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Marco Spedicato

APPUNTI PER UNA TEORIA


MARXISTA DELLO STATO














2
La concezione provvidenziale crede che la storia sia ordinata
dalla ragione e che la ragione precedentemente predisposta si
manifesti nella storia attraverso una graduale realizzazione.
Al contrario, nella concezione materialistica la ragione si
crea nella storia soltanto perch la storia non razionalmente
predeterminata, bens diventa razionale.

(K. KOSK, Dialettica del concreto)


Io credo nel peggio che deve arrivare,
nellego dei calcoli dei governanti.
E quindi mi servono armi, lo so.

(BAUSTELLE, Nessuno)





1. Esiste una teoria marxista dello Stato?


Accingendosi a trattare di un argomento come la teoria marxista dello Stato in un periodo storico in
cui i marxisti sono lontanissimi non dico dal potere, ma perfino da una consistenza politica
accettabile, necessario preliminarmente affrontare due possibili obiezioni, diametralmente
opposte, ma che convergono nello svalutare alla radice il senso di una tale trattazione.
Prima obiezione: in un momento come questo, in cui la borghesia sta smantellando tutte le
conquiste novecentesche del movimento operaio, bisogna pensare a resistere e non ci si pu
permettere il lusso di occuparsi dei massimi sistemi.
A questa obiezione si pu rispondere facilmente:
1) non una novit lattacco padronale alle conquiste novecentesche: sulla difensiva eravamo, sulla
difensiva siamo e probabilmente lo saremo ancora per un pezzo (per lo meno qui in Europa), per cui
non c nessun problema inedito che richieda sforzi particolari ed esclusivi per essere compreso e
risolto;
2) la militanza politica non esclude affatto la necessit della formazione teorica; anzi, come diceva
Lenin in Che fare?, senza teoria rivoluzionaria non vi pu essere movimento rivoluzionario, e la
teoria dello Stato ovviamente parte integrante di ogni teoria rivoluzionaria degna di questo nome;
3) questa obiezione rivela una logica emergenziale, perch alla fine c sempre un qualche
problema politico contingente che impedirebbe di studiare e occuparsi delle questioni teoriche, ed
equivale allatteggiamento di chi nasconde continuamente la polvere sotto il tappeto sperando che il
tempo risolva il problema al posto suo. In realt, nel momento storico attuale, in cui regna la
confusione, nostro preciso dovere non perdere la bussola e impedire che la perdano quelli che
verranno dopo di noi.
Seconda obiezione, meno puerile ma non meno infondata: il marxismo un corpus dottrinale
integro e perfetto, inattaccabile in ogni suo aspetto.
A questo rispondo che:
1) cos si fa del marxismo un insieme di dogmi, cio una religione; ma non si tratta, per i marxisti
conseguenti, di rapportarsi al grande patrimonio teorico del marxismo come facevano le vestali col
fuoco sacro, bens di utilizzarlo e perfezionarlo per le sfide di oggi e di domani;
3
2) con due noti articoli pubblicati su Mondoperaio alla fine del 1975, Norberto Bobbio diede il via a
un animato dibattito su marxismo e Stato che si protrasse per tutto lanno successivo sulle riviste
della sinistra
1
. La tesi di Bobbio era che nel marxismo non mai esistita una teoria dello Stato
adeguata alla complessit degli Stati moderni e che di conseguenza, se si vuol parlare di socialismo,
non si pu prescindere dalla teoria dello Stato pi avanzata prodotta dal pensiero politico, cio la
democrazia rappresentativa. Bobbio rimproverava poi Marx di aver coltivato lillusione che si
potesse evitare il problema di come si governa, puntando tutto su chi governa: le regole
procedurali non sono un criterio sufficiente ma di certo necessario per qualsiasi regime
democratico. Il dibattito mostr una netta propensione per il secondo tema (quello del rapporto fra
socialismo e democrazia rappresentativa), mentre per quanto riguarda il primo quasi nessuno mise
in dubbio la lacunosit della scienza politica marxista: da parte dei comunisti si ribatteva con un
uso taumaturgico di Gramsci e del binomio partito-blocco sociale ( in particolare la posizione di
Vacca, teorico del PCI), cosa che per non risolve niente, dato che in Gramsci c in realt una
teoria, molto discutibile, della conquista del potere, pi che una teoria dello Stato
2
.
Ma diranno gli pseudo-ortodossi Bobbio era un riformista, e quel dibattito serviva ad appoggiare
teoricamente la linea dellalternativa lanciata dal PSI in quel periodo contro il PCI del
compromesso storico. Certamente. Ma, quando si tratta di questioni serie, bisogna sforzarsi
assolutamente di analizzarle in modo altrettanto serio, cio con occhio scevro, per quanto
possibile, da condizionamenti ideologici. E si d il caso che sullinadeguatezza della teoria marxista
dello Stato anche Althusser la pensasse allo stesso modo: per lui, infatti, si dovrebbe parlare di
elementi teorici sullo Stato
3
anzich di una teoria compiuta.
Sono del tutto consapevole che gli pseudo-ortodossi, accademici del marxismo-leninismo o uomini
di fede che siano, non si lasceranno convincere da cos poco, per cui vorrei rispondere in anticipo
alla loro (oggi sterile) scomunica citando un vecchio articolo di Errico Malatesta, il grande
anarchico italiano:

Dopo la vittoria insurrezionale, bisogner attuare e difendere la rivoluzione: daccordo. Ma i
pericoli cui va incontro una rivoluzione non vengono solo, n principalmente, dai reazionari
che cospirano per la restaurazione ed invocano lintervento straniero: vengono pure dalla
possibilit di degenerazione della rivoluzione stessa, vengono dagli arrivisti, da coloro che,
essendo o essendo stati rivoluzionari, conservano nullameno una mentalit ed una
sentimentalit borghese e cercano volgere la rivoluzione verso fini tuttaltro che egualitari e
libertari. [] La dittatura comincer col costituire un corpo armato al suo servizio, il quale
potrebbe anche essere utile per la difesa contro le possibili invasioni od i possibili tentativi
reazionari, ma avr per missione essenziale quella dimporre ai recalcitranti la volont dei
dittatori e prolungare il pi possibile la loro permanenza al potere. Essa affider tutte le
pubbliche funzioni ad uomini ligi, dar posizioni privilegiate ai propri amici, e creer una
classe di militari professionali e di burocrati che sosterr il governo che lha creata o, quando
occorra, lo sostituir con persone che non abbiano nessuna macchia dorigine rivoluzionaria.
[] Io non voglio insistere su quello che avviene in Russia, perch si sa poco di veramente
autentico e soprattutto perch mi ripugna spingere le critiche a fondo in un momento in cui la
rivoluzione russa fatta segno agli attacchi e alle calunnie di tutta la canea reazionaria
dEuropa e dAmerica. Dir solo [] chio non presto fede a quello che dicono i nemici, ma
non accetto nemmeno alla cieca i panegirici degli amici. Dordinario la verit sta a mezza via.
Lasciamo dunque che lesperimento russo si compia []
4
.


1
Per la ricostruzione di quel dibattito seguo: F. VIOLA, Il socialismo alla prova della democrazia, reperibile in Internet
(al 5/10/2014) allindirizzo http://www.unipa.it/viola/Socialismo_democrazia.pdf; A. MANGANO, Le riviste degli anni
Settanta, Massari - Centro di Documentazione di Pistoia, Bolsena 1998, pp. 53-55.
2
Per una sintetica demolizione del gramscismo si veda L. ALTHUSSER, Marx nei suoi limiti, Mimesis, Milano 2004,
pp. 147-157.
3
Ibidem, p. 88.
4
E. MALATESTA, Il buon senso della rivoluzione, Eluthera, Milano 1999, pp. 149-150, corsivo mio.
4
Ebbene, oggi che lesperimento russo si compiuto, come spiegano gli pseudo-ortodossi che in
questo articolo, pubblicato su Umanit Nova del 27 agosto 1920, un anarchico, col suo rudimentale
apparato teorico, riuscito a disegnare in anticipo la parabola del comunismo storico
novecentesco
5
, laddove molti marxisti non riescono a metterla a fuoco neppure adesso? Com
possibile? Si tratta di profetismo? Di chiaroveggenza? Di pura fortuna? Io penso che Malatesta
abbia visto cos lontano, oltre che per la sua capacit ed esperienza, per una ragione molto semplice
proprio di carattere teorico: egli, come quasi tutti gli anarchici, non credeva che uno Stato, una volta
edificato, potesse mai sparire spontaneamente; sapeva che i suoi effetti sarebbero stati permanenti,
cio tendenti ad autoriprodursi.
arrivata lora, direi, di tirare quindi le somme dallesperienza novecentesca e di affrontare quello
che mi sembra il vero e proprio buco della teoria marxista: lestinzione dello Stato. Solo dei
marxisti da operetta possono continuare a concepire il marxismo come un catalogo di dogmi
intoccabili, mentre bisogna riconoscere che gli anarchici sono stati molto lucidi su questo punto.
Nel 1936 Camillo Berneri scriveva:

Tra loggi borghese-statale e il domani socialista-anarchico Engels riconosce una catena di
tempi successivi, nei quali stato e proletariato permangono. [] Il proletariato che si
impadronisce dello stato, deferendo ad esso tutta la propriet dei mezzi di produzione e
distruggendo se stesso come proletariato e lo stato in quanto Stato, una fantasia metafisica
[]. Lestinzione dello stato pi che mai lontana nellU.R.S.S., dove lintervenzionismo
statale sempre pi vasto ed oppressivo e dove le classi non sono in disparizione. [] Tutti
coloro che non sono dei sudditi sono tacciati di controrivoluzionari. La rivoluzione
bolscevica ha generato un governo saturnico, che deporta Rjazanov, fondatore dellIstituto
Marx-Engels, mentre sta curando ledizione integrale e originale del Capitale, che condanna a
morte Zinoviev, presidente dellInternazionale Comunista, Kamenev e molti altri tra i maggiori
esponenti del leninismo, che esclude dal partito, poi esilia, poi espelle dallU.R.S.S. un duce
come il Trotsky, che, insomma, infierisce contro lottanta per cento dei principali fautori del
leninismo
6
.

