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Stelle alpine a strisce

di Agnese Vellar

Umberto Eco, “La trasparenza Perduta”, 1983

[Versione francese trovata online]


Quand nous ferons vraiment la guerre, nous serons
désintégrés en un instant... par les Russes, non conditionnés
par Battlestar Galactica.
Car je ne sais pas si vous avez essayé, mais après avoir joué
pendant deux heures, la nuit, dans votre demi-sommeil
inquiet, vous voyez de petites lumières clignotantes et le
sillage des projectiles. La rétine et le cerveau sont anéantis,
comme lorsque vous êtes éblouis par un flash.
Pendant longtemps vous voyez devant vous une tache
obscure.
C'est le début
de la fin.

[Versione tradotta con Babelfish]


Quando faremo realmente la guerra, saremo disintegrati in
un momento… dai Russes, non condizionati da Battlestar
Galactica. Poiché non so se avete provato, ma dopo avere
giocato durante due ore, la notte, nel vostro dormiveglia
ansioso, vedete piccole luci lampeggianti e la scia dei
proiettili. La retina ed il cervello sono distrutti, poiché
quando siete abbagliati da un flash. Per molto tempo vedete
dinanzi a voi una macchia oscura. C' è l'inizio della fine.

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Parte I: l’occidentalizzazione

dell’immaginario

Mangiamo carboidrati complessi solo due volte al

mese. Per il resto carne, uova e pesce persico. Così aveva

deciso Irina, e così di fatto è. Irina non è cattiva, solamente è

convinta che senza lacrime e sudore non si cresce, care

bimbe. Per questo non ci sono letti nella nostra scuola, ma

solo cassapanche di legno in cui mettiamo la nostra roba. E

siccome ci passiamo la notte sdraiate sopra, siamo già

cresciute un bel po’. Questa delle cassapanche Irina la trova

un’idea geniale; in un solo colpo elimina le due maggiori

scocciature dell’essere istitutrice: i pigiama party e i furti

notturni.

La mia sorella maggiore mi ha raccontato che quando

era piccola lei i pigiama party non esistevano. Perché non

esisteva la Tv americana. Io non ci credevo all’inizio, ma poi

mi ha fatto vedere i suoi quaderni delle elementari. Le

copertine erano di colore verdone, e non c’era nemmeno un

disegno. Allora ho cominciato a credere che tutte quelle

cose che mi raccontava sul Prima non se le era inventate. Su

quei fatti che tutti erano vestiti di colori scuri e che non

esistevano le pizze surgelate con sopra il mais. Ora la pizza

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non la mangio più comunque, ma almeno la sera possiamo

vedere i cartoni animati di Hanna&Barbera.

Irina dice che bisogna tagliare con il passato: la nuova

bandiera è a stelle e strisce. Per questo in collegio abbiamo

un mucchio di DVD coi film di Walt Disney; ce ne sono tanti

con Jody Foster, ma il mio preferito è Pollyanna.

Irina si arrabbia con chi dice “Madre Russia”, perché

Questa Utopia non esiste più. Utopia è come Irina chiama il

prima, mentre Moderno è il made in U.S.A. Dice sempre che

l’utopia è cosa vecchia, e per in futuro ci aspetta solo la

modernità. Irina vuole che anche noi diventiamo delle

ragazze della modernità, per questo ci nutre di cultura

americana. Lei dice nutre solo quando parla di cultura. Mai

in sala mensa.

La mamma è contenta di Irina, dice che fa bene il suo

lavoro con noi bambine. Il suo lavoro consiste nel renderci

più facile il passaggio dal comunismo all’economia di

mercato. Solo con un adattamento disciplinato al mondo

moderno le giovani generazioni potranno godere della

ritrovata libertà, dice la mamma, e Irina, e gli opuscoli della

scuola. Naturalmente senza rinnegare il passato. Perché se

c’è qualcosa di buono nella nostra tradizione quel qualcosa è

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la disciplina. E allora diete alle proteine animali e sette ore

in palestra tutti i giorni.

Dire la verità a me la bistecca con l’uovo fritto piace

anche, solo mi manca un po’ la purea della nonna. La mia

nonna ha litigato con la mamma, quando ha deciso di

mandarmi qui. La nonna non sa cosa sono i DVD e non ha

mia visto Pollyanna; per questo, dice la mamma, non

capisce come va la vita: perché non si è fatta una cultura da

piccola. La nonna dice che da piccola raccoglieva le patate,

per questo fa la purea così buona. Non vedo la nonna da

quando ho cominciato questa scuola tre anni fa, ma a parte

questo non mi spiace di studiare per diventare una ginnasta

artistica.

La mamma pensa che io abbia un futuro, e in effetti

nei flick sono forte. Alle prossime regionali secondo me

riesco a vincere qualcosa. Non vedo l’ora che ci siano le

gare, perché potrò mettere il body nuovo, quello rosso

bianco e blu a stelle e strisce, come aveva Pollyanna nel

film. Irina ha fatto fare il body così apposta, perché ci

identificassimo in qualcuno, come Pollyanna. Lei sì che

credeva nella patria, per questo per fare la stellina della

bandiera americana, è fuggita di casa di nascosto. Noi

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invece siamo legittimate a fare valere i nostri ideali, ha detto

Irina ieri sera. Dobbiamo solo credere veramente che ci

piaccia Lady Gaga, l’ha presa in giro Nataška, ma sottovoce.

Nataška prende in giro Irina quando parla di utopia e

modernità, perché dice che sono tutte “gran vaccate”.

Nataška c’ha già venti anni è può usare queste parole,

soprattutto se si tratta di questioni di morale, dice lei. Non

puoi essere per vent’anni la serva del potere socialista e poi,

solo perché sei entrata in un ipermercato, sputare sul

passato e convertirti a questa cosiddetta modernità.

