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Riassunto del testo "Storia delle correnti di pensiero contemporanee". Nel testo viene affrontato il tema della verit come rappresentazione della cultura contemporanea. Attraverso le teorie di diversi filosofi, quali Heidegger o Nietzsche, viene affrontato il concetto di verit come base sociale.
Universit: Facolt: Esame: Docente: Titolo del libro: Autore del libro: Editore: Anno pubblicazione:
Universit degli Studi di Napoli - Federico II Sociologia Storia delle correnti di pensiero contemporanee Prof. Giugliano Addio alla verit Gianni Vattimo Meltemi - Roma 2009
Gabriella Galbiati
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Vattimo fa riferimento a La societ aperta di Karl Popper. L'idea di Popper non era quella di fare una critica al sistema politico o economico occidentale. L'assunto di partenza di Popper riguardava la conoscenza scientifica. Non esiste scienza che possa produrre conclusioni definitive. Di conseguenza, in ambito sociale e politico, la popolazione deve guardarsi dagli esperti che dicono di conoscere il destino della societ, di possedere la "verit". La posizione di partenza di Popper pu essere definita quindi anti-storicista. Nessuno conosce il futuro, neanche gli scienziati. La conoscenza scientifica sempre congetturale e sempre fallibile. Popper quindi rigetta il socialismo scientifico e, ovviamente, il marxismo. Ma la sua opera non solo una critica alle teorie a lui contemporanee. Popper decide di andare alle radici del pensiero occidentale, e di partire dalle sue origini, l'Antica Grecia. il primo ad affermare che esistono leggi della storia che determinano il corso degli eventi umani, quindi Popper lo considera il primo degli storicisti. Al filosofo greco dedicato il primo tomo dell'opera (Platone totalitario). In tempi pi recenti, troviamo Hegel e poi Karl Marx, cui l'autore dedica il secondo tomo dell'opera (Hegel e Marx falsi profeti). Nei testi dei filosofi greci, Popper trova anche la prova della "chiusura" delle societ antiche, societ in cui gli interessi dell'individuo sono soggetti agli interessi del gruppo. Il passaggio da societ "chiuse" a societ "aperte" avvenuto per gradi ed ha coinvolto molte generazioni. Il progresso appare tutt'altro che irreversibile, com' caratteristica di ogni processo sociale. Nel mezzo c' stato un cambiamento di atteggiamento che ha coinvolto la percezione che gli individui hanno del proprio universo e del posto che vi occupano. stata la fiducia nella razionalit dell'uomo a portare la societ occidentale a diventare per prima una societ aperta, una societ che rende libere le facolt critiche della persona. Secondo Popper, quindi, i nemici della societ aperta sono tutti quei teorici, a cominciare dai filosofi di cui parla Platone nella Repubblica, che essendo usciti dalla caverna in cui vivono gli uomini comuni e avendo avuto modo di vedere direttamente le idee eterne delle cose (la verit dellessere e non pi soltanto le ombre) hanno il diritto-dovere di ritornare nel mondo e di condurre i loro simili, anche eventualmente con la forza, a riconoscere la verit.
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4. La verit come pericolo - Vattimo vero che, una volta preso atto che non ci sono verit assolute ma solo interpretazioni, molti autoritarismi vengono smascherati per quello che sono, cio pretese di imporci comportamenti che non condividiamo in nome di una qualche legge di natura, essenza delluomo, tradizione intoccabile, rivelazione divina, ecc. Se uno mi dice sii uomo in genere vuole farmi dare qualcosa che non voglio fare: andare in guerra, accettare di sacrificare il mio interesse e le mie spesso legittime aspettative di felicit, ecc. Come diceva Wittgenstein, la filosofia ci libera dagli idoli (ovvero i pregiudizi e viene ripreso da un altro filosofo che si chiama Bacone) e pu solo far questo. A questo punto, dato che la verit sempre un fatto interpretativo, il criterio supremo a cui ispirarsi non la corrispondenza puntuale dellenunciato alle cose, ma il consenso sui presupposti da cui si parte per valutare questa corrispondenza. Nessuno dice mai tutta la verit, solo la verit. Qualunque enunciato suppone una scelta di ci che ci appare rilevante, e questa scelta non mai disinteressata. Anche gli scienziati che si sforzano di mettere fuori gioco, nel loro lavoro, le preferenze, le inclinazioni, gli interessi privati cercano oggettivit per poter raggiungere risultati che possano essere ripetuti e cos utilizzati in futuro. Magari cercano solo di vincere il premio Nobel e anche questo un interesse. La conclusione a cui Vattimo vuole giungere che la verit, come assoluta corrispondenza oggettiva, intesa come valore di base, pi un pericolo che non un valore. La verit della politica per di pi da cercare nella costruzione di un consenso e di unamicizia civile che rendono possibile la verit come descrittiva. Le epoche in cui si creduto di poter fondare la politica sulle verit sono epoche di grande coesione sociale, di tradizioni condivise ma anche di disciplina autoritaria vista dallalto. La verit apparir sempre diversa fino a che non si sar costituito un orizzonte comune, appunto il consenso intorno a quei criteri impliciti da cui dipende ogni verifica di singole proposizioni. Si pensi poi allidea che il politico pu mentire per il bene dello Stato. Questa ipocrisia va condannata non perch ammette la bugia violando il valore assoluto della verit come corrispondenza, ma perch viola il legame sociale con laltro e va contro luguaglianza e la libert di tutti. Si potrebbe osservare che la libert anche la capacit di proporre una verit contraria allopinione comune. Cos per esempio la intende Hannah Arendt (filosofa tedesca, ebrea, allieva di Heidegger) negli appunti del suo diario scritto negli stessi anni del processo Eichmann (generale del SS, che sub il processo a Gerusalemme a cui Arendt assistette). Scrive Arendt: La verit non si accerta per mezzo di una votazione. Anche la verit di fatto, non soltanto quella razionale, concerne luomo nella sua singolarit. Chi, in un contrasto di opinioni, afferma di possedere la verit, esprime una pretesa di dominio.
