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e semplicità:
parenti serpenti ?
Comune di Milano
Direzione Centrale
Servizi al Cittadino Autori: Antongiulio Bua e Roberto Ferrari
12/05/2009
Sommario
Premessa ........................................................................................................................................... 3
1. Semplificazione: tappe, principi e limiti .................................................................................... 5
Semplificazione e modelli di PA .................................................................................................... 5
La semplificazione normativa ed amministrativa ......................................................................... 8
Risultati e limiti della semplificazione attuale............................................................................. 13
2. Semplificazione tra accountability e orientamento al risultato.............................................. 16
3. Una possibile alternativa: semplicità ...................................................................................... 21
Opportunità del web 2.0 ............................................................................................................. 26
4. Agenda aperta ......................................................................................................................... 29
Bibliografia ...................................................................................................................................... 31
Premessa
Il tema della semplificazione ha guadagnato negli ultimi anni una nuova centralità, sia
come formula suggestiva del dibattito politico, sia nel concreto evolversi della Pubblica
Amministrazione italiana, e occidentale in generale.
Esaminata a partire dai diversi contesti culturali e dai numerosi interventi normativi in cui
si è sostanziata, la semplificazione ha svelato due profili e, con essi, due funzioni: da una
parte la “semplificazione informativa”, tesa a ridurre la complessità (numero, ridondanza,
sovrapposizioni, contraddizioni,…) dell’impianto normativo/regolamentare per favorire
una migliore comprensione/interpretazione di quanto la PA svolge o dovrebbe svolgere
e, dall’altra, la “semplificazione economica”, ispirata dalla ragionevole attesa che
un’amministrazione più semplice sia anche più efficiente.
In questo iato allora si muove il presente white paper, suggerendo alternativi percorsi
interpretativi e proponendo una parziale revisione dei presupposti che animano il
dibattito, quanto mai attuale, sulla semplificazione.
Il capitolo 1 offre le coordinate per inquadrare il dibattito sulla semplificazione all’estero
e soprattutto in Italia, evidenziando le principali tappe degli ultimi vent’anni.
Il capitolo 3 introduce una modellizzazione del tema in analisi, introducendo le basi per
un nuovo discorso sulla semplificazione.
“Molto di lavoro di analisi, elaborazione e proposta è stato fatto a partire da quando Cassese era
Ministro della Funzione Pubblica, all’inizio degli anni Novanta. Molto è stato fatto perché le
Amministrazioni imparino a comunicare in modo comprensibile. (…) Ma il bilancio è più modesto
di come le nostre speranze di anni fa ci facevano pensare. Sono soprattutto le leggi e le norme (…)
che sono scritte maluccio. Il drafting legislativo, la redazione delle leggi sappiamo come potrebbe
e dovrebbe funzionare meglio. (…) Ben vengano tentativi in una nuova direzione. Ma questi
tentativi verranno fuori se la classe intellettuale e la classe politica vorranno lavorare per il resto
della gente, per portarla a livelli più alti. Se non lo vuole fare, non ci resterà che fare bei manuali
su come andrebbero scritte le leggi”(Tullio de Mauro)1.
Semplificazione e modelli di PA
1
Regione Toscana – Giunta Regionale (a cura di), Dalla legge alla legalità: un percorso fatto anche di parole, Atti del
Convegno 13 gennaio 2006 organizzato dalla Regione Toscana e dal Laboratorio di Linguistica Giudiziaria La.Li.Gi del
Dipartimento di Linguistica dell’Università di Firenze, marzo 2008, 25-26.
2
Un tema ancora embrionale è quello degli strumenti programmatici, sebbene la semplificazione degli strumenti di
programmazione (ad es. il P.E.G. introdotto con il d.lgs. 77/95) sia un veicolo delle medesime innovazioni ascrivibili alla
semplificazione normativa (di cui potrebbe peraltro considerarsi una fattispecie, almeno per omogeneità delle fonti) e
amministrativa.
La centralità del tema della semplificazione è testimoniata dalla sua ricorrenza a livello
internazionale, sia in relazione agli oneri amministrativi che ostacolano l’attività
economica sia alla più ampia promozione della competitività dei Paesi.
Ridurre il peso degli oneri di origine normativa ed amministrativa a carico di cittadini e
imprese è una necessità ed un obiettivo comune a tutti i paesi dell’Unione europea, alle
Istituzioni comunitarie e agli Stati membri dell’OCSE. È, del resto, una delle priorità poste
della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, che ha fra i suoi obiettivi
qualificanti la creazione di un contesto normativo favorevole all’investimento,
all’innovazione e all’imprenditorialità. Tali ambizioni non nascono in maniera isolata, ma
si inquadrano in un processo di trasformazione molto più ampio, che investe da tempo la
Pubblica Amministrazione.
Alla fine degli anni ’70 il modello tradizionale di amministrazione, pressato dalle
dinamiche economiche in atto, faticava a rispondere tempestivamente alle esigenze sia
interne (articolazione interna, funzioni, missione) che esterne (relazioni con il territorio e
gli stakeholder in genere) che gli shock petroliferi avevano accentuato. Si è così venuta
avvertendo la necessità di una riorganizzazione in senso moderno dell’apparato
amministrativo, configurando un assetto progressivamente più snello e attento ai bisogni
del cittadino e delle imprese.
È proprio in questo contesto che si inserisce il vasto programma di riforme che ha
investito le P.A. dei principali paesi industrializzati, definito New Public Management
(d’ora in poi NPM), in risposta alla crisi economico-istituzionale di fine anni ’70 3. La
nuova concezione della P.A. si è espressa principalmente nelle riforme dei governi
Thatcher e statunitensi, che più degli altri avevano sofferto della recessione economica.