Nataška quando c’è stato questo sovvertimento, che

dal prima ha condotto al dopo, era già qui nella scuola.

Racconta di pareti ridipinte e di ore di allenamento duro su

George Micheal. Da allora alle gare si sentono più solo

cantare gli afro americani. Nataška dice questo come se

fosse una cosa brutta, ma io in fondo non ho niente contro i

Jackson Five. So però che anche a mia nonna tutto questo

non piacerebbe, perché lei dice che non c’è musica se non

c’è una balalaika.

Irina alle regionali vorrebbe che facessi corpolibero,

perché io sono molto brava nel flick, come ho detto. Spero

che mia nonna mi venga a vedere così magari sarà

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orgogliosa di me: io non so suonare la balalaika, ma so fare

il salto carpiato con avvitamento doppio, anche senza

trampolino. Forse però pensandoci non sono più contenta di

mettere il body a stelle e strisce, perché magari alla nonna

non piace. Vabbè, se lei viene le dico che è un gesto

sovversivo contro l’iperestetizzazione dei simboli del potere

capitalista. Me l’ha detto Nataška di dire così.

Parte II: l’occidentalizzazione del vestiario

[In terra, il genitore fifone e il piccolo Muka]

Non è che solo perché viviamo in lande deserte e

vestiamo pelle di capra non abbiamo le nostre paure. Io

l’altro giorno ho temuto, davvero, per la mia incolumità. Ero

in mezzo ad un prato di stelle alpine a pascolare i cammelli

quando ho visto nel cielo un indizio di vita aliena.

Non è che gli extraterresti siano stati inventati dai

registi di Hollywood. Anche se nessuno avesse mai fatto film

sugli extraterrestri, io ne avrei comunque paura.

Fattostà che nonostante il mio temperamento

piuttosto tranquillo, nel vedermi piombare sul capo un

oggetto volante non identificato mi son messo a correre

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all’impazzata senza uno scopo ben definito. La mia gincana

tra i ruminanti ha suscitato tanto trambusto da svegliare il

piccolo Muka che stava ronfando. Ma cosa potevo dire ora al

bambino, a cui ho sempre insegnato a credere solo alla lana

di capra e ai crini equini? Un accenno ai dischi volanti mi

avrebbe fatto perdere ogni credibilità.

Ecco perché decisi di condurlo a vedere con i suoi

occhi l’oggetto causa del mio grande spavento. Ma tra gli

steli delle stelle alpine non trovammo nient’altro che un nido

d’uccelli rosa tramonto. Fece notare Moka il bambino che

non v’erano alberi nei dintorni da cui un nido avrebbe potuto

cadere. Gli spiegai allora, piccolo sciocco, che per quanto

strano possa parere, esiste una rara specie d’uccelli che

preferisce nidificare sulle nuvole basse del cielo che sui pini

silvestri pedemontani.

[Nel cielo, i fidanzatini]

-Tu e la tua mania di Verne. Non c’era niente di

meglio, per il nostro anniversario, che un viaggio in

mongolfiera?

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-Cara, vent’anni di fidanzamento sono una cifra

ragguardevole, non potevamo certo festeggiare con la solita

polenta concia.

-Ma a me sarebbe bastato un paio di lingue di gatto

intinte nella cioccolata, o tutt’al più una passeggiata sulle

rive del Po.

-Sta’ zitta e guarda in basso, stiamo attraversando il

deserto di Gobi.

-Ecco perché fa così freddo e tira pure un gran

ventaccio.

-Sta’ attenta al cappellino, con quello che mi costa il

tuo shopping da Hermès.

Ma al vento di Gobi gli accessori firmati piacciono

troppo per poter resistere alla tentazione di indossarlo per la

durata del volo che va da una mongolfiera ad un campo di

fiori.

-Mai più ti seguirò nei tuoi giri dei mondi, se questo mi

costa il mio guardaroba.

-E non fare l’egoista, pensa a come starà bene il tuo

accessorio di lusso abbinato alla pelliccia di pecora di una

pastorella locale.

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[In terra, la pastorella locale]

Vedendoli arrivare tutti fieri di quella rarità

ornitologica non ho potuto dir loro la verità. Dopotutto, per

Muka, lo sciocco genitore è pur sempre una specie di eroe

dei fumetti. Così gli ho fatto credere che usare il nido come

copricapo fosse una delle mie stravaganze. E per questo mi

presero in giro per tutta la cena, e dal tanto ridere a Muka

andò di traverso il the salato. Fui però presto ripagata

quando, uscita dallo yurta col cappello all’ultima moda,

incrociai lo sguardo ammirato della mia invidiosa vicina di

tenda.

Parte III: la disintegrazione dello scontro

- Ciao, sono Ksenia.

- Io no. Ma non ho timore di conoscere ciò che è altro da me.

- Anche se l’altro fosse extraterrestre?

- Mah, non esageriamo. Facciamo, al massimo,

extracomunitario. Tu di quale comunità sei?

- Della comunità delle ginnaste artiste a favore delle stelle e

strisce.

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- Io della comunità dei pastori di cammelli a favore delle

stelle alpine. Forse non abbiamo molto in comune, a parte la

paura per gli extraterrestri.

- E ti sembra poco? Non c’è niente di meglio di un nemico

comune per diventare amici. Me l’ha insegnato la mia

allenatrice Irina.

- Non c’è niente meglio di un dono, per rafforzare un

legame. Vuoi un nido d’uccelli da mettere in testa? Vado a

rubarlo alla mamma.

- Vuoi vedere Pollyanna? Vado a scaricarlo dal mulo.

- Ti serve una mano?

- No, mi basta la connessione.

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