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Carla Maderna Paolo Maurizio Soardi Lezioni di Analisi Matematica Nuova edizione Copestine: Studio Brit Impaginazione: Videostens Carla Maderna, Paolo Soardi Lerioni di Analisi Matematica Copyright @ 1985 clup Copyright @ 1993 Citastudi sex Copyright © 1995 CiustudiEdizioni sl Redazione p.2a L. da Vinci, 7- 20123 Milano tel. 02770.63.48.48 ISBN 88.251-7090-4 prima edizione: 1985 ‘quattaedizione: settembre 1993 Ristarpa wim 1995 1996 1997 1998, B vietata ta viproduzione, anche parziale, con quasiast mezzo effetata, ccompresa la fotocopia, anche ad uso ddatico, se non auorizzata ‘Stampato presso Grafiche Vadacca, via Lodi, 3 San Pedi. Vignate (Mi) per conto di CitSiuiiEiizioni se. via P, Giuria 20 - Trine ione Questo testo raccoglie gli argomenti delle nostre lezioni di Analisi Matematica per gli studenti del primo anno del corso di laurea in Fisica dell’Universita degli Studi di Milano. Nel trattare gli argomenti che fanno tradizionalmente parte di un primo corso di Analisi Matematica, abbiamo ritenuto di dover soddisfare a due fonda- mentali esigenze. Da una parte, ci siamo preoccupati di fornire agli studenti un'ampia gamma di nozioni in vista delle applicazioni, curando in particolare le tecniche di calcolo; dall'altra, ci siamo proposti di inquadrare tali nozioni in un ambito suflicienterente generale, allo scopo di abituare sin dal primo anno gli studenti al ragionamento-e alla terminologia dell'analisi astratta e funzionale che @ loro indispensabile nel seguito degli stu Per quest’ultimo motivo abbiamo posto particolare attenzione alle strutture algebriche ¢ d’ordine nella trattazione dei numeri reali ed abbiamo scelto di ambientare il concetto di convergenza, e quindi di limite e continuita, negli spazi metrici. Per una migliore comprensione abbiamo corredato queste parti del testo (ma non solo queste) di un gran numero di esempi Icalcolo differenziale in una variabile e la teoria dell'integrazione di Riemann sono svolti in maniera agile ma completa con particolare attenzione agli aspetti applicati Una trattazione precisa dellintegrale curvilineo presenta solitamente qualche diflicolta per gli studenti del primo anno. Per facilitarne la comprensione, senza perdere in rigore, abbiamo basato la nozione di curva orientata in R" sul modello fisico delle traettorie ¢ abbiamo trattato l'integrale curvilineo in condition di sufliciente regolarita, Nel capitolo 12 raccogliamo le nozioni fondamentali di calcolo combinatorio comunemente impiegate in tutti i campi della Matematica. Infine i capitoli 13 ¢ 14 sono dedicati alle successioni e serie di funzi particolare riguardo alle serie di potenze. Infine qualche parola sul pubblico cui & destinato questo libro. Benché sia ba- sato su lezioni per studenti di Fisica, noi pensiamo che esso si indirizai egual- mente agli studenti di Matematica. Non riteniamo infatti che attualmente un laureato in Fisica possa avere un bagaglio matematico di base inferiore a quello del laureato in Matematica, Speriamo quindi che esso possa essere apprezzato anche dei nostri colleghi che Jaurea in Matematica. insegnano nel corso Gli Autori Capitolo 1. Numeri reali X 1. Campi. Campi ordinati. Campi ordinati con Ia proprieta dell'estremo superiore . . %2. Sezioni di Dedekind. INDICE 3. Il campo ordinato dei numeri reali 4, Campo reale e campo razionale 5, Ulteriori proprieta del campo reale 6. Rappresentazione decimale . . . . . Capitolo 2. Numeri complessi . . Il campo dei numeri complessi 1 2. Forma algebrica dei numeri complessi 3. Forma trigonometrica dei numeri complessi 4. Potenze. Radici 95, Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz 6. Spazi euclidei . . Capitolo 3. Insier ¥1. Generalita sugli insiemi 2. Applicaziont tra insiemi ¥3. Applicazi x4. Ui ¢ inversa, composta; restrizio ni ¢ intersezioni infinite. Prodotti cartesiani . . . . insieme dei numeri reali... . . applicazioni tra insiemi . 2... . ed estensioni 8. Relazione di equivalenza. Relazioni d'ordine ..... . 6. Insiemi equipotenti. In »7. Potenza del numerabile x8, Potenza del continuo. Capitolo 4. Spazi metrici » 1, Definizioni ed esempi 2. Insiemi aperti. Insiemi chiusi, Insiemi limitati. . . .. . *$. Compattezza pag. 1 uw 14 19 20 24 29 29 32 34 36 41 42 45 45 46 49 50 52 54 56 59) 63. 63 65 76 ‘<4. Dimostrazione del teorema di Heine-Borel X5, Metrica indotta 6, Connessione - Capitolo 5. Succession’ ee es VL. Definizione e prime proprieta - Le 32, Succeasioni convergenti. Prime propriel& . . « 500 X3, Sottosuccessioni 4, a condiione di Cauchy. La nozione di completezza x5, Successioni a valori reali . ~6. I ealcolo dei limiti per successioni a valori reali. . 21. Le forme di indecisione x8. I numero € 7 x9, Alcuni limiti notevoli 10. Successioni a valori in R¥. Successioni a valori complessi . . X41. Limiti sottosuccessionali. Classe limite... . «+ Capitolo 6. Serie numeriche ar ‘nimeri complessi. Definzioni e prime propriet . « reali ao "i non negati Serie a termini di segno alternato 21, Serie d > 2, Serie di numer D8, Serie a termi yeA. Sommazione per parti XS. Operazioni aritnetiche sulle serie 26, Proprieté associativa ¢ commutativa per la serie Gapitolo.7. Limitie continuita .. 1. Il concetto di limite per funzioni “finite in spazi metrict 2. Mconcetto di limite per funzioni definite sull’asse reale 3238, Lim Fimiti dalla destra e dalla si > §, Punzioni continue in spazi metri 6. Continuita e compattezza 7, Continuita e connessione .- 6. see 8. Punti didiscontinuitla 6 6 6 6 eo 9, Funzioni monotone 10. R come spazio metrico © Capitolo 8. Caleolo differenziale . - X21. Derivabiita e differenziabilita . 7). Derivata dete funzion’elementatie regole di deriva X3. ¥ teoremi fondamentali del calcolo differenziale 81 85 87 93 93 95 97 99 102 107 119 121 125 130 133, 139 139 142 145 153 158 162 169 169 172 176 182 185 190 193 194 197 203 205 205 210 219 Md, Derivate di ordine superiore 26. Formula di Taylor <6, Massimi ¢ minimi XT, Derivabilita di funzioni vettoriali 8. Convessita e concavita. Punti di flesso 9, Asintoti ar ‘10. Funzioni primitive NO Capitoto 9. Cenni al calcoto dilforensiale in pi 1. Rette in R” 2. Derivate direzionali foe 3, Differenziale totale per funzioni di pid variabili : 4. Derivate di funzioni composte e derivate di ordine superiore 5. Derivate di funzioni di variabile complessa Capitolo 10. Teoria dellintegrazione secondo Riemann . 21. Definizione e prime proprieté. 2... = 2, Interpretazione geometrica dell'integrale di Riemann © 3. Integrali definiti <4. Il teorema fondamentale del calcolo XS. Integrali impropri . . . : 196, Valore principale secondo Cauchy 7. Integrazione di funzioni a valori vettoriali 8. Integrali dipendenti da un parametro 49, Formula di Taylor con resto integrale 10. Serie e integrali . . . 11. Una formula di sommazi i Bulero-Maschero: ne di Eulero, le formule an Wallis e Stirling N@ Capitolo 11. Curve orientate ¢ integrale curvilineo 1. Curve orientate . 