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PUBBLICAZIONI DELL’ISTITUTO. NAZIONALE PER L’'ADDESTRAMENTO: ED IL PERFEZIONAMENTO DEI LAVORATORI DELL’INDUSTRIA- I,N.A.P.L.I. SERIE It N. 27 | ELEMENTI f° DI RADIOTECNICA 4 oe. ‘ IN. A. PLL, 1 Edizione 1960 PUBBLICAZIONI DELL'ISTITUTO NAZIONALE PER L'ADDESTRAMENTO EDILPERFEZIONAMENTO DEI LAVORATORI DELL’INDUSTRI, SERIE WN N. 27 ELEMENTI D1 RADIOTECNICA SUEUR REE nnn A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELL'ILN.A.P.L.I = VIA G. BAGLIV. 6 - ROMA i 1 INDICE CAPITOLO I. - RICHIAMI DI-ELETTROTECNICA GENERALE 1. Gli elettroni nei fenomeni elettrici oe ~ pag. 1 2. Correnti continue e correnti alternate. . . : > 2 8. Concetti di tensione, intensita e resistoenza. . . » 3 4. Conceni di energia ¢ potenza eletirica . . . oo. 3 5. Unita di misura e loro simboli . . . cd 4 6. Corpi condutori ed isolanti. . . . . . » 5 7, Resistenza specifica o resistivita: . =. 5.) oy OS 8. Calcolo della resistenza di un conduttore . . . » 3 9. Leggi eletiviche fondamentali. =... | ky G 10. De di corrente nei conduttori . . . > 7 H. Variazione della resistenza con la temperatura. . 3» = 8 12. Applicazione delle leggi elettriche enunciate. . . » 9 13. Effetti della corrente elewrica . . . oem 14. Strumenti elettrici di misura . . . . . » > 15. Misure di imiensitag di corrente —. . . . - » 1 16. Misure di tensione . . . . . . . - >» 11, Misure di resistenza . . . >» CAPITOLO II. - ELEMENT! CIRCUITALI W.Generlita |, png, 17 19. Resistori . . . . . see . » » 12 20, Resistenze in serie . + . . . . . >» 1 21. Resistenze in parallelo . . . rd . » 20 22, Resistenze in serie-parallelo , . . oe » 22 23. Potenza dissipabile in un resistore. . . . . » 2 24. Capacita e condensatori rr » 25 . . . . . . - » OT o di rottura . . . sem 2D 27, Condensatori in serie e in parallelo . ~ 2 wm OBL 28. Tipi di condensatori fissi e loro caratteristiche . » 38 29. Fenomeni d’induzione della corrente. Indutanza . oe 35 30. Induttori a mucleo di ferro . - 1 > 31. Flusso e induzione magnetica, Permeabilita | - + » 8 32. Intensita di campo megneticn. Forza marneto-motries, Rilutanza . . . oe 4h 33. Cireuito magnetico mito. |. lt! » 44 34. Indattanze in serie ed in parallelo, . . . » 50 35. Mutua induzione tra due circuiti : . » 51 36, Senso opposto delle correnti indotte - oe » 54 47. Coneetto di trasformatore : ee a 56 CAPITOLO TIT. — CORRENTI ALTERNATE 38, Generalita . . 39. Valore istantaneo e valore efficare . 40. Fase . : 41, Reattanza induttiva 42. Reattanza capacitiva . 43, Impedenza . 44. Resistenza equivalente in parallelo . 45, Cireniti oscillanti . 46. Costamti oscillatorie . 47. Sovratensione nei circuiti risonamti| 48. Q di un circuito risonante . 49. Fattore di potenza di un circuito reattivo 50. Trasformatori. Generalita . ‘ . . CAPITOLO IV. — RADIO ONDE - LORO PROPACAZIONE E RICEZIONE 51. Campo elettrico . 52, Campo elettromagnetic 53. Energia elettromagneti 54. Propagazione delle radio ‘onde 55, Captazione delle radio onde - - 56. Onde smorzate, onde continue ¢ modulate . 57. Ricezione delle radio onde CAPITOLO V. — TUBI ELETTRONICI 58. Generalita . . se 50. Emissione termoelettrica 60. Vari tipi di catedi 61. Corrente di placea 62. Uso dei diedi per la rettificazione aelia corrente ak ternata soe 63. Tubi a wre ‘elettrodi o triodi . . 64. Curve caratteristiche di un triedo . 65. Parametri di um tubo elettronico . . 66. Amplificazione rn '. Polarizzazione “ Cireniti di uscita di uno stadio " amplificatore 69. Amplifieatori di tensione e di potenza . 70. Collegamento di pia tubi in parallele o in ‘controfase Tl. Capacita imereletirodiche « dei tubi, Generalita 72. I tetrodo 73. IL pentedo - fol 74. Valvole ay variabile 5... 15. Tetrodi a fascio. . < toe 16. Valvole per scopi speciali : 17. Civewiti catodiet © ronzio negli amplificatori . pag. eeeyyveusese Pag. wvee eevee eye eee i Pea mem apenas cists aie iia or 78. Polarizzazione di griglia negli apparecchi a c. a. schermo . i. Generalita 82. Caratteristiche funsionali ai un oscillatore pag. 160 » 162 » 163 » 165 » 169 CAPITOLO VI. - LE PARTI DEL RADIORICEVITORE Lo stadio rivelatore. Generalita L’amplificatore di B.F. . Il riprodutiore elettroacustice . to TL wasformatore d'useita . ‘ . . . Classificazione degli amplificatori Lo stadio convertitore . « Lo stadio di media frequenze . Lo stadio di radio frequenza . super senza stadie F. I. super del tipo reflex Lo stadio alimentatore SS2SSENRREE pag. vewesesese CAPITOLO VII. — CIRCUITI DI RETTIFICAZIONE 94, Vari tipi di rettificatori 95, Limiti di levoro dei tubi rettificatori 96, Accorgimenti nell’use dei wubi rettifieatori 91. Filtri di livellamento 98. Tensione d'uscita di un rettifieatore munite di filtro . 99. Circuiti rettificatori particolari 100, Potenza assorbita nel trasformatore d'alimentazione 101. Corrente a vuoto di un trasformatore d’alimentazione , 102. Uso dei raddrizzatori metallici 2 ©. 103. Induttori per filtri di livellamento . . - 104, Risonanza in un filtro di livellamento . 108. Filtri a resistenza-capacita. =... 106. Divisori di tensione . See 107, Stabilizzatori di tensione . - oe 108. Stabilizzazione elewronica di tensione pag. weevvevuveyere CAPITOLO VIII. - IL RADIORICEVITORE COMPLETO 109. Ricevitos cristallo. =. 10. Ricevitor reazione . . 111. Riceviteri a stadi accordati su 1 R. ¥ : 112. Ricevitori supereterodina . 113. Mesa a punio della parte A. F. di un radioricevitore . CAPITOLO IX, - STRUMENTI DI LABORATORIO 114. Tl misuratore universale - . . . . . 15. Lo 116. L'oscillatore di bassa frequenza . - atore modulate =.» + ee pag. » » » » pag. » » 117. H misuratore d’uscita . . . . . . + pag. 317 118. I voltmetro a valvolh 2 1 we BD U9. MN eriddip se ee 8 120. Liosciloscopio © seem RT CAPITOLO X. ~ LA RIPARAZIONE DEL RADIORICEVITORE 121. Cause pitt comuni dei guasti. =... |. pag. 340 122. Come si effettua la ricerea del guasto . . . » 341 128. Origine di alcuni inconvenienti di natura reattiva’ . > 346 124. Come si prepara un preventive per una riparazione . » 347 CAPITOL NI. - PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI pag. 319 TABELLE CON LE CARATTERISTICHE DEI TUBL ELETTRONICI DI USO PIU COMUNE. NEF RADIO RICEVITORT i valvole amerieane - Serie miniatura. =; . =. pag. 359 ‘ole americane - Serie normale. . . - » 359 valvole enrapee Philips 2 ol on 350 TABELLE CON I COLLEGAMENTI ALLA BASE DEI TUBI ELETTRONICI DI uso PIU COMUNE NEI RADIO RICEVITORI Valvole americane - Serie miniatura ‘ . . . pag. 361 Valvole americane - Serie normale . : . se Vaivole eurapee Philips . . . . . : . » 361 VI PREMESSA La presente pubblicazione I.N.A.P.L.I. intende di of- frire in forma ordinata:e piana le nozioni essenziali che, insieme con i richiami dei principi elementari della elet. troteenica, facilitano la comprensione dei fenomeni domi- nanti negli apparecchi radioriceventi del commercio. Il proposito di conservare la trattazione in termini di estrema volgarizzazione presuppone tuttavia il possessa da parte del lavératore di una certa cultura generale iniziale di base nel campo della aritmetica, della geometria e della fisica, per Pavviamento ad un successivo piii approfondiso studio, confortato sempre dalla guida intelligente e com- petente di volenterosi Istruttori, possibilmente dotati di mezzi sperimentali adeguati. CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROTECNICA GENERALE Gli elettroni nei fenomeni elettrici. La fisica moderna é arrivata alla conclusione che la materia costituente i corpi non é un insieme omogeneo e compatto, ma é composta di piccolissimi granuli chiamati atomi. Ognuno di questi atomi é formato a sua volta da corpu- scoli elettrici appartenenti a due specie diverse: i protoni e gli elettroni, I primi sono elementi con carica positiva, in numero limitato e strettamente avvinti, e formano un insie- me chiamato nucleo. I secondi sono clementi con carica negativa, in numero pia © meno grande, e ruotano intorno al nucleo. Gli uni e gli altri sono vincolati tra loro da forze elettriche e for- mano un sistema equilibrato in tutto simile al sistema pla- netario nel quale i protoni occupano il posto del sole e gli elettroni quello dei pianeti. Tutti gli elettroni hanno la stessa carica elettrica e la stessa massa; cosi pure tutti i protoni. La massa di un elet- trone é pero circa 1800 volte pit piecola di quella di un protone. In un atomo neutro, cioé con cariche elettriche equi- librate, la carica complessiva degli elettroni é in valore assoluto pari a quella dei protoni. L'atomo di un corpo differisce dall’atomo di un al- tro corpo per il numero di elettroni ruotanti intorno al nucleo. Questo numero @ chiamato in chimica numero atomico. Nei fenomeni elettrici si considerano generalmente i soli elettroni perché questi, almeno in parte e cioé quelli pitt periferici, possono svincolarsi facilmente dalla mate- ria, Quando uno o piii elettroni si staecano dall’atomo, 1 Vequilibrio cessa e¢ cid che rimane assume segno positive (jene positive). Aggiungendo invece eletironi ad un atomo, esso assume segno negativo (jone negative). La carica positiva di un corpo é dunque dovuta a scar- sita in esso di elettroni e quella negativa ad abbondanza di questi. Per il fenomeno di repulsione o di attrazione tra ca- riehe elettriche rispettivamente uguali od opposte, accade che gli elettroni vengono respinti dalle cariche negative ed attratti da quelle positive. Appunto per tale motive, quan- do si applicano agli estremi di un conduttore due cariche elettriche opposte, si sviluppa “in esso una corrente, cioe uno spostamento di elettroni dall’uno all’aliro polo della sorgente, Questi elettroni si propagano nei corpi attraverso i vuoti intra-atomici che sono molto ampi in confronto alle minuscole dimensioni degli stessi elettroni e dei protoni. E facile concludere che in un conduttore gli elettroni si muovono nel senso che va dal negative al positive della sorgente, mentre una vecehia convenzione stabilisee che, la corrente elettrica sia considerata come un passaggio di ca- riche elettriche dal polo positive a quello negativo del ge- neratore, Cid non muta nulla agli effetti pratici essendovi analogia perfetta nei fenomeni relativi ai due casi. Correnti continue e correnti alternate. Una corrente elettrica che scorre sempre nello stesso senso, cioe é originata da una sorgente a polarita costanti, viene chiamata corrente continua. Se si collegano, ad esem- pio, i due poli di una pila alle estremita di un file metal- lico, avverra che in questo la corrente, secondo la conven- zione accennata, circola sempre dall’estremita collegata al morsetto positive della pila verso l’estremita collegata al morsetto negative, e mai viceversa. Il moto delle par- ticelle elettriche in un dato mezzo @ inoltre a velocita costante. Se gli elettroni si muovono invece in sensi successiva- mente inversi ed in quantita variabile nel tempo da un minimo ad un massimo, la corrente risultante prende il nome di corrente alternata. 2 Sorgenti di corrente continua sono le pile, gli aecu- mulatori e le dinamo: sono sorgenti di correnti alternate gli alternatori, che producono nelle central elettriche Tenergia utilizzata principalmente dalle industrie ed ali- mentano le applicazioni domestiche per azionare piceoli motori, aecendere lampade, riscaldare fornelli, eec. Concetti di tensione, intensita e resistenza. Una qualsiasi corrente elettrica ¢ caratterizzata da due termini essenziali che sono la tensione e J'intensita. Chiamasi tensione (simbolo V, oppure E) la differenza di potenziale elettrico esistente ai capi di un eonduttore connesso ad una determinata sorgente. Detta tensione, do- vuta alla sorgente stessa, obbliga gli elettroni a muoversi in maggiore o minore quantita a seconda dell’ostacolo che la materia di cui il conduttore é composto offre a questo moto. Tale ostacolo prende il nome di resistenza elettrica (simbolo R) del conduttore, La quantita di elettroni circolanti nell’unita di tempo attraverso una sezione del conduttore rappresenta |’inten- sita della ecorrente elettrica (simbolo I). Ne eonsegue che, a parita di condizioni, pii grande é la tensione applicata piii forte @ V’intensita della corrente sviluppata. Inoltre, a pariti di tensione, la intensita di corrente é tanto maggiore quanto minore é la resistenza del conduttore, Coneetti di energia ¢ potenza elettrica. Per energia s’intende la capacita a compiere del la- voro: per energia elettrica s'intende la capacita della cor- rente elettrica a produrre luce, calore, movimento ecc. Per potenza s’intende la quantita di lavore compiuto nell’unita di tempo, Similmente, in un cireuito elettrico, quando una differenza di potenziale mette in moto una certa quantita di elettricita vi é sviluppo di potenza. La potenza elettrica (simbolo P) si ottiene moltipli- cando il valore della tensione per quello dell’intensita. Mol- tiplicando la potenza per il tempo in cui essa si @ svilup- pata, si ha la misura dell’energia elettrica erogata. Unita di misura e loro simboli. L'unita di misura della tensione @ il volt, quello della ‘intensita di corrente l’ampere, quella della resistenza elet- trica 'ohm e quella della potenza elettrica il watt. L’ampere (simbolo A) é l’imtensita di quella corrente che trasporta 6,25 10% cariche elettriche negative, cioé elettroni, al minuto secondo. Questa quantita @ chi anche Coulomb. ° * Tiamata L’ohm (simbolo Q) é la resistenza offerta ad una cor- rente costante da una colonna di mercurio avente una se- zione uniforme di un mm? ed una lunghezza di 106,3 cm. (alla temperatura di 0°C). Il volt (simbolo V) & quella tensione che applicata ad un conduttore della resistenza di un ohm genera la cor- rente di un ampere. Il watt (simbolo W) é@ la potenza erogata al minuto secondo da una corrente costante di un ampere alla ten- sione costante di un volt. I multipli e sottomultipli particolarmente in uso di queste unita sono: Kv = Kilovolt = mille volt mV = millivolt = un millesimo di volt uV = microvolt = un milionesimo di volt mA = milliampere = un millesimo di ampere pA = microampere = un milionesimo di ampere Kw = chilowatt = mille watt KQ = chiloohm = mille ohm MQ = megaohm = un milione di ohm Per la misura dell’energia elettriea si hanno le se- guenti unita: J = joule = potenza di un watt che agi- sce per il tempo di un se- condo, Wh = wattorg = potenza di un watt che agi- sce per un’ora = 3600 joule, Kwh = chilowattora = mille wattora, Corpi conduttori ed isolanti. Finora si @ parlato genericamente di conduttori elet- trici. E ora il caso di precisare meglio. Qualunque corpo ¢ piti o meno atto a condurre cor: rente, In genere i corpi metallici si prestano pitt degli al- tri a questo scopo offrende, a causa della loro struttura, una resistenza minore al passaggio delle cariche elettriche. Essi vengono percid chiamati conduttori, Fra essi si distin- guono l’oro, l’argento, il rame e sue leghe, l'alluminio e Jo zinco, Altri corpi, invece, hanno caratteristiche oppo- ste e non si, lasciano attraversare dalla corrente. Questi ultimi, come ad esempio il legno, la carta, il marmo, la mica, la bachelite, il vetre e molte resine sin- tetiche, vengono chiamati isolanti. Resistenza specifica o resistivita, Si chiama resistenza specifica o resistivita (simbolo p) di un corpo, la resistenza in ohm che un solido prismatico dello stesso corpo avente la lunghezza di unm metro ¢ la se- zione di un mm? offre al passaggio di una corrente costante. Per esempio, dire che il rame elettrolitico ha una resisti- vita di 0,0175 significa che tale @ il valore della resistenza di un pezzo di filo di questo metallo avente le dimensioni di cui sopra. Per ottenere la resistenza di un ohm ci vo- gliono circa 57 m. dello stesso filo. Calcolo della resistenza di un conduttore. La resistenza di un conduttore a sezione uniforme di- pende daila sua resistivita; é direttamente proporzionale alla sua lunghezza ed @ inversamente proporzionale alla sua sezione. Cid si esprime mediante la formula: R R=pt da eni =F oppure sa ove R @ la resistenza in ohm, ¢ la sua resistivita, ? la sua lunghezza in metri, S la sua sezione in mm’. Esempio pratico: un filo di costantana (p = 0,5 Q m/mm?) lungo 70 m, e di sezione 0,7 mm? ha una resi- stenza: 0,5 x 70 = 500. 0,7 I R=p = Leggi elettriche fondamentali. Dal paragrafo 3 di questo capitolo é intuibile la legge di Ohm che si vuole qui ricordare; L’intensita di corrente in un circuito elettrico chiuso é direttamente proporzionale alla tensione applicata ed in- versamente proporzionale alla resistenza del circuito. Cié si esprime mediante la relazione: _v I= BR In ciascuma espressione conoscendo due termini si pud ricavare il terzo ineognito. Il concetto di resistenza di un conduttore implica che ci siano delle forze da vincere in esso perché la corrente possa attraversarlo. Tali forze sono vinte con un eonsumo di energia da parte della sorgente elettrica; la stessa ener- gia si trasforma poi in calore nel conduttore. Da cid trae origine la legge di Joule che si yuole qui ricordare: In un cireuito elettrico la dissipazione di energia per 10 calore é direttamente proporzionale al quadrato della cor- rente, alla resistenza del circuito ed al tempo. Esprimendo il tempo in secondi si ha l’energia in joule: da cui V=IR oppure r-¥, J=PRt. La dissipazione di potenza é: “ . P P P=I?R, da cui I =) oppure R = La quantita di calore prodotto, espressa in calorie &: q = 0,00024 RI? calorie al minuto secondo Q = 0,860 BI? eslorie all’ora, Dalla definizione di potenza elettrica del paragrafo 4 si rieava che la potenza prodotta od assorbita da una mac- china o apparecehio elettrico @ anche: P=ViI, da oi V= 7, oppure I =~ Combinando questa espressione con quella riassumente la legge di Ohm si arriva a determinare Ja potenza in funzione della resistenza del circuito e della tensione ap- plicata: 2 pax da cui V=1/PR, oppure a=T. E da osservare che tutte le formule sin qui citate val- gono per la corrente continua, ma si possono applicare an- che alla corrente alternata quando il carico @ puramente resistivo (carico ohmico), ossia quando il circuite di uti- lizzazione non contiene reattanze (vedi pial avanti, Cap. If, paragrafo 40). Inoltre, nelle applicazioni delle leggi enunciate, le gran- dezze di tensione, intensita e resistenza vanno espresse nelle unita di misura note e ciee, rispettivamente, in volt, am- pere ed ohm. Densita di corrente nei conduttori. Allo scopo di ridurre il riscaldamento dei conduttori elettrici entro limiti che salvaguardino V'integrita e la con- servazione dei loro rivestimenti isolanti, é opportuno. evi- tare che la corrente che li attraversa raggiunga valori troppo elevati in relazione alla loro sezione. Per linee molto lunghe di trasporto di energia elettrica vi @ un fat- tore che interviene a consigliare una bassa densita di cor- rente, ed é quello di limitare la caduta di tensione e la conseguente perdita di energia che si verifica lungo la linea per la resistenza chmica del conduttore. Per densité s*intende J’intensita di corrente che passa per ogni millimetro quadrato di sezione del conduttore. Tale densitd varie da caso a caso a seconda della tempe- ratura ambiente, del tipo di rivestimento, delle possibilita 7 ll di raffreddamento, ecc. La densita si esprime in ampere per millimetro quadrato (A/mm?). Variazione della resistenza con la temperatura, Si é detto che la corrente riscalda i conduttori. Que- sto riscaldamento fa variare in una certa misura la loro resistenza e precisamente la fa aumentare nei conduttori metallici. Chiamasi. coefficiente di temperatura (simbolo «) l’au- mento di resistenza che subisce un conduttore della resi- stenza di un chm per |’aumento della temperatura di un grado centigrado, Essendo la variazione di resistenza pro- porzionale alla variazione di temperatura, si pud serivere: R, = Ry + Ryoat —RBy(1 + at) in cui; Ry = resistenza alla temperatura di t® R, = resistenza alla temperatura di 0° % = coefficiente di temperatura del conduttore. Se invece di partire dalla temperatura zero si parte dalla temperatura t, per giungere alla temperatura t, si ha la seguente formula: RB, = B, [1 + @ (t,—t))] essendo R, ed R, le resistenze relative a t, e t,. TasEtta I - RESISTIVITA E COEFICIENTI DI TEMPERA- ‘TURA DI ALCUNI METALLI Reaistivita a 20° C in obm/mm?