la
rete di siti web realizzati appositamente per facilitare le ricerche legate al
videogame, con lo scopo di aumentare la pervasività della trama narrativa
all'interno della realtà del giocatore. Decine di siti web apparentemente reali
ed autonomi, indicizzati e ben posizionati su Google, sono in realtà parte
integrante del gioco: progettati e messi on-line allo scopo di permettere
l’avanzamento della partita al giocatore di In Memoriam, i siti “fasulli” sono
ben caratterizzati, differenziati, verosimili, spesso multi-lingue. Infine, le e-
mail che ci arrivano dai nostri “compagni di ricerche”, da criminologi
professionisti che ci aiutano a tracciare un profilo psicologico del serial killer
e da altri personaggi del gioco (addirittura dal serial killer stesso), accrescono
notevolmente il realismo dell'esperienza ludica, in quanto il videogioco si
inserisce nella nostra vita quotidiana quando meno ce l’aspettiamo (quando
controlliamo la posta elettronica troviamo messaggi inviati dal “gioco” e,
anche se non vogliamo, torniamo inconsapevolmente e inevitabilmente a
giocare).
70
Nello scenario attuale, quindi, questo gioco tende ad essere più un
momento di azione e performance che una mero prodotto da fruire. È proprio
l’aspetto dell’interattività e della partecipazione attiva (nella ricerca e nella
ricezione dati) che avvicina In Memoriam ad un’opera d’arte digitale
performativa.
2.1.1 Trama
71
rapito due persone che si erano messe alla sua ricerca. I due rapiti sono Jack
Lorski, dipendente della SKL Network94, un’agenzia multitematica che si
occupa di contenuti per televisione e web, e Karen Gijman, che con Jack aveva
intrapreso le indagini su un’efferata serie di delitti. Nella finzione di gioco è
stata proprio la SKL Network a distribuire il CD-ROM del rapitore, che si fa
chiamare la Fenice, per velocizzare le indagini. Questo “Black Cd” è giunto alla
redazione della SKL poco tempo dopo il rapimento ed è l’unico mezzo messo
a disposizione dal serial killer per ritrovare Jack e Karen prima che vengano
uccisi. Il CD-ROM, chiamato dalla Fenice “La Grande Opera” è, in pratica, un
percorso iniziatico attraverso cui l’utente apprende e conosce la filosofia a cui
è legato il serial killer. Più che un vero e proprio strumento di “aiuto” per il
ritrovamento dei due scomparsi, questo CD-ROM è una manifestazione della
megalomania del rapitore, che vuole fare sfoggio della sua genialità e della
sua follia. Comunque sia, questo è l’unico elemento, per quanto parziale e
inattendibile (è stato realizzato dal rapitore che quindi non darà informazioni
realmente utili per la sua identificazione o ritrovamento), per ritrovare Jack e
Karen. Le loro ricerche erano partite da un filmato trovato da Jack in una
vecchia cinepresa: le immagini mostravano l’omicidio di un uomo. L’operatore
che aveva ripreso casualmente la scena era stato a sua volta ucciso. Jack, con
l’aiuto di Karen, figlia dell’operatore assassinato, comincia a indagare sui due
omicidi, che si rivelano i primi di una lunga serie.
94
SKL Network, http://www.skl-network.com/it/index.html (settembre 2004).
72
2.1.2 Paratesto del gioco: confezione, manuale e sito web
95
“La tragedia è un inganno in cui è più saggio chi si lascia ingannare” Gorgia da Lentini (490-
390 a.C. circa).
96
In Memoriam, http://www.inmemoriam.it/index.htm (settembre 2004).
97
SKL Network, http://www.skl-network.com/it/index.html (settembre 2004).
73
La rete promozionale creata intorno al videogioco non è un accessorio
superfluo, ma è parte integrante del progetto ludico. La “realtà virtuale” in cui
il giocatore è trascinato prima dalla pubblicità sul sito web, poi dalla
confezione del gioco, infine dal manuale di gioco stesso, diventa una vera e
propria realtà alternativa.
Quindi, oltre che una divisione tematica, gli elementi sono stati il punto
di partenza anche per una differenziazione grafica e stilistica. Infatti, gli
enigmi presenti sono caratterizzati (entro certi limiti) con elementi tipici o che
98
Da una e-mail ricevuta da Julie Massenet, compagna virtuale di ricerche.
99
Dall’intervista al responsabile della grafica del progetto In Memoriam Gérald Obringer,
consultabile presso il sito web In Memoriam, http://www.inmemoriam-
thegame.com/gb/gam3.htm (settembre 2004).
“I temi dei livelli di gioco – Acqua, Terra, Aria e Fuoco – hanno determinato i colori e i materiali
da utilizzare e il motivo audio è un insieme di musica e suoni d'ambiente”.
74
comunque hanno a che fare con
l’elemento del livello in cui il
giocatore si trova.
75
Gli elementi che dobbiamo
analizzare e i puzzle che
dobbiamo risolvere sono di
diverso tipo e tutti (o quasi)
multimediali. In alcuni casi, i
puzzle sono costituiti da
immagini da ricomporre
(Immagine 8), in altri casi
dobbiamo ricostruire una
sequenza video (Immagine
9).
Immagine 8 - Il complicato puzzle di Athoub
La multimedialità è un
elemento fondamentale: spesso, infatti, per risolvere un modulo, sono
necessarie diverse abilità: capacità di ricerca, buona manualità, pazienza ma
anche intuito. Può capitare che si incontrino difficoltà nella risoluzione di un
enigma (soprattutto nel caso in cui si debbano ricercare informazioni su
Internet). In questo caso, il gioco “aiuta” il giocatore in due modi diversi: nel
primo, mentre il gioco è attivo e il giocatore si trova nella schermata che gli
crea difficoltà, la Fenice stessa
darà ulteriori indizi (parole,
nomi propri, località) che
faciliteranno la ricerca. La
seconda modalità di
suggerimento sono le e-mail:
per mezzo del web service il
gioco installato in locale
comunica continuamente con
un database centrale che, di
Immagine 9 - Ricostruzione video in Aphebis
conseguenza, sa a che punto
della partita si trovi ogni singolo giocatore. Il database centrale invia
normalmente delle e-mail alla casella di posta del giocatore, ma nel caso
questi si soffermasse a lungo su un enigma senza risolverlo, gli verranno
inviate ulteriori e-mail (provenienti da altri giocatori, che però sono fittizi) con
indizi più espliciti.
76
La modalità di risoluzione di ogni schermata, quindi, varia da enigma a
enigma. A volte un breve testo ci spiega cosa dobbiamo fare, altre volte sta a
noi scoprire in che modo utilizzare gli elementi grafici che ci compaiono
davanti. Quasi sempre, in pratica, è necessario esplorare lo spazio video,
comprendere il significato degli elementi in esso contenuti e sfruttare questi
elementi per superare il modulo.
77
esempio, accedere ad un enigma e, nel caso non si abbiano informazioni
sufficienti per risolverlo, provare ad affrontare gli altri per acquisire
informazioni utili allo scioglimento del mistero.
100
Google, http://www.google.com, è il motore di ricerca consigliato, ma è possibile giocare ed
effettuare ricerche con qualunque motore presente in rete.
78
2.1.5 Interfaccia di gioco
L’interfaccia di gioco
analizzabile e descrivibile è la
parte del videogioco installata
in locale sul computer. Ad ogni
accesso è necessario effettuare
il login (Immagine 10) per
essere riconosciuti sia dal
proprio sistema che dal
database centralizzato a cui
Immagine 10 - Pannello di login di In Memoriam vengono costantemente
trasmessi i dai della partita.
L’interfaccia non è uguale per tutto il corso del gioco: ogni modulo ha
una struttura diversa e le azioni da compiere non sono mai le stesse. Come
già spiegato, la parte di In Memoriam installata in locale sul computer è solo
uno dei tanti elementi che costituiscono il gioco. Il videogioco non si
esaurisce nel supporto CD-ROM ma si estende ad Internet, include filmati,
audio, permette l’utilizzo della posta elettronica. L’interfaccia, quindi, non è
più solo lo strumento attraverso il quale l’utente si avvicina al prodotto ludico
ma diventa un contenitore complesso che raccoglie e mette in relazione i vari
media sopra elencati 101. L’elemento che ci permette, all’interno delle
schermate del gioco, di accedere agli altri media, è una barra nascosta che
l’utente può richiamare in caso di necessità (Immagine 11).
101
“Rispetto ai testi letterari o alle opere di carattere fonovideografico, il prodotto di editoria
multimediale presenta una sua particolare specificità. È composto da elementi provenienti da
media diversi, ma non ne costituisce la semplice somma, bensì una cornice in cui tutti gli
elementi diventano interdipendenti, concorrendo così a comporre un significato unitario, altro
rispetto al semplice insieme delle parti costituenti”. Questa è la definizione di interfaccia che
viene data nel testo di P. Ferri, G. Cacciola, P. Carbone, A. Solidoro, Editoria multimediale.
Scenari, metodologie, contenuti, Guerini e Associati, 2004, p. 161.
79
che traccia il profilo del serial killer, dalla SKL che tiene aggiornato il
giocatore su eventuali sviluppi, ecc.) e, all’inizio della propria partita è
possibile scegliere se controllare le e-mail on-line (Hotmail, Yahoo, ecc.)
oppure tramite un client di posta elettronica (Outlook, Eudora, ecc.). A
seconda della nostra scelta, ogni volta che cliccheremo su “E-mail” ci si aprirà
la pagina web oppure il nostro client. Il comando “Internet” richiama il browser
per navigare sulla rete e apre, di default, la pagina della SKL, in cui si trovano
altri strumenti utili, come un collegamento al motore di ricerca consigliato,
Google, o strumenti per le lingue per tradurre pagine in lingue straniere
(spesso i siti che visitiamo sono in italiano, ma a volte capita che siano solo in
inglese o francese). Il comando “Filmati” ci permette di visionare di nuovo i
filmati che la Fenice ci ha concesso dopo la risoluzione degli enigmi. I filmati
vengono visualizzati internamente al gioco e hanno la funzione di mostrarci i
progressi dei due rapiti nelle indagini, prima che venissero rapiti dalla Fenice.
L’ultimo comando, “Analisi”, serve all’inizio della partita. Accedendovi, infatti,
si ha la possibilità di analizzare il filmato che riprende l’omicidio di un uomo
(il filmato, cioè, che ha spinto Jack Lorski a cominciare le indagini).
Nel terzo livello anche la barra degli strumenti subirà una modifica: il
giocatore si troverà ad affrontare enigmi sonori di difficile risoluzione e, per
superarli, avrà bisogno di uno strumento di analisi audio che gli verrà fornito
da un compagno di ricerche fittizio.
Comparirà quindi sulla barra anche la voce “Audio”, che avrà appunto la
funzione di supportare il giocatore nella risoluzione di un enigma in
particolare. I comandi di riduzione ad icona e di chiusura del programma sono
intuitivi.
80
In pratica, in In Memoriam non esiste un’interfaccia ricorsiva. A parte la
barra degli strumenti che serve per richiamare altri media, il videogioco deve
essere continuamente affrontato, scoperto, il giocatore deve di volta in volta
riadattare il proprio paradigma cognitivo, cogliere gli elementi fondamentali
da utilizzare e capire come mescolarli insieme, al fine di ottenere il risultato
prefisso. L’interfaccia di questo gioco ci ricorda costantemente che stiamo
affrontando solo una parte di un sistema che in realtà è complesso e
distribuito. È un’interfaccia che non cerca di celare la rimediazione in atto,
anzi la esalta e la sottolinea a tal punto che per l’utente finale scompare.
“The shooting of all of the films was spread out over two
years. For the sake of realism, Éric wanted the filming to
take place in the same light and weather conditions that
his two characters would have experienced during their
two-year investigation”.102
102
Dall’intervista a Philippe Boucher, operatore delle riprese del progetto In Memoriam,
consultabile presso il sito web In Memoriam, http://www.inmemoriam-
thegame.com/gb/gam3.htm (settembre 2004).
“Le riprese sono durate due anni. Per mantenere un senso di realismo, Éric ha voluto che le
sequenze avessero luogo nella stesse condizioni climatiche e di luce che avrebbero incontrato i
personaggi nei due anni di indagini”.
81
dilatazione nel tempo: per simulare la durata delle ricerche di Jack e Karen le
varie riprese sono state realmente effettuate a distanza di mesi.
82
l’avvicendamento degli elementi multimediali e spesso, per di più,
costituiscono una sorta di “punto di arrivo” di un percorso, permettendo al
giocatore di concludere ed accantonare una parte della ricerca.
103
Dall’intervista all’equipe responsabile di suoni e musica del progetto In Memoriam, intervista
consultabile presso il sito web In Memoriam,
http://www.inmemoriam-thegame.com/gb/gam3.htm (settembre 2004).
“Dunque, per concludere l'ambiente sonoro - ossia l'ideazione della struttura sonora e della
musica - crea uno strano clima mentre si gioca a In Memoriam,ed è un fattore fondamentale per
favorire l'immersione del giocatore nel mondo di questa strana avventura”.
83
cinematografico che è
utilizzato con buona
parte delle sue
potenzialità, può
essere migliorato e
implementato. Gli
enigmi sonori sono
ridotti e, alla fine,
meccanici e ripetitivi.
Due esempi di enigmi
sonori sono i moduli
Vari e Nephoemes. In
Vari il giocatore dovrà
Immagine 12 - L’altoparlante di Vari
ricostruire una frase
distorta acusticamente e dovrà “regolare” varie parti di un altoparlante
particolare con l’aiuto dello strumento audio fornito dal nostro compagno di
ricerche virtuale hacker.
84
2.1.7 Internet e i motori di ricerca
85
est fascinant c’est que ces informations peuvent parfois
être trouvées sur des sites indépendants du jeu”.104
E ancora:
104
Dall’intervista alla responsabile della parte on-line del progetto In Memoriam Delphine
Fenioux, consultabile presso il sito web In Memoriam,
http://www.inmemoriam-thegame.com/fr/gam3.htm (settembre 2004).