2. Orientamento : ; 3. Unione di curve orientate |...) 4. Curve rettificabili. 5. Integrale curvilineo 6. Interpretazione fisico e geometrica dellintegrale curvilineo "© Capitoto 12. Elementi di calcolo combinatorio 1, Introdutione . 2... 2. Permutazioni e disposizioni . . . 3. Combinazioni 4. Multicombinazio © combinazioni con ripetizione . . .. . 230 231 21 243, 246 256 259 263 263 265 268 271 27a 275 215 290 293, 294 298 307 308 312 313 316 325 325 327 330 333, 338 351 355 335 355 358 362 5, Occupazione dicelle. 2... eee eet 6. Il principio di inclusione-esclusione . . . ti Capitolo 13. Successioni e serie di funzioni ..... - 1. Convergenza semplice, convergenza uniforme di succession di funzioni . senenneesensaass ‘ 2. Convergenza uniforme e proprieta della funzione limite... 3. Serie di funzione.. 4, Spazi funzionali Capitolo 14. Serie di Taylor, serie di potenze. 1, Serie di ‘Taylor ; . Serie di potenze in campo reale |. Serie di potenze in campo complesso .. 4, Formule di Bulero ... Appendice 1. Polinomi. Il teorema fondamentale dell‘ Algebra 1. Polinomi. se ee 2, Il teorema fondamentale dell’Algebra . 3, Decomposizione in frazioni parziali ‘Appendice 2. Risoluzione delle equazioni algebriche - dis at grado se et 1. Risoluzione delle equazioni di 3° grado . 2. Risoluzione delle equazioni di 4° grado . . « Appendice 3. Grafici 433 433, 436 439 1. NUMERI REALI In questo capitolo ci proponiamo di introdurre la nozione di numero reale e di studiare le proprieta fondamentali del campo dei numeri real Non tratteremo il campo reale in maniera puramente assiomatica, ma pre- senteremo i! modello di Dedekind, basato sulle sezioni del campo razionale. Iniziamo con alcune nozioni di tipo algebrico. 1, CAMPI. CAMPI ORDINATI. CAMPI ORDINATI CON LA PROPRIETA DELL’ESTREMO SUPERIORE. Sia X un insieme non vuoto. Supponiamo che su X x X siano definite due ‘operazioni, che conveniamo di indicare con i simboli +e -e di chiamare somma £ prodotto rispettivamente. Def. Diciamo che X @ un Eampa tispetto a - sono soddisfatte le seguenti proprieta: e -, e scriviamo, (X,+,-), se (Si) per ogni z,ve X,ztyeX; © dec. (Sz) esiste un elemento ue X tale che per ognize Xz (Ss) per ogni 2 € X esiste un elemento 2" € X tale che zh." (Si) per ogni z,yeX,zty=yta; Gonna (ss) per ogni z,y,2€X,2+ (ys) = (x $i Oporahiv Pi) per ogniz,yeX,z.yeX; Cae of aU Lf necboo 5 AL seater, (Pa) esiste un elemento ve X tale che per ogni ze Xz-v= zi of esto (Ps) per ogni z€ X, 2 # u, esiste un elemento Z€X tale chez: 3- (Pe) per ogniz,ye X, zy = yg; coma i APs) per ogni z,y,2¢ Xyzefural = (z-y)eg, ome [(Pe) per ogni z,y,2€X, e-(yt 2) ={z-y) + (2-2). ahs dos In particolare allelemento 1 si da il nome di elemento neutro Fispetto alla wn ina, all’elemento v quelio di elemento neutro rispetts al prodotto. ae SOE vengono detti rispettivamente elementi inversi di x rispetto alla somma . 2 estremo superiore di B, che E ammette estremo superiore ¢ UP. In maniera analoga diamo la seguente definizione. ¢ al prodotto. “ait basionri (Se) (Ss) (Ps) (Fe). (Po) esprimono le proprieté formali delle \N fsomma e del prodotte: in particolare (S.) ¢ (Ps) esprimono Te propriet& & De. Sia E limitato inferiormente. Se esiste un elemento t € X tale ch sora ecivay (Se) e (Ps) la proprieté associativa, (Ps) infine la propriet wy cay tava del prodotto rispetto alla somma. Non vogliamo in questa sede casvare nellambito della “teoria dei campi”, dello studio cio’ di quanto si pu® Seeumere e eostruire a partire dagli assiomi sopra enunciat ee ee i 1¢ £ estremo inferiore &i E, che E amme inferi Gh interown peraltro osservare che Vinsieme det numeri razionali relativi, che scriviamo.t = Inf. eae eoere con Q, 8 un campo rispetto alle ben note operazioni di somma Le proprieta ii) ¢ i) possono essere ‘ : prodotto di numeri razionali. guente modo enunciate in forma equivalente nel se- ‘Ovviamente in questo caso, u = 0, v= . alla gomma ® Vopposto diz, = + ciob linverso rispetto al prodotto di un tee # A se t < 2 esiste Fe E tale chet < F< 2". 2 £8 un minorante di E, 7 set 12 maggiorante di £). Siha ne “ge Def. Diciamo che un elemento y € X @ un maggiorante (risp. minorante) di O=InfE , 1=SupB=MaxE ~) B se per ogni x € Bsihaz < v (esp. v 2), Dielariofnoltre che £8 Titato Infatti z = 0 un minorante di Ee, preso z > 0, z . s superiormente (tisp- jinferioremente) se £ ammette almeno/un maggiorante " fi 1 Prego 2 > 0, esiste Z € E tale che hig Gap. minorante) # < + (basta considerare Z = = con n> =). vo ask . 2) neN). Def. Sia B limitato superiormente, Se esiste un elemento y € X tale che: eg ieee iene 3 y 8 un maggiorante di E, ryiidind OY ( E2 limitato inferiormente e 1 = Inf E = Min E. S ii) se z 2, 2 un maggiorante di B; se z€ Qe z < ~2, 8 un minorante di E. Si ha 2= Sup B, -2= Inf E. 4) Dimostriamo dapprima che non esiste aloun razionale z.tale che 2” = 2- Ragioniamo‘per sssurdo. Siano peo due. inveri.tali che. (2) = 2, cick 29? = p?. Ricordiamo che ogni numero intere positive nossiede.un’ynica 4attorizzazione in numeri primi e che, quindi, la fattorizzazione dip? e.g” si ottiene elevando al quadrato quella di p ¢.g. Ne segue che il numero “primio()appare nella fattorizzazione di ‘p elevato ad una potenza pari, (eventtialmente 0), mentre in sat Tif ad wma notenze dispar (poich® appare ad una potenza pari in quella di q*):Assurdo) enotiamo ora con Q, Vinsieme dei razionali non negativi e sia A = {z © 0, :3?'< 2), B= {2eQ, : 2? > 2}. Ad limitato superiormente ¢ A inferiornente. Ogni elemento di B @ un maggiorante per A e ogni elemento TAT us minorante per B. Mostriamo che B non ha minimo e A non ha massimo. Avremo cost prodotto un esempic di insieme limitato siperiormente ma senza estremo superiore, e un esempio di insieme limitato inférjormente ma senza estremo inferiore (A ¢ B, rispettivamente). -2 ) Alloraz>Qez>a8erGA,z-t, allora z ¢ £ ciod z non & un minorante di E. Per Sepals >, alls E. Per definizione Def. Sia (X,+,+,<) un campo ordinato. Diciamo che X 8 un campo ordinato con la proprieta dell'estremo superiore se (X,<) & un insieme totalmente ordinato con Ia proprieta dell’estremo superiore. Ossermzione, | Abbiame visto (esmpio 4) che il cainpo rasionale presenta le lcune, che fanno che eso non abbis Ia prepriet delfestremo supe- riore.