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Personalità / Dipendenze - Quaderno 1

Prefazione

Nonostante in Italia non sia diffusa come in altri paesi, la terapia di


gruppo (la terapia col gruppo, la terapia nel gruppo) riceve consensi crescen-
ti.
La scelta della preposizione che unisce terapia e gruppo non è indiffe-
rente: cela le intenzioni del terapeuta; ed alcuni si vogliono distinguere pro-
prio per la scelta della preposizione che scelgono di inserire nella “loro” psi-
coterapia.
Nonostante ciò, nella pratica per chi frequenta questo modello organiz-
zativo di terapia, la differenza è molto sfumata. Per lui o per lei infatti si trat-
ta di una terapia che avviene col setting di gruppo (quindi segue una terapia
di gruppo) che serve al suo, auspicabile, miglioramento, sicché è la sua tera-
pia nel gruppo e probabilmente porterà benefici ad altri che frequentano come
lui quel gruppo e che assieme a lui condividono le esperienze, quindi è una
terapia col gruppo.
La terapia di gruppo è quindi una forma di psicoterapia condotto da un
esperto: un counsellor, uno psichiatra, uno psicologo o uno psicoterapeuta,
tutti però si spera formati nella conduzione della terapia di gruppo. Perché il
gruppo è un vivente particolare con le sue dinamiche e le sue regole. Infatti
piuttosto che partecipare a una sessione di psicoterapia individuale, la terapia
di gruppo offre una dinamica particolare e che può anche essere, ma non è
detto che lo sia, la principale: i frequentanti, i pazienti o i clienti come altro li
si voglia definire, interagiscono con un numero di persone che di solito stan-
no fronteggiando questioni simili alle loro. Il numero di persone partecipanti
varia: da un minimo di cinque o sei ad un massimo di dieci o dodici.
Anche il numero di conduttori può variare in base sia al numero dei par-
tecipanti sia in base al tipo di gruppo.
Ogni modello clinico puт essere declinato in forma gruppale. Pertanto è
possibile che il conduttore si rifaccia alla psicodinamica o anche direttamen-
te alla psicanalisi, o al cognitivo-comportamentale, al sistemico-relazionale
o all’umanistico-esistenziale. Ci sono gruppi di psicodramma, di analisi tran-
sazionale, di bio-energetica, eccetera. Spesso perт nella concretezza ci sono
gruppi che attingono a vari modelli mettendo insieme in modo eclettico tec-
niche e strumenti diversi.
In altri paesi la pratica è molto diffusa, rende molto e costa meno. Per
questi motivi in Olanda si pensò di introdurla come primo step per tutti colo-
ro che si rivolgono ai servizi per ricevere un aiuto in caso di disturbi legati al
consumo di stupefacenti.