“Tutti i siti web sono stati creati sulla base di personaggi o società fittizie, il contenuto di questi
siti è un insieme di informazioni fasulle. Tuttavia, questi siti web assomigliano in tutto e per
tutto a siti web reali. Per affrontare il gioco è necessario possedere una connessione a Internet
per ritrovare una serie di indizi, che possono essere trovati anche nei libri. È interessante il fatto
che queste informazioni possono essere trovate anche su siti indipendenti dal gioco”.
105
“Cinque web designer hanno lavorato all'insieme di siti web. Per i siti personali hanno dovuto
informarsi sulla vita del personaggio, immaginare l'età, lo spirito... Per i siti professionali
abbiamo utilizzato la nostra esperienza nella creazione di siti web «istituzionali» per rendere i
siti web il più realistici possibile”.
86
capacità critica di scelta di ciò che è utile e di ciò che è fuori tema, di quelle
informazioni che sono attendibili e di quelle invece che sono fuorvianti se non
del tutto errate.
87
Le e-mail inviate durante la partita (in tempo reale oppure sfalsate
rispetto al momento di gioco) sono un altro delle novità introdotte da In
Memoriam. Se in altri generi (piuttosto sperimentali) di videogiochi come
l’ARG (Alternate Reality Gaming, paragrafo 2.2.2.3) è una prassi inviare e-mail
(perché il meccanismo di gioco, fondamentalmente, si basa su quel tipo di
comunicazioni), nel caso dei videogiochi classici (di qualunque tipologia e
genere) l’invio delle e-mail non è mai previsto. Come afferma la curatrice della
parte on-line, le e-mail avevano la doppia funzione di servire da aiuti o da
integrazione dell’informazione ricevuta dal giocatore dai siti web o dal gioco
stesso, ma anche lo scopo di rendere sempre più immersivo e coinvolgente
l’esperienza del giocatore. Le e-mail non vengono infatti inviate in modo
prevedibile, anzi, l’imprevedibilità temporale della ricezione di un messaggio
di gioco genera varie sensazioni nel fruitore: la sorpresa, perché a volte, dopo
aver interrotto la partita in corso, dopo anche alcune ore, si ricevono
messaggi e-mail che hanno a che fare con le indagini e che ci ricordano che
c’è qualcosa in sospeso; la pervasività, in quanto non possiamo più decidere
con esattezza quando giocare, è il gioco stesso che si riattiverà senza
preavviso, trascinandoci di nuovo nella spirale ludica. Ancora una volta, il CD-
ROM si dimostra solo uno dei tanti accessori per l’esperienza di gioco. Sempre
di più quindi il videogioco si configura come performance: il gioco prosegue e
reagisce ai nostri impulsi solo se noi partecipiamo e risponde di conseguenza
agli stimoli che noi (inconsapevolmente) inviamo. Le e-mail inviate non sono
uguali ad ogni partita. Se per caso impieghiamo molto tempo a risolvere un
enigma, ci verranno inviate più e-mail (con suggerimenti sempre più diretti),
altrimenti riceveremo un numero di e-mail inferiore. La e-mail è una parte
integrante del modo di comunicare del giocatore medio e quindi il fatto di
ricevere e-mail fittizie (che però non è possibile identificare come tali, in
quanto lo stile e le tematiche sono decisamente realistici) inaspettatamente ci
stimola a continuare la nostra performance, più che limitarsi semplicemente
ad aggiungere informazioni a quelle che già possediamo.
Come negli altri casi, anche questo canale comunicativo dimostra non
solo una tendenza sperimentatrice del mercato, che si dimostra propenso al
sincretismo e alla multimedialità, ma anche una sensibilità e una tendenza
comuni: l’utilizzo del servizio di posta elettronica è così diffuso che anche
possibile ricevere dei messaggi il lunedì o il martedì seguenti, e questo rafforza il senso di
immersione del gioco nella realtà quotidiana”.
88
questo mezzo si integra perfettamente nel percorso di ricerca e
apprendimento stimolato dal videogioco. Come nel caso dei browser, il gioco
cessa di essere esclusivamente un momento di evasione e distrazione per
trasformarsi in una sorta di apprendimento alternativo. Per utenti che hanno
scarsa dimestichezza con la posta elettronica (sia nel caso dei servizi on-line
che nel caso dei client installati in locale) il gioco diventa uno stimolo e un
“obbligo” ad imparare almeno le funzioni basilari di ricezione e archiviazione
dei messaggi. Per gli utenti esperti si verifica una riconfigurazione di un
mezzo utilizzato solitamente per scopi diversi da quello ludico (sempre come
nel caso dei browser e dei motori di ricerca).
89
Lastly, some of the elements were produced in 3D:
strange insects, for example, which give the game a
strikingly realistic appearance”. 107
Dopo aver individuato dei modelli a cui attingere e aver studiato una
linea grafica coerente con le tematiche di gioco, è stato necessario
armonizzare e uniformare lo stile. Degli elementi ricorrenti sono, per
107
Dall’intervista al responsabile della grafica del progetto In Memoriam Gérald Obringer,
consultabile presso il sito web In Memoriam,
http://www.inmemoriam-thegame.com/gb/gam3.htm (settembre 2004).
“Lo stile del serial killer, in pratica, è un insieme di influenze tratte da letteratura, fotografia e
cinema. È costituito dalla fusione di diversi elementi: fotografie di materiali, luoghi e corpi – e
anche disegni. Per alcune schermate, ho chiesto ai disegnatori di realizzare schizzi ispirati alle
incisioni antiche. Per altre, invece, abbiamo semplicemente ricreato le illustrazioni trovate in
alcuni testi di magia. Infine, alcuni degli elementi sono stati realizzati con la grafica 3D: strani
insetti, per esempio, che danno al gioco aspetto fortemente realistico”.
108
Per informazioni sulla produzione di Kyle Cooper consultare il sito
http://www.directorsnet.com/cooper/ (settembre 2004), per informazioni su Vaughan Olivier
consultare il sito http://www.leninimports.com/vaughanoliver1.html (settembre 2004) mentre
per informazioni su Maurice Dantec consultare http://maurice.g.dantec.free.fr/ (settembre
2004).
90
esempio, le fotografie dei cadaveri che appaiono all’improvviso sullo schermo,
oppure i colori, che, seppur vari e mai ripetitivi, si mantengono sempre sui
toni freddi, “materiali” reali (corde, scatole, fotografie strappate, petali, e così
via) da “toccare” con il mouse, da spostare, da utilizzare in alcuni casi.
Come per tutti gli altri elementi del gioco, l’elemento caratteristico di
ogni livello (e quindi, nell’ordine, Acqua, Terra, Aria, Fuoco) ha costituito il
punto di partenza per la scelta degli oggetti, dei colori e in generale dello
stile di ogni schermata: in Acqua, per esempio, avremo a che fare con
immagini di morte per annegamento, con enigmi e colori “acquatici”, con
riferimenti espliciti (non solo grafici, ma anche sonori) a tutta questa sfera di
significato.
Una buona presentazione del prodotto è consultabile presso il sito web AdventureGamers,
109
(settembre 2004).
91
Nel caso di Blue Ice è da
notare che la struttura dei
due giochi è completamente
differente e addirittura sono
stati realizzati con
tecnologie diverse. Tuttavia,
in entrambi i prodotti
ritorna lo stesso stile di
“arte sinaptica”. Per quanto
riguarda Blue Ice, alcune
schermate possono essere
esemplificative di come gli Immagine 15 - Un'immagine "sinaptica" di Tatlin
92
È un fenomeno curioso e interessante come la rielaborazione personale,
la creatività dei singoli, la sperimentazione convergano tutte, anche se
inconsapevolmente, verso creazioni e produzioni congruenti e simili.
“Il gioco si fissa subito come forma di cultura. Giocato una volta,
permane nel ricordo come una creazione o un tesoro dello spirito, è
tramandato, e può essere ripetuto in qualunque momento”. In questo modo
viene descritta una pratica che, in quanto attività culturale, ha le stesse
caratteristiche della letteratura o delle altre arti. Viene conferita una dignità al
111
J. Huizinga Homo ludens, Einaudi, Torino 2002.
112
Ibid., p. 3.
93
gioco, il quale è riconosciuto come meccanismo che permea la vita umana,
con una funzione sicuramente didattica e pedagogica. Nel caso delle gare e
degli agoni, infatti, ma anche nel caso degli indovinelli, degli enigmi, delle
sciarade, Huizinga osserva che il giocatore, alla fine del gioco, ha acquisito
conoscenze nuove o ne ha consolidate di preesistenti. Questa introduzione
all’opera del filosofo olandese serve per suggerire come In Memoriam (ma, in
realtà, anche i videogiochi in generale) riprenda fedelmente le caratteristiche
di gioco proposte in Homo ludens e di come, poi, ne introduca di nuove.
113
Ibid., p. 16.
114
R. Callois, Les Jeux et les Hommes, le Masque et le Vertige, Editions Gallimard, Paris 1967 (tr.
It. I giochi e gli uomini, la maschera e la vertigine, Bompiani, Milano 1981).
94
esempio), ossia sul videogioco. Fraschini, nel suo saggio “Videogiochi & new
media”115 applica la divisione in generi di Callois ai videogame.
Nei paragrafi seguenti analizzerò alcune tipologie di gioco (sia reali che
digitali), gli elementi di novità che hanno introdotto nel panorama ludico e le
influenze che hanno avuto su In Memoriam.
115
B. Fraschini, “Videogiochi & new media”, saggio contenuto nel volume M. Bittanti, Per una
cultura dei videogiochi, Edizioni Unicopli, Milano 2002.
116
Ibid., p. 91.
95
A causa della sua struttura fortemente sperimentale, l’inserimento di In
Memoriam all’interno dei generi di videogiochi attualmente esistenti risulta
problematico. Sicuramente non si inscrive in nessuna delle categorie
videoludiche attualmente esistenti ma, credo, è possibile definire questo
prodotto con un’intersezione delle caratteristiche di più generi (paragrafo
2.2.2). È sicuramente possibile, inoltre, trovare analogie con giochi non virtuali
ma reali, che condividono con In Memoriam le stesse caratteristiche di
rimediazione e che fondono il momento di gioco con la vita quotidiana.
Esistono vari esempi di queste tipologie di giochi (e più in generale, di generi
di intrattenimento). Vengono qui presi in analisi, a livello esemplificativo, il
gioco della caccia al tesoro (comprese le varianti sorte con la rivoluzione
digitale) e i giochi di ruolo (con il caso specifico di Killer).
117
Voce “Caccia” in Enciclopedia Multimediale Rizzoli Larousse, RCS Libri, Milano 1998.
96
Il gioco della caccia al tesoro non ha regole fisse o limitanti. È una sorta
di idea guida, un canovaccio, che può essere modificato in modo creativo al
fine di inventare varianti innovative, originali e sempre più avvincenti.
118
Informazioni tratte dal sito web Geocaching Italia, http://www.geocaching-italia.com
(settembre 2004).
97
dobbiamo dirigerci per raggiungere un determinato
punto”.119
Esistono siti web dedicati a questo sport sui quali gli appassionati si
scambiano le coordinate per il ritrovamento dei cache. Quando un cercatore
trova un cache, lo segnala sullo stesso sito web, in modo tale da evitare
ulteriori ricerche ad altri partecipanti. Come nella caccia al tesoro reale, le
regole sono poche. Il percorso per raggiungere il luogo in cui è nascosto un
determinato oggetto varia a seconda di chi intraprende la ricerca.
119
Informazioni tratte dal sito web GPScomefare, http://www.gpscomefare.com/ (settembre
2004).
120
Sito web ufficiale VeGame, http://www.eliosmultimedia.dibe.unige.it/vegame/index.html
(settembre 2004).
98
“La formula del Gaming mobile applicata può aiutare gli
utilizzatori nel momento preciso della loro esperienza
culturale, quando avviene il contatto o la relazione con
l'artefatto storico, culturale, artistico, naturalistico di
interesse (…) VeGame consente l'esplorazione attiva del
territorio Veneziano attraverso calli, canali, campi,
chiese, palazzi per conoscere e approfondire le attività
locali. I giocatori sono organizzati in squadre (…).
VeGame ha il suo antenato storico nella caccia al tesoro:
le squadre che partecipano al gioco sono invitate a
percorrere le tappe di un percorso tracciato attraverso i
punti di interesse della città di Venezia: a ogni tappa ai
giocatori sono somministrate cinque prove da superare:
solo al completamento delle prove previste nella tappa il
giocatore potrà avanzare nel percorso. I giochi presentati
appartengono a 13 differenti tipologie, pensate per
raggiungere determinati obiettivi e stimolare
l'acquisizione di differenti skills (…)”.121
121
Informazioni tratte dal sito web http://www.futurecentre.telecomitalia.it/xploramain-
articolo.asp?sezione=9&id=35 (settembre 2004).
99
giocatori non sono più unicamente volti al divertimento. È possibile infatti
giocare per il semplice gusto di farlo, ma questa tipologia particolare di gioco
implica sempre un apprendimento, una conoscenza con cui, volente o nolente,
il giocatore deve rapportarsi. In questo caso (come in altri esempi di
trasfigurazioni post-moderne della realtà) ci sono diversi livelli di fruizione. È
possibile un approccio più ingenuo che mira semplicemente alla risoluzione
degli enigmi e al completamento del percorso al fine di ottenere il premio
(come nel caso delle cacce al tesoro on-line, che prevedono la ricerca di
informazioni su Internet e che premiano chi per primo risponde ad una serie
di domande, ponendo quindi l’accento sulla rapidità più che sull’elaborazione
e sull’interiorizzazione dell’informazione ricercata) ma è sicuramente
possibile (e spesso privilegiato) un approccio più critico e consapevole, in cui
il giocatore non si limita a compiere meccanicamente un percorso, ma in cui
lo stesso “cercare” assume una connotazione metaforica di esplorazione della
conoscenza. Sia nelle ricerche su Internet, che nel Geocaching che nel VeGame
(e quindi in molti altri esempi di cacce al tesoro sui generis) i partecipanti, al
termine dell’esperienza, hanno concretamente imparato qualcosa: possono
aver acquisito la capacità di utilizzare un motore di ricerca, oppure possono
aver imparato a configurare e interagire con un sistema GPS o ancora possono
aver scoperto nozioni storiche e culturali di una città come Venezia (sarebbe
interessante estendere il progetto anche ad altre città), il risultato è che il
gioco ha effettivamente avuto, anche se in maniera non tradizionale, una
funzione didattica che, grazie alla componente ludica, ha avuto maggior presa
proprio perché proposta in modo alternativo.
