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IV - PROVICE DISUITE
E DIFESA DELLE FROTIERE
(1825 - 1839)

SOMMARIO: 1. L’esercito della Provincia di Buenos Aires (1820-25). - 2. L’Ejército


acional e la guerra contro il Brasile (1825-28). - 3. La guerra civile e la vittoria federale
(1826-31). - 4. La politica militare del generale Rosas (1829-34). - 5. L’occupazione inglese
delle Malvine, la guerra contro la Bolivia, la difesa della frontiera indiana e il conflitto con la
Francia (1831-39).

1. L’ESERCITO DELLA PROVINCIA DI BUENOS AIRES


(1820-25)

L’Esercito della Provincia di Buenos Aires


Già il 14 marzo 1820 il nuovo governatore bonearense Sarratea aveva sciolto
gli organismi del vertice politico-militare (ministero di guerra e marina e stato
maggiore generale) per “precaver las trabas que puedon ofrecer en las
circunstancias de dia, la existencia de un cuerpo intermedio”. Le competenze
amministrative e di comando erano state trasferite alle “province castrensi”,
attribuendo ai governatori le funzioni di capitano generale. Da Sarratea
dipendeva il comandante general de mar y tierra, carica di carattere tecnico
attribuita al brigadiere Soler, che si avvaleva di un proprio ufficio esecutivo
(despacho de guerra) composto dai colonnelli maggiori Juan Domingo French
(stato maggiore), Nicolas de Valdez (artiglieria e genio) e Juan Ramon Rojas
(fanteria) e dal tenente colonnello José Antonio Segovia (amministrazione).
Con decreto 28 febbraio 1821 venne ufficialmente istituito l’Ejército de la
Provincia de Buenos Aires. A Soler furono attribuite anche le funzioni di stato
maggiore e l’inspeccion general de armas, dalla quale, in virtù del
regolamento 2 ottobre 1819, dipendevano anche le fabbriche di artiglieria, le
scuole militari, i parchi e magazzini, nonchè la comisaria general de guerra,
ricostituita il 14 agosto secondo il vecchio regolamento del 23 marzo 1812.
Il 28 febbraio e il 1° luglio 1822 furono soppresse la comandancia de marina
e la vicaria castrense. Infine la legge 5 dicembre 1823 ricostituì lo stato
maggiore col nome di plana mayor del Ejército e con un organico di 22
ufficiali: 2 brigadieri (Soler e Azcuénaga), 2 colonnelli maggiori (Nicolàs de
Vedia e Ignacio Alvarez), 6 ufficiali superiori e 12 inferiori.

L’abolizione del fuero militar


Soppresso il tribunale militare presieduto da Quintana, il 4 settembre 1821
Manuel Vicente Maza fu nominato auditor general de guerra y marina e
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consigliere generale del governo. Poco dopo fu nominata una nuova


Commissione militare presieduta dal brigadiere Miguel de Azcuénaga, con i
colonnelli José Gascon e Pedro Andrés Garcia come giudici e Manuel Dorrego
come fiscale. Con decreto 12 aprile 1822 il privilegio giurisdizionale goduto in
materia criminale e civile dai membri dell’esercito e della milizia (fuero
militar) fu abolito, mantenendolo però in via transitoria, a titolo personale, ai
militari che già ne godevano. Tuttavia anche ques’ultimo privilegio fu revocato
con legge 5 luglio 1823, a seguito dello scalpore suscitato dal caso del
colonnello Celestino Vidal, che l’aveva invocato nel corso del giudizio a suo
carico per la fallita congiura di Gregorio Tagle.

Il trattamento economico degli ufficiali


Il 25 ottobre 1820 Balcarce accordò alle milizie in servizio attivo lo stesso
soldo della linea. Agli ufficiali di cavalleria e artiglieria senza impiego era
corrisposto lo stesso soldo dei parigrado di fanteria, mentre il 5 ottobre 1820 fu
stabilita la mezza paga per gli ufficiali aggregati agli stati maggiori di piazza. Il
14 novembre 1821 la giunta dei rappresentanti concesse la pensione ai militari
retirados, pari all’intero per quelli con oltre 40 anni di anzianità, alla metà per
quelli con anzanità superiore ai 20 anni e un terzo per quelli con anzianità non
inferiore a 4 anni. Entro il febbraio 1822 si avvalsero della norma 250 ufficiali.
La legge 26 agosto 1822 soppresse il beneficio, fatti salvi i diritti quesiti, ma
altra del 25 settembre 1824 lo ripristinò, fissando limiti minimi di 5 anni per un
terzo, 15 per la metà e 25 per la paga intera.
Il nuovo soldo degli ufficiali venne determinato con legge 13 luglio 1822,
riducendolo a 250 pesos per il brigadiere e 230 per i colonnelli maggiori e
quelli di artiglieria e cavalleria (quelli di fanteria ne avevano 202). I tenenti
colonnelli ne avevano 150 e 135, i maggiori 108 e 100, i capitani 80, 75 e 60, i
sottotenenti 42 e 38. Cappellani e chirurghi erano pagati come i sottotenenti di
fanteria (38). Il 12 dicembre 1825 venne emanato un regolamento per il
versamento delle paghe in campagna, decentrandolo ai reggimenti.
La legge 19 aprile 1821 aveva sospeso tutte le pensiones assegnate a familiari
degli ufficiali, ad eccezione di quella goduta dalla figlia indigente del generale
San Martin. La legge 14 dicembre 1821 le ripristinò limitatamente alle madri,
alle vedove e agli orfani dei caduti, pur con il limite massimo di 500 pesos
annui. La legge 2 ottobre 1824 assegnò la terza parte del soldo alle vedove o
agli orfani, mentre quella del 31 dicembre 1825 elevò la pension a due terzi del
soldo, limitandone il godimento da parte dei figli fino al compimento del 20°
anno di età per i maschi o al matrimonio per le femmine.

I nuovi reggimenti bonearensi


Il 20 ottobre 1820 la giunta dei rappresentanti decretò la formazione di 3 nuovi
reggimenti, uno di cavalleria di linea (husares de Buenos Aires) e due di
gendarmeria (cuerpo de orden: su un reggimento di husares e uno di
infanteria). Il 1° novembre furono sciolti il Reggimento dragones de linea e il
cuerpo de blandengues e la truppa fu utilizzata per completare gli ussari di
linea, trasferendo gli eccedenti a quelli di gendarmeria, mentre gli ufficiali
passarono allo stato maggiore di piazza. Inoltre la brigata d’artiglieria di
Buenos Aires fu contratta a battaglione. Fu però ricostituito il regimiento fijo
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de Buenos Aires.
Il 15 novembre furono sciolti i tercios civicos, sostituiti da una legion patricia
(colonnello veterano Blas José de Pico) su 3 battaglioni di 2 compagnie ma
con appena 280 effettivi. Nel 1823 Pico fu sostituito dal colonnello maggiore
Juan José Viamonte, già comandante delle guardie nazionali. Il 25 marzo 1823
la gendarmeria a piedi (infanteria de orden) fu riorganizzata al comando
interinale del colonnello Félix de Alzaga ma agli ordini del capitano Manuel
Arroyo e alle dirette dipendenze del generale Las Heras. Come si è già
accennato nel precedente capitolo, con legge 29 luglio 1823 la Division de los
Andes (reggimenti granaderos a caballo e Rio de la Plata) inquadrata
nell’esercito peruviano fu dichiarata alle dipendenze - ma non a carico - del
governo della provincia di Buenos Aires.
Il titolo III della ley de reclutamiento del 1° luglio 1822 autorizzava un
Ejército permanente di 30 compagnie e 2.500 uomini ordinati in:

3 reggimenti di cavalleria di linea su 3 squadroni di 2 compagnie di 65 uomini (1.180);


1 battaglione di artiglieria su 4 compagnie di 75 artilleros (320);
1 battaglione di linea su 4 compagnie di 125 fusileros (500);
4 compagnie leggere autonome di 125 cazadores (500).

Il nuovo ordinamento dell’esercito permanente stabilito dalla ley de milicias


del 17 dicembre 1823, prevedeva un organico di 4.000 uomini, con un
aumento del 60 per cento rispetto al precedente:

4 reggimenti di cavalleria su 4 squadroni di 2 compagnie di 70 effettivi (2.240);


1 reggimento di fanteria su 3 battaglioni di 6 compagnie di 80 effettivi (1.440);
3 compagnie d’artiglieria (320).

In realtà entrambi gli ordinamenti rimasero in larga misura inattuati, in


particolare per la fanteria, limitata di fatto ad appena 520 uomini (otto
compagnie di 64 fucilieri o cacciatori). Il Battaglione di linea ( . 1) fu
costituito soltanto il 1° novembre 1822, sulla base del soppresso regimiento
fijo, al comando del colonnello Benito José Martinez. Nel febbraio 1823 fu
designato batallon de fusileros. Comandante dei cazadores era il maggiore
Agustin Rabelo.

La cavalleria di frontiera bonearense (1821-28)


Anche la cavalleria fu completata soltanto in rapporto alle esigenze della
frontiera meridionale. Nel 1818 correva per Pergamino, Rojas, San Miguel del
Monte, Chascomus e Dolores, ma già nel 1822 avanzò sino al Rio Salado, con
i nuovi insediamenti di Junin (Ancelò) e Chacabuco. La guarnigione venne
affidata al Regimiento de voluntarios de caballeria de campagna, costituito il
14 novembre 1821 con un picchetto permanente di 13 carabineros e 4
compagnie di milizia. Il 21 febbraio 1822, su richiesta degli hacendados della
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parte meridionale della provincia, minacciati dalle incursioni degli indiani, gli
husares del orden e i carabineros di tutti i corpi di campagna costituirono un
secondo reggimento di cavalleria di linea col vecchio nome di Blandengues de
la Frontera, con sede a Guardia del Monte.
Il 28 febbraio un’aliquota del Regimiento de guardias nacionales fu mobilitata
per formare il Regimiento . 1 de caballeria patricia de Buenos Aires
(colonnello Rafael Hortiguera). Assieme al Regimiento . 2 (colonnello José
Maria Paz) il . 1 formò la Brigada patricia di cavalleria al comando del
colonnello maggiore Juan Ramon Balcarce. La Brigata fu destinata alle
campagne del 1823-25 per allargare la frontiera indiana, stabilendo guarnigioni
a Fuerte de la Independencia, Canton del Salto e Puerto del Tigre.
La nuova expedicion al desierto partì il 5 gennaio 1824 al diretto comando del
generale Martin Rodriguez, che in maggio lasciò il governatorato della
provincia al generale Las Heras. Il 29 ottobre, al paraje di Kaquel, il
colonnello graduado Juan Lavalle costituì, col nome di coraceros de Buenos
Aires, il terzo reggimento di cavalleria bonearense, autorizzato sedici mesi
prima (10 giugno 1823) dalla giunta dei rappresentanti. Al termine della
campagna, la nuova linea di frontiera oltre il Rio Salado correva per Junin,
Azul, Tandil e Balcarce.
Nel 1825 la cavalleria di linea bonearense presidiava i fortini di Lobos
(Laguna Blanca), Chascomus, Independencia, Junin (F.te Federacion), del
Tigre e del Salta:

 . 1 de husares (Lujan) - col. Antonio Souvidet, ten. col. Federico Rauch;


 . 2 de blandengues de la Frontera (Lobos) - col. Manuel Ibarrola;
 . 3 de coraceros (Chascomus) - col. Lavalle, poi Ramon Estomba (ten. col. Andrés
Morel).

Nel luglio-agosto 1825 fu costituito anche il quarto reggimento di linea


bonearense, autorizzato il 18 agosto 1824 ( . 4 de linea del ten. col. Nicolas
Medina). Il 31 ottobre 1825 il 2° e 3° squadrone coraceros (comandante
Andrés Morel) furono assegnati alla Commissione incaricata di rivedere la
linea dei fortini (composta da Lavalle, dal colonnello del genio Felipe Senillosa
e dall’hacendado Juan Manuel de Rosas) e rimasero di guarnigione a
Chascomus.
Come si è già detto, rientrato dal Peru il 13 febbraio 1826, lo squadrone
granaderos de los Andes del tenente colonnello Félix Bogado formò l’escolta
presidencial di Rivadavia. A seguito del decreto 10 luglio 1826 che
sopprimeva i nomi particolari dei reggimenti allo scopo di rafforzare il
carattere unitario e nazionale dell’esercito, i reggimenti coraceros,
blandengues e husares bonearensi furono ribattezzati . 5, . 6 e . 7 de linea,
sempre restando in servizio alla frontiera.
Altri due reggimenti di frontiera furono costituiti il 14 settembre ( . 17) e il 18
dicembre (Defensores del Honor acional o . 11) comandati dal tenente
colonnello Juan Pascual Pringles e dal colonnello maggiore Mariano
Necochea. Il . 17 venne formato dall’Escolta e dalla milizia della Guardia del
Monte, mentre i Defensores raggiunsero la forza di 4 squadroni e 800 uomini.
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Il 29 gennaio 1827 Necochea fu nominato comandante generale della


cavalleria di linea nella capitale e territorio di Buenos Aires. Nel giugno 1827
il . 17 fu trasferito all’Ejército Oriental e il . 11 fu disciolto il 1° aprile
1828.

La formazione dei nuovi ufficiali (23 aprile 1823)


Il 23 aprile 1823 fu soppresso l’istituto dei cadetti reggimentali e furono
stabilti 20 posti di allievo nel Colegio de la Union, in attesa di stabilire il
Colegio de Ciencias aturales. Il 1° maggio la retta venne fissata a 120 pesos
annuali. Requisiti per l’ammissione erano l’età minima di 14 anni, essere figli
di ufficiali dell’Indipendenza e rispettosi delle leggi e ordini del paese, saper
leggere e scrivere, possedere rudimenti di aritmetrica e dottrina cristiana,
vantare buona condotta e meriti personali e l’assenso paterno. I corsi del I anno
erano aritmetica e principi di analisi algebrica, geometria elementare,
meccanica (teoria dei proiettili) e conoscenza delle macchine, principi di fisica
e geografia matematica; quelli del II anno geometria e meccanica, architettura
civile e militare, elementi di chimica. Materie comuni al biennio erano
disegno, lingua inglese e francese, scherma bisettimanale e maneggio delle
armi, nonchè una lezione a settimana di tattica, legislazione e storia militare.
Erano previsti due esami, di ammissione al II anno e finale: la commissione era
composta da 4 capi dell’esercito e 3 professori nominati dal governo su
proposta dell’Ispettore generale. A domanda gli allievi promossi potevano
essere ammessi nell’esercito coprendo le eventuali vacanze.

Leggi sul reclutamento e sulla milizia activa (1822-24)


Il decreto bonearense 19 aprile 1822 (abrogato dalla costituzione nazionale del
1826) dispose una leva de vagos, ordinando alle autorità di polizia di rastrellare
disoccupati e senza fissa dimora (ociosos e vagos) senza riguardo a distinzioni
sociali, da destinare all’esercito. Costoro erano assoggettati a ferma
quadriennale (il doppio di quella volontaria) e potevano essere trattenuti alle
armi per altri 4 anni qualora all’atto del congedo non avessero già trovato
un’occupazione.
In caso di insufficienza del contingente di vagos, la ley de reclutamiento del 1°
luglio 1822 autorizzò l’arruolamento volontario dai 18 ai 40 anni, con ferma e
rafferma biennali. Con legge 10 settembre 1824 la ferma volontaria fu
raddoppiata a quattro anni, con premio di ingaggio di 25 pesos, mentre le
rafferme supplementari divennero annuali, con premio di 10 pesos. Inoltre, in
via transitoria, la legge prorogò le ferme prossime a scadenza sino al 31
dicembre 1825.
La ley de milicias del 17 dicembre 1823, rimasta in vigore fino al 1872,
sospese il reclutamento e la distribuzione dei contingenti di leva, confermando
l’obbligo di autoregistrazione nella milicia activa, con ferma di otto anni, degli
uomini tra 17 e 45 anni (purchè non coniugati o coniugati senza figli o con
pochi figli). La legge prevedeva inoltre una milicia pasiva, di sola fanteria,
formata dagli esenti e dalle classi anziane (45-60), mobilitabile soltanto in caso
di pericolo.
In teoria i militi attivi (eccettuati funzionari pubblici, stranieri non residenti,
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praticanti e allievi di diritto e medicina, titolari di attività con capitale superiore


ai 4.000 pesos, figli unici di madre vedova o con padre anziano o invalido)
potevano essere arruolati nell’ejército permanente, con ferma biennale
(quadriennale per i presidiarios). Tuttavia la legge dava facoltà al governo di
formare il contingente mediante ingaggi volontari, anche fuori del territorio
provinciale e di fatto il servizio attivo gravava soltanto sulla milizia dei villaggi
di frontiera, che dovevano assicurare a rotazione il presidio dei fortini minori.
In realtà fu il governo Las Heras ad organizzare concretamente la milicia
activa, con decreto 17 dicembre 1824. La milizia, reclutata da commissioni
periferiche di 4 membri (giudice di pace, suo tenente, ufficiale delegato
dall’Ispettorato Generale e commissario di polizia), contava in tutto 4.175
effettivi (27 ufficiali e 132 sottufficiali veterani, 166 ufficiali di milizia e 3.850
militi):

1 Reggimento di fanteria nella capitale, con 15 ufficiali e 52 sottufficiali veterani, 70


ufficiali di milizia, 1.440 fucilieri (3 battaglioni e 18 compagnie di 80), 150
artiglieri (3 compagnie) e 20 bandisti:
4 Reggimenti di cavalleria con 12 ufficiali e 80 sottufficiali veterani, 96 ufficiali di
milizia e 2.240 effettivi (16 squadroni e 32 compagnie di 70): il 1° (patricios)
della capitale , gli altri tre (colorados) corrispondenti ai distretti di campagna
dell’Est (2 Las Conchas, 3 Lobos), del Sud (1 Chascomus, 5 del Monte) e del
Nord (4 Lujan e 6 Junin).

Il 15 luglio 1825 la forza del Reggimento di fanteria fu accresciuta a 2.700


fucilieri e 150 artiglieri (3 battaglioni di 950 effettivi) e venne costituito un
battaglione di formazione ( . 4 de la Capital) inviato all’esercito di
osservazione alla frontiera dell’Uruguay. Il 7 settembre si aggiunse anche 1
Battaglione di pardos y morenos su 1 ufficiale e 17 militari veterani, 31
ufficiali di milizia, 720 fucilieri e 100 artiglieri, mentre il termine di
congedamento fu esteso a 45 anni per gli ammogliati e 50 per gli scapoli. Alla
fine del 1826 ad ogni reggimento permanente fu aggregato uno squadrone di
200 colorados in servizio attivo. Il 27 settembre 1827 la provincia bonearense
dispose un nuovo arruolamento generale di milizia attiva sotto il controllo
dell’Ispettorato generale. Per la prima volta la renitenza fu sanzionata da multe
convertibili in arresto (10 pesos oppure 15 giorni per la prima mancanza, 20 o
30 in caso di recidiva).
Importanti modifiche alle norme sul reclutamento dell’ejército permanente
furono apportate però dalla legge del 10 dicembre 1824, rimasta in vigore con
scarse varianti fino alla ley de reclutamiento del ejército del 22 settembre
1872. Stabiliva l’arruolamento per ingaggio volontario con ferma di 4 anni e
premio di 25 pesos, con rafferme annuali a premio di 10 pesos. Inoltre
prorogava il congedo del personale alle armi fino al 1825, fissando per
quell’anno un contingente di 400 nuove reclute ripartito fra la capitale e i 6
distretti in proporzione della popolazione. Responsabili del reclutamento erano
i giudici di pace distrettuali, con l’obbligo di esentare i capifamiglia e gli
individui indispensabili all’agricoltura, industria e commercio nonchè di
mantenere il numero di uomini prescritto per la propria giurisdizione,
rimpiazzando gli eventuali disertori.
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2. L’EJERCITO ACIO AL
E LA GUERRA COL BRASILE
(1825-28)

L’insurrezione orientale e la creazione dell’Ejército acional argentino (1°


gennaio 1825)
L’Inghilterra, che aveva saputo approfittare del decennio anarchico per
aggiudicarsi la parte del leone nel commercio estero argentino, sfruttò la
politica liberista di Rodriguez e Rivadavia per assumere il pieno controllo del
sistema creditizio argentino, garantendosi l’egemonia finanziaria. Nel 1822 il
capitale inglese ottenne la maggioranza assoluta del nuovo istituto di emissione
(Banco de Buenos Aires) e nel 1824 il governo contrasse con la Baring
Brothers un debito di un milione di sterline, praticamente inestinguibile, dando
in garanzia tutte le terre demaniali.
Altri privilegi furono concessi agli inglesi col trattato di amicizia, commercio
e navigazione, concluso il 2 febbraio 1825, un mese dopo il riconoscimento
dell’indipendenza argentina da parte dell’Inghilterra. Quest’ultima rafforzò poi
ulteriormente la propria influenza sul versante atlantico del Cono Sur col
classico sistema del divide et impera, vale a dire istigando e pilotando
abilmente la guerra tra il Brasile e l’Argentina per il controllo della Banda
Oriental, che alla fine divenne uno stato-cuscinetto, solo formalmente
autonomo, ma di fatto mantenuto sotto il protettorato inglese.
Come abbiamo narrato, il Portogallo l’aveva occupato nel 1816 e formalmente
annesso nel 1821, quando l’Argentina non era in condizione di reagire
militarmente. Ma nel 1825 il Portogallo dovette riconoscere l’indipendenza
dell’Impero brasiliano. L’immediato contraccolpo, favorito dall’Inghilterra, fu
la secessione dal Portogallo della Provincia Cisplatina, ancora occupata dalle
truppe del generale Carlos Federico Lecor e annessa al Brasile.
L’annessione della Banda Oriental al Brasile turbava ovviamente l’equilibrio
strategico del Plata. Un primo riflesso si ebbe già al Congresso nazionale
argentino, dove già il 12 marzo 1825 la commissione militare (composta dai
deputati Lucio Manzilla, Juan José Paso, Alejandro Heredia e Manuel
Vallanera, tutti veterani della guerra di indipendenza) presentò un progetto per
la creazione di un unico Ejército acional formato da contingenti equipaggiati
e organizzati in modo autonomo e a proprie spese dalle singole province.
A prendere l’iniziativa della lotta armata, nella speranza di trascinare in guerra
le Province Unite del Plata, fu tuttavia un ex-ufficiale artiguista, Juan Antonio
Lavalleja (1784-1853) il quale, riuniti a San Isidro, sulla sponda entrerriana, 22
orientali e 11 argentini (i cosiddetti “Trentatré immortali”), attraversò
l’Uruguay su due lancioni, sbarcando il 19 aprile 1825 al Rincon de la
Agraciada.
Il 9 maggio la commissione rioplatense approvò il progetto dei deputati
militari, recepito due giorni dopo dalla nuova costituzione provvisoria.
Quest’ultima, di impronta nettamente federale, riconosceva il pieno
autogoverno delle province fino all’emanazione di una costituzione definitiva,
ma le obbligava a finanziare la guerra, delegando provvisoriamente le funzioni
di Potere esecutivo nazionale al governo bonearense, autorizzato ad anticipare
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fino a mezzo milione di pesos.


Il progetto organico (ley fundamental) del nuovo Ejército nacional fu
approvato il 31 maggio. Prevedeva uno stato maggiore generale residente a
Buenos Aires presso il Potere esecutivo (non costituito) e una forza
complessiva di 7.758 soldati e 484 ufficiali (80 compagnie) reclutata e
mantenuta dalle province in proporzione della popolazione, con ferma di 4
anni e obbligo di rimpiazzare le perdite:

2.400 di fanteria con 144 ufficiali, su 4 battaglioni con 24 compagnie di 100 effettivi;
4.800 di cavalleria con 306 ufficiali, su 6 reggimenti con 24 squadroni e 48 compagnie;
420 d’artiglieria con 30 ufficiali, su 6 compagnie;
70 zappatori con 4 ufficiali (1 compagnia aggregata all’artiglieria).

Con decreto 10 giugno 1825 l’esecutivo nazionale approvò l’invio di una


forza di sicurezza (Ejército de observacion, detto anche nacional, republicano
o de vanguardia) da schierare nella provincia mesopotamica al campo
dell’arroyo del Molino sulla riva occidentale dell’Uruguay.

Il congresso di Florida, la dichiarazione di guerra e l’elezione di Rivadavia


(28 agosto 1825 - 16 febbraio 1826)
Intanto la sollevazione orientale aveva attecchito, grazie soprattutto
all’adesione dei due autorevoli capi orientali che nel 1821 avevano accettato la
sovranità portoghese, Julian Laguna e José Fructuoso Rivera, il quale era stato
nominato dai portoghesi comandante generale di campagna. Grazie al loro
appoggio, Lavalleja potè organizzare un governo provvisorio al pueblo di
Florida, dove il 28 agosto un congresso orientale dichiarò nulla l’annessione
della Provincia Cisplatina e proclamò al tempo stesso l’indipendenza della
Banda Oriental e la sua alleanza con le altre Province Unite del Plata.
Il primo scontro all’arroyo del Aguila, all’inizio di settembre, fu favorevole
agli imperiali, ma il 29 settembre, al Rincon de las Gallinas, i 700 orientali di
Rivera sorpresero e annientarono altrettanti imperiali del colonnello Gerònimo
Jardim, uccidendone 140 e catturandone 200, con 800 cavalli. Il 12 ottobre, a
Sarandì, i generali Bento Manuel Riveiro e Bento Manuel Gonçalves persero
metà dei loro 2.200 uomini in una breve ma sanguinosa battaglia con i 2.000 di
Lavalleja.
Poco dopo la forza d’osservazione argentina, 4.000 uomini (3 battaglioni di
fanteria e 5 reggimenti di cavalleria) con 4 cannoni, al comando del brigadiere
Martin Rodriguez, raggiunse il campo dell’arroyo del Molino. Era composta
dalle seguenti aliquote:

contingente bonearense: a) truppe regolari: 2 compagnie fusileros (colonnello Félix


Olazabal), 2 squadroni (3° husares, colonnello Juan Lavalle e 1° coraceros,
aiutante Alejandro Damel) e 2 cannoni da campagna; b) milicia activa: Batallon
. 4 de la capital e Regimiento . 2 de colorados de linea (350 miliziani di Las
Conchas comandati dal colonnello José Maria Vilela);
truppe regolari delle province: a) Entre Rios: Escuadron Granaderos a Caballo,
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Batallon de Infanteria, 2 pezzi da quattro e Dragones de Mandisovì); b) Cordoba:


Regimiento de Dragones e Batallon . 2; c) Salta: Batallon de Cazadores
trasformato in Regimiento . 2 de caballeria de linea.
contingenti minori: 125 cavalieri di Corrientes (maggiore Manuel Urdinarrain), 71
santafesini, altri di Catamarca, Tucuman, La Rioja, Mendoza, San Juan e San
Luis.

Il 25 ottobre il congreso general constituyente (convocato da Rodriguez e


Rivadavia, ma gestito poi da Las Heras) riconobbe, d’accordo col voto
espresso dal congresso orientale di Florida, l’incorporazione della Banda
Oriental nelle Province Unite e lo notificò al governo imperiale. L’imperatore
Dom Pedro I replicò il 10 dicembre, dichiarando guerra alle Province
rioplatensi. Il 21 la squadra brasiliana mise il blocco al Rio della Plata.
Il 1° gennaio 1826 il colonnello orientale Leandro Oliveira, varcata la frontiera
con la provincia brasiliana di Rio Grande, sloggiava il maggiore Cabral y
Costa dal Forte di Santa Tecla. Lo stesso giorno, a Buenos Aires, il congresso
autorizzava il Potere esecutivo a “resistere all’aggressione dell’Impero
brasiliano con tutti i modi consentiti dal diritto di guerra”. Il 2 gennaio
l’esecutivo dichiarò nacionales tutte le forze regolarmente stipendiate dalle
province, rivendicò il controllo centrale di tutte le milizie e dispose una nuova
leva con un contingente massimo di 4.000 uomini a carico delle province.
La nuova costituzione argentina, approvata il 6 febbraio, riservava al governo
centrale la designazione dei governatori provinciali su proposta delle
assemblee legislative locali, norma che impediva la riconferma vitalizia dei
caudillos. Il giorno seguente, con una rivoluzione parlamentare, gli unitari
sfiduciarono Las Heras ed elessero Rivadavia primo presidente costituzionale
della Repubblica Argentina, il quale chiamò al ministero di guerra e marina
Carlos Maria Alvear. Sia l’impronta unitaria della costituzione che le nomine
di Rivadavia e Alvear suscitarono però reazioni negative, innescando nuovi
conflitti armati tra i caudillos unitari e federali e accrescendo la renitenza delle
province nei confronti della guerra, i cui oneri finanziari furono interamente
scaricati sul governo bonearense, già fortemente penalizzato dal blocco navale
brasiliano.
Prive di adeguato supporto finanziario e logistico, le truppe di Martin
Rodriguez, che avevano passato l’Uruguay dal 27 gennaio al 16 febbraio
marciando poi verso il tradizionale campo dell’Arroyo Grande, 140 chilometri
a Nord-Ovest di Montevideo, furono di fatto abbandonate a sé stesse. Formate
da reclute forzate, prive di addestramento, mal inquadrate ed equipaggiate, non
ebbero alcun sostegno da Lavalleja, geloso dell’autonomia orientale: anzi uno
dei capi orientali, Bernabé Rivera, intercettava sistematicamente i rifornimenti
destinati all’esercito alleato. Si aggiunse poi la mancata collaborazione delle
autorità entrerriane, culminata in luglio nel rifiuto di consentire il transito del
reggimento . 13 che intendeva raggiungere Misiones per effettuare una
diversione su Arapiles. Di conseguenza le operazioni terrestri slittarono di un
anno, fino alla seconda invasione del Rio Grande do Sul comandata
personalmente da Alvear. Nel frattempo si svolsero quelle navali per
contrastare, con qualche limitato successo, il micidiale blocco nemico.
125

Le operazioni navali: a) il blocco brasiliano e la vittoria di Juncal (9 febbraio


1826 - 27 febbraio 1829)
Guillermo Brown aveva accettato il 12 gennaio di riprendere il comando della
marina e già il 21 aveva catturato le prime prede: 1 cannoniera e 1 mercantile.
Furono le prime unità della nuova flottiglia argentina, assieme a 2 vecchi
brigantini (Belgrano e Balcarce) richiamati in servizio. Si fece poi ricorso a
sottoscrizioni private per acquistare in Cile 3 gloriose unità della guerra di
indipendenza, le fregate O’Higgins (ex-ammiraglia di Lord Cochrane) e
Independencia e la corvetta Chacabuco, rispettivamente da 1.220, 830 e 450
tonnellate e con 44, 28 e 20 cannoni, ribattezzate 25 de Mayo, Republica
Argentina e Congreso acional, cui si aggiunsero la goletta Sarandì e la
goletta ospedale Pepa.
Inoltre furono ampliati i porti bonearensi della Boca e dell’Ensenada di
Barragan, dove il capitano José Maria Reyes modernizzò l’antica batteria. Il
capitano Martiniano Chilabert (1801-52) ne eresse un’altra a Punta Gorda
(Diamante) utilizzando manodopera entrerriana. Nel 1827, per difendere le
batterie e le installazioni portuali contro le incursioni brasiliane, fu costituito
anche un battaglione di Infanteria de Marina.
Sfruttando i bassi fondali della costa occidentale, che impedivano alle
maggiori unità brasiliane di inseguire le sottili unità argentine, Brown
effettuava veloci sortite dalla fascia di sicurezza per attaccare le navi nemiche.
Nel primo scontro, svoltosi il 9 febbraio a Punta Colares, di fronte a Buenos
Aires, Brown catturò una delle 3 corvette imperiali, la Itaparica, che non fu
riutilizzata, perdendo 1 morto e 25 feriti e rientrando alla fonda di Los Pozos,
poco a Nord della capitale.
Il 26 febbraio Brown si spinse addirittura ad intimare la resa a Colonia,
sprezzando 4 navi e una guarnigione di 1.500 uomini con poderose batterie,
con l’unico risultato di perdere la Belgrano, incagliatasi nel banco dell’Isola di
San Gabriel. L’attacco fu però ripetuto il 1° marzo e stavolta, con
un’incursione notturna, i capitani Leonardo Rosales e Tomas Espora riuscirono
a incendiare il brigantino Real Pedro e ritirarsi sotto intenso fuoco nemico, che
affondò 3 delle loro cannoniere.
L’11 aprile Brown si spinse fino a Montevideo, dove l’ammiraglia 25 de
Mayo perse 13 uomini in due ore e mezza di fuoco con la fregata imperiale
itcheroy, ammiraglia del commodoro Norton. Il 25 maggio Norton tentò di
rovinare la festa nazionale argentina attaccando di sorpresa, con 31 vele, la
flottiglia nemica alla fonda a Los Pozos. Ma il pescaggio impedì alle 7 navi
maggiori di portarsi a distanza di tiro e un deciso contrattacco di Brown
costrinse il nemico a ritirarsi. Identico esito ebbe l’analoga sorpresa tentata l’11
giugno dall’ammiraglio Pinto Guedes, che aveva sostituito Norton. Ma il 29 e
30 luglio la flottiglia fu nuovamente attaccata di fronte a Quilmes: accerchiata
da forze superiori, la 25 de Mayo fu salvata dal resto delle altre navi e
rimorchiata fino alla zona di sicurezza, ma la Rio di Rosales venne affondata.
Tuttavia, rimesse in mare 2 unità, dal 26 ottobre al 25 dicembre Brown scorse
le coste brasiliane fino a Rio de Janeiro, sfuggendo abilmente alla caccia
nemica e tornando incolume a Buenos Aires.
126

L’8 febbraio 1827, mentre Alvear aveva già iniziato l’invasione del Rio
Grande, Brown intercettò all’Isola di Juncal, nell’estuario del Paranà Guazù,
una forza brasiliana equivalente. L’azione fu sospesa dopo 2 ore di fuoco a
causa del forte vento: riprese però il 9, concludendosi con la distruzione o la
cattura di 10 delle 17 unità imperiali. Altre 5, rifugiatesi a Gualeguaychù, si
arresero pochi giorni dopo. Tornando a Buenos Aires, il 24 febbraio Brown
incontrò a Quilmes il resto della squadra nemica, che si sottrasse al
combattimento. Tre giorni dopo Brown catturò altre 4 navi nemiche che
avevano tentato di impadronirsi dei magazzini navali argentini di Villarino,
sulla sponda orientale dell’Uruguay.