/m Argento... 0 0,0165 Rame elettrolitico . . 0,0175 0,0039 Bronzo fosforoso . 0,05 0,1 0,0039 Ottome 2 2 1 we 0,06 — 0,08 0100 Stagno . . 2. 0,115 10043 Zineo . 2 1... 0,061 0,0036 Ferro in fili oan 0,12 + 0,14 0,0045 Argentana 2... 0,85 + 0,40 7 Nighelcromo sone 0,9 11 0,0001 + 0,0002 Costantana 0.49 + 0,51 eirea 0 12 Applicazione delle leggi elettriche enunciate. a) Una pila a seceo da 4,5 volt alimenta una: lampa- dina che assorbe 0,2 A. Quale sara la resistenza (a caldo) della lampadina? 4, p oe = 22,50. v R=+= ° b b) Alla tensione di rete di 160 volt si applica una re- sistenza di riscaldamento che ha il valore di 80 Q. Qua- Ve Lintensita della corrente richiesta e quale la potenza erogata? 160 p — ¥? __ 160: — = 32 RB go ~ OW P=ER = 2? x 80=320W. c) In un circuito elettrico avente 30 Q di resistenza seorre una corrente di 0,6 A. Qual’é la tensione ai suoi eapi e quale la potenza assorbita? V=[R=0,6 x 30 = 18 volt. P =: [?R = 0,36 x 30 = 10,8 watt La potenmza é@ anche ricavabile moltiplicando la ten- sione per [’intensita: P=VI= 18 x 0,6 = 10,8 watt d) Una lampada elettrica ha una potenza di 60 W. Che ecorrente richiede e qual’é la sua resistenza (a caldo) se Ja tensione di rete é di 120 V? Quanto é l’importo corri- spondente all’energia consumata in: 100 ore se il prezzo unitario di questa é di 30 fire al Kwh? P 60 I=L= 5 Vv 120 Vv 120 ~ = 0,5 R=+=- BA I 0, costo = watt x ore prezzo di 1 Chilowatt-ora = == 2400 30 = 6 00 ——— = 180 li 0 x I T000 80 lire 2, — Blementi di radioteenica. 13 e) Una linea elettrica in rame, lunga 100 metri, ali- menta un carico di 5500 watt alla tensione di 220 volt. Quale potenza sara perduta nella linea con una densita di corrente di 5 A/mm?? Quale sara la tensione effettiva della sorgente? . & necessario anzitutto ricavare la corrente assorbita dal carico: r-2- 5500 _ on A Vv 220 La sezione del filo deve essere: = corrente da trasportare _ 25 5 mm? densitd’ ammessa 5 e il suo diametro: [4 20 25 mm D= 3 7Veu= Per sapere la potenza perduta in linea (P’) occorre conoseere la resistenza totale di questa (due conduttori da 100 mt. ciascuno). Tale resistenza @ ottenuta mediante la formula gia nota: = 0,70 B=~ 1 _ 9,01 5B x 200 8 5 Dalla legge di Joule applicata alla sola linea si ricava: Pp’ = [PR = 25? x 0,7 = 437,5 W La tensione effettiva della sorgente (E) & ottenuta ag- giungendo alla tensione sul carieo (V) la perdita o caduta di tensione (V’) della linea. Questa ultima é: Vv =IR =25 x 0,7 = 17,5 volt indi: ae E=V+ Vi = 220 + 17,5 = 237,5 volt Effetti della corrente elettrica. Gli effetti pit importanti della corrente elettrica sono tre: effete termico, V'effetto chimieo (0 elettrolitico) ¢ Veffetto magnetico. 10 14 L’effetio termico # quello gia visto per cui un condut- tore attraversato da corrente si risealda. Questo fenomeno, dovuto a trasformazione di energia elettrica in energia ca- Jorifica, viene utilizzato in pratica negli appareechi di riscaldamenta ed in quelli d’illuminazione (lampade ad incandescenza). Leffetto chimico & quello per cui una corrente, at- trayersando una soluzione (per esempio acqua contenente un acido, un sale od una hase), provoca una decomposi- zione chimica delle sostanze che compongono la soluzione stessa e permette la separazione di queste sostanze. In tale caso si verifica un movimento di ioni il quale corrisponde ad un vero e proprio trasporto di materia. Il fenomeno chimico della corrente é utilizzato ampiamente in un’ap- Plicazione chiamata galvanostegia, I] processo di elettrolisi in una soluzione salina permette ad una lastra di metallo, fungente da elettrodo negativo, di rivestirsi di un sottile strato del metallo contenuto nel sale. Altre forme di sfrut- tamento dell'effetto chimico sono quelle da cui hanno ori- gine le pile e gli acewmulatori, apparecchiature atte le une a generare elettricith mediante trasformazione di energia chimica in energia elettrica, e le altre a immagazszinare elettricita mediante opportune reazioni sviluppate nel loro interno durante il passaggio della corrente. . Sull’effetto magnetico, di cui si parlera nel capitolo seguente, sono basati, tra l’aliro, i principi di trasforma- zione dell’energia elettrica in energia meceanica e vice- versa. I motori azionati dalla corrente permettono di otte- nere energia meccanica per far funzionare qualunque tipo di macchina operatrice industriale, e J'energia meccanica di un motore a seoppio permette di ricavare elettricita da una dinamo o da un alternatore accoppiato al suo asse. E raecomandabile di rivedere la deserizione di questi fenomeni nei volumi di Elettroteenica generale o di Ele- menti di Elettrotecnica. Strumenti elettrici di misura. I passaggio della corrente in un cireuita eletirico pud essere constatato inserendo nel circnito stesso uno stromen- i to chiamato amperometro, La presenza della tensione ai eapi di un generatore puo essere messa im evidenza colle- gando i due poli di questo ai morsetti di uno strumento chiamato voltmetro. Entrambi questi.sirumenti sono costituiti essenzialmen- te da un quadrante graduato, da un indice mobile e da un sistema per lo pit magnetico o termico che genera il movimento dell'indice. Negli strumenti utilizzanti l'effetto termico la corrente da misurare attraversa un filo sottile che si riscalda e si allunga. Il filo & ancorato da un lato ed @ tenuto teso dal- altro mediante una piccola carrucola ed una molla. L’al- lungamento provoca la rotazione della carrucola ¢ di con- seguenza lo spostamento dell’indice solidale con la carru- cola. Questo tipo di strumento @ conosciuto sotto i] nome di strumento a filo caldo. Nei voltmetri ed amperometri basati sugli effetti ma- gnetici della corrente sono da distinguere due categorie di strumenti, e cioé quelli elettromagnetici o a ferro mobile e quelli magnetoelettrici o a bobina mobile, I primi hanno Vindice collegato ad una ancoretta di ferro, la quale & lie bera di muoversi nell’interno di una bobinetta (piccolo avvolgimento di filo di rame a forma di recehetto) perearsa dalla corrente da misurare o da uma frazione di essa. La bobinetta quando é attraversata dalla corrente produce un campo magnetico che attira 0 succhia I’ancoretta di ferro. I secondi hanno un magnete permanente a forma di ferro di cavallo fra le cui espansioni polari é collocata una bo- binetta sostenuta assialmente tra due punte. La bobinetta 8 trattenuta da due molle antagoniste sottilissime ed a for- ma di spirale piana. Le due molle sono collegate elettri- camente ai terminali della bobina e, nel tempo stesso, ai morsetti esterni dello strumento. Quando cireola corrente, il campo magnetico della bobina reagisce col campo magne- tico del magnete permanente ¢ produce la rotazione della bobina stessa, la quale trascina ]'indice ad essa solidale. Ta rotazione & proporzionale all’intensita della corrente. Gli strumenti a filo caldo sono adoperati in genere solo per misure grossolane d’intensita di corrente; essi servono sia per corrente continua che per corrente alternata. 12 15 Gli strumenti a ferro mobile sono discretamente sen- sibili (*) e vengono utilizzati sia come amperometri che come voltmetri. Anch’essi sono in grado di misurare sia Je correnti continue che le correnti alternate, ma vengono maggiormente adoperati per queste ultime. Gli strumenti a bobina mobile funzionano eselusiva- mente com corrente continua: in questo uso, perd, essi si prestano egregiamente per quasi tutte le esigenze di misu- ra. Possono essere costruiti abbastanza facilmente con sen- sibilita fino al microampere per divisione. Se forniti di speciali raddrizzatori, il loro uso pud essere esteso anche alle correnti alternate. Vengono adoperati sia per misure di intensita che per misure di tensione. Misure di intensita di corrente. La misura dellintensita di una corrente si effettua di- sponendo lo strumento in serie al cireuito di utilizzazio- ne, come indica- to nella fig. 1. Naturalmente lo strumento deve avere una porta: ta (valore della corrente di fon. do scala) non in- feriore all’ordine di grandezza del- la corrente da misurare. I misu- ratori di corrente prendono il nome di amperometri, milliamperometri, mi- croamperometri a seconda che le loro possibilita di mi- sura siano riferite a letture in ampere, milliampere o mi- croampere. Un misuratore di corrente, al fine di non alterare sen- sibilmente Je costanti del circuito in cui va inserito, deve avere una bassa resistenza interna, ciot un basso valore GENERATORE CARICO Fig. 1, - Misura d'intensita di corrente. (*) Per sensibilita s'imtende Ia minima variarione della grandezra du misurare che pud essere indivata dallo strumento. 13 16 della sua propria resistenza. Negli strumenti a ferro mo- bile ed a bobina mobile tale resistenza @ quella della bo- binetta. Maggiore é la eorrente da misurare e minore deve essere la resistenza interna. Un rapporto sufficiente nella pratica fra la resistenza del circuito di prova e quella dello strumento & di 1 a 100. Gli strumenti sensibili hanno di solito resistenze interne clevate. Desiderando, con uno strumento sensibile, realizzare portate elevate di misura di corrente, si dispone fra i due morsetti di esso una resistenza di basso valore, detta shunt © resistenza di derivazione, atta a lasciar passare la mag- giore parte della corrente da misurare. La caduta di po- tenziale che si stabilisce ai capi di questa resistenza, pur essendo piccolissima, é sufficiente a far deviare Vindice dello strumento, Jn altre parole, desiderando au- mentare di 10, 100, 1000 volte la portata di un am- perometro o di un milliampero- metro, si dispo- ne in derivazione ad esso una resi- stenza rispettiva- mente 9, 99, 999 yolte inferiore. La corrente totale si divide nei due rami (fig. 2) in parti inversamente proporzionali alle relative Tesistenze. Nei tre casi accennati 9, 99, 999 parti passano nello shunt ed una parte passa nello strumento, GENERATORE CARICO Fig, 2. - Amperometro con shunt. Misure di tensione. La misura di una tensione si effettua disponendo il voltmetro in derivazione (si dice anche in parallelo) alla sorgente della tensione stessa o in derivazione a due punti di un circuito elettrico fra cui si voglia effettuare una let- tura di tensione (vedi fig. 3). I] volimetro & costituito ge- 4 neralmente da un milliamperometro 0 mieroamperometro e da una elevata resistenz: i i i 0 be sccmpie, a aggiunta, im ess incorpora- uno strumento di 1 mA equipaggia- to con una resi- stenza addiziona- le di 1 MQ for- ma un voltmetro eapace di misura- re una tensione massima di 1000 volt. Infatti so- Ro necessari 1000 volt ai capi del- Linsieme costituito dallo strum i i ento e dalla resistenza ag- giunta perché scorra nello strumento la corrente dil mA GENERATORE CARICO Fig. 3. ~ Misure di tensione. V =IR = 0,001 x 1.000.000 = 1000 volt Desiderando realizzare con lo stesso si tata di 100 V, basta sostituire la resistensa dL MQ) con una di 100 KQ (la resistenza propria del milliampero- metro im oggetto é trascurabile rispetto a questi valori delle resistenze aggiunte), ™ vant La resistenza interna di un voltmetro & resistenza addizionale e della resistenza del wee corrente che: lo costituisce. In aleuni casi, specialmente nei eireuiti radio, é importante che tale resistenza interna sia la pi alta possibile per non alterare la misura, Speseo la Tesistenza interna viene espressa dai costruttori in relazione alPuaita di tensione. Un voltmetro, ad esempio, avente un fondo ‘scala di 500 V, se realizzato con uno sttumento di 10 mA, he nna Tesistensa interna di 500/0,01 = 50.000 Q oppure, riferendosi all’unita di tension i = 1009./V, ossia cento Q per volt. @ $0.000/500 = Evoltmetri vengono costruiti con varie resistenze’ inter. ne, a seconda dell’uso a cui sono destinati. Per usi indu- striali @ sufficiente una resistenza interna di 100 -~ 200 QV, mentre nel campo radio sono adoperat istenze ii fino a 20.000 Q/V e pit. perme nesses mnerne 15 Ww Misure di resistenza. La misura di una resistenza si effettua ordinariamente mediante un generatore, un voltmetro ed un indieatore a corrente di portata opportuna. Si realizza il cireuite ‘i prova disponendolo come in fig. 1, con Vaggiunta : volt- metro in parallelo al generatore. IL rapporto tra la ten- sione letta sul voltmetro ¢ la corrente espressa in ampere. da il valore della resistenza totale del circuito. Sottraendo da questo valore la resistenza interna del generatore e quel- la del misuratore di corrente, si ha il valore della _resi- ji carico. tn ation quando non si richiede una notevole pre- cisione di misura, si pud trascurare la sottrazione delle re- nee menzionate (le quali normalmente sone sistenze estr mali Jide il valore di resistenza ol- molto piccole) € ritenere val tenuto dal rapporto V/I. 16 18 19 CAPITOLO IL. ELEMENTI CIRCUITALI Generalita. Un circuito elettrico pud comprendere uno o piit ele- menti della stessa natura o pit elementi di natura diversa. Olire ai resistori, vengono adoperati frequentemente nei circuiti organi pitt complessi chiamati condensatori, indut- tori e trasformatori, Questi elementi si comportano in modo diverso dai resistori ¢ si imparera nei prossimi paragrafi a conoseerne il funzionamento e l’uso, prima separata- mente poi accoppiati ai, resistori. Nel campo delle applicazioni radio tutto si basa sulla presenza e sulle proprieta dei componenti aecennati, che sono adoperati nei valori e nei tipi e forme pitt disparati, E bene, quindi, fissare fin d’ora |’attenzione sulle nozioni di principio che verranno via via richiamate e che deb- bono essere considerate indispensabili e complementari di quelle gia enunciate. Resistori. Mentre nei comuni circuiti elettrici i resistori sono quasi sempre costituiti da fili o piattine di materiale me- tallico altamente resistivo, avvolti in aria e su supporti iso- lanti, im radio essi possono essere formati da sostanze chi- miche concentrate, da impasti speciali, da carbone, ed in- fine da filo sottile avvolto a spirale su supporto ceramico e poi immobilizzato da lacea o smalto. Questi resistori sona quasi sempre fissi, cio’ di valore non regolabile e stabilito all'atto della costruzione; quelli a filo possono essere fissi o regolabili entro certi limiti. Tale regolabilita @ ottenuta mediante un collarino metal- lico. spostabile lungo il eorpo del resistore, il quale, rive- 17 2. — Blementi di radiotoenica. stito d'isolante su tutta Ja sua superficie, presenta una stretta striseia longitudinale su cui poggia il contatto mo- bile o collarino munito di una vite d’arresto e di serraggio. * Nelle applicazioni radio i resistori hanno per lo pitt forme cilindriche; quelli non a filo hanno diametri di al- cuni millimetri e lunghezze che vanno da 10 fino a 100 mm.. quelli a filo diametri di 5 a 25 mm. e Tunghezze che vanno da 30 fino a 200 mm. Sia gli uni che gli altri portano alle loro estremita due fili sottili di rame stagnato o due espan- sioni metalliche chiamate terminali. I valori resistivi coprono una gamma vastissima che va da qualche, ohm ad alcune decine di megaohm, Le di- mensioni geometriche, specialmente per i tipi non a filo, dipendono, pit che dai valori ohmici, dalle potenze che i resistori stessi sono in grado di dissipare. Resistenze in serie. Ad una sorgente di forza elettromotrice (tensione) si pud applicare sia un carico semplice costituito da un solo resistore, sia un —» +R - — carico misto co- stituito da due o pi resistori col- legati in modo vario. $i prenda in esame il caso di fig. 4 in cui tre resistori vengono collegati in serie, cioe uno di se- guito all’altro. Si verifichera che la corrente nel cireuito 6 determimata dalla tensione V divisa per la somma delle singole resistenze: on ~ B+ R,4+ Ry I (legge di Ohm) Cid significa che, se al posto dei tre resistori se ne met- tesse uno solo di resistenza uguale alla somma delle loro 18 resistenze, il risultato sarebbe identico. Quindi, se un cir- cuito elettrico comprende pil resistenze connesse in serie, la resistenza complessiva ¢ data dalla somma delle resisten- ze parziali presenti. Sempre riferendoci alla fig. 4 si osservera che la cor- rente, dovendo attraversare tutti i punti del circuito, deve essere necessariamente uguale in ciascun resistore, mentre Ja tensione si suddivide fra i tre componenti in parti pro- porzionali alle rispettive resistenze. Tali parti sono calco- labili mediante la legge di Ohm: ‘ Vv, = IR, Vv, =IR, (cadute di tensione nello interno ° di ciascun resistore) Vv, = IR, Deve, in ogni caso, sussistere l’uguaglianza: V=V¥,+ V2 t+ Va= IR, +IR, + IR, =1(R, + By + Ry) Sia ad esempio: V = 15 volt, R, = 10 0, R, = 200, BR, = 309. Si avra: 15 T= sppae eae 7 025 ampere V, = 0,25 x 10 = 2,5 volt V, = 0,25 x 20 = 5 volt V, = 0,25 x 30 = 7,5 volt Le tre tensioni V,, V,, V, vemgono chiamate differenze (0 cudute) di potenziale. Le polarita di ciascuna differenza di potenziale sono quelle indicate in figura e, come si vede, ciascun resistore ha ai suoi capi una tensione con la pola- rita positiva situata sull’estremo che guarda il positivo della sorgente, e con la polarita negativa sull’estremo che guarda verso il negativo della stessa sorgente. 19 21 ~—Resistenze in parallelo, Alla batteria di pile della fig. 5 vengono collegate an- cora tre resistori, ma in modo che ciascuno di essi assorba corrente indipen- dentemente dagli altri due. Questo sistema di colle- gamento é chia- mato in paralle- lo, La sorgente di tensione @ comu- ne ai tre resista- ri mentre le cor- renti nei tre rami sono diverse. Per la legge di Ohm si pud dire che queste correnti sono inversamente propor- rionali ai valori resistivi dei singoli rami. La corrente to- tale. ovviamentc, é la somma di queste correnti parziali: Fig. 6. ~ Resistenze in paraltelo, yovoyv loi 4 I=4+h+l= gzte-YletetR) rti+1s tet (eta, +R) R, |B, | RBs Rs, Dallo sviluppo finale dell’espressione testé soritta, si pud notare che la corrente totale & ottenuta moltiplicando Ia tensione V per la somma delle inverse aritmetiche dei valori delle singole resistenze. L'inversa di una resistenza @ chiamata conduttanza (simbolo G). Tutto cid permette di dire che la cor- rente assorbita da un gruppo di resistori in parallelo @ data dal prodotto della tensione applicata per la condut- tanza totale; questa ultima é, a sua volta, data dalla som- ma delle conduttanze parziali. Da cid si conclude che, nel presente caso: 1 1 of 4 THVGi= VG $0,469 =¥(5, am) 20 1 Essendo G, = R,! ‘si ricava’ che la formula delle resi- stenze in parallelo é: tyt,3 i R 7R, +R, +R, Dando nello schema della fig. 5 i valori V — 15 vo a = 15 volt, R, = 300, R, = 20Q, R, = 12 Q, si ottiene: , 11,1 24845 1 @=—4+2422.2be7r'_t é x ta +p 60 @ ~ 07166 2 da cui 1 R,-—L = ‘= aee ~ 8° 1-Y_¥o4, Re 28 Le correnti parziali dei singoli rami ‘si Possono rica- vare séparatamente scriyendo: 15. = gy = 054 . 15 Ty = 3g = 075A 16 y= 7p = 125A . Questo procedimento vale per qualunque numero di resistori, ma per il caso pi frequente di due soli elementi in parallelo @ opportuno applicare la regola: la resistenza risultante di due resistenze in parallelo é data dal prodotto di queste resistenze diviso per la loro somma, yy = BB R, +R, Volendo risolvere il problema inverso, cio’ quello di trovare quale resistenza debba essere messa in parallelo ad un’altra di valore dato per ottenere un valore pure dato e pit basso del primo, basta fare’ il prodotto dei due va- lori dati e dividerlo per la loro differenza. 