122
Wikipedia, “Gioco di ruolo”, http://it.wikipedia.org/wiki/Gioco_di_ruolo (settembre 2004).
100
I giochi di ruolo nascono e si sviluppano a partire dagli anni settanta.
Come nel caso della caccia al tesoro, questo gioco ha una struttura molto
aperta: le regole sono solo delle indicazioni generiche da rispettare, ma ogni
giocatore può inventare scenari, partite, personaggi a seconda della propria
creatività.
101
Questo interessante tipo di gioco ha subito, dalla sua nascita, molte
evoluzioni, modifiche, innovazioni. Grazie alla sua struttura aperta, infatti,
sono nate nuove tipologie di gioco di ruolo con elementi fortemente originali.
Il caso del gioco di ruolo Killer è un esempio. Come nei giochi di ruolo
tradizionali i giocatori hanno una missione precisa (il raggiungimento di un
luogo, la liberazione o il ritrovamento di qualcuno o qualcosa, ecc.), anche in
questo caso esiste un obiettivo finale del gioco. Il nome Killer è emblematico:
lo scopo è quello di uccidere delle “prede” che vengono man mano assegnate
ai vari killer dal master del gioco. La differenza fondamentale che caratterizza
questa esperienza ludica (e anche altre, simili nel concetto ma diverse nella
“trama”) è che il gioco non è solamente verbale, ossia il momento di gioco non
è limitato alla narrazione che avviene con la guida del master. Il gioco, invece,
si svolge nella vita quotidiana dei giocatori, che devono completare la
missione in qualunque momento, inaspettatamente e, possibilmente, senza
essere scoperti dagli altri partecipanti. Insomma, il gioco avviene in segreto,
non esiste un momento preciso e codificato in cui i partecipanti decidono di
giocare. Esiste un intervallo di tempo all'interno del quale è possibile che
avvenga qualcosa. Ma non si può sapere né cosa né quando né dove.
Ovviamente, trattandosi di un gioco, le uccisioni saranno solamente
simboliche e le armi utilizzate saranno solo ed esclusivamente quelle descritte
nel manuale e avranno un valore simbolico e metaforico. Queste armi,
assolutamente inoffensive, ma che richiedono ingegno e fantasia nella
realizzazione, simboleggeranno diversi tipi di attacco. Come si intuisce da
queste poche regole di gioco123, i giocatori non vengono coinvolti dal
processo ludico in momenti precisi, ma il gioco può “avvenire” in qualsiasi
momento e, in pratica, in qualsiasi luogo. Lo scopo del killer è quello di
uccidere la preda assegnatagli dal master, e starà al killer decidere momento,
luogo e modalità. Di fondamentale importanza è il fatto che la violenza fisica
123
Per informazioni più approfondite sulle regole di Killer si rimanda al sito italiano non ufficiale
Killer, Unofficial site, http://www-utenti.dsc.unibo.it/~gavanell/ig/home.htm e al sito ufficiale
inglese Killer, The Assassination Game, http://www.sjgames.com/killer/ (settembre 2004).
102
reale non è assolutamente permessa. Tutto avviene in modo simbolico.
L’aspetto interessante di questo GDR è la sua capacità di permeare e
modificare la realtà. Gli ambienti più familiari e gli oggetti e gli strumenti di
uso comune si trasformano in potenziali pericoli. Per esempio, un’arma
decisamente divertente è la banana: questa simboleggia una pistola e quindi
può essere perfetta per un assassinio. Un sacchetto di coriandoli si trasforma
in una granata letale, una sveglia è una bomba, perfino il timer della cucina
diventa un’arma per uccidere.
103
risolvere varie tipologie di enigmi o puzzle (paragrafo 2.1.3). La maggior parte
degli enigmi è di tipo logico, ossia è necessaria rielaborare certe informazioni
in modo funzionale. L’informazione, però, non è fornita all’interno del
contesto di gioco: esattamente come in una caccia al tesoro, vengono dati
indizi che presuppongono un’ulteriore ricerca. Questa ricerca va effettuata
principalmente su Internet, nell’infinita rete di siti web, che si trasforma così
in uno sconfinato territorio di caccia all’informazione. Indizi, indovinelli,
sciarade, quindi, ma anche riconfigurazione del reale, come nel caso del gioco
di ruolo Killer. Gli strumenti per il gioco e la ricerca sono i browser, la posta
elettronica, in pratica supporti che conosciamo bene ma che abitualmente non
utilizziamo per fini ludici. Inoltre, sempre come in Killer, c’è atemporalità di
gioco. Certo, il fruitore di In Memoriam può decidere quando riattivare
l’interfaccia primaria di gioco che risiede sul CD-ROM, ma non è possibile
sapere quando arriveranno le e-mail e, più in generale, non è possibile
circoscrivere il momento di gioco perché la ricerca su Internet può avvenire in
qualsiasi momento, così come la ricezione delle e-mail.
104
cercare ulteriori elementi sull’esoterismo, sull’alchimia e sui filosofi citati nel
corso del gioco.
105
2.2.2.1 Avventura Grafica?
106
mondo di gioco, sono due realtà distinte: da un punto di vista spaziale,
perché il gioco avviene nella dimensione virtuale dello schermo del computer;
da un punto di vista temporale perché il videogioco avviene solo in
determinati momenti ben precisi, ossia quando il giocatore decide di giocare,
ma anche e soprattutto da un punto di vista concettuale, perché le regole che
valgono in Myst non sono sempre le stesse che valgono nel mondo reale. La
realtà e il momento ludico non hanno altro punto in comune se non il
giocatore che decide di permeare, per un po’ di tempo, la sua realtà con la
virtualità dell’esperienza del videogame.
125
Citazione tratta dalla copertina della confezione italiana di In Memoriam, distribuita dalla
UbiSoft.
107
grafiche, ma il contesto è diverso, in quanto lo spazio di navigazione in cui
l’utente si trova immerso non è quello di una realtà ricostruita digitalmente,
ma quello di un CD-ROM “artistico” attraverso cui il rapitore (nonché serial
killer) vuole mettersi in contatto con i potenziali fruitori e dimostrare tutta la
sua genialità. Partendo quindi dal presupposto che il supporto di gioco non è
un gioco, si modifica radicalmente la funzione del giocatore: non deve, infatti,
risolvere enigmi all’interno di una simulazione, ma deve risolvere enigmi nella
realtà. Il CD-ROM è solo il punto di partenza per le indagini da compiere. Nel
CD-ROM non si trovano risposte, ma solo domande che rimandano altrove: e
altrove non significa in un’altra schermata del videogioco, ma in un altro
medium.
108
Nel videogioco In Memoriam esiste un solo “ruolo” che il giocatore deve
obbligatoriamente interpretare, ossia quello di un indagatore fittizio che
collabora con un agenzia di contenuti multitematica altrettanto fittizia come
la SKL per ritrovare altri due personaggi, sempre fittizi. Questo ruolo, da una
parte, è ben definito e assolutamente non modificabile: noi facciamo parte dei
“buoni”, dobbiamo aiutare nelle indagini e quindi siamo contro il serial killer
(in un RPG avremmo potuto scegliere di essere noi stessi il serial killer, oppure
suoi aiutanti, o ancora decidere che ruolo ricoprire, se di personaggi positivi o
negativi). D’altra parte, però, la caratterizzazione del nostro ruolo termina
qui. Il videogioco non ci “impone” delle abilità o delle caratteristiche. Non
dobbiamo rispettare limiti di azione o “strategici”. Noi siamo e restiamo noi
stessi (il tema della soggettività viene analizzato dettagliatamente nel
Capitolo 3) e, al di là del ruolo di “indagatori” che ci conferisce il gioco,
possiamo contare su tutte le nostre capacità (e limitazioni), sulle nostre
conoscenze e sui nostri mezzi reali per risolvere gli enigmi che La Fenice (il
serial killer) ci propone. Esistono vaghe analogie, quindi, con il computer RPG,
ma anche molte differenze. Molto importante è il fatto che noi interpretiamo
noi stessi e che la caratterizzazione del nostro personaggio non dipende da
regole prestabilite, ma solamente dalle nostre abilità.
Restando nel campo dei RPG, è opportuno accennare anche al caso dei
MMORPG (Massively Multiplayer On-line Role Playing Game) giochi di ruolo che
utilizzano la connessione ad Internet, come fa anche In Memoriam. I MMORPG
sono giochi di ruolo on-line, in cui i giocatori hanno degli avatar virtuali ben
caratterizzati, proprio come nel computer RPG. I giocatori devono interagire in
un ambiente virtuale popolato da altri avatar di giocatori reali e devono
sfruttare le caratteristiche del proprio personaggio per esplorare il “mondo” e
per prevalere negli scontri con gli altri. Deve essere chiaro, però, che i
meccanismi che stanno alla base dei MMORPG e di In Memoriam sono
profondamente diversi: nel caso dei MMORPG, la connessione serve per
proiettare il proprio avatar digitale in rete e per interagire con gli avatar
digitali di altre persone reali. Nel caso di In Memoriam, invece, non esiste
alcun avatar digitale e la connessione ha la duplice funzione di permettere al
giocatore di utilizzare la sconfinata rete di siti web come base per la ricerca di
informazioni utili e quella di trasmettere i dati della partita a un database
centralizzato, che in questo modo può interagire con il giocatore inviandogli
109
e-mail coerenti con il punto della partita in cui si trova. La connessione quindi
è necessaria per effettuare ricerche su Internet, per ricevere e-mail che
sembrano provenire da altri individui ma che in realtà sono generate da un
programma, ma alla fine la fruizione di questo gioco è sempre solitaria. Non
esiste mai e in nessun caso uno scambio di informazioni reale con un altro
essere umano.
2.2.2.3 ARG?
Il sito di riferimento principale per questo genere è ARGN – Alternate Reality Gaming Network,
126
110
mail, incontri in chat room e, nei casi più organici e ben strutturati, sms,
telefonate e messaggi di posta reali. Il giocatore deve rispettare i tempi di
gioco, in quanto è consapevole di avere un tempo limitato per la risoluzione
degli enigmi e per il reperimento delle risorse utili. Questa necessità di
seguire un ritmo serrato porta alla nascita naturale di forum di discussione e
di “alleanze” tra diversi giocatori. Come riporta anche la definizione, spesso
un giocatore singolo non è in grado di superare determinati ostacoli e ha
bisogno di una squadra. In questo modo il gioco si trasforma in un’indagine
reale, e sfrutta mezzi e tecnologie che abitualmente hanno finalità serie.
111
esistono esempi di utilizzo della posta ordinaria, indizi su stampa, pubblicità,
televisione o addirittura telefonate. Sicuramente il livello di immersività e
coinvolgimento degli ARG è maggiore di quello dei videogiochi
commercializzati, ma bisogna anche notare che questo è un genere di nicchia,
fruito quasi esclusivamente da “esperti del settore”, non da utenti medi.
Infine, la partecipazione a un ARG è gratuita, in quanto questi giochi non
vengono venduti, ma sono liberamente fruibili da chiunque e tendono anzi a
stimolare la partecipazione, l’aggregazione e la creazione di comunità di
appassionati.
112
accurato procedimento di estensione del contesto di gioco alla sfera del reale,
trasporta gli elementi ludici nella realtà del giocatore. Il fruitore di In
Memoriam non si trova davanti ad un CD-ROM che riproduce un ambiente di
gioco virtuale, ma si trova davanti a un supporto che viene riconosciuto come
tale, ossia come un semplice CD-ROM contenente dei giochi e degli enigmi,
non come un videogioco. Questo CD-ROM è, in pratica, solo una parte del
gioco complessivo che il giocatore si accinge ad affrontare. Gli enigmi
presenti nel supporto devono essere risolti per aiutare nel reale delle persone
che sono state rapite. Inoltre, il CD-ROM è solo una delle tante interfacce che
è necessario utilizzare per proseguire nella storia (due delle altre sono il
browser per navigare in Internet e il programma di posta elettronica). Noi
restiamo noi stessi nel nostro ambiente quotidiano, all’interno del quale,
però, si inseriscono informazioni, documenti, filmati e anche giochi virtuali
che fanno tutti parte del videogioco.
113
2.3 Temi e motivi: i serial killer, la Fenice e le dottrine
esoteriche
Il serial killer è una figura molto complessa, frutto del percorso lungo e,
spesso, travagliato di un individuo che giunge a sopperire a un proprio
disagio per mezzo di atti violenti nei confronti di altri.
128
Per questo, si segnalano due testi specifici sull’argomento, da cui sono state tratte alcune
delle informazioni qui riportate: Robert I. Simon, I buoni lo sognano i cattivi lo fanno, Raffaello
Cortina Editore, Milano 1997 e anche Bruno Francesco, Inquietudine omicida - I serial killer:
analisi di un fenomeno, la Nuova Phoenix, Roma 2000.
