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FACOLTÀ DI INGEGNERIA
Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale
Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria dei Materiali
Tesi di Laurea
COMPORTAMENTO A FRATTURA PER FATICA DI
NANOCOMPOSITI POLIAMMIDE 6/FILLOSILICATO:
EFFETTO DEL RAPPORTO DI CICLO
E DEL CARICO MEDIO
Relatore:
Prof.ssa Theonis RICCÒ
Correlatori:
Ing. Francesco BALDI
Ing. Stefano PANDINI
Laureando:
Carlo GRASSINI
Matr. n. 61255
Indice
Introduzione..................................................................................................... 1
PARTE I ..............................................................................................3
PARTE II .......................................................................................... 64
7.3.2 Effetto del rapporto di ciclo (R) sulla velocità di propagazione della cricca ........ 199
7.3.3 Legge di Paris ....................................................................................................... 200
7.3.4 Condizioni di instabilità ........................................................................................ 204
Introduzione
Argomento del presente lavoro di tesi è lo studio del comportamento a frattura per
fatica di un materiale nanocomposito a base di poliammide 6 (un tecnopolimero di
grande importanza industriale) rinforzato con un silicato lamellare, la montmorillonite.
Viene inoltre studiato anche il comportamento a frattura per fatica del solo polimero
matrice, privo di nanocariche.
Lo studio è stato condotto attraverso una serie di prove di Fatigue Crack Propagation
(FCP), che consistono nel sottoporre un campione di materiale con una geometria
opportuna (placchetta intagliata su un lato, tipo Single Edge Notched Tension, SENT) a un
carico variabile ciclicamente secondo una legge sinusoidale. Sotto l’azione di questo
carico, dall’intaglio presente nel provino inizia a propagare la frattura per fatica, il cui
avanzamento in funzione del tempo viene monitorato acquisendo immagini del campione
a intervalli regolari mediante una fotocamera.
PARTE I
PARTE I 4
1. Nanocompositi polimero/fillosilicato
1. Nanocompositi polimero/fillosilicato
in peso di nanofiller, contro percentuali maggiori del 15% in peso di un filler “classico”
come carbonato di calcio, o fibre di vetro corte.
Figura 1: Struttura di un generico fillosilicato: questo tipo di filler è spesso utilizzato nei materiali
nanocompositi. [5]
Gli strati tetraedrici sono costituiti da gruppi SiO4 che formano una struttura
esagonale piana di composizione Si4O10. Gli strati ottaedrici sono costituiti da due piani di
ossigeno o gruppi ossidrili tra i quali sono posizionati atomi di alluminio (o magnesio) in
coordinazione ottaedrica. In totale il singolo cristallo del silicato è costituito da due strati
tetraedrici di silice separati da uno strato ottaedrico in modo che gli ossigeni posti ai
vertici del tetraedro siano condivisi con lo strato ottaedrico.
I cristalli (strati) sopra descritti hanno uno spessore di circa 1 nm e dimensioni laterali
che possono variare da 30 nm ad alcuni µm. Queste lamine si organizzano a formare pile,
dette “tattoidi”, con una spaziatura regolare tra i diversi strati chiamata interstrato o
galleria. I cristalli lamellari sono caratterizzati dalla presenza all’interno dell’interstrato di
ioni e molecole di acqua che sono legati con legami di tipo ione-dipolo. La presenza di
questi ioni è dovuta al fatto che le lamine dell’argilla non sono neutre, ma presentano
delle cariche residue generate dalla sostituzione isomorfa degli atomi costituenti il
cristallo (Al al posto del Si e Mg al posto di Al), che sono compensate dagli ioni intercalati.
Montmorillonite Mx(Al4-xMgx)Si8O20(OH)4
Hectorite Mx(Mg6-xLix)Si8O20(OH)4
Saponite MxMg6(Si8-xAlx)O20(OH)4
M = catione monovalente; x = grado di sostituzione isomorfa (tra 0.5 e 3)
Poiché le forze che tengono insieme gli impilamenti di lamelle sono relativamente
deboli, l'intercalazione di piccole molecole tra gli strati è facile. La superficie di un'argilla è
di natura idrofila, pertanto il livello di intercalazione con i polimeri, i quali hanno
generalmente natura idrofoba (o comunque scarsamente polare), può risultare piuttosto
basso. Al fine di rendere compatibili i silicati con i polimeri si effettua perciò un
trattamento chimico che modifica la superficie delle argille rendendola organofila, e
quindi compatibile con quasi tutti i polimeri di interesse ingegneristico. Si utilizzano per
questo scopo molecole con una “testa” idrofila, che si aggancia alla superficie dell'argilla,
e una catena alifatica in “coda”, che rende lipofila la galleria. Inoltre, poiché questi cationi
hanno un ingombro più elevato rispetto a quelli originariamente presenti, si ha anche un
aumento della distanza interlamellare che facilita la penetrazione delle molecole di
polimero. Le argille che hanno subito questo trattamento sono dette “organo-argille”, o
organoclay.
a) se il polimero non riesce a essere intercalato negli interstrati delle lamine dei
fillosilicati, si ottiene un composito a fasi separate, le cui proprietà sono
paragonabili a quelle dei compositi tradizionali, in quanto la distanza
interlamellare tipica dell’argilla rimane invariata;
b) se una o più catene polimeriche risultano intercalate tra gli strati del silicato,
dando vita ad una morfologia multistrato ben ordinata formata dall’alternanza
di strati polimerici ed inorganici, si ottiene un nanocomposito a struttura
intercalata;
c) se le lamelle del silicato sono completamente e uniformemente disperse in
una matrice polimerica continua, si ottiene un nanocomposito a struttura
esfoliata (o delaminata).
Questi compositi sono caratterizzati da una crescente interazione tra carica e matrice:
passando dal composito tradizionale all'intercalato e infine al delaminato aumenta,
infatti, la superficie di contatto tra il filler e la matrice.
PARTE I 9
1. Nanocompositi polimero/fillosilicato
Il polimero quindi si adsorbe sulle lamine del silicato; il solvente viene rimosso per
evaporazione, e le lamine si riuniscono, intrappolando negli interspazi il polimero. Il
solvente facilita la delaminazione del sistema: si possono quindi ottenere strutture
completamente delaminate.
Come si può evincere dal grafico di figura 6, l’aumento considerevole del modulo
elastico è comune a nanocompositi con diversi tipi di rinforzo. Simili incrementi di
proprietà meccaniche quali il modulo elastico e la resistenza a trazione, ottenuti con
percentuali di peso di nanocarica così contenute, forniscono la possibilità di avere
materiali ad alte prestazioni che non risentono di alcuni dei principali problemi che
affliggono i polimeri caricati con particelle di dimensioni micrometriche. I nanocompositi,
infatti, hanno più bassa densità, facile lavorabilità e qualità superficiali migliori, grazie
alle basse concentrazioni di cariche. Del resto, superare determinati livelli di
PARTE I 13
1. Nanocompositi polimero/fillosilicato
concentrazioni delle nanocariche non è conveniente, perché oltre il 5 ÷ 10% in peso si può
osservare un peggioramento delle proprietà meccaniche, dovuto alla formazione di
agglomerati di particelle [21] .
Figura 6: Modulo elastico a 120°C per nanocompositi PA6/fillosilicato con diversi filler. [4]
1.5.3 Riciclabilità
Le buone prestazioni dei materiali nanocompositi a matrice polimerica ottenuti
utilizzando come filler montmorillonite o altri silicati lamellari offrono una valida
alternativa all’uso di cariche come le fibre di vetro, che rendono impossibile il riciclo del
materiale plastico per la stessa applicazione, poiché le fibre vengono danneggiate dal
processo di riciclo. Grazie al ridotto contenuto di carica, i nanocompositi
polimero/fillosilicato sono più facilmente riciclabili, proprietà che nello scenario odierno
acquista sempre maggiore importanza.
Figura 7: Schema di una prova di resistenza alla fiamma al calorimetro a cono. [10]
È inoltre molto importante rilevare che questo incremento della resistenza alla
fiamma è ottenuto, diversamente da quanto accade negli altri materiali polimerici, senza
l'utilizzo di additivi per il ritardo di fiamma, i quali provocano spesso un deterioramento
delle proprietà del materiale e un aumento di monossido di carbonio e di fuliggine
durante la combustione.
1.6 Applicazioni
Nell’ultimo decennio i nanocompositi sono stati oggetto di enorme interesse: secondo
i pareri più entusiastici, potranno in un prossimo futuro provocare una vera e propria
rivoluzione tecnologica, al pari dell’avvento dell’elettronica e dell’informatica. Per capire
quanto concrete siano le aspettative, basti pensare che nel 1997 i finanziamenti per la
ricerca e sviluppo di nanomateriali negli USA ammontavano a 116 milioni di dollari e che
nel giro dei successivi tre anni sono aumentati a 270 milioni di dollari, e che tuttora sono
in crescita. Cifre analoghe sono state investite in Europa e Giappone. Gli analisti stimano
che tali prodotti rappresentino attualmente un mercato di circa 2,5 miliardi di euro [5] .
Figura 8: Potenziali applicazioni dei nanocompositi in veicoli di fascia medio-alta di prezzo. [5]
1.6.2 Packaging
Il miglioramento delle proprietà barriera dei nanocompositi può permetterne l’utilizzo
come filmature per l’imballaggio alimentare, flessibile e rigido. Esempi specifici includono
il confezionamento per carni trattate, formaggi, cereali, pasticceria, cartoni per succhi di
frutta, bottiglie per birra e bevande gassate. L’uso dei nanocompositi permette di
aumentare considerevolmente la durata di molti tipi di cibi.
Figura 9: Esempi di possibili applicazioni dei nanocompositi nel settore biomedicale. [5]
L’utilizzo dei nanocompositi contenenti argento (le cui nanopolveri hanno proprietà
antimicrobiche molto potenti) potrebbe portare ad una maggiore sicurezza per quanto
concerne la sterilizzazione di apparati realizzati in materiale polimerico che potrebbero
essere veicoli di infezioni, o addirittura usati per debellarne l’eventuale insorgere.
1.6.5 Rivestimenti
La cura per le proprietà superficiali di un materiale e di un prodotto è in continua
crescita per diverse ragioni. In alcuni casi si preferisce avere dei materiali con particolari
proprietà superficiali, mentre le proprietà dell’intero materiale (bulk) sono di
relativamente scarso interesse, poiché è solo la superficie che deve assolvere un
determinato compito. Esempi importanti di questi casi risiedono in prodotti per
applicazioni estetiche, prodotti con superfici resistenti all’abrasione, corrosione, prodotti
con elevate proprietà di idrofobia/idrofilia, prodotti con particolari proprietà ottiche
(antiriflesso, antifìgraffio).
Infatti molti materiali, se sottoposti a carichi la cui entità vari nel tempo, in maniera
regolare o casuale, subiscono un progressivo danneggiamento che li porta,
eventualmente, a rottura. Questo avviene sebbene l’entità massima di tali carichi variabili
si mantenga sempre sensibilmente inferiore al carico di rottura, definito in condizioni
quasi-statiche. Tale fenomeno, nel suo complesso, prende il nome di fatica.
Soprattutto negli ultimi decenni, lo studio della fatica dei materiali polimerici è
arrivato a rivestire grande importanza progettuale: da qualche tempo, infatti, è tendenza
nel mondo industriale sostituire componenti per impieghi strutturali precedentemente
realizzati in materiali metallici, ove fattibile tecnicamente ed economicamente, con
PARTE I 21
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Questo può apparire poco rappresentativo delle reali condizioni in cui i componenti si
trovano in esercizio: spesso i carichi che devono sostenere variano nel tempo in maniera
del tutto imprevedibile e casuale, o comunque secondo spettri molto complessi. I risultati
ottenuti in laboratorio mediante prove in condizioni note e controllate, tuttavia, sono in
genere sufficientemente rappresentativi di quanto accade nella realtà. Esistono inoltre
metodologie apposite che, per casi particolarmente complessi, consentono di “trasferire”
i risultati ottenuti dalle prove di laboratorio (condotte sotto l’azione di carichi ciclici) alla
progettazione nei confronti di condizioni di carico più complesse, o random.
In seguito, ci riferiremo sempre alla forma d’onda sinusoidale, che è quella più spesso
utilizzata e citata nei testi. I concetti che seguono rimangono, comunque, in gran parte
validi anche per le altre forme d’onda.
PARTE I 22
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 10: Forme d’onda più spesso utilizzate nelle prove di fatica.
Risulta evidente l’analogia con la fatica dinamica: in entrambi i casi si ha a che fare con
uno sforzo prolungato nel tempo che causa un progressivo danneggiamento del
materiale, con perdita di resistenza meccanica e infine, eventualmente, rottura del pezzo.
Inoltre, sebbene i due fenomeni siano concettualmente diversi, tuttavia di fatto assai
spesso si trovano a cooperare.
Figura 12: Forma d’onda sinusoidale generica vista come sovrapposizione di un carico medio
costante e di una componente alternata.
L’interazione tra questi due fenomeni è complessa; anche se esistono diversi modelli
proposti in proposito (come si vedrà in seguito, par. 3.4), in generale risulta assai difficile
distinguere i contributi dovuti al creep e alla componente alternata del carico in una prova
di fatica con componente media di carico non nulla.
PARTE I 25
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 13: Geometrie di alcuni provini normati per prove di fatica: provino per fatica a trazione (a)
e per fatica flessionale (b) [12]
Tali provini vengono sottoposti a uno sforzo oscillante di ampiezza (S) ben definita, e
viene registrato il numero di cicli che il campione sopporta prima della rottura, o vita a
fatica (N). Si costruiscono così, per il materiale in considerazione, le cosiddette curve S-N,
o curve di Wöhler (figura 14). Poiché il fenomeno è caratterizzato da una certa
dispersione statistica, sono necessarie numerose prove per diagrammare l’andamento
medio della vita media a fatica.
PARTE I 26
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 14: Curve S-N per diversi polimeri termoplastici sottoposti a fatica flessionale. [12]
Solitamente, queste curve sono presentate con una scala semilogaritmica per N, o
logaritmica per entrambi gli assi. In questo modo le curve assumono un andamento
lineare, almeno in un tratto.
Come si può notare dalla figura 14, la vita a fatica tende ad aumentare al diminuire
della componente alternata dello sforzo: vale a dire che, per ampiezze di sforzo inferiori, il
materiale dura più a lungo prima della rottura. Si nota inoltre che alcuni materiali
presentano un esteso plateau, per cui al di sotto di un certo livello di S, il componente di
fatto non presente rottura a fatica nemmeno per un numero di cicli molto alto. Questo
particolare livello di componente alternata dello sforzo, quando esiste, è detto limite di
fatica per il materiale. Tipicamente, il limite di fatica per i materiali polimerici si colloca
tra il 20% e il 40% del carico di rottura statico [14] : le condizioni di prova però influiscono
molto su detto valore.
sfasamento dipende da quanto il comportamento sia elastico piuttosto che viscoso: nei
casi limite, lo sfasamento sarà nullo (comportamento perfettamente elastico) o pari a un
quarto di periodo (comportamento perfettamente viscoso).
Figura 15: Sfasamento tra carico imposto e deformazione esibita da un provino in materiale
viscoelastico.
Tale comportamento si traduce, nel diagramma σ-ε, in un ciclo di isteresi che dissipa a
ogni ciclo un’energia pari all’area racchiusa dal ciclo stesso (figura 16). Questa energia è
dissipata sotto forma di calore nel materiale. La potenza termica così sviluppata assume
per sollecitazioni simmetriche, secondo Ferry [18] la forma della (1):
𝑾𝒅 = 𝝅 𝝊 𝑱′′ 𝝊, 𝑻 𝝈𝟎 𝟐 (1)
dove ν è la frequenza del ciclo di carico, J’’ è la cedevolezza dissipativa, funzione della
frequenza e della temperatura, e σ0 è l’ampiezza dello sforzo. Tale legge è ricavata per
piccole deformazioni, nell’ambito delle prove dinamico-meccaniche in viscoelasticità
lineare. Si noti come, secondo la (1), la potenza termica dissipata aumenti con
l’aumentare della frequenza ν dello sforzo e dell’ampiezza σ0 dello stesso.
PARTE I 28
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 16: Ciclo di isteresi viscoelastica. L’area Wd è proporzionale all’energia specifica dissipata a
ogni ciclo.
Per sforzi più alti, o frequenze più elevate, l’energia che il polimero riesce a dissipare è
inferiore a quella prodotta dal ciclo di isteresi nell’unità di tempo: in questo modo la
temperatura della zona deformata cresce in maniera instabile con il procedere dei cicli.
L’aumento di temperatura causa la diminuzione del modulo elastico e delle proprietà
meccaniche del polimero: questo fa sì che il ciclo di isteresi si allarghi ulteriormente (si
veda la figura 17) e di conseguenza il calore sviluppato sia ancora più elevato. Il processo,
così, si auto-accelera, e porta il materiale a cedere ben prima che nel caso di regime
meccanico; la frattura è quasi sempre di tipo duttile. In questo caso si parla di fatica in
regime termico.
Figura 17: Curva S-N per un poliossimetilene POM (detto anche resina acetalica) in cui è
evidenziata la transizione tra il regime termico e meccanico della fatica. Si noti la crescita dell’area
del ciclo di isteresi, nel regime termico. [12]
Come si può vedere, prima della transizione al regime meccanico, la fatica in regime
termico sembra raggiungere una sorta di “limite di fatica”. Lo sforzo cui avviene la
transizione tra i due comportamenti comunque non può essere considerato una
caratteristica intrinseca del materiale, poiché molteplici parametri, quali la frequenza, lo
sforzo medio, la temperatura dell’ambiente e la geometria del provino, possono variarne,
anche di parecchio, il valore.
Figura 18: Curve di Wöhler che evidenziano le distinte fasi di nucleazione e propagazione della
cricca di fatica. [15]
“craze cascades” e pattern caratteristici [12] . La rottura delle fibrille nei craze divenuti
più grandi e più critici causa la formazione della microcricca vera e propria.
Figura 19: Micrografia di un craze in un campione di polistirene. La freccia indica la direzione in cui
agisce lo sforzo di trazione. [16]
Lo stadio della propagazione vera e propria della cricca si considera iniziato quando le
microcricche iniziali raggiungono una dimensione-soglia critica, che per molti polimeri è
dell’ordine di grandezza del millimetro (10-3 m); possono essere necessari moltissimi cicli
di fatica, però, perché i microvuoti raggiungano questa dimensione. Spesso, infatti,
nell’orizzonte dell’intera vita a fatica di un componente, la fase di nucleazione è di gran
lunga la parte preponderante.
Lo scopo della meccanica della frattura è dunque quello di gestire il fenomeno della
crescita dei difetti e conseguente diminuzione di resistenza del materiale. Sulla base di
un’applicazione consapevole della meccanica della frattura, è possibile rispondere a
domande quali:
Si capisce come una disciplina che sia in grado di rispondere a queste domande possa
offrire soluzioni progettuali molto valide, sia per la progettazione statica di componenti di
sicurezza, sia di fronte a problemi quali il creep, la fatica, la corrosione, e in generale tutti i
meccanismi di danneggiamento che prevedano una propagazione sub-critica di un difetto
prima del cedimento.
rottura (o con plasticizzazioni molto limitate), si può applicare la meccanica della frattura
lineare elastica (o LEFM, da Linear Elastic Fracture Mechanics): è l’approccio più
conosciuto e più utilizzato. Per materiali che presentano plasticizzazioni marcate prima
della rottura, si applica la meccanica della frattura elasto-plastica (o EPFM, Elastic-Plastic
Fracture Mechanics); esistono poi approcci più complessi per casi particolari: per
esempio, approcci di tipo viscoelastico per materiali con comportamento costitutivo
dipendente dal tempo.
