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se i risparmi sul libretto, rifiutava che pap gli desse dieci corone al giorno pe
r le sigarette, rifiutava che la mamma si occupasse della sua biancheria, si rif
iutava anche di prendere un pasto caldo da noi una volta al giorno Cominciava sem
pre allo stesso modo, lo zio Pepin si metteva a gridare e scostando il piatto co
n l arrosto di filetto alla crema sbraitava: Che razza di mangime cinese sarebbe qu
esta roba? Mi si contorce lo stomaco!. Quando la mamma gli diede l oca e gli chiese
: Allora, era buona?, lo zio Pepin fece un gesto con la mano e disse: I crauti s, ch
e erano buoni. E quando facemmo la maialatura e lo zio si fu saziato mangiando tu
tto quello che voleva, alla fine di proposito prese la coda del maiale, la guard
ava con avidit e poi tirava, teneva la coda tra i denti e tirava, e quando la cod
a gli sfugg e lo zio sbatt la testa contro il muro vicino al quale era seduto, gri
d: Queste porcherie io non me le mangio! Quella cretina pensa che io sono un tonto
lone stupido, e poi la gente dice che mi rubate!. E pap si spavent e col dito si mi
se a scrivere allo zio sul tavolo quanto gli dava per l organizzazione e per le si
garette e quanto per la biancheria e cinque corone per la cena sempre calda, ma
lo zio Pepin ci guardava freddamente, con odio, all improvviso ci odiava tutti, tu
tti noi eravamo per lo zio dei padroni, dei signori, salivamo tutti su per la sc
ala, mentre lui, un operaio, camminava lungo una scala distesa senza avere mai a
lcuna opportunit se non quella in cui si trovava gi e in cui sarebbe rimasto fino
a quando non fosse morto o andato in pensione. Ogni anno in casa nostra c era lo s
gomento per la rivoluzione dello zio, ogni anno, ma lo sgomento si affievoliva,
perch la ripetizione porta la regola e l ordine e i motivi ricorrenti attutiscono i
l colpo della prima sorpresa. Cos pap diede allo zio tutti i contanti che Pepin gl
i aveva lasciato in custodia, gli diede i libretti di risparmio, perch lo zio non
si lascia derubare di soldi guadagnati duramente, guadagnati con queste mani, l
o zio dichiar solennemente che ripudiava suo fratello, che era un tirapiedi dei c
apitalisti, rifiut con un gesto la mano della mamma, che lei gli offriva per fare
la pace, e se ne stava l in piedi sulla porta, come se tutti noi lo avessimo off
eso, come se fosse colpa nostra se lui abitava nella stanza comune degli operai,
mentre noi avevamo tre stanze e cucina, come se noi potessimo farci qualcosa se
lui era operaio nella fabbrica di birra che amministrava suo fratello Franzin,
mio padre, il marito della mamma. E poi, una volta fuori, lo zio sput con gusto e
allontanandosi strillava che i padroni bisogna acciuffarli e sbatterli tutti pe
r terra E noi quella sera ci sentivamo piccolini, e ci sentivamo tutti vicini, pa
p se ne stava appeso alla mamma sotto il lampadario e lei lo accarezzava, e pap co
n una mano accarezzava la mamma e con l altra accarezzava me, anch io me ne stavo st
retto ai miei genitori, perch non riuscivamo a capacitarci di quello che era succ
esso. E cos lo zio Pepin per prima cosa spese tutti i soldi che aveva in contanti
, la seconda settimana spese i soldi che pap gli aveva messo da parte, e la terza
settimana tra sabato e domenica spese i soldi dell acconto della paga e luned e ma
rted e mercoled e gioved se li fece anticipare sul conguaglio. E, malgrado ci, quand
o lo zio Pepin si avviava verso la citt le porte si aprivano e uscivano i vicini
e le donne, si aprivano le finestre sotto cui lo zio Pepin passava col berretto
da ufficiale di marina, e chi poteva gli domandava delle belle signorine a cui a
ndava appresso, e le donne gli domandavano se avrebbero recitato insieme, o quan
do lo zio avrebbe dato loro convegno nel boschetto gi buio, quando le avrebbe por
tate a Vienna e a Budapest, le ragazze gli domandavano quando le avrebbe accompa
gnate sull Isola a ballare e si prenotavano per il ballo con la scelta alle dame c
he ci sarebbe stato in inverno, gli uomini con fiducia gli chiedevano informazio
ni sulle gambe delle donne nelle birrerie con le chellerine, su com erano i seni d
elle signorine e com erano i piumini nelle loro camere e lo zio nella prima casa c
hiedeva dei fiori e li regalava alle donne delle case successive, dove chiedeva
altri fiori del giardino per regalarli alle belle affacciate alle finestre che s
i aprivano gi sulle vie e sulla piazza. Cos lo zio Pepin camminava e si inchinava,
faceva il saluto e distribuiva baci e le sue risposte facevano scoppiare a ride
re gruppi di gente e singole persone, e lo zio Pepin si allontanava accompagnato
dalle risate come un trenino che marciando si lascia dietro il fumo E la sua pri
ma stazione era subito la birreria con le chellerine di Zofin, appena lo zio fu
entrato le signorine annoiate saltarono su e cominciarono ad accapigliarsi per i
ek butt di nuovo lo zio per terra, lo zio giaceva sulla schiena e il San Bernardo
gli ringhiava e gli sbavava sulla faccia e nella birreria risuonavano risate fr
agorose, clienti sconosciuti ordinavano bottiglie di vino e l ostessa portava inte
ri vassoi di bicchierini e lo zio si mise seduto e le ragazze lo tirarono su e l
o fecero sedere su una sedia e gli dipinsero le guance di rosso. E un po impallidit
o, maestro disse Bobinka, e Marta port un suo vestito, un vestito nero con una ros
a rossa artificiale, e cos accadde che le ragazze in camera travestirono lo zio c
on il vestito nero e quando la musica incominci lo zio entr di corsa nel locale, l
a rosa finta tra i denti, e Carmen ballava il tango argentino, dopo una capriola
e un salto per aria dalle mutande gli casc fuori l uccello, ma lo zio non se ne cu
rava, imitava Carmen atteggiando le labbra al bacio e di nuovo il San Bernardo De
dek si alz e con la zampa stese lo zio, poi si mise sdraiato su di lui e gli ring
hiava sul muso e la signora ostessa, in lacrime per le risate, port via Dedek e l
o zio si inchinava, da tutte le parti sempre quel dolce sorriso, le labbra e le
gote colorate, non si era accorto che di sopra le signorine lo avevano dipinto c
on lo smalto e se lo sarebbe tenuto per tutta la settimana a ricerchiare le bott
i e a scrostare la caldaia e a calarsi nella fogna, perch lo zio, per via delle s
ue urla, ora lo mandavano di preferenza nella caldaia oppure nei sotterranei del