In particolare, nel NPM sono confluite diverse tendenze che è possibile sintetizzare4 nella
necessità di un taglio alle spese, nel ricorso al contracting out, nell’introduzione della
3
MC LAUGHLIN K., OSBORNE S., FERLIE E., New Public Management: Current Trends and Future Prospects, Routledge,
London 2002; FERLIE E., ASHBURNER L., FITZGERALD L., PETTIGREW A., The new Public Management in Action, Oxford
University Press, New York 1996; MENEGUZZO M., Ripensare la Modernizzazione Amministrativa e il New Public
Management. L’esperienza Italiana: innovazione dal basso e la governance locale. In Azienda Pubblica, n. 6, 1997;
HOOD C., The “New Public Management” in 1980s: variation on a theme, in Accounting Organization and Society vol.
20 n. 2, 1995.
4
GRUENING G., Origini e Basi Teoriche del New Public Management, in Azienda Pubblica n. 6, 1998
competizione per il settore pubblico, nella crescente importanza della separazione tra
livello politico e amministrativo e soprattutto nella necessità di misurare le performance
e di introdurre sistemi di pianificazione e controllo strategico. Quello che emerge dal
quadro internazionale è che il NPM opera una sorta di “rottura delle modalità di
funzionamento delle organizzazioni pubbliche”5 ponendone soprattutto in discussione
l’esclusività della gestione dei servizi pubblici alla P.A.
In Italia le logiche di NPM sono state introdotte con circa 10 anni di ritardo rispetto agli
altri Paesi, attraverso l’emanazione di provvedimenti normativi con lo scopo di
modernizzare e semplificare la P.A. italiana.
Ambizione comune ai diversi interventi normativi (vedi infra) è stato, in coerenza coi
principi di efficienza, efficacia ed economicità prescritti dal nuovo paradigma (NPM), il
ridimensionamento dell’apparato pubblico attraverso forme di liberalizzazione,
privatizzazione, decentramento e orientamento al risultato.
A questa traiettoria di sviluppo per così dire interna si è accompagnata la
riconfigurazione degli assetti dello Stato, imperniata sulla progressiva
responsabilizzazione degli enti così come dei dirigenti, ponendo le basi per l’introduzione
di meccanismi e strumenti di accountability (Hinna & Monteduro, 2005).
Le esigenze di trasparenza e controllo delle risorse avviano per l’amministrazione
pubblica italiana una stagione di interventi mirati a rafforzare le relazioni con i portatori
di interesse (cittadini e imprese, soprattutto), secondo una configurazione che da un lato
concorre all’attuazione dell’indirizzo politico mediante “l’esercizio dei poteri formali e/o
informali con l’obiettivo di creare consenso attorno a determinate scelte”6 (Cepiku, 2005)
e dall’altro contribuisce allo sviluppo di uno statuto autonomo delle aziende pubbliche
(Borgonovi, 1996).
La semplificazione, pertanto, collocandosi, fin dall’inizio di questa stagione di riforme, al
centro dell’attenzione del Legislatore, ha assunto, seppur con tempi e intensità diverse, il
duplice ruolo di catalizzatore dei processi di aziendalizzazione della PA (ispirata ai principi
di efficienza ed efficacia) e di driver dell’accountability, esprimendo quel desiderio di
5
MENEGUZZO M, Managerialità, Innovazione e Governance: la P.A. verso il 2000, Aracne, Roma, 1999.
6
CEPIKU D., Governance: riferimento concettuale o ambiguità terminologica nei processi di innovazione della PA?, in
Azienda Pubblica n. , 2005
intelligibilità che la cittadinanza, così come il mondo imprenditoriale, avvertivano come
fondamento della fiducia verso il governo, locale e centrale.
Se in linea con il primo significato la semplificazione ha perseguito l’obiettivo di
concorrere ad una maggiore efficienza della PA (riduzione dei costi), l’apertura ai soggetti
esterni ha enfatizzato la necessità di “rendere più semplici, più trasparenti, più affidabili i
rapporti con l’utenza”7 e al contempo il valore della consultazione come “principio di
partecipazione trasparente e democratica“8.
La L. 241/909 dà il via, in Italia, alla stagione delle riforme della P.A., in cui assume un
peso sempre crescente il principio guida della semplificazione amministrativa (il Capo IV
della legge è intitolato infatti “Semplificazione dell’azione amministrativa”). Seguono, tra
i principali provvedimenti sul tema in esame, la L. 537/9310 e soprattutto la successiva L.
59/9711 (la c.d. Bassanini 1), che costituiscono un vero punto di svolta per le politiche di
semplificazione, cui si innesterà indirettamente la riforma del titolo V della Costituzione
(offrendo al tema della semplificazione concertata12 il forte richiamo alla sussidiarietà
orizzontale).
Sintetizzando, la dottrina specialistica ha individuato tre fattispecie di istituti di
semplificazione (Cerulli, Luciani, 2000):
1. Delegificazione: si è tradotta nella promozione del regolamento in cambio della
legge per la disciplina dell’attività e dell’organizzazione amministrativa (c.d. de
quotazione). In questo contesto va ricordata la già citata legge n. 59/1997 in cui
veniva introdotto il meccanismo della legge annuale di semplificazione (art. 20),
mediante il quale il tema in esame passava da episodico a strutturale.