Dato un componente con un difetto acuto, esso può essere sollecitato in tre modi,
come si vede in figura 20:
Figura 20: I tre “modi” di sollecitazione di un difetto secondo la meccanica della frattura. [17]
È evidente che una sollecitazione generica in una qualsiasi direzione rispetto al piano
di giacitura della cricca può essere sempre vista come una combinazione lineare di questi
3 modi.
Figura 21: Lastra piana infinita, sottoposta a sforzo remoto di trazione e dotata di fessura acuta di
lunghezza 2°. [17]
Figura 22: Sistema di riferimento polare, secondo il quale sono definite le soluzioni di
Westergaard. [17]
Fissando un sistema di riferimento in coordinate polari (r, θ) con l’origine in uno dei
due apici della cricca (il sistema è simmetrico), come rappresentato in figura 22, lo stato
di sforzo nel generico punto P di coordinate (r, θ) è descritto dalle equazioni (2):
PARTE I 37
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
𝜎 𝜋𝑎 𝜗 𝜗 3𝜗
𝜎𝑦𝑦 = cos 1 + sin sin
2𝜋𝑟 2 2 2
𝜎 𝜋𝑎 𝜗 𝜗 3𝜗 (2)
𝜎𝑥𝑥 = cos 1 − sin sin
2𝜋𝑟 2 2 2
𝜎 𝜋𝑎 𝜗 𝜗 3𝜗
𝜏𝑥𝑦 = sin cos cos
2𝜋𝑟 2 2 2
Osservando le equazioni (2), si vede che esse possono essere espresse nella forma più
generale (3):
𝐾𝐼
𝜎𝑖𝑗 = 𝑓𝑖𝑗 (𝜗)
2𝜋𝑟 (3)
dove
𝐾𝐼 = 𝜎 𝜋𝑎 (4)
𝐾𝐼 = 𝑌𝜎 𝜋𝑎 (5)
Le soluzioni di Westergaard sono valide nelle vicinanze dell’apice della cricca, ossia
per 𝒓 < 0.1𝒂 circa. Allontanandosi ulteriormente, esse cessano di descrivere
adeguatamente il campo di sforzi: il termine 𝑟 a denominatore fa sì che, per r
PARTE I 38
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 23: Andamento reale degli sforzi σyy nei pressi dell’apice della cricca, confrontato con le
soluzioni di Westergaard: all’interno della “zona dominata dalla singolarità”, queste ultime
descrivono con precisione l’andamento reale degli sforzi. [17]
𝐾𝐼 ≥ 𝐾𝐼𝐶
𝐾𝐼𝐼 ≥ 𝐾𝐼𝐼𝐶 (6)
𝐾𝐼𝐼𝐼 ≥ 𝐾𝐼𝐼𝐼𝐶
sforzi come quello rappresentato in figura 24, in cui la lunghezza della zona plastica si
ricava come nell’equazione (7), eguagliando la σyy alla σY di snervamento:
2
𝐾𝐼 1 𝐾𝐼
𝜎𝑌 = 𝜎𝑦𝑦 = → 𝑟𝑦 = (7)
2𝜋𝑟𝑌 2𝜋 𝜎𝑌
Figura 24: Dimensioni della zona plasticizzata in prima approssimazione, secondo Irwin.
Questa soluzione di prima approssimazione non può, però, essere corretta: infatti si
basa su una soluzione elastica (Westergaard), e l’operazione di “troncare” gli sforzi al
valore massimo di σY presuppone che gli sforzi “eliminati” (la regione tratteggiata in figura
24) vengano in qualche modo ridistribuiti dalla plasticizzazione, per ristabilire l’equilibrio
delle forze. Perciò, l’effettiva zona plastica dovrà essere più estesa di quanto previsto in
prima approssimazione. Con un bilancio di forze si può facilmente dimostrare che
l’effettiva zona plastica ha lunghezza:
2
1 𝐾𝐼
𝑟𝑝 = (8)
𝜋 𝜎𝑌
PARTE I 41
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 25: Stima della lunghezza della zona plastica dopo ridistribuzione degli sforzi. [17]
Come si può notare guardando l’illustrazione della figura 25, in seguito alla
redistribuzione degli sforzi, nella zona elastica questi risultano più elevati (linea continua)
rispetto a quanto previsto dalle soluzioni di Westergaaard (linea tratteggiata): ciò implica
che, in presenza di plasticizzazione all’apice della cricca il KI effettivo è più elevato di
quello puramente “elastico”. Irwin propose di tenere conto di questo incremento
considerando la plasticizzazione come un incremento fittizio delle dimensioni della
cricca, ossia considerando:
𝑎𝑒𝑓𝑓 = 𝑎 + 𝑟𝑦 (9)
Infatti, il componente con la zona plasticizzata si comporta “come se” la cricca fosse
più lunga di ry, come si vede in figura 26. Il valore del Keff, che dipende dall’aeff, che a sua
volta dipende (tramite ry) da Keff, viene calcolato iterativamente. Per alcune geometrie
semplici esistono soluzioni in forma chiusa.
Figura 26: Correzione di Irwin del fattore di intensificazione degli sforzi basato sull’incremento
fittizio della lunghezza della cricca. [17]
Il valore di ry, che per stato di sforzo piano è espresso dall’equazione (7), in stato di
deformazione piana risulta più basso:
2
1 𝐾𝐼
𝑟𝑦 = (11)
6𝜋 𝜎𝑌
Figura 27: Forma della zona plasticizzata lungo lo spessore di un componente tozzo.
Le prove di tenacità a frattura, nell’ambito della LEFM, per essere ritenute valide
devono soddisfare le equazioni (12):
2
𝐾𝐼𝐶
𝑎, 𝐵, 𝑊 − 𝑎 ≥ 2.5 ≈ 50𝑟𝑦 (12)
𝜎𝑌
Al di là dei limiti imposti dalla normativa per il KC, comunque, la meccanica della
frattura lineare elastica perde di validità qualora la zona plastica che s’instaura all’apice
dei difetti assuma dimensioni tanto grandi da essere paragonabili a quelle del campione e
della cricca stessa, sia in condizioni di sforzo piano, che di deformazione piana, che
intermedie.
Molto spesso tali limiti risultano molto restrittivi per i materiali polimerici, in quanto
molti di questi tendono a plasticizzare con facilità e per zone molto estese. Laddove non si
verifichino le condizioni per l’utilizzo della meccanica della frattura lineare elastica, si
ricorre ad altri approcci, quali la meccanica della frattura elasto-plastica.
Spesso la meccanica della frattura lineare elastica è utilizzata nell’ambito delle prove
di propagazione di cricche di fatica o di creep. In questi casi, a volte viene utilizzata anche
laddove le plasticizzazioni che interessano il materiale sono considerevoli e quindi, a
rigore, il ricorso a essa non sarebbe lecito. Si tratta, infatti, di un approccio relativamente
semplice e al contempo efficace per descrivere in pochi parametri, semplici da trattare
matematicamente, il complesso fenomeno della frattura per fatica, e per operare
confronti tra materiali e condizioni diverse riferendosi a un parametro comune quale il K.
Ovviamente, ove ciò sia fatto, deve essere specificato che si utilizzano i concetti della
meccanica della frattura lineare elastica pur non rientrando a rigore nelle ipotesi di
applicabilità della stessa; in questo modo, inoltre, il parametro Kc che si ricava dalle prove
non può essere considerato come propriamente intrinseco del materiale.
PARTE I 45
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
A ogni ciclo, la cricca avanza di ∆𝑎; è possibile monitorare nel tempo la lunghezza
della cricca in diversi modi: foto/videocamere puntate sul campione, misure di
cedevolezza istantanea (che varia al crescere di a), misure di correnti o tensioni (per
materiali conduttivi, al crescere della cricca variano le caratteristiche elettriche), e così
via. Qualunque sia la tecnica utilizzata per tenere traccia della crescita di a con il
progredire del fenomeno, i dati “grezzi” che si ricavano da una prova di FCP sono del tipo
mostrato in figura 28.
PARTE I 46
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Figura 28: Curve a vs N ricavabili da una prova di FCP, con due diversi livelli di sforzo applicato.
[11]
I dati della lunghezza della cricca istantanea possono essere diagrammati in funzione
del numero di cicli N (più frequente), o anche del tempo t.
Tipicamente, in questo tipo di prove, con l’aumentare della lunghezza della cricca a
aumenta anche la velocità di crescita della cricca, da/dN (visualizzato in figura 28 come la
pendenza delle curve in corrispondenza di due valori distinti di a).
∆𝐾𝐼 = ∆𝜎 𝜋𝑎 (13)
Come si evince dalla (13), tuttavia, se il ∆𝜎 nominale rimane costante per tutta la
durata della prova (il che avviene lavorando in controllo di carico), ∆𝐾𝐼 invece cresce con
il crescere di a. Quando KImax raggiunge un valore critico K*IC 1, si ha la frattura finale del
componente.
1
Il valore critico di KI in condizioni di fatica può non corrispondere esattamente al KC ottenuto in prove
di tenacità a frattura “statiche”, a causa della diversa storia di carico. Si tratta comunque di un buon
indicatore della tenacità a frattura del materiale. [1]
PARTE I 47
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Studi condotti sui materiali metallici hanno dimostrato che una legge empirica molto
semplice mette in relazione la velocità di crescita della cricca da/dN con il ∆𝐾 applicato
all’apice della cricca; si tratta di una legge di potenza nota come legge di Paris-Erdogan:
𝑑𝑎
= 𝐶∆𝐾 𝑚 (14)
𝑑𝑁
Dove C e m sono costanti empiriche che dipendono dal materiale e dalle condizioni di
prova (temperatura, ambiente, frequenza, rapporto di ciclo…). La forma della legge di
Paris in un grafico da/dN vs ∆𝐾 è di una retta logaritmica. Studi successivi hanno
dimostrato che, in molti casi, la (14) è applicabile anche ai materiali polimerici.
Si vede che, spesso, nelle prove di FCP la legge di Paris è ben rappresentativa del
tratto centrale del diagramma da/dN vs ∆𝐾, che ha globalmente un comportamento
simile a quello rappresentato in figura 29.
Figura 29: Andamento tipico di una generica prova di FCP in un diagramma logaritmico da/dN vs
K. Sono distinguibili tre regioni: una prima di crescita molto rapida a partire da un Kth di soglia
(nucleazione), una seconda in cui vale la legge di Paris-Erdogan (crescita sub-critica), e infine una
terza in cui la velocità cresce repentinamente (frattura finale). [12]
𝑑𝑎 𝑚
= 𝐶∆𝐾 𝑚 = 𝐶 𝑌 𝑚 ∆𝜎 𝑚 𝑎 2
𝑑𝑁
↓
𝑑𝑎
𝑚 = 𝑑𝑁
𝐶 𝑌 𝑚 ∆𝜎 𝑚 𝑎 2
↓
𝑁𝑓 𝑎𝑓
𝑑𝑎
𝑑𝑁 = 𝑚
0 𝑎0𝐶 𝑌 𝑚 ∆𝜎 𝑚 𝑎 2
risolvendo l’integrale:
↓
2 1−
𝑚
1−
𝑚
𝑁𝑓 = 𝑎𝑓 2 − 𝑎0 2 (15)
2 − 𝑚 𝐶 (𝑌∆𝜎)𝑚
La (15) permette, una volta note o stimate le dimensioni iniziali della cricca a0 e la
lunghezza critica della stessa af, di stimare la vita residua a fatica del componente Nf.
La formula può essere usata anche in senso inverso, ossia per stimare a0 data la vita
totale. Questo permette, confrontando le dimensioni iniziali del difetto così ottenute con
le dimensioni tipiche di disomogeneità microstrutturali presenti nel materiale (quali, per
esempio, le dimensioni degli sferuliti, dei microvuoti, o di cariche minerali), di ipotizzare
quali tipologie di disomogeneità o di difetti possono essere responsabili della nucleazione
della cricca. L’utilità di questa informazione risiede anche nella possibilità di intervenire,
eventualmente, con trattamenti termo-meccanici che possano ridurre l’influenza di quella
specifica categoria di difetti o disomogeneità microstrutturali.
PARTE I 49
2. Comportamento a fatica dei materiali polimerici
Prove di questo tipo, che a parte la forma di carico utilizzata sono del tutto analoghe a
quelle di FCP, sono dette di Creep Crack Propagation (CCP)
Non ha quindi senso definire una “crescita per ciclo”, ma si parla unicamente di
“crescita nell’unità di tempo” della cricca; allo stesso modo, non si considera un ∆𝐾 ma
semplicemente di 𝐾 applicato. Fatte queste precisazioni, la crescita di una cricca per
creep è descrivibile mediante una legge di potenza empirica che ha la stessa forma della
legge di Paris:
𝑑𝑎
= 𝛽𝐾𝐼 𝑛 (16)
𝑑𝑡
Anche nella (16), 𝛽 e n sono parametri empirici che dipendono dal materiale e dalle
condizioni di prova.
Per i materiali polimerici la valutazione della dinamica di crescita dei difetti sotto
carichi di creep riveste enorme importanza: basti citare l’esempio dei tubi per gas in
polietilene, che devono garantire un servizio esente da rotture per molti anni.
PARTE I 50
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
La dipendenza di C (più che di m, che per lo stesso materiale rimane in genere quasi
invariato) da tutti questi parametri è assai complicata: nel presente capitolo passeremo in
rassegna alcune tra le principali variabili di influenza sulla FCP, soffermandoci in
particolare sull’effetto delle nanocariche, del rapporto di ciclo e del carico medio, che
sono argomento del lavoro presente nonché degli esperimenti descritti nella Parte II.
Esistono, tuttavia, studi che mostrano una dipendenza più complessa della velocità di
propagazione della cricca dalla temperatura. Per alcuni materiali, in casi particolari, gli
andamenti della velocità di propagazione presentano massimi o minimi nelle velocità di
PARTE I 51
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
Poiché i craze sono tanto più stabili quanto più le molecole sono sufficientemente
lunghe da “ancorare” le fibrille alle facce della fessura (e da garantire alle fibrille stesse
una sufficiente coesione), è evidente che il lavoro di disentanglement compiuto dal carico
ciclico risulta più agevole per catene più corte, quindi per bassi Mw. Del resto, una volta
che le catene sono lunghe a sufficienza da garantire un buon network resistente alle
fibrille del craze, un ulteriore aumento della lunghezza delle catene non ha grossi effetti
migliorativi sulla stabilità dello stesso: infatti, come si vede in figura 31, con il crescere di
Mw la curva tende ad “appiattirsi”.
Figura 31: Andamento della velocità di propagazione da/dN a un valore fissato di ΔK per PVC di
diverso peso molecolare medio ponderale. [11]
Va considerato che nella formazione stessa del craze gli entanglement costituiti dalle
catene più corte sono stati sciolti. Le fibrille sono quindi costituite da quelle sole
molecole, più lunghe, i cui entanglement sono “sopravvissuti” nel processo di generazione
della fessura: esse avranno quindi una propria distribuzione di pesi molecolari che
risulterà più stretta e a Mw più alta rispetto a quella globale del polimero. Questo
suggerisce che aggiungere una frazione di polimero ad alto Mw in un polimero a basso Mw
può migliorarne di molto la resistenza a fatica [11] .
PARTE I 53
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
La spiegazione del fenomeno risiede probabilmente nel fatto che un elevato numero
di cross-link inibisce le possibilità di deformazione del polimero, aumentandone il modulo
elastico ma rendendolo più fragile. In particolare, il crazing risulta inibito: essendo questo
un processo che assorbe molta energia, riducendone la portata si rende disponibile una
maggiore quantità di energia per la frattura fragile.
I dati di uno studio di Bretz et al. (citato in [11] , par. 3.8.4) sull’effetto dell’umidità sul
comportamento a FCP del nylon 66 hanno mostrato che la da/dN presenta un minimo
marcato per un contenuto di acqua pari al 2.5 ÷ 2.6% (figura 32). Questo comportamento
suggerisce la presenza di meccanismi tra loro competitivi, bilanciati secondo la quantità di
acqua presente. Probabilmente l’acqua va dapprima a rompere i legami idrogeno tra le
catene di PA66, formando “ponti” che impaccano il materiale rendendolo quindi più
resistente, fino a un minimo; in seguito ad un’ulteriore aggiunta di acqua, questa avendo
saturato i legami idrogeno disponibili agisce più propriamente come un plastificante,
“lubrificando” le catene e aumentando la mobilità molecolare.
Figura 32: Effetto dell’umidità sulla risposta a FCP del Nylon 66. [11]
Hertzberg non cita, invece, studi specifici che mettano in relazione la percentuale di
cristallinità o la dimensione degli sferuliti con le proprietà a fatica.
PARTE I 55
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
Studi condotti da Hertzberg e Manson [11] mostrano due distinti comportamenti per
diverse famiglie di materiali polimerici rispetto all’effetto della frequenza sulla FCP:
Una proposta per dare risposta alla prima delle due questioni sollevate viene data nel
medesimo studio [11] . La spiegazione per questo differente comportamento sarebbe
correlata alle proprietà a livello molecolare dei materiali. Hertzberg nota come i materiali
il cui comportamento a FCP presenta una dipendenza dalla frequenza più marcata sono
quelli che nel medesimo range di frequenze utilizzate nei test effettuano la transizione β,
PARTE I 56
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
una transizione di tipo secondario che coinvolge i movimenti di “salto” delle catene
molecolari da una posizione di equilibrio a un’altra. In altre parole, quando le frequenze
utilizzate in un test a fatica sono confrontabili con quelle della transizione β a quella
temperatura, è possibile notare un effetto della frequenza sulla propagazione della
frattura durante il test; laddove, viceversa, non ci si trovi in tali condizioni, il materiale
non mostrerà un comportamento influenzato dalla frequenza di sollecitazione nelle prove
di FCP. I movimenti delle catene polimeriche coinvolti nella transizione β, termicamente
attivati, avvengono a frequenze caratteristiche, che variano con la temperatura.
Conducendo i medesimi test a temperature diverse, infatti, la frequenza della transizione
β si sposta verso altri ordini di grandezza rispetto a quelli delle sollecitazioni di prova, e
materiali che prima presentavano un forte “effetto frequenza”, lo vedono diminuire o
sparire del tutto.
Per dare una risposta alla seconda questione posta è importante fare alcune
considerazioni. Va detto innanzitutto che sicuramente il tempo sotto carico per ogni
ciclo, risulta maggiore per frequenze più basse. Ciò fa sì che l’incidenza della
propagazione della frattura per un concomitante effetto del creep sia maggiore per le
frequenze più basse, perché il carico agisce per un tempo più lungo nell’arco di un ciclo: di
conseguenza, la propagazione per ciclo risulterà maggiore rispetto a prove condotte a
frequenze più elevate.
Al fine di interpretare tale fenomenologia alla luce degli effetti del creep, alcuni autori
(si vedano ad esempio gli studi sul PVC [25] e sul PP [22] ), hanno rappresentato i dati in
funzione della velocità di avanzamento nell’unità di tempo da/dt anziché della da/dN.
In questi termini, l’effetto della frequenza appare differente. Per alcuni polimeri,
addirittura, da/dt a parità di ∆𝐾 diminuisce al decrescere delle frequenze di
sollecitazione; per altri, invece, la frequenza non mostra effetti apprezzabili sul
comportamento.
