Viale Tunisi 29 Siracusa 0931-412001 35193 (fax) Via Umberto 196 Catania 095-7465188 (tel. e fax) ettore@studiolegalerandazzo.it
IL DIFENSORE E LA CARCERAZIONE PREVENTIVA. ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALI E STRATEGIE DIFENSIVE
1) MISURA COERCITIVA ED EMERGENZA STRATEGICA. RIESAME E REVOCA. 2) LA DECISIONE DEL TDL FRA GIURISPRUDENZA E COSTITUZIONE. 3) LE INGIUSTIFICABILI MODALITA DELLA CARCERAZIONE * * * * * * * 1) Misura coercitiva ed emergenza strategica. Riesame e revoca. La fase delle indagini preliminari non solitamente quella di maggior impegno del difensore; che del resto interviene solamente alle attivit investigative partecipate e frequentemente quando appunto non ve ne siano- viene nominato al termine, proprio perch la prima notizia ricevuta dallindagato in quel caso proprio lavviso di conclusione delle indagini. Qualora per il difensore abbia ragione di temere una misura coercitiva, si impongono attenzioni e cautele straordinarie, non di rado in condizioni di autentica fibrillazione emergenziale. nostro dovere riconsiderare lopportunit di utilizzare subito argomenti ed elementi che ordinariamente avremmo riservato a una fase diversa da quella, prettamente inquisitoria, alla quale il difensore rimane estraneo. Il carcere, anche per pochi giorni, quasi per tutti pi gravoso di una condanna con la condizionale. Le nostre prigioni sono troppo spesso disumane, umilianti, persino indecenti: laltissima percentuale di suicidi accertati, alla quale devono aggiungersi quelli probabili e quelli tentati, un capo daccusa gravissimo, anche se quasi ignorato, anche a causa dellindifferenza di quasi tutti gli organi di stampa. Spetta quindi a noi avvocati recapitarlo ai responsabili (politici e istituzionali), nonch ribellarci, denunciare gli abusi, impugnare ove possibile, e sollevare questioni di legittimit costituzionale. Intanto, dobbiamo tentare di evitare la misura. E quindi valutare se non sia il caso di anticipare la difesa offrendo le nostre carte al pubblico ministero; magari la documentazione delle nostre indagini difensive, quando le abbiamo svolte utilmente. Altrimenti faremo memorie, o istanze, seppure con i limiti dipendenti dalla conoscenza dellipotesi di reato e dei fatti su cui si fonderebbe. Potremmo chiedere, ad esempio e qualora vi siano le condizioni, un interrogatorio che dia lopportunit di chiarire la condotta dellindagato; ovvero una perizia in incidente probatorio, con il vantaggio di far conoscere la nostra tesi al G.I.P. che un domani potrebbe trovarsi a decidere a seguito della temuta richiesta di misura coercitiva. Di certo c un forte rischio, del resto a noi ben noto, quello che di solito motiva la nostra prudenza: per affidarli al nostro avversario occorrerebbe che i 2
dati difensivi fossero difficilmente deformabili dalle inevitabili verifiche di polizia giudiziaria. Sotto un certo profilo (ch, per altro verso, non mancano le ansie e i tormenti professionali), le nostre difficolt sono minori e le decisioni strategiche sono meno complicate quando la misura coercitiva gi stata eseguita. Spesso, peraltro, linteressato non era a conoscenza del procedimento a suo carico e noi siamo stati appena nominati. In questo caso terremo conto di una serie di particolari, che magari faranno la differenza nelle nostre scelte. Innanzitutto, il tipo di detenzione, domiciliare oppure carceraria; quindi le qualit personali e le occupazioni lavorative dellindagato, i suoi eventuali precedenti, il tipo di reato. Esamineremo gli elementi di prova nei suoi confronti, ma non trascureremo una riflessione, talvolta decisiva, sullequilibrio dei magistrati competenti, inquirente e giudicante, nonch del tribunale del riesame. Le varie opzioni che si presentano non sono tutte in alternativa luna con laltra, ma vanno adottate con scrupolo e buon senso. Prima ancora di occuparci della soluzione strategica nel tentativo di risolvere lo stato detentivo, ci chiederemo se sia il caso di lasciar sottoporre lassistito allinterrogatorio di garanzia, anzich suggerirgli di avvalersi della facolt di non rispondere. E dunque quale sia la sua capacit di affrontare utilmente un interrogatorio, nonch se abbiamo avuto il tempo di leggere le carte, nonch di approfondire le tematiche in fatto e in diritto connesse alla contestazione. Pi specificamente, abbiamo argomenti che il giudice e il pubblico ministero non conoscevano, come elementi documentali e comunque determinanti per linnocenza dellindagato o quanto meno per insinuare dubbi allipotesi della sua colpevolezza? E linteressato in grado di (cio possiede self control e buon senso per) subire un interrogatorio spesso pressoch al buio, ossia senza aver avuto il tempo di esaminare gli elementi emersi nel procedimento? e poi, per quanto sia prevedibile, potr dare risposte idonee alle contestazioni plausibili, in definitiva a contrastare laccusa? Nei casi in cui il giudice abbia vietato i colloqui tra indagato in vinculis e difensore, quale reazione strategica naturale (di regola e salvo eccezioni, sempre possibili a causa della peculiarit di ogni vicenda giudiziaria) a questa - anche normativamente ingiusta- limitazione del diritto di difesa, consiglieremo al nostro di avvalersi della facolt di non rispondere, magari motivando espressamente e a verbale le ragioni del nostro consiglio. Naturalmente, sar ancora pi difficile ottenere una revoca della misura coercitiva dallo stesso Gip che lha adottata e che non riceve chiarimenti. In questo caso, almeno in quel momento, si punta soltanto sul riesame. Se permangono dubbi sullopportunit di assumere una posizione cos drastica, pu ricorrersi a una strategia intermedia (quando ve ne sia il tempo e si conoscano di gi i dati da opporre alla tesi del PM): presentare una memoria difensiva alla quale lindagato potr riportarsi nellavvalersi della facolt di non rispondere. In essa, pi prudentemente, si possono almeno spiegare le nostre ragioni. Se si tratta di detenzione in carcere, in ragione dellurgenza di eliminare le sofferenze che essa comporta, potremmo presentare listanza di revoca anche dettandola a verbale al termine dellinterrogatorio, qualora avessimo la 3
sensazione che le risposte del nostro assistito siano state convincenti (quanto meno sullinsussistenza delle esigenze cautelari), e/o che il giudice fosse comunque ben disposto. Valuteremo, in tal caso, lopportunit di formalizzare richieste subordinate, ossia di attenuazione della misura. Che da un canto offrono al giudice soluzioni compromissorie, pi facili da adottare; ma dallaltro indeboliscono la tesi principale, potendo mostrare una scarsa fiducia nella nostra stessa istanza. Anche in questo caso, lesperienza e lintuito del difensore sul campo valgono molto di pi di elucubrazioni astratte come queste. Non detto che vi siano le condizioni per presentare listanza di revoca e/o di attenuazione della misura. N che la sua presentazione abbia serie probabilit di convincere il giudice, che -in mancanza di novit difensive di effettivo rilievo- non ammette facilmente di avere sbagliato. Rimane il tribunale della libert, spesso pi adatto a valutare la ricorrenza di gravi indizi ed esigenze cautelari, se non altro perch non si ancora espresso ed (dovrebbe essere) privo di pregiudizi. Bisogna, tuttavia, tener conto anche delleffetto negativo che avr leventuale rigetto della richiesta di riesame. Quanto meno per il giudice che ha emesso lordinanza, il quale potr rispondere alle nostre successive istanze di revoca o attenuazione della misura che il suo provvedimento stato confermato dallorgano competente e che non ci sono fatti nuovi tali da giustificare una scarcerazione. Eppure, la richiesta di riesame quasi sempre un passaggio obbligato. A meno che non vi siano concrete speranze, magari grazie ai chiarimenti forniti dallindagato nellinterrogatorio, di ottenere rapidamente una revoca, oppure al contrario- che sia decisamente da escludere (per la gravit del delitto contestato, per la certezza gi acquisita della responsabilit, per