Segue: b) la fallita rappresaglia brasiliana su Carmen de Patagones (5-7


marzo 1827)
Reagendo alla doppia sconfitta navale e terrestre subita in febbraio a Juncal e a
Ituzaingò, una squadriglia imperiale di 4 vele e 50 cannoni, al comando
dell’inglese Shepherd, tentò una rappresaglia contro il lontano presidio di
Carmen de Patagones. Sbarcato il 5 marzo con 400 uomini, Shepherd sbagliò
strada, arrivando al Cerro della Caballada, dove venne affrontato e ucciso dal
locale comandante, colonnello Martin Lacarra. Battuta dai cannoni del forte,
affaticata dalla marcia in terreno argilloso, soffocata dal fumo dei campi
incendiati dalle forze irregolari, la colonna cercò di tornare alle navi. Ma
queste erano state catturate la notte del 6 dal capitano Santiago Jorge Bynnon,
comandante della Chacabuco e il 7 la colonna si arrese a discrezione, con 2
bandiere e 28 cannoni.

Segue: c) Brown sulla difensiva (7 aprile 1827 - 11 giugno 1828)


Nonostante la dura sconfitta di Juncal, la squadra brasiliana mantenne il
blocco. Tuttavia le 4 navi prese a Carmen de Patagones avevano raddoppiato la
minuscola flottiglia argentina, incoraggiando Brown a tentare di forzarlo per
compiere una nuova rappresaglia contro le coste brasiliane. Ma la notte sul 7
aprile i 4 brigantini di testa furono intercettati dal nemico e sospinti a Sud di
Quilmes, sull’insidioso banco di Monte Santiago, dove 2 si arenarono. Uno
riuscì ad allontanarsi prima dell’alta marea, ma gli altri tre dovettero sostenere
un’intera giornata di fuoco. Una delle unità arenate fu incendiata dal nemico,
l’altra dall’equipaggio che si mise in salvo sulla Sarandì. Cinque navi
brasiliane subirono avarie e una sesta si arenò.
L’insuccesso di Monte Santiago e la schiacciante superiorità nemica
costrinsero Brown a mettersi sulla difensiva. Tuttavia, se non altro, gli attacchi
imperiali furono sporadici e poco efficaci. Il 2 novembre, mentre tentava di
prendere un legno argentino arenato di fronte alla costa del Sauce, si arenò a
sua volta il lancione del capitano imperiale Santiago Wilson, catturato con 23
uomini dal tenente Prudencio Torres. Cinque giorni dopo i brasiliani
attaccarono Puerto del Salado, incendiando il brigantino Ururao ma perdendo
1 goletta, colata a picco dalla batteria costiera diretta dal comandante del porto,
José Ferrer. Il 15 gennaio 1828, con 1 brigantino e 3 golette, Brown sostenne
all’Ensenada de Barragan uno scontro di esito incerto contro 3 corvette, 3
brigantini e 3 golette brasiliane. L’ultimo scontro navale avvenne alla vigilia
della pace, il 19 giugno. Tornando da una crociera il Brandsen si incagliò a
127

Punta Lara, dove, attaccato dagli imperiali, saltò in aria. Arrivato troppo tardi
per salvarlo, Brown impegnò il nemico in un ultimo combattimento, ritirandosi
al tramonto.

L’organizzazione dell’esercito: a) i cinque battaglioni cazadores


Nel 1825 la fanteria argentina disponeva di 1.531 carabine: ma ne
funzionavano appena 54. Soltanto un anno dopo la fanteria di linea crebbe da 8
a 29 compagnie di 65 uomini, riunite in 5 battaglioni di cazadores, uno su 5 e
quattro su 6 compagnie (4 fusileros, 1 carabineros e 1 volteadores).
I primi 2 battaglioni ( . 1 e . 2) furono costituiti il 22 maggio 1826 per
sdoppiamento del battaglione cazadores del maggiore Agustin Rabelo. Il . 3
de cazadores, autorizzato il 12 settembre 1825, venne costituito al fronte il 17
luglio con reclute e compagnie sciolte. Il 4 agosto gli ultimi due numeri ( . 4 e
. 5 de cazadores) furono attribuiti al Batallon de Fusileros rimasto di
guarnigione nella capitale e al . 1 de linea già inviato nella Banda Orientale. I
battaglioni ebbero i seguenti comandanti:

 . 1 - 22.5.1826 - ten. col. Manuel Correa;


 . 2 - 22.5.1826 - col. José Gabriel Oyuela, poi Ventura Alegre: 1827 F. Sanchez de
Zelis (magg. A. Rabelo);
 . 3 - 17.7.1826 - col. Pablo Zufriàtegui: 30.11 col. Eugenio Garzon (magg. Pedro José
Diaz);
 . 4 - 4.8.1826 (ex-Fusileros) - ten. col. Francisco Sanchez de Zelis: 1827 Mariano
Benito Rolòn: fine 1828 Pedro José Diaz (guarnigione di Buenos Aires);
 . 5 - 4.8.1826 (ex- . 1 linea) - col. Félix Olazabal (1797-1841) poi Antonio Diaz
(magg. Fr. Garcia).

segue: b) dieci reggimenti di cavalleria nella Banda Oriental


Il 10 gennaio 1826 i 3 squadroni di linea mobilitati per la Banda Oriental (3°
husares, 1° coraceros, granaderos saltegni) e la compagnia correntina furono
riuniti nel Regimiento . 1 de caballeria nacional al comando di un oriundo
francese, il colonnello Federico Brandsen (1785-1827) mentre il Batallon
cazadores di Salta e uno squadrone di 150 puntanos di San Luis formarono il
. 2. Il 1° marzo seguì il . 3 su 2 squadroni mentre da Buenos Aires giunse
anche il . 4 de linea.
Il 19 e 30 giugno la cavalleria patricia e il contingente saltegno affluito a
Buenos Aires formarono altri 2 reggimenti di linea ( . 13 e . 14) al comando
del colonnello Antonio Villalba e del tenente colonnello Escolàstico Morgan.
Mentre quest’ultimo andò a guarnire la frontiera di Salta, in agosto il . 13
sbarcò a Gualeguay con l’obiettivo di raggiungere Misiones per effettuare una
diversione su Arapiles. Ma le autorità entrerriane lo obbligarono a reimbarcarsi
e tornare a Buenos Aires, dove fu disciolto.
Ai primi quattro reggimenti ( . 1-4) se ne aggiunsero altri cinque ( . 8, 9,
16, 10 e colorados) fra il 19 luglio e il 30 novembre 1826. Questi nove
reggimenti presero tutti parte all’invasione del Rio Grande e alla battaglia di
Ituzaingò del 20 febbraio 1827. Un decimo ( . 17) arrivò al fronte nel maggio
128

successivo:

 . 1 - 10.1.1826 - col. Federico Brandsen (3° husares, 1° coraceros, granaderos


saltegnos);
 .2 - 10.1.1826 - col. José Maria Paz e ten. col. Daniel Ferreyra (cazadores
saltegnos e puntanos);
 . 3 - 1.3.1826 - col. riformato Manuel Escalada, poi Angel Pacheco (1795-1869)
(2 squadroni);
 . 4 - ?.8.1825 - ten. col. Nicolas Medina (bonearense, arrivato nel maggio 1826);
 . 8 - 19.7.1826 - col. Juan Zufriàtegui (costituito al fronte);
 .9 - 19.7.1826 - col. Manuel Oribe, uno dei “Trentatré Immortali” (Dragones
Orientales);
 . 16 - 4.8.1826 - col. José Olavarria (lanceros bonearensi di Lobos e Lujan);
 . 10 - 30.11.1826 - col. Pablo Zufriàtegui (ctg. prov.minori: costituito al campo
dell’Arroyo Grande);
Colorados - col. Juan Maria Vilela e magg. Mariano Pestagna (riordinato
all’Arroyo Grande);
 . 17 - 14.9.1826 - ten. col. Pascual Pringles (escolta pres. e guardia del Monte,
arrivato nel maggio 1827).

Il 1° agosto 1826 fu costituito anche il . 15, con contingenti di Tucuman e


Catamarca, al comando del governatore di Tucuman, Gregorio Aràoz de
Lamadrid, ma, paralizzato dalla guerra civile, non poté raggiungere il fronte. Il
6 dicembre fu autorizzata la costituzione del . 18, sulla base degli squadroni
formati a San Juan, ma l’unità non venne attivata a causa della guerra civile.

segue: c) la cooperazione tattica tra fanteria e cavalleria


E’ da rilevare che il rapporto tra fanteria e cavalleria, anomalo rispetto ai coevi
canoni europei, corrispondeva a quello dell’esercito brasiliano, nonchè, più in
generale, a quello del minuscolo esercito permanente degli Stati Uniti, dovuto
all’immensa estensione del territorio e alla grande disponibilità di cavalli. Sotto
l’aspetto tattico le battaglie erano scontri all’arma bianca (lancia e sciabola) tra
le opposte cavallerie, ma lo scopo reciproco era di portare gli squadroni nemici
entro il raggio della propria linea di fuoco, formata dai cannoni e dai fucili,
oppure di investire di fianco o alle spalle la linea di fuoco nemica.
L’elementare autodifesa della fanteria, in genere efficace, contro le cariche
all’arma bianca era, com’è intuitivo, il quadrato di fucilieri: con fuoco a righe
alternate, un battaglione poteva frenare l’urto nemico con almeno due scariche
ravvicinate di 30-50 palle per lato, con la probabilità di centrare 5-10 bersagli
(uomini e cavalli) per ciascuna scarica. L’efficacia era esponenzialmente
accresciuta non tanto dai ripari dei fucilieri, quanto dalla quota della posizione,
dalla distanza, dalle asperità del terreno e dalla eventuale cooperazione
dell’artiglieria con scariche a mitraglia.

segue: d) artiglieria, zappatori, maestranza, academia e cuerpo médico


129

Il 9 maggio 1826, con una parte del contingente correntino, venne costituito il
Regimiento de artilleria ligera, comandato dal brigadiere Tomas de Iriarte
(1794-1876), veterano della guerra Peninsulare contro Napoleone. Il materiale
includeva 24 moderni pezzi da campagna (16 cannoni da otto pollici e 8 obici
da sei) aggregati alle unità di cavalleria.
Comandante del parque reggimentale era il famoso ingegnere mendosino fray
Luis Beltran, che aveva comandato il parque dell’Ejército de los Andes e
diretto la maestranza di Mendoza e poi quella peruviana di Trujillo alle
dipendenze di San Martin e Bolìvar. Comandanti di compagnia erano i capitani
Martiniano Chilabert, Benito Nazar, Guillermo Nunoz e José Maria Piran (che
era anche aiutante maggiore), più il capitano aggregato Juan Arangreen.
L’organico includeva 35 ufficiali (2 comandanti di squadrone, 1 sergente
maggiore, 2 aiutanti maggiori, 1 chirurgo, 1 cappellano, 4 capitani, 8 primi
tenenti, 8 secondi e 8 alfieri) e 449 sergenti, caporali e artiglieri. Il reggimento
era ordinato su 2 squadroni di 2 compagnie di 7 ufficiali e 111 militari di
truppa. Alla campagna presero parte però soltanto 15 ufficiali, 15 sergenti, 31
caporali, 13 trombettieri e 410 soldati artiglieri e conduttori.
Nel dicembre 1826 venne costituita anche la compagnia de zapadores de
artilleria al comando del tenente colonnello Domingo Eduardo Trole. Durante
la campagna costruì il primo ponte militare sul rio Tacuarì, presso
l’accampamento di Cerro Largo. All’inizio del 1827 Trole fu promosso
colonnello e capo del departamento de ingenieros del estado mayor particular
del generale Carlos Maria Alvear.
Nel 1827 fu inoltre costituita la maestranza de artilleria, con sede nel Parque
de artilleria della capitale. Impiegava 3 maestros mayores (di herraria y
armeria, di carpenteria e montaggio e misto), 80 artigiani e 15 artiglieri, con
possibilità di impiegare fino a 2 apprendisti per ogni operaio, pagati a giornata
e figli degli artigiani della maestranza. Comprendeva laboratori di armeria
(27), fabbro (24), carpenteria e montaggio (18), fabbrica munizioni (15),
fonderia (3) e botti (3) e lateria (7). Il 20 giugno 1827 la maestranza venne
subordinata ad una comisaria del parque de artilleria con 9 addetti (1
colonnello commissario particolare, 1 sergente maggiore guardamagazzino, 1
capitano aiutante, 1 tenente soprastante pagatore e 3 scritturali e 2 mozos de
confianza).
Il 5 agosto 1828 il generale Manuel Dorrego istituì una academia teorico-
pratica de artilleria per la formazione di ufficiali di artiglieria, alle dipendenze
dell’Inspeccion general e del comandante generale dell’artiglieria e sotto la
direzione di Francisco Biedma. Malgrado la successiva fucilazione di Dorrego,
l’accademia fu mantenuta. Il 17 marzo 1830 vi furono destinati 2 aspirantes
per ciascuna compagnia.
Per effetto della legge 2 gennaio 1826 il chirurgo maggiore della capitale
Mariano Vico divenne tale nell’Ejército acional, ma l’incarico di colonnello
fu poi attribuito a Francisco de Paula Rivero. Il 1° luglio 1826 il cuerpo médico
dell’Ejército de operaciones includeva 17 sanitari: il tenente colonnello
chirurgo principale Muniz, 2 sergenti maggiori primi chirurghi, 3 capitani
secondi chirurghi e 8 tenenti primi e secondi aiutanti chirurghi, più 1 capitano
farmacista con 2 tenenti aiutanti.
130

Le operazioni terrestri: a) la prima invasione del Rio Grande (1° dicembre


1826 - 19 febbraio 1827)
Come si è detto, sul fronte terrestre non vi furono operazioni di rilievo per
tutto il 1826, a parte, il 17 marzo e il 13 luglio, le modeste incursioni del
maggiore José Maria Rana a Belen e del capitano Claudio Verdun alla Punta
del Hospital. Ma il 6 agosto la partida di Verdun fu annientata alla Salida delle
Palme. Di conseguenza, come era avvenuto nella prima campagna orientale del
1812-14, i brasiliani mantennero il controllo delle piazzeforti costiere di
Colonia, Montevideo e Punta del Este e delle comunicazioni marittime e
fluviali.
Lo stallo fu sbloccato soltanto in luglio, quando Alvear assunse il comando
delle truppe accampate agli arroyos Grande e Toledo, riorganizzandole e
inquadrandovi anche i dragones orientali di Manuel Oribe. In dicembre,
lasciato Rodriguez al campo con 500 cavalieri ( . 10), Alvear iniziò
l’offensiva per tagliare le comunicazioni tra Rio Grande e Cisplatina, con
2.600 fanti, 400 artiglieri e altri 4.000 cavalieri - 8 reggimenti riuniti in due
cuerpos de ejército, il II al diretto comando di Alvear ( . 1-4 e 8-16) e il III
di Soler ( . 2-3 e 9-colorados). Raggiunto il Cerro Largo e gittato un ponte
sul Rio Tacuarì, Alvear fece tappa a Melo, varcando poi l’arroyo delle Canne e
risalendo il Rio Yaguaron fino a Bagé, primo villaggio in territorio
riogradense.
Di qui il 31 gennaio mosse in direzione Nord-Est, superando il forte di Santa
Tecla e varcando il Rio Camacuà per minacciare il marchese di Barbacena,
attestato con 9.000 uomini (5 battaglioni e 9 reggimenti di cavalleria) ai piedi
della Sierra di Camacuà. Barbacena non dette battaglia e Alvear continuò la
marcia a Nord-Ovest con la sinistra al Rio Yaguarì - Santa Maria e la destra
protetta dal Rio Bacacay. Raggiunta Batovì, Alvear piegò nuovamente a Nord-
Est raggiungendo il Bacacay a San Gabriel quasi contemporaneamente a
Barbacena, il quale, passato il fiume più a valle, intendeva dare battaglia sulla
riva sinistra.
Il 13 febbraio, con le pattuglie avanzate del . 8, Lavalle prese contatto con un
distaccamento dell’avanguardia nemica (1.100 uomini, generale Bentos
Manuel Rivera), costringendo Barbacena a ritirarsi più a Nord, con l’intento di
schierarsi dietro il Rio Ibicuy. Alvear spiccò a inseguirlo il brigadiere Lucio
Mansilla con 800 cavalieri ( . 1, 2 e 16), che il 15 febbraio raggiunsero la
retroguardia imperiale mentre passava il Rio Ibicuy al guado di Ombù, dove si
svolse un sanguinoso combattimento.
Comprendendo di non poter proseguire l’avanzata, Alvear decise allora di
piegare ad Est per rientrare nella Cisplatina e, guadato il Rio Cacequi, affluente
dell’Ibicuy, il 19 febbraio, con l’avanguardia, raggiunse il guado del Rosario
do Sul sul confluente Rio Santa Maria. Ma il fiume era in piena e Alvear fu
costretto ad acquartierarsi nei corrales. Intanto Barbacena aveva varcato Ibicuy
e Cacequi e risalito il Santa Maria, sostando dietro le alture a Nord del nemico.

segue: b) la battaglia di Ituzaingò (20 febbraio 1827)


La sera del 19 Alvear si rese conto che la battaglia era inevitabile. Ma non
poteva sostenerla con le spalle ad un fiume in piena, in un terreno inadatto alla
131

cavalleria e in una valle dominata da alture prossime al nemico. Decise allora


di occuparle con gli unici reparti disponibili, il battaglione . 5 di Olazabal e la
batteria del capitano Chilabert, ai quali dette l’ordine di farsi uccidere sul posto
piuttosto che arrendersi. Durante la notte Olazabal e Chilabert occuparono la
costa meridionale delle alture, sopra la sinistra del ruscello Ituzaingò, affluente
del Santa Maria.
Convinto che Alvear stesse guadando il Santa Maria e che il battaglione di
Olazabal fosse la retroguardia, anzichè l’avanguardia dell’esercito nemico, alle
sei del mattino Barbacena occupò le alture sulla destra dell’Ituzaingò,
dirimpetto al caposaldo argentino. Aveva 9.000 uomini e 5 cannoni: il suo
capo di stato maggiore, maresciallo Gustavo Enrique Brown, aveva assunto il
comando della 1a Divisione di destra (brigadiere Barreta) mentre il brigadiere
Calado comandava la 2a di sinistra.
Poco prima dello scontro, Alvear fece in tempo a schierare a sinistra di
Olazabal la cavalleria scelta di Julian Laguna, reiterando l’ordine di resistere
ad oltranza. Con tre furiose cariche Laguna rallentò l’attacco dei 5 battaglioni
brasiliani, costringendoli a formare i quadrati, ma poi la fanteria imperiale
riprese ad avanzare, contrastata dal fuoco dei cazadores di Olazabal.
La valorosa resistenza del caposaldo dette il tempo ad Alvear di far affluire le
altre unità man mano che arrivavano, schierandole opportunamente su una
linea estesa quanto quella nemica, in modo da evitare l’accerchiamento.
Appena arrivati, il reggimento . 8 e lo squadrone coraceros sostituirono
l’esausta cavalleria di Laguna. Poi caricarono anche i reggimenti . 1, 2 e 3 e i
brasiliani, temendo a loro volta di essere accerchiati, ripassarono il ruscello
guadagnando le posizioni di partenza. Alvear ebbe così il tempo di completare
lo schieramento, per un totale di quasi 7.000 uomini:

26 compagnie di cazadores ( . 1 Correa, 2 Zelis, 3 Garzon e 5 Olazabal);


19 squadroni ( . 1 Brandsen, 2 Paz, 3 Pacheco, 4 Medina, 8 J.Zufriategui, 9
dragones Oribe, 16 lanceros Olavarria, colorados Vilela);
2 compagnie del . 7 coraceros (aggregate al . 4 di Medina).

All’ala destra, Lavalleja caricò coi dragones orientali e i coraceros


bonearensi, mettendo in fuga i 5 reggimenti di cavalleria comandati dal
brigadiere Abreu. I 2 battaglioni della sinistra brasiliana riuscirono a fermarlo,
ma poi ripiegarono sotto la carica dei reggimenti 8 e 16 lanceros. Quest’ultimo
cooperò poi con la carica dell’ala sinistra, condotta da Lavalle con altri 2
reggimenti bonearensi ( . 4 e colorados), che scompagnò anche l’ala destra
nemica, formata dalla 2a brigata leggera (2 reggimenti) di Bentos Manuel
Gonçalves.
Ma i 3 battaglioni imperiali del centro (tra cui il . 27 alemanno) ripresero
l’avanzata contro i primi tre battaglioni cazadores, sia pur rallentati dalle
cariche di Paz e Brandsen, caduto alla testa del suo reggimento ( . 1). Tuttavia
Barbacena non osò continuare il combattimento, per non rischiare
l’accerchiamento e la distruzione dell’esercito, e a mezzogiorno ordinò la
ritirata. Aveva perso 1.200 uomini contro 397 (quasi tutti di cavalleria: i
cazadores del . 5 ebbero soltanto 3 morti e 6 feriti).
132

segue: c) la seconda invasione del Rio Grande (13 aprile 1827 - 15 aprile
1828)
Debolmente inseguito, Barbacena protrasse la ritirata fino al 3 marzo, mentre
Alvear si attestò a Corrales, 150 chilometri a Sud-Ovest del guado di Rosario
do Sul e 100 a Ovest di Bagé. Riorganizzate le truppe, il 13 aprile Alvear
riprese l’offensiva contro il Rio Grande e il 18, dopo cinque giorni di marcia
sotto una pioggia torrenziale, entrò nuovamente a Bagé. Ripetendo la manovra
compiuta due mesi prima, il 23 aprile 2.500 cavalieri argentini e orientali ( . 1,
2, 8 e 9) varcarono il Camacuà Chico per sorprendere 1.600 brasiliani, i quali
riuscirono a sganciarsi con 50 perdite. Gli argentini tornarono a Bagé per Santa
Tecla, tuttavia l’azione provocò la dispersione delle 3 divisioni imperiali e lo
stesso giorno Barbacena fu sostituito dal generale Carlos Federico Lecor.
Ma Alvear rimase bloccato a Bagé per mancanza di cavalli e il 16 maggio
dovette distaccare Lavalle a procurare nuove cavalcature. La colonna si spinse
a Sud-Est verso la Laguna Mirim. Raggiunta Yerbal il 21 senza aver trovato un
solo cavallo, nel viaggio di ritorno Lavalle fu molestato da 200 irregolari di
Calderon e Yucas Teodoro, con i quali ebbe uno scontro il 25.
Il 19 agosto 1827 un distaccamento di 400 uomini, agli ordini del colonnello
Isaac Thompson, fallì un attacco contro la munita fortezza di Punta del Este,
espugnata però il 28 con l’apporto degli orientali di Arellano. Nel 1827 i
colorados e i dragones orientales fecero una diversione sul Cerro Largo e nel
1828 accamparono successivamente a Sarandì, agli arroyos delle Canne e del
Chivy, a Tacuarì e Sarandì.
L’ultima operazione terrestre fu una seconda spedizione verso Yerbal e la
Laguna Mirim alla ricerca di cavalcature fresche. La guidò Lavalleja, il quale si
spinse poco più a Sud di Yerbal, fino all’accampamento nemico di Padre
Filiberto, dove, il 22 febbraio 1828, sostenne uno scontro con gli avamposti.
Ritiratosi, lasciò in retroguardia Laguna con il . 16, che il 15 aprile,
all’arroyo delle Canne, fu sorpreso da 3 battaglioni e 3 reggimenti imperiali
comandati dal maresciallo Brown e costretto a ritirarsi su Melo (Cerro Largo)
con gravi perdite.

Il governo Dorrego e la pace di Montevideo (27 agosto 1828)


Intanto le proteste dell’Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti costrinsero
i brasiliani a togliere il blocco navale a Buenos Aires. Ma quando l’Inghilterra
convinse il Brasile a riconoscere l’indipendenza dell’Uruguay, Rivadavia fu
accusato di aver compromesso la sovranità argentina e costretto alle
dimissioni. Gli successe di fatto il suo principale accusatore, il colonnello
progressista Manuel Dorrego (1787-1828), capo dei federalisti bonearensi.
Ma fu proprio il governo Dorrego, pressato dall’Inghilterra, a negoziare la
convenzione preliminare di pace firmata a Montevideo il 27 agosto 1828 dai
rappresentati argentini Juan Ramon Balcarce e Tomas Guido. Entrambe le
potenze rinunciavano alle rispettive pretese sulla Banda Oriental, che
diventava stato indipendente sotto la garanzia congiunta delle potenze
confinanti. Sospesa dalla successiva caduta di Dorriego e dalla guerra civile, la
ratifica argentina slittò al luglio 1830, quando il governo Rosas riconobbe
133

formalmente l’indipendenza uruguaiana.


Per effetto della convenzione la 2a Division del brigadiere José Maria Paz, o
Division argentina de observacion, composta da 1 battaglione cazadores ( . 3)
e 5 reggimenti di cavalleria di linea ( . 1, 2, 8, 9 e 17) rimase nella Banda
Oriental fino all’insediamento del nuovo governo uruguayano. La Divisione si
reimbarcò il 1° gennaio 1829 a seguito della guerra civile nel frattempo
scoppiata in Argentina.
134

3. - LA GUERRA CIVILE
E LA VITTORIA FEDERALE
(1826-31)

La guerra del ordovest (9 ottobre 1826 - 6 luglio 1827)


Come si è accennato, lo sforzo bellico contro il Brasile fu debilitato dalla
contemporanea guerra civile tra i caudillos unitari e federali per il controllo
delle nove province occidentali. Prodromi della guerra furono i colpi di stato
federali a Mendoza e San Juan e quello unitario a Tucuman. E’ interessante
osservare che a determinare il successo del colpo di stato mendosino fu proprio
Juan Lavalle, futuro e ultimo campione della causa unitaria. Infatti il 28 giugno
1824 Lavalle intervenne, su richiesta di José Cabrero e Lorenzo Barcala,
comandanti di due corpi di milizia mendosina, in appoggio alla sollevazione
contro il governatore unitario José Albino Gutierrez, passato poi al governo
della Catamarca. Analogo intervento compì a San Juan, il 9-10 settembre
1825, il brigadiere Félix Aldao, il quale, organizzata con milizie mendosine
una Division auxiliar de los Andes, sconfisse a Las Lemas i ribelli unitari di
Placido Fernando Maradona e rimise in carica il governatore Salvador Maria
del Carril, che era stato deposto il 26 luglio.
Fu invece il colonnello unitario Gregorio Aràoz de Lamadrid a deporre e
sostituire, nel novembre 1825, Javier Lopez, caudillo federale di Tucuman. Nei
mesi seguenti Lamadrid promosse una lega unitaria con Gutierrez e Juan
Antonio Alvarez de Arenales, caudillos di Catamarca e Salta, alla quale si
contrappose la lega federale stretta da Juan Bautista Bustos, Facundo Quiroga e
Santiago Felipe Ibarra, caudillos di Cordoba, La Rioja e Santiago del Estero.
Il 9 ottobre 1826 la milizia riojana, comandata dal capitano Pantaleon
Argagnaràz, sconfisse a Coneta le truppe unitarie di Gutierrez, installando a
Catamarca il colonnello federale Felipe de Figueroa. In due settimane, ripreso
il potere grazie a truppe tucumane, Gutierrez fu nuovamente deposto dai
riojani di Figueroa e, inevitabilmente, gli eserciti delle due province, forti
entrambi di 1.000 uomini, si dettero battaglia il 27 ottobre a El Tala. Lamadrid
ebbe la peggio, ma, salvato da una donna, sopravvisse a nove sciabolate e ad
una pallottola a bruciapelo.
Per quasi due mesi le truppe riojane devastarono la provincia tucumana,
ritirandosi poi di fronte all’esercito saltegno del generale Francisco Bedoya,
spedito da Arenales in soccorso di Lamadrid. A loro volta i saltegni invasero
La Rioja, rallentati dai difensori con la tattica della “terra bruciata”. Il 31
dicembre, quando era già in vista della capitale nemica, Bedoya fu richiamato
da Arenales per reprimere la rivolta nel frattempo scoppiata a Salta per opera
di Francisco Gorriti. Il 7 febbraio 1827, mentre stavano tornando a Salta, i
soldati di Bedoya furono circondati e massacrati a Chicana dai ribelli di
Gorriti: uno solo scampò all’eccidio. Arenales riparò in Bolivia, ma il nuovo
governatore continuò la sua politica, inviando nuovi rinforzi a Lamadrid,
reintegrato al governo di Tucuman.
Riorganizzato l’esercito tucumano, Lamadrid aperse un nuovo fronte
135

spiccando contro Ibarra il colonnello Jerònimo de Helguera, battuto però dalle


forze riojane e santiaguegne il 29 giugno a Palma de Redonda. La battaglia
decisiva avvenne il 6 luglio al Rincon o Manantial, a 10 chilometri da
Tucuman, dove Lamadrid fu sconfitto da Quiroga e costretto a raggiungere
Arenales in Bolivia. Fuggì anche Gorriti, prevenendo l’imminente rivoluzione
federale di Salta. In tal modo tutte le province occidentali fino a Santa Fe
restavano in mano ai caudillos federali. E le successive dimissioni di
Rivadavia, sostituito da Dorrego, completarono il trionfo dell’idea federale
anche nella provincia bonearense, seppellendo la costituzione unitaria del
1826.

