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Nota introduttiva
Queste sono note su alcuni argomenti introduttivi del corso di Fisica degli Stati Aggregati da me
tenuto a partire dallanno 2004-2005 per la Laurea specialistica in Scienze e Tecnologie dei Materiali. Sono intese come aiuto per gli studenti dato che il materiale in esse contenuto non e` facilmente
reperibile in un testo singolo, almeno al livello in cui viene trattato. Non sono invece pensate come
sostitutive delle lezioni in classe dato che lesposizione non e` stata curata e difficilmente lo studente
potrebbe seguire da solo il materiale contenuto in questi appunti. Il livello e` adatto a studenti il cui
bagaglio matematico e` quello della Laurea Specialistica in Scienze e Tecnologie dei Materiali, ma
si e` cercato di fare le cose il pi`u rigorosamente possibile senza ricorrere a calcoli fatti a spanne.
Alcune cose non sono dimostrate perch`e formano parte degli esercizi da eseguire per il corso.
Dappertutto si e` fatto uso delle unit`a di misura CGS in modo da non trovarsi in difficolt`a nella
lettura dei testi consigliati, la maggior parte dei quali usa tale sistema.
Queste note sono state scritte con lintenzione di essere completate in fasi successive in modo
da consituire delle note guida per il corso. Sar`o grato a chiunque voglia segnalarmi gli errori e le
omissioni sicuramente presenti in modo che possano essere migliorate per i futuri studenti.
Indice
1
Potenziali Termodinamici
1.1
La Trasformata di Legendre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2
1.3
1.4
1.5
Energia interna U . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6
Lentalpia E . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
1.8
13
1.9
Il gran potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14
16
19
23
2.1
23
2.2
24
2.3
28
2.4
30
2.5
32
2.6
35
2.7
40
2.8
43
2.9
50
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
iv
3
INDICE
La Teoria di Drude-Sommerfeld per i metalli
55
3.1
55
3.2
57
3.3
Conducibilit`a DC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
58
3.4
60
3.5
63
3.6
64
3.7
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
70
3.8
71
3.9
73
75
80
Latomo di Elio
83
10
4.1
Calcolo perturbativo al
83
4.2
87
4.3
89
4.4
94
4.5
99
La molecola di Idrogeno
103
5.1
5.2
5.3
115
6.1
6.2
Il reticolo di Bravais
6.3
6.4
6.5
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
123
7.1
7.2
7.3
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
INDICE
7.4
7.5
7.6
v
Propriet`a matematiche delle funzioni periodiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
Equazione centrale per elettroni in un potenziale periodico . . . . . . . . . . . . . 130
Seconda dimostrazione del Teorema di Bloch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
133
135
C LApprossimazione di Stirling
139
143
E La funzione di Dirac
147
151
155
157
Grafico di una funzione di variabile singola y = y(x) di cui si vuole fare la Trasformata di Legendre. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2
1.3
1.4
1.5
2.1
25
Schema della distribuzione dei livelli sullasse delle energie, nelle ipotesi
E r dove r e` un qualsiasi intervallo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
36
2.3
37
2.4
38
3.1
56
61
66
2.2
3.2
3.3
3.4
Distribuzione dei livelli permessi per una particella in una scatola di lato L in spazio
{k}: occupano i vertici di un reticolo di passo 2/L. . . . . . . . . . . . . . . . . .
vii
67
viii
3.6
4.1
4.2
4.3
76
Rappresentazione schematica del modello di Jellium in cui gli elettroni si muovono liberamente, urti a parte, allinterno di una distribuzione di carica positiva che
rende elettroneutrale il sistema. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
81
84
95
Situazione effettiva dei primi livelli dellatomo di Elio, come ottenuta da un calcolo perturbativo al primo ordine. Lo stato fondamentale (a sinistra) e` uno stato
di singoletto, mentre per il primo stato eccitato e` uno stato di tripletto (ortoelio) le
cui differenze tra i livelli del tripletto appaiono solo agli ordini superiori. Lo stato
successivo e` quindi quello del paraelio, che e` di singoletto, come spiegato nel testo.
98
5.1
5.2
Schema di una molecola di Idrogeno (H +2 ) formata da due nuclei di carica +e nella posizioni R A e RB rispetto ad una generica origine O, e da un solo elettrone
di carica e definito dai vettore r. Si tratta del modello della sezione precedente
particolareggiato al caso di un elettrone singolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
5.3
Rappresentazione grafica delle energie di legame E e di antilegame E + in funzione della distanza R tra i nuclei. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
6.1
Cella primitiva per un reticolo cubico (SC) dove risultano anche indicati i vettori
tipici usati come base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
6.2
6.3
7.1
ix
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
xi
33
34
34
Capitolo 1
Potenziali Termodinamici
1.1 La Trasformata di Legendre
Si consideri una qualunque funzione y = y(x) (vedasi Fig. 1.1 e si consideri la funzione derivata
y=y(x)
x
Figura 1.1: Grafico di una funzione di variabile singola y = y(x) di cui si vuole fare la Trasformata
di Legendre.
1
p = p (x) = y (x)
(1.1)
y=y(x)
(x,y)
(0,)
x
Figura 1.2: Principio alla base della trasformata di Legendre.
identificare lintercetta della retta tangente (con pendenza definita dalla derivata p) con lasse
delle ordinate. Per calcolarla, dalla definizione di derivata, si ha:
(p) =
y (x) px
x=x(p)
(1.2)
dove x(p) e` linversa dallequazione (1.1). La (p) cos` ottenuta e` quindi una nuova rappresentazione della funzione y(x) equivalente alloriginale. Essa viene definita la trasformata di Legendre della
y(x). Tale trasformazione e` invertibile. Infatti dalla (1.2), e usando la (1.1), si trova
0
x = (p)
(1.3)
Questa e` lequivalente (nello spazio delle p) della (1.1). Sostituendo nella (1.2) si ottiene
y (x) =
(p) + px
p=p(x)
(1.4)
f (x1 , . . . , xn ) = q f (x1 , . . . , xn )
(1.5)
In Termodinamica, particolare importanza rivestono i casi con q = 0, 1 che definiscono le variabili intensive (q = 0) ed estensive (q = 1) rispettivamente. Intuitivamente, le variabili estensive
dipendono linearmente dal volume del sistema, mentre quelle intensive ne sono indipendenti.
Due corpi si dicono in equilibrio se lo e` dal punto di vista meccanico, termico, e chimico.
a) Equilibrio meccanico
Affinch`e due corpi A e B siano in equilibrio meccanico, e` necessario che siano uguali le due
pressioni lungo tutta la superficie di contatto (Fig.1.3 Quindi
PA = PB
(1.6)
A
PA
PB
TA
TB
TA = TB
(1.7)
Lequilibrio termico coinvolge dunque un trasferimento di energia (calore) fino al raggiungimento dellequivalenza delle due temperature che sono le varibili intensive associate alla
variabile estensiva entropia S (si ricordi che il calore non e` una variabile di stato).
c) Equilibrion chimico
Com`e noto, in presenza di una differenza di numero di particelle (e quindi di massa) tra
due corpi in contatto tra loro, avviene un trasferimento di particelle dal corpo pi`u a quello
meno popolato, fino al raggiungimento dellequivalenza della variabile intensiva (potenziale
chimico) associata alla variabile estensiva numero di particelle N. Dunque
A = B
(1.8)
Riassumendo, quindi, lequilibrio di due corpi coinvolge sempre lequivalenza delle tre variabili
intensive P, T, coniugate alle rispettive variabili estensive V, S , N. Vedremo pi`u avanti il significato
di coniugate nel senso della trasformata di Legendre.
Per concludere questo breve riassunto, si ricordi che la combinazione del primo e del secondo
principio della termodinamica, cos` come lo conosciamo dalla Termodinamica elementare, porge:
dU = T dS PdV
(1.9)
Si noti che tale relazione ) coinvolge i differenziali di sole variabili estensive (S e V). Nel caso
(non considerato di solito nei corsi introduttivi di Termodinamica) in cui si ammetta la possibilit`a
dU = T dS PdV + dN
(1.10)
Questa relazione rappresenta il primo e il secondo principio della Termodinamica nella sua forma
pi`u generale, e rivestir`a un ruolo molto importante nelle considerazioni che seguiranno.
= S (U, V, N)
(1.11)
Tale relazione e` invertibile rispetto ad una qualunque delle variabili. In particolare dunque:
U = U (S , V, N)
(1.12)
Lequazione (1.12) viene detta equazione fondamentale della Termodinamica per le ragioni che
diventeranno ovvie nel proseguio di questa sezione. Essendo U una funzione di stato, dU e` un
Il segno meno che appare davanti al secondo termine a destra dellequazione (1.10) dipende da come si definisce
(positivo o negativo) il lavoro. Nel nostro caso dW = PdV e positivo se fatto dal sistema
Per rendere le cose semplici, consideriamo in questo caso solo le variabili caratteristiche dei casi pi`u semplici. Negli
altri casi, devono essere chiaramente aggiunte ulteriori variabili estensive che caratterizzano il sistema in questione (per i
sistemi magnetici, ad esempio, va inserita la magnetizzazione, ecc ecc)
dU =
U
S
dS +
V,N
U
V
dV +
S ,N
U
N
dN
(1.13)
S ,V
U
S
(1.14)
V,N
!
U
P =
V S ,N
!
U
=
N S ,V
dove tutte le variabili {T, P, } sono variabili intensive funzioni delle variabili estensive {S , V, N}.
Si noti che ognuna delle relazioni (1.15) coinvolge la derivata rispetto alla variabile estensiva della
variabile intensiva in oggetto. Queste relazioni sono dette relazioni di coniugazione per U (dato che
ne esisteranno altre).
Prima di concludere questa sezione, si noti che, essendo U estensiva, dalla definizione (1.5) si
ha che e` positivamente omogenea di grado 1, e cio`e per ogni R
U (S , V, N) = U (S , V, N)
(1.15)
Dalle (1.15) e` ora immediato verificare che le variabili a primo membro sono effettivamente intensive, e cio`e omogenee di grado 0. Infatti ad esempio:
T (S , V, N) =
#
"
#
"
1
U (S , V, N)
U (S , V, N)
=
= T (S , V, N)
S
S
V,N
V,N
(1.16)
dove abbiamo sfruttato la propriet`a (1.15) nella seconda uguaglianza. Analogamente si dimostrano
le analoghe relazioni per le altre due variabili intensive P e .
In questa sezione, ricaviamo due equazioni che rivestono una particolare importanza in Termodinamica. Esse sono una semplice conseguenza dei postulati visti in precedenza e della combinazione
10 + 20 principio. Differenziando la (1.15) rispetto al parametro arbitrario si ottiene ovviamente
dU
(S , V, N) = U (S , V, N)
d
(1.17)
U
U
U
(S , V, N) + V
(S , V, N) + N
(S , V, N) = U (S , V, N)
(S )
(V)
(V)
(1.18)
Questa relazione vale qualunque sia il valore di . In particolare per = 1 e usando le (1.15) si
ottiene la relazione di Eulero
U = T S PV + N
(1.19)
Una immediata conseguenza di questa uguaglianza, combinata con la relazione (1.10) che sintetizza
primo e secondo principio, porge immediatamente la seguente relazione
S dT VdP + Nd = 0
(1.20)
che va sotto il nome di equazione di Gibbs-Duhem. Si noti come in tale equazione, i differenziali
sono solo nelle variabili intensive. Il significato matematico di tale relazione e` che i differenziali
dT , dP, e d non sono tutti indipendenti tra loro.
S ,N
S ,V
S ,V
!
P
=
S V,N
!
=
S V,N
!
=
V S ,N
(1.21)
Per tale sistema isolato, U e` un buon potenziale termodinamico (o energia libera) in quanto vale il
seguente Teorema: In un sistema isolato, lo stato di equilibrio e` quello in cui U assume il suo valore
minimo assoluto. La dimostrazione di tale Teorema e` riportata in Appendice A.
1.6 Lentalpia E
La rappresentazione in cui lenergia interna U e` un potenziale termodinamico, e` la pi`u naturale
essendo quella utilizzata anche in Meccanica Classica. Daltra parte, in Termodinamica, non e` la
pi`u utile. Infatti spesso le variabili termodinamiche pi`u facilmente controllabili da un punto di vista
pratico, e quindi utilizzabili come variabili indipendenti, non sono quelle estensive. Ad esempio,
e` spesso pi`u semplice controllare la pressione P piuttosto che la sua variabile estensiva coniugata V. Per fare correttamente questo cambio di variabili indipendenti, e di conseguente potenziale
Si ricordi che se non c`e variazione di calore, non c`e neppure variazione di entropia
Tale propriet`a vale per qualunque funzione sufficientemente regolare, ed e` nota come teorema di Schwartz
10
termodinamico, si deve usare la Trasformata di Legendre discussa nella Sezione 1.1. Proseguendo nellesempio appena discusso, si consideri la situazione di un sistema chiuso termicamente e
chimicamente ma accoppiato meccanicamente con lesterno. Come gi`a accennato, questa e` proprio la situazione in cui la pressione P piuttosto che il volume V deve essere usata come variabile
indipendente. Vogliamo quindi eseguire la trasformazione di variabili
(S , V, N) (S , P, N)
(1.22)
e a tale proposito si deve usare la Trasformata di Legendre (1.2) che in questo caso diventa
E = U + PV
(1.23)
La differenza di segno con la forma generale (1.2) dipende dalla solita differenza che coinvolge la
pressione P gi`a discussa. La funzione E cos` risultante si chiama entalpia k . Differenziando la (1.23)
e usando la (1.12) si ottiene
dE = T dS + VdP + dN
(1.24)
dE =
E
S
E
dS +
P
P,N
E
dP +
N
S ,N
dN
(1.25)
S ,P
k
Si ricordi che E e` una funzione di S , P e N e che la V = V(S , P, N) si ottiene invertendo la prima delle relazioni di
coniugazione (1.15)
11
E
S
E
P
V =
E
N
(1.26)
P,N
S ,N
S ,P
(1.27)
=
S ,N
S ,P
V
S
S ,P
(1.28)
P,N
P,N
S ,N
Anche in questo caso, vale lanalogo Teorema( dimostrato in Appendice): In un sistema chiuso
termicamente e chimicamente, ma accoppiato meccanicamente con lesterno, lo stato di equilibrio
e` quello in cui E raggiunge il valore minimo possibile. Questo fa s` che sia E e non U il corretto
potenziale termodinamico da utilizzare in questa situazione.
Unaltra situazione fisica di frequente occorrenza e` quella di un sistema chiuso meccanicamente e chimicamente
ma accoppiato termicamente con lambiente esterno. Di conseguenza le corrette variabili indipendenti da utilizzare sono {N, V, T } e ci serve dunque una Trasformata di Legendre rispetto alla coppia
12
F = U TS
(1.29)
Differenziando ambo i membri e ricordando lespressione dei primi due principi (1.12) si ottiene
dF = S dT PdV + dN
(1.30)
dF =
F
T
F
dT +
V
V,N
F
dV +
N
T,N
dN
(1.31)
T,V
(1.32)
V,N
!
F
P =
V T,N
!
F
=
N T,V
Considerando poi le derivate seconde miste, si ottengono le relazioni di Maxwell per F
S
V
S
N
P
N
=
T,N
!
!
T,V
T,V
P
T
(1.33)
V,N
=
T
=
V,N
T,N
Per tale sistema, lenergia libera di Helmholtz F si comporta come un potenziale termodinamico
e vale il seguente Teorema: In un sistema chiuso meccanicamente e chimicamente ma accoppiato
termicamente con lambiente esterno, lo stato di equilibrio e` quello che minimizza F.
13
G = U T S + PV
(1.34)
Si noti che si poteva ottenere lo stesso risultato partendo da F e facendo una singola Trasformata di
Legendre rispetto alla sola coppia (P, V). Differenziando e ricordando la (1.12) si ottiene
dG = S dT + VdP + dN
(1.35)
Confrontando al solito con la propriet`a dei differenziali esatti si ricavano le relazioni di coniugazione
per G
!
G
S =
T P,N
!
G
V =
P T,N
!
G
=
N T,P
(1.36)
T,N
!
!
T,P
T,P
V
=
T
(1.37)
P,N
=
T P,N
!
=
P T,N
14
Anche questa situazione fisica, come quella precedente, e` molto frequente nei casi pratici, e quindi
riveste una grande importanza il fatto che lenergia libera di Gibbs G si comporti come un potenziale
termodinamico e che valga il seguente Teorema: In un sistema chiuso chimicamente ma accoppiato
chimicamente e termicamente con lambiente esterno, lo stato di equilibrio e` quello che minimizza
G.
Vale la pena notare che dallequazione di Eulero (1.19) e la (1.34) si ricava immediatamente
limportante conseguenza
G = N
(1.38)
= U T S N
Ci`o vale per un sistema puro, mentre non vale pi`u per una miscela
(1.39)
15
d = S dT PdV Nd
(1.40)
=
T
P =
N =
!
!
(1.41)
V,
T,
T,V
!
!
T,
P
T
=
T,V
N
T
=
T,V
N
V
(1.42)
V,
V,
T,
Anche in questo caso, con laiuto dellEquazione di Eulero (1.9) il gran potenziale (1.39) si pu`o
esprimere in una forma particolarmente semplice
= PV
(1.43)
Anche in questo caso, dunque, la pressione pu`o essere espressa (per un sistema puro) sia nella forma
data dalle relazioni di coniugazione (1.42) sia come P = /V cio`e come gran potenziale per unit`a
di volume. Anche in questo caso, come per i precedenti, vale il seguente Teorema: In un sistema
chiuso meccanicamente ma accoppiato termicamente e chimicamente, lo stato di equilibrio e` quello
in cui la assume il valore minimo possile.
16
CV
dQ
dT
(1.44)
V,N
Nel sistema (N, P, T ) esiste lanaloga espressione C P che e` la capacit`a termica a pressione costante.
La capacit`a termica non e` una quantit`a intensiva in quanto dipende dalla massa del sistema (pi`u e`
grande il sistema e pi`u alta e` la sua capacit`a termica: si pensi ad esempio al mare). Se vogliamo
una misura che dipenda solo dalle propriet`a intrinseche del sistema e non dalla sua massa, possiamo
definire il calore specifico come la capacit`a termica per unit`a di volume, e dunque
cV
cP =
1 dQ
V dT
1 dQ
V dT
!