i precedenti, etc.) un provvedimento de libertate favorevole. La richiesta di riesame pu presentarsi, per accorciare i tempi, anche senza motivazione. Del resto, passa qualche giorno prima di avere la copia degli atti ed averli studiati. allora preferibile presentare una memoria poco prima o durante ludienza dinanzi al tribunale del riesame. La memoria riguarder, di regola, la configurabilit sia dei gravi indizi che delle esigenze cautelari. E la trattazione dei gravi indizi, quasi sempre, dovr farsi con cura, nonostante la improbabilit che il tribunale accolga la nostra richiesta relativamente agli stessi. Pi frequente, nella casistica infrequente dellaccoglimento, lannullamento dellordinanza custodiale limitatamente alle esigenze cautelari. Cos non si vanifica il lavoro dei colleghi pubblico ministero e giudice, soprattutto del primo, che ha condotto le indagini. Tuttavia, la decisione, magari pi diplomatica, sullinsussistenza delle esigenze scaturisce dalla constatazione di unaccusa debole e non del tutto convincente. Al proposito, quando le esigenze indicate in ordinanza possono essere salvaguardate con un intervento anche successivo del nostro assistito, sar nostra cura suggerirlo. Ad esempio, il pericolo di reiterazione dipendente da una funzione o da una carica pu essere eliminato con le dimissioni o il trasferimento ad altro ufficio; il pericolo di inquinamento probatorio viene meno, oltre che con lo scadere del termine assegnato dal giudice per le indagini, con lammissione dei fatti, ove la strategia difensiva lo suggerisca. 4
Leventuale ricorso per cassazione, con le ridottissime probabilit di accoglimento, si fa spesso per dare una speranza a chi soffre lo stato detentivo e nello stesso tempo per lasciare uno spiraglio: non si sa mai. Nel frattempo, la difesa si attiver per quel che pu: si svolgeranno se ce ne sono le condizioni- indagini difensive, si approfondiranno argomenti e questioni giuridiche da sottoporre al giudice. Al quale si potr sempre chiedere una revoca o unattenuazione della misura. A questo fine spesso determinante il parere del pubblico ministero, con il quale, sempre che sia dialogante e leale, potr parlarsi della vicenda. Purch lo si faccia con dignit e professionalit, certamente non rinunciabili in nessun caso. Talvolta, dal colloquio con il nostro antagonista potranno venir fuori spunti difensivi interessanti e utili anche ai fini della libert del nostro assistito. In ogni caso, non sembra che ci siano reali controindicazioni a percorrere anche questa via. Alleventuale rigetto del giudice del riesame seguir spesso il ricorso per cassazione, strumento ancora pi arduo perch neutralizzato da unaltissima probabilit di esito negativo. Eppure continuiamo a utilizzarlo frequentemente per varie ragioni. Non solo perch non giusto rinunciare alla speranza (e soprattutto privare il detenuto della speranza); ma anche perch, talvolta, nonostante sia ben nota la riluttanza anche ingiustificata- della Corte di cassazione agli accoglimenti, il ricorso va fatto per scongiurare uno sgradevole, e non rarissimo, infortunio professionale: il coindagato nella stessa posizione propone limpugnazione e, a seguito del giudizio cassazione o di quello di rinvio, ottiene lannullamento dellordinanza custodiale. Come giustificheremo professionalmente- la nostra posizione, che a quel punto apparir rinunciataria ed errata? Un rimedio improprio e pieno di ovvie controindicazioni (umane e strategiche), ma che potrebbe evitare lemissione della misura ovvero il suo permanere, la confessione. Innegabilmente, le condizioni psicologiche di molti indagati sono tali da renderli disposti a tutto, pur di venir fuori dalla galera o dall'incubo di subirla. Di questo stato danimo approfittano alcuni inquirenti, che talvolta nel barattare la libert non si accontentano della confessione, pretendendo invece la chiamata di correo. Dopo lesecuzione di una misura coercitiva il difensore sa che le sue iniziative potrebbero essere determinanti per la libert del suo assistito. E si trova subito dinanzi a unalternativa, anche se non lo in senso strettamente tecnico: istanza di revoca della misura o richiesta di riesame. Certo luna non esclude laltra, almeno sul piano procedurale. Naturalmente sconsigliabile, di solito, inoltrare contemporaneamente le due istanze: un doppio rigetto sarebbe nefasto e potrebbe sancire un prolungamento della condizione detentiva. Viceversa, se durante un interrogatorio di garanzia particolarmente propizio vi fossero stati segnali positivi da parte del giudice si potrebbe chiedere, in certi casi anche dettando a verbale al termine dellinterrogatorio, la revoca o lattenuazione della misura. Ove il giudice la dovesse respingere, con ogni probabilit saremmo ancora in tempo per proporre la richiesta di riesame, sempre che ne valutassimo lopportunit. Nella maggior parte dei casi, per, in cui manca qualsiasi segnale (positivo, sintende), conviene proporre richiesta di riesame e poi, in caso 5
di rigetto, indipendentemente dalleventuale ricorso per cassazione si potrebbe riprovare a far valere a sostegno di unulteriore istanza di revoca il decorso del tempo e magari il venir meno dellesigenza cautelare che ha motivato la restrizione personale. Tranne che ci si trovi dinanzi a vicende di straordinaria gravit, non pu mostrarsi all'assistito rassegnazione nei confronti del provvedimento. La doverosa sincerit, che non consente di illudere ingiustamente linteressato, va modulata con lumana comprensione nei confronti di chi non pu esser privato della speranza, sempre che con essa non contrastino decisamente il titolo di reato, lo stato del processo o altre situazioni oggettive. L'assistenza dell'avvocato, durante una misura coercitiva personale, si estende alle visite in carcere o a casa (se il cliente agli arresti domiciliari), le quali hanno -soprattutto, ma non esclusivamente- una finalit difensiva. Occorre prepararsi a impugnare l'ordinanza o a sollecitarne la revoca, e i dati che pu fornire l'interessato, specie quando non abbia avuto occasione di incontrarsi con l'avvocato prima dell'esecuzione della misura, sono irrinunciabili. Non per nulla trascurabile, tuttavia, la funzione assistenziale (nella migliore accezione del termine) della visita del difensore, il quale l'unico a poter dare al detenuto le informazioni e le rassicurazioni del caso. Non di rado la vicenda giudiziaria si chiarisce quasi da sola, ma il cliente manterr (a volte) una grande gratitudine per il suo avvocato, se questi gli sar stato vicino in quei momenti. Nei quali necessario barcamenarsi abilmente tra due pericoli non indifferenti per il rapporto professionale, e per quella porzione di serenit del detenuto che sia compatibile con la restrizione della libert. Il pericolo pi grave quello di coltivare ingiustificate speranze, con le conseguenti prostrazioni, in chi verosimilmente destinato a subire gravissime delusioni. L'altro pericolo nell'illustrare la situazione al cliente, quello di convincerlo della eccessiva gravit della sua posizione processuale, o peggio dell'incapacit del difensore di risolverla positivamente. Si rischia, insomma, di sfiduciarlo, con la conseguenza di essere a nostra volta da lui sfiduciati. La correttezza nella esposizione della situazione processuale non deve, insomma, degenerare nelleccessivo pessimismo. In entrambi i casi, nonostante unineccepibile condotta del difensore, si possono ben verificare gli inconvenienti sopra ricordati. Ci dimostra che non c' unindicazione sicura per ogni situazione, ove per sicurezza si intenda il conseguimento garantito di un risultato soddisfacente; ma anche che la nostra professionalit si individua e si esaurisce nella predisposizione diligente, tecnicamente e deontologicamente corretta, di ogni mezzo consentito dalla legge per la migliore esplicazione del mandato. Il risultato, in definitiva, non dipende da noi, n possiamo rispondere degli errori altrui. Sempre che abbiamo fatto adeguatamente quello che era di nostra competenza.