Il governo Lavalle, la ribellione di Rosas e l’intervento di Lopez (1°


dicembre 1828 - 29 marzo 1829)
Restava però in piedi l’esercito nazionale (ma di fatto bonearense), agguerrito
da due anni di campagna contro l’esercito imperiale e furibondo per la svendita
diplomatica della gloriosa vittoria di Ituzaingò. Non più controllato da Alvear,
rimosso assieme a Rivadavia, le due divisioni nazionali erano rimaste al
comando dei generali Paz e Lavalle. Come abbiamo visto, quest’ultimo aveva
dato nel 1824 un contributo decisivo alla ribellione federale mendosina, ma la
polemica con Dorrego lo riavvicinò alla fazione unitaria, vinta ma non doma. Il
trattato di Montevideo consentì loro di ritorcere l’accusa di tradimento contro
Dorrego, il quale reagì sospendendo la libertà di stampa. Ma intanto tornava la
1a Divisione nazionale al comando di Lavalle, che il 1° dicembre occupò
piazza della Vittoria con i lanceros di Olavarria, i cazadores di Olazabal e i
colorados di Vilela, impadronendosi della Fortaleza. La sera stessa, arringata
dal dottor Julian Segundo Aguero, un’assemblea popolare riunitasi nella
cappella di San Rocco dichiarò decaduto Dorrego eleggendo governatore
Lavalle, il cui primo atto fu lo scioglimento della legislatura. In suo sostegno
venne costituita anche una Legione formata dai residenti francesi e italiani.
Il governatore spodestato raggiunse Juan Manuel Rosas, che aveva già riunito
2.000 colorados federali. Stimando però di non potersi opporre da soli ai 1.500
veterani di Lavalle, i due capi federali invocarono l’intervento del caudillo
santafesino Estanislao Lopez. Il 6 dicembre, delegato il potere politico al
contrammiraglio Brown, Lavalle marciò su Navarro, 80 chilometri a Sud-
Ovest della capitale, dove si trovava il suo nemico. L’8 Dorrego respinse la
resa onorevole offertagli da Lamadrid e il 9 si fece sconfiggere in battaglia,
ritirandosi poi verso Areco con gli ultimi seguaci. Catturato dagli inseguitori,
fu riportato a Navarro, dove il 13 venne fucilato per ordine di Lavalle.
La fucilazione di Dorrego determinò la coalizione delle otto province più
agguerrite (Cordoba, Mendoza, San Luis, San Juan, La Rioja, Santiago del
Estero, Santa Fe e Entre Rios). Neutrali rimasero soltanto le quattro
settentrionali, Tucuman, Catamarca, Salta e Corrientes, già devastate dalla
guerra precedente. La coalizione ebbe però un valore esclusivamente politico e
non militare: non venne infatti costituito alcun esercito comune, benchè Lopez
si autonominasse “primo generale della Confederazione”, dando a Rosas
(ripiegato a Rosario dopo la sconfitta di Navarro) il titolo di “secondo”.
Intanto Lavalle venne rinforzato dalla 2a Divisione nazionale di Paz,
rimpatriata dalla Banda Oriental ai primi di gennaio. L’asse strategico della
seconda guerra bonearense - santafesina fu ancora una volta il Paranà. Il primo
136

scontro si ebbe il 28 gennaio 1829 all’avamposto federale dell’arroyo del


Medio (confine interprovinciale), sorpreso da una pattuglia di 17 husares
lavallisti. Il 5 febbraio, al Rincon di Santa Fe, vi fu una sparatoria tra 150
montoneros santafesini e l’equipaggio della goletta Sarandì. Ma l’insurrezione
federale della campagna bonearense aperse stavolta un nuovo fronte a Sud
della capitale. Il 7 febbraio, alla Laguna delle Palmette, 500 montoneros rosisti
di Manuel Mesa e José Luis Molina furono annientati dai colonnelli Isidoro
Suarez e Juan Pascual Pringles con reparti del . 5 husares e del . 17.
Pronto ormai a marciare contro i santafesini, Lavalle lasciò a fronteggiare i
rosisti, a Nord-Ovest e a Sud della capitale, i colonnelli Federico Rauch e
Ramon Estomba. L’uccisione di quest’ultimo, comandante della Frontera Sur
(2 squadroni del . 7 e 1 compagnia di fanteria a Fortaleza Protectora
Argentina, Bahia Blanca) determinò subito lo sbandamento della colonna.
Rauch fu invece sorpreso e ucciso il 28 febbraio alle Vizcàcheras presso il Rio
Salado. Il 29 marzo, nello stesso luogo, subì identica sorte anche il colonnello
del . 4 Nicolas Medina, attirato nell’imboscata con un finto attacco su Monte.

Il successo di Paz e la sconfitta di Lavalle (3 aprile - 26 giugno 1829)


Secondo la tattica abituale, le montoneras santafesine non avevano opposto
resistenza all’avanzata di Lavalle il quale, raggiunta inutilmente San Lorenzo,
si rassegnò alla ritirata. Congiuntisi il 3 aprile a Desmochados, Lavalle e Paz
decisero di aprire un nuovo fronte a Cordoba, dove Paz si diresse con la sua
divisione veterana. Bustos si attestò a San Roque con le sue forze, costituite
dagli avanzi, invecchiati e infiacchiti, del vecchio Ejército del orte
ammutinatosi nove anni prima ad Arequito. Ignorando le offerte di negoziato
avanzate da Bustos, il 22 aprile, con una manovra sul fianco nemico, Paz
sbandò le truppe cordobesi, i cui capi si rifugiarono dal caudillo riojano
Quiroga.
Rimasto a Buenos Aires, Lavalle annaspava contro l’insidiosa guerriglia
rosista e la crescente erosione del suo potere, per giunta ingolfato in un
pericoloso braccio di ferro diplomatico con il console francese Mendeville,
insorto contro l’inutile disposizione del 1° aprile che negava i passaporti
d’uscita dalla capitale agli stranieri che non avessero previamente adempiuto
all’obbligo di farsi registrare nei ruoli della milizia. Ormai con l’acqua alla
gola, il 14 aprile spedì perfino emissari da San Martin ad offrirgli, invano, il
comando militare e politico della provincia.
Intanto Lopez era passato all’offensiva, accampandosi con Rosas alla Finca di
Alvarez, sulla sinistra del Rio Las Conchas, poco a Nord della capitale nemica.
La notte sul 25 aprile Lavalle sorprese il campo nemico, ma la cavalleria
santafesina si disperse abilmente senza dare battaglia. Il giorno seguente
Lavalle tentò nuovamente di annientare le forze di Rosas al Ponte di Marquez
sul Rio Matanza (attuale Rio Reconquista), ritirandosi poi senza risultati
decisivi ai Tapiales di Altolaguirre, a 4 leghe da Buenos Aires. Di ritorno in
città, il 29 e 30, la cavalleria unitaria disperse due montoneras presso la Chacra
di Larrea e al Paso di Burgos.
Le due operazioni consentirono comunque di ristabilire un avamposto di 325
fanti e 1 cannone all’arroyo del Medio, dove il 6 giugno il generale Ignacio
Alvarez respinse un’incursione di 400 montoneros. Ma, a seguito del
137

contenzioso con Mendeville, il governo Lavalle dovette subire una grave


umiliazione, perchè il 21 maggio il comandante della squadra francese,
visconte di Venancourt, sequestrò varie navi argentine, col pretesto di cercare
eventuali prigionieri francesi.
Il braccio di ferro, strumentalizzato da Rosas, si concluse il 2 giugno col
rilascio delle navi, ma contribuì a favorire una soluzione politica del conflitto
bonearense. Così il 24 giugno, a Cagnuelas, Rosas e Lavalle firmarono la
cessazione delle ostilità e l’elezione di un nuovo governatore al di sopra delle
parti, concordando in una clausola segreta sul nome di Félix Alzaga e su una
lista dei deputati che dovevano comporre la nuova legislatura provinciale. Le
elezioni si svolsero due giorni dopo, ma videro il trionfo della lista ufficiale
unitaria anzichè di quella segretamente concordata con Rosas. Così, cedendo
alle proteste di Rosas, Lavalle annullò le elezioni, disgustando in tal modo
anche gli ultimi seguaci.
Intanto Cordoba era stata nuovamente sconvolta dal vano intervento di
Quiroga per rimettere al potere Bustos. Falliti in maggio una prima incursione
e un successivo tentativo di ottenere rinforzi puntani, ai primi di giugno
Quiroga operò una seconda invasione da Rio Cuarto (190 chilometri a Sud-
Ovest di Cordoba). Paz gli mosse incontro con 2.500 veterani, lasciando
indifesa la capitale della provincia, subito occupata con abile manovra
dall’intero esercito riojano. Lasciatavi la fanteria, il caudillo si attestò con
1.500 cavalieri alla Tablada, dove il 22 giugno fu attaccato da Paz. Le furiose
cariche di Aldao e Quiroga, già contenute dalle controcariche di Lamadrid e
Pringles, si schiantarono contro il fuoco dei cazadores ( . 5) sostenuti da 2
cannoni. Il giorno seguente, riuniti gli ultimi 1.000 cavalieri, Quiroga piombò
sulla retroguardia dell’esercito unitario in marcia verso Cordoba. Benchè
imbottigliati in una strettoia, i veterani di Paz riuscirono tuttavia a
contrattaccare e disperdere i riojani.

Il trionfo di Rosas (24 agosto - 6 dicembre 1829)


Al successo di Paz corrispose la definitiva estromissione di Lavalle, che il 24
agosto, a Barrancas, sottoscrisse le dure condizioni pretese da Rosas, vale a
dire il suo allontanamento da Buenos Aires e la designazione del generale Juan
José Viamonte come governatore interinale fino alla convocazione della
legislatura provinciale. Quest’ultima si riunì il 1° dicembre, anniversario del
suo scioglimento da parte di Lavalle, che nel frattempo si era rifugiato in
Uruguay.
Sei giorni dopo Rosas fu eletto governatore e capitano generale della provincia
bonearense e la legislatura provinciale gli conferì poteri straordinari. Appena
entrato in carica lanciò tre distinti proclami, uno al popolo, un altro alle due
forze armate e il terzo alle milizie della provincia, nel quale faceva intendere di
considerarle il vero pilastro del suo governo. Tra i primi atti di governo, il 27
gennaio e il 20 marzo 1830, vi furono la restituzione ai proprietari dei cavalli
requisiti a seguito del decreto 23 maggio 1829 e l’aumento della metà delle
paghe e delle pensioni militari, raddoppiate per le truppe di frontiera,
adeguandole al caro vita verificatosi nell’ultimo quadriennio.
Ma al tempo stesso Rosas tenne a presentarsi come lo scrupoloso difensore
della legalità repubblicana, respingendo come “pericolosi per la libertà del
138

popolo”, due progetti di legge del 9 dicembre che dichiaravano “libelli


diffamatori” gli scritti antirosisti pubblicati sotto il governo Lavalle, gli
conferivano il grado di brigadiere e gli dedicavano una medaglia d’oro della
Provincia bonearense quale “restaurador de sus leyes” e col motto, ispirato
all’esempio di Cincinnato, “cultivò su campo y defendiò la patria”.

La sconfitta di Quiroga e la Liga del Interior (7 gennaio - 5 luglio 1830)


Con l’esilio di Lavalle l’esercito di Paz era adesso l’unico ostacolo alla vittoria
dei federali. Ma, lungi dal chiudersi nella roccaforte cordobese, Paz tentò di
distruggere l’esercito riojano, perno del potere federale, ma il 7 gennaio 1830 il
distaccamento del colonnello Justo Lobo fallì con gravi perdite l’attacco su
Ancaste, dov’era accampato il generale José B. Villafagne, vicecomandate
riojano. Poi lo stesso Quiroga invase nuovamente Cordoba con truppe fresche
e il 18 febbraio Paz gli mosse nuovamente incontro. Il 24, quando si trovava
ormai prossimo al campo nemico di Oncativo (60 chilometri a Sud-Est di
Cordoba), Paz ricevette emissari di Rosas con la proposta di una soluzione
negoziale.
Tuttavia, non potendo costoro garantirgli il ritiro delle forze riojane dalla
provincia invasa, Paz proseguì l’avanzata e all’alba del 25 febbraio attaccò con
tutte le forze, su tre colonne, la sinistra federale, dove Quiroga fece convergere
la cavalleria dell’ala destra. La carica di Lamadrid e Juan Gualberto Echeverria
si infranse sugli 8 cannoni riojani, ma la cavalleria di riserva guidata da Juan
Esteban Pedernera disordinò la sinistra federale, subito caricata anche dalla
fanteria del colonnello José Maria Vilela. I federali cominciarono a perdere
terreno, lasciando scoperta la fanteria del centro, che si difese valorosamente
dentro un boschetto finchè non fu costretta ad arrendersi. Paz guidò
personalmente, per 30 chilometri, l’inseguimento dei resti della cavalleria
federale. Quiroga riuscì a salvarne soltanto una piccola parte, con la quale
raggiunse Buenos Aires mettendosi sotto la protezione di Rosas.
Padrone ormai dell’Interno, Paz spiccò i suoi luogotenenti a deporre i
governatori federali delle province limitrofe: Lamadrid alla Rioja, Santiago
Albarracin a San Juan, José Videla Castillo a Mendoza, Roman Deheza a
Santiago del Estero. Queste province, con quelle di Tucuman, Salta, Jujuy,
Catamarca e Cordoba formarono il 5 luglio una Liga del Interior, riconoscendo
a Paz il supremo comando militare.

Il Pacto Federal e l’annientamento degli unitari (4 gennaio - 4 novembre


1831)
Il 4 gennaio 1831 Rosas e Lopez replicarono con il Pacto Federal, una
alleanza offensiva e difensiva fra le province del Litorale (Buenos Aires, Santa
Fe, Entre Rios e Corrientes) che, pur riconoscendo la più larga autonomia
interna alle province confederate, assegnava a quella bonearense la direzione
generale delle relazioni esterne e delle forze armate. Il piano strategico
prevedeva una controffensiva di Quiroga su Rio Cuarto, una di Ibarra su
Santiago del Estero e un’offensiva su Cordoba dei santafesini di Lopez e dei
federali cordobesi di Francisco Reynafé, sostenuti, non appena possibile, da un
contingente bonearense al comando di Balcarce, affiancato da Martinez quale
capo di stato maggiore.
139

Era però subito disponibile la forza di sicurezza del distretto settentrionale,


composta da 3 reggimenti bonearensi ( . 5 husares e . 4 e 6 colorados) e 600
miliziani santafesini, con la quale il 1° aprile 1830 il colonnello Angel Pacheco
aveva affrontato e respinto una incursione indiana. Questa forza fu la prima ad
entrare in azione contro Paz e già il 5 febbraio 1831 sbaragliò a Fraile Muerto
(Bell Ville) la Divisione Pedernera, aprendo a Quiroga la strada di Rio Cuarto.
I santafesini mossero su Cordoba il 4 febbraio: il 16 e il 17 le colonne di testa
(colonnello Agustin Sosa e comandante José Diaz) sorpresero reparti unitari di
sicurezza a El Tio (130 chilometri a Est di Cordoba) e alla Posta de Miranda. Il
1° marzo Sosa respinse a Totoral Chico, con 60 perdite, il maggiore Mariano
Santibagnez. Il 3 marzo Paz e Lopez si affrontarono in una incerta battaglia
d’incontro a Calchines, a 80 chilometri da Cordoba.
Seguirono sei scontri minori, cinque dei quali vinti dai federali: Francisco
Reynafé e Manuel Lopez il 7 marzo a Totoral Chico e all’Arroyo San José,
Saturnino Arredondo il 5 aprile al passo del Carnero, Gervasio Espinosa il 9 al
Manantial, Dionisio Coronel il 13 a Loreto. L’unico successo unitario lo
riportò José Diaz il 18 aprile a Binara, contro il caudillo Severo Avila. I
cacicchi Payné, Guete e Piena approfittarono della guerra civile per effettuare
un malon alla frontiera cordobese. Il 7 maggio Sosa ne raggiunse una parte ai
campi della Barranquilla recuperando 600 cavalli e 4.000 vaccine.
Intanto era entrato in azione anche Quiroga, che il 5 marzo aveva ottenuto la
resa di Rio Carto catturandovi 400 fanti cordobesi. Pringles aveva salvato la
cavalleria, ma, inseguito dal colonnello José Ruiz Huidobro, era stato sorpreso
e ucciso il 18 marzo presso Rio Cuarto. Il 24 un distaccamento di Quiroga era
penetrato a Las Catitas (Mendoza), tagliando le comunicazioni di Paz con la
provincia cuyana. Il 28 l’intero esercito di Quiroga aveva attaccato al Rodeo
del Chacon la divisione del colonnello José Videla Castillo, forte di 2.000
uomini. La fanteria unitaria aveva sostenuto le cariche della cavalleria federale,
disperdendosi però durante la ritirata.
Tenendosi sulla difensiva, Paz conservava ancora la capitale e metà delle sue
forze, ma l’imminente arrivo di Balcarce lo obbligava ad una disperata lotta
contro il tempo. Così si risolse a dare battaglia contro Lopez: ma il 10 maggio,
mentre effettuava una ricognizione alla Lagunilla, presso El Tio, fu agganciato
da due luogotenenti di Reynafé, Esteban Costa e Bartolo Benavidez. Al calar
della notte Paz cercò di esfiltrare, ma, riconosciuto, venne catturato. Assunto il
comando, Lamadrid ricondusse la cavalleria a Cordoba, ma all’avvicinarsi di
Quiroga dovette risolversi ad evacuare la capitale, rifugiandosi a Tucuman.
Dopo la schiacciante vittoria riportata il 31 maggio ad Andalgalà dai riojani di
Figueroa contro gli unitari di Gorriti, l’inverno sospese l’offensiva federale.
Ma il 10 ottobre Quiroga marciò su Tucuman. Il 16, a Miraflores, gli unitari
respinsero l’avanguardia del colonnello Juan de Dios Vargas e il 20 Javier
Lopez sconfisse a Rio Hondo la colonna santiaguegna di Felipe Ibarra. Questi
rovesci non fermarono però la marcia di Quiroga.
Il 4 novembre, dopo aver percorso 1.500 chilometri in 24 giorni, 1.700
federali attaccarono 1.950 unitari, che Lamadrid aveva schierato davanti alla
cittadella di Tucuman, con la fanteria e i pezzi al centro e la cavalleria alle ali.
La cavalleria federale le attaccò simultaneamente: prima a cedere fu la destra di
Javier Lopez, poi la sinistra di Pedernera. La fanteria unitaria, formata dal
vecchio . 2 de cazadores del tenente colonnello José Videla del Castillo,
140

resistette due ore e mezzo: poi, perduti i cannoni, i 250 veterani di Ituzaingò
furono acuchillados dai loro fratelli argentini. Anche i 33 capi unitari che si
erano arresi furono giustiziati sul posto per ordine di Quiroga. La guerra era
finita.
141

4. LA POLITICA MILITARE
DELL’HACE DADO ROSAS
(1829-36)

La expedicion al desierto (20 gennaio - 25 novembre 1833)


Il 1832 fu il primo anno, dopo ben ventisei, trascorso interamente senza che
sangue argentino fosse versato in battaglia. Ma Rosas lo impiegò per preparare
l’expedicion al desierto, con la quale intendeva risolvere una volta per tutte,
con la massima durezza, la secolare questione indiana, stabilendo una frontiera
sicura dalle Ande alla Patagonia.
La spedizione, nominalmente comandata dal brigadiere Quiroga, già malfermo
in salute, prevedeva un’avanzata su tre colonne parallele. Rosas, che nel
dicembre 1832 aveva lasciato il governatorato a Balcarce, si aggregò alla
Divisione Izquierda (orientale) del colonnello maggiore Angel Pacheco, che
doveva raggiungere il Rio Colorado e fare ricognizioni sul Rio Negro a monte
di Choele Choel e fino alla confluenza col Neuquen. Ruiz Huidobro e Aldao
assunsero invece il comando delle Divisioni Central e Derecha (occidentale),
che dovevano proteggere i fianchi e le retrovie di Rosas e Pacheco
raggiungendo, rispettivamente, il Rio Colorado e la confluenza dei fiumi
Neuquen e Limay alle falde della Cordigliera andina.
Con base a Monte, la Divisione bonearense era la più forte:

1 battaglione negro (Libertos);


2 picchetti dei battaglioni Guardia Argentina e Defensores del Honor acional;
5 squadroni di cavalleria di linea ( . 3, 4, Escolta) e blandengues ( . 2 e 6);
1 picchetto di cavalleria di linea ( . 5 husares);
1 squadrone di caballeria patricia (Lanceros de Buenos Aires);
2 reggimenti colorados ( . 9 e 10);
1 reggimento sanjuanino di Auxiliares de los Andes;
52 artiglieri, 25 marinai, 42 maestranza, 16 medici, ingegneri e astronomi.

Prima che avesse inizio la spedizione, il colonnello Narciso del Valle, nuovo
comandante del . 5 colorados di Monte, dovette affrontare una razzia
araucana sulle estancias di Madrid, Baudriz, Loberì e Arroyo de las Balleras,
agganciando l’indiada il 20 gennaio e il 28 febbraio 1833 a Salinas Chicas e
Cristiano Muerto e recuperando 3.000 capi.
Quiroga partì poco dopo da San José del Morro con la Divisione centrale,
riannodandosi a metà marzo a Rio Cuarto assieme al contingente cordobese
fornito dal nuovo caudillo federale Reynafé. Ma l’avanzata nel deserto fu lenta
e faticosa perchè ad ogni tappa occorreva scavare i pozzi per abbeverare
uomini e quadrupedi. Il 16 marzo, alle Acollaradas (o Acolladeras), presso la
Laguna Soven, i mille uomini di Ruiz Huidobro formarono i quadrati per
respingere le cariche frontali di un migliaio di indiani guidati dal cacicco
142

Yanquetruz.
Alle operazioni cooperò anche la Divisione occidentale, che il 23 e il 31
marzo distrusse due tolderias, costringendo Yanquetruz a ritirarsi a Meuco e
attestandosi poi a Limay Mahuida in attesa di collegarsi con le altre due
Divisioni. Ma il 16 maggio gli araucani si vendicarono massacrando 30 soldati
di Aldao, catturati in un’imboscata al Passo della Balsa.
Rosas e Pacheco erano partiti per ultimi, il 22 marzo. Alleatosi strada facendo
con alcune tribù di indios amigos e stabilita una linea di collegamento con
Monte, l’11 maggio Rosas si accampò a Médano Redondo sul Colorado. Dopo
essersi fortificato, il 26 maggio spiccò vari distaccamenti a riconoscere il Rio
Negro e collegarsi con le altre colonne: Delgado, Ramos, Miranda, Ibagnez e
Pacheco, che il 26 giugno distrusse la tolderia del cacicco Payllarén. Il giorno
seguente anche l’avanguardia della Divisione centrale (Torres) ebbe uno
scontro con la banda dei cacicchi Coronado e Huinca Renanco, senza però
poterla inseguire e annientare.
Ma alla fine di luglio una grave crisi politica col governatore cordobese
Reynafé costrinse Quiroga a ritirarsi e poi a sciogliere la Divisione rinviando i
contingenti alle rispettive province. Reynafé lo sospettava infatti,
probabilmente a torto, di aver istigato un complotto dei suoi nemici per
togliergli il governo della provincia, peraltro sventato dalle truppe lealiste che
il 14 luglio avevano schiacciato i ribelli alla Tablada.
La ritirata di Quiroga scaricò su di lui la responsabilità del fallimento della
spedizione al deserto, intrapresa con forze insufficienti, sparpagliate su un
territorio immenso, con una caballada di pessima qualità e senza un previo
accordo con il Cile, consentendo così agli indiani di rifugiarsi in un territorio
sicuro. Rosas, che era il vero responsabile degli errori strategici, ebbe invece
l’occasione di apparire come il salvatore della spedizione compromessa da
Quiroga. Infatti Pacheco risalì il Rio Negro con uno squadrone del . 4
stendendo fortini, alla fine di ottobre raggiunse la confluenza Neuquen-Limay
e un mese dopo tornò al campo di Rosas a Médano Redondo, non senza aver
annientato per via - il 25 novembre sul Rio Colorado - la piccola banda dei
cacicchi Cayupan e Archiman.

Le dimissioni di Balcarce, l’uccisione di Quiroga e la dittatura di Rosas (11


ottobre 1833 - 1835)
L’11 ottobre 1833, mentre Rosas era impegnato nel deserto, scoppiò nella
capitale la cosiddetta revolucion de los Restauradores, vale a dire la
sollevazione del 2° battaglione di fanteria di linea che aveva fatto parte della
spedizione di Balcarce su Cordoba tornando poi nella vecchia caserma
dell’Arsenale di Barracas. Capeggiati dal ministro Martìnez e da Pinedo, i
partigiani di Rosas imposero le dimissioni di Balcarce, accusato di essersi
allontanato dall’ortodossia unitaria.
Si aperse in tal modo una intricata crisi istituzionale abilmente pilotata da
Rosas, perchè lui ufficialmente rifiutava la rielezione al governatorato, ma
nessun altro osava accettare la carica temendo di fare la fine di Balcarce. Il
primo a rifiutare l’elezione fu Viamonte, il secondo lo stesso Rosas, malgrado
la supplica rivoltagli dalla Sala de representantes. Seguirono i rifiuti di Tomas
Manuel de Anchorena, Juan Nepomuceno Terrero e Angel Pacheco, finchè la
143

carica fu assunta interinalmente dallo stesso presidente dell’assemblea, Manuel


Vicente Maza, in modo da tenerla pronta per Rosas non appena tornato dalla
campagna del deserto.
Il rifiuto di Rosas rifletteva anche un certo timore di Quiroga, l’unico
avversario potenziale rimastogli. La ritirata della sua Divisione aveva
indebolito El Tigre del Llano, ma nel gennaio 1835 aveva riguadagnato
prestigio mediando un accordo tra le province di Tucuman, Santiago del Estero
e Salta, dopo la secessione di Jujuy sobillata dalla Bolivia e la battaglia di
Castagnares, dove in dicembre i juguegni del neogovernatore José Maria
Fascio avevano sconfitto i saltegni del governatore Pablo Latorre, fatto
prigioniero e in seguito assassinato.
Ma il timore di Rosas era inferiore a quello dei fratelli Reynafé, convinti che
Quiroga avesse già tentato di prendersi Cordoba e che ci potesse riprovare.
Con ogni probabilità furono proprio loro a commissionarne l’omicidio,
mascherato da aggressione bandolera, avvenuto il 16 febbraio 1835 a Barranca
Yaco, mentre tornava in carrozza a Buenos Aires. I due Reynafé furono poi
condannati quali mandanti e fucilati il 25 ottobre 1836 assieme all’esecutore
materiale, capitano Santos Perez, ma gli avversari di Rosas lo accusarono di
essere il vero mandante dell’omicidio e di averne scaricato la colpa sui
Reynafé.
La notizia dell’uccisione di Quiroga sbloccò la crisi istiruzionale
determinando, il 7 marzo 1835, l’elezione di Rosas, al quale fu inoltre
conferita “la somma dei pubblici poteri”, formula più ampia delle “facoltà
straordinarie” godute nel precedente mandato. Inoltre la durata del nuovo
mandato era stabilita in termini ambigui: all’articolo 1 si parlava di “un
quinquennio”, all’articolo 3 di una durata discrezionale (“tutto il tempo
necessario a giudizio del governatore”). I sei coraggiosi deputati che avevano
espresso voto contrario furono destituiti e il provvedimento fu ratificato, con
appena quattro voti contrari, da un farsesco plebiscito popolare.
“Restauratore delle leggi”, come si definiva, o “nuovo Caligola”, come lo
chiamavano i suoi nemici, Rosas continuò a definirsi federalista bollando gli
avversari col titolo di “selvaggi immondi unitari”. Ma di fatto divenne il
campione dell’egoismo economico portegno e il più fanatico assertore della
sovranità della capitale sulle province. La sua politica fu improntata ad un
liberalismo di fatto, privo però della progettualità riformista di Rivadavia e con
un irrigidimento nazionalista nei confronti dell’influenza europea, in
particolare quella francese, ritenuta potenzialmente sovversiva e dunque assai
più pericolosa della dipendenza finanziaria dall’Inghilterra. Ossessionato dai
nemici interni, instaurò un regime poliziesco protrattosi per 17 anni e,
soprattutto negli ultimi dieci, di vero e proprio terrorismo, attuato dalla
cosiddetta Mazorca (da “màs horcas” = “ancora forche”), una polizia segreta
composta da sbirri, gauchos e delinquenti comuni, soprattutto di colore.

Departamento de guerra y marina e Inspeccion y comandancia general de


Armas
Come ministro di guerra e marina Rosas scelse il brigadiere Juan Ramon
Balcarce, dal quale dipendevano tre comandanti generali (il brigadiere Enrique
Martinez de Armas, il colonnello Tomas Iriarte dell’artiglieria e il
144

contrammiraglio Guillermo Brown della marina), l’uditore generale e il


commissario del parque (una carica ripristinata il 16 ottobre 1830 per il
colonnello Andrés Aldao). La comandancia general de artilleria fu poi
soppressa in seguito al ritiro di Iriarte, trasferendone le funzioni al comandante
del battaglione d’artiglieria. L’esercito includeva inoltre una plana mayor (4
brigadieri o colonnelli maggiori, 6 ufficiali superiori e 12 inferiori) alla quale
fu aggregata nel 1833 anche l’Inspeccion de campagna.
Nel dicembre 1832, quando Balcarce sostituì Rosas al governatorato, Martìnez
gli subentrò al departamento di guerra e marina. Il 28 novembre 1834 il
ministero fu riordinato in 1 oficina e 5 mesas, la prima delle quali assorbì le
funzioni dell’inspeccion y comandancia de armas. Ma quest’ultima fu
ripristinata nel 1835 nominando nell’incarico il colonnello maggore Agustin
Pinedo.