21 . sacs . . 5 voelia Esempio: abbiasi una resistenza di 120 © e si vogl modificare questo valore portandolo a 100 Q. La resistenza da collocare in parallelo alla prima sara: 120 x 100 _ 12000 _ g00Q. =~ 720— 100-20 Ni parallelo di due o piit resistori uguali offre una resi- stenza che ha per valore quello di una resistenza singola diviso per il numero di esse. Resistenze in serie-parallelo. Vedasi, infine, la fig. 6. E questo un caso semplice di cireuito misto. Esso va caleolato a sezioni, comprendendo prima tutti gli e- Ry R2 lementi disposti in serie e poi quelli disposti in parallelo, Otte- nuti i due risul- tati parziali, si effettua la loro somma e si ha la resistenza totale od equivalente di tutto il circuito, Dando ad E il yalore di 16 volt, e ad R,, R,, R,, R,, R, rispettivamente i valori 10, 20, 20, 80, 34 ohm, si ottiene: R, — RB, +R, +R, =10 +20 + 34 = 640 pe, a Bex Be _ 20 80 _ 16 _ aga, eRe +R, 20+80 100 Si pud calcolare ora la resistenza totale: R= RB + By = 64 +16 = 809. Fig. 6, - Cireuito misto. E quindi facilmente ricavabile la eorrente di tutto il com- plesso scrivendo: pa Bu _opa. R, 80 Per le resistenze R,, R, ed R, la corrente di circo- lazione é la stessa I gid calcolata. Per le resistenze R, ed R, si deve tener presente che la cotrente totale si divide nei due rami in parti che stanno fra loro in rapporto*in- verso ai valori delle rispettive resistenze. Essendo il rap- porto n a = i > de correnti parziali I, ed I, dovran- no stare fra loro come 4 sta ad-1. Si dividera allora la cor- rente: totale in cinque parti di cui quattro rappresente- ranno: la. corrente nella resistenza minore ed una la cor- rente nella -resistenza maggiore. Cioé: 2 1, =$1= 24% Sosea b= oye oO 0,2 I= =0,04A. 5 Per stabilire i valori di I, ed I, si pud procedere anche in un altro modo. Si rieavi anzitutto. la caduta di potenziale comune ad R, ed a R, moltiplicando la cor- rente I per Ry: Va — IR, = 0,2 x16 =3,2V. Si applichi ora la legge di Ohm: Vv; _ 32 == 9,16 Ts R, 20” A Vz 3,2 i= == . += R= 30 0,04. A Le eadute di potenziale relative alle resistenze R,, R, ed R, sono immediatamente ricavabili’dai prodotti: Vyp= IR, = 0,2 x 10 = 2 volt Vz, =IR, =0,2 x 20 =4 volt Vs =IR, = 0,2 x 34 =6,8 volt. Verifica della tensione totale: E = ¥pt Ve + Vas + Vs 2+443,24 6,8.— 16 volt. 23 Potenza dissipabile di un resistore. L’energia elettrica in um resistore si trasforma sem- pre in calore. Per poter disperdere facilmente questo ca- lore nell’aria oc- enimice corre che il resi- store sia ben di- mensionato. tenaa dissipabile di un resistore la massima potenza che lo stesso pud sopportare in modo continuo, senza che la tem- peratura assunta possa alterare Ja sua composizio- ne materiale, Do- vendo collegare pitt resistori in serie o in paralle- Jo, questi dovran- retaxiene ho essere scelti in modo che possa- no dissipare la potenza relativa a ciascuno di es- si, A seconda che si conosca la cor- rente ehe li at- traversa o la ten- sione ai loro ca- regetapiie a scivele < nn @) LL yD } a WW bo (6 i, le formule gia Co YS) Pp © * YA note FR oppure es v . . = serviranno a Fig. 1. - Forme pid comuni di resistori. R questo scopo. Es- sendoci, pero, nel commercio soltanto dimensionamenti ver- rispondenti a determinati valori numerici di potenza dis- 24 Chiamasi po- ~ sipabile, si sceglieranno caso per caso quei valori che pid si avvicinano a quelli calcolati. Naturalmente é sempre con- sigliabile approssimare per eccesso. I valori di potenza pitt usati dai costruttori per i resistori impiegati in radio sono di 0,25 - 0,5» 1+ 2.3 - 4 watt per i tipi chimici, a car- hone, a strato o ad impasto; di 3-4 - 6-10-15 - 20- 50 watt per i tipi a filo. Eccezionalmente nelle applicazioni radio yengono co- struiti resistori a filo anche per potenze superiori. Riferendosi all’esempio di fig. 6 le rispettive potenze di dissipazione sono: P,=I?R, = 0,28 x 10=0,4 W (si seeglierd 0,5 W) P,=2PR,=0,22 x20=08 W(» » 1W) Py = BR, = 0,162 x 20 =0,512W(>» » 1W) Py =TR,= 0,047 x 30 = 0,128W(« > 0,25 W) Py =I? R, = 0,28 x 341,32 W(> » 2W). Capacita ¢ condensatori. Immaginiamo che due piastre metalliche siano poste Tuna vicina all’altra, separate da un mezzo isolante, come indicato nella fig. 8. Normalmente le due piastre saran- no elettricamen- te neutre, cioe il numero di elet- troni in ciascuna di esse bilance- ra esattamente la carica dei rispet- tivi nuclei, In questo stato non manifestano en- trambi nessuna carica elettrica. Supponiamo ora di connettere le due placche ad una batteria di pile con Vinterposizione di un’interruttore, Alla chiusura del- Fig. 8 - Carica di un eondensatore. 25 V'interruttore, una parte degli elettroni della piastra supe- riore sara attratta dal polo positivo della batteria, mentre una stessa quantita di elettroni sara respinta dal polo ne- gativo della batteria sulla piastra inferiore. Questo movi- mento di elettroni continuerA finché fra Je due piastre si sara stabilito lo stesso potenziale della batteria. Si dice che le piastre si sono caricate. Se a questo punto apriamo l’interruttore, la placea su- periore verra lasciata con una deficienza di elettroni men- tre quella inferiore ne avra in eccesso.’ Le cariche, posi- tiva e negativa, rimarranno non essendoci pir possibilita per gli elettroni di ritornare al posto di partenza. Si pud, perd, ottenere rapidamente il ritorno dell’equilibrio toc- cando le due piastre con un oggetto metallico (corto cir- cuito). Si dice che le placche si sono searicate. Le due piastre costituiscono cid che comunemente si chiama un condensatore elettrico o semplicemente conden- satore. Da quanto & stato detto @ chiaro che un condensa- tore possiede la proprieta di immagazzinare elettricita sta- tica. Si deve anche tener presente che durante la carica o la scarica una corrente scorre nel circuito anche se le pia- stre sono isolate fra loro. Naturalmente i tempi di durata della carica e della scarica sono molto brevi. La ecarica, o quantita di elettricita che pud essere po- sta su un condensatore, é proporzionale alla tensione ap- plicata e alla superficie delle piastre, ed é inversamente proporzionale alla loro distanza: dipende, inoltre, dalla natura dell’isolante interposto. I tre elementi, superficie, distanza, materiale isolante, determinano Ja capacita (sim- bolo C) del condensatore. Quando lisolante & Varia, la capacita del condensa- tore @ minima. Il rapporto tra la capacita che ha un con- densatore con un determinato materiale isolante e la ca- pacita che lo stesso condensatore ha quando per isolante c’é V’aria, chiamasi costante dielettrica (simbolo c) di quel materiale. L’isolante adoperato @ chiamato dielettrico: le piastre si chiamano armature, . Un condensatore pua essere formato da due sole pia- stre oppure da pil pastre sovrapposte e collegate alterna- 26 25 tivamente, come indica la fig. 9. Pud, inoltre, essere fisso oppure variabile. Dicesi fisso un condensatore-la cui super- fieie alfacciata b delle piastre, cioe quella parte di super- ficie che mag- giormente inter- viene a deter- minare la capa- , Cita, & costrut- tivamente fissa; quando si pud r variare tale su- ‘ ' perficie affac- ciata, il conden- satore prende il nome di varia- bile. La variazione di capacita di un condensatore @ otte- nuta fornendo uno dei due complessi di piastre di un per- no, il quale ruotando permette al complesso ad esso col- legato di fuoriuscire dall’altro e variare cosi la parte di superficie affacciata, I] complesso fisso ¢ chiamato statore, quello mobile rotore. I condensatori variabili sono quasi sempre in aria, mentre quelli fissi hanno per lo piii dielettrico solido co- stituito da carta o da mica, In certi casi, quando si richiedono capacita fisse molto elevate, si usang dei condensatori speciali detti elettroli- tici, Essi sono formati da due sottili nastri di alluminio separati da un dielettrico semiliquido. Questo diclettrico € una composizione chimica conduttiya-la quale, quando una tensione continua viene applicata al condensatore, de- termina la formazione di un sottilissimo strato isolante fra le due faece a contatto dei nastri. L’insieme, poi, viene arrotolato e racchiuso in una custodia fornita di due ter- minali collegati internamente a ciascuno dei nastri. Fig. 9. - Condensatore a pit placehe (visto in sezione). Misura della. capacita. L’unita di misura della capacita é il farad (simbolo F): Essa @ definita come la capacita di un condensatore che richiede un coulomb per aumentare il suo potenziale di un 27 volt. In altre parole, applicando una tensione di un volt ad un condensatore della capacita di un farad, questo as- sorhe tante cariche elettriche quante ne trasporta la cor- rente di un ampere in un secondo. Tale capacita, pero, é enorme, Nella pratica si usano due unita molto pii pic- cole, sottomultiple del farad. Esse sono: il uF = microjarad = un mailionesimo di Farad ipyF o pF = mieromicrofarado picofarad = 1 /1000000 di pF. La formula per calcolare la capacita di un conden- satore é: 885ea(N—1) . . C= in F ax | dove e=costante dielettrica del materiale fra le armature (per l'aria e = 1) a = superficie di una placca in em? (una sola faceia) = numero totale delle placche (fra fisse e mobili, se si tratta di un condensatore variabile) d =distanza delle armature o spessore del dielettrico in em, Se le piastre di un gruppo non hanno Ja medesima su- perficie di quelle dell’altro gruppo, la misura si estende a quelle di minore superficie. S’intende, trattandosi di con- densatore variabile, che le piastre mobili debbano essere considerate chiuse, cioe portate alla posizione di massima superficie affacciata rispetto alle piastre fisse, se si desi- dera conoscere la massima capacita del condensatore. Esempio: Un condensatore variabile ha 9 piastre se- micircolari sul suo rotore e ciascuna di queste ha un rag- gio di 3,5 cm. (vedi fig. 10). Lo statore comprende otto piastre di forma rettangolare aventi ciascuna una super- ficie che riesce ampiamente ad abbracciare quella di qual- siasi piastra mobile. Al centro, verso il bordo superiore di ogni piastra fissa, @ praticuta uma apertura semicircolare di raggio 1 em., onde permettere al perno di ruotare libe- ramente senza possibilita di contatti fra i due complessi. 28 26 La distunza tra due piastre adiacenti del rotore e dello store © di 7 mm. Quale sara la capacila di questo con- densatore se il dieletriee @ laria? . retem + statece torere Fix, 10, DMaeche i eondensmturi variabii, Nel presente caso Varea che interessa & quella di una piastra del rotore diminuita dell’area dell’apertura prati- cata sulle piastre dello statore. Tale area é: (R? — 18) 157 (8529-12) = 19,25 em?, La capaciti pervid é: R85 6a (N — dx 10, = 272.5 pP. Nota: Valori di questo ordine o poco diversi hanno i condensatori variabili usati nei radioricevitori alle seopo di sinlonizzare le stazioni radivemittenti. Tensione di searica o di rottura, Quando si applica una forte differenza di potensiale alle armature di un condensatore, si esereita una notevole forza sugli elettroni e sul dieletirice. Dato che il dielet- trico & un isolante. cio? un corpe in cui gli elettroni: non si distaccano facilmente dai rispettivi nuclei, come nei eon- duttori, la forte tensione pud aviluppare una forza tale da rompere © forare lo stesso dielettrico produeendo una sea- rica vielenta, Se il dielettrice & Varia o un gas qualsiasi. 29 tale scarica @ visibile con una seintilla pit o meno lumi- nosa e rumorosa. Se il dielettrico @ un corpo solide, alenne particelle di esso possono bruciare nel punto di perfora- zione e costituire passaggio privo di isolamento che pro- yoca un corto circuito permanente. La tensione di rottura dipende dalla specie e dallo spessore del dieletirieo. Kissa non @ esattamente proporzio- nale allo spessore. La rottura avviene piit facilmente quan- do i bordi delle placche non sono arrotondati ¢ quando le superfici di queste non sono levigate. Dato che il dielettrico deve avere uno spessore suffi. ciente a sopportare la tensione massima che si vuole appli- care al condensatore, e dato che piit grande @ questo spes- sore e piu piceola & la capaciti del condensatore per una data area di armatura, me consegue che i condensatori a forte tensione di lavoro sono di dimensioni molto mag: giori di quelli di pari capacita costruiti per tensioni basse. La tensione di rottura dei condensatori a carta pud essere aumentata impregnando la carta con olio speciale ed in- troducendo poi tutto il condensatore in una custodia a-chiu- sura ermetica contenente lo stesso olio. Tanec.a I - COSTANTI DIELETTRICHE E TENSIONI DI ROTTURA DI ALCUNI ISOLANTI Aria secca Bachelite Vetro comune . . - Mica - Micalex 2. 1. Carta. 2. ee et Poreellana . . 1 + Gomma dura. . . -| Polyethylene... Lucite . . 30 27 Condensatori in serie e in parallelo. Connettere due o piii condensatori in serie o in paral- Jelo vuol dire disporli come gia visto per le resistenze. Al contrario delle resistenze, perd, le capacita dei con- densatori si sommano normalmente quando questi ultimi vengono connessi in parallelo, e si sommano come le resi- stenze in parallelo quando gli stessi vengono connessi in serie, Per la disposizione in parallelo allora si ha: OQ =O, +0, +0,+........ +n. E per la disposizione in serie: 1 o, = ——__1____ 1 1 1 1 66, Fete Per soli due econdensatori in serie la formula abbreviata é: _ Ox @, OOF G Ovviamente in queste formule debbono essere usate le stesse unita di misura per tutti i condensatori. Due, tre, quattro, ecc. condensatori uguali disposti in serie equivalgono ad un condensatore unico di capacité ri- Sspettivamente meta, un terzo, un quarto ecc. di quella di uno dei componenti. Si effettua il collegamento in parallelo quando si de- sidera una capacita elevata utilizzando condensatori di ca- pacita individuale piccola. Tl collegamente in serie, invece, é praticato quando si desidera una capacita minore di quella di ciascun elemento disponibile e contemporaneamente una tensione di lavoro maggiore di quella per cui é eostruito ogni singolo elemento. Nel collegamento in parallelo 2 indifferente che i con- densatori abbiano o no la stessa capacita, ma & necessario che essi abbiano individualmente una tensione di lavoro uguale o maggiore di quella massima in giuoco nel circuito in eui vengono inseriti. - Nel collegamento in serie la tensione totale applicata si fraziona nei vari elementi in parti che sono imversa- 31 mente proporzionali allée rispettive eapacita. A condensa- tori di capacita maggiore com- pete pereid u- na frazione pitt piceola di ten- sione, ¢ vicever- sa. In linea ge- nerale conviene Vv effettuare la di- sposizione in se- rie con elemen- ti di uguale ca- pacita e di ugua- Je tensione di Javoro, sfruttando il fatto che questa tensione singola di lavoro pud essere una frazione piu o meno grande della tensione totale del cireuito, a seconda del numero degli elementi che vengono considerali. Esempio di disposizione in serie: abbiansi tre conden- satort di capacita rispettivamente 2, 5, 10y.F collegati come in fig. 11, La capacita risultante é: Cy Ce C3 tH va ple Vavle Va GENERATORE Fig. 11. - Condensatori in serie. 1 10 GQ= ——=1,25 pF. 1 L ets Tio La tensione ai capi di C, é: y, = CY 125 % 1000 _ y500 volt 0, 5 quella ai capi di C,: . 5 v, = &¥ — 125 * 4000 _ 900 volt C, 3 quella ai capi di C,: 2. vy, — &* — 125 x 4000 _ 269 voit. G, 10 32 28 Si pud facilmente controllare che: V =V,+V_+t V5 = 2500 + 1000 + 500 = 4000 volt . Tipi di condensatori fissi e loro caratteristiche. Per le applicazioni nel campo dei radioricevitori ven- gono costruiti vari tipi di condensatori fissi, I pitt usati fra questi sono (fig. 12): ceremeo a omce elertrotitica tupotare Qj.) a mica metaltizzate F 1000, BOOpF ats @ k= 1500 ve ete rrrotitice in custedia di carta an elettrotitica in eustedia metatiica Sip | on Ose ne a) Condensatori piani a dielettrico carta o mica, Valori di capacita 50 + 10000 pF. Forma quadrata o ret- tangolare a cioccolatino, Dimensioni 10 + 30 mm, Tensio- ni di lavoro. 300 + 500 volt. Costruzione come in fig. 9: b) Condensatori cilindriei a arta. Valori di eapacita 5000 = 500000 pF. Forma a cartuccia con diametri di 7+ 20 mm. e lunghezze di 20 + 40 mm. Tensioni di la- voro 300 + 500 volt. Costruzione a spirale di due o pia nastri di alluminio separati da striscie di carta. c) Condensatori ceramici. Si distingnono in tipi a disco e tipi a tubetto. I primi hanno valori di capacita di 1 +50 pF, diametri di 4 + 11 mm. e spessori di 1 + 2 mm. I secondi hanno capacita di 25 + 15000 pF, diametri di 3. +8 mm. e lunghezze di 10 + 35 mm. La tensione di lavore per entrambi i tipi @ di 500 volt. Il modello a di- sco @ ottenuto mediante metallizzazione a spruzzo d'ar- gento delle due facee del disco di ceramica con applica- zione dei terminali a mezzo saldatura. Quello a tubetto é ottenuto con lo stesso procedimento applicato all’interno ed all’esterno del tubetto ceramico. | d) Condensatori a carta impregnati in olio. Si co- struiscono nel tipo a cartuccia per valori fino a 0,5 uF, nel tipo a scatola per valori di 0,5 + 20 uF, e nel tipo cilin- drica ad involuero metallica ¢ fissaggio verticale per capa- eita di 1 ~ 20a F. Le dimensioni dei tipi a cartuccia sono come per i modelli corrispondenti a earta; quelle dei a seatola variano da 3 a 10 em. circa di misura massima; i tipi cilindrici hanno diametri di 14 + 65 mm. ed altezze di 50 + 120 mm. Tensioni di lavoro 100 + 500 vol per casi ordinari, e 1000 + 3000 volt per casi speciali. e) Condensatori elettrolitici. Si costruiscono ogniqual- yolta si desiderano forti capacita e piceoli ingombri. Va- lori normalmente compresi tra 8 e 1000 ye Forma cilin- drica o parallelepipeda. Dimensioni: 20 ~ 50 mm. di dia- metro e 50 + 80 mm, di lunghezza per la forma cilin- -drica, 15x 25x70 mm. circa per la forma parallelepipeda. Tensioni di lavoro 10 + 450 volt. Tutti i tipi di condensatori elencati hanno due fili o linguette in rame stagnato che rappresentano i terminali 34 29 delle placche’ o complessi di piastre. I condensatori elet- trolitici, in particolare, hanno distinti con un segno (+) e con un segno (—) i due terminali di uscita. NelVinserirli in un cireuito elettrico occorre badare a che queste pola- rita mon siano inyertite rispetto alla tensione continua del cireuito. Un’errata inserzione pud rapidamente danneggia- re il condensatore elettrolitico, Quando si debbono colle- gare in serie due o pit condensatori di questo tipo, occorre disporlistutti con i (+) orientati verso il positive della sor- gente di tensione del cireuito. Spesso nella pratica si notano condensatori elettrolitici a custodia metallica i quali da un lato hanno un solo ter- minale o nessuno e dall’altro due o tre od anche quattro terminali, Si tratta di condensatori multipli composti di parecchi elementi incorporati nello stesso involucro. Que- sto involucro, che @ metallico, costituisce il negative eo- mune a tutti gli elementi. | valori di capacita e di tensione dei singoli elementi sono di solito uguali, ma possono es- sere anche diversi. Spesso sui condensatori a dielettrico solide in luogo della tensione di lavoro é indicata quella di prova. La ten- sione di lavoro si. stabilisce notevolmente inferiore a quella di prova, ed in genere é 1/3 di questa. Sui condensatori elettrolitici, invece, si usa indicare la massima tensione © sopportabile per breve tempo che é@ circa 1,3 volte mag- giore della tensione di lavoro. Fenomeni d’induzione della corrente. Induttanza. La corrente continua che scorre in un conduttore pro- duce degli effetti magnetici verificabili in vari modi. L’ago