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Francesco Bottin

Dal logos al verbum: Gadamer traduce/tradisce Tommaso che traduce/tradisce Aristotele 1. Antefatto: tradire vuol dire creare

Gadamer nella terza parte di Verit e metodo, diversamente da quanto aveva fatto nelle prime due parti della sua nota opera, attinge in maniera sistematica dal pensiero di Agostino e di Tommaso dAquino per elaborare la propria concezione del linguaggio. solo grazie a Tommaso, o meglio a dottrine tomistiche che egli ritiene autentiche e da lui autenticamente interpretate, che pu risolvere uno degli enigmi o dei circoli viziosi che avevano imbarazzato tutti i grandi pensatori in epoche diverse, e cio il dilemma insolvibile tra internalismo ed esternalismo nella conoscenza e anche nel linguaggio. La formulazione pi lucida forse quella che nel periodo tardo-antico Plotino sintetizzava con queste domande:

se nella contemplazione ci sono le cose contemplate, allora: o queste sono soltanto la loro impronta, e in questo caso egli non le vede n possiede se stesso perch si frazionato, ma lIntelligenza contemplava e possedeva se stessa prima di dividersi ... in questo caso la contemplazione deve essere identica alla realt contemplata e lintelligenza alloggetto intelligibile. [1]

In termini pi espliciti il dilemma pu essere formulato cos: niente pu essere veramente conosciuto se non viene assimilato alla forma di chi conosce, ma se si conosce solo ci che interno al soggetto si nisce per escludere la realt esterna restando in una condizione di solipsismo invalicabile, pertanto il vero oggetto di conoscenza, che sempre altro da s, sembra essere inconciliabile con la vera conoscenza che sempre conoscenza di s o di una forma a s assimilata.

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Gi in Plotino il problema si pone in termini di rappresentazionalismo (limpronta) e realismo (le cose). Gadamer con coup de gnie inventa uno strumento, che non solo strumento, uno specchio che non solo specchio e afferma ripetutamente con decisione che il pensiero non in ultima analisi riessivo, cio non si limita mai solo a riettere se stesso. Ecco la soluzione del dilemma: uno specchio - metafora per eccellenza della conoscenza di s (internalismo), che tuttavia improvvisamente scompare per lasciare il posto alla cosa rispecchiata (esternalismo). Ora se lispirazione per questa intuizione a quanto pare venuta a Gadamer dalle analisi che Heidegger propone su sich-verstehen e su sich auf etwas verstehen in Essere e tempo, la soluzione tecnica di questo calembour concettuale viene presa a prestito da Tommaso dAquino o meglio per lo pi da unoperetta, scritta con un linguaggio sorprendentemente afne al linguaggio ben noto di Heidegger e di Gadamer. Il De natura verbi intellectus, questo il titolo delloperetta, era stato rimesso in circolo da pochi anni, considerato opera autentica di Tommaso da studiosi come Martin Grabmann e altri e ampiamente utilizzata in chiave teoretica da molti tomisti [2]. Anche se ora loperetta non pu pi venire attribuita veramente a Tommaso dAquino, il percorso compiuto da Gadamer dal logos platonico-aristotelico, attraverso il verbum cordis di Agostino e il verbum intellectus di Tommaso per approdare al sich-verstehen di Heidegger, emblematico in quanto la storia di una traduzione di termini e concetti che risulta geniale proprio perch la storia di molti tradimenti: Tommaso mette assieme sia la dottrina aristotelica delle passiones animae, sia la dottrina agostiniana del verbum cordis dando vita a un originale tradimento nei riguardi di ambedue; Gadamer, trascura il carattere riessivo del verbum presente in molte opere autentiche di Tommaso e ssando la sua attenzione esclusivamente su una sua operetta apocrifa, costruisce la punta di diamante del suo circolo ermeneutico, costituita appunto dalla funzione del linguaggio che nello stesso tempo un sich verstehen e un verstehen o, in altri termini, una funzione puramente interna al soggetto (lessere che pu