7
TESTA P., CALDAROZZI A., La semplificazione amministrativa: un tema in continua evoluzione, Anci Ricerche, 2007
8
D’AMBROSIO A., PETA F., La semplificazione tra Stato, Regioni e Autonomie Locali. Il caso della legge 241/90,
QUADERNI FORMEZ, 2006
9
L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi.
10
L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.
11
L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la
riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
12
Si veda infra.
2. Liberalizzazione: pur riguardando una più ampia revisione del ruolo dello Stato
nell’economia (si veda supra), la liberalizzazione in ambito amministrativo ha
significato soprattutto l’apertura a procedure di iniziativa privata, come ad es. la
denuncia di inizio attività e la procedura del silenzio-assenso (artt. 19-20 della
legge 241/1990). Al di là della disciplina di settore (più volte rimaneggiata fino ai
giorni nostri), è importante rilevare che la liberalizzazione ha capovolto la logica
secondo cui era la PA a disporre degli unici poteri di abilitare/valutare una pratica,
introducendo un ruolo attivo e in parte sostitutivo del privato.
3. Efficienza dei procedimenti: l’art. 1 della legge 241/1990 ha sancito il divieto di
aggravamento del procedimento “se non per straordinarie e motivate esigenze
imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”. Aspetto interessante della legge
(confermato anche nei provvedimenti successivi) è il riconoscimento del valore
della certezza dei tempi circa la conclusione del procedimento13 (art. 2 l.
241/1990). “La tematica dei tempi procedimentali è una voce importantissima
per la compiuta realizzazione della semplificazione amministrativa: tempi certi di
avvio e di chiusura, sottraggono il procedimento a pericolose incertezze ed
ingiustificati ritardi, ed il loro effettivo rispetto da parte delle Amministrazioni
costituisce un elemento fondamentale per valutare in concreto l’efficienza della
medesima Amministrazione di soddisfare gli interessi e i bisogni dei cittadini”
(Cerulli Irelli e Luciani, 2000).
Dalla previsione normativa della legge 241/1990 numerosi sono stati gli interventi
susseguitisi (dalle leggi n. 15 e 80 del 2005 ai recenti decreti-legge 112 e 200 del 200814),
anche in relazione al mutato assetto giuridico di riferimento (il diritto dell’Unione
Europea) confermando i principi sanciti nell’ondata riformatrice degli anni ’90 e
rafforzando alcuni aspetti particolari, come ad es. il principio della proporzionalità
dell’azione amministrativa, secondo cui (nella prospettiva comunitaria) la semplificazione
13
La l. 59/1997 ha introdotto – art. 17 c. 1 lett.f) – anche il riconoscimento di un indennizzo per i casi di mancato
rispetto del termine del procedimento.
14
Si veda il sito del Ministero della Funzione Pubblica per un elenco esaustivo ed aggiornato: www.funzionepubblica.it .
si traduce anche nel divieto di limitare, se non nei casi di stretta necessità, la libertà dei
privati, da parte delle pubbliche amministrazioni15.
La stessa articolazione delle competenze è cresciuta nel tempo, al crescere dei
provvedimenti e dell’importanza che il tema della semplificazione assumeva nel corso
degli anni. A partire dalla seconda metà degli anni ’90, in effetti, la politica di
semplificazione assume una configurazione organica con la legge n.59 del 1997 e le
successive leggi annuali (n.50 del 1999; n. 340 del 2000; n.229 del 2003 e n.246 del
2005).
Nel 2006 il Governo si è dotato di una “cabina di regia” per l’indirizzo e la guida strategica
delle politiche di semplificazione e qualità della regolazione, con la creazione del
Comitato interministeriale (istituito dal decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4 - convertito,
con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80), che ha il compito, con il supporto
dell’Unità per la semplificazione (istituita dal d.l. 18 maggio 2006 n. 181 - articolo 1,
comma 22-bis - convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 17 luglio 2006, n.
233), di predisporre il Piano d’azione per la semplificazione che definisce gli obiettivi del
governo e le azioni per realizzarli. E’stato, inoltre, istituito il Tavolo permanente per la
semplificazione (D.P.C.M. 8 marzo 2007) quale sede stabile di consultazione degli
stakeholders.
Con l’articolo 25 del D.L. n. 112/2008 viene sancito un impegno che è direttamente
vincolante per le sole amministrazioni statali, mentre per le amministrazioni regionali è
necessario intraprendere la procedura di adeguamento dettata dall’articolo 20-ter delle
legge n. 59/1997, aggiunto proprio dalla legge annuale di semplificazione per il 2005.
In sede di Conferenza Unificata, il 29 marzo 2007, è stato sottoscritto un accordo (ai sensi
dell’articolo 9, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) in
materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione. Con
questo accordo, anche gli enti regionali hanno sottoscritto lo stesso impegno di
riduzione, seppur non ci sia stata molta chiarezza sui livelli normativi di intervento
15
Sul tema si veda in particolare Sandulli A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, Milano, 1998.
(lasciando intendere, data la natura settoriale degli interventi, che contribuiranno al
lavoro sul livello centrale16).
L’aspetto più rilevante degli ultimi interventi in tema di semplificazione è riscontrabile
nell’obiettivo di ridurre il peso della PA per le imprese. Tramite l’articolo 25 del D.L. n.
112/2008 il Governo ha impresso una decisa accelerazione al processo di riduzione degli
adempimenti ai quali sono soggette le imprese in relazione a determinati disposizioni di
legge o di regolamento statali. Il comma 1 dell’articolo prevede, infatti, su proposta del
Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e di quello per la
semplificazione normativa, l’approvazione di un programma per la misurazione degli
oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi relativi alle materie riconducibili
alle competenze dello Stato, al fine di pervenire alla riduzione di detti oneri, entro il 31
dicembre 2012, nella misura minima del 25 per cento. Tale impostazione discende
direttamente dagli obiettivi fissati in sede internazionale, in special modo dalla
Commissione Europea.