!
(1.45)
V,N
P,N
a) CV
Si consideri come detto un sistema (N, V, T ) (associato alla funzione di Helmholtz F). Usando la (1.13) nella (1.10) (in modo che siano sempre (N, V, T ) le variabili indipendenti) e
Nel seguito assumeremo implicitamente che N sia sempre fissato e dunque C V sta per CV,N ecc ecc.
17
dS
dS
T
(1.46)
si ottiene
U
T
dQ =
!
!
U
U
dV +
dN
dT + P +
V T,N
N N,T
N,V
(1.47)
Fin qui e` tutto generale. Se in particolare assumiamo di tenere (N, V) costanti, allora dN =
0 = dV e dunque dalle (1.44) e (1.46) si ottengono le corrispondenti capacit`a termica e calore
specifico
CV
cV
=
=
U
T
(1.48)
N,V
1 U
V T
N,V
E` molto importante sottolineare la relazione tra le funzioni di risposta e i corrispondenti potenziali termodinamici (o energie libere): tale relazione coinvolge le derivate seconde, come
vedremo. In questo caso la connessione deve quindi essere con la funzione di Helmholtz F.
Per ottenerla si parte dalla seconda legge (1.46) ove S , pensato come funzione di (N, V, T ) e`
un differenziale esatto e dunque
dS
S
T
S
dT +
V
N,V
S
dV +
N
N,T
dN
(1.49)
V,T
CV
S
= T
T
(1.50)
N,V
18
CV
cV
2 F
T 2
= T
(1.51)
N,V
#
2 F
= T
T 2 V N,V
"
b) C P
In questo caso le variabili giuste da usare sono (N, P, T ) e il corrispondente potenziale
termodinamico giusto e` la funzione di Gibbs G. Si potrebbe quindi procedere esattamente
come prima e ottenere le espressioni analoghe alle (1.52) e cio`e
CP
cP
!
2 G
= T
T 2 N,P
" 2 #
G
= T
T 2 V N,P
(1.52)
Daltra parte e` interessante capire qual`e la relazione tra i calori specifici c P e cV , in quanto
di frequente utilizzo nella Termodinamica dei fluidi. Per fare questo si ritorna alle (1.10) e
(1.46) si deve pensare V come una funzione di (N, P, T ) e dunque
dV =
V
T
V
dT +
P
N,P
V
dP +
N
N,T
dN
(1.53)
T,P
Sostituendo nella (1.13), usando poi la (1.10) con la (1.46), e ricordando infine che dP = 0 =
dN nelle nostre ipotesi, si ottiene dopo qualche passaggio
CP
"
U
= CV + P +
V
NT
U
T
(1.54)
N,P
Una cosa analoga si ottiene dal secondo principio (1.46), sviluppando il differenziale dS e
19
C P = CV + T
V
T
V,T
(1.55)
N,P
KT
1 V
=
V P
KS
1 V
=
V P
!
!
(1.56)
T,N
S ,N
che solo le quantit`a intensive analoghe dei calori specifici. Introducendo la densit`a
n =
n =
dN
dV
N
V
(1.57)
KT
KS
=
=
1 n
n P
1 n
n P
!
!
(1.58)
T,N
S ,N
20
KT
1 2 G
=
V P2
(1.59)
T,N
KS
1 2 E
=
V P2
(1.60)
T,N
P =
1 V
V T
1 n
=
n T
(1.61)
P
V M
(1.62)
PB
dove M e B sono la magnetizzazione (variabile estensiva) e il campo magnetico (variabile intensiva) rispettivamente. Le analoghe della compressibilit`a (1.57) sono le suscettivit`a
magnetiche isoterma e isoentropica
!
2 G
=
B2 T
T
!
!
M
2 E
=
B T
B2 S
M
B
(1.63)
21
dove si sono sfruttate ancora le analoghe delle (1.42) e (1.27) secondo la corrispondenza
(1.63).
Capitolo 2
Il caso di gas ideale pu`o essere pensato come un caso particolare di questo nel limite di diluizione infinita
23
24
b) Distribuzione di velocit`a
Le molecole sono in moto con velocit`a distrubuite isotropicamente, e quindi tutte le direzioni
sono ugualmente probabili. Questa ipotesi (fondamentale) e` spesso indicata come ipotesi di
caos molecolare.
c) Interazione a corto raggio
Tra due collisioni, le molecole viaggiano a velocit`a costante (moto balistico) e quindi non ci
sono interazioni a lungo raggio.
d) Gas diluito
Si assume che la densit`a del sistema sia molto bassa, e cio`e (si veda la (1.58) n 1. La stessa
informazione pu`o essere espressa pi`u utilmente introducendo il raggio della sfera equivalente
r s definita dalla relazione
1
n
4 3
r
3 s
(2.1)
Fisicamente essa rappresenta il raggio della sfera di pertinenza di quella molecola a quella
densit`a. Ovviamente dipende in modo inverso dalla densit`a come si vede immediatamente
risolvendo la (2.1) rispetto a r s
rs =
3 1
4 n
!1/3
(2.2)
25
al raggio della sfera equivalente r s definito nella (2.2) e quindi rispetto alle dimensioni caratteristiche delle sue molecole (in seguito denominate genericamente particelle per semplicit`a), come
riportato in Fig.2.1. Si definisca la media di una generica quantit`a f (i) che dipende dallindice di
z
rs
Figura 2.1: Volume cubico di lato L r s utilizzato per calcolare la pressione di un gas
dilutito.
hfi =
N
1 X (i)
f
N i=1
(2.3)
Dallipotesi di isotropia del gas diluito, e` ovvio che presa una componente arbitraria (ad esempio
x) di una particella arbitraria (ad esempio la particella i-esima), essendo N molto grande esister`a
unaltra particella j con componente uguale ed opposta, e cio`e tale che
v(xj) = v(i)
x
(2.4)
hv x i = hvy i = hvz i = 0
(2.5)
26
hvi = 0
(2.6)
Fisicamente, ci`o e` ovvio in quanto il centro di massa del gas non si muove. Daltra parte questo non
vale per la velocit`a quadratica dove invece valgono
1 D 2E
v = hv2x i = hv2y i = hv2z i
3
(2.7)
Assumiamo che la massa M del contenitore sia sostanzialmente infinita rispetto alla massa m della
particella (cio`e M m): si assuma inoltre che gli urti con le pareti siano elastici in modo che non
sia dissipata energia. Ovviamente allora la variazione della quantit`a di moto di una particella diretta
con velocit`a v x contro la parete, sar`a data da
p x = 2mv x
(2.8)
a cui corrisponde una variazione uguale e contraria della quantit`a di moto della parete P x = p x
.
La stessa cosa avviene, ovviamente, lungo le altre due componenti. Si consideri ora una superficie
A della parete perpendicolare allasse x. Il numero di particelle che collidono in un tempo dt su tale
superficie e` dato dal numero di particelle contenute in volume dV = Av x dt, e cio`e:
dn = n (v x > 0) Av x dt
(2.9)
dove n(v x > 0) = (1/2)n e` il numero medio di particelle con velocit`a positiva lungo x, essendo n la
densit`a (1.58) per un sistema omogeneo. La variazione totale della quantit`a di moto della parete per
Il modo corretto di verificare tale relazione e` quello di applicare conservazione del momento e dellenergia, e fare
quindi un espansione in potenze di m/M 1.
27
(dP x )T OT
1
= 2mv x nAv x dt
2
(2.10)
Facendo la media su tutte le particelle, e dividendo per dt si ottiene la forza totale media che si
esercita sulla superficie A della parete; dividendo ulteriormente per la superficie A si ottiene la
pressione media esercitata su una qualunque (data la loro equivalenza) parete del recipiente
D E
D E 1
P = nm v2x = nm v2
3
(2.11)
dove la seconda uguaglianza discende dallipotesi di isotropia (2.7). La relazione (2.11) rappresenta
la prima previsione sperimentale del nostro modello microscopico. Unaltra quantit`a termodinamica
facilmente calcolabile dal nostro modello e` lenergia interna U, che coincide con lenergia cinetica
media delle particelle non essendoci energia potenziale. Per N particelle, essa e` data da N volte
lenergia cinetica media di ogni particella e dunque
1 D E
U = N m v2
2
(2.12)
PV =
2
U
3
(2.13)
che rappresenta unequazione di stato. Pi`u avanti vedremo come si giustifica, allinterno del nostro
modello, la relazione termodinamica nota
U =
3
NkB T
2
(2.14)
dove kB e` la costante di Boltzmann, che gioca un ruolo fondamentale nella Termodinamica Statisti-
28
PV = NkB T
(2.15)
che e` la nota equazione di stato del gas ideale come ci si doveva aspettare.
(2.16)
dove v0 , A e B sono tre costanti da determinare in base alle condizioni al contorno del sistema.
Per poter calcolare le tre quantit`a sopraddette, usiamo le seguenti tre condizioni:
a) Il gas non si muove: hvi = 0
Si consideri infatti la media della velocit`a secondo la distribuzione (2.16) sar`a data da
hvi =
d3 v v f (v)
d3 v f (v)
(2.17)
LaR notazione
R
dvx dvy dvz .
d3 v rappresenta una scrittura compatta dellintegrazione sulle tre componenti della velocit`a
29
conseguenza
hvi = v0 = 0
(2.18)
b) Il numero totale di particelle per unit`a di volume e` n dato dalla seconda delle (1.58)
Di conseguenza se integriamo su tutte le possibili velocit`a dobbiamo ottenere n:
n =
d3 v f (v)
(2.19)
=
+ R 3
d v (1/2) mv2 f (v)
1 2
R
mv =
2
d3 v f (v)
(2.20)
Possiamo ora calcolare le costanti A e B. Dalla (2.19) si ottiene, dato che lintegrando non dipende
dalla direzione
n = A
d ve
Bv2
= 4A
+
2
dv v e
Bv2
1
A
I2
= 2
3/2
2
(2B)
(2.21)
dove abbiamo usato la sostituzione v = z/(2B) 1/2 e abbiamo introdotto gli integrali
In () =
dz zn ez
(2.22)
il cui valore e` calcolato in Appendice B. In modo analogo, dalla (2.20) si ottiene, usando anche la
(2.19):
=
1
mA 2
I4
5/2
2n (2B)
2
(2.23)
30
Usando i risultati (B.10), le due equazioni (2.22) e (2.23) si possono risolvere rispetto ad A e B
ottenendo dopo qualche facile passaggio
3 m
A = n
4
3m
B =
4
!3/2
(2.24)
Il problema e` ora completamente risolto. Mentre e` chiaro il ruolo di n, resta in sospeso il ruolo di ,
che e` per`o facilmente identificabile dalla (2.12) per cui
=
U 3
= kB T
N 2
(2.25)
!3/2
1 mv2
exp
2 kB T
"
(2.26)
= 1 ...,N (r1 1 , . . . , rN N )
(2.27)
31
ticella 2 ha posizione r2 , spin 2 e numeri quantici 2 e cos` via. Si noti che essendo le particelle
indistinguibili per assunzione, letichettatura e` fatta per la contabilit`a generale, e non per poter
identificare le varie particelle.
Vediamo ora di considerare i tre casi di interesse per i sistemi fisici che considereremo in futuro.
A) Caso classico:particelle distinguibili In questo caso consideriamo le particelle come se fossero distinguibili, e dunque qualunque particella pu`o trovarsi in un qualunque stato quantico:
non ci sono quindi restrizioni per quanto riguarda la funzione donda (2.27). E` importante
sottolineare che tale situazione non e` corretta dal punto di vista della Meccanica Quantistica, ma risulter`a comunque molto utile come termine di riferimento classico; vedremo in
seguito che tali particelle seguono la statistica di Maxwell-Boltzmann.
Nel caso di particelle rigorosamente quantistiche, sappiamo che non e` pi`u possibile dire quale
particella si trova in quale stato, ma e` sensata solo laffermazione quante particelle si trovano
in un determinato stato. Questo significa che c`e bisogno di una nuova statistica che sappiamo
essere legata all valore dello spin .
B) Caso quantistico: Bosoni Si consideri il caso di particelle con spin intero 0, 1, 2, . . ., detti Bosoni, che vedremo sono governati dalla statistica di Bose-Einstein. Sappiamo che se si scambiano due particelle i e j, cio`e si scambiano sia le coordinate che lo spin, lautofunzione totale
non cambia segno, e` cio`e simmetrica:
1 ,...,N . . . , ri i , . . . , r j j , . . . = 1 ,...,N . . . , r j j , . . . , ri i , . . .
(2.28)
Si noti che nello scambio, si deve pensare che lo spin sia attaccato alla particella a differenza
degli altri numeri quantici. Dato che le particelle sono indistinguibili, lo stato dal sistema
non cambia per effetto dello scambio, e di questo bisogna tenere conto nel computo delle
configurazioni possibili. Esempi di tali sistemi sono i fotoni, i fononi, lHe 4 , ecc.
32
C) Caso quantistico: Fermioni Si consideri ora il caso di particelle con spin semi-intero 1/2, 3/2, 5/2, . . .,
detti Fermioni, che seguono invece la statistica di Fermi-Dirac. In questo caso se si scambiano due particelle i e j, coordinate pi`u spin, lautofunzione totale cambia segno, e` cio`e
antisimmetrica:
1 ,...,N . . . , ri i , . . . , r j j , . . . = 1 ,...,N . . . , r j j , . . . , ri i , . . .
(2.29)
Si noti che un modo per assicurare che tale condizione sia rispettata e` quella di utilizzare il
cosiddetto determinante di Slater. Anche in questo caso il sistema non e` affetto da questo
scambio essendo le particelle indistinguibili. Tutte le particelle che formano i mattoni elementari della materia (elettroni, neutroni, protoni ecc) sono Fermioni e seguono tale statistica.
Una importante conseguenza di questo risultato si ottiene nel caso in cui lo stato delle particelle scambiate i e j sia lo stesso, cio`e i = j . In questo caso le due autofunzioni dovrebbero
essere identiche, e lunico modo affinch`e ci`o risulti compatibile con la (2.29) e` che esse si
annullino entrambe:
...i ,..., j =i ,... . . . , ri i , . . . , r j j , . . . = 0
(2.30)
risultato che va sotto il nome di Principio di esclusione di Pauli. In seguito a tale principio,
sono escluse situazioni in cui due o pi`u Fermioni occupano lo stesso stato quantico (inteso
come stesso e stesso stato di spin ).
Dato che tutte le particelle in Natura sono classificabili come o Fermioni o Bosoni (o particelle
classiche), tale divisione ha esaurito tutte le possibilit`a.
33
assumere solo tre stati quantici denominati = 1, 2, 3. Calcolare il numero di possibili stati del
gas e` equivalente a calcolare il numero di modi distinti in cui posso distribuire le 2 particelle nei tre
stati. Questultimo dipende evidentemente dal carattere della particella considerata.
a) Statistica di Maxwell-Boltzmann
Vediamo lesempio riportato in Tabella 2.1 di particelle distinguibili per le quali non c`e nessuna restrizione: questo e` un esempio di Statistica di Maxwell-Bolzmann. Dato che sia la
prima che la seconda particella la posso mettere in uno qualunque dei 3 stati, il numero totale
di possibili distribuzioni e` 32 = 9 che sono appunto tutte quelle listate in Tabella 2.1.
Modi/Stati
10
20
30
40
50
60
70
80
90
=1
AB
=2
=3
AB
AB
A
A
B
B
B
B
A
A
B
A
B
A
b)Statistica di Bose-Einstein
Consideriamo adesso le particelle quantistiche e quindi particelle indistinguibili assumendo
dapprima che siano bosoni (spin intero) per i quali non c`e nessuna restrizione sulloccupazione multipla. In tal caso e` ovvio che possiamo identificare le due particelle e cio`e B = A per
cui mancheranno allappello le ultime 3 configurazioni del caso precedente che distinguono
le due particelle: il risultato del conteggio e` quello riportato in Tabella 2.2 che rappresenta un
semplice esempio di Statistica di Bose-Einstein.
c) Statistica di Fermi-Dirac
Lultimo caso e` quello di particelle indistinguibili ma fermioni (spin semi-intero). In que-
34
=1
AA
=2
=3
AA
AA
A
A
A
A
A
A
sto caso abbiamo visto che il Principio di Pauli esclude le occupazioni multiple (due o pi`u
particelle nello stesso stato quantico), e questo elimina le prime 3 configurazioni del caso
precedente. Le rimanenti 3 configurazioni sono elencate in Tabella 2.3 e corrispondono alla
Statistica di Fermi-Dirac.
Modi/Stati
10
20
30
=1
A
A
A
=2
A
=3
A
N2
N1,1
(2.31)
35
Definendo inoltre il rapporto = P2 /P1,1 tra tali probabilit`a, si ottiene nei tre casi MaxwellBoltzmann (MB), Fermi-Dirac (FD) e Bose-Einstein (BE)
MB =
1
2
(2.32)
FD = 0
BE = 1
FD < MB < BE
(2.33)
Nel caso pi`u generale di N 1 particelle e infiniti possibili stati, e` chiaro che questa procedura
diventa ingestibile, e quindi e` necessario mettere a punto una tecnica alternativa generale di tipo
combinatorio; questa e` appunto largomento della sezione che segue.
Ovviamente se ci riferisce al caso in cui si identifica anche lo spin, allora la dicitura livelli si deve intendere in
realt`a come stati.
36
E r
(2.34)
r
resimo
intervallo
Figura 2.2: Schema della distribuzione dei livelli sullasse delle energie, nelle ipotesi E
r dove r e` un qualsiasi intervallo.
di Stirling (C.10) per entrambe le quantit`a senza essere inconsistenti. Si ricordi che in tutti i casi,
essendo il numero totale delle particelle fissato al valore N 1 vale il vincolo
X
Nr = N
(2.35)
A)Statistica di Maxwell-Boltzmann
In questo caso le particelle sono distinguibili e il numero di occupazione di un livello e` arbitrario. Il nostro problema e` quello di calcolare in quanti modi distinti possiamo distribuire N
particelle nei vari (infiniti) intervalli r = 1, 2, . . .. Si consideri il primo intervallo: il numero
di modi W1 in cui posso prendere N1 N particelle dal totale di N e`
W1 =
N!