Va poi considerato che uno degli effetti che le diverse frequenze di sollecitazione
hanno sulla forma del carico nel tempo è che, per basse frequenze, le condizioni di carico
si avvicinano di più a quelle di un carico costante nel tempo, in cui più che la fatica vera e
propria è la propagazione della cricca per creep il fenomeno preponderante; per
frequenze più alte, risulta più pronunciato il carattere alternato del carico. L’effetto della
PARTE I 57
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
frequenza può essere interpretato come conseguenza del fatto che frequenze più alte
determinano velocità di deformazione 𝜀 (strain rate) maggiori.
In realtà, sebbene le considerazioni appena fatte siano corrette, l’effetto del carico
medio è assai più complesso: secondo i materiali e delle condizioni, esistono studi che
riportano la velocità di propagazione crescere, rimanere costante o addirittura diminuire
([11] , par. 3.7) con l’aumento del carico medio. L’effetto complessivo del carico medio
sembra dunque derivare da un equilibrio di fenomeni diversi: se da una parte è indubbio
che esista una tendenza per cui la sua crescita porta all’aumento di da/dN a parità di ΔK,
dall’altro possono avvenire nel polimero modificazioni microstrutturali (ad esempio,
cristallizzazioni indotte dalla deformazione, o altri processi ciclici che dissipino in qualche
modo energia altrimenti destinata alla frattura), attivate dagli alti livelli di sollecitazione,
che portino a una diminuzione di da/dN, introducendo ostacoli alla propagazione della
cricca.
Numerosi studi sono stati effettuati, su diversi polimeri, per cercare di definire un
modello interpretativo di FCP che consentisse di tener conto dell’effetto del carico medio
e del rapporto di ciclo sulla velocità di propagazione a diversi livelli di ΔK.
In generale, questi prendono la forma di modifiche alla legge di Paris: la quale, così
com’è, descrive bene, in genere, l’andamento di qualunque prova di FCP, ma non
conteggia esplicitamente l’effetto di R o σmed.
𝑑𝑎
= 𝐶∆𝐾 𝑚 (17)
𝑑𝑁
PARTE I 58
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
𝑑𝑎
= 𝛽𝜆𝑛 (18)
𝑑𝑁
2 2
𝜆 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 − 𝐾𝑚𝑖𝑛 (19)
Sebbene l’approccio basato sul parametro λ abbia dato buoni risultati in alcuni casi, in
altri si è dimostrato meno efficace: pare quindi che la sua adozione generalizzata sia, a
detta di Hertzberg [11] , piuttosto prematura.
In diversi articoli del gruppo di Baer (tra cui [26] ,[28] e [30] ) l’effetto del carico
medio sulla velocità di avanzamento della cricca viene approcciato in modo da tentare di
correlare gli effetti di propagazione della cricca di fatica con quelli dovuti al creep.
L’obiettivo che Baer si prefigge è quello di trovare un modo per correlare i risultati delle
prove di propagazione di cricche di fatica (FCP) con il comportamento a propagazione di
frattura per creep (CCP): questo consentirebbe di ottenere dati su proprietà a lungo
termine quali quelle a creep con prove di durata relativamente breve, come le prove di
fatigue crack propagation.
L’interazione tra la fatica e il creep può essere indagata, secondo Baer [26] , variando
il rapporto di ciclo mentre viene mantenuto costante o il carico massimo o il carico medio
(figura 33).
PARTE I 59
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
Figura 33: Carichi di fatica a diversi rapporti di ciclo R, a carico massimo costante (a) o a carico
medio costante (b). [26]
Sulla base dei lavori effettuati, Baer propone una semplice relazione empirica per
descrivere la propagazione della cricca in condizioni di fatica a carico medio non nullo
(non-zero mean stress), in funzione del Kmax e del rapporto di ciclo R:
𝑑𝑎 𝑚 𝑛
= 𝐵′𝐾𝐼,𝑚𝑎𝑥 1+𝑅 (20)
𝑑𝑡
𝑑𝑎
= 𝐵′ ⋅ 2𝑛 𝐾𝐼𝑚 (21)
𝑑𝑡
che è una legge di potenza per il creep del tutto analoga a (16).
Andando oltre, Baer indaga sul comportamento a frattura del materiale a livello
microstrutturale. Il fenomeno della propagazione di frattura per creep nel polietilene ad
alta densità (HDPE) è generalmente attribuito al meccanismo del disentanglement delle
catene polimeriche all’interno delle fibrille dei craze [26] : Baer propone che anche la
PARTE I 60
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
fatica propaghi secondo un meccanismo simile, ma che sia accelerata da qualche fattore
specifico.
𝑑𝑎
= 𝐵 𝐾𝐼4 𝑡 𝑇 ⋅𝛽 𝜀 (22)
𝑑𝑡
Dove 𝑩 𝑲𝟒𝑰 𝒕 𝑻 è il contributo del creep alla velocità da/dt, ottenuto mediando il KI4
sul periodo T della curva di carico sinusoidale,
𝑑𝑎 𝐵
= 𝐵 𝐾𝐼4 𝑡 𝑇 = 𝐾𝐼4 𝑡 𝑑𝑡 (23)
𝑑𝑡 𝑐𝑟𝑒𝑒𝑝 𝑇 𝑇
mentre 𝛽 𝜀 è il fattore di accelerazione dovuto alla fatica. Baer propone ([26] , [27]
, [30] ) per 𝛽 la seguente espressione di funzione lineare del solo strain rate, 𝜀 :
𝛽 𝜀 = 1 + 𝐶𝜀 (24)
Dove C è una misura della sensibilità allo strain rate nei test di FCP, e dipende dalla
temperatura.
In questo modo, inoltre, la dipendenza della FCP per l’HDPE dal rapporto di ciclo R e
dalla frequenza ν viene ridotta alla sola dipendenza dalla velocità di deformazione 𝜀 .
Sebbene il modello fornisca buoni risultati per l’HDPE e il PVC esaminati da Baer e il suo
gruppo, queste relazioni sono ancora ben lontane dal potersi considerare universali ed
esaustive del problema. Inoltre, l’applicabilità ad altri materiali polimerici deve essere
ancora indagata.
Bellemare et al., il cui lavoro è descritto nell’articolo [31] , hanno condotto sia prove di
fatica con campioni non intagliati (secondo l’approccio classico), sia prove di FCP con
campioni intagliati; i materiali esaminati sono poliammide 6 (PA6) non caricata e PA6
nanocaricata con montmorillonite (un fillosilicato lamellare), attraverso polimerizzazione
in situ. I test sono stati condotti previa essiccazione dei materiali (per eliminare l’influenza
dell’acqua assorbita dalla matrice in PA6 dall’umidità dell’ambiente), utilizzando un
rapporto di ciclo di R=0.1 in un carico sinusoidale.
PARTE I 62
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
Il risultato delle prove di FCP è visibile in figura 34: il nanocomposito (simboli vuoti) è
risultato avere una velocità di crescita della cricca di fatica, a parità di ΔK,
significativamente maggiore rispetto al materiale non caricato: in altre parole, la
nanocarica, in questo caso, peggiora il comportamento a FCP.
Figura 34: Risultati di prove di FCP condotte da Bellemare et al. su PA6 non caricato (simboli pieni)
e PA6 nanocaricato con montmorillonite (simboli vuoti). [31]
Gli autori hanno altresì sottolineato come spesso, nei test sul nanocomposito PA6-NC,
insorgesse un fenomeno di “curvatura” della cricca, ossia di propagazione della stessa,
per alcuni tratti, in direzione non esattamente perpendicolare a quella di applicazione del
carico. L’effetto è stato attribuito alla presenza di gradienti di sforzo a livello
microstrutturale, indotti dalla presenza delle nanolamine.
Le prove condotte, nello stesso lavoro, sui campioni non intagliati (approccio classico)
hanno invece dato risultati per alcuni versi opposti: lavorando in controllo di carico, la
presenza delle nanocariche aumenta la vita a fatica, il che conduce a pensare che la
PARTE I 63
3. Parametri di influenza sulla propagazione della cricca di fatica
maggiore rigidezza data dal rinforzo renda più difficile la nucleazione. Se le stesse prove
vengono condotte in controllo di deformazione, al contrario, la vita a fatica risulta ridotta
dalla presenza delle nanocariche, probabilmente per effetti di sovrasollecitazione indotti
dalla disomogeneità microstrutturale.
PARTE II 64
PARTE II
PARTE II 65
4. Introduzione al lavoro sperimentale
L’effetto del rapporto di ciclo sulla propagazione delle cricche di fatica nei due
materiali è stato testato a diverse frequenze di applicazione del carico. Tutte le prove
sono state effettuate a temperatura ambiente.
Sono state condotte alcune prove di trazione preliminari, a velocità della traversa
costante, su campioni intagliati: queste con lo scopo non tanto di una caratterizzazione
meccanica del materiale vera e propria, quanto piuttosto di determinare i parametri
operativi ottimali per mantenere la durata delle prove dinamiche in una finestra
temporale compatibile con le esigenze pratiche di laboratorio.
I materiali sono stati quindi esaminati mediante prove di propagazione della cricca
per fatica dinamica (Fatigue Crack Propagation, FCP), condotte sottoponendo i provini a
carichi variabili sinusoidalmente. Le diverse prove sono state effettuate mantenendo
PARTE II 66
4. Introduzione al lavoro sperimentale
costante il carico massimo (normalizzato alla sezione dei singoli provini) e variando il
rapporto di ciclo attraverso la variazione del carico minimo.
Nei prossimi capitoli, dopo una breve descrizione tecnica dei materiali in esame, viene
presentata la procedura di preparazione dei campioni utilizzati nelle prove di fatica.
Vengono quindi illustrate le macchine di prova utilizzate, l’approccio scelto per la
conduzione delle prove sperimentali e le condizioni e configurazioni in cui le stesse sono
state effettuate.
5.1 Materiali
I materiali utilizzati nel lavoro sperimentale di questa tesi sono due: un
nanocomposito poliammide 6/fillosilicato (che indicheremo d’ora in poi con la sigla NC)
e il relativo polimero matrice, poliammide 6 (PA6) non caricata. Entrambi i materiali sono
prodotti e forniti dalla Radici Novacips S.p.A. di Chignolo d’Isola (BG).
La PA6 ha un peso molecolare medio numerale di circa 19000 [21] ; è infatti una
poliammide a basso peso molecolare, adatta per tecnologie quali lo stampaggio a
iniezione. Il colore della PA6 è biancastro, traslucido e quasi trasparente nelle zone di
minore spessore.
Figura 35: Placchette e campioni utilizzati nel lavoro sperimentale. I materiali sono PA6 (bianco) e
NC (marrone-giallastro).
PARTE II 68
5. Materiali esaminati e preparazione campioni
L’aggiunta della nanocarica alla PA6 2.7 viene effettuata mediante l’utilizzo di una
miscela “master”, a base di poliammide 6 dello stesso tipo contenente montmorillonite al
20%. La PA6 2.7 e la miscela “master” vengono alimentate, nelle giuste proporzioni, in un
estrusore bivite co-rotante, all’uscita del quale si ottiene il NC sotto forma di “pellets”,
successivamente lavorati per ottenere le placchette e i provini utilizzati nel lavoro
sperimentale (si veda lo schema in figura 36).
Figura 36: Schema del processo produttivo attraverso cui si ottiene il nanocomposito
poliammide 6/montmorillonite utilizzato nel lavoro sperimentale di questa tesi. [20]
2
La scheda tecnica del Nanomer I.24TL è riportata in Appendice A.
PARTE II 69
5. Materiali esaminati e preparazione campioni
par. 3.2.3), al fine di evitare che disomogeneità in questo senso influissero sulle prove, sia
la PA6 sia il NC sono stati mantenuti per lungo tempo (oltre 6 mesi il NC, circa 5 mesi la
PA6) esposti all’umidità dell’ambiente di laboratorio, raggiungendo così un contenuto di
acqua che può essere considerato prossimo al valore di equilibrio tipico della poliammide
6 in tali condizioni, circa il 2% in peso.
La condizione che si realizza nelle prove è prossima allo sforzo piano (plane stress). La
geometria di tale campione richiama dunque quella di un provino SENT (Single Edge
Notched Tension) per prove di meccanica della frattura: tuttavia le misure non sono tali
da rispettare le condizioni prescritte per l’applicabilità della Meccanica della Frattura
Lineare Elastica. Questo soprattutto in termini di spessore (B) e di ligament (W-a), che
risultano troppo contenuti rispetto all’estensione della zona plasticizzata che si realizza
durante le prove la quale, invece, è assai consistente (figura 38).
Figura 38: Fotografia di un campione di NC durante la prova di FCP: come si può notare, la zona
plasticizzata (riconoscibile dal caratteristico sbiancamento) interessa gran parte della sezione del
provino.
Poiché la LEFM è valida nell’ipotesi che i fenomeni di plasticità siano circoscritti a una
zona di dimensioni trascurabili rispetto a quelle del campione (si veda par. 2.3.1.3) risulta
evidente che tali condizioni non sussistono.
Dopo aver tracciato tutti i riferimenti necessari (si veda lo schema riassuntivo di figura
39), si procede al taglio dei quattro provini dalla piastra. Questo avviene con un comune
paio di forbici, robuste e dalle lame ben affilate e diritte, seguendo i riferimenti verticali
tracciati con attenzione. Per il NC, quest’operazione viene effettuata dopo avere scaldato
la piastrina a 60°C in una stufa per 15 minuti circa: questo per garantire un taglio più
agevole ed evitare il problema della rottura fragile della piastra, che facilmente si verifica
durante il taglio a temperatura ambiente. La PA6, invece, si taglia senza problemi anche
senza riscaldamento preliminare.
PARTE II 72
5. Materiali esaminati e preparazione campioni
Figura 39: Schema di preparazione dei provini SENT a partire dalle placchette stampate a
iniezione.
Eventuali bave di stampaggio o residui dell’operazione di taglio vengono tolti con una
delicata operazione di carteggio dei bordi del campione. Si procede dunque all’intaglio,
che è ad apice acuto e viene effettuato con un’intagliatrice da laboratorio modello
“Notchvis”, prodotta da Ceast S.p.A. (figura 40); la profondità dell’intaglio è di 3 mm.
MM – ddmm #N – n
dove MM indica il materiale (è NC per il nanocomposito, e PA per la poliammide 6),
ddmm indica la data (giorno e mese) di preparazione, N è un numero progressivo che
individua la piastrina da cui il campione proviene, e n è il numero corrispondente al
campione nella piastrina (1, 2, 3, o 4). Così, ad esempio, la sigla PA – 1501 #4 – 1 indica un
campione di poliammide 6 non caricata, preparato il 15 gennaio, prelevato dalla piastrina
numero 4 e occupante la posizione 1 su di essa.
Infine, ultimata la preparazione dei provini, questi vengono misurati con precisione, al
fine di poter in seguito determinare i carichi da applicare su ciascuno. Lo spessore B viene
misurato con un micrometro digitale, mediando le misure in 3 punti diversi del tratto
utile (avendo cura di mantenersi sufficientemente lontani dall’intaglio, perché la misura
non sia influenzata dal materiale ispessito dei bordi). La larghezza effettiva W e la
lunghezza effettiva dell’intaglio a0 vengono misurate con un microscopio ottico dotato di
micrometro.
PARTE II 73
5. Materiali esaminati e preparazione campioni
Figura 40: Intagliatrice Notchvis, prodotta da Ceast S.p.A., utilizzata per intagliare i provini.
PARTE II 74
6. Prove sperimentali condotte
Lo scopo del presente lavoro è di studiare il comportamento a frattura per fatica dei
materiali precedentemente descritti, al variare del rapporto di ciclo, R. Questo viene
fatto conducendo prove di Fatigue Crack Propagation (FCP) a diversi R e mantenendo
invariato il carico massimo Pmax (si veda figura 41); questo è infatti uno dei metodi
proposti in letteratura [26] per lo scopo; l’altra possibilità è variare R mantenendo
invariato il carico medio Pmed. Alcune prove sono state fatte, limitatamente alla sola PA6,
anche a carichi massimi inferiori.
Figura 41: Forme d’onda del carico applicato nelle prove sperimentali: viene variato R
mantenendo costante Pmax
3
Per la PA6, tale carico è stato invece desunto dai precedenti lavori di tesi [20] e [21] .
PARTE II 75
6. Prove sperimentali condotte
tutti i test in una durata temporale non superiore alle 3 ore: questo per esigenze pratiche
di laboratorio e perché, anche industrialmente, caratterizzare i materiali con esperimenti
la cui durata sia la minima possibile è normalmente la scelta preferita.
corrispondenza del punto in cui la curva P-ΔL inizia a deviare marcatamente dalla
linearità.
Per una caratterizzazione del comportamento effettivo a trazione del NC e della PA6,
si rimanda, invece, ai lavori di tesi [20] e [21] .
B = 1,00 mm
W = 15,0 mm
H = 60,0 mm
H0 = 30,0 mm
a0 = 3,00 mm
I provini SENT, pur avendo tutti nominalmente le stesse dimensioni, in realtà a causa
sia di inevitabili errori manuali nella procedura di preparazione, sia di normali tolleranze
di produzione delle placchette di partenza stesse, si discostano dai valori nominali di B,
W, e a0 per un errore relativo che nei casi peggiori si assesta intorno al (2 ÷ 3)% . In
particolare, per le placchette di PA6, si è riscontrato un errore sistematico nello spessore
B che è mediamente del 6.8% superiore a quello nominale (1 mm); inoltre a0 per i provini
di entrambi i materiali risulta mediamente del 3% superiore alla lunghezza nominale,
probabilmente a causa della difficoltà di azzeramento della posizione della lama
sull’intagliatrice, che porta a una piccola indentazione del campione all’inizio
dell’operazione di intaglio. Tutti gli altri errori sono da considerarsi accidentali.
Per tenere conto di questo, il carico massimo Pmax è stato ricalcolato per ogni provino
sulla base delle sue effettive dimensioni, in modo che tutti siano sottoposti allo stesso
carico normalizzato massimo σmax:
Tabella 3: Valori di σmax e Pmax nominale utilizzati per le prove di FCP, e loro rapporto con il carico
di snervamento del materiale (dai dati di [21] )
La macchina è equipaggiata con una cella di carico da 1 kN, e acquisisce i dati con una
frequenza di 10 punti al secondo.
PARTE II 78
6. Prove sperimentali condotte
Figura 44: Macchina di prova Instron DynaMight, in configurazione di prova di FCP con macchina
fotografica Canon PowerShot S80.
I campioni vengono montati e serrati tra gli afferraggi, in modo che l’intaglio sia
rivolto a destra (questo solo per comodità e uniformità nei dati del lavoro presente: non
c’è tuttavia ragione per cui si dovrebbero verificare asimmetrie nel comportamento con
l’intaglio rivolto dalla parte opposta).
Per ottenere dati sull’avanzamento nel tempo della cricca, di fronte alla macchina
viene montata una fotocamera digitale (Canon modello PowerShot S80) collegata a un
PC. Un apposito software (Canon Utilities CameraWindow MC 6.0) controlla la
PARTE II 79
6. Prove sperimentali condotte
Tutte le prove sono state condotte a temperatura ambiente (21 ÷ 23°C). Questa viene
controllata con un normale termometro a colonna di liquido posto in prossimità della
macchina.