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venire compreso il linguaggio) e un completo rivolgersi allesterno verso la cosa stessa ( la cosa stessa che presente nella parola). Ora, limmagine della parola come specchio senza limiti delle cose certamente presente nel De natura verbi intellectus, ma non reperibile nelle opere attribuite con certezza a Tommaso. Ma Gadamer non totalmente responsabile di questo tradimento poich i francescani, a cominciare da Giovanni Olivi, avevano gi avviato una feroce polemica antitomistica proprio sulla natura di questa immagine del linguaggio come specchio [3], che forse Tommaso non aveva personalmente mai formulato, anche se lo hanno fatto, a quanto pare, molto presto i suoi pi immediati allievi.

2.

Logos greco e verbum cristiano

Nonostante la preponderante utilizzazione della losoa antica che caratterizza lopera di Gadamer vi un aspetto nella elaborazione dei suoi concetti ermeneutici nel quale egli dimostra un profondo debito anche verso Tommaso dAquino. Egli stesso ricorda che nei suoi corsi

oltre ai greci, e al loro tardo e grande successore, Hegel, doveva mediare tutta quanta la tradizione classica, da Agostino e Tommaso, no a Nietzsche, Husserl e Heidegger: naturalmente, da mezzo lologo qual ero, sempre sui testi. [4]

Pi specicamente Gadamer vede una strettissima connessione nelle analogie platoniche e aristoteliche sulla luce e il conoscere con lorigine prima della dottrina cristiana del verbum creans e quindi anche con la dottrina linguistica del verbum mentis:

... risplendere signica risplendere su qualcosa, come il sole, e quindi apparire a propria volta in ci su cui la luce cade ... proprio dellessere della luce di avere questa natura riessa

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... la luce non solo la luminosit di ci che essa illumina; rendendo visibile altro, si fa visibile essa stessa, e non visibile altrimenti se non in quanto rende visibile altro. [5]

Gadamer vede addirittura nella idea cristiana di incarnazione, intesa come il logos che viene liberato dalla sua pura spiritualit, ... in quanto puro accadimento [6], la testimonianza che loblio dellessenza del linguaggio - tematica che raccoglie consapevolmente da Heidegger non stato totale nel pensiero occidentale, almeno a livello teologico. Ora, se limpronta teologica della dottrina cristiana del verbum ha fatto s che il linguaggio umano diventasse solo indirettamente oggetto di riessione, Gadamer, tuttavia, sa cogliere limportanza decisiva che viene dal fatto che il mistero di questa unit (quello della Trinit) si rispecchia nel fenomeno del linguaggio [7]. Attingendo in modo spesso letterale dal commento di Tommaso al Vangelo di Giovanni e dal De natura verbi intellectus, un difcile e profondo opuscolo, che ritiene senzaltro compilato in base a testi autentici di Tommaso, Gadamer sottolinea che per Tommaso la parola (verbum) come la luce, che sola (si limita a) rende(re) visibile il colore, nel senso che contenuto obiettivo (la species) del pensiero e parola hanno un rapporto cos stretto tale che
la parola non si colloca nello spirito come un secondo elemento accanto alla species, ma ci in cui la conoscenza si compie pienamente, ossia ci in cui la species viene compiutamente pensata. [8]

Gadamer a pi riprese si impegna a dimostrare che la parola interna, che i pensatori medievali da Agostino in poi collocano al centro non solo della teologia trinitaria, ma anche delle analisi losoche del linguaggio, non pu essere semplicemente il logos di cui parlavano i greci, il dialogo che lanima conduce con se stessa [9]. Al riguardo, Gadamer scorge un primo indizio nel fatto che il termine greco logos viene tradotto in latino sia con verbum che con ratio e ci, a suo avviso, indica gi che il fenomeno del linguaggio assume, nella elaborazione