N1 !(N N1 )!
(2.36)
Allinterno del primo intervallo ci sono per ipotesi g 1 livelli e quindi ci sono g1N1 modi di
37
g
W1
= g1N1
N!
N1 !(N N1 )!
(2.37)
A questo punto sono rimaste in tutto N N 1 particelle da distribuire. Nel secondo intervallo
si avr`a la stessa cosa con questo nuovo numero totale, e quindi
W2(g) = g2N2
(N N1 )!
N2 !(N N1 N2 )!
(2.38)
Possiamo continuare con tale ragionamento fino a quando non abbiamo esaurito tutte le N
particelle. Essendo ogni intervallo indipendente dallaltro, il numero di modi W MB in cui
posso distribuire N1 particelle nel primo intervallo, N 2 particelle nel secondo intervallo, ecc e`
quindi dato dal prodotto dei risultati dei singoli intervalli e quindi
W MB = N!
Y g Nr
r
N
r!
r
(2.39)
B)Statistica di Fermi-Dirac
Consideriamo ora il caso dei Fermioni, in cui le particelle sono indistinguibili e loccupazione
pu`o essere al pi`u singola per effetto del Principio di esclusione di Pauli. Si consideri quindi il
generico intervallo r-esimo in cui quindi g r Nr per le ragioni suddette. Un esempio di tale
situazione e` rappresentato schematicamente in Figura 2.3 Il problema e` ora capire in quanti
38
WFD =
Y
r
gr !
Nr !(gr Nr )!
(2.40)
C)Statistica di Bose-Einstein
Vediamo ora il caso dei Bosoni in cui le particelle sono indistinguibili e loccupazione dei
livelli e` arbitraria. Dato il carattere di alta socialit`adei Bosoni, in generale ci si aspetta che
Nr gr anche se alcuni livelli potrebbero risultare vuoti come illustrato in Figura 2.4 per
il caso gr = 11 e Nr = 16. Per poter calcolare il numero di modi in cui le N r particelle
WBE =
Y (N + g 1)!
r
r
N
!(g
1)!
r
r
r
(2.41)
39
Anche se gli esempi reali ricadono sempre in uno dei tre casi appena descritti, e` conveniente introdurre un quarto sistema che ci aiuter`a a capire il limite classico delle statistiche
quantistiche. Si consideri quindi un sistema di particelle quantistiche e quindi indistinguibili
ma in cui le particelle siano sufficientemente distanti tra loro in modo che le funzioni donda
non si sovrappongano tra loro (pi`u avanti si discuter`a come rendere questa affermazione pi`u
precisa): in questo caso la probabilit`a di occupazione e` talmente piccola (g r Nr ) che le
particelle sono a tutti gli effetti pratici indipendenti tra loro. Vediamo quindi come calcolare
il numero di modi in la distribuzione delle particelle viene effettuata. Se fossero distinguibili,
essendo indipendenti le Nr particelle potrebbero essere distribuite in g rNr modi distinti tra i
gr livelli. Non essendo per`o da considerare distinguibili, per`o, e` necessario dividere per il
numero di modi in cui le Nr particelle possono essere permutate tra loro, che e` N r !, e quindi
otteniamo grNr /Nr !. Dallindipendenza reciproca di ogni intervallo poi, il numero totale dei
modi WS D in cui si pu`o effettuare tale distribuzione e` dato da
WS D =
Y g Nr
r
Nr !
W MB
N!
(2.42)
che corrisponde al numero di modi totali della statistica di Maxwell-Boltzmann (MB) diviso N! che rappresenta leffetto della distinguibilit`a delle N particelle, come doveva essere.
Questa statistica viene detta Statistica del Sistema Diluito (SD).
Se le cose che abbiamo detto sono giuste, dovrebbe accadere che entrambi i risultati (2.40) e
(2.41) si riducono al risultato (2.42) nel limite g r Nr . E` facile verificare che questo e` vero. Nella
(2.40) in tale limite si ottiene
(2.43)
In tal modo la (2.40) si riduce alla (2.42) come detto. Nello stesso modo nella (2.41) si ha
40
da cui la (2.41) si riduce alla (2.43). Conseguenza importante di quanto abbiamo detto, e` che il
conteggio del numero di modi totale della distribuzione W differisce nel limite classico in cui
le funzioni donda non si sovrappongono, di un fattore N! rispetto al caso di Maxwell-Boltzmann,
nonostante la popolazione media dei livelli sia esattamente la stessa, come vedremo pi`u avanti k .
nr =
Nr
gr
(2.45)
A tale proposito utilizzeremo il metodo della distribuzione pi`u probabile che e` basato sulla seguente
idea: tra tutte le possibili distribuzioni {n r }, quella pi`u probabile {nr } e` quella che massimizza il
numero di modi in cui tale distribuzione si pu`o ottenere. Questo e` dovuto al fatto che ln W e` una
misura dellentropia del sistema: la relazione esatta e` data dalla famosa formula di Boltzmann
= kB ln W
(2.46)
41
W = 0
{nr } = {nr }
per
imponendo che
(2.47)
ln W =
(2.48)
si pu`o sostituire lannullarsi del funzionale W con lannullarsi del suo logaritmo: questo risulter`a
molto utile sia dal punto di vista pratico (in quanto facilita i calcoli) sia da quello teorico (per via
della relazione (2.46). La cosa importante da sottolineare e` che lestremalizzazione e` vincolata
trattandosi di un sistema a numero di particelle N e energia totale E
costanti
(sistema isolato) e
dunque
X
Nr = N
(2.49)
Nr r = E
Per questo e` quindi necessaria una procedura nota come metodo dei moltiplicatori di Lagrange
discussa il dettaglio in Appendice D. Usando le espressioni fondamentali (D.9)) e (D.11) riferite
e i due moltiplicatori di Lagrange e associati ai
alla quantit`a ln W come detto, si introduce ln W
vincoli (2.50):
= ln W
ln W
X
r
Nr
Nr r
(2.50)
Si noti che le derivate sono derivate funzionali in quanto W si assume essere un funzionale delle funzioni di
distribuzione {nr }
In queste considerazioni si usa E invece che U per allinearsi alla consuetudine di questo tipo di calcoli.
42
pi`u probabile si ha
"
ln W
N s
"
=
{Nr }={N r }
ln W
s
N s
=0
(2.51)
{Nr }={N r }
Possiamo ora calcolare le derivate nei vari casi di interesse dati dalle equazioni 2.39), 2.40), 2.41) e
2.42, notando che
ln W MB = ln N! +
X
r
ln WFD =
ln WBE =
ln WS D =
X
r
X
r
X
r
Nr ln gr ln N!
ln gr ! ln Nr ! ln (gr Nr )!
(2.52)
Per effetto delle ipotesi (2.34), tutti i numeri in gioco sono grandi e si pu`o quindi applicare lapprossimazione di Stirling in conseguenza di quale si pu`o usare lapprossimazione (C.10) qualora si tratti
con numeri grandi (si noti che gi`a a partire da N 10 lapprossimazione e` gi`a molto precisa).
Sostituendo la (D.11) nella (2.53), eseguendo le derivate si ottengono dopo qualche facile passaggio
le seguenti relazioni
ln W MB
N s
ln WFD
N s
ln WBE
N s
ln WS D
N s
= ln
= ln
= ln
= ln
!
gs
Ns
!
gs
1
Ns
!
gs
+1
Ns
!
gs
Ns
(2.53)
Sostituendo tale risultato nella condizione di estremalit`a, (2.50), e usando la (2.45), si ottengono le
43
(2.54)
1
e er
+1
1
e er 1
(nr )S D = e er
~2 2
(r) = (r)
2m
(2.55)
Il metodo standard per la soluzione di questa equazione e` quello della separazione delle variabili.
Assumiamo che lautostato (r) sia fattorizzabile nel prodotto di tre funzioni ognuna dipendente da
una singola variabile:
(2.56)
44
y (y)
x
x
z
2m x2
2m y2
!
~2 2
+ x (x) y (y)
z (z) = x (x) y (y) z (z)
2m z2
y (y) z (z)
(2.57)
(2.58)
Notando ora che il primo membro della (2.58) e` la somma di tre termini ognuno dipendenti da una
singola variabile diversa, e che la loro somma deve dare una costante, si deve concludere necessariamente che ognuno dei tre termini e` esso stesso una costante. In sostanza si ha che la soluzione
dellequazione originale (2.55) si riduce alla soluzione di tre equazioni identiche di variabile singola
~2 2
x (x) = x x (x)
2m x2
~2 2
y (y) = y y (y)
2m y2
~2 2
z (z) = z z (z)
2m z2
(2.59)
= x + y + z
(2.60)
Possiamo quindi risolvere una qualunque delle tre equazioni (2.60) unidimensionali, e ottenere la
soluzione del problema originale tridimensionale usando le (2.56) e (2.60). Si consideri ad esempio
la prima delle (2.60): moltiplicando per 2m/~ 2 si ottiene
d2
x (x) + k2x x (x) = 0
dx2
(2.61)
45
dove si e` posto
k2x =
2m x
~2
(2.62)
e dove abbiamo sostituito la derivata totale a quella parziale trattandosi di una variabile singola.
Trattandosi dellequazione delloscillatore armonico, la soluzione e` noto essere del tipo
x (x) = A eikx x + B eikx x
(2.63)
dove A e B sono costanti (a priori complesse) da determinare sulla base delle condizioni al contorno
e alla normalizzazione. La soluzione per il problema in un intervallo di lunghezza L definito e con
barriere it infinite agli estremi e` quello di unonda stazionaria, anche se la forma esatta dipende
dalla parit`a scelta per il potenziale. In questi problemi e` per`o consuetudine assumere che una delle
due condizioni al contorno imponga B = 0 in modo da avere solo la prima parte nella (2.63) corrispondente ad unonda piana in moto lungo lasse x con vettore donda k x > 0. Laltra condizione
al contorno viene scelta imponendo che lautofunzione si annnulli quando x = L dove il potenziale
diventa infinito. Quindi
x (x) = Aeikx L = 0
(2.64)
kn x
2n x
L
n = 0, 1, 2, . . .
(2.65)
L
0
dx | x (x)|2 = 1
(2.66)
46
che porge
|A| =
(2.67)
Scegliendo la fase in modo che A sia reale, la soluzione finale si legge come
knx (x) =
1
eiknx x
L
(2.68)
dove il valore del vettore donda e` dato dalla (2.65) e quindi dalla (2.62):
k x
22 ~2 n2x
mL2
(2.69)
Espressioni analoghe si ottengono per le altre due equazioni della (2.60) lungo le direzioni y e z. La
soluzione del problema tridimensionale originale (2.55) e` ora immediata: gli autostati sono dati
k (x) =
1
eikr
V
(2.70)
=
~2 2
knx + kn2y + kn2z
2m
(2.71)
kn x =
n x = 0, 1, , 2, . . .
(2.72)
ny = 0, 1, , 2, . . .
nz = 0, 1, , 2, . . .
Fin qui per quanto riguarda il problema di una particella singola. Se abbiamo N particelle, nellipotesi che siano libere, indipendenti e senza spin, ognuna di esse ha la stessa soluzione: il suo
47
stato e` identificato dallautovalore (2.71) o, equivalentemente, dal vettore donda k le cui componenti sono date dalle relazioni (2.73). Per quanto detto nelle Sezioni precedenti, dobbiamo sapere il
numero di occupazione nk dello stato identificato dal vettore donda k associato allenergia k : esso
e` dato, a seconda dei casi, dalle distribuzioni delle statistiche quantistiche (2.55) con la sostituzione
sk
(nk ) MB = e ek
(2.73)
(nk )FD =
e ek +1
1
(nk )BE =
e ek 1
(nk )S D = e ek
Siamo ora in grado di identificare il moltiplicatore di Lagrange che appare nelle distribuzioni
(2.74) usando i vincoli (2.50) che con laiuto della (2.45) si possono riscrivere come
N =
gr n r =
E =
XX
gr n r r =
nr =
kr
XX
r
nk
(2.74)
nr r =
kr
nk k
dove la somma e` ora su tutti i livelli (o stati, dato che consideriamo particelle senza spin). Se il
volume V e` grande (`e cio`e un volume macroscopico), i livelli sono molto fitti. Questo si vede
facilmente ad esempio dalla condizione (2.65)
knx
= knx +1 knx =
2 L
0
L
(2.75)
Lelemento di volume 3 k = knx kny knz nello spazio dei vettori donda e` dato da diventa
3 k =
(2)3
V
(2.76)
Ricordando la relazione di de Broglie p = ~k tra momento (=quantit`a di moto) p e vettore donda k, tale spazio
coincide in effetti con lo spazio dei momenti.
48
In tal modo possiamo trasformare le somme contenute in (2.75) usando la (2.76) nel modo seguente
X
N =
nk =
V X 3
k n k k
(2)3 k
(2.77)
d3 k
n (k)
(2)3
Z
d3 k
=
n (k) (k)
(2)3
=
(2.78)
In sostanza, per passare dal discreto al continuo nel limite di grandi volumi, si usa la sostituzione
Z
1 X V
d3 k
V k
(2)3
(2.79)
relazione che sar`a molto usata nei calcoli futuri. Vediamo ora cosa si ottiene per particelle senza spin
dove si deve usare la statistica di Maxwell-Boltzmann (che coincide con quella del sistema diluito)
data dalla prima delle (2.74). Si definisca la quantit`a = e (che vedremo in seguito assumere il
significato di fugacit`a) dalla prima delle (2.79) si ottiene
N
V
d3 k ~2 k2
e 2m =
(2)3
"Z
dk ~2 k2
e 2m
2
#3
(2.80)
p
La sostituzione z = ~2 m permetter di ridurre il calcolo ad un integrale Gaussiano del tipo
m
=
2~2
!3/2
(2.81)
1
kB T
(2.82)
49
viene quindi giustificata dal risultato del calcolo che segue. Introducendo la lunghezza donda
termica
2~2
mkB T
(2.83)
3T
(2.84)
Stesso calcolo, leggermente pi`u lungo, permette di calcolare lenergia totale E dalla prima delle
(2.79):
E
V
d3 k ~2 k2 ~2 k2
e 2m
(2)3 2m
(2.85)
~2 1
=
2m 22
2 2
4 ~2mk
dk k e
0
~2 1 m
=
2m 4 ~2
!5/2
I4
1
2
(2.86)
dove si e` usata la stessa sostituzione di prima, e lintegrale I 4 (1/2) e` ancora quello calcolato in
equation (B.10). Usando lidentificazione (2.82), la definizione (2.83) e il risultato (2.84), si ottiene
dopo facili passaggi
E =
3
NkB T
2
(2.87)
che coincide con lenergia interna U di un gas ideale gi`a calcolata in precedenza in (2.14): tale
risultato permette anche di giustificare lidentificazione (2.82) fatta in precedenza.
Derivando la (2.87) rispetto alla temperatura T (e tenendo gli altri parametri fissati) si ottiene il
50
cV
3
nkB
2
(2.88)
dove n e` la densit`a data dalla (1.58). Ritroveremo questa legge, opportunamente modificata, nel
contesto della teoria classica del cristallo armonico.
Come osservazione finale, possiamo ottenere una interessante relazione tra pressione P e energia
interna E combinando le (2.15) e la (2.87)
2
E
3
PV =
(2.89)
Nella Sezione precedente abbiamo chiarito il significato fisico del moltiplicatore di Lagrange che
compare nelle varie distribuzioni statistiche. Resta ora da chiarire quello del parametro , e questo
sar`a loggetto di questa Sezione. Vedremo tra un attimo che esso e` legato al potenziale chimico.
Si consideri un sistema (N, V, T ) in cui il corretto potenziale chimico da usare e` lenergia libera di
Helmholtz F che e` legata allenergia interna U, alla temperatura T e allentropia S dalla relazione
(1.29), e consideriamo per semplicit`a il caso della distribuzione di Maxwell-Boltzmann in cui il
numero delle possibili distribuzioni tra i livelli W MB (2.39) e` legato allentropia S dalla relazione
generale (2.45).
Dalle (2.54) considerando una variazione N r di tutti i numeri di occupazione dellintervallo
r-esimo, si ottiene una variazione (ln W MB ) data da
(ln W MB ) =
X
r
ln
!
gr
Nr
Nr
(2.90)
51
dove largomento del logaritmo e` linverso della n r che appare nella (2.55) e dunque
ln
gr
Nr
= + r
(2.91)
Sostituendo nella (2.90) e usando la (2.45) si ottiene la variazione dellentropia per effetto di questo
processo
= kB
( + r ) Nr
(2.92)
Tale relazione pu`o essere legata, tramite i vincoli (2.50), alle variazioni N =
P
totale di particelle, e U E = r r Nr variazione di energia totale interna:
S
= kB N + kB U
Nr di numero
(2.93)
F = U T S = k B T N
(2.94)
Nel limite N 0, il rapporto incrementale F/N a V e T fissate, derivabile dalla (2.94) tende
alla derivata che compare nellultima delle (1.33) e quindi si ottiene la relazione cercata con il
potenziale chimico
(2.95)
E` importante sottolineare che la derivazione qui riportata, e` indipendente dal tipo di distribuzione
usata: avremmo ottenuto lo stesso risultato se avessimo usato la distribuzione di Bose-Einstein o
quella di Fermi-Dirac in quanto la connessione (2.95) e` del tutto generale.
52
Scopo di questa Sezione e` quello di fornire, senza giustificazione, una ricetta pratica per il calcolo meccanico-statistico delle quantit`a termodinamiche, nel caso pi`u comune noto come insieme
canonico che risulter`a, come vedremo, essere legato al sistema (N, V, T ) che ha come potenziale
termodinamico la funzione di Helmholtz F.