114
“Il comportamento criminale, o comportamento
antisociale dell’adulto, come viene definito dagli
psichiatri, ha un’ampia gamma: persone normali che si
guadagnano da vivere in maniera disonesta, (…) individui
spinti al comportamento criminale dal senso di colpa, (…)
persone che hanno lesioni cerebrali, per nascita o perché
prendono droghe”.129
Non è ben chiaro quanti siano stati gli omicidi commessi dalla figura
ormai diventata mitica di Jack lo Squartatore, anche se, nel corso delle
indagini, gli sono stati attribuiti solo i cinque omicidi avvenuti nel quartiere
129
R. I. Simon, I buoni lo sognano i cattivi lo fanno, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997, p. 47.
130
Ibid., p. 65
115
londinese di Whitechapel.131 Le vittime appartenevano tutte alla stessa classe
sociale (erano prostitute che vivevano nei sobborghi) e le modalità di
uccisione, o meglio, il modus operandi di Jack lo Squartatore era costituito da
una sorta di rituale, rispettato in tutti e cinque i casi. Inizialmente si pensò
anche che l’assassino comunicasse con Scotland Yard attraverso lettere e
cartoline, firmandosi appunto Jack the Ripper (da qui era nato il suo pittoresco
nome), ma è stato recentemente scoperto che l’autore reale delle lettere fu in
realtà un giornalista. La figura di Jack lo Squartatore è interessante da vari
punti di vista. Innanzitutto, comprende quelle caratteristiche che saranno
tipiche anche di serial killer successivi: l’efferatezza, innanzitutto, la scelta
uniforme (o comunque secondo un criterio ben preciso) delle vittime,
l’abitudine di raccogliere un “trofeo” per ricordare il crimine, la volontà di
comunicare (e, forse, in un certo senso, di giocare) con gli inquirenti. Come
afferma Larry S. Barbee,
131
Le informazioni sul caso di Jack lo Squartatore sono tratte dal sito web Casebook, Jack the
Ripper, http://www.casebook.org (settembre 2004).
132
Informazione tratta dal sito web http://www.casebook.org/intro.html.
“Jack the Ripper è restato famoso negli anni per molte ragioni. Non è stato il primo serial killer,
ma è stato di sicuro il primo ad apparire in una grande città in un periodo storico in cui la
popolazione, in genere, era diventata colta e la stampa aveva acquisito il potere per effettuare
un cambiamento sociale”.
116
di Whitechapel non è stata mai scoperta e questo personaggio si è
trasformato negli anni in una figura mitica e insieme significativa. Il mito
legato a questo assassino deriva dal fatto che non è mai stato identificato un
colpevole. Sono state portate avanti, negli anni, varie ipotesi, e, a riguardo,
sono stati scritti libri e girati film.
133
R. I. Simon, op. cit., p. 178.
134
L'argomento dell'identificazione proiettiva verrà approfondito meglio nel paragrafo 2.3.2, a
proposito della Fenice, serial killer di In Memoriam.
117
mancanza di considerazione per gli altri, è il segno distintivo dello
psicopatico, e, secondo me, l’origine di ciò che si usa chiamare il male”.135
135
R. I. Simon, op. cit., p. 178.
136
Informazione tratta dal sito http://www.grandinotizie.it/dossier/011/fatti_perche/009.htm.
137
R. I. Simon, op. cit., p. 383.
118
sistema di valori che è più infantile che adulto”.138 Non esistono quindi freni
inibitori e, nel caso di psicopatologia aggressiva, si giunge allora all’omicidio.
Quindi, in questo caso non reale come in altri casi, invece, reali, il serial
killer è un uomo privo di scrupoli e con un sistema di valori confuso pronto a
compiere qualunque gesto pur di alleviare il proprio disagio esistenziale.
138
Ibid., p. 35.
119
e, nell’economia del gioco, il serial killer è sicuramente il personaggio che ha
più influenza sul giocatore e da cui il giocatore è più suggestionato.
Come per altri elementi (le “appendici” on-line, ossia i siti web e le e-mail,
già descritti nel paragrafo 2.1, oppure la tematica che sottosta a tutta la
narrazione, come verrà illustrato nel paragrafo 2.3.3), anche nel caso della
figura del serial killer rituale gli ideatori e gli sviluppatori del gioco hanno
prestato la massima cura a tutti i dettagli, costruendo, anzi, creando, in
questo modo, un personaggio tanto verosimile da sembrare reale.
Per effettuare un’analisi del personaggio del serial killer e della sua
psicologia, così abilmente ricostruita in In Memoriam, sarebbe necessaria una
trattazione ampia e dettagliata, con riferimenti alla psicologia criminale, alla
psicopatologia deviante, alla criminologia, e così via. Non essendo possibile
affrontare l’argomento in modo esauriente, si cercherà di approfondire
solamente alcuni tratti dello psicopatico e del serial killer, evidenziando come
La Fenice sia un personaggio coerente e ben definito, anche se fittizio. Oltre a
un testo di psicologia criminale già citato (I buoni lo sognano i cattivi lo fanno,
di Robert I. Simon), verrà fatto riferimento anche alle e-mail che il giocatore
riceve durante il gioco dallo psicologo David Marcus (ennesimo personaggio di
gioco), che traccia un profilo completo ed esaustivo dell’assassino.
Uno dei primi tratti patologici che ritroviamo nel serial killer è quello del
narcisismo: “(…) lo psicopatico manifesta tipicamente un senso di importanza,
o narcisismo, che si palesa come un egocentrismo esagerato”.140 Questo è il
caso della Fenice: il serial killer del videogioco è un artista-narcisista, violento
139
R. I. Simon, op. cit., p. 1.
Ibid. p. 31.
140
120
e truce, che vuole un pubblico per i suoi “spettacoli”; altrimenti, infatti, non
avrebbe alcun riscontro della sua grandezza e della sua genialità. David
Marcus, lo psicologo virtuale che comunica con il giocatore tramite e-mail
durante il gioco, lo definisce così:
E ancora:
“We are faced with just one man who is aware of his
'genius' and is looking for a sort of recognition through
his 'work', which is a characteristic found in certain serial
killers”.143
141
Questa e le seguenti citazioni dello psicologo David Marcus sono tratte dalle e-mail che il
giocatore riceve nel corso della partita.
“La Fenice è particolarmente dotato dal punto di vista intellettivo e sembra essere spinto da
idee che sono alimentate da fonti inesauribili di fatti devianti. Mentre attendiamo di avere
maggiori informazioni sui suoi spostamenti, la Fenice si presenta come un individuo senza
radici, un vagabondo su scala europea e incredibilmente solitario. È sessualmente frustrato. È
insensibile, immorale, ostinato e instabile, tutti attributi questi che sono tipici di una
personalità psicopatica.
“Lo pseudonimo scelto dalla fenice è un tentativo di stimolare l'ammirazione altrui. Abbiamo
142
a che fare con una persona molto fiera e sicura di sé. Bisognerà essere molti cauti nel trattare
con una persona di questo tipo di psicologia, che va di pari passi con il narcisismo”.
121
Sicuramente, un serial killer come La Fenice non prova né empatia né
affetto, ma antepone a dei “normali” sentimenti umani le sue credenze
mistico-religiose: è infatti disposto a commettere omicidi rituali al fine di
completare il proprio percorso di iniziazione. L’atto antisociale, è implicito,
consiste nell’omicidio, la forma più aberrante e irreparabile di crimine contro
l’uomo. “Le due caratteristiche fondamentali che distinguono gli psicopatici
sono l’incapacità di provare un’empatia e un affetto normali nei confronti
degli altri e il comportamento ripetuto di atti antisociali”144. Sempre
coerentemente con gli studi e le teorie di psicologia criminale, La Fenice
dimostra un’assoluta mancanza di rispetto nei confronti di ciò che è altro da
sé per raggiungere i propri scopi. Come riporta Simon, “Ciò che il mondo
chiama male ha origine in gran parte dall’egocentrismo patologico di individui
che perseguono una gratificazione immediata e usano gli altri per glorificare
se stessi”145: un profilo perfettamente in linea con quello ideato per il serial
killer del videogioco. David Marcus, nella finzione del gioco, ci scrive “Are Jack
Lorski and Karen Gijman in great danger? If you consider that they have fallen
into the hands of someone who has no hesitation in killing, then the answer is
yes”. Oppure: “People are cruelly eliminated without the slightest apparent
emotion and probably without any remorse”.
Il fatto che La Fenice sia “affiliato” ad un particolare culto ha, a sua volta,
una certa importanza. I limiti di demarcazione tra il culto e la setta non sono
molto chiari. Tuttavia, nel caso specifico di In Memoriam, ritengo sia più
giusto parlare di culto, in quanto l’adesione ai precetti morali e filosofici del
“credo” non coinvolge un ampio numero di adepti, ma viene vissuto,
principalmente, in modo solitario (questo è, comunque, un altro degli
elementi che rimangono insoluti al termine del gioco e delle indagini: non si
sa se il serial killer sia veramente un individuo isolato o se i delitti siano stati
commessi da un gruppo più ampio di persone).
143
“Ci troviamo di fronte a un uomo che è conscio del suo “genio” e che sta cercando una sorta
di riconoscimento attraverso il suo lavoro, caratteristica questa tipica di alcuni serial killer”.
R. I. Simon, op. cit., p. 32
144
145
Ibid.
122
normali. I culti assassini si collocano all’estremo deviante
della gamma”.146
È proprio questo che succede nel videogioco: esiste un corpus scritto, sia
fittizio che reale (siti web da cui i giocatori devono attingere le informazioni
sono stati creati appositamente per il gioco, ma anche testi storici, come le
opere dei vari filosofi citati, che esistono indipendentemente dalla finzione
ludica) a cui il giocatore deve attingere per ottenere le informazioni necessarie
a proseguire le ricerche.
146
Ibid., p. 77.
147
Ibid., p. 205.
148
Ibid., p. 178.
149
“La Fenice agisce in base a pulsioni ricorrenti, che tiene a bada per lunghi periodi
trasformandole in speculazioni astratte. Gli omicidi vengono commessi in base a un preciso
schema e insieme di regole, sotto la spinta di una cogizione interna molto precisa, come se
stesse seguendo un percorso ben definito”.
123
vengono inseriti elementi di varie culture, addirittura in lingue diverse, il che
presuppone un notevole grado di istruzione da parte dell’ideatore. Come
riporta sempre un’e-mail di David Marcus:
150
“Creando puzzle e dando indizi sparsi e giocando continuamente a scoprire le informazioni
che ci vuole dare, la Fenice si mostra come un individuo manipolatore e molto intelligente”.
151
R. I. Simon, op. cit., p. 197.
124
“Con la scissione buono-cattivo, il leader della setta
svaluta e respinge le parti “cattive” del mondo (e di ogni
persona), mentre idealizza le parti “buone”. (…) In chi
scinde il mondo così, la consapevolezza della parte
odiata del sé viene sommersa e proiettata sul mondo
esterno”.152
152
Ibid.
125
- inconsciamente il soggetto, quando entra in relazione con
quell’oggetto, lo porta a provare le cose che sono state proiettate su
di lui”.153
Alla luce di questi elementi sulla personalità del serial killer del gioco, è
lecito domandarsi la verosimiglianza del “finale”: Jack e Karen, i due rapiti,
vengono ritrovati sani e salvi. Questo potrebbe essere in contrasto con la
psicologia della Fenice fin qui descritta, invece collima perfettamente con il
suo piano che il fruitore ha modo di comprendere lentamente, nel corso del
gioco. Dopo i dodici omicidi commessi a scopo rituale, la Fenice, come già
detto, aveva bisogno di un riconoscimento, in un certo senso di un pubblico a
cui mostrare il suo percorso e che fosse consapevole di tutte le sue azioni. Il
metodo migliore, per diffondere un messaggio del genere, era quello di rapire
le due persone che stavano indagando su di lui e far compiere quelle stesse
indagini anche a molti altri individui. Jack e Karen, che avevano posto le basi
per la ricerca, vengono quindi intrappolati e tenuti in ostaggio, ma non uccisi:
loro, secondo la psicologia malata dell’assassino, non erano colpevoli, come le
altre vittime. Erano anzi uno strumento attraverso il quale raggiungere
visibilità. Hanno svolto degnamente il loro compito e sono stati quindi
liberati. È proprio questa, infatti, la sensazione che il giocatore ha alla fine
153
Ibid., p. 197.
“In ogni caso egli non si stente colpevole. Al contrario, si ritiene in grado di diffondere la
154
giustizia. Il sentimento di colpa è completamente stato eliminato dalla sua coscienza ed è stato
proiettato e attribuito ad altri: le sue vittime sono i veri colpevoli”.
126
della partita. Un lieto fine, certo, con i due rapiti che tornano a casa illesi, ma
anche una sorta di perplessità: la Fenice è riuscito a sfuggire alla cattura e
non è possibile capire con esattezza se siamo realmente stati noi a ritrovare
Jack e Karen oppure se è stato il serial killer a permetterci di recuperarli.
Questo è uno dei punti oscuri del gioco, che si può considerare effettivamente
concluso, ma che rimane aperto per un eventuale seguito (in uscita nel 2005).
Il serial killer sembra mantenere costantemente il controllo della situazione e
il giocatore ha il forte sospetto di essere stato manipolato e condotto dove
voleva il rapitore. Sicuramente, la Fenice ci ha fatto compiere in modo
inconsapevole un percorso iniziatico più “blando” ma analogo al suo. Come
afferma egli stesso nell’ultima e-mail che ci invia:
In linea con psicologia serial killer, che vuole compiere (e nello stesso
tempo, farci compiere) un percorso iniziatico, anche il tema con cui il
giocatore ha a che fare implica un “avvicinamento al divino”: questo è infatti lo
scopo della magia, della magia astrale e dell’Ermetismo, basi filosofiche della
corrente esoterica seguita dalla Fenice.
155
“Tutto è stato programmato. Tutto. Sapevo che prima o poi qualcuno sarebbe riuscito a
risolvere i miei enigmi. Se non fossi stato tu, sarebbe stato qualcun altro. Sapevo che sarebbero
arrivati e che li avrei liberati, un giorno o l'altro. Sono arrivati, ma non mi hanno trovato. Quando
sono giunti qui per liberarli, io me n'ero già andato”.
127
filosofica sia dettata da motivazioni che vanno al di là della semplice ricerca
della suspense o della presentazione di argomenti “esotici” e insoliti al
giocatore. È certamente vero che l’organizzazione dei contenuti interni al
gioco (grafica, suoni, elementi testuali) e di quelli esterni (siti web ed e-mail) è
studiata in modo tale da avvincere e interessare il fruitore, però questo non è
l’unico obiettivo perseguito.