I nuovi reggimenti bonearensi (1829-36)


I primi reggimenti di linea della provincia di Buenos Aires furono ricostituiti
con decreto 1° ottobre 1829 sulla base dello squadrone Escolta, dei reggimenti
di cavalleria . 3, 4, 5 husares, 6 blandengues e 7 coraceros (colonnelli Félix
Olazabal, Isidoro Suarez, Mariano Acha, Mariano Garcia e Anacleto Medina),
dei battaglioni cacciatori . 1 e 4 e del cuerpo de artilleria. Molto più forte di
quello anteriore alla guerra col Brasile, nel 1829-33 l’esercito permanente della
provincia contava un organico di 4.800 militari di linea, inclusi 800 fanti, 700
artiglieri e 3.182 cavalieri (inclusi 622 blandengues e 512 carabineros):

2 battaglioni di fanteria di 400 uomini formati il 1° ottobre 1829 sulla base dei . 1 e 4
di cazadores: . 1 “Guardia Argentina” (col. Félix Olazabal: 1830 “Rio de la
Plata”; 1832 “Guardia Argentina”; 1833 col. Antonio Ramirez; 1834 Mariano
Benito Rolon) e . 2 “Restauradores” (sciolto nel 1834 e ricostituito nel 1835
con personale di colore);
4 reggimenti di cavalleria di 640 uomini (inclusi 128 carabineros) formati il 1° ottobre
1829; . 1 (ex- . 3) ten. col. Hilario Lagos, con sede a Guardia de Rojas; . 3
(4°/ . 5 + Escolta) col. Gervasio Espinosa con sede a Buenos Aires; . 4 ( . 4 +
. 7) ten. col. José Maria Cortina con sede a Junin (Fuerte Federacion); . 5 (1°-
3° e 5°/ . 5) col. Prudencio Rozas, 1831 José Maria Cortina, con sede alla
Frontera Oeste;
1 reggimento di 522 blandengues ( . 6) ricostituito nel 1831 (col. Prudencio Rozas)
con sede alla Frontera Sur (Chascomus, Quilmes e Lomas de la Ensenada);
2 compagnie con 48 e 52 blandengues de la ueva Frontera (col. Martiniano
Rodriguez e ten. col. Manuelde Molina) costituite il 17.8. 1832 a Guardia
Argentina (Bahia Blanca) in sostituzione del disciolto reggimento . 2 de
caballeria (costituito il 1°.10. 1829, col. Ramon Rodriguez) e poi raddoppiate a 4
compagnie (3 dragones e 1 cazadores);
1 Regimiento de Auxiliares de los Andes, formato a San Juan, incorporato
nell’essrcito di Balcarce e poi trasferito alla Frontiera bonearense;
1 battaglione di artilleria (ten. col. José Maria Torres) a Barracas - 4 compagnie a
piedi di 115 uomini;
squadrone di artilleria volante (col. Juan Pedro Luna) con sede a Monte, su 2
compagnie di 115 u. e 6 pezzi, più altre 2 di milizia aggregate;
Parque de artilleria (col. Luis Argerich) all’Arsenale di Barracas.
145

Quanto agli organici, il 1° battaglione Guardia Argentina contava 6


compagnie di 64 effettivi - quattro di fucilieri e due scelte (granatieri e
cacciatori) più un picchetto di guastatori. Il 2° battaglione Restauradores -
sciolto a seguito dell’ammutinamento e ricostituito il 16 giugno 1835 sulla
base del reparto negro della milizia attiva (defensores de Buenos Aires) e
alloggiato nel vecchio ospedale Betlemitico e a Barracas - non aveva i
guastatori, ma in compenso aveva una settima compagnia di artiglieri (capitano
José Antonio Barbarin) distaccata all’Isola di Martin Garcia. Nel 1836 vennero
costituiti altri 2 battaglioni, Independencia (2 compagnie scelte) e Libertad (7
compagnie inclusi granatieri, cacciatori e artiglieri) con sede
nell’accampamernto generale di Santos Lugares, presso la capitale. In tutto 22
compagnie (12 fucilieri, 4 granatieri, 4 cacciatori e 2 artiglieri): dunque, in
teoria, 1.400 uomini.
Il Reglamento de exercicio y maniobras della fanteria fu pubblicato soltanto
nel 1846, dodici anni dopo quello per la cavalleria. I reggimenti di cavalleria di
linea contavano 4 squadroni su 2 compagnie di 64 effettivi, più 2 compagnie
scelte di carabineros e 1 di milizia. Secondo l’ordinamento del 1829
l’artiglieria contava 6 compagnie attive (quattro a piedi e due volanti), ciascuna
su 115 uomini e 6 pezzi, più altre 2 di milizia aggregate. Ma il battaglione
d’artiglieria di Barracas fu sciolto nel 1834 per aver preso parte
all’ammutinamento dei Restauradores e sostituito da deboli picchetti. Il 14
aprile 1835 fu ricostituita 1 sola compagnia con 3 soli ufficiali, al comando del
maggiore Fernando Abramo. Tuttavia, come si è detto, furono poi costituite
altre due compagnie autonome di artiglieria, aggregate ai battaglioni 2°
Restauradores e 3° Libertad, con sede all’Isola di Martin Garcia e a Santos
Lugares.

La milizia attiva
I corpi di milizia attiva bonearense organizzati durante la guerra civile (come
ad esempio i granaderos de la guardia di Juan Esteban Rodriguez) furono
sciolti dal governatore interinale Viamonte il 2 settembre 1829, mente
Celestino Vidal riordinò i ruoli dei patricios della capitale (3 battaglioni e 1
squadrone lanceros) e dei colorados della campagna (12 squadroni a piedi e a
cavallo di peones e gauchos riuniti in 6 reggimenti distrettuali). Aliquote di
miliziani attivi prestavano servizio a rotazione semestrale presso le 6
compagnie di milizia aggregate (il 19 settembre 1829) allo squadrone di
artiglieria volante di Monte e ai 4 reggimenti di cavalleria di linea, per un totale
di 230 artiglieri e 256 cavalieri. Il minuscolo cuerpo médico permanente
(appena 5 chirurghi e 3 farmacisti) era integrato dagli studenti di medicina, che
il decreto 15 maggio 1834 assoggettò a 3 anni di servizio presso l’esercito
(sostituibili con la partecipazione a 3 campagne).
Il 14 ottobre 1830 il governatore delegato Marcos Balcarce riordinò la milizia
attiva della capitale, sotto il controllo ispettivo del brigadiere Enrique
Martinez, in due ruoli distinti per razza: il Reggimento dei patricios, nel quale
erano iscritti i bianchi dai 17 ai 45 anni, inclusi gli stranieri e il Battaglione dei
defensores de Buenos Aires, vale a dire negri e mulatti. Fu istituito inoltre un
ruolo speciale degli auxiliares de policia (vale a dire la forza pubblica
assegnata ai giudici di pace, agli alcaldi e ai loro luogotenenti) mentre alla
146

milicia pasiva formata dagli esenti e dalle classi anziane si aggiunsero i ruoli
speciali della plana mayor inactiva e quelli d’onore degli ufficiali senza
incarico (guardia de honor) e dei veterani di San Martin (Division de los
Andes). Il decreto 4 dicembre 1830 sanzionava con 6 mesi di servizio di piazza
la mancanza agli esercizi: in caso di recidiva la sanzione era di un anno di
servizio nell’asamblea veterana.
Nel 1840 il reggimento patricios fu riorganizzato su 20 compagnie (12
fucilieri, 4 granatieri e 4 artiglieri) raggruppate in 4 battaglioni (il 2°, 3° e 4°
comandati dal generale Mariano Benito Rolon e dai colonnelli Augusto Robelo
e Mariano Maza). Le disposizioni del 1845 prevedevano che l’istruzione
avesse luogo nel tardo pomeriggio, nelle due ore prima del tramonto, ma poi fu
spostata al primo mattino e portata a quattro ore, due prima e due dopo l’alba.
La milizia passiva fu allertata soltanto nel 1831, al comando di Miguel de
Azcuénaga, ma fu smobilitata il 19 settembre. Lo stesso anno, per sostituire le
truppe di linea partite con Balcarce per il fronte cordobese, furono mobilitati 3
battaglioni (uno bianco e due negri) di milizia attiva. Il battaglione bianco,
chiamato alle armi il 30 aprile, prese il nome di 4° patricios (colonnello Félix
Alzaga e maggiore Juan Olleros) come il precedente battaglione mobilitato nel
1825 per la guerra contro il Brasile. I due battaglioni negri erano quello dei
liberi (defensores de Buenos Aires) e quello dei liberti, costituito il 7 maggio
col nome di Milicia activa de infanteria de libertos, reclutata in base ai decreti
del 19 e 26 febbraio che obbligavano tutori e patroni a consegnare i liberti di
oltre 15 anni alla caserma della guardia nazionale in Piazza di Marte (ex-
Retiro), sotto pena di 400 pesos di multa da utilizzarsi per riscattare gli schiavi
idonei che intendessero arruolarsi nelle truppe a piedi.
Per la spedizione al deserto del 1833 le 4 compagnie di milizia aggregate alla
cavalleria di linea mobilitarono altri 4 reggimenti di forza ridotta ( . 7 Junin, 8
Lobos, 9 Monte e 10 Chascomus) al comando del colonnello José Luis Molina,
del tenente colonnello Francisco Sosa e dei comandanti del Valle e Juan Pablo
Sosa.

Il sistema di reclutamento dell’esercito permanente


Il consistente aumento dell’esercito permanente amplificò i difetti del sistema
di reclutamento basato quasi esclusivamente sull’arruolamento coattivo dei
vagos e degli schiavi riscattati, un sistema al tempo stesso inefficace ed iniquo,
fonte di cronica indisciplina e continua diserzione. L’unico provvedimento
preso in merito direttamente da Rosas fu il decreto del 6 marzo 1830 con il
quale, venendo incontro alle esigenze dei saladeros, si vietava di arruolare più
della metà dei peones addetti ad una stessa azienda di produzione della carne
salata e si consentiva ai saladeros di presentare rimpiazzi.
Il già citato decreto di Balcarce del 14 dicembre 1830 imponeva altresì ai
padroni (amos) di riscattare 2 schiavi idonei al servizio militare per ciascun
peone alle proprie dipendenze, sotto pena di dover prestare 2 anni di ferma
nella linea. Alla stessa pena era assoggettato il peone che, allo scopo di favorire
l’elusione della legge, dichiarasse di essere schiavo anzichè libero. Il decreto
27 maggio 1832 beffò crudelmente i veterani dei presidi della Patagonia che
stavano per essere congedati per fine ferma, perchè ne ordinò il trasferimento
in 3 nuove compagnie di milizia (una per ciascuna delle tre armi) create in
147

Patagonia.
Il 21 dicembre, alla vigilia della spedizione al deserto, Balcarce concesse
l’indulto ai disertori (veterani e di milizia) a condizione di presentarsi entro
uno, tre o cinque mesi a seconda della residenza nella capitale, nella campagna
oppure fuori della provincia. Trascorso tale termine i disertori catturati erano
assoggettati a 3 anni di ferma: i veterani nel presidio delle Malvine, i miliziani
nei corpi di linea.
Il 13 gennaio 1835 si ordinò ai giudici di pace di procurare 2 reclute al mese
ciascuno, rimettendole al comando generale delle armi tramite il capo della
polizia. Ma il 16 giugno, per ricostituire il 2° battaglione di linea
Restauradores, si fece ricorso ad uno dei 2 battaglioni negri di milizia attiva,
quello dei defensores, destinati in blocco al servizio di linea.

Il Campamento general di Santos Lugares


L’accampamento di Santos Lugares (nell’attuale sobborgo General San
Martin), appena Nord-Ovest della capitale, sorse nel 1840 attorno alla nuova
residenza di Rosas, ubicata nell’attuale Parque 3 de Febrero e composta da due
grandi edifici circondati da una galleria coperta, comprendenti una cappella e
la casermetta dell’Escolta, detta “maestranza”. L’accampamento includeva
varie costruzioni destinate ad uffici, alloggi delle truppe, cucine, scuderie,
infermeria e soprattutto il grande carcere detto della Crucija, destinato alla
detenzione, alla tortura e alle esecuzioni degli avversari politici del tiranno.
L’accampamento era alle dirette dipendenze del generale Agustin de Pinedo,
inspector e comandante general de Armas, e in sua assenza del jefe del detall
colonnello José Maria Montes de Oca. Costoro corrispondevano con Rosas
tramite il capo della sua segreteria, il fedelissimo tenente colonnello Antonio
Reyes.
Nel 1847 l’esercito contava 4 battaglioni (Guardia Argentina, Restauradores,
Libertad, Independencia), 3 squadroni (Escolta del Libertador, Dragones,
Lanceros), 1 reggimento blandengues e 6 di cavalleria ( . 1-5 al Sud e . 6 al
Nord) e 1 compagnia di artiglieria di Buenos Aires. Nel 1848 il maggiore
Ignacio Clavero organizzò al campo di Palermo un battaglione di formazione
(Batallon ueva Creacion) con elementi della Guardia Argentina, Escolta del
Gobernador, Voluntarios Rebajados, 1° e 3° Patricios e 1 picchetto della
brigata d’artiglieria. Nel 1849 il colonnello Martiniano Chilabert, che dal 1846
comandava l’artiglieria, organizzò all’accampamento di Santos Lugares la
brigata d’artiglieria volante Honor Argentino, presente alla battaglia di Monte
Caseros del 3 febbraio 1852.
148

5. L’OCCUPAZIONE INGLESE DELLE MALVINE,


LA GUERRA CONTRO LA BOLIVIA,
LA DIFESA DELLA FRONTIERA INDIANA,
E IL CONFLITTO CON LA FRANCIA

(1835-39)

L’occupazione inglese delle Malvine


L’interesse strategico dell’Arcipelago delle Malvine era riemerso nel corso
della guerra di indipendenza con le operazioni navali argentine nel Pacifico,
ma soltanto nel 1820, proprio nell’anno della grande anarchia e della fine
dell’unità nazionale, il governo provinciale di Buenos Aires aveva deciso di
formalizzare la propria sovranità spedendo il colonnello di marina David
Jewett, con il corsaro La Heroina, a prenderne possesso, atto compiuto il 6
novembre a Soledad e notificato ai comandanti delle 50 navi mercantili e da
pesca che in quel momento si trovavano nell’inospitale arcipelago.
Il 28 agosto 1823 il governo concesse inoltre il diritto di colonizzazione e
sfruttamento alla società promossa dall’amburghese Ludwig Vernet e dall’ex-
capitano di blandengues Jorge Pacheco, che nel 1824 vi spedirono i brigantini
Jerrick e Antelope e il peschereccio Rafaela comandato da Robert Schofield.
Ma l’impresa si rivelò subito fallimentare, con una perdita di 30.000 pesos che
indusse i soci a vendere le quote a Vernet. Non dandosi per vinto, nel 1826
Vernet ritentò personalmente l’impresa col brigantino Alerta e con alcuni
coloni reclutati in Europa e Nordamerica. Resistendo contro ogni genere di
difficoltà e contro lo scoraggiamento dei coloni, il 5 novembre 1828 Vernet
ottenne dal governo Dorrego l’esclusiva della pesca e la proprietà di tutte le
terre non concesse nel 1823 ad Angel Pacheco e di quelle riservate al governo
argentino (10 leghe nella baia di San Carlos e l’Isola Staten-Land).
Finalmente la colonia cominciò a prosperare grazie ai mercantili, ai quali
offriva uno scalo più comodo anche se meno confortevole di quelli alternativi
di Rio de Janeiro o Santa Catalina, troppo lontani dalla rotta. Ma la colonia era
danneggiata dalla pesca e dalle matanzas di anfibi (in particolare lupi marini)
effettuate dai pescherecci e dalle baleniere, le quali preferivano evitare Puerto
Soledad facendo scalo nella vicina baia di San Salvador.
Su suggerimento di Vernet il 10 giugno 1829 il governo Martinez gli
riconobbe la “direzione e il governo politico-militare delle Malvine e della
Terra del Fuoco”, suscitando la reazione del governo inglese, il quale
raccomandò ai propri mercantili di fare scalo a Port Egmont per ribadire la
propria sovranità almeno su quell’Isola. Ma la proibizione della pesca decretata
dal governatore delle Malvine fu del tutto disattesa e provocò anzi, nel 1831,
un grave incidente diplomatico con gli Stati Uniti quando Vernet fece bloccare
3 pescherecci con bandiera nordamericana, tra cui l’Harriet. Il 21 novembre il
signor Slacum, che faceva funzioni di console statunitense a Buenos Aires,
dopo aver inutilmente protestato con il ministro degli esteri Tomas Manuel de
Anchorena, convinse il comandante della Lexington, una unità da guerra
149

nordamericana che si trovava a Buenos Aires, ad effettuare una rappresaglia


contro Puerto Soledad, che il 31 dicembre fu saccheggiata e distrutta.
Il 10 settembre 1832 Balcarce nominò governatore delle Malvine il sergente
maggiore d’artiglieria Esteban José Mestivier, che un mese dopo raggiunse
Puerto Soledad con l’unica unità d’altura della minuscola marina militare
bonearense, la goletta Sarandì. La comandava il tenente colonnello José Maria
Pinedo, che il 3 gennaio 1833, morto Mestivier, non poté impedire al capitano
inglese John Onslow, partito il giorno prima da Port Egmont con la fregata
Clio, di sbarcare a Puerto Soledad e prenderne possesso in nome
dell’Inghilterra.
Intanto, incoraggiato dall’Inghilterra, il Cile consolidava l’estremo confine
meridionale occupando lo sbocco occidentale dello stretto di Magellano. Nel
maggio 1843 su ordine del presidente Manuel Bulnes l’intendente di Chiloé
spedì il capitano di fregata Julian Guillermos e il naturalista prussiano
Bernardo Philippi, con la goletta Ancud, ad esplorare la Terra del Fuoco e i
canali, per valutare la possibilità di stabilire una linea di rimorchiatori a vapore.
Guillermos stabilì un fortino a Puerto Hambre (odierna Punta Arenas)
presidiato da un picchetto di artiglieri e guardie nazionali.

La guerra contro la Bolivia (13 settembre 1835 - 26 aprile1839)


Come si è accennato, la secessione di Jujuy dalla provincia di Salta era stata
istigata dal dittatore boliviano Andrés Santa Cruz, che aveva preso parte alla
liberazione del Perù agli ordini di San Martin e poi di Sucre e di Bolìvar, al
quale aveva intitolato la nuova Repubblica dell’Alto Peru. Nel 1835,
intervenuto in Peru per soffocare una ribellione militare, Santa Cruz impose la
confederazione delle due repubbliche e riprese l’ingerenza nell’inquieto
Nordovest argentino sostenendo le attività sovversive dei fuoriusciti unitari ai
quali aveva concesso asilo politico e approfittando delle faide tra caudillos
federali.
In particolare fu insidiata la sicurezza di Tucuman, governata da Alejandro
Heredia, che il 19 settembre 1835, con truppe tucumane e santiaguegne,
sconfisse a El Chiflon le truppe catamarquegne di Figueroa. Il 23 gennaio
1836, sulle rive del Famailà, Heredia sgominò anche Javier Lopez, che dalla
Bolivia aveva invaso la provincia tucumana con gli esuli unitari, e due giorni
dopo lo fece fucilare.
Preoccupato dalla competizione commerciale con Lima e dal mutamento degli
equilibri geopolitici, l’11 novembre 1836 il Cile dichiarò guerra alla
confederazione panperuviana, col pretesto del mancato pagamento dei debiti
contratti dal Peru durante la geurra di indipendenza. A volere la guerra fu
soprattutto il potente ministro cileno Diego Portales (1793-1837), il quale fu
però assassinato sette mesi dopo da militari ribelli. Merl conflitto, su proposta
di Rosas, intervennero anche le Province Unite, rivendicando la sovranità
argentina su Tarija, riconosciuta da Bolivar ma non da Santa Cruz. Il 13
febbraio 1837 le Province Unite ruppero le relazioni diplomatiche e il 19
maggio dichiararono guerra, designando comandante Alexandro Heredia e
capo di stato maggiore suo fratello Felipe, governatore di Salta.
Dopo aver facilmente respinto l’invasione cilena, a fine agosto i boliviani si
occuparono del fronte saltegno, dove l’11 settembre il colonnello Campero
150

occupò la quebrada di Humahuaca. Ma il giorno dopo Felipe Heredia, con 400


uomini, forzò il passo della Herradura costringendo Campero a parapettarsi
sulle colline di Santa Barbara. Il primo assalto argentino, all’alba del 13, fallì
per l’errata manovra dello squadrone di sinistra (Restauradores), coinvolgendo
anche quello di destra (Cristianos de la Guardia). Il secondo, sferrato dalla
compagnia tiradores e dallo squadrone di milizia, costrinse Campero a ritirarsi,
ma a causa delòle perdite anche Heredia dovette retrocedere su Salta.
A questo scontro seguirono otto mesi di stasi, interrotti l’11 dicembre e il 2-3
gennaio 1838 da due combattimenti a Vicugnay e al Rincon de las Casillas,
presso Negra Muerta. Proseguirono tuttavia i tentativi boliviani di
destabilizzare le province del Nordovest. Il 2 febbraio le forze lealiste
schiacciarono ad Humahuaca la ribellione del Reggimento coraceros de la
muerte, mentre il 29 marzo il colonnello Carrillo capeggiò una sollevazione
contro Felipe Heredia a Santiago del Estero.
Malgrado ciò alla fine di aprile, in concomitanza con l’offensiva cilena su
Lima, mille argentini del Nordovest (colonnello Gregorio Paz) ne sferrarono
una diversiva su Tarija, scontrandosi coi boliviani il 29 maggio a Laguna
Acambuco e il 3, l’8 e il 9 giugno a Zapatera, San Diego e Pajonal. Una
seconda colonna (colonnello Manuel Virto) partita il 5 giugno, venne fermata
l’11 a Truya, mentre il 24 la retroguardia di Paz venne raggiunta e sconfitta alla
Cuesta de Cayambuyo dalla fanteria boliviana.
Intanto la morte del caudillo Estanislao Lopez, avvenuta il 15 giugno, dopo
diciannove anni di governo, destabilizzò anche la provincia santafesina, dove il
2 ottobre il fratello, colonnello Juan Pablo Lopez, sostenuto da un contingente
bonearense, si sollevò contro il nuovo governatore Domingo Cullen, battendo
ai campi del Tala le forze lealiste del colonnello Pedro Rodriguez e assumendo
il 21 ottobre, con l’aiuto del caudillo entrerriano Pascual Echague, il
governatorato della provincia. Il 20 novembre la guarnigione di Jujuy insorse
contro il governatore Pablo Aleman, sostituito dal colonnello José Mariano
Iturbe. Il 28 marzo 1839 il caudillo unitario Martiniano Rodriguez, che aveva
tentato di rovesciare il caudillo federale cordobese, Manuel Lopez, venne
sconfitto e fucilato agli Altos de Cordoba.
Durante questi mesi erano proseguite, con alterne vicende, le operazioni
navali, anfibie e terrestri attorno a Lima e al Callao. Il 20 gennaio 1839 Santa
Cruz venne definitivamente sconfitto a Yungay dal generale cileno Manuel
Bulnes (1799-1866) e dai ribelli peruviani del futuro presidente Agustin
Gamarra (1785-1841) e costretto a rifugiarsi in Ecuador. Sciolta la
confederazione, il 14 febbraio il nuovo presidente boliviano, generale Velasco,
comunicò la fine della guerra, accettata e ratificata il 26 aprile dalle Province
Unite. Nel 1841 Gamarra tentò a sua volta di annettere la Bolivia, ma il 18
novembre fu sconfitto e ucciso nella battaglia di Ingavi, aprendo la strada al
colpo di stato militare del Regenador Manuel Ignacio Vivanco e
all’insurrezione costituzionale che nel 1844 lo sconfisse e lo esiliò, ottenendo
poi la pacificazione del Peru.

La sicurezza della frontiera indiana (22 ottobre 1836 - 2 ottobre 1843)


Lungi dall’accrescere la sicurezza delle province bonearense, santafesina e
cuyana, la spedizione al deserto innescò una violenta reazione delle tribù
151

araucane. Il 1° ottobre 1836, alla Frontera Sur bonearense, i cacicchi Nayguin,


Guele, Quiniher, Calfuin, Manguen, Collieo, Blan e Penchan, attaccarono
Tapalqué, difesa dal colonnello Pedro Ramos. La battaglia durò tre ore ma tutti
i cacicchi rimasero sul campo assieme a 200 guerrieri. Intanto si erano sollevati
anche gli avipones, che il 22 ottobre furono annientati nella loro tolderia di
Laguna Verde dal comandante interinale della Frontera orte maggiore
Domingo Pajon.
Il 20 agosto 1837, a Bahia Blanca, il comandante del Fuerte Argentino,
Martiniano Rodriguez, respinse dopo duro combattimento un attacco sferrato,
con 1.600 guerrieri, dai cacicchi Alon, Meliguer e Milalco. Il 2 ottobre, ancora
alla Frontera Sur, il colonnello Antonio Ramirez sorprese a Pozo del Parpa (o
del Indio) un’indiada di 700 guerrieri guidata dal cacicco Miguel Cura,
recuperando 1.600 cavalli e 5.000 bovini predati nella zona delle Barrancas del
Salado. Il 25 giugno 1838 Ramirez sorprese nella sua tolderia del Resado
un’altra indiada dei cacicchi Calfunao e Almada.
Le tribù cilene dei ranqueles e boroganos vendicarono le stragi delle tolderias
con una vera e propria offensiva militare contro le frontiere argentine,
attaccando per prima quella santafesina al Ponte di Loreto con un migliaio di
guerrieri, che furono però inseguiti e caricati al Pedernal da Juan Pablo Lopez.
I guerrieri cileni investirono allora, una dopo l’altra, tutte e tre le Divisioni
della Frontiera bonearense - comandate dai colonnelli Jacinto Andrada ( orte),
Pedro Ramos (Centro) e Juan Pablo Sosa (Sur). Il 1° gennaio 1839 Ramos
respinse i boroganos. Andrada, con appena 80 uomini, inseguì un’altra indiada
verso la Laguna del Bagnal e il 10 marzo la sorprese ad Avispas Negras
uccidendo 38 guerrieri, cattuandone 116 e liberando 6 ostaggi. Il 20 agosto
Sosa, accampato a Tapalqué col 2 squadroni di linea ( . 3 e 6) e 2 reggimenti
di milizia (Escolta de la Libertad e misto di colorados) fu attaccato di sorpresa
da 1.200 ranqueles e boroganos. Il 3 novembre Sosa respinse un altro attacco
di 600 guerrieri contro il Forte di Santa Catalina, uccidendone la metà. L’8
febbraio 1840 fu il maggiore dei dragones Francisco Iturra ad agganciare a
Silque la banda del cacicco Rinquin, recuperando 1.500 capi di bestiame e 700
ovini. Soltanto nel settembre 1843 il cacicco Baigoirri poté effettuare un nuovo
malon con un’indiada di 1.000 guerrieri. Il 2 ottobre ne caddero 140 all’arroyo
del Medio, sorpresi dal colonnello Vicente Gonzalez, che recuperò 20.000
vaccine e 12.000 yeguarizos.

La stazione navale arda e il secondo conflitto con la Francia (30 novembre


1837 - 11 ottobre 1838)
Lo sviluppo del porto e dei cantieri navali della Boca, presso la capitale, fu
dovuto sia al finanziamento della Baring Brothers sia alla massiccia
immigrazione di marinai liguri, che fornivano capitano ed equipaggio al 70
per cento dei mercantili argentini, molti dei quali costruiti da cantieri “italiani”
(come Cichero e Badaracco). Inoltre la laboriosa colonia italiana della Boca era
non soltanto più numerosa, ma anche più omogenea sotto il profilo regionale
(essendo a netta prevalenza ligure) e meno turbolenta di quelle di Montevideo
e di Rio de Janeiro, che erano invece le mete preferite dei fuoriusciti per
152

ragioni politiche e gli epicentri delle attività rivoluzionarie italiane in


Sudamerica.
Ciò spiega l’interesse dimostrato dal Regno di Sardegna per il Rio della Plata,
che fu visitato per la prima volta nel 1834 dalla fregata sarda Des Geneys. Nel
1837 - mentre l’ex-marinaio sabaudo Giuseppe Garibaldi (1807-82)
combatteva contro il Brasile al comando della flottiglia della Repubblica
Riogradense - il Piemonte decise di istituire nel Plata, con base nell’isola di
fronte a Montevideo, una Stazione Navale permanente. La prima unità
assegnata alla Stazione fu la corvetta Euridice.
Gli eccellenti rapporti con le banche inglesi, non turbati dall’occupazione delle
Malvinas, e il sostegno alla comunità italiana, sponsorizzata dalla celebre
Manuelita, la figlia adorata del dittatore, contraddicono la tesi della storiografia
liberale che la politica estera di Rosas fosse improntata ad un cieco
nazionalismo, addirittura con tratti xenofobi. Non va dimenticato che non fu
Rosas, ma proprio il suo mortale avversario Lavalle a suscitare, nel 1829, il
primo grave screzio con la Francia, relativo ai passaporti di uscita da Buenos
Aires negati ai residenti stranieri che avessero contravvenuto all’obbligo di
farsi registrare nella milizia bonearense.
Il primo conflitto tra Rosas e la Francia scoppiò soltanto otto anni dopo, anche
come reazione contro l’eccessiva influenza inglese. L’occasione fu la cattura di
due cittadini francesi e la chiusura di una fabbrica di proprietà di un altro
francese. Alla vibrata protesta elevata il 30 novembre 1837 dal viceconsole,
seguì uno scambio di note diplomatiche, finchè il 24 marzo 1838 una divisione
navale francese, comandata dall’ammiraglio Louis Leblanc, si presentò davanti
a Buenos Aires intimando soddisfazione. Rosas replicò orgogliosamente di
non riconoscere statuto diplomatico all’ammiraglio e il 28 marzo Leblanc mise
il blocco ai porti occidentali del Plata.
Poco tempo prima, per ragioni analoghe, un’altra divisione di 3 fregate,
comandata dall’ammiraglio Charles Bandin, aveva bombardato il villaggio
messicano di San Juan de Ulua costringendo la popolazione ad evacuarla.
Nell’aprile 1838 i francesi occuparono Vera Cruz restandovi finchè, nel marzo
1839, non ottennero la soddisfazione pretesa dal governo messicano. Nel 1839
la Francia intervenne indirettamente anche nel conflitto tra il Brasile e la
provincia secessionista del Rio Grande del Sud, occupando una parte del
Brasile settentrionale, ufficialmente per impedire che l’anarchia si diffondesse
anche alle limitrofe colonie francesi.
Nel Plata l’unica azione di guerra francese avvenne l’11 ottobre 1838, quando
la Stazione Navale del Plata, composta da 8 unità principali e altre minori,
sbarcò a Martin Garcia 50 marinai e 500 tra colorados orientali ed esuli
argentini comandati da Lavalle. L’isolotto era difeso da appena 3 cannoni e
125 uomini, comandati dal tenente colonnello Jerònimo Costa e del maggiore
Juan Bautista Thorne, che si arresero dopo accanita ed eroica resistenza,
costata 54 perdite argentine.
Per rendere effettivo il blocco, il governo Thiers dovette allestire nelPlata una
imponente squadra di 42 navi, comandata dall’ammiraglio Ange-René barone
di Mackau. Ma nell’estate 1840, quando l’Ejército Libertador di Lavalle si
imbarcò sulla flottiglia orientale del Paranà per attaccare Buenos Aires,
l’Inghilterra fece pressione sulla Francia convincendola a togliere il blocco per
riequilibrare i rapporti di forza regionali. Le relazioni franco-argentine furono
153

poi normalizzate il 29 ottobre dal trattato Arana-Mackau, con il quale la


Francia ottenne soddisfazione nell’essenza dei suoi reclami e le installazioni
militari bonearensi furono ripristinate nello stato anteriore alle ostilità.
154

V - LA DIFESA DELLA COFEDERAZIOE


(1840-50)

SOMMARIO: 1. L’invasione dei fuoriusciti (1840-41). 2. L’assedio di Montevideo e la


sconfitta di Rivera (1842-44). 3. L’intervento anglo-francese e la vittoria di Rosas e Urquiza
(1845-50).