la fabbrica di birra La mattina dopo, all ora dello spuntino, alcuni operai vennero
a cercare pap dicendo che quella mattina non erano riusciti a trovare lo zio, ch
e l avevano trovato solo adesso, stava dormendo sotto la branda, forse stava anche
morendo. E pap, che aveva gi capito, prese una bottiglietta di ammoniaca e and con
gli operai, tutti lo guardavano con aria di rimprovero, perch pap era quello che
aveva affamato il proprio fratello, che adesso giaceva svenuto e lacero sotto la
branda nel suo stanzone. Arrivati l, due operai presero la branda e la spostaron
o. In mezzo a vecchi stivali ammuffiti e a scope da lavoro rotte, tra gli stracc
i sporchi e nella polvere giaceva lo zio Pepin, le sue guance brillavano di smal
to rosso asciutto, aveva gli occhi bistrati di nero e sembrava che non respirass
e. Pap si inginocchi e si mise in ascolto sul suo petto, poi vide che lo zio Pepin
respirava col naso Avvicin la bottiglietta aperta con l ammoniaca, ma lo zio smise
di respirare col naso e cominci a respirare con la bocca, pap gli appoggi una mano
sulla bocca e cos lo zio dovette respirare un po di ammoniaca. Salt su, sbruffando E
pap si raddrizz e prendendo dal letto pezze e stracci chiese allo zio: Cos questa ro
ba?. E lo zio con gli occhi pieni di lacrime gli strappava quegli stracci e grida
va: Questa una camicia fine, questa me l ha regalata una bella donna, la signorina
Glancov . E pap tirava fuori stracci e sbrendoli e biancheria sporca, che quando lo z
io veniva a pranzo da noi era sempre pulita E cos questa roba?. E lo zio ogni volta g
ridava che erano regali preziosi di signorine e bellezze, e riprendeva gli strac
ci dal secchio vicino alla stufa e li riponeva sotto il guanciale sporco E pap gua
rdava e vedeva che gli operai guardavano, vedevano che di tutto ci non aveva colp
a lo zio, ma il signor amministratore della fabbrica di birra, il fratello dell op
eraio, che abitava in una casa di tre camere, mentre suo fratello Pepin dormiva
l come una bestia. Prima di uscire dalla malteria pap apr la bottiglietta con il cl
oruro di ammonio, aspir alcune volte ma non lacrim, forse neanche l ammoniaca era ab
bastanza forte per tutto ci che gli procurava suo fratello che era venuto otto an
ni prima per una visita di due settimane. La sera vidi lo zio Pepin con il berre
tto da ufficiale di marina e le gote smaltate che si dirigeva verso il retro, ve
rso i chiusi, vidi il suo berretto che si abbassava verso terra, aggirai il carr
o con le trebbie e passando vicino alla legnaia andai silenziosamente verso le p
orticine che davano sul cortile. Lo zio Pepin sceglieva le patate bollite con la
crusca, si puliva la crusca sui calzoni e mangiava, quindi mangi alle galline tu
tte le patate e poi si fin anche le bucce, che aveva scartato.
5.
Quando l inverno fu arrivato davvero, sul fiume si formava il ghiaccio e venne il
momento di tagliarlo. Pap doveva sempre penare per distribuire il lavoro ai monta
carichi per il ghiaccio, il lavoro alle centinaia di carichi di ghiaccio che i c
ontadini trasportavano coi carri, perch ogni carico era ben pagato. Pap doveva far
e la voce grossa, perch a lavorare col ghiaccio non ci voleva andare nessuno, sol
o Pepin era contento e non vedeva l ora che venisse il tempo del taglio del ghiacc
io, per gli altri operai era come andare ai lavori forzati e cercavano tutti di
sottrarsi, minacciavano addirittura pap che sarebbe venuto il giorno in cui sareb
be stato l opposto e gli operai sarebbero stati in ufficio e i padroni a tagliare
il ghiaccio, tutti, anche il signor Dimcek, il nuovo presidente della fabbrica di
birra. Pap a queste osservazioni taceva, forse se lo augurava anche lui che quel
giorno arrivasse e nel mondo le cose si capovolgessero, neanche pap amava i padr
oni, specialmente il nuovo presidente, che allevava maiali e aveva tre verri di
razza, era cos preso dall allevamento dei maiali, ci metteva l anima, al punto che as
somigliava a una testa di maiale, a un verro, aveva pure il labbro inferiore cas
cante e gli sporgevano i denti dalle gengive, e in ufficio aveva introdotto un s
istema per cui gli impiegati stavano seduti con le penne sempre pronte, in modo
che quando il signor presidente entrava tutti stessero scrivendo e facendo conti
. E se qualcuno non scriveva o non faceva conti, subito il signor presidente imp
allidiva e rimproverava a pap, in quanto amministratore e capo contabile, che in
ufficio non si lavorava e che c era una forza superflua. E mentre il signor dottor
e Gruntord, che era stato presidente prima, andava il calesse, questo presidente
compariva, all improvviso girava la maniglia ed entrava negli uffici e nelle canti
ne di fermentazione e nella malteria e nei laboratori e nelle falegnamerie, face
va finta di non vedere niente, ma vedeva tutto, e cos non solo gli operai soffriv
ano a causa sua, ma anche pap, ogni sera la mamma doveva abbracciarlo sotto i pen
daglietti della lampada e pap, dopo essersi confidato con lei, tutt a un tratto fac
eva una faccia terribile e, indicando se stesso, si prendeva per i mento, ma que
llo non era il suo mento, era la barba de nuovo presidente, la strappava con uno
strattone e la lanciava con ribrezzo lontano da s, e strappare la barba del sign
or presidente gli faceva bene, perch solo cos si calmava. Cos pap divise gli operai
per il taglio del ghiaccio e di tutti gli addetti prese nota il vice del mastro
birraio quello che alla fabbrica di birra era stato anche operaio ed era riuscit
o a diventare caposquadra di tutti gli operai, segnava i turni sul taccuino e ne
lle sue annotazioni teneva conto dell orario di arrivo al lavoro e del comportamen
to sul lavoro di ogni operaio, il caposquadra era cos contento di s che non poteva
credere alla fortuna che gli era toccata, di avere potere sugli operai, certo l
a mattina non vedeva l ora di guardarsi allo specchio e di vestirsi e di prendere
la giacca con le quattro tasche coi bottoni e di infilarci il taccuino con i nom
i e i dati di tutti gli operai della fabbrica di birra, ed era cos con tento di s
che mezz ora prima della sirena era gi davanti all ufficio e, in piedi a gambe larghe
, con gli stivali e i pantaloni alla cavallerizza, con sguardo pungente osservav
a gli operai che arrivavano al lavoro, notando non solo se arrivavano in orario,
ma con che voglia e se sbadigliavano ancora, e cos via. Lo zio Pepin non piaceva