Si consideri un insieme (arbitrario) di N dati {x 1 , . . . , xN } ai quali sono associate le probabilit`a
{p1 , . . . , pN } in modo che pi sia la probabilit`a di ottenere il risultato x i . Si consideri una qualunque
funzione { f (x1 ), . . . , f (x N )} della N-pla {xi }, allora il valore medio di tale funzione vale
h f (x)i =
dove il denominatore
pi f (xi ) X
P
=
pi f (xi )
i pi
i
(2.96)
La stessa cosa vale nel caso in cui < x < + sia una variabile continua: in questo caso
p(x)dx rappresenta la probabilit`a di ottenere un risultato contenuto nellintervallo [x, x + dx], e
lespressione analoga delle (2.96) e`
h f (x)i =
R +
dx p (x) f (x)
R +
dx p (x)
dx p (x) f (x)
(2.97)
La cosa e` del tutto generale, vale per qualunque insieme statistico e pu`o facilmente essere generalizzata a quantit`a pi`u complesse (vettori ecc).
Il caso che ci interessa pi`u da vicino, e` quello in cui la probabilit`a p i e` proporzionale al fattore
di Boltzmann ei
pi =
ei
QN
(2.98)
dove i e` lenergia associata alla quantit`a x i e dove QN e` un fattore di normalizzazione noto come
53
funzione di partizione
QN (N, V, T ) =
N
X
ei
(2.99)
i=1
che dipende dalle variabili termodinamiche utilizzate. Le energie i sono tipicamente gli autovalori
dellequazione di Schrodinger del problema in esame, e la somma corre su tutti i possibili stati che
essa pu`o assumere. Il caso discreto si riferisce quindi al caso quantistico in cui la distribuzione dei
livelli e` quantizzata: in questa trattazione abbiamo glissato su alcuni passaggi intermedi per
la derivazione della (2.98). Tali passaggi rivestono un ruolo fondamentale nel corrispondente caso
continuo e quindi non verranno qui esposti, dato che si tratta di un caso che non verr`a mai trattato
nei futuri argomenti.
Una volta calcolata la funzione di partizione Q N , che risulta essere la parte pi`u difficile in tutti i
calcoli di Termodinamica Statistica, si pu`o calcolare la funzione di Helmholtz mediante la relazione
QN (N, V, T ) = eF(N,V,T )
(2.100)
Capitolo 3
56
(
Z
aZe
e
+
Za
(
Z
a Z e
+
e
Z a
Z e
Z e
Figura 3.1: Modello elementare di atomo per un metallo. Ogni atomo di numero atomico Z a e`
formato da un nucleo di carica totale +Z a e, da un numero Za Z di elettroni di core, e da un
numero Z < Za di elettroni di valenza o conduzione.
n =
m N Z
A
(3.1)
dove lunica quantit`a che dipende dal modello e` Z come detto (il resto sono grandezze note o misurabili). Essa dipende drasticamente dal tipo di statistica considerata, com`e facile intuire dopo le
considerazioni del Capitolo precedente. La trattazione pi`u semplice e` , chiaramente, quella associata alla statistica di Maxwell-Boltzmann: tale modello viene chiamato modello di Drude e sar`a
loggetto delle prossime Sezioni.
Ricodiamo che una mole e` il numero di atomi (o molecole) contenute in 12 grammi di Carbinio 1 2C, e che il numero
di Avogadro N e` il numero di atomi (o molecole) contenute in una mole, cio`e 6.022 1023 moli1 .
57
58
3.3 Conducibilit`a DC
Vogliamo ora vedere come anche il semplice modello di Drude fornisca una predizione teorica,
sorprendentemente precisa, per la conducibilit`a elettrica in currente continua (DC). Lidea e` quella
di applicare un campo elettrico uniforme e costante E, calcolare la densit`a di corrente (corrente per
unit`a di superficie) J, per ottenere unespressione microscopica della conducibilit`a sfruttando la
legge di Ohm (ottenuta in teoria della risposta lineare)
J = E
(3.2)
Si consideri come al solito N elettroni in modo con velocit`a v in una certa regione dello spazio. In
assenza di campo esterno, sappiamo che essi si muovono con velocit`a costante tra due collisioni
successive. E` molto facile calcolare la densit`a di corrente J in tale situazione: se la direzione e`
fissata basta calcolarne il modulo, nel modo seguente. Sia n la densit`a di elettroni. Il numero dN e
di elettroni con velocit`a v che passano per una superficie fissata S perpendicolare alla direzione n
nel tempo dt e` dato da dNe = n v n S dt e basta moltiplicare per e per ottenere la corrispondente
carica dQ. Lintensit`a di corrente e` quindi data da tale carica divisa per dt
I =
dQ
= n en v S
dt
(3.3)
dI = J ndS
(3.4)
59
J = nev
(3.5)
Vediamo ora cosa succede se si applica il campo elettrico E. Definiamo la media sulle direzioni
come un integrale su langolo solido d diviso 4
h. . .i =
1
4
d . . .
(3.6)
Dallipotesi di perdita della memoria (ipotesi E della Sezione precedente) e` chiaro che se allistante t = 0 si ha una collisione, lelettrone pu`o uscire lungo una direzione arbitraria e dunque
se consideriamo N 1 elettroni, essi copriranno in media tutte le direzioni e dunque la velocit`a
iniziale media sar`a nulla
hv (t = 0)i = 0
(3.7)
Subito dopo una collisione, lelettrone pu`o acquistare velocit`a per effetto del campo elettrico fino alla collisione successiva che avviene, in media, dopo un tempo definito dallipotesi D della Sezione
precedente, secondo la legge di Newton
dv
dt
= eE
(3.8)
v (t) = v (t = 0)
E
t
m
(3.9)
Fare una media su tutti gli elettroni e` equivalente a fare la media su tutte le direzioni, come detto,
e dunque sfruttando la (3.7) la (3.9) mediata su tutti gli elettroni (o, equivalentemente, su tutte le
60
direzioni) porge
E
hv (t)i = t
m
(3.10)
Tale velocit`a media aumenta fino al tempo nel quale avviene una nuova collisione che riporta
la velocit`a media al valore nullo. Quindi la velocit`a massima (di drift) acquisibile v dri f t = hv(t)i
fornisce, assieme alla (3.5), la densit`a di corrente (di drift)
Jdri f t =
n e2
E
m
(3.11)
n e2
m
(3.12)
Questo rappresenta un risultato molto importante, come vedremo, a dispetto della semplicit`a del
modello con cui e` stato derivato. Si noti che il fatto che sia uno scalare, e` dovuto alla assunzione
esplicita che densit`a di corrente J e campo elettrico esterno E sono paralleli: in una situazione pi`u
generale, infatti, tale grandezza risulterebbe un tensore piuttosto che uno scalare.
Jq = KT
(3.13)
61
il che definisce la conducibilit`a termica K. Si noti il segno negativo nella legge di Fourier (3.12)
dovuto al fatto che il flusso di calore va sempre da temperature alte verso quelle basse ed e` quindi
opposto al gradiente di temperatura.
Come nel caso della conducibilit`a elettrica, consideriamo dapprima una geometria unidimensionale in modo da rendere le cose semplici (si veda Figura 3.2). Una sottile sbarra di metallo e in
contatto termico a sinistra con un bagno termico freddo a temperatura T 1 e a destra con uno caldo
a temperatura T 2 > T 1 . Quindi il flusso di calore Jq va da sinistra verso destra mentre il gradiente
1
T
T=T(x)
Figura 3.2: Rappresentazione schematica per la conducibilit`a termica. Una sbarra di metallo unidimensionale ha gli estremi in contatto termico con un serbatoio freddo a temperatura T 1 e uno
caldo a temperatura T 2 > T 1 . Il flusso di calore Jq tende ad andare da sinistra verso destra spinto
dal gradiente termico T che ha direzione opposta.
termico ha la la direzione opposta. Vediamo come calcolare J q in questo caso. Con la stessa ratio
con cui si e` ottenuta la (3.5) si ottiene
Jq = [T ] v
(3.14)
dove lenergia termica [T ] gioca il ruolo della carica (e) del caso precedente (da cui la differenza
di segno).
Sia [T (x)] (x) lenergia termica alla temperatura T (x) calcolata nel punto x della sbarra.
Dato che in media avviene una collisione ad intervalli di tempo , la distanza media percorsa da un
elettrone che viaggia con velocit`a v tra due collisioni e` l = v. Quindi dobbiamo considerare in x la
variazione di energia termica per effetto degli elettroni pi`u caldi che vengono da un punto x l e di
62
quelli pi`u freddi che vengono da un punto x + l, entrambi in moto con velocit`a v. Dato che in media
ci saranno n/2 elettroni con una fissata direzione + x o x, e che quelli che vengono da x l hanno
velocit`a v mentre quelli prevenienti da x + l hanno velocit`a v, il contributo totale alla J q e` dato da
Jq =
1
nv [ (x l) (x + l)]
2
(3.15)
Daltra parte l e` una grandezza microscopica, mentre la scala caratteristica su cui varia lenergia e`
mesoscopica (`e una teoria del continuo!) e quindi posso sviluppare sia (x l) che (x + l) attorno
a l = 0 e al primo ordine risulta quindi
Jq =
1
n v (2 l)
= n v2
2
x
x
(3.16)
(x)
x
(3.17)
dove naturalmente
T
T x
Se adesso inseriamo inseriamo anche le altre componenti y e z, teniamo conto della (2.7) e del fatto
che
T
T
T
x +
y +
z
x
y
z
(3.18)
(3.19)
Notando infine che dalla (1.49) il calore specifico a N e V costanti, risulta essere
cV
N
V T V
(3.20)
63
possiamo quindi leggere la costante di proporzionalit`a K dal confronto della (3.19) con la (3.13)
K
1 2
v cV
3
(3.21)
2 cV 1 2
mv
3 ne2 2
(3.22)
Possiamo usare ora la relazione (2.88) e il fatto che mv 2 /2 = 3kB T/2 dovute alla natura ideale
del gas classico di elettroni, per ottenere la Legge di Wiedemann-Franz
K
T
3 kB
2 e
!2
(3.23)
Si noti che tale quantit`a e` adimensionale e viene chiamata numero di Lorentz L. Nel modello di
Lorentz questa quantit`a risulta avere un valore che differisce dai risultati sperimentali per un fattore
dellordine 1/2: questo notevole accordo, in relazione alla semplicit`a del modello, fu uno dei grandi
successi della teoria di Drude.
64
a) Calore specifico
Abbiamo visto come nella teoria di Drude, sostanzialmente basata sulla teoria cinetica dei
gas, si ottenga un calore specifico indipendente dalla temperature T (si veda leq.(2.88)).
Sperimentalmente, tale condizione si trova essere corretta ma solo alle alte temperature .
Quando si scende in temperatura, si trova sperimentalmente una dipendenza da T non spiegabile con il modello di Drude. Vedremo come tale lacuna sia dovuta principalmente alluso
della statistica classica.
b) Ordini di grandezza
Anche se, come accennato, il risultato per il numero di Lorentz L e` quasi corretto, gli ordini
di grandezza della conducibilit`a elettrica e termica sono entrambi sbagliati di un fattore circa
100. Vedremo come tale incongruenza sia il risultato della cancellazione fortuita di due errori
appunto di questordine di grandezza.
Tali considerazioni ci suggeriscono che il modello di Drude debba essere migliorato, e la prima
cosa che ci accingiamo a fare nella prossima Sezione, e` quello di considerare luso della statistica
quantistica al posto di quella classica: questo porter`a alla definizione di una nuova versione della
teoria di Drude che prende il nome di modello di Sommerfeld.
65
iiStatistica di Fermi-Dirac
Consideriamo gli elettroni soggetti alla statistica di Fermi-Dirac in accordo con il loro carattere fermionico.
Questi due cambiamenti sono ovviamente legati tra loro: il fatto di non trascurare lo spin, non
permette di trascurare le forze di scambio e dunque la statistica deve essere quella giusta.
Si consideri ora lo stato fondamentale corrispondente a T = 0. Dalla (2.55), la distribuzione di
Fermi-Dirac (FD) e` data (ad ogni temperatura) dalla relazione (pensata come funzione dellenergia)
f (k ) =
1
e(k )
(3.24)
+1
f (k )
T 0
se
k >
se
k <
(3.25)
Se si considera il numero di occupazione (nr ) f () pensato come funzione dellenergia dellelettrone la situazione e` quella rappresentata in Fig.3.3 di una funzione a gradino. Si noti che se
definiamo lenergia di Fermi F come lenergia che separa livelli occupati da quelli non occupati,
si vede subito che essa coincide con il potenziale chimico a T = 0, cio`e F = (T = 0). A
temperature finite la cosa non e` pi`u vera come si vedr`a in seguito.
Ricordiamo il risultato della soluzione dellequazione di Schrodinger per un elettrone libero ed
indipendente in una scatola di volume V = L 3 ottenuta nella Sezione 2.8. Gli autostati sono onde
piane
k (x) =
1
eikr
V
(3.26)
66
f ( )
= F
Figura 3.3: Distribuzione del numero di occupazione f () in funzione dellenergia dellelettrone
per la statistica di Fermi-Dirac a T = 0, cio`e nello stato fondamentale.
mentre le energia (gli autovalori dellequazione) sono
=
~2 k 2
2m
(3.27)
dove le componenti {k x , ky , kz } del vettore donda k soddisfano le condizioni (2.73), il che significa
che i livelli possibili nello spazio {k} stanno su un reticolo cubico di passo 2/L come illustrato
schematicamente in Fig. 3.4. Dato che ogni punto del reticolo appartiene a 6 cubi, e` facile vedere
che in ogni volumetto (2)3 /V c`e un singolo punto del reticolo e quindi la densit`a dei livelli e`
data dallinverso di questa quantit`a. Questo e` ovviamente in accordo con la regola (2.79) in quanto
lintegrale su tutto lo spazio {k} e` uguale alla somma sui punti del reticolo moltiplicato il volume di
ogni cella elementare . Nel limite V , la distanza tra i livelli diventa cos` fitta da poter essere
considerata un continuo e quindi viene persa la simmetria cubica originale e i livelli possono essere
pensati come distribuiti su una sfera di raggio k F corrispondente allenergia di Fermi
F
~2 k F
2m
Pi`u avanti si vedr`a che questo vale molto pi`u in generale nellambito dello spazio reciproco
(3.28)
67
kz
ky
kx
2
L
Figura 3.4: Distribuzione dei livelli permessi per una particella in una scatola di lato L in spazio {k}:
occupano i vertici di un reticolo di passo 2/L.
Dato che ci sono 2 stati per ogni livello allora se N e` il numero totale di elettroni contenuti nel
volume V il calcolo fatto in (2.77) si modifica come segue, tenuto conto della (3.25) e del fatto che
P
la somma sugli spin fornisce un fattore 2:
N
V
XX
nk = 2
2
d3 k
nk = 3 4
(2)
8
kF
dk k2
(3.29)
Essendo tale risultato uguale alla densit`a di elettroni n, la (3.29) fornisce limportante relazione tra
il raggio della sfera di Fermi k F e la densit`a n
N
V
kF
k3F
32
1/3
= 32 n
(3.30)
68
F
~2 2 2/3
3 n
2m
(3.31)
Possiamo ora calcolare gli ordini di grandezza confrontando con le scale di lunghezza e di
energia caratteristiche che sono rispettivamente il raggio di Bohr .
~2
0.53
me2
a0 =
(3.32)
e il valore assoluto dellenergia dello stato fondamentale dellatomo di Idrogeno misurato in elettronvolt (eV) e in Rydberg (Ry)
e2
13.6eV = 1Ry
2a0
0 =
(3.33)
Usando lespressione per il raggio della sfera equivalente r s (2.1) la (3.31) diventa
9
kF =
!1/3
1
rs
(3.34)
F
~2 e2 9
me2 2 4
!2/3
1
r2s
(3.35)
Si noti ora che nella (3.35) appare il raggio di Bohr a 0 dato dalla (3.32): moltiplicando e dividendo
per a0 si pu`o evidenziare anche lenergia dello stato fondamentale 0 data dalla (3.33) ottenendo
quindi
F
0
9 2/3
4
r 2
s
a0
(3.36)
69
Nel derivare la (3.36) abbiamo usato un procedimento tipico, esprimendo tutte le lunghezze in
funzione di a0 e tutte le energie in funzione di 0 in modo da poter calcolare sempre quantit`a relative
piuttosto che assolute. Tale procedura e` molto utile dal punto di vista pratico e verr`a utilizzata molte
volte in futuro. Vedremo tra un attimo i valori numerici. Prima vogliamo calcolare lenergia totale
E, cos` come abbiamo calcolato il numero totale di elettroni N, dalla condizione di vincolo data da
(2.75), ricordando che in questo caso bisogna aggiungere la summa sugli stati di spin che fornisce
il solito fattore 2:
E
V
1 XX
nk k
V k
(3.37)
Con il solito metodo per passare dalla somma allintegrale dato dalla (2.79) si ottiene
E
V
= 2
d3 k
~2 1
(k)
(k)
n
=
2
4
2m 83
(2)3
kF dk k4
(3.38)
che con laiuto delle (3.28) e (3.31) otteniamo lenergia dello stato fondamentale di un gas di
elettroni liberi ed indipendenti
E
N
3
F
5
(3.39)
Vediamo ora i valori numerici usando i risultati (3.33) e (3.36), ottenendo il tal modo limportante risultato per lenergia totale del gas di elettroni, misurata in Rydberg
E
N
2.21
r 2 Ry
(3.40)
s
a0
Il valora numerico si capisce immediatamente notando che per i metalli, il valore di r s e` tipicamente
compreso nellintervallo 2 r s 6, ed e` quindi dellordine dellunit`a.
Le equazioni (3.31) e (3.40) rappresentano gli analoghi quantistici dei risultati classici (2.84)
e (2.87): si ricordi che la differenza fondamentale tra i due risultati e` quella della distribuzione e
70
quindi della statistica. Linterpretazione fisica di questo risultato risulter`a immediata dopo che si
sar`a discussa un altro interessante parallelo che riguarda la pressione, e questo sar`a discusso nella
prossima Sezione.