156
H. C. Puech, Esoterismo, spiritismo, massoneria, Biblioteca universale Laterza, Roma-Bari
1988-1991.
128
approfondita del suo macabro rituale. Se l’esoterismo è la base generale, la
“dottrina” più specifica che viene presentata al giocatore è quella
dell’Ermetismo. Anche in questo caso occorre una precisazione. L’Ermetismo
ha origine, storicamente, con la figura di Ermete Trismegisto 157, iniziatore del
culto egizio ed ellenico, ed è proseguito poi con la tradizione alessandrina,
fondata sul Corpus Hermeticum. Come ogni forma esoterica, però, anche
l’Ermetismo non è costituito da una corrente unica e ben definita. Anzi, nel
corso dei secoli, questa dottrina è mutata e si è evoluta, fino ad arrivare al
Medioevo, periodo in cui si è per così dire “fusa” con l’alchimia. L’Ermetismo
contenuto nel gioco e quindi la corrente ermetica che a noi interessa
conoscere è quella della tradizione ermetico-alchemica. 158
157
Secondo vari studi, il filosofo Ermete Trismegisto non sarebbe una figura storicamente
esistita, ma semplicemente un “simbolo”, l’iniziatore ideale di una corrente di pensiero che
riuniva varie dottrine antecedenti.
158
“(…) prenderemo il termine “Tradizione Ermetica” nel senso speciale che il Medioevo e il
Rinascimento gli hanno dato. Non si tratta dell’antico culto egizio ed ellenico di Ermete, non si
tratta solamente delle dottrine comprese nei tesi alessandrini del cosiddetto Corpus
Hermeticum. Nell’accennata accezione l’ermetismo è intimamente connesso con la tradizione
alchemica”. J. Evola, La tradizione ermetica: nei suoi simboli, nella sua dottrina e nella sua arte
regia, Edizioni Mediterranee, Roma 1996.
159
Informazioni tratte dal sito web De Magia, http://www.demagia.net/it/hermes.html
(novembre 2004).
129
Quindi, l’obiettivo finale, per Ermete Trismegisto, non era la
manipolazione della natura per scopi venali o materiali, bensì l’utilizzo e la
comprensione dei principi di piante, animali e simboli naturali per effettuare
un percorso di iniziazione e di avvicinamento al divino. Inoltre, è da
sottolineare l’importanza che, nell’alchimia, ricopre il processo di formazione:
l’alchimista, all’inizio dei suoi esperimenti, è grezzo come i materiali che
tratta e che cerca di “trasmutare”. Procedendo con la raffinazione dei metalli e
quindi acquisendo nuove abilità, nuove conoscenze, anche l’alchimista si
modifica e si migliora, si affina, per così dire.
Molti sono i filosofi che, in vari periodi, si sono ispirati a questa dottrina
per la formulazione delle loro teorie e per i loro “esperimenti pratici”. In In
Memoriam è stata effettuata un’attenta ricostruzione delle correnti di
pensiero che costituiscono la base del “credo” del serial killer La Fenice: la
documentazione, le informazioni, tutto è stato accuratamente selezionato per
poi essere utilizzato in maniera funzionale al procedere della narrazione.
130
soprattutto, traduttore dal greco dell’opera di Ermete (ma anche degli Oracoli
Caldaici e degli Inni Orfici, tutti testi che avevano sicuramente forti
connessioni con diverse forme di ermetismo), aderiva in pieno al concetto
originario di alchimia: Ficino riteneva infatti che tutte le cose fossero
costituite e permeate da Spiriti sottilissimi, in particolare dagli Spiriti degli
Astri, che accomunano tutta la realtà. Il vero alchimista è quello in grado di
cogliere le interrelazioni nascoste tra i vari elementi del reale, di portarle alla
luce e di interagire con esse, sottomettendole ai propri bisogni e alla propria
volontà. Quindi, Ficino pone l’accento sulle relazioni e sui collegamenti del
cosmo, in generale, e attribuisce all’uomo la capacità di comprendere e
intervenire su questi legami occulti.
131
periodo rinascimentale e che hanno, di conseguenza, modificato anche la
concezione che l’uomo aveva di sé. Si è cominciato, lentamente, ad
abbandonare una visione antropocentrica per giungere all’accettazione del
fatto che il cosmo è un organismo complesso e armonico in cui l’uomo occupa
solo una piccola parte. L’uomo stesso, però, grazie al potere dell’intelletto e
della ragione, può prendere coscienza di questo stato di cose e, addirittura,
imparare a conoscere le relazioni che governano i diversi strati del reale per
influire attivamente su di essi. La diffusione e la “rinascita” della magia astrale
è dunque direttamente collegata con le concezioni filosofico-culturali
sviluppatesi nel Rinascimento.
132
elementi. Il principio unificatore della sua ricerca e della tensione intellettuale
di tutte le sue opere è quello del perseguimento della libertà individuale e
dell’elevazione intellettuale dell’essere umano.
Alcuni elementi dei filosofi a lui precedenti, come i già citati Ficino,
Agrippa e sicuramente molte “ispirazioni” derivanti dall’ermetismo egiziano
emergono nella sua dottrina. Ad esempio, Bruno crede in una struttura
stratificata di natura e universo e soprattutto, come già anche Ficino, ha una
visione animista della realtà. Afferma che ogni parte della realtà è
accompagnata strettamente da spirito e intelligenza e che è l’anima delle cose
che “governa, muove, vivifica e contiene”. Quindi ogni elemento è vivo e, di
conseguenza, in relazione attiva con tutti gli altri. L’uomo non è visto come
un sovrano innato e assoluto su un mondo inanimato, ma come uno degli
elementi dell’enorme organismo che è l’universo. Bruno crede altresì
fermamente che l’uomo abbia potere di influenzare i meccanismi universali,
ma pone alla base di questa azione la conoscenza, lo studio e, in pratica,
l’iniziazione a quelli che sono i misteri universali.
161
Per avere una panoramica sulla complessa figura di Giordano Bruno, si consiglia la lettura del
libro di Gabriele La Porta Giordano Bruno, vita e avventure di un pericoloso maestro del
pensiero, Tascabili Bompiani, Milano 2000.
133
cervellotici e prevedono un processo di apprendimenti da parte del fruitore. È
proprio in questo contesto iniziatico che vanno inserite le vittime di questo
serial killer: ogni uccisione è la parte di un rituale complesso che dovrebbe
portare l’iniziato (la Fenice) al dominio completo dei Principi Elementari che
fanno parte della struttura della memoria organizzata da Bruno. Il dominio di
questi Principi Elementari, in pratica, consente il dominio completo della
mnemotecnica e di conseguenza la capacità di intervenire a proprio
piacimento sulla realtà e sulle forze che la governano.
134
la curiosità e la stranezza, il fruitore si fa inconsapevolmente coinvolgere
sempre più nella performance ludica, decidendo di proseguire nella partita sia
per “sapere come andrà a finire” ma anche perché come ipnotizzato e
affascinato da un tema tanto noto quanto misterioso, la magia, appunto,
simile al piacere della lettura
135
qualche influenza su di essa: alla base di questo tipo di magia c’era la
convinzione che i piani astrali avessero influenza sulla vita dell’uomo.
Sicuramente l’uomo non poteva interagire direttamente con gli astri, ma
questi erano direttamente collegati a dei Principi Elementari che si potevano
ritrovare in vari elementi reali. Il mago, quindi, doveva, attraverso l’arte della
mnemotecnica teorizzata da Giordano Bruno, studiare e imparare i
collegamenti tra principi elementari e astri in modo da modificare i principi
concreti presenti sulla terra per condizionare il meccanismo universale tramite
l’influsso di pianeti e stelle.
136
termine i loro compiti (nel caso del giocatore, concludere la partita, nel caso
dell’alchimista, completare l’opera magica). Illudendo il fruitore di avere lo
stesso ruolo che in passato avevano i maghi e gli alchimisti, gli autori del
gioco ottengono l’effetto desiderato, ossia quello di causare un
coinvolgimento attivo e una partecipazione quasi “ossessiva” da parte di chi
gioca. Al giocatore può sembrare infatti di avere il pieno controllo delle
informazioni che ricerca e di cui ha bisogno per proseguire la partita, proprio
come il mago poteva aveva il controllo degli elementi con cui interagiva. In
realtà, nel caso del videogioco (di questo videogioco), la sensazione di
padronanza e di controllo sono abilmente “ricostruite” dagli ideatori del
videogame e quindi il giocatore si trova ad essere ben lontano dalla figura
dell’alchimista reale, che era in veramente grado (almeno in parte) di
conoscere e manipolare la materia.
137
Infatti, nei videogiochi, solitamente, il giocatore si trova a dover
raccogliere ed elaborare informazioni che riguardano quasi esclusivamente il
mondo virtuale di gioco e che, a parte qualche sporadico riferimento, non
hanno a che fare con nozioni reali. Di solito, i contenuti con cui il giocatore ha
a che fare sono verosimili ma non veri, le storie, le testimonianze, i documenti
riportano dati utili solo ai fini del momento ludico ma che, una volta interrotta
la partita, non hanno alcun rimando, collocamento o funzione nella vita
reale.162 Le tematiche di In Memoriam invece sono, in buona parte, derivate
dalla realtà. Certo, a livello narrativo, la vicenda di Jack e Karen rapiti dal serial
killer è una finzione, e anche alcune delle e-mail e dei siti web collegati alla
storia contengono informazioni, personaggi e situazioni frutto di invenzione,
però il background tematico, le informazioni sulla filosofia, i riferimenti
geografici, e tutta la gamma di enigmi e di indovinelli contenuti nel gioco
sono fondati su dati reali e verificabili, e sono molto più di meri strumenti utili
alla creazione del senso del reale.
162
È doveroso precisare che in questo caso, si sta parlando dei temi e dei contenuti in senso
stretto. Ogni esperienza ludica, in realtà, modifica il giocatore e i suoi paradigmi cognitivi. Non
è necessario che questi acquisisca nozioni nuove: a volte il processo di gioco influenza la
psicologia e i meccanismi cognitivi del giocatore, pur senza trasmettere direttamente nessuna
nozione.
138
strumenti necessari per affrontare il gioco, c’è una voluta “confusione” e
mescolanza di realtà e di finzione, che contribuisce all’immersione del
giocatore nel meccanismo ludico.
È importante anche il fatto che, come verrà evidenziato meglio nel terzo
capitolo, il confine che divide l’identità del giocatore reale da quella del
giocatore virtuale è praticamente nullo. Il giocatore interpreta se stesso. Di
conseguenza, il percorso iniziatico virtuale viene affrontato anche nel piano
reale. Dato che le informazioni che il giocatore riceve e le ricerche che
139
effettua, le notizie che recupera e le conclusioni a cui arriva sono tutte non
solo verosimili ma vere, allora anche l’iniziazione che subisce “fintamente”
all’interno di In Memoriam diventa un’esperienza che lo riguarda in prima
persona.
Nel già citato testo Homo ludens, Huizinga analizza la valenza ludica di
rituali sacri e iniziazioni. In molte culture e in tutti i tempi spesso il sapere e
la filosofia si mascheravano o si configuravano sotto forma di indovinelli e
sciarade: “La gara di enigmi, lungi dall’essere un mero divertimento, è parte
integrante del rito sacrificale:” Sia popoli culturalmente vicini, come i greci o i
romani, che popolazioni più distanti, come i bramani, gli indiani, le tribù
asiatiche e africane, prevedono la fruizione e la trasmissione del sapere,
soprattutto quello di carattere sacro, mistico o filosofico, attraverso il gioco e
l’enigma, attraverso la sciarada e l’indovinello. Questa tipologia di
“educazione” implica la sfida, il confronto, lo scontro, ma anche la creazione
di forme artistiche “adatte” a veicolare i concetti. L’enigma non è solo un
divertimento ma è un momento di apprendimento che coinvolge la sfera
artistica e quella creativa.
163
J. Huizinga, op. cit., p. 131.
164
Ibid., p. 136
140
convinto che quella sia l’unica strada giusta da seguire. Ecco quindi come il
tema della filosofia ermetica acquisisce un ruolo da protagonista
nell’economia del gioco: non è solo uno sfondo, non è solo un espediente, è
uno degli attori principali. Attraverso gli “insegnamenti” della Fenice il fruitore
scopre un nuovo mondo di filosofia e misticismo. Il meccanismo di scoperta
per mezzo dell’enigma conferisce all’insegnamento il carattere di un premio
quasi, avvincendo e coinvolgendo l’ignaro giocatore fino alla fine.
Certo, non è verosimile pensare che qualcuno, alla fine della partita, si
senta insignito dei poteri magici tipici degli alchimisti rinascimentali, è ovvio
che, alla fine, c’è una consapevolezza di quello che è gioco e quello che è
finzione. Parafrasando il già citato Julius Evola, esperto di Ermetismo, il
giocatore non deve farsi illusioni: gli occorre uno studio più che una semplice
fruizione, per arrivare ad essere iniziato alla dottrina. 165 Nonostante questo,
però, non è possibile negare che ogni esperienza ludica lasci su chi la vive
qualche influenza (a volte, in modo preoccupante, anche profonda). In questo
caso specifico, la sovrapposizione dei piani di realtà e finzione contribuisce a
lasciare un segno inequivocabile nella mente del giocatore che, alla fine
dell’avventura, ha acquisito nuove prospettive e può decidere se considerare
tutto quello che ha vissuto come un puro e semplice passatempo o fare del
videogioco un punto di partenza per ricerche ulteriori e, magari, per ulteriori
scoperte che dalla rete ludica sconfinino veramente nella vita quotidiana.
165
“Ma il lettore non deve farsi illusioni: gli occorre uno studio più che una semplice lettura per
arrivare ad essere iniziato alla dottrina”. J. Evola, op. cit., p. 5.
141
Capitolo 3
Performance creativa, soggetto giocante e
prospettive future
166
L’argomento della performance creativa è affrontato nel paragrafo 3.1.2.