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scolastica della metasica greca, un peso maggiore di quanto non avesse per i greci [10]. Questo percorso, chiaramente tracciabile nei Padri della Chiesa e nella prima parte dellet medievale, trova anzi un apparentemente insormontabile ostacolo nella ripresa della losoa aristotelica agli inizi del 1200 quando si assiste a un evidente ritorno al concetto di logos della losoa greca. Tommaso dAquino a proporre una esplicita conciliazione tra la dottrina della parola contenuta nel prologo giovanneo con il pensiero di Aristotele [11]. Tommaso utilizza la dottrina della parola interna di Agostino quale presupposto scontato alla luce del quale impostare il problema tra forma e verbum [12]. Ma Gadamer in grado di cogliere nel ritorno di Tommaso al logos greco uno scarto, una diffrazione che consente di escludere che anche per lui ci sia una perfetta coincidenza tra logos e verbum. In effetti, per Tommaso la parola interna non ha in generale il carattere di aver presenti delle parole che emergano dalla memoria, come accadeva nella prospettiva platonica e neo-platonica del logos, ma non altro che lessenza della cosa pensata no in fondo (forma excogitata) e proprio perch si tratta di un pensare no in fondo, si riconosce in essa anche un aspetto processuale, nel senso che la perfezione del pensare si raggiunge nel dire per cui ogni pensare un dir-si [13].

3.

La parola come specchio senza limiti della realt

Nellarticolazione del dir-si della parola interna, che certamente ha una base comune con la dottrina platonica del pensare come intimo dialogo dellanima con se stessa, quale sviluppato da Platone ad esempio nel Sosta, Tommaso fa emergere un elemento che non era contenuto nella losoa platonica del logos [14]. Se il logos dei Greci era giunto allapice della sua concettualizzazione con limmagine plotiniana della sorgente inesauribile, che continua a emanare e a uire senza perdere nulla di ci che

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originario in essa, se i Cristiani avevano visto in tale immagine il modo migliore per esprimere il rapporto padre/glio nel processo trinitario, ora Tommaso compie un passo ulteriore e applica limmagine della sorgente inesauribile a quel tipo di generazione spirituale che si realizza nellatto del pensare, del dir-si:

Un tal generare insieme un perfetto rimanere in s ... se il rapporto divino tra parola e intelletto pu essere descritto nel senso che la parola ha la sua origine non parzialmente, ma in modo esclusivo e totale (totaliter) nellintelletto, lo stesso vale anche per noi: una parola deriva totaliter dallaltra, cio ha la sua origine nello spirito, come la conclusione segue alle premesse (ut conclusio ex principiis) ... il processo del pensiero non un processo di mutamento (motus), quindi non un passaggio dalla potenza allatto, ma un procedere ut actus ex actu: la parola non viene costruita una volta che la conoscenza gi compiuta ... ma il modo di attuarsi della conoscenza stessa ... la parola contemporanea a questa formatio dellintelletto. [15]

nella differenza tra la parola umana e la parola divina che Gadamer coglie in Tommaso anche nei tre aspetti fondamentali che caratterizzano il linguaggio umano. Il primo di questi aspetti dato dal suo carattere processuale e discorsivo. C un movimento del pensiero che porta la parola umana dal suo carattere puramente potenziale alla sua piena attualit. Il presentarsi alla mente di qualcosa contenuto nella memoria non ancora per Tommaso il pensiero perfetto e pensato no in fondo, ma solo linizio di un processo,

nel quale lo spirito corre da una cosa allaltra, pesa le varie possibilit e cos, con una ricerca (inquisitio) e una riessione (cogitatio) comincia a cercare lespressione adeguata dei suoi pensieri.