“"Il campo reale che introduiremo nei prossimi 10 nei prossimi paragrafi un campo razionale, ¢ le lacune presenti nel sistema dei numeri razionali risulteranno in esso colmate. / 2, SEZIONI DI DEDEKIND. L'INSIEME DEI NUMERI REALL. Def. Chiamiamo sezione di Dedekind 0 sezione del campo razionale un Ex sottinsieme @ di numeri razionali soddisfacente le seguenti proprieta: débi i) ax aze fi) pea, qaqea i @ non ha massimo (cio’ per ogni p € a esiste q€ a tale che g > p). Def. Chiamiamo numero reale una sezione di Dedekind. Denotiamo con R Vinsieme dei numeri reali. Esempi. Sia r €Q e consideriamo V'insieme r= peQ:p p. 13 Dimostriamo infine che = Sup B. Ovviamente a < 7 per Signi a, Shona § <7 PIM 2m moggiorante di F Esiste p< 7tale che p¢5. Poich’ pe 7, pe @con de E. Ma allora pew ep implica 6 <2 quind le teat oe —WO eorema 3, Siano a ef due numeri reali, a < f. Allora esiste una sezione razionale r* tale che a < r* r Allora r* > a (poich® pér° e pg a)er’ ax 4 € § ¢ B, poicht 5 O esistono G € A, A € B tali che B-a a+b per ogniac abe f) e quindi a+ #0. Siap€ a+fheq a. Ma allora g =a! +6 verifica q > p,q € a+, per cui a+ non ha massimo. =a +boon a caches, Poniamo u=0* e proviamo che, per ogni aR, +0" Ricordiamo che 0" = {pe Q: p <0}. Se ped +0", p=atbconacaeb<0. Quindi p < ae allora p€ a. Ne segue a+0" Ca. Sia a € a. Poiché a non ha massimo esiste a’ € a,a’ > a. Allora = a'+(a—a') dove a—a’ € 0", ciod a € a +0". Ne segue a C a+0". Quindi « + 0° = a per ogni a. . Costruiamo V'inverso (che denotiamo con (—a)) rispetto alla somma. Sia dapprima @ una sezione razionale, a = r*. Allora, posto ~a = (=r)*, verifichiamo che a+ (—a) = 0". Infatti, sia p € a + (—a); allora p= a+b cona a per ognia€ a}. Verifichiamo che (—a) una sezione. a # 9; infatti esiste a, ¢ a e quindi p= —a, € (-a). a # Q; infatti esiste a € a e quindi p= ~a ¢ (-a) Sia p € (a) eq —p > a per ogni a € ae quindi q€(-a). (-a) non ha massimo; infatti se, per assurdo, esistesse r € Q tale che r= Max(—a), si avrebbe Sia ora p € 0° ciod p < 0; allora P P a= {aeQ: a<-r} contfo V'ipotesi che a non sia una sezione razionale. Mostriamo infine Sia p € a +(—a); allora p= a+b con a€ ae be (~ a; poich bc (~ a! e quindi p a~ a’ <0, cio’ p €0". Ne segue @ + (—a) ¢ 0°. Sia p < 0; poniamo p = a+ (p~a) e dimostriamo che esiste a € a tale che p— a € (a). +b< nO 16 Se infatti, per assurdo, p — a ¢ (~a) per ogni aa, alloraa~ pea per ogni a € a. Quindi per ogni a € a anche a ~ 2p Ea, a~ SpE a Ciod a — kp € a per ogni k EN. D'altra parte esiste re Q,r ¢ a. Poiché r < a— kp per k suflicientemente grande, e a ~ kp € a, anche + alll Ne segue 0° C a+ (~a) e quindi @ + (-a) = 0 (51) e (Ss) seguono ovviamente dalla propriet commutativa ¢ associative della somma fra numeri razionali. Def. Sia ae R. Chiamiamo valore assoluto di a, e denotiamo con [a), la sezione di Dedekind cost definita a se azo | (a) se a 0° (risp. a0,b>0, a€a, bEA). (P,)__Verifichiamo che a+ 8 una sezione. af £0, poich? esistono a € a, bE f, a > 0, b> 0. af #0; infatti esistono a! ¢ ae ¥ ¢ fj allora a’ -¥ > a-B per ogni a€a,a> Oe per ogni be f, b> Oe quindi a’ -¥ ga-B. Sia p€ a-Beq 0,b>0e quindi q0, b> 0: poich a non ha massimo, esiste a! € a, a! > a, quindi a! -bE af e a-b>a-b>p. fa. v= 1", Proviamo che a 1" = a per ogni a> 0°. Sia pe a-I" ciot p0,0 0, poiché anon ha massimo, esiste a’ € a, a! > a. dom aa -fee, pohb 0-4 <1, Se 1. Nemgue aS a+ da cui a-1* = @ per ogni a > 0". (PF) a! (Ps) Definiamo Vinverso di rispetto al prodotto, che denotiamo con =. Sia dapprima a una sezione razionale positiva, ciod a = r* con r > 0 aera Posto * = (3) proviamo che r* (2) Yr ‘ei 1 Infatti sia per -(—) ; allora p < a-beon0Osincer', zensts2e(*)over-() ( Sia ora a una sezione positiva ma non una sezione razionale. Posto a> pr; allora p Ne segue che r' 1 <= (ge0: 950) >o4¢a tea: asou{seo: «>0,t¢a} verifichiamo che + & una sezione 1 1 ‘cht eek Lov io; 4 4.0 oicht esste p€ a, p > 0 © quind g Lgl pra 1 1 siapeLeg Opokh +>2e ga, « 7° PP 1 anche * ga ciob ge i. 1 ; Enon he massimo, Infati se per assurdo eistesse r € @ tale che 1 1 r= Max, si evrebbe r > 0 (2 contiene almeno un positive) ¢ a 1 {p EQ: p< =} contro Vipotesi che @ non sia una sezione razionale. Infine a» = 1" per ogni a> 0°. sa intatti 1 Sin infatti p€ a+ + ciot p< a:b on a€a,a>0,8€ 2,8>0. 1 2 > a,ab < 1, e quindi p< 1 cio’ 1 1 Poiché be —,6 > 0,5 ¢a da cui be7,b> 0,5 ¢adacui 7 pe I". Ne segue a- + C1. a Sia ora p € 1° clot p < 1. Sep 0 poniamo p = a-? e proviamo che esiste a € a, a > 0, tale che Fe 2 Infatti se, per assurdo, per ogni a > 0,a€ a, 2 ¢ 4, a . allora 2 € a per ogni a > 0, a € a. Quindi per ogni a > 0, a€ a, 5 € a per ogni kEN. pe E 8 per on , Daltra parte exnter > 0,r 0; posh r< 5 pork auficintemente grande, anche r € al p 1 wot Ne segue I" Ca-~ e quindi a-~ = 1" per ogni a > 0°. Estendiamo la definizione di prodotto a sezioni non necessariamente po nel modo seguente: ~(lal-|8i) se a@>0', 6 <0 oa 0°. Per semplicita supponiamo a > 0° (e quindi > 0°). Sia p € @-7; allora p < ac cona€ a, a> 0, c€ 7,€>D. Poiché a< f,a€ i e quindi p € B-7 da cui ay < fy. D'altra parte se ay = fy si avrebbe anche (v4) =(e9-2= 04 (ieee a=al wo 19 contro V'ipotesi a < p. J risultati dimostrati in questo e nel precedente paragrafo possono essere rias- sunti nel seguente teorema, ‘Teorema 6. (R,+,-,<) & un campo ordinato con Ja proprieta dell’estremo_ superiore. _ ~ 4. CAMPO REALE E CAMPO RAZIONALE. Denotiamo con Q* il sottinsieme di R costituito dalle sezioni razionali. Esiste una ovvia corrispondenza biunivoca fra Q e Q*. ottenuta associando ad 7 €@ la sezione razionale r* € Q*. ‘Teorema 7. Siano r,¢€Q. Allora (3) (resp arte (4) (rea a rist (5) reeeorice Dim. (8) Sia p € (7 +5)" clot p < r+ 4; alloraesiste q > 0 tale che pa(rts)-a=(r~5)+(0 Pi poichdr~Lerer-fes,pert Ne segue (r++ 8)" Oe # > 0 (negli altri casi Ia dimostrazione 8 anaioga) e p € (r- 8)", cick p < rs. Se p $0, pe r* +4" sin quindi p > 0. Allora esiste 9,0 f(z) < fu) diciamo allora che C, e Cz sono campi ordinati isomorf.. Nel Teorema 7 abbiamo appunto dimostrato che il campo razionale & iso- morfo al campo delle sezioni razionali. Abbiamo quindi costruito un campo ordinato con la proprieta dell’estremo superiore che contiene un sottocampo isomorfo Q (v. Vosservazione alla fine del paragrafo 1). Si pud anche di- mostrare che il campo reale & unico, nel senso che due campi ordinati con la proprieta dell'estremo superiore e contenenti un sottocampo isomorfo a Q, sono necessariamente isomorfi tra loro. Infine le sezioni razionali vengono identificate con i numeri razionali, cio’ si serive, con abuso di notazione, Q = Q*. Ab 5, ULTERIOR PROPRIETA DEL CAMPO REALE. Teorema 8 (Rroprieta archimedea), Siano z,y € R, 2 > 0. Allora esiste nN tale che nz > ¥. — f0Dim, Se y < 0 la tesi 2 ovvia. Sia ora y > 0. Per assurdo, supponiamo che per ogni n EN si abbia nz < y. Allora, posto E = {p€R: p= nz, n EN}, siha che y @ un maggiorante di E e quindi E & limitato superiormente. Esiste allora z € R, z = Sup E. Poichd x > 0, -2 < 0,e 2~ 2 < 2, quindi z ~ z non 2 un maggiorante di E, ciod esiste Hi € N tale che # - 2 < fiz. Ne segue z < (f+ 1)z, assurdo poich® (H+ 1)z € Ee 2 é un moggiorante di E. N@ Teorema 9 Siaze€R,2>O0eneN, Allora esiste uno e un solo y ER, y > 0, tale che y/ 2 : L’unicita di y segue immediatamente dal fatto che, se 0 < yi < yz, “allorn y? < yf. - Dimostriamo Vesistenza. Sia E = {2 ER: z> 0, 2” < 2}. *Proviamo che £ @ un sottinsieme non vuoto di R, limitato superiormente. BF 0; infatti, 2 < 241, e, poichd z >0, 0< —~ < 1; allora z = ——~ . z4i eH verifica egeseLbulss nealte (natjeotte fe, essendo 2 <2, si ha 2” <2, ciod 2 € B. E 2 limitato superiormente; infatti sia 1+z, allorau>1e wey dw Letan nestte (o=Deote w ¢,essendo u > x, si hau” > z; in particolare u® > 2" per ogni z € Be quindi U> = per ogni z € E ciod ud un maggiorante di B. Poniamo y = Sup £’ e dimostriamo che y* = x. ‘A questo scopo, mostriamo che se y" < 20 y" > = si giunge ad un assurdo. Sia y” < 2; proviamo che esiste h > 0 tale che (y +A)" <2, ciody+he E contro Vipatesiche y sa un maggiorante di. Infatti per ogni h, O.