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CULTURA E PARTECIPAZIONE A MATERA: UNA PROPOSTA A BRUCIAPELO Nel tentativo di stimolare ulteriormente il dibattito gi in corso sulla promozione della

cultura a Matera in vista della candidatura a Capitale Europea e non solo in questo articolo provo a sviluppare un approccio dinamico al concetto in questione, accostando cultura e partecipazione. Propongo quindi un possibile modo per favorire contemporaneamente, nella citt dei Sassi, il soddisfacimento dei bisogni culturali e di quelli di carattere pi concreto della cittadinanza, utilizzando la cassetta degli attrezzi della democrazia partecipativa; in particolare, considero leventualit di adottare il bilancio partecipato, un processo che coinvolge in modo determinante i cittadini nellallocazione di parte delle finanze pubbliche locali. In una bella lettera di qualche giorno fa al direttore di SassiLive.it, lamico Giuseppe Cicchetti tracciava un quadro preoccupato delle abitudini culturali dei lucani, rilevando che tendenzialmente molti di loro non leggono, non si informano, non frequentano cinema e musei, sperimentano sulla propria pelle lanacronismo di un sistema in cui lofferta culturale non economicamente trainante e listruzione pubblica naviga ormai nelle secche della rassegnazione a livelli calanti di risultati e servizi. Un lettore, forse pessimista ma sicuramente attento, gli obiettava, citando Maslow, che prima di potersi dedicare al soddisfacimento di bisogni immateriali come possono essere, appunto, la lettura o in generale la partecipazione a mostre, proiezioni ed eventi di natura simile bisogna aver messo a tacere quelli di carattere pi concreto legati ad una dignitosa sopravvivenza economica. Lidea, di per s, non nuova in varie forme si trova gi in Feuerbach e in tutta la letteratura socialista, della quale di fatto uno dei postulati di fondo; allo stesso concetto ha fatto riferimento Ronald Inglehart per spiegare londata di partecipazione giovanile di fine anni Sessanta, che per la prima volta aveva per oggetto principale non rivendicazioni di carattere squisitamente material-reddituale, ma valori postmaterialisti come lautorealizzazione nella sfera privata, lespansione della libert di opinione, della democrazia partecipativa e dellautogoverno nella sfera pubblica. Quello che mi preme indicare, a partire da una simile constatazione, piuttosto che ulteriori motivi di sconforto, una strada faticosa per, come si suole dire, prendere due piccioni con una fava. Ci da cui credo si debba ripartire un approccio dinamico alla nozione di cultura; la cultura non un fatto meramente iperuranico, lintima contemplazione di un Caravaggio o lascolto della sinfonia Jupiter. Certo, a livelli elevati di fruizione anche quello; ma nel momento in cui Goebbels dichiarava Quando sento la parola cultura, imbraccio la mia pistola non era alle Affinit elettive di Goethe che stava pensando. Quello che il gerarca nazista stava involontariamente mettendo in luce lintimo legame tra cultura e praxis, tra riflessione ed azione. Le prime analisi sulla partecipazione politica nei Paesi democratici, risalenti a circa un cinquantennio fa, evidenziavano come le dimensioni del fenomeno fossero modeste, e la sua distribuzione assai ineguale allinterno della popolazione: tra gli individui maggiormente partecipi cerano coloro che si distinguevano per un grado elevato di istruzione. Nello stesso periodo, Almond e Verba individuavano sotto la definizione di cultura civica linsieme di valori (dal moderato impegno civile a lla fiducia nel proprio ambiente sociale passando per una vivace attivit politica) che ponevano le migliori basi per lo sviluppo di un regime democratico. Un decennio pi tardi, Robert Dahl sottolineava, nel medesimo rispetto, la centralit della diffusione di istruzione e strumenti di comunicazione oltre che lassenza di diseguaglianze economiche estreme. Senza alcuna pretesa di precisione, si pu affermare che alcune di queste categorie confluiscano, a livello locale e non solo, nella definizione di capitale sociale elaborata da Putnam: nel tentativo di spiegare siamo nel 1993 - il diverso rendimento istituzionale delle regioni del Nord Italia rispetto a quelle del Meridione lo studioso chiamava in causa quelle caratteristiche dellorganizzazione sociale reticoli di relazioni, norme di reciprocit, fiducia negli altri che facilitano