142
che ancora si potrebbero introdurre, ma resta il fatto che quello della Lexis
Numérique è un tentativo che va nella direzione dell’integrazione, più che
dell’esclusione.
143
protagonista di In Memoriam, più di Karen e Jack, i due scomparsi, che, per
quanto vengano ampiamente descritti e presentati dai numerosi filmati che il
serial killer concede dopo il superamento di ogni prova, possono essere a
volte percepiti come dei pretesti. Il ruolo della Fenice è quindi quello di guida
e, insieme, antagonista. Ci affianca e, letteralmente, gioca con noi, ma nello
stesso tempo cerca di vincere la sfida e di metterci continuamente in
difficoltà.
144
Knowledge»167. In effetti, la narrazione e la struttura generale di In Memoriam
suggeriscono che esiste un diverso modo di sperimentare ed esperire la realtà
(sia quella propriamente reale che quella virtuale). Utilizzare i simboli e i
concetti alchemici è un modo per “aprire la mente”, per suggerire nuovi
percorsi. “Alchemy suggest that through the participation in symbolic
alchemical processes, a melding of the outer material world with the
immaterial world of the inner may be achieved”.168 Il rischio, a questo punto, è
di passare da un piano di analisi all’altro: dalla narrazione si rischia di
sconfinare nella psicologia e, anche se molto interessante, questo non è
l’argomento principale di questa analisi. Basti considerare, però, che la scelta
del tema non è assolutamente casuale, anzi, i rimandi e gli spunti che un
giocatore può trovare all’interno del gioco hanno proprio la funzione di
“ampliare” i metodi di conoscenza e di fruizione (in questo caso, dei
videogiochi o delle opere d’arte digitale).
167
R. Brown, Alchemy, Mimetics, Immersion and Consciousness, disponibile presso il sito web
melbourneDAC http://hypertext.rmit.edu.au/dac/papers (novembre 2004).
“Non tutto si può ridurre al razionalismo ed esistono molte altre, e ancora sconosciute, «Vie
della Conoscenza»”.
168
Ibid.
“L'alchimia suggerisce che attraverso la partecipazione nei processi alchemici simbolici, è
possibile raggiungere la fusione tra il mondo esterno materiale e il mondo interno immateriale”.
169
Il paragrafo 2.3 tratta approfonditamente delle tematiche di gioco.
145
nell’economia della storia. La trama è coerente, i personaggi sono ben
definiti, chiaramente caratterizzati, hanno una psicologia approfondita 170,
rimangono impressi, non sono dei semplici “tipi” funzionali alla trama, sono
delle vere e proprie persone, da cui il giocatore è coinvolto, a cui il giocatore
comincia ad interessarsi, con cui entra in sintonia. Nonostante ciò,
nonostante quindi quella di In Memoriam non possa essere assolutamente
definita una trama di “serie b”, per la sua raffinatezza e la sua complessità, è
fondamentale notare che la sua funzione non è primaria né esclusiva. La
narrazione è presente, ma non è fine a se stessa. Anzi, il fatto che siano state
scelte determinate tematiche, che sia stata fatta leva su un determinato tipo
di situazione (il rapimento di due persone da parte di uno squilibrato) hanno
come fine ultimo quello di trattenere il giocatore all’interno del gioco, di
incuriosirlo, di vincolarlo a continuare la propria performance ludica. La scelta
di temi quali la magia, la filosofia ermetica, l’occultismo in generale non è
casuale e, molto probabilmente, non è nemmeno stata dettata semplicemente
da scelte estetiche. Attraverso tematiche di questo tipo si coinvolge
attivamente il giocatore che, anche al di fuori del processo di gioco, pensa e
riflette sugli argomenti che il gioco gli ha suggerito. La narrazione, insomma,
ha sempre una funzione che va al di là della semplice trasmissione di
emozioni o di nozioni. Serve per far immergere, invogliare, stimolare e, in
pratica, facilitare la performance ludica del giocatore.
170
È il caso, soprattutto, della Fenice, il serial killer, paragrafo 2.3.2.
171
M. J. P. Wolf, The Medium of the Video Game, cit.
146
l’avatar digitale si muove e altri simili. Nel caso di In Memoriam questo
approccio risulta parziale e, in un certo senso, inutile. La vera novità di questo
prodotto videoludico è che, a differenza di altri, non cerca di ricostruire una
realtà immersiva nel videogioco, ma utilizza la narrazione per creare una sorta
di realtà alternativa per il giocatore. Prendendo spunto dal fenomeno dell’ARG
(Alternate Reality Gaming)172, In Memoriam cerca di costruire un contesto di
gioco più che un ambiente di gioco, e all’interno di tale contesto, inserisce la
narrazione: è uno dei tanti elementi che concorrono alla creazione di un senso
di verosimiglianza e realtà. L’analisi di questo (ma anche di tanti altri) tipi di
narrazione dovrebbe avvenire quindi tenendo sempre presente che il fine
ultimo è quello di costruire un contesto immersivo e favorire la performance
ludica. Ovviamente la narrazione, da sola, non basta.
172
Per i generi di videogiochi da cui In Memoriam ha preso spunto, vedere il paragrafo 2.2.2.
147
È proprio l’interattività, dunque, che fondendosi e cooperando con la
trama narrativa contribuisce a completare il processo di immersione e, di
conseguenza, la performance ludica del giocatore. Nel paragrafo 1.2.3 sono
state presentate quattro diverse tipologie di interattività individuate da
Zimmerman. Nel caso specifico di In Memoriam il tipo di interattività davanti a
cui ci troviamo è l’Interattività esplicita: il gioco ci fornisce degli strumenti
con i quali dobbiamo interagire per proseguire nella narrazione e per
concludere la partita. Fin qui, tutto sembra rientrare nella normalità: i
videogiochi, solitamente, sono ambienti digitali all’interno dei quali il
giocatore deve imparare a districarsi sfruttando e interagendo, appunto, con
gli strumenti a disposizione. La differenza di In Memoriam sta nel fatto che
l’interazione che viene proposta al giocatore non riguarda strumenti presenti
nel mondo di gioco, bensì appartenenti al mondo reale. A un livello minimo, il
giocatore deve interagire con l’interfaccia grafica del CD-ROM, che presenta
varie schermate contenenti diversi elementi interattivi. A un livello più
complesso, una volta superata l’interazione con queste schermate, il
giocatore si trova costretto ad uscire dall’interfaccia di gioco e a cercare
un’ulteriore interazione altrove. Un esempio pratico può aiutare a
comprendere meglio. Il CD-ROM di gioco (chiamato Black Cd), ossia il
supporto materiale reale che il fruitore deve inserire nel lettore per cominciare
la partita, viene riconosciuto come tale: non si tenta di ricostruire un mondo
al suo interno, ma si riconosce apertamente che il Black Cd è solo un supporto
per una serie di enigmi e di indovinelli da risolvere, per affrontare una “partita
reale” che va al di là del computer, perché presuppone il ritrovamento di due
persone rapite. L’apparato paratestuale, insomma, sottolinea ancora una volta
che l’esperienza vissuta dal giocatore parte dal CD-ROM, ma si estende alla
realtà. Il giocatore comincia quindi l’esplorazione interattiva del supporto
digitale. Osserva le schermate, i livelli, i moduli, viene introdotto nella
narrazione, comincia a interagire attivamente con gli elementi presenti sullo
schermo. A un certo punto, però (molto presto, nel gioco), le informazioni
contenute all’interno del CD-ROM non saranno più sufficienti per risolvere gli
enigmi. È in questo momento che l’interazione tra il giocatore e il supporto
del videogioco termina, in un certo senso, perché ogni azione risulta inutile,
ripetitiva e, soprattutto, perché viene esplicitamente suggerito che la risposta
148
per proseguire nelle indagini va cercata altrove. È a questo punto che In
Memoriam si trasforma da “videogioco ordinario” in prodotto sperimentale.
Alla luce di questi aspetti, si può dire che nel caso specifico di In
Memoriam l’interattività e la narrazione siano potenziate e, in un certo senso,
“estremizzate” proprio dalla multimedialità. Attraverso l’utilizzo, attivo e
149
passivo, di diversi canali comunicativi, il gioco riconfigura continuamente il
ruolo del giocatore. I task proposti non sono mai gli stessi, le metodologie di
risoluzione variano decisamente da giocatore a giocatore. Mai come in questo
caso è possibile affermare che le strade percorribili da ogni fruitore sono
(quasi) infinite. Se infatti la narrazione è piuttosto lineare e non modificabile, i
percorsi di ricerca che il giocatore può seguire per “svelare” la trama e
permettere alla storia di proseguire sono davvero innumerevoli. Cercare
un’informazione su Internet, essere in grado di mettere in relazione gli
elementi raccolti, fare appello alla memoria: queste sono tutte operazioni che
ogni giocatore di In Memoriam deve compiere durante una partita e,
sicuramente, ognuno le affronterà in modo diverso.
150
che costituissero anche solo spunti interessanti per i fruitori curiosi. Questa
caratteristica è nuova per un gioco distribuito su supporto digitale, ma era già
stata utilizzata con successo da The Beast173, un ARG del 2001 che aveva
riscosso un enorme successo. Anche in The Beast, come in In Memoriam¸
Il sito di partenza per l'esperienza di The Beast è il sito web Jeanine Salla Entry Point,
173
151
dalle intuizioni personali e dalla capacità di relazionare gli indizi raccolti. Lo
svelamento della trama non è uguale per tutti, ma dipende dalle capacità di
ognuno. È possibile visionare un enigma, non riuscire a risolverlo e quindi
affrontare altri enigmi per trovare indizi che portino alla risoluzione del
primo, oppure è possibile, grazie a una diversa capacità di memorizzazione e
di collegamento, riuscire a risolvere per primo l’enigma che a un altro è
sembrato troppo complesso. Insomma, il percorso che ognuno compie per
svelare la storia e per proseguire nella partita è completamente soggettivo.
Anche se il finale non può essere modificato, anche se non è possibile deviare
dal percorso prestabilito, in realtà ogni giocatore affronta una narrazione
differente, grazie alla struttura interattiva del prodotto videoludico.
Bisogna sempre tenere presente, però, che questi due elementi esistono
solo “in potenza” e si concretizzano effettivamente nel momento in cui il
giocatore decide di mettere in atto la propria performance ludica. Senza la
performance del giocatore, il videogioco rimarrebbe un sistema inesplorato e
tutte le potenziali narrazioni e le potenziali interazioni non potrebbero
emergere. È a questo punto che è necessario affrontare il tema della
performatività nel campo del videogioco (e del digitale in generale): proprio la
performance, infatti, è l’attività che deriva da un prodotto (nel nostro caso un
videogioco, In Memoriam) ben ideato e in cui gli elementi fondamentali
coesistono in modo equilibrato e integrato. La performance, alla fine, è
l’aspetto fondamentale del gioco: ogni giocatore crea una situazione
performativa diversa, particolare e, soprattutto, unica, che trasforma quindi il
momento del gioco da semplice “intrattenimento” a occasione di
apprendimento, esperienza, sperimentazione e crescita personale.
152
3.1.2 La performance creativa: il videogioco come personal medium
176
T. Bazzichelli, Pratiche reali per corpi virtuali – Per una riformulazione del concetto di opera
d’arte attraverso la sperimentazione performativa con l’ausilio delle nuove tecnologie,
consultabile presso il sito web Attivismo Artistico, http://www.strano.net/bazzichelli/tesi.htm
(dicembre 2004).
Con queste parole Tatiana Bazzichelli descrive, in poche righe, il concetto di performance, che
svilupperà poi ampiamente nel testo Pratiche reali per corpi virtuali. Il testo tratta della
performance e della performatività in modo ampio, includendo ambiti performativi quali il
teatro, la cultura di massa, l’evoluzione, la trasformazione del ruolo del corpo nella
contemporaneità e si incentra in particolare sulla riconfigurazione del concetto di arte nella
contemporaneità. L’analisi del rapporto tra media digitali e performance viene effettuata da una
prospettiva ampia. È possibile, però, sicuramente, riscontrare numerosi riferimenti (anche se
impliciti) alle strutture tipiche dei videogiochi.
177
V. Turner, Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna 1986, p. 36.
153
permette a chi partecipa di avvicinarsi a meccanismi e addirittura “forme
mentali” che derivano direttamente dalle nuove tecnologie e dal loro
inserimento nella realtà quotidiana, che altrimenti sarebbero rimasti
inarrivabili e incomprensibili, limitati al campo degli studi e delle speculazioni
astratte. Il videogioco, quindi, consente l’apprendimento di nuovi paradigmi
cognitivi, di nuove modalità di relazione con il mondo e di nuove prospettive
di rilettura della realtà che sarebbero difficili da assorbire altrimenti, senza
un’esperienza performante diretta dei fruitori. A ben vedere, il videogioco non
fa altro che trasportare e diffondere in modo capillare e quasi implicito
l’estetica e la “meccanica” tipiche dell’Arte Digitale. Dal decostruzionismo in
avanti, infatti, il lettore (o meglio, più in generale, il fruitore di un’opera) ha
assunto un ruolo centrale e imprescindibile. “Similmente Derrida, padre del
decostruzionismo, asserisce che non esiste nulla al di fuori dal testo e che
qualsiasi testo esiste nell’atto di lettura di un lettore (…)”.178
178
P. Ferri, G. Cacciola, P. Carbone, A. Solidoro, Editoria multimediale. Scenari, metodologie,
contenuti, Guerini e Associati, Milano 2004, p. 52.
179
Ibid., p. 55.
154
prodotto che si trova davanti. Se, all’inizio, il giocatore (o il fruitore) si trovava
davanti a un “impersonal computer”180, oggi si può veramente cominciare a
parlare di personal media, ossia di media che si plasmano e modellano
sull’utente finale e che rispondono e soddisfano le “impostazioni” individuali
che ognuno preferisce.