< A < 2, siha (yt ay y= aloe At yy Ayr +. ty yt nya yt < < Ale RAYE + (yt Ay +A)? + Hut AY A(y tA) tyra) = = nly + AY"? < nh(y +1)" Ora scegliendo h tale che zy" Saye si ha (yA yr 2; proviamo che esiste k > 0 tale che y~k > z per ogni z € E cio’ y—k& un maggiorante di £ contro V’ipotesi che y sia il minimo dei maggioranti di E. InfattiseOy—ksiha (aap a Rly Ry et Hoary] < < tly + wet ty syn] Snkyt Sia k= 1; allora 0.< k < ye per ogni u> y- ksiha arcs paw x ciod u ¢ EB. Ne segue che se 2 € E, z 1ereg. r=" conn €N em eZ, poniamo (): cio’ af & Ia radice n-esima del numero reale positive a”. mm La definizione & ben posta in quanto se r= = = : congeNepeZ, allora In particolare se r, ») 4) 5) 9) 23 Sina > 1LezER. Poniamo o* =Sup{yeR:y=a', se, s< 2} Si noti che Vinsieme A(z) = {(vER; y=a", EQ, <2} ® limitato superiormente poich® ogni numero reale del tipo a” con n € N,n > x2 un maggiorante di A(x). (L'esistenza di un maggiorante & gerantita dalla proprieta archimedeal!). In particolare se 2,y €R 1 a Si noti che 2 > 1 e quindi (2) 8 definito al punto 2). Se a= 1 poniamo a =1 perogni zeR. Sia a€R, a> 0, Allora per ogni z,y R si ha ott sa. Si pud verificare che se a > 1, a" > 1 per >Oea" lex GY “6 RAPPRESENTAZIONE DECIMALE. Sia z un numero reale, x > 0. Denotiame con n, V'intero (non negative) tale che ny $< Me tl. Sia ny (0S mi <9) Tintero tale che 1 net cacn tes +o +t Neots kA, sia ny (0 < ny <9) tale che tecrcn 10° = Or Si noti che ogni my & univocamente determinato: infatti Ia definizione di_ my pud essere riformulata dicendo che ny 2 il pid grande intero non superiore ad z ed ne, se k>1, bil pid grande fra gli interi 0,1,2,...,9 tale che eth Se io FF Gor = In particolare 1p ® chiamato parte intera diz e denotato con il simbolo [x]. Def. _ Chiamiamo rappresentazione decimale del numero reale non negativo x Vallineamento tigyttiang.-. escriviamo (6) B= nyyninans.. 1 simbolo di eguaglianza nella (8) 8 giustificato dal fatto che se esiste & > 0, k intero, tale che @ aie dove nj dintero per ogni j e OS nj <9 per ogni j= Ia rappresentazione decimale diz & esattamente ey M112 +0000... Vale il seguente risultato. —* Teorema 10. Sia z€R, 220 esia nyjninzny... la rappresentazione decimale di x. Allora posto | male @ infinita. Ad esempio 2 25 Sup a. Ricordiamo che, per la costruzione effettuata, si ha 1 me Sacmto S2< ati ‘per ogni k>0. ‘Alora. z & un maggiorante dell'insieme E = {2x, k > 0} ed ail minimo dei = (4-2) +2>—- ciok z—e non 8 un maggiorante di E. Osservazione. Le rappresentazioni decimali tali che nj = 0 per ogni j > k "dove k @ un intero non negativo, vengono chiamate rappresentaaioni decimali “finite, Se z ha una rappresentazione decimale finita, allora per il teorema precedente "si pud scrivere nella forma (1). “Ne segue che tutti e soli e numeri reali non negati che hanno una rappre- sentazione decimale olare, numeri razional Esistono peraltro numeri razionali non-negativi Ia cui rappresentazione deci- 1 3 ha la rappresentazione decimale 0,333. ciod ne =0, nj =3 per ogni j>1 Osserviamo infine che, per la costruzione effettuata, il numero razionale zy i i , 1 fornisce una approssimazione per difetto del numero reale 2 a meno di ie nel senso che 26 } HST 0 tom 1. Il problema, che si pone a questo punto in maniera naturale, 2 quello di sta- bilire se ogni allineamento det tipo (8) @ la rappresentazione decimale di un numero reale ‘x, z > 0; in altre parole, ci domandiamo se esiste una cor spondenza biunivoca fra gli allineamenti del tipo (8) e i numeri non negat A questo proposito vale il seguente teorema. Teorema 1. Non esistono rappresentazioni decimali periodiche di periodo 9. Ogni allineamento del tipo (8), non periodico di periodo 9, & la rappresen- tazione decimale di uno e un solo numero reale non negativo. Dima. Sia dato Vallineamento periodico di periodo 9 gyn M4 999... dove ny 20, O< ny <9 per ogni j= 1,2,...,k, me #9, my =9 per ogni g>k Se esso fosse Ia rappresentazione decimale di un numero z €R, x > 0 si avrebbe per il teorema 10, 2=SupE by =a, J 2 0}. Poich® al ricava Ma allora SupE= 0% io Sm 1 he la rappresentazione decimale del numero ) > wt 10" Noy MiMaMy --.Me-a(Me + 1)0.0 0. fo Sia ora n,njM,n9... un allineamento del tipo (8) non periodico di periodo 9, cok per ogni k2 Teste E> kta che ng #9, Sia z= Supa; e proviamo che 24 <2 < a4 + ie per ogni k da cui segue che Vallineamento fissato 2 Ia rappresentazione decimale di z. Ovviamente a Sx per ogni k. Dimostriamo ora che # < 24+ 7" per ogni &. Fissato k, sia k > & tale che ny # 9. Basta dimostrare che Supa; ; allora 28 ny 1 gant Do oe Smt a(t = nah 10 10 10 =a, 9 10 1 1 satan s ('- yp) ae da cui 1 1 Supa; Sat -—p 0 possiamo scrivere la rappresentazione decimale di |2| ¢ sia azione decimale per 2] = no ninany ».. Poniamo allora ey Manans « ¢ diciamo che —ng, nyngns.... la rappresentazione decimale di z. Si osservi che, poiché in particolare ne < |z| < no +1, siha ony -1 a=b=0,ciod 2=0. fi) Sia A=2 + iy. Allora |Az|= V(az— by + (ay + bay = = VP + Ma? +) = [Al 2] a= Po 4 ili) Jz+ wu? (2+ w)(E+D) = 284 w+ w+ Fw = |e? + Jul? + 28 (200) < Jal? + fol? + 2lel}uo| = Cle} + |wl)? ‘Abbiamo utilizzato le (8) e (9) e la disuguaglianza, di semplice verifica: (221) < [zz] = lalla NO 3 FORMA TRIGONOMETRICA DEI NUMERI COMPLESSI. La forma algebrica di un numero complesso @ legata all'introduzione nel piano di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Ricordiamo infatti che, se 2 €C, 2= &z+i%z, Rz e x sono rispetti- vamente l’ascissa e Pordinata del punto P associato a z in un riferimento di questo tipo. Introduciamo ora nel piano un altro sistema di riferimento: sia ro una semi- retta orientata spiccata da una punto Fo, detto polo, P g ‘ Py Sia P un punto del piano, P # Po. Associamo a P il numero reale (positivo) p.che.rappresenta la lunghezza del segmento di estremi-P.e Py ¢ il numero reale che esprime l’ampiezza (misurata in radianti) dell’angolo di cui deve_ ruotare la semiretta ro per sovrapporsi in direzione e verso al segmento di estremi Ps e P. In questo modo ad ogni punto del piano diverso. dal. polo. &. associata, una coppia ordinata di numeri reali (p,4), ove.9.