Il test inizia con il provino scarico; il carico viene portato al suo valore massimo (il Pmax
effettivo di ogni singolo campione, si veda par. 6.2.1) mediante una rampa iniziale di
carico lineare, di durata variabile secondo la frequenza imposta (tabella 4); dopodiché
inizia a ciclare sinusoidalmente secondo i parametri definiti dalla singola prova. In figura
45 si vede un esempio di forma d’onda imposta. La prova prosegue fino alla rottura del
campione per fatica, o fino all’interruzione manuale dell’operatore.
Figura 45: Esempio di forma d’onda di prova: si noti la rampa iniziale lineare fino a Pmax. La forma
d’onda si riferisce a PA6 a 0.1 Hz e R = 0.8.
PARTE II 80
6. Prove sperimentali condotte
Sono state eseguite prove a diverse frequenze e diversi rapporti di ciclo, sia su NC sia
su PA6. In tabella 5 sono riportate le condizioni di prova che sono state sperimentate. Per
ogni combinazione dei parametri R e ν, si sono eseguite almeno 3 prove (in alcuni casi
anche 4 o 5), onde valutarne la ripetibilità e poter effettuare una trattazione statistica dei
dati.
R
Mat. Frequenza ν 0.1 0.2 0.35 0.5 0.65 0.8 0.9
0.1 Hz
PA6
0.01 Hz
0.1 Hz
0.03 Hz
NC
0.01 Hz
Tabella 5: Tabella riassuntiva delle condizioni di prova utilizzate. Per ogni combinazione
frequenza-rapporto di ciclo, si sono effettuate almeno 3 prove.
Inoltre, per quanto riguarda la frequenza di 0.1 Hz, nel solo caso della PA6, sono state
eseguite alcune prove a R fissato pari a 0.9, e carichi massimi inferiori a quello utilizzato
per tutte le altre dello stesso materiale (24 MPa): si sono utilizzati σmax di 18, 21 e 22.74
MPa. Questo al fine di valutare, dati i particolari risultati ottenuti per la PA6 a quella
frequenza (si veda il paragrafo 7.1.1), l’influenza del carico medio e del creep sul
comportamento a fatica, per gli alti rapporti di ciclo.
per ogni test, ne vengono scelte un numero variabile tra 35 e 50, distribuite all’incirca
uniformemente lungo l’intera durata (cercando comunque di scegliere quelle in cui è più
facilmente visibile l’apice della cricca). Inoltre, prima dell’inizio della prova, viene scattata
una fotografia nella quale al campione è appoggiata una striscia di carta millimetrata:
questa fungerà da riferimento (marker) per consentire di misurare in termini assoluti le
dimensioni di interesse sulle fotografie scattate.
Figura 46: Esempio di curva a vs t, con evidenziate le fotografie corrispondenti ad alcuni punti
sperimentali. I parametri della prova nell’esempio sono R = 0.5, ν = 0.1 Hz; il materiale è PA6.
4
Programma liberamente scaricabile da http://rsbweb.nih.gov/ij
PARTE II 82
6. Prove sperimentali condotte
I dati “grezzi” così ottenuti vengono quindi interpolati con una polinomiale di terzo
grado ai minimi quadrati: per l’interpolazione si escludono gli ultimi 2 – 4 punti, prossimi
all’instabilità, perché ciò permette di ottenere un fitting molto buono, con valori di R2
prossimi a 0.98 ÷ 0.99 (come esempio, si veda figura 47).
Figura 47: Esempio di fitting dei dati grezzi a vs t mediante una polinomiale di terzo grado ai
minimi quadrati: come si può notare, escludendo gli ultimi punti prossimi all’instabilità la
corrispondenza è molto buona.
𝑑𝑎 𝑑𝑎
=𝜐 (per 𝜐 costante) (27)
𝑑𝑡 𝑑𝑁
PARTE II 83
6. Prove sperimentali condotte
5
Per la PA6, nella sola combinazione ν = 0.1 Hz, R = 0.9, si sono eseguite prove anche a 18, 21 e 22.74
MPa
PARTE II 84
7. Risultati e discussione
7. Risultati e discussione
Per ogni R sono state eseguite almeno 3 prove. Ogni prova è identificata da un codice
univoco del tipo:
DDMM_N
dove DD sono le cifre che indicano il giorno dell’esecuzione della prova, e MM il mese;
N è un numero progressivo per le prove svolte nella medesima giornata.
Nei grafici di seguito e anche nei rimanenti dell’intera tesi, per maggiore chiarezza
visiva, si è seguita un’impostazione cromatica che permettesse di distinguere le curve che
si riferiscono ai diversi rapporti di ciclo attraverso la tonalità di colore; in particolare, dove
non diversamente specificato:
8,500
8,000
7,500
R = 0.1
7,000
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_8
4,000
0303_9
3,500
0403_3
3,000
0 200 400 600 800 1000 1200 1400
Tempo [s]
Figura 48: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 86
7. Risultati e discussione
8,500
8,000
7,500
7,000
R = 0.2
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_1
4,000
0303_2
3,500
0403_5
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500
Tempo [s]
Figura 49: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
8,500
8,000
7,500
R = 0.35
7,000
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_5
4,000
0403_2
3,500 0503_4
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000
Tempo [s]
Figura 50: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 87
7. Risultati e discussione
8,500
8,000
7,500
R = 0.5
7,000
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_6
4,000 0403_4
3,500 0503_5
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
Tempo [s]
Figura 51: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.5 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
8,500
8,000
7,500
7,000
R = 0.65
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
1303_2
4,000
1303_3
3,500
1603_2
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000
Tempo [s]
Figura 52: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.65 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 88
7. Risultati e discussione
8,500
8,000
7,500
R = 0.8
7,000
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_3
4,000 0303_7
3,500 0403_6
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000
Tempo [s]
Figura 53: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
8,500
8,000
7,500
R = 0.9
7,000
6,500
a [mm]
6,000
5,500
5,000
4,500
0303_4
4,000
0403_1
3,500 0503_6
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000
Tempo [s]
Figura 54: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su PA6, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 89
7. Risultati e discussione
In figura 55 si vede un esempio della forma che queste curve tipicamente hanno: il
tratto iniziale decrescente corrisponde alla decelerazione nella propagazione della cricca
che avviene nei primi cicli di fatica. Questa decelerazione iniziale, che può apparire per
certi versi un risultato strano, è effettivamente presente in tutte le prove condotte; il
6
In questa tesi si predilige l’approccio basato sul tempo rispetto a quello basato sul numero di cicli: sarà
comunque considerato anche quest’ultimo quando si calcoleranno i parametri della legge di Paris.
PARTE II 90
7. Risultati e discussione
fenomeno è presente anche nelle prove condotte nei precedenti lavori di tesi [20] e [21] ,
ed è ampiamente presentato e discusso in articoli quali [22] e altri (citati da [21] , pag.
91), cui si rimanda per approfondimenti. Si tratta quindi di una caratteristica delle prove
di FCP condotte su provini SENT in sforzo piano per materiali polimerici. La decelerazione
è probabilmente dovuta a fenomeni di plasticizzazione e blunting all’apice della cricca,
che ne modificano la forma da acuta ad arrotondata; di conseguenza, varia il campo di
sforzi. L’arrotondamento porta inoltre a un incremento “apparente” di lunghezza della
cricca, dovuto non alla formazione di nuove superfici di frattura, ma alla variazione della
forma dell’apice della cricca stessa.
Il punto più basso della curva è quello successivamente al quale la cricca inizia ad
accelerare e viene detto punto di onset dell’accelerazione stabile. Da lì in poi la velocità
cresce sempre più, e per un tratto più o meno lungo mantiene un andamento pressoché
lineare (in scala logaritmica per entrambi gli assi), fino a raggiungere l’instabilità e portare
il campione a rottura.
-2,200
-2,300
Fase di
-2,400 accelerazione
stabile
Fase di
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,800
-2,900
-3,000
-3,100
0,450 0,500 0,550 a di0,600
onset 0,650 0,700 0,750 0,800 0,850 0,900 0,950
dell'accelerazione
stabile Log(a [mm])
Figura 55: Esempio di curva da/dt vs a, per PA6 a ν=0.01 Hz, R=0.9. Sono evidenziati in rosso i
punti per i quali la velocità è sottostimata, a causa della procedura utilizzata (si veda il testo).
Per avere una confrontabilità tra prove condotte su materiali diversi che poggi su un
parametro comune, e per poter successivamente applicare i modelli e le leggi reperibili in
letteratura, si sostituisce alla lunghezza della cricca a il parametro Kmax, il fattore di
intensificazione degli sforzi massimo del ciclo (nel preciso stadio della propagazione in cui
è calcolato). Per le considerazioni fatte al paragrafo 5.2.1, questo parametro è,
consapevolmente, utilizzato in maniera impropria: tuttavia, ai fini del presente elaborato
(e come viene fatto anche nel lavoro [20] ) risulta comodo e utile riferirsi a esso: rimane
da tenere presente che non si può considerare Kmax come parametro propriamente
intrinseco al materiale.
Il Kmax viene calcolato utilizzando l’equazione (28), che esprime il KI per provini SENT,
desunta da [17] e utilizzata anche nel precedente lavoro [20] .
PARTE II 92
7. Risultati e discussione
𝜋𝑎
𝑃𝑚𝑎𝑥 2 tan 2𝑊 𝑎 𝜋𝑎 3
𝐾𝑚𝑎𝑥 = 𝜋𝑎 0.752 + 2.02 + 0.37 1 − sin (28)
𝐵 𝑊 cos 𝑊 2𝑊
2𝑊
Il Kmax viene così calcolato per ogni punto sperimentale, utilizzando la lunghezza della
cricca a corrispondente, noti lo spessore B e la larghezza W del provino, e il Pmax effettivo
impostato per la prova.
Di seguito (da figura 56 a figura 62) sono presentati i grafici, in scala logaritmica per
entrambi gli assi, da/dt vs Kmax per tutte le prove eseguite.
-2,100
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,200
-2,300
R = 0.1
Log(da/dt [mm/s])
-2,400
-2,500
-2,600
-2,700
0303_8
-2,800 0303_9
0403_3
-2,900
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 56: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
PARTE II 93
7. Risultati e discussione
-2,200
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,300
-2,400
R = 0.2
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,700
-2,800
-2,900
0303_1
-3,000 0303_2
0403_5
-3,100
-3,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 57: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,400
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,500
-2,600
R = 0.35
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-2,900
-3,000
-3,100
0303_5
-3,200
0403_2
-3,300 0503_4
-3,400
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 58: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
PARTE II 94
7. Risultati e discussione
-2,400
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,600 R = 0.5
-2,800
Log(da/dt [mm/s])
-3,000
-3,200
0303_6
-3,400 0403_4
0503_5
-3,600
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 59: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.5 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,800
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,900
-3,000
R = 0.65
-3,100
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,300
-3,400
-3,500
1303_2
-3,600
1303_3
-3,700
1603_2
-3,800
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 60: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.65 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
PARTE II 95
7. Risultati e discussione
-2,200
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,300
-2,400
R = 0.8
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,700
-2,800
-2,900
0303_3
-3,000
0303_7
-3,100 0403_6
-3,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 61: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,200
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,300
-2,400
R = 0.9
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,700
-2,800
-2,900
0303_4
-3,000
0403_1
-3,100 0503_6
-3,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 62: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su PA6, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
In figura 63 si presentano, in un unico diagramma, tutti i dati dei grafici dalla figura 56
alla figura 62. Vale per i diversi rapporti di ciclo il codice “cromatico” spiegato nel
paragrafo 7.1.1.1 .
1
𝐾𝑚𝑒𝑑 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 1 + 𝑅
2 (29)
∆𝐾 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 (1 − 𝑅)
-2,000
-2,200
R=0.1
-2,400
R=0.2
R=0.35
-2,600
R=0.5
R=0.65
-2,800
R=0.8
-3,000 R=0.9
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
0303_8 0303_9 0403_3
0303_1 0303_2 0403_5
-3,600
0303_5 0403_2 0503_4
0303_6 0403_4 0503_5
-3,800 1303_2 1303_3 1603_2
0,450 0,550 0,650 0,750 0,850 0,950 1,050 1,150
0303_3 0303_7 0403_6
Log(Kmax [MPa*m^0.5]) 0303_4 0403_1 0503_6
Figura 63: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per PA6 a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. I diversi colori corrispondono ai
diversi rapporti di ciclo, come indicato sul grafico. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
-2,300
R=0.1
-2,500
R=0.2
-2,700 R=0.35
R=0.5
-2,900
R=0.65
-3,100 R=0.8
R=0.9
Log(da/dt [mm/s])
-3,300 0303_8 0303_9 0403_3
0303_1 0303_2 0403_5
Log(Kmed [MPA*m^0.5])
Figura 64: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmed per PA6 a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. I diversi colori corrispondono ai
diversi rapporti di ciclo, come indicato sul grafico. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
-2,300
R=0.1
-2,500
R=0.2
-2,700 R=0.35
R=0.5
-2,900
R=0.65
-3,100
R=0.8
R=0.9
Log(da/dt [mm/s])
-3,300
0303_8 0303_9 0403_3
Figura 65: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs ΔK per PA6 a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. I diversi colori corrispondono ai
diversi rapporti di ciclo, come indicato sul grafico. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
Riguardo al grafico da/dt vs Kmax di figura 63, si possono fare le seguenti osservazioni:
-2,000
-2,200
-2,400
-2,600
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
-3,200
-3,400
-3,600
Kmax=5.6 Kmax=6.3 Kmax=7.1
[MPa*m0.5] [MPa*m0.5] [MPa*m0.5]
-3,800
0,650 0,700 0,750 0,800 0,850 0,900 0,950
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 66: Individuazione delle velocità da/dt per i diversi rapporti di ciclo a tre valori fissi di Kmax:
illustrazione della procedura.
In tabella 7 sono riportati i risultati di quest’operazione, che sono visibili nei grafici da
figura 67 a figura 69.
PARTE II 102
7. Risultati e discussione
Tabella 7: Media e deviazione standard della velocità di propagazione da/dt per PA6 ai diversi
rapporti di ciclo a tre fissati livelli di Kmax. Frequenza di sollecitazione: 0.1 Hz.
-2,300
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
Kmax=5.6 [MPa m0.5]
-3,700
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 67: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax [MPa∙m0.5] pari a 5.6. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.1 Hz)
PARTE II 103
7. Risultati e discussione
-2,100
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
Kmax=6.3 [MPa m0.5]
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 68: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 6.3. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.1 Hz)
-2,100
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,500
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 69: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.1 Hz)
Come si vede chiaramente nei grafici, si ha una netta variazione del comportamento
in corrispondenza dei rapporti di ciclo 0.65 e 0.8. Per i rapporti di ciclo tra 0.1 e 0.65, il
PARTE II 104
7. Risultati e discussione
𝑑𝑎
= 𝐶∆𝐾 𝑚 (30)
𝑑𝑁
1. per ogni singola prova, si è considerato un insieme di punti della curva da/dt
vs Kmax (in scala logaritmica) appartenenti alla regione di applicabilità della
legge di Paris, e con questo si è calcolata la retta di regressione con il metodo
dei minimi quadrati. Riportiamo in figura 70, a titolo di esempio, un grafico che
mostra i punti scelti per le prove a rapporto di ciclo R = 0.1, e le rette di
regressione corrispondenti.
PARTE II 105
7. Risultati e discussione
-2,100
0,600 0,620 0,640 0,660 0,680 0,700 0,720 0,740 0,760 0,780 0,800
-2,200
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,400
-2,500
-2,600
-2,700
-2,800
-2,900
Log(Kmax [ MPa*m0.5])
Figura 70: Tratti lineari delle curve da/dt vs Kmax a R=0.1, con relative rette di regressione.
𝑑𝑎 𝑑𝑎 1
2. Tenendo presente che ∆𝐾 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 (1 − 𝑅) e che = , e ponendo
𝑑𝑁 𝑑𝑡 𝜈
𝐶∗ = 𝐶 1 − 𝑅 𝑚
, facendo le opportune sostituzioni e passando ai logaritmi, la
legge di Paris può essere scritta nella forma dell’equazione (31):
𝑑𝑎
= 𝐶∆𝐾 𝑚 = 𝐶𝐾𝑚𝑎𝑥
𝑚
(1 − 𝑅)𝑚 = 𝐶 ∗ 𝐾𝑚𝑎𝑥
𝑚
𝑑𝑁
↓
𝑑𝑎
Log = Log 𝐶 ∗ + 𝑚 Log 𝐾𝑚𝑎𝑥
𝑑𝑁
↓
𝑑𝑎
Log = Log 𝐶 ∗ + Log 𝜐 + 𝑚 Log 𝐾𝑚𝑎𝑥 (31)
𝑑𝑡
4. A questo punto, poiché per ogni R si sono effettuate almeno 3 prove, si sono
ottenuti almeno 3 diversi valori di m e di C. Volendone assumere uno solo
come rappresentativo di ogni rapporto di ciclo, si sono calcolate la media
aritmetica e la deviazione standard dei valori mi e Ci ottenuti per ogni singola
prova allo stesso R.
R m C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
Tabella 8: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per i parametri della legge di Paris, m e
C, per prove di FCP su PA6 alla frequenza di 0.1 Hz.
4,00
3,50
mmed = 3.05
3,00
m 2,50
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 71: Esponenti m della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo, nelle prove di FCP
su PA6 alla frequenza di 0.1 Hz. È indicato il valor medio complessivo e sono indicate le deviazioni
standard mediante le barrette nere.
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m 0.5)-m ])
-0,500
-1,000
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
-3,500
-4,000
-4,500
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 72: Fattori pre-esponenziali C della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo,
nelle prove di FCP su PA6 alla frequenza di 0.1 Hz. Sono indicate le deviazioni standard mediante
le barrette nere. La scala è logaritmica per C.
Così come si poteva apprezzare già, a livello qualitativo, con un primo sguardo alle
curve da/dt vs Kmax, l’esponente m (che, in scala bi-logaritmica, diventa la pendenza dei
tratti lineari delle curve) risulta all’incirca costante (la media complessiva è mmed=3.05)
per tutti i rapporti di ciclo, senza mostrare alcuna tendenza particolare di crescita o
PARTE II 108
7. Risultati e discussione
decrescita che non sia imputabile alla semplice fluttuazione statistica. Infatti, come già
osservato, le curve da/dt vs Kmax appaiono tutte all’incirca parallele, nel tratto lineare.
-1,000
-0,500 -0,300 -0,100 0,100 0,300 0,500 0,700 0,900 1,100
-1,200
-1,400
-1,600 R=0.1
Log(da/dN [mm/ciclo])
R=0.2
-1,800
R=0.35
-2,000 R=0.5
R=0.65
-2,200
R=0.8
-2,400 R=0.9
0303_8 0303_9 0403_3
-2,600 0303_1 0303_2 0403_5
0303_5 0403_2 0503_4
0303_6 0403_4 0503_5
-2,800 1303_2 1303_3 1603_2
0303_3 0303_7 0403_6
0303_4 0403_1 0503_6
-3,000
Log(ΔKapp [MPa*m0.5])
Figura 73: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su PA6 a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. I
diversi colori corrispondono ai diversi rapporti di ciclo, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata .
Anche qui, quindi, come in precedenza per le valutazioni a pari Kmax (par. 7.1.1.3), si
evidenzia un netto distacco tra gli andamenti delle prove ad alti rapporti di ciclo (0.8 e
0.9) e quelli a R inferiori.