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Secondo Gadamer questo processo consente di passare da una concezione della parola che viene costruita nel pensiero come uno strumento del pensare, ma poi nisce per abbandonare il suo carattere strumentale poich diventa la cosa stessa che presente in essa (la parola) e quindi cessa di essere un vero e proprio strumento. Gadamer considera illuminante al riguardo limmagine che Tommaso utilizza per esprimere contemporaneamente la strumentalit e la non-strumentalit del linguaggio: la parola come uno specchio nel quale vediamo la cosa, ma si tratterebbe di uno specchio assolutamente peculiare poich i limiti di tale specchio nirebbero per coincidere con i limiti della cosa che in esso si rispecchia. Non solo, tale specchio sarebbe lo specchio di una determinata cosa soltanto e non potrebbe rispecchiare altre cose, ma la parola intesa come specchio intesa come il rispecchiamento perfetto della cosa, cio come sua espressione, che ha lasciato ormai alle proprie spalle litinerario del pensiero stesso [16]. Il secondo dei caratteri umani della parola, a differenza della parola divina, quello della sua imperfezione. In effetti, bench la parola rispecchi compiutamente ci che lo spirito intende, come si visto, tuttavia caratteristico dello spirito umano la mancanza di perfetta presenzialit e la sua frammentazione in atti differenti. Ci produce necessariamente una ineliminabile molteplicit di parole senza che ci sia la possibilit di ridurle, come sarebbe facile fare se ci trovassimo di fronte a uno scarto tra la parola/specchio della realt e la realt stessa. Gadamer ne conclude che nella prospettiva tomista

il nostro intelletto che, in quanto imperfetto, cio non perfettamente presente a se stesso in ci che pensa, ha bisogno della molteplicit delle parole ... lintelletto non sa davvero pienamente quello che sa. [17]

Il terzo carattere della parola umana, nei rispetti di quella divina, come conseguenza comporta inevitabilmente che ogni pensiero che noi pensiamo ... ogni parola in cui questo pensiero si esprime, sia un

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puro accidente dello spirito [18]. Questo carattere limitato e imperfetto della parola umana, per converso, costituisce anche la premessa perch luomo sia liberamente e continuamente sospinto verso un processo spirituale sempre nuovo, verso una progettualit senza conni e sempre rinnovata.

4.

Il realismo di Tommaso e il realismo di Gadamer

Da questa analisi dettagliata del pensiero di Tommaso dAquino sul verbum Gadamer ricava quello che maggiormente gli interessa nella prospettiva della sua ermeneutica e cio che lintima unit di pensare e dir-si ... implica che la parola interna dello spirito non prodotta mediante un atto riessivo [19]. Si tratta di un aspetto cruciale della teoria ermeneutica gadameriana. In effetti, bench il suo motto, lessere che pu venire compreso il linguaggio [20], sia stato spesso frainteso, in realt egli intende sostenere che per quanto noi conosciamo il mondo sempre attraverso il nostro linguaggio, tuttavia il mondo che conosciamo non qualcosa di soggettivo, come pu essere il linguaggio, ma il mondo che tutti hanno in comune [21]. Gadamer certamente non assegna alle parole il posto delle cose; non sono le parole a rendere intelligibile il mondo! Ma piuttosto il linguaggio in grado di migliorare e di accrescere la nostra comprensione del mondo. Indubbiamente per Gadamer il mondo sarebbe meno intelligibile senza le parole, pur senza essere responsabili in toto della sua intelligibilit. Le parole, quindi, risultano essere un arricchimento e un completamento del mondo stesso, pur senza costituirlo. Laspetto contraddittorio che da questa posizione potrebbe sorgere viene evitato da Gadamer proprio grazie alla dottrina medievale del verbum. da Tommaso, o comunque dalla sua interpretazione di testi tomistici sopra indicati, che Gadamer pu stabilire che, a livello del linguaggio, chi pensa qualcosa, cio si dice qualcosa, ha di mira con ci quello che pensa, la cosa [22]. Come si pu vedere si tratta

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esattamente di trovare nel linguaggio il fondamento al realismo che caratterizza lintero circolo ermeneutico. Al riguardo Gadamer non potrebbe essere pi esplicito:

... (colui che pensa) quando produce la parola non si ripiega quindi riessivamente sul proprio pensare ... la parola il prodotto del lavoro dello spirito ... chi pensa la produce in s nellatto stesso in cui pensa un pensiero no in fondo ... ma la parola rimane nellelemento dello spirito.

