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Immanuel Kant ( I parte)

Premessa

L'indirizzo filosofico di Kant si chiama criticismo, dal verbo Krino: Analizzare,


scomporre un problema in parti elementari per studiarle meglio (Cartesio) e Giudicare,
e cioè emanare sentenze.
Il suo principio sta nel criticare e verificare la legittimità delle pretese avanzate dalla
ragione umana nel campo delle conoscenza: critica della ragione con la ragione
stessa; bisogna studiare la ragione per vedere qual è il suo limite.

Il criticismo indica la dottrina di Kant nei capisaldi che possono essere così ricapitolati:
1. Impostazione critica del problema filosofico, e pertanto, la condanna della
metafisica come sfera di problemi che sono al di là della ragione umana.
2. Determinazione del compito della filosofia come riflessione sulla scienza, e in
generale, sulle attività umane, allo scopo di determinare le condizioni che ne
garantiscono la validità.

Criticismo: analisi della ragione umana e fondazione della legittimità delle pretese
che essa avanza nell'ambito variegato dell'esperienza umana.
La domanda che segue questi ragionamenti è questa: cosa dobbiamo fare per dire che
la conoscenza è scienza?
È necessario che un concetto sia universalmente approvato; il nome è convenzionale,
il concetto no. La ragione è una struttura a priori nata per unificare l'esperienza.
Il criticismo è detto anche filosofia del limite, ermeneutica della finitudine o teoria
dell'interpretazione.
Lo scopo della filosofia di Kant è andare a individuare il limite all'interno del quale la
conoscenza è valida. Mediatore tra empirismo e razionalismo, Kant vuol dare alla sua
filosofia una visione finita dell'esistenza, delimitata all'interno di un ambito preciso,
perciò nega la potenza e l'onniscienza umana e studia il problema della conoscenza
come è stato affrontato in passato.

CONFRONTI
Razionalismo (Cartesio): Per Cartesio si poteva giungere alla conoscenza del mondo
sensibile, attraverso l'idea di Dio per mezzo del cogito, dell'autocoscienza. Secondo lui
la ragione umana aveva il potere di conoscere tutto, nel campo della realtà sensibile e
nel campo metafisico. Conoscenza = rappresentazione. Come si fa ad avere la
certezza di qualcosa? Cogito, ergo sum, autocoscienza, sentire di sentire = avere delle
idee. Punto debole: il pensiero corrisponde all'essere?
Empirismo: (Hobbes, Locke e Hume) Conoscenza, = avere sensazioni, percezioni, ma
le idee che posso avere non sono certe. La certezza c'è solo nel momento attuale della
percezione. Punto debole: scetticismo

Sintesi Kantiana: Kant opera una vera e propria rivoluzione copernicana: come
Copernico aveva invertito il rapporto tra Terra e Sole, così Kant inverte il rapporto tra
oggetto e soggetto della conoscenza. Anziché pensare che le nostre strutture mentali
umane si adattino alla natura, bisogna pensare che la natura si modella sulle strutture
umane. La conoscenza parte dall'oggetto, ma al centro del sistema conoscitivo c'è un
soggetto che organizza i dati dell'esperienza sensibile attraverso strutture a priori
dunque tutto inizia dall'esperienza (empirismo), ma non tutto deriva dall'esperienza
(razionalismo) la ragione è modellata con strutture a priori universali e necessarie. La
conoscenza ha l'aspetto passivo (sensibilità, esperienza) e quello attivo: Unificazione
degli elementi sensibili (razionalità).
La conoscenza è fenomenica (posso conoscere solo quello che mi appare), non
noumenica.
Le nostre conoscenze senza la sensibilità sarebbero vuote: la sensibilità ci dà gli
oggetti immediatamente con la conoscenza intuitiva (immediata): l'intelletto unifica i
dati dell'esperienza in concetti: è già una facoltà mediata, è una forma di conoscenza
discorsiva. Però questo meccanismo funziona solo se limito le mansioni dell'intelletto
ad unificare l'esperienza; se pretende di arrivare alla conoscenza di Dio (di cui non si
può avere esperienza), non va più bene. La ragione è la facoltà umana che tende a
proseguire il processo di unificazione della realtà, ma commette l'errore di uscire
dall'esperienza. La ragione unifica i concetti in teorie, il prodotto della ragione nelle
idee.
Le forme a priori sono spazio e tempo: ognuno di noi ha l'inevitabile attitudine a
collocare ciò che conosce in ambito spazio - temporale spazio e tempo universali e
necessari.