> 0. Si noti perd che tale coppia non & unica, poiché (p,4) e (p,¢ + 2kn), k € Z, sono associate al medesimo punto. Viceversa, ad ogni copia ordinata (p,¢) con p > 0 @ associate un unico punto del piano. ” Nel piano di Argand-Gauss, introduciamo un riferimento polare_con_polo nelVorigine del riferimento cattesiano e semiretta ro coincidente con il semiasse reale pasitivo. ee Ogni numero complesso z # 0 quindi univocamente determinato dalla coppi (p.4) dove p = |2|. Il numero reale ¢, definito a meno di multipli interi relat di 2x, viene chiamato argomento di z ¢ denotato con arg 2, 35 Le (10), noti pe 4, cio? modulo e argomento del numero complesso 2, forni- scono Rz € Sz. Le (11), noté ze Sz, determinano univocamente |2| ¢ arg 2 - Dalla (10) otteniamo la cosiddetta forma trigonometrica del numero complesso 2#0. Sostituendo infatti nella forma algebrica ad a e b le loro espressioni in termini “ diped,siba 2 = plcosg + ising). - Esempi. 1) Sia 2= 144; alora |e] = VIF 1 = VE 1 cos =e 1 sing = , $4 da cui 2 i arge = 7 No 36 La forma trigonometrica di z 8 quindi 2) Quindi sf a(cos0+isind) se a>0 ~a(coss +isinz) se a<0 3) Siaz=ib, BER, 60. x/2 se b>0 Allora |z|=[b] e argz ce 2 aa Quindi x ant { Hoos + isin5) oe b>0 3 3 ~b(cos$x+isin $n) se b<0 4, POTENZE. RADICI. Siano ora ze w due numeri complessi in forma trigonometrica, 2= p(cosg + isin) ~ w= r(cos8 + isin8) Sia ha = p-r(cos $cos 4 + ‘sind sin + icos dsin 6 + ising cos) = = p-rlcos(9 + $) + isin(0 + 9)]. Abbiamo quindi ricavato che il prodotto di due numeri complessi ha per mo- dulo il prodotto dei moduli e per argomento la somma degli argomenti. B immediato verificare che quanto detto si estende al prodotto di n numeri complessi (n> 2) 21,22+++)%n- Cio’ se 37 1 se ELztziz 80 ces . 2 un intero positivo oe 1 Te ME um intero negative, Georema-3.-.-(Formula'di De Moivre): Sia 2 €C, 2 #0. Ber . DE [veg tisne, | Molvere allora’per ogni ne Z 04) p"(cosng + isin ng). Dim, Sen = 0 a primo membro dalle (14) si ha 2° = 1; daltra parte #9 (cos0 + isin 0) = 1. Ber n positivo la (14) 8 una conseguenza immediate della (12). ‘Sia ora n intero negativo. Posto m = —n, si ha — PP (cos mg + isinmd) 1 cosmg —isinmd cosme+isinmd cosmé—isinmd cos mg ~ isin ma cos? m¢ + sin? mg = p*(cosnd + isin nd) p"[cos(—ng) — fsin(-ng)} = 38 © quindi la (14) Osservazione. La formula di De Moivre asserisce in particolare, assumendo n= -l, che se z = p(cos¢ + ésin g). $= jleon(-#) + in(-9)] r(cos#-+ isin), siha 03(8 ~ 4) + isin(9 — 4)] cio’ il rapporto di due numeri complessi w/z, ha come modulo il rapporto dei {el lel Def. Sia €C, 2#0e sian un intero positive. Diciamo che w & radice n-esima di z se moduli 1“! e come argomento la differenza degli argomenti (arg w ~ arg). (18) Teorema 4, SianéN, n>1, ¢2€C,2#0. Esistono esattamente n radici n-esime di z, Jn particolare, se z = p(cos $+ sin g), i numeri complessi 2h + isin 2+ 28 09 w= al ) k=0,1,...,(2-1) sono n radici n-esime di z Dim. Sia w = r(cos@ + isin#). Dalle (15) utilizzando Ja formula di De Moivre, si ha (7) #*(cosnd + isinnd) = p(cos $+ isin 4) La (17) 8 un’uguaglianza fra humeri complessi scritti in forma trigonometrica. Ne segue che i numeri a primo e secondo membro della (17) sono uguali se e solo se hanno moduli uguali e argomenti la cui differenza @ un multiplo relativo di 2x ciod se e solo se 39 at a = = pet ogni k €Z il numero . a B radice n-esima di 2. Proviamo ora che to, t1,..., 4-1 sono numeri complessi distinti “Infatti siano wy, con 0 n~ 1, si pud scrivere < 1, argu, ~ argw, non 8 un multiplo di 2x e quindi h>noh <0, esiste k, ove 0 [Bas ~ Cty = (Ba, ~ 60,)(Ba;=CB) =D lee, ~ Cb,)(Ba, ~ CB) = Yo BPeay + SewsJ, - Yo BCa,h; - x BCa;b; = it it = B’A+|C['B- BEC ~ BCT = B’A- BIC? = B(BA-IC\’) 42 43 Quindi jeremo la norma con il sing ) . wrviamno le seguenti proprieta di°facilé dimostrazione: B(BA-|CP)>0 «, poche B > 0, ne segue utes ettaa(etyt Ich cap +10), allora 2+0= 2; a «,—2n)yallora z-+(-2) = (a, ER); gar0evafor- | Pe fa “ale + y)=az+ ay (eR); (adGob Pe eeewo 6. _SPAZI EUCLIDE] 4 Ma + ys2) = (22) + (ya) | Pea (az,y) = (z,ay) (@eR). NTERM O Sia nN. Denotiamo con R” Vinsieme di tutte le n-uple ordinate 19 F2y-+-tn) fd dove a) € R per ogni i = 1y...ym. elemento -dimensionale ¢ il numero realeviene detto coo 2 Si oservi che(R]e il prodotto cartasiano di per se “Teorema 6, Siano z,yeER"ea€R. Alora 2 ~ ) la > 0 i Rope veta” WOR HA, see solo se z= (0,0,...0)=0 — (proprieta di annullamento) (proprieta di omogeneita) Def. Sez = (21)2)---5tn) OY 4. Veitori ae yil vettore ai R* definite da blew 46 Def. Diciamo iintersezione di X; ¢ Xz, ¢ indichiamo con Xy 9 Xz, il sottoinsieme di X costituito dagli elementi comuni a Xi ¢ Xa. Diciamo unione di X, e Xa, ¢ indichiamo con X; U Xa, il sottoinsieme di X costituito dagli elementi che appartengono almeno ad uno dei due insiemi X; 0X Notiamo le seguenti proprieta dell’unione e delVintersezione (X,,Xa,Xs indi- = = comuafaeny, () XU%=X%UX Xi0%e=%aaky — omnlnrs (2) (%U%)U% = XL U(%U%) fending Bnesor (XU Xs) 0 Xs = (Xi N-X3)U (Xa Xs) ) aw ®) (%, 0X2) UX = (X, UX4) 9 (KU Xo) a Foeean Xn0=0 X,u0=% XaX=X X,UX=X. UOLEMENTSe A C X, il sottoinsieme di X costituito dagli elementi che non appartengono nH NiO HAGING of 4st di amples Ain india on es sihe ‘Temuto conto di (1) ¢ (2) possiamo definire Punione e Vintersezione di un numero (finito) qualunque di sottoinsiemi X1,...,X, di X. Basta unire 0 intersecare successivamente gli insiemi X,,...)Xq in un ordine qualunque. Denotiamo tali unioni e intersezioni anche con i simboli: ‘Ax el 2,” APPLICAZIONI TRA INSIEML. ‘indichiamo con f tale legge, useremo la notazione denotera elemento y associato a z dalla legge /. " Altre espressioni equivalenti ad applicazione sono: funzione, mappa. X viene detto insieme di definizione, o dominio di f. Dato 2 € X Telemento y € Y ad ess0 corrispondente (ciot y = f(z)) si dice immagine di z mediante f. Se AC X & non vuoto si dice immagine di A aT saree rg jediante f, e verrd denotato con f .sieme delle immagini mediante f ‘dei punti x € A. In simboli MA) = {ve : esiste xe A tale che y= f(z)}. | particolare l'insieme {(X) verr& chiamato goinsieme 0 codominio di f 0. CDQ! god f. — ¢ la dato ora y € Y e si consideri l’insieme degli z € X ti che f(z) = y. ‘fale insieme verra detto,controimmagine di y mediante f e vert’ denotato fowi? eon"). —— Sino Hiche J7*(y) pud essere vuoto e che, in generale, se non & vuoto pud con- = i un elemento. Se B C Y diciamo controimmagine di B mediante " fye denoteremo con f-(B) il sottoinsieme di X cosi definito: “ery - 17(B) = {ze X: f(x) € B}. Esempi. 