E
=
V
T 0
N,T
(3.41)
N
E =
3 ~2 2 2/3 N 2/3
N
3
5 2m
V 2/3
(3.42)
2 ~2 2 2/3 N 5/3
3
5 2m
V
(3.43)
Usando la relazione (3.31), la pressione P pu`o quindi essere messa sotto la forma finale
PV =
2
F N
5
(3.44)
71
A differenza del caso classico, quindi, la pressione di un gas quantistico e` diversa da zero anche a
temperatura nulla! Ci`o e` conseguenza della differenza fondamentale tra la statistica di MaxwellBoltzmann e quella di Fermi-Dirac: mentre nella prima la velocit`a dellelettrone pu`o essere arbitrariamente piccola, tanto pi`u piccola quanto pi`u T 0, cos` fornendo una pressione nulla, nel caso
di FD questo non e` possibile a causa del principio di esclusione di Pauli che non permette a tutti gli
elettroni di avere energia nulla.
A dispetto di tali differenze fondamentali, possiamo vedere che sussiste una relazione tra pressione P e energia interna E analoga al caso classico (2.89), combinando le (3.39) e (3.44), ottenendo
in tal modo
PV =
2
E
3
(3.45)
72
e` il volume in spazio {k} di livelli contenuti nellintervallo infinitesimo [k, k + dk] e dunque
d (k, dk) = 4k2 dk
(3.46)
dN () =
4k2 dk
(3.47)
(2)3
V
dN () =
V m
22 ~2
2m
d
~2
(3.48)
Se divisa per d questa quantit`a rappresenta il numero di livelli con energia per elettroni contenuti
in un volume V. La densit`a degli stati si ottiene dunque dividendo per il volume V (per definizione
di densit`a) e moltiplicando per 2 dato che si parla di stati e non di livelli. Dunque
g () =
m
2m
2 ~3
>0
(3.49)
Questo importante risultato rappresenta la densit`a degli stati per un gas di elettroni liberi e indipendenti, ed e` molto usato nella Fisica dello Stato Solido per le ragioni che vedremo.
Per il momento vogliamo invece discutere a cosa serva tale quantit`a. Un semplice esempio di
una quantit`a gi`a calcolata serve ad illustrarne limportanza. Torniamo allintegrale (3.29): esso e`
equivalente allintegrale
N
V
d f () g ()
(3.50)
dato che se moltiplichiamo la densit`a degli stati con energia per la popolazione avente quella
stessa energia, definita dalla distribuzione di Fermi f (), e sommiamo su tutte le possibili energie,
73
dobbiamo ottenere la densit`a di elettroni n = N/V. Si noti che nella (3.50) lintegrale e` esteso a
priori su tutto lasse reale anche se sappiamo che la (3.49) limita lintegrale al semiasse positivo
nel caso di elettroni liberi e indipendenti. Si noti altres` che il fattore 2 non compare nella (3.50)
come devessere in quanto gi`a contenuto nella densit`a degli stati g(). In modo analogo si ottiene
lequivalente della (3.38)
E
V
d f () g ()
(3.51)
Z
d3 k
1X
A ( (k)) f ( (k))
A (k ) f (k ) = 2
V k
(2)3
(3.52)
dove f () e` la distribuzione di FD (3.24) e dove abbiamo usato la solita corrispondenza (2.79). Si
noti che le quantit`a N/V (si veda (3.29)) e E/V (definita in (3.37)) sono di questo tipo.
Moltiplicando la (3.52) a sinistra per lindentit`a
Z
d ( (k)) = 1
(3.53)
valida per ogni valore di (k) e conseguenza della propriet`a (E.2) della funzione di Dirac, e` possibile identificare con (k) fintanto si trova sotto il segno di integrale e quindi scambiare i due
integrali sulle energie e sulle : si noti che la definita dallintegrale (3.53) e` una variabile muta e
74
quindi arbitraria.
Si ottiene dunque
I
V
d3 k
A ( (k)) f ( (k))
(2)3
Z +
Z
d3 k
()
()
( (k))
= 2
d A
f
(2)3
= 2
d ( (k))
(3.54)
Possiamo quindi identificare la densit`a degli stati g() con lultimo integrale
g () = 2
d3 k
( (k))
(2)3
(3.55)
(3.56)
ottenendo
I
V
Nel caso in cui A() = 1 oppure A() = si riottengono I = N e I = E riportate in (3.50) e (3.51)
rispettivamente, come anticipato.
Resta ora da verificare che lespressione generale (3.55) si riduce a quella gi`a trovata in (3.49)
nel caso di un gas di elettroni liberi e indipendenti. Per verificarlo, sostituiamo le energie elettroniche (3.29) nellintegrale e utilizziamo in successione le Propriet`a 3-5 definite dalle equazioni (E.5),
(E.6), (E.7).
" 2
!#
Z +
1
~
~2 k 2
2m
d3 k
2
2
= 2
dk k
(
k 2
g () = 2
2m
2m
0
~
(2)3
r
r
Z +
1 2m
1
2m
2m
2
k +
=
dk
k
2
2
2 ~2 0
~
~
2m
2
Z
(3.57)
~2
Il secondo integrale fornisce contributo nullo in quanto il valore fornito dalla risulta fuori dallintervallo di definizione dellintegrale, mentre il primo risulta molto facile usando la propriet`a
75
(E.3):
Z
2m
=
dk k k
~2
2
g () =
m
2 ~3
2m
2m
~2
se
>0
se
<0
(3.58)
(3.59)
g (F ) =
3 n
,
2 F
(3.60)
76
f ( )
T=0
T>0
0.5
kB T
= F
Figura 3.5: Distribuzione di Fermi-Dirac a temperatura finita T > 0. I livelli interessati sono quelli
contenuti in un intervallo di energie dellordine k B T attorno allenergia di Fermi F .
Come detto, leffetto della temperatura finita e` quello di promuovere alcuni elettroni contenuti in
un intervallo di ordine k B T sotto lenergia di Fermi F a livelli sopra entro un intervallo analogo. Il
contributo maggiore allintegrale (3.50) avviene attorno a F e la variazione n tra la densit`a n(T ) a
temperatura finita e n(0) a temperatura T = 0 pu`o essere, in prima approssimazione, stimato come
segue
n =
dg () f (, T ) f (, 0) g (F ) f (F )
(3.61)
dove possiamo assumere f (F ) = 1/2 e 2k B T come anticipato. Dato che ogni elettrone
promosso porta con s`e unenergia dellordine di k B T , la variazione di densitd` di energia interna
u = U/V = [U(T ) U(0)]/V e` data approssimativamente da
u kB T n
(3.62)
77
u g (F ) (kB T )2
(3.63)
Essendo ora u(T ) = u(0) + u, e non dipendendo il primo termine dalla temperatura T , la relazione
termodinamica generale (1.49) ci permette di calcolare il contributo approssimato al calore specifico
a volume costante cV :
cV
"
(u (T ))
T
2g (F ) k2B T
(3.64)
cV
= 3nkB
kB T
F
(3.65)
Vediamo ora qualche valore numerico. A temperatura ambiente lenergia termica in elettronvolt
risulta essere k B T 2 102 eV. Analogamente dalla (3.36) si ottiene
F
50.1
r 2 eV 1 15eV
per
s
a0
2 rs 6
(3.66)
In definitiva dunque F /kB T 100 e quindi il reciproco e` una quantit`a sempre piccola e questo
giustifica il suo utilizzo come parametro dellespansione. Con un calcolo pi`u sofisticato che utilizza
appunto lespansione di Sommerfeld al 1 0 ordine, si ottiene
cV
!
!
kB T 3
kB T
2
nkB
+ O
2
F
F
(3.67)
che differisce dalla (3.65) per la sostituzione del fattore 3 con 2 /2 4.5 e quindi tale risultato e`
anche quantitativamente abbastanza preciso.
La differente statistica utilizzata in questo calcolo, fornisce quindi una dipendenza lineare dalla
temperatura T che corregge il risultato classico (2.88) indipendente da T . Da un punto di vista
78
sperimentale, il contributo lineare dovuto alla statistica non viene osservato: la ragione di ci`o e`
dovuta al fatto che a bassa temperature esso viene mascherato da un altro contributo T 3 che viene
dalle vibrazioni degli ioni, come vedremo pi`u avanti.
rs
(3.68)
che pu`o essere considerata la condizione di momento ben definito. Dal principio di indeterminazione sappiamo che lindeterminazione sul momento e` legata allindeterminazione sulla posizione r
dalla relazione approssimata p r ~ e dunque il prezzo da pagare per avere (3.68) e` che
r r s
(3.69)
79
e quindi lerrore sulla posizione e` molto grande. Ma questo e` esattamente quello che sappiamo
essere la caratteristica degli elettroni di conduzione: essendo molto mobili non appartengono a
nessun atomo in particolare ma possono muoversi lungo tutto il sistema.
In buona sostanza, possiamo utilizzare le stesse equazioni del caso del modello di Drude, ottenendo cos` le stesse soluzioni: questo per`o non significa che il risultato numerico sia lo stesso!
Vediamo perch`e. Per il modello di Drude avevamo ottenuto per la conducibilit`a elettrica e termica
rispettivamente (si vedano le equazioni (3.12) e (3.21)):
=
KD =
n e2
m
1 2
v
(cV ) D
D
3
(3.70)
=
KS
n e2
m
1 2
v (cV )S
F
3
(3.71)
Si noti che abbiamo etichettato con un identificativo del modello le quantit`a che non avranno lo
stesso valore numerico. Nello specifico: il calore specifico c V ha due valori diversi, come si vede dal
confronto tra il risultato del modello di Drude (2.88) e il risultato del modello di Sommerfeld (3.67);
discorso analogo le v2 dove nel caso di Drude vale (si veda la (2.14)) (v 2 )D = 3kB T/m, mentre nel
caso di Sommerfeld deve essere dellordine della velocit`a di Fermi e dunque (v 2 )S = 2F /m. In
definitiva quindi si hanno i seguenti raffronti nei due casi
(cV )S
(cV )D
v2
S
v2 D
=
=
2 k B T
3 F
!
2 F
3 kB T
(3.72)
Si noti che il fattore F /kB T 100 appare in entrambe le parentesi nella seconda delle (3.73)
80
ma in senso opposto: il calore specifico di Drude e` pi`u grande di quello predetto dal modello
di Sommerfeld di un fattore 100, mentre per la velocit`a quadratica media vale il contrario. La
conseguenza e` che i due fattori si elidono a vicenda e anche la conducibilit`a termica del modello di
Lorentz viene quasi uguale a quella del modello di Drude, cos` come accade per quella elettrica: la
differenza tra i due valori e` infatti, usando le seconde delle (3.72) e (3.73):
KS
2
= K D 2
3
(3.73)
La stessa differenza si trova anche nel numero di Lorentz gi`a introdotto in precedenza
L =
K
T
(3.74)
2 2
2
9
(3.75)
Quindi la legge di Wiedemann-Franz viene corretta di un fattore circa 2 che risulta essere in accordo
con il risultato sperimentale. Lidentificazione di tale fattore fu uno dei grandi successi del modello
di Sommerfeld.
81
schematizzata in Fig.3.6 e` nota come modello di Jellium ed e` molto usato nella letteratura specialistica. Supponiamo ora di applicare in campo esterno E est nella direzione x , ci sar`a ovviamente un
carica positiva uniformemente distribuita
Jellium
x
+
+
+
+
+
E est
Figura 3.6: Rappresentazione schematica del modello di Jellium in cui gli elettroni si muovono
liberamente, urti a parte, allinterno di una distribuzione di carica positiva che rende elettroneutrale
il sistema.
accumulo di cariche positive nella parte sinistra e un accumulo di cariche negative dalla parte destra
fino al formarsi di un campo elettrico E uguale ed opposto a quello esterno: la situazione e` ancora
schematizzata in Figura 3.6.
In pratica questo sbaricentramento di carica ha la forma di un condensatore che come sappiamo fornisce un campo elettrico
E = 4nae
(3.76)
dove a e` lo spessore lungo x in cui si accumulano le cariche (positive e negative) in modo che ci
siano na elettroni per unit`a di superficie perpendicolare.
Ogni elettrone spostato dalla sua posizione di equilibrio subir`a quindi una forza di tipo elestico
k
82
che tende a riportarlo nella sua posizione di equilibrio, data dalla relazione
d2 a
dt2
= e (4nae)
(3.77)
p =
4ne2
m
(3.78)
che e` nota come frequenza di plasma e che gioca un ruolo fondamentale nelle propriet`a ottiche dei
solidi, come vedremo. I modi normali di questa frequenza, interpretati dal punto di vista particellare,
sono chiamati plasmoni.
Capitolo 4
Latomo di Elio
4.1 Calcolo perturbativo al 10 ordine per lo stato fondamentale dellatomo di Elio
Consideriamo latomo di Elio riportato in Figura 4.1 dove e` presente un nucleo di carica +Ze e
massa M nella posizione R e da due elettroni di carica e e massa m identificati dai vettori r 1 e r2
come riportato in Figura 4.1. LHamiltoniano del sistema pu`o essere scritto in generale nel modo
seguente
~2 2
~2 2
~2 2
Ze2
Ze2
e2
H =
R
r1
r2
+
2M
2m
2m
|R r1 | |R r2 | |r2 r1 |
(4.1)
I primi tre termini della (4.1) rappresentano le energie cinetiche del nucleo e dei due elettroni, mentre
gli ultimi tre termini definiscono le interazioni elettrone1-nucleo, elettrone2-nucleo ed elettrone1elettrone2 rispettivamente. Ovviamente si tratta di un problema a tre corpi e in questo caso la
separazione in un moto del CM pi`u uno a due corpi per i due elettroni, risulta molto pi`u complicato
di quello che si utilizza per latomo di Idrogeno. In virt`u del fatto che M m, possiamo assumere
il nucleo fisso nellorigine degli assi (e quindi R = 0) in modo da poter considerare il problema a
83
84
e m
r1
+Ze
M
e
m
r2
R
Figura 4.1: Schema dellatomo di Elio formato da un nucleo di carica +Ze con Z = 2 nella posizione
R e da due elettroni di carica e definiti dai vettori r 1 e r2 . Le masse del nucleo e degli elettroni
sono M e m M rispettivamente.
H = H 0 + H I
(4.2)
(4.3)
85
che sono
~2
Ze2
h (1) = 2r1
2m
r1
2
Ze2
~
h (1) = 2r2
2m
r2
(4.4)
e2
|r1 r2 |
(4.5)
Il problema e` che neppure questo problema a due corpi pu`o essere risolto esattamente. Lidea e`
quindi quello di calcolare lo stato fondamentale di H come perturbazione del problema definito dal
H 0 che e` invece risulubile esattamente. E` molto importante sottolineare che nello stato fondamentale gli spin dei due elettroni devono essere distinti (per effetto del principio di esclusione) e quindi
sappiamo gi`a quali sono i loro possibili stati e possiamo evitare di considerarli nella nostra trattazione. Inoltre, per lo stesso motivo, i due elettroni possono anche essere considerati distinguibili
(mediante lo spin) e possiamo quindi anche trascurare le forze di scambio. Si noti che la ragione per
la quale continueremo ad indicare la valenza del nucleo con Z pur essendo 2 nel caso dellatomo di
Elio, risulter`a chiara dalla lettura della Sezione successiva.
Ognuno dei due hamiltoniani h sono di tipo idrogenoide e la soluzione dello stato fondamentale
e` quindi nota. Lenergia dello stato fondamentale di H 0 e` quindi data dalla somma delle due energie
di atomo idrogenoide e la funzione donda e` quindi semplicemente il prodotto delle due funzioni
donda
E0(0) = 2Z 2 0
#
!3
"
1 Z
Z
(r
)
(r
)
(0)
,
r
=
exp
+
r
1 2
1
2
0
a0
a0
(4.6)
Ricordiamo ora (si veda Appendice F lespressione della soluzione perturbativa al 1 0 ordine per
86
(4.7)
E
D
(0) contenuto nella (4.7) si calcola riducendo gli integrali in
Lelemento di volume (0)
0 | H I |0
forma adimensionale con le sostituzioni q = Z/a 0 , x1 = 2q/r1 , x2 = 2q/r2 e notando dalla (4.7) che
la funzione donda (0)
` reale. Quindi
0 e
D
(0)
0
Z
(0) E
H I 0
(r1 , r2 )
=
d3 r1 d3 r2 (0)
0
e2
(0) (r1 , r2 )
|r1 r2 | 0
(4.8)
(0)
0
(0) E
H I 0
=
e2 q
25 2
d 3 x1 d 3 x2
e(x1 +x2 )
|x1 x2 |
(4.9)
Il calcolo dellintegrale e` molto istruttivo e viene fatto in dettaglio in Appendice G Il risultato finale
per la (4.8) e` il seguente
5
5 e2
Z = Z0
8 a0
4
(4.10)
5
11
E0(1) = 2Z 2 0 + Z0 = 0
4
2
(4.11)
(0) E
=
(0)
0 H I 0
dove la prima espressione vale per Z generico, mentre la seconda vale per Z = 2 cio`e per latomo
di Elio. In questultimo caso si ottiene quindi, usando 0 = 13.6 eV E 0(1) = 74.8 eV che e` gi`a
abbastanza vicino al risultato sperimentale per lo stato fondamentale E sperim = 78.6 eV. Essendo
un calcolo perturbativo al primo ordine, questo rappresenta un notevole successo! Ci sono per`o
sicuramente due sorgenti di errore facilmente identificabili. Da un lato lo screening operato da
un elettrone rispetto allaltro fornisce una carica nucleare effettiva pi`u piccola della +Ze nominale.
87
Dallaltro le forze di scambio operano in modo da fornire anchesse una carica nucleare pi`u piccola
#
~2 2 (Z ) e2
ri
0 (ri ) = (Z )2 0 0 (ri )
2m
ri
(4.12)
1 Ze f f
a0
!3
"
#
Ze f f
(r1 + r2 )
exp
a0
(4.13)
Possiamo quindi riscrivere lHamiltoniano totale H dato dalla (4.2) nel modo equivalente, sommando e sottraendo lo stesso termine e 2 (1/r2 + 1/r2 )
H = H 00 + H I0
(4.14)
r2
H 00 = 2r1
2m
r
2m
r2
! 1
2
1
1
e
H I = e2
+
+
r1 r2
|r1 r2 |
(4.15)
In uno stato di singoletto come quello dello stato fondamentale, gli elettroni tendono a stare pi`u vicini: in questo
modo aumenta la repulsione Coulombiana ma aumenta anche lo screening e il bilancio globale e` che la valenza efficace
del nucleo Ze f f pi`u piccola di quella nominale Z.
