Sebbene gli aristotelici guardavano con distacco il
copernicanesimo galeileiano, le prime reazioni contro Galileo vennero dal clero. I gesuiti mantenevano un atteggiamento prudente, mentre i domenicani furono i primi ad attaccare Galileo, uno di essi, Niccolò Lorini, con una predica accusò di eresia Galileo. Il preoccupante allargarsi delle polemiche indusse al Santo Uffizio di passare la questione ai teologi; questi dichiararono assurda e falsa la tesi eliocentrica e assurda e falsa la mobilità della terra. Galileo nel mentre fu convocato presso il Santo Uffizio dal papa Paolo V e fu ammonito. Questa ammonizione imponeva a Galileo di non insegnare e di non comunicare a tutti le tesi riguardanti il copernicanesimo e di terminare questi studi. Non ci sono prove storiche di questa ammonizione, poiché nel trattato stilato dalla Chiesa non vi sono firme né da parte del papa né da parte di Galileo, solo qualche anno fu stilato il verbale, ma si dice che sia un falso. Galileo non diede molta importanza a questa ammonizione, difatti continuò i suoi studi, inoltre continuò a divulgare il suo ''credo'', infatti pubblicò i ''Dialoghi'', dove Galileo per iscritto metteva in risalto le teorie del copernicanesimo, perciò fu convocato una seconda volta presso il Santo Uffizio. Questa volta la sentenza si fece più severa, infatti Galileo era costretto ad abiurare tutte le teorie da lui studiate e da lui divulgate. Il 22 giugno del 1633 i teologi emisero la sentenza definitiva, la quale spiegava che la Terra era al centro di tutto, il sole girava intorno alla Terra che rimaneva ferma, inoltre la scienza doveva seguire ciò che dicevano le sacre scritture. Nello stesso giorno Galileo fu costretto, in ginocchio, davanti ai cardinali della Congregazione a pronunciare la sua abiura al copernicanesimo.