la cooperazione per il raggiungimento di comuni benefici. Allinterno di tale analisi rivestivano particolare importanza fattori come la presenza di associazioni, la tendenza ad informarsi sulle vicende politiche, il rifiuto di contatti personalistici con gli amministratori. Tutto questo per dire che molti elementi che potrebbero tranquillamente rientrare in una definizione ampia di cultura fanno spesso la differenza dal punto di vista politico. Osservata in questo contesto, linattivit culturale di molti lucani assume connotati allo stesso tempo pi comprensibili e maggiormente preoccupanti: essa in parte sia causa che risultato di un processo di partecipazione politica avvertito di frequente come non del tutto soddisfacente da loro stessi. Non si tratta di qualcosa che ha a che vedere direttamente con la specifica composizione di una giunta o il colore politico di una maggioranza, quanto piuttosto, per dirla con Tarrow, dellassenza di un adeguata struttura delle opportunit politiche con cui le istituzioni aprano canali di accesso che incoraggino la partecipazione dal basso. Ma, ancora, se il problema, in tempi di crisi, per molti sbarcare il lunario, come promuovere sensatamente, passando al contesto specifico di Matera, un obiettivo meritorio come la candidatura a Capitale Europea della Cultura senza passare dal livello pi basso di bisogni? Pi che impelagarsi in una soluzione in due tempi prima ampliamo sensibilmente la gamma di servizi a disposizione dei cittadini, specie quelli appartenenti alle categorie socialmente pi vulnerabili, promuoviamo poi la diffusione della cultura nelle sue tradizionali manifestazioni come festival, concerti e spettacoli o, viceversa, prima diventiamo Capitale Europea, poi attendiamo i ritorni in termini economici e sociali nel medio-lungo periodo o in unimprobabile asimmetria parafrasando Woody Allen, Siamo poveri ma colti, ma decisamente poveri - , si potrebbe forse provare ad affrontare i due aspetti contemporaneamente (posto che i contenuti che stanno emergendo nel corso della preparazione del dossier di candidatura sono spesso gi culturali in un esempio molto ampio e concreto del termine). Senza pretese di annunci profetici, n di scientificit inoppugnabile, passo a delineare quello che a mio avviso potrebbe essere un modo per centrare lobiettivo di una citt profondamente immersa in una cultura non meramente astratta, ma costruttivamente legata alle sorti della comunit. Nel suo viaggio del 1831 negli odierni Stati Uniti, Alexis de Tocqueville not come la virtuosa autonomia amministrativa di comuni e contee si basasse sullassunto che ognuno il miglior giudice di quello che lo riguarda direttamente, il pi qualificato a provvedere ai suo bisogni particolari. Chiunque abbia vissuto per qualche tempo a Matera sa bene che forse non c convinzione pi radicata di questa nella popolazione locale: come sfruttare una risorsa simile? Volendo fare una proposta a bruciapelo, uso due parole: democrazia partecipativa; per chi le trovasse troppo evanescenti, dico anche bilancio partecipato. Di cosa si tratta? Iniziamo con due definizioni: [] bilancio partecipato significa che i cittadini decidono lallocazione delle finanze pubbliche locali, soprattutto le decisioni dinvestimento. Il bilancio partecipato pu assumere forme diverse, ma generalmente un processo continuativo con numerosi incontri che comprendono una qualche forma di deliberazione spesso allinterno di un framework prestabilito. Gli incontri possono essere [] di quartiere o assemblee tematiche, possono svolgersi a porte chiuse o essere pubblici [] e vi possono essere delegati o meno. Le discussioni possono essere informali o strutturate da regole specifiche, possono o non possono essere coinvolti dei mediatori, si possono applicare misure [] per garantire la partecipazione di gruppi politicamente marginalizzati []. (Geissel 2008, 376) [] il bilancio partecipato consente la partecipazione di cittadini non eletti nellideazione e/o nellallocazione delle finanze pubbliche. Per fornire una definizione pi precisa del processo, devono essere aggiunti cinque criteri: (1) la dimensione finanziaria e/o relativa agli stanziamenti deve essere