PARTE II 109
7. Risultati e discussione
Tale modello propone che il comportamento a FCP del materiale a diversi Kmax e
diversi rapporti di ciclo R sia descrivibile dalla legge (33):
𝑑𝑎 𝑚 𝑛
= 𝐵′𝐾𝐼,𝑚𝑎𝑥 1+𝑅 (33)
𝑑𝑡
Dove B’ tiene conto della frequenza e dei fattori ambientali di influenza, mentre m e n
sono parametri empirici caratteristici del materiale. Come si può facilmente dimostrare,
per prove a frequenza costante, m coincide con l’esponente della legge di Paris.
Per tentare di applicare questo modello ai dati del presente lavoro, si è proceduto
come segue:
𝑑𝑎 𝑚
Log = Log 𝐵′𝐾𝐼,𝑚𝑎𝑥 + 𝑛 ∙ Log 1 + 𝑅 (34)
𝑑𝑡
Presentiamo dunque, nei grafici da figura 74 a figura 76, i dati Log(da/dt) vs Log(1+R)
a tre valori fissati di Kmax: 5.6, 6.3 e 7.1 MPa∙m0.5.
PARTE II 110
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
Kmax=5.6 [MPa m0.5]
-3,700
-3,900
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
Log(1+R)
Figura 74: Andamento da/dt vs (1+R) per la PA6 a 0.1 Hz, in scala logaritmica, per un valore fisso
di Kmax *MPa∙m0.5] pari a 5.6. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata anche la retta di regressione ai minimi quadrati relativa ai primi 5 punti.
-2,100
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,700
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
Log(1+R)
Figura 75: Andamento da/dt vs (1+R) per la PA6 a 0.1 Hz, in scala logaritmica, per un valore fisso
di Kmax *MPa∙m0.5] pari a 6.3. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata anche la retta di regressione ai minimi quadrati relativa ai primi 5 punti.
PARTE II 111
7. Risultati e discussione
-2,100
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300 Kmax=6.3
=7.1 [MPa m0.5
0.5
]
-3,500
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
Log(1+R)
Figura 76: Andamento da/dt vs (1+R) per la PA6 a 0.1 Hz, in scala logaritmica, per un valore fisso
di Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata anche la retta di regressione ai minimi quadrati relativa ai primi 5 punti.
In tabella 9 sono riportati i valori di n trovati per i tre valori di Kmax presi in
considerazione, e il corrispondente indice di correlazione lineare dei punti, R2. Come è
evidente, i dati facenti riferimento alle prove con R compreso tra 0.1 e 0.65 sono, in tutti
e tre i casi presentati, bene descrivibili con una retta di regressione; infatti, gli alti valori
di R2 indicano una buona correlazione. I dati facenti riferimento a R più alti (0.8 e 0.9),
invece, sono palesemente al di fuori di qualunque tendenza rispetto ai precedenti. La n di
Baer è stata quindi calcolata solo sui primi 5 punti dei grafici.
Tabella 9: Parametri n secondo il modello di Baer, calcolati sui dati ottenuti a tre valori fissati di
Kmax, considerando i rapporti di ciclo R da 0.1 a 0.65 per PA6 a 0.1 Hz.
Come si vede anche in figura 77, i valori di n sono negativi, e risultano piuttosto vicini
tra loro, ma tendono a crescere al crescere di Kmax, così come l’intercetta: l’intera retta
rappresentante il modello di Baer si sposta quindi verso l’alto al crescere del livello di Kmax
considerato.
PARTE II 112
7. Risultati e discussione
-2,100
-2,300
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,900
Kmax
-3,100
*MPa ∙ m0.5]
-3,300
Kmax=5.6
-3,500 Kmax=6.3
Kmax=7.1
-3,700
-3,900
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
Log(1+R)
Figura 77: Confronto tra gli andamenti da/dt vs (1+R) per PA6 a 0.1 Hz, in scala logaritmica, per tre
diversi valori fissati di Kmax [MPa∙m0.5]. Si noti che intercetta e coefficiente angolare delle rette di
regressione calcolate sui primi 5 punti tendono a crescere con il crescere di Kmax.
a) per R “bassi”, compresi tra 0.1 e 0.65, la velocità di propagazione della cricca
da/dt decresce al crescere di R (il che implica il decrescere della componente
alternata di fatica, Δσ), a parità di Kmax. Questa tendenza, inoltre, viene
piuttosto bene descritta dal modello di Baer (33), secondo il quale la decrescita
segue una legge di potenza con (1+R).
Considerando i dati della velocità da/dN in funzione di ΔK, i tratti delle curve
corrispondenti all’accelerazione stabile della cricca appaiono trovarsi sulla
stessa retta in scala logaritmica (o, comunque, in una fascia piuttosto ristretta):
PARTE II 113
7. Risultati e discussione
infatti i parametri C e m della legge di Paris sono molto simili per le prove a
diversi R.
b) Per R “alti”, compresi tra 0.8 e 0.9, il trend di decrescita di da/dt con R a parità
di Kmax viene decisamente abbandonato: da/dt ritorna infatti su valori molto
più alti rispetto a quelli che avrebbe se seguisse la tendenza. Il modello di Baer
perde quindi totalmente applicabilità a questi valori di R.
I dati della velocità da/dN in funzione di ΔK sono ben distaccati tra loro (si
veda la figura 73) e spostati rispetto a quelli, quasi allineati, degli R “bassi”.
L’esponente m della legge di Paris rimane molto simile a quelli caratterizzanti
le prove a R più bassi, ma il parametro C cresce di 2 ordini di grandezza per
R=0.8 e 3 ordini di grandezza per R=0.9: le rette passanti per i tratti delle curve
corrispondenti all’accelerazione stabile della cricca sono, infatti, visibilmente
traslate verso l’alto rispetto alle precedenti.
Una possibile interpretazione di questi risultati si basa sul considerare che, essendo
fissato per tutte le prove il medesimo carico massimo Pmax, l’aumento del rapporto di
1
ciclo R si traduce in un aumento del carico medio (infatti vale 𝑃𝑚𝑒𝑑 = 2 𝑃𝑚𝑎𝑥 (1 + 𝑅) ) e in
una diminuzione della componente alternata del carico (essendo ∆𝑃 = 𝑃𝑚𝑎𝑥 (1 − 𝑅) ). Si
suppone, dunque, che agli alti rapporti di ciclo, il fenomeno della propagazione della
cricca per creep (dominato dal carico medio) acquisisca maggiore importanza, a spese del
contributo di “pura” fatica, che invece perde molto peso rispetto ai bassi rapporti di ciclo
(essendo molto diminuito il ∆𝑃): si veda la figura 41 per un riscontro visivo. La variazione
del peso relativo tra i due fenomeni concomitanti del creep e della fatica “pura” sarebbe
quindi la principale responsabile di questa “transizione”.
Per avvalorare questa supposizione, sono state condotte ulteriori prove di FCP su
provini di PA6, alla medesima frequenza (0.1 Hz), a un rapporto di ciclo di R = 0.9, e a
sforzi nominali massimi inferiori a quello impostato in tutte le altre prove sulla PA6 di
questo elaborato (σmax=24 MPa), i risultati delle quali sono stati presentati nel precedente
paragrafo. Se la supposizione è corretta, si dovrebbe assistere a una diminuzione della
velocità di crescita della cricca da/dt, dovuta alla diminuzione del carico medio e, quindi,
dell’incidenza del creep sulla velocità complessiva.
PARTE II 114
7. Risultati e discussione
Figura 78: Forme d'onda di carico utilizzate nelle prove di FCP su PA6 a carichi massimi inferiori;
frequenza utilizzata 0.1 Hz, R=0.9. Le linee tratteggiate corrispondono ai carichi medi.
Sono state eseguite prove a sforzi nominali massimi di 18, 21, e 22.7 MPa, e sono
state confrontate con quelle, i cui risultati sono già stati presentati, eseguite a sforzo
nominale massimo di 24 MPa. Le forme d’onda di carico corrispondenti sono visibili in
figura 78.
Nelle due prove effettuate a σmax=18 MPa, le cricche di fatica, dopo un piccolo
avanzamento iniziale (probabilmente dovuto al blunting), si sono apparentemente
arrestate (si veda figura 79), senza dare segni di accelerazione dopo quasi 4 ore di prova,
sottoposte al carico sinusoidale. Le prove sono a questo punto state interrotte, e non si
sono effettuate ulteriori elaborazioni su di esse. Il dato è comunque significativo, perché
indica che, abbassando il carico massimo (e, quindi, il carico medio) per un valore di
rapporto di ciclo pari a 0.9, si possono raggiungere le condizioni per cui la velocità di
propagazione della cricca da/dt viene ridotta a tal punto che non è più possibile osservare
una “vera” propagazione, nell’intervallo di tempo delle prove di laboratorio.
PARTE II 115
7. Risultati e discussione
8,000
6,000
a [mm]
5,000
4,000
3,000 3003_1
3003_2
2,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000
Tempo [s]
Figura 79: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a σmax=18 MPa e R=0.9 su PA6, frequenza
utilizzata 0.1 Hz.
È interessante notare, d’altra parte, che il livello di sforzo nominale medio di queste
prove (a σmax=18 MPa corrisponde σmed=17.1 MPa) sia molto prossimo a quello delle
prove a σmax=24 MPa e a R=0.35 presentate in precedenza (in quel caso σmed=16.2 MPa):
si veda il grafico di figura 80.
PARTE II 116
7. Risultati e discussione
Figura 80: Confronto tra le forme d'onda di carico utilizzate nelle prove di FCP su PA6 a R=0.9 e
σmax=18 MPa e a R=0.35 e σmax=24 MPa.
Si noti che, nonostante la vicinanza del carico nominale medio, le prove a σmax=24
MPa e a R=0.35 (si veda figura 58) a differenza di quelle a σmax=18 MPa e R=0.9, hanno
mostrato la propagazione della cricca in tempi normali: ciò vuol dire che, oltre al carico
medio, sicuramente l’ampiezza della sollecitazione di carico (che per le prove a σmax=24
MPa e a R=0.35 è notevolmente maggiore, come si vede in figura 80) ha un’importanza
fondamentale nel comportamento a frattura per fatica.
8,000
7,000
6,000
a [mm]
5,000
4,000 3103_1
0304_4
2,000
0 5000 10000 15000 20000 25000 30000
Tempo [s]
Figura 81: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a σmax=21 MPa e R=0.9 su PA6, frequenza 0.1
Hz. La prova 3103_1 è stata interrotta manualmente prima dell’insorgere dell’instabilità.
8,000
7,000
6,000
a [mm]
5,000
4,000
0304_1
3,000 0304_2
σmax =22.74 MPa 0304_3
2,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000
Tempo [s]
Figura 82: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a σmax=22.74 MPa e R=0.9 su PA6, frequenza
utilizzata 0.1 Hz.
PARTE II 118
7. Risultati e discussione
-2,100
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-3,100
-3,600
3103_1
-4,100
0304_4
1504_1
1504_2
-4,600
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 83: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a σmax=21 MPa e R=0.9 su PA6,
frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica.
PARTE II 119
7. Risultati e discussione
-2,100
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,300
-2,700
-2,900
-3,100
0304_1
-3,300
0304_2
-3,500 0304_3
-3,700
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 84: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a σmax=21 MPa e R=0.9 su PA6,
frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica.
Le curve da/dt vs Kmax relative alle prove effettuate ai diversi σmax (21 e 22.7 MPa)
con R=0.9 sono presentate in figura 85 unitamente, per confronto, a quelle relative alle
prove di FCP a σmax=24 MPa con rapporto di ciclo R=0.9 (i cui dati, grezzi ed elaborati,
sono presentati nei par. 7.1.1.1 e 7.1.1.2).
-2,100
-2,600
-3,100
Log(da/dt [mm/s])
σmax =22.7 MPa
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 85: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per PA6 per R=0.9, a diverse σmax e a frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica. I diversi colori si riferiscono a prove condotte a σmax diversi, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata .
PARTE II
7. Risultati e discussione
120
PARTE II 121
7. Risultati e discussione
Così come descritto al par. 7.1.1.3, anche per queste prove si sono calcolati i valori
medi e le deviazioni standard delle velocità da/dt (a tre fissati valori di Kmax, pari a 5.6,
6.3 e 7.1 MPa∙m0.5) per i diversi gruppi di prove condotte nelle medesime condizioni, e si
sono diagrammati in funzione del carico massimo σmax. I risultati sono diagrammati in
figura 86: i grafici mostrano dei trend chiaramente di crescita della velocità di
propagazione al crescere di σmax. Risulta quindi evidente che, come supposto, a parità di
R, al crescere del carico massimo (quindi del carico medio) la velocità di propagazione
della cricca tende a crescere.
Questo risultato, che sembra indicare una dipendenza della relazione tra velocità di
propagazione della cricca e Kmax (o ΔK), nella fase di accelerazione stabile della frattura,
dal livello di carico medio applicato nel caso delle prove di FCP, è meritevole di ulteriori
approfondimenti.
PARTE II 122
7. Risultati e discussione
-2,200
-2,400
Kmax=5.6 [MPa m0.5]
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,800
-3,000
-3,200
-3,400
-3,600
-3,800
20,5 21 21,5 22 22,5 23 23,5 24 24,5
σ_max [MPa]
-2,200
-2,400
Kmax=6.3 [MPa m0.5]
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,800
-3,000
-3,200
-3,400
-3,600
-3,800
20,5 21 21,5 22 22,5 23 23,5 24 24,5
σ_max [MPa]
-2,200
-2,400
Kmax=7.1 [MPa m0.5]
Log(da/dt [mm/s])
-2,600
-2,800
-3,000
-3,200
-3,400
-3,600
-3,800
20,5 21 21,5 22 22,5 23 23,5 24 24,5
σ_max [MPa]
Figura 86: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di σmax, a tre valori fissati di
Kmax pari a 5.6, 6.3 e 7.1 *MPa∙m0.5]. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere.
tuttavia assumiamo come “punto di instabilità” l’ultimo punto acquisito prima della
rottura: va tenuto presente che questo può precedere temporalmente il “vero” punto di
instabilità di alcune decine di secondi.
Per ogni gruppo di prove eseguite nelle stesse condizioni, si è calcolato il valor medio
e la deviazione standard del Kins. I risultati di quest’operazione sono riportati in tabella 10
e diagrammati in figura 87.
R Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 10: Valori medi e dev. standard del Kins per PA6 in prove di FCP a 0.1 Hz a diversi R.
PARTE II 124
7. Risultati e discussione
16,00
14,00
Kins [MPa*m^0.5]
12,00
Kins, med =11.8 MPa m0.5
10,00
8,00
6,00
4,00
2,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 87: Valori medi di Kins per PA6 in prove di FCP a 0.1 Hz a diversi R. È visualizzata la
deviazione standard mediante le barre nere, e il valore medio complessivo Kins,med.
Si può dire, osservando il grafico e i valori tabulati, che non esista una precisa
dipendenza di Kins da R, e che le differenze (del resto contenute) nei valori medi ottenuti
dalle prove di FCP ai diversi rapporti di ciclo siano da attribuire a normale dispersione
statistica (unita al relativamente scarso numero di campioni per ogni R).
Si può quindi calcolare una media complessiva del Kins, comprensiva di tutte le prove
su PA6 alla frequenza di 0.1 Hz, senza distinzione in base al rapporto di ciclo. Risulta
9,000
8,000 R = 0.1
7,000
a [mm]
6,000
5,000
1103_4
4,000 1103_6
1203_1
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000
Tempo [s]
Figura 88: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
PARTE II 126
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
7,000
R = 0.2
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500
0903_1
4,000
0903_2
3,500 0903_3
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000
Tempo [s]
Figura 89: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
9,000
8,000
R = 0.35
7,000
a [mm]
6,000
5,000
1203_2
4,000 1203_3
1603_3
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000
Tempo [s]
Figura 90: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
PARTE II 127
7. Risultati e discussione
9,000
8,000 R = 0.8
7,000
a [mm]
6,000
5,000 1103_1
1103_2
1103_3
4,000
1903_2
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000
Tempo [s]
Figura 91: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
9,000
8,000 R = 0.9
7,000
a [mm]
6,000
5,000
1603_4
1603_5
4,000
1903_1
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500
Tempo [s]
Figura 92: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
PARTE II 128
7. Risultati e discussione
Come si è fatto in tutti i grafici di questo tipo, gli ultimi punti acquisiti di ogni prova
che, per le ragioni esposte nel paragrafo 7.1.1.2, risultano sottostimati rispetto alla da/dt
reale, sono evidenziati mediante un colore diverso rispetto agli altri.
PARTE II 129
7. Risultati e discussione
-2,500
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100
-2,700
R = 0.1
-2,900
Log(da/dt [mm/s])
-3,100
-3,300
1103_4
1103_6
-3,500
1203_1
-3,700
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 93: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
-2,600
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100
-2,700
R = 0.2
-2,800
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,000
-3,100
-3,200 0903_1
0903_2
-3,300 0903_3
-3,400
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 94: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
PARTE II 130
7. Risultati e discussione
-2,400
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,600
R = 0.35
-2,800
Log(da/dt [mm/s])
-3,000
-3,200
-3,400
1203_2
-3,600
1203_3
-3,800 1603_3
-4,000
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 95: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
-2,200
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400
R = 0.8
-2,600
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
-3,200 1103_1
1103_2
-3,400 1103_3
1903_2
-3,600
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 96: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
PARTE II 131
7. Risultati e discussione
-2,400
0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,500
-2,600 R = 0.9
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,800
-2,900
-3,000
1603_4
-3,100
1603_5
-3,200 1903_1
-3,300
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 97: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su PA6, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
Figura 98: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per PA6 a frequenza 0.01 Hz. Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo
corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
sottostimata .
132
PARTE II 133
7. Risultati e discussione
Per quanto riguarda le prove condotte ai medesimi R, si può notare come la ripetibilità
sia in alcuni casi ottima (R = 0.2), in altri meno (R = 0.35, R = 0.1). Tutte le curve da/dt vs
Kmax, comunque, presentano il tipico andamento a “V” che indica la decelerazione iniziale
e la successiva accelerazione stabile.
Sebbene i dati non appaiano distribuiti rispetto ai diversi R secondo una tendenza
chiara e netta, si possono comunque fare le seguenti considerazioni:
Tabella 11: Media e deviazione standard della velocità di propagazione da/dt per PA6 ai diversi
rapporti di ciclo a tre fissati livelli di Kmax. Frequenza di sollecitazione: 0.01 Hz.
-2,300
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 99: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 5.6. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.01 Hz)
PARTE II 135
7. Risultati e discussione
-2,100
-2,300
Kmax=6.3 [MPa m0.5]
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 100: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 6.3. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.01 Hz)
-2,100
Kmax=7.1 [MPa m0.5]
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,500
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 101: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (PA6 a
frequenza 0.01 Hz)
Probabilmente questo comportamento, come già quello alla frequenza più alta (0.1
Hz), è imputabile al mutato equilibrio di “peso” relativo tra creep e fatica “pura”: ai
rapporti di ciclo più alti, a parità di carico massimo, il creep aumenta la propria incidenza
(cresce il carico medio), mentre la riduzione dell’ampiezza di carico rende meno efficace
l’azione della fatica “pura”. Inoltre, il fatto di trovarsi a una frequenza inferiore rispetto a
quella considerata in precedenza è un ulteriore fattore che aumenta l’incidenza del creep
a scapito di quella della fatica “pura” (infatti, a frequenze più basse il tempo sotto carico
per ogni ciclo è, per definizione, maggiore).