CONFRONTI : C'è continuità tra Kant e Newton anche se ci sono comunque


importanti differenze:
Newton ritiene che l'ordine del mondo sia causato da una forza divina intelligente che
ha deciso di creare il mondo, quindi la sua è una concezione teleologica o finalistica.
La concezione di Kant invece è più meccanicistica o deterministica, dato che, secondo
lui, a partire da un caos iniziale, grazie alle forze di attrazione e repulsione si genera il
mondo che funziona secondo un principio di causa - effetto.
Newton è pessimista: il cosmo tenderà ad autodistruggersi, mentre Kant è molto più
ottimista, perché secondo lui la ragione umana tende all'ordine: non è detto che sia
reale, ma è un'impostazione mentale. Kant si basa sulla geometria euclidea
tridimensionale, ma quando questa viene superata le sue affermazioni non hanno più
senso: per renderle nuovamente valide, però, basta eliminare l'assolutezza delle tre
dimensioni.

Kant vuole far capire come avviene la conoscenza e le condizioni secondo cui la
conoscenza è valida. La condizione delle condizioni è che la conoscenza dipende
dall'esperienza (critica alla metafisica che è puro pensiero).
Kant si mette ad esaminare le singole sfere conoscitive per mettere in rilievo, se c'è
ne sono, gli elementi a priori. Le sfere conoscitive, ossia gli aspetti diversi nei quali si
presenta il nostro potere conoscitivo, sono di tre tipi: sensibilità, intelligenza e
ragione, che Kant rispettivamente denomina estetica, analitica, dialettica.

Facoltà Conoscitive
Oggetti dati intuitivamente attraverso i sensi e tramite le
Sensibilità
forme a priori di Spazio e Tempo
Intelletto Dati sensibili pensati tramite i concetti puri o categorie
Procede oltre l’esperienza attraverso le tre idee di
Ragione
anima, mondo e dio
STRUTTURA DELLA CRITICA DELLA RAGION PURA

Critica della ragion pura

Dottrina degli elementi Dottrina del metodo

Estetica Logica
Trascendentale Trascendentale

Analitica Dialettica

L'estetica trascendentale

Il suo scopo è di studiare le forme a priori della sensibilità: alla base della sensibilità ci
sono strutture uguali per tutti all'interno delle quali collochiamo l'oggetto percepito,
che sono spazio e tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno, il tempo è la
forma del senso interno, in cui collochiamo il flusso delle nostre esperienze interne. Lo
spazio e il tempo sono le strutture grazie alle quali sono possibili la matematica e la
fisica. La matematica lavora sulla pura forma dello spazio, estrae dalla realtà;
Spazio e tempo hanno due caratteristiche che sono ideali e reali. Ideali perché sono
funzioni logiche della mente, reali perché sono universali e necessari dato che valgono
per tutti.

SPAZIO
- Forma a Priori del senso esterno
- Rappresentazione a priori e necessaria del disporsi delle cose le une accanto alle
altre
- tre dimensioni dello spazio = destra/sinistra; sopra/sotto; avanti/dietro

TEMPO
- Forma a Priori del senso interno
- Rappresentazione a priori e necessaria del disporsi delle cose le une dopo le altre
- due dimensioni del tempo = prima/dopo

A questo si collega la questione dei giudizi: conoscere vuol dire anche giudicare.
I giudizi possono essere:
Analitici: il predicato è già contenuto nel soggetto.
Sintetici: c'è stata una sintesi: il predicato non è contenuto nel soggetto.
Si possono conciliare giudizi analitici e sintetici in giudizi che si chiamano sintetici a
priori, universali e necessari che ampliano la conoscenza: 7 + 5 = 12 è uguale per
tutti (analitico), ma ci si può arrivare in altri modi: il 12 non è insito né nel 7 né nel 5,
è nuovo (sintetico). La scienza è fatta da giudizi sintetici a priori.