Al Tribunale del riesame si produrr una memoria a sostegno della richiesta nonch, se del caso, la documentazione nel frattempo acquisita: 6
documenti, relazioni di consulenza tecnica, verbali di indagini difensive. Non certo il momento di tenere strategicamente riservata la nostra linea difensiva. Il nostro assistito in stato detentivo, quindi versa nelle condizioni peggiori: occorre intervenire subito e tentare il possibile per ottenerne la libert. ovvio che, se vi fossero elementi testimoniali che potessero chiarire la posizione del cliente, l'avvocato ne dovrebbe mettere a conoscenza l'autorit giudiziaria. Ove vi fossero indagini difensive che opportunamente avessero raccolto le relative dichiarazioni, sarebbe proprio il momento di produrne la documentazione. Quando va bene, sebbene vi sia qualche illuminata eccezione, il tribunale del riesame annulla lordinanza per insussistenza delle esigenze, quasi mai per insussistenza dei gravi indizi. Ci non dipende affatto dalla frequente fondatezza della tesi daccusa, bens principalmente da due fattori pratici: lesame degli atti, quasi sempre insieme ad altre decine di casi, tutti da decidere in tempi brevissimi, inevitabilmente sommario, il che induce i giudici ad esser attenti nel giudicare la consistenza della tesi daccusa (che concretamente, in tal modo, beneficia di una sorta di anomala presunzione di colpevolezza); limitandosi a escludere le esigenze cautelari, si perviene ugualmente alla scarcerazione senza per sconfessare le indagini e i colleghi che hanno rispettivamente chiesto ed emesso lordinanza custodiale. Nonostante queste devianze, purtroppo molto diffuse, la valutazione dei gravi indizi ha il suo peso nella decisione: il tribunale, infatti, sar pi bendisposto a tener conto positivamente della prospettazione difensiva in ordine alle esigenze cautelari qualora siano quanto meno sorti ragguardevoli dubbi sulla ricorrenza degli indizi. una giustizia sui generis, quasi salomonica; ma non se ne pu negare lesistenza. Ne consegue che la memoria da produrre al Tribunale della libert, anche quando (magari per ragioni attinenti alla fattispecie) vi sia una piena consapevolezza della forte improbabilit di ottenere un accoglimento motivato dallinsussistenza dei gravi indizi, dovr occuparsi degli stessi, oltre che delle esigenze. Manco a dirsi, ci non vale quando ci si trovi di fronte a un reo confesso, a un arresto in flagranza, o ad altre situazioni sotto il profilo probatorio estreme. Quanto alle esigenze, si deve riconoscere e premettere pragmaticamente come gli sforzi del legislatore di ridurre labuso della custodia cautelare siano largamente vanificati da una prassi applicativa sconfortante. Che ignora, o distorce con arzigogoli metagiuridici, i requisiti (soprattutto quello della concretezza del pericolo, di fuga, di inquinamento probatorio o di reiterazione che sia). Di fatto, e al di l dalle eccezioni che ci regala una parte della giurisprudenza, sia di merito che di legittimit, il giudice emette lordinanza motivando principalmente sugli indizi, laddove le esigenze vengono liquidate con formule di stile. Talvolta, linsuccesso parziale di una decisione che mitiga lo stato detentivo trasformandolo in arresti domiciliari solo apparente; esso merita in molti casi, e prima di ricorrere contro la decisione o proporre unistanza di revoca al giudice competente, qualche riflessione pi meditata. Alcune vicende giudiziarie sono connotate da prognosi infauste, 7
ovvero da probabilit consistenti di una condanna finale a pena detentiva effettivamente da scontare. Si pensi ai reati di mafia, o sessuali in cui le misure alternative alla detenzione sono decisamente compresse. Per il caso che il processo si concluda con una condanna, non sarebbe utile avere scontato la pena, almeno in parte? Non consigliabile per il nostro assistito, dunque, tentare di ottenere lautorizzazione al lavoro, che trasforma in sanzione ben pi sopportabile quella che un domani sar computata come pena detentiva? La vera difficolt mettere a parte lassistito di queste strategie e avere la sua condivisione. comunque opportuno spiegargli pazientemente e coinvolgerlo nella nostra decisione. Qualora anche il tribunale del riesame si pronunciasse, in tutto o in parte, negativamente, bisognerebbe chiedersi se sia opportuno ricorrere per cassazione. Se la motivazione lascer spazi per un vaglio di legittimit, e sempre che non ci siano controindicazioni, il difensore consiglier di proporre il ricorso, pur dovendo precisare allinteressato che un esito positivo del giudizio di cassazione in genere davvero improbabile. In effetti, ben di rado la Corte di legittimit accoglie il ricorso, e ci non sempre dipende da uneffettiva inammissibilit o infondatezza del gravame. Si ha piuttosto limpressione che la politica dissuasiva del giudice di terzo grado condizioni sempre pi le sue decisioni. Non possiamo arrenderci, per, e tanto meno rassegnarci. E soprattutto dobbiamo tener conto dei tanti magistrati scrupolosi che, soprattutto in tema di libert personale, ci riconciliano con il senso della giustizia.