A differenza di quanto fatto per le prove a frequenza di 0.1 Hz (si veda par. 7.2.2.5), in
questo caso non si è tentato di applicare un modello interpretativo quale quello di Baer,
dati i pochi punti sperimentali a disposizione.
R m C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
Tabella 12: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per i parametri della legge di Paris, m
e C, per prove di FCP su PA6 alla frequenza di 0.01 Hz.
(*) – Deviazioni standard di entità confrontabile con il valore medio: non riportate.
Si evince dai risultati dell’elaborazione (diagrammati in figura 102 e figura 103) che,
anche in questo caso come per le prove a frequenza di 0.1 Hz, non si ha una dipendenza
di m da R: le variazioni del parametro m (abbastanza contenute) sono imputabili a
PARTE II 137
7. Risultati e discussione
normale dispersione statistica. Esso si può dunque considerare costante con R: la media
complessiva corrisponde a mmed=3.04.
4,50
4,00
3,50
mmed = 3.04
3,00
2,50
m
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 102: Esponenti m della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo, nelle prove di
FCP su PA6 alla frequenza di 0.01 Hz. È mostrato il valor medio complessivo, e sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
0,500
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-0,500
-1,000 ( )
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
( )
-3,500
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 103: Fattori pre-esponenziali C della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo,
nelle prove di FCP su PA6 alla frequenza di 0.01 Hz. La scala è logaritmica per C. Sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere. Per R=0.35 e R=0.8, evidenziati con le parentesi, la
deviazione standard non è indicata perché troppo elevata (confrontabile con il valore medio
stesso).
PARTE II 138
7. Risultati e discussione
-0,500
-0,600 -0,400 -0,200 0,000 0,200 0,400 0,600 0,800 1,000 1,200
-0,700
-0,900
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1,100
R=0.1
R=0.2
-1,300
R=0.35
-1,500
R=0.8
R=0.9
-1,700 1103_4 1103_6 1203_1
0903_1 0903_2 0903_3
1203_2 1203_3 1603_3
-1,900
1103_1 1103_2 1103_3
1903_2 1603_4 1603_5
-2,100
1903_1
Log(ΔKapp [MPa*m^0.5])
Figura 104: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su PA6 a frequenza 0.01 Hz. Scala logaritmica. A
diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata.
R Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 13: Valori medi e dev. standard del Kins per PA6 in prove di FCP a 0.01 Hz a diversi R.
16,00
14,00
10,00
8,00
6,00
4,00
2,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1
Figura 105: Valori medi di Kins per PA6 in prove di FCP a 0.01 Hz a diversi R. È visualizzata la
deviazione standard mediante le barre nere.
Si può dire, osservando il grafico e i valori tabulati, che anche in questo caso non
esista una precisa dipendenza di Kins da R, e che le differenze (del resto contenute) nei
valori medi ottenuti dalle prove di FCP ai diversi rapporti di ciclo siano da attribuire a
normale dispersione statistica. Si può quindi calcolare una media complessiva del Kins,
comprensiva di tutte le prove alla frequenza di 0.1 Hz, senza distinzione in base al
rapporto di ciclo. Risulta
-2,100
-2,300 ν = 0.1 Hz
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,700 ν = 0.01 Hz
-2,900
-3,100
(Kmax in *MPa ∙ m0.5])
0.1 Hz, Kmax=5.6
-3,300 0.1 Hz, Kmax=6.3
0.1 Hz, Kmax=7.1
-3,500 0.01 Hz, Kmax=5.6
0.01 Hz, Kmax=6.3
0.01 Hz, Kmax=7.1
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 106: Valori medi delle velocità di propagazione da/dt a valori fissati di Kmax per PA6 a diversi
R e a due diverse frequenze. Non sono indicate le deviazioni standard per semplicità di lettura.
PARTE II 141
7. Risultati e discussione
Si evidenzia, inoltre, come l’effetto del rapporto di ciclo alla frequenza di 0.01 Hz
risulti globalmente meno evidente rispetto a quanto avviene a 0.1 Hz.
4,50
4,00
3,50
3,00
2,50
m
2,00
1,50
ν = 0.1 Hz
1,00
ν = 0.01 Hz
0,50
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 107: Confronto degli andamenti dell’esponente m della legge di Paris con il rapporto di
ciclo R su PA6 a due diverse frequenze. I simboli ◊ si riferiscono alle prove a frequenza 0.1 Hz, I
simboli □ alle prove a frequenza 0.01 Hz.
-0,5 ν = 0.1 Hz
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-1
ν = 0.01 Hz ( )
-1,5
-2
-2,5
-3
( )
-3,5
-4
-4,5
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 108: Confronto dell’andamento del fattore pre-esponenziale C della legge di Paris con il
rapporto di ciclo R per la PA6 a due diverse frequenze. I simboli ◊ si riferiscono alle prove a
frequenza 0.1 Hz, I simboli □ alle prove a frequenza 0.01 Hz. Le parentesi ( ) in corrispondenza di
alcuni punti indicano una deviazione standard molto elevata, non mostrata sul grafico.
Come risulta chiaro, il valor medio di C alla frequenza di 0.01 Hz è, per tutti i rapporti
R, chiaramente più alto rispetto a quella che si riferisce alle prove condotte al medesimo
R alla frequenza di 0.1 Hz.
𝑑𝑎 𝑑𝑎
=𝜐 (per 𝜐 costante) (36)
𝑑𝑡 𝑑𝑁
alla quale è dovuto l’effetto, apparentemente strano, per cui le prove condotte a
frequenze più alte appaiono traslate verso il basso in un diagramma da/dN vs ΔK e,
quindi, una frequenza di carico più alta comporterebbe un migliore comportamento a
PARTE II 143
7. Risultati e discussione
frattura per fatica. Sotto questo punto di vista, il termine da/dN, tradizionalmente
utilizzato per descrivere i risultati delle prove di FCP sui materiali polimerici, appare
inadeguato e in un certo senso fuorviante per descrivere come questi variano al variare
della frequenza di carico [33] .
ν = 0.01 Hz
-0,5
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1
ν = 0.1 Hz
-1,5
R=0.1
-2 R=0.2
R=0.35
R=0.5
-2,5 R=0.65
R=0.8
R=0.9
-3
-0,5 -0,3 -0,1 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1,1
Log(ΔKapp [MPa*m0.5])
Figura 109: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su PA6 alle due frequenze 0.1 Hz e 0.01 Hz. Scala
logaritmica. A diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. Per semplicità
è rappresentato solo il tratto della curva che segue la legge di Paris.
16
14
12
Kcrit [MPa*m^0.5]
10
6
ν = 0.1 Hz
4
ν = 0.01 Hz
2
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 110: Valori medi di Kins per PA6 in prove di FCP a 0.1 e 0.01 Hz a diversi R. È visualizzata la
deviazione standard mediante le barre nere. I simboli ◊ si riferiscono alle prove a frequenza 0.1
Hz, I simboli □ alle prove a frequenza 0.01 Hz.
Come si evince dal grafico, la variazione di frequenza non ha effetti apprezzabili sul
valore di Kins, che ha un valor medio complessivo di
Figura 111: Curve carico normalizzato-spostamento per i provini SENT di NC sottoposti a prove di
trazione a velocità della traversa costante. È evidenziato il livello di carico normalizzato poi scelto
per condurre le prove di FCP.
Come si vede in figura 111, due provini su quattro si sono rotti in maniera piuttosto
repentina poco dopo il massimo del diagramma sforzo-spostamento, in corrispondenza di
una corsa della traversa pari a 2 mm circa; gli altri due hanno invece proseguito nella
lacerazione molto più a lungo, fino a uno spostamento superiore a 5 mm. A parte questa
differenza nelle modalità di rottura, la ripetibilità, fino al massimo della curva, è risultata
molto buona.
È noto dalle precedenti esperienze di laboratorio che per ottenere una propagazione
della cricca di fatica tale da mantenere la durata delle prove nell’orizzonte temporale
massimo delle 3 ÷ 4 ore, una buona scelta del σmax si assesta poco dopo la deviazione
marcata dalla linearità, ma prima dello snervamento vero e proprio dell’intera sezione
resistente. Qualitativamente, osservando le curve di figura 111 e basandosi anche sui
carichi utilizzati in un precedente lavoro di tesi sul nanocomposito in questione ([20] ), il
valore è stato individuato intorno a 30 ÷ 33 MPa. La scelta finale, dopo aver effettuato
alcuni tentativi a diversi carichi normalizzati appartenenti a questo intervallo, è stata di
condurre le prove di FCP sul nanocomposito NC con un σmax = 32 MPa.
PARTE II 147
7. Risultati e discussione
Per ogni R sono state eseguite almeno 4 prove. Ogni prova è identificata da un codice
univoco, analogamente a quanto descritto al par. 7.1.1.
8,000
7,500
7,000
R = 0.1
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
1501_3
4,500
1501_4
4,000 1501_5
1501_2
3,500
2301_3
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500
Tempo [s]
Figura 112: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 148
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
R = 0.2
7,000
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500
1912_1
1912_2
4,000
1912_3
3,500 0901_2
3,000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500
Tempo [s]
Figura 113: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.1 Hz.
9,000
8,000
R = 0.35
7,000
a [mm]
6,000
5,000
1301_2
1301_1
4,000 1401_1
1501_1
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000
Tempo [s]
Figura 114: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 149
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
7,000 R = 0.5
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500 0801_1
0901_1
4,000
1201_1
3,500
1401_2
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000
Tempo [s]
Figura 115: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.5 su NC, frequenza 0.1 Hz.
7,500
7,000
R = 0.8
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500 2212_2
4,000 2212_3
2212_4
3,500
1601_1
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000
Tempo [s]
Figura 116: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su NC, frequenza 0.1 Hz.
PARTE II 150
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
7,000
R = 0.9
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500 1901_1
2001_2
4,000
2001_3
3,500 2601_1
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000
Tempo [s]
Figura 117: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.1 Hz.
Due provini rotti secondo queste due differenti modalità sono mostrati in figura 118.
Figura 118: Differenti modalità di cedimento per campioni di NC sottoposti a prove di FCP:
lacerazione duttile (a) e frattura fragile (b).
Come si è fatto in tutti i grafici di questo tipo, gli ultimi punti acquisiti di ogni prova
che, per le ragioni esposte nel paragrafo 7.1.1.2, risultano sottostimati rispetto alla da/dt
reale, sono evidenziati mediante un colore diverso rispetto agli altri.
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400 R = 0.1
-2,600
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
1501_2
1501_3
1501_4
-3,200
1501_5
2301_3
-3,400
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 119: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
PARTE II 153
7. Risultati e discussione
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400
R = 0.2
-2,600
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
1912_1
1912_2
-3,200 1912_3
0901_2
-3,400
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 120: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,400
R = 0.35
-2,600
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
-3,200
1301_1
-3,400
1301_2
1401_1
-3,600
1501_1
-3,800
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 121: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.1 Hz.
Scala logaritmica.
PARTE II 154
7. Risultati e discussione
-2,600
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,800
R = 0.5
-3,000
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
0801_1
0901_1
-3,600 1201_1
1401_2
-3,800
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 122: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.5 su NC, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,600
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,800
R = 0.8
-3,000
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
-3,600 2212_2
2212_3
2212_4
-3,800 1601_1
-4,000
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 123: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.8 su NC, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
PARTE II 155
7. Risultati e discussione
-2,600
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,800
R = 0.9
-3,000
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
-3,600
1901_1
-3,800
2001_2
2001_3
-4,000
2601_1
-4,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 124: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.1 Hz. Scala
logaritmica.
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,400
-2,600
R=0.1
-2,800 R=0.2
R=0.35
-3,000
R=0.5
-3,200 R=0.8
R=0.9
-3,400
1501_2 1501_3 1501_4 1501_5
Log(da/dt [mm/s])
2301_3 1912_1 1912_2 1912_3
-3,600
0901_2 1301_1 1301_2 1401_1
1501_1 0801_1 0901_1 1201_1
-3,800
1401_2 2212_2 2212_3 2212_4
-4,000
1601_1 1901_1 2001_2 2001_3
2601_1
-4,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 125: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per NC a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo
corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
sottostimata .
156
PARTE II 157
7. Risultati e discussione
Si può notare come tutte le curve presentano il tipico andamento a “V” che indica la
decelerazione iniziale e la successiva accelerazione stabile. Riguardo al grafico riassuntivo
di figura 125, si osserva che:
Tabella 14: Media e deviazione standard della velocità di propagazione da/dt per NC ai diversi
rapporti di ciclo a tre fissati livelli di Kmax. Frequenza di sollecitazione: 0.1 Hz.
PARTE II 158
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,500
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
-4,100
R
Figura 126: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.1 Hz)
-2,300
-2,500
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
Kmax=7.9 [MPa m0.5]
-3,700
-3,900 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 127: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.1 Hz)
PARTE II 159
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,500
-2,900
-3,100
-3,300
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 128: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 8.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.1 Hz)
Come si nota osservando i grafici, l’andamento di da/dt a valori fissati di Kmax per
prove di FCP su NC a 0.1 Hz è monotono decrescente. Sembrerebbe esserci una sorta di
plateau per valori di R tra 0.5 e 0.8, poiché le prove condotte a questi valori del rapporto
di ciclo hanno dato risultati molto simili.
R m C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
Tabella 15: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per i parametri della legge di Paris, m
e C, per prove di FCP su NC alla frequenza di 0.1 Hz.
(*) – Deviazioni standard di entità confrontabile con il valore medio: non riportate.
4,50
4,00
3,50 mmed = 3.2
3,00
2,50
m
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 129: Esponenti m della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo, nelle prove di
FCP su NC alla frequenza di 0.1 Hz. È mostrato il valor medio complessivo, e sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
PARTE II 161
7. Risultati e discussione
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-0,500
-1,000
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
-3,500
-4,000 ( ) ( )
-4,500
-5,000
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 130: Fattori pre-esponenziali C della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo,
nelle prove di FCP su NC alla frequenza di 0.1 Hz. La scala è logaritmica per C. Sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere. Per R=0.35 e R=0.5, evidenziati con le parentesi, la
deviazione standard non è indicata perché troppo elevata (confrontabile con il valore medio
stesso).
Osservando i dati, si può affermare che non sussiste una dipendenza dell’esponente
m da R, in quanto non è riconoscibile alcun particolare andamento, e tutti i valori si
assestano piuttosto vicini alla media comune, che è di m=3.2.
-1,000
1501_2 1501_3 1501_4
1501_5 2301_3 1912_1
1912_2 1912_3 0901_2 -1,200
1301_1 1301_2 1401_1
1501_1 0801_1 0901_1 -1,400
1201_1 1401_2 2212_2
2212_3 2212_4 1601_1 -1,600
Log(da/dN [mm/ciclo])
-2,000
-2,200 R=0.1
R=0.2
-2,400
R=0.35
-2,600 R=0.5
-2,800 R=0.8
R=0.9
-3,000
-0,600 -0,400 -0,200 0,000 0,200 0,400 0,600 0,800 1,000 1,200
Log(ΔKapp [MPa*m^0.5])
Figura 131: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su NC a frequenza 0.1 Hz. Scala logaritmica. A
diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata.
Si ricorda che tale modello propone che il comportamento a FCP del materiale a
diversi Kmax e diversi rapporti di ciclo R sia descrivibile dalla legge:
𝑑𝑎 𝑚 𝑛
= 𝐵′𝐾𝐼,𝑚𝑎𝑥 1+𝑅 (37)
𝑑𝑡
Dove B’ tiene conto della frequenza e dei fattori ambientali di influenza, mentre m e n
sono parametri empirici caratteristici del materiale.
PARTE II 163
7. Risultati e discussione
Per tentare di applicare tale modello ai dati a nostra disposizione, si è proceduto come
descritto al par. 7.1.1.5; presentiamo nei grafici da figura 132 a figura 134, i dati
Log(da/dt) vs Log(1+R) a tre valori fissati di Kmax: 7.1, 7.9 e 8.9 MPa∙m0.5.
-2,300
-2,500
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,900
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
-4,100
Log(1+R)
Figura 132: Andamento dei valori medi da/dt vs (1+R), in scala logaritmica, a un valore fisso di Kmax
*MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata la retta di regressione ai minimi quadrati.
-2,300
-2,500
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
Figura 133: Andamento dei valori medi da/dt vs (1+R), in scala logaritmica, a un valore fisso di Kmax
*MPa∙m0.5] pari a 7.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata la retta di regressione ai minimi quadrati.
PARTE II 164
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,500
-2,900
-3,100
-3,300
-3,700
0,0000 0,1000 0,2000 0,3000
Log(1+R)
Figura 134: Andamento dei valori medi da/dt vs (1+R), in scala logaritmica, a un valore fisso di Kmax
*MPa∙m0.5] pari a 8.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. È inoltre
rappresentata la retta di regressione ai minimi quadrati.
Tabella 16: Parametri n secondo il modello di Baer, calcolati sui dati ottenuti a tre valori fissati di
Kmax, considerando i rapporti di ciclo R da 0.1 a 0.9 per NC a 0.1 Hz.
R Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 17: Valori medi e dev. standard del Kins per NC in prove di FCP a 0.1 Hz a diversi R.
18,00
16,00
Kins, med = 13.3 MPa m0.5
14,00
Kins [MPa*m^0.5]
12,00
10,00
8,00
6,00
4,00
2,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 135: Valori medi di Kins per NC in prove di FCP a 0.1 Hz a diversi R. È mostrato il valor medio
complessivo, e sono indicate le deviazioni standard mediante le barrette nere.
PARTE II 166
7. Risultati e discussione
I dati suggeriscono che non ci siano correlazioni tra il rapporto di ciclo R e il valore di
Kins, che si mantiene pressoché costante per i diversi rapporti R testati. Si può quindi
calcolare una media complessiva del Kins, comprensiva di tutte le prove su NC alla
frequenza di 0.1 Hz, senza distinzione in base al rapporto di ciclo. Risulta
Per ogni R sono state eseguite almeno 3 prove. Ogni prova è identificata da un codice
univoco, analogamente a quanto descritto al par. 7.1.1.
8,000
7,500
R = 0.1
7,000
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500
0302_1
4,000
0302_2
3,500 1202_2
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
Tempo [s]
Figura 136: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.03 Hz.
PARTE II 168
7. Risultati e discussione
9,000
8,000 R = 0.2
7,000
a [mm]
6,000
5,000
1002_2
4,000 1002_3
1702_3
3,000
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000
Tempo [s]
Figura 137: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.03 Hz.
7,500
7,000
R = 0.35
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500
1202_1
4,000
1702_2
3,500 2502_1
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000
Tempo [s]
Figura 138: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.03 Hz.
PARTE II 169
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
7,000 R = 0.9
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000 1802_2
4,500 2402_2
4,000 2502_2
3,500 0503_3
3,000
0 5000 10000 15000 20000
Tempo [s]
Figura 139: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.03 Hz.
Si può notare, osservando i dati “grezzi” ricavati dalle prove di FCP su NC a ν=0.03 Hz,
che la ripetibilità delle curve a vs t è molto buona per rapporti di ciclo pari a 0.1 e 0.2. Per
R=0.35 e per R=0.9, invece, si ha una variabilità di comportamento molto maggiore,
visibile già a questo livello di elaborazione semplicemente osservando la forma delle
curve e il tempo complessivo della durata delle prove.
Come si è fatto in tutti i grafici di questo tipo, gli ultimi punti acquisiti di ogni prova
che, per le ragioni esposte nel paragrafo 7.1.1.2, risultano sottostimati rispetto alla da/dt
reale, sono evidenziati mediante un colore diverso rispetto agli altri.