1), Sia ¥ =X =R,e sia /(z) =sinz. Allora {(kx) = 0 per ogni k intero, cio? 0 & immagine di tutti i punti del tipo kr. Quindi f-1(0) = {z € R: z= kx, ove k 2 un intero relativo }. Se B& il sottoinsieme di y costituito dai punti {0,1,—1} allora f-+(B) Riza & ove k & un intero relativo }. Se y € Re {yl > 1, allora I7y) =0 Se B={yER: -1 card B. Esempi. /1)) Sen A nel seguente modo. Se z € S* poniamo f(z) = 2. Se z € S,, ciod £ = a, ove m& pari, poniamo f(aq) = an/2- Lasciamo al lettore la facile verifica che f & una applicazione biunivoca di A’ su A, e che, quindi, A’ ¢ A hanno la stessa cardinalita. Osservazione. Sia X un insieme non vuoto e P(X) Vinsieme delle part La relazione di equipotenza una relazione di equivalenza tra le parti di X. Questo si verifica facilmente, tenendo presente che l'inversa di una applica- tione biunivoca @ ancora biunivoca, e che la composizione di due applicazioni biunivoche da luogo ad una applicazione bi 7. POTENZA DEL NUMERABILE. Def. Diremo che un insieme A ha la potenza del numerabile se esso equipotente ad N. Se A & numerabile esiste { : N— A biunivoca e quindi ogni elemento a € A si esprime in un unico modo nella forma a= f(n) In altri termini, posto a, = {(n), gli elementi di A si possono “elencare in @) 450,035 +. +5 On (Si osservi perd che non ogni successione realizza una corrispondenza biuni- voca; ad esempio f :N —> Z definita mediante f(n) = (-1)" non @ biunivoca). Teorema 3. Sia A numerabile e sia A’ C A infinito. Allora A‘ & numerabile. ~s Dim. Rappresentiamo A nella forma (9) ¢ sia n; il pid piccolo indice tale che aq, € A’. Sia poi nq il pid piecolo indice maggiore di n, tale che an, € A’. Dati in tal modo ny < ny <...Me, tall che dn, € A's -0y0m € A’, sia mags il pid piccolo indice maggiore di ny tale che dq,,, € A’. Viene cosl definita una funzione ¢:N— A’, 4(k) = q,, che realizza una corrispondenza biunivoca traNe A’. —-PTeorema 4, Sia {A,}%, ana famiglia numerabile di insiemi, ciascuno dei quali sia numerabile. Sia A= [J An. Allora A 8 nomerabile, Dim, Indichiamo con ayn gli elementi di Aq, cio’ Aa = (iy @2mye ey Ghinge oo} Consideriamo il seguente quadro in cui appaiono tutti e soli gli elementi di A: Ordiniamo in successione gli elementi a,,, con procedimento “diagonale”: (20) 4,15 1,95 02,1541,94.82,25 89.15 81,45 03, « Poich® gli insiemi A, non sono necessariamente disgiunti (ciod pud capitare Anf\Am # per qualche n # m) pud accadere che alcuni elementi di A appaiano pid volte nel quadro sopra riportato. Conveniamo percid di saltare, nell’enumerazione, gli elementi che siano gid apparsi una volta. Con tale procedimento gli elementi di A vengono ordinati in successione, cio® A& numerabile, | Osservazione. Abbiamo volutamente rinuneiato, per non oscurare Ia sem- | plicita dell'idea dimostrativa del Teorema 4, ad alcuni dettagli tecnici. Ad _ esempio, se gli A, sono a due a due disgiunti, ciob A, (Am = Ose n # m,& "facile esplicitare la funzione f : A-—> N che realizza la corrispondenza biuni- © voca. Infatti f deve assegnare all’elemento a,,, il suo posto nella successione | (10) (Gi osservi che nel caso che stiamo considerando non ci sono ripetizioni \ dielementi). Ogni “diagonale” @ caratterizzata dal fatto che la somma degli “Vindici & costante. Se r = k +n (quindi r > 2), ci sono r ~ 2 diagonali pre- + -“cedenti quella a cui appartiene an, € tali diagonali corrispondono ai valori j= 2,3,...,r— 1. Ciascuna di esse contiene j ~ 1 elementi. Inoltre ax, 2 il -_-k-esimo elemento della (r ~ 1)-esima diagonale. Quindi ay, occupa in (10) it posto Hoan) = SoG~ 1) += Soot k= GER MEH OND) yy wo Si osservi che, nel caso generale, anche se intervengono sovrapposizioni tra gli insiemi An, Punione @ sempre un insieme infinito, poiche, ad esempio, A 2 Ar ¢ Ay & numerabile. Def. Sia A un insieme non yuoto. Diciamo che A 2 al pid numerabile se esso & numerabile oppure finito. Corollario 5. Lunione di una famiglia al pit numerabile di ciascuno dei quali sia al pit, numerabile, & al pid numerabile. insiemi Ag, Dim. $i osservi che l'unione finita di insiemi finiti é finita, Punione finita di insiemi numerabili é numerabile, !unione numerabile di insiemi finiti @ al pit numerabile. Infine se A @ finito e # 8 numerabile, AU B & numerabile. Coroltario 6. a) 2; b) Vinsieme A dei numeri razionali; c) I", ove 1 un qualungue insieme numerabile. Sono numerabili i seguenti insiem Dim. a) Sih: Z={ p22, e quindi Z & numerabile per il Corollario 5. b) Sian €N. Indichiamo con Q,, V'insieme dei razionali del tipo —~, ove m varia in Z. Per la parte a) ogni Q, & numerabile. Poich? si ha 2=U em segue lasverto. 1 Passerto & vero per ipotesi. Po- Ax I. Aé numerabile per Vipotesi di ©) Procediamo per induzione, Per n niamo A = I", scriviamo *+ induzione. Quiudi si ha 59 045,045.) Ne segue = Cod xr Ogni insieme {a,} x 1 8 numerabile, da cui segue che I"* & numerabile, 8. POTENZA DEL CONTINUO. | Def. Sia I-un insieme equipotente a R. Diremo allora che_I ha la potenza In questo paragrafo ci proponiamo di dimostrare un famoso ‘Teorema di Can tor, asserente che R ha potenza superiore ad N, 0 in altri terinini, che la potenza del continuo & superiore a quella del numerabile. —bLemma, Sia I= (2€R:0<2<1} hi : Allora 1 & equipotente ad R. (9,6) ~ IR Dim. Consideriamo la seguente costruzione: No NTR uM 13 sie sen enasao cansee= (2,2) wot om j ¢ raggio 3. Ogni retta per C, eccetto quella paralela all'ase della ascisse, interseca Tin un unico punto A e ’asse della ascisse if un unico punto B. Sia Bi il piede della perpendicolare condotta da A all’asse delle ascisse. Cl mente Pascissa di B' & compresa strettamente tra 0 ¢ 1, e la corrispondenza tra B e BY realizza una corrispondenza biunivoca tra R e I. Osservazione. Il lemma precedente pud anche essere dimostrato per via ana litiea, sia 1+ o2=y ——(proprieta di annullamento) 3) d(z,y) = dy,z) per ogni z,y € X (simmetria) 4) d(z,y) < d(z,2)+d(z,y) per ogni z,y,2 € X (proprieta triangolare). Def. Chiamiamo spazio metrico (X,d) la coppia formata da un insieme 24 non vuoto X e da una mietrica din X, RETR, ‘sempi. ) Sia X qualsiasi. Poniamo aen={) 22% Si verifica facilmente che d una metrica in X che viene chiamata “me- trica discreta”. b) R uno spazio metrico con la distanza a(z,y) -ul ayeER. d) Sia X =R" e siano x,y € R", 2 = (ty...) 2n)e Y= (Ya |. Sono distanze in X le funzioni d(z,y) = Y) all= {de 4s(2,y) = Max |x ~ wl La distanza d viene chiamata “metrica euclidea” in R” Le proprieta 1) 2) 3) della distanza sono verificate in modo ovvio. La proprieté 4) segue dalla subadditivita della norma in R" o del valore assoluto. Sen metric le metriche introdotte coincidono con quella dell’esempio b). La odotta in C nell’esempio precedente non @ altro che la metrica d nel caso n= 2. Osserviamo che d, ds, dz hanno un chiaro significato geometrico Per semplicita riferiamoci al caso n d(z,y) @ Ia lunghezza del segmento avente per estremi i punti P = (11,22) € @ = (vi %2)- 4, (z,y) @ il massimo fra le lunghezze dei segmenti (paralleli agli assi coor- dinati) PS e QS, dove § = (y;,z2)| oppure S = (z1,¥)|. Infine da(z,y) 2 la somma delle lunghezze dei segmenti PS e QS cio la lunghezza della poligonaie, con i lati paralleli agli assi coordinati, congiungente P e Q. Sia X = (0,+00) = {2 ER: > 0}. Poniamo nyeX 1) Sia (X,d) uno spazio metrico. Si pud costruire a partire da d una nuova metrica d* in questo modo (zy) 1+d(z,y) Verifichiamo che d° ¢ una metrica: 1) (x,y) 20=>d'(z,y) 20 2) exy ss dlz,y) =O d'(2,y) (2,9) nyeXx, 8) d(z,y) = d(y,2) => a°(2,y) = 4) tyEROSh Spe ity 0. Chiemiamo [NT intorno.sferico