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Il problema nazionale Italiano.

Dopo che i moti del 30-31 fallirono, la lotta e la riflessione politica fecero un salto di qualità. Innanzitutto
maturò progressivamente l’idea che l’obbiettivo dell’indipendenza dovesse essere connesso a quello
dell’unificazione nazionale, superando la visione localistica delle esperienze precedenti e individuando
nell’Austria il nodo dell’intero assetto italiano. In secondo luogo fu abbandonata l’idea delle società segrete
in favore di programmi politici chiari e di respiro generale, capaci di riscuotere il consenso dell’opinione
pubblica.

Durante questo periodi ci furono principalmente 2 posizioni che si fronteggiarono:

1. Corrente liberale moderata: Tra i sostenitori di questa troviamo: Gioberti, D’Azeglio, Balbo, Cavour.
Questi ritenevano che gli obbiettivi dell’indipendenza e dell’unificazione nazionale dovessero
essere raggiunti gradualmente evitando azioni insurrezionali, e quindi, attraverso un processo di
riforme guidato dai sovrani; questi pensavano all’Italia del futuro come ad una monarchi
costituzionale di carattere liberale.
2. Corrente democratica repubblicana: Tra questi troviamo: Mazzini, Ferrari, Montanelli, Garibaldi,
Cattaneo, Pisacane. All’interno di questi c’erano 2 schieramenti. Questi, i democratici, ritenevano
che il risorgimento dovesse essere il frutto dell’iniziativa popolare e dovesse realizzarsi attraverso
un insurrezione nazionale. Voleva che l’Italia fosse una repubblica, fondata sulla sovranità popolare.

Alla fine del processo di unificazione nazionale, la corrente a prevalere fu quella nazionale. Tutta via nella
prima fase, che ebbe inizio negli anni 30, fu l’orientamento democratico a dimostrare più iniziativa, mentre
i moderati erano privi di un programma politico coerente. Dopo i fallimenti delle rivoluzioni precedenti
nacque l’idea che i movimenti attuali non fossero in grado di portare l’Italia al suo scopo, e quindi nacque
un movimento dal basso che avrebbe potuto portare l’Italia ad una svolta, colui che si mosse in questa
direzione fu Giuseppe Mazzini. Per realizzare il suo programma rivoluzionario Mazzini fondò nell’agosto
1831 l’associazione Giovine Italia, che costituì il primo nucleo di un partito nel senso moderno del termine.
Il programma di Mazzini prevedeva l’instaurazione di una repubblica unitaria attraverso una insurrezione
popolare nazionale. Dal punto di vista sociale invece, Mazzini proponeva misure per migliorare la vita degli
operai e crediti per favorire lo sviluppo dell’associazionismo.

La giovine Italia ebbe una diffusione ampia, ma socialmente si radicò in Lombardia, Liguria, Toscana e nelle
Legazioni pontificie, quasi per nulla al centro e al sud Italia  perché Mazzini vedeva un’insurrezione al Sud
come l’immediato scontro con l’Austria e la chiave del processo rivoluzionario. La propaganda venne fatta
utilizzando soprattutto la stampa, e per questo, ottenne successo tra le classi medie, ma non tanto tra i ceti
urbani. I contadini ne erano totalmente estranei.

I limiti del programma politico vennero in piena luce non appena egli volle passare all’azione. Le
insurrezioni tentate a più riprese fallirono tutte. Lo stesso Mazzini rinunciò a iniziative cospirative in Italia e
dall’esilio in Svizzera si impegnò per fondare la Giovine Europa, che avrebbe dovuto unire Polonia e
Germania e successivamente l’Europa. In questa fase Mazzini passò una grave crisi dalla quale uscì, e
ridiede vita nel 1839 dall’Inghilterra alla giovine Italia. Tuttavia visti gli insuccessi precedenti, e vista la
totale mancanza di richiesta di partecipazione al sud Italia, alcuni personaggi iniziarono a muoversi da soli
come i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, il loro tentativo si concluse però tragicamente, a cause di tutti
questi insuccessi, il partito democratico attraversava una crisi, mentre il partito moderato andava
delineandosi.

Delineandosi.

Il partito moderato voleva

 Una lega doganale fra i diversi stati


 L’unificazione dei pesi e delle misure e il libero scambio
 La creazione di un sistema ferroviario integrato fra i diversi stati della penisola
 Il miglioramento dell’istruzione

Questi furono i temi che svilupparono la campagna pubblicitaria. All’interno dell’universo moderato ebbe
grande rilievo la corrente che si rifaceva agli ideali del cattolicesimo coniugato con i valori della civiltà
liberale. Ancora un esule, il sacerdote piemontese Vincenzo Gioberti, ne fu il principale interprete. A
Bruxelles dove era riparato perché sospettato di inclinazioni liberali dal governo sabaudo, Gioberti
proponeva di fondare l’unità nazionale su una federazione di stati, giudicando irreali sta e
controproducente la prospettiva di uno stato unitario, data l’eterogeneità delle regioni italiane e la loro
specificità storico-culturale. A capo di tale federazione, egli immaginava dovesse esserci il Papa, poiché la
grandezza storica e l’unità spirituale del popolo italiano risiedevano nella religione cattolica. Il neoguelfismo
di Gioberti, non sembrava indicare una prospettiva realistica del momento che il papato sembrava tutt’altro
che incline a ricoprire il ruolo assegnatogli nell’opera di Gioberti, tuttavia le sue idee furono accolte con
grande favore negli ambienti moderati italiani ai quali offrirono un progetto politico.

L’opera di Gioberti, pose di nuovo il problema dell’unità d’Italia. La questione dell’indipendenza fu


affrontata da Balbo, che individuava nell’Austria l’avversario principale e nella monarchia sabauda l’unica
forza militare e politica in grado di mandare via gli Austriaci.

Una posizione di notevole spessore e originalità all’interno del dibattito politico fu quella di Cattaneo, lui
era un avverso sia al conservatorismo filo monarchico dei moderati sia al rivoluzionarismo dei mazziniani. Di
Mazzini condivideva l’ideale democratico - repubblicano e la decisa ostilità verso un processo di
indipendenza guidato dai sovrani. Però divergeva da Mazzini su diversi punti di vista ovvero divergeva
nell’impostazione romantica di questo, e nell’ideale di federalismo di Mazzini

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