In questo processo di ripiegamento su se stessi del parlante sembra appunto che il suo sia un atto riesso, cio che il dir-si sia un atto riesso. Ci che vi di vero in tale ripiegamento dato dal fatto che il pensiero pu ripiegarsi riessivamente su di s e farsi oggetto a se stesso. Questo dato evidente, tuttavia, ha condotto erroneamente a credere che il conoscere stesso sia un atto puramente riesso e quindi a misconoscere il (suo) carattere diretto e irriesso [23]. Il realismo conoscitivo, che Gadamer aveva sviluppato nel corso dellintera sua opera, trova un adeguato fondamento e una esaustiva spiegazione tecnica-razionale allinterno dei meccanismi stessi della conoscenza grazie alle parole di Tommaso dAquino o comunque di un trattatello che esprimerebbe in maniera sintetica il suo pensiero al riguardo:

la parola non esprime infatti lo spirito, ma la cosa che oggetto del pensiero ... nella formazione della parola il contenuto oggettivo stesso (la species), che riempie lo spirito ... il pensiero che cerca la propria espressione non orientato verso lo spirito, ma verso la cosa ... la parola non quindi espressione dello spirito, ma mira alla similitudo rei ... [24]

Gadamer confessa con molta onest e umilt di avere imparato questa spiegazione tecnica sulla natura del linguaggio proprio dal pensiero di Tommaso o di suoi espositori e aggiunge, in maniera molto pi signicativa, che questa dottrina del linguaggio alla base del

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concetto stesso di circolo ermeneutico che egli ha sviluppato. In effetti, se la parola divina in confronto alla parola umana ha indubitabilmente il carattere della unicit, essa tuttavia in quanto evento destinata a ripetersi continuamente:

il senso della parola non si pu separare dallevento dellannuncio ... il carattere di evento appartiene invece al senso stesso. [25]

Di qui viene anche il tipico processo ermeneutico che non si esaurisce mai, ma che si dispiega in maniera indenita alla ricerca del senso di ogni evento della parola stessa. In questa prospettiva si evidenzia il carattere nuovo che il linguaggio assume nei pensatori medievali rispetto al logos dei Greci:

lunit della parola, che si dispiega nella molteplicit delle parole, fa apparire ancora qualcosaltro che non si risolve nella struttura della logica, e che porta in primo piano il carattere eventuale del linguaggio: il processo della formazione del concetto ... [26]

N Platone, n Aristotele, n alcun altro pensatore greco, secondo Gadamer, aveva compreso, come invece compresero i pensatori medievali, che non ci si pu fermare allidea della formazione del concetto intesa come imitazione riproduttiva dellordinamento dellessere [27]. solo quando la concezione logica del linguaggio, propria dei Greci, entra in contatto con il mondo cristiano che si pu sviluppare una nuova dimensione del linguaggio e cio il carattere di mediet del linguaggio stesso. Laspetto logico del linguaggio, in base al quale certamente il parlare presuppone luso di parole gi date che hanno un loro signicato universale [28] viene immediatamente assorbito in un processo continuo di formazione dei concetti. In tal modo il linguaggio, che nella prospettiva gadameriana lo strumento principe per lattuazione del circolo ermeneutica, esso

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stesso il risultato di un circolo ermeneutica, che partendo da un dato uso delle parole in maniera convenzionale, consente di aprire una nestra sul mondo, per formare nuovi concetti universalmente accettati perch rispecchiano aspetti del mondo reale e quindi per riprendere nuovamente una nuova vita e un nuovo signicato indenitamente. Il circolo della formazione naturale del linguaggio garantisce la vita del linguaggio in un processo che si rinnova di continuo, come avviene per ogni forma interpretativa.

5.