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Il bisogno di sapere la verit oggettiva su tanti fatti di questo genere non avrebbe senso se non fosse ispirato alla necessit di rendere giustizia, dunque di far valere non loggettivit come tale, ma il diritto dei tanti che hanno sofferto e soffrono tuttora, e lo stesso diritto della comunit ad affermarsi come un luogo di convivenza civile, di vera e propria amicizia politica. La libert di tutti non ha bisogno della veritcorrispondenza se non come mezzo per realizzare sempre meglio la comprensione reciproca, quel regno dello spirito nel quale, come diceva Hegel, lumanit si potr un giorno sentire presso di s, a casa propria. E la filosofia in tutto questo dove ? Da un lato, la filosofia intesa come funzione sovrana dei sapienti nel governo della polis morta e sepolta. Dallaltro, suggerisce il titolo della conferenza di Heidegger che parla di un compito del pensiero dopo la fine della filosofia-democratica, resta il problema, specificamente democratico, di evitare che allautorit del re-filosofo si sostituisca il potere incontrollato dei tecnici dei vari settori della vita sociale. C il rischio di costruire una societ schizofrenica, dove prima o poi si instaura un nuovo potere supremo, quello dei medici, degli infermieri, delle camicie di forza e dei letti di contenzione. Il compito del pensiero in questa situazione sia che ci richiamino a Heidegger sia a Marx, forse non a Popper quello di pensare ci che resta necessario nella quotidiana presentazione di ci che accade sempre; e cio, per Marx, la concretezza dialettica dei nessi che lideologia ci nasconde; per Heidegger, la verit come altheia (verit in greco si dice altheia ed una verit come svelamento), come apertura di un orizzonte (o di un paradigma) che rende possibile ogni verit intesa come conformit delle cose, verifica o falsificazione di proposizioni. Ma possibile parlare dellaltheia nascosta a cui allude Heidegger come se fosse la concretezza dei rapporti economico-sociali di Marx? O meglio, il compito del pensiero dopo la fine della filosofia, quando i filosofi non pensano pi di avere un accesso privilegiato alle idee e alle essenze, che li metterebbe in condizione di governare o dare nome al sovrano, come si configura? Ma nellepoca della fine della metafisica, non possiamo pi cercare, come ha fatto Heidegger, levento dellessere in quei momenti privilegiati a cui lui ha sempre rivolto la propria attenzione: le grandi opere poetiche, il detto di Anassimandro, il poema di Parmenide o i versi di Hlderlin. Nellet della democrazia, levento dellessere a cui il pensiero deve volgere la propria attenzione forse qualcosa di molto pi ampio e meno definito, forse pi vicino alla politica. Pu aiutarci a pensarlo solo unespressione dellultimo Foucault, ovvero Ontologia dellattualit. Foucault opponeva questo modo storico di filosofare a quella che chiama analitica della verit. Ontologia riprende il pensiero dellessere in senso oggettivo e soggettivo. Attualit perch si riferisce alla condizione comune della nostra vita attuale. Oggi nella nostra attualit non solo filosofica ma anche storico-sociale, occorra andare oltre la fenomenologia verso unontologia dellattualit. Per cui necessario superare la metafisica, non perch non includa il soggetto della teoria e sia quindi incompleta, ma perch con il suo oggettivismo legittima un ordine storico e sociale in cui la libert e loriginalit dellesistenza umana vengano cancellate.
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riuscir a pensarsi e a viversi come una religione della dissoluzione del sacro a favore di un sempre pi ampio riconoscimento del solo principio della libert e della carit.