88
Possiamo ora applicare la stessa teoria delle perturbazioni al primo ordine della Sezione precente.
Il primo termine e` lo stesso gi`a calcolato con la sostituzione Z Z e f f = Z e dunque
*
Il secondo termine e` invece
(0)
0
+
e2 (0)
=
|r1 r2 | 0
5 e2
(Z )
8 a0
+
*
!
1 (0)
(0)
2 1
=
0 e
+
r1 r2 0
#
!
"
Z
Z
Ze6f f 1
2Ze f f
1
(r
)
e2 d3 r1 d3 r2
+
+
r
exp
1
2
a0
2 a60 r1 r2
(4.16)
(4.17)
e si calcola agevolmente essendo i due termini simmetrici rispetto allo scambio r 1 r2 e lintegrando molto semplice
!
+
1 (0)
2 1
+
=
e
r1 r2 0
h 2Z
i
"
#Z
2e2 Ze6f f Z
exp ae0f f r1
2Z
e
f
f
r2
d 3 r1
d3 r2 exp
a0
r1
2 a60
(0)
0
(4.18)
Lintegrazione delle due parti angolari danno un fattore (4) 2 . Usando le solite sostituzioni x1 =
2Ze f f r1 /a0 e x2 = 2Ze f f r2 /a0 e gli integrali
Z
dx1 x1 ex1
= 1
= 2
(4.19)
0
+
0
si ottiene
*
(0)
0
+
!
(0)
1
1
2
= 4(Z )0
+
e
r1 r2 0
(4.20)
89
Quindi lenergia dello stato fondamentale per il problema perturbato corretta al primordine, normalizzata rispetto a 0 in modo da renderla adimensionale, diventa
()
E0(1) ()
0
= 2 (Z ) 4 (Z ) +
5
(Z )
4
(4.21)
Si noti che la (4.21) non si ottiene dalla (4.11) con la sostituzione Z Z e f f = Z . Ci`o e` dovuto
al fatto che la Z che compare nellHamiltoniano non cambia, ma e` solo nella funzione donda (4.22)
che imponiamo che ci sia possibilit`a di variazione!
Resta ora da calcolare quanto deve essere , e per far questo imponiamo che essa sia tale da
rendere lenergia la pi`u piccola possibile (teorema variazionale). Quindi imponiamo
"
d ()
d
= 0
(4.22)
=0
5
= 2 Z
16
!2
(4.23)
che ha la forma della corrispondente energia imperturbata con la sostituzione Z Z 5/16! Nel
caso Z = 2 si ottiene numericamente E 0(1) () = 77.45 eV che e` molto vicino al valore sperimentale
78.6 eV
90
{S 2 , S z } costituisce un insieme completo di osservabili simultaneamente diagonalizzabili, che ammette cio`e una base comune {|s, m}. Assumendo tutti i momenti angolare in unit`a tali che ~ = 1 per
semplicit`a di scrittura, avremo allora che essi soddisfano il sistema
S 2 |s, mi = s (s + 1) |s, mi
(4.24)
S z |s, mi = m |s, mi
dove, trattandosi di uno spin singolo, si ha che s = 1 e m = 1/2, +1/2. Supponiamo ora di avere
due spin S2 , S2 : essi agiranno su uno spazio Hilbertiano (di dimensione 4) prodotto tensore dei due
singoli spazi di dimensione 2
H4 = H 2 H
(4.25)
Quindi possiamo costruire una base per lo spazio H 4 semplicemente come prodotto delle basi dei
singoli spazi {|s1 , m1 i |s2 , m2 i} Dato che per ogni spin, i soli possibili stati sono | i (corrispondente
a m = +1/2) oppure | i (corrispondente a m = 1/2), i possibili stati del sistema composto saranno
|s1 , m1 i |s2 , m2 i {|i , |i , |i , |i}
(4.26)
Chiaramente allora lo stato |s1 , s2 , m1 , m2 i |s1 , m1 i |s2 , m2 i Questo e` ovvio in quanto ogni operatore agisce solo nel proprio spazio Hilbertiano e quindi valgono le equazioni analoghe delle
(4.25)
(4.27)
S 1z |s1 , s2 , m1 , m2 i = m1 |s1 , s2 , m1 , m2 i
S 22 |s1 , s2 , m1 , m2 i = s2 (s2 + 1) |s1 , s2 , m1 , m2 i
S 2z |s1 , s2 , m1 , m2 i = m2 |s1 , s2 , m1 , m2 i
(4.28)
91
e quindi {S 12 , S 1z , S 22 , S 2z } forma un insieme completo di osservabili compatibili per H 4 . Sembrerebbe che il problema fosse risolto, ma non e` cos`. Infatti se abbiamo un Hamiltoniano di interazione
H I = S1 S2 dove e` indipendente dagli spin , si vede subito che tale sistema non forma un
insieme di osservabili compatibili con H I in quanto
h
H I , S1
H I , S2
, 0
(4.29)
, 0
Lidea e` quindi trovare una nuova base per il sistema a due spin, a partire da quella ovvia appena
trovata, che invece soddisfi questa propriet`a. A tale scopo si procede come segue.
S = S 1 + S2
(4.30)
S , S
= i S
(4.31)
= i S 1 S 2
(4.32)
H I , S 1
H I , S 2
= i S 1 S 2
H I , S
= 0
(4.33)
92
(4.34)
Sz
h| S z |i h| S z |i h| S z |i h| S z |i
h| S z |i h| S z |i h| S z |i h| S z |i
h| S z |i h| S z |i h| S z |i h| S z |i
h| S z |i h| S z |i h| S z |i h| S z |i
1 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 1
(4.35)
(4.36)
S + |i = |i
S |i = |i
S |i = 0
Sempre dalla teoria delle matrici di Pauli, sappiamo che tali operatori sono legati alle compo-
93
S = S x iS y
(4.37)
2 S 1xS 2x + S 1y S 2y = S 1+ S 2 + S 1 S 2+
(4.38)
S 2 = S 12 + S 22 + 2S 1z S 2z + S 1+ S 2 + S 1 S 2+
(4.39)
S 2 |, i = 2 |, i
(4.40)
S 2 |, i = |, i + |, i
S 2 |, i = |, i + |, i
S 2 |, i = 2 |, i
S2
2 0 0 0
0 1 1 0
0 1 1 0
0 0 0 2
(4.41)
che come si vede e` una matrice a blocchi di cui solo la parte centrale non e` diagonale. Basta
allora diagonalizzare questa parte, i cui autovalori sono 0 e 2. Quindi, dato che 2 sono anche gli autovalori delle due parti esterne diagonali, gli autovalori della matrice 4 4 (4.41)
sono 0 (non degenere) e 2 (3 volte degenere). A tali autovalori, corrispondono i relativi au-
94
S 2 |s, mi = s (s + 1) |s, mi
(4.42)
S z |s, mi = m |s, mi
in modo che gli autovalori siano identificati da s = 1 (3 volte degenere) e s = 0 (non degenere). Nel primo caso, gli autovettori vengono identificati dal valore di m = 1, 0, 1. In
definitiva, essi saranno quindi
|s = 0, m = 0i =
1
[|, i |, i]
2
(4.43)
che viene detto stato di singoletto, essendo associato allautovalore non degenere, e
|s = 1, m = 1i = |, i
(4.44)
1
[|, i + |, i]
2
|s = 1, m = 1i = |, i
|s = 1, m = 0i =
95
non e` pi`u cos` semplice in quanto ci sono a priori due possibilit`a (spin paralleli e spin antiparalleli),
come mostrato nella parte destra della Figura 4.2.
E
2S1
n=2
1S
n=1
1S1
n=1
2S1
n=2
n=1
1S1
STATI ECCITATI
STATO FONDAMENTALE
Figura 4.2: Primi possibili livelli dellatomo di Elio. Lo stato fondamentale (a sinistra) e` uno stato
di singoletto, mentre per i primi stati eccitati ci sono a priori due possibilit`a: spin paralleli (tripletto,
ortoelio) e spin antiparalleli (singoletto, paraelio), e va deciso quale delle due ha energia pi`u bassa.
Per capire quale delle due configurazioni sia ad energia pi`u bassa, torniamo al nostro calcolo
perturbativo impostato dalle equazioni (4.2), (4.3), (4.5), (4.5), ma adesso teniamo conto dello spin.
Lautofunzione totale del sistema imperturbato sar`a quindi del tipo
10 (r1 ) 20 (r2 ) |1 i |2 i
(4.45)
dove si suppone quindi che uno dei due atomi sia nello stato n = 1 e laltro sia nello stato n = 2.
Autostati ed energie saranno quindi
10 (r) =
1 2
a0
!3/2
e2r/a0
(4.46)
10 = 20
per lo stato 1S , mentre per lo stato 2S sar`a
2
20 (r) =
32 a0
0
20 =
2
1
!3/2
!
2r 2r/a0
2
e
a0
(4.47)
96
|1, 0; 2, 0i =
1
|1, 0i |2, 0i + |2, 0i |1, 0i
2
(4.48)
(4.50)
dove
ET(0)OT
= h1, 0; 2, 0| H 0 |1, 0; 2, 0i
(4.51)
Sostituendo H 0 dato dalle (4.2) e (4.3), lo stato (4.48), e tenendo conto che 2 = 1, si ottiene
immediatamente
ET(0)OT
= 10 + 20
(4.52)
E () = h1, 0; 2, 0| H I |1, 0; 2, 0i
(4.53)
E () = E DIR + E EXC
(4.54)
97
dove abbiamo introdotto i seguenti integrali, detti integrali diretti e di scambio rispettivamente
e2
E DIR = h2, 0| h1, 0|
|1, 0i |2, 0i
|r1 r2 |
Z
Z
3
=
d r1 d3 r2 2,0 (r2 ) 1,0 (r1 )
e2
E EXC = h2, 0| h1, 0|
|2, 0i |1, 0i
|r1 r2 |
Z
Z
=
d3 r1 d3 r2 2,0 (r2 ) 1,0 (r1 )
(4.55)
e2
1,0 (r1 ) 2,0 (r2 )
|r1 r2 |
(4.56)
e2
2,0 (r1 ) 1,0 (r2 )
|r1 r2 |
Questi integrali sono tuttaltro che semplici, ma la cosa che ci interessa e` che entrambi danno risultati positivi come ci si doveva aspettare e cio`e E DIR > 0 e E EXC > 0. Abbiamo quindi dalla (4.54)
che
(4.57)
(4.58)
(4.59)
Si noti infine che E T(1)OT (+1) e` associata alla parte spaziale dellautofunzione |1, 0; 2, 0i +1 che e`
simmetrica, mentre E T(1)OT (1) e` associata alla parte spaziale dellautofunzione |1, 0; 2, 0i 1 che e`
antisimmetrica. Dato che lautofunzione totale (spaziale+spin) deve essere antisimmetrica, da ci`o
98
segue che la parte di spin deve essere antisimmetrica nel primo caso e simmetrica nel secondo. La
prima e` quindi associata ad uno stato di singoletto ed e` chiamata paraelio, mentre la seconda e`
associata ad uno stato di tripletto, detto ortoelio, ed ha energia pi`u bassa, per quanto detto sopra.
In definitiva dunque, quasi senza fare nessun conto, abbiamo capito che il primo stato eccitato con
energia pi`u bassa e` un tripletto, cio`e lortoelio. La situazione descritta dal calcolo al primo ordine e`
quindi quella mostrata in Figura 4.3. Si noti che lortoelio e` in effetti un tripletto, come affermato,
ma questo non si pu`o ottenere nellapprossimazione al primo ordine, ed e` necessario fare qualcosa
di pi`u sofisticato.
Paraelio(singoletto)
n=2
n=1
1S
STATO FONDAMENTALE
n=1
Ortoelio (tripletto)
2S1
2S1
1S1
STATI ECCITATI
Figura 4.3: Situazione effettiva dei primi livelli dellatomo di Elio, come ottenuta da un calcolo
perturbativo al primo ordine. Lo stato fondamentale (a sinistra) e` uno stato di singoletto, mentre per
il primo stato eccitato e` uno stato di tripletto (ortoelio) le cui differenze tra i livelli del tripletto appaiono solo agli ordini superiori. Lo stato successivo e` quindi quello del paraelio, che e` di singoletto,
come spiegato nel testo.
Da un punto di vista fisico, il fatto che lenergia del paraelio sia pi`u alta di quella dellortoelio
si spiega con il fatto che nello stato di singoletto i due elettroni tendono a stare pi`u vicini per effetto
delle forze di scambio; in questo caso, per`o, la repulsione e` pi`u alta e quindi lenergia totale e` pi`u
alta.
99
Nella Sezione 4.2 abbiamo visto come un procedimento variazionale abbia permesso il miglioramento dellenergia dello stato fondamentale calcolato perturbativamente. Vediamo adesso come tale
procedimento possa essere generalizzato con una tecnica originalmente dovuta ad Hartree e successivamente modificata da Fock per tenere conto della presenza dello spin. Per far questo torniamo
allenergia dello stato fondamentale
E = h| H |i
(4.60)
(4.61)
E =
+
d r1
d 3 r1
(4.62)
In virt`u delle (4.3) e (4.5) essa pu`o essere messa nella forma
E = I1 + I2 + J12
(4.63)
Si noti che, come detto, in questa trattazione si considerano particelle senza spin: stiamo quindi implicitamente
assumendo di trattare con lo stato fondamentale dove tale approssimazione e` sensata
100
dove
In =
d 3 r1
d 3 r1
n = 1, 2
(4.64)
J12 =
d3 r2 (r1 ) (r2 )
e2
(r1 ) (r2 )
|r1 r2 |
(4.65)
Essendo h(1)
e h(2)
Hamiltoniani di particella singola abbiamo che nello stato fondamentale
(4.66)
E = 1 + 2 + J12
(4.67)
La cosa interessante di questo schema e` che e` possibile ottenere unequazione di elettrone singolo in un potenziale efficace, a partire dalle equazione di Schrodinger a due elettroni per latomo
di Elio
(r1 , r2 ) = E (r1 , r2 )
H
(4.68)
"Z
d3 r2 (r2 )
#
e2
(r2 ) (r1 ) = E (r1 )
|r1 r2 |
(4.69)
Si noti che questo risultato e` formalmente esatto nelle ipotesi (it non esatte!) che valga sempre le particelle si trovino
nello stesso stato, e cio`e valga la (4.61)
101
Ue f f (r1 ) =
d3 (r2 )
e2
(r2 )
|r1 r2 |
(4.70)
i
h (1) + Ue f f (r1 ) (r1 ) = 1 (r1 )
(4.71)
1 = E 2 , 1
(4.72)
Il significato fisico di tale termine e` dato da un teorema noto come teorema di Koopmans
Capitolo 5
La molecola di Idrogeno
5.1 Lapprossimazione di Born-Oppenheimer per la molecola H2
Se le condizioni sono favorevoli, gli atomi possono aggregarsi tra loro formando strutture pi`u complesse. Le prime ad essere ottenute sono le molecole, e la molecola pi`u semplice e` quella ottenuta
dallunione di due atomi di Idrogeno, come rappresentato in Figura 5.1. LHamiltoniano esatto per
e
+e +
+e +
e
rA
rB
ATOMO A
ATOMO B
RA
RB
O
Figura 5.1: Schema di una molecola di Idrogeno (H 2 ) formata da due nuclei di carica +e nella
posizioni R A e RB rispetto ad una generica origine O, e da due elettroni di carica e definiti dai
vettori r A e rB . Le masse dei nuclei e degli elettroni sono M e m M rispettivamente.
questo sistema e` dato dalla somma di una parte H I che dipende solo dai nuclei, una parte H el che
103
104
(5.1)
dove chiaramente:
~2 2
~2 2
e2
H I = T I + V II =
R A
R B +
2M
2M
|RA RB |
2
2
~ 2
e2
~
r B +
H el = T el + V elel = 2rA
2m
2m
|r1 r2 |
2
2
2
e
e
e2
e
+
+
+
H Iel =
|RA rA | |RA rB | |RB rA | |RB rB |
(5.2)
(5.3)
(5.4)
I primi due termini della (5.4) sono formati entrambi da una parte di energia cinetica e da una parte
di potenziale, mentre lultimo termine, contiene ovviamente solo termini di interazione. Il problema
e` quindi quello di risolvere lequazione di Schrodinger per il sistema H 2
(rA , rB ; RA , RB ) = E (rA , rB ; RA , RB )
H
(5.5)
impresa, questa, piuttosto difficoltosa. Daltra parte, fisicamente uno si aspetta che, essendo la massa
M del nucleo molto maggiore di quella dellelettrone m, la corrispondente energia cinetica, sia inferiore di un fattore O(m/M) 104 , e quindi trascurabile almeno in prima approssimazione. Questa
e` lidea che sta alla base di un procedimento noto come approssimazione di Born-Oppenheimer,
che vale pi`u in generale per un sistema di arbitrario numero di elettroni e ioni, ma che nel caso della
molecola H2 si scrive in modo piuttosto semplice. Lidea e` quindi quella di procedere in due passi
successivi.
Step 1
Consideriamo gli ioni fissi, trascurandone quindi lenergia cinetica e trattando le rispettive coordinate come parametri e non operatori. In tali ipotesi, lequazione (5.5) si riscrive
105
T el +
#
e2
e2
RB )
+
+ H el n (rA , rB ; RA , RB ) = En (RA , RB ) n (rA , rB ; RA ,(5.6)
|rA rB | |RA RB |
E` importante ribadire nuovamente che la n (rA , rB ; RA , RB) della (5.6) dipende solo dalle variabili elettroniche r A , rB , mentre quelle ioniche R A , RB) devono essere considerate come dei
parametri a questo livello. Naturalmente questa equazione e` comunque unequazione che non
si sa risolvere esattamente, ma esistono dei modi per poterla risolvere in modo approssimato.