Postfactum: ma non era vero tradimento

Per quanto le critiche dei francescani contro limmagine del linguaggio come specchio potessero risultare infondate (almeno nel senso che Tommaso, pur accostando in varie occasioni, il termine verbum e il termine speculum, nisce per concepire tale specchio come qualcosa che perde i caratteri propri dello specchio per diventare la cosa stessa), esse avevano avuto il merito di mettere in evidenza anche i correlati concetti di riessivit e di non riessivit del verbum. Gadamer accoglie a piene mani le nette affermazioni sul carattere non riessivo del verbum presenti nel De natura verbi intellectus e le utilizza come perno di svolta per risolvere la sua apparentemente contraddittoria dottrina del circolo ermeneutico, ma avrebbe potuto raccogliere una ampia messe, questa volta da opere autentiche, anche sulla natura riessiva del verbum. In effetti, Tommaso descrive lattivit dellintelletto agente come capace di realizzare una conoscenza riessiva di s grazie al processo di astrazione del mondo esterno: il nostro intelletto si conosce quando viene attuato per mezzo delle specie astratte dalle cose sensibili a opera della luce dellintelletto agente ... pertanto il nostro intelletto si conosce per mezzo del proprio atto [29]. Tommaso, questa volta, non esita a concludere in piena sintonia con Agostino che la mente non conosce come se non fosse cosciente di se stessa, ma proprio perch presente a se stessa che cerca di conoscere [30].

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Forse Tommaso non aveva veramente tradito n il realismo di Aristotele, n il verbum cordis di Agostino. Quindi nemmeno Gadamer, pur accentuando laspetto non riessivo del verbum scovato in una operetta apocrifa, ha veramente tradito Tommaso. Si tratta forse di esecuzioni giocate su tonalit differenti di ununica partitura musicale?

Note
[1] Plotino, Enneadi V 3, 5, 18-23. [2] Tra i neotomisti che ne fanno ampio uso non vi solo Gaston Rabeau, esplicitamente citato da Gadamer (cfr. G. Rabeau, Species. Verbum. Lactivit intellectuelle lmentaire selon s. Thomas dAquin, Vrin, Paris 1938), ma anche Gilson e Maritain. [3] Cfr. F. Bottin, Filosoa medievale della mente, Il Poligrafo, Padova 2005, pp. 101-105. [4] Cfr. G. Gadamer, Autoesposizione, in Verit e metodo 2, a cura di R. Dottori, Bompiani, Milano 1996, p. 469. [5] Cfr. G. Gadamer, Verit e metodo, a cura di G. Vattimo, Fabbri, Milano 1972, p. 550. [6] Ivi, p. 481. [7] Ibidem. [8] Ivi, p. 489. [9] Ivi, p. 484. [10] Ibidem. [11] Ibidem. [12] Ibidem. [13] Ivi, pp. 484-5. [14] Ivi, p. 485.

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[15] Ivi, p. 486. [16] Ivi, p. 487. [17] Ivi, p. 488. [18] Ibidem. [19] Ibidem. [20] R. Rorty, Lessere che pu venire compreso il linguaggio, "Iride", 30 (2000), pp. 313-322. [21] Cfr. B. Wachterhauser, Getting it Right: Relativism, Realism and Truth, in The Cambridge Companion to Gadamer, ed. by R. H. Dostal, Univ. Press, Cambridge 2002, pp. 52-78. [22] Cfr. G. Gadamer, Verit e metodo, a cura di G. Vattimo, Fabbri, Milano 1972, p. 488. [23] Ivi, p. 489. [24] Ibidem. [25] Ibidem. [26] Ivi, p. 490. [27] Ibidem. [28] Ivi, p. 491. [29] Tommaso dAquino, Summa Theologiae I, q. 47, ll. 56-59: ut ... sic seipsum intelligat intellectus noster, secundum quod t actu per species a sensibilibus abstractas per lumen intellectus agentis ... per actum suum se cognoscit intellectus noster (cfr. ledizione di lavoro della quaestio a cura di R. Pasnau: http://spot.colorado.edu/~pasnau/latinus/L75-89.pdf). [30] Ivi I, q. 47, ll. 75-77.

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