2) La decisione del Tdl fra giurisprudenza e costituzione. Altro percorso che spesso si apre e che non possiamo omettere linefficacia della misura cautelare ex art. 309, commi 9 e 10, c.p.p., secondo cui: (Comma 9) Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare linammissibilit della richiesta, annulla riforma o conferma lordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso delludienza. Il tribunale pu annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole allimputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero pu confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento impugnato. (Comma 10) Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, lordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia. La lettura delle previsioni de quibus evidenzia come il legislatore abbia voluto ancorare la decisione del Giudice alla richiesta di riesame dellindagato od imputato a due presupposti assolutamente indefettibili. Il primo attiene alla trasmissione degli atti alla cancelleria del riesame entro cinque giorni dalla richiesta di riesame. Il secondo prevede che il tribunale del riesame debba adottare la decisione entro dieci giorni dalla data di trasmissione degli atti. Al riguardo, deve rilevarsi che entro il predetto termine di dieci giorni va depositata lordinanza nella sua completezza, tra laltro in quanto per tale tipo 8
di provvedimento le norme non prevedono -come per le sentenze- la separabilit della parte dispositiva da quella motiva. Viceversa, assai spesso, per ragioni connesse a una pendenza rilevante di fascicoli da esitare, il Tdl scinde i due momenti (e dunque anche lordinanza con la quale si pronuncia), limitandosi a rispettare il termine di legge esclusivamente per il dispositivo e rinviando sostanzialmente sine die il deposito della motivazione Ad avviso della giurisprudenza anche di legittimit pressoch costante, una simile interpretazione dellart. 309, comma 10, c.p.p., assolutamente conforme al dettato normativo. Questo orientamento interpretativo, sostanzialmente inaugurato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione del 25.3.1998 n. 11, sostiene che per la valutazione delleventuale inefficacia del provvedimento che dispone la misura coercitiva personale (appunto per omessa decisione del tribunale sulla richiesta di riesame entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti) deve farsi riferimento alla data della deliberazione, il cui dispositivo sia stato depositato in cancelleria, e non alla data di deposito dellordinanza, completa di tutti i suoi elementi, e quindi anche della motivazione, che invece dovrebbe essere depositata entro cinque giorni dalla deliberazione, a norma dellart. 128 c.p.p.. Infatti, secondo la Corte, mediante tale deposito si rende certo per gli interessati che la decisione -con quel determinato, irreversibile contenuto- intervenuta nel termine e si rende altres possibile ladozione degli eventuali conseguenti provvedimenti: la motivazione dellordinanza di riesame, viceversa, in applicazione della norma in generale sul procedimento camerale di cui allart. 128 c.p.p., pu essere depositata, senza influenza alcuna sullefficacia della misura, nel termine ordinatorio- la cui osservanza tuttavia doverosa per il giudice ai sensi dellart. 124 c.p.p.- dei cinque giorni successivi alla deliberazione predetta. Questa innovativa, e regressiva, interpretazione giurisprudenziale naturalmente stata accolta da tutti i tribunali del riesame come un insperato nulla osta al deposito della motivazione sostanzialmente senza limiti temporali, posto che lart. 124 sulla responsabilit disciplinare forse la norma in assoluto pi disapplicata del codice di rito. Essa tuttavia contrasta tanto con linterpretazione sistematica e letterale della disciplina in questione, quanto con i principi costituzionali e con le norme comunitarie, in definitiva con i diritti primari della persona. Infatti, le norme di cui allart. 309, comma 9 e 10, c.p.p. non consentono in alcun modo di sostenere n che la decisione priva della motivazione risponda alle garanzie difensive, n che la motivazione possa depositarsi entro i cinque giorni (termine ordinatorio, e nella prassi spesso canzonatorio, per dirla con il Prof. Satta) stabiliti dallart. 128 c.p.p.. Ci si desume chiaramente dalla lettura della norma, dato che non richiamata per quanto riguarda la decisione n la disciplina dellart. 544 c.p.p. n quella dellart. 127 c.p.p.; norma, questultima, che invece espressamente richiamata per il giudizio in cassazione, ex art. 311, comma 5, c.p.p.. Peraltro, lart. 128 c.p.p. non consente affatto la scissione tra dispositivo e motivazione. Non pu condividersi, inoltre, largomento secondo cui il mancato richiamo al termine ordinanza nella disciplina di cui allart. 309, comma 10, c.p.p., legittimerebbe il tribunale del riesame a depositare la sola parte dispositiva. Il 9
riferimento nominativo allordinanza non esiste neanche per le decisioni del G.I.P. in materia di revoca o sostituzione della misura (art. 299 c.p.p.), ma ci non consente di dubitare che i provvedimenti in questione siano ordinanze. Si osserva, piuttosto, come il nostro codice di rito, nel caso in cui sia prevista una decisione del giudice con ordinanza, non consenta che essa sia depositata senza motivazione. Il mancato deposito della motivazione entro i termini di cui allart. 309 c.p.p. preclude allindagato non solo il fondamentale diritto di proporre ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame, ma anche il diritto di ottenere una pronuncia, seppure incidentale, in tempi ragionevoli. Diritto questultimo pacificamente riconosciuto dalla Corte di cassazione, fin dal momento in cui ad un soggetto venga mossa una contestazione, e quindi anche nelle indagini preliminari; segnatamente, ad avviso della Corte suprema, in tema di equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001, nella valutazione della durata del processo penale si deve tener conto della fase delle indagini preliminari solo dal momento in cui l'indagato abbia avuto concreta notizia della pendenza del procedimento nei suoi confronti (Cass. Civ., sez. I, 29.4.2010 n. 10310). Giova evidenziare come l'impianto normativo del codice di rito, in materia di misure cautelari, non sia strutturato in maniera tale da consentire al Tribunale del riesame come per le sentenze- la separabilit della parte dispositiva rispetto alla parte motiva. Dal tenore letterale dell'art. 309, c. 9 e 10, si evince invece che il tribunale del riesame ha lobbligo di depositare la decisione entro dieci giorni dalla ricezione degli atti in cancelleria. La decisione non pu ritenersi completa, ai fini del rispetto dei termini di cui alla norma citata, con il solo dispositivo. Ci presupporrebbe che il deposito della motivazione successivamente alla decisione trovasse la sua disciplina negli art. 544 e 128 c.p.p. Infatti, un simile richiamo non espressamente previsto dallart 309 c.p.p., a differenza del giudizio in Cassazione, posto che lart. 311, comma 5, c.p.p. cos recita: La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme dellart. 127 c.p.p.. Peraltro, il legislatore, in materia di misure cautelari, quando ha voluto stabilire dei termini ordinatori lo ha fatto espressamente, come nellart. 299 c.p.p. Pertanto, escludendo linefficacia dellordinanza custodiale si incorrerebbe in una ingiustificata violazione di legge. Innanzitutto, perch ci potrebbe implicare che lesercizio del diritto di impugnazione ed il conseguente giudizio possano fissarsi quando gi i termini di fase o massimi di custodia cautelare siano ampiamente scaduti; con la conseguenza che lindagato od imputato possa subire il mantenimento della custodia cautelare senza conoscerne le ragioni e senza potere esercitare il diritto di impugnazione. In questo modo, si applicherebbe al giudizio cautelare, una norma prevista per il giudizio di primo grado, laddove il contesto e i canoni procedurali non possono che essere diversi. In particolare, si estenderebbe la disciplina di cui allart. 544 c.p.p. al giudizio cautelare, senza che ci sia espressamente previsto e senza che parimenti si riconosca al ricorrente leffetto sospensivo dellimpugnazione. Inoltre, la possibilit di depositare la motivazione entro il termine ordinatorio previsto dallart. 128 c.p.p. nel giudizio cautelare consentirebbe il permanere della restrizione della libert personale nonostante 10
il gravame senza un provvedimento motivato, sicch si incorrerebbe in una palese violazione dellart. 13 della Costituzione. Peraltro, il diritto di difesa soffre di indebite restrizioni, anche alla luce del fatto che il suo "titolare" viene privato della possibilit sia di conoscere in tempi rapidi le ragioni che giustificano lapplicazione di una misura custodiale, sia di potere avvalersi delle garanzie fondamentali attraverso limpugnazione del provvedimento del Giudice, e di poterlo fare in tempi ragionevoli. Ne deriverebbe -incontestabilmente- una gravissima "compromissione" tanto dellart. 111 Cost., quanto del principio di cui al comma 2 dell'art. 24 Cost. Inoltre, non pu non rilevarsi come la disciplina delle misure cautelari preveda ladeguamento del codice di rito ai principi costituzionali e alle convenzioni internazionali. Nellambito di tale normativa verrebbe in particolare rilievo lart. 5, 4, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, sottoscritta a Roma il 4.11.1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4.8.1955 n. 848; disposizione la cui inosservanza porrebbe la norma interna in contrasto con lart. 117 Cost., primo comma, che impone al legislatore ordinario di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.