al signor caposquadra, siccome lo zio sul lavoro gridava tanto lo mandava sempr
e nella caldaia quando bisognava scrostarla, togliere il salnitro, anche quel la
voro non lo voleva fare nessuno, perch nella caldaia c era polvere e le lampadine a
ccese e due operai con i martelli battevano come picchi centimetro quadrato per
centimetro quadrato, un pezzetto dopo l altro, e il salnitro si polverizzava e gli
operai dovevano tenere sciarpe e fazzoletti avvolti intorno alla bocca. Ma lo z
io Pepin lavorando cantava e strepitava, perch l operaio che lavorava con lui altri
menti si sarebbe disperato, l unica difesa contro la polvere e l aria soffocante del
la caldaia era per tutti divertirsi a spese dello zio che sbraitava, ogni moment
o qualcuno entrava nella sala macchine e urlava nella polvere rosa della caldaia
: Il vecchio Repa ha detto che lei al fronte pascolava le capre. E lo zio con mart
ellate possenti scrostava la caldaia e tenendo il ritmo urlava: Ma le pare, imbec
ille, che al fronte ci sono le capre? La capra delicatina, come sente uno sparo
quella se la batte. Ah! E quando c battaglia, al fronte, proprio il momento di sta
re a combattere con le capre!. E i meccanici avevano aperto le bocchette di venti
lazione e la voce dello zio tuonava sulla fabbrica di birra come mandata da un m
egafono e il signor caposquadra arriv di corsa e apr il taccuino gridando nella ca
ldaia: Come si permette di urlare sul lavoro? Non pensi che visto che suo fratell
o il signor amministratore lei pu permettersi tutto, questa cosa me la segno!. E a
nnot qualcosa sul taccuino e guardandosi intorno con aria vittoriosa sorrideva pi
eno di boria ed esultante, perch fra tutti gli operai solo lui era riuscito a div
entare caposquadra, che sugli operai ha molto potere. E quando il lavoro di puli
tura della caldaia fu terminato, il signor caposquadra organizz lo spurgo dei can
ali, anche in questo caso lo zio Pepin spariva, si infilava sottoterra come in u
n sottomarino, e un operaio stava fuori con la carriola di latta e lo zio nelle
viscere e negli intestini della fabbrica di birra prendeva la fanghiglia con una
piccola pala e vuotava nel secchio una palata dopo l altra e quello che lavorava
con lui tirava su il secchio, lo svuotava nella carriola, e quando si annoiava o
quando un altro operaio passava vicino alla fogna aperta, allora si inginocchia
va e urlava nel canale: E venuta Zaninka, diceva che si sta cucendo un pigiamino p
er le nozze. E se ne andava e dalla fogna come un enorme geyser sgorgava e risuon
ava gioioso e batteva sulle pareti e si sollevava in alto verso il cielo l urlo de
llo zio: Cosa, quel vecchiaccia? Cammina come se ci ha una poppa tra gambe, e io
dovrei sposarmi con quel coso? Io, quello che miete successi con le primarie bel
lezze?. E la voce dello zio era cos penetrante che attraversava il frutteto della
fabbrica di birra e volava fino a noi, arrivava fin a pap entrando dalla finestra
aperta dell ufficio, e il signor caposquadra correva, ancora in corsa apriva il t
accuino e poi si inginocchiava sulla puzza della fogna gridava verso il basso: Si
gnor Jozef, non pensi che su fratello abbia alcun potere Sugli operai qui decido
io! Si dedichi immediatamente al lavoro e non perda tempo in chiacchiere!. Fu qua
ndo arriv il tempo del taglio del ghiaccio che il signor caposquadra mise lo zio
Pepin al lavoro pi duro. Era ancora buio quando gli operai addetti cominciavano a
tagliare dalla superficie del fiume i lastroni di ghiaccio, delle lunghe strisc
e di ghiaccio che poi presso la riva un operaio divideva in lastre e in ogni las
tra ritagliava un occhiello e all occhiello si agganciavano gli operai sulla riva,
e poi in due coi ganci tiravano a riva le lastre di ghiaccio, e poi, sempre in
due, coi guanti viola gli operai prendevano le lastre e le lanciavano sui carri
e, dato che il ghiaccio si pesava, ogni contadino voleva avere un carico pesante
, cos con altre lastre di ghiaccio rialzavano le sponde e le fiancate dei carri,
e i carichi di ghiaccio lucente splendevano iridati nel rosso sole gelato del ma
ttino e i cavalli cominciavano a tirare, la pelle sulle cosce posteriori gli si
raggrinziva, ogni volta era come se le gambe gli si spezzassero, come se cadesse
ro in ginocchio, i loro ferri taglienti si conficcavano nella riva ghiacciata, s
otto gli zoccoli il ghiaccio si frantumava e le sale di ferro si incollavano e o
gni carico cigolava e gemeva, ogni ruota era come una pompa male oliata, e cos un
o dopo l altro, come le sfere sul quadrante, i carri si muovevano verso la pesa de
lla fabbrica di birra e poi ancora avanti, a volte c erano tre, quattro carichi fe
rmi davanti alle macine del ghiaccio, ai frantumatori del ghiaccio, che le tazze
dell elevatore, passando per il vano di corsa del montacarichi, sollevavano fin s
otto il tetto della ghiacciaia alta sei piani, l vuotavano il contenuto della lor
o tasca e tornavano indietro sul nastro trasportatore. Nel pomeriggio dal fiume
si levava il suono del grammofono, su un tavolo bolliva il punch e bambini e stu
denti pattinavano e io soltanto avevo paura, io soltanto vedevo il lavoro sul fi
ume ghiacciato, io soltanto vedevo i cavalli stanchi con la criniera e le code f
iorite e intrecciate di brina, io soltanto vedevo e vivevo la gravezza del ghiac
cio che veniva sollevato, vedevo caricare sui carri l intera superficie del fiume,
una catena di lavoro spaventoso, durante il quale non c era dove scaldarsi o, se
pure, solo nella capanna attaccata alla parete della ghiacciaia, dove sopra la s
tufa infuocata erano sempre protese alcune paia mani intirizzite E dal frantumato
re si levavano sonori il canto e le urla dello zio, le sue grida allegre, irose,
solo le bizze dello zio Pepin riuscivano a scaldare gli operai e, soprattutto,
riuscivano a fargli venire voglia lavorare Lo zio stava in piedi vicino al frantu
matore con un gancio, e quando arriv un carico, si mise a gridare: Un soldato aust
riaco sempre vincitore, vince sempre e dovunque!. E prese il piccone e con due co
lpi sganci il fermo della fiancata, che si apr, e il ghiaccio si vers nella macina
e la macina golosa con gran gusto frantumava quel ghiaccio trasparente e lattigi
noso, e lo zio Pepin prese il gancio e si pieg e, come Don Chisciotte che ingaggi
a battaglia contro i mulini a vento, conquist la posizione alla baionetta e cacci