di una bussola, per esempio, sottoposto al conduttore per- corso da corrente verra spostato dalla sua posizione di equi- librio e tendera a disporsi in direzione perpendicolare ad esso. Pit forte é la corrente, o minore é la distanza dell’ago dal filo, pi pronunciato é |’effetto magnetico. Lo spazio entro cui sono avyertibili degli effetti magne- tici viene chiamato campo magnetico. Le linee lungo le quali agiscono le forze del campo vengono dette linee di flusso magnetico. Se un filo percorso da corrente viene incurvato in modo 35 da formare una spira, si produrra nell’interno di questa un campo magnetico piit intenso di quello che si creerebbe se lo stesso filo fosse tenuto diritto. Una qualunque cosa di matura ferrosa introdotta nella spira concentrera ancora di pitt il campo. Pitt spire consecutive di questo genere costituiscono cid che si chiama solenoide, e piii comune- mente bobina o induttore. Quando una bobina é altraversata da corrente continua essa si comporta come una calamita: un nord e un sud si stabiliscono agli estremi del suo asse ed il campo magnetico generato esercita forze di attrazione sui materiali ferrosi posti nelle sue vicinanze. La relazione tra la forza del campo e l'intensita della corrente che lo produce é chia- ente di autoinduzione o semlicemente indut- tanza della bobina (simbolo L), Tale induttanza dipende dalle curatteristiche fisiche della bobina, e cioe dal suo diametro, dal numero delle sue spire e dalla sua lunghezza assiale. Se si fa variare d’intensita la eorrente che circola in un conduttore o in una bobina, si osserva che ai loro capi si sviluppa una tensione o forza eletiro-motrice (f.e.m.) Ja quale @ perfettamente indipendente dalla tensione da cui ha origine la corrente stessa. Si dice che questa fem. é indotta nel eonduttore o nella bobina. Pii forte é il campo magnetico, o pitt rapida @ Ja variazione della corrente del circuito, maggiore é la f.e.m. indotta. Dato che J’intensita del campo dipende dall'induttanza, si pud dire che la tensione indotta, a parita di altri fattori, @ proporzionale all’induttanza del conduttore o della bobina. La f.e.m. indotta tende a far scorrere nel cireuito una eorrente che ha senso opposto a quello della corrente pro- dotta dalla f.e.m. esterna, quando quest’ultima ecorrente é in aumento, Se imvece la corrente principale @ im diminu- zione, la corrente generata dalla f.e.m. indotta ha lo stesso senso della corrente principale. L’effetto dell’induttanza, quindi, é di opporsi ad ogni variazione della corrente nel circuito, indipendentemente dalle cause della variazione stessa. Questo effetto, considerato in una bobina cilindrica, é@ proporzionale all'area della sezione normale della bobina, al quadrato del numero delle spire, e dipende da altri fattori riguardanti la forma dell’avvalgimento, 36 L’unita di misura dell’induttanza é I’henry (simbo- lo H). Essa @ UVinduttanza di un cireuito in eui una varia- zione di corrente nella misura di un ampere al secondo produce una f.e.m. indotta di un volt. Sottomultipli dell’henry sono: il mH — millihenry = un millesimo di henry il pH = microhenry = un milionesimo di henry L'induttanza di una bobina avvolta in aria o su sup- porto isolante puo essere calcolata abbastanza approssima- tivamente mediante le formule seguenti: a) bobina cilindrica ad uno strato D? N? L=ssrisp pao Om eH D = diametro medio della bobina in cm (vedi fig. 13) N = numero delle spire 1 = Iunghezza dell'avvolgimento in em, fal to) Fig. 13. - (a) Bobina ad uno strato; (b) bobdina a pit strati sovrapposti. b) bobina cilindrica a piit strati sovrapposti 0,0787 DIN? L=aspyerpios (HH) o i] diametro medio de}la bobina in cm (vedi fig. 13) N = numero delle spire = lunghezza dell'avvolgimento in em = | spessore radiale dell'avvolgimento in cm. Nota: 7 valori di induttanza usati nelle applicazioni radio variano da pochi microhenry a pareechi henry. Nei circuiti a radiofrequenza non si sorpassa quasi mai l’ordine di grandezza di qualche millihenry. I valori maggiori d’in- duttanza vengono adoperati, invece, nei cireuiti di alimen- tazione dei radioricevitori, nei trasformatori ed in gene- rale in tutte le applicazioni ove la frequenza di lavoro é@ quella della rete (50 periodi per secondo) oppure giace nel campy delle frequenze acustiche, cio’ nei limiti di 15 a 15000 periodi/secondo. Induttori a nucleo di ferro. Normalmente i grandi valori d’induttanza sono rag- giunti avvolgendo le bobine su supperti ad anima di ferro. Questa anima o nucleo magnetico é un solido a sezione uniforme, quadrata o eircolare, e pud essere in ferro pie- no, in fili di ferro a mazzetto, oppure in lamine ferrose di piccolo spessore riunite assieme e isolate tra loro me- diante carta, vernice o semplice ossidazione superficiale. Tl tipo laminato @ il pit efficiente quando é presente un campo magnetico alternative (generato cioe da corrente alternata). : Tl nucleo magnetico pud essere aperto oppure chiuso. Nel nucleo aperto le linee magnetiche non compiono un percorso tutto chiuso nel ferro: questo di solito ha forma rettilinea ed ¢ lungo poco piii della bobina entro cui va inserito, Raramente vengono usati in pratiea nuclei di questo tipo. Diconsi chiusi i nuclei a forma anulare o a mantello; essi sono costituiti quasi sempre da un certo numero di lamierini sagomati come indica la figu- ra 14, ottenuti per tranciatura da lastre im ferro dolce al- ligato con silicio (il silicio riduce le perdite magnetiche 38 31 del ferro), Lo spessore dei lamierini @ ordinariamente di 0.3 + 0,5 mm. Comesivedenet- Goo) la fig. 14, ciascun tipo di lamierino é divi- so in due pezzi onde permettere ]’introdu- zione in une dei brac- ci della bobina pre- viamente preparata. Per la forma (a) la bo- bina pué essere infi- Ee eee 1 lata indifferentemen- te in uno dei due brac- : ci verticali, oppure nel braecio orizzon- tale staccato. Per la forma (b) la bobina é infilata nel braccio centrale pit grosso. qa) (a) Fig. 14, - (n) Lamierino anulare; (b) lamie~ rino a mantello. Flusso e induzione magnetica. Permeabilita. Una corrente che scorre in un filo rettilineo produce un campo magnetico circolare il cui asse é lo stesso filo. Le linee di flusso giacciono sui piani perpendieolari al filo e formano circonferenze concentriche ad esso (vedi © Fig. 15. — Tre aspetti diversi del campo magnetico. fig. 15-a). Tali linee di flusso possono essere messe in evi- denze disponendo della limatura di ferro su un foglio di carta attraverso cui, normalmente al suo piano, passi il filo. Tl verso delle linee di flusso dipende dal verso della corrente, Se un age magnetien & posto sul foglio di carta. 39 esso si orienta lungo una linea di flusso come se ‘la stessa lo attraversasse entrando dal polo Sud ed uscendo dal polo Nord. Una bobina percorsa da corrente forma un campo ma- gnetico le cui linee di flusso si dispongono come indicato in (b) della fig. 15. Questo campo @ intenso nell’interno e nelle zoni centrali della bobina e decresce verso le estre- mit e all’esterno di essa. Introducendo nella bobina un nucleo di ferro (fig. 15-c), il campo magnetico aumenta fortemente perché le linee di forza si condensano nel suo interno: il nucleo si magnetizza e, finché dura la corrente, si comporta nell’identico modo di una calamita. Questo é il caso di un elettromagnete. Mentre le linee di flusso rimangeno all’esterno gradualmente diradate man mano che ci si allontana dalla bobina, nell'interno, e par- ticolarmente lungo tutta la sezione della barra, queste linee sono préssocché uniformemente distribuite e si sviluppano lungo direzioni parallele fra loro e parallele all’asse della bobina. L’induttanza della bobina, a parita di corrente circo- Jante in essa, ¢ minima quando non esiste nucleo magne- tieo, ed @ massima quando tale nucleo é chiuso su se stesso a forma di anello. In quest’ultimo caso préssocché titte le Je linee di flusso passano all’interno del nucleo: Se si considera una superficie,S perpendicolare alla direzione di un campo magnetico, ’insieme delle linee ma- gnetiche che |’attraversano @ chiamato flusso (simbolo ®). Se il flusso é uniforme per tutta. la superficie considerata, Ja densita di esso o induzione (simbolo B) é rappresentata dalla parte del flusso che passa per ogni metro quadrato della stessa superficie: ® B = L’unita di misura del flusso @ il weber (simbolo Wb). L’unita di misura dell’induzione é il weber per m? (Wb/m*). Si @ detto che introducendo uma barra di materiale ferroso in un campo magnetico si produce un’addensamen- to delle linee di flusso nella zona da essa oecupata; cioe questa ultima diventa sede di un campo magnetico pit in- tenso, La nuova densita del flusso cosi prodotta si chiama 40 induzione magnetica del materiale ferroso di cui é com- posta la sbarra. Chiamasi permeabilita (simbolo y) lattitudine di un corpo qualsiasi a lasciarsi attraversare dalle linee magne- tiche. Tutti i corpi non magnetici, compreso |’aria, hanno una permeabilita bassissima e costante avente il valore di 1,256 x10 Hlenry/m. I corpi magnetici (leghe a base di ferro, nichel o cobalto) hanno invece una permeabilita elevata e variabile a seconda dell’induzione a cui sono sot- toposti, cioé a seconda dell’intensita di campo. Il rapporto fra la permeabilits u di un dato materiale magnetico e la permeabilita pp dell’aria é detto permeabi- lit relativa (simbolo p,) di quel materiale): _ + Ur ite Nelle sostanze ferromagnetiche la permeabiliti @ dun- que funzione della intensita del campo, e precisamente il suo valore cresce con questa fino ad un certo punto oltre il quale diminuisce avvicinandosi a quello dell’aria. A que- sto punto si ha la saturazione magnetica, Ad un ulteriore aumento del campo corrisponde solo un incremento della densita di flusso proporzionale alla variazione del campo, come nell’aria. Intensita di campo magnetico. Forza magneto-motrice, Riluttanza. Facendo scorrere una corrente I in una bobina avente N spire e cireuito magnetico chiuso di lunghezza I (fig. 16), si produce nell’in- terno di essa un campo magnetico la cui intensita é: Per | espressa in metri, il campo magnetico risulta in amperspire per me- tro (Asp/m). La stessa relazione vale anche, con sufficiente approssimazione, per bobine cilindriche aventi una lan- ghezza di avvolgimento molte volte mag- giore del diametro medio. In questo caso per lunghesza di circuito magnetico s‘intende solo il tratta dove esso @ pitt intenso, eioe la tunghezza stessa della bobina. Nota: In aleuni casi, per ragioni di praticita, Vinten- sita del campo viene espressa in amperspire per centimetro di lunghezza del circuito magnetico (Asp/cm). Nelle rela- zioni tra grandezze magnetiche, pero, oecorrera sempre ri- portare H nell’unita convenuta, cioé in Asp/m. Il prodotto NI nella formula del campo magnetico rap- presenta la forza magneto-motrice ({.m.m.) che agisce nel cireuito. Similmente ai circuiti elettrici ove la corrente @ de- terminata dal valore della tensione (o forza elettromotrice) e dal valore della resistenza, cosi nei cireuiti magnetici il flusso dipende dalla forza magneto-motrice ¢ dalla gran- dezza della resistenza magnetica o riluttanza (simbolo ‘R): NI oR In un circuito magnetico chiuso a sezione costante la riluttanza & direttamente proporzionale alla lunghezza del circuito stesso ed é inversamente proporzionale alla sezione del nucleo ed alla permeabilita del materiale che lo co- stituisee, Cio’: Esprimendo / in metri, S in m*, y in henry/m, si ottiene im amperspire per weber (Asp/Wb). Tra Pinduzione magnetica e l'intensita di campo esiste la seguente relazione: B-pH. Essa & facilmente dimostrabile ricordando la éfinizione data a B. Si ha infatti: ® B Se per un determinato materiale magnetico, ad esem- pio una lamiera al silicio, traceiamo la curva di magnetiz- zazione portando sulle ascisse di un sistema di assi carte- siani il campo magnetizzante e sulle ordinate l’induzione che vi corrisponde, otteniamo il diagramma di fig. 17. Esso —— Bo Wo/at os eT o 2 4 6 #8 0 12 4 6 8 2 22 24 Fig. 17. - Curva di magnetizzazione di un lamierino al silicic, ei mostra che per valori molto bassi del campo I’induzione sale rapidamente; per valori medi cresce con minore rapi- dita, ed infine per valori alti-non aumenta che lievemente. Questo significa che nel tratto iniziale della curva, cioé dove essa é molto inclinata, la permeabilita ha valori ele- vati; man mano che la inclinazione della curva diminui- sce, tale permeabilita decresce fino al punto in cui il suo yalore coincide con quello delle sostanze non magnetiche (zona di saturazione), Per sfruttare al massimo le proprieta magnetiche di un dato materiale ferroso non @ conyeniente quindi oltre- passare certi valori dell’induzione. In linea generale si consiglia di far lavorare i] materiale nella zona del gomito superiore della curva di magnetizzazione. Per il caso della 43 fig. 17 il valore & ottimo in corrispondenza di H = 6 ‘Asp/em, cio’ B = 1,2 Wh/m?. Disponendo della curva di magnetizzazione di um de- terminato materiale, é sempre possibile ricavare la permea- bilita corrispondente ad un valore prestabilito dell'indu- aione facendo il rapporto fra il valore dell’induzione stessa ed il valore del campo che la determina. Sempre per il easo di fig. 17, ad una induzione di 0,9 Wh/m? corrisponde un campo di 3 Asp/cm, ovverosia di 300 Asp/m. La per- meabilita relativa a quel punto della curva é: B_ 0,9. 9,003 Henry jm . eH 300 La permeabilita relativa, cioé, in sostanza, il numero di volte che l’induzione del nostro ferro aumenta rispetto all’induzione che avrebbe nell’aria per una stessa inten- sita di campo, é: au 0,003 = Ht." __ _ 9380, Or 1,286 x 10-* 580 Circuito magnetico misto. In circuito magnetico dicesi misto quando presenta disuniformita nella sezione o nella permeabilita del mezzo. Il nucleo di una bobina, per esem- pio, pud essere formato da pit tronchi di diversa sezione ma di uguale materiale magnetieo, oppu- re avere pili tronchi di diversa’ per- meabilita e di uguale sezione. Un caso molto frequente @ quello della fig. 18 ove il circuito magnetico é costituito da una‘ sbar- ra di ferro di sezione uniforme, piegata ad anello ed interrotta da un piccolo spazio d’aria® (intrafer- Fig, 18 - € ji = . ., 2 ie 18 = Czeuite me Fy). Un cireuite di quésto genere, essendo composto da due sostanze diverse. presenta due riluttanze distinte disposte in serie- 44 Esse sono rispettivamente: per il ferro “R; = he ws 1, er Vari =, per Varia =, 2s S @ la sezione comune ai due tronchi. Le riluttanze in serie si sommano allo stesso modo delle resistenze elettriche disposte in serie, Percid: ho le tf R=R +R, = wna (t+): . me eS TSS Ue ae Il flusso nel circuito, comune al ferro ed all’intraferro, @ dato dalla relazione: fim.m. 8 o=-3 = : Re ty Bo in evi: N = numero delle spire della bobina 1 = corrente in ampere w = permeabilita del ferro all’induzione derivata dal flusso ® . Si presentano ora due problemi: si conoscono le amper- spire nella bobina e si vuol sapere il flusso o l’induzione nel circuito, oppure si vuole produrre un determinato flus- so o induzione nel cireuito e si cercano le amperspire ne- cessarie. Il primo problema é pitt complesso e verra trattato successivamente. Quanto al secondo, si faccia la conside- razione seguente: per ogni sezione di cireuite magnetico occorre una certa f.m.m. per vincerne la riluttanza, La somma delle singole f.m.m., calcolata all’induzione voluta, da il totale delle amperspire necessarie. Stabilito quindi il valore di B, dalla curva di magnetizzazione del materiale magnetico adoperato si ricava il valore H del campo oc- corrente a produrla. Si pué allora serivere: NI (ferro) = Hk. 45 Le amperspire richieste dallo spazio d’aria, per lo stesso valore di B, sono: NTiariay = © ®, = BS, — Ble N I (aria) - o= aS om Si possone ora calcolare le amperspire totali facendo: N { (totale) — NI (ferro) -+ N E-(aria) . La permeabilita del ferro, alle attuali condizioni di magnetizzazione, é data dal solito rapporto B/H (campo in Asp/m.). : Esempio pratico: abbiasi um circuito magnetico come quello di fig. 18, in cui I, =30 em, 1,=0,5 em, S=4 em’, La sbarra sia in ghisa e l’induzione voluta in essa di 0,2 Weber/m*. Si trovino le amperspire totali che soddi- sfano al caso. , Dalla curva di magnetizzazione della ghisa, in corri- spondenza di B=0,2, troviamo H = 4,5 Asp/cm. Le am- perspire occorrenti al percorso magnetico ghisa sono: NI (ghisa) = lp = 4,5 x 30 = 185 e quelle richieste dal tratto d’aria: : i Bly _ 0,2 x 0,005 _ 800 circa NT (aria) = [= age x 10-* Le amperspire totali cercate sono quindi: NI (totale) = 135 + 800 = 935 La forza magnetomotrice complessiva pud essere otte- nuta con qualsiasi valore dato ad I. Facendo, ad esempio, I = 1A, si dovra avvolgere la bobina con 985 | spire. Con una corrente I di 0,5 A occorrera un numero di 1870 spire e cosi via. ; La permeabilita . ed il flusso } che imteressano la nostra sbarra sono rispettivamente: BL 02 444 x 10—* Henry/m. H 450 © = BS =0,2 x 0,04 = 0,008 Weber . Il valore del flusso & adesso controllabile con la for- mula data precedentemente: NIS 935 x 0 @ = SER. 888 x O04 0,08 Weber. Tt ms (22 4 2,008 10-8 wa \s4a * 1256 Esempio di calcolo di un induttore a nucleo di ferro. Il caso di un induttore a nucleo di ferro, cosi come 2 realizzato in pratica, & sostanzialmente simile a quello della fig. 18, Anche qui e’é una bobina di N spire, attraversata da una corrente I, avente un circuito magnetico di lun- ghezza |, e di sezione S; il traferro pud esserci o anche mancare. Il nucleo generalmente é costituito da un pacco lamellare invece che da ferro pieno. Linduttanza di una bobina con nucleo di ferro com- pletamente chiuso é: N® N NI N7u8S b= =7* pa (in Henry) . Dalla curva di magnetizzazione, per H = NI/I; (la vor- rente deve essere nota), si ottiene il corrispondente valore dell’induzione B. Il rapporto B/H da il valore della per- meabilita p. Se si vuole ottenere una elevata induttanza con una corrente I pure elevata, & necessario evitare la saturazione del nucleo introducendo nel circuito magnetico un intra- ferro di appropriato valore. In tal caso la bobina presenta Pinduttanga: NVS ih Bo Bo Ne L=m = Sostituendo a la permeabilita relativa p, del mate- riale (spesso tabelle o grafici danno direttamente questo 47 valore della permeabilita), si ottiene: v2 2 2 2 Le 3S s _ a 8 _ 2 SONS ss sremry) ft 0 lt lf — sty ty (+4) 10 6 ete ob Gt Se le misure sono in cm, il risultato della formula va diviso per 100. II termine ,, da cui si pud avere p,, é rica- vato con un procedimento grafico che ora spiegheremo. Se tutte le amperspire disponibili fossero richieste dal ferro, si avrebbe in esso um campo: -43I ~Y Se tutte le amperspire fossero richieste dall’aria dell’in- traferro, si avrebbe in questo un campo ed una induzione: NI NI Wy 5; B= Nee ; Sul diagramma rappresentante la curva di magnetizza- zione del nucleo (vedi fig. 19) si segni sull’ordinata il punto M in corrispon. denza del valo- re H di cui so- pra, SulPascis- H f i sa si segni il ? punto N in cor- 2 rispondenza di 3 Hy. Congiun- 3 gendo M ed N mediante un segmento di ret- ta, si interseca Ja curva in un punto che chia. meremo P. Tl veri set campo = yalore dell’a- Fig. 19. - Metodo grafico per la determinazione scissa di P da il della induzione’ magnetiea. campo Hr effet- tivamente uti- lizzato per la magnetizzazione del ferro, ed i] valore del- 48 Vordinata di P da l’induzione effettivamente presente nello stesso ferro, -Bo i. . Dal rapporto i, si ottiene la permeabilita di lavoro B del materiale magnetico, e dal prodotto. B,S si rieava il flusso ® circolante in esso. La densité di flusso nell’intraferro & presso a poco uguale a quella del ferro. Le linee di flusso nell’attraver- sare lo spazio d'aria tendono a diradarsi, ma siceome ]*in- tervallo é molto piccolo 14 hes pai (oe 90 + Too Hi bs la diminuzione di densita @ minima. Esempio pratico: Si calcoli I’induttanza di una bo- bina come quella di fig. 20, ove 1,=30 em, 1,=0,08 em, N = 2400 spire, $ = 4 em’, 12025 A, Data la forma del lamierino, esi- stono due spazi di aria aventi eiascu- na lunghezza 1,/2. Si utilizei la curva di magnetizzazione mostrata in fig. 17. Incominciamo col calcolare le posizioni dei punti M ed N. Per il pri- mo si ha: Fig. 20, - Induttore a nucleo di ferro. NI 0,25 x 2400 = —u = H h 30 20 asp/em e per il secondo: NI _ 1,256 x 2400 x 0,25 = NT __ = 186 2400 0225 0 94 Wy mn? i, (im metriy 0,008 x 1g—* = 94 Wo/m 49 4, — Elementi di radioteenica. Traeciando-questi punti sui rispettivi assi della curva e congiungendoli, si ottiene il punto P Je cui coordinate sono: Hy, = 2,7 Asp/em B, = 0,82 W,/m*. T valori assoluti e relativi della~permeabilita sono: Bt 0,82 -— Bt __ 98 9,003 = 3000 x 10 * Henry /m = Fim Aspjm) 270— pw 3000 x 10-8 - ~ =» — SN ~ 2400 Oe, 1856 x 10 = Si pud ora caleolare V'induttanza della bobina: 2 1256 x 2400? X 4 3.13 Henry L= re + 0,0 ) 10 35 2400 Nota: In alcuni libri, specialmente stranieri, le unita magnetiche hanno nomi e definizioni diverse perché ba- santesi su sistemi di unita di misura diversi (C.G.S. op- pure GIORGI). Data la elementarita di questa trattazione si omette ogni cenno sulle differenze sostanziali ¢ sui ter- mini di confronto, Induttanze in serie ed in parallelo. Quando due o pitt bobine d’induttanza vengono colle- gate in serie l'induttanza risultante é data dalla somma delle induttanze individuali, sempreché le bobine siano u us 13 2 2 € la 4 ua > (4) ce) Pig. 21. - (a) Induttanse in serie; (b) Induttanae in parallelo 50 sufficientemente lontane le une dalle altre in modo da non subire l*influenza magnetica reciproca: Ly =I, + Ly + Lg4+......e “+ Da Per il collegamento in parallelo, alle stesse condizioni - di nessuna influenza fra i singoli elementi, |’induttanza totale é: 1 1 1 1 1 t,t,’ t,* tenes + = E per due sole induttanze in parallelo: ~u xl ~ L, + ly ly Mutua induzione tra due circuiti. Due circuiti si dicono magneticamente o mutuamente accoppiati. quando si verifica che, per la loro posizione reci- Proca, il campo magnetico creato da-uno di essi abbraceia anche I’altro. in modo-piii.o meno sensibile o stretto. L’accoppiamento pud essere pil o meno stretto a se- conda della distanza che separa i due circuiti e della per- meabilita del corpo interposto fra essi, Nella fig. 22 sono riportati aleuni-casi pia notevoli di accoppiamento, In (a) vengono mostrati due fili rettilinei tesi nell’aria ad una certa distanza. In questo caso l’aceoppiamento & qe) Fig, 22. - Cireuiti mutuamente accoppiati. 