discussa; il bilancio partecipativo comporta perci avere a che fare con il problema delle risorse limitate; (2) bisogna coinvolgere il livello [ amministrativo] cittadino [] (il livello di quartiere non sufficiente); (3) deve essere un processo ripetuto nel tempo (un unico incontro o un singolo referendum su materie finanziarie non un esempio di bilancio partecipato); (4) il processo deve includere alcune forme di deliberazione pubblica allinterno di una struttura di specifici incontri/forum []; (5) richiesta una certa accountability rispetto ai risultati. (Sintomer, Herzberg e Rocke 2008, 168). Il bilancio partecipato nasce alla fine degli anni 80 a Porto Alegre, in Brasile, dove ha po rtato migliaia di persone, specie di estrazione sociale medio-bassa, a prendere parte alla gestione di una quota delle finanze comunali con degli ottimi risultati a livello di crescita della societ civile, migliore gestione della spesa, riduzione delle pratiche clientelari ed aumento di servizi per la cittadinanza. In particolare, il sistema sperimentato nella citt carioca fondato su tre principi: democrazia popolare (assemblee cittadine in 16 distretti che, sulla base della regola una testa, un voto, individuano le priorit di spesa; discutono le linee guida per la realizzazione di politiche municipali in ambiti come istruzione, salute, cultura; eleggono i delegati che seguiranno lo sviluppo dei suggerimenti espressi), giustizia sociale (i fondi disponibili per ogni area dinvestimento vengono ripartiti tra i vari distretti considerandone il numero di residenti, il livello di infrastrutture e servizi gi presente e le rispettive priorit) e controllo dei cittadini (tramite apposite commissioni elette da loro a livello distrettuale) (Sintomer, Herzberg e Rocke 2008, 167). Ovviamente, replicare i tratti salienti di unesperienza simile in una realt molto diversa da quella sudamericana non costituisce un passaggio scontato lostacolo pi evidente sta nel fatto che la presenza di un livello nettamente superiore di servizi erogati dal settore pubblico e di una qualit della vita complessivamente pi elevata fa venire a mancare un forte stimolo alla partecipazione. Tuttavia, si tratta di difficolt tuttaltro che insuperabili: sono ormai centinaia la citt europee che ricorrono a forme di bilancio partecipato pi o meno vicine alloriginale, e dal 2012 tra d i esse vi sono tutte le amministrazioni locali del Regno Unito dove entro il 2018 bambini e ragazzi decideranno direttamente del 25% del budget loro assegnato. Un esempio per alcuni aspetti vicino a Matera quello della cittadina canadese di Guelph, di circa 115000 abitanti, che si trovata a fronteggiare, sul finire degli anni 90, forti tagli alle risorse comunali e, anche in conseguenza di questo, una crescente diseguaglianza economica (Pinnigton, Lerner e Schugurensky 2009, 461-462). E in un contesto del genere che primi esperimenti di associazionismo, volontariato e attivismo di quartiere condotti di concerto con le amministrazioni cominciano a prendere piede circa ventanni fa, fino a che il comune, visti i risultati incoraggianti, ritiene opportuno creare una struttura organizzativa formale che nel 1999 inizia ad operare propriamente un bilancio partecipato, cominciando con la gestione di una cifra assolutamente modesta e tuttaltro che difficile da reperire: 25000 dollari (Pinnigton, Lerner e Schugurensky 2009, 464-466). Alla luce di tutto questo, credo che Matera possieda alcune caratteristiche favorevoli alla sperimentazione di un sistema pi democratico di gestione della finanza pubblica: - se il bilancio partecipato esiste oggi nei piccoli paesi come nelle metropoli, Matera presenta delle dimensioni ideali in tal senso: abbastanza grande da avere una buona quantit di risorse umane cui fare ricorso in un processo simile, ma non cos grande da rendere complesso e dispendioso il coordinamento tra varie assemblee cittadine di quartiere; - posto che una delle sfide cruciali nelle iniziative di democrazia partecipativa coinvolgere i gruppi pi marginali e/o minoritari dal punto di vista socioeconomico (su questo ritorner in chiusura), Matera ha una popolazione piuttosto omogenea, con poche minoranze etniche non particolarmente numerose e