1. L’INVASIONE DEI FUORIUSCITI


(1840-1841)

Il ritorno di Lavalle e l’offensiva unitaria su Entre Rios e Corrientes (15


giugno 1838 - 3 febbraio 1840)
Nel luglio 1830 Rosas aveva dovuto accettare la proclamazione della
Repubblica della Banda Oriental dell’Uruguay, ma vi manteneva l’influenza
argentina attraverso la sua alleanza con il generale Manuel Oribe (1790-1857),
detto corta-cabezas, che rappresentava gli allevatori, i piccoli commercianti e
il clero e il 1° marzo 1835 fu eletto presidente. Contro di lui insorse il suo
rivale José Fructuoso Rivera, che il 19 settembre 1836 fu tuttavia sconfitto a
Carpinteria e costretto a rifugiarsi nel Rio Grande.
Riunito un esercito, per un terzo composto da esuli argentini comandati da
Lavalle, il 15 giugno 1838 Rivera rientrò nella Banda Orientale e, dopo una
fulminea vittoria al Palmar, marciò ad assediare Montevideo. Sostenuto dalla
marina francese - alla quale, come si è detto, fornì 500 uomini per conquistare
l’isolotto argentino di Martin Garcia - e ottenuta la capitolazione di Oribe l’11
novembre Rivera assunse il governo provvisorio dell’Uruguay. Con il
consenso di Rivera Oribe si rifugiò a Buenos Aires. Rosas lo accolse però
come legittimo presidente uruguayano, rifiutandosi di riconoscere Rivera a
causa del suo stretto legame con i fuoriusciti argentini e delle truppe fornite
alla Francia.
Alleatosi il 31 dicembre con il caudillo correntino Genaro Beròn de Astrada, il
24 febbraio 1839 Rivera dichiarò la guerra: non contro il popolo argentino, ma
contro la persona di Rosas. Pochi giorni dopo anche Astrada dichiarò guerra a
Rosas e al suo alleato entrerriano Pascual Echague, che però lo annientò il 31
marzo alla battaglia di Pago Largo, a Sud-Ovest di Curuzù-Cuaitià. La
battaglia fu caratterizzata dalla manovra della divisione entrerriana del
colonnello Justo José de Urquiza (1801-70) che, dopo aver sbaragliato la
sinistra correntina (Manuel de Olazabal), sfilò dietro la linea di battaglia per
aggirare l’ala opposta del nemico (Antonio Ramirez), nel frattempo impegnata
dall’ala sinistra entrerriana. Inutili furono i prodigi di valore dei correntini e la
carica dei granaderos a caballo guidata personalmente da Astrada, caduto
nell’azione. L’esercito correntino ebbe 2.000 morti, metà degli effettivi, inclusi
800 prigionieri che Echague ordinò di sgozzare. La manovra di Urquiza fu
applicata altre tre volte, nel 1840-41, dalla cavalleria federale ma il 28
novembre 1841 venne ritorta proprio contro Echague dal generale unitario Paz.
Installato a Corrientes un governatore federale, Echague tornò ad Entre Rios e
155

poco dopo invase a sua volta la Banda Oriental con 5.000 uomini, fronteggiati
da altrettanti orientali. In giugno Lavalle cominciò ad organizzare a Martin
Garcia, ancora occupata dai francesi, l’Ejército Libertador, forte inizialmente
di 160 esuli argentini. Forte ormai di 800 volontari, il 2 settembre Lavalle
sbarcò a Landa, 20 chilometri a Sud di Gualeguaychù e il 12, all’arroyo Yeruà,
sconfisse il colonnello Zapata, governatore delegato in assenza di Echague, che
l’aveva affrontato con forze doppie, tagliando in tal modo le retrovie del
caudillo entrerriano, bloccato nella Banda Oriental. Ma contro Lavalle scese in
campo l’esercito federale santafesino guidato da Juan Pablo Lopez e,
constatata l’ostilità della popolazione entrerriana, Lavalle preferì abbandonare
Entre Rios e rifugiarsi a Corrientes, dove gli unitari avevano ripreso il potere
deponendo il governatore federale installato da Echague.
La ritirata da Entre Rios annullò il progettato sbarco lavallista a Nord di
Buenos Aires, che, secondo i piani, doveva essere appoggiato dall’insurrezione
unitaria della capitale e degli hacendados meridionali (“los libres del Sur”).
Alla fine di ottobre i congiurati della capitale furono arrestati dalla polizia
rosista e il capo, Manuel Vicente Maza, venne fucilato. Ma gli hacendados si
sollevarono ugualmente, riunendo a Dolores un esercito di 4.000 uomini al
comando di Pedro Castelli.
Per reprimere l’insurrezione Rosas ordinò alle guarnigioni di Monte, Azul e
Tapalqué, comandate dai colonnelli Bernardo Vicente Gonzalez, Prudencio
Rosas e Nicolas Granada, di convergere su Chascomus. Il 7 novembre, in tre
ore di battaglia, i 1.300 veterani di Rosas annientarono l’armata raccogliticcia
dei ribelli, facendo 500 morti e tornando nella capitale con la testa di Castelli
infilzata su una picca.
Intanto l’armata santafesina proseguiva l’avanzata su Corrientes per impedire
a Lavalle di riorganizzare le proprie forze. Appoggiate dagli indios amigos del
cacicco Nacitoquin, il 29 novembre le colonne santafesine di Dionisio Cabral e
Jacinto Andrada distrusserro i gruppi lavallisti di Felipe Zalazar e Patricio
Maciel al Paso de las Piedras e all’arroyo Balacuà, ma l’offensiva si arenò e
Lopez ordinò la ritirata nella sua provincia.
Echague fu allora costretto a rompere gli indugi e a dare battaglia a Rivera per
non dar tempo a Lavalle di raggiungere il suo alleato. Come si è detto aveva
forze equivalenti a quelle orientali (5.000 uomini), ma la superiorità della
cavalleria entrerriana si rovesciava per la fanteria e l’artiglieria (quella riverista
contava 20 cannoni). La battaglia, molto sanguinosa, si svolse a Cagancha il 29
dicembre, secondo il classico schema tattico entrerriano: attacco frontale con
tentativo di avvolgimento su entrambe le ali nemiche, in questo caso frustrato
dall’intervento della riserva orientale. Sconfitto con gravi perdite, Echague
dovette ritirarsi ad Entre Rios.
La vittoria terrestre di Rivera fu tuttavia compensata, il 17 gennaio 1840, dalla
perdita della flottiglia orientale del commodoro Read, sorpresa e distrutta a
Belen dai santafesini. Il successo federale fu completato il 3 febbraio da
Cabral, che al Rincon de los Espinillos respinse il reparto unitario di Gregorio
Barbosa, caduto nell’azione con altri 22 uomini.

L’offensiva lavallista su Buenos Aires (16 marzo - 7 settembre 1840)


Riorganizzato l’Ejército Libertador, il 16 marzo Lavalle riprese l’offensiva
156

contro Echague, non senza aver distaccato su Santa Fe il colonnello Mariano


Vera, con gli indios amigos e appena 150 volontari. Vera doveva congiungersi
sul Rio Cayastà con la colonna santiaguegna di Francisco Reynafé, composta
da 200 tiradores e 400 indios tobas, che stava marciando attraverso la parte
settentrionale della provincia di Cordoba. Ma, giunta a contatto coi santafesini,
una parte dei volontari di Vera passò coi federali e il resto fu annientato il 26
marzo non appena ebbe varcato il Cayastà. La colonna Reynafé subì la stessa
sorte quattro giorni dopo, anch’essa sulla riva occidentale del Cayastà.
Lo scopo della nuova offensiva di Lavalle non era né di difendere Corrientes
né di occupare Entre Rios, bensì di poter raggiungere la nuova flottiglia
orientale che lo attendeva sul basso Paranà per condurlo direttamente contro
Buenos Aires. Ma Echague gli sbarrava il passo e il 10 aprile lo costrinse a
battersi un giorno prima del previsto, a Don Cristobal. Fu un altro brutale
scontro frontale con 500 caduti sul campo, sospeso dal calar della notte, che
entrambi gli avversari si gloriarono di aver vinto. In ogni modo, il 13, fu
Echague a ritirarsi, molestato sul fianco dalle pattuglie unitarie.
Echague tentò nuovamente di fermare Lavalle il 15-16 luglio a Sauce Grande,
35 chilometri a Sud del Paranà. Durante la notte le pattuglie entrerriane presero
contatto con gli avamposti unitari, che iniziarono un violento
cannoneggiamento. Soltanto nel primo pomeriggio, diradatasi la nebbia,
Lavalle potè iniziare il combattimento attaccando il fianco destro dei federali,
ignaro di assecondare così il disegno del nemico. Infatti la cavalleria
entrerriana, comandata da Oribe e Angel Maria Nunez, ripetè la manovra di
Urquiza a Pago Largo, caricando in massa l’ala destra unitaria e volgendola in
fuga, mentre falliva anche l’assalto centrale dell’unico battaglione unitario, che
l’artiglieria, avendo sprecato le munizioni nell’inutile cannoneggiamento
notturno, non fu in grado di coprire. Lavalle riuscì comunque a raggiungere
Diamante e di qui ad imbarcarsi per l’isola di Coronda, proseguendo poi per
Buenos Aires.
L’offensiva fluviale di Lavalle provocò tuttavia l’intervento diplomatico
inglese e la revoca del blocco navale francese, consentendo alla flottiglia
bonearense, ancora una volta riarmata nel porto della Boca dal vecchio
ammiraglio Brown, di attaccare quella orientale, ora comandata
dall’ammiraglio John Holstead Coe. Lo scontro si svolse il 3 agosto di fronte a
Montevideo: le due flottiglie avversarie tornarono però alle rispettive basi con
gravi avarie.
Due giorni dopo 3.000 lavallisti sbarcarono sulla riva occidentale del basso
Paranà, contemporaneamente al Baradero e a San Pedro, a monte e a valle di
El Tala, dove si trovavano le modeste forze mobili rosiste, 1.500 uomini al
comando di Pacheco. Quest’ultimo riuscì tuttavia a schivare l’accerchiamento
e a collocarsi a Nord del nemico, in modo da poter insidiare la sua avanzata
verso Buenos Aires.
Nelle settimane seguenti a Lavalle si unirono altri volontari, portando le sue
forze a 5.000 uomini: ma aveva bisogno di rimontare la sua cavalleria,
sostituendo i quadrupedi lasciati a Diamante. In attesa di poter risolvere il
problema, si limitò a spedire in avanscoperta 600 uomini. Li comandava il
colonnello Nicolas Vega (1790-1879) che il 23 agosto disperse una colonna di
750 federali (Lorea), inseguendola fino a Lobos. Ma qui la colonna si
congiunse con il grosso del colonnello Bernardo Vicente Gonzalez e Vega
157

dovette ripiegare a Lujan.


La marcia su Buenos Aires cominciò il 30 agosto. Il 3 settembre l’avanguardia
unitaria disperse un distaccamento di 200 federali alla Cagnada della Paja,
inseguendolo per 200 chilometri. Ma il 5 la colonna unitaria del tenente
colonnello Santiago Orogno fu agganciata e distrutta alla Punta di Rojas dal
capitano José Seguì, comandante interinale del Forte Federacion e il 7 un altro
piccolo reparto unitario fu annientato alla Laguna del Trigo dallo squadrone di
José Baldevenito.

La confederazione del ord e la ritirata di Lavalle (6 settembre - 20 giugno


1841)
Ma il 6 settembre, non appena attestatosi a Merlo, alle porte della capitale,
Lavalle sospese improvvisamente ogni operazione contro Buenos Aires. Quali
ne fossero le ragioni è controverso. Probabilmente Lavalle si rese conto di non
poter più contare sull’appoggio né della Francia, che aveva tolto il blocco
navale e stava negoziando un trattato con Rosas, né della popolazione
bonearense, rimasta in maggioranza fedele al dittatore. Può darsi infine che
Lavalle, sopravvalutando le forze nemiche, si sia lasciato impressionare dal
bluff di Rosas che gli era uscito incontro alla testa di 1.000 cavalieri, come se
fossero l’avanguardia di un poderoso esercito, mentre erano praticamente tutte
le forze mobili di cui il dittatore poteva disporre nella capitale.
In ogni modo la disastrosa decisione di Lavalle fu condizionata anche dagli
importanti sviluppi politico-militari verificatisi nel frattempo. Infatti il generale
José Maria Paz, evaso dopo otto anni di prigionia e rifugiatosi a Montevideo,
aveva raggiunto Corrientes per riorganizzare le forze unitarie del governatore
Pablo Ferré minacciate dall’esercito entrerriano di Echague. Inoltre le cinque
province settentrionali (Tucuman, Salta, Jujuy, Catamarca e La Rioja) avevano
dato vita alla Coalizione (unitaria) del Nord, ritirando la delega a Rosas della
loro rappresentanza internazionale e nominando comandante in capo delle
forze congiunte il governatore riojano, generale Tomas Brizuela. Aldao era
subito intervenuto con le truppe federali sanjuanine e mendosine, ma l’11
settembre venne fermato da Lamadrid nella Pampa Redonda, 150 chilometri a
Sud della capitale riojana.
Lavalle concordò allora con Lamadrid un’azione congiunta per assicurarsi le
retrovie e i rifornimenti logistici conquistando le due province federali di Santa
Fe e Cordoba che lo separavano dal territorio della coalizione settentrionale,
prima di vibrare il colpo finale al regime rosista. Mentre i riojani spedivano
agenti a preparare il rovesciamento del debole governo cordobese, Lavalle
spedì il generale Tomas Iriarte ad occupare la capitale santafesina, conquistata
il 29 settembre dopo vari giorni di combattimento, catturando il generale
Eugenio Garzon, tutti gli ufficiali e 300 soldati santafesini. Ma Lopez salvò il
grosso dell’esercito santafesino, ritirandosi a Nord e lasciando terra bruciata al
nemico.
Lavalle seguì Iriarte soltanto il 10 ottobre, non appena l’insurrezione unitaria
ebbe rovesciato il governo federale cordobese. Nel frattempo aveva subito una
dura sconfitta sul fronte bonearense, dove il 30 settembre il comandante rosista
del Fuerte de Mayo annientò la retroguardia di Vicente Valdez, caduto sul
campo, e Villalba, catturato e fucilato. Il 19 ottobre il tenente colonnello
158

santafesino Jacinto Andrade riprese Coronda annientando il presidio lavallista


comandato da Ciriaco Yascas. Il giorno dopo toccò ai bonearensi di Pacheco,
in agguato al passo di Miura, infliggere una dura sconfitta a Lavalle, il quale
perse anche una parte dei pochi cavalli che aveva. Il 9 e il 15 novembre fu
ancora Andrade ad infliggergli 34 perdite alla Tapera de Crespo e 300
all’arroyo Aguiar. Queste azioni minori ritardarono la marcia dell’Ejército
Libertador su Romero, dove Lamadrid lo attendeva per rimontare la cavalleria
con 2.000 quadrupedi cordobesi: Lavalle vi giunse infatti soltanto il 27
novembre, quando Lamadrid si era già ritirato più a Nord per sfuggire alla
minaccia santafesina.
Il giorno seguente, a Quebracho Herrado, 4.500 unitari, in maggioranza
appiedati, furono attaccati da 6.500 federali comandati da Manuel Oribe.
L’artiglieria lavallista potè sparare appena 5 scariche, perchè la riserva di
munizioni, perduta la strada, era finita a grande distanza dal campo di battaglia.
Già insufficienti, e per giunta stremate dalla fame e da una marcia di 60
chilometri, le cavalcature unitarie non poterono sostenere l’urto della
preponderante cavalleria federale. Protetto dal sacrificio della fanteria, Lavalle
poté alla fine ritirarsi, ma perdendo tutta l’artiglieria e oltre metà degli effettivi:
2.000 morti e 500 prigionieri.
La coalizione settentrionale era nel frattempo impegnata a piegare la resistenza
di Santiago del Estero, unica enclave federale rimasta al Nord. In novembre il
caudillo Ibarra aveva respinto le offensive sferrate da Lamadrid e dal
governatore saltegno Manuel Solà, ma il 23 gennaio 1841 un distaccamento
santiaguegno fu massacrato al paraje di Fragua dalla colonna di Federico
Rauch, spiccata da Lamadrid.
Oribe aveva distaccato Pacheco, con 1.100 uomini, a braccare Lavalle,
costringendolo a manovrare per tre mesi in attesa del nuovo esercito di 2.000
uomini che Lamadrid stava cercando di allestire a Tucuman. La notte sul 19
gennaio Pacheco sorprese al bivacco il colonnello José Maria Vilela - il
famoso rivale di Rosas che aveva fondato e comandato il 2° colorados delle
Conchas - massacrandogli 400 uomini su 1.500, incluso il colonnello Manuel
Rico. In marzo le forze mendosine di Aldao invasero nuovamente La Rioja,
tagliando la strada a Lavalle, cui restavano appena 230 uomini. Lamadrid gli
mandò incontro il colonnello Mariano Acha, richiamato dal fronte
santiaguegno, ma la colonna mendosina di Nazario Benavidez riuscì
ugualmente a sorprendere Lavalle la notte sul 20 (o 21?) marzo mentre
bivaccava senza adeguata vigilanza a Machigasta (o a San Antonio de
Arauco?). Lavalle riuscì a sganciarsi con gli ultimi seguaci e Benavidez
dovette accontentarsi di sconfiggere due giorni dopo, al Saladillo, 200 unitari
di Barandan.
Il 30 aprile Oribe marciò da Cordoba col grosso dell’esercito federale, per
sostenere le operazioni di Aldao e Benavidez. Il 10 giugno Lavalle sfuggì al
colpo di grazia raggiungendo Lamadrid a Tucuman. Invece Brizuela,
diffidando della fedeltà dei suoi 600 uomini, non volle lasciare la sua provincia
e il 20 giugno affrontò Benavidez a Sanogasta, dove venne mortalmente ferito
da suoi stessi soldati, in gran parte passati al nemico. A presidiare la provincia
rimasero i mendosini, mentre Oribe, temendo l’armata unitaria tucumana,
ripiegò a Cordoba.
159

Il ridotto tucumano e la sconfitta della confederazione unitaria (22 luglio - 4


novembre 1841)
La ritirata di Oribe consentì a Lamadrid di marciare su Cuyo, rioccupando La
Rioja il 22 luglio. Acha, distaccato con 500 uomini a San Juan, la occupò il 13
agosto, trincerandosi ad Angaco, con le spalle ad una acequia. Aldao e
Benavidez attaccarono il 16, con 1.300 uomini esausti per la marcia forzata, e
le prime due cariche della cavalleria federale furono prese di infilata dai
cannoni di Acha e respinte. Nella breve pausa, Acha ritirò la fanteria oltre
l’acequia. Accortosene, Aldao vi lanciò contro invano prima la cavalleria (più
volte respinta da quella unitaria) e poi anche la fanteria. Le perdite mendosine
(mille morti su 1.300) fecero di Angaco la battaglia più sanguinosa della storia
militare argentina in rapporto agli effettivi impiegati. Convinto di aver ormai
annientato il nemico, durante la notte Acha ripiegò verso San Juan. Ma nelle
stesse ore Benavidez riunì vari distaccamenti e, raccolti 700 uomini, il 18
sorprese gli unitari al sobborgo di Chacarilla. Pur decimato, Acha riuscì a
raggiungere San Juan arroccandosi nelle case con 100 superstiti, ma il 22,
terminate l’acqua e le munizioni, fu costretto ad arrendersi. Benavidez gli
aveva garantito la vita, ma il 15 settembre Aldao lo fece ugualmente fucilare e
decapitare. La sua testa, infilzata su una picca, fu esposta alla Represa de la
Cabra, in territorio puntano.
San Juan fu poi ripresa da Lamadrid, che ai primi di settembre entrò in
territorio mendosino, obbligando Aldao e Benavidez a riunirsi col resto
dell’armata federale di Mendoza comandata da Pacheco. Sempre ai primi di
settembre ripresero le operazioni anche Lavalle e Oribe. I due eserciti avversari
avanzarono paralleli, gli unitari da Tucuman e i federali da Cordoba, ma
Lavalle, inferiore di numero, riuscì ad eludere l’incontro. Così, raggiunta
Tucuman, Oribe dovette tornare indietro a cercare il nemico, e Lavalle ne
approfittò per interporsi tra la capitale tucumana e la retroguardia federale,
costringendola, il 19 settembre, a dare battaglia con le spalle al Rio Famailla.
Lavalle aveva 1.300 cavalieri (in gran parte tucumani del colonnello Torres) e
appena 70 fanti con 3 cannoni, contro 1700 cavalieri e 700 fanti federali.
Furono questi ultimi a travolgere il debole centro nemico e ad assicurare la
schiacciante vittoria federale. Sul terreno rimasero un migliaio di unitari e
appena 200 seguirono Lavalle nella fuga verso Jujuy.
Cinque giorni dopo, il 24 settembre, anche l’esercito di Lamadrid venne
annientato a Rodeo del Medio, 25 chilometri ad Est di Mendoza. Pachecho
aveva atteso il nemico dietro una estesa ciénaga attraversata da un solo ponte,
ma Lamadrid non cadde nella trappola, schierandosi di fronte al ponte a 1.200
metri di distanza, per tenersi fuori portata delle batterie federali. Non ebbe però
il tempo (o la volontà?) di piazzare i suoi 9 cannoni in modo da battere il
ponte, consentendo così a Pacheco di attraversarlo con tutto il suo esercito.
Inoltre, invece di caricare i reparti nemici man mano che giungevano nella
spianata, Lamadrid dette loro il tempo di schierarsi a battaglia, con le spalle
alla ciénaga, lasciandosi dietro la linea anche lo spazio per la famosa manovra
“urquiziana” delle ali di cavalleria (in questo caso la sinistra comandata da
José Maria Flores, che durante la battaglia si spostò dalla parte opposta per
avvolgere la sinistra unitaria). Con appena 200 uomini, Lamadrid riuscì a
guadagnare la Cordigliera, lasciando sul campo 400 morti, 500 prigionieri, 9
cannoni, il parque, i bagagli e 4 bandiere.
Il 9 ottobre, infermo, Lavalle lasciò il campo sotto Jujuy per andare a dormire
160

in città, in casa del dottor Elias Bedoya. La stessa notte fu ucciso da una
fucilata sparata dall’esterno attraverso la porta chiusa. Prive ormai di ogni
difesa, le province ribelli furono rioccupate dai federali. Solo la Catamarca
dovette subire ancora cinque giorni di violenza, dal 29 ottobre al 4 novembre,
per la resistenza opposta al colpo di stato del colonnello Mariano Maza dal
governatore Juan José Cubas, infine sorpreso e subito decapitato alla Quebrada
del Infiernillo. Identica sorte subì anche il governatore tucumano Marco
Avellaneda, sostituito dal colonnello Celedonio Gutierrez.
Rifugiatosi in Cile dopo Rodeo del Medio, per un altro anno e mezzo
Pegnaloza continuò a minacciare San Juan, ma Benavidez respinse i suoi
ripetuti sconfinamenti battendolo il 18 luglio 1842 ai Manantiales, il 15 e 17
gennaio 1843 ai Bagnados de Illisca (175 chilometri a Sud della Rioja) e a
Saquilan e l’8 maggio a Leoncito. Tornato in Cile, nel 1844 Pegnaloza offerse
la resa a Benavidez, riconoscendo la Confederazione e rinunciando ad ogni
attività politica.

Le operazioni navali e la sconfitta entrerriana (24 maggio 1841 - 11 gennaio


1842)
Mentre si combatteva nel Nord-Ovest, il fronte del Litorale rimase tranquillo,
ad eccezione del blocco navale argentino e di due scontri nelle acque di
Montevideo, svoltisi il 24 maggio e il 3 agosto 1841. Nessuna nave venne
affondata per azione nemica, ma la flottiglia uruguayana subì avarie, perdendo
inoltre il brigantino Montevideano (arenatosi sulla spiaggia per sfuggire alla
cattura) e due golette, Palmar (dove l’equipaggio si ammutinò andandosi a
consegnare alla Boca) e Rivera (affondata per un incidente mentre rientrava nel
porto di Montevideo). La sortita tentata il 9 dicembre dall’ammiraglio Coe si
risolse in 4 ore di combattimento, interrotto da un fortunale, e nella cattura di
un altro brigantino orientale, il Cagancha, il quale, rimasto isolato, si difese
valorosamente finchè, circondato dalle navi argentine al Banco di Ortiz, fu
costretto ad arrendersi.
Soltanto alla fine del settembre 1841 l’esercito entrerriano riprese le
operazioni terrestri, tentando di distruggere quello unitario riorganizzato a
Corrientes dal generale Paz. Per quasi due mesi i due eserciti si fronteggiarono
sulle due sponde del Rio Corrientes, cercando reciprocamente di indurre
l’avversario a muovere per primo, in modo da poterlo colpire durante
l’attraversamento del fiume. Alla fine fu Paz a fare la prima mossa, varcando il
Corrientes al passo di Caaguazù nella notte dal 26 al 27 novembre. Sorpreso
dall’abile manovra nemica, Echague dovette accorrere a sbarrargli la strada. La
battaglia avvenne il mattino del 28, a ridosso di Caaguazù.
Entrambi gli eserciti contavano 5.000 uomini e una dozzina di pezzi. Paz
schierò i suoi tre battaglioni in colonna (in testa i cazadores, al centro i
voltigeros e in retroguardia il republicano), col fianco sinistro coperto da un
estero guadabile (perpendicolare al fiume) e da un paio di cannoni. A destra
della fanteria schierò il resto dell’artiglieria e sull’ala 4 delle sue 6 “divisioni”
(mezzi reggimenti su 2 squadroni) di cavalleria, in prima linea quelle di
Ramirez e in seconda quelle del colonnello Velasco. Le ultime 2 divisioni
(Nunez) le collocò all’ala sinistra. Echague assunse lo schieramento classico, al
centro il suo unico battaglione con tutta l’artiglieria, 3 divisioni di cavalleria a
ciascuna ala e altre 2 in riserva.
161

Lo scontro iniziò con una carica di Nunez contro la destra entrerriana del
generale Servando Gomez, seguita da una rapida ritirata dietro l’estero, mentre
la fanteria manovrava, schierando i battaglioni di testa e di retroguardia lungo
l’estero e quello di centro di fronte alla fanteria nemica. In tal modo l’ala destra
entrerriana fu costretta a sfilare di fianco sotto la mitraglia e la fucileria
unitaria, mentre Nunez proseguiva al galoppo dietro le linee per unirsi a
Ramirez e Velasco che avevano già iniziato la carica contro l’opposta ala
entrerriana. L’intervento della riserva non poté rovesciare le sorti della
battaglia ed Echague dovette ordinare la ritirata e, pochi giorni dopo, cedere ad
Urquiza il governo della provincia e il comando dell’esercito. Fu proprio
Urquiza a salvare l’esercito entrerriano sfuggendo abilmente, l’11 gennaio
1842, all’accerchiamento tentato da Rivera e da Paz, collegati dai 1.000
cavalieri di Nunez.
162

2. L’ASSEDIO DI MONTEVIDEO
E LA SCONFITTA DI RIVERA
(1842-44)

La coalizione del Litorale, la flottiglia di Garibaldi e la vittoria


confederata(18 marzo - 6 dicembre 1842)
Benchè non definitiva, la sconfitta entrerriana determinò la defezione del
caudillo santafesino Lopez, il quale strinse una precaria alleanza antirosista
con Rivera e Ferré, il governatore correntino, per formare un esercito comune
al comando di Paz. Urquiza spedì Echague a fronteggiare la nuova minaccia,
mentre Rosas richiamava dal Nord le forze federali di Oribe e Pacheco e,
malgrado l’amnistia prevista dal trattato del 1840 con la Francia, intensificava
la repressione interna (secondo un ecclesiastico italiano, nel solo mese di aprile
del 1842 la Mazorca rosista avrebbe assassinato 300 oppositori del regime,
mettendone al bando altri 500).
Il 18 marzo 1842 l’avanguardia di Echague, comandata dal colonnello Manuel
Bàrcena, mise in fuga all’Arroyo del Pavon quella santafesina di Santiago
Cardozo, Juan Arenas e Santos J. Figueredo. Analogo successo ottenne il 26,
alla Cruz Alta, l’avanguardia di Pacheco, comandata dal colonnello José Maria
Flores, contro il capo unitario Santiago Orogno. Fu però Oribe, il 12 aprile, a
scontrarsi con Lopez a Coronda, dove l’esercito santafesino, forte di 3.000
uomini, fu costretto a ritirarsi su Corrientes, forzando il 16 aprile il Paso de
Aguirre sul Colastiné e subendo altre perdite il 20, quando fu inseguito e
sciabolato per 15 chilometri dalla cavalleria di Flores e Jacinto Andrada.
Pur indebolito dagli scontri e dalle diserzioni, l’esercito santafesino poté
comunque congiungersi con quelli correntino ed orientale a San José. Ma
l’esercito comune era indebolito dai diversi e contrastanti scopi di guerra
perseguiti dai tre caudillos. Ferré voleva soltanto difendere la sua provincia,
Lopez intendeva riprendere lo stesso ruolo regionale esercitato dal defunto
fratello, mentre Rivera si considerava l’erede di Artigas, cioè il “protettore”
delle province del Litorale e, per liberarsi di Paz, proponeva di mandarlo a
ripetere l’offensiva su Buenos Aires già tentata da Lavalle. Anche Paz voleva
attaccare subito oltre il Paranà, ma Ferré non volle arrischiare la divisione
correntina, facendo fallire il progetto e alla fine il generale, disgustato dalle
rivalità politiche e dai ripetuti tentativi di screditarlo, rassegnò il comando, di
fatto assunto da Rivera, che assunse una postura difensiva, ordinando all’esule
nizzardo Giuseppe Garibaldi (1807-82), che lo serviva col grado di colonnello
al comando della la flottiglia uruguayana (300 uomini e 3 piccoli velieri con 40
cannoni) di risalire il Paranà per portare armi a Corrientes e impedire ad Oribe
di passare il Paranà.
Ma la flottiglia fu allestita con grave ritardo, tanto che il 25 giugno Oribe poté
sbarcare senza ostacoli alla Bajada del Paranà, collegandosi con l’esercito di
Urquiza. Soltanto il giorno dopo, sfilando sotto la batteria rosista di Martin
Garcia, Garibaldi poté forzare l’accesso al Paranà, inseguita da Brown. Dopo
aver predato qualche mercantile a San Nicolàs, aver sostenuto qualche
scaramuccia ed essersi collegato con Ferré alla Bajada, il 15 agosto Garibaldi si
163

arenò a Costa Brava, presso San Juan, alla frontiera tra Entre Rios e Corrientes.
Il 18 fu raggiunto da Brown con 7 navi e 3 lancioni, e dopo aver valorosamente
sostenuto un impari combattimento, dovette sbarcare e trincerarsi. Attaccato a
terra dalle truppe da sbarco federali comandate dal tenente Mariano Cordero, il
19 Garibaldi distrusse le sue navi e si internò nel tentativo, non riuscito, di
raggiungere l’esercito alleato.
In ottobre la convenzione di Paysandù riconobbe formalmente a Rivera il
comando supremo dei tre eserciti alleati, forti complessivamente di 2.000 fanti,
5.500 cavalieri e 16 cannoni, che in novembre si misero in marcia verso il Rio
Gualeguay, attestandosi ai primi di dicembre all’Arroyo Grande per sbarrare il
passo all’esercito confederato di Oribe, leggermente superiore (2.500 fanti,
6.500 cavalieri e 18 cannoni), il quale marciava a sua volta verso l’Uruguay.
La notte del 5 dicembre i due eserciti bivaccarono a breve distanza,
schierandosi al mattino per la battaglia, nell’ordine consueto, cavalleria alle ali
e fanteria al centro. Più numerosa del solito, stavolta la fanteria giocò un ruolo
decisivo. Fu infatti quella confederata ad iniziare la battaglia, sfondando alla
baionetta il centro dello schieramento alleato e catturando i cannoni. Il varco
consentì alla cavalleria di Oribe di avvolgere entrambe le ali nemiche. Urquiza,
con l’ala destra confederata, travolse la cavalleria santafesina di Lopez e poi
anche quella correntina dei fratelli Juan e Joaquin Madariaga. Perduti 2.000
morti e 1.500 prigionieri, l’esercito alleato si dissolse.