Box n. 1: oneri amministrativi e ESCM
Il target proposto dalla Commissione consiste nel raggiungere, entro il 2012, la riduzione
del 25% degli oneri amministrativi (sulla base della misurazione dei c.d. costi informativi,
valutati con l’applicazione dello “European Standard Cost Model”) nei settori scelti dalla
Commissione stessa. È una sfida molto impegnativa, che richiede la partecipazione di
tutte le amministrazioni centrali, periferiche e delle autonomie territoriali, con il
coinvolgimento delle parti sociali, alla stregua della c.d. “dimensione multilivello” della
policy di better regulation17. In base alle stime della Commissione europea, l’obiettivo
congiunto di ridurre gli oneri amministrativi – discendenti dalla legislazione comunitaria e
dalle normative nazionali – del 25% entro il 2012 potrebbe portare ad un aumento del
1,4% del prodotto interno lordo europeo, e cioè a 150 miliardi di euro nel medio periodo.
Gli interventi mirano, sotto un primo profilo, all’avvio di un’attività di misurazione e
riduzione degli oneri derivanti dagli “obblighi informativi” a carico dei privati (ad es., la
compilazione di moduli, la tenuta di registri, etc.), secondo le guidelines adottate in sede
16
Si veda Sarcone V. (2009).
17
Si veda in proposito il sito internet http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/admin_costs_en.htm.
europea, che sono tutte incentrate sulle sole Information obligations. Secondo le
conclusioni del citato Consiglio Europeo, è infatti soltanto su questo tipo di oneri che
andrà computata la percentuale del 25% da ridurre entro l’anno 2012.
Sotto un secondo profilo, il governo italiano18 è consapevole che non si può limitare una
politica di semplificazione ai soli obblighi di informazione, per cui si prevedono anche
interventi volti alla riduzione di adempimenti amministrativi di altro tipo (ad es., tramite
la effettiva sostituzione di provvedimenti espressi con meccanismi di d.i.a. e di silenzio
assenso, o mediante la semplificazione del sistema dei controlli), nonché al
contenimento dei costi dell’Amministrazione, anche attraverso un più efficiente impiego
delle risorse umane e strumentali disponibili.
18
Si veda il già citato Piano di Azione, www.funzionepubblica.it.
19
G. Coco, “La misurazione degli oneri amministrativi tramite Standard Cost Model”, in Economia Pubblica, fascic. 1-2,
Franco Angeli, 2007.
In ultimo preme ricordare che il 22 dicembre 2008 è stato emanato il decreto-legge n.
200 concernente misure urgenti in materia di semplificazione normativa. Al decreto sono
allegate due tabelle, la prima contenente l’elenco delle disposizioni normative che si
intendono abrogate e la seconda contenente le norme, al contrario, che devono ritenersi
ancora in vigore nonostante la loro precedente inclusione all’interno dell’allegato -A- al
D.L. n. 112/2008.
Il D.L. n. 200/2008 conferma, inoltre, la volontà del Governo di procedere ad
un’abrogazione espressa ed inequivocabile dei provvedimenti legislativi vetusti o non
ritenuti indispensabili. Vengono definitivamente ed espressamente abrogati 28.889
provvedimenti legislativi risalenti all’ordinamento pre-costituzionale (dunque, emanati in
data anteriore al 31 dicembre 1947) su un totale di 31.000 provvedimenti dello stesso
periodo.
20
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Reviews of Regulatory Reform, Regulatory
Reform in Italy, Rapporto sul sistema di governo e di regolazione e sulle riforme amministrative in Italia; marzo 2001, p.
72. Viene, in particolare, sottolineata la riduzione di più del 50% del numero dei certificati emessi dalle pubbliche
amministrazioni fra il 1996 e il 2000, mentre alle pp 80-81 si evidenziano i risultati prodotti dall'autocertificazione e
dallo sportello unico per le imprese, indicati come le "best practices" italiane.
Certamente nonostante i successi (OECD, 2001) registrati per l’Italia, è opportuno
ricordare che ancora c’è molto da fare: la semplificazione è un processo, difatti, non un
evento21.
Quali i limiti attuali riscontrabili?
Dal punto di vista del rapporto PA-utenti (cittadini e imprese), gli interventi normativi
evidenziano alcuni “limiti” di impostazione, residuo di un orientamento della PA alla
trasparenza e alla legittimità, piuttosto che al risultato.
- Intendere la semplificazione un percorso top-down: come spesso si rileva in Italia,
alla lungimiranza delle norme non è subentrata un virtuosismo delle pratiche,
sicché, nonostante interessanti casi nel Paese, la semplificazione non si è
consolidata come obiettivo e metodo costante dei diversi organi di livello, degli
operatori sul campo22. Il limite principale che tale andamento dimostra è quello
dell’attesa di indicazioni dai livelli istituzionali superiori, secondo uno schema
verticale che nega o almeno non valorizza il confronto multilivello che ispira le
norme sulla semplificazione.