PARTE II 170
7. Risultati e discussione
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400
-2,600
R = 0.1
Log(da/dt [mm/s])
-2,800
-3,000
-3,200
0302_1
-3,400
0302_2
-3,600 1202_2
-3,800
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 140: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.03 Hz.
Scala logaritmica.
-2,600
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,800
R = 0.2
-3,000
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
1002_2
1002_3
-3,600
1702_3
-3,800
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 141: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.03 Hz.
Scala logaritmica.
PARTE II 171
7. Risultati e discussione
-2,600
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,800
R = 0.35
-3,000
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,400
-3,600 1202_1
1702_2
-3,800 2502_1
-4,000
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 142: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.03 Hz.
Scala logaritmica.
-3,000
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-3,200 R = 0.9
-3,400
Log(da/dt [mm/s])
-3,600
-3,800
1802_2
2402_2
-4,000
2502_2
0503_3
-4,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 143: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.03 Hz.
Scala logaritmica.
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200 1,300
-2,400
-2,600
-2,800
-3,000
-3,200 R=0.1
R=0.2
-3,400
Log(da/dt [mm/s])
R=0.35
-3,600 R=0.9
0302_1 0302_2 1202_2
-3,800
1002_2 1002_3 1702_3
1202_1 1702_2 2502_1
-4,000
1802_2 2402_2 2502_2
0503_3
-4,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 144: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per NC a frequenza 0.03 Hz. Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo
corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
sottostimata .
172
PARTE II 173
7. Risultati e discussione
Osservando le curve, si può notare che tutte presentano il tipico andamento a “V” che
indica la decelerazione iniziale e la successiva accelerazione stabile. Riguardo al grafico
riassuntivo di figura 144, si osserva che:
Tabella 18: Media e deviazione standard della velocità di propagazione da/dt per NC ai diversi
rapporti di ciclo a tre fissati livelli di Kmax. Frequenza di sollecitazione: 0.03 Hz.
PARTE II 174
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,500
Kmax=7.1 [MPa m0.5]
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
-4,100
R
Figura 145: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.03 Hz)
-2,300
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
-4,100
R
Figura 146: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.03 Hz)
PARTE II 175
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,700
Log(da/dt [mm/s])
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
-4,100
R
Figura 147: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 8.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.03 Hz)
Sui dati ottenuti per le prove a 0.03 Hz sul NC, così come con quelli ottenuti alla
frequenza di 0.01 Hz sulla PA6 e sul NC, non si è tentato, , di valutare l’applicabilità di un
modello interpretativo quale quello di Baer.
R m C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
Tabella 19: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per i parametri della legge di Paris, m
e C, per prove di FCP su NC alla frequenza di 0.03 Hz.
6,00
5,00
4,00
mmed = 3.3
m
3,00
2,00
1,00
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 148: Esponenti m della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo, nelle prove di
FCP su NC alla frequenza di 0.03 Hz. È mostrato il valor medio complessivo, e sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
PARTE II 177
7. Risultati e discussione
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-1,000
-2,000
-3,000
-4,000
-5,000
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
-6,000
R
Figura 149: Fattori pre-esponenziali C della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo,
nelle prove di FCP su NC alla frequenza di 0.03 Hz. La scala è logaritmica per C. Sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
Il fattore pre-esponenziale C risulta piuttosto simile per prove condotte a R pari a 0.1,
0.2 e 0.35. Per R pari a 0.9, invece, C cresce di 2 ordini di grandezza.
-1,000
-1,200
-1,400
-1,600
Log(da/dN [mm/ciclo])
R=0.1
-1,800 R=0.2
R=0.35
-2,000
R=0.9
Figura 150: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su NC a frequenza 0.03 Hz. Scala logaritmica. A
diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata.
R Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 20: Valori medi e dev. standard del Kins per NC in prove di FCP a 0.03 Hz a diversi R.
PARTE II 179
7. Risultati e discussione
16,0
14,0
Kins, med = 12.3 MPa m0.5
Kins [MPa*m^0.5]
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1
Figura 151: Valori medi di Kins per NC in prove di FCP a 0.03 Hz a diversi R. È mostrato il valor
medio complessivo, e sono indicate le deviazioni standard mediante le barrette nere.
Anche in questo caso, come nei precedenti, i dati non suggeriscono particolari
correlazioni tra il rapporto di ciclo R e il valore di Kins. Il valore di Kins per le prove a
rapporto di ciclo R=0.9 sembra, forse, un po’ basso rispetto agli altri. Andando a calcolare
una media complessiva del Kins, comprensiva di tutte le prove su NC alla frequenza di
0.03 Hz, senza distinzione in base al rapporto di ciclo, risulta
Per ogni R sono state eseguite almeno 3 prove. Ogni prova è identificata da un codice
univoco, analogamente a quanto descritto al par. 7.1.1.
7,500
7,000
R = 0.1
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500
2201_1
4,000 2801_1
2801_3
3,500
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000
Tempo [s]
Figura 152: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.01 Hz.
PARTE II 181
7. Risultati e discussione
8,000
7,500
7,000
R = 0.2
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
2701_1
4,500
2801_2
4,000
2901_1
3,500 2901_2
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000
Tempo [s]
Figura 153: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.01 Hz.
8,000
7,500
7,000
R = 0.35
6,500
6,000
a [mm]
5,500
5,000
4,500 2701_2
4,000 3001_1
3,500 0902_1
3,000
0 5000 10000 15000 20000
Tempo [s]
Figura 154: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.01 Hz.
PARTE II 182
7. Risultati e discussione
7,000
6,500
R = 0.9
6,000
5,500
a [mm]
5,000
4,500
2301_1
4,000
0402_1
3,500 0402_1
3,000
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000
Tempo [s]
Figura 155: Curve a vs t ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.01 Hz.
Come si è fatto in tutti i grafici di questo tipo, gli ultimi punti acquisiti di ogni prova
che, per le ragioni esposte nel paragrafo 7.1.1.2, risultano sottostimati rispetto alla da/dt
reale, sono evidenziati mediante un colore diverso rispetto agli altri.
PARTE II 183
7. Risultati e discussione
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400
R = 0.1
-2,600
-2,800
Log(da/dt [mm/s])
-3,000
-3,200
-3,400
2201_1
-3,600
2801_1
-3,800 2801_3
-4,000
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 156: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.1 su NC, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,400
-2,600
R = 0.2
-2,800
Log(da/dt [mm/s])
-3,000
-3,200
-3,400
-3,600
2701_1
2801_2
-3,800
2901_1
-4,000 2901_2
-4,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 157: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.2 su NC, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
PARTE II 184
7. Risultati e discussione
-2,200
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
-2,700 R = 0.35
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,700
2701_2
-4,200 3001_1
0902_1
-4,700
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 158: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.35 su NC, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
-2,200
0,600 0,650 0,700 0,750 0,800 0,850 0,900 0,950 1,000 1,050 1,100
-2,700 R = 0.9
Log(da/dt [mm/s])
-3,200
-3,700
2301_1
-4,200 0402_1
0402_2
-4,700
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 159: Curve da/dt vs Kmax ottenute dalle prove di FCP a R=0.9 su NC, frequenza 0.01 Hz.
Scala logaritmica.
-2,200
-2,700
-3,200 R=0.1
R=0.2
R=0.35
-3,700
R=0.9
Log(da/dt [mm/s])
2201_1 2801_1 2801_3
0402_2
-4,700
0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 160: Grafico riassuntivo dei dati da/dt vs Kmax per NC a frequenza 0.01 Hz. Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo
corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca
PARTE II
7. Risultati e discussione
sottostimata.
185
PARTE II 186
7. Risultati e discussione
Osservando le curve, si può notare che tutte presentano il tipico andamento a “V”
che indica la decelerazione iniziale e la successiva accelerazione stabile. Riguardo al
grafico riassuntivo di figura 160, si osserva che:
Tabella 21: Media e deviazione standard della velocità di propagazione da/dt per NC ai diversi
rapporti di ciclo a tre fissati livelli di Kmax. Frequenza di sollecitazione: 0.01 Hz.
PARTE II 187
7. Risultati e discussione
-2,300
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
-3,900
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 161: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.1. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.01 Hz)
-2,300
Kmax=7.9 [MPa m0.5]
-2,500
Log(da/dt [mm/s])
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 162: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 7.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.01 Hz)
PARTE II 188
7. Risultati e discussione
-2,300
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 163: Andamento della velocità di avanzamento da/dt in funzione di R, a un valore fisso di
Kmax *MPa∙m0.5] pari a 8.9. È visualizzata la deviazione standard mediante le barre nere. (NC a
frequenza 0.01 Hz)
R m C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
Tabella 22: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per i parametri della legge di Paris, m
e C, per prove di FCP su NC alla frequenza di 0.01 Hz.
PARTE II 189
7. Risultati e discussione
4,500
4,000
mmed = 3.4
3,500
3,000
2,500
m
2,000
1,500
1,000
0,500
0,000
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 164: Esponenti m della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo, nelle prove di
FCP su NC alla frequenza di 0.01 Hz. È mostrato il valor medio complessivo, e sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-0,500
-1,000
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
-3,500
-4,000
-4,500
-5,000
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 165: Fattori pre-esponenziali C della legge di Paris ottenuti per i diversi rapporti di ciclo,
nelle prove di FCP su NC alla frequenza di 0.01 Hz. La scala è logaritmica per C. Sono indicate le
deviazioni standard mediante le barrette nere.
-0,900
-1,100
-1,300
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1,500
R=0.1
-1,700
R=0.2
R=0.35
-1,900
R=0.9
-2,100 2201_1 2801_1 2801_3
2701_1 2801_2 2901_1
2901_2 2701_2 3001_1
-2,300
0902_1 2301_1 0402_1
0402_2
-2,500
-0,400 -0,200 0,000 0,200 0,400 0,600 0,800 1,000 1,200
Log(ΔKapp [MPa*m^0.5])
Figura 166: Curve da/dN vs ΔK relative alle prove su NC a frequenza 0.01 Hz. Scala logaritmica. A
diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. I punti in grigio sono
caratterizzati da una velocità di propagazione della cricca sottostimata.
R Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 23: Valori medi e dev. standard del Kins per NC in prove di FCP a 0.01 Hz a diversi R.
16,0
14,0
Kins [MPa*m^0.5]
8,0
6,0
4,0
2,0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1
R
Figura 167: Valori medi di Kins per NC in prove di FCP a 0.03 Hz a diversi R. È mostrato il valor
medio complessivo, e sono indicate le deviazioni standard mediante le barrette nere.
-2,700
0.01 Hz, Kmax=7.1
0.01 Hz, Kmax=7.9
-2,900
ν = 0.03 Hz 0.01 Hz, Kmax=8.9
-3,100
-3,300
ν = 0.01 Hz
-3,500
-3,700
-3,900 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 168: Valori medi delle velocità di propagazione da/dt a valori fissati di Kmax per NC a diversi
R e a tre diverse frequenze. Non sono indicate le deviazioni standard per semplicità di lettura.
6,00
5,00
4,00
m
3,00
2,00 ν = 0.1 Hz
ν = 0.03 Hz
1,00
ν = 0.01 Hz
0,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 169: Confronto degli andamenti dell’esponente m della legge di Paris con il rapporto di
ciclo R su NC a tre diverse frequenze. I simboli ◊ , ○, □ si riferiscono rispettivamente alle prove
alla frequenza di 0.1 Hz, 0.03 Hz e 0.01 Hz.
0,000
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-0,500 ν = 0.1 Hz
ν = 0.03 Hz
-1,000 ν = 0.01 Hz
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
-3,500
-4,000
-4,500
-5,000
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 170: Confronto dell’andamento del fattore pre-esponenziale C della legge di Paris con il
rapporto di ciclo R su NC a tre diverse frequenze di prova. I simboli ◊ , ○, □ si riferiscono
rispettivamente alle prove alla frequenza di 0.1 Hz, 0.03 Hz e 0.01 Hz.
PARTE II 195
7. Risultati e discussione
Non si evince dal grafico un chiaro andamento per bassi valori di R; passando dai
rapporti di ciclo bassi a quelli più elevati, C appare crescere al diminuire della frequenza,
fino a R=0.9 dove la crescita è di un ordine di grandezza.
-1,000
ν = 0.01 Hz
-1,200
ν = 0.03 Hz
-1,400
-1,600
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1,800
-2,000
-2,200
ν = 0.1 Hz
R=0.1
-2,400 R=0.2
R=0.35
-2,600
R=0.5
-2,800 R=0.8
R=0.9
-3,000
-0,400 -0,200 0,000 0,200 0,400 0,600 0,800 1,000 1,200
Log(ΔKapp [MPa*m^0.5])
Figura 171: Curve da/dN vs ΔK relative ad alcune prove su NC alle tre frequenze 0.1 Hz, 0.03 Hz e
0.01 Hz. Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato.
Per semplicità visiva è rappresentato solo il tratto della curva che segue la legge di Paris e si è
scelta solamente una curva per ogni R e ogni frequenza.
18
16
14
Kins [MPa*m^0.5] 12
10
8
ν = 0.1 Hz
6
ν = 0.03 Hz
4 ν = 0.01 Hz
2
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
Figura 172: Valori medi di Kins per PA6 in prove di FCP a 0.1 e 0.01 Hz a diversi R. È visualizzata la
deviazione standard mediante le barre nere. I simboli ◊ si riferiscono alle prove a frequenza 0.1
Hz, I simboli □ alle prove a frequenza 0.01 Hz.
Il grafico non sembra suggerire evidenti correlazioni tra la frequenza e il valore del
Kins, sebbene si possa notare che esso risulta sempre, mediamente, più basso, a ogni
rapporto R, per la frequenza di 0.01 Hz. Del resto, confrontando i valori medi del Kins
alle singole frequenze, si nota che esso decresce con la diminuzione di ν (tabella 24):
ν Kins [MPa*m0.5]
Media Dev. std.
Tabella 24: Valori medi di Kins e rispettive deviazioni standard per le prove su NC alle frequenze di
0.1 Hz, 0.03 Hz, e 0.01 Hz.
Del resto, le fasce di valori che si ottengono considerando le deviazioni standard non
permettono di escludere che questa decrescita del valore medio di Kins sia attribuibile al
caso più che a una reale tendenza del materiale.
PARTE II 197
7. Risultati e discussione
Il materiale risulta globalmente molto più rigido, il che si traduce in un’apertura della
“bocca” dell’intaglio, durante la prova, sensibilmente minore rispetto al caso della PA6
non caricata (si veda il confronto visivo in figura 173, dove vengono mostrati i provini dei
due diversi materiali in un momento particolare della prova).
Kmax=7.1 MPa*m0.5
-2,000
-2,500
PA6
Log(da/dt [mm/s])
-3,000
-3,500
-4,000
NC
-4,500
0,500 0,600 0,700 0,800 0,900 1,000 1,100 1,200
Log(Kmax [MPa*m^0.5])
Figura 173: Prove di FCP a R=0.8 e ν=0.1 Hz per la PA6 per il NC: vengono mostrate le curve da/dt
vs Kmax e un’immagine del campione SENT per ciascuno dei due materiali, acquisita in un punto
della prova tale per cui il Kmax applicato sia 7.1 MPa∙m0.5.
Si evince dalla figura 173 un’altra importante differenza: la zona di plasticizzazione nel
caso del NC è chiaramente riconoscibile dal caratteristico sbiancamento (dovuto al
crazing), mentre nella PA6 essa non è facilmente riconoscibile dalle immagini.
PARTE II 198
7. Risultati e discussione
La propagazione della cricca nel NC, inoltre, avviene a volte, per alcuni brevi tratti, in
direzioni non esattamente ortogonali alla direzione di applicazione dello sforzo: si ha cioè
un effetto di “curvatura” della cricca (figura 174), che ne devia la direzione della
propagazione per un breve tratto, dopodiché essa riprende nella normale direzione
ortogonale al carico. Questo fenomeno ha riscontri in letteratura ([31] ; si veda anche
quanto detto al par. 3.5) ed è stato attribuito alla presenza di gradienti di sforzo a livello
microstrutturale, indotti dalla presenza delle nanolamine. Come è logico aspettarsi,
dunque, nelle prove di FCP su PA6 non si è osservato nulla di analogo.
Figura 174: Esempio di “curvatura” della cricca durante una prova di FCP su un campione di
nanocomposito NC.
-2,100
PA6 0.1 Hz
PA6 PA6 0.01 Hz
-2,300 NC 0.1 Hz
NC 0.01 Hz
-2,500 (Kmax = 7.1 MPa ∙ m0.5)
Log(da/dt [mm/s])
NC
-2,700
-2,900
-3,100
-3,300
-3,500
-3,700
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 175: Valori medi delle velocità di propagazione da/dt a Kmax=7.1 MPa∙m0.5 per il NC e la PA6
ai diversi R e frequenze esplorati. Non sono indicate le deviazioni standard per semplicità di
lettura.
Confrontando i dati delle da/dt medie (a parità di Kmax) relativi alle prove svolte alla
stessa frequenza (0.1 e 0.01 Hz, dati di colore blu e rosso rispettivamente sul grafico di
figura 175) per la PA6 e per il nanocomposito, emerge che le nanocariche portano un
miglioramento nel comportamento a frattura per fatica: a parità di R e di frequenza di
applicazione del carico, la velocità di propagazione risulta infatti inferiore per il NC.
PARTE II 200
7. Risultati e discussione
Un’altra osservazione importante che si può desumere dal grafico di figura 175 è la
seguente: la PA6 presenta l’effetto per cui ad alti rapporti di ciclo (R=0.8 e R=0.9) la
tendenza del valore medio di da/dt si inverte, e cresce di molto rispetto a R=0.65; il NC
non presenta, invece, alcun effetto di questo tipo. Per il NC, la decrescita di da/dt|Kmax
con l’aumento di R può apparire rallentata, fino a fare ipotizzare la presenza di una sorta
di plateau, per gli alti rapporti di ciclo (soprattutto alle frequenze di carico di 0.1 Hz e 0.01
Hz); non si ha però un “ritorno” su velocità molto più elevate, come avviene nella PA6.
Se, come si è detto nei par. 7.1.1.3 e 7.1.1.6, l’effetto di “risalita” della da/dt|Kmax è
per la PA6, in via di tentativo, imputabile alla maggiore influenza che ha il creep sul
comportamento a frattura per fatica con carico medio non nullo, agli alti rapporti di ciclo;
per il NC si può pensare che questa maggiore influenza non ci sia, o non sia sufficiente a
determinare un’inversione di tendenza, forse perché ridotta dall’effetto rinforzante dato
dalle nanocariche: quest’affermazione merita, tuttavia, ulteriori approfondimenti.
I valori del fattore pre-esponenziale C ai diversi rapporti di ciclo R, per la PA6 e per il
NC, alle frequenze di 0.1 Hz e 0.01 Hz, sono riassunti in tabella 25.
PARTE II 201
7. Risultati e discussione
C 𝐦𝐦
𝐜𝐢𝐜𝐥𝐨
∙ 𝐌𝐏𝐚 ∙ 𝐦𝟎.𝟓
−𝒎
R PA6 NC
Media Dev. std. Media Dev. std.
0.1 3.28E-04 6.40E-05 8.21E-05 3.32E-05
0.2 2.49E-04 1.74E-04 8.29E-05 3.39E-05
0.35 3.27E-04 9.73E-05 1.04E-04 (*)
ν = 0.1 Hz
Tabella 25: Risultati ottenuti (media e deviazione standard) per il fattore C della legge di Paris, per
prove di FCP su NC e PA6.