sostanziale assenza di tensioni tra queste e gli autoctoni nonch di fenomeni come limmigrazione clandestina; - negli ultimi anni, la realt associativa cittadina in forte crescita, cos come lintrapr endenza del mondo studentesco; - la presenza massiccia, percentualmente parlando, di pensionati e studenti delle scuole superiori pu fornire facilmente quel minimo di personale volontario, fornito di un po di tempo libero, necessario ad assicurare il corretto funzionamento della struttura di partecipazione; - diverse attivit promosse dal Comitato Matera 2019 stanno gi andando in direzione di un maggiore coinvolgimento della cittadinanza. Detto questo, resta da chiarire quali obiettivi lintroduzione di un bilancio partecipato permetta di raggiungere e quale sia la sua rilevanza in un discorso che miri a fondere cultura e partecipazione per andare incontro alle necessit sia materiali che immateriali della popolazione materana. Cominciamo dalle ricadute culturali: - contribuire allelaborazione di un bilancio partecipato permette ai singoli di acquisire conoscenze e sviluppare abilit che li rendono cittadini migliori; - porta a sviluppare un approccio allo stesso tempo pi critico e maggiormente realistico nei confronti delloperato degli amministratori locali, ponendo le loro scelte sotto gli occhi di tutti e chiedendo in un certo senso al cittadino di metterci del proprio nel tentativo di fare di meglio; - incoraggia (ci dicono i dati su alcuni esperimenti condotti sinora) persone lontane dalla gestione della cosa pubblica a fare la propria parte; - promuove la formazione di un clima pluralistico e di dialogo, portandoci ad ascoltare istanze diverse dalle nostre direttamente dalle parole degli interessati; - conduce alla nascita di una mentalit civica che pone le condizioni per la sperimentazione di altre forme di innovazioni democratiche, che non si limitano affatto al bilancio partecipato (Geissel 2008, 366); - consente ai cittadini di essere promotori e non semplici fruitori dellofferta culturale della propria realt locale, portandoli a scegliere tra le varie attivit in unottica comunitaria di costi/benefici ed identificandosi maggiormente con quanto alla fine sar messo in atto; - rende la popolazione stessa immediatamente responsabile per una gestione finanziaria che, dati certi vincoli di bilancio, non attribuisca sufficiente importanza allinvestimento in istruzione e cultura. Verrebbe da dire, a questo punto: belle parole, ma come la mettiamo con i bisogni materiali? Va bene gestire meglio ed insieme il bilancio, ma se le casse piangono cosa possiamo fare? Tutto questo ci conduce alle ricadute pi concrete. Premesso che queste ultime sarebbero, probabilmente, non altrettanto facili da raggiungere delle precedenti, mi vengono in mente alcune idee: - pratiche come il bilancio partecipato portano a ridurre voci di spesa eventualmente viste come sprechi agli occhi della maggioranza della popolazione, riallocando risorse preziose; - in unepoca di tagli crescenti alla macchina amministrativa locale, permettono ad essa di gestire meglio il sovraccarico di domande in una serie di attivit quali la pianificazione degli investimenti, lelaborazione di progetti di spesa e limplementazione (in determinate sue fasi) delle politiche pubbliche (contenendo in tal modo alcune voci di bilancio e liberando fondi per altri fini); - premesso che in materia fiscale lautonomia dei comuni molto limitata, i cittadini riuniti nelle assemblee potrebbero decidere di sfruttarla al massimo per promuovere, a livello locale, obiettivi di

maggiore giustizia sociale - che gli stessi amministratori locali probabilmente faticherebbero a perseguire senza una legittimazione popolare forte perch diretta; - una gestione finanziaria trasparente, sottoposta al vaglio costante dellopinione pubblica cittadina, dovrebbe tendenzialmente incoraggiare gli investimenti e le donazioni da parte di privati a cominciare da quella componente della popolazione in possesso del capitale necessario -, che potrebbero cos star certi che i loro danari avranno buone chances di produrre utili e di non andare sprecati (con questo non intendo minimamente affermare che la gestione pubblica tradizionale sia per forza sinonimo di sprechi, ma che in ambiti come questo il fattore percezione fondamentale e spesso nel nostro Paese, a torto o a ragione, la macchina pubblica viene vista come poco efficiente dai privati); - in un contesto in cui la possibilit di usufruire di fondi europei piuttosto elevata e dove invece spesso il problema sta nel riuscire a presentare, anche solo per motivi logistici e di personale, buoni progetti per spenderli avere persone disposte ad investire parte del proprio tempo su questo fronte potrebbe costituire per le amministrazioni unottima risorsa per incrementare il proprio margine di spesa. Vengo, infine, a due difficolt