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La metafisica non ci lascia completamente orfani: la sua dissoluzione (la morte di Dio di cui parla Nietzsche) si mostra come un processo dotato di una propria logica a cui si possono attingere anche elementi per una ricostruzione ci si riferisce a ci che Nietzsche chiamava nichilismo: che non solo il nichilismo della dissoluzione di tutti principi e valori, ma anche, come nichilismo attivo, la chance di iniziare una storia diversa. Se il mondo vero (i primi principi) diventato favola, scrive Nietzsche, andata distrutta anche la favola. La situazione a cui davvero, anzitutto, apparteniamo e verso cui siamo responsabili nelle nostre scelte etiche quella caratterizzata dalla dissoluzione dei principi, dal nichilismo; assumere invece come riferimento ultimo le appartenenze pi specifiche (razziali, etniche, familiari e ecc) vuol dire limitare fin da principio la propria prospettiva. Bisogna attuare un ampliamento di orizzonti. Se vi vuole corrispondere alla dissoluzione dei principi, non pare esservi altra via che quella di unetica esplicitamente costruita intorno alla finitezza. Non intesa come esigenza del salto nellinfinito. Infatti, molti esiti religiosi del pensiero novecentesco si argomentano cos: il riconoscimento della finitezza prepara il salto nella fede, quindi solo un Dio ci pu salvare. Invece, unetica della finitezza quella che cerca di restare fedele alla scoperta della collocazione sempre insuperabilmente finita della propria provenienza senza dimenticare le implicazioni pluralistiche di questa scoperta. Bisogna anche operare una scelta tra ci che vale e ci che non vale delleredit culturale da cui proveniamo. Tale scelta deve essere fatta in base al criterio della riduzione della violenza e in nome di una razionalit intesa come discorso-dialogo tra posizioni finite che si riconoscono come tali, e che perci non hanno la tentazione di imporsi legittimamente (in quanto convalidate da un principio primo) su quelle altrui. lesclusione di questa violenza che si crede legittima e lesclusione di qualunque violenza identificata con linterruzione del domandare, con il tacitamento autoritario dellaltro in nome dei principi primi il senso complessivo di questetica della finitezza. Nelletica della finitezza il rispetto dellaltro non neanche remotamente fondato sul presupposto che egli sia portatore della ragione umana uguale in tutti; principio da cui discende anche limplicazione pedagogico - autoritaria di ascoltare le ragioni dellaltro, ma preoccupandosi prima di garantire che non siano manipolate. Rispetto dellaltro soprattutto riconoscimento della finitezza che ci caratterizza entrambi, e che esclude ogni superamento definitivo dellopacit che ognuno porta con s.
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Vattimo vuole anche sottolineare limportanza del ruolo della filosofia nelle relazioni internazionali. Infatti, si pu almeno osservare che le guerre in Afghanistan e in Iraq sono state scatenate in un momento e per decisione di un paese in cui la filosofia si via via ridotta a una funzione accademica, un affare di specialisti che discutono problemi di logica e di epistemologia nei loro dipartimenti universitari ben protetti e con relazioni pressoch assenti con lopinione pubblica. Vattimo riprende lidea che loggettivit, il fatto che ci che vero e ci che verificato in base ai criteri ricevuti sempre preferito dalle classi dominanti, che sono proprio quelle che dominano sulla base di questi criteri. E l dove c una verit data una volta per tutte, c anche, sempre, qualcuno che la conosce in maniera pi completa e rigorosa: il comitato centrale, il papa, i sapienti, i filosofi della Repubblica di Platone. Vattimo crede che, forse attraverso Nietzsche, si pu arrivare ad accettare anche da un punto di vista heideggeriano lidea che la tendenza alla metafisica oggettivista sia il risultato della dominazione, quindi lideologia delle classi dominanti. Il fatto che anche Heidegger, quando sviluppa la sua critica alla metafisica oggettivista, non pretende di costruire unidea dellessere differente dalloggettivismo. piuttosto impegnato a rivoltarsi contro loggettivismo positivista che lalleato dellindustrializzazione e della riduzione delluomo a macchina. Pi chiaramente che in Marx, in Heidegger che si ha una legittimazione pi accettabile dello sforzo di oltrepassare la metafisica. Marx invita a criticare sempre lideologia in nome di una verit. Il diritto del proletariato a fare la rivoluzione fondato, infine, sul fatto che solo il proletariato a fare la rivoluzione vede la verit (delluomo, della storia, ed anche delleconomia da qui i piani quinquennali di Mao e Stalin) poich, non avendo alcun interesse che gli offuschi la vista (avendo solo la propria forza lavoro e riproduttiva) realizza il vero sapere assoluto. Da qui deriva la tendenza al comunismo reale sovietico, cinese, ecc. a divenire regime autoritario. Se la rivoluzione proletaria compiuta, si ormai nel regime di verit, che deve essere protetto contro ogni eresia, ogni pretesa di cambiamento, ecc. Ma se si pensasse a Marx liberato da questi residui metafisici possibile immaginare un comunismo ideale (opposto ai comunismi reali) che rispondesse anche alle accuse di Popper, che rimproverava soprattutto alla filosofia marxista della storia il vizio di opporsi ad una societ aperta.
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Indice
1. Il concetto di verit secondo Vattimo 2. La societ aperta di Karl Popper 3. Il concetto di verit secondo Popper 4. La verit come pericolo - Vattimo 5. La filosofia come base del pensiero politico 6. La chiesa e la difesa della natura dell'uomo 7. Il concetto di Nichilismo secondo Vattimo 8. Il concetto di Nichilismo "attivo" _ Nietzsche_ 9. Il ruolo della filosofia nelle relazioni internazionali - Vattimo 10. Heidegger e l'errore del passato 1 2 3 4 5 6 7 9 10 11