180
Myron W. Krueger, Towards Interactive Aesthetics, p. 358. La ricerca di Krueger è rivolta
principalmente alle installazioni e alla video-arte interattiva, ma le considerazioni che effettua
sullo stato dell’Arte Digitale sono più ampie e valgono sicuramente anche per l’interattività nel
videogioco. Da una situazione di verticalità comunicativa e di impossibilità di interazione si sta
arrivando (ancora l’evoluzione è in corso) alla completa centralità del fruitore che osserva-
fruisce dell’opera d’arte digitale. Il centro non è più l’opera in sé, ma la riconfigurazione messa
in atto dal soggetto senziente che osserva e che, appunto, interagisce e modifica la macchina.
181
Come già spiegato, lo schema di gioco non è aperto, il giocatore deve affrontare una serie di
enigmi, seppur in modo casuale e non predeterminato.
155
riscontrare conseguenze evidenti, dopo una o più sessioni di gioco, però
sicuramente la nostra mente impara a modellarsi sugli schemi della
macchina.182
182
Per un’analisi approfondita delle conseguenze dell’interazione tra uomo e computer cfr. S.
Turkle, La vita sullo schermo, Apogeo, Milano 1997.
183
E. Aarseth, Aporia and Epiphany in 'Doom and The Speaking Clock: The Temporality of
Ergodic Art', in Cyberspace Textuality: Computer Technology and Literary Theory, ed.Marie-
Laure Ryan. Indiana University Press, Bloomington 1999 , pp. 32-33.
“I fenomeni ergodici vengono prodotti da un sistema cibernetico, per esempio da una macchina
(o un essere umano) che opera in un meccanismo di risposta dell'informazione, che genererà
differenti sequenze semiotiche ogni volta che viene messo in moto”.
184
Questo meccanismo è possibile grazie al database centralizzato a cui il gioco installato in
locale trasmette periodicamente i dati delle partite dei vari giocatori. L’argomento è
approfondito nel paragrafo 3.2.
156
Questa è un'e-mail standard, che riceve sia il giocatore esperto che il
principiante:
“Ciao Géry,
ho appena caricato il tuo analizzatore: è incredibile sei
un vero genio dell'informatica! (oppure sei la Fenice in
persona! Onestamente preferisco la prima soluzione) Se
sei in cerca di lavoro, stai tranquillo, mio zio sarà
felicissimo di assumerti nella sua azienda ;-)
Grazie all'analizzatore, sono riuscita a terminare la
schermata Aphebis. Grazie ancora. Credo proprio che noi
3 siamo una super squadra!
Julie”
157
pratica, i videogiochi permettono la nascita di “performance creative”185
all’interno di un contesto delimitato e prestabilito. “La performance
ipertestuale o multimediale realizza l’autonomia del fruitore dal mezzo”.186 È
necessario interagire creativamente con vari elementi del computer per
trovare una soluzione, in quanto la semplice interfaccia di gioco non fornisce
le risposte che servono per proseguire nel gioco, ed è quindi necessario
effettuare un’esplorazione soggettiva e individuale di Internet alla ricerca
delle informazioni che potrebbero rivelarsi utili. La performance creativa
avviene nel momento in cui la narrazione e l’interattività stimolano e, in un
certo senso, “costringono” il fruitore a uscire dagli schemi ludici usuali, a
smettere di seguire e rispettare le regole e a inventare nuovi modi per reperire
le nozioni finalizzate al proseguimento della partita. Ognuno si troverà da
solo, senza ulteriori indizi, a dover escogitare una strategia ludica adeguata al
ritrovamento di quanto necessario, in piena libertà, senza altra costrizione se
non l’informazione finale da reperire. Fondamentalmente, il giocatore viene
spinto ad esplorare un mondo e a cercare, tra gli strumenti che questo mondo
offre, quelli che possono servirgli. Avviene quindi una ricostruzione
dell’informazione e delle nozioni completamente personale e individuale. I
giocatori necessiteranno di tipi diversi di informazione per colmare le proprie
lacune e per realizzare il percorso cognitivo che li porteranno alla conclusione
di partita e narrazione ludica.
185
T. Bazzichelli, op. cit., p. 38.
186
P. Carbone, op. cit., p. 56.
187
M. Eskelinen, R. Tronstad, “Video Games and Configurative Performances”, in M. J. P. Wolf,
The Medium of the Video Game, University of Texas Press, Austin 2001, p. 200. In questo
saggio, gli autori effettuano un’analisi del videogioco comparandolo con altre forme artistiche
che prevedono una performance creativa sulla base di regole determinate, che possono essere
rispettate o meno, sfruttate o aggirate. La performance che ne deriva è un “atto configurativo”
(e quindi creativo) che cambia di volta in volta e che non è mai uguale a se stesso. Per ulteriori
approfondimenti a riguardo si rimanda al testo citato.
“Giocare con un videogioco è un tipo particolare di performance, che si inscrive tra tante altre”.
158
circondano in modo potenziato. Comincia letteralmente a sperimentare
diverse soluzioni che altrimenti non avrebbe mai contemplato per “vedere
cosa succede” e quindi per vedere se riesce ad aggirare problemi o a trovare
soluzioni più rapide e alternative. Nel caso di In Memoriam, il giocatore si
trova davanti all’interfaccia di gioco e deve innanzitutto capire cosa deve fare:
non sempre infatti, vengono spiegati i mini-task contenuti nei vari moduli.
Inoltre, come se non bastasse, quando gli indizi contenuti nel Black Cd
finiscono, il giocatore deve fare riferimento al proprio ambiente reale-virtuale
(il computer e le sue estensioni, quali Internet, la posta elettronica,
eventualmente le enciclopedie, i forum on-line, ecc.) al fine di trovare un
approccio per risolvere il problema in cui è incappato.
159
seconda delle capacità di ciascuno e, inoltre, arrivano in momenti inattesi,
senza preavviso, costringendo il giocatore a pensare al gioco anche se in quel
preciso momento non lo stava facendo).
189
S. Turkle, op. cit.
160
3.2 Il soggetto giocante, la memoria e il seguito della sfida
190
La mediazione, in realtà, è sempre presente, poiché il giocatore dialoga con il computer
attraverso l’hardware, e, successivamente, attraverso le interfacce di comunicazione proprie dei
vari software. Quello a cui mi riferisco, principalmente, è la creazione più o meno esplicita, di
una sorta di alter ego digitale di cui il giocatore ha bisogno quando gioca. Quando, invece,
utilizza il computer per altri compiti, solitamente non avviene questo “sdoppiamento”, ma il
giocatore rimane se stesso, senza bisogno di “interpretare” un personaggio o di creare
rappresentazioni digitali di sé.
161
Nel caso di In Memoriam questo meccanismo non è valido. Infatti, in
questo caso specifico, il giocatore non interpreta un personaggio, non si deve
immedesimare, non deve creare un avatar e personalizzarlo. Il giocatore
interpreta semplicemente se stesso. Come ho già detto, sia l’apparato
paratestuale che accompagna il prodotto (ossia la confezione, le istruzioni
annesse e i siti web promozionali) sia la strutturazione del videogioco stesso
(la necessità di trovare degli indizi all’interno del CD-ROM e di approfondire le
ricerche per mezzo di Internet e della posta elettronica), sia le tematiche e la
trama sono tutte finalizzate alla ricostruzione di una situazione verosimile nel
mondo reale del giocatore. In pratica, in questo caso, la simulazione non
avviene all’interno del computer, ma all’esterno. Il giocatore viene lentamente
circondato dal gioco, non deve immergersi nella realtà simulata, deve lasciarsi
avvolgere da essa. Di conseguenza, non ci saranno “abilità” di gioco da
acquisire, non sarà necessario trovare armi o imparare mosse segrete, il
giocatore dovrà contare semplicemente sulle proprie capacità di indagine e
sulle proprie abilità con gli strumenti reali con cui dovrà avere a che fare per
portare a termine la partita.
Sono state effettuate molte analisi sul rapporto tra uomo e macchina
nell’era del digitale, su come l’utilizzo di Internet e la nascita delle comunità
virtuali (per citare un esempio pratico) abbia contribuito alla ridefinizione
della soggettività. Sherry Turkle, per esempio, in due testi quali The Second
Self e Life on the Screen191 analizza il rapporto di diverse tipologie di soggetti
con il computer, le reazioni, le “patologie”, le diverse nuove “evoluzioni” a cui
è andata incontro la mente umana con la cultura digitale. Gli esempi riportati
dalla Turkle riguardano, principalmente, giochi che prevedono esplorazioni di
ambienti virtuali, creazione di avatar o identità ulteriori rispetto a quella reale
del giocatore, e così via. Nonostante In Memoriam si discosti evidentemente
da questo tipo di struttura di gioco, è possibile notare come alcune
osservazioni siano comunque valide e forniscano lo spunto per interessanti
riflessioni.
191
S. Turkle, The Second Self: Computers and the Human Spirit, Haper Collins 1984 e S. Turkle,
Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet, Simon & Shuster, New York 1995 (tr. It:
Turkle, Sherry, La vita sullo schermo, Apogeo, Milano 1997)
162
gestire un personaggio che può imparare, è egli stesso a dover apprendere, a
dover ambientarsi e a dover trovare gli strumenti per risolvere gli enigmi che
gli vengono sottoposti. La sua identità, allora, diventa molteplice. Non si
sdoppia realmente, ma ha la possibilità di “ampliarsi”, in un certo senso, e di
ricoprire un ruolo che, altrimenti, sarebbe per lui inaccessibile: riveste infatti
un’identità che non è la sua, ossia quella dell’investigatore-detective che si
trova ad affiancare altre persone (virtuali) in un’indagine. Questo meccanismo
è simile al processo a cui vanno incontro gli attori quando recitano: la propria
personalità viene consapevolmente messa da parte per fare spazio a una
sensibilità nuova. È inevitabile, poi, che la personalità reale del soggetto tenda
a contaminare e a influire sul ruolo fittizio che si ricopre. È esattamente quello
che accade in In Memoriam. Gli attori e i (video)giocatori sono due esempi di
questo fenomeno, che è peraltro “diffuso” nella schizofrenica strutturazione
della società contemporanea. Come osserva la Turkle:
192
S. Turkle, Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet, cit., p. 267.
193
Ibid., p. 63.
163
fossero sufficientemente sviluppate, il giocatore dovrà provvedere ad
“allenarsi” e a imparare (sempre nella realtà, non nel gioco): imparare a
distinguere l’informazione utile da quella superflua, ricordarsi di controllare la
posta, ottimizzare l’utilizzo dei motori di ricerca sono tutte abilità che il
giocatore deve possedere per affrontare il gioco. Se non le possiede all’inizio,
dovrà trovare il modo di acquisirle nel corso della partita. “I giochi richiedono
abilità complesse e differenziate. Alcuni possono essere considerati
un’introduzione alla cultura del computer”.194
194
Ibid., p. 64.
164
ed esplorazioni, ma anche emozioni e sensazioni, situazioni angosciose e “al
limite”; senza riportare (almeno in apparenza) conseguenze devastanti e, anzi,
con la capacità di interiorizzare e razionalizzare un percorso di dolore, paura,
sofferenza.195 Il giocatore è in grado di restare al sicuro e, nello stesso tempo,
provare un’emozione “purificatrice”, catartica appunto.
195
Certo, non bisogna trascurare gli effetti potenzialmente destabilizzanti che I videogiochi
potrebbero avere sugli individui. È innegabile che vivere in prima persona un’esperienza, avere
la possibilità di agire e intervenire direttamente, senza più essere spettatori passivi, su
situazioni particolari, possa creare disorientamento e confusione. D’altra parte non è a mio
parere possibile demonizzare uno strumento per le sue potenzialità, per quanto invasive
possano essere: bisogna invece imparare a conoscerle e agire di conseguenza per evitare che
un utilizzo scorretto o ingenuo causi danni negli utenti. Alla fine, anche media apparentemente
“innocui” come la televisione (in cui l’utente finale è uno spettatore passivo) possono causare
condizionamenti e distorsioni cognitive, se utilizzati senza criterio.
196
Ibid., p. 90.
165
bensì è solo uno strumento per aumentare il fascino del prodotto e per
catturare e trattenere il giocatore.
197
Ibid., p. 78.
198
Ibid., p. 81.
199
L’argomento dell’Alternate Reality Gaming è affrontato nel paragrafo 2.2.2.3 e mostra come i
giocatori possano immergersi in una realtà alternativa non simulata graficamente, ma ricostruita
dal punto di vista dell’informazione.
166
videogioco (e, magari, conservare e applicare quella ritrovata fiducia anche
nella realtà quotidiana).
200
S. Turkle, op. cit., p. 88.
201
Ibid., p. 89.
202
G. Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione – La nascita dell’’homo game’, Editori
Laterza, Bari 2003, p. 90.
203
Per approfondire il tema della soggettività nell’era di Internet e del videogioco cfr. S. Turkle,
Life on the screen: in questo testo, la studiosa effettua un’analisi dettagliata delle varie forme di
interazione uomo-computer a seguito della rivoluzione digitale, i pro e i contro, i vantaggi e gli
eventuali rischi.
167
3.2.2 La memoria: del gioco e del giocatore
204
In effetti, questo è un meccanismo logico e indispensabile (soprattutto in certi tipi di
videogioco): sarebbe come non poter tenere il segno in un libro e dover, ogni volta, ricominciare
da capo, leggendo ancora e ancora parti di testo che già si conoscono.
168
videogioco, in particolare, che di quella del giocatore (o dei giocatori), in
generale.
169
partita mentre la sessione di gioco è in corso. Anche per questo motivo,
quindi, è necessaria la connessione a Internet: non solo per effettuare le
ricerche sui siti web on-line e per ricevere le e-mail, ma prima di tutto per
permettere a In Memoriam di comunicare con il database e di trasmettergli i
dati indispensabili. Il meccanismo di personalizzazione dell’invio delle e-mail
descritto nel paragrafo 3.1.2 è possibile proprio grazie all’utilizzo del
database. Un utente affronta la propria partita e risolve alcuni enigmi
rapidamente e senza problemi: l’informazione sarà inviata al database
centralizzato che provvederà a inviare solo alcune e-mail generali, senza
indicazioni specifiche. Lo stesso utente, nella risoluzione di altri enigmi,
incontra difficoltà, perde tempo, non riesce a trovare la soluzione. Sempre
grazie allo scambio dati tra la memoria locale di gioco e il database centrale,
verranno inviate automaticamente delle e-mail “di aiuto”, in cui verranno
suggeriti al giocatore, più o meno direttamente, dei modi per risolvere gli
enigmi in cui ha incontrato difficoltà.