Per giunta noi posteri sappiamo che i regimi comunisti si sono dimostrati sostanzialmente
irriformabili, fino ad implodere uno dopo laltro
7
. Ad ogni modo, tralasciando per il momento la
questione della scomparsa delle classi, evidente che c qualcosa che non quadra.
Da dove viene la teoria dellestinzione dello Stato? Essa penetrata nel marxismo attraverso
Engels:

Ladesione [di Engels] al comunismo si realizza grazie alla mediazione del socialismo
utopistico e del proudhonismo: la teoria engelsiana dello Stato e la concezione engelsiana della
strategia rivoluzionaria del proletariato ripetono, in una prima fase, le posizioni teoriche
dellanarchismo utopistico, con accentuazioni romantiche e libertarie. [] A partire dai
Grundstze des Kommunismus gli scritti engelsiani documentano, assieme a un persistente
disinteresse per gli aspetti tecnico-formali della teoria dello Stato e del diritto, labbandono
della posizione anarchica e il costituirsi, in polemica diretta con lanarchismo, della dottrina
dellestinzione dello Stato. Il presupposto teorico generale della teoria dellestinzione come
processo obbiettivo di autodissoluzione degli istituti politici che esclude quindi listanza
anarchica dellimmediata e diretta soppressione dello Stato una rappresentazione ellittica
della sfera politica come funzione repressiva di classe e una semplificazione economicistica del

5
Espressione di Costanzo Preve che ha il merito di includere, oltre ai regimi filosovietici, anche quelli di derivazione
maoista, ma che non tiene conto del fatto che, come si sa, per i marxisti essi non erano affatto dei regimi comunisti.
6
C. BERNERI, Scritti scelti, Zero in condotta, Reggio Emilia 2007, pp. 175-176, corsivo mio.
7
Non c stata finora unimplosione in Cina, dove si per avuto, gi dai primi anni Ottanta, un graduale ritorno al
capitalismo in assenza di riforme politiche, e lo stesso tragitto hanno seguito Vietnam e Laos. Cuba un paese
capitalista dagli anni Novanta, mentre un caso a parte la Corea del Nord, della quale si sa ben poco, ma questo poco
tuttaltro che incoraggiante e sembra comunque indicare la stessa direzione degli altri paesi citati.
5
nesso societ-Stato []. Il pensiero politico engelsiano si rivela qui in profonda continuit,
nonostante laspra polemica antibakuniniana, con i presupposti dellanarchismo teorico
moderno: la dottrina della necessaria autodissoluzione dello Stato strettamente connessa
allidea romantica e anarchico-utopistica della superfluit strutturale (berflssigkeit)
dellistanza politica. Essa rinvia nello stesso tempo a unipotesi di sviluppo automatico dei
rapporti di produzione di diretta ispirazione saintsimoniana. Secondo questipotesi il carattere
rivoluzionario della grande industria moderna stimola e promuove un processo di
superamento dellassetto capitalistico sul terreno socio-economico come nella sfera dei rapporti
politici rendendo inevitabile, entro lo stesso ambito capitalistico, la soppressione della propriet
privata e la trasformazione in propriet statale dei grandi organismi moderni di produzione di
beni e di servizi. Lo sviluppo del macchinismo e dellindustrialismo rende storicamente
inevitabile la fine dello Stato e il passaggio a forme di regolazione puramente amministrativa
della riproduzione sociale
8
.

Nonostante la polemica con gli anarchici moderni, dunque, Engels condivide con essi un nucleo
teorico di fondo, che nel suo caso ha prodotto la teoria dellestinzione dello Stato, mentre
paradossalmente si in parte ridimensionato nel caso degli anarchici, fautori dellabolizione dello
Stato. Ben altro spessore ha invece, sia pure con la sua incompiutezza e frammentariet, il pensiero
politico-giuridico di Marx:

Lesame dei testi documenta linsussistenza di una teoria marxiana della estinzione dello
Stato e del diritto. Documenta, inoltre, la dissonanza metodologica esistente fra la dottrina
saintsimoniana ed engelsiana della estinzione dello Stato e listanza marxiana di un
superamento rivoluzionario del carattere politico dello Stato rappresentativo e del formalismo
giuridico borghese
9
.

A questo punto va chiarita una cosa: lo Stato borghese quello destinato ad estinguersi, oppure lo
Stato proletario? Per la teoria marxista solo questultimo pu deperire, ma fra i comunisti c chi
crede che anche gli Stati borghesi possano estinguersi: si tratta dei teorici dellarea post-operaista,
delle cui tesi adesso ci occuperemo.



2. Estinzione dello Stato borghese?


Antonio Negri, senzaltro il pi significativo teorico post-operaista, nel celeberrimo Impero ha
sostenuto che: 1) la globalizzazione un processo irresistibile e irreversibile; 2) il suo avanzare fa
s che la sovranit degli Stati-nazione, bench ancora effettiva, subisca un progressivo declino; 3) la
sovranit ha assunto una forma nuova, composta da una serie di organismi nazionali e
sovranazionali legati da ununica logica di comando: lImpero, apparato di potere decentrato e
deterritorializzante
10
.
Lo Stato finito, e con esso limperialismo: lImpero che ne ha preso il posto un passo avanti, il
comunismo pi vicino e tutti vissero felici e contenti. Ho grande rispetto per il militante Negri e
le sue vicissitudini, ma questo non lo esime in alcun modo dalle critiche.
Tanto per cominciare, ci si pu fare una banale domanda: i poliziotti e i carabinieri, con cui i
militanti della stessa area politica di Negri sono soliti scontrarsi durante le manifestazioni, chi li
manda? Chi li dirige? Chi li paga? Il fantomatico Impero o la concreta Repubblica Italiana? Non
necessario essere dei teorici per conoscere la risposta, basta un po di buon senso. Ma Negri si

8
D. ZOLO, La teoria comunista dellestinzione dello Stato, De Donato, Bari 1974, pp. 253-254.
9
Ibidem, p. 255, corsivo mio.
10
Cfr. N. KOHAN, Toni Negri e gli equivoci di Impero, Massari, Bolsena 2005, pp. 56-62.
6
pone ovviamente a un livello pi elevato: parla di sovranit, ed a quel livello che dovremo
spostare la nostra critica.
Definiamo la sovranit: Qualit giuridica tipica dello Stato, consistente nella potest di esercitare
la suprema attivit di governo sui propri cittadini e in ordine alla cura dei propri interessi senza
alcuna limitazione che non derivi da volont interna dello Stato stesso
11
.
opinione piuttosto comune fra i giuristi contemporanei che lepoca della sovranit sia finita:

In realt, noi crediamo che lo Stato costituzionale di oggi sia qualcosa di pi di uno Stato che
ha aggiunto rispetto alla forma precedente un livello di legalit in pi, quello costituzionale, e
una costituzione con compiti pi ampi e ambiziosi, ovvero la costituzione democratica, al posto
della precedente costituzione liberale. Noi crediamo che in effetti, nel passaggio dallo Stato di
diritto allo Stato costituzionale, nel corso del Novecento, sia accaduto qualcosa di ancora pi
profondo, che in sintesi rappresentabile come il distacco dello Stato medesimo, e della stessa
costituzione, dal principio della sovranit politica
12
.

Ma quali sono, concretamente, le ragioni che farebbero propendere per una tale conclusione?
Sabino Cassese ha enucleato i nuovi paradigmi dello Stato:

In primo luogo, si registra il passaggio da una struttura ordinata dallalto a un congegno
autordinantesi. Lordinamento giuridico era un dato, diviene una scelta. Infatti, sul lato della
domanda di diritto, loperatore pu compiere una scelta, cos esprimendo un giudizio
sullofferta di diritto e comprando quella pi conveniente. In offerta pu esserci un
diverso diritto o, pi semplicemente, una diversa amministrazione del diritto. La scelta
ammessa per la ricerca della migliore tutela o del diritto meno severo o di quello pi
conveniente. I diritti o le amministrazioni oggetto della scelta sono, quindi, posti in
concorrenza
13
. [] In secondo luogo, al monismo statale e alla sua organizzazione compatta si
sostituisce un conglomerato di diritti anche incompatibili, ma provvisti di norme di conflitto e
cio di regole che decidono quali norme applicare al caso concreto. Al centro non c pi lo
Stato, ma lUnione, che opera, per, secondo il modello della indirect rule, del governo
attraverso altri governi. [] Tra i diversi livelli si stabilisce una triplice circolazione:
dallalto verso il basso, attraverso lo strumento pi noto, quello dellarmonizzazione
comunitaria dei diritti nazionali; dal basso verso lalto, grazie allintegrazione delle tradizioni
giuridiche e costituzionali nel diritto comunitario; orizzontalmente, a mezzo delle scelte tra i
diversi ordinamenti consentite dal mutuo riconoscimento
14
. [] In terzo luogo, ove
tradizionalmente il modo di decidere era determinato nella forma sequenziale (il procedimento)
e della ponderazione (la discrezionalit della decisione), nei casi presi in esame le cose vanno
diversamente. Non il procedimento che modula il negoziato, ma il negoziato che plasma il
procedimento. La serie o sequenza si adatta alla necessit dellaccordo. La libert delle forme
propria del diritto privato penetra nel diritto pubblico. [] Da ci discende il superamento
della netta separazione tra negozio privato, inteso come fatto di creazione giuridica, legato
allautonomia privata e alla liceit, e discrezionalit, considerata come una scelta ordinata a un
interesse predeterminato dalla norma e, quindi, a una regola eteronoma
15
. [] Da ultimo, si
notato un diverso modo di stabilire le relazioni tra pubblico e privato. Queste non sono solo
bipolari. Sono anche multipolari: ad esempio, un operatore nazionale pu muoversi in
congiunzione con unamministrazione sovranazionale e in opposizione alla propria
amministrazione nazionale e ad altro operatore del proprio paese. [] La linea di distinzione
non passa sul crinale pubblico-privato. [] In conclusione, Stato e mercato, pubblico e privato,

11
Sovranit, in Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse, vol. XIV, Rizzoli, Milano 1971, p. 207, corsivo mio.
12
M. FIORAVANTI (a cura di), Lo Stato moderno in Europa, Laterza, Roma-Bari 2005, p. 31.
13
S. CASSESE, La crisi dello Stato, Laterza, Roma-Bari 2002, pp. 127-128, corsivo mio.
14
Ibidem, pp. 129-130.
15
Ibidem, pp. 132-134, corsivo mio.
7
l dove venivano considerati mondi separati e in opposizione, si presentano come entit
interpenetrantisi
16
.