Lart. 5, comma 4, della Convenzione prevede che ogni persona privata della libert mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso ad un tribunale, affinch decida entro breve termine sulla legittimit della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione illegittima . La Corte di Giustizia Europea, al proposito, ha significativamente sancito: seppure sia vero che la disposizione in questione non costringe gli stati contraenti ad instaurare un doppio grado di giurisdizione per lesame della legalit della detenzione tuttavia, uno stato che si dota di tale sistema deve normalmente accordare ai detenuti le stesse garanzie tanto in appello che, in prima istanza, lesigenza del rispetto del breve termine costituisce senza dubbio una di queste (Navarra c. Francia, sentenza del 23.11.1993, serie A n273-B, p.28, e Singh c. Repubblica ceca n 60538/00 74 25.1.2005; vedi anche Rizzotto c. Italia n 15249/06-24.4.2008; Corte europea diritti delluomo, 9 giugno 2005, n. 42644, P. c. Italia). Ancora la Corte europea per i diritti delluomo, sez. II, 4 marzo 2008, n. 63154, Marturana c. Italia, ha ribadito che si determina una violazione del paragrafo 4 dell'art. 5 Cedu, in quanto la norma convenzionale garantisce il diritto ad ottenere un giudizio "de libertate" in un tempo ragionevolmente breve. Ora, seppure la Cedu non imponga agli Stati di prevedere in materia un doppio grado di giudizio, tuttavia ove l'ordinamento interno lo preveda, questo meccanismo di garanzia non pu tradursi in un ritardo tale da determinare la sostanziale violazione della norma convenzionale. Da qui l'accertamento della violazione per avere la Cassazione deciso nelle relative procedure dopo cinque e dopo otto mesi dal ricorso.
Quali che siano le discettazioni giuridiche, resta il fatto che il detenuto in attesa di giudizio pu attendere un deposito sine die per impugnare lordinanza di rigetto della sua richiesta di riesame. Si coglie immediatamente, seppure nascosta dagli arzigogoli pi raffinati, lingiustizia di interpretazioni dettate 11
dallesigenza pratica di far fronte a unemergenza numerica di fascicoli da smaltire spesso effettivamente spropositata; esse, infatti, da un canto si materializzano in una sostanziale legiferazione in supplenza da parte della magistratura, con effetti devastanti per lequilibrio democratico dei poteri dello Stato; dallaltro, presentano il conto dei guasti di una pendenza intollerabile proprio alla persona che tutta la disciplina, costituzionale, convenzionale, ordinaria, vuole e deve tutelare: lindagato/imputato in vinculis. In adempimento, per quel che riguarda la nostra funzione, del nostro dovere di reclamare le ragioni della legalit, spetta a noi difensori proporre ogni opportuna eccezione e opposizione, e in specie la questione di legittimit costituzionale dell'articolo 309, commi 9 e 10, c.p.p., in relazione agli artt. 3, 13 c. 2, 24 c. 2, 111 e 117 della Costituzione. Insomma, ciascuno deve assumersi le sue responsabilit. Noi per primi.
3) Le ingiustificabili modalit della carcerazione. Una delle lacerazioni pi dolorose della nostra civilt il carcere, laddove le ordinarie condizioni di vita dei reclusi meriterebbero rapporti simili a bollettini di guerra: strutture inadeguate, soprusi e vessazioni inconcepibili, spazi pro-capite indecorosi, igiene spesso indecente, organici insufficienti, trattamento disumano e degradante. E soprattutto, conseguentemente a un ospitalit che comprime talmente la dignit personale da sfiorare oggettivamente (seppure debba presumersi non intenzionalmente) la tortura, si annotano un suicidio (accertato) ogni cinque giorni, un morto ogni due. Decessi ancora pi gravi perch sepolti dal silenzio quasi assoluto dei media e dalla nostra indifferenza. Il cronista obietter che questi gesti, pur estremi, non fanno ormai notizia perch ce ne sono troppi, mentre invece dovrebbero indurci a riflettere proprio le dimensioni di queste decisioni estreme, che si traducono in tragiche denunce dei torti subiti. Ormai Voltaire, secondo cui la civilt di un popolo si saggia visitando le sue carceri piuttosto che i suoi bei palazzi, non pu vedere le nostre carceri. Noi s. Almeno possiamo informarci, documentarci sui loro orrori, anche se pi comodo rimuovere il problema, ovvero non riconoscerlo come tale. I precetti costituzionali di riferimento (articoli 13 e 27, soprattutto: inviolabilit della libert personale, funzione rieducativa della pena e presunzione di innocenza) vengono calpestati sfrontatamente, persino in certi interventi normativi poi ratificati, con una certa fatica e molte alchimie giuridiche, dalla Consulta. Astrattamente vengono richiamati presupposti solo virtuali: eccezionalit del carcere, qualit e finalit della pena. Se si raffrontassero i principi con la rude concretezza della realt, ci si dovrebbe chiedere piuttosto come si siano consentite certe barbarie. Listintiva e in certi casi deleteria assuefazione del genere umano a quel che non facilita la valutazione di fatti e di previsioni normative stridenti con levoluzione astratta dei diritti della persona. In altri paesi in ci pi progrediti, il giudizio sulla colpevolezza viene distinto da quello sulla sanzione da infliggere specificamente a chi venga condannato. A questa fondamentale decisione, che tiene conto di quel condannato con laiuto di psicologi ed altri esperti che si occupino di lui, si 12
dedicano apposite udienze. Ovvio, no? Certo, ma il nostro codice non lo prevede: ce n traccia soltanto nel processo nei confronti dei minorenni e in quello dinanzi al giudice di pace. Eppure la personalizzazione della pena uno dei cardini della rieducazione costituzionalmente sancita. Per non dire della stolta, abituale e vietata promiscuit tra giudicandi e definitivi, compresi quanti abbiano nella loro scheda quel fine pena mai la cui sola lettura dovrebbe far rabbrividire persino quegli spericolati equilibristi del diritto che riescono a sostenere la compatibilit dellergastolo con la funzione rieducativa della pena. Ebbene, ai detenuti in attesa di giudizio viene sostanzialmente inflitta una pena in corso di causa che nella maggior parte dei casi, in considerazione dellesito del processo (assoluzione, prescrizione, sospensione condizionale, indulto, affidamento in prova al servizio sociale e misure alternative alla detenzione in genere), non avrebbero dovuto espiare. Le tematiche carcerarie sono tante che si corre il rischio di rimanere in superficie. Senza illudermi di essermene affrancato, ho comunque preferito concentrarmi su un profilo specifico. Peraltro fondamentale, oltre che da tempo curiosamente trascurato: la detenzione in attesa di giudizio (perch di detenzione si tratta, anche se ci si curati di aggiornare almeno la denominazione; infatti, lultimo degli scrupolosi eufemismi del nostro legislatore la chiama misura coercitiva personale). La privazione della libert personale, anche se si riuscisse a garantire modalit meno afflittive di quelle carcerarie, per chi la soffre profondamente ingiusta e contrasta irrimediabilmente con la presunzione di innocenza di cui, astrattamente e in ossequio a principi di rango costituzionale, si beneficerebbe. Subire una permanenza in carcere nonostante la responsabilit sia tutta da accertare inutile e dannoso anche per la societ, oltre che di per s profondamente ingiusto e irrazionale. Vi siamo ormai talmente abituati che non ci chiediamo pi per quali ragioni una persona sottoposta ad indagine venga a volte (troppe