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NELLA STORIA
di Donato Monaco *
I
I rapporto uomo-bosco ha sempre costituito un elemento
importante e talvolta caratterizzante nella storia dell’uomo.
L’uomo arriva sulla terra ricoperta di boschi e si nutre - conce-
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ziale più per istinto che per cultura: è un legame di sopravvivenza e via
via un fattore dell’evoluzione della specie. Per l’uomo societario, inve-
ce, l’interesse diventa man mano economico, etico-religioso, estetico,
igienico-ambientale, ecologico. Così la storia e lo sviluppo di ogni
popolo cominciano ad essere scanditi da intensi sfruttamenti di boschi,
alternati a rigorose regole di divieto di taglio a scopo riparatorio.
In altre parole, l’interesse della società per i boschi non sempre si è
manifestato con l’apprezzamento di queste risorse naturali, valorizzan-
done il complesso delle funzioni o ricercando forme di gestione valide
ad assicurarne la conservazione e lo sviluppo.
Talvolta l’errato senso della civiltà e del progresso ha portato l’uo-
mo ad uno sfruttamento eccessivo dei boschi e quindi ad un loro
depauperamento irreversibile, che si è intensificato quando l’uomo ha
voluto dominare e vincere la natura, ignorandone però le leggi che la
regolano; si è verificato quando l’incremento demografico ha determi-
nato il disboscamento per conquistare campi da coltivare e quando
l’uomo ha sottovalutato i valori della natura ed è andato alla conquista
di altri valori.
La storia dei popoli e della società evidenzia che l’amore e la cura dei
boschi hanno contraddistinto i popoli con civiltà avanzata, ad elevato
contenuto etico-religioso, mentre, viceversa, la distruzione delle selve o
il loro abbandono all’incuria hanno caratterizzato periodi di decadenza
morale ed istituzionale dei popoli, o periodi di disordine e di guerra.
In un certo senso, la storia della selvicoltura segue la storia dei popo-
li. Così, nell’antica Palestina fu promulgata la legge riportata dal
Deuteronomio (libro costituito quasi interamente dai discorsi di Mosè, il
quale espone i principi generali della vita religiosa e sociale del popolo
ebraico e delle leggi speciali che dovranno regolare la nuova società
dopo l’insediamento in Palestina), che proibiva il taglio degli alberi e dei
boschi anche nei territori nemici, salvo casi eccezionali di situazioni di
assedio.
Nell’India antica vigeva la pena di morte a carico di chi violava i
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che private, uno dei maggiori sostegni alla sua economia e perciò si
aveva allora in gran pregio “l’arte di ben governarle”.
Si svilupparono studi e ricerche per migliorare e perfezionare la sel-
vicoltura e si diede alle discipline e materie, in cui articolarono la scien-
za forestale, una specifica nomenclatura, come ci indica Polluce e come
si è potuto ricavare da chiare allusione di Aristotele.
L’alsocomia o agricoltura forestale o selvicoltura si scomponeva in
tre classi:
- Ilotomia (tagliamento) riguardava il complesso delle nozioni e delle
applicazioni pratiche da adottare nel taglio dei boschi, al fine di otte-
nere i prodotti desiderati e di “ringiovanire i boschi”;
- Ilagogia (sboscamento), l’insieme delle nozioni teoriche e pratiche
relative all’arte di raccogliere e trasportare il legname per vie terre-
stri o fluviali fino ai luoghi di destinazione;
- Silurgia (tecnologia forestale), l’arte cioè di preparare i prodotti dei
boschi ed in particolare il legname, per tutti gli usi ed in conformità
alle richieste degli utenti.
I Greci, che sono stati i primi ad impostare ed a sviluppare in modo
scientifico e sistematico la scienza forestale, purtroppo sono stati anche
veri distruttori di boschi durante le azioni di guerra, perché il taglio
degli alberi (dendromein) rientrava nella strategia bellica da loro adottata.
Con i Romani, che ereditarono dai Greci tanta parte della loro civil-
tà ed anche il culto degli alberi e dei boschi, la selvicoltura ebbe un’ul-
teriore evoluzione.
Essi mantennero sempre una classificazione in boschi sacri (luci)
dedicati a divinità silvane ed in boschi profani, ma questi ultimi costi-
tuivano la maggior parte ed erano distinti in silvae ceduae (cedui) ed in sil-
vae altae (fustaie).
In particolare, l’accresciuto interesse per i boschi indusse i Romani
a migliorare la vivaistica, la tecnica dell’impianto in rapporto alla scelta
della specie ed alla sua adattabilità al terreno, le modalità di trattamen-
to dei boschi al fine di garantirne la rinnovazione naturale, la propaga-
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zione.
Gli studiosi e scrittori georgici, da Columella a Virgilio, Plinio,
Terenzio Varrone, Orazio e Tacito, hanno elevato la selvicoltura a un
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Si fece in Francia in modo più organico quello che era stato fatto
nella Repubblica di Venezia.
Dalla fine del sec. XVIII e per tutto il sec. XIX, la selvicoltura e l’as-
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diate per altri boschi molto diversi sotto l’aspetto fisico, ecologico ed
economico da quelli del nostro Paese.
Successivamente l’indirizzo è diventato eclettico, nel senso che nes-
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