Possiamo notare anzitutto che i giuristi non si sognano nemmeno di dire che gli Stati non esistono
pi. Daltra parte sostenere, come fa Negri, che gli organismi nazionali e sovranazionali siano legati
da ununica logica di comando equivale a sostenere lesistenza di un unico Stato transnazionale,
cosa che, oltre ad essere palesemente infondata, in contraddizione con la sua stessa ammissione
che la sovranit degli Stati-nazione tuttora effettiva. Secondo Negri, quindi, attualmente esistono
sia i vecchi Stati-nazione sia un nuovo super-Stato (lImpero) che li comprende, e la sua
conclusione che lo Stato finito! Non c che dire, tutto molto chiaro I giuristi sostengono
invece, come abbiamo visto, la fine della sovranit e la crisi dello Stato. Ma vero che la sovranit
non c pi?
Bisogna tenere a mente che la sovranit non affatto incompatibile con limitazioni autoimposte.
Facciamo un esempio. Se ospito a casa mia delle persone che si trattengono a lungo e rubano quello
che gli capita a tiro senza che io li mandi via (per un motivo qualsiasi: perch non me ne rendo
conto e sono un fesso, o perch mi va bene cos e sono un pazzo, ecc.), comunque certo che,
nonostante il loro comportamento, il padrone di casa sono sempre io e non loro. La stessa cosa vale
per uno Stato e la sua sovranit. Cassese risponde a questa elementare obiezione criticando

chi, abbarbicato allidea di Stato, riduce tutto questo fiorente mondo di relazioni ultrastatali a
prodotto dello Stato, sostenendo che esso il frutto di sue autolimitazioni. Chi ragiona in tal
modo, per, non si rende conto che c una differenza tra la fase genetica e quella dello
sviluppo: quegli stessi rapporti che si stabiliscono in virt di autolimitazioni degli Stati si
sviluppano, poi, per forza propria e finiscono per imporsi agli Stati
17
.

Chi ragiona come Cassese, invece, non si rende conto che il fiorente mondo di relazioni
ultrastatali non un dato immutabile n tanto meno irreversibile, e che inoltre non un fenomeno
naturale irresistibile come unalluvione o un terremoto: si tratta pur sempre di azioni umane che,
volendo, possono essere efficacemente contrastate
18
. Un esperto di diritto internazionale quale
Hedley Bull, del resto, definiva la societ internazionale come una societ anarchica:

Poich la societ internazionale non che uno solo degli elementi operanti nella politica
internazionale moderna, ed sempre in competizione con gli altri elementi lo stato di guerra e
la solidariet o il conflitto ideologico transnazionale erroneo interpretare gli eventi politici
internazionali come se quello della societ fosse lelemento unico o predominante al loro
interno
19
.

Ma allora si dir tanto rumore per nulla? Non c nessuna novit? tutto come prima? Niente
affatto, e le interessanti riflessioni di Cassese dovrebbero bastare a farci trarre le conclusioni del
caso; per chi non ci fosse ancora arrivato, ecco che lo stesso eminente giurista a un certo punto
constata esplicitamente che il nuovo paradigma consente interscambiabilit dei ruoli,
modificazione dei rapporti, commercio delle regole e dei principi ordinatori
20
. Ora, dato che, in
quanto una regola commerciabile, anche aggirabile e di fatto non pi una regola, se ne deve

16
Ibidem, pp. 134-135, corsivo mio.
17
Ibidem, p. 34.
18
bene ricordare ai pi distratti che la famosa e irresistibile globalizzazione non che la liberalizzazione dei
movimenti di capitale unita a una poderosa offensiva ideologica neoliberista.
19
H. BULL, La societ anarchica, Vita e Pensiero, Milano 2005, p. 66. Si parla di societ internazionale quando un
gruppo di Stati, conscio di alcuni valori e interessi in comune, forma una societ nel senso che ciascuno si concepisce,
nelle proprie relazioni con gli altri, vincolato da un insieme di regole comuni, e partecipa al funzionamento di istituzioni
condivise (ibidem, p. 25).
20
S. CASSESE, La crisi dello Stato, cit., p. 81, corsivo mio.
8
concludere che lo Stato moderno dei paesi europei uno Stato senza legge. A ci si aggiunga che,
almeno per quanto riguarda lItalia,

il sistema normativo penale si fatto ipertrofico. Al codice e alle tante leggi penali speciali
prodotte nel tempo si aggiunta una miriade di norme speciali, annidate in centinaia di leggi
amministrative, destinate a disciplinare le materie pi disparate. [] Il codice penale ha perso
la sua centralit. Lo Stato sociale, legislatore per eccellenza, si vale fin troppo spesso del penale
a mo di avvertimento, quasi a segnalare limportanza di questo o quel passaggio della sua
normazione. Ha dilatato enormemente il campo delle contravvenzioni e ha inventato il penale
accessorio e il penale ostativo. [] Non c pi settore dellamministrazione pubblica che
rinunci al suo ritaglio di minaccia penale, per aumentare il suo potere di presa sulla frazione di
cittadini che hanno a che fare con essa, o semplicemente per non essere da meno rispetto a tutti
gli altri. [] In questo quadro, la pena cessa di essere presa sul serio
21
.

Da quanto si detto possiamo allora dedurre anche che oggi il potere esecutivo il potere
dominante, mentre il potere giudiziario fortemente ridimensionato e quello legislativo di fatto
inesistente.
Possiamo osservare infine che non lo Stato costituzionale moderno a causare di per s questa
estinzione della legge, bens la sua torsione mercatistica: in una situazione in cui il
compromesso di classe non pi necessario, la borghesia ristruttura il suo Stato rendendolo poroso,
in modo da consentire apertamente la massima libert dazione possibile ai capitalisti, secondo il
principio tantum juris quantum pecuniae.
La sovranit si esprime normalmente nella legge, ma non legata indissolubilmente ad essa, e lo
capiremo meglio considerandola dal punto di vista del suo profilo sostanziale, cio dellimputazione
sostanziale: chi sovrano? Questa domanda ha dato origine a sviluppi interessanti, che vanno ben al
di l della concreta identificazione di un soggetto che ne sia titolare:

La definizione schmittiana della sovranit (sovrano colui che decide sullo stato di
eccezione) diventata un luogo comune, prima ancora che si fosse compreso che cosa, in essa,
era veramente in questione, cio, nulla di meno che il concetto-limite della dottrina dello Stato
e del diritto, in cui questa (poich ogni concetto-limite sempre limite fra due concetti) confina
con la sfera della vita e si confonde con essa
22
.

Agamben procede dunque in una direzione parzialmente diversa da quella presa da Foucault in
seguito allanalisi della governamentalit
23
:

La tesi foucaultiana dovr [] essere corretta o, quanto meno, integrata, nel senso che ci che
caratterizza la politica moderna non tanto linclusione della zo nella polis, in s antichissima,
n semplicemente il fatto che la vita come tale divenga un oggetto eminente dei calcoli e delle
previsioni del potere statale; decisivo , piuttosto il fatto che, di pari passo al processo per cui
leccezione diventa ovunque la regola, lo spazio della nuda vita, situato in origine al margine
dellordinamento, viene progressivamente a coincidere con lo spazio politico, e esclusione e

21
M. FIORAVANTI (a cura di), Lo Stato moderno in Europa, cit., pp. 201-202, corsivo mio.
22
G. AGAMBEN, Homo sacer, Einaudi, Torino 2011, p. 15.
23
Con la parola governamentalit intendo tre cose. [Primo,] linsieme di istituzioni, procedure, analisi e riflessioni,
calcoli e tattiche che permettono di esercitare questa forma specifica e assai complessa di potere, che ha nella
popolazione il bersaglio principale, nelleconomia politica la forma privilegiata di sapere e nei dispositivi di sicurezza lo
strumento tecnico essenziale. Secondo, per governamentalit intendo la tendenza, la linea di forza che, in tutto
lOccidente e da lungo tempo, continua ad affermare la preminenza di questo tipo di potere che chiamiamo governo
su tutti gli altri sovranit, disciplina , col conseguente sviluppo, da un lato, di una serie di apparati specifici di
governo, e, [dallaltro,] di una serie di saperi. Infine, per governamentalit bisognerebbe intendere il processo, o
piuttosto il risultato del processo, mediante il quale lo stato di giustizia del Medioevo, divenuto stato amministrativo nel
corso del XV e XVI secolo, si trovato gradualmente governamentalizzato (M. FOUCAULT, Sicurezza, territorio,
popolazione, Feltrinelli, Milano 2010, p. 88).
9
inclusione, esterno e interno, bos e zo, diritto e fatto entrano in una zona di irriducibile
indistinzione
24
.

Agamben delinea, in seno alla sovranit, una specie di dialettica fra latenza e rivelazione:
limplicazione della nuda vita nella sfera politica costituisce il nucleo originario anche se occulto
del potere sovrano. [] Mettendo la vita biologica al centro dei suoi calcoli, lo Stato moderno
non fa, allora, che riportare alla luce il vincolo segreto che unisce il potere alla nuda vita
25
.
Dopo aver trattato poi in pagine affascinanti la questione della legge in Kafka, e segnatamente la
disputa in merito fra Scholem e Benjamin, Agamben osserva:

Se, conformemente alle nostre analisi precedenti, vediamo nellimpossibilit di distinguere la
legge dalla vita [] il carattere essenziale dello stato di eccezione, allora a fronteggiarsi sono
qui due diverse interpretazioni di questo stato: da una parte quella ( la posizione di Scholem)
che vede in esso una vigenza senza significato, un mantenersi della pura forma della legge al di
l del suo contenuto, dallaltra il gesto benjaminiano, per il quale lo stato di eccezione
tramutato in regola segna la consumazione della legge e il suo diventare indiscernibile dalla vita
che dovrebbe regolare
26
.

Al di l di chi fra Scholem e Benjamin avesse ragione, e io concordo col primo, chiaro che
comunque la legge ridotta a mal partito. Per quanto riguarda gli elementi che caratterizzano lo
stato di eccezione, Agamben cita lespansione dei poteri dellesecutivo
27
, lerosione del potere
legislativo e labolizione della distinzione fra i poteri
28
, e pi in particolare labuso dello strumento
del decreto-legge
29
.
Largomentazione di Agamben in gran parte condivisibile, tranne che per un aspetto: anche lui, in
base allosservata (ma a mio parere non assoluta) indistinzione fra diritto e fatto, crede che lepoca
della sovranit e degli Stati sia finita. Come si possa credere questo e allo stesso tempo guardare al
campo [di concentramento] non come a un fatto storico [] ma, in qualche modo, come alla
matrice nascosta, al nmos dello spazio politico in cui ancora viviamo
30
resta un mistero. Chi
gestisce il campo se non lo Stato? Forse dei dilettanti? La mafia? Le suore? Fra laltro i
foucaultiani sembrano dimenticare che Foucault stesso ha puntualizzato che

se di fatto i problemi della governamentalit, le tecniche di governo sono diventati realmente
la sola posta in gioco politica e il solo spazio concreto di lotta e di contesa politiche, la
governamentalizzazione dello stato stata pur sempre il fenomeno che ha permesso allo stato
di sopravvivere
31
.