Step 2
Supponiamo quindi di aver risolto la (5.6) e di aver determinato la funzione donda n (rA , rB ; RA , RB )
corrispondente ad una determinata energia E n (rA , rB ; RA , RB ). Si noti che essendo ortonormali tra loro
Z
(5.7)
Possiamo allora pensare di sviluppare la funzione donda del problema originale in termini di
questa base
n (rA , rB ; RA , RB ) =
n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB )
(5.8)
Sostituendo la (5.8) nella (5.5), e tenendo conto del fatto che i vari operatori agiscono solo sulle
coordinate elettroniche, si ottiene dopo qualche semplice manipolazione
X
n
T I n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB ) =
X
n
RB )
[E En (RA , RB )] n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA ,(5.9)
106
d3 rA d3 rB m (rA , rB ; RA , RB ) T I n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB ) =
(5.10)
[E Em (RA , RB )] m (RA , RB )
Adesso e` necessario stare attenti in quanto loperatore differenziale T I agisce su entrambe le funzioni donda n e n . In questo punto entra in gioco, lapprossimazione m/M 1 introdotta in
precedenza. Nello sviluppo del termine (~ 2 /2M)RA [n n ] supponiamo quindi di trascurare tutti
i termini contenenti RA n (e analogamente per la coordinata R B ). Vedremo dopo che tale ipotesi
e` giustificata dalla condizione m/M 1 gi`a ricordata. In tali condizioni si ottiene quindi per R A
!
~2
~2 2
n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB )
2 n (RA , R(5.11)
B)
2M RA
2M RA
e analogamente per la coordinata R B . Quindi nella (5.11) possiamo assumere
T I n (RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB ) n (rA , rB ; RA , RB ) T I n (RA , RB)
(5.12)
#
~2 2
~2 2
+ E (RA , RB ) n (RA , RB ) = En (RA , RB )
2M RA 2M RB
(5.13)
che e` unequazione di Schrodinger per i soli nuclei in un potenziale E(R A , RB ) creato dagli elettroni.
In questo modo abbiamo disaccoppiato il moto elettronico da quello ionico (dei nuclei), ottenendo
cos` di scomporre il problema originale in due problemi pi`u semplici.
In definitiva, il procedimento da seguire e` quindi il seguente
a) Risolvere la (5.5) assumendo {R A, RB } fissi, e calcolare E n (RA , RB).
b) Usando la E n (RA , RB ) cos` determinata, risolvere la (5.13).
107
Resta ora da controllare che valga la condizione (5.11, e cio`e che possano essere trascurati i due
termini mancanti da tale equazione. Il primo termine e` del tipo
~2
2M
(5.14)
e supponiamo che ogni elettrone sia fortemente legato al suo nucleo in modo da poter scrivere n (rA , rB ; RA , RB ) = n (rA RA , rB RB ). In tal caso, si ha che 2RA n (rA , rB ; RA , RB ) =
2rA n (rA , rB ; RA , RB ) e dunque
Z
~2
d3 rA d3 rB m (rA , rB ; RA , RB) 2RA n (rA , rB ; RA , RB ) =
2M
!Z
~2
m
(5.15)
Quindi questo termine e` pi`u piccolo di un fattore O(m/M) 10 4 rispetto a quello tenuto nellequazione (5.12). Il termine rimanente sar`a del tipo
Z
1
R
2 A
che e` nullo per la condizione di ortogonalit`a (5.7). La stessa cosa ovviamente si ha per la coordinata
rB , verificando in tal modo che lapprossimazione fatta e` solamente basata sulla condizione m/M
1 come anticipato.
108
r R 1
Ione 1
R 2 R 1
r R 2
Ione 2
Figura 5.2: Schema di una molecola di Idrogeno (H +2 ) formata da due nuclei di carica +e nella
posizioni R A e RB rispetto ad una generica origine O, e da un solo elettrone di carica e definito
dai vettore r. Si tratta del modello della sezione precedente particolareggiato al caso di un elettrone
singolo.
Entrambe le ipotesi non sono essenziali, possono essere rilassate a posteriori, e non cambiano la
fisica del risultato.
LHamiltoniano esatto in queste ipotesi e` dato da
e2
e2
e2
~2
+
H = 2r
2m
|r R1 | |r R2 | |R1 R2 |
(5.17)
dove va enfatizzato il fatto che R1 e R2 sono parametri e non operatori. Supponiamo di conoscere
le soluzioni |1 i e |2 i per i due atomi singoli riferiti agli ioni 1 e 2 rispettivamente. Lidea che perseguiremo e che sta alla base del cosiddetto metodo Linear Combination Atomic Orbitals (LCAO)
e quella di considerare una combinazione lineare di questi due stati come soluzione del problema
|i = c1 |1 i + c2 |2 i
(5.18)
109
dove c1 e c2 sono coefficienti da determinare. Lequazione che vogliamo risolvere per calcolare
lenergia del sistema e` quindi
hi | H |i = E hi |i
(5.19)
IS
= h1 |2 i = h2 |1 i
(5.20)
Hi j = hi | H |i i
(5.21)
(H11 E) c1 + (H12 IS E) c2 = 0
(5.22)
(H21 IS E) c1 + (H22 E) c2 = 0
Si ricordi che, dato che |1 i e |2 i si riferiscono ad atomi diversi, esse non sono ortonormali in
generale, e dunque I2 , 1. Il sistema (5.23) e` un classico sistema a due livelli. Si noti che dato
che i due atomi sono identici (assumendo che siano nello stesso stato), devono valere le simmetrie
Edir = H11 = H22 e Eexc = H12 = H21 . Affinch`e tale sistema abbia soluzioni e` necessario che si
annulli il suo determinante
(5.23)
E =
Edir Eexc
1 IS
(5.24)
110
in dettaglio in Appendice H.
Dato che |1 i e |2 i sono le energie dello stato fondamentale del singolo atomo di idrogeno,
sappiamo che (i = 1, 2)
#
"
1
r
i (r) = hr|i i = q
exp
a0
3
a0
(5.25)
I s = h1 |2 i =
d3 r1 (|r r1 |) 2 (|r r2 |)
(5.26)
che e` noto come integrale di sovrapposizione. Esso e` svolto in dettaglio in Appendice H. Il risultato
e` (si veda H.9)
Is =
!
1 2
1++ e
3
(5.27)
Chiaramente IS e` una misura di quanto le due funzioni donda, riferite ai due atomi diversi, si
sovrappongano. Infatti se 1 gli atomi sono distanti e la (5.27) porge I S 1 e quindi piccola
sovrapposizione, mentre viceversa se 1 si trova I S 1. La seconda quantit`a da calcolare e`
Edir = hi | H |i i
(5.28)
(5.29)
che rappresenta invece il contributo di scambio (i , j = 1, 2). Si noti che sostituendo la (5.17) si ha
Edir = E0 +
e2
+ ECoul
|R1 R2 |
(5.30)
111
dove E0 e` lenergia dello stato fondamentale dellatomo di idrogeno, e dove abbiamo introdotto
lenergia Coulombiana
ECoul = h1 |
e2
|1 i
|r R2 |
(5.31)
Eexc = IS E0 + IS
e2
+ ER
|R1 R2 |
(5.32)
ER = h1 |
e2
|2 i
|r R1 |
(5.33)
che differisce da ECoul per il fatto di avere stati diversi. I vari integrali sono calcolati sempre in
Appendice H usando le coordinate ellittiche.
ECoul = 0
i
2h
1 (1 + ) e2
(5.34)
!
1 2
= 0 + 20 1 +
e
(5.35)
(5.36)
112
Eexc = 0 IS + 0
!
2
2
1 2 e
(5.37)
1 + IS
0 (ER ECoul )
= 0 + 2
1 IS
E+ = 0 + 2
(5.38)
(5.39)
Si noti che E nel limite 0 come doveva essere in quanto si ottiene un problema
completamente dissociato di uno ione H + e di un atomo di idrogeno.
Le due energie trovate precedentemente sono gli aotovalori del sistema di equazioni accoppiate
(5.23)
(Edir E) c1 + (Eexc IS E) c2 = 0
(5.40)
(Edir IS E) c1 + (Eexc E) c2 = 0
dove c1 e c2 sono i coefficienti dellespansione LCAO (5.18) che avranno un valore diverso a seconda dellautovalore ottenuto. Nel caso E + si trova, sostituendo il valore ottenuto nella prima delle
(+)
(5.39), che c(+)
1 = c2 e quindi dalla (5.18) si ottiene
(+) E
= c(+)
|1 i + |2 i
1
(5.41)
113
h1 |1 i = 1 = h2 |2 i
(5.42)
h1 |2 i = IS
(5.43)
ottenendo cos`
D
(+) |(+)
2
(1 + IS )
= 2 c(+)
1
(5.44)
1
|1 i + |2 i
2 (1 + IS )
(5.45)
che viene detto stato di legame associato allenergia di legame E + . Si noti che essa e` simmetrica
rispetto allo scambio dei due atomi 1 2.
1
|1 i |2 i
2 (1 IS )
(5.46)
Nel limite R in cui i due atomi sono a distanza infinita, e quindi non interagiscono, si
vede subito dalle espressioni degli integrali che compongono E , che si riottiene lenergia dello
stato fondamentale dellatomo di idrogeno, 0 , come ci si aspettava. Analogamente per R 0 le
due energie sono dominate dai termini 1/ che sono gli stessi per entrambe le energie. Usando
114
20
(5.47)
Per valori intermedi, le due energie si separano come dimostrato in Figura 5.3. Il fatto che lenergia
20
E+
15
E/0
10
-5
10
R/a0
Capitolo 6
116
tuttaltro che trascurabile e di come dia luogo al legame chimico. Vedremo adesso come, rilassando
lapprossimazione di elettroni liberi e tenendo quindi conto della presenza degli ioni e del loro,
ancorch`e lento, moto di vibrazione, molte delle inconsistenze della teoria vengano superate.
R = n 1 a1 + n 2 a2 + n 3 a3
(6.1)
dove {a1 , a2 , a3 } sono tre vettori non complanari formante una base per lo spazio e {n 1 , n2 , n3 } sono
numeri interi. Si noti come la scelta della base non sia univoca essendo, ovviamente, possibili
infinite scelte. Si pu`o dimostrare che la definizione suddetta e` completamente equivalente a quella
che ogni reticolo di Bravais appare identico per orientazione ed arragiamento da un qualsiasi punto
del reticolo. A tale proposito, ad esempio, un reticolo esagonale non e` di Bravais.
Vediamo brevemente alcuni esempi caratteristici lasciando i dettagli per gli esercizi.
1) Reticolo cubico Simple Cubic (SC)
In Fig.6.1 si vede la parte essenziale (cella unitaria, si veda pi`u avanti per una definizione pi`u
precisa) del reticolo pi`u semplice e pi`u intuitivo: il reticolo cubico o Simple Cubic (SC) dove
ogni atomo e` circondato da z = 6 primi vicini. Sia a il passo del reticolo, allora la base pi`u
semplice da usare e`
(6.2)
117
a3
a2
a1
A
Figura 6.1: Cella primitiva per un reticolo cubico (SC) dove risultano anche indicati i vettori tipici
usati come base .
Questo reticolo e` formato da un SC ({A}) pi`u un sito ({B}) nel centro che pu`o essere pensato
come estremo di un altro SC (si veda Fig.6.2). In questo caso ci sono z = 8 primi vicini e le
due basi usualmente utilizzate sono
a
a1 = ax, a2 = ay, a3 = (x + y + z )
2
a
a
a
a1 = (x + y + z ) , a2 = (x y + z ) , a3 = (x + y z )
2
2
2
(6.3)
(6.4)
118
A
BX
A
A
Figura 6.2: Cella primitiva per un BCC.
a1 =
a
a
a
(y + z ) , a2 = (x + z ) , a3 = (x + y )
2
2
2
(6.5)
Dal fatto che il numero dei primi vicini aumenta passando dal primo esempio (SC) allultimo
(FCC), si intuisce che la densit`a di massimo impacchettamento (che e` la frazione di volume occupato rispetto al totale disponibile) aumenti contestualmente. Essa risultano infatti rispettivamente
essere S C = 0.52, BCC = 0.68 e FCC = 0.74. Questultima risulta anche essere il massimo
impacchettamento possibile.
119
A
B
A
B
B
A
B
A
120
In ultima, segnaliamo che esistono anche dei reticoli che pur non essendo di Bravais (in quanto non
soddisfano le ipotesi suddette) hanno una struttura altamente regolare. Essi possono infatti essere
considerati come un reticolo di Bravais con base e cio`e per i quali: i) la struttura sottostante e` un
reticolo di Bravais e ii) esiste una struttura regolare interna alla cella primitiva (detta appunto base)
che definisce larrangiamento regolare degli atomi allinterno della cella primitiva. Vedremo pi`u
avanti un esempio di tale struttura quando parleremo del cristallo armonico.
K RL eikR = 1
(6.6)
2
(a3 a1 )
b2 =
2
(a1 a2 )
b3 =
b1 =
(6.7)
121
dove = a1 (a2 a3 ). Si noti che per terne destrorse > 0 e rappresenta il volume del
solido generato dai tre vettori ai . Chiaramente vale la relazione
bi a j = 2i j
(6.8)
(2)3
(6.9)
b1 =
2
x
a
b2 =
2
y
a
b3 =
2
z
a
(6.10)
122
Reticolo FCC
b1 =
2
(x + y + z )
a
b2 =
2
(x y + z )
a
b3 =
2
(x + y z )
a
(6.11)
Dalla (6.10) si vede che il reticolo reciproco di un FCC e` un BCC (e viceversa). Si noti che
questo e` un esempio che dimostra che il RL non ha, in generale, la stessa simmetria del BL.
Una quantit`a che riveste una particolare importanza per il proseguio della nostra discussione, e`
la Prima zona di Brillouin che e` la cella di Wigner-Seitz per il RL.
Capitolo 7
#
~2 2
+ U (r) (r) = (r)
2m
(7.1)
Si noti che la situazione non e` completamente a noi nuova: se il poteziale e` isotropo, sappiamo che lautostato e`
separabile in una parte radiale e in una parte angolare
123
124
dove si assume che il potenziale sia periodico con periodo R BL, e cio`e
U (r + R) = U (r)
(7.2)
Mostreremo allora che sono equivalenti le seguenti due affermazioni Teorema di Bloch:
k (r + R) = eikR (r)
(r) = eikr uk (r)
(7.3)
uk (r + R) = uk (r)
(7.4)
Mostriamo dapprima che vale la (7.3). Definiamo loperatore di translazione T R definito nel modo
seguente
(T R ) = (r + R)
(7.5)
per ogni funzione donda modulo quadro integrabile. Usando lipotesi (7.2) e la definizione (7.5),
si dimostrano facilmente le seguenti propriet`a:
[H, T R ] = 0
(7.6)
[T R , T R0 ] = 0
(7.7)
T R+R0 = T R T R0 = T R0 T R
(7.8)
In conseguenza della (7.6), risulta chiaro che H e T R ammettono un insieme completo di autostati
comune e cio`e
Hk (r) = k k (r)
T R k (r) = Ck (R) k (r)
(7.9)
(7.10)
125
dove k e Ck (R) sono gli autovalori di H e T R rispettivamente. Dalle propriet`a (7.7) e (7.8) si vede
immediatamente che
C k R + R0
= Ck (R) Ck R0
(7.11)
dove per ipotesi R e` un vettore del BL e ha quindi la forma (6.1). Vogliamo ora dimostrare che
Ck (r) e` infatti un esponenziale. Applicando ripetutamente la (7.11) si ha
Ck (R) = [Ck (a1 )]n1 [Ck (a2 )]n2 [Ck (a3 )]n3
(7.12)
Ovviamente possiamo sempre definire x 1 ,x2 e x3 in modo che per ogni i = 1, 2, 3 risulti
Ck (ai ) = e2ixi
(7.13)
(7.14)
k = x 1 b1 + x 2 b2 + x 3 b3
(7.15)
(7.16)
Confrontando infine le (7.5) e (7.9) risulta allora dimostrata la prima parte del teorema (7.3).
Per dimostrare la seconda parte, si osservi che e` chiaramente sempre possibile definire una
funzione uk (r) tale che k (r) = eikr uk (r) che combinata con la (7.3) porge facilmente la seconda
126
N3 a
N2 a2
N1 a1
Figura 7.1: Condizioni al contorno di Born-von Karman
ora lequazione di Schrodinger (7.1) in un potenziale periodico (7.2) e con le condizioni periodiche
al contorno definite sopra (Born-von Karman)
(r + N1 a1 ) = (r)
(r + N2 a2 ) = (r)
(r + N3 a3 ) = (r)
(7.17)
127
La condizione di periodicit`a (7.2) garantisce che la soluzione sia uno stato di Bloch e quindi soddisfi
la propriet`a (7.3). Combinata con le (7.17) essa porge:
eikNi ai
= 1
i = 1, 2, 3
(7.18)
Mostriamo ora che le condizioni periodiche di Born-von Karman (7.17) impongono che il vettore
donda k appartenga al reticolo reciproco RL. A priori infatti k = x 1 b1 + x2 b2 + x3 b3 con xi a priori
reali. Daltra parte le (7.17) e la propriet`a (6.8) assicura che e i2xi Ni = 1 e dunque xi = mi /Ni con mi
interi. Si ottiene infine
k = m1
!
!
!
b1
b2
b3
+ m2
+ m3
N1
N2
N3
(7.19)
Si noti ora che il volume formato dalla base {b 1 /N1 , b2 /N2 , b3 /N3 } e` dato da
!
(2)3
b1 b2 b3
v
k =
=
=
N1 N2 N3 N1 N2 N3
V
3
(7.20)
3
V k
FBZ (2)
(7.21)
gi`a vista nel caso di elettroni liberi. Si noti che in questo caso per`o, lintegrale e` esteso solo alla prima zona di Brillouin FBZ, e vedremo che questo giocher`a un ruolo molto importante nel proseguio
della discussione.
128
d3 reiKr = vK,0
(7.22)
Per dimostrarlo, si consideri londa piana f K (r) = eiKr avente K RL come vettore donda.