- Intendere la semplificazione un percorso oggettivo: come la frase del prof. De
Mauro in apertura dimostra, non esiste una complessità in assoluto e tantomeno
una semplicità oggettiva, ragione per cui la semplificazione ha mostrato il limite di
considerare i propri strumenti a utente costante, ovvero a parità di condizioni dei
cittadini e delle imprese. In realtà ciò che è semplice dipende inevitabilmente,
seppur in maniera diversificata secondo l’oggetto della semplificazione, dal
destinatario del servizio; qualunque progettazione che non consideri la
soggettività dei destinatari degli interventi (normativi e organizzativi), risulta
21
La World Bank pubblica annualmente un rapporto concernente l’onerosità dei costi dovuti alle incombenze
burocratiche dettate dagli ordinamenti giuridici dei diversi paesi presi in considerazione denominato “Doing business”
(v. www.doingbusiness.org). Il “Doing business” 2009 si riferisce allo studio di 181 economie. Nel rapporto 2009, l’Italia
passa dal 59° al 65° posto tra i paesi presi in considerazione in ordine alle «difficoltà» di procedere all’espletamento di
particolari attività quali, tra le altre, l’inizio di un’attività d’impresa, l’ottenimento del credito, il rilascio di permessi per
costruire immobili, la registrazione di proprietà, il pagamento delle tasse. In tale ultimo «campo» d’indagine preso in
considerazione, l’Italia risulta essere al 128° posto, le Maldive sono al primo posto, El Salvador al 126°, il Regno Unito al
16°. Sebbene i criteri di redazione del “Doing business” possano essere opinabili o, quanto meno, oggetto di necessaria
interpretazione, tale rapporto indica, senz’altro, la necessità di provvedere ad un rapido miglioramento della
condizione italiana.
22
Su questo punto pesa inevitabilmente la disomogeneità della norma (tra i livelli centrali e periferici dello Stato),
mitigata solo con la già citata Conferenza Unificata del 29 marzo 2007, in cui è stato sottoscritto dalle Regioni un
accordo in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione.
indebolita alla base, perché potrebbe incidere poco o per nulla sul destinatario
dell’intervento.
- Intendere la semplificazione solo come introduzione di nuovi elementi o riduzione
di passaggi: la ricognizione della normativa ha evidenziato come la
semplificazione si sviluppi sempre a partire dall’esigenza di “ridurre”, di
“alleggerire”, trascurando, sul versante delle applicazioni pratiche, che i medesimi
obiettivi della semplificazione possono essere raggiunti senza innovazioni
normative e senza riduzioni/semplificazioni cognitive.
Per comprendere meglio in che modo i limiti della semplificazione possono offrire un
interessante terreno di confronto per la PA di oggi in tema di semplicità è necessario
soffermarsi sulle due principali sfide che la pubblica amministrazione fronteggia e in cui è
possibile rintracciare le fonti di un nuovo ruolo/azione della PA in tema di
semplificazione: accountability e orientamento al risultato.
2. Semplificazione tra accountability e orientamento al risultato
Diversi sono gli schemi culturali che la semplificazione può contribuire a tradurre in
concrete azioni di supporto agli utenti, cittadini e imprese.
A nostro avviso appaiono di particolare significato nell’attuale contesto delle interazioni
tra PA e territorio i principi dell’accountability e dell’orientamento al risultato. Questi
infatti costituiscono non solo una costante dell’azione pubblica a diversi livelli e intensità,
ma riflettono anche un rinnovato profilo degli enti pubblici, del loro ruolo così come delle
relazioni con cittadini e imprese. A partire da questi due principi è possibile introdurre
nuove logiche di funzionamento, che scavalchino i limiti rintracciati in precedenza e
aprano la strada a sperimentazioni e innovazioni nel segno di una relazione snella con
l’utenza.
23
Hinna e Monteduro, Nuovi profili di accountability nelle P.A. Teoria e strumenti, QUADERNI FORMEZ, Roma 2005
24
L’esempio propone anche una riflessione sull’orientamento della semplificazione, che difatti è tema intimamente
connesso all’accountability. Nell’esempio del certificato di iscrizione anagrafica, la riduzione dei passaggi back office
potrebbe non ottenere (per ragioni indipendenti dal b.office ma determinanti per il risultato finale) una riduzione dei
tempi allo sportello.
come principio guida (e come criterio di filtro/selezione tra le opzioni) quelle alternative
che valorizzano proprio la comunicazione esterna e la responsabilizzazione interna,
integrando quindi le esigenze di semplificazione (riduzione della complessità
interpretativa o logistica) con l’analisi dei fabbisogni esterni ed interni.
Si potrebbe optare, a mero titolo di esempio, per una semplificazione logistica (riduzione
del n. di uffici da cui il cittadino-utente deve passare per presentare la documentazione
necessaria alla pratica) e/o informativa (predisposizione di kit informativi per categorie di
soggetti in difficoltà, es. i cittadini immigrati).
È pertanto in veste strumentale che la semplificazione, più che un obiettivo, rappresenta
il mezzo per il quale aumentare i livelli di trasparenza e partecipazione della PA:
semplificazione, trasparenza e partecipazione del cittadino rispondono quindi
concretamente all’esigenza di accountability della moderna PA, attuando gli indirizzi della
“buona” governance pubblica25. Sfiorando un tema assai ampio e complesso, si può
quindi affermare che la semplificazione può costituire un principio guida dell’azione
pubblica nel suo insieme, cui conformare i processi di pianificazione, implementazione,
controllo e valutazione degli interventi/programmi. Un’azienda pubblica accountable è
pertanto chiamata a declinare la propria struttura e i propri meccanismi di
funzionamento secondo la massima trasparenza e inclusione (intesa anche come
capacità di contemperare esigenze diverse). Pur collocandosi ed esprimendo il suo
maggiore valore a livello operativo (rapporto con l’utente finale, cittadino o impresa), la
semplificazione investe direttamente, per le ragioni su esposte, il controllo strategico
degli enti, perché teso a verificare il raggiungimento dei risultati prefissati, supportando
l’indirizzo politico nella definizione degli obiettivi da perseguire (in termini
metodologici)26.