E daltra parte anche Agamben ammette:

Ci che larca del potere contiene al suo centro lo stato di eccezione ma questo
essenzialmente uno spazio vuoto, in cui unazione umana senza rapporto col diritto ha di fronte
una norma senza rapporto con la vita. Ci non significa che la macchina, col suo centro vuoto,
non sia efficace
32
.


24
G. AGAMBEN, Homo sacer, cit., p. 12.
25
Ibidem, p. 9, corsivo mio.
26
Ibidem, p. 62.
27
Cfr. G. AGAMBEN, Stato di eccezione, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 15.
28
Cfr. ibidem, p. 17.
29
Cfr. ibidem, p. 27.
30
G. AGAMBEN, Homo sacer, cit., p. 185.
31
M. FOUCAULT, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., p. 89, corsivo mio.
32
G. AGAMBEN, Stato di eccezione, cit., p. 110, corsivo mio.
10
Quindi la sovranit non sparisce con lavvento della governamentalit, bens, tenendo conto della
dialettica fra la sua latenza e la sua rivelazione segnalata da Agamben e rovesciandone per la
prospettiva dal nucleo originario al soggetto che la incarna, possiamo dire che essa si trasformata
passando dalla sua vecchia forma, che definirei sovranit rivelata (caratterizzata dal fatto che il
sovrano appare come colui che ha il potere di escludere lo stato di eccezione), a una nuova, che
definirei sovranit indistinta (caratterizzata invece da uno stato di eccezione permanente).
Screpanti, che a proposito della forma assunta dal dominio capitalistico sul mondo attuale parla di
sovereignless global governance anzich di stateless global governance, specifica giustamente che

bisogna fare attenzione: quando si dice che il mercato sovrano si usa una metafora. Il
mercato non un agente decisionale o un soggetto giuridico. sovrano nel senso che lo sono
gli agenti economici in esso operanti, quelli che fanno il mercato. Tra questi primeggiano le
imprese multinazionali, le quali, pur non essendo dotate di sovranit politica, riescono a dettar
legge ai soggetti che ne sono formalmente dotati
33
.

E inoltre:

Lo stato nazionale necessario per il mantenimento della disciplina sociale delle classi
subalterne, cio per assicurare le condizioni politiche dello sfruttamento. [] La novit sta nel
fatto che il carattere globale dellimperialismo, cio il tendenziale superamento delle limitazioni
nazionali allaccumulazione capitalistica, rende impossibile usare gli stati nazionali nel modo
tipico dei vecchi imperi ottocenteschi e novecenteschi
34
.

Ma c un modo pi subdolo di negare lesistenza della sovranit, ed quello di concepirla come
una cosa che si pu fare a fette per poi distribuirle a destra e a manca: si chiama, volendo prenderlo
sul serio, parcellizzazione della sovranit, e in Italia ne sono principali propagatori i post-
stalinisti. Esisterebbe quindi una sovranit politica, una sovranit monetaria, una sovranit fiscale e
via parcellizzando. Sarebbe perfino inutile citare queste corbellerie, se non fosse che il continuo
martellamento mediatico le rende plausibili presso un vasto pubblico. Non ripeter le cose che ho
gi detto e che bastano e avanzano per confutare queste mistificazioni; vorrei per sottolineare che
esse sono legate a doppio filo allEuropa, agitata come il babau davanti al bimbo che non vuole
mangiare la pappa. Se si capisse per che sono stati i nostri governanti a compiere determinate
scelte, essi apparirebbero come sono realmente, cio come maggiordomi che servono a lorsignori
succulente fette di patrimonio pubblico (e non solo), e non certo fantomatiche fette di sovranit.
Far un esempio finale per mostrare che non si tratta di cose serie. Angelo Bolaffi apre la sua
interessante raccolta di saggi intitolata Il crepuscolo della sovranit con queste parole: Lepoca
della sovranit si definitivamente conclusa
35
, salvo circondare subito di cautele la perentoriet
dellaffermazione, sia procedendo a progressivi slittamenti terminologici da sovranit tout court a
sovranit assoluta a carattere assoluto della sovranit, sia spiegando che ad uscire di scena il
Leviatano, ossia solo la versione continentale della statualit, nonch (in Europa) lo Stato-
nazione
36
. Bolaffi, insomma, tira il sasso e nasconde la mano: cos che sparisce? Con tutta la
buona volont, sembra di assistere al gioco delle tre carte: non la stessa cosa dire che finita la
sovranit, o soltanto una sua versione, oppure lo Stato-nazione. Dove vanno a parare questi giochi
di prestigio? La risposta la si ha leggendo una recente intervista allo stesso Bolaffi, in cui afferma a
proposito della situazione europea: Credo che dobbiamo fare un passo in avanti, tutti, accelerando
un gesto di messa in comune della sovranit. Per trovare un soggetto terzo rispetto agli Stati, che

33
E. SCREPANTI, Limperialismo globale e la grande crisi, reperibile in Internet (al 5/10/2014) allindirizzo
http://www.econ-pol.unisi.it/quaderni/collana/screpanti14/Imperialismo%20globale%20CollanaA4.pdf, p. 77.
34
Ibidem, pp. 75-76.
35
A. BOLAFFI, Il crepuscolo della sovranit, Donzelli, Roma 2002, p. IX.
36
Cfr. ibidem, p. IX ss.
11
possa regolare i mercati, senza affidare questo ruolo al Paese pi forte
37
. Lepoca della sovranit si
era conclusa tanto definitivamente che non solo la sovranit esiste ancora, ma talmente in buona
salute da dover essere depotenziata, e gli Stati, a quanto pare, sono molto meno moribondi del
previsto.
Il ragionamento di Bolaffi & Co. si pu riassumere in questo modo: siccome la sovranit non esiste
pi (falso: laccenno agli Stati pi che eloquente), allora bisogna (falso: una scelta politica di
una frazione della borghesia) farla rinascere in unaltra forma. evidente che una parte della
borghesia europea ufficialmente impegnata nella costruzione (a rate) degli Stati Uniti
dEuropa
38
, e che i contorsionismi di cui sopra derivano invece dallimpantanamento in quella
Germania allargata che si ostinano a chiamare Unione Europea. La sovranit non tramontata: si
tratta di una copertura ideologica di questa fantasia da ragionieri di costruire case partendo dal tetto,
e in realt in questi processi di integrazione e di cessione della sovranit non c proprio niente di
irreversibile.
Per concludere il discorso relativo allestinzione dello Stato borghese, resta da citare quello che , a
mia conoscenza, lunico caso di penetrazione di tale teoria nel campo anarchico. Nellopera in sei
volumi LUomo e la Terra, la cui pubblicazione termin postuma nel 1908, Elise Reclus scriveva:

Il numero dei funzionari, grandi e piccoli, deve naturalmente aumentare in proporzioni
considerevoli via via che aumentano le risorse finanziarie e il fisco singegna di trovare nuovi
procedimenti per estrarre pi entrate dalla materia imponibile. Tuttavia, labbondanza degli
incaricati e degli impiegati deriva soprattutto dalla cosiddetta democrazia, cio la
partecipazione della moltitudine alle prerogative del potere. Ogni cittadino vuole averne il suo
pezzetto []. Daltra parte, questo Stato, che diviso in innumerevoli frammenti e che colma
dei suoi privilegi questo o quellindividuo che tutti conosciamo e che non abbiamo nessun
motivo speciale di ammirare o di temere, che abbiamo persino ragione di disprezzare, questo
governo banale, troppo conosciuto, cessa di dominare la moltitudine con quellimmagine di
terribile maest che un tempo apparteneva a capi quasi sempre invisibili e che non si
mostravano al pubblico se non circondati da giudici, sgherri, carnefici. Non solo lo Stato non
inspira pi un terrore reverenziale e misterioso, ma provoca persino ilarit e disprezzo []. Lo
Stato perisce, si neutralizza per la sua stessa dispersione; nel momento in cui tutti lo
possiedono, ha cessato virtualmente di esistere, non pi che lombra di se stesso. cos che le
istituzioni svaniscono nel momento in cui apparentemente trionfano
39
.

Ora, a parte il discutibile accenno allo Stato democratico che sarebbe posseduto da tutti, e
nonostante la vividezza e veridicit della descrizione delle societ democratiche che ai giorni
nostri sono la regola, noi dobbiamo comunque osservare che lo Stato ancora vivo e vegeto, seppur
circondato da quel disprezzo che Reclus evidenziava.
Alcuni decenni prima il giovane Marx, pur non ancora approdato alla critica delleconomia politica,
aveva per impostato meglio la questione nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico
(1843), affermando non il deperimento dello Stato democratico, bens la necessit di dissolvere
attivamente entrambi i termini dellopposizione che caratterizza lalienazione politica: Stato e
societ civile
40
. Come ha notato Danilo Zolo,

37
A. DI LELLIS, Basta pregiudizi, lora della sovranit comune, Il Messaggero, 6 agosto 2012, corsivo mio.
38
Ci non toglie che molto probabilmente il vero obiettivo dei pi svegli fra i padroni, checch ne dicano i loro servi,
un altro: nel lungo periodo i mercati globali tendono a livellare le condizioni di sfruttamento, riducendo nel Nord del
mondo il costo del lavoro, ridimensionando lo stato sociale, indebolendo i diritti civili e le tutele giuridiche del lavoro.
Ma il processo di livellamento sarebbe molto lungo, potrebbe richiedere anche decine di anni, se dovesse avvenire nel
modo pi liscio e indolore possibile. Ebbene, [] una crisi catastrofica pu servire a somministrare la shock therapy
con cui si accelera il processo (E. SCREPANTI, Limperialismo globale e la grande crisi, cit., p. 213).
39
E. RECLUS, Natura e societ, scelta di testi reperibile in Internet (al 5/10/2014) allindirizzo
http://www.eleuthera.it/files/materiali/Reclus_Natura_e_societa.pdf, pp. 123-124.
40
Soltanto nellelezione illimitata, sia attiva che passiva, la societ civile si solleva realmente allastrazione da se
stessa, allesistenza politica come sua vera esistenza generale, essenziale. Ma il compimento di questa astrazione al
12
la risoluzione dialettica (Aufhebung) dellantinomia tra societ civile e Stato politico in
Marx pensata come Auflsung dei contenuti di entrambi i termini della relazione oppositiva
allinterno della totalit organica della vita del demos. Ci grazie ad una trasformazione del
sistema rappresentativo in democrazia vera: elevando cio il sistema rappresentativo dalla
sua forma politica alla forma universale attraverso un processo di sempre pi estesa
politicizzazione della societ civile. Questo processo sembra, a giudizio di Marx, gi
storicamente avviato, allinterno dello stesso Stato politico moderno, dallistanza della
generalizzazione illimitata dellelettorato attivo e passivo []. Il superamento dello Stato
politico non pensato quindi come negazione della astratta sfera politica, ma come Aufhebung
dialettica dellastrazione politica attraverso il compimento (Vollendung) dellastrazione politica
stessa. Non sembra necessario insistere sulla eterogeneit di questa prospettiva teorica rispetto
alla linea dellanarchismo positivistico e dellanarchismo romantico
41
.