volte) rinchiusa in una patria galera, dove la attende la stessa barbara accoglienza riservata ai condannati, peraltro anchessa costituzionalmente illegittima perch disumana e non ispirata affatto alla rieducazione in vista del reinserimento sociale. Lart. 13 della nostra carta costituzionale, tanto ammirata ed invidiabile quanto in alcune parti dimenticata, o meglio arbitrariamente ibernata in attesa di tempi migliori, in effetti ci rassicurerebbe sancendo che la libert personale inviolabile, che punita ogni forma di violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libert. Si proclama, dunque, lintangibilit della libert personale bandendo ogni forma di violenza nei confronti dei detenuti. Per individuare le modalit della carcerazione preventiva se ne devono accertare la ratio e lo scopo. Senza dimenticare che lindagato innocente fino alla condanna definitiva. Un innocente con il quale probabilmente ovvero nellipotesi pi frequente, quella dellassoluzione- dovremmo poi scusarci di averlo incriminato sconvolgendogli la vita. E ci senza risarcirlo della detenzione subita (che darebbe luogo a una modesta riparazione, peraltro limitata da alcune singolari interpretazioni giurisprudenziali), n rimborsargli le stesse spese legali che ha sostenuto per 13
difendersi da unaccusa risultata ingiusta; incredibilmente senza consentirgliene nemmeno la detrazione fiscale. per vero che la societ debba tutelarsi, evitando che lindagato in libert continui a rappresentare pericoli di vario tipo. Anche senza approfondire in questa sede la relativa tematica, rimarrebbe comunque necessario esaminare le modalit restrittive di questa tutela e quindi la loro conciliabilit con i principi fondamentali dellordinamento. Lart. 272 c.p.p. stabilisce che le libert della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo. Sempre che vi siano gravi indizi di colpevolezza (art. 273) e si tratti di reati compresi in una certa fascia di sanzione detentiva, secondo il successivo art. 274 necessario riscontrare concretamente nella fattispecie lesigenza di ovviare ad almeno uno dei seguenti pericoli: di inquinamento probatorio (lettera A), di fuga (B), o di reiterazione di reati (C). Ci sempre che lindagato si trovi nel binario giusto. Gravano infatti sulla nostra disciplina leggi eccezionali sfociate nel cosiddetto doppio binario procedurale, una trovata non proprio liberale secondo cui per chi indagato di reati di un certo tipo si presume (tra le altre previsioni poliziesche) che sussistano tutte e tre le esigenze cautelari, e dunque a meno che non si riesca fornire la prova (di solito diabolica) della loro insussistenza- la valutazione dei gravi indizi giustifica da sola la detenzione in attesa di giudizio Qui dovremmo dare conto di strettoie normative particolarmente sconfortanti, armoniosamente inflitte da tutti gli schieramenti politici del Parlamento, grazie a una legge emergenziale, dapprima temporanea e ora stabilizzata, che ha introdotto il famigerato articolo 41 bis nellordinamento penitenziario, con i suoi divieti ulteriormente brutali e umilianti anche per quanti di delitti mafiosi sia soltanto indagato. A chi si appelli alla gravit del fenomeno mafioso va ricordato che uno stato di diritto si differenzia da un regime autoritario per lattuazione concreta dei proclami in tema di giustizia e libert pressoch uguali per grandi linee; ovvero, perch reagisce ad eventi criminali eccezionali senza ricorrere a rimedi lontani dal sistema costituzionale, ma anzi rivendicandone la valenza. La prassi giudiziaria, deformando lo spirito e la lettera di un intervento legislativo che invece intendeva contenere gli eccessi della carcerazione preventiva, tende a ravvisare troppo spesso la concretezza di questi requisiti, sicch la misura coercitiva de qua ormai cos diffusa che in molte strutture carcerarie miste il numero dei giudicandi supera quello dei definitivi. Eppure ci sarebbero, oltre alle misure interdittive spesso pi che sufficienti, diverse misure cautelari meno afflittive e idonee a tutelare le esigenze indicate nellart. 274: dagli arresti domiciliari ai braccialetti, dal divieto allobbligo di dimora. Il carcere, che pure secondo i benpensanti dovrebbe esserlo, non affatto lextrema ratio. Il nostro sistema giudiziario complessivo, ormai inondato da una moltitudine ingestibile di cause, si regge su decisioni provvisorie e urgenti in ogni settore (in sede penale la custodia cautelare appunto, in sede civile i provvedimenti di urgenza di vario genere, in sede amministrativa la cosiddetta 14
sospensiva). Il che stride fortemente con i canoni giuridici, ai quali nellurgenza si d solo unocchiata; con le conseguenze inevitabili sulla qualit dei provvedimenti giudiziali, specialmente per quel che attiene allanticipata privazione della libert. A questo punto, la domanda : se vero che il nostro sistema governato dalle garanzie costituzionali, prime tra tutte la libert personale e la presunzione di innocenza, per quale motivo la societ non si limita a tutelarsi limitandosi a neutralizzare le eventuali potenzialit delittuose, bens prevede il carcere e il nostro carcere!- durante laccertamento processuale delleventuale colpevolezza, peraltro presuntivamente esclusa dallart. 27? Non affatto scontato, invero, che la salvaguardia della collettivit possa ottenersi solamente sospendendo cos pesantemente le garanzie della persona. Per far fronte alle tre esigenze cautelari sopra indicate, nellipotesi da considerarsi residuale- in cui non siano sufficienti misure meno gravi, basterebbe una struttura abitativa debitamente attrezzata e sorvegliata per evitare evasioni, inquinamenti delle indagini e reiterazione di reati. A tal fine si potrebbe organizzare un controllo vigile ed efficace: a cosa servono manette, medievali mortificazioni personali, funesta promiscuit, porte blindate, vessatori spazi claustrofobici, brutture indecorose e spudorate angherie di ogni tipo? Si tratta in realt allevidenza, quali che siano le giustificazioni del sistema, di pene inflitte illegittimamente. Delle quali nessuno si cura. Eppure lart. 277 c.p.p. (Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misure cautelari) prevede che le modalit di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto. E lart. 69 della legge 26/07/1975 , n. 354 (Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza) soprattutto nei primi due commi ribadisce: 1. Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo. 2. Esercita, altres, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformit delle leggi e dei regolamenti. Anche gli articoli 59, 60 e 61 della stessa legge depongono per una distinzione netta e razionale tra detenzione cautelare ed espiazione di una pena. In altri termini, sia le norme costituzionali che quelle ordinarie sembrano riferirsi a una condizione detentiva del tutto diversificata e astrattamente persino accettabile. Nientaffatto incompatibile con una struttura abitativa sostitutiva del carcere; nella quale siano eliminate le pene non previste e magari si possa beneficiare di psicologi e assistenti sociali che si occupino delleventuale tendenza a delinquere, combattendo nel contempo quella disperazione diffusa che porta cos frequentemente al suicidio. Suicidio che costituisce un vulnus lancinante per la nostra civilt e che innegabilmente dipende da condizioni di vita ben peggiori di quelle astrattamente previste. Secondo quanto comunicato ripetutamente dal Ministero della giustizia 15