Dalla (6.6) si vede subito che fK (r) is periodica in r con periodo R BL. Questo significa
che lintegrale a sinistra della (7.22) e` indipendente dalla regione dove si integra. Dunque,
per un arbitrario vettore d, si ha
Z
d r fK (r + d) =
v
d3 r fK (r)
(7.23)
iKd
Z
d3 reiKr = 0
(7.24)
e di conseguenza la (7.22).
Corollarion 1: Per ogni R BL si ha
d3 keikR = v R,0
(7.25)
129
f (r) =
eiKr fK
(7.26)
d3 reiKr fK
(7.27)
fK =
1
v
Infatti, la (7.26) e` vera per qualunque funzione periodica. Per calcolare i coefficienti, basta
moltiplicare a sinistra per eiKr , integrare su v e usare il Lemma 1 nella forma (7.22) per
ottenere
Z
d3 reiKr f (r) =
v
fK0 vK0 ,K
(7.28)
K0
da cui la (7.27).
f (k) =
eikR f (R)
(7.29)
f (R) =
1
v
d3 keikR f (k)
v
(7.30)
130
d3 rr f (r) = 0
(7.31)
d3 rr f (r) =
v
iK fK vK,0 = 0
(7.32)
d3 kk f (k) = 0
(7.33)
(r) =
cq eiqr
(7.34)
U (r) =
U K eiKr
(7.35)
KRL
Si noti che mentre nella (7.34) i vettori q sono arbitrari, i vettori K RL appartengono al reticolo
reciproco essendo U(r) periodica con periodo R BL. Ricordando che, essendo U(r) reale, si ha
U K = U K . Sostituendo la (7.34) e (7.35) nellequazione di Schrodinger (7.1) si ottiene dopo
131
(7.36)
che rappresenta unequazione agli autovalori detta equazione centrale. Essa accoppia i coefficienti cq che differiscono di un vettore appartentente al reticolo reciproco. La cosa diventa molto
trasparente, nel caso unidimensionale (1d)
. . . + U K cq+K +
~2 q2
cq + U K cqK + . . . = q cq
2m
(7.37)
U 2K
U K
~2 (q+K)2
2m
U K
U 2K
U 2K
U K
~2 q2
2m
U K
U 2K
U 2K
U K
~2 (qK)
2m
U K
U 2K
c
qK
cq
cq+K
qK
= q cq .
cq+K
(7.38)
#
X
~2
(k K) ckK +
U K0 K ckK0 = 0
2m
K0
(7.39)
132
k (r) =
ckK ei(kK)r
(7.40)
Tale autostato soddisfa la condizione (7.3), com`e facile verificare usando il fatto che e iKR = 1.
Dalla stessa espressione (7.40) si pu`o inoltre verificare la (7.4) e dare unespressione esplicita per
uk (r)
uk (r) =
ckK eiKr
(7.41)
Appendice A
P
1
P
2
Mg
134
dU = dQ dW
(A.1)
dove il lavoro dW e` dato da quello della pressione P pi`u quello della massa e cio`e:
dW
= PdV + dWmassa
(A.2)
dQ = T dS
(A.3)
dQ = 0 = dV = dN
(A.4)
(A.5)
Questo dimostra che, in tali condizioni, tutto il lavoro eseguito dalla massa M viene immagazzinato
sotto forma di energia potenziale, e dunque U si comporta come un potenziale termodinamico.
Se invece di calcolare una trasformazione reversibile ne avessimo considerato una irreversibile,
avremmo ottenuto in luogo della (A.5) la diseguaglianza
(A.6)
Quindi, per un processo spontaneo in cui dW massa > 0, lenergia interna decresce fino a raggiungere
un minimo, situazione nella quale si ha una condizione di equilibrio.
Appendice B
In () =
dz zn ez
(B.1)
I02
() =
dx
dy e
( x2 +y2 )
d
0
e =
0
(B.2)
dove abbiamo sfruttato il fatto che lo Jacobiano della trasformazione in coordinate polari piane e`
e il fatto che
Z
dz ez = 1
135
(B.3)
136
I0 () =
(B.4)
Possiamo ora calcolare immediatamente tutti gli altri mediante le seguenti osservazioni. Gli integrali
di ordine dispari sono tutti nulli per simmetria:
Z
I2n+1 () =
dz z2n+1 ez = 0
(B.5)
Quelli di ordine pari si calcolano recursivamente mediante un trucchetto tipico che consiste nel
derivare recursivamente I0 () rispetto al parametro . Ad esempio:
I2 () =
!
1
z2
I0 ()
dz
e
= I0 () =
(B.6)
I4 () =
3
I0 ()
(2)2
(B.7)
(2n 1)!
I0 ()
(2)n
(B.8)
I2n () =
Tali risultati valgono per qualunque valore del parametro come gi`a detto. Particolarmente
importanti sono quelli riferiti al caso = 1/2 dove si ottengono i risultati
I0
I2
I4
1
2
=
2
!
1
=
2
2
!
1
= 3 2
2
(B.9)
137
Appendice C
LApprossimazione di Stirling
(z) =
d z1 e
(C.1)
che e` definita su tutto il piano complesso con lesclusione dei valori interi non-positivi (quando cio`e
Re(z) = 0, 1, 2, . . .). Tale funzione ci interessa particolarmente nel caso di interi positivi dove
risulta
(n + 1) = n!
(C.2)
(z + 1) = z (z)
(C.3)
Lapprossimazione di Stirling consiste nel calcolo approssimato, a grandi z, del contributo maggiore
dellintegrale (C.1): essa si esegue con la tecnica nota come metodo del punto sella (o steepest
139
140
(z + 1) = zz+1
ds ez F(s)
(C.4)
f (s) = s ln s
(C.5)
Tale funzione e` una funzione con un minimo nel punto s = 1 dove f (s = 1) = 0, e cresce allontanandosi nei due sensi; per z 1 quindi il contributo dellintegrando in (C.4) e` esponenzialmente
piccolo e quindi trascurabile (tanto pi`u quanto maggiore e` z). Possiamo quindi sostituire nellintegrale f (s) con la sua approssimazione vicino al punto di mimino s = 1 sapendo di commettere un
errore piccolo. Espandendo f (s) attorno a s = 1 e notando che f 0 (1) = 0, abbiamo
f (s) =
f (1) + f (1) (s 1) +
1
1 00
f (1) (s 1)2 + . . . = 1 + (s 1)2 + . . .
2!
2
(C.6)
(z) z
z+1
ez
ds e 2 z(s1)
(C.7)
Dato che, per quanto detto, il contributo allintegrale e` descresce esponenzialmente per z 1
lontano dal minimo s = 1, non modifichiamo il termine dominante se estendiamo lintegrale anche
z+1/2 z
2z
e
(C.8)
dx e1/2x =
(C.9)
141
Nel caso z = N 1 prendendo il logaritmo dellequazione (C.2) e trascurando termini subdominanti si ottiene limportante risultato
ln N! N ln N N
che e` quella usata in sezione 2.6.
(C.10)
Appendice D
g (x, y) = 0
(D.1)
Se non ci fosse il vincolo (D.1), affinch`e il punto (x 0 , y0 ) possa essere considerato un estremale di f
e` necessario e sufficiente che
df
(x0 ,y0 )
"
f
x
dx +
(x0 ,y0 )
"
f
y
dy = 0
(D.2)
(x0 ,y0 )
per ogni spostamento dato da dx e dy a partire dal punto (x 0 , y0 ). Questo implicherebbe immediatamente lannullamento di entrambe le derivate parziali contenute nella (D.2). La presenza del
vincolo (D.1) non permette ci`o in quanto i due differenziali dx e dy non sono pi`u indipendenti: essi
143
144
dg =
g
g
dx + dy = 0
x
y
(D.3)
Per ovviare a tale problema, un modo di procedere e` quello di ottenere dy/dx dalla (D.3) e sostituirla
nella (D.2) ottenendo cos`
g
f
f x
dx +
x
y g
dx = 0
(D.4)
y (x0 ,y0 )
f
x
(x0 ,y0 )
f g
y x
= g
y
(D.5)
(x0 ,y0 )
Vediamo ora come lo stesso risultato si ricavi con un metodo alternativo dovuto a Lagrange che
pu`o facilmente essere essere esteso ad un numero arbitrario di variabili. Introduciamo un parametro
reale il cui valore verr`a determinato a posteriori: moltiplicando la (D.3) per e sommando alla
(D.2) si ottiene
f
g
+
x
x
f
g
dx +
+
y
y
(x0 ,y0 )
dy = 0
(D.6)
(x0 ,y0 )
Di nuovo dx e dy non sono indipendenti, e quindi sembrerebbe che non abbiamo guadagnato nulla.
Daltra parte, essendo arbitrario, possiamo sceglierne il valore in modo che
"
f
g
+
y
y
= 0
(D.7)
x0 ,y0
f
g
+
x
x
= 0
x0 ,y0
(D.8)
145
Se ricavassimo la dalla (D.7) e lo sostituissimo nella (D.8) riotterremmo il risultato del metodo
precedente (D.5). Daltra parte questa seconda formulazione e` molto pi`u conveniente: ci dice che la
soluzione del problema originale e` data dal sistema formato dalle equazioni (D.7) e (D.8). Questo e`
equivalente a considerare la nuova funzione
f =
f + g
(D.9)
(D.10)
salvo poi calcolare il moltiplicatore a posteriori mediante i vincoli fisici imposti dal sistema. Questo
e` esattamente il metodo usato nella tecnica della distribuzione pi`u probabile discussa in Sezione 2.7.
Appendice E
La funzione di Dirac
Ricordiamo che la funzione (x) di Dirac e` , da un punto di vista matematico, una distribuzione
che quindi non segue le propriet`a delle funzioni regolari. Nel seguito elenchiamo le sue propriet`a
principali rimandando al corso di Metodi Matematici per una pi`u approfondita discussione. Si
consideri un arbitrario numero reale x 0 e un arbitrario intervallo dellasse reale [a, b], dove a e
b possono anche essere e + rispettivamente. Allora, tralasciando qualsiasi rigore di tipo
matermatico, possiamo pensare alla funzione (x) come se soddisfasse i seguenti requisiti
0
(x x0 ) =
se
x , x0
se
x = x0
(E.1)
b
a
dx (x x0 ) = 1
x0 [a, b]
(E.2)
148
( xx 0 )
x0
Figura E.1: Schema procedura di limite per ottenere la funzione (x x 0 ).
Propriet`a 1
b
a
dx (x x0 ) f (x) =
f (x0 )
(E.3)
Propriet`a 2
b
a
dx 0 (x x0 ) f (x) = f 0 (x0 )
(E.4)
Propriet`a 3
(x) = ((x)
(E.5)
Propriet`a 4
(ax) =
1
((x)
|a|
(E.6)
149
Propriet`a 5
x2 x20 =
1
[ (x x0 ) + (x + x0 )]
2 |a|
(E.7)
Propriet`a 6
X
f (x) =
i
f0
1
(x xi )
(xi )
(E.8)
dove xi e` uno zero della funzione f (x). Si noti che le Propriet`a 3-5 sono un caso particolare
di questa propriet`a nel caso in cui f (x) = x, ax, x x 0 rispettivamente.
Appendice F
H = H 0 + H I
(F.1)
1
(F.2)
(F.3)
152
H |n ()i = En () |n ()i
(F.4)
dove abbiamo evidenziato che essi dovranno necessariamente dipendere da . Assumiamo per
lautovalore n-esimo E n () e per il corrispondente autovettore unespansione in serie di potenze di
En () =
|i () =
+
X
q=0
+
X
q=0
q q(n)
(F.5)
q |qn i
(F.6)
Possiamo ora uguagliare i termini dello stesso ordine che appaiono nella (F.7); il termine di ordine
0 e` equivalente al problema imperturbato, come gi`a anticipato, con |0i | (0) i, nel caso in cui si
stia considerando solo autovalori non degeneri. Per i primi due ordini associati ai termini e 2 si
ottiene rispettivamente
H 0 0 |1i V 1 |0i = 0
H 0 0 |2i + V 1 |1i 2 |0i = 0
(F.7)
153
Naturlamente e` possibile ricavare, ordine per ordine, lespressione per ogni potenza di . Per definire univocamente gli stati |qi e i coefficienti q si deve imporre che lo stato |()i sia normalizzato.
Questo impone dei particolari valori per i prodotti scalari hq|0i. In particolare si ottiene quindi
1 = h () | ()i = h0|0i + [h0|1i + h1|0i] + 2 [h0|2i + h1|1i + h2|0i] +
(F.8)
h0|1i = h1|0i = 0
h0|2i = h2|0i =
(F.9)
1
2
dove ovviamente si e` assunto che ogni stato sia normalizzato h0|0i = h1|1i = h2|2i = = 1
Moltiplicando la prima delle (F.8) a sinistra per il bra h0| si ottiene facilmente, usando la prima
delle (F.10)
1 =
D E
0 V 0
(F.10)
(F.11)
(0)
p |1
(0) E
(0)
p V n
En(0) E (0)
p
(F.12)
154
|1i =
e la (F.12) si ottiene dalla seconda delle (F.6)
(1) E
() =
X E D
E
(0)
(0)
p
p |1
(F.13)
p,n
D
(0) E
E X (0)
V n E
p
(0)
(0)
+
n
(0)
(0) p
p,n E n E p
Gli ordini superiori e il caso degenere sono pi`u complicati e non verranno discussi qui.
(F.14)
Appendice G
In questa appendice mostriamo esplicitamente come calcolare gli integrali che appaiono nellenergia
dello stato fondamentale per latomo di Elio al primo ordine in teoria delle perturbazioni. Lintegrale
da calcolare e` quello che appare nella (4.9), e cio`e
I =
d 3 x1 d 3 x2
e(x1 +x2 )
|x1 x2 |
(G.1)
Data la simmetria del sistema, il modo pi`u semplice e` quello di espandere la funzione di Green del
potenziale Coulombiano in polinomi di Legendre
1
|x1 x2 |
+ l
X
r<
P (cos )
l+1 l
r
>
l=0
(G.2)
dove = x 1 x 2 e dove r< = min (x1 , x2 ) e r> = Max (x1 , x2 ). Data la simmetria del problema e`
sempre possibile scegliere lasse z in modo che coincida con la direzione di x 2 (o, equivalentemente
x1 ) e che quindi = 1 coincida cio`e con langolo polare di x 1 . In tal modo avremo che la (G.1)
155
156
I =
+ Z
X
l=0
dx1
0
r<l
r>l+1
d1 Pl (cos 1 )
d2
(G.3)
+1
2
l,l0
2l + 1
(G.4)
+1
d (cos 1 ) Pl (cos 1 ) =
1
2
l,0
2l + 1
(G.5)
I = 16
dx1
0
dx2
0
x1 x2 (x1 +x2 )
e
r>
(G.6)
Questi ultimi integrali sono elementari anche se va fatta attenzione al valore di r > . Separando
lintegrale su x2 tra una parte che va da 0 a x1 e una parte che va da x1 a +, nel qual caso r> = x1
e r> = x2 rispettivamente, otteniamo facilmente dopo qualche integrazione elementare
I = 162
5
4
(G.7)
Appendice H
Ione 1
r1
Elettrone
R/2
O
R/2
r2
Ione 2
Figura H.1: Coordinate ellittiche usate per il calcolo degli integrali che appaiono nel metodo LCAO.
157
158
coordinate
0 2
(H.1)
r1 + r 2
< +
R
r1 r 2
1 =
< +1
R
1=
Langolo e` langolo azimutale del piano in cui giace lelettrone rispetto al piano (x, z), la distanza
rappresenta la somma delle distanze r 1 , r2 in unit`a R, mentre la distanza rappresenta la loro
diffentenza nelle stesse unit`a. Il nome di coordinate ellittiche deriva dal fatto che lelettrone descrive
un ellisse con e fissati. Dalla geometria del sistema si vede immediatamente che
r
1
=
x2 + y2 + (z
R
r
1
=
x2 + y2 + (z
R
y
= tan1
x
R 2
+ + (z + )
2
r
R 2
R 2
2
2
) x + y + (z + )
2
2
R 2
) +
2
x2
y2
(H.2)
(H.3)
(x, y, z) =
, ,
1 3 2
R 2
8
(H.4)
Queste coordinate sono utili nel calcolo degli integrali descritti in Sezione 5.2. Lintegrale di
sovrapposizione da calcolare e`
I s = h1 |2 i =
d3 r1 (|r r1 |) 2 (|r r2 |)
(H.5)
159
r1 = |r R1 |
r2 = |r R2 |
R = |R1 R2 |
R
a0
(H.6)
IS
a30
"
(r1 + r2 )
d r exp
a0
3
(H.7)
Cambiando le variabili, e usando lo Jacobiano (H.3) si ottiene dopo qualche facile passaggio
IS
1
4
de
+1
1
d 2 2
(H.8)
Gli integrali rimanenti sono di tipo elementare e si trova dopo qualche passaggio
!
1 2
1++ e
3
Is =
(H.9)
ECoul
e2
|1 i =
= h1 |
|r R2 |
d3 r 1 (|r R1 |)
e2
1 (|r R1 |)
|r R2 |
(H.10)
Introducendo le coordinate ellittiche e procedendo nello stesso modo di prima, si ottiene rapidamente che
ECoul =
e2 2 R
2a0 a0
!3
1
2
8
d
0
+1
1
"
#
a0
r1
exp 2
d 2 2
r2
a0
(H.11)
dove si noti che il primo termine a destra della (H.11) rappresenta lenergia caratteristica dellatomo
di idrogeno 0 . Sostituendo i valori per r1 e r2 , si ha
ECoul = 0
d
0
+1
1
d ( ) exp ( + )
(H.12)
160
ECoul = 0
i
2h
1 (1 + ) e2
(H.13)
ER = h1 |
e2
|2 i =
|r R1 |
d3 r 1 (|r R1 |)
e2
2 (|r R2 |)
|r R1 |
(H.14)
ER
"
!3 2
!#
Z
Z +1
r1 + r 2
e 4 +
1 R
2
2 a0
exp
=
d
d
a0 2a0 8 0
r1
a0
1
Z + Z +1
d
d ( ) e
= 0 2
0
(H.15)
(H.16)