3. Estinzione dello Stato proletario?


Lo Stato borghese, dunque, non si estingue, neanche nelle circostanze pi favorevoli; ma come
stanno le cose per quanto riguarda lo Stato proletario? Dopo aver citato il famoso passo dellAnti-
Dhring in cui Engels spiega come lo Stato diventi superfluo dopo leliminazione del dominio di
classe e della lotta per lesistenza individuale, in Stato e rivoluzione Lenin chiarisce i termini della
questione:

Proprio al principio del suo ragionamento Engels dice che il proletariato, impadronendosi del
potere, sopprime con ci lo Stato in quanto Stato. [] In realt, Engels parla qui di
soppressione dello Stato della borghesia per opera della rivoluzione proletaria, mentre ci
chegli dice sulla estinzione dello Stato riguarda i resti dello Stato proletario che sussisteranno
dopo la rivoluzione socialista. Lo Stato borghese, secondo Engels, non si estingue; esso viene
soppresso dal proletariato nel corso della rivoluzione. Ci che si estingue dopo questa
rivoluzione, lo Stato proletario o semi-Stato
42
.

Questa , da Lenin in poi, la posizione ufficiale dei marxisti sullargomento. Tutto chiaro, quindi?
Non si direbbe. Anche a prescindere dal fatto che, come si detto e come chiunque pu verificare,
Marx non ha mai parlato di estinzione o deperimento dello Stato, non si possono tacere alcune
ambiguit e oscillazioni, in primis dello stesso Engels. per Lenin che, sempre in Stato e
rivoluzione, cita senza rilevare alcuna incongruenza un brano di Engels tratto da Lorigine della
famiglia, della propriet privata e dello Stato:

Lo Stato non esiste dunque dalleternit. Vi sono state societ che ne hanno fatto a meno e che
non avevano alcuna idea di Stato e di potere statale. In un determinato grado dello sviluppo
economico, necessariamente legato alla divisione della societ in classi, proprio a causa di
questa divisione lo Stato diventato una necessit. Ci avviciniamo ora, a rapidi passi, ad uno
stadio di sviluppo della produzione nel quale la esistenza di queste classi non solo ha cessato di
essere una necessit ma diventa un ostacolo effettivo alla produzione. Perci esse cadranno cos

contempo la soppressione dellastrazione. Quando la societ civile ha realmente posto la sua esistenza politica come la
sua vera esistenza, ha contemporaneamente posto la sua esistenza civile, nella sua distinzione da quella politica, come
inessenziale; e con una delle parti separate cade laltra, il suo contrario. La riforma elettorale , dunque, entro lo Stato
politico astratto, listanza dello scioglimento di questo, come parimente dello scioglimento della societ civile (K.
MARX, Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Id., Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma
1981, pp. 134-135).
41
D. ZOLO, La teoria comunista dellestinzione dello Stato, cit., pp. 110-111.
42
V.I. LENIN, Stato e rivoluzione, in Id., Opere scelte, Progress, Mosca s.d., pp. 279-280.
13
ineluttabilmente come sono sorte. Con esse cadr ineluttabilmente lo Stato. La societ, che
riorganizza la produzione in base a una libera ed uguale associazione di produttori, relega
lintera macchina statale nel posto che da quel momento le spetta, cio nel museo delle
antichit accanto alla rocca per filare e allascia di bronzo
43
.

Engels ritiene quindi che, una volta sparite le classi, anche lo Stato sparir ineluttabilmente, cio
del tutto deterministicamente; salvo aggiungere subito dopo che la societ, con la sua attivit
mirante a costruire una libera ed uguale associazione di produttori, a toglierlo di mezzo. Si tratta
solo di sfumature? Questa evidentemente lopinione di Lenin, che, a proposito dellaccenno
engelsiano (in La questione delle abitazioni) allabolizione delle classi e, con esse, dello Stato,
minimizza la cosa:

Il marxismo ha sempre insegnato che con labolizione delle classi si compie anche
labolizione dello Stato. Il passo a tutti noto dellAnti-Dhring sullestinzione dello Stato
rimprovera gli anarchici non tanto di essere per labolizione dello Stato, quanto di pretendere
che sia possibile abolire lo Stato dalloggi al domani
44
.

Il che equivale a dire che, se si costretti da necessit polemiche, si pu tranquillamente trascurare
la coerenza e la precisione: non ci dovrebbe essere bisogno di sottolineare che la formula
estinzione delle classi e dello Stato, che implica un processo automatico, non affatto equivalente
alla formula abolizione delle classi e dello Stato, che implica invece un soggetto agente che dirige
lintero processo.
Significativo anche quanto Engels afferma nella sua Introduzione alledizione tedesca del 1891 di
La guerra civile in Francia di Marx:

Per lo Stato non in realt che una macchina per loppressione di una classe da parte di
unaltra, nella repubblica democratica non meno che nella monarchia; e nel migliore dei casi
un male che viene lasciato in eredit al proletariato riuscito vittorioso nella lotta per il dominio
di classe, i cui lati peggiori il proletariato non potr fare a meno di amputare subito, nella
misura del possibile, come fece la Comune, finch una generazione, cresciuta in condizioni
sociali nuove, libere, non sia in grado di scrollarsi dalle spalle tutto il ciarpame statale
45
.

Anche qui Lenin non trova niente che contraddica la teoria dellestinzione dello Stato, e per giunta
poco prima di questa citazione aveva scritto che per sopprimere lo Stato necessario trasformare
le funzioni del servizio statale in operazioni di controllo e di registrazione, talmente semplici da
essere alla portata dellimmensa maggioranza della popolazione e, in seguito, di tutta la
popolazione
46
.
Trotsky sembra invece avvertire con pi chiarezza il problema:

La dittatura del proletariato un ponte tra la societ borghese e la societ socialista. La sua
stessa essenza le conferisce dunque un carattere temporaneo. Lo Stato che realizza la dittatura
ha come compito aggiuntivo, ma del tutto primordiale, quello di preparare la propria
abolizione. Il grado di esecuzione di questo compito aggiuntivo permette di verificare in un
certo senso con quale successo si realizzi lidea fondamentale: la costruzione di una societ
senza classi e senza contraddizioni materiali. Il burocratismo e larmonia sociale sono in
proporzione inversa luno rispetto allaltra
47
.


43
Cit. ibidem, p. 277, corsivo mio.
44
Ibidem, pp. 311-312.
45
Cit. ibidem, p. 327, corsivo mio.
46
Ibidem, p. 326, corsivo mio.
47
L. TROTSKIJ, La rivoluzione tradita, AC, Milano 2000, p. 125, corsivo mio.
14
Queste ambiguit, terminologiche e non, segnalano evidentemente un nodo irrisolto; ma qual stata
la ricezione successiva della teorizzazione leniniana in materia?
Notando che perfino Stuka, forse il pi grande giurista sovietico, parlava sia di estinzione del
diritto che di abolizione del diritto
48
(laddove ovviamente il diritto legato allo Stato che lo
pone) e che Stalin si limit a lamentare una sottovalutazione delle funzioni dello Stato attribuendola
a una elaborazione incompleta e insufficiente di alcune tesi generali della dottrina marxista sullo
Stato per responsabilit di Engels e, in parte, di Lenin
49
, bisogna rilevare che la teoria ha retto
allusura del tempo. Anche quando, alla fine dellepoca staliniana, si avuto labbandono di fatto
della tematica dellestinzione da parte della totalit dei teorici e dei dirigenti dei paesi socialisti
(con leccezione della Jugoslavia), non si mai arrivati a un ripudio di carattere teorico. Anche la
scuola dellavolpiana, in Italia, rimasta fedele allimpostazione teorica tradizionale, pur
declinandola in maniera originale, soprattutto con la valorizzazione degli scritti giovanili di Marx; e
possiamo notare anche in Lucio Colletti, importante esponente di questa scuola successivamente
approdato al liberalismo, luso indistinto dei termini abolizione ed estinzione dello Stato
50
.
Fuori dallambito marxista, Albert Camus si occupato di Stato e rivoluzione in una delle sue opere
pi importanti. Egli scrive:

Lenin parte dunque dal principio, chiaro e fermo, che lo Stato muore non appena sia stata
operata la socializzazione dei mezzi di produzione, essendo allora soppressa la classe degli
sfruttatori. Eppure, nello stesso opuscolo, finisce per legittimare il mantenimento, dopo la
socializzazione dei mezzi di produzione e senza termine prevedibile, della dittatura di una
frazione rivoluzionaria sul resto del popolo. Il libello, che prende a riferimento costante
lesperienza della Comune, contrasta assolutamente alla corrente didee federaliste e anti-
autoritarie che ha dato origine alla Comune; e altrettanto si oppone allottimistica descrizione di
Marx ed Engels. La ragione chiara: Lenin non ha dimenticato che la Comune era fallita.
Quanto ai mezzi di una dimostrazione cos sorprendente, sono ancora pi semplici: ad ogni
nuova difficolt incontrata dalla rivoluzione, si conferisce un attributo supplementare allo Stato
descritto da Marx. [] Troviamo gi la contraddizione del regime staliniano alle prese con la
sua filosofia ufficiale. O questo regime ha attuato la societ socialista senza classi, e il
mantenimento di un formidabile apparato di repressione non si giustifica a termini di marxismo.
Oppure non lha attuata e allora si ha la prova che la dottrina marxista erronea e che in
particolare la socializzazione dei mezzi di produzione non significa la scomparsa delle
classi
51
.