205
D. Palmer, The Paradox of User Control, DAC 2003 consultabile presso il sito web
melbourneDAC http://hypertext.rmit.edu.au/dac/papers (gennaio 2005).
“I media odierni sono caratterizzati dalla personalizzazione, ossia, mirano a rappresentare
unicamente gli interessi degli utenti individuali, anche se il risultato finale non è molto
raffinato”.
170
Quindi non si può (non ancora, almeno) parlare di vera e propria libertà
dell’utente finale, ma si può sicuramente notare come la struttura di un gioco
come In Memoriam favorisca, se non altro, un dialogo indiretto, anche se
parziale, tra uomo e computer e come cerchi di personalizzare la performance
ludica adattandola al singolo individuo.
171
Insomma, l’uomo dipende dal computer, per affrontare un videogame,
ma è anche vero che il computer, e più precisamente i programmatori, gli
ideatori, gli sviluppatori, stanno imparando a rispondere alle esigenze dei
singoli, creando dei prodotti che si plasmino sui giocatori e che non
richiedano, invece, al giocatore di adattarsi al videogioco. Dall’esempio di In
Memoriam sembra emergere chiaramente che la performance ludica del
giocatore può realizzarsi e concretizzarsi appieno solo quando c’è
un’intersezione coordinata e armoniosa della sensibilità dell’uomo con le
caratteristiche della macchina. Le due memorie, quella digitale e quella
biologica, devono essere in grado di collaborare e coesistere, di colmare le
rispettive potenziali lacune per potenziarsi a vicenda. E così la macchina
supporterà il giocatore nella gestione dei dati, mentre il giocatore sarà in
grado, grazie all’imprevedibilità, all’intuizione e al ragionamento di affrontare
in modo creativo un percorso che altrimenti sarebbe meccanico e
impersonale.
Innanzitutto, il sito web ufficiale del gioco prevede una sezione a cui è
possibile accedere solo una volta completato il videogame (è necessario
inserire una parola d’ordine che si ricava giocando a In Memoriam).206 Visto
che il finale lascia molti interrogativi e molte questioni in sospeso, il giocatore
sarà stimolato a visitare il sito web e a fruire anche delle schermate aggiuntive
on-line. Oltre a ricreare le atmosfere suggestive e inquietanti tipiche di tutto il
videogioco, la “sezione bonus” on-line segnala (indirettamente) al giocatore
siti web utili che possono integrare le informazioni mancanti e fornire, almeno
in parte, spiegazioni ad alcuni misteri rimasti insoluti. Oltre a rispondere ad
alcune domande degli utenti, però, la sezione on-line crea altri quesiti, altre
attese. Questo perché il progetto di In Memoriam, considerato il discreto
206
Questa sezione “bonus” è presente solo nella versione francese del sito web, In Memoriam,
http://www.inmemoriam-thegame.com/fr/gam1.htm (gennaio 2005), non nelle altre lingue.
172
successo riscosso dal primo episodio, è continuato e si è evoluto: oltre ad un
sequel previsto per il 2005, è stata rilasciata, nel novembre del 2004,
un’espansione al videogioco intitolata La treizième victime, che colma in
modo più esauriente le “lacune” e gli interrogativi rimasti al giocatore alla fine
di In Memoriam.
173
rendere indispensabile un confronto diretto tra i vari giocatori per ottenere
indizi per risolvere il gioco. Già oggi l’ARG funziona in questo modo: spesso
gli enigmi proposti dai siti web che fanno parte dell'esperienza ludica sono
così complicati o così lunghi da portare a termine che i giocatori devono
necessariamente unirsi e collaborare in modo organizzato e razionale per
riuscire a proseguire nella partita. Sarebbe inoltre interessante pensare a una
comunicazione più “invasiva” e all’utilizzo di un maggior numero di media per
la diffusione di indizi, suggerimenti, informazioni: sicuramente sfruttare la
rete Internet e i siti web già esistenti, affiancandoli a siti creati appositamente
per il gioco, è stato un passo coraggioso e innovativo. Forse, però, sarebbe
possibile utilizzare anche la stampa tradizionale, la posta ordinaria, il
telefono, per far vivere al giocatore un’esperienza ancora più immersiva e
coinvolgente.207 La struttura di un videogioco come In Memoriam, che mescola
aspetti di gioco consolidati (come i giochi arcade che fanno ormai parte del
background storico di molti videogiocatori) con elementi sperimentali (l’invio
di e-mail e il gioco on-line, la ricostruzione di una realtà alternativa nella
realtà quotidiana è un tratto tipico dell’ARG, un genere nuovo e in piena fase
di sviluppo) permette di capire quali sono le potenzialità da percorrere per
rendere il videogame sempre più performativo e sempre meno meccanico e
ripetitivo.
207
Questa era l’idea di base di Majestic, un videogioco realizzato dalla Microsoft che prevedeva
appunto l’invio di lettere, la ricezione di telefonate, e così via. A causa di problemi di sicurezza,
però, dopo gli attentati negli Stati Uniti, il videogioco non è stato commercializzato.
174
esperienze) di questo genere: lasciare che la realtà venga permeata da
elementi imprevisti, di sorpresa, di suspense, anche. In questo modo, credo,
sarebbe possibile vivere una vera e propria esperienza ludica, perché il gioco
entrerebbe nella vita ordinaria attraverso tutti quei canali che vengono
normalmente utilizzati per altri scopi. Non sarebbe quindi più possibile
distinguere il momento di gioco dal resto (e in In Memoriam questo tentativo
è chiaramente presente). Non posso dire se questo sia positivo o negativo.
Spero, però, che dalla sperimentazione originale di In Memoriam si sviluppi
una corrente, un genere, che riesca ad affiancarsi a quelli già esistenti e che
abbia come focus principale l’esperienza immersiva del giocatore, non
attraverso ricostruzioni dettagliate di ambienti virtuali o attraverso la
possibilità di simulazioni più o meno realistiche di vari aspetti della realtà, ma
che miri a vagliare tutte le possibilità di narrazione, interattività e
performance ludica fin qui descritte, che le migliori e le potenzi in misura
sempre maggiore, e, soprattutto, che sia in grado di costruire e realizzare
delle “realtà alternative di gioco” in grado di fondersi e confondersi con la
realtà quotidiana.
175
Conclusioni
176
sono gli elementi che costituiscono un videogame e che potrebbero
ampiamente essere organizzati in modo da potenziarsi a vicenda.
177
Summary
The videogame is a new medium which first appeared in the second half
of the 1950s and, during the last fifty years, it underwent an amazing
evolution. First of all, it has acquired a remarkable importance, both from the
socio-cultural and economic point of view. From a pure divertissement (as it
was considered in the beginning), it has gained more and more relevance and
dignity to become, in the last five years, one of the most interesting topics for
scholars. The videogame is one of the several visible manifestation of that
wide process called Digital Revolution, but it is not a “silent” one: it is an
invasive and ‘tempting’ cultural device that permeates nowadays life and so it
claims our attention.
F. Alinovi, “Serio videoludere”, in Per una cultura dei videogames, Edizioni Unicopli, Milano
208
2002.
178
example of how the game is trespassing from the virtual environment into
players' everyday reality towards personalization.
We can say that the videogame inscribes in this kind of system because,
exactly as in the case of pop culture, the consumer has no longer the role of a
passive receiver, but she turns into an active user with a certain freedom of
decision (respecting the fixed structure decided by designers). This kind of
process brought to a rapid evolution of the medium, due also to several kind
of experimentations.
The position of the videogame in the cultural outline has changed a lot
since the beginning. First, it used to absorb rules and languages that belong
to other well-established media, as, for example, literature and cinema. Then
the importance of the new language shaped by the videogames themselves
has been recognised also by other media that, now, are being freely
influenced by it. The language of the videogame is being used in many form
of art, from movies to novels, from painting to concept art.
Considering the importance and the relevance that the videogame has in
nowadays society, many researchers and scholars have turned their attention
to the analysis of codes and new ways to make this powerful device to express
its peculiarities. The so called Game Studies is the new subject that is trying
to find a method of analysis for the videogame, a compound medium, that
combines and remediates many other media.209
209
Apart from media in general there are several sectors that are involved in the production,
distribution and fruition of a videogame: the cultural context, the social aspect, the economic
side. One of the major risks is that of analysing the videogame with tools conceived for other
subject of study.
179
of high and low brow contributions: official publications and academic
researches come up alongside with on-line communities, web sites, portals,
forums of discussion and so on. One of the greatest problems Game Studies is
facing is whether, in a videogame, the narrative element is more important
than the interactive one or not. There are two separated alignments:
narratologists, such as Mark J. P. Wolf210 and Henry Jenkins 211 that believe that
the narration should be the centre of the videogame, the starting point for
anything else (from interactivity to graphics). Ludologists, on the other side, as
Gonzalo Frasca212 and Jesper Juul213, strongly believe that narration is only an
incidental aspect of the game and that this medium should be completely
centred on the interactivity and on the freedom and the possibilities of choice
given to the player.
210
M. J. P. Wolf, The Medium of the Video Game, University of Texas Press, Austin 2001.
211
H. Jenkins, “Game Design as Narrative Architecture” in N. Wardrip-Fruin e P. Harrigan First
Person – New Media as Story, Performance, and Game, The MIT Press, Cambridge 2004.
G. Frasca, Ludology Meets Narratology: Similitudes and Differences between Videogames and
212
180
In Memoriam is divided in levels, sub-divided in modules that contain
arcade games (that emulates old videogames), puzzles and riddles. On the
CD-ROM there are only some of the clues needed to proceed. Once explored
various modules, the player will be forced to look for the information she
need somewhere else, and, more precisely, on the Internet. Everyone can find
the same information needed in several different virtual places.
Apart from the Net, many media are remediated inside this videogame:
there are short movies that describe the investigation of the two kidnapped
persons, there are musics, voices, and songs, there are literary references
there is a large use of philosophy and esoteric doctrines. Very important,
moreover, is the fact that the game sends to every player e-mails that are
essential to solve the puzzles and to understand the story. A web service that
runs in background sends information about the game in progress to a
central database that registers every single game of every single user and, in
return, sends appropriate e-mails in certain moments of the game that give us
hints if we have any difficulty (that is, if we spend too much time on a single
enigma). So, apart from the pure entertainment, the aim of In Memoriam,
according to its creators, is that of reconstructing an alternative reality of
game inside everyday reality.
Our whole society may be seen as based on structure that derive from
ludic processes, from religion to education, from politics to economics.215 In
Memoriam fully recovers this concept and demonstrates that daily life is full of
ludic processes that only wait to be discovered and woken up. In In Memoriam
we found many debts and references to other kinds of real games, such as the
treasure hunt and the Role Playing Game (RPG). Basically, in the treasure hunt
there are some clues and players must use those clues to find what they have
been asked for. As well as the treasure hunt, In Memoriam has the ability of
changing, in a certain sense, everyday reality, because when the game is in
progress, everything (objects of daily use, places that we know well) become
different, sometimes their role radically change, for the game purposes. The
same thing happens if we compare In Memoriam with the Role Playing Game
(RPG): as in the RPG, in In Memoriam the player puts on the identity of a
detective and must cooperate in the investigation to find the serial killer. The
difference between In Memoriam and a RPG is that the player has a role but
215
J. Huizinga Homo Ludens, Beacon Press, 1971.
181
the abilities and the powers that she has are just her own intelligence and
insight, not fictitious and imaginary ones.
All the debts that In Memoriam has with other (video)ludic genres are
due to the will to build an immersive experience for the user.
The serial killer of In Memoriam is both a rival and a guide, because the
user depends on him and follows him in the absurd virtual journey that he has
planned. The Phoenix decides to perform a gruesome ritual, according to the
From a technical point of view, the serial killer is the result of a long process of degeneration
216
of a psychotic personality. From a social point of view, instead, this figure springs out in the
middle of the Industrial Revolution as a reaction to many and too deep social changes.
182
esoteric philosophy of the Astral Magic because he feels that, due to the Evil
that fills the world, he cannot complete himself and reach the perfection to
which is destined (the Phoenix believes he is Giordano Bruno's reincarnation).
Alchemy, Astral Magic, Hermetic Philosophy are all fundamental parts of the
narrative scheme of the game. Learning the basis of these subjects, the player
will be able to solve the puzzles and to understand the Phoenix's strategy.
From a practical point of view, these subjects help the immersion of the
player, because she can pretend she is a “modern alchemist” and have to use
digital instruments as ancient alchemists used magic ones. There is the need
for experimentation, for direct practice, the player is pushed in the direction
of the performance, because she is surrounded by many stimuli and she has
to act directly. There is an obvious learning process: apart from the
fundamental use of digital devices, also the narration implies a learning. The
player has to do with known arguments (such as magic and philosophy) that
are studied and explored in depth during the game.
This ludic and creative performance is the core and heart of the
videogame because it puts the user in the condition of creating something, it
allows to create new paths, new solutions, new glimpses for future evolutions.
183
To solve the debate between the importance of narration and interactivity, it
is necessary to focus the attention of the analysis on the individual ludic
performance.217
1995
184
investigation. This way, the ludic performance can be fully exploited and the
player can fully experience the immersion and be wholly absorbed and
fascinated by a ludic reality that exits the screen of the computer to enter and
permeate the real world.
In a certain sense, the challenge continues: the hunt for the Phoenix has
not ended yet, but also the will of experimentation and innovation is still
going on. There are so many possibilities to discover, so many improvements
to be made, and the videoludic world is just willing to follow this way.
185
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