di carattere tecnico. In primo luogo, gi immagino lobiezione di qualche elitista che, citando lo stesso Tocqueville, potrebbe ricordarmi che il popolo, pi che ragionare, intuisce ovvero: il cittadino medio magari non sa neanche cosa sia un bilancio, figuriamoci se possa riuscire a stilarne uno. Questo mi permette di sottolineare il ruolo che il personale tecnico-amministrativo deve ricoprire per dare una possibilit di successo ad ogni esperimento di bilancio partecipato: la sua presenza nelle assemblee cittadine ha la funzione di fornire a tutti i partecipanti le conoscenze minime per procedere alla discussione allordine del giorno, senza sfruttare per questo i maggiori livelli di competenza per distorcere il processo deliberativo in direzione dei propri interessi di parte. A fronte probabilmente del sacrificio di qualche ora del proprio tempo libero, i funzionari pubblici avrebbero in tal modo la possibilit di instaurare un rapporto diretto e mutuamente vantaggioso con lutenza che altrimenti potrebbe essere difficile da instaurare. In secondo luogo, non faccio fatica a figurarmi anche lobiezione di segno ideologico opposto: il bilancio partecipato non farebbe che aumentare la partecipazione e linfluenza dei soliti noti, a scapito di una massa di cittadini sempre pi estranea ai processi di deliberazione. Per scongiurare questo rischio, basta strutturare bene il nostro esperimento democratico. Per fare qualche esempio: - la partecipazione delle madri di famiglia che nel nostro Paese ancora si fanno carico di una quantit assolutamente iniqua di lavoro domestico e cura di figli e parenti anziani potrebbe essere incoraggiata da servizi volontari di baby-sitting e assistenza alla terza et; - molte categorie, tra loro eterogenee, potrebbero beneficiare dellutilizzo di nuove tecnologie (assemblee cittadine in diretta streaming con possibilit di interazione, creazione di una community online, podcast degli incontri precedenti, schede illustrative e brevi video per acquisire il necessario bagaglio di conoscenze minime); - utile potrebbe rivelarsi la somministrazione di appositi questionari a tutta la cittadinanza; - le decisioni delle assemblee cittadine potrebbero venire sottoposte a referendum comunale; - per spingere gli studenti volenterosi a dare il proprio contributo si potrebbe fare ricorso a piccoli incentivi su beni e servizi per loro strategici, nonch provare a sviluppare un sistema sul modello di quello britannico di cui sopra (il tutto magari facendo appoggio su moduli di educazione civica curricolari svolti con un occhio alla democrazia partecipativa a livello locale);

- i componenti delle minoranze etniche statisticamente pi restie alla partecipazione sarebbero probabilmente incoraggiati dalla presenza di interpreti e mediatori culturali, oltre che, almeno nelle prime fasi, di modesti gettoni di presenza. Tutto questo per dire che, in ultima battuta, lutilit del coinvolgimento diretto dei cittadini in decisioni politiche dipende da una serie di caratteristiche della comunit locale che a me, ripeto, sembrano presenti nel nostro caso tanto quanto dalle modalit con cui tali esperienze vengono realizzate (Irvin e Stansbury 2004). Lanalisi condotta sin qui, da sola, non dimostra molto, n affronta o risolve tutti i problemi che instaurare processi di bilancio partecipato a Matera potrebbe incontrare. Tuttavia, indica credo con qualche buon argomento una strada che potrebbe valere la pena percorrere (non in esclusiva, ma necessariamente insieme ad altre che andranno o sembrano gi andare nella stessa direzione). Perch, allora, non cominciare a parlarne?

Riferimenti Geissel, B. (2008), Migliorare la qualit della democrazia a livello locale: esperienze innovative di democrazia partecipativa in Germania, Rivista Italiana di Scienza Politica XXXVIII/3, pp. 365-392. Irvin, R.A. e J. Stansbury (2004), Citizen Participation in Decision Making: Is It Worth the Effort?, Public Administration Review 64.1, pp. 55-65. Pinnington, E., J. Lerner e D. Shugurensky (2009), Participatory budgeting in North America: the case of Guelph, Canada, Journal of Public Budgeting, Accounting & Financial Management 21(3), pp. 455-484. Sintomer, Y., C. Herzberg e A. Rocke (2008), Participatory Budgeting in Europe: Potentials and Challenges, International Journal of Urban and Regional Research 32.1, pp. 164-178.

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