Proviamo a sbrogliare la matassa. Innanzi tutto, il principio engelsiano che lo Stato muore non
appena sia stata operata la socializzazione dei mezzi di produzione era talmente chiaro e fermo
che lo stesso Engels, come abbiamo visto, nellIntroduzione a La guerra civile in Francia si
corregge e parla non pi di soppressione dello Stato (borghese), bens della necessit di eliminare
nellimmediato i suoi lati peggiori, nellattesa di una nuova generazione in grado di portare a
termine il compito. Se teniamo presente questa rettifica, tutta la contraddittoriet leniniana rilevata
da Camus viene meno: per cui non vero che la dottrina marxista erronea, ma, pi
semplicemente, che era erroneo un suo enunciato. La teoria marxista non uguale alle tavole della
legge di Mos: stata formulata da uomini, da grandi militanti, che per non avevano il dono
dellinfallibilit.
Al di l poi dellironia di Camus sugli attributi supplementari dello Stato, secondo lui
evidentemente pretestuosi, c una questione che dovrebbe essere chiara ma che pare non lo sia
affatto: quando scompaiono le classi sociali? Allobiezione di Camus, molto gettonata fra gli
anarchici, aveva gi risposto esaurientemente nel 1922 Max Adler:

48
Cfr. D. ZOLO, La teoria comunista dellestinzione dello Stato, cit., p. 31.
49
Cfr. ibidem, p. 39.
50
Cfr. ibidem, pp. 50-51.
51
A. CAMUS, Luomo in rivolta, Bompiani, Milano 1994, pp. 251-252.
15
In base a una tale concezione i membri sconfitti delle classi dominanti dovranno perdere,
insieme alla loro posizione di classe, anche i loro sentimenti e i loro interessi di classe. [] Se
ripensiamo [] che allessenza di una classe appartiene il fattore ideologico della sua
coscienza di classe, diventa senzaltro chiaro che una classe non cessa di esistere per il solo
fatto che le condizioni economiche, che hanno presieduto alla sua nascita e alla sua esistenza,
sono state eliminate. Fino a quando esisteranno membri di questa classe i quali abbiano la
volont di ripristinarla e i quali nel loro modo di essere spirituale e volontario esprimano
linteresse di conservare la loro posizione di classe e perfino si preoccupino di diffondere
questa volont e questo interesse, di fare propaganda presso i coetanei, e di educare i giovani a
ci, fino a quel momento ci sar ancora questa classe e continueranno ad esistere conflitti di
classe. E una tale conflittualit tanto pi pericolosa in quanto, nonostante il proletariato abbia
la maggioranza, non pu costruire in un sol colpo la societ socialista, ma in diverse sfere della
organizzazione economica, politica, religiosa e culturale ancora per molto tempo dovranno
essere trascinati importanti residui delle precedenti condizioni di vita, che potranno costituire
altrettanti punti di partenza di una reazione di classe
52
.

Come si vede, la socializzazione dei mezzi di produzione una condizione necessaria, ma non
sufficiente a far scomparire le classi.
A conclusione della sua analisi, Camus scrive:

Finch vi sar sulla terra, e non pi in una data societ, un oppresso o un proprietario, fino a
quel momento, dunque, lo Stato si manterr. Fino a quel momento sar obbligato ad
accrescersi per vincere ad una ad una le ingiustizie, i governi dellingiustizia, le nazioni
ostinatamente borghesi, i popoli accecati sui propri interessi. E quando, sulla terra finalmente
sottomessa e sgombra davversari, lultima iniquit sar stata soffocata nel sangue dei giusti e
degli ingiusti, allora lo Stato, pervenuto al limite di ogni potenza, idolo mostruoso ricoprente il
mondo intero, si riassorbir saviamente nella citt silenziosa della giustizia
53
.

Ed effettivamente Stalin la pensava cos:

Labolizione delle classi non si ottiene attraverso lestinzione della lotta di classe, ma
attraverso il suo rafforzamento. Lestinzione dello Stato si far non attraverso lindebolimento
del potere statale, ma attraverso il suo rafforzamento massimo, indispensabile per annientare i
residui delle classi che si stanno estinguendo, e per organizzare la difesa contro
laccerchiamento del capitalismo, il quale ben lungi dallessere stato distrutto e non lo sar
tanto presto
54
.

Qui c tutto Stalin, e si possono fare alcune importanti osservazioni su questo brano del 1933.
1) La prima frase non ha senso: se fosse possibile lestinzione della lotta di classe non sarebbe
possibile n la rivoluzione n labolizione delle classi.
2) Se lestinzione dello Stato una cosa da farsi, allora non pi unestinzione ma un processo che
richiede unattivit che vada in tale direzione.
3) La lotta di classe si pu portare avanti solo per mezzo dello Stato? E, soprattutto, la si deve
subordinare agli interessi dello Stato? Con questo tipo di concezioni, infatti, siamo nel campo della
ragion di Stato:

Oggettivamente, si chiamer ragion di stato ci che necessario e sufficiente affinch la
repubblica [] conservi esattamente la sua integrit. [] Per la ragion di stato si tratta
fondamentalmente di individuare ci che necessario e sufficiente affinch lo stato esista e si

52
M. ADLER, La concezione dello Stato nel marxismo, De Donato, Bari 1979, pp. 169-170.
53
A. CAMUS, Luomo in rivolta, cit., pp. 253-254, corsivo mio.
54
I. STALIN, Bilancio del primo Piano Quinquennale, reperibile in Internet (al 5/10/2014) allindirizzo
http://www.bibliotecamarxista.org/stalin/bil_prim_pian_quinq.htm.
16
mantenga nella sua integrit o, alloccorrenza, riacquisti la sua integrit qualora fosse stata
intaccata. Ma essa non in alcun modo un principio di trasformazione, n di evoluzione dello
stato. [] La ragion di stato pertanto conservatrice
55
.

4) Di quale Stato si avr il rafforzamento massimo? Si tratter in ogni caso dello Stato borghese
senza borghesia di cui hanno parlato sia Lenin che Trotsky
56
e, come sappiamo, nessuno Stato
borghese pu estinguersi. Pi in generale, Althusser arrivato alla conclusione che

Marx, che parla assai chiaramente e coscientemente della categoria capitale della
riproduzione, cambia linguaggio e ritorna al di qua della riproduzione per parlare dello Stato.
Credo di poter dire che questo uno dei limiti assoluti nei quali sfocia e sarresta
radicalmente la teoria marxista dello Stato. N in Marx n in Lenin si trova menzione, a mia
conoscenza e, in ogni caso, quando parlano apertamente dello Stato, della funzione dello Stato
nella riproduzione. Marx parla s del ruolo dello Stato nellaccumulazione originaria, parla s
del ruolo dello Stato nellemissione della moneta e parla anche dellintervento dello Stato
inglese nella legge che limita il lavoro a dieci ore: ma non esamina lo Stato sotto laspetto della
riproduzione delle condizioni sociali (e anche materiali) della produzione, dunque per quanto
concerne il rapporto di continuit, perpetuazione, eternit o riproduzione dei rapporti di
produzione
57
.

Dopo aver definito lo Stato una macchina a potere
58
(nel senso che trasforma un tipo di energia,
la violenza della lotta di classe o Forza, in un altro, la violenza legale o Potere
59
), Althusser
specifica che

la Forza che entra nei meccanismi della macchina statale, per uscirne come Potere (diritto,
leggi politiche, norme ideologiche), non centra come Forza pura e per una buona ragione: che
il mondo da cui essa proviene gi sottomesso al potere dello Stato, dunque al potere del
diritto, delle leggi e delle norme. [] Non si pu dunque uscire da questo cerchio dello Stato
che non ha nulla di vizioso, dato che traduce semplicemente il fatto che la riproduzione delle
condizioni materiali e sociali comporta e implica anche la riproduzione dello Stato e delle sue

55
M. FOUCAULT, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., pp. 185-186, corsivo mio.
56
Lenin spiega che non si pu pensare, senza cadere nellutopia, che appena rovesciato il capitalismo gli uomini
imparino, dalloggi al domani, a lavorare per la societ senza alcuna norma giuridica; daltra parte, labolizione del
capitalismo non d subito le premesse economiche per un tale cambiamento. E non vi sono altre norme, allinfuori di
quelle del diritto borghese. Rimane perci la necessit di uno Stato che, mantenendo comune la propriet dei mezzi di
produzione, mantenga luguaglianza del lavoro e luguaglianza della distribuzione dei prodotti (V.I. LENIN, Stato e
rivoluzione, in Id., Opere scelte, cit., p. 338) e aggiunge: Certo, il diritto borghese, per quel che concerne la
distribuzione dei beni di consumo, suppone pure necessariamente uno Stato borghese, poich il diritto nulla senza un
apparato capace di costringere allosservanza delle sue norme. Ne consegue che in regime comunista sussistono, per un
certo tempo, non solo il diritto borghese, ma anche lo Stato borghese, senza borghesia! (ibidem, pp. 341-342).
Trotsky aggiorna lanalisi considerando gli sviluppi dellesperienza sovietica: Lo Stato borghese senza borghesia si
rivelato incompatibile con una democrazia sovietica autentica. La dualit delle funzioni dello Stato non poteva
mancare di manifestarsi nella sua struttura. Lesperienza ha dimostrato ci che la teoria non aveva saputo prevedere con
sufficiente chiarezza: se lo Stato degli operai armati risponde pienamente ai suoi fini quando si tratta di difendere la
propriet socializzata contro la controrivoluzione, le cose vanno diversamente quando si tratta di regolare la
disuguaglianza nella sfera del consumo. Coloro che sono privi di privilegi non sono inclini a crearli e a difenderli. La
maggioranza non pu preoccuparsi dei privilegi della minoranza. Per difendere il diritto borghese, lo Stato operaio si
vede costretto a formare un organo di tipo appunto borghese, in breve a ritornare al gendarme, pur dandogli una
nuova divisa (L. TROTSKIJ, La rivoluzione tradita, cit., pp. 127-128). Qui, in altre parole, Trotsky dice chiaramente
che il semi-Stato (lo Stato post-rivoluzionario costruito sul modello della Comune) non solo non si estingue, ma al
contrario evolve necessariamente in uno Stato di tipo tradizionale.
57
L. ALTHUSSER, Marx nei suoi limiti, cit., pp. 113-114.
58
Ibidem, p. 120.
59
Cfr. ibidem, p. 120 ss.
17
forme, le quali concorrono, ma in modo speciale, alla riproduzione della societ di classe
esistente
60
.