uno strillo e l operaio dall altra parte assunse pure lui una posizione ridicola e l
o zio comand: Einfacher Stoss! Vorwrts! . E attacc le lastre incastrate, e gridava stri
lava e distribuiva colpi, e il ghiaccio si versava nella macina, varie volte dov
ettero tenere lo zio abbracciandolo con tutte e due le braccia, perch non sgobbas
se tanto, perch non si ammazzasse di fatica, a bracciavano lo zio amorevolmente,
dei giganti a cui arrivava a mala pena alla spalla ma lo zio Pepin non si arrende
va, gridava: Un soldato austriaco deve solo e soltanto vincere!. E si mise a lotta
re con il cocchiere, un gigante, anche gli altri cocchieri accorsero e risero fi
no alle lacrime, perch lo zio Pepin aveva steso il cocchiere che rideva, lo aveva
schienato e gridava agli altri: Cos Fristensky batt il negro e io cos stendo chiunqu
e!. E minacciava agitando il pugno viola sopra il naso rosso di quell orso, ma il r
umore della macina vuota richiam lo zio e gli operai, bisognava tirare gi gli ulti
mi resti del carico, e quando l elevatore a tazze ebbe portato su gli ultimi resti
di ghiaccio e li ebbe versati nella ghiacciaia, in un certo senso respir anche l
ui, allegramente a vuoto, con battiti regolari si rilass, si ripos anche lui A volt
e il ghiaccio era tanto duro che la macina non riusciva ad attaccarlo, gli opera
i dovevano spezzarlo con le mazze, con i ganci e con i pali, bisognava per fare a
ttenzione che la macchina non prendesse anche gli attrezzi, che poi frantumava e
non solo, spezzava anche i manici e li scagliava verso l alto, mandandoli a confi
ccarsi nel soffitto del sottotetto. E lo zio non aveva paura, lottava per qualsi
asi manico di qualche cosa, mentre gli altri cadevano a terra e si allontanavano
di corsa per ripararsi dietro le travi, lo zio rideva e gridava e urlava di gio
ia: Un soldato austriaco vince su tutti i fronti anche in tempo di pace!. E l aiutan
te url: Se solo Zaninka potesse vedere!. E lo zio urlava: Cosa potesse vedere, che c
osa blatera, imbecille! Quella vecchiaccia non sa neanche ballare il tango. E in
disparte se ne stava inosservato il signor caposquadra, si avvicin e sorrise e di
sse: Zaninka guarda caso il tango lo sa ballare eccome, sapete?. Cos disse, e si vo
lt verso i tagliatori e gli operai, poi verso lo zio, ma lo zietto Pepin divenne
silenzioso e disse piano: Che cosa te ne frega, e cominci a fare pulizia intorno al
frantumatore, si era inginocchiato e prendeva il ghiaccio frantumato coi guanti
viola, e gli operai, come se avessero capito dopo un momento, si inginocchiaron
o accanto allo zio e si misero a gettare i pezzettini di ghiaccio nel montacaric
hi e i cocchieri si allontanarono verso i loro carri e il signor caposquadra rim
ase l da solo, il sorriso gli si gel in faccia e prefer far finta di non capire que
llo che era appena successo, tir fuori il taccuino, ci scrisse qualcosa, e gli op
erai erano pi silenziosi, come con lo sguardo fisso sul fuoco guardavano il frant
umatore che girava, finch il signor caposquadra cap e se ne and, infil il cancello d
ella fabbrica di birra, perch da tempo ormai gli operai non lo consideravano pi un
o di loro. Ah, com erano diverse le arrabbiature che sapeva prendersi il nonno! Al
lora, durante le vacanze ero seduto col nonno in giardino e il nonno voleva acce
ndersi il sigaro e, dato che c era vento, il nonno cominci ad arrabbiarsi e a impre
care contro il vento, che gli spegneva i fiammiferi uno dopo l altro, finch gli spe
nse anche l ultimo. E il nonnino chiamava: Nanynka, portatemi fiammiferi, capito?. M
a nessuno portava i fiammiferi e il nonno url: Nana, i fiammiferi!. E rimase in asc
olto, ma i fiammiferi non li portava nessuno e allora il nonno grid: Nanka, per la
miseria, che fate con questi fiammiferi?. E si teneva alla poltrona di vimini la
nciava occhiate alle finestre aperte dietro di lui, da cui uscivano le tende gon
fiandosi. E io dissi: Nonnino, vado io a prenderli!. E il nonno urlava: Per lamiser
iaporcomondoeporcaputtana, ragazze, possibile che non mi portate i fiammiferi?. A
llora corsi in casa e la nonna e la serva stavano correndo da una finestra all alt
ra e non riuscivano a srotolarsi dalle tende e attraverso la finestra aperta arr
ivavano le urla del nonno: Puttane, dove sono i fiammiferi?. E io presi i fiammife
ri alla nonna e feci finta di mettermi a correre, ma mi fermai nel corridoio ad
ascoltare il nonno che sbraitava e sbatteva non solo la poltrona, ma anche il ta
volino e urlava Puttane, io vi ammazzo tutte quante, dove sono sti fiammiferi?. E l
a nonna e la serva Anicka stavano gi tirando fuori dalla legnaia un vecchio armad
io e diedero l accetta al nonno e il nonno in due minuti spacc tutto l armadio e poi
si accasci nella poltrona e io gli diedi i fiammiferi, ma il nonno non li voleva
pi, rimase per un po a riposarsi, come se fosse stato reduce da una terribile lott
a, come nel film, quando il marito viene a sapere che la moglie lo tradisce, e i
ntanto la nonna e la serva mettevano nel cesto per la stipa le schegge dell armadi
o e portavano nella legnaia i pezzi pi grossi, il nonno guardava fisso davanti a
s con espressione terribile e roteava gli occhi, ma un quarto d ora dopo ritorn in s,
rise, si scosse ed era di nuovo allegro e giocherellone. La mamma mi raccontava
che a suo padre piaceva arrabbiarsi come a questo mio nonno, e io pensavo che f
osse una cosa usuale in passato, ma lui si arrabbiava volentieri anche adesso ch
e era gi in pensione. Prima che andassi via, alla fine delle vacanze, mi port alla
giostra, mi compr tutto quello che volevo, tanto che mi sentii male, ma mentre t
ornavamo, il fatto che la nonna aveva messo le tende ad asciugare in giardino su
dei lunghi pali, le quattro stagioni dell anno e i dodici mesi erano ricamati su
quelle grandi tende, che la nonna aveva fatto lei stessa all uncinetto, e quando m
i svegliavo guardavo la finestra e leggevo quelle tende come un libro illustrato
a fisarmonica o un libro con le figure, insomma il nonno mentre passavamo si im
pigli i pantaloni a un chiodo dei pali su cui le tende erano stese al sole e se l
i strapp un pochino e subito il sorriso sul volto gli si rovesci, come nella pagina
per i pi piccini del Piccolo lettore, se girate verso l alto la faccia che ride la s
tessa testa diventa una faccia che piange, e cos, come se il nonno si fosse strap