Le legioni straniere di Montevideo


Corrientes cadde per breve tempo in mano confederata: rifugiatisi nel Rio
Grande, i fratelli Madariaga ritornarono con 100 guerriglieri e il 30 gennaio
1843 ripresero il potere, ripristinando la belligeranza della provincia a fianco di
Rivera, che intanto cercava di riordinare le proprie forze nell’interno della
Banda Oriental. Appresa la catastrofe, anche Paz accettò il compito disperato
di organizzare la difesa di Montevideo, riattando le fortificazioni fatiscenti e
armando i primi 4.236 uomini, in gran parte schiavi liberati e volontari
stranieri, soprattutto argentini organizzati da Ciriaco Diaz Vélez, privi però di
ogni esperienza militare.
Il 16 febbraio 1843, quando Oribe comparve sotto Montevideo, l’esercito
confederato contava complessivamente 12.640 uomini, di cui 5.000 a cavallo.
E di fronte al porto incrociava la squadra di Brown, forte di 9 navi e 1.000
marinai (in gran parte oriundi genovesi). Ma Oribe commise l’errore di non
attaccare subito, attardandosi ad erigere 4 grandi batterie e avviando così un
assedio logorante, protrattosi addirittura per otto anni. A questo esito contribuì
anche il minaccioso intervento della squadra inglese (commodoro Purvis), che
il 29 aprile impose a Brown di non sbarcare sull’Isola della Libertà e di ritirarsi
dal porto.
Il 1° aprile Oribe notificò ai consoli stranieri che avrebbe trattato anche i
residenti europei, i quali costituivano quasi metà della popolazione, come
“ribelli selvaggi unitari”. Fu un gesto controproducente, perchè contribuì a
mobilitare la più numerosa comunità europea, quella francese (6.300 su 31.000
abitanti) la quale formò una Legione di 2.000 uomini e poi addirittura di 3.500,
al comando del vecchio generale Jean-Paul Thiébaut (1769-1846), veterano
delle guerre napoleoniche, non senza suscitare le proteste della Francia, ancora
164

monarchica e neutrale.
Inoltre l’esempio francese fu subito imitato dalle comunità spagnola
(colonnello Neira) e italiana (Giambattista Cuneo). Ma, a dire il vero, le cifre
sembrano indicare che gli italiani, forse anche per le accese rivalità personali
tra i rifugiati politici, fossero meno unanimi e decisi: dettero infatti 530
volontari su 4.205 residenti, una aliquota certo elevata, ma nettamente inferiore
a quella dei francesi. Inoltre al primo scontro si dettero alla fuga, anche se
Garibaldi lavò l’onta guidando i legionari nei combattimenti del Cerro (10
giugno 1843 e 28 marzo 1844) e delle Tre Croci (17 novembre 1843) e
catturando vari mercantili nordamericani e argentini sotto il naso di Brown. Ma
il 28 maggio 1844, fallito un complotto per far ammutinare la Legione italiana,
il colonnello Angelo Mancini, il maggiore Santiago Danuzio e altri 9 ufficiali
passarono al nemico (un nuovo ammutinamento vi fu il 15 dicembre 1845).

Le continue sconfitte riveriste (19 agosto 1843 - 16 aprile 1844)


Mentre Oribe assediava Montevideo, concentrando l’attacco sul lato
occidentale, le forze riveriste si avvicinarono pericolosamente all’esercito
assediante. Intervenne allora l’esercito entrerriano di Urquiza, costringendo
Rivera a ritirarsi sul Rio Negro e a limitare le operazioni alla zona di Salto e
Cerro Largo, al confine col Rio Grande, dove il 19 agosto un distaccamento fu
sorpreso e messo in fuga dal comandante distrettuale Camacho (ad Arroyo de
los Conventos, presso Melo). Il 24 fu il generale Angel M. Nunez, distaccato
da Oribe per collegarsi con Urquiza, a respingere a Cagancha la divisione
riverista del generale Anacleto Medina. Altri insuccessi minori subirono le
forze riveriste di Venancio Flores, Jacinto Estivao, Fortunato Silva, Mateo
Vega e quella unitaria di Juan Mesa: il 31 agosto all’arroyo Santa Lucia, il 5
settembre alla Florida, il 19 a Palanco (dove il colonnello Manuel Urdinarrain
catturò un convoglio di rifornimenti per Montevideo), il 27 al paraje delle
Punte di Monzon (o del Cordobes), il 13 ottobre alle Punte di Sarandì, il 23 a
quelle del Maciel, il 6 novembre a Cerro Pelado, il 13 a Olimar, il 18 a El
Sauce, il 19 alla Sierra del Perdido (dove agirono le milizie oribiste del
dipartimento di Minas) e a Salto (conquistata da Lucas Piris).
Alla fine di dicembre l’invasione correntina di Entre Rios, con l’occupazione
di Concordia e la rioccupazione di Salto, consentì a Rivera di sfuggire
all’accerchiamento e di spostarsi con rapidissima marcia ad Est, piombando di
sorpresa, il 31 dicembre, sulla Divisione entrerriana di Servando Gomez e
costringendola a evacuare Maldonado, subito rioccupata da Fortunato Silva,
accorso dal territorio brasiliano. Lo scontro del 17 gennaio 1844 all’Arroyo
Grande (o Puntas del Palmar) tra 2.000 cavalieri correntini di Juan Madariaga e
1.300 entrerriani di Eugenio Garzon, si concluse alla pari (anche se fu Garzon
a doversi ritirare), ma nella Banda Oriental i riveristi subirono altri rovesci il 1°
gennaio alla Costa del Yì, il 24 all’arroyo del Sauce, il 6 febbraio alla Quinta
de Vidal, il 17 al paraje Juan Chazo, il 4 marzo a India Muerta (dove fu
catturato un secondo convoglio di rifornimenti), il 22 nell’attacco contro la
guarnigione oribista di Villa de Melo, il 16 aprile all’arroyo della Legna
(milizie del Minas).

Le sortite di Paz e le imprese di Garibaldi (2 giugno 1843 - 5 dicembre 1844)


165

Ma in undici mesi Paz effettuò dieci sortite, via via più audaci, contro un solo
assalto che gli assedianti sferrarono con appena 1.600 uomini soltanto il 15
luglio 1843, dopo aver già subito le prime tre sortite dei difensori (due generali
il 2 giugno e il 5 luglio e una parziale il 9 giugno). Nella quarta sortita (19
agosto) i difensori furono a stento contenuti dai 6 battaglioni del colonnello
Jaime Montoro, che guarnivano la prima linea del settore tenuto da Pacheco.
La quinta, respinta dal colonnello Mariano Maza, avvenne il 15 settembre, a
seguito di un violento cannoneggiamento confederato che sembrava preludere
ad un secondo assalto degli assedianti.
Due volte sospeso a seguito dell’intervento diplomatico anglo-brasiliano, il
blocco navale di Montevideo scattò definitivamente il 9 ottobre. Le
conseguenze si fecero presto sentire, tanto che la sesta sortita, avvenuta il 31
agosto, servì a coprire l’incursione del colonnello Faustino Velasco sui
magazzini del Buceo, 10 chilometri ad Est di Montevideo, dati alle fiamme
dopo averne estratto tutti i viveri e i rifornimenti che si potevano trasportare
nella città assediata. Come abbiamo detto, le forze federali riuscirono a
intercettare due colonne di rifornimenti per Montevideo, né miglior esito ebbe
l’attacco sferrato il 17 novembre da 700 riveristi contro il caposaldo di Tres
Cruces, tenuto con 300 uomini dal colonnello entrerriano Jerònimo Costa.
Soltanto il 7 febbraio 1844, coperta da un attacco diversivo delle colonne
mobili riveriste di Silva ed Estivao contro la retroguardia dell’esercito
assediante a Cagnada de Pache, la colonna Flores riuscì a forzare il passo del
Salado tenuto da Nunez e a rifornire Montevideo di 500 vaccine.
La settima sortita del 15 febbraio servì a distruggere alcune opere
dell’assediante e a preparare quella più ampia del 25, sferrata con 2.600 uomini
contro il settore tenuto da Nunez (arroyo El Pantanoso) ma frustrata dal buon
dispositivo di sicurezza adottato dagli assedianti. Il 26 il maggiore José R.
Devia riuscì inoltre a intercettare una colonna esplorante che tentava di
esfiltrare da Montevideo per collegarsi con l’esercito riverista. Il 28 marzo
(nona sortita) il settore di Nunez venne messo in seria difficoltà dall’attacco
congiunto di Flores, il quale riuscì a infiltrare circa 250 uomini penetrando per
5 chilometri nel dispositivo dell’assediante, ma Nunez, pur costretto a ripiegare
dietro il Pantanoso, mantenne saldamente il Corno del Paroldo, perno della sua
linea difensiva.
La decima e ultima sortita di Paz scattò il 24 aprile, impegnando tutto il
presidio, circa 8.000 uomini. Il piano era di tagliare fuori il settore di Pacheco e
annientare quello di Oribe sul Pantanoso. Paz condusse personalmente la
colonna di 1.500 uomini che riuscì a sloggiare Pacheco dalle sue posizioni. Ma
le truppe che dovevano impegnarlo frontalmente retrocedettero intimorite
dall’intervento della cavalleria nemica, mentre quelle che, trasportate per via
fluviale, dovevano sorprenderlo sul fianco, sbarcarono al suono della fanfara,
allertando il nemico: e, come se non bastasse, la loro artiglieria, comandata da
José Maria Piran, finì nell’acquitrinio (fu tuttavia salvata dal capitano
Bartolomé Mitre (1821-1906), futuro presidente argentino). Paz dovette così
rientrare in città, lasciando in retroguardia la Legione italiana che sostenne
valorosamente le cariche della cavalleria confederata. Alla sconfitta si
aggiunsero poi, il 4 luglio, le nuove dimissioni di Paz. Disgustato
dall’indisciplina e dalle rivalità politiche che minavano la difesa, il prode
generale argentino preferì ritirarsi in Brasile.
A tenere alto il morale degli assediati rimase la flottiglia di Garibaldi.
166

Approfittando di un momentaneo ritiro della squadra argentina, il 20 e 27


agosto Garibaldì catturò 3 unità nemiche al Buceo (1 brigantino e 1 goletta) e a
Pocitos (1 paqueboot). Ma il 29 il tenente colonnello federale Julian C. Sosa
riconquistò il Buceo, mentre al Cerro de la Victoria falliva una sortita guidata
dal maggiore Santiago Davila. L’ultima sortita fu respinta il 5 dicembre, a Tres
Cruces, dal tenente colonnello federale Ramon Artagaveitia.
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3. L’INTERVENTO ANGLOFRANCESE
E LA VITTORIA DI ROSAS E URQUIZA
(1845-50)

La sconfitta di Rivera e Lopez (27 marzo - 12 agosto 1845)


Dopo aver subito altre sconfitte a El Perdido (27 agosto), Sierra del Pan de
Azucar (8 ottobre), Quinta de Morello (11 gennaio) e Punte di Tacuarembò (6
febbraio), l’11 febbraio 1845 Rivera tentò di prendere la piazza di Cerro Largo,
difesa da Dionisio Coronel, ma dovette ritirarsi dopo tre giorni di
combattimento e affrontare una nuova offensiva di Urquiza. Sfruttando la
migliore conoscenza dei luoghi, Rivera riuscì a sfiancare la caballada
entrerriana con abili marce e contromarce, ma alla fine dovette risolversi a dare
battaglia, che si svolse il 27 marzo a India Muerta. Prima ad attaccare fu l’ala
destra entrerriana (Urdinarrain), poi intervenne Urquiza sbaragliando il resto
dell’esercito riverista. Rivera lasciò sul campo 500 morti e 400 prigionieri,
giustiziati sul posto, rifugiandosi nuovamente in Brasile.
La vittoria federale di India Muerta ebbe effetti decisivi, consegnando ad
Oribe il controllo incontrastato della campagna orientale. Gli ultimi focolai di
resistenza restavano così Montevideo e Corrientes, dove il 17 gennaio 1845 il
generale Paz aveva riassunto il comando dell’esercito di Madariaga, contando
sull’intervento anglo-francese e sulla riapertura del fronte santafesino da parte
dell’ex-caudillo Juan Pablo Lopez.
Il 6 luglio un’insurrezione dei suoi seguaci riuscì a riprendere brevemente,
dopo aspri combattimenti con le truppe lealiste, il controllo della capitale
santafesina. Tuttavia la controffensiva sferrata dal governatore federale
Echague con i rinforzi bonearensi costrinse Lopez ad evacuare Santa Fe e
ritirarsi nella parte settentrionale della provincia, inseguito dal colonnello
federale Matias Diaz che il 2 e il 5 agosto lo sconfisse all’Arroyo del Monje e a
Rio Salado, causandogli 350 perdite. Fu tuttavia lo stesso Echague ad
annientare, il 12 agosto all’arroyo del Mal Abrigo (campi di San Jerònimo), i
mille uomini di Lopez (sul terreno ne rimasero 600, più 200 prigionieri, con
tutto il loro armamento ed equipaggiamento). Benchè Paz lo avesse radiato
dall’esercito unitario per le atrocità commesse durante la breve occupazione di
Santa Fe, Lopez poté comunque riunirsi, coi resti delle sue truppe, all’esercito
correntino.

L’intervento anglo-francese (21 luglio 1845 - 16 gennaio 1846)


All’Inghilterra, che fino a quel momento aveva moderato gli ardori guerrieri
della Francia per non indebolire troppo Rosas, non conveniva una netta vittoria
della Confederazione, che rischiava di togliere alle marine europee l’approdo
di Montevideo e di riflettersi negativamente sul commercio inglese. Così il
ministro inglese delle colonie, Lord Aberdeen, convinse il governo ad
abbandonare la linea di equidistanza e ad impegnarsi assieme alla Francia per
indurre il Paraguay a sostenere il governo correntino di Madariaga e per
costringere Rosas alla pace sostenendo l’azione diplomatica con la minaccia di
un nuovo blocco navale. Il dittatore riuscì a temporeggiare da maggio al 21
168

luglio, quando i plenipotenziari delle due Potenze intimarono direttamente ad


Oribe di sospendere le ostilità durante i negoziati di pace. Il giorno seguente i
comandanti delle due squadre alleate intimarono a Brown di restare nel porto
di Montevideo. Il 2 agosto, quando le 3 unità argentine tentarono di uscirne,
furono circondate da forze decuple e costrette alla resa.
Alle proteste del governo argentino per il “robo de la escuadra”, i
rappresentanti inglese e francese lasciarono Buenos Aires spostandosi a
Montevideo, mentre Rosas vietava alle navi delle due bandiere la navigazione
nel Paranà e sospendeva il pagamento degli interessi sul prestito della Baring
Brothers. Concesse però al prode ammiraglio Brown il permesso di lasciare il
comando per non dover combattere contro i propri connazionali, affidando la
difesa costiera del Plata, del Paranà e dell’Uruguay ai generali Prudencio
Rosas, Lucio Mansilla e Matias Diaz.
Il 12 agosto, lo stesso giorno in cui Echague annientava le forze di Lopez, le
due Potenze replicarono a loro volta con la dichiarazione congiunta di guerra e
aiutarono Montevideo ad allestire una squadriglia di 20 navi e 40 cannoni.
Secondo il piano di guerra, gli ammiragli Howden e Lainé dovevano bloccare
Buenos Aires e risalire il Paranà, mentre le forze orientali avrebbero riaperto
l’Uruguay sino alla grande cascata di Salto, dove dovevano congiungersi con le
forze correntine. Metà della Legione italiana rimase a Montevideo al comando
di Luigi Botaro. Gli altri 250, al comando di Giacomo Anzani, si imbarcarono
sulla squadriglia assieme a 300 orientali, con 6 cavalli e 2 pezzi da campagna.
Il 31 agosto la “squadriglia montevideana” raggiunse le 10 unità da guerra
alleate di fronte al fortino rosista di Colonia, che fu espugnato dai legionari
(cannoneggiati - per errore o per odio ideologico - dal brigantino francese
Ducoedic). Il 5 settembre gli alleati occuparono anche l’Isola di Martin Garcia
issandovi la bandiera orientale.
Imboccato l’Uruguay, il 20 settembre la flotta raggiunse Gualeguaychù,
saccheggiata dalle fanterie di Garibaldi, e il 29 Paysandù. Non potendo
proseguire a causa dell’eccessivo tonnellaggio, le navi alleate tornarono
indietro per aprire il Paranà ad un convoglio di mercantili. Mansilla aveva
sbarrato il fiume al Rincon de Obligado con una fila di barche incatenate alle
due sponde. Su quella occidentale erano piazzate 4 batterie con 16 pezzi da
dieci a ventiquattro libbre e una forza equivalente alle truppe da sbarco alleate
(600 patricios, 300 miliziani locali e 2 squadroni di cavalleria).
Howden e Lainé si presentarono all’alba del 20 novembre con 11 navi e 99
cannoni. I 10 brulotti argentini riuscirono a incendiare una nave nemica e
l’ammiraglia inglese incassò ben 120 colpi, con gravi perdite dovute alla
mitraglia, ma, a partire dalle 10 del mattino, i grossi calibri alleati fecero strage
nelle batterie argentine. Mansilla continuò a dirigere la battaglia dalla batteria
Restaurador, forte di 2 pezzi, mentre i patricios respinsero un primo sbarco
nemico un chilometro a valle delle loro posizioni. Dopo mezzogiorno una
squadra di marines spezzò a martellate le catene che trattenevano le barche di
sbarramento. Il nemico le prese tutte tranne il brigantino Republica, fatto
esplodere dall’equipaggio dopo averlo abbandonato. In tal modo alle 5 del
pomeriggio le navi alleate poterono presentare il fianco alle batterie argentine.
Esaurite le ultime unizioni, Mansilla le fece evacuare. Pochi minuti dopo erano
distrutte dalle bordate nemiche. Poi la fanteria da sbarco alleata travolse quella
argentina. Gravemente ferito, Mansilla venne sostituito dal colonnello Marcos
169

Rodriguez, che alle 6 ordinò la ritirata, lasciando sul terreno 650 morti e feriti.

Tuttavia, benchè padrona del Paranà, la flotta alleata non riuscì poi a trovare
un punto in cui poter assicurare lo sbarco delle merci che era incaricata di
scortare. Lo tentò il 9 gennaio 1846 al Tonclero (a monte di Ramallo) e il 16 a
San Lorenzo, ma in entrambe le occasioni lo sbarco era fu dissuaso dalle
batterie argentine, la seconda delle quali, con 8 pezzi leggeri ben piazzati sulla
barranca, provocò 50 perdite a bordo delle navi alleate.

L’occupazione di Salto, la minaccia paraguayana e l’offensiva entrerriana(3


novembre 1845 - 28 marzo 1846)
Intanto la flottiglia orientale aveva forzato il passaggio di Paysandù sfidando il
fuoco delle batterie terrestri e di alcune cannoniere argentine internate
nell’arroyo Aguatero. Poi Garibaldi era sbarcato a Juanicò e, dopo aver
respinto un contrattacco terrestre, si era collegato con i matreros (equivalente
uruguayano dei gauchos) offerti dall’avventuriero irlandese Mundell. Col loro
aiuto il 3 novembre aveva preso Salto, catturandovi 80 uomini e il 25 ne aveva
catturati altri 100 con un attacco di sorpresa contro il campo nemico sul rio
Itapebì, mettendo in fuga il generale Manuel Lavalleya.
Intanto, ottenuto dal Brasile il riconoscimento della propria indipendenza, il
Paraguay tentò di imporlo anche all’Argentina. Il trattato di alleanza offensiva
firmato l’11 novembre con la provincia di Corrientes, impegnava Asuncion a
mettere in campo un esercito di 10.000 uomini. Naturalmente il trattato indusse
Urquiza a prevenire l’intervento paraguayano vibrando il colpo decisivo contro
il ridotto correntino. Il primo obiettivo della nuova offensiva entrerriana fu
ovviamente Salto: ma l’attacco del 6 dicembre venne respinto da Garibaldi, e il
23 Urquiza si ritirò lasciando a bloccare il fortino il generale Servando Gomez,
con in sottordine il tenente colonnello Gregorio Vergara e il comandante Diego
Lamos.
Garibaldi tentò di sbloccare Salto, ma il 2 gennaio 1846 fu respinto alle punte
del Ceibal dal maggiore Marcos Nera. Lo stesso giorno, alla testa di 6.000
uomini, Urquiza varcava il confine correntino e il 16 la sua avanguardia
batteva a Las Osamentas, presso l’antico campo di battaglia di Pago Largo, il
colonnello correntino Nicanor Càceres. Il 4 febbraio, a Laguna Limpia, fu lo
stesso Urquiza a disperdere, con 600 cavalieri contro 1.200, la divisione
correntina di Juan Madariaga, facendolo prigioniero. Inferiore di forze e
sempre più osteggiato dal governatore Joaquin Madariaga, Paz si chiuse allora
nel ridotto settentrionale, reso impenetrabile dal terreno paludoso,
trincerandosi a Ubajahì, protetto a Nord dall’Alto Paranà e a Sud dall’Estero di
Santa Lucia, dove fece piantare da diecimila palafitte per renderlo invalicabile
alla cavalleria entrerriana.
Anche in Uruguay Venancio Flores aveva tentato di riaccendere la guerriglia
riverista, attaccando il 16 gennaio la piazza di San Carlos, difesa dal colonnello
Antonio Acugna. Ma Flores si era dovuto ritirare all’accorrere dei rinforzi,
guidati dal colonnello Juan Barrios. Sul fronte di Salta, appreso che il
colonnello Anacleto Medina stava finalmente arrivando con 200 uomini,
Garibaldi gli andò incontro con 186 legionari e un centinaio di cavalieri
orientali comandati da Bernardino Baez. Ma l’8 febbraio si scontrò alla fattoria
170

di San Antonio con 300 fanti e 900 cavalieri di Gomez. Presto abbandonati
dagli orientali, i legionari combatterono l’intera giornata, infliggendo forse 500
perdite al nemico e ritirandosi con 33 morti e 53 feriti a Salto, dove Anzani e
altri 50 legionari avevano nel frattempo respinto un’incursione nemica (fu
questa l’ “hazana del 8 de febrero” immortalata sulla bandiera nera col
vulcano fiammeggiante offerta alla Legione Italiana). Medina raggiunse Salto
il giorno successivo, ma solamente per restarvi bloccato. Il 26 febbraio e il 28
marzo, a Laureles e al Rincon de Tapeoy, Vergara e Lamos annientarono altre
due piccole bande riveriste.

Il ritorno di Rivera e la neutralizzazione di Corrientes (14 febbraio - 14


agosto 1846)
Intanto, dissuaso dalle formidabili difese del ridotto correntino, Urquiza era
tornato nella sua provincia, avviando una trattativa segreta con Madariaga per
indurlo a rinunciare all’intervento paraguayano, sbarazzarsi di Paz e
concludere la pace, con la garanzia di conservare il potere. Non soltanto a
Corrientes, ma anche a Montevideo l’oltranzismo antirosista aveva finito per
isolare e rendere odiosa alla maggioranza degli orientali la fazione degli esuli
argentini. Il 14 febbraio un colpo di stato moderato, sostenuto dal Brasile,
impose al governo di richiamare Rivera. Ma gli estremisti ripresero il
sopravvento e il 1° aprile il governo vietò a Rivera di sbarcare. L’argentino
Jacinto Estivao, che comandava il porto, fu ucciso per essersi opposto alle
bande armate che avevano tentato di forzare lo sbarco. I volontari argentini
dislocati lungo il perimetro difensivo, si concentrarono allora nella caserma
della Legion argentina, abbandonando poi la città per raggiungere Paz nel
ridotto correntino. Ma il 4 aprile, a seguito degli accordi con Urquiza,
Madariaga gli tolse il comando dell’esercito.
A sua volta la flotta alleata proseguì per l’Alto Paranà scortando rifornimenti
per Madariaga. Il 6 aprile i 17 pezzi della poderosa batteria di Quebracho (a
monte di San Lorenzo) provocarono qualche lieve avaria al nemico, ma 10
furono poi distrutti il 4 (o 16) giugno, quando le navi alleate ridiscesero il
fiume tornando dalla missione politico-logistica a Corrientes. Mansilla (guarito
e tornato in comando) e Prudencio Rosas colsero comunque qualche alloro il
19 e 21 aprile, l’uno recuperando una delle unità perdute al Rincon de
Obligado, l’altro respingendo uno sbarco dimostrativo all’Ensenada di
Barragan.
La pace tra Urquiza e Madariaga venne firmata il 14 agosto ad Alcaraz. Il
caudillo correntino riconosceva il Patto Federale e la delega delle relazioni
esterne a Rosas, ma una clausola segreta lo esentava dall’intervento nelle
ostilità in atto con le due Potenze europee e con il governo uruguayano (che nel
frattempo aveva fatto arrestare Mundell e richiamato Garibaldi, il quale tornò a
Montevideo il 5 settembre). Benchè il trattato ribadisse la formale supremazia
del governatore bonearense, Rosas ne fu fortemente contrariato e non volle
ratificarlo. Del resto la sua fondata apprensione per il crescente potere di
Urquiza fu rafforzata dalle continue pressioni del caudillo entrerriano per una
nuova “organizacion nacional”, che implicava una insidiosa revisione
costituzionale. Ma Rosas contava ancora sul sostegno dell’Inghilterra, dal
momento che il contrasto era stato determinato proprio dal desiderio di evitare
l’unificazione geopolitica del Plata, mentre il blocco navale di Buenos Aires,
171

con la correlata sospensione dei pagamenti dovuti alla Baring Brothers,


danneggiava anche gli interessi inglesi.