5) Lintero ragionamento di Stalin, infine, sottintende il credere nellesistenza di una divina
provvidenza proletaria che alla fine dei tempi metter a posto ogni cosa; ma questo hegelismo,
non materialismo storico.
Chi ancora non fosse convinto dellinfondatezza della teoria dellestinzione dello Stato dovrebbe
rispondere a una domanda: se lo Stato proletario si estinguer comunque, perch costruire proprio
un semi-Stato? Lenin spiega con grande chiarezza in cosa consiste questo semi-Stato, costruito sul
modello della Comune e destinato ad estinguersi con la scomparsa delle classi: Democrazia per
limmensa maggioranza del popolo e repressione con la forza, vale a dire esclusione dalla
democrazia, per gli sfruttatori, gli oppressori del popolo: tale la trasformazione che subisce la
democrazia nella transizione dal capitalismo al comunismo
61
. Si tratta quindi di uno Stato della
massima democrazia, seppure in presenza di uno stato di eccezione destinato a durare fino alla
sconfitta della borghesia. Perch questo modello comunardo (soviettista) stato accantonato, se era
lunico capace di portare allestinzione dello Stato? Labbiamo visto: per la sua incompatibilit con
il diritto borghese vigente nella sfera della distribuzione. Ma c anche unaltra ragione di fondo: il
modello comunardo, per le sue caratteristiche intrinseche (il mandato imperativo e la possibilit di
revoca degli eletti) strettamente connesso alla tutela degli interessi immediati, che sale alla ribalta
a ridosso della fase insurrezionale oppure quando la societ pervenuta a un grado elevato di
omogeneit, cio con la fine della divisione in classi; negli altri casi, molto semplicemente, il
modello non funziona.
Ci autorizza forse a teorizzare uno Stato della minima democrazia (dato che il rafforzamento
massimo del potere statale non significa nientaltro) come ha fatto Stalin? Decisamente no: se
nella nuova situazione post-rivoluzionaria gli spazi democratici si restringono, questo costituisce un
arretramento, che pu essere necessario quanto si vuole ma pur sempre un arretramento;
teorizzare per principio lazzeramento della democrazia un tradimento del pensiero di Lenin ed
soprattutto profondamente sbagliato.
Un regime politico che tratta i cittadini indistintamente come nemici, negando loro le libert
elementari (diritto di parola, riunione, associazione, ecc.), prima o poi sar certamente ripagato con
la stessa moneta. Adler rilevava che democrazia e terrorismo sono in contraddizione, perch il
terrorismo rappresenta sempre il potere di una minoranza
62
, ed unosservazione degna di nota se
non la si riferisce al terrore rosso, cio alla fase insurrezionale. Qui non stiamo parlando di astratti
diritti delluomo, che non esistono, ma proprio degli elementi basilari relativi alla vita associata
democratica. Forse pu essere utile, allora, provare a diradare la cortina fumogena che circonda il
concetto di democrazia.
Democrazia, lo sappiamo, vuol dire governo del popolo. Il problema che in una societ divisa in
classi (quindi anche nella dittatura del proletariato, corrispondente alla fase di transizione fra
capitalismo e comunismo) una cosa come il popolo semplicemente non esiste, e di conseguenza
non esiste il bene comune, presupposto caratteristico della teoria classica della democrazia sia
nella variante rappresentativa che in quella radicale, nel cui ambito rientra il soviettismo.
necessario perci trovare unaltra definizione della democrazia che sia pi rispondente alla realt.
Negri concepisce la democrazia come una forma assoluta di governo, e spiega: Lassoluto la non
alienazione, meglio, in positivo, la liberazione di tutte le energie sociali, in un generale conatus di
organizzazione della libert di tutti. Continuo, permanente
63
. Ma qui, come si pu vedere, si tratta
pi del potere costituente che della democrazia, e del resto Negri ammette che difficile definirla:
Il fatto che la democrazia si mostri come aporia oggettiva dellassoluto e della libert, e che questa

60
Ibidem, p. 135.
61
V.I. LENIN, Stato e rivoluzione, in Id., Opere scelte, cit., p. 334.
62
M. ADLER, La concezione dello Stato nel marxismo, cit., pp. 167-168.
63
A. NEGRI, Spinoza sovversivo, Pellicani, Roma 1992, p. 67.
18
aporia sia posta come la condizione dinamica del processo politico, bene, tutto questo non risolve
certo, bens approfondisce il problema e le difficolt della definizione di democrazia
64
.
Mi sembra per che ci siamo avvicinati al nocciolo della questione: il rapporto fra potere costituente
e potere costituito. Ma se vogliamo rendere conto dellesistenza concreta della democrazia
dobbiamo capovolgere la prospettiva. Pare che le ultime parole di Jan Palach
65
siano state queste:
Per vivere un uomo ha bisogno di spazio. Ebbene, questo spazio che si deve appunto
considerare nel definire la democrazia, come ha fatto Castoriadis nel saggio intitolato Quale
democrazia?:

In primo luogo, la democrazia il potere del demos, cio della collettivit. Sorge subito una
domanda: dove finisce questo potere? Quali sono i suoi limiti? chiaro che tale potere deve
finire da qualche parte, deve comportare dei limiti. Ma altrettanto chiaro che, a partire dal
momento in cui la societ non accetta pi alcuna norma trascendente o semplicemente ereditata,
non c nulla che intrinsecamente possa fissare i limiti oltre i quali il potere deve fermarsi. Ne
consegue che la democrazia essenzialmente il regime dellautolimitazione
66
.

Castoriadis aggiunge:

La democrazia un regime che si autoistituisce esplicitamente in modo permanente. Questo
non significa che cambia Costituzione tutte le mattine o tutti i primi del mese, ma che ha preso
tutte le necessarie disposizioni, di diritto e di fatto, per poter cambiare le sue istituzioni senza
guerra civile, senza violenza, senza spargimento di sangue
67
.

In altre parole, la democrazia il regime in cui non viene reciso il filo che lega potere costituente e
potere costituito, dove cio il primo vivifica e legittima costantemente il secondo.
Ora, scendendo dai cieli della teoria sulla terra, bisogna chiedersi: autolimitazione di chi nei
confronti di chi? Se il menscevico Tsereteli invitava il proletariato ad autolimitarsi a non fare la
rivoluzione, Trotsky affrontava la questione, che ovviamente riguarda non tanto la classe quanto lo
Stato proletario, in un discorso di marzo del 1918 poi pubblicato col titolo Lavoro, disciplina e
ordine per salvare la Repubblica Socialista Sovietica:

Il passo in avanti deve consistere nellautolimitazione delliniziativa dei compagni, nella
giusta e vantaggiosa autolimitazione della classe operaia la quale sa in quale momento il
rappresentante eletto dai lavoratori pu dire una parola decisiva e quando necessario cedere il
posto al tecnico, allo specialista che fornito di conoscenze determinate, al quale si deve
conferire una maggiore responsabilit e che deve essere sottoposto a un attento controllo
politico
68
.

per evidente che il problema dellautolimitazione non pu essere affrontato unicamente in
rapporto a quello degli specialisti. A proposito della democrazia, nel campo marxista nessuno
stato pi chiaro di Chen Duxiu, le cui parole probabilmente suonano scandalose ma sono
sacrosante: La sola differenza fra la democrazia proletaria e la democrazia borghese sta
nellestensione della sua realizzazione e non che la democrazia proletaria abbia un contenuto
differente
69
. Egli continua:


64
Ibidem, p. 83.
65
Studente di filosofia che si diede fuoco a gennaio del 1969 a Praga per protesta contro linvasione sovietica della
Cecoslovacchia.
66
C. CASTORIADIS, La rivoluzione democratica, Eluthera, Milano 2001, p. 124.
67
Ibidem, p. 125.
68
Cit. in M. ADLER, La concezione dello Stato nel marxismo, cit., p. 148.
69
CHEN DUXIU, Il mondo nel dopoguerra e altri scritti, Prospettiva, Roma 1999, p. 61.
19
Dire che la democrazia proletaria e la democrazia borghese sono differenti significa omettere
di caratterizzare il significato basico della democrazia (habeus [sic] corpus, esistenza libera di
unopposizione, libert di pensiero e di stampa, diritto di sciopero e di voto, ecc.) che lo
stesso sia se proletaria sia se borghese
70
. [] Poich let moderna let della borghesia, noi
chiamiamo borghese questo tipo di democrazia. In realt invece, questo sistema non
interamente gradito alla borghesia, bens la realizzazione dellopera di decine di milioni di
persone che negli ultimi cinque o seicento anni hanno versato il loro sangue per questa lotta
71
.

Per concludere:

La democrazia (dal punto di vista politico) e il socialismo (da un punto di vista economico)
sono complementari e non opposti. La democrazia non indissolubilmente legata al
capitalismo e alla borghesia. Se, nellopporsi alla borghesia e al capitalismo, il partito politico
del proletariato si oppone anche alla democrazia, allora anche se la cosiddetta rivoluzione
proletaria dovesse emergere in una serie di paesi, senza la democrazia a fungere come
antitossina alla burocrazia, non si formerebbero altro che Stati burocratici sullo stile Stalin,
brutali, corrotti, ipocriti, fraudolenti, marci, degenerati e incapaci di mettere in atto qualunque
forma di socialismo
72
.

Chen Duxiu mette il dito nella piaga, perch nellesperienza novecentesca democrazia e
socialismo sono stati opposti e non complementari; ma negare la validit delle sue osservazioni
vuol dire cadere nelleconomicismo, ammettere cio che la struttura determini la sovrastruttura, ma
non che questultima (nella fattispecie lassetto istituzionale non democratico) retroagisca sulla
struttura (impedendo di arrivare al socialismo).
Althusser ha riassunto cos la questione della dittatura del proletariato:

La famosa espressione dittatura del proletariato servita a Marx, sconvolto dai massacri
delle rivoluzioni del 1848 in tutta Europa, per pensare una realt incontestabile: quella della
dittatura di classe, inevitabile in ogni societ di classe. Questa poi gli servita per pensare
unaltra realt: che ogni rivoluzione operaia e popolare, fosse anche convincente, andrebbe
verso il disastro se il proletariato e i suoi alleati non si trovassero nella posizione di assicurare
la condizione assoluta della sopravvivenza della rivoluzione: la dominazione di classe delle
nuove classi raggruppate attorno al proletariato sulle vecchie. Questa dominazione, per essere
veramente questa dominazione, deve essere, congiuntamente, dominazione nelle forme della
produzione, nelle forme della politica e nelle forme dellideologia. Le forme politiche di questa
dominazione non possono avere, che non sia uneccezione e anche provvisoria, una qualunque
cosa in comune con le forme di un governo al di sopra delle leggi e senza leggi, dunque
violento e dittatoriale. Queste forme sono normalmente quelle della pi larga democrazia di
massa, dove la democrazia portata fino in fondo
73
.