devono costruirsi nuove carceri. Perch non pensare piuttosto a case di permanenza provvisoria finalizzate al solo scopo di evitare che lospite in attesa di giudizio si dilegui o comunichi illegittimamente con lesterno? Esse dovrebbero essere ben distinte dalle strutture carcerarie, delle quali rimarrebbero solamente i penitenziari, magari finalmente caratterizzati da attivit rieducative e lavorative. Ci sono ragioni valide per cui non ci attrezziamo per evitare angherie ed ingiuste anticipazioni di pena, nonch per rispettare finalmente la nostra Costituzione? e per privare un presunto innocente, e dunque noi cittadini, di diritti fondamentali di cui potrebbe continuare a godere perch pienamente compatibili con lo stato detentivo? I costi? No. Sarebbero certamente inferiori a quelli che prevedono materiali e arredi da penitenziario. E comunque non sarebbero un argomento da opporre a libert di questo rango. Anzi, un simile rilievo sarebbe la conferma della bont del principio, seppure con la necessit di reperire i relativi fondi. Peraltro, si segnalava in precedenza come il ministero prometta da tempo la costruzione di nuove carceri. Il pericolo di inquinamento? Assolutamente no: dallinterno di una struttura comunque chiusa e custodita non pu certo inquinarsi nulla; a meno che non si pensi a stratagemmi complessi che prescindono dalla restrizione abitativa e ai quali, del resto, si pu ricorrere anche dal carcere. Il pericolo di fuga? Nemmeno. Basterebbe provvedere agli accorgimenti necessari per impedirlo; e questi riguardano la sorveglianza della struttura, non altre coercizioni. Il pericolo di reiterazione? E come, se non per il tramite di eventuali complici con i quali bisognerebbe per comunicare? Infine, potrebbe obiettarsi che leffetto deterrente sarebbe sicuramente minore. Ma la custodia cautelare in carcere di un presunto innocente non pu legittimarsi quale strumento dissuasivo: una detenzione cos motivata sarebbe ancor pi illogica, prima che ingiusta e incivile. In definitiva, il trattamento riservato al presunto innocente raggiunto dalla pi grave misura coercitiva pu ritenersi conforme alla nostra Costituzione e alla CEDU? Inoltre, ci sono controindicazioni alla costruzione di strutture abitative? e intanto alla discussione, allo studio tecnico, al progetto di simili soluzioni? Quanto al primo quesito, occorre verificare se sia la disciplina a configgere con i principi, ovvero solamente la prassi. Va intanto rilevato come la C.E.D.U. con la sentenza M. c. Germania del 17 dicembre 2009, abbia opportunamente precisato che la nozione di pena di cui allart. 7 della Convenzione possiede una portata autonoma. Al fine di rendere effettiva la garanzia in questione, la Corte deve ritenersi libera di apprezzare se una determinata misura costituisca di fatto una pena, al di l delle apparenze e del dato formale. In applicazione di questo principio, la Corte ha ritenuto che la misura di sicurezza tedesca, denominata Sicherungsverwahrung, dovesse essere qualificata come pena perch adottata dalla giurisdizione di merito ed eseguita sotto il controllo dei giudici dellesecuzione, e perch persegue oltre a una finalit preventiva anche una finalit punitiva e deve essere scontata negli stessi stabilimenti destinati 16
allesecuzione delle pene. Pertanto, la CEDU ha ritenuto che vi sia stata violazione dellart. 7 della Convenzione. Non necessario aggiungere nulla in ordine a quel che avviene nel nostro stato. Quanto al secondo quesito, di certo vi sono tanti aspetti da approfondire, e mi rendo conto di espormi al rischio di semplificazioni affrettate e superficiali. Tuttavia, rimangono per me incomprensibili le ragioni per cui non se ne parla nemmeno. Una risposta ci sarebbe, banale e amara ma anche logica nel suo cinismo. Siamo noi a non volerne parlare. Noi cittadini, noi elettori, noi opinione pubblica preferiamo rimuovere il problema carceri, liquidarlo convincendosi che non ci riguarda. E anzi in genere ogni inasprimento normativo ci tranquillizza e ci soddisfa intimamente. Eppure in tal modo si riduce anche la nostra libert, seppure egoismo e miopia ci impediscano di accorgercene e ci inducano a plaudire a leggi e metodi autoritari. Ciascuno di noi, se avesse la ventura di visitare interamente una struttura detentiva, probabilmente si indignerebbe e si vergognerebbe della disumanit e delle involuzioni legislative che peggiorano periodicamente la permanenza in carcere di chiunque, imputato o condannato che sia. Una recente ispezione della Commissione parlamentare dinchiesta presso gli ospedali psichiatrici giudiziari (ieri manicomi criminali, ma oggi il nome cambiato ) di Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli Secondigliano, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere, tra le altre mortificazioni riservate agli ospiti ha ritrovato il famigerato strumento di tortura chiamato letto di contenzione. La Commissione, che parla di ergastoli bianchi ai quali vengono condannati di fatto (per dimenticanze, per mancanza di alternative, etc.), ha concluso che il 40% dei degenti potrebbe essere scarcerato e ha trasmesso la sua relazione alle Procure competenti, perch verifichino eventuali ipotesi di reato. La reazione della singola persona, dicevamo, sarebbe quasi certamente di sdegno per queste crudelt. La folla no. La folla si rassicura e pi o meno gioiosamente si complimenta con le istituzioni e con le forze di polizia quando i farabutti (anche qualora si tratti di imputati presunti innocenti) marciscono in galera. Alcuni farisei si consolano dicendosi che questo il sistema: che possiamo farci? Non ci sono alibi, invece. Non possiamo chiamarci fuori. Il sistema siamo noi: i nostri parlamentari, vittime mediocri della tirannia del consenso, raggiungono lunanimit proprio (forse solamente) nellapprovazione di leggi regressive. Che, per quel che qui ci riguarda, eliminando o riducendo notevolmente i benefici carcerari e le misure alternative alla detenzione, aggravano anzich ridurre il fenomeno criminale del paese. Chi costretto ad espiare brutalmente la sua carcerazione senza lavoro interno o esterno (dei quali oggi fruiscono pochissimi detenuti) e col noto trattamento ha il 90% di probabilit di tornare a delinquere, mentre chi impara un lavoro, al contrario ha pi del 90% di probabilit di non tornarvi; i magistrati e gli avvocati, entrambe le categorie culturalmente attrezzate per impegnarsi ben di pi, ricorrendo anche a rimedi giudiziari tali da contenere per quanto possibile i guasti, nonch da coinvolgere nel ritorno alla legalit sia la Corte costituzionale che lo stesso legislatore; 17
noi cittadini, quando va bene indifferenti a problematiche che al contrario avvertiamo in termini opposti: di eccessiva indulgenza nei confronti dei delinquenti (tali ritenendosi quanti siano sottoposti ad indagine, specie se per reati gravi). La qualit e la nobilt della nostra funzione non ci consentono di relegare nellineluttabile quel che contrasta con le garanzie fondamentali della persona. Dobbiamo quindi chiederci se vi siano norme in contrasto con i canoni costituzionali (delle quali dovremmo sollevare le relative e motivate questioni di legittimit), oppure se siano illegittime solamente le prassi applicative (alle quali dovremmo opporci con la fermezza di chi sta dalla parte della ragione). Sarebbe qui necessaria unapprofondita ricognizione delle norme che possano ritenersi attuative del precetto costituzionale, o che comunque affrontino la tematica.