51 piuttosto lasco per il debole campo _magnetico che il filo induttore produce. : In (b) due bobine sono disposte sullo stesso asse, |’una attraversata da corrente e l’altra no. Se le spire sono ben serrate e se é piccola la distanza di separazione, il flusso comune alle due bobine é di valore prossimo a quello della bobina induttrice. Un piu stretto accoppiamento si verifica in (¢) ove il nucleo di ferro introdotto nelle due bobine permette, per la sua elevata permeabilita, un sensibile aumento nel flusso comune, ~ Tl massimo accoppiamente é ottenuto in (d) con un nu- cleo magnetico chiuso ove la dispersione di flusso ¢ minima, Di due cireuiti accoppiati si dice induttore quello da cui ha origine il fenomeno magnetico, cioé quello a cui appartiene il flusso generato, e indotto V’altro che riceve tutto o parte di questo flusso, Se agli estremi di un circuito indotto si applica un galvanometro, cic? uno strumento sensibilissimo indicatore di corrente, si osserva che nessuna f.e.m. viene accusata in esso finché la corrente che circola nel circuito induttore rimane costante, Facendo variare bruscamente, con un miezzo qualsiasi, Vimtensita della corrente induttrice, il galvanometro-subisce un guizzo indicando che un impulso di cotrente @ passato nel circuito dove esso @ inserito duran- te il tempo in cui @ avvenuta la variazione. L’indice dello strumento si @ spostato, poniamo, verso la destra per poi riprenidere la normale posizione di zero, Si faceia variare ora la corrente induttrice ne] senso opposto: cioé se prima si era creato un aumento di corrente si produca adesso una diminuzione della sua intensita, I] galvanometro indi- chera immediatamente un guizzo-di senso opposto al primo, con deviazione dell’indice verso sinistra. Se invece di applicare una corrente continua al cireuito induttore si applica una corrente alternata, eceo che una fem. permanente, avente le medesime caratteristiche della corrente itiduttrice, si genera nel cireuito indotto. La fe.m. indotta @ tanto maggiore quanto pit stretto & Vaccoppiamento fra i due circuiti, quanto pit ampie sono le variazioni della corrente induttriee e quanto pit brevi sono i tempi di queste variazioni. 52 __ Il coeficiente di mutua induzione 0 mutua induttanza (simbolo M) di due circuiti accoppiati si misura in henry come il coefficiente di autoinduzione. Fra due cireuiti vi 8 la mutua indutianza di un henry quando la variazione di una ampere al secondo della corrente in uno di essi genera nell’altro una f.em. indotta di un volt. pene Si prendano ora due bobine collegate in serie nello stesso circuito, in modo che fra di esse si abbia un accop- Piamento mutuo di valore M: ciascuna delle due bobine diverra sede di un proprio campo magnetico che andra ad influenzare quello dellaltra. Se le due bobine sono disposte assialmente e con i sensi degli avvolgimenti concordanti fra loro, i campi ma- gnetici rispettivi sono anche essi concordanti e si som- mano. [.’insieme si comporta come un’unica induttanza di valore: L,=L,+1L,+2M. Se le due bobine, ancora disposte assialmente, hanno sensi di avvolgimento opposti (fig. 23-b), sono opposti an- > > > + > ta) (e) Ce) Fig. 23. - Bobine aecoppiate in serie, che i relativi campi magnetici, i quali vengono dando lwogo ad una induttanza complessiva che L=L,+1,—2M. sottrarsi, , Questa situazione di contrasto si verifica pure nei casi di concordanza dei sensi di avvolgimento delle due bobine qualora il collegamento sia effettuato in modo che per una di esse la direzione del campo risulti invertita (fig, 23-c). | n Massimo accoppiamento fra due bobine collegate in serie si ha quando tutto il flusso prodotto dall’una é coneatenato con tutte Je spire dell’altra. In tal caso, per 53 36 sensi uguali od epposti dei campi magnetici, I’induttanza totale corrisponde a quella di una sola bobina avente un numero di spire pari rispettivamente alla somma o alla dif- ferenza delle spire delle due bobine. Senso opposto delle correnti indotte. Per una sola bobina si @ visto che ogni variazione di corrente nel circuito dove essa é inserita da luogo #d una fem. indotta la quale produce una corrente propria di senso tale da contrastare la variazione della corrente prin- cipale. Questo fenomeno é dovuto all’autoinduzione della bobina, cioé all’induzione della bobina su se stessa. Per una sola bobina si @ visto che ogni variazione di corrente nel circuito dove essa @ inserita di luogo ad una fem, indotta la quale produce una corrente propria di senso tale da contrastare la variazione della corrente prin- cipale. Questo fenomeno é@ dovuto all’autoinduzione della bobina, cioé all’induzione della bobina su se stessa. Lo stesso fenomeno & presente nel caso di due bobine mutuamente accoppiate. Se i sensi degli avvolgimenti sono uguali, il senso della corrente indotta o secondaria & op- posto o uguale al senso della corrente induttrice o prima- ria, a seconda che si produca un aumento o una diminu- zione dell’intensita di quest’ultima. Viceversa, se i sensi degli avvolgi- menti sono op- posti, il senso | 4 \ \ della corrente 123. secondafia é& uguale a quel- lo della cor- “ rente primaria quando si pro- Fig. 24. - Bobine nello stesso senso (a) ed in senso duce un ati ‘opposto (b). i mento di que- sta ultima, ed @ opposto quando si produce una diminuzione. La fig. 24 illustra l’andamento delle due correnti pri- maria e secondaria nei due casi di avvolgimento delle bo- bine, per una stessa variazione in awmento della corrente induttrice. : 54 37 ~~ Concetto di trasformatore. L'insieme di due bobine strettamente accoppiate, con © senza un nucleo magnetico comune, & chiamato trasfor- matore, La bobina induttrice @ detta avvolgimento primario © semplicemente primario; Valtra avvolgimento seconda- rio 0 secondario. : _ Nessuna f.e.m., e¢ quindi nessuna corrente, é otteni- bile dal secondario di un trasformatore quando nel pri- mario circola una corrente continua costante. Perché un trasformatore possa funzionare occorre, percid, che la sua corrente primaria abbia delle variazioni periodiche di in- tensita. jormalmente i trasformatori vengono alimentati con corrente alternata (abbrev. c. a.) Ja quale, per le sue ca- ratteristiche precipue, @ pii adatta a produrre un campo continuamente e regolarmente variabile. In casi partico- lari, perd, anche la corrente di un generatore a corrente continua (abbrey. c.c.) pud essere convenientemente uti- lizzata in un trasformatore se la si riduce ad impulsi ritmici mediante periodiche e rapide interruzioni o variazioni ra- pide di intensita. Un modo di generare una corrente pulsante 2 quello indicato dalla fig. 25. Immaginiamo che in questo circuito Fig. 25. - Generazione di corrente pulsante e diagramma Ip. I interruttore i sia azionato meccanicamente e produea, per esempio, 20 aperture e altrettante chiusure al minuto se. condo. La corrente circolante ad interruttore chiuso sara L E/R, (trascurando la resistenza interna della batte- ria di pile e quella del trasformatore a nucleo di ferro), quella ad interruttore aperto 1, = E/ jae 1+ R,. La varia. 55 rione I, — I, genererh un campo variabile nel primario di T, e la corrente risultante Ip, da cui esso sara attraver- sato, avra l'andamento illustrato nel diagramma. ‘Tl numero degli impulsi sviluppati al secondo corri- sponde ovviamente al numero delle interruzioni fatte nello stesso tempo. Questo numero viene chiamato frequenza, e Tintervallo di tempo fra due impulsi consecutivi & detto periodo. La forma arrotondata degli impulsi é dovuta all’impos- sibilita di far agire istantancamente J'interruttore, e dalla presenza d'induttanza nel cireuito. Questa induttanza, per le proprieta gia note, si oppone alle rapide variazioni di intensita, per cui la corrente non pud raggiungere immedia- tamente il suo valore massimo o minimo, ma impiega un certo tempo a compiere le sue escursioni. Se nel circuito di fig. 25 si escludesse Ja resistenza R,, gli impulsi diverrebbero molto pit forti perché la corrente I passerebbe quasi istantaneamente dal yalore zero al va- lore I,. Nel secondario, percid, la f.e.m, manifestantesi sarebbe altrettanto maggiore. In un trasformatore la tensione indotta nel secondario & proporzionale al rapporto delle spire fra i due circuiti primario e secondario. Se nel trasformatore T di fig. 25 si facesse molto ele- vato il numero delle spire secondarie ¢ si aumentasse la frequenza delle interruzioni a qualche centinaio di periodi al secondo, la tensione indotta potrebbe divenire grandissima. Questo principio @ adottato comunemente nei vibra- tori, che sono dispositivi elettrici atti a generare correnti alternate utilizzando J'energia c. c. degli accumulatori negli spinterogeni che utilizzano Ja stessa forma di energia producendo I'elevata tensione necessaria per generare lx seintilla di aecensione nelle candele dei motori a scoppio. 56 CAPITOLO II. CORRENTI ALTERNATE 38 ~~ Generalita. 39 | Con il termine corrente alternata, viene definita qual- siasi corrente soggetta ad inversioni periodiche di senso e a variazioni periodiche di ampiezza (oscillazioni). Un fenomeno si dice periodico se si ripete ad intervalli regolari di tempo. Ciascun intervallo & detto periodo (sim- bolo T), ed il numero dei periodi che si succedono in un secondo é@ detto frequenza (simbolo f). Tl periodo (0 ciclo) si esprime in frazione di secondo. Esso @ l’inyerso aritmetico della frequenza pal, Una corrente, per esempio, che compie 50 oscillazioni complete in un secondo, ha un periodo di 1/50 di secondo; una che ne compie 1000, un periodo di 1/1000 di secondo. | La corrente alternata, sia che ci si riferisca alla ten- sione, sia che ci si riferisca alla intensita, presenta sempre Jo stesso valore ad ogni intervallo di tempo corrispondente ad un periodo. "Nel corso del periodo, perd, questo va- lore é in continua variazione passando da zero ad un mas- imo ¢ susooeslyemente da questo valore a zero, quindi mente ad un i: i Ruovamente massimo (nel senso opposto) e poi an- Valore istantaneo e valore efficace. Osservando la fig. 26, che mostra la forma d’onda di una corrente alternata sinusoidale, si. nota che l’andamento della corrente (identico a quello della tensione) presenta due massimi di ampiezza uguali. Per convenzione. si-in- dica massimo positivo quello rivolto verso I’alto, e massimo negativo quello rivolto verso il basso, , 57 Ciascuno dei due massimi @ raggiunto passando dal massimo precedente altraverso il valore di zero. \ Il particolare valore che assume una corrente alter- nata in un parti- colare istante del suo ciclo di va- riazione, viene A chiamato valore Ae istantaneo. é Tl valore i- é stantaneo di una 5 grandezza sinu- soidale dopo 1/8 di periodo a par- Fig. 26, ~ Forma d'onda di una on tire dal valore zero della gran- dezza, corrisponde al valore efficace. Il valore istantanco dopo 1/4 di periodo, sempre partendo da zero, corrispon- de al valore massimo o valore di punta (si dice anche va- lore di picco o di cresta). . JI valore efficace ha notevole importanza perché nella pratica ci si riferisce ad esso quasi sempre. Gli strumenti di misura indicano generalmente i valori efficaci delle ten- ioni elle correnti. . rome corrente allernata produce gli stessi effetti calo- rifici di una data corrente continua se il suo valore efficace ha la stessa misura della c. c. considerata, ‘Tra i valori massimo ed efficace di una corrente alter- nata sinusoidale esistono le relazioni: tw LAL Teg da cui Tyg = 0,707 Tmax 7 Vinax Tinax Vinx = 1,41 Ver da cui Veg = 0,7 Fase. Non si possono comprende bene i fenomeni derivanti dalla corrente alternata se non si impara ad interpretare il termine « fase ». Questa parola essenzialmente significa « tempo » o intervallo di tempo fra Tistante in cui ha ini- zio un certo fenomeno e |'istante in cui ha inizio un altro fenomeno legato al primo. 58 La fase pud essere espressa in qualsiasi unita di tempo, ma generalmente la si esprime in funzione dello stesso pe- riodo come frazione semplice di esso. Oppure, si pud pen- sare di dividere il tempo corrispondente ad un ciclo intero di variazione di una corrente o tensione in 360 parti o gradi, ed esprimere una frazione ci questo tempo con un numero proporzionale di gradi. La fase, cioe l'intervallo di tempo (0 cid che vi cor: sponde) entro cui le due grandezze considerate assumono va- lori corrispondenti, pud essere in anticipo oppure in ritardo. Nei circuiti a corrente alternata sia la tensione che Vintensita cambiano continuamente di valore, ma non sem- pre la massima o la minima ampiezza dell’una coincide con la massima o minima ampiezza dell’altra. Dite che in un circuito la tensione é in fase con la cor- rente, significa che nell"istante in cui si verifica il massimo della tensione, in un senso o nell’aliro, anche la corrente raggiunge il suo massimo dello stesso segno. I valori di zero, inoltre, sono assunti contemporaneamente. Questo av- viene quando ‘il circuito utilizzatore & una resistenza pura, cio’ non contiene né induttanze né capa v Fig. 27. - Corrente e tensione in fase in un cirenito resistive. Il diagramma riassuntivo della tensione e della cor- rente in un circuito contenente solo resistenze ha l’aspetto visibile in fig. 27. A fiance del diagramma ¢ riportata la rappresentazione vettoriale. I due vettori OI e OV, aventi lunghezze proporzionali alle ampiezze (massime od effi- 59 AL caci) di I e di V, coincidono in direzione e senso e sono considerati ruotanti intorno al punto O nel senso antiora- rio con yelocita costante corrispondente ad un gire per periodo. Vl diagramma indica che le ampiezze massime ri- sultano in corrispondenza di 90° ¢ di 270°, ossia rispetti- yamente dopo 1/4 e dopo 3/4 dello stesso intervallo di tempo a partire dal valore zero iniziale. Praticamente si pud ritenere che il fatto accennato esi- sta ogni qualvolta il carico sia costituito da lampade di jlluminazione, stufe eletiriche, fornelli od altre apparec chiature di riscaldamento, nonché da resistenze vere e pro- prie costituite in modo da presentare reattanza trascura- bile almeno per la frequenza della corrente usata. Reattanza induttiva. Vediamo ora di esaminare cosa aceade in um circuito puramente induttivo, cio® contenente solo della induttan- za, E questo un caso del tutto teorico perché qualsiasi bo- hina, essendo formata da filo metallico, presenta sempre anche un po’ di resistenza ohmica, Tale circuito ideale, se fosse attraversato da c. co- stituirebbe un corto circuito perché nessun ostacolo si op- porrebbe al passaggio della corrente, Lo stesso circuito, perd, quando @ percorso da ¢. a., trova nella bobina una f.e.m. di autoinduzione la quale @ uguale e contraria alla f.e.m. applicata, e si oppone a quest’ultima, creando un ostacolo al passaggio della corrente. L’ostacolo offerto dalla bobina si chiama reattanza induttiva (simbolo X,) e si mi- sura in ohm come se fozse una vera e propria resistenza. La reattanza di una bobina 2 proporzionale alla sua induttanza e alla frequenza della corrente che la attraversa. Essa si pud caleolare con l’espressione: Xyp=2rih La intensita di corrente in un circuito ¢. a. contenente solo induttanza pud essere data dalla legge di Ohm qua- lora al posto del termine R si metta Xi: Vv Vv (L in Henry, f in per. /sec.) 60 42, In_ questo caso, perd, la corrente o la tensione non sono piu in fase tra loro, ma é dimostrato che la prima é sfasata rispetto alla seconda di 1/4 di periodo (90°) in ri- tardo. Cié significa che la corrente compie il suo ciclo di variazione von un ritarde di 1/4 di periodo dopo l'inizio del corrispondente ciclo della tensione. ' La fig. 28 da il diagramma illustrativo dello sfasamento in questione, con la relativa rappresentazione vettoriale. Si pud osservare che la reattanza induttiva non da Iuogo a dissipazione di energia come avviene per una re- ampexze Fig. 28. - I ritarda su V in un cireuito induttive, sistenza ohmica. Infatti, mentre la corrente trova nella re- sistenza di un conduttore una specie di attrito che ostacola il libero scorrere degli eletironi, in una induttanza esiste soltanto un fenomeno di inerzia che ritarda tale scorrimen- to, Nel circuito puramente induttivo si stabilisce uno scam- bio di energia fra generatore e carico: quando la corrente @ in aumento il circuito rieeve energia dal generatore, e quando la stessa é in diminuzione il circuito reatituisce t0- talmente energia assorhita dal generatore, Reattanza capacitiva. Al paragrafo 24 si @ detto che una corrente di carica atlraversa per un certo tempo il circuito dove é@ inserito un condensatore finché non si sia stabilito sulle sue arma- ture una differenza di potenziale uguale a quella esistente 61 ai morsetti della batteria. Dopo questo tempo la contro- tensione ai capi del eondensatore impedisce ogni ulteriore io di corrente. - : . , pei condensatore viene inserito in um circuito alimen- Lato da corrente alternata, la cariche e le seariche ‘si suc: cedono continuamente dato che, ad ogni mezzo periodo si jnverte la tensione applicata: nel