GIUDIZI SINTETICI A PRIORI

1 non derivanti dall’esperienza universali e necessari


2 che si applicano all’esperienza sintetici

L'analitica trascendentale

È quella dottrina che studia le forme a priori dell'intelletto: studia il modo in cui
l'intelletto unifica le sensazioni arrivate dall'esperienza, il cui prodotto è un concetto.
Le intuizioni empiriche di per sè non costituiscono ancora autentiche conoscenze. Esse
constano infatti di una molteplicità di dati empirici cui manca quella connessione e
quell' unità che li costituisce in un oggetto di conoscenza. La facoltà che compie
questa ulteriore operazione di unificazione, pensando agli oggetti che nella sensibilità
erano semplicemente intuiti, è l' intelletto, il quale opera non più mediante intuizioni
(rappresentazioni immediate), bensì attraverso concetti (rappresentazioni discorsive).
Il concetto esprime infatti una "funzione", cioè consiste nell' ordinare diverse
rappresentazioni (che possono a loro volta essere concetti o semplici intuizioni) sotto
una rappresentazione comune, conferendo loro unità. L' atto con cui i concetti dell'
intelletto esplicano la loro forza unificante è il giudizio: pensare significa quindi
sempre giudicare.
La prima parte dell' Analitica trascendentale ha per oggetto le forme a priori dell'
intelletto e prende il nome di Analitica dei concetti. Infatti, la funzione unificante dell'
intelletto è resa possibile da concetti puri, che costituiscono le forme a priori
necessarie di qualsiasi giudizio.
In altri termini, essi sono le regole mediante le quali l' intelletto giudica, unificando le
rappresentazioni: soltanto mediante i concetti puri è quindi possibile pensare un
oggetto qualsiasi, riconducendo ad unità il molteplice delle intuizioni date dall'
esperienza. Kant chiama tali concetti CATEGORIE, in quanto essi definiscono i modi
universali del pensare (ovvero del giudicare), così come le categorie aristoteliche
definivano i modi universali dell' essere. Il loro numero e il loro carattere sono
determinati in stretta analogia con il numero e il carattere dei tipi possibili di giudizio.
Dalla tavola dei giudizi (compilata in base alle regole della logica tradizionale, di
ascendenza aristotelico - scolastica ), Kant deduce quindi la Tavola delle categorie
secondo il seguente prospetto:

TAVOLA DEI GIUDIZI


QUANTITÀ QUALITÀ RELAZIONE MODALITÀ
Singolari Affermativi Categorici Problematici
Particolari Negativi Ipotetici Assertori
Universali Infinti Disgiuntivi Apodittici

TAVOLA DELLE CATEGORIE


QUANTITÀ QUALITÀ RELAZIONE MODALITÀ
Unità realtà Inerenza/Sussistenza possibilità-
(sostanza/accidente) impossibilità
Pluralità Neganegazione Causalità/Dipendenz Esistenza-
a inesistenza
(causa/effetto)
particolarità limitazione Comunanza Necessità-
(azione reciproca) contingenza

E' importante notare che nelle categorie della relazione entrano anche la sostanza e la
causa, concetti che erano stati oggetto di una radicale delegittimazione in nome della
critica alla metafisica, soprattutto da parte della tradizione empiristica inglese ( Locke,
Hume).
D' altra parte questi concetti erano indispensabili alla fisica moderna ( Newton ),
seppure su un piano non più metafisico ma metodologico. Ed è appunto nell' ambito
gnoseologico che Kant realizza il recupero di questi concetti. Anche per lui - come per
gli empiristi inglesi - sostanza e causa perdono ogni validità sul piano metafisico, in
quanto non sono attributi delle cose in sé (che cadono al di là di ogni possibilità di
conoscenza). Essi invece, in quanto concetti puri dell' intelletto, sono forme a priori
che condizionano la possibilità stessa della conoscenza e, nello stesso tempo
proiettano su di essa l' universalità e la necessità che li caratterizza. In altri termini, la
validità oggettiva di questi concetti è data dal fatto che noi non possiamo pensare i
fenomeni dell' esperienza se non in termini di sostanza e di causa, poiche la sostanza
e la causa rappresentano strutture necessarie del nostro pensiero intellettuale. L'
esposizione della Tavola delle categorie lascia tuttavia aperto un problema.

Come si può dimostrare che i concetti puri, pur essendo forme intellettuali soggettive,
danno luogo a conoscenze fornite di validità universale e oggettiva?