di zp di raggio r, e denotiamo con U;(zo), V'insieme dei punti. ~** i X aventi distanza da 2 minore di r, cio® clot U, ={2eX: d(t,z0) 2421.22) © quindi y ¢ U,, (22). Nella metrica discreta (esempio a) se r < 1, U,(ao) = {0}; se invece > 1, U,(z0) = X. In R"(n > 1) con Ja metrica euclidea si ha, ponendo Bo = (229) tR)y U, (2) Quindi se n = 1, U, (zo) & Vintervallo simmetrico (z0 ~ r,20 +r) con centro in 9 e lunghezza 2r. Se n = 2, U;(z9) @ il cerchio (privato della circonferenza) con centro 2 © raggio F. Sen = 3, Ur(zp) & la sfera (privata della superficie sferica) con centro 2) € raggio r. In R? poniamo ora Ia metrica d, dell’esempio d). Si ha Ura) = (a € R? : Max{lz0 ~ 28), 2: ~ 281} 0, U,(z0) {v € (0, +00) Con semplici disequazioni si ottiene 2 es- ca} ‘Consideriamo ora lo spazio metrico (X,d") dell’esempio f). Si ha seo 1 U,(2o) = X. Ser < 1, si ottiene an U. (a0 {vex aly,20) < *} cio’ Vintorno sferico di zo di raggio + (r <1) nella metrica d* coincide con = nella metrica d. VFintorno sferico di 29 di raggio + Infine se d @ la metrica su W dell'esempio g) U.tc0)= {men : n> > thu treo} ple | cupsoes ‘Def. Sia (X,d) uno spaiio metrico ed H un sottoinsieme di X. | we \ i) | Diciamo che 2) € X @ un punto di accumulazione per E se in ogni intorno sferico di zp cade almeno un punto x € E, x # 9. fi) Diciamo che zo € F 2 un punto isolato di E se esiste un intorno sferico di zy non contenente alcun punto di £ diverso da 29. iil) Diciamo che 29 € X un punto interno di E se esiste un intorno sferico i zp contenente solo punti d iv) Diciamo che zy € X @ un punto esterno di Hse esiste un intorno sferico diz non contenente alcun punto di E. ¥) Diciamo che 29 € X é un punto di frontiera di H se in ogni intorno sferico Gi a cade-almeno un punto di Ee un punto di E vi) Diciamo che Z & un insieme aperto se ogni suo punto & punto interno. P 8! Pp vii) Diciamo che H @ un insieme chiuso se contiene tutti i suoi punti di accu- mutazione. ~ Osserviamo che un punto di accumulazione di F pud appartenere ad E’ oppure al suo complementare; naturalmente la condizione, nella definizione i), che in ogni U,(zo) cada almeno un punto,z € E diverso da zo, ® significativa solo se 9 € B. Inolire, se x € By toe .¢ punto di accumulazione dE © punto isolato di E. Poiché un punto appartiene ad ogni suo intorno, i punti intern di 2 Gono hecessariamente punti appartenenti a E. I punti esterni di E sono punti interni di E* e quindi appartengono necessariamente a E*, 1 punti di frontiera di £ invece possono appartenere ad E oppure ad E* Notiamo infine che X,, come sottoinsieme di se stesso, # sia aperto che chiuso; lo stesso dicasi per l'insieme vuoto. Diamo alcuni esempi per illustrare le precedenti definizioni. 1) Sie X =R con d(z,y) = |z— yl ed 2) 6 = (0,0) ={2ER : a. 7 i io metrico, E ¢ X, 29 punto di accumulazione — Teorema 1. Sia (Xd) uno spazio metrico, HC X, 0 punto di ac di B, Allora in ogni intorno sferico di zo cadono infiniti punti di F. | Dim, Per assurdo, supponiamo che esista ro > 0, tale che U, solo un numero finito di punti di 2; siano 21,22,...2%. Poniamo a= min d(2i,z0). Allora nell’intorno di 29 di raggio a non cadrebbe alcun punto di B, fatta eccezione eventualmente per zo, contro 1a definizione di punto di accumula- tione. Pb Corotlari. 1 sottsinsiemi Siti di uno spario metrico sono privi di punti di accumulazione. MOTeorema 2. Sia (X,d) uno spazio metrico 2 € X er > 0. allora U;(29) & ‘un sottinsieme aperto di X. Dim. Sia y € U,(zo); mostriamo che y & un punto interno di U,(2o). Poich® ye U,(z0), ay, 20) = conO 0 tale che U,, (0) non contiene alcun punto di E, cioé U,,(t0) € E*. E aperto. Proviamo che £ 2 chiuso, cio’ che contiene tutti i suoi punti di accumulazione. Per assurdo, sia rp un punto di accumulazione di £, ro € E* Dalla definizione di punto di accumulazione, in ogni intorno di zo dovrebbe cadere almeno un punto di E; d’altra parte poiché zo € B° ed E* é aperto, deve esistere un intorno di 2» che contiene solo punti di B*, cio® che non contiene punti di £. =? Teorema 4. Sia (X,d) uno spazio metrico, {Ez }aca una famiglia di sottoin- siemi aperti di X, {Fa }aea una famiglia di sottoinsiemi chiusi di X. Alora 1) 2) U 2B. 8 un aperto in x. ae () Fe 2 un chiuso in x. Se inoltre JC A, J finito, allora 1) 2) Dim. y) a) 2) (1) Be dum aperto in x. LU Fu dun chiuso in x. ee? Sia a € |) Bq; allora esiste € A tale che x € Ez. Poichd Bz & aca aperto, esiste ro tale che U,,(z9) C Bz. Ma allora U,,(to) ¢ (J Fae oe quindi 29 @ punto interno di (J E,. aca Sia 20 € ] Bs. Allora 2» € By per ogni a € J. Poiché H, 8 aperto, esiste ra tale che U;, (20) © Ba. Sia ro = mip re. Allora ro > 0 (J 2 finitolll), U;,(z0) © Q Ex e quindi Zo & punto interno di (| Ea. ae Per provare che (1) Fy @ chiuso. mostriamo che ( nN 9) @ aperto aca eA (vedi teorema 8). Poich® (O48) =Us ok eA e Fi 8 aperto per ogni-a per il teorema 8, la tesi segue dalla 1). Poich? (Us) =n ae oes {Il teorema 4 afferma che la classe dei sottoinsiemi apert © 2} “chiusa” rispetto all’unione qualsiasi di insiemi e rispetto all'intersezione (finite di insiemi. 3 dalla 1') segue che ()] Fz & aperto e quindi dal teorema 3 che (J Fy 2 ae oer chiuso. i uno spazio metrico [ls classe invece dei sottoinsiemi chiusi @ “chiusa” rispetto alla intersezione walsiasi e rispetto all/unione finita. Notiamo che non si pud attenuare Pipotesi the J sia finito come mostrano i seguenti esempi. In R con la metrica d(z,y) = |z - yl, siano {En }new € {Fn}new le famiglie numerabili di insiemi [ew 4 . Ee (3, +2) a,b). > By d aperto per ogni n, Fy ® chiuso per ogni n, e a, (me Def. Sia (X,d) uno spazio metrico, EC X. Diciamo che E é limitato se esistono zo € X e ro > 0 tali che — EC Uy, (20): Esempi. 1) In R"(n > 1) con d(z,y) = llz - yl, poichd U,, (29) © Up(0) @ patto di scegliere R sufficientemente grande (2 > ro + [[zol\), gli insiemi limitati sono tutti e solo quelli contenuti in intorni sferici dell’origine; ciod B limitato se e solo se esite R tale che Iizll 0, pud essere visto come intorno sferico di un opportuno punto. Ne-segue che ogni agate —p sottinsieme B di X tale che x > a per ogni z € E, (a > 0, opportuno) & un sottinsieme limitato di X. Non sono invece limitati in X i sottinsiemi del tipo (0,2) con a > 0. Def. Sia (X,d) uno spazio metrico e sia EC X. Denotiamo con {Fa}aca la famiglia costituita da tutti i sottinsiemi chiusi di X contenenti £, ciod tali cheB © F, © X per ogni a € A Chiamiamo ghiusura di B ¢ denotiamo cof By) Osserviamo che Ia famiglia (Fa}zea non 8 mai vuota, in quanto per Jo meno X 2 chiuso eX DB. Dal teorema 4 segue che E @ un sottinsieme chiuso; inoltre E 2 E poich® Fy 2 E per ogni a, ed ogni chiuso che contenga E contiene necessariamente E In questo senso la chiusura di un insieme E & il “pid piccolo” insieme chiuso contenente B. Owviamente B= se e solo se E é chivso. ‘Teorema 5. Sia (X,d) uno spazio metrico, EC X. Denotiamo con E V'insieme di tutti i punti di X che sono punti di accumula ione di B. Allora B=EvE. Dim, Dimostriamo che EU E’ CB. Sia y € BE’ e Fy un insieme chiuso tale che F, 2 Ej in ogni intorno di y cade almeno un punto di E, e quindi di Fa, diverso da y. Ne segue che y € F', e, poiché Fy & chiuso, y € Fa. Allora E’ © Fy per ogni a €.A, da cui EC () Fy = E. Poiché £ ¢ E, si ha EuE'CE. imostriamo ora che E C EUE’. A tale scopo, tenuto conto della definizione di E e del fatto che E C EU E’, basta dimostrare che EU E' é un insieme chiuso. Sia y € (EU E'Y. Per ogni r > 0 esiste z € FUE’, 2 ¢ y, 2 € U;(y), Poiché 2 € BUE',o 2€ Boz E’. Siaz€ B', 2 ¢ E: poiché U,(y) & un insieme aperto, x punto interno di U,(y); esiste quindi s > 0 tale che U,(z) C U-(y); poiché re E,2¢ E,esiste 2 € E, 2 € U,(z) € quindi z € U,(y). Ricapitolando, iy se y € (EU E’Y' per ogni r > 0 esiste un punto di E, diverso da y (x se 7€E,zse2¢ E)in U,(y) ciod y€ BE’. Ma allora EU E! contiene tutti i suoi punti di accumulazione, cio’ @ chiuso. Esempi. 