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Basta banche, il credito? Te lo fa la Rete | Linkiesta.it

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ALBERTO MUCCI

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Il film Mulligan realizzato in crowdfunding

27 aprile 2012 - 08:25

ECONOMIA

PISA un paio danni ormai che oltreoceano il crowdfunding diventato uno dei principali metodi di finanziamento per le piccole idee imprenditoriali e le startup alle prime armi. Tra le piattaforme pi famose, Kickstarter, che ha recentemente aiutato un progetto di un nuovo videogame a raccogliere ben 3,36 milioni di dollari. Ma non tutto: secondo alcuni osservatori siamo soltanto allinizio di un fenomeno destinato ad avere sempre pi impatto sul modo di fare impresa. Sar che leconomia gira a rilento; che le banche sono restie a concedere prestiti e che ormai sono in molti ad aver capito che se non si opera secondo la filosofia del fai-da-te nessuno correr in tuo soccorso; comunque sia, questo fenomeno ormai diffuso oltre oceano agli albori anche in Italia. Qui due iniziative Eppela e Produzioni dal Basso hanno fatto da battistrada per questo metodo di finanziamento che fa della folla di anonimi mecenati del web la sua

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principale fonte di forza e sostentamento. Per capire a che punto questo nuovo e promettente segmento del mercato dei crediti, Linkiesta ha intervistato Chiara Spinelli, project manager di Eppela. Cominciamo dal principio, com nata Eppela e come ha avuto lidea per questo progetto? Lidea non sicuramente nuova; realt simili esistono ormai dal 2005. Quando per, nel 2008, ho scoperto il crowdfunding ne sono rimasta assolutamente affascinata e con Nicola Lencioni, finanziatore e ideatore di Eppela, ci siamo immersi nello studio delle circa 350 realt che promuovono il crowdfunding per cercare quella che secondo noi era la migliore da applicare al panorama italiano. Alla fine abbiamo concluso che il business model di Kickstarter il migliore. Infatti quello che la startup di New York propone il modello tutto o niente, nel quale il progettista (nome che gli addetti al settore danno agli utenti che si mettono in gioco sulle piattaforme del crowdfunding, ndr) si prefigge di raccogliere, tramite donazioni, un determinato capitale necessario a far decollare la sua impresa. Nel caso invece non raggiunga i numeri desiderati non ottiene nulla. Questo modello secondo noi ha diversi vantaggi. Primo: in grado di garantire una certa trasparenza sullattuazione del progetto perch se il modello fosse basato sullottenere, qualora lobiettivo iniziale non fosse raggiunto, una parte del capitale desiderato nessuno sarebbe in grado di assicurare ai donatori che il progetto presentato su Eppela sar davvero quello attuato. Secondo: il tutto o niente aiuta il progettista a non diventare pigro perch se vuole davvero avere successo deve diventare il suo stesso promotore. Anche il donatore, che si presume non voglia veder fallire un progetto al quale ha devoluto una parte dei suoi risparmi, diventa un piccolo ambasciatore dellidea imprenditoriale. La certezza che questo sia il miglior modo di operare mi stata data indirettamente anche da un tentativo che Eppela sta attuando al momento: su sito abbiamo infatti abilitato una sezione pro in cui progetti pi grossi solitamente festival o iniziative culturali rilevanti la cui attuazione non dipende direttamente dai fondi raccolti sulla nostra piattaforma possono ricevere donazioni man mano che queste vengono fatte. Sono mesi che diamo questa possibilit, ma ci siamo accorti che non funziona. Se per esempio questi progetti tentano di raccogliere dieci mila euro, in media ne ottengono 500; un risultato per nulla soddisfacente. Negli Stati Uniti il modello Kickstarter sta dando risultati incredibili. Possiamo aspettarci lo stesso successo in Italia? senza dubbio una sfida immensa. La mentalit anglosassone parte da una posizione pi altruista; pi prona a credere allidea e al sogno di unaltra persona e a dargli fiducia. LAmerica soprattutto, pi che il Regno Unito, la terra delluomo che si fattoda-s e l esiste questa capacit quasi unica di trasformare una novit a basso costo in un fenomeno di consumo da cui trarre profitto. Qui in Italia pi difficile. Eppela per esempio nata il 2 maggio 2011 fino a oggi stata contattata da circa 800 progetti; di questi sulla nostra piattaforma ne sono comparsi soltanto 130. Non che il nostro lavoro consista nel giudicare quali idee siano valide o meno, ma tentiamo comunque di lavorare con progetti imprenditoriali che consideriamo attuabili. Il mio compito infatti anche confrontarmi con laspirante imprenditore, cercare di aiutarlo a ideare un progetto solido con un budget concreto. Nella maggior parte dei casi per, dopo aver scambiato alcune e-mail, i progettisti scompaiono senza farsi pi sentire. Tra molti permea latteggiamento del bando di concorso istituzionale in cui una volta fatta la domanda il lavoro finito; si aspetta soltanto di vedere se si ottengono dei soldi. Ma Eppella e il crowdfunding non sono questo. La presentazione soltanto il primo passo; poi bisogna lottare per autopromuoversi e questo molti non lo fanno: dei 130 progetti soltanto undici hanno raccolto il capitale che si erano prefissati (su Kickstarter per contrasto, secondo i dati rilasciati dalla societ stessa nellaprile del 2011, il 43 per cento dei progetti sono arrivati al loro obbiettivo, ndr). Ormai Eppela al lavoro da quasi un anno, quali sono le vostre iniziative per il prossimo? Come pensate di rendere pi appetibile al pubblico questa nuova forma di finanziamento? Il nostro un lavoro da maratoneti: lento, lungo e che richiede pazienza. Nonostante le difficolt ci stiamo lentamente espandendo e man mano che gli istituti italiani iniziano a comprendere limportanza e la potenzialit del crowdfunding riceviamo maggiore attenzione. Per esempio la fondazione Fitzcarraldo di Torino ha invitata Eppela per un workshop dove erano presenti una trentina di lavoratori del settore culturale che sono rimasti entusiasti dellidea. La Naba come la scuola Domus di Milano e la scuola

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Holden di Torino con cui abbiamo recentemente firmato accordi di partnership hanno iniziato a considerare il crowdfunding come una valida forma di finanziamento da insegnare ai propri studenti. Ci voluto del tempo a convincerli, ma sono tutti passi nella giusta direzione. Luniversit pubblica si dimostrata invece pi restia, queste istituzioni sono poco ricettive e al momento non sono aperte alle possibilit del crowdfunding. Non perdiamo comunque le speranze. Questi sono tempi di crisi, le difficolt economiche riscontrate da molti giovani imprenditori saranno secondo lei un incentivo per cercare capitali attraverso il crowdfunding? Penso di si, penso anche che se cambiamenti di qualche tipo non avvengono adesso non avverranno mai. Non solo: penso che lItalia sia vicina a toccare il fondo ed questa loccasione di ricreare qualcosa di positivo. C infatti la mia generazione, quella intorno ai 30 anni, che viene dalla mentalit del posto fisso. Poi ci sono i pi giovani, quelli con meno di 26 anni che sono cresciuti in un mercato del lavoro fluido in cui per affermarsi o ottenere qualsiasi cosa devono procacciarsela da s. Ho molta fiducia in questa nuova generazione e nel suo spirito di impresa individuale. Ne ho avuto riconferma a inizio marzo al World Wide Rome, il festival dei maker italiani, dove pullulavano idee fresche e giovani. Speriamo che ne risulti qualcosa, il crowdfunding da una spinta in questa direzione.

Parole chiave: crowd funding + start up

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