Nizzoli ♦

Diversi fattori sono responsabili della creazione dei cambiamenti in pa-


zienti che sono stati trattati in terapia di gruppo. Grande valore hanno l’iden-
tificazione in laterale,lo scambio di esperienze, l’attivazione
Da noi la proposta sembra più problematica per la diffusa sensazione
che le persone non gradiscano di primo acchito incontrare altre persone in
gruppo. Non credo tuttavia che ci sia un differenziale antropologico così evi-
dente tra la nostra popolazione e quella di altri paesi del Nord Europa o di
Oltre Oceano; piuttosto mi pare che ci sia un differenziale culturale che fun-
ge da ostacolo alla diffusione come merita della terapia di gruppo. Differen-
za culturale che c’è non soltanto nella popolazione generale ma che si riflette
e si amplia tra i terapeuti: se i terapeuti non ci credono e non la propongono
con convinzione è difficile che siano i pazienti a suggerire una loro eventuale
preferenza verso la terapia di gruppo.
Ovviamente è ben più semplice proporre ed attivare la terapia di gruppo
nelle residenze: lì i pazienti già condividono spazi e tempi. Nelle strutture per
malati mentali o per tossicodipendenti la pratica è abbastanza comune
Tuttavia da molti anni si pratica la terapia di gruppo anche solo in con-
testi ambulatoriali. Personalmente ho gestito gruppi terapeutici quando fon-
dai il Centro di Psicosintesi nella mia città; era l’inizio degli anni ’80. In se-
guito ricordo che la introdussi nel Consultorio per Giovani che istituii sempre
nella mia città sempre negli anni ’80. Quando poi diressi il Servizio per i Di-
sturbi alimentari della azienda sanitaria anche lì introdussi la terapia di grup-
po, era la fine dei ’90.
È esperienza diffusa tra gli operatori coinvolti nella gestione della te-
rapia di gruppo che per molte persone l’esperienza di gruppo è un bel bene-
ficio.
In certi paesi come gli Stati Uniti vi sono miriadi di gruppi centrati su
una questione esistenziale particolarmente difficile: alcuni possono concen-
trarsi sul lutto, sul disturbo di attacco di panico, sul disturbo alimentare, sul
disturbo bipolare, sulla depressione, sul divorzio, su una malattia come il can-
cro, l’asma, il trapianto di organo, sull’essere genitori, sull’essere genitori di
bambini autistici, sull’essere genitori di bambini malati, sull’essere genitori
di bambini con … eccetera, sul disturbo sessuale, sull’uso di sostanze, sul-
l’alcolismo, eccetera, su molti altri temi: in pratica tutte le circostanze criti-
che della vita potrebbero meritare di essere trattate in gruppo.
Oltre che per dimensione e per tipologia dei bisogni, i gruppi divergo-
no per criteri di inclusione o di esclusione, ci si iscrive liberamente o si viene
cooptati; per durata, ci sono quelli a durata pre-definita e quelli in pratica per-
manenti; quelli chiusi in cui si accede solo alla partenza e quelli aperti cui ci
si inserisce anche in corso; gruppi da cui si viene dimessi una volta raggiun-


♦ Prefazione

to un obiettivo e gruppi che durano in pratica per sempre; ci sono gruppi di-
rettivi dove il partecipante riceve la consegna del da farsi e altri non-diretti-
vi; ci sono gruppi omogenei in cui tutte le persone affrontano lo stesso pro-
blema, e gruppi disomogenei composti da persone con problemi diversi tra
loro; gruppi verbali dove si esprimono le emozioni tramite la parola, ed altri
non verbali in cui le emozioni vengono “agite” come nel role-playing, nel-
lo psicodramma o nella psicomotricitа. Esistono anche gruppi di mutuo e di
aiuto, ma qui non c’è un terapeuta a guidare il gruppo; di solito c’è un leader,
un aiutante, un “helper”, cioè una persona che ha giа a suo tempo affrontato
il problema del gruppo.
Insomma c’è una vasta gamma di gruppi possibili.
In gruppo le persone possono affrontare le stesse sfide, le stesse paure o
le stesse lotte che potrebbero affrontare in ‘individuale’, ma lo fanno con al-
tri; il che aiuta nel sentirsi meno isolati. Ma nei gruppi si ha l’opportunità di
aiutare l’altro, di sentirsi utili, di fare il gesto di aiuto che si aspetta di riceve-
re. Parlare dei propri problemi o sentire da altri problemi simili: sono emo-
zioni spesso liberatorie.
Ma perché il gruppo dia i benefici che può dare c’è bisogno di una ge-
stione “saggia” che faccia rispettare le singole persone, che suggerisca e pre-
tenda la discrezione reciproca rispetto ai temi ed ai racconti delicati che pos-
sono uscire; che dia la parola a tutti senza che solo qualcuno prenda il centro
della scena e non la molli più. Se accadono queste cose il gruppo può diven-
tare un tormento e non dare i benefici che invece potrebbe.
Il testo accanto ad uno squaderna mento generale storico e metodologi-
co della terapia di gruppo offre due saggi: uno sul trattamento di gruppo con
pazienti con disturbo mentale ed in trattamento residenziale e l’altro di un’at-
tività informale, territoriale. Dopo la teoria, due esperienze concrete sui due
estremi dell’articolazione potenziale in cui il gruppo terapeutico è una pos-
sibile risorsa.

Umberto Nizzoli
Direttore di Personalità/Dipendenze

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