(*) – Deviazioni standard di entità confrontabile con il valore medio: non riportate.
I dati di C sono diagrammati, per le due frequenze, nei grafici di figura 176 e figura
177.
0,000
ν = 0.1 Hz
-0,500 PA6
-1,000 NC
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
-1,500
-2,000
-2,500
-3,000
-3,500
-4,000 ( ) ( )
-4,500
-5,000 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 176: Confronto dell’andamento del fattore pre-esponenziale C della legge di Paris con il
rapporto di ciclo R su PA6 e NC alla frequenza di 0.1 Hz.
(*) – Deviazioni standard di entità confrontabile con il valore medio: non riportate.
PARTE II 202
7. Risultati e discussione
0,500
ν = 0.01 Hz
PA6
-0,500
Log(C [mm/ciclo*(MPa*m0.5)-m ])
NC
( )
-1,500
-2,500
( )
-3,500
-4,500
-5,500
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
R
Figura 177: Confronto dell’andamento del fattore pre-esponenziale C della legge di Paris con il
rapporto di ciclo R su PA6 e NC alla frequenza di 0.01 Hz.
(*) – Deviazioni standard di entità confrontabile con il valore medio: non riportate.
L’effetto appena descritto è chiaramente visibile in figura 178 e in figura 179, dove si
sono rappresentati per semplicità visiva i soli tratti di accelerazione stabile delle curve
ottenute dalle prove di FCP per le due frequenze considerate, prendendo una sola prova
per ogni R di ciascuno dei due materiali.
PARTE II 203
7. Risultati e discussione
-1
-1,2
ν = 0.1 Hz PA6
-1,4
-1,6
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1,8
-2
NC R=0.1
-2,2
R=0.2
-2,4
R=0.35
R=0.5
-2,6
R=0.65
-2,8 R=0.8
R=0.9
-3
-0,5 -0,3 -0,1 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1,1
Log(ΔKapp [MPa*m0.5])
Figura 178: Curve da/dN vs ΔK relative ad alcune prove su PA6 e su NC alla frequenza di 0.1 Hz.
Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. Per
semplicità visiva è rappresentato solo il tratto della curva che segue la legge di Paris e si è scelta
solamente una curva per ogni R e ogni frequenza.
-0,6
ν = 0.01 Hz
PA6
-0,8
Log(da/dN [mm/ciclo])
-1
-1,2 NC
-1,4
R=0.1
R=0.2
-1,6 R=0.35
R=0.8
R=0.9
-1,8
-0,5 -0,3 -0,1 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1,1
Log(ΔKapp [MPa*m0.5])
Figura 179: Curve da/dN vs ΔK relative ad alcune prove su PA6 e su NC alla frequenza di 0.01 Hz.
Scala logaritmica. A diverso rapporto di ciclo corrisponde colore diverso, come indicato. Per
semplicità visiva è rappresentato solo il tratto della curva che segue la legge di Paris e si è scelta
solamente una curva per ogni R e ogni frequenza.
PARTE II 204
7. Risultati e discussione
Kins [MPa*m0.5]
ν Media Dev. std.
Tabella 26: Valori medi di Kins e rispettive deviazioni standard per le prove su PA6 e su NC alle
diverse frequenze.
16
14
Kins [MPa*m^0.5]
12
10
4
PA6
2
NC
0
0,1 0,03 0,01
ν [Hz]
Figura 180: Istogramma rappresentante i valori medi e le deviazioni standard del Kins per la PA6 e
il NC alle diverse frequenze di prova.
Conclusioni
Nel presente lavoro di tesi è stato studiato come il comportamento a frattura per
fatica di un nanocomposito PA6/montmorillonite con nano-struttura esfoliata, e della
relativa matrice non caricata, risulti influenzato dai parametri di prova caratterizzanti la
sollecitazione meccanica applicata in regime di fatica, con particolare riferimento al
rapporto di ciclo, R, e alla frequenza di applicazione del carico.
Le prove di propagazione della frattura per fatica (FCP) sono state effettuate su
campioni Single-Edge Notched Tension (SENT) di spessore tale per cui lo stato di sforzo
all’apice della cricca era prevalentemente di sforzo piano.
Prove di FCP effettuate a pari frequenza e diversi rapporti di ciclo, con carico massimo
applicato mantenuto costante, hanno messo in luce che, in corrispondenza di un dato
Kmax applicato, la dipendenza della velocità di propagazione della frattura (𝑑𝑎 𝑑𝑡 𝐾𝑚𝑎𝑥 )
da R è piuttosto complessa.
Per la PA6 non caricata, alla frequenza di 0.1 Hz, si è evidenziato che un incremento di
R porta a un calo di 𝑑𝑎 𝑑𝑡 𝐾𝑚𝑎𝑥 , per R variabile da 0.1 a 0.65 (corrispondenti ad
ampiezze di sollecitazione, Pmax – Pmin, variabili dal 90% al 35% del carico massimo
applicato), mentre per R più elevati (0.8 e 0.9, corrispondenti ad ampiezze di
sollecitazione più piccole del 35% del carico massimo applicato) si assiste a un marcato
incremento della velocità di propagazione della frattura, che si assesta su valori prossimi a
quelli ottenuti nelle prove con R=0.35. Questo medesimo andamento (𝑑𝑎 𝑑𝑡 𝐾𝑚𝑎𝑥 vs R)
è stato osservato anche nei dati prodotti da prove FCP effettuate alla frequenza di 0.01
Hz, sebbene in maniera meno evidente. Tali prove hanno anche messo in luce che un calo
della frequenza si accompagna a una riduzione della velocità di propagazione della
frattura 𝑑𝑎 𝑑𝑡 a parità di R.
Bibliografia
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CONFERENCE ON TIMES OF POLYMERS (TOP) AND COMPOSITES, 269-271
Domenico Acierno, Alberto d'Amore, Luigi Grassia, 2008
Appendice A 212
Scheda tecnica Nanomer I.24TL di Nanocor®
Appendice A
Tethering Chemistry:
I.24TL contains a unique surface treatment which will participate in polymer chain propagation.
Figure 1 illustrates the process. During Nanomer nanoclay production amino ends of the surface
treatment are attached strongly to the mineral within the gaps between the platey surfaces (see
Tech Data G-100), leaving the carboxylic end-groups available for reaction with amino groups after
caprolactam ring-opening. The result is a “tethered” or bound system, in which polymer molecules
terminate at the clay surface. Tethered systems show enhanced thermal stability, including
greater fire retardancy.
Figure 1
TETHERED SYSTEM
When added to a caprolactam melt, I.24TL creates a low viscosity blend with excellent handling
characteristics. Polymerization can be carried out smoothly at typical cycle times.
I.24TL blends are shearing thinning. Process equipment can be adapted with minimal modification
to handle significantly higher loadings, creating nanocomposites with even greater property
enhancements. Loadings of 6-8% wt/wt can be achieved.
Physical Properties
Regulatory Status:
Polymerized nanocomposites containing I.24TL are regulated for food contact and can be used for
all types of packages.
Product Availability:
Available in 20 kg (44 lbs) bags and one short ton bulk bags.
For more information on how Nanomer® nanoclays can work for you, contact Nanocor’s Technical
Service Group.
Appendice B
Cod. Materiale ν [Hz] R Pmax [N] Temp [°C] Durata [h:m:s] Cicli a rottura Rampa [s] Modo frattura
prova
1912_1 Nanocor 0.1 0.2 484 23 0.45.22 266 60 Duttile
1912_2 Nanocor 0.1 0.2 468 24 0.34.32 201 60 Duttile
1912_3 Nanocor 0.1 0.2 477 24 0.39.08 229 60 Duttile
2212_2 Nanocor 0.1 0.8 472 21 2.04.22 740 60 Duttile
2212_3 Nanocor 0.1 0.8 474 23 1.33.17 554 60 Duttile
2212_4 Nanocor 0.1 0.8 475 23 2.11.56 786 60 Duttile
0801_1 Nanocor 0.1 0.5 482 23 3.21.50 1205 60 Duttile
0901_1 Nanocor 0.1 0.5 478 22 2.14.55 804 60 Fragile
0901_2 Nanocor 0.1 0.2 475 24 0.48.18 284 60 Duttile
1201_1 Nanocor 0.1 0.5 483 23 1.46.37 634 60 Fragile
1301_1 Nanocor 0.1 0.35 486 24 1.12.49 431 60 Fragile
1301_2 Nanocor 0.1 0.35 488 22 1.33.57 558 60 Duttile
1401_1 Nanocor 0.1 0.35 488 22 0.49.57 294 60 Duttile
1401_2 Nanocor 0.1 0.5 459 24 1.34.20 560 60 Fragile
1501_1 Nanocor 0.1 0.35 479 21 1.47.28 639 60 Duttile
1501_2 Nanocor 0.1 0.1 483 23 0.36.03 210 60 Duttile
1501_3 Nanocor 0.1 0.1 460 24 0.25.19 146 60 Duttile
1501_4 Nanocor 0.1 0.1 466 24 0.31.44 184 60 Duttile
1501_5 Nanocor 0.1 0.1 497 24 0.40.12 235 60 Duttile
1601_1 Nanocor 0.1 0.8 483 21 1.56.53 695 60 Duttile
1901_1 Nanocor 0.1 0.9 464 20 4.06.42 1474 60 Fragile
2001_2 Nanocor 0.1 0.9 466 21 1.36.27 573 60 Duttile
2001_3 Nanocor 0.1 0.9 488 21 3.44.00 1338 60 Duttile
2201_1 Nanocor 0.01 0.1 482 22 1.45.07 61 200 Fragile
2301_1 Nanocor 0.01 0.9 486 22 3.06.07 111 60 Fragile
2301_3 Nanocor 0.1 0.1 477 24 0.49.37 292 60 Fragile
2601_1 Nanocor 0.1 0.9 460 22 3.09.47 1133 60 Duttile
2701_1 Nanocor 0.01 0.2 463 21 1.25.14 49 200 Fragile
2701_2 Nanocor 0.01 0.35 478 22 3.20.17 118 200 Fragile
2801_1 Nanocor 0.01 0.1 477 22 1.50.09 64 200 Fragile
2801_2 Nanocor 0.01 0.2 470 23 4.16.20 152 200 Fragile
2801_3 Nanocor 0.01 0.1 470 24 2.30.13 88 200 Duttile
2901_1 Nanocor 0.01 0.2 476 20 2.40.32 94 200 Duttile
2901_2 Nanocor 0.01 0.2 456 23 2.23.23 84 200 Fragile
3001_1 Nanocor 0.01 0.35 471 22 2.43.27 96 200 Duttile
Appendice B 216
Elenco prove sperimentali effettuate
Cod. Materiale ν [Hz] R Pmax [N] Temp [°C] Durata [h:m:s] Cicli a rottura Rampa [s] Modo frattura
prova
0302_1 Nanocor 0.03 0.1 468 21 1.07.20 118 120 Duttile
0302_2 Nanocor 0.03 0.1 481 21 1.30.23 159 120 Fragile
0402_1 Nanocor 0.01 0.9 472 20 1.55.30 67 200 Fragile
0402_2 Nanocor 0.01 0.9 472 22 3.57.28 140 200 Fragile
0902_1 Nanocor 0.01 0.35 481 21 4.48.29 171 200 Fragile
1002_2 Nanocor 0.03 0.2 467 22 1.50.29 195 120 Duttile
1002_3 Nanocor 0.03 0.2 480 23 2.13.48 237 120 Duttile
1202_1 Nanocor 0.03 0.35 472 21 2.09.11 229 120 Fragile
1202_2 Nanocor 0.03 0.1 476 21 1.17.41 136 120 Duttile
1702_2 Nanocor 0.03 0.35 465 22 3.34.18 382 120 Duttile
1702_3 Nanocor 0.03 0.2 481 23 2.09.48 230 120 Duttile
1802_2 Nanocor 0.03 0.9 465 23 3.36.29 386 120 Fragile
2402_2 Nanocor 0.03 0.9 472 23 4.14.59 455 120 Fragile
2502_1 Nanocor 0.03 0.35 465 21 1.59.15 211 120 Fragile
2502_2 Nanocor 0.03 0.9 474 23 5.17.28 568 120 Fragile
0303_1 PA6 2.7 0.1 0.2 379 21 0.39.10 229 60 Duttile
0303_2 PA6 2.7 0.1 0.2 374 22 0.27.55 162 60 Duttile
0303_3 PA6 2.7 0.1 0.8 384 23 0.30.55 180 60 Duttile
0303_4 PA6 2.7 0.1 0.9 378 21 0.43.48 257 60 Duttile
0303_5 PA6 2.7 0.1 0.35 384 22 0.53.58 318 60 Duttile
0303_6 PA6 2.7 0.1 0.5 380 23 0.42.42 250 60 Duttile
0303_7 PA6 2.7 0.1 0.8 376 23 0.41.08 241 60 Duttile
0303_8 PA6 2.7 0.1 0.1 383 23 0.17.54 101 60 Duttile
0303_9 PA6 2.7 0.1 0.1 379 23 0.21.56 126 60 Duttile
0403_1 PA6 2.7 0.1 0.9 385 20 0.36.47 215 60 Duttile
0403_2 PA6 2.7 0.1 0.35 390 22 0.45.03 264 60 Duttile
0403_3 PA6 2.7 0.1 0.1 387 23 0.19.42 112 60 Duttile
0403_4 PA6 2.7 0.1 0.5 390 22 1.15.42 448 60 Duttile
0403_5 PA6 2.7 0.1 0.2 387 23 0.27.21 158 60 Duttile
0403_6 PA6 2.7 0.1 0.8 395 23 0.29.06 169 60 Duttile
0503_3 Nanocor 0.03 0.9 465 22 3.14.32 347 120 Fragile
0503_4 PA6 2.7 0.1 0.35 393 21 1.00.10 355 60 Duttile
0503_5 PA6 2.7 0.1 0.5 382 23 1.35.06 565 60 Duttile
0503_6 PA6 2.7 0.1 0.9 386 22 0.30.48 179 60 Duttile
0903_1 PA6 2.7 0.01 0.2 372 22 1.11.53 41 200 Duttile
0903_2 PA6 2.7 0.01 0.2 390 23 1.08.36 39 200 Duttile
0903_3 PA6 2.7 0.01 0.2 390 23 1.11.52 41 200 Duttile
1103_1 PA6 2.7 0.01 0.8 390 21 1.13.14 42 200 Duttile
1103_2 PA6 2.7 0.01 0.8 377 23 0.59.49 34 200 Duttile
1103_3 PA6 2.7 0.01 0.8 371 22 1.41.40 59 200 Duttile
1103_4 PA6 2.7 0.01 0.1 383 22 1.01.57 35 200 Duttile
1103_6 PA6 2.7 0.01 0.1 380 23 1.08.39 39 200 Duttile
1203_1 PA6 2.7 0.01 0.1 391 22 1.56.40 68 200 Duttile
1203_2 PA6 2.7 0.01 0.35 367 23 1.10.20 40 200 Duttile
1203_3 PA6 2.7 0.01 0.35 376 22 3.30.20 124 200 Duttile
1303_2 PA6 2.7 0.1 0.65 383 22 3.23.47 1217 60 Duttile
1303_3 PA6 2.7 0.1 0.65 400 22 2.01.42 724 60 Duttile
1603_2 PA6 2.7 0.1 0.65 388 22 2.02.50 731 60 Duttile
1603_3 PA6 2.7 0.01 0.35 385 24 2.17.00 80 200 Duttile
1603_4 PA6 2.7 0.01 0.9 380 23 0.48.20 27 200 Duttile
1603_5 PA6 2.7 0.01 0.9 374 23 1.05.20 37 200 Duttile
1903_1 PA6 2.7 0.01 0.9 389 23 0.50.02 28 200 Duttile
1903_2 PA6 2.7 0.01 0.8 377 23 1.20.20 46 200 Duttile
3003_1 PA6 2.7 0.1 0.9 295 21 3.59.42 1432 60 --
Appendice B 217
Elenco prove sperimentali effettuate
Cod. Materiale ν [Hz] R Pmax [N] Temp [°C] Durata [h:m:s] Cicli a rottura Rampa [s] Modo frattura
prova
3003_2 PA6 2.7 0.1 0.9 294 23 3.41.58 1326 60 --
3103_1 PA6 2.7 0.1 0.9 336 23 7.46.10 2791 60 --
0304_1 PA6 2.7 0.1 0.9 368 23 1.41.22 602 60 Duttile
0304_2 PA6 2.7 0.1 0.9 354 23 1.00.02 354 60 Duttile
0304_3 PA6 2.7 0.1 0.9 364 24 0.41.00 240 60 Duttile
0304_4 PA6 2.7 0.1 0.9 328 23 3.00.02 1074 60 Duttile
1504_1 PA6 2.7 0.1 0.9 330 23 2.23.25 855 60 Duttile
1504_2 PA6 2.7 0.1 0.9 340 23 1.39.40 592 60 Duttile
218
Ringraziamenti
Ringraziamenti
«We are everlasting debtors to known and unknown men and women…
each morning, before we leave home for our jobs,
we are beholden to more than half the world.»
(Martin Luther King, “Strength to Love”)
Giunto al termine di questo lavoro, che rappresenta la conclusione di un capitolo importante della mia vita,
vorrei riservare un po’ di tempo, e un po’ di spazio su queste pagine, per esprimere alcuni sinceri “grazie”.
Grazie, innanzitutto, alla prof.ssa Theonis Riccò, relatore della presente tesi, per avermene proposto
l’argomento e averne delineato, sostenuto e indirizzato il lavoro.
Grazie all’ing. Francesco Baldi e all’ing. Stefano Pandini, correlatori della presente tesi, per avermi seguito
materialmente nel lavoro sperimentale e nella redazione dell’elaborato, sempre con grande scrupolosità e
con la massima disponibilità.
Grazie a Radici Novacips S.p.A. per avere gentilmente fornito i materiali utilizzati per il lavoro sperimentale,
rendendo possibile il presente lavoro.
Grazie a Gloria e Isabella, per la loro gentilezza e cortesia di fronte alle più svariate mie richieste ed esigenze
nei mesi passati in laboratorio. Grazie anche a Ricky, Silvia, Anika, Cristian, Luca, Andrea, Marzia.
Grazie a tutti i compagni di studi, con cui ho condiviso in questi anni gioia e rabbia, speranza e paura… e,
ovviamente, libri e appunti. Grazie, in particolare, a Marco, Luca, Paolo, Daniele.
Grazie a tutti i miei amici, uno per uno, ai quali devo tanto. Tantissimo.
Grazie a don Giuseppe, perché sa ascoltare. Perché con lui si mangia sempre bene . E perché sa trovarti un
buon motivo per sorridere, sempre.
Grazie a tutti coloro che non ho spazio per ringraziare (e sono tanti!), ma che in qualche modo hanno
lasciato una traccia del loro passaggio nella mia vita in questi anni. Le conservo tutte.
Grazie a Chiara, perché lei c’è sempre. Perché non si risparmia. Perché capisce tutto senza che io dica una
parola, perché mi è vicina anche quando sono insopportabile. Grazie di esserci, grazie di essere così speciale.
E infine, un immenso grazie a mamma e papà. Perché, se dovessi solo elencare i motivi per cui sono loro
infinitamente riconoscente, dovrei riempire almeno una decina di volumi come questo.
Maggio 2009