1) Sia X =R con d(z,y) = |z- yled Z = (a,8). Dal teorema 5 ¢ da quanto detto a pag. 71 esempio 1) segue che B= a,b). Analogamente (a, +00) = [a, +00), (00,5) = (co, 8. Sia B= . Dall’esempio 3) pag. 72 ¢ dal teorema 5 segue che E 2) Sia (X,d) uno spazio metrico con la metrica discreta, EC X. Allora E=E (basta ricordare che B & chiuso). Def. Sia (X,d) uno spazio metrico, EC X, B #0. Chiamiamo diametro di E, e denotiamo con diam _E, la quantita Riassumiamo le principali proprieta del diametro nel seguente teorema. DIAk —b Teorema 6. Sia (X,d) uno spazio metrico, BC X, #0. Allora i) diam E=0 see solo se E & costituito da un solo punto; ii) diam E < +00 se e solo se E @ limitato; iii) se BC F, diam £< diam F; iv) diam Dim. i) Sia £ costituito dal solo punto 2. Allora diam B= Sup. d{z,y) = a(z,2) =0 Viceversa, £-contenga due punti ze y distinti; allora diam E > d(z,y) > Ge quindi l'assurdo. Sia diam F< + issiamo zo € E; allora, per ogni y € E si ha (zo) < Sup a(x, y) cio’ E & contenuto nell’intorno sferico di zy di raggio r, se r > diam 2. 76 uindi E & limitato. range, sa B limitato;esista ciod x9 € X er > Otale che BS Us(20)- ‘Allora, per ogni z,y € E, d(z,y) < 2r ¢ quindi diam E < 2r. iii) ovvia. iv) Poicht BC F, diam EB < diam B. Quindi se diam EB = pa diam E = -too. Sia ora diam E < +00. Se a,b € B, per ogni ¢ > esisfono 2,y € E tali che d(a,z) <€, d(b,y) 0 tale che U, (+00) € Ge. 1 Se n > =, allora n € U, (+00) ¢ quindi n € Gz. Ne segue che solo un numero fnito di punti di 2 (gli interi naturali & tali che & < 4) non appartengono a Gz. Ma allora questi punti apparterranno a un numero finite di insiemi della copertura, siano Ga, ,Ge,,-.-,Ga, € quindi oU(U @.) Esempi. oe a) In ogni Ao Infatti se B -—7Teorema 7. Sia (Xd) uno spazio metrico, EC X, B compatto. Alora Soe Be limitato; 22 chiuso; ec(Jo. i) ag sotcinsiemeinfnito di ho leno un punto di accumledine in b) Dim. Ui(2), re B. Per la compattezza di E, esistono n punti di E, siano 71,2, che Sia X =R con d(z, y) = |x ~ yl ed E = (a,b). Allora E non & compatto. Costruiamo infatti una copertura aperta di E nel modo seguente: se + € E consideriamo Vintorno sferico di x di raggio r(z) U Goi(2) 2B rma da questa copertura non si pud estrarre una sottocopertura fnita; infatti, per assurdo, se esatessero un numero into di ineiemi della co pertura la cui unione contenesse ancora E, essi sarebbero del tipo Grtery (1)y Urfzn) (2)s +++ Urcen) (Fn) i) Consideriamo la copertura aperta di £ costituita dagli insiemi fn, tabi EC Uj(21)U Ui(22)U...UUi(29) Sia ora sayex,, 21,3) Allora EC Vass(21) © quindi B® limitato. Se, per assurdo, E non fosse chiuso, esisterebbe y € E*, y punto di accumulasione di £. Costruiamo una copertura aperta di E nel modo seguente: per ogni z € E sia r(2) = date.) {si noti che r(z) > 0, per ogni z € B) e consideriamo Uya)(z). Al vatiare di z in F otteniamo una copertura aperta di E dalla quale & possibile, per Vipotesi di compattezza, estrarre una sottocopertura finita; sia cio’ EE Ue(ay) (1) UUs (24) (22) V+. U Ur(a,) (Zn) = V dove 21,23).-.,t € E. No = 79 Siaa= in(r(z1),r(22),..+5+(n))- Allora a & positivo ¢ Ua(y) nV =O da cui lassurdo U,{y) 1 E = @ (poichd in ogni intorno di y dovrebbe invece cadere almeno un punto di E). iii) Sia By C B, Ey infinito, Ragioniamo per assurdo: supponiamo che nessun punto di E sia punto accumulazione di E,. Allora ogni punto z € E avrebbe un intorno sferico contenente al pi un punto di £; (il punto z stesso se = € Ei). Avremmo cosl costruito una copertura aperta di E dalla quale non si potrebbe estrarre alcuna copertura finite. Dal teorema 7 segue che le condizioni i) sono condizioni necessarie di compattezza, utilizzabili quindi nella pratica come criteri di non compattezza. Ad esempio, nello spazio metrico illustrato nell’esempio e) gli insiemi del tipo (©,a).con a > 0 non sono compatti perché {vedi pagina 76) non sono limitati. In R", con d(z,y) = |lz— yll, Vinsieme E = {2 € R? : x = 0,0 < x < 1} non 8 compatto poich® non & chiuso; V'insieme Ey = {2 €R*: 2, =n, 2 = n, n €Z) non 2 compatto perché é infinito ma privo di punti di accumulazione, ‘oppure perché non & limitato. ; Abbiamo visto che un sottoinsieme finito di uno spazio metrico non ha punti 4i accumulazione; un sottinsieme infinito pud avere o non avere punti di accu- mulazione; se perd 2 contenuto in un compatto E di X allo mente ba un punto di accumulazione (in-£)— Questo uno degli aspetti, come sara chiaro in seguito, che rendono impor- tante il ruolo della compattezza nell’analisi in spaai metrici. Da qui nasce Vesigenza di procurarsi condisioni sulficienti di compattezza, eventualmente considera (i cosiddetti core smpattezza”) ¢ di approfondire lo studio delle proprieta dei sot- tinsiemi compatti in generale. caratteristiche del particolare spazio metrico che Teorema 8. Sia (X,d) uno epazio metrico, E CX, E compatto. Allora i) FCE,F chiuso => F compatto; ii) FOX, P chiuso=> Fm E compatto, Dim. i) Sia {Ga}aca una copertura aperta di F, Aggiungiamo alla famiglia {Ga}aca Vinsieme F*, che risulta aperto per il teorema 3, Otteniamo } 80 cosi una copertura aperta di £, dalla quale, per la compattezza di B, possibile estrarre una copertura finita. Se questa copertura finita non contiene F*, essa @ di fatto una copertura estratta da {G.}sea €, coprendo E, copre a maggior ragione F. Se invece contiene F*, & sufficiente rimuovere questo insieme per avere una copertura finita estratta da {Gx }aca che copre F. fi) Poich® un compatto & chiuso (vedi teorema 7), FM E ® intersezione di sottinsiemi chiusi di X e quindi per il teorema 4 é un chiuso. Inoltre FEC Ee quindi per la i) @ un sottinsieme compatto. Teorema 9. Sia (X,d) uno spazio metrico ed {Ey }aea una famiglia di sot- tinsiemi compatti tali che Pintersezione di ogni sottofamiglia finita sia non vuota. Allora 1) Ba #6 eea Dim. Consideriamo un sottinsieme della famiglia {Ez }oca- Sia esso Ex. Poniamo G, = ES per.ogni a # @. Se, per assurdo, (le, Ba = 0 ogn elemