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1 CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETA ITALIANA
DI NUTRIZIONE VEGETARIANA-SINVE
ROMA 15-16 NOVEMBRE 2012
AULA MAGNA DELLA FACOLTA DI SCIENZE MM FF NN UNIVERSITA DI ROMA TOR VERGATA
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MASTER
IN NUTRIZIONE VEGETARIANA
DELLUNIVERSIT DELLE MARCHE
Mauro Battino*, Mauro Destino**
*Professore associato di Biochimica - Facolt di Medicina;
Coordinatore scientifico Master in Nutrizione e in Nutrizione Vegetariana,
Universit Politecnica delle Marche, Ancona
Direttore per lItalia della FUNIBER Foundation
**Biologo e Nutrizionista, Specialista in Scienza dell'Alimentazione,
Specialista in Chimica e Tecnologie Alimentari-Centro DIAITA, Mesagne (BR)
La formazione universitaria in alimentazione e nutrizione indirizzata al modello alimentare prevalente: quello onnivoro. Tuttavia, nel nostro Paese presente un
discreto numero di persone (circa il 7% della popolazione; dati Eurispes, 2011) che si alimenta escludendo
totalmente o parzialmente i cibi di origine animale.
Questo modello alimentare definito genericamente
vegetariano (Plant Based Diet) e rappresenta unottima opportunit di salute (oltre a importanti aspetti etici
e ambientali) a condizione che tale dieta sia attuata
correttamente.
Se da un lato esistono vaste evidenze scientifiche circa
la congruit della dieta vegetariana, dallaltro la corretta applicazione clinica appare in molti casi incerta per
mancanza di formazione specifica. Esiste, quindi, la
possibilit che anche le persone vegetariane pi attente e che richiedano assistenza non ricevano informazioni e suggerimenti adeguati alla loro fisiologia e al
loro stato di salute (sportivi, anziani, bambini, gravidanza, stati di malnutrizione, ecc.).
Per questa ragione lUniversit Politecnica delle
EVOLUZIONE UMANA:
UNINTRODUZIONE
Fabio Di Vincenzo & Giorgio Manzi
Dipartimento di Biologia Ambientale,
Universit di Roma La Sapienza
Fino a pochi decenni fa le cose sembravano piuttosto
semplici. Il modello dellevoluzione umana accettato
dalla maggior parte dei paleoantropologi prevedeva
antenati della nostra specie che si susseguivano nel
tempo profondo, uno solo alla volta per ciascun intervallo cronologico. In altre parole, si guardava alla
nostra evoluzione come a ununica sequenza, a una
linea evolutiva lungo la quale si sarebbero avvicendate le diverse specie, poche in verit, attribuite ai
generi Australopithecus e Homo. Australopithecus, in
particolare, veniva distinto in una forma gracile (Au.
africanus) e una robusta (Au. robustus), cosiddetta in
ragione delle dimensioni dentarie e di altri elementi
dellapparato di masticazione. Anche il genere Homo
comprendeva pi specie o, meglio, pi segmenti di
ununica sequenza evolutiva continua. Tre, per la precisione: H. habilis la specie pi antica e arcaica,
esclusivamente africana cui seguivano H. erectus e,
infine, H. sapiens, entrambe distribuite in Africa ed
Eurasia. Allinterno della specie moderna venivano
inclusi anche i Neanderthal (come sottospecie: H.
sapiens neanderthalensis) e altre forme per cos dire
intermedie tra H. erectus e H. sapiens, riunite sotto la
denominazione informale di H. sapiens arcaico.
Lo schema esercit una notevole influenza sulla comunit scientifica dei paleoantropologi e divenne anche
piuttosto popolare, come mostra liconografia delle
classiche sfilate di ominidi dal pi scimmiesco a quello con la clava a quello con cravatta e occhiali, magari chino sulla tastiera di un computer. La sua semplicit, peraltro, richiamava modelli generali del processo
evolutivo, cos come erano scaturiti dalla teoria sintetica della prima met del XX secolo e si basava sul
cosiddetto paradigma della specie unica, secondo il
quale si presupponeva lesistenza di una sola specie
di ominidi per ciascuna fase cronologica, ritenendo
che non potessero coesistere specie differenti mutuamente esclusive.
Tuttavia, il modello lineare dellevoluzione umana e il
paradigma della specie unica che ne era alla base col
tempo cominciarono a declinare. Gi verso la met
degli anni 60, con lidentificazione della pi antica
specie del genere Homo nel sito di Olduvai in
Tanzania, si doveva ammettere che negli stessi livelli
geologici e, dunque, con analoga antichit erano esistite sia una forma robusta di Australopithecus sia il
primo artefice di manufatti paleolitici: H. habilis, appunto. Anche scoperte successive di forme simili a H.
erectus in siti presso il Lago Turkana in Kenya ulteriormente confermavano lesistenza di una molteplicit di
ominidi fra loro contemporanei in Africa orientale e
altrove. Tutto ci risultava incompatibile con il modello
lineare e si apriva la strada ad una visione differente,
incentrata sullidea di diversit e di contemporaneit
fra ominidi differenti. A questa conclusione contribu
non poco anche la scoperta, avvenuta in Etiopia nei
primi anni 70, di una forma arcaica di Australopithecus
(a cui appartengono i resti della celebre Lucy) in livelli per lepoca antichissimi, datati fra 3 e 4 milioni di
anni. Una nuova specie, denominata Au. afarensis,
venne dunque posta allorigine di una divergenza evolutiva avvenuta successivamente a 3 milioni di anni fa,
che avrebbe separato fra loro le traiettorie del genere
Australopithecus, che si sarebbe poi estinto, e quella
del genere Homo, che doveva portare fino a noi.
La presenza contemporanea di diverse specie di ominidi in uno stesso ambiente e nella stessa area geografica semplicemente voleva dire che era sbagliata
lidea di fondo che fino allora aveva convinto i pi.
Significa che non necessariamente tutti gli ominidi
devono aver avuto una stessa identit ecologica
tanto meno una stessa capacit di produrre cultura
ma che in realt, come ha detto molto bene Ian
Tattersall, ci sono stati molti modi di essere umani e
che la nostra storia assomiglia pi a un albero frondoso che non a una corsa a staffetta di tedofori (ciascuno con la sua fiaccola di umanit).
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di percorso abbia caratterizzato levoluzione umana,
cio se si sia trattato di una sequenza lineare di poche
specie in successione cronologica, oppure se lo scenario sia stato molto pi diversificato e complesso.
Indagare questi aspetti compito della paleoantropologia (o paleontologia umana), una scienza eminentemente storica che si fonda sullo studio e sullinterpretazione dei resti fossili, ma che certo non disdegna il
contributo di altre discipline che possano contribuire a
ricomporre un puzzle assai complicato e, quanto
meno, tridimensionale: una dimensione per le caratteristiche biologiche (e dunque gli adattamenti), unaltra
per la distribuzione geografica (e dunque gli ambienti
La prima di queste radiazioni cade nellintervallo cronologico compreso tra meno di 7 e circa 4,4 milioni di
anni fa; si riferisce a ben 3 generi (con 4 specie):
Figura 1 La linea evolutiva umana composta da una ventina di
specie, tutte estinte
tranne Homo sapiens,
distribuite fra circa 7
milioni di anni fa e il presente. In questo quadro
sintetico, le specie dei
nostri antenati sono raggruppate in una serie di
distinte radiazioni adattative, a loro volta basate sulle rispettive caratteristiche morfologiche.
Le denominazioni di
genere sono abbreviate
come segue:
S. = Sahelanthropus;
O. = Orrorin;
Ar. = Ardipithecus;
Au. = Australopithecus;
K. = Kenyanthropus;
P. = Paranthropus;
H. = Homo.
zione con ambienti di boscaglia aperta e poi di savana. In questo contesto di generale diradamento della
foresta e aumento di eterogeneit ambientale da collocarsi la diversificazione delle specie di ominidi.
Queste, a loro volta, possono essere raggruppate in
base alla condivisione di adattamenti specifici in una
serie di radiazioni adattative, che non vanno intese
come fasi di una progressione lineare ma piuttosto
come impulsi a una diversificazione di carattere eminentemente ecologico.
Sahelanthropus, Orrorin e Ardipithecus. E assai probabile che questi ominidi, al momento perlopi noti da
pochi resti frammentari e solitamente isolati (con leccezione dello straordinario scheletro soprannominato
Ardi a cui la rivista Science ha dedicato la copertina
e un intero fascicolo dellottobre 2009), vivessero
ancora in un ambiente di foresta. I loro caratteri dentari li avvicinano per molti aspetti (ma con significative
eccezioni) alle scimmie antropomorfe, a indicare una
dieta prevalentemente a base di frutta e foglie tenere.
Le evidenze sul bipedismo sono oggetto di discussione fra gli specialisti: probabile che tutte queste specie stessero sperimentando modalit differenti di
locomozione bipede, pur conservando spiccati adattamenti arboricoli. E anche possibile che alcune di loro
(o anche tutte loro) non siano state partecipi della traiettoria evolutiva umana e nemmeno di quella degli
scimpanz, ma siano state scimmie antropomorfe del
tardo Miocene (epoca che si conclude poco prima di
5 milioni di anni fa), che hanno avuto forti affinit sia
con noi, ovvero con i nostri antenati diretti, sia con
quelli delle antropomorfe africane attuali.
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di percorso abbia caratterizzato levoluzione umana,
cio se si sia trattato di una sequenza lineare di poche
specie in successione cronologica, oppure se lo scenario sia stato molto pi diversificato e complesso.
Indagare questi aspetti compito della paleoantropologia (o paleontologia umana), una scienza eminentemente storica che si fonda sullo studio e sullinterpretazione dei resti fossili, ma che certo non disdegna il
contributo di altre discipline che possano contribuire a
ricomporre un puzzle assai complicato e, quanto
meno, tridimensionale: una dimensione per le caratteristiche biologiche (e dunque gli adattamenti), unaltra
per la distribuzione geografica (e dunque gli ambienti
La prima di queste radiazioni cade nellintervallo cronologico compreso tra meno di 7 e circa 4,4 milioni di
anni fa; si riferisce a ben 3 generi (con 4 specie):
Figura 1 La linea evolutiva umana composta da una ventina di
specie, tutte estinte
tranne Homo sapiens,
distribuite fra circa 7
milioni di anni fa e il presente. In questo quadro
sintetico, le specie dei
nostri antenati sono raggruppate in una serie di
distinte radiazioni adattative, a loro volta basate sulle rispettive caratteristiche morfologiche.
Le denominazioni di
genere sono abbreviate
come segue:
S. = Sahelanthropus;
O. = Orrorin;
Ar. = Ardipithecus;
Au. = Australopithecus;
K. = Kenyanthropus;
P. = Paranthropus;
H. = Homo.
zione con ambienti di boscaglia aperta e poi di savana. In questo contesto di generale diradamento della
foresta e aumento di eterogeneit ambientale da collocarsi la diversificazione delle specie di ominidi.
Queste, a loro volta, possono essere raggruppate in
base alla condivisione di adattamenti specifici in una
serie di radiazioni adattative, che non vanno intese
come fasi di una progressione lineare ma piuttosto
come impulsi a una diversificazione di carattere eminentemente ecologico.
Sahelanthropus, Orrorin e Ardipithecus. E assai probabile che questi ominidi, al momento perlopi noti da
pochi resti frammentari e solitamente isolati (con leccezione dello straordinario scheletro soprannominato
Ardi a cui la rivista Science ha dedicato la copertina
e un intero fascicolo dellottobre 2009), vivessero
ancora in un ambiente di foresta. I loro caratteri dentari li avvicinano per molti aspetti (ma con significative
eccezioni) alle scimmie antropomorfe, a indicare una
dieta prevalentemente a base di frutta e foglie tenere.
Le evidenze sul bipedismo sono oggetto di discussione fra gli specialisti: probabile che tutte queste specie stessero sperimentando modalit differenti di
locomozione bipede, pur conservando spiccati adattamenti arboricoli. E anche possibile che alcune di loro
(o anche tutte loro) non siano state partecipi della traiettoria evolutiva umana e nemmeno di quella degli
scimpanz, ma siano state scimmie antropomorfe del
tardo Miocene (epoca che si conclude poco prima di
5 milioni di anni fa), che hanno avuto forti affinit sia
con noi, ovvero con i nostri antenati diretti, sia con
quelli delle antropomorfe africane attuali.
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re di queste prime forme di Homo non prevedeva infatti nessun tipo di caccia attiva, ma si limitava a sfruttare le carogne mediante una forma di approvvigionamento chiamata sciacallaggio.
Ci che conta, soprattutto, che la loro posizione nella
catena alimentare era cambiata: da un livello trofico
pi basso a uno pi alto, quello di carnivori. Se non
ancora insieme ai leoni e ai leopardi, almeno in compagnia di sciacalli, iene e avvoltoi. Siamo intorno a 2
milioni di anni fa e siamo ancora in Africa orientale e
meridionale, ma in una nuova dimensione ecologica,
con denti un po pi piccoli, con in mano manufatti del
49
Malgrado le affinit, H. neanderthalensis e H. sapiens
furono dunque due specie distinte, diverse per origine,
biologia, espressioni culturali e, in parte, stili di vita.
Forse i Neanderthal non furono mai in grado di sperimentare quella gamma di comportamenti moderni
che spesso attribuiamo loro, come la pratica di seppellire i morti o la capacit di interpretare lesistenza al
di l delle esigenze della quotidiana sopravvivenza, o
almeno nessuna delle evidenze archeologiche note
fino ad ora ci fornisce prove incontrovertibili di tali
facolt. La loro storia evolutiva si svolse interamente in
Europa e nel Vicino Oriente. La loro origine in parte
legata ad una progressiva accumulazione di
Figura 3 La distribuzione nello spazio
multivariato delle principali specie appartenenti alla linea evolutiva umana ottenuta in
base a tre parametri
bio-evoluzionistici:
dimensioni dentarie,
tassi di accrescimento e sviluppo, dimensioni encefaliche (dati
raccolti dalla letteratura specialistica, in
lavori di H. Mc Henry,
H. Hemmer e R.
Holloway).
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re di queste prime forme di Homo non prevedeva infatti nessun tipo di caccia attiva, ma si limitava a sfruttare le carogne mediante una forma di approvvigionamento chiamata sciacallaggio.
Ci che conta, soprattutto, che la loro posizione nella
catena alimentare era cambiata: da un livello trofico
pi basso a uno pi alto, quello di carnivori. Se non
ancora insieme ai leoni e ai leopardi, almeno in compagnia di sciacalli, iene e avvoltoi. Siamo intorno a 2
milioni di anni fa e siamo ancora in Africa orientale e
meridionale, ma in una nuova dimensione ecologica,
con denti un po pi piccoli, con in mano manufatti del
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Malgrado le affinit, H. neanderthalensis e H. sapiens
furono dunque due specie distinte, diverse per origine,
biologia, espressioni culturali e, in parte, stili di vita.
Forse i Neanderthal non furono mai in grado di sperimentare quella gamma di comportamenti moderni
che spesso attribuiamo loro, come la pratica di seppellire i morti o la capacit di interpretare lesistenza al
di l delle esigenze della quotidiana sopravvivenza, o
almeno nessuna delle evidenze archeologiche note
fino ad ora ci fornisce prove incontrovertibili di tali
facolt. La loro storia evolutiva si svolse interamente in
Europa e nel Vicino Oriente. La loro origine in parte
legata ad una progressiva accumulazione di
Figura 3 La distribuzione nello spazio
multivariato delle principali specie appartenenti alla linea evolutiva umana ottenuta in
base a tre parametri
bio-evoluzionistici:
dimensioni dentarie,
tassi di accrescimento e sviluppo, dimensioni encefaliche (dati
raccolti dalla letteratura specialistica, in
lavori di H. Mc Henry,
H. Hemmer e R.
Holloway).
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base al quale il genere Homo and incontro ad una
ampia differenziazione di specie, soprattutto a seguito
di fenomeni di separazione geografica e/o per speciazione divergente. Tutti questi ominidi sarebbero stati
poi sostituiti da una sola specie la nostra, H. sapiens
rimasta sola a riflettere ossessivamente sulle radici
della propria solitudine.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Mary Anne Tafuri
McDonald Institute for Archaeological Research,
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