circuito stesso si stabi- lisce cioe un regime di corrente alternativa come se al po- sto de] condensatore vi fosse un resistore equivalente. La corrente nel cireuito @ qui limitata dal fatto ehe la controtensione che si sviluppa ai capi del condensatore ad ogni carica ostacola la corrente stessa. A tale ostacolo si aa il nome di reatanza capacitiva (simbolo Xe), ¢ 1a mi- sura di essa si effettua ancora in ohm. La reattanza di un condensatore é inversamente propor- zionale alla sua capacita ed alla frequenza della corrente che lo attraversa. . Essa @ calcolata mediante l’espressione: xX, (f in per./sec., C in Farad) il ° axtO L’intensita della corrente in un cireuito contenente solo capacita @ data ancora dalla legge di Ohm sostituendo X, ad R. Giod; _v ~ Xe ‘Anche in questo caso ¢’é uno sfasamento della cor: rente rispetto alla tensione ma, contrariamente al circuito induttivo, questo sfasamento di I su V risulta:in anticipo. I =2nfCV. ampierze Fig. 29. - T anticipa su V in un eirenite capacitive. Come si vede nella fig. 29, la corrente @ massima nel cireuito eapacitive quando la tensione & zero, ¢ viceversa @ nulla quando la tensione raggiunge il ‘suo massimo. Cid é@ dovuto al fatto che col crescere della tensione del ‘¢ir- ecuito cresce anche la controtensione ai capi del condensa- tore, A carica completa le due tensioni si uguagliano e la corrente si riduce a zero. All’inizio del ciclo di tensione il condensatore é@ scarico e percid la corrente nel cireuito é massima. Anche nel circuito capacitivo non c’é dissipazione di energia perché all’atto della scarica il condensatore cede al generatore tutta l’energia accumulata durante la carica. Impendenza. La presenza contemporanea nello stesso circuito di in- duttanza e resistenza, oppure di capacita e resistenza, op- pure di tutte e tre le cose insieme, forma per la corrente alternata un ostacolo. di natura complessa che si misura sempre in ohm e a cui si-da il nome di impedenza (sim- bolo Z), Comunque sia il cirenito, la legge di Ohm & sempre valida purché si sostituisea ad R il termine Z, Si pud quindi serivere: I=p da eui V=ZI oppure Z =~ Analizziamo separatamente i tre casi enunciati nella loro forma pit comune. a) Induttanza e resistenza. Si consideri un circuito come quello della fig. 30 comprendente una induttanza L con in serie-una resistenza R. Il generatore abbia la fre- quenza di 50 p/s. La tensione- V: applicata ai due elementi- del circuito da luogo a una corrente I che, attraversando )’induttanza, pfoduce. una cadufa V;,=2xfLI, e, attraversando la re- sistenza, una caduta Vz = RI. Queste due differenze di potenziale sono sfasate fra loro di 90° e percid non si-possono sommare nel modo comunemente inteso nella aritmetica. Infatti, mentre-nel- 63 L’elemento resistivo la corrente é in fase con il potenziale Vz in quello induttiyo la stessa corrente ritarda con il poten aiale V,. Quest’ultimo si trova, quindi, in anticipo ri spetto a VR. Rappresentiamo detti potenziali con due vettori Oo: ed OC lunghi proporzionalmente e disposti come in fig. 3¢ ore A Fig. 20, - Cireuite con R ed L in serie e sua rappresentazione vettoriale. La diagonale OB del parallelogramma OABC 2 la risul- tante delle due componenti di tensione. Essa rappresenta in grandezza e senso la tensione V agente nel circuito, Applicando il teorema di Pitagora ad uno dei due triangoli OBC ed OBA si pud serivere: V? = (RI)? + (K&, T?. Sostituendo a V il valore corrispondente Z I, essendo Z V'impedenza del circuito, ed effettuando i quadrati dei ter- mini in parentesi si ha: Zt=RP4 X# da cui 4=/R* + Xp. Come si & potuto constatare, dovendo sommare gran- dezze sfasate fra di loro di 90° occorre pracedere col metodo della cosiddetta somma vettoriale. Resta ora da vedere quale é la relazione di fase fra la tensione totale V e la corrente I del eircuito. Sempre riferendoci al diagramma di fig. 30, supponia- mo che il vettore relativo alla caduta Vp, sia stato preso, anziché in una direzione acbitraria qualsiasi, lungo la di- rezione che rappresenta il senso della corrente I. Cid é possibilissimo perehé Vz é in fase con I, 64 Il vettore risultante OB si.trova spostato in anticipo (per una convenzione rappresentativa rispettata finora) di un angolo g rispetto a Vpz- Questo ci dice che la tensione V del circuito anticipa dello stesso angolo ¢ rispetto alla cor- rente I. Tale angolo é minore di 90° ed @ ricavato dalla relazione trigonometrica: Vu _ X,I _X, _2xfh ti = = = SS = amee—y RI R RB Sin qui si @ supposto che R sia una resistenza voluta- mente introdotta nel circuito. Si pud, pero, intendere che essa sia semplicemente contenuta nella bobina sotto forma di resistenza globale. Cid consente di affermare che in un circuito induttivo lo sfasamento fra tensione e corrente & sempre inferiore a 90°, tendendo a questo valore limite col progressive diminuire di R, cioé col migliorare delle ‘qua- lita costruttive della bobina (minima resistenza del condut- tore, massime proprieta isolanti del supporto e del mezzo in cui la stessa viene a trovarsi). Tl rapporto X;/R viene chiamato fattore di merito (sim- bolo Q) della bobina, stando ad indicare in quale misura c vy = et oa a) / c Fig, 31, -\Gireuito con R e C in serie e sua rappresentazione vettorale. la resistenza di perdita (considerata in serie) della stessa € inferiore alla reattanza induttiva. bh) Capacita e resistenza. Si consideri un cireuito come quello di fig. 31 composto di una capaciti C e di una re- sistenza R, La frequenza sia ancora 50 p/s. La tensione V 65 provoca una corrente I’ che nella resistenza produce una caduta Vp = RI, e nella capacita, a causa della reattanza del condensatore, uma caduta Vg = X¢ I. Le due tensioni parziali sono sfasate fra loro di 90° ¢ Ja prima & in anticipo sulla seconda, Cid si spiega tenendo presente che la cor- rente @ in fase con Vp ed é in anticipo su Vo. Dire che I anticipa su Vc @ come dire che V¢ ritarda rispetto ad L cioé rispetto a Vz. Anche nell’esempio attuale Ja tensione risultante cor- risponde alla somma vettoriale delle due cadute; parimenti si pud dire che l'impedenza dell’insieme @ data dalla som- ma yettoriale della resistenza e della reattanza capacitiva, Si hanno allora le formule: v=aV%RTVE Z=+/R 4+ X?. Similmente a quanto @ stato detto per il cireuito in- duttivo, si pud prendere il vettore OA nella stessa dire- zione di I. L’angolo ¢ tra OA e OB rappresenta allora lo sfasamento fra V ed 1. Si pud quindi dire che la tensione totale applicata al cireuito ritarda dell'angolo 9 rispetto alla corrente. Tale angolo, sempre minore di 90°, @ rica- vato dalla relazione: ~Xe_Xe__i nee VR SntcR’ Anche nel caso del circuito capacitive si pud inten- dere che la resistenza R sia implicitamente contenuta nel condensatore sotto forma di perdite varie dovute ai ter- minali, al dielettrico, alla resistenza ohmica delle arma- ture, ecc. Riducendo queste perdite, Vangolo g aumenta tendendo ai 90° teorici. Il rapporto Xe potrebbe indicare, similmente al fat- tore di merito Q delle bobine, la bonta del condensatore, ma in pratica si preferisce esprimere tale requisito con un termine detto fattore di potensza il quale corrisponde al coseno dell’angolo @ determinato ad una certa frequenza di prova. 66 Altre volte si esprime la bontd di un condensatore ri- ferendosi all’angolo complementare di 9, chiamato angolo di perdita (simbolo 3), di cui si da la tangente. In sostan- za, data la piceolezza di § rispetto a 9, i due fattori cos 9 e tang 3 si possono ritenere uguali. Quest’ultimo, pero, & pit facilmente esprimibile in funzione di C e di R Dal triangolo OBC di fig. 31 si ricava: tangs — 2-2 enter —~ a= =2n . ee Ne Xo Come si pud constatare, tang 3 non é che if recipraco di tang 9. Taserra III - LIMITI DI PERDITA DEI CONDENSATORI RADIO frequenza, di prova TIPO lp = vot — 3 7 | Condensatori_elettrolitici fnoa50V.. . c/s | 0,30 16° 40° | 73° 20° Condensatori_elettrolitici oltre 200 V . . . «| 100¢/s) 0,10 be 45’ | 840 15" Condensatori fissi a carta | 1000 ¢/s | 0,01 35" 89° 25° Condensatori fissi a mica | 1000 c/a | 0,002 Tv 80° 53” Condensatori variabili ad aria + + + +] 1000e/8| 0,001 3’ 40" | 89° 56’ cirea c) Induttanza, capacité e resistenza in serie, Si arriva infine al easo della fig. 32 che comprende tutti e tre gli ele- menti cireuitali di cui si @ parlato finora, e cioé resistenza, capacita ed induttanza. Anche qui si ha una corrente circolante I, determi- nata dalla impedenza globale dei tre diversi elementi, la quale da Iuogo a tre componenti di tensione Vz, Ve e Vi proporzionali rispettivamente ad R, X¢ ed Xz. Le due reattanze X, ed Xz sono di senso opposto per cui anche le rispettive cadute di potenziale sono fra loro contrastanti. Se Le C sono elementi puri, questo contrasto, espresso in termine di fase, & di 180° esatti. La tensione Vz dovra allora combinarsi vettorialmente con la differenza al- 67 gebrica dei due valori Vy, e Vo,.¢ la tensione totale V sara spostata di fase rispetto alla corrente J di un angolo 2 rispettivamente in anticipo o in ritardo, a seconda che pre- ve Me ay wy wave Fig. 12, - Cirewito con R.L.C, in serie e dingrammi vettoriali valga nel cireuito la reattanza induttiva o quella capaci- tiva. Ne] primo caso si avra: ee _ Vu ve VVE + —V)* + tame a= Re e nel secondo: Vo— Vi vaVvVE+ve—Vy) + tems P= Operando in modo analogo con le reattanze € la resi- stenza, si ottengono le formule: i Xy— Xe Za VR (kr — Xu)? : tang 9 = ER oppure: B= VR tke Xa)? 5 tang p= Caso particolare: pud avvenire che alla frequenza del generatore che alimenta il circuito le due reattanze X;, ¢ Xc si uguaglino, In tale circostanza Xy—¥o-0 ; Xo—X,—0 e tutto si semplifica perché unico elemento a limitare la corrente é la resistenza R. La corrente stessa rimane in fase con la tensione applicata e l'insieme si comporta come un circuito semplicemente resistivo. In questo caso si dice che il circuito @ in risonanza; Vimpedenza di esso @ data dalla sola resistenza R e la cor- rente circolante é massima. La stessa situazione pud verificarsi per qualsiasi coppia di valori di Te di C qualora si faccia variare la frequenza de] generatore fino ad ottenere il particolare valore di f per cui si ha l’uguaglianza di Xp con X,. In linea generale, dato un circuito comprendente in serie le R, L, C e data una frequenza li lavoro f, le due reattanze X; ed X¢ non sono uguali. In questa ipotesi oceorrera distinguere fra due sottocasi: X¢ prevale su Xj, (Cf > f,), ed allora il cireuito @ prevalentemente induttivo e la corrente ritarda rispetto alla tensione; X¢ prevale su X, (£ < {,), ed allora il cireuito é prevalentemente capa- citivo ¢ la corrente anticipa rispetto alla tensione. In en- trambi questi sottocasi, perd, la corrente é inferiore a quel- Ja di risonanza e |’entita di essa & tanto pit piccola quanto pitt discosta & Ia frequenza di lavoro da quella risonanza. Quando in un circuito come quello di fig. 32 si porta la frequenza del generatore al valore f, di risonanza, la corrente di I diventa massima e il suo valore dipende esclusivamente dal valore di R. Cid premesso, ed intendendo col termine R la resistenza complessiva di perdita dei due elementi reattivi, si pud dire che la corrente nel circuito sara tanto maggiore quanto pitt alto @ il fattore di merito della bobina e quanto pit basso @ ’angolo di perdita del condensatore. Che @ come dire; quanto pit alto @ il Q totale del circuito (Q = x essendo X una qualsiasi delle due reattanze). 69 L'andamento della corrente in un circuito risonante in serie pud essere dedotto. dalla fig. 33 ove sono date piit curve sovrapposte ottenute per diversi. valori di Q. corrente 4 -30 20 -10 O ‘+10 +20 +20 variazione percent dif rispetto ad fo Fig. 33. - Curve di risonanza di cireuito R.L.C. in serie. Resistenza equivalente in parallelo. L'imperfezione di un condensatore o di una bobina pud essere espressa anche in termini di resistenza posta in parallelo al condensatore o alla bobina, Il valore di questa résistenza, come quella considerata in serie, dipende dalla frequenza del circuito e rispettivamente dalla capa- cita o induttanza. Distinguendo ‘on R, ed R, le due forme con eui & possibile esprimere la resistenza di perdita di-un elemento reattivo, & stato visto che per le bobine: a Xn ni _ Xt tang’ e “Rk, da cui R, = lane 9 e per i condensatori: _ Xeon omR . x tang 9 = , oo = tang 9° 7 Le formule che danno le resistenze equivalenti paral- lele sono molto simili a quelle testé scritte: Rp Xz tang @ per le bobine Rp = Xp, tang @ per i condensatori. Sostituendo nei due casi a tang@ i termini pit ado- perati Q e tang §, si ottengono le espressioni: Ry, = X1Q=27fLQ per le bobine — Xe _ i . A Rp = tang 3 ~ Dnf0t,8 per i condensatori . Trai valori di R ed R, esistono le relazioni dirette: R, = R, Q* per le bobine R, = omy 3 per i condensatori . Si.pud osservare che, mentre nel caso della resistenza serie si ottengono’bassi valori ohmici dovuti al rapporto X/tg @, entrambe queste grandezze essendo generalmente maggiori di 1, nel caso della resistenza parallelo i valori ohmici corrispondenti sono alti perché fra le stesse gran- dezze si esegue un prodotto. Come criterio di orientamento diciamo che i valori pratici di R, sono:compresi fra pochi chm ed alcune decine di ohm, mentre quelli di R, variano da aleune migliaia a parecchie centinaia di migliaia di ohm. Naturalmente, a resistenza serie di piccolo valore corrisponde una resi- stenza equivalente parallelo di grande valore, o viceversa, Circuiti oscillanti. Si & parlato della resistenza equivalente parallelo per- ché essa ricorre sovente nei circuiti radio, detti circuiti oscillanti o risonanti, per determinare la perdita comples- siva di una induttanza e di una capacita poste in parallelo ad un generatore, anziché in serie, e risonanti con la fre- quenza di esso. n Si esamini in dettaglio il cireuito parallelo R,, L, C, di fig. 34. La tensione V del generatore fa scorrere nei di- versi elementi tre componenti di correnti che sono rispetti- vamente Ip = V/Ry, I, = V/Xi, Ic = V/Xe. La compo- Te he IR -Wpo-s wl tc A WT v t t ° ‘oe | I o —— he te ~~ ta IW) h bb — te w ~ Taal t 1 . ns YY le> i ke teak Fig. 34. - Cireuito risonante parallelo e diagrammi vettoriali delle correnti. nente resistiva Iz é in fase con V, mentre le due compo- nenti reattive I, ed Ig sono la prima in ritardo di 90° e la seconda in anticipo di 90° rispetto a V, e quindi rispetto a Ip. In sostanza le due correnti Ip ed Iy, sono in opposi- zione di fase e cid che conta é la differenza di esse, Com- ponendo yettorialmente la differenza algebrica Ig — I, eon la corrente I, si ottiene la corrente totale I di tutto il circuito. Tale corrente totale sara in anticipo su V di un angolo @ se prevale la corrente del ramo capacitive, sara in ritardo su V se prevale la corrente del ramo induttivo, e sara infine in fase rispetto a V (@ = O) nel caso di riso- nanza del circuito. Con il solito procedimento si ricavano i valori: <<< Ib—l 1=VE +o—h tee= = per Ig>Ty, ciod Ko< Xy. 12 oppure: I=-VE+G—l* tee per Ip Xz. = keke In Per caleolare l’impedenza Z del circuito parallelo in- dipendentemente dalla corrente I (si potrebbe fare sem- plicemente X = V/I) occorre costruire un diagramma avente come vettori i-recipro- . ci dei valori di R,, di Xe e di Xz. Disponen- do tali vettori nelle po- sizioni corrispondente- mente occupate dalle correnti omonime nella fig. 34, si ottengono dei diagrammi del tut- to simili a quelli gia dati ove, al posto della risultante I, viene a trovarsi la risultante 1/Z, chiamata ammet- Fig. 35. - Ammettenza di un cireuito parallelo, enza (inversa della impedenza). Infatti, le tre correnti parziali V/R,, V, V/Xz divise per V danno i tre vetteri propordienal ne 1/X¢ e 1/X;. L’angolo @ rimane uguale. , Dalla fig. 35 si ottiene immediatamente: (=e) Ves L'angolo di fase pud essere ricavato dalla espressione che segue, anche essa dedotta dalla fig. 35: Ja cui: ja_1 xX, 1 1 tang p = _—* =k, (z-z3 ert ARE, ‘> 73 Se la frequenza del generatore & quella di risonanza del circuito, i due termini Xz, ed Xo si uguagliano, lim. pedenza diventa minima, Ja corrente @ massima. Detta corrente viene a dipendere esclusivamente dal termine Ra che in questo caso pué rappresentare la resistenza paral- Jelo- di perdita globale del condensatore e della bobina. Migliori sono i fattori di merito di questi componenti e minore sara tale corrente. Nella fig. 36 si danno le curve di risonanza, ottenute Ka Le 200 pH _| #200 pr fo2800Kefs IMPEDENZA DEL CIRCUITO Ww ANGOLO DIFASE TRA TENSIONE & CORRENTE 730 780 770 780 790 800 @10 820 630 BAO 880 FREQUENZA IN Ke/s Fig. 96. - Impedensa od angolo di fase di un cireuito risonante parallelo, 74 . per diversi valori di Q, di un circuito oscillante avente de- terminati lavori di L e di C. Sulla scala délle ordinate sono riportati i valori dell’impedenza Z e su quella delle ascisse la frequenza £ del generatore che viene fatta va- riare in piii ed in meno della frequenza di risonanza f,. Viene dato, nel contempo, anche l’andamento della fase per il particolare valore di Q = 100. I valori di Z e di ® fuori risonanza sono stati calcolati col presupposto che il Q del circuito rimanga costante per tutto il campo di escur- sione di f. Questo presupposto, d’altronde, @ abbastanza logico data la ristrettezza della zona interessata dalle curve. Costanti oseillatorie. Dalla condizione di disonanza Xp = Xj, si pud stabilire il valore della frequenza di risonanza in dipendenza dei valori L e C nel eircuito. Infatti si pud serivere: 1 —— =? Inte ri da cui: L=2rnfC x2nfL—47'fLe eioé: tf. 2nVLO Mantenendo costante il prodotto L C anche il yalore di f rimane costante. Tale prodotto si chiama costante oscil- latoria. Questo ci dice che, se un particolare valore d’in- duttanza abbinato ad un particolare valore di capacita pro- duce risonanza rispetto alla frequenza {, aumentando il primo e diminuendo proporzionalménte il seeondo la fre- quenza dell’insieme non cambia. Lultima formula data @ di partieolare importanza, Mediante essa @ possibile ricavare I, conoscendo C ed £, 5 47 € ricavare C conoscendo L ed f: 1 l= TeFo 1 > TFL L in henry, C in farad, { in cicli per secondo. Per i circuiti risonanti adatti al campo delle radioonde la frequenza si misura abitualmente in migliaia o milioni di cicli al secondo. I simboli abbreviati di tali unita sono: Ke/s = chilociclo per secondo — 1000 cicli per secondo Me/s = megaciclo » » = 1000000 » » » Inoltre, sempre nello stesso campo, i valori normalmente usati d’induttanza e di capacitd sono piuttosto piccoli e vengono espressi pereid pi comodamente con le unita pH e pF (ricordiamo: pH = 10“ H, pF = 10“ F). Cid premesso, la formula precedentemente data della frequenza di risonanza prende le forme: = 0% _ 180.200 (L in pH, C in pF, f in Ke/s) 628/LO VLG 10-8 159,2 = = sina, Cin pF, f in KeJs) 628 /LO VWLe ’ , Le formule per Le C diventano: 25330 25330 J Re Bi (Le C come sopra, f in Me/s) . Sovratensione nei circuiti risonanti. Abbiasi un circuito formato da un generatore, da una bobina e da un condensatore disposti in serie. Se il gene- ratore funziona alla frequenza di risonanza del gruppo LC, le tensioni ai capi della bobina e deb condensatore possono salire a valori molto alti e maggiori in ogni caso della tensione V applicata al circuito, Cid & dovute al fatto che la corrente, in conseguenza delle basse perdite degli 76 48 elementi reattivi, pud raggiungere, alla risonanza, ampiezze relativamente elevate; Le due differenze di potenziale V;, e Ve _perd sono im opposizione di fase e si equilibrano. Il rapporto tra una delle due tensioni reattive e la ten- sione del generatore é uguale al rapporto tra la reattanza di uno dei due elementi e la resistenza serie di perdita del complesso. Questo significa che il coefficiente di sovraten- sione corrisponde al Q del circuito, Si pud scrivere allora: 2 Vo= Va = BE —ay. Esempio: Si consideri un circuito serie costituito da un generatore che fornisce una tensione alternata di 50 volt, da una induttanza di 100 wH e da una capacita di 4000 pF. La frequenza di risonanza é: _ 159200 =~ 80 Ke/s, 1000 x 4000 ‘ Se il generatore funziona a questa frequenza e se il Q del circuito é 20, si ha: Vo = Vi = 20 x 50 = 1000 volt. Q di un cireuito risonante. Tl fattore di merito di um circuito risonante conside- rato nel suo insieme, almeno per frequenze fino ad un certo valore, dipende prevalentemente dalle perdite loca- lizzate sull’induttanza. Un buon condensatore ad aria o mica ha generalmente perdite che sono trascurabili ri- spetto a quelle di una normale bobina. Stabilito pertanto, mediante misura diretta o altro sistema, il Q di una certa bobina, si pud ritenere, con sufficiente approssimazione, che il Q del circuito in cui essa verra inserita avri presso a poco lo stesso valore se non saranno presenti altre per- dite di importanza notevole. Si @ visto precedentemente che il Q di una bobina & il rapporto tra la sua reattanza e Ja sua resistenza di per- dita considerata in serie. Entro certi limiti, aumentando le spire di una bobina Je perdite aumentano meno rapida- WW 47 mente della sua reattanza. Per questo motivo i cireuiti ri- sonanti a Q elevato si fanno generalmente con un’indut- tanza relativamente alta in relazione alla frequenza con- siderata. Quando peré un circuito risonante fornisce energia ad un.carico resistive Z posto in parallelo ad esso, le perdite del circuito stesso diventano, nella maggior parte dei casi, trascurabili rispetto al carico. Questo avviene particolar- mente nei circuiti risonanti usati negli apparati trasmit- tenti. Se la peienza dissipata nel carico @ almeno dieci volte maggiore di quella & issipata nella bobina e nel con- densatore, si pud ritenere praticamente che l’impedenza effettiva dell’insieme sia eguale al carieo stesso. In queste condizioni il Q del cireuito caricato diventa: a=5 dove Z @ il valore dell’impedenza resistiva del carico ed X la reattanza della bobina o del condensatore alla fre- quenza di risonanza. Come si pud facilmente argomentare da questa for- mula, il Q dei circuiti caricati da una resistenza bassa in parallelo aumenta quando si diminuiscono le reattanze della bobina e del condensatore, cioé quando si usa un Ht to _. alto rappo: L Fattore di potenza di un circuito reattivo. Si abbia un circuito contenente un’induttanza L ed una resistenza R disposte in serie ad un generatore di cor- rente alternata avente frequenza 50 p/s e tensione 200 V. Siano L ed R rispettivamente 0,4 H e 80 Q. L’impedenza risultante é: h= VB TE = FG xB KOAp = 90. La corrente. nel circuito assume il valore dato dal rap- porto V/Z e precisamente é: 200 I= io 7 1,34 Amp. 78 50 Se il circuito fosse completamente resistivo, tale cor- rente farebbe pensare alla dissipazione di una potenza di 200 x 1,34 = 268 watt. In effetti, solo la resistenza dissipa energia e questa é nella misura reale di: PR = 1,34? x 80 = 144 W. Il prodotto VI del cireuito viene chiamato potenza appa- rente e si esprime in volt-ampere. La potenza non consu- mata che agisce sulla bobina, creandone il campo magne- tico, viene detta potenza reattiva, Nel caso attuale tale potenza reattiva é: P, = 1? X; = 1,34" x 6,28 x 50 x 0,4 = 226 volt-ampere Tl rapporto tra la potenza assorbita e quella appa- rente corrisponde al fattore di potenza del cireuito (altri- menti detto « cos ¢ »). Per I'esempio citato esto &: 144 008 & = 568 0,537. Tutto cid che é@ stato detto nei riguardi del circuito in- duttivo naturalmente vale anche per il circuito capacitivo. La potenza reattiva I? X¢ crea nel condensatore un campo elettrostatico. Concludendo, la potenza reale o attiva di un cireuito elettrico contenente reattanza viene definita me- diante Ja relazione: P=VIcos 9. Trasformatori. Generalita. Nel precedente capitolo si é detto che un trasforma- tore &.costituito, in linea di principio, da due bobine ma- gneticamente ben accoppiate, I’uma collegata ad una sor- gente di tensione alternata e |’altra collegata ad un carico. L’utilita di un trasformatore sta nel fatto che esso per- mette di effettuare un trasferimento di energia elettrica mi dirette fra la sorgente ed il carico, e di modificare nella misura voluta la ten- sione secondaria rispetto a quella primaria. Sono quindi dispositivi particolarmente indicati sia per elevare la f.e.m. prodotta da un alternatore e facilitarne 79 quindi il trasporto a grande distanza: oppure, al contrario, servono per ridurre al valore pit opportuno la tensione al- ternata disponibile. Trasformatori survoltori i primi, de- voltori i secondi. I trasformatori nor hanno organi mobili, si basano sul fenomeno della induzione elettromagnetica, ed hanno sem- pre, se ben costruiti, un clevato rendimento. Tl trasformatore si compone di un circuito alimentato dalla tensione da trasformare e di un altro circuito in cui nasce la tensione di uscita al valore voluto. Questi due circuiti si chiamano rispettivamente: pri- mario quello che riceve Venergia, secondario quelle che la restituisce trasformata. I due circuiti sono rigorosamente concatenali altraverso un abbondante nucleo di ottimo ferro legato al silicio finemente e accuratamente lamellato. La tensione alternata primaria V,, produce nel circuito primario una corrente I, che @ altermata: questa crea un campo magnetico alternato che si concentra nel nucleo in forma molto intensa, concatenandosi strettamente col cir- enito secondario. Ogni spira del secondario @ dunque attrayersata da un flusso magnetico variabile (perché alternato) e quindi di- viene sede di una f.e.m. indotta che si sommera a quella delle alire spire. Talché, dosando il numero di queste spire, potremo avere una tensione secondaria V, grande a piacere. Si possono costruire trasformatori per qualsiasi fre- quenza ma i trasformatori a nucleo di ferro, di cui ora pit particolarmente ci occupercmo, sono indicati per le fre- quenze industriali e per quelle cosi dette acustiche. E noto che Ja tensione indotta in un avvolgimento im- merso in un campo magnetico variabile é proporzionale al numero delle spire dell’avvolgimento stesso. Se i due avvolgimenti abbracciano lo stesso campo, come é il caso dei trasformatori, consegue che le tensioni indotte in_essi sono proporzionali alle lore spire. Nel caso del primario, cioé della bobina connessa alla sorgente di energia, la tensione indotta (o autoindotta) ¢ praticamente uguale, ma opposta di senso, alla tensione della sorgente stessa. Si pud quindi stabilire la proporzione: Vn: Vs pi Ns 80 da cui Vp = . ove: Np = numero delle spire primarie Ns = numero delle spire secondarie V, e VY; = tensioni primarie e secondarie. Il rapporto N,/N, viene chiamato rapporto di trasfor- mazione. Se esso @ maggiore di 1, il trasformatore si dice survoltore o in salita; se esso é minore di 1, il trasforma- tore si dice devoltore o in discesa, Esempio: Un trasformatore ha un primario di 500 spire ed un secondario di 1500 spire. Al primario viene appli- cata una tensione di 200 V c. a. La tensione sul seconda- rio sara: 1500 V, = 2 200 = 600 volt. ** 500 ve Se, viceversa, una tensione di 600 V fosse applicata all’av- volgimento di 1500 spire (qualsiasi dei due avvolgimenti puo essere alimentato e considerate primario purché ab- bia un numero di spire proporzionato alla tensione a cui deve lavorare), sull’altro si avrebbe una tensione indotla di 200 V. La corrente che scorre sul primario, o almeno la parte prevalente di essa, quando nessun carico @ connesso al se- condario (si dice anche: quando il secondario é aperto) & chiamata corrente magnetizzante. Tale corrente, per tra- sformatori ben progettati, generalmente molto piccola perehé l’induttanza del primario é elevata. Quando l’avvolgimento secondario é chiuso su un de- terminato carico, la corrente che scorre in esse crea un proprio campo magnetico nel nucleo. Tale campo magne- tico tenderebbe a far diminuire il campo originale del pri- mario, easendo opposto a questo, ma la corrente del prima- rio aumenta proporzionalmente in modo da annullare si- mile effetto. La corrente aggiuntiva che si sviluppa nel pri- 81 5, — Elementi di radiotecnien. mario in seguito al carico del secondario ¢ dunque di senso opposto alla corrente del secondario. a Praticamente, almeno nei piceoli trasformatori, si tra- seura la corrente magnetizzante e si stabilisce che la cor- rente primaria sia prodotta interamente dal carico del se- condario. Dovendo allora uguagliarsi i due campi magne- tiei generati dalle correnti primaria ¢ secondaria, il pro- dotto ampere-spire primario deve corrispondere al pro- dotto ampere-spire secondario, Cioé: HN =LN dacui Iba 2h. "yy, Esempio: Un trasformatore avente N, = 100 spire, 3000 spire, V, = 120 Volt, @ caricato da una resislenza R, = 1800 Q posta sul secondario. Quale sara la corrente primaria? ; Si ricavi anzitutto la tensione secondaria: 3000 v. wv = Toop 120 ~ 360 V- La corrente secondaria é: 1, = = 2 Lop R, 1800 e quella primaria: > = E08 = 00a. Come si é potuto constatare in questo esempio, le cor- renti primaria e secondaria sono fra loro in rapporto in- verso delle rispettive tensioni, Si pud cioe scrivere la pro- porzione seguente: Ip: =Vs:¥p cod LV,—-L Vs. Questa proporzione ci dice anche che la potenza as- sorbita dal secondario corrisponde a quella assorbita dal primario. Cid @ vero soltanto im via teorica approssime- tiva perché il trasformatere, che non erea potenza ma !a 82 trasferisee semplicemente, ha delle perdite seisibili do- vute alla resistenza degli avvolgimenti e delle perdite ma- gnetiche doyute al nucleo. Queste perdite si sommaino nel primario alla potenza del secondario facendo si che la to- tale potenza prelevata dalla sorgente sia. sempre maggiore della potenza fornita al carico di una quantita dipendente dalle perdite stesse. Chiamando P, la potenza secondaria, P, la potenza primaria e P, la totale potenza perduta, sara: P= P, +P. Tl rapporto P,/P,, sempre minore di uno, viene chia- mato coefficiente di rendimento o semplicemente rendi- mento (simbolo a) del wasformatore. Spesso tale fattore é espresso in per cento: per esempio, un rendimento di 0,8 viene detto dell’80%. La potenza effettiva del primario & quindi stabilita dalla relazione: Perdite dei trasformatori. — 1 trasformatori, sempre di piceole dimensioni, usati negli apparecehi radio riceventi o in altre applicazioni similari, hanno un rendimento che varia tra 0,75 e 0,95 nel caso di funzionamento a frequen- za 50 p/s (frequenza della rete di distribuzione dell’ener- gia elettrica) e tra 0,60 e 0,80 nel caso di funzionamento a frequenza pit: elevata. Per un dato trasformatore il rendimento ottentbile non & costante se si fanno variare le sue condizioni di carico: essd & massimo quando la potenza erogata é quella pre- vista dal suo dithensionamento e scende sensibilinente col diminuire 6 ech l’aumentare di questa, Le perdite elettriche di un trasformatore derivano dal- Ja resistenza dei conduttori che costituiscono le bobine. Esse sono computate effettuando i prodotti FR di tutti gli avvolgithenti e sommahdoli assieme. Abbiksi, per esempio, un trasforthatore a due secondari: per il primario esiste una potenza perduta 1} R,, per il seeondario S, aha po- tenza perduta R R,,,€ per il secondarié 5, una potenza perduta qt, R,,. La “totale potenza elettrica perduta negli avwvolgimenti é: =-]T? 2 2 P,= ER, +PRR FER. Le perdite magnetiche hanno origine da due fenomeni distinti che avvengono nel nucleo di ferro. Tl primo, detto delle correnti parassite o correnti di Foucault, nasce dal fatto che il nucleo si comporta come un qualsiasi condut- tore immerso in un campo magnetico: esso diventa sede di correnti indotte che lo riscaldano nella massa “a causa della sua resistenza elettrica. Per ridurre questa forma di perdita si ricorre alla laminazione del nucleo in quanto la laminazione taglia ed interrompe le correnti parassite. IL secondo, chiamato fenomeno d’isteresi, deriva dall’inerzia del ferro nucleare a seguire con la sua magnetizzazione il variare del campo alternativo. : Entrambi queste forme di perdita crescono rapida- damente con la frequenza. La perdita per isteresi-dipende, inoltre, dal volume o peso del nucleo oltre che dalla qua- lita del ferro e dal valore dell’induzione magnetica che si raggiunge nel nucleo. I valori pratici che esprimono globalmente |’entita delle perdite magnetiche nei lamierini normalmente impie- gati per la costruzione dei trasformatori sono riassunti nel- la seguente tabella valida-per frequenza 50 p/s e induzione 1 weber/m*; tenore di silicio 0 1 2 3 4 per cento watt perduti per kg. di nucleo 3,5 3 23-19 1,7 Nuclei magnetici per alte frequenze. — Oltre il limite di 20000 p/s circa, I’'uso del ferro. come nucleo magnetico diventa proibitivo a causa delle enormi perdite derivanti dai fenomeni accennati. Per il campo delle frequenze radio, perd, si usano con soddisfacente esito nuclei costituiti da polyere di ferro mista a sostanze adesive ed ‘isolanti. Le permeabilita raggiunte da questi nuclei sono molto infe- riori a quéllo dei nuclei in ferro laminato, ma un certo vantaggio i consegue con tale artificio nella costruzione di trasformatori per apparecchi radio. In questi la forma dei nuclei pit comune é quella cilindrica che si fa scor- 84 rere o si forza in un supporto isolante su-cui sono avvolie le bobine. Nonostante che la maggior parte del flusso ab- bracci I’aria, tali nuclei sono discretamente efficaci nell’au- mentare l’induttanza della bobina permettendo variazioni che vanno dal 30% in pit fino al 100% nei casi migliori. Reattanza di dispersione. — In un qualsiasi trasfor- matore esiste sempre una certa parte del flusso generato dal primario che non é raccolta dal secondario. L’entita di questa parte dipende principalmente dalla bonta di co- struzione del trasformatore. Pit alta é la frequenza di la- voro e maggiore pud essere la perdita in questione che viene denominata flusso disperso, Quando un flusso o parte di esso non viene utilizzato, il flusso disperso fa nascere negli avvolgimenti delle indut- tanze che non partecipano all’accoppiamento e che percid risultano in serie a ciascun avvolgimento. Queste induttan- ze, pur essendo piccole, producono reattanze di dispersione (X, ed Xs nella fig. 37) le quali sviluppano delle contro- tensioni tanto maggiori quanto pid elevata la frequenza | | Fig. 37,.- Circuito equivalente di un trasformatore. (R: Ja Tesisiense ai perdita costante del nucleo che, ia’ malt) cael ate essere omessa). Xs Ry e quanto pit intense sono le correnti che scorrono negli avvolgimenti. Quesie controtensioni, in sostanza, si tradu- cono in perdita di tensione nel secondario. Anche le resistenze degli avvolgimenti, naturalmente causano una diminuzione della tensione secondaria. Si pud anzi dire che, almeno relativamente alla frequenza rete, la caduta pit importante é appunto quella derivante da tali resistenze. E opportuno in ogni caso dimensionare i con- duttori primario e secondario in modo da limitare la per- 85 dita di.tensione sul secondario ad un massimo di 5 + 10%. Nel calcolo delle spire si provvedera ad aumentare pro- porzionalmente quelle secondarie. La perdita di tensione secondaria pué risultare molto pit rilevante nei trasformatori destinati a funzionare nel eampo delle frequenze acustiche perché in essi le reatlanze di dispersione sono tutt’altre che trascurabili. Te induttanze disperse possono essere diminuite fra- sionando gli avvelgimenti primario e secondario ed alter- nandone le sezioni allo scopo di migliorare l’accoppiamen- to magnetico. Un altro accorgimento @ quello di adoperare nuclei magnetici piuttosto abbondanti e proporzionalmente ridurre le spire degli avvolgimenti. . Diciamo incidentalmente che le cadute resistive ¢ quel- le reattive, qualora queste ultime fossero di entita apprez- zabile, andrebbero sommate vettorialmente esistendo fra loro uno sfasamento di 90°. Rapporto d’impedenza, — In un trasformatore ideale, cioé senza perdite e senza induttanze disperse, esiste la se- guente relazione: Zp = n? Ze, doye Z, rappresenta l’impedenza che offre i] primario alla correnie de! generatore, Z, l’impedenza.de] carico con- nesso al secondario, n il rapporto tra le spire primarie e quelle: secondarie. Laddove interessi adeguare |'impedenza primaria a quella del generatore, questa formula permette di stabilire Tadatto rapporto di spire in relazione al carico secandario: wa 2 ie Olire al requisito di presentare basse induttanze. di- sperse,e minime perdite interne, i] trasformatore deve an- cora offrire una elevata induttanza primaria per layorare con piccola corrente magnetizzante alla tensione ad esso applicata. In linea generale si pud fire che Je spire del ptimario dipendono dalla tensione da trasformare, dalla frequenza, Tite sezione del nucleo e dall’induzione ma- 86 gnetica desiderata nel lamierino. Per trasformatori desti- nati a lavorare su una vasta gamma di frequenze, £ oppor- tuno verificare che la reattanza dell'avvolgimento prima- rio, calcolata alla frequenza minima, risulti almeno iugitale o maggiore dell*impedenza primaria Z, determinata coine sopra. Per qualsiasi valore del carico secondario la formula permette di valutare l'impedenza trasferita o riflessa nel primario, che poi é quella che principalmente ya a cari- care il generatore o la sorgente di energia. Esempi: a) Un trasformatore ha un rapporto spire n= n= 0.5. 3 . r . s Se al secondario viene applicato un carico di 5000 Q, al primario si determina una impedenza: Zy = 0,3? x 5000 = 12500. b) Tl cireuito anodico di una valvola di potenza (an- che questo & un generatore che s’imparera a conoscere) per dare la massima resa richiede una carico di 5000 Q. Se Vimpedenza utilizzatrice, ad esempio la bobina mobile di un altoparlante, @ di soli 5 Q, quale rapporto N,/N, dovra avere il trasformatore che trasferisce l’energia effettuando V'adattamento di impedenza fra la valvola ed il carico? 100 n= /—— = 316 c) Ammesso che nell’esempio precedente la frequenza minima di lavoro sia di 100 p/s, si ricavi l’induttanza the deve avere il primario applicando un fattore di maggio- razione 2 fra Ja sua reattanza e l'impedenza riflessa. Intl, =2Z, = 100009 Ty = 20000 =o EH 1. 6,28 x 100 2 Calcolo delle spire e del nucleo di un trasformatore. — Nel progetto di un trasformatore per bassa frequenza occorre ‘anzitutto stabilire l’entita del earico secondario: da tale dato si ricava il dimensionamento del nucleo. Chia- aT mando con § la sezione retia di questo in em’, con W la potenza utile al secondario, con 7 il coefficiente di rendi- mento, si ha: $=1,27 y= . a Questa formula non @ rigorosa ma serve d’orientamen- to pratico per la frequenza rete. Per frequenza f diversa da 50 p/s occorre moltiplicare il risultato della formula per il coefficiente 2. La sezione reale del pacco lamellare, per tenere conto dello spessore di carta o altro isolante interposto fra i la- mierini e della eventuale imperfezione delle superfici a contatto di questi, deve essere di circa il 15% maggiore della sezione calcolata. Il numero delle spire primarie @ dedotto dalla formula: V, x 104 Np = 4444BS dove: Vy — tensione applicata al primario, in volt, B = induzione magnetica massima ammissibile del la- mierino, in Wb/m? S$ = sezione del nucleo, in em? f{ = frequenza rete o freqnenza minima di lavoro, in p/s. Per trasformatori collegati alla rete i] termine B varia entro i limiti di 0,8 + 1,2 Wb/m?, a seconda della qua- lita del ferro. Normalmente vengono utilizzati lamierini al silicio 4% per i quali un ottimo valore dell’induzione di 1 Wb/m', Se i trasformatori sono destinati a lavorare nel campo delle frequenze acustiche, @ bene che B non superi in esi il valore di 0,4 + 0,6 W/m? altrimenti si verificheranno distorsioni nelle frequenze pii elevate. Tl numero di spire del secondario @ tratto dalla nota legge di proporzionalita, applicando una certa maggiora- zione per compensare le perdite. Queste ultime variano con le dimensioni del trasformatore e con la densita di corrente 88 adottata per i conduttori. Fissando tale densita ad un valore pratico di 2A/mm?, la maggiorazione delle spire pud essere fatta nella misura seguente: 10% per potenze fino a 10 W; (q = 0,75) 8%, >» » da 10 a 20 W; (n = 0,85) 6% » » da 20 a 50 W; (n = 0,90) BY, > » da 50 a 500 W; (7 = 0,9-+ 0,95). Per potenze dell’ordine di 60 W, ad esempio, le spire secondarie sono: x P 4 5% = 1,05 Yep Pp Vp N, La sezione del filo secondario é proporzionale alla cor- rente secondaria. Alla densité aceennata, il diametro di questo filo pud essere tratto direttamente dalla formula: d = 0,8 /I, (in mm). _ Per valutare la corrente totale che attraversa il prima- tio occorre tener conto, oltre che della potenza utile secon- daria, delle perdite complessive magnetiche ed elettriche e de] fatto che il cireuito primario @ sempre un po’ reat- tivo a causa della corrente di magnetizzazione e delle in- duttanze disperse, L’aumento di corrente primaria dovuto alle perdite & considerato dal fattore di rendimento ye quello dovuto alle correnti reattive & econsiderato dal fat- tore di potenza cos 9. La potenza attiva nel primario é doppiamente espres- sa dalla relazione: = V, I, cos @ da cui si ricava: Ws I, = —*—_ noose Vy qn diametro del filo dell’avvolgimento primario pud essere ricavato dalla stessa formula usata per il secondario. sostituendo I, ad I,, 89 L valori del eog 6 nei trasformatort, Fadio, pienamente caricati, oscillano mediamente tra i limiti 0,8 0.95, a se- conda dell’entita della potenza trasformata e della natura del carieo, Potenge dell’ordine di 80 = 100 W © pit e ca- richi resistivi, danno valori di cos ¢ molto prossimi all"unita. . . Ta ogy . — Si Esempio di progetto di un piccolo trasformatore. debba “Tiueaiaie con la normale rete a 160 V,. um appa-, recchio termico ayente le caratteristiche dj, funzionamento di 50 V; 2A. Siano y e cos 9 del trasformatore ris] ettiva- mente 0,90 ¢ 0,95. L'induzione nel ferro sia di F Wb/m’. W, = W, f, = 50 x 2 = 100W ‘ 100 a > 8 = 1,27 090 2158 cm* (sea. lords = 15 em?) 160 x 104 is = es = 54D spite Np 444 x 50 xX 1 x 13,3 : N, = 2 x 542 + 8% = 169 x 1,05 = 178 spire 160 100 0,90 x 0,95 x 160 diametro filo primario. diametro filo secondario b= = 0,72 A Fig. 38. — Paseo lamellare, cattoceio @ vista dolla bobina del tresformatore ° (misure in mm.) Si scelga un nucleo di ferro. del tipo a mantello, avente una sezione dorda di 15 cm’. Tale nucleo saré: composto da cirea: 100 lamierini dello spessore di 0,5 anm, aventi ciascuno le dimensioni visibili in fig. 38. La sezione da 90 considerarsi & quella della colonna centrale su cui va in- filato il cartoecio cohtenette sli olgimenti.. I’ lamieriai andranno disposti inefociati, cio’ infilati tino alla’ volta, uno da‘una apertura ed who dall’altta del cartoécid. Ques sta disposizione @ {atta per ridurre al minimo [effetto di interruzione del percorso magnético. “ Il primario sara avvolto per primo, intercelunde fre strato e strate uma striscia di carta paralfinata’ larga’ 49'mim. e di spessore 0,1 mm. a ey ee Sul primario si’ disporranno due o tre giri di carton- cino prespan da 0,15 mm. thie serviranno d’isdlamenté. Stiécessivamente si avvolgera il secénddtio alternaitdo’ gli strati_ con carta da 0,15 mm. Due o tre giri della stessa carta disposti sul secondario completeranno il montaggio della bobina. Prima di introdurre il nucleo nella bobina @ consi- gliabile eseguire su questa uh’operazione di essiecamento e d*immersione in un bagho impregtiante di paraffina.” A questo punto del procedimento pus sorgere’ il dub- bio che lo spessore complessivo degli avvolgimenti ¢ de] cartoccio superi la larghezza disponibile nella finestra del nucleo, Talé inconveniente é da evitarsi assolutaente fa- cendo un ealeolo preventive degli ingombri prithia di 66. struire la bobina. ‘ . Un metodo abbastanza rapido, anche se non troppo preciso, di verifica dell’ingombro @ quello detto del fattore di riempimento, Esso @ il seguénté: qualsiasi bobina com- prende una certa quantita di materiali isolanti ed ‘ana certa quantita di filo di fame. A seconda che Ja bobind appli uid, due, tre, quattro o cinqueé’ avvolgimenti deparati, il rapporto tra la sezione totale del rame di tutte le spire ¢ Varea della finesira & espresso, grosso modo, rispettiva- mente dai ftumeri 0,4 - 0,35 - 0,3 - 0,25 - 0,2. Basta quindi far il dalcolo di tale sezione ¢ confrontarla con Ia finestra disponibile. Applichiamo il metodo descritto al nostro caso: : qe > Sezione filo primario = ee = 0,385 mm* * Sezione filo secondario = wae = 0,863 mm? ~ 91 Sezione totale delle spire = 0,386 x 542 + 0,863 x 178 = 362 mm? Area della finestra del Jamierino = 20 x 55 = 1100 mm? Fattore di riempimento = 0,33. 1100 Trovandoci nel caso di due avvolgimenti, possiamo considerare soddisfacente l’approssimazione del coefficiente ottenuto e ritenere buona la scelta del lamierino. Qualora si verificasse che l’ingombro totale degli av- volgimenti, caleolato’ direttamente o con il metodo sopra spiegato, non fosse contenibile nella finestra del lamierino prefissato, sara bene scegliere un altro pacco lamellare avente, a parita di sezione, uma finestra pili ampia; op- pure si potra aumentare la sezione de! ferro adoperando un maggior numero di lamierini, i] che comportera natu- ralmente la sostituzione del cartoecio ¢ la revisione di tutto il caleolo di ingombro delle spire per adeguarlo alla nuova sezione del nucleo, Autotrasformatori. — Nel caso in cui non interessa isolare elettricamente il carico dalla sorgente di energia si pud, vantaggiosamente per dimensioni e costo, sostituire il trasformatore a due avvolgimenti con uno formato da un solo avvol- gimento provvisto di presa interme- dia. I principi gia esposti valgono egualmente bene ed il trasformatore cosi costituito viene detto ausozra- sformatore. Il vantaggio realizzato con que- sto sistema sta nel fatto che la se- zione di avvelgimento comune sia al- Ja rete che al carico trasporta meno corrente delle rimanenti spire perché le correnti singole, primaria (rete) e Fiz. 39, - Autotrae secondaria (carico), sono in opposi- sformatore. zione di, fase, come @ stato spiegato precedentemente. Cid permette di adottare un diametro di filo pit piccolo per le spire co- muni, diminuendo in tal modo l'ingombro ed il peso. 92 Anche il nucleo pud essere ridotto proporzionalmente perché la potenza effettivamente passante nell’autotrasfor- matore é minore della potenza nominale erogata dalla rete. Infatti la prima & determinata dalla seconda moltiplicata per il rapporto_spire non comuni/spire totali, cio dal rap- porto differenza delle due tensioni/tensione maggiore. Nel cireuito di fig. 39 si immagini che la rete sia col- Jegata ai morsetti AC ed il carico ai morsetti AB. Am- mettendo, per semplicita, che non vi siano perdite, sara: Potenza nominale Potenza effettiva =(h—-h) Vs. . Dividendo Ia seconda eguaglianza per la prima si ottiene; Peffettiva (Vi—V,)I,_ (p—I) Vy P nominale ay Vv, 1; cioe: V,—Vs ‘, P effettiva = P nominale x Essendo le tensioni proporzionali alle spire si ha anche: spire tratto CB P effettiva = P nominale x = spire totali Si sarebbe ottenuto lo stesso risultato collegando la rete ai morsetti AB ed utilizzando la tensione AC per il carico. Si-pué osservare che il vantaggio dell’autotrasforma- tore diminuisce notevolmente se la tensione utile @ molto diversa da quella della sorgente. Infatti l'uso degli auto- trasformatori 2 limitato a quei casi ove sia richiesto un aumento od una diminuzione non troppo sensibile della tensione da adattare. 93 3 CAPITOLO IV. RADIO ONDE - LORO PROPAGAZIONE E RICBZIONE Campo elettrico. Se si considerano due cariche elettriche situate nello spazio ad una certa distanza, si nota che esse si respin- gono o si attraggono, a seconda dell'uguaglianza o disu- guaglianza dei loro segni, con una forza che é direttamente proporzionale alle cariche stesse ed inversamente propor: zionale al quadrato della loro distanza, E questo il conte- nuto essenziale della legge di Coulomb, Lo spazio entro eui agiscono forze elettriche di questa specie chiamasi campo elettrestatico 0 semplicemente cam- po elettrico. Un campo elettrico ha in ogni punto una de- terminata intensiti e direzione. Considerande una sola carica, si pud immaginare che intorno ad essa si sviluppi un campo elettrico la cui inten- sita aumenta con il valore della carica stessa e diminuisce con il quadrato della distanza dal punto da cui si con- sidera. . oo. Tra due punti isolati aventi potenziali diversi c’é sem. pre un campo elettrico: esso si manifesta mediante forze dj attrazione tra le cariche clettriche opposte situate nei due punti, Un campo elettrico @ quindi rappresentabile da linee di forze elettriche, e le direzioni lingo le quali agi- scono tali forze sono quelle delle rette che congiungono le cariche positive con quelle negative. Campo elettromagnetico. Consideriamo due corpi metallici a forma di sfera di- sposti l'une vicino all’altro. Caricando questa specie di con- densatore viene a crearsi un campo eletirico tra le due sle- re. Se il potenziale & sufficentemente elevato si notera che avvicinando le sfere si arriva ad un punto in cui l'isolante 94 interposto non reésiste pitt ¢ si produce una seari¢a attraver- so esso che annulla il potenziale. . Rifériamoci ora al dispositivo similare di fig. 40, chia mato dipolo di Hertz, dal nome del fisico tedeseo che lo ha usdto nelle sue esperienze, per verificare i] fenomeno Wirradiazione dell'energia elettromagnetica. Applichiamo alle due sfére, per qualche secondo, una tensiane c.c. piuttosto elevata, Ay- viciniamole quindi lentamente fino a far scoccare la scintilla di scarica fra le estremita A e B dei conduttori colle- gati alle sfere. Tale scintilla, finché du. _--- ra, provoca un corto circuito che mette © 9 in contatto la sfera superiore con quél- | la inferiore, perméettendo agli elettroni i aecumulati sulla prima di riversarsi sul- i la seconda onde annullare lo squilibrio e) é 4 \ xk prodotto dalla tensione. Gli elettroni perd, spi dal loro moto, prosegui- ; rahno la corsa oltre il limite ‘Tequilt Be Oe brio, aiutati in ¢id dall’induttariza dei due cénduttori congiunti momentaneamente (anche un conduttore rettilineo ha una certa induttanza). Verranno cosi a trovarsi, ¢ moto ultimato, piu elettroni sulla sfera inferiore che non sull’altra: cambieranno di polarith: con Vinversione delle cariche s'inyertira: anche il moto degli elettroni che torneranno in abbondanza sulla sfera supe- tiore per poi ridiscendere in quella inferiore, e cosi via. Tutto avviene come se, avendosi due recipienti eguali allo stesso livello ma contenenti dell’acqua in quantita di- versa, si ponessero improvvisamenté in comunicazione fra loro con un tubo di gomma, La massa. d’acqua, prima di raggiungere in entrambi lo stesso livello (per il principio dei vasi comunicanti) compic delle oseillazioni che vanno gradaalmente smorzandosi. Questo scambio alternato di elettroni, in continua di- minuzione per l’ostacolo dovuto alla resistenza dei condut- tori ed a quella della scintilla, cesseri dél tutto dopo un certo tempo e la scintilla si estinguera. Ad ogni passaggio di elettroni, perd, la cotrentte da loro creata fara nascere un campo magnetico le cui linee di forza sappiamo che 5 33 giacciono su piani perpendicolari al conduttore che unisce le due sfere. Campo magnetico e campo elettrico sono quindi ortogonali fra loro, come indicano le freece PH ¢ PE, rappresentanti le loro direzioni in un determinato istante, nel punto P situato su uma linea di forza magne- tica. Inoltre, ad ogni scarica il campo elettrico decresce rapidamente per rinascere in senso inverso, mentre il cam- po magnetico, che segue |’andamento della corrente in am- piezza e senso, cresce rapidamente da“zero ad un massimo per poi ritornare a zero. Invertendosi continuamente il moto degli elettroni, per tutto il tempo in cui dura la sequenza di oseillazioni so- pra considerate, con una frequenza dipendente dall’indut- tanza e capaciti del circuito, anche i campi magnetico ed eleturico si alternano con la stessa frequenza. I treni di oscillazioni possono succedersi indefinita- mente applicando ad intervalli regolari nuove cariche alle due sfere. Ad ogni cariea suecede una scintilla e ad ogni scintilla un moto rapidissimo di va e vieni degli elettroni. Il campo elettromagnetico pué cosi essere eccitato in con- tinuazione, sia pure in forma intermittente per |‘interru- zione ritmica dell’arco prodotio dalla seintilla, Energia elettromagnetica. Quando un circuito oscillante di costanti L e C di- stribuite, cioé non concentrate, @ percorso da corrente ad altissima frequenza (oltre 10.000 p/s), si produce una ec- citazione dello spazio abbracciato dal campo elettromagne- tico generato, e conseguentemente parte dell’energia pre- sente nel circuito viene irradiata in tutte le direzioni. Tl dipolo di Hertz, da cui hanno tratto origine pit o meno direttamente le normali antenne radiotrasmittenti, un esempio di cireuite oscillante a costanti distribuite. Riprendendo in esame i] punto P di fig. 40, si pud dire che I’energia che da esso si diparte ha per direzione il vettore Px perpendicolare al piano formato dai vettori elettrico PE ¢ magnetico PH. Dagli infiniti punti della li- nea (i forza considerata (circonferenza tratteggiata) deri- vano infinite direzioni giacenti sullo stesso piano. Il campo di propagazione & quindi circolare rispetto al dipolo. 96 L’energia cosi trasmessa nello spazio viene chiamata energia elettromagnetica: essa si propaga con mote ondoso © con velocita costante pari a quella della luce, cioe di 300.000 Km. al secondo. Dipendendo questa energia dal generatore di corrente ad alta frequenza che alimenta |’an- tenna emittente, il moto ondoso che la caratterizza & percid legato alla frequenza del generatore. A differenza di altre forme di energia che pure si pro- pagano ad onde, quella elettromagnetica non ha bisogno di mezzo materiale che serva da supporto, Non vi sono nel fenomeno in questione particelle vibranti del mezzo che trasmettono alle particelle adiacenti il loro moto, Le onde eletiromagnetiche si propagano anche nel vuoto ¢ le variazioni di stato del mezzo consistono nelle variazioni periodiche dei campi elettrico e magnetico. Chiamasi lunghezza d’onda (simbolo 2) di una parti- ecolare emissione di energia elettromagnetica la distanza percorsa nello spazio da questa energia nel tempo di una andata ed un ritorno della corrente nell’antenna, cio du- rante un periodo completo dell’oseillazione. La lunghezza d’onda, che viene espressa generalmente in metri, & data dunque dal prodotto della velocita di propagazione per il periodo della corrente, ossia dal rapporto tra tale velocita e la frequenza dell’oscillazione: in eui v é espressa in metri o chilometri per secondo, ed f rispettivamente in cicli o chilocicli per secondo. Esempio; una stazione radioemittente ha, come ca- ratteristica del segnale irradiato, la lunghezza d’onda di 200 m. Cio significa che la sua antenna viene eccitata da una corrente che ha la frequenza di 1500 Ke/s. Infatti, dalla formula data risulta: t= ¥. _ 300.000.000 49 000 @/ , % ~ F090 = 1-800.000 ¢/s = 1500 Ke/s Viceversa, una stazione che lavora alla frequenza di 1000 Ke/s ha una lunghezza d’onda: v 300,000,000 A= > = = i t 1.000.000 300 metri . oT Propagiizioné delle radio onde. Classificazione. — Le radio onde differiscono dalle al- tre forme di radiazione, come la luce ed il ealoré, dal modo nel quale vengono generate ¢ dalla loro lunghezza. Esse sono comprese nella gamma vastissima che va dalla Iunghezza d’onda di alcuni_millithetri a quella di cirea 30 Km., ecioé dalla frequenza intorno a 100.000 Mé/s a quella di cirea 10.000 ¢/s. _ . La conferenza dell’Aja ba stabilito di dividerla in gruppi o bande come dal prospetto seguente: a) Onde lunghe A> 3000 m; f< 100 Ke/s b) Onde medic x da 3000 a 200 m; f da 100 a 1500 Ke/s c) Onde mediocorte 2 di 200a 50 m; f da 1500 a 6000 Kejs a 50a 10m; a 6a 30 Mejs 10a 1m; a = 30 a «300 Me/s 1 4 circa 6,003 m ; da 300 & 160.000 Mc/s. d) Onde corte Be ee i) Micro onde = a f 6) Onde ultracorte , a f Nella pratica corrente, perd, sono considerate onde Iunghe quelle che vanno da 1000 a 3000 m., onde medie quelle tra 600 ¢ 200 m., onde corte quelle tra 10 ¢ 60 m. Cid petché le normali trastnissioni radio sono comprese appunto in queste bande, cosi chidmaté dai costruttori de- gli apparecchi radio. Polarizzazione. — La polarizzatione delle radio onde & semplicemente la ditezione delle linee di forza del campo eletirico. | ; | Se il piano di questo campo & verticale cio’; pratica- mente, se l’antenna emittente & verticale, si dice che Von- da ha polarizzazione verticale; se invece esso é orizzontale (antenna emittente orizzontale) si dice che l’onda ha po- larizdazione orizeontale, . / ; Nel campo delle onde medie e delle onde linghe si hanno spesso radiazioni che presentano tutti e due i tipi 98 di polarizagzione. Questo é dovuto, al fatto che le autenne relative 4 queste onde hanno sovente uno syiluppe dei loro elementi ixradianti che ¢ parte verticale e parte orizzontale. Riflessione - Rifrazione - Diffrazione. — Quando una radio onda colpisce un oggetto che si trova attraverso il suo cammino, essa subisce riflessione come a lunque radia- d zione di altro genere. Tale riflessione si manifesta special. mente se l’oggetto 2 conduttore e se le sue dimensioni sono dell’ordine di grandezza della lunghezza d’onda incidente. ina discontinuita nella proprieta dielettrica del mez- zo che l’onda _attraversa obliquamente genera invece rifra- zione. Le radiazioni che partono con angoli alti dall’an- tenna trasmittente colpiscono gli alti strati dell’atmosfera (ionosfera) e penetrano in essi per un certo tratto subendo -successivi cambiamenti di direzione fino a ritornare, nei casi pitt favorevoli, sulla terra. Quando un'onda sfiora lungo il suo pereorso il bordo di un oggetto, essa tende a piegarsi costeggiando il detto bordo. Questo effetto, chiamato diffrazione, permette a parte dell’energia contenuta in quelle onde, che normal- mente si propagano in senso rettilineo (ultracorte), di de- viare e di pervenire al di 1a dell’ostacolo sorpassandone la sommiti o seguendone il bordo: gli gira attorno. Vari tipi di onde. — L’energia irradiata da una an- tenna si propaga attorno alla terra per onde che seguono la sua superficie e per onde che attraversano lo spazio in senso orizzontale, oppure dirigendosi verso |’alto. Chiamasi onda ionosferica quella parte della totale ra- diazione che si dirige verso la ionosfera (80 + 100 Km. dal suolo). In dipendenza della frequenza del segnale e delle variabili condizioni esistenti a quelle altezze, l’onda ionosferica pud o meno essere rinviata sulla terra per gli effetti della rifrazione e della riflessione, Chiamasi onda terrestre quella parte della radiazione che @ direttamente influenzata dalla presenza della terra e dalle anfrattuosita della sua superficie. L’onda terrestre ha due componenti: una é l’orda di superficie, che & un’onda guidata dalla superficie della terra, ¢ Valtra & Tonda spaziale, che & la combinazione dell'onda irradiata in direzione orizzontale con quella riflessa dalla stessa terra. Anche l'onda diretta, la quale procedendo in senso 99

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