La fine del blocco inglese, la vittoria di Urquiza e la resistenza di Rivera (1°


gennaio 1847 - 9 marzo 1850)
Il 9 gennaio 1847 Salto si arrese ad Urdinarrain, mentre in Uruguay le forze di
Oribe ripresero l’offensiva, battendo le colonne Flores e Rivera a Campo de
Colla (1° gennaio), ai campi di Solis Grande (27 gennaio) e a Picada de Lobos
sul Rio Negro (10 febbraio) e prendendo le avanzate di San Carlos (11
gennaio), la piazza di Villa Mercedes (27 gennaio) e l’avamposto della Retama
di Colonia (9 febbraio). Incalzate anche dalle truppe entrerriane, le forze
riveriste subirono altre sanguinose sconfitte il 3 maggio alla Picada del
Sarandì, il 1° e il 13 agosto ai Rincones di Araza e della Coronilla e il 29
settembre alla Barra de los Tapes.
I nuovi rovesci subiti da Rivera convinsero l’Inghilterra ad affrettare la
normalizzazione dei rapporti con l’Argentina. Il 15 luglio, dopo un colloquio
con Rosas e un armistizio con Oribe, l’ammiraglio Howden tolse il blocco
inglese (quello francese rimase sino al 15 giugno 1848, quando fu rimosso dal
nuovo governo repubblicano: il 24 novembre 1849 il rappresentante inglese
Souther stipulò un trattato di pace che nella sostanza accoglieva tutte le
posizoni argentine, riconoscendo ai fiumi Paranà e Uruguay la qualità di acque
“interne”).
Riannodate le relazioni con l’Inghilterra, Rosas poté annullare il trattato di
Alcaraz, ordinando ad Urquiza di sottomettere Corrientes. L’esercito
entrerriano, forte di 6.000 uomini, partì il 20 ottobre da San Cala, marciando
per la strada della Cuchilla Grande, utilizzata anche nelle precedenti invasioni.
Man mano che avanzava, vari comandabti correntini passarono dalla sua parte:
Càceres alla frontiera interprovinciale, Beron a Mercedes e Soto al Rio
Corrientes.
Imitando la strategia difensiva di Paz, anche Madariaga si era ritirato tra le
paludi settentrionali, ma non nel vecchio ridotto di Ubajahì, bensì nel potrero
di Vences, circondato da esteros, malezales e profondi zanjones. Sloggiate il
25 novembre le avanzate unitarie da Caà-Catì e completata la ricognizione
preliminare, Urquiza decise di attaccare frontalmente, con la fanteria del
comandante José Maria Francia, attraverso la stretta bocca del potrero, mentre
le ali di cavalleria (Urquiza e Garzon) dovevano avvolgere il nemico
attraversando stagni e fossati.
Francia attaccò alle 11 del 27 novembre, appoggiato sulla sinistra da 5
cannoni, mentre la cavalleria guadava gli esteros per poi gettarsi su entrambe le
ali nemiche. Malgrado la valorosa resistenza della Divisione santafesina di
Lopez, l’esercito unitario fu annientato, lasciando sul campo 500 morti e 2.000
prigionieri. Il 14 dicembre, deposto Madariaga, Urquiza consegnava la
provincia al suo luogotenente Benjamin Virasoro.
Rifiutando di accettare la sconfitta, Rivera accorse allora a sbarrare la linea
dell’Uruguay, marciando con un nuovo esercito su Paysandù. Avendo forze
inferiori, Servando Gomez dovette ritirarsi e il 26 dicembre Rivera prese la
piazza, malgrado la valorosa difesa del comandante Felipe Argento. All’inizio
del 1848, tuttavia, Rivera controllava soltanto tre piazzeforti orientali: la
172

capitale, Salto e Colonia, queste ultime assediate dai colonnelli José Maria
Flores e Lucas Moreno. Difesa da Anacleto Medina, Colonia fu conquistata
d’assalto il 18 agosto, con un breve ma sanguinoso combattimento (cento
caduti in un’ora). Il 21 e 22 ottobre i difensori di Montevideo fallirono due
sortite di 300 e 250 uomini contro il Pantanoso e il Cerro, respinte da Jerònimo
Serrano e Baldomero Lamela, il primo con appena 100 uomini, l’altro con 70.
Il 17 novembre ne fallì anche una terza, di 300 fanti e 70 cavalieri, fermata al
Saladero de Sayago dalla resstenza di 60 federali del capitano Ubal e costretta
a ripiegare dal contrattacco di Serrano.
Lo stallo si protrasse fino all’ottobre 1851, appena interrotto all’inizio del
1850 da un fallito tentativo di sbloccare Salto condotto dal barone di Yacuy
con truppe riogradensi e riveriste, sconfitte e respinte dal colonnello Lamas il 5
gennaio ai campi del Catalan e il 9 marzo al Paso de las Piedras.

ota: la Stazione avale della Regia Marina Sarda (1843-48)


Nel corso della guerra anche la piccola Reale Marina Sarda tornò a “mostrare
bandiera” nelle acque del Plata, soprattutto per controllare le attività della
centrale rivoluzionaria italiana, trasferitasi da Rio de Janeiro a Montevideo, ma
anche per difendere i sudditi sardi dai soprusi di Rosas, il quale li sospettava di
simpatie unitarie. Nel 1843 la fregata Des Geneys dette prova di grande perizia
nautica risalendo il Rio della Plata e nel 1844 fu avvicendata dal brigantino
Eridano.
La stazione sarda di Montevideo, inizialmente comandata dal contrammiraglio
Giorgio Mameli, padre del patriota Goffredo, fu retta in quegli anni da
MaurizioVillarey e infine dal barone nizzardo Augusto Corporandi d’Auvare,
che durante la rappresaglia anglo-francese del 1845 mise in salvo sulla
corvetta Aquila centinaia di quei sudditi francesi e inglesi di cui il consolato
sardo aveva assunto, su preghiera dei rappresentanti, la tutela.
Ma le relazioni diplomatiche col Regno di Sardegna si interruppero nel 1848,
quando Rosas, prendendo a pretesto la mancata notifica dell’adozione del
Tricolore quale nuovo vessillo sabaudo, espulse l’incaricato d’affari
d’Hermillon, accusandolo di essere “il nemico più perverso, più feroce e più
sanguinario” e di aver intrigato “con sfacciata insolenza contro la pace”
curando gli interessi della Francia (Incisa, pp. 102-117).
173

VI - LA QUESTIOE PORTEGA
(1851-1863)

SOMMARIO: 1. La battaglia di Monte Caseros (1851-52). - 2. La secessione


bonearense (1852-59). - 3. La guerra di unità nazionale (1859-63).

1. LA BATTAGLIA DI MONTE CASEROS


(1851-52)

Il pronunciamiento di Urquiza e la liberazione di Montevideo (1° maggio - 21


novembre 1851)
Rosas aveva tenuto testa alle due maggiori Potenze mondiali e sconfitto i suoi
nemici del Nord-Est. Ma proprio il suo successo ne affrettò la fine.
Abbandonati anche dai francesi, gli esuli argentini e il governo di Montevideo
si volsero naturalmente verso Urquiza, che li aveva sconfitti ma che incarnava
la crescente insofferenza delle province confederate nei confronti di Rosas,
accresciuta dalle misure protezioniste con le quali il governo dittatoriale aveva
sostenuto il blocco navale europeo. Alla quarta rielezione di Rosas, tutte le
province gli riconfermarono la delega delle relazioni esterne, ma alcune si
pronunciarono a favore del programma di “organizzazione nazionale”
caldeggiato da Urquiza, reclamando in sostanza la convocazione di un
congresso costituente.
Nell’aprile 1851 Urquiza imboccò la strada dell’aperta ribellione, invitando le
altre province a stringere alleanza per porre fine alla dittatura rosista e
restaurare l’autentico federalismo e il 1° maggio il governo entrerriano notificò
a quello bonearense il ritiro della delega delle relazioni esterne della provincia
mesopotamica. Il 25 successivo Urquiza pubblicò nella capitale provinciale,
Concepcion del Uruguay, un infiammato proclama nel quale si invitava la
Confederazione a lottare per l’“organizzazione nazionale” e contro Rosas, e nel
quale il vecchio motto confederato “mueran los salvajes unitarios” era
sostituito da quello antirosista “mueran los enemigos de la organizacion
nacional”, promuovendo in tal modo un programma di riconciliazione
nazionale con i liberali.
Quattro giorni dopo Urquiza firmava un trattato d’alleanza col Brasile e col
governo di Montevideo, nel quale, in cambio dell’aiuto militare contro Rosas,
riconosceva l’indipendenza dell’Uruguay, minacciata dalla presenza delle forze
di Oribe. Il Brasile ne approfittò per stipulare col nuovo governo colorado di
Montevideo i vantaggiosi trattati dell’ottobre-novembre 1851 che gli
concedevano quasi tutte le Misiones Orientales del rio Yaguaron e della laguna
Mirim, la neutralizzazione dell’Isola Martin Garcia e la navigazione comune
sull’Uruguay con franchigia fiscale decennale, nonchè il diritto di intervento in
174

caso di movimenti armati contro il governo orientale, mettendo a suo carico il


mantenimento del contingente brasiliano.
Diffidando della fedeltà del suo esercito, il dittatore preferì restare sulla stretta
difensiva chiudendosi nella sua provincia, anche quando, il 28 luglio, Urquiza
varcò la frontiera uruguayana per sbloccare Montevideo. Vari comandanti delle
forze di sicurezza antiriveriste si unirono all’esercito entrerriano,
ingrossandone le file fino a 9.000 uomini. L’unica reazione di Rosas fu, il 16
agosto, la formale dichiarazione di guerra al Brasile, priva però di ogni
conseguenza operativa.
Del resto le forze di Oribe sembravano inizialmente in grado di resistere da
sole. Il 17 agosto gli assediati di Montevideo fallirono infatti un’ennesima ed
ultima offensiva nel settore del Pantanoso, respinta dal tenente colonnello
Lamela, mentre il 12 settembre Dionisio Cabral, comandante di Cerro Largo,
sorprese le forze riogradensi del barone di Yacuy ad Arroyo Chuy, che si
sbandarono con un centinaio di perdite.
Ma il 13 settembre Urquiza si accampò di fronte alle forze di Oribe,
offrendogli una resa onorevole. Dopo un lungo negoziato, l’8 ottobre Oribe
sottoscrisse la capitolazione del Pantanoso, consegnando l’esercito ad
eccezione della sua persona. L’aliquota orientale fu incorporata nell’esercito
del governo di Montevideo e quella argentina nell’esercito di Urquiza. Il 21
novembre un nuovo trattato gli riconobbe il titolo di presidente provvisorio e
capitano generale della Confederazione, affidandogli il comando dell’Ejército
Grande, composto da 22.000 uomini. Un terzo erano entrerriani, un terzo
correntini delle due fazioni rivali (Madariaga e Virasoro) e il resto veterani del
disciolto esercito di Oribe e antirosisti di tutte le tendenze, inclusi gli unitari
come Bartolomé Mitre:

8 battaglioni di 600 uomini: 2 entrerriani (Entrerriano, Urquiza), 4 bonearensi (1°


Federacion, 2° Constitucion, 3° San Martin, 4° Buenos Aires) e 2 correntini
(Defensor e Patricios);
22 divisioni di cavalleria: 10 entrerriane (1-9 e San Juan), 7 correntine (1-6 e Escolta) e
5 bonearensi (1-5);
2 squadroni di artiglieria: 1 entrerriano e 1 correntino.
3 squadroni di artiglieria volante: 1 entrerriano e 2 bonearensi.

Col medesimo trattato, Uruguay e Brasile si impegnarono a fornire ciascuno


una Divisione ausiliaria di 3.000 uomini, e il Brasile anche una squadra navale
nonchè le somme necessarie per la guerra, da restituirsi dopo la vittoria ad un
interesse annuo del 6 per cento. Nel frattempo il Brasile concentrava in
Uruguay una forza di 16.200 uomini al comando del generale Luiz Alves de
Lima e Silva, duca de Caxias (1803-80).

La sconfitta e la fuga di Rosas (9 dicembre 1851 - 3 febbraio 1852)


Sulla carta, Rosas poteva opporre ben 46.600 uomini, di cui 28.800 veterani,
concentrati attorno alla capitale:
175

7.500 Division orte (Echague) tra Coronda, San Lorenzo e Rosario, con tre nuclei a
Ramallo (Martin de Santa Coloma), San Pedro (Jeronimo Serrano) e Zarate
(Lucio Mansilla);
5.800 Divison Centro (Pacheco) a Lujan, con nuclei a Cortina (Manuel Rojas) e
Aguilera (Barrancosa);
2.800 Division Sur (Cornet e Pedro Rosas) alla laguna de los Pardos, Tuyù, Salado ed
Ensenada;
6.500 veterani al campo di Palermo;
6.200 veterani al campo di Santos Lugares;
17.800 miliziotti e ausiliari di polizia in città.
Il 9 dicembre il generale Santa Coloma riuscì a piegare facilmente la ribellione
del colonnello Serrano. Ma il 17 dicembre 11 navi da guerra brasiliane, pur con
qualche lieve perdita, forzarono il passo del Tonelero, invano difeso dal
generale Mansilla con 7 bocche da fuoco, sbarcando la Divisione ausiliaria del
marchese di Porto Alegre. E l’8 gennaio 1852, varcato il Paranà in più punti,
l’esercito confederato si concentrò ad Espinillo. Tuttavia il morale dei
confederati fu scosso dalla ribellione della Divisione Aquino, formata da
veterani di Oribe che il 12 gennaio uccisero i comandanti e passarono dalla
parte di Rosas. Urquiza li condannò tutti a morte, non appena fossero stati
catturati.
In ogni modo le truppe rosiste si ritirarono di fronte all’avanzata nemica. Un
conato di resistenza fu schiacciato il 18 gennaio a Lomas Negras, mentre il 31,
ai campi di Alvarez, 3.000 cavalieri confederati di Juan Pablo Lopez respinsero
i 3.500 rosisti del colonnello Hilario Lagos, causandogli 200 morti e 200
prigionieri e obbligandolo a ritirarsi a Santos Lugares, dove si trovava il grosso
dell’esercito rosista.
Lo scontro finale avvenne il 3 febbraio a Monte Caseros, dove il dittatore
attese passivamente l’attacco. Urquiza condusse personalmente l’ala destra,
ben 10.000 cavalieri veterani contro 2.000 lancieri di Lagos. Poi avanzò la
fanteria del centro (Division Oriental e Brigada Rivera), seguita con qualche
ritardo dalla Divisione brasiliana e affiancata dall’ala sinistra di Urdinarrain. Vi
fu una accanita resistenza nel caposaldo della casa di Caseros, dove l’artiglieria
del colonnello Martiniano Chilabert sparò tutte le sue munizioni prima di
ritirarsi. Ma sotto l’impeto della preponderante e agguerrita cavalleria
mesopotamica l’esercito governativo si sbandò lasciando sul campo 7.000
prigionieri e 56 cannoni. Gran parte della Divisione Aquino fu catturata mentre
cercava di raggiungere il campo di Palermo e subito passata per le armi. Rosas
scappò travestito nella capitale, dove, firmate le dimissioni, si mise sotto la
protezione del governo inglese che lo fece imbarcare su una nave da guerra
relegandolo poi a Southampton.
Mentre marciava verso Monte Caseros, Urquiza aveva distaccato il colonnello
Juan Crisostomo Alvarez contro il governatore di Tucuman, Celadonio
Gutierrez, l’unico caudillo provinciale rimasto fedele a Rosas. Il 4 e il 10
febbraio Alvarez aveva facilmente sconfitto le avanguardie tucumane ai
Cardenas e a Tapia, ma il 15 Gutierrez lo aveva catturato a Manantial e il 17 lo
aveva fatto fucilare assieme a vari ufficiali. Questa esperienza consigliò ad
Urquiza di riconoscere come autorità legittime tutti i governatori in carica,
incluso Gutierrez, ingoiando la fucilazione di Alvarez (Una nuova rivolta,
diretta da Manuel Espinosa e appoggiata dal caudillo santiaguegno Taboada,
176

scoppiò nel febbraio 1853, mentre Gutierrez si trovava al congresso di San


Nicolas. Sconfitto e ucciso Espinosa, in ottobre il caudillo tucumano fece una
spedizione punitiva contro Taboada, interrotta da un nuovo conato
rivoluzionario).
177

2. LA SECESSIONE BONEARENSE
(1852-59)

Il trattato di San icolas e la secessione di Buenos Aires (31 maggio - 11


settembre 1852)
La facile caduta dell’odiato tiranno infranse la precaria unità del fronte
antirosista. E’ vero che Urquiza non seppe governare la politica di
riconciliazione che gli aveva assicurato la supremazia militare e la vittoria di
Monte Caseros. Forse sarebbe stato ancora possibile, in qualche modo, far
convivere i caudillos in una confederazione nominale, continuando di fatto
l’astuta politica del dittatore deposto. Ma, come Rosas aveva giustamente
compreso, rimettere mano alla costituzione significava inevitabilmente far
riesplodere tutte le contraddizioni geoeconomiche dell’Argentina e dunque
riaprire l’irrisolvibile conflitto di interessi tra Buenos Aires e le province
dell’interno di cui i caudillos e la violenza politica erano non la causa, ma
l’effetto.
Urquiza si illuse di poter dominare la fronda dei liberali bonearensi con
l’occupazione militare della provincia e nella capitale e col reimpiego di molti
esponenti di secondo piano del vecchio regime, a cominciare dal colonnello
Manuel Rojas, nominato l’8 marzo comandante della nuova Guardia acional
bonearense, che il 17 marzo assorbì anche le vecchie milizie urbana e di
campagna. Anche il cruciale settore del Centro, includente la capitale, venne
affidato ad un ex-rosista, il valente colonnello Hilario Lagos.
In cambio della conferma, i caudillos provinciali riconobbero ad Urquiza, col
trattato di San Nicolàs del 31 maggio 1852, la rappresentanza esterna della
Nazione e il comando in capo degli Eserciti della Confederazione, dandogli
mandato di convocare a Santa Fe una nuova Costituente per procedere alla
“organizacion nacional” in base ai principi repubblicano e federale. Ma
l’appoggio degli ex-rosisti e l’impegno sul carattere federele della nuova
costituzione costarono ad Urquiza il residuo sostegno dei liberali portegni,
scontentati anche dal criterio paritario, anzichè proporzionale alla popolazione,
fissato per le rappresentanze provinciali al congresso costituente.
Di conseguenza il 23 giugno la legislatura bonearense respinse la ratifica del
trattato di San Nicolas, costringendo il governatore Vicente Lopez y Planes a
presentare le dimissioni. Urquiza aggravò il conflitto imponendo a Lopez y
Planes di restare e sciogliendo la legislatura, un atto che esorbitava dai poteri
provvisori riconosciutigli dallo stesso trattato di San Nicolas. Dieci giorni
dopo, quando Lopez y Planes presentò nuovamente dimissioni irrevocabili,
Urquiza commissariò la provincia dandone il comando al suo luogotenente,
generale José Miguel Galan.
Questo intervento esterno fu controproducente, saldando il blocco del
patriottismo bonearense e riportando sulla scena politica la borghesia, che
trovò il suo esponente politico nel dottor Valentin Alsina e il suo dirigente
tecnico-militare nel generale José Maria Piran. In agosto i congiurati si
178

assicurarono il controllo della Guardia Nazionale, il cui comando fu assunto


dal colonnello Bartolomé Mitre, veterano della difesa di Montevideo e molto
gradito all’influente comunità italiana. L’insurrezione avvenne l’11 settembre e
l’adesione non soltanto delle truppe bonearensi (Battaglioni San Martin,
Buenos Aires e Federacion e cavalleria di Hornos e Ocampo) ma anche dei
due battaglioni correntini costrinse Galan e Lagos ad abbandonare la città per
raggiungere il quartier generale di Urquiza a Rosario. Deposte le autorità
urquiziane, i rivoluzionari convocarono la vecchia legislatura che elesse
governatore il generale Manuel Pinto.

La vittoria bonearense (18 settembre 1852 - 24 luglio 1853)


Urquiza riunì 6.000 uomini per marciare immediatamente su Buenos Aires,
ma, resosi conto di non poter contare sulla fedeltà di tutti i suoi comandanti,
rinunciò alla spedizione, cercando di presentarlo come un gesto umanitario
diretto a favorire una soluzione pacifica, affidando al colonnello Francisco
Guillermo Baez il negoziato con la provincia secessionista. L’accordo del 18
settembre si limitò peraltro a riconoscere la situazione di fatto, lasciando
irrisolti tutti i nodi politici.
Il governo Alsina approfittò della debolezza di Urquiza per strappargli anche il
controllo del Litorale. Il 16 novembre truppe portegne sbarcarono a
Gualeguaychù al comando di Madariaga e del generale Manuel Hornos, che
due giorni dopo sconfisse a Calà il generale confederato Crispin Velazquez,
obbligandolo a ritirarsi a Paranà, quartier generale di Urquiza. Intanto
Madariaga proseguiva con la flottiglia e 1.300 uomini su Concepcion del
Uruguay, difesa dal giovane Lopez Jordan (figlio dell’omonimo generale) con
400 volontari. Tuttavia l’attacco del 21 novembre si infranse contro l’ostinata
resistenza del presidio e Madariaga fu costretto a reimbarcarsi e tornare a
Buenos Aires, mentre Hornos proseguiva per Corrientes.
Il 1° dicembre il colonnello Lagos sollevò le milizie del settore centrale
marciando sulla capitale portegna. Alsina dovette dimettersi, lasciando il
governo a Pinto e il comando militare a Pacheco. Buenos Aires fu messa in
stato di difesa, le paghe furono corrisposte a scadenza settimanale anzichè
mensile per venire incontro alle esigenze dei volontari e Mitre curò la revisione
delle liste della guardia nazionale, dove furono obbligati ad iscriversi, come era
già avvenuto nel 1829, anche 25.000 residenti europei, inclusi 7.000 cittadini
del Regno di Sardegna. Tuttavia questa volta un ex-ufficiale borbonico e
veterano della guerra antirosista, l’abruzzese Silvino Olivieri (1829-56),
organizzò anche un reparto di volontari, la Legione Italiana, che seppe
guadagnarsi il titolo ufficiale di “valorosa” (Legion valiente).
Le truppe confederate invasero la provincia nel gennaio 1853. Il 14 il
colonnello Juan Francisco Olmos fu respinto a Laguna de Lastra da 2.000
miliziani fedeli al governo portegno, ma il generale Gregorio Paz li sorprese il
22 al Rincon de San Gregorio, catturando i loro capi (Pedro Rosas y Belgrano
e colonnello Faustino Velazco). Pacheco, che aveva guidato una sortita su San
José de Flores, dovette rientrare in città.
Il 20 marzo il prestigioso generale José Maria Paz, difensore di Montevideo,
divenne ministro della guerra del governo secessionista: ma Urquiza, che con
12.000 uomini bloccava la città dalla parte di terra, allestiva intanto anche il
179

blocco navale, ingaggiando a tale scopo ingaggiò il capitano americano Coe. Il


17 aprile, nelle acque di Martin Garcia, la piccola squadra confederata
distrusse quella portegna, benchè quest’ultima disponesse di un volume di
fuoco superiore e fosse stata recentemente rinforzata da nuove unità. Ma,
nonostante la sconfitta, il governo portegno respinse due offerte negoziali
avanzate da Urquiza.
Il 1° maggio la Costituente santafesina approvò la nuova costituzione,
repubblicana e federalista, ispirata da Juan Bautista Alberdi (1810-84). Il
giorno successivo i difensori della capitale risposero con una rabbiosa sortita.
Mitre guidò 2 battaglioni fino al Potrero de Langdon, dove fu gravemente
ferito alla testa. Ma l’asso dei portegni fu il tradimento di Coe, che il 20
maggio, in cambio di una forte somma di denaro, passò al servizio del governo
secessionista. Poco dopo anche il colonnello confederato Laureano Diaz passò
con 900 uomini nel campo portegno. A queste defezioni, che avevano già
minato il morale delle truppe confederate, si aggiunse quella del generale José
Maria Flores, già ministro del governo Alsina e poi luogotenente di Urquiza in
Uruguay. Il 13 luglio Flores sbarcò al Baradero lanciando un appello
all’insurrezione. Le truppe che dovevano fermarlo si unirono a lui marciando
verso la capitale assediata. Preso tra due fuochi, Lagos dovette arrendersi e,
con la mediazione anglo-americana, Urquiza accettò di evacuare la provincia
entro il 24 luglio.

Invasioni e guerra doganale (1854-56)


Nel 1854, in attesa di un accordo con le altre 13 province, quella bonearense
proclamò la propria piena sovranità. Urquiza reagì consentendo al generale
Jeronimo Costa, esule a Santa Fe, di marciare su Buenos Aires con una
colonna di 500 fuoriusciti portegni, che l’8 novembre fu però battuta e respinta
a Tala dal generale Hornos (che disponeva di 1 battaglione, 1 reggimento di
cavalleria e 5 cannoni).
Col Pacto de convivencia del 1855 Buenos Aires e la Confederazione
convennero sull’uso di una bandiera comune, sull’integrità territoriale e sulla
difesa reciproca in caso di aggressione straniera. Ciò non impedì, nel gennaio
1856, un nuovo tentativo di invasione, stavolta da parte del generale Flores.
Mitre, divenuto nel frattempo ministro della guerra, lo sconfisse il 25 gennaio
alla laguna di Cardozo, inseguendolo poi in territorio santafesino (che fu
crudelmente devastato dagli indios alleati di Buenos Aires). Il generale Costa,
che nel frattempo era sbarcato a Zarate, fu catturato il 31 gennaio dal
colonnello Emilio Conesa e, in conformità agli ordini del governo portegno, fu
passato per le armi assieme a 125 seguaci nel latifondo Villamayor.
Intanto, approfittando del conflitto interno argentino, Brasile e Stati Uniti
riuscirono ad imporre il riconoscimento della libera navigazione del Paranà,
osteggiato non solo da Rosas ma da tutti i successivi governi argentini. Come
si è detto, la rinuncia formale ad ogni rivendicazione argentina sull’antica
provincia orientale del Viceregno spagnolo del Plata, era parte del prezzo
pagato da Urquiza per ottenere l’appoggio militare e finanziario brasiliano
contro Rosas. Tuttavia, subito dopo la vittoria di Monte Caseros, Urquiza
aveva riconosciuto anche l’indipendenza del Paraguay, che solo pochi anni
prima si era impegnato a sostenere la secessione correntina contro l’egemonia
entrerriana e contro la dittatura di Rosas, ma era stato poi escluso dall’alleanza
180

antirosista del 1851.


In tal modo, pur rinunciando ad ogni ingerenza diretta nella Banda Oriental,
Urquiza aveva di fatto favorito l’ingerenza del regime conservatore di
Asuncion, il quale aveva dato asilo politico agli esuli del partito conservatore
(blanco) uruguayano, appoggiando le loro trame per rovesciare il nuovo
governo liberale di Montevideo, presieduto dal generale Venancio Flores. Ma a
preoccupare il governo brasiliano era anche la secessione bonearense, con il
rischio che il nuovo regime portegno potesse approfittare della debolezza
militare di Flores per offrirgli la propria alleanza in nome dei comuni valori
liberali, dandogli così il modo di emanciparsi dalla tutela brasiliana. Ciò
indusse il Brasile a dare una dimostrazione di forza contro Asuncion, col
pretesto di aver limitato la libertà di navigazione del Paranà.
Nel febbraio 1855 il governo bonearense consentì ad una squadra di 20 navi
brasiliane, con 130 cannoni e 3.000 uomini, di risalire il Paranà fino al
territorio paraguayano e di imporre un accordo dall’anziano dittatore Lopez.
Analoga impresa fu compiuta nel 1856 da una squadra statunitense per esigere
riparazione delle cannonate sparate dal forte paraguayano di Itapirù contro un
mercantile nordamericano. In tale occasione Urquiza, che si era ritirato nella
roccaforte entrerriana lasciando il governo al vicepresidente e al ministro degli
interni Santiago Derqui, offerse ad Asuncion la propria mediazione con il
governo degli Stati Uniti.
A sua volta il riconoscimento della libera navigazione del Paranà aggravò il
conflitto di interessi tra la Confederazione e Buenos Aires, dove la legge
confederale sui “diritti differenziati”, proposta dal ministro degli interni
Derqui, fu interpretata come una dichiarazione di guerra doganale. Il governo
portegno reagì trattenendo per intero il gettito della dogana marittima, cioè
della maggior entrata argentina. Per compensare la perdita, il governo di
Paranà decise a sua volta di fondare a Rosario un nuovo porto, con tariffe
doganali inferiori a quelle bonearensi. Rappresaglie e controrappresaglie si
susseguirono in un clima di crescente ostilità, destinato inevitabilmente a
sfociare in un nuovo conflitto armato tra Buenos Aires e le altre province.

L’esercito bonearense (1852-60)


Il 18 novembre 1852 la fanteria permanente bonearense fu riordinata su 3
battaglioni (1°, 2° e 3°) di 623 effettivi, inclusa una compagnia armata di
carabine rigate a ripetizione. Un 4° battaglione fu previsto il 14 novembre
1854, ma cancellato tre mesi dopo per ragioni finanziarie. La cavalleria
prevedeva inizialmente 4 reggimenti (1° blandengues de la frontera, 2°
granaderos a caballo, 3° husares del Plata e 4° dragones de la Patria), ma il
18 novembre 1852 furono ridotti a tre, accorpando gli ultimi due a formare il
3° coraceros. Comandati dai colonnelli Eustaquio Bustos, Eustaquio Prias e
Matias Ramos, i 3 reggimenti avevano un organico di 495 effettivi, su 2
squadroni di 2 compagnie di 120 uomini.
Completava l’esercito 1 reggimento di 413 artiglieri con un treno di 24
moderni pezzi da campagna, elevato il 29 agosto 1853 al rango di division
(colonnello Benito Nazar) su 2 brigate, una de plaza (tenente colonnello José
Pons) e una ligera (maggiore Joaquin Viejobueno). Un organico inferiore ai
4.000 uomini, con guarnigioni di frontiera a Bragado, 25 de Mayo, Azul, Bahia
181

Blanca e Fuerte Junin.


Il 20 agosto 1856 fu organizzato un Cuerpo Médico Militar permanente di 16
ufficiali (1 chirurgo maggiore, 1 principale, 8 chirurghi, 4 aiutanti, 1 farmacista
e 1 aiutante). Il 12 settembre furono riviste le norme sul trattamento
pensionistico dei militari, garantendo la pensione alle vedove dei caduti,
nonchè alle figlie nubili e ai figli maschi minori di 20 anni. Infine il nuovo
regolamento del 25 settembre 1857 fissò procedure rigorose per gli appalti
militari, istruiti dalla Comisaria de guerra e approvati dal governo. Erano
previsti asta pubblica, capitolati d’oneri, malleveria del concessionario e
penalità per i danni e pregiudizi arrecati all’amministrazione dalle eventuali
inadempienze.
Nel gennaio 1853 i battaglioni 1° San Martin e 2° Buenos Aires passarono a
far parte della Guardia Nazionale. Il 21 gennaio 1856 fu disposto un nuovo
arruolamento per i battaglioni di Guardia Nazionale. Nel 1860 la cavalleria
della campagna bonearense fu riordinata su 18 reggimenti (NN. 1-18)
comandati dai colonnelli o ufficiali superiori Pedro Naòn, Wenceslao Paunero,
Martin de Gainza, Cruz Gorordo, Manuel Sanabria, Jacinto Gonzalez, Alvaro
Barros, Antonio Llorente, Juan Antonio Cascallares, Manuel Lescano,
Domingo Boado, Diego Babio, Manuel Lopez Canelo, Eduardo Revilla,
Agustin Noguera, Pedro Escalada, Benito Machado e José Carballido.

L’esercito confederato e i raffronti esteri (1852-60)


Il 2 agosto 1852, prima della secessione bonearense, Urquiza, titolare del
comando supremo degli eserciti della Confederazione, aveva costituito una
Comisaria general de guerra y marina, sotto la direzione provvisoria di
Santiago Albarracin. Il 5 giugno 1854 il generale Urdinarrain fu nominato
Ispettore generale dell’Esercito e della Guardia Nazionale, una carica di fatto
attivata soltanto nel 1856. Il 7 marzo 1860 il nuovo presidente Derqui nominò
Urquiza “comandante in capo dell’Ejército de linea”. Il 1° maggio i colonnelli
Cesareo Dominguez, Indalecio Chenault e Jeronimo Espejo furono nominati
direttori delle academias teorico practicas, istituite per la qualificazione gli
ufficiali delle tre Armi.
Il 28 aprile 1854 la Confederazione adottò una legge-quadro sulla Guardia
Nazionale, nella quale dovevano essere iscritti tutti i residenti idonei dai 17 ai
60 anni, stabilendo i livelli di forza minimi (600 e 200 iscritti) occorrenti per
organizzare un battaglione o uno squadrone. Le forze permanenti (Ejército de
linea) della Confederazione equivalevano a quelle della sola provincia
secessionista: contavano infatti 3.971 effettivi, ordinati su:

2 battaglioni di linea ( . 1 al Cuartel General di Urquiza, . 2 a Corrientes);


6 compagnie autonome di linea ( . 2 e 3 a Fuerte Tres de Febrero, Sud di Cordoba;
. 5 nel Chaco; . 7 alla Frontiera Nord di Santa Fe; . 10 a Paranà);
10 reggimenti di cavalleria ( . 1 Escolta e . 2 al Cuartel General; . 3 a San Rafael,
Mendoza; . 4 al Fuerte Constitucional; . 5 nel Chaco; . 6 a Salta; . 7 a Fuerte
Tres de Febrero; . 8 alla Frontiera Nord di Cordoba; . 9 a Santa Fe; . 10 alla
Frontiera Sud di Santa Fe);
1 compagnia autonoma di cavalleria ( . 1 a Paranà);
182

1 brigata d’artiglieria di linea ( . 1 al Cuartel General);


5 compagnie autonome d’artiglieria ( . 1 a Paranà, . 3 a Fuerte Tres de Febrero; . 4
a Rosario; . 5 a Corrientes; . 6 alla Frontiera del Chaco);
200 musicanti.

