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Concreto
Enciclopedia Italiana - stampa CONCRETO (dal lat. concrtus). - L'opposizione dei concetti di concreto e astratto (v.) comincia ad apparire tipicamente nel linguaggio filosofico nei secoli XII e XIII, quando, con Gilberto Porretano e con Duns Scoto, essi furono usati per determinare le diverse forme di conoscenza e di designazione delle cose o delle essenze a seconda che esse si riferiscono alla loro totale e materiale realt, o soltanto al loro aspetto intellettuale. Questa antitesi di concetti pass poi a designare non pi, soltanto, le diverse forme di conoscenza e di espressione ma le stesse cose conosciute ed espresse. Per questa opposizione, nel concepire comune, la cosa, nella pienezza delle sue qualit e della sua esistenza e quindi nella sua singolarit, concreta; il concetto, nella sua universalit, astratto. Questo, in quanto qualit della cosa, universalizzata dall'intelletto astraente, non la qualit individuata della cosa singolare: la qualit ridotta alla natura dell'intelletto: quasi falsificata proprio per poter esser vera. Concreta perci fu ritenuta quella preventiva unione di determinate qualit, dalla quale parte il processo di astrazione. Questa unione era la cosa stessa nella sua reale pienezza di cosa individua e singolare: il subiectum, con le qualit sue nella massiccia loro unificazione, costitutiva della cosa. Ma, pure, quell'unit di essenza della cosa, sia astrattamente concepita sia concretamente esistente, continuava a permanere non ostante ogni sforzo di duplicazione. Fin, anzi, col prevalere. Quell'unione di determinate qualit della cosa ne costituiva la qualit fondamentale, che, universalizzata in concetto, diveniva la cosa astratta. Questa cosa astratta fu vista come l'essenza stessa della cosa e fu posta come la forma della cosa concreta. L'essenza, la cui duplicazione era stato il punto di partenza, diveniva essa sola astratta, e il concreto diveniva quasi un composto di sostanza e forma, soggetto e qualit, esistenza ed essenza. Si ritornava cos al sinolo aristotelico: il concreto non era opposto all'astratto, che, invece, esso aveva immanente in s. Tale concreto si continuava a ritrovare nella cosa singolare in quanto tale, e, siccome questa nella massiccia pienezza delle sue qualit si ritrovava (o si credeva di ritrovarla) con la intuizione sensibile che se ne aveva, cos cosa concreta valeva cosa intuita dal senso in questa sua singolarit. Kant per primo constat e rese esplicita l'immanenza dell'astratto concetto nella concreta cosa; immanenza, che, senza rendersene esatto conto, si professava col

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concetto aristotelico della realt, rinnovato e divulgato dalla scolastica. L'astratto non si oppone al concreto, ma lo costituisce, come elemento intellettuale, universale e necessario, implicito nel particolare concreto della natura. Concreta non pi la cosa in quanto rimane in s stessa con la sua natura e con la sua singolarit, giacch questa sua natura proprio quella essenza universale che essa quando nell'intelletto. Ma Kant non chiar bene a s stesso questa scoperta: ch lasci, al di l della cosa concreta conosciuta, una inconoscibile cosa in s, che non si sapeva se fosse, essa, concreta o no. Abbandonata questa cosa in s, dalla scoperta kantiana si sono tratte due opposte concezioni del concreto. Da una parte, conservandosi il concetto del "reale concreto come l'individuale in opposizione all'astratto sempre concetto universale" si detto che "concreto o individuo soltanto la parte di spazio e di tempo riempita di una qualit", che "il tutto di un concreto reale cio un qui ed ora riempito di qualit del tutto determinata possibile soltanto una volta" laddove "universale qualcosa che pu essere comune a molti" (W. Schuppe, Grundriss der Erkenntnistheorie und Logik, 2 ed., 1910, pp. 81-82; la 1 ed. del I894). Si fatta cos concreta proprio l'intuizione empirica kantiana scissa dal concetto. Dall'altra parte si invece dedotta una inversione nell'attribuzione versale come tale; non pi la cosa, ma il concetto stesso. Si cominci gi con Fichte a intendere che "la pura esistenza un concetto astratto, nulla di concreto" (System der Sittenlehre, 1798, in Werke, II, p. 517). Disse poi esplicitamente Hegel: "Il concetto ci che in tutto e per tutto concreto... Come la forma assoluta stessa, il concetto ogni determinazione; ma quale questa nella sua verit. E perci, quantunque astratto, esso proprio ci che concreto, ci che concreto senz'altro, il soggetto come tale. L'assolutamente concretissimo lo Spirito, il concetto in quanto esiste come concetto... Ogni altro concreto, per quanto ricco sia, non cos intimamentc identico con s, e perci non in s stesso cos concreto; meno di tutti, ci che comunemente s'intende per concreto, che una molteplicit tenuta insieme con mezzi estrinseci" (Enciclopedia, 164). Prima di Kant, dunque, concreta era la res in re, astratta la res in mente del realismo precritico. Ora, l'intuizione singolare e determinata dell'immanentismo empiristico e dell'empiriocriticismo e il concetto universale ed assoluto dell'idealismo assoluto sono l'una e l'altro, nella coscienza: non c' pi la res in re. La scoperta di Kant ha tolto di mezzo il realismo. Se, quindi, il concreto avesse senso soltanto nella sua opposizione con l'astratto, e se questa opposizione traesse il suo valore soltanto dal realismo, chiaro che il concetto di concreto svanirebbe col cadere del realismo: non c' pi, infatti, un in re che non sia un in mente. Ma, tolto il realismo, rimane l'esigenza da cui questo nacque, ed a cu esso falsamente soddisfece, e cio l'esigenza della soggettivit ed oggettivit della coscienza. La coscienza non mai soltanto soggetto; sempre soggetto-oggetto. E, nella coscienza, oggettivit vuol dire universalit unica; soggettivit vuol dire singolarit molteplice. Ritroviamo quel singolare e quell'universale, che erano stati intesi dal realismo come