25
PUMA/OECD, Strategy for OECD statement on governance, 2001; COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE, La
Governance Europea. Un Libro Bianco. Bruxelles, 2001
26
HINNA L., MENEGUZZO M., MUSSARI R., DECASTRI M., Economia delle aziende pubbliche, McGraw-Hill, Milano 2005.
l’accountability, l’orientamento al risultato costituisce un presupposto costitutivo della
semplificazione, nella misura in cui capovolge la traiettoria tradizionale della
“delegificazione”, come processo indipendente dal risultato. L’orientamento al risultato,
così come elaborato dapprima in forma di derivazione dal settore privato e poi sviluppato
in forma specifica (Borgonovi, 1996), prescrive un cambio di rotta evidente: la riuscita
degli interventi di semplificazione non è commisurata solamente al numero di norme
adottate o soppresse, ma all’effettiva riduzione degli oneri e dei tempi burocratici per i
cittadini e per le imprese.
Il processo di aziendalizzazione ha reso le P.A. più consapevoli della propria missione,
cioè il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini, attraverso l’introduzione di meccanismi
tipici del settore privato riadattati al particolare contesto pubblico come i meccanismi di
tipo mercato, l’introduzione di logiche di concorrenza (pubblico-pubblico, ma anche
pubblico-privato), e soprattutto con l’introduzione di strumenti di misurazione e
controllo delle performance e delle attività poste in essere. Se il perseguimento dei
criteri di efficienza, efficacia ed economicità è un fine ormai condiviso da tutte le
organizzazioni pubbliche, il principio della semplificazione diviene il mezzo attraverso il
quale poter raggiungere tali obiettivi.
L’orientamento al risultato traduce pertanto sinteticamente le ambizioni sottese alla c.d.
“lean manufacturing”, nata in ambito privato (Womack, Jones, Roos, 1990), mirante a
minimizzare gli sprechi per ottimizzare il valore per l’utente.
Utilizzare un approccio lean (snello) significa quindi riconfigurare la propria struttura
organizzativa per tagliare i costi di tutte quelle attività che non creano valore per
l’utente, cittadino o impresa. Traslando i principi della “lean manufacturing” nel contesto
pubblico, si può quindi affermare che gli enti pubblici sono chiamati a (Marchitto, 2009):
- Individuare i generatori di valore per il cliente
- Identificare il flusso di creazione del valore
- Realizzare le attività e far scorrere il flusso
- Lasciare che sia il cliente a “tirare” (pull) il processo
- Tendere alla perfezione.
Non c’è lo spazio per affrontare tutti i punti sollevati dall’adozione di un approccio di
questo tipo nella PA, su cui peraltro pesano due vincoli apparentemente incomprimibili:
un modello organizzativo frammentato (e non sistemico) e la complessità normativa che
rende comunque “pesanti” i processi (a tutela dei principi di trasparenza, universalità e
legittimità dell’azione pubblica).
Appare però interessante evidenziare alcune ricadute di un approccio fondato sul valore
per l’utenza, in termini di scorrimento della semplificazione (nell’atto del semplificare, in
senso logico e metodologico). Una PA orientata al valore, tesa alla semplificazione come
riduzione dei fattori di disturbo a tale creazione del valore, è chiamata a presidiare alcuni
punti fondamentali (Marchitto, 2009):
- Centralità delle persone e del servizio (non della struttura e delle prestazioni
passate)
- Cooperazione con gli stakeholder per ottenere risultati di valore (allentando e
alleggerendo la produzione diretta di tutto ciò che serve all’utente)
- Integrazione tra le PA (superando, in termini di servizio, i confini organizzativi e
amministrativi esistenti)
- Realizzazione di assetti organizzativi specifici (secondo il modello che massimizza
il valore e non solo secondo un principio di omogeneità tra gli enti)
- Coinvolgimento e motivazione delle persone27.
In sintesi, in un contesto socioeconomico che cambia repentinamente, in cui i bisogni
sono sempre meno omogenei e l’attesa di personalizzazione dei servizi è massima, la
semplificazione esprime e traduce il bisogno di cambiamento della PA verso una capacità
di reazione superiore28. Nel settore pubblico tutto ciò è complicato dalla mancanza di
competizione che, nel settore privato fa spostare il consumatore da un’azienda ad
un’altra, ma non solo. La resistenza al cambiamento costituisce il peggior freno della
semplificazione, intesa come strumento per la creazione del valore, riducendola a mera
sintesi normativa o formale riconfigurazione dei processi (Hinna A., 2009).
27
Per una rassegna critica di casi studio si veda il testo di Marchitto F., La strategia del valore nella Pubblica
Amministrazione, Franco Angeli, Milano, 2009.
28
Si veda in particolare TURATI C., L’organizzazione semplice. La sfida alla complessità inutile, EGEA, Milano 1998;
3. Una possibile alternativa: semplicità
Semplificazione (Offerta) - S
A Hp Domanda costante - C
Tempo
Fonte: ns elaborazione
29
In questa modelizzazione si assume una centralità dell’informazione, come nucleo dell’azione pubblica. Parafrasando
Paul Watzlawick vale quindi l’assioma secondo cui “ogni azione pubblica ha valore di messaggio, con la peculiarità di
non presentare un suo opposto, ossia una non azione”. Watzlawick Paul; Beavin J. H.; Jackson D. D. Pragmatica della
comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, 1971.