Naturalmente erano reparti puramente nominali, con organici minimi, appena


sufficienti per i servizi di guarnigione. Del resto quello era allora il modello
militare diffuso in tutto il Continente americano. Nello stesso periodo
l’esercito uruguayano contava infatti appena 1.830 uomini (2 battaglioni, 4
squadroni e 1 brigata d’artiglieria) senza neppure la guardia nazionale,
ripristinata soltanto nel 1858 dopo il rimpatrio del corpo di sicurezza
brasiliano. L’esercito più potente del vecchio viceregno del Plata, e il secondo
del Sudamerica dopo quello brasiliano (25.000), era in quel momento quello
paraguayano, con 6.018 effettivi permanenti (4 reggimenti granatieri, 6
battaglioni fucilieri, 4 reggimenti di cavalleria).
Era un esercito moderno, dotato di 90 pezzi d’artiglieria, un buon arsenale con
maestranze inglesi, collegamenti telegrafici e servizio sanitario. I servizi tecnici
erano diretti da due ufficiali inglesi (il colonnello George Thompson e
l’ingegnere capo William Whitehead) e da uno tedesco (Robert Herman von
Fischer). Inoltre, caso unico in Sudamerica, il Paraguay disponeva di una
riserva addestrata di 25.000 uomini, alimentata dalla coscrizione obbligatoria
con ferma selettiva integrata da periodici richiami delle classi in congedo. Nei
paesi confinanti, al contrario, il reclutamento continuava ad essere basato sugli
ingaggi volontari integrati dall’arruolamento forzato dei vagabondi e degli
asociali, il che assicurava agli immigrati italiani, tra i quali non pochi espatriati
per reati comuni e politici, una buona fetta dei soldati e dei marinai argentini.

Le campagne del 1855-57 contro gli indios


A beneficiare del conflitto civile erano stati anche gli indios dei cacicchi
Calfucurà, Catriel e Cachul, i quali, dotati ora anche di armi da fuoco, avevano
intensificato le razzie alla frontiera bonarense, tutt’al più sorvegliata ma non
presidiata da un pugno di fortini semisguarniti. Nel 1855 il governo bonearense
decise di colpire le tolderias dei cacicchi più pericolosi con due colonne di 700
e 400 uomini agli ordini del ministro Mitre e del colonnello Diaz.
Partito il 27 maggio da Azul, Mitre si diresse sulle tolderias di Catriel, situate
sulla Sierra Chica. L’attacco fu sferrato il 30 maggio, ma la sorpresa fallì
perchè le guide (baqueanos) avevano sottostimato le distanze. Così Catriel
ebbe il tempo di scappare e riunirsi con Cachul, accorso in suo aiuto,
piombando poi con mille guerrieri sulle guardie nazionali che in gran parte si
erano disperse per saccheggiare le toldas. Con grande difficoltà Mitre potè
salvare una parte della sua colonna, resistendo fino a notte per poi sganciarsi
col favore delle tenebre e tornare alla base (un episodio simile al famoso
massacro del 7° cavalleggeri del generale Custer al Little Big Horn, avvenuto
nel 1876 nel Montana).
La mancata sorpresa determinò anche il fallimento dell’altra colonna, che
doveva annientare la tribù di Cachul. Infatti quando Diaz piombò sulla sua
tolderia, la trovò deserta, perchè il cacicco era accorso in aiuto di Catriel. Il 31
183

Diaz dovette poi sostenere un furioso attacco di Calfucurà e, pur avendolo


respinto, pochi giorni dopo dovette sospendere le operazioni e rientrare al
Saladillo.
Il fallimento della spedizione punitiva convinse il governo portegno a trattare
con gli indios. Catriel e Cachul accettarono di rinunciare alle scorrerie in
cambio di forniture trimestrali di viveri, tabacco, gin e vino. Catriel, nominato
generale dell’esercito bonearense, contribuì anche a respingere l’invasione
confederata del gennaio 1856, razziando poi in territorio santafesino.
Calfucurà rifiutò invece il trattato, continuando le scorrerie. Il 31ottobre 1857
il suo luogotenente Canumil subì dure perdite al paraje Sol de Mayo e il
giorno dopo fu attaccato lo stesso Calfucurà, il quale riuscì tuttavia a
sganciarsi. Per dargli la caccia, il governo mobilitò 3.000 uomini con 11
cannoni, Costeggiando la Sierra di Curamalal, il 15 febbraio 1858 la colonna
incontrò Calfucurà e Canumil all’arroyo Pigué. Caddero molti guerrieri, ma il
resto riuscì a dileguarsi all’interno della pampa senza perdere la capacità
combattiva. La cavalleria bonearense li inseguì inutilmente fino a Salinas
Grandes e l’avanguardia di Conesa si spinse fino alla laguna di Chilihué senza
poterli agganciare. Di conseguenza si dovette ordinare la ritirata generale e gli
indios ripresero le loro scorrerie.

La Legione agricola militare di Bahia Blanca (1855-59)


Nel 1855 il ministro Mitre aveva incaricato Olivieri, nel frattempo riscattato
dalle galere pontificie su intercessione del governo bonearense, di organizzare
una Legione “agricola militare” di 600 uomini, in gran parte veterani della
Legione italiana integrati da qualche altro europeo, da un pugno di gauchos e
alcune dozzine di donne, per impiantare una colonia agro-pastorale a Bahia
Blanca.
La squadra navale che nel febbraio 1856 trasferì la spedizione era comandata
dal colonnello Giuseppe Muratori. In novembre, esasperati dalle condizioni di
vita e dalla dura disciplina, una ventina di ammutinati trucidarono il colonnello
e il cappellano. Fucilati i due caporioni ed abbandonate le velleità
colonizzatrici, l’insediamento si trasformò in una base a carattere puramente
militare, comandata da un energico e capace ufficiale d’artiglieria ex-
garibaldino, il sardo Giuseppe Antonio Susini-Millelire (1819-1900). Così il
19 maggio 1859 i legionari, al comando di Susini, del maggiore Ciarlone e dei
capitani Radino e Caronti, respinsero valorosamente un attacco di 3.000 indios
guidati dal cacicco Ancalao (soprannominato “Baccalà” dagli italiani),
uccidendone circa 200. In seguito, sotto l’impulso del capitano Filippo Caronti,
fondatore della colonia “Nuova Roma”, Bahia Blanca si avviò verso un grande
sviluppo urbano e portuale, culminato alla fine del secolo nella costruzione
della maggiore base navale argentina, Puerto Belgrano, costruita nelle
vicinanze dall’ingegnere italiano Luiggi.
Ingelosito e preoccupato dal successo della colonia di Bahia Blanca, anche il
governo confederale di Paranà promosse un’iniziativa analoga, affidando ad
una società inglese il compito di reclutare una Legione mista anglo-italiana, un
cocktail di veterani piemontesi reduci dalla Crimea e di rifiuti della società
internazionale arruolati nei bassifondi londinesi da ufficiali inglesi di dubbia
reputazione (il colonnello Crawford, il maggiore Grenfell e il capitano
184

Shepperd).
L’iniziativa si risolse però in un completo fallimento. La Balaklava, la nave
che trasportava il primo scaglione, si incagliò nel porto d’approdo (Diamante,
nella provincia di Entre Rios) e appena sbarcati i legionari si ubriacarono
attaccando briga con la popolazione finchè il comandante della piazza,
colonnello José Maria Francia, mobilitò la guardia nazionale ordinandole di
uccidere “todos estos gringos”. A seguito di un ammutinamento lo scaglione
fu epurato e soltanto una sessantina di coloni soldati giunsero a destino. Furono
però subito congedati quado si seppe che nel frattempo il secondo scaglione si
era ammutinato a Montevideo e si era diretto a Buenos Aires anzichè a Paranà
(Incisa, op. cit., pp. 144-152).
185

3. LA GUERRA DI UNITA’ NAZIONALE


(1859-61)

Il conflitto per la provincia di San Juan


Il conflitto tra la Confederazione e la provincia secessionista, incubato dalla
lunga guerra doganale, fu aggravato dalle cospirazioni liberali, appoggiate da
Mitre, nelle province settentrionali. Nel 1858, dopo 19 anni di governo, il
caudillo federale di San Juan, Nazario Benavidez, perse il potere a vantaggio
del liberale Manuel Vicente Bustos. Benavidez tentò di riprenderselo, ma
nonostante l’appoggio del suo amico Urquiza, perse le elezioni finendo poi in
prigione con l’accusa di cospirazione. Il 23 settembre 1858, prevenendo
l’arrivo di Derqui, spedito da Urquiza per ottenere la liberazione di Benavidez,
costui fu assassinato in carcere.

L’ultima vittoria di Urquiza (7 luglio - 23 ottobre 1859)


Il conflitto, incubato dalla lunga guerra doganale, fu scatenato
dall’ammutinamento della fanteria di marina imbarcata sulla nave bonearense
General Pinto. I ribelli catturarono il loro comandante, José Murature, e
uccisero il fratello Alejandro, comandante di un’altra unità navale, che aveva
tentato di fermarli, volgendo poi la prora su Rosario e unendosi alla flottiglia
confederata. Buenos Aires reagì con una rappresaglia contro le batterie costiere
di Rosario, cannoneggiate il 5 ottobre dalla flottiglia portegna al comando di
Susini. La flottiglia confederata, comandata da Mariano Cordero, replicò il 14
forzando il passo del Paranà dopo duro combattimento con la batteria portegna
di Martin Garcia e raggiungendo Rosario per mettersi a disposizione di
Urquiza.
Fu questo scontro a decidere la guerra. La legislatura confederata autorizzò
Urquiza a riportare la provincia secessionista in seno alla Confederazione “con
la pace o con la guerra” e quella portegna conferì al proprio governo i poteri
necessari per respingere l’aggressione confederata. La guerra fu decisa in una
sola battaglia, svoltasi il 23 ottobre a Cepeda, dove Mitre, ora governatore, era
attestato con 9.000 uomini e 24 cannoni (fanteria in prima linea con
l’artiglieria al centro, cavalleria in seconda linea alle ali).
L’esercito confederato - 14.000 uomini con 32 cannoni - impiegò alcune ore
per guadare l’Arroyo del Medio, confine interprovinciale. La fanteria
confederata, inferiore a quella bonearense, fu accolta dal fuoco di sbarramento
delle batterie nemiche, inducendo Urquiza a spostarla su entrambe le ali,
formate dalla sua famosa cavalleria. Mitre accennò a mutare fronte spostando
forze sulla destra, ma dovette rinunciarvi perchè nel frattempo l’ala destra
confederata, guidata personalmente da Urquiza, aveva travolto l’ala sinistra
portegna travolgendo la cavalleria nemica e poi il quadrato del battaglione .
2, penetrando in profondità alle spalle dello schieramento nemico, dove molti
reparti si arresero o disertarono. Tuttavia, grazie all’eroico contrattacco della
Legione italiana di Susini (detto poi “l’eroe di Cepeda”), Mitre potè resistere
sino a notte e, col favore delle tenebre, sganciarsi con 2.000 superstiti sfilando
in mezzo alla cavalleria nemica. Due giorni dopo le due flottiglie si
186

affrontarono in un confuso scontro nelle acque di San Nicolas.

Il patto di San José de Flores e la convenzione integrativa (10 novembre 1859


- 6 giugno 1860)
Il 7 novembre l’esercito confederato si attestò a San José de Flores,
circondando la capitale nemica con 20.000 uomini, privi però di artiglieria
d’assedio e con poca fanteria. Stavolta, grazie alla mediazione paraguayana, il
governo portegno accettò il negoziato e il 10 firmò il Patto di San José de
Flores, ratificato il giorno successivo, con il quale, in cambio del ritiro delle
forze confederate, la provincia accettava di rientrare nella Confederazione,
rinviandone le modalità a successivi accordi.
La sconfitta bonearense provocò anche la caduta del caudillo liberale di San
Juan. Sfuggito ad un attentato il 22 dicembre 1859, Bustos fu rovesciato nel
gennaio 1860 da una cospirazione ispirata dal generale Angel Vicente
Pegnaloza (1803-63) detto El Chaco, sceso in campo per vendicare la morte
del suo amico Benavidez.
Poco dopo la vittoria Urquiza si dimise dalla presidenza e si ritirò a vita
privata, pur conservando il comando in capo dell’esercito di linea e non
mancando di manifestare pubblicamente il suo dissenso sulla politica del suo
successore Derqui. Fu quest’ultimo a concludere con Mitre la convenzione del
6 giugno 1860 sul rientro di Buenos Aires nella confederazione, subordinato
all’accoglimento, da parte di una apposita convenzione nazionale, di alcune
modifiche costituzionali proposte dalla legislatura portegna. L’accordo
prevedeva che il Congresso nazionale costituente di Paranà avrebbe prolungato
le sue sessioni con l’integrazione dei deputati portegni, rinviando ogni
decisione sulla sede definitiva della capitale nazionale e sull’eventuale
nazionalizzazione della dogana bonearense. Fino a quel momento la provincia
avrebbe conservato la propria autonomia (ad eccezione delle relazioni esterne)
e corrisposto alla Confederazione un sussidio mensile di 1 milione e mezzo di
pesos per il controllo della dogana.

La sconfitta di Urquiza e il crollo della Confederazione (16 settembre 1860 -


13 dicembre 1861)
Il compromesso non funzionò, anche perchè Mitre continuò ad appoggiare le
cospirazioni liberali nelle altre province. Il 16-23 settembre l860 le fazioni
filomitriste presero il potere a Santiago del Estero e il 16 novembre anche a
San Juan, dove il governatore federale José Virasoro fu assassinato. Derqui
reagì decretando l’intervento federale a San Juan, concluso con l’esecuzione
sommaria del nuovo caudillo liberale Antonio Aberastain, catturato l’11
gennaio 1861 alla Rinconada del Pocito dalle truppe federali del colonnello
Mariano Clavero. La propaganda mitrista sfruttò l’episodio per screditare il
governo di Paranà, benchè Derqui avesse sconfessato l’esecuzione deferendo il
responsabile alla giustizia.
La rottura definitiva tra Buenos Aires e la Confederazione si consumò tuttavia
soltanto il 15 aprile 1861, quando il Congresso nazionale invalidò l’elezione
dei deputati portegni, svoltasi secondo la legge provinciale e non secondo la
procedura fissata dalla costituzione nazionale. Buenos Aires insorse contro
187

quello schiaffo: Mitre dichiarò di respingere, “anche a costo della guerra”, la


richiesta di Derqui di ripetere le elezioni. Derqui rispose a sua volta inducendo
il Congresso a porre al bando la provincia ribelle, dichiarando decadute tutte le
sue autorità, sostituendole con delegati federali e ponendo le forze bonearensi
al comando di Urquiza.
La virata bellicista di Mitre, incoraggiata dall’Inghilterra, poggiava sul
sostegno del Brasile e della più importante banca del Sudamerica, il Banco del
barone de Manà. L’ingente finanziamento brasiliano gli costò la rottura col
Paraguay, ma gli consentì di armare un esercito di 16.000 uomini, del quale
facevano parte la Legione di Bahia Blanca e una seconda Legione italiana
inquadrata dai veterani di Montevideo. Inoltre Mitre spedì a Roma il poeta
Manuel Ascasubi, tenente colonnello della guardia nazionale, per tentare di
reclutare 1.000 mercenari svizzeri già al servizio pontificio, mentre il consolato
di Roma trasmetteva un elenco nominativo di 120 ex-ufficiali e sottufficiali del
disciolto esercito delle Due Sicilie rifugiatisi in territorio pontificio disposti a
“servire nelle Americhe”, aggiungendo che erano disponibili altri 400-500
veterani siciliani accompagnati dalle famiglie (Incisa, op. cit., p. 143).
Urquiza disponeva di forze equivalenti, ma con diversa composizione fra le
tre armi. Era in vantaggio per numero di cannoni (42 a 35) e per entità (11.000
contro 7.000) e soprattutto qualità della cavalleria, ma Mitre prevaleva nella
fanteria, non solo più numerosa di quella confederata (9.000 a 5.000) ma
soprattutto più solida e addestrata. Questa volta fu Mitre, certo della vittoria, a
prendere l’offensiva, mentre Urquiza si tenne sulla difensiva, attendendo il
nemico sulla sinistra dell’Arroyo del Medio. Sostenuto dalla flottiglia del
Paranà, l’esercito portegno raggiunse la frontiera santafesina l’8 settembre,
varcandola otto giorni più tardi.
La battaglia avvenne il 17 settembre, sui campi del Pavon. Appresa la dura
lezione di Cepeda, stavolta Mitre predispose una solida riserva, tenendola a
distanza di sicurezza dal nemico. L’attaccò portegno fu immediato e frontale,
si tutto il fronte. Le deboli ali di cavalleria bonearense si sacrificarono contro
quelle entrerriane per attirarle lontano dal centro. Qui la superiore fanteria
bonearense caricò alla baionetta, abituata a proteggersi i fianchi con i
bersaglieri, anzichè con la cavalleria, e prese le batterie confederate, voltando i
pezzi contro il nemico. Impegnata dalla riserva portegna, la cavalleria
confederata non potè prendere alle spalle la fanteria nemica. Urquiza ne salvò a
stento una parte, sacrificando interamente le altre due armi.
Il 4 ottobre Mitre si mise in marcia per Rosario con 14.000 uomini, preceduto
da un proclama che prometteva pace, ordine e libertà. Vari corpi santafesini
passarono con gli unitari, il governo federale si ritirò a Paranà e Rosario fu
occupata l’11 ottobre senza colpo ferire e dichiarata libera. Fu il principio del
crollo: gli avanzi dell’esercito federale si dispersero per il paese dandosi al
saccheggio e solo con grande difficoltà il nuovo comandante, generale
Benjamin Virasoro (1812-97), riuscì a riunire un nucleo ancora in grado di
combattere.
Il 5 novembre Derqui rimise i poteri al vicepresidente Pedernera e si imbarcò
per Montevideo sulla nave inglese Ardent. Il 13 il governatore federale di
Cordoba, Allende, fu rovesciato dal colonnello mitrista Manuel J. Olascoaga.
In soccorso di Allende intervennero i caudillos di Mendoza e San Luis e
Mendoza, Juan de Dios Videla e Juan Saà, comandante dell’Ejército
188

confederato del Centro. Ma da Rosario Mitre spiccò su Cordoba il colonnello


Luis Alvarez con 400 cavalieri, seguito il 20 novembre dal commissario di
governo Marcos Paz e del generale Wenceslao Paunero con altri 200 cavalieri
e 2.400 fanti (I cuerpo de ejército). Lo stesso giorno Olascoaga e Alvarez
sbloccarono l’assedio di Cordoba con una sortita su Molino di Lopez.
Il 22 novembre gli ultimi 1.300 uomini di Virasoro furono sorpresi e battuti
dal generale mitrista Venancio Flores alla Cagnada di Gomez, in territorio
santafesino, e, perduti 300 morti e 150 prigionieri, l’esercito confederato cessò
di esistere. Videla si rifugiò in Cile, mentre Saà si sottomise a Paunero il 7
dicembre, rinunciando al governo di San Luis. Il 13 dicembre Pedernera
dichiarò dimissionario l’esecutivo confederale e sciolte le autorità nazionali. In
Argentina l’unica autorità effettiva restava quella di Mitre.

L’ultima resistenza federale (4 ottobre 1861 - 30 maggio 1862)


Resistevano tuttavia ancora le forze federali del Nord. Il 4 ottobre 1861 il
generale Octaviano Navarro aveva sconfitto all’arroyo Manantial il
governatore liberale di Catamarca, Villafagne e il 1° novembre aveva
rioccupato Santiago del Estero, ma soltanto per doversi ritirare fino a Tucuman
e Catamarca sotto la controffensiva della montonera mitrista guidata dai
fratelli Manuel e Antonino Taboada. Il 17 dicembre i Taboada sbaragliarono a
Ceibal (campo del Manantial) anche 2.400 tucumani del governatore
Celadonio Gutiérrez e nel gennaio 1862 il colonnello Ignacio Rivas completò
l’occupazione di Cuyo.
Paunero e Taboada si volsero allora contro la Catamarca, difesa da 600
llaneros (saltegni e riojani) di Pegnaloza (III Cuerpo dell’Ejército del Centro)
accorsi da Guaja in dicembre in aiuto del generale Navarro. El Chaco avanzò
fino alle porte di Tucuman, ma il 10 febbraio fu sconfitto a Rio Colorado
(Monte Grande) dal governatore tucumano, colonnello José Maria del Campo.
Rifugiatosi nella sua provincia, l’11 marzo Pegnaloza fu nuovamente sconfitto
ad Aguadita de los Valdeses (Salinas del Moreno) dal colonnello sanjuanino
Ambrosio Sandes e alla fine del mese il Battaglione . 6 di linea (tenente
colonnello José Miguel Arredondo) occupò la capitale rojana. Paz tentò allora
una soluzione negoziale tramite il prete José Facundo Segura, fallita tuttavia
per la diffidenza di Sandes e Rivas.
Pegnaloza riprese così le operazioni, marciando su San Luis, dove il 3 aprile, a
Chagnaral Negro, il colonnello unitario José Iseas aveva sconfitto 300
montoneros federali di Fructuoso Ontiveros. Sfuggito a Rivas, il 12 aprile El
Chaco costrinse Iseas a ritirarsi da Casas Viejas e il 17 assediò San Luis, con
1.500 uomini contro 300. Ciò gli permise di negoziare un accordo col
governatore Juan Barbeito che in cambio del ritiro garantiva l’amnistia
generale. Ma Rivas non lo rispettò, attaccando la retroguardia del Chaco e
uccidendo 37 uomini. Pegnaloza riuscì tuttavia a rifugiarsi nei Llanos, da dove
spedì partidas a bloccare La Rioja e costringendo Paunero a negoziare. Il 30
maggio i suoi delegati Eusebio Bedoya e Manuel Recalde firmarono l’accordo
della Banderita, che garantiva a Pegnaloza il grado di “general de la acion” e
la vita e i beni dei suoi uomini.
L’ex-governatore Nicanor Caceres resisteva ancora nella campagna correntina,
minacciando le città controllate dalle nuove autorità liberali. Il 6 agosto
189

Caceres sconfisse a Curuzù-Cuaitià le forze regolari dei colonnelli Rojas,


Julian Romero e Antonio Acugna, caduto nell’azione.

L’elezione di Mitre e la nuova costituzione argentina (1862-63)


Frattanto, il 12 aprile, la maggior parte delle province aveva approvato una ley
de compromiso che delegava a Mitre l’esercizio del potere esecutivo con il
compito di convocare un congresso nazionale e riorganizzare il paese sulla
base della costituzione del 1853, riconoscendo Buenos Aires come capitale
nazionale provvisoria, sino alla decisione del congresso. In settembre 1862 gli
insorti unitari delle province elessero Mitre alla presidenza della Nazione,
affiancato da Marcos Paz come vicepresidente.
Mitre fu proclamato presidente il 12 ottobre, ma già il 1° ottobre aveva
nazionalizzato le istituzioni provinciali bonearensi, incluso il vertice militare,
confermando ministro di guerra e marina e comandante generale delle Armi i
generali Juan Andrés Gelly y Obes e Wenceslao Paunero, assistito dal
colonnello d’artiglieria Jeronimo Espejo e dall’ingegnere Juan F. Cztez. In
compenso il 18 ottobre la provincia di Buenos Aires riconfermò la propria
parziale autonomia militare istituendo l’Ispettorato generale delle Milizie,
affidato al comandante di milizia Martin de Gainza. Nel gennaio 1863 le
funzioni dell’Ispettorato delle Armi furono assorbite dalla comandancia
general, costituita da una segreteria e 7 uffici (mesas): di coordinamento, affari
generali, fanteria, cavalleria, artiglieria, entrate e ingegneri (per
l’approntamento dei piani di difesa). Infine, con legge del 17 ottobre 1862, lo
spazio non colonizzato compreso tra i limiti geografici della Repubblica e
quello amministrativo delle province meridionali, fu dichiarato territorio
nacional.
La nuova costituente ratificò in sostanza la costituzione santafesina del 1853,
salvo alcuni emendamenti, tra i quali l’espresso divieto di conferire poteri
straordinari o plenipotenze. Il modello era quello degli Stati Uniti: una Corte
suprema; un “Presidente della Nazione Argentina”, con mandato sessennale e
affiancato da un vicepresidente e otto ministri; e due Camere, quella dei
deputati eletti a suffragio diretto e il senato, composto dai rappresentanti
designati dalle assemblee provinciali. A Buenos Aires, dichiarata sede del
governo centrale per il successivo quinquennio, furono assicurati piena
autonomia e tutti i privilegi fino a quel momento esercitati di fatto, ma in
compenso furono nazionalizzati i proventi della dogana bonearense.
L’unificazione nazionale fu completata dal Codigo civil, redatto nel 1863-64
da Dalmacio Vélez Sarsfeld.
La storica svolta fu sottolineata dal trattato di riconoscimento, pace e amicizia
con la Spagna, firmato a Madrid il 21 settembre 1863 dal plenipotenziario
argentino Mariano Balcarce e dal marchese de Miraflores. Il governo Mitre
ricompensò l’Inghilterra sloggiando migliaia di contadini creoli dalle terre
espropriate a vantaggio del Ferrocarril Central Argentino, finanziato dalla
banca britannica vincolata al Foreign Office. Inoltre cercò di risollevare il
dissesto dell’erario con una politica di rigore finanziario ispirato all’ortodossia
liberista.

L’ultima montonera del “Chaco” (29 marzo - 12 novembre 1863)


190

Nelle tormentate province andine la pace durò poco più di un semestre. La


fame e le vendette dei liberali estremisti scatenarono nuove montoneras nella
provincia della Rioja e nel marzo 1863 Pegnaloza spinse tre colonne,
comandate da Fructuoso Ontiveros, Felipe Varela e Francisco Clavero, contro
San Luis, Catamarca e Mendoza. Il 29 marzo Mitre nominò director de la
guerra il governatore di San Juan, il futuro presidente Juan Faustino Sarmiento
(1811-88), ordinandogli di reprimere i ribelli con “una simple campagna de
policia”, senza riconoscere loro la dignità di avversari politici.
Le tre colonne ribelli furono facilmente schiacciate da Sandes e Iseas: Varela a
Las Chacras il 31 marzo, Ontiveros a Punta del Agua (La Angostura) il 2
aprile, Clavero ad Algarrobo Grande a fine mese. Ma, respinta l’intimazione di
dimettersi, il 16 aprile El Chaco lanciò un proclama alle province argentine,
proprio mentre Catamarca, Tucuman e Santiago del Estero si coalizzavano
contro le sue “orde”. Il 3 maggio i contingenti delle tre province al comando di
Manuel Taboada sconfissero a Malpaso la colonna federalista della Rioja (200
fanti e 800 cavalieri) che perse 120 morti e 36 prigionieri. Il 20 maggio fu lo
stesso El Chaco, forte di 1.500 uomini, ad essere battuto a Lomas Blancas da
600 puntani del colonnello Sandes, ferito nello scontro. I vincitori non fecero
prigionieri.
La ribellione sembrava schiacciata, quando il 10 giugno insorse la guarnigione
di Cordoba, che il 13 accolse trionfalmente El Chaco, accorso con i suoi ultimi
montoneros. Ma Paunero mosse su Cordoba con 4.000 regolari armati di
moderni fucili Enfield (inclusi i reggimenti N. 2 e 7 di cavalleria), marciando
su sei colonne parallele. Il 28 giugno Pegnaloza e Simon Luengo, capo dei
ribelli cordobesi, tentarono invano di fermarlo a Las Playas, 7 km a Sud della
città: in un’ora di combattimento persero 300 morti, 40 feriti e 700 prigionieri
contro i 14 morti e 20 feriti del loro avversario.
Il 21 agosto la Guardia Nazionale puntana (comandanti Luis Bustamante e
Antonio Loyola) sconfisse a San Francisco 200 montoneros di Ontiveros,
raggiunto e ucciso il 25 a Rio Seco. Ancora indomito, alla fine di ottobre El
Chaco ricomparve 250 chilometri più ad Ovest, alla testa di altri mille uomini.
Ma il 30 ottobre, con appena 150 cavalieri e meno di un centinaio di fanti, il
maggiore Pablo Irrazabal lo fermò alla Puntilla del Caucete, 20 km a Sud di
San Juan, uccidendo 70 federalisti e disperdendo i superstiti.
Isolato e braccato, il 12 novembre, all’aldea de Olta, Pegnaloza si consegnò
con la famiglia al comandante dell’avanguardia governativa, capitano Ricardo
Vera. Sopraggiunto, Irrazabal lo trafisse con la lancia, poi i soldati lo fecero a
pezzi. La sua testa mozzata e infilzata su una picca, fu esposta nella piazza di
Olta. Ufficialmente il governo deplorò l’esecuzione illegale, annunciando,
senza attuarle, misure punitive contro Irrazabal, promosso anzi colonnello del
1° cavalleria di linea.
Pochi mesi dopo Cordoba fu nuovamente sconvolta dalla ribellione del
governatore Roque Ferreyra, sconfitto però il 19 febbraio 1864, agli Altos de
Cordoba, dalle forze lealiste del colonnello Esteban Pizarro e del comandante
Aureliano Cuenca.

I piani del 1864 per il consolidamento della frontiera meridionale.


Conclusa la guerra civile, la marina fu limitata a 3 cannoniere fluviali
191

(Republica, Paranà e Uruguay) e l’esercito nazionale a 6.500 uomini (7


battaglioni di fanteria, 8 reggimenti di cavalleria e 1 di artiglieria) distribuiti tra
le frontiere dell’Interno (1.919), di Buenos Aires (3.337) e del Chaco (1.213)
comandate dal colonnello Iseas e dai generali di brigata Emilio Mitre (fratello
del presidente) e Antonino Taboada.
Nel gennaio 1864 Paunero sottomise al ministro Gelly y Obes due progetti
alternativi di consolidamento della frontiera meridionale, minacciata dalle
continue scorrerie (malones) dei 6.000 guerrieri indiani (un terzo ranqueles e
loro alleati, un terzo pampas e il resto tribù araucane confederate sotto il
nonagenario capo Callvucurà). Il progetto più ambizioso prevedeva di creare
una fascia di sicurezza avanzando la prima linea di fortini sul Rio Grande o
Colorado, con un avamposto sul Rio Negro all’isola di Choele Choel. Il
secondo progetto prevedeva invece di occupare almeno la base di partenza
delle scorrerie araucane, che si trovava 200 chilometri a S-O dei fortini
avanzati bonearensi e 180 a N-E di Bahia Blanca, tra le lagune di Carhué e la
Sierra della Ventana, appoggiando il nuovo presidio all’Arroyo e alla Sierra di
Guaminì. Entrambi i progetti furono archiviati dalla guerra contro il Paraguay,
nondimeno si concesse ai veterani congedati di fondare nuovi villaggi attorno
ai fortini di Las Tunas (Cordoba) e Melincué (Santa Fe) e nella frontiera di
Buenos Aires (Tres Arroyos, El Chagnar e Olavarria).
192

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193

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