Ma potrebbe domandare qualcuno il principio democratico non incompatibile con quello della
pianificazione economica? Questo in effetti un pregiudizio duro a morire, che accomuna stalinisti
e liberali; ma realmente fondato? Innanzi tutto bisogna tenere presente che, per quanto riguarda la
fase di transizione, caratterizzata da una penuria relativa di beni di consumo, ormai pressoch
generalmente ammessa la coesistenza di pianificazione e mercato, i cui effetti sono addirittura,
come si sa, potenzialmente anarchici. Se lautorit pianificatrice riesce a gestire e utilizzare il
mercato dei beni di consumo, per quale ragione non dovrebbe riuscire a tollerare la flessibilit nella
realizzazione del piano? Mandel ha spiegato qual la funzione economica della democrazia
socialista:

70
Ibidem, p. 68.
71
Ibidem, p. 70.
72
Ibidem, p. 77.
73
L. ALTHUSSER, Marx nei suoi limiti, cit., p. 110.
20
In uneconomia pianificata in modo burocratico e centralizzato, sono le istanze centrali [] a
determinare arbitrariamente il tasso dinvestimento da cui dipende il volume del consumo reale
delle masse. Ancora una volta, vengono imposti sacrifici senza che le vittime siano state
interpellate o senza ottenere preliminarmente il loro consenso. Un sistema di gestione di questo
genere contrario ai princpi del socialismo e porta daltronde a risultati economici inferiori a
quelli di un sistema di gestione pi democratico
74
.

Chiudiamo adesso questa parentesi sulla democrazia per ricapitolare le varie fasi del potere
proletario in rapporto allipotesi dellestinzione dello Stato.
I. La prima fase quella del semi-Stato, cio dellorganizzazione di tipo consiliare (soviettista),
sul modello della Comune: abbiamo visto che essa non pu portare allestinzione dello Stato e d
origine invece a una seconda fase.
II. La seconda fase quella dello Stato borghese senza borghesia, non prevista da Marx, che
aveva considerato necessario un periodo di transizione fra capitalismo e comunismo, ma non una
specifica societ di transizione; e ancora Adler per diversi anni e nella sua opera sullo Stato non ne
ammise la necessit, sostenuta praticamente dai bolscevichi: a quanto gi detto in proposito si pu
aggiungere che Stuka ha spiegato che i rivoluzionari devono utilizzare lo Stato e il diritto per
modificare i rapporti sociali esistenti, dato che prima della rivoluzione non c germoglio di
socialismo che possa svilupparsi sotto il regime capitalista per sovvertirlo, per cui questo processo
si pu svolgere solo dopo la presa del potere
75
. Neanche lo Stato borghese senza borghesia,
ovviamente, pu estinguersi.
III. La terza fase quella che Adler definisce democrazia sociale e che corrisponde a quella che
per Marx era la prima fase del comunismo: qui siamo infatti oltre la dittatura del proletariato, che
comprende le due fasi gi descritte ed caratterizzata dalla lotta contro i residui della borghesia. Vi
si arriva appunto quando, con la sconfitta della borghesia, si ha pur sempre unorganizzazione
costrittiva, ma senza dominio di classe: per Adler

va allora detto, una volta per tutte, che, quando si parla di democrazia allinterno di una
societ di classe, sintende con ci soltanto la democrazia politica, cio la democrazia, che
propriamente non una democrazia e, pertanto, devessere superata, se si vuole la democrazia;
e che, invece, quando si parla di democrazia allinterno di uno Stato non di classe, sintende la
democrazia sociale, cio una democrazia che ancora non esiste, ma devessere conquistata, a
sua volta, se si vuole la democrazia
76
.

La democrazia sociale o non uno Stato? Adler risponde negativamente:

Le insufficienze e i guasti della democrazia possono essere superati solo dalla democrazia, se
essa non pi un fenomeno che trova la sua realizzazione nello Stato, ma una democrazia
effettiva e valida in se stessa. Anche qui si rivela la straordinaria forza del punto di vista
marxista che fornisce quella chiarezza indispensabile per non indicare con il medesimo
concetto di Stato due cose cos completamente diverse come lo Stato di classe democratico e
la democrazia senza classi
77
.

Ed vero, ma vero anche che non per questo la macchina ex-statale, con tutte le sue funzioni
accessorie, cessa improvvisamente di esistere, o che il vecchio apparato repressivo sar
necessariamente disposto a farsi da parte senza opporre resistenza. Tutto ci porta a ritenere ancora
fondamentale il ruolo del partito proletario, la parte pi cosciente della societ, nella progressiva

74
E. MANDEL, Trattato marxista di economia, vol. II, Erre Emme, Pomezia 1997, p. 1019.
75
Cfr. M. FRIGERIO, Rivoluzione e teoria marxista dello Stato e del diritto nelle opere di Stuka, Trotskismo oggi,
n. 3, gennaio 2013, pp. 46-58, qui p. 50.
76
M. ADLER, La concezione dello Stato nel marxismo, cit., p. 106.
77
Ibidem, p. 158.
21
disattivazione dellapparato repressivo, sempre pi inutile, e nello spingere in direzione della piena
realizzazione del comunismo, la libera associazione di produttori in cui si ha il superamento del
diritto uguale (borghese), del lavoro salariato e della subordinazione alla divisione del lavoro, e la
costrizione sociale limitata al livello che scaturisce unicamente dalle condizioni del lavoro sociale.
Il problema del partito dopo la rivoluzione si pu formulare nei termini seguenti:

Il proletariato realizza la sua dittatura per mezzo dello Stato sovietico. Il partito comunista il
partito dirigente del proletariato, e, conseguentemente, dello Stato del proletariato. La questione
consiste nel realizzare attivamente questo potere senza fondere il partito con lapparato
burocratico dello Stato, allo scopo di impedire che anche il partito venga esposto al rischio
della degenerazione burocratica
78
.

Il concetto non affatto scontato, se consideriamo che c chi pensa seriamente che in URSS si sia
estinto lo Stato a tutto vantaggio del partito Ma, esemplificando, se si lascia cadere in mare una
goccia dolio, il mare che diventa olio o lolio che si scioglie nel mare? Che in URSS sia stato il
partito a soccombere mi pare anche dimostrato dal fatto che i tentativi di democratizzazione dello
Stato sono sfociati nel populismo
79
.
Il punto che la rivoluzione comunista non un fatto ma un processo, e questo processo tuttaltro
che automatico e spontaneo: ci si riflette ovviamente anche sul problema dello Stato. Marx stato
molto chiaro in proposito, rimarcando che la libert consiste nel mutare lo Stato da organo
sovrapposto alla societ in organo assolutamente subordinato ad essa, e [] le forme dello Stato
sono pi o meno libere nella misura in cui limitano la libert dello Stato
80
. Perci, finch non si
arrivi ad organizzare la societ come una libera associazione di produttori, il ruolo del partito,
cio della parte pi cosciente e organizzata della societ, assolutamente fondamentale. Ed per
questo che lespressione estinzione dello Stato nella migliore delle ipotesi una formula infelice,
e nella peggiore un grave errore concettuale.
Adler riteneva che lespressione engelsiana dellestinzione dello Stato [] non molto felice, e
va di gran lunga posposta allespressione marxiana della distruzione della macchina statale
81
, ma
non perch d lidea di un processo spontaneo, bens per il suo sapore di gradualismo. Inutile dire
che la sua critica quindi del tutto sfuocata. Non chiaro, peraltro, con cosa Adler intendesse
sostituire la formula engelsiana, dato che, oltre alla distruzione della macchina statale suddetta,
ha citato la soppressione della forma politica dello Stato
82
ma in un altro passo,
contraddittoriamente, ha spiegato il dissolversi dello Stato come un processo di superamento
83
,
pur non usando questo termine.
Per quanto possa sembrare ingenerosa, invece, coglie senzaltro lessenziale la critica di Zolo, il
quale osserva che

la previsione di una scomparsa spontanea dello Stato (von selbst fallen), come conseguenza
della soppressione della produzione capitalistica e dellantagonismo fra le classi, sembra
ricondursi a un modello di semplificazione economicistica del nesso societ-Stato. Entro questo
modello la sfera della statualit viene assunta come espressione epifenomenica dei rapporti
economico-sociali e, correlativamente, la sfera della produzione viene intesa come principio
originario ed esclusivo di causalit sociale. In questo senso la previsione di un necessario von
selbst fallen dello Stato si rivela in continuit con il tema romantico e anarchico-utopistico della
superfluit (berflssigkeit) dello Stato rispetto alla societ civile, tema di cui []

78
L.D. TROTSKIJ, Nuovo corso, Samon e Savelli, Roma 1967, p. 54, corsivo mio.
79
Per una ricostruzione dei tentativi di democratizzazione da parte dei dirigenti sovietici e dei loro esiti si veda O.
CAPPELLI, Demokratizatsiya, Guida, Napoli 2004.
80
K. MARX, Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 28.
81
M. ADLER, La concezione dello Stato nel marxismo, cit., p. 238.
82
Ibidem, p. 237.
83
Cfr. ibidem, p. 248.
22
permangono nellopera politica giovanile di Engels ampie tracce teoriche, oltre che espliciti
riferimenti lessicali
84
.

Naturalmente per i marxisti linsieme dei rapporti di produzione il principio originario della
causalit sociale, ma lo solo in ultima istanza, cio attraverso le varie mediazioni sovrastrutturali.
Bisogna s rifiutare il volontarismo anarchico, ma senza commettere lerrore opposto di
sottovalutare o addirittura trascurare completamente il fattore soggettivo:

Non si tratta di scovrire e di determinare il terreno sociale solamente, per poi farvi apparir su
gli uomini, come tante marionette, i cui fili siano tenuti e mossi, dalla provvidenza non pi, ma
anzi dalle categorie economiche. Queste categorie sono esse stesse divenute e divengono, come
tutto il resto []. Si tratta, insomma, della storia, e non dello scheletro suo
85
.

In conclusione, la mia tesi che sia necessario espungere definitivamente linfondata teoria
saintsimoniana dellestinzione dello Stato dal corpus teorico del marxismo, e sostituirla con quella,
che ho cercato qui di delineare, del superamento dello Stato, lunica in materia che sia coerente
coi principi marxisti.



[ottobre 2014]

84
D. ZOLO, La teoria comunista dellestinzione dello Stato, cit., p. 218.
85
A. LABRIOLA, Del materialismo storico, Editori Riuniti, Roma 1974, p. 144.

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