pato non i pantaloni, ma l anima, la risata in cui eravamo stati tutto il pomerigg
io lo abbandon e il nonno tir col dito nel buchino e lo allarg, forse perch cos potev
a gridare e arrabbiarsi: Chi ce li ha ficcati apposta qui sti chiodi? Chi? urlava r
ivolto alle finestre aperte della casa. Dov Anka? Nanynka, dove siete? urlava, ma le
tende sventolavano e la casa era silenziosa. Dunque cos che fate, chi quella putt
ana che ce l ha messi? Confessate, o non confessate?. Nonnino faccio io, vado a vedere
dov la nonna . Ed entrai nella casa e da dietro le tende mi misi a guardare il giard
ino, e nonno stava l in piedi e guardava le finestre, le fissava pieno di rabbia,
come se fossero state occhi, e urlava e pestava i piedi: Quindi voi fate cos? Non
vi fate vive Puttane, questi sono pantaloni nuovi! Venite a cucirmeli, di corsa
!. Ma in casa nessuno si mosse, c era silenzio, le tende sventolavano e il nonnino
splendeva nei fiori vicino al prato verde su cui si asciugavano le tende splende
nti, erano stese ad asciugare imbevute di amido con le quattro stagioni dell anno
e i dodici mesi, tutte le figurine erano figure di angioletti, anche in inverno
gli angeli avevano le alucce, come li aveva ricamati la nonna per il corredo qua
ndo era giovane. Allora voi fate cos grid il nonno, e salt sopra le tende pestandole
e le tende si strapparono dalla cornice e dai chiodi e il nonno si avvolgeva gli
angioletti sulle scarpe e ci si rigirava dentro e, siccome avevano almeno mezzo
secolo, le tende si strapparono, sentii lo strappo e il rumore, e anche questo
fu poco per il nonno, quando si strapp via dalle tende, per l ultima volta chiam e g
rid ancora: Anka, prendete il filo, Nanyna, puttane, portate il filo, riparatemi q
uesti pantaloni!. Ma la casa era silenziosa e il nonno infil il dito e poi tutta l
a mano nella fessura e si strapp i pantaloni fino a sotto e si chin e prese la gam
ba sana e mentre la strappava cadde, tanto la stoffa era forte, ma per terra si
spogli rimanendo in mutande e poi strapp i pantaloni ormai senza ostacoli e poi si
mise a saltarci sopra e a pestarli, ma anche questo era poco per lui, li port di
corsa nella lavanderia, li ficc sotto la caldaia, ma anche questo per lui era po
co, prese i fiammiferi dalla caldaia e accese e diede fuoco ai pantaloni e in que
l momento arrivarono la serva e la nonna e si disperarono e posarono il cesto co
n i panni stirati e per prima cosa tirarono fuori un armadio e il nonnino lo but
t per terra con le mani e sfasci quel vecchio armadio con le mani e col peso del c
orpo e poi con l accetta spacc le ante e la nonna tir fuori da sotto la caldaia i pa
ntaloni che bruciavano e corse fuori e tolse dalle tasche i documenti e la borsa
con i soldi, perch il nonno quando aveva un dispiacere era terribilmente sensibi
le, ma quando ritornava in s era di nuovo il pi caro nonnino del mondo e scaricava
tutta la colpa sulla razza, diceva: Gli slavi sono spaventosamente sensibili. E c
os stavo l con i pattini a tracolla, le lampadine erano gi accese, si sentivano i t
reni in lontananza e gli operai addetti al taglio del ghiaccio dicevano che entr
o due giorni sarebbe arrivato il disgelo, e io guardavo arrivare dal buio i cari
chi di ghiaccio, sembravano i Tatra quegli iceberg caricati di traverso sui carr
i, i cocchieri e gli operai erano avvolti nelle coperte e ai piedi avevano dei s
acchi zuppi legati con delle corde, alcuni agitavano le braccia e i guanti viola
erano come pesanti ali di uccelli che non potranno mai alzarsi in volo, dunque
agitavano almeno le braccia per riscaldarsi e lo zio Pepin gridava e cantava In r
iva al lago gorgheggia un usignolo , e attaccava col gancio i lastroni che dalle f
iancate dei carri opponevano resistenza, come San Giorgio con la lancia lottava
contro il drago di ghiaccio, dal fiume arrivava la musica del grammofono e nella
luce delle lampadine colorate coppie di studenti e studentesse ballavano e si p
oteva vedere il vapore uscire dalla pentola sotto la luce della lampadina, dalla
pentola da cui venivano tolti mestoli d acqua bollente e si faceva il punch caldo
e io guardavo lo zio, che da noi non veniva pi perch aveva fatto di nuovo la sua
rivolta, e io ero infelice, gli portavo il pane imburrato con la scusa che lo im
burravo per me, non sopportavo pi di vedere che lo zio Pepin, dopo aver speso in
due giorni tutta la paga con le signorine, gi il mercoled prendeva il pane vecchio
alle galline e mangiava con loro le patate. Quando mi ricordai che dovevo andar
e a casa non ebbi voglia, preferivo starmene l, in un angolino in penombra, nel l
ibro di lettura avevamo la figure dell Orfanello, me ne stavo l cos e non avevo vogl
ia di andare a casa, anche se a casa avevo tutto e il caldo e grammofono, di cer
to l c era di nuovo la compagnia di bella gente, la gente della citt, che la sera si
scambia visite e conversa di teatro e di cultura e beve birra, era gi successo t
re volte che la mamma il giorno successivo, dopo che i nostri ospiti avevano bev
uto tre casse d birra, lei la mattina dopo aveva bestemmiato perch qualcuno degli
ospiti aveva confuso il gabinetto con la dispensa e invece che nella tazza del
water aveva pisciato nel secchio dello strutto E la mamma la mattina aveva fatto
scolare il liquido, e la sera, quando arriv la compagnia, vidi che aveva portato
il secchio e offriva agli ospiti il coltello e il pane fresco e li pregava di sp
almarsi il pane con lo strutto, quanto ne volevano e gli ospiti si spalmavano il
pane e lo assaggiavano e dicevano: Altroch, questo s che strutto, si riconosce il m
angime della fabbrica di birra . E io li guardavo come la mamma e la mamma gli avev
a solamente restituito quello che loro le avevano fatto, ma io glielo auguravo,
ai nostri ospiti, perch mi erano tutti antipatici, erano troppo perfetti, tanto c
he mi facevano venire i complessi e non sapevo cosa gli dovevo dire, e diventavo
rosso e tacevo e nessuno riusciva a tirarmi fuori una parola. Mi facevano rider
e, i nostri ospiti, adesso che guardavo camminare intorno a me una dozzina e pi d
i pesanti scarpe bagnate, avvolte nei sacchi e legate con le corde, e vedevo tut
ti i nostri ospiti l da noi dall altra parte del frutteto, vicinissimi, che in quel
lo stesso istante avevano scarpette su misura, adesso per gli uomini era addirit
tura di moda avere il piede piccolo, spesso vedevo i nostri ospiti che, dopo ave
r camminato lungo il fiume attraverso i campi per il tratto che ci separa dalla
citt, si appoggiavano al muro della fabbrica di birra, alzavano la gamba e si chi
navano e cercavano di riattivare la circolazione e si massaggiavano le scarpine
e le dita, che gli facevano male solo perch avevano le scarpe di un numero pi picc
ole, ma erano eleganti E dissi allo zietto: Zio, tornate da noi . Ma lo zio fece un g
esto con la mano: Il lavoro viene prima di tutto, ma poi cosa te ne frega!. E most
rava come si agganciano i fermi in modo impeccabile, e come il suo braccio con e
nergia incrollabile, quasi fosse stato ubriaco, lavorava col gancio e faceva sce
ndere le lastre di ghiaccio nella macina. E attraversai il cancello aperto, le l
ampade agli angoli erano accese, dal fiume tirava il vento profumato che portava
il disgelo, i treni in lontananza sferragliavano era come se passassero proprio
accanto al muro della fabbrica di birra E vicino alla malteria il vento si alz co
me sempre, mi soffiava forte nella schiena, dovetti sdraiarmici sopra, se mi fos
si piegato in avanti solo un po di pi avrei volato e incespicato, sarei caduto, ta
nto era forte il vento in quel punto, adesso mi soffiava vicino alle orecchie e
mi prendeva i pattini che avevo a tracolla, me li scostava di dosso ma dopo alcun
i metri il vento cess di colpo e i pattini si scontrarono rumorosamente e io vidi
le finestre illuminate delle case assegnate ai dipendenti, gettai un occhiata in
cucina, ma vicino alla stufa della cucina c era pap, assorto, beveva il caff lentame
nte e con espressione assente, vidi che i fornelli erano pieni di tegamini e pen
tolini, poi arriv il signor direttore della scuola e rideva e la mamma era in pie
di sulla porta che conduceva nelle stanze e rideva anche lei, e poi vidi che sul
tavolo c erano degli straccetti tagliati a forma di quadrati, la mamma e il signo
r direttore della scuola li prendevano al centro e li scuotevano e poi li legava
no con dei fili e li immergevano nei pentolini sulla cucina, poi dall altra stanza
vennero anche il signor consigliere del tribunale e il signor farmacista ed era
no tutti di buon umore, anche pap sorrideva, e poi gli diedero gli straccetti e p
ap li stringeva, si divertivano tutti enormemente in quel lavorio, e io non riusc
ivo a spiegarmi che scopo avesse tutto ci. Cosa ne faranno? E poi lo vidi. la mam
ma scioglieva le cordicelle e i fili e quando li spiegava gli straccetti erano b
elli come l ala di una farfalla, come un occhio di pavone, su ogni straccetto giocav
ano colori metallici, blu e verdi e neri e i nostri ospiti portavano i fazzoletti
di batista nell altra stanza dove non arrivavo a vedere e allora feci il giro dell
e case dei dipendenti passando silenziosamente per il giardino, sentivo che i mo
ntacarichi della ghiacciaia stavano frantumando un altro carico di ghiaccio, le
luci delle lampadine sistemate lungo la ghiacciaia verso l alto tagliavano violent
emente gli spigoli delle travature di quell edificio, era come se l dietro, dietro
la fabbrica di birra, ci fosse un incendio, era come un quadro sacro del giudizio
universale, le lampadine mandavano nella notte un segno di sventura che ardeva d
i zolfo e di mercurio, tanto che i contorni della fabbrica di birra e le ombre m
i sembravano verdi dalla finestra invece vedevo dentro casa nostra, su lunghe cor
de erano stese ad asciugare centinaia di fazzoletti di batista, e la mamma e gli
ospiti ne portavano continuamente degli altri dalla cucina, era una cosa meravi
gliosa quello che vedevo accadere in casa nostra, avevo voglia di entrare ad aiu
tare, ma quando mi ricordai dello zio Pepin avvolto nelle sciarpe e con le scarp
e avvolte nei sacchi e nelle corde e degli altri operai che tagliavano il ghiacc
io, cominciai a sorridere con amarezza, era come se stessi cominciando a intuire
l esistenza di due mondi completamente differenti, ci che vedevo l e ci che vedevo q
ui, tremai per quella percezione di un mondo differente, di un mondo diviso in d
ue parti come il mantello di S. Martino diviso dalla sciabola, due parti che mal
grado ci continuano a esistere l una accanto all altra, come i fazzolettini di batist
a, che il signor direttore della scuola stava stirando dopo essersi messo il gre
mbiule della mamma, e le scarpe e i vestiti zuppi l dietro la fabbrica di birra,
dietro la ghiacciaia, da cui il nastro a tazze continuava a portare verso l alto i
l suono del ghiaccio frantumato e la luce delle lampadine appesa nel livido ciel
o buio. E la mamma aveva avviato la macchina da cucire schiacciando il pedale e
aveva misurato i pantaloni a pap, mentre gli prendeva la misura al cavallo gli os
piti strillavano eccitati e si soffocavano dal ridere, solo pap era serio e si ve
rgognava e la mamma metteva i fazzoletti di batista asciutti e stirati uno accant
o all altro e la macchina da cucire cigolava e gli ospiti osservavano e chiacchier
avano, e ridevano e bevevano birra, e la mamma dopo un po pestando sul pedale del
la macchina da cucire cigol fuori un bel paio di pantaloni, e poi prese a pap la m
isura dell altezza, del torace e delle braccia e continu a cucire e cucire, e il si
gnor direttore, seduto su una sedia, con ago veloce cuciva le maniche al corpo e
attaccava dei pompon al posto dei bottoni, delle specie di bacche nere, e dopo
un ora pap and a cambiarsi e quando torn era Arlecchino, gli diedero anche un berrett
o nero aderente con una lunga piuma di struzzo, la mamma gli infil le scarpe nere
nuove di vernice con lo stesso pompon invece della fibbia e ritagli anche un qua
dratino di nastro nero e lo attacc a pap sulla guancia e lo incipri di cipria bianc
a fino a farlo tossire e tutti si meravigliavano, anch io ero stupito, perch pap non
era semplicemente bello, era il pi bello di tutti gli uomini, eppure lui continua
va a immaginarsi brutto, una specie schiavetto dell infinito. E il direttore della
scuola e consigliere del tribunale portarono lo specchio ovale dalla camera da
letto e quando pap si guard me ne accorsi, mi sembrava di vedere me stesso, come m
e pap in se stesso non ci credeva, come pap io avevo paura di guardarmi allo specc
hio, ma adesso pap doveva vedere, e infatti vedeva, si guard a lungo, poi alz un, m
ano, forse non ci credeva che era proprio lui, io facevo il tifo per lui l fuori
dalla finestra, adesso guardati per bene, pap! E guarda gli altri nostri ospiti!
E papi si mise in una posizione da vero Arlecchino e rise di una risata sana, pe
r la prima volta, bench fosse vestito come un buffone da circo, riconobbe se stes
so, si ritrov. E sollev la gamba con la scarpa elegante di vernice e la mise sullo
sgabello, si appoggi col gomito al ginocchio piegato, pos il viso nel palmo della
mano, faceva il personaggio malinconico di Arlecchino, I milioni di Arlecchino E l
a mamma dal corridoio port un secchio e lo mise sul tappeto sotto la bocca di pap
come al ballo, quando ad Arlecchino viene da vomitare si sente cos male vedevo e c
apivo ogni cosa e vedevo la compagnia a casa nostra continuare a stirare e contin
uare a cucire, e la macchina da cucire continuava a cigolare, mentre adesso diet
ro la ghiacciaia l elevatore a tazze cigolava a vuoto, ormai non veniva pi portata
su nemmeno una scheggia di ghiaccio, adesso solo la macchina da cucire allegrame
nte sbatteva le cinghie e sfregava gli ingranaggi e io mi sentii sollevato, il se
nso di oppressione spar, ero riuscito a sentirmi tanto in sintonia con la macchin
a che ero stato lei per tutto il pomeriggio di oggi, ma poi le luci si spensero e
le cinghie si raffreddarono e il signor Vantko, il guardiano notturno, imbracci i
l fucile messicano e tolse la sicura al revolver, erano armi che non potevano sp
arare, e con il suo cagnolino si addentr lentamente tra gli alberi, per tutta la
notte avrebbe sorvegliato terrorizzato le cinghie vere, perch quelle costavano ci
nquantamila corone e Vantko aveva sottoscritto a pap che le avrebbe dovute ripagar
e. Poi all angolo della malteria comparve il berretto bianco da ufficiale di marin
a dello zio, come quello che portava il vecchio Hans Albers, lo zio lo teneva co
n tutte e due le mani contendendolo al vento, alla fine riusc a trasportare il su
o berretto in un punto riparato, vidi lo zio saltare il cancelletto e correre vi
a, per fare ancora in tempo a trovare le belle signorine di Zofn e a ballare con
loro e a regalare loro gli ultimi due biglietti da dieci corone che sabato si er
a messo nelle scarpe, perch le ragazze domenica non glieli prendessero. E poi sci
volai in casa, aspettai un po in silenzio sulla porta e mi svestii e mi misi a le
tto, nessuno mi cercava, e poi, come esaudendo un mio desiderio, le porte si apr
irono da sole e io di sotto al piumino e dal buio guardavo la fila illuminata de
lle stanze e vedevo che col passare delle ore sotto le dita della mia mamma scor
revano fuori dalla macchina per cucire altri pantaloni di batista e maniche e lu
nghe giacche, vedevo abili mani maschili attaccare infaticabili i pompon neri, e
continuamente altre casse di birra e una stanchezza incrollabile e. verso mezzan
otte vidi che l entusiasmo della compagnia non accennava a diminuire, per arrivare
al culmine E io ero vecchio, io ebbi all improvviso la sensazione di essere vecchi
ssimo, pi vecchio della compagnia della mia mamma, loro erano dei bambini che cuc
ivano i vestitini alle bambole . ma quando la compagnia si vest con i costumi da Ar
lecchino e tutti si furono messi i berretti neri attillati e le piume e si furon
o rimirati a sufficienza negli specchi e negli specchi degli occhi degli altri,
e quando ormai non trovavano pi parole per lodarsi, dicendosi l un l altro come gli s
tava bene il costume, e quei vestiti stavano davvero bene a tutti, il signor dir
ettore della scuola batt le mani e diede l ordine e la compagnia si mise le mascher
e nere sul viso e, dopo che si furono incipriati, il direttore della scuola dich
iar iniziate le prove della scena di mezzanotte degli Arlecchini per il ballo in
maschera del Sokol.
6.
Dopo che lo zio Pepin fu dimagrito di cinque chili, dopo che lo zietto ebbe smes
so di farsi il bagno, e, semmai, una settimana si lavava una mano e la settimana
successiva un piede e la terza settimana l altra mano e la quarta il piede rimane
nte, dopo una settimana poi lavava il collo e dopo un altra ancora il torace, quan
do, dunque, cominci a essere fisicamente malridotto, sfumarono in lui la rivolta
e la rivoluzione. Ritorn da noi mortificato, in segno di umilt portava il berretto
da ufficiale di marina in un sacchetto di carta trasparente and a sedersi in cuc
ina come faceva tre mesi prima. E la mamma gli diede solo la salsa al cren con i
knedlki e lo zio la mangi avidamente e nelle pause gridava con la bocca piena: Roba
cos la mangia solo l arcivescovo!. E quando poi la mamma riscald i knedlky coi crauti d
l pranzo del giorno prima, l entusiasmo e le lodi dello zio Pepin non finivano pi,
prima di passare direttamente alla pentola grid: Questo era il cibo pi caro al defu
nto imperatore Cecco Beppe!. E poi baci la mano alla mamma e le stamp sul dorso del
la manina la salsa al cren e un po di crauti e disse che la mamma funzionava prop
rio come la baronessa Schratt, l amante dell imperatore, altrimenti attrice e a quel
tempo la pi bella donna non solo di Vienna, ma di tutta l Austria, compresa la Tra
nsilvania, dove c erano le pi belle puttane di tutta la Cisleitania. E poi preg pap d
i tenergli di nuovo i conti e di dargli quello che gli serviva ogni giorno per l
e spese e per le sigarette e per il bucato e per l organizzazione. E pap, vedendo s
uo fratello cos sottomesso, pianse e disse: Sai cosa, Pepin? Ti insegner a smontare
la Skoda quattrocentotrenta!. Lo zio Pepin disse: Bisogna poi vedere se ci ho tal
ento criminale, come forzare la cassaforte con una chiave inglese. Ma pap disse ch
e con la buona volont si impara tutto, e aggiunse: E dove sta scritto che devi rim
anere per tutta la vita maltatore e operaio? Infatti puoi diventare autista, abb
iamo venduto i cavalli e ora abbiamo due camion!. E quello che aveva detto era ve
ro, anche la mamma rimase assorta, Bubik, l enorme castrato, l avevano rapato a zero
volte quando era ubriaca si spogliava completamente e non si rendeva conto delle
sue azioni, e i vicini le versavano addosso dell acqua e, se non bastava, anche i
l piscio delle bestie. E il signor Burtek, accosciato, pregava pap: Signor amminist
ratore, ormai la cosa grida vendetta al cielo, per favore, verso sera si fermi d
a noi e convinca mia moglie a smettere di bere, capisce? diceva malinconico il si
gnor Burtek. Io vado a rimettermi alle terme di Houst ka, passegger nel colonnato, no
n sar a casa stasera, per misericordia, la convinca . Si accese il sigaro e si alz le
ntamente e con fatica, perch gli facevano male le gambe, come a tutti i macellai
della sua et. E si guardava intorno, pap come una tartaruga che spunta dal guscio
aveva solo la testa che sporgeva da sotto il telaio della Skoda, vicino a lui sb
uc anche lo zio Pepin e il signor Burtek si guardava intorno e prima che pap potess
e impedirlo si mise a sedere nella coppa dell olio, comodamente e con soddisfazion
e accavall i pantaloni bianchi, si accese il sigaro e guardando pap insisteva: E po
i siamo amici, per due volte ho smontato con lei l Orion per due giorni, mia mogli
e ha imparato a bere per colpa sua, perch ha pensato che per due giorni me ne sia
stato da qualche parte a giocare a Frbel , che me ne sia andato a donne per due gio
rni, e noi intanto stavamo smontando E un po anche colpa sua se lei si messa a ber
e, e se la convince, a un intellettuale dar retta, allora smonter con lei anche qu
esta macchina . E pap, quando vide la faccia implorante del macellaio, quando vide c
he l olio imbeveva i calzoni e il macellaio continuava a stare seduto in posa volu
ttuosa nella coppa dell olio come in poltrona, quella coppa gli stava addirittura
a pennello, sembrava fatta su misura, pap disse: Stia tranquillo, buon uomo, gli p
rometto, far un salto da voi, tenter E si ficc sotto la macchina e lo zio strisci diet
ro di lui, preferiva stare sdraiati negli immensi laghi d olio sotto la macchina e
limitarsi a guardare dalla penombra, come sotto un tettuccio o da sotto il capp
ello calato sugli occhi, il signor Burtek che si tocc il sedere, poi si port davant
i agli occhi la mano nera, poi lentamente si alz, prese il panno sulla chiappa, s
tacc i calzoni appiccicati, poi rimase in equilibrio su una gamba scuotendo 1 altra
, poi si volt, si chin e appoggi tutte e due le mani nella coppa, e guardava l olio c
hiudersi sul suo anello nuziale. Lo zio Pepin raccontava: Una volta viaggiavo con
una bella di Bruck e non ci staccavo gli occhi di dosso e lei imbarazzata prefe
riva leggere un romanzetto diventava rossa, di fronte a noi stava seduto un colo
nnello e leggeva il Prager Tagblatt , e io guardo e dall alto dal palchetto scorreva
lentamente una treccina, un rivoletto, un serpentello dorato, e il serpentello s
i appoggi sulle spalline del colonnello, ma il colonnello probabilmente stava leg
gendo la pagina umoristica, sorrideva, e il serpentello si allargava e continuav
a a scorrere sempre pi grosso, e io guardo ed era miele, scendeva dalla borsa rov
esciata della signorina che, quando se ne accorse, si avvolse nel cappotto facen
do finta di dormire e il colonnello all improvviso si gratt una spalla ci lasci le di
ta, poi salt su e poi arriv il controllore and a finire che altri due civili si rit
rovarono pure pieni di miele e io ci avevo ancora miele nei capelli quando sono
arrivato a casa, dove stavo andando in licenza Il signor Burtek si volt e minacci col
pugno la Skoda 430 e grid: Armagedon! Armagedon!. E poi gir l angolo della malteria,
per fare in tempo a prendere il treno per le terme di Houps ka, come aveva detto,
per una passeggiata, una passeggiata, s, ma andava da un suo amico che era pure m
acellaio, perch tutti e due erano membri dell associazione dei predicatori, quando
tagliava la gola ai maialini che stridevano dal dolore il signor Burtek sentiva i
n quei rantoli la voce di Dio, che lo colorava col sangue di maiale, e cos il sig
nor Burtek si mise a fare il predicatore ambulante, predicava la parola di Dio se
condo il Messaggero di Dio , secondo il programma e i libri che gli avevano mandato
dall America, e il compito del signor Burtek era predicare che sarebbe arrivata l ul
tima battaglia, Armagedon, e i macellai lo prendevano in giro, ma il signor Burte
k quando tornava dal mattatoio predicava l ultima battaglia e perci andava ogni sab
ato alle terme di Houst ka e con un amico si esercitavano nell attivit predicatoria e
saminandosi a vicenda. La settimana precedente per il signor Burtek aveva ricevuto
dall America un grammofono e dei dischi e sui dischi c era il messaggio di Dio in c
eco, bastava caricare il grammofono e mettere il disco con la voce che invocava
la preparazione dell ultima battaglia, Armagedon, che era sopraggiunta e il signor
Burtek, che andava in bicicletta, si era fatto rinforzare il portapacchi di dietr
o e ci aveva