Sorge, in altri termini, il problema della legittimazione delle categorie e del loro uso;
problema che non si poneva nel caso delle intuizioni pure, poichè qui il materiale dell'
intuizione non può darsi se non attraverso le forme a priori dello spazio e del tempo,
che vengono legittimate proprio dall' unicità e necessità del loro uso. Ma, nel caso
delle categorie, in primo luogo, é da dimostrare che l' unificazione da esse operata
corrisponde agli oggetti dell' esperienza; e, in secondo luogo, occorre accertare quale
sia l' uso che si può legittimamente fare di esse, nel caso che siano possibili usi
diversi.
A questo problema risponde la deduzione trascendentale delle categorie, dove il
termine " deduzione " é preso da Kant nell' inconsueta accezione, mutuata dal
linguaggio giuridico, di " giustificazione ".
Kant comincia con l' osservare che, poichè ogni nostro pensiero comporta una
unificazione delle intuizioni, occorre che esista una " unità originaria " che preceda
( non cronologicamente, ma logicamente ) tutti i singoli atti di unificazione. In altri
termini occorre individuare nel soggetto conoscente un termine di riferimento unitario
a cui vengono rapportate tutte le rappresentazioni, in modo che esse trovino la loro
possibilità di unificazione proprio in questa relazione con quell' unico riferimento. D'
altra parte, poichè l' unificazione é possibile solo attraverso un atto di spontaneità del
pensiero ( in opposizione all' intuizione che comporta una condizione di passività della
sensibilità ), questo unico termine di riferimento può essere solamente un atto del
pensiero. All' unità originaria che sta alla base di ogni unificazione Kant dà quindi il
nome di Io penso, esprimendo con tale termine l' autocoscienza ( o appercezione
trascendentale ) del soggetto conoscente che, riferendo a se stesso ogni
rappresentazione, ne costituisce il comune elemento unificante. L' io penso deve poter
accompagnare tutte le mie rappresentazioni; altrimenti verrebbe rappresentato in me
qualcosa che non potrebbe essere pensato, il che poi significa che la rappresentazione
per me sarebbe impossibile o, almeno per me, non esisterebbe. Così dice Kant:
“affinchè io possa rappresentarmi qualcosa, occorre che la rappresentazione sia
presente nella mia autocoscienza; in caso contrario io non posso rappresentarmi
nulla”. Ma poichè questo vale per tutte le rappresentazioni, esse vengono unificate
proprio dal riferimento necessario a quell' unica autocoscienza che é l' Io penso.
Inoltre, poichè l' Io penso, pur essendo un' autocoscienza individuale, é identico in
tutti ( ossia tutti hanno la stessa struttura unificante ), il risultato dell' unificazione
sarà valido universalmente e oggettivamente.
Ora, le categorie non sono altro che le articolazioni interne dell' Io penso, le " funzioni
logiche " attraverso cui esso opera la sintesi trascendentale. Esse vengono quindi
dedotte, cioè giustificate, dal fatto che l' unificazione del molteplice, e quindi la
conoscenza stessa, non può avvenire se non attraverso di esse. Nello stesso tempo
viene definito il loro unico uso legittimo: dal momento che la sintesi é possibile solo in
presenza di una molteplicità di dati intuitivi da unificare, le categorie debbono essere
applicate esclusivamente alle intuizioni empiriche, all' ambito dell' esperienza ( uso
empirico delle categorie ). In altre parole, come le intuizioni della sensibilità, prive
della funzione unificante dei concetti, sono " cieche ", cioè non conducono alla
costruzione di alcuna conoscenza, così i concetti, se non sono riferiti al materiale
empirico, sono " vuoti ", cioè danno luogo a puri giochi intellettuali che non hanno
riscontro nel mondo esterno al soggetto. Da operazioni concettuali di questo genere,
derivanti dall' applicazione delle categorie al di fuori delle intuizioni sensibili,
scaturiscono gli infiniti erramenti della ragione metafisica ( uso trascendentale delle
categorie ). Come si é visto a proposito dell' Estetica trascendentale, le intuizioni
sensibili non sono mai rappresentazioni di cose in sè, ma soltanto di fenomeni.
Potendo essere applicate esclusivamente ai dati dell' intuizione, anche le categorie, se
usate correttamente, saranno riferibili solo al mondo fenomenico. Oggetto della
conoscenza umana é quindi sempre soltanto il fenomeno.
La cosa in sè, non potendo essere nè intuita nè unificata categorialmente, non può
essere conosciuta. Il non - fenomeno non può essere conosciuto ( il che implicherebbe
la combinazione di intuizione sensibile e sintesi categoriale ), ma soltanto pensato
come concetto - limite, come possibilità negativa che serve a definire, per contrasto,
la possibilità positiva del fenomeno: questo concetto limite assume appunto il nome di
noumeno ( " pensato " ).
IN SINTESI

1. l'unificazione del molteplice non è fatta dalla molteplicità (che è passiva), ma


da un'attività sintetica che ha sede nell'intelletto;
2. distinguendo tra processo di unificazione e unità che realizza tale processo,
Kant identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza con il centro
mentale unificatore, denominato "Io penso", che è comune a tutte le persone
ed è quindi oggettivo;
3. l'io penso opera tramite i giudizi che costituiscono il modo in cui il molteplice
dell'intuizione viene pensato (unificato e ordinato);
4. i giudizi si basano sulle categorie, le 12 funzioni unificatrici dell’intelletto con
cui si realizza la sua attività sintetica.

RICORDA CHE:

• i pensieri presuppongono l'Io penso;


• l'Io penso opera tramite le categorie;
• gli oggetti pensati presuppongono le categorie

PERTANTO:
L’Io Penso o Autocoscienza Trascendentale o Appercezione Trascendentale è:
il principio supremo della conoscenza, in quanto rende possibile l’oggettività cioè
l’universalità e necessità del sapere scientifico.

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