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res in re e res in mente e caratterizzati come concreto ed astratto. Esigenza della coscienza non dunque l'opposizione tra res in mente e res in re, ma la singolarit dei soggetti di coscienza nella unicit dell'oggetto di coscienza. In questo senso, l'opposizione concreto-astratto non pi sostenibile, perch l'astratto poteva sussistere in opposizione al concreto, solo quando aveva una sua propria sede, la mente, la quale, per conto suo, era concreta e non astratta. Tolta la specifica sede dell'astratto l'opposizione come tale non regge pi. In breve, Kant ci ha fatto capire che non sono possibili due concretezze: quella della mente che ha in s le cose astratte universali e quella dell'essere che ha in s le cose concrete singolari. La concretezza non pu essere che una, e quest'una non pu essere n solo quella della mente in quanto essa sia piena solo di universali, n quella dell'essere in quanto questo si risolva in schietti singolari. Quest'una, invece, proprio la coscienza come singolarit dei soggetti nell'unicit dell'oggetto. Cio la concretezza l'individuazione soggettiva, cio molteplice, dell'Idea, coscienza oggettiva, cio unica. Nella filosofia scolastica s distingue il concreto esistente e individuo fuori di noi dal concreto universale senza la concretezza materiale e le note individuanti. All'accusa di cadere nella falsit, perch cos si conoscerebbero le cose altrimenti da quel che sono, gli scolastici rispondono col dire che ci sarebbe falsit se il diverso modo d'intendere si riferisse all'oggetto in s inteso, affermandolo diversamente da quel che ; se invece si rapporta al modo d'intendere immateriale dell'intelletto diverso dal modo d'essere materiale delle cose, non si cade nel falso, come non si cade nel falso se di un pomo si considera solo il colore e le sue propriet, nulla considerando del pomo, concetto per s estraneo al colore. Nel concreto individuo esistente fuori dell'anima s'intende quello che si dice materia signata o individuale, cio, in Carlo, queste ossa e questa carne. Da tali note individuanti prescinde il concreto universale uomo, sebbene non prescinda dalla materia comune, cio dalla carne e dalle ossa assolutamente prese, spettanti in genere alla natura umana. Quindi il concreto universale uomo significa un tutto, e non una parte, come fa l'astratto formale umanit; e si pu pertanto affermare delle cose esistenti individualmente concrete, e dire: Carlo uomo, animale, sapiente; ma non si pu dire, poich la parte non si predica del tutto, che Carlo l'umanit, l'Animalit, la sapienza; perch il soggetto e il predicato sempre si concretano nell'identit del medesimo ente individuale. Ci si pu fare, perch alla diversit dei concetti corrisponde la molteplicit dei soggetti e dei predicati; e l'identit significata dall'intelletto per la formula del verbo essere (copula) che li compone e unisce. Cos del concreto esistente a parte rei si afferma il concreto universale intellettuale, direttamente conosciuto, in quanto si viene a conoscere indirettamente anche il concreto particolare, per una riflessione sul fantasma dei singolari, nei quali l'intelletto intende le specie intelligibili e i concetti universali: e per tal modo viene a formare la proposizione concreta: Carlo uomo.

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Bibl.: Per gl'iniz dell'uso del concetto di concreto v. K. Prantl, Gesch. der Logik, II, Lipsia 1861, p. 218 e R. Eucken, Geschichte d. philosoph. Terminologie, Lipsia 1879, p. 68. Per il concetto di concreto sostenuto conclusivamente, v. P. Carabellese, Critica del concreto, Pistoia 1921.

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