Senza pretesa di esaustivit, vengono in mente innanzitutto le Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libert (legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modifiche). Sin dallart. 1 (Trattamento e rieducazione), probabilmente nella consapevolezza che la realt tuttaffatto diversa, si sottolinea: Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanit e deve assicurare il rispetto delle dignit della persona. Il trattamento improntato ad assoluta imparzialit, senza discriminazioni in ordine a nazionalit, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. Previsioni impeccabili, seppure seguiti da retromarce involutive 1 , e quindi da norme ragionevoli 2 .
1 Lart. 4-bis (Divieto di concessione dei benefci e accertamento della pericolosit sociale dei condannati per taluni delitti), al comma 1, ci risveglia subito: 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalit di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivit delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies, e 630 del codice penale, all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il comma 3-bis riprende il piglio illiberale: L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per 18
E non possiamo certo ignorare la recente sentenza 265/2010, con cui la Consulta nel dichiarare lillegittimit costituzionale dellart. 275, comma 3, secondo e terzo periodo, del codice di procedura penale 3 - ha ribadito come sia costante, nella giurisprudenza costituzionale, laffermazione per cui, in ossequio al favor libertatis che ispira lart. 13 Cost., la discrezionalit legislativa nella disciplina della materia considerata deve orientarsi verso scelte che implichino il minore sacrificio necessario. Con la conseguenza che ove la compressione dei principi di adeguatezza e graduazione non trovi coerente ragione giustificatrice nel corretto bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti, essa costituirebbe lesione dellart. 3 Cost., sotto il profilo dellirragionevolezza, attraverso un uso distorto della discrezionalit legislativa. E ancora, con riferimento diretto alla qualit della detenzione cautelare: La disposizione oggetto di scrutinio trova collocazione nellambito della disciplina codicistica delle misure cautelari personali, in particolare di quelle coercitive (artt. 272-286-bis), tutte consistenti nella privazione in varie qualit, modalit e tempi della libert personale dellindagato o dellimputato durante il procedimento e prima comunque del giudizio definitivo sulla sua responsabilit. In ragione di questi caratteri, i limiti di legittimit costituzionale di dette misure, a fronte del principio di inviolabilit della libert personale (art. 13, primo comma, Cost.), sono espressi oltre che dalla riserva di legge, che esige la tipizzazione dei casi e dei modi, nonch dei tempi di limitazione di tale libert, e dalla riserva di giurisdizione, che esige
delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualit di collegamenti con la criminalit organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.
2 Lart. 13 (Individualizzazione del trattamento), al terzo comma, chiarisce che Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono formulate indicazioni di merito al trattamento rieducativo da effettuare ed compilato il relativo programma, che integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. 14. Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati. Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento. L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilit di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell'articolo 42. assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione. 17. Partecipazione della comunit esterna all'azione rieducativa. La finalit del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'associazione rieducativa. Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunit carceraria e la societ libera.
ART. 59. Istituti per adulti. Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono in: 1) istituti di custodia preventiva; 2) istituti per l'esecuzione delle pene; 3) istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza; 4) centri di osservazione.
3 come modificato dallart. 2 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonch in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, nella parte in cui nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 609-bis e 609-quater del codice penale, applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari non fa salva, altres, lipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. 19
sempre un atto motivato del giudice (art. 13, secondo e quinto comma, Cost.) anche e soprattutto, per quanto qui rileva, dalla presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), in forza della quale limputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Lantinomia tra tale presunzione e lespressa previsione, da parte della stessa Carta costituzionale, di una detenzione ante iudicium (art. 13, quinto comma) , in effetti, solo apparente: giacch proprio la prima a segnare, in negativo, i confini di ammissibilit della seconda. Affinch le restrizioni della libert personale dellindagato o imputato nel corso del procedimento siano compatibili con la presunzione di non colpevolezza necessario che esse assumano connotazioni nitidamente differenziate da quelle della pena, irrogabile solo dopo laccertamento definitivo della responsabilit: e ci, ancorch si tratti di misure nella loro specie pi gravi ad essa corrispondenti sul piano del contenuto afflittivo. Il principio enunciato dallart. 27, secondo comma, Cost. rappresenta, in altre parole, uno sbarramento insuperabile ad ogni ipotesi di assimilazione della coercizione processuale penale alla coercizione propria del diritto penale sostanziale, malgrado gli elementi che le accomunano. Leggendo tra le righe di questa importante decisione, spero possa cogliersi un messaggio del tipo: la libert personale inviolabile, e la Consulta pronta a difenderla. Ora, per, tocca a noi difensori. Possiamo ancora tardare, nella consapevolezza del ben diverso trattamento riservato illegittimamente ai nostri assistiti, nel pretendere lattuazione dei principi fondamentali per i detenuti in attesa di giudizio? Forse, piuttosto che lamentarci delle norme, rilevandone lincostituzionalit (il che pu riguardare alcune leggi emergenziali, ispirate a quel doppio binario che impesta tuttora il nostro sistema giudiziario), per quel che qui ci interessa, dobbiamo insistere in ogni sede competente perch vengano effettivamente applicate. E dunque istanze, reclami, proteste, denunce penali e disciplinari. Sicuramente non unimpresa facile. Per questo ci vuole un avvocato.