30
La marginalità è ipotetica e rispecchia una difficoltà crescente a ridurre i fattori di complessità, a causa di ragioni
endogeni (rigidità sempre più difficili da individuare o abbattere) o esogene (resistenza al cambiamento).
diversi, la profondità della comunicazione pubblica, la legittimità e la trasparenza degli
atti assunti, obbligano a ripensare il processo di semplificazione, riconoscendo e
includendo una diversa funzione della domanda.
Grafico n. 2 – La relazione della semplificazione “innovativa”
Complessità informativa/operativa
Capabilities (Domanda) - D
B
Semplificazione (Offerta) - S
Hp Domanda costante - C
Tempo
F
onte: ns elaborazione
Nel grafico precedente la domanda costante (retta C) viene sostituita dalla curva D, la cui
crescita31 può incontrare l’offerta di informazioni32 ad un livello più alto della retta C
(punto A nel grafico n.1), generando un plusvalore per la PA, ottenendo cioè il risultato di
un utente informato, consapevole e contemporaneamente di un servizio adatto alle
esigenze, cioè orientato al risultato, senza pagare il prezzo della riduzione di informazioni
(o della varietà di un servizio erogato).
In questo ultimo senso, semplificare l'azione amministrativa vuol dire allora cercare di
raggiungere l'obiettivo fissato dalle norme con modi diversi in quanto più semplici ed
efficienti di quelli tradizionali; in altri termini, vuol dire non rimanere prigionieri delle
tradizioni e fare ricorso alla fantasia per cercare e trovare vie nuove.
31
Si ipotizza una marginalità decrescente per via di limiti cognitivi dell’utenza.
32
Secondo quanto chiarito in precedenza, di beni e servizi.
Il modello tratteggiato in precedenza, a solo scopo chiarificatore, non intende costituire
una ricetta tout court per la semplificazione nella PA, ma intende suggerire un’area di
sviluppo, ricca di traiettorie innovative, che rimandano al significato di semplicità, senza
passare esclusivamente per la “semplificazione”, così come è stata intesa finora.
Il termine “semplice” deriva dal latino simplex, numerale moltiplicativo, composto di
sem, una volta, e plectere, intrecciare, cioè intrecciato una sola volta (Devoto Oli). Da
subito la definizione rivela il suo limite costitutivo: semplice per chi? Quello
dell’importanza degli stakeholder è un tema assai dibattuto, ma di certo la costante e il
metro dei servizi pubblici è certamente il cittadino-impresa. Mentre la semplificazione si
preoccupa di sfilacciare, districare e riconfigurare il complesso dell’offerta, la semplicità
richiama al ruolo imprescindibile dell’utente: non esiste il cittadino medio rispetto ai
servizi, esistono tanti utenti quanti sono i cittadini.
Una volta compresa l’importanza del cittadino (della sua struttura delle preferenze e del
suo livello di governo della complessità), è necessario comprenderne il ruolo.
PARTECIPAZIONE
EVOLUZIONE AMBIENTE ESTERNO PA
CONSULTAZIONE
relazione bidirezionale nella quale i
cittadini offrono un ritorno
d’informazione all'amministrazione.
INFORMAZIONE
relazione unidirezionale nella quale
l'amministrazione produce e fornisce
informazioni destinate ai cittadini.
-
Fonte: F. Monteduro, L. Hinna, (2005), Nuovi profili di accountability delle Amministrazioni Pubbliche. La
rendicontazione sociale ed il controllo strategico nelle regioni e negli enti locali.
33
Il tema è ovviamente ampio e la relazione tra capacità di governo della complessità e soddisfazione può essere
indagata anche includendo le capabilities nella soddisfazione. Nell’approccio adottato in questo lavoro, tuttavia,
appare riduttiva tale inclusione nell’indistinto spazio della “soddisfazione”, soprattutto nella misura in cui trascura
proprio l’innovazione più significativa: il ruolo di fornitore, a complessità crescente, dell’utente-cittadino.
- La semplicità è un concetto soggettivo e tale dev’essere la semplificazione (non
può esistere soltanto una semplificazione oggettiva, di riduzioni e accorpamenti,
ma questa deve articolarsi per segmenti e addirittura per persone o imprese).
Dal punto di vista tecnologico non vi sono enormi differenze tra Web 1.0 e Web 2.0, ma
ciò che cambia è proprio l’approccio nuovo alla rete e la sua modalità di utilizzo. Infatti
l’utenza non si limita a leggere i contenuti della pagina Web, ha la possibilità di crearne di
nuovi, ma soprattutto di modificare quelli già esistenti, mediante il progressivo uso di
applicazioni web (quindi non installati sulle macchine di chi ne fa uso). Si instaura così
una rapporto di maggiore continuità tra utenti online, nella misura in cui si interagisce
pienamente con il mondo online, modificando il proprio spazio vitale in rete. In sintesi:
nel web 2.0 gli utenti non usano il web, lo fanno34.
Per la PA il crescente ruolo attivo degli utenti in rete costituisce la grande opportunità di
un maggiore coinvolgimento dei cittadini al fine di:
- Ridurre il costo informativo per la PA di progettare cose utili per i cittadini (gli
utenti-cittadini rivelano le loro esigenze personali e stabiliscono un ordine
personale di priorità per l’azione pubblica)
- Instaurare una relazione di fiducia che abbatte i costi informativi, riduce le
asimmetrie informative (a beneficio di entrambe le parti) e costituisce la base per
sperimentazioni congiunte.
Considerando più in generale lo sviluppo tecnico degli ultimi anni è possibile distinguere
due aree di innovazione per la PA: da un parte l’evoluzione tecnologica del ICT e dall’altra
le opzioni aperte dal web 2.0.
34
Daniele Simonin, Il Web 2.0 - http://www.melodycode.com . Si rimanda al medesimo articolo per un
approfondimento sulle caratteristiche del Web 2.0. Tra le pubblicazioni cartacee si segnala DI BARI V. (a cura di) Web
2.0. Il Sole 24 Ore, 2007. Per il caso specifico della PA si segnalano MARCHITTO (2009), op. cit. e il materiale disponibile
sul sito del CNIPA: www.cnipa.gov.it.
Con riferimento al primo ambito di intervento, basta richiamare le potenzialità e le prime
applicazioni di due modalità di interazione PA-cittadini: l’M-Government e il T-
Governement.
Sotto il profilo del web 2.0 il ruolo degli utenti appare ancora più marcato, nella misura in
cui le nuove applicazioni del web 2.0 consentono allo stesso tempo “comunicazione” da
parte della PA e “partecipazione” da parte degli utenti, qualificandosi pertanto come veri
driver del cambiamento nella PA. Tale relazione presenta almeno tre aree di particolare
interesse per la PA.
35
Carta Nazionale dei Servizi.
specifici, wiki)
Condivisione e selezione La complessità può ridursi a
dei contenuti partire dalla
disaggregazione e
riaggregazione dei
contenuti, delle relazioni
L’utente segnala e
tra i prodotti/servizi della
condivide le informazioni e i
PA ad opera dei fruitori (a
contenuti disponibili.
parità di complessità
apparente si realizza una
maggiore semplicità per gli
utenti – ad es. col sistema
dei tag)
Condivisione di esperienze La PA instaura un vero
Gli utenti intrecciano le
personali rapporto personale con gli
proprie vite reali alla
utenti, valorizzando le
condizione di informazioni
risorse umane (ad es.
ed esperienze in Rete
attraverso il co-browsing)
Fonte: ns elaborazione.
Il dibattito sulla semplificazione in Italia è destinato ad uscire dal vicolo cieco della
semplificazione centralizzata e verticale, per imbattersi in un più sfidante confronto con
le nuove tecnologie, nella consapevolezza che queste offrono numerosi opzioni, efficienti
ed efficaci, sollevando la PA da gravosi compiti e contribuendo alla realizzazione di un
servizio pubblico più semplice. Fuori da ogni entusiasmo, vanno considerati
attentamente anche i rischi di tale cambiamento, nella misura in cui una eccessiva
destrutturazione delle informazioni e l’adattamento troppo rapido della macchina
burocratica ai nuovi linguaggi potrebbero creare un divario inaccettabile nei livelli di
soddisfazione della domanda pubblica (sia sotto il profilo tecnologico – digital divide -
che umano), o ridursi ad una semplice informatizzazione della burocrazia.
Certamente alcuni aspetti già in nuce vanno rafforzati e valorizzati, anche attraverso un
serrato piano di diffusione delle buone pratiche e una costante attività di benchmarking.
1. Configurare il Comune come sportello per tutta la P.A., attuando una sorta di
federalismo dei servizi pubblici, nella forma di un onestop shop
2. Accrescere l’interazione con l’utente per conoscerne ne dettaglio le esigenze e
programmare risposte specifiche, anche con lo sviluppo dei servizi pubblici su
piattaforme multicanale, per garantire risposte differenziate
3. Configurare una PA che segue l’utente e non viceversa: la PA può anticipare i
bisogni dei cittadini e delle imprese se dispone di informazioni complete ed
aggiornate
4. Ridisegnare la catena del valore della PA, adottando un approccio tipo lean
manufacturing nel settore pubblico
5. Estendere la comprensione che la PA persegue dei cittadini, includendo non solo
la loro soddisfazione (customer satisfaction) ma monitorando anche la loro
capacità di governo della complessità (es. cosa è effettivamente complesso in
quel servizio e per diverse fasce di utenza?)
6. Raggiungere la piena condivisione e interoperabilità tra le banche dati delle
diverse amministrazioni centrali e locali. L’amministrazione potrà in tal modo
essere unica davanti a ogni cittadino e ad ogni impresa.
Rispetto al furore normativo, pare quindi interessante ragionare “a bocce ferme” per
comprendere cosa si può fare a contesto normativo costante, in termini di
semplificazione delle procedure e degli assetti organizzativi della PA e soprattutto in
relazione al nuovo profilo dell’utenza e alle opzioni offerte dal Web 2.0.
Da una parte sembra inevitabile lo spostamento in fase di back office di molte attività che
non generano valore per l’utente, ma anzi lo scoraggiano a far valere i propri diritti.
La semplificazione operata per mezzo di un dialogo diretto e costante con gli utenti sarà
anche la base per un rilancio della partecipazione, anche attraverso leggi specifiche che
adeguino i modelli precedenti al nuovo quadro della cittadinanza digitale (e-democracy).
Ma è sul piano delle prassi, più che su quello della previsione normativa, che si gioca il
futuro della relazione tra PA e utenti (cittadini e imprese), perché solo la sperimentazione
di modalità semplici e diffuse (sui dispositivi quotidiani e nei luoghi di frequentazione
abituale, scavalcando la logica desktop del sito internet) consentirà di rintracciare
piattaforme di dialogo destrutturate, snelle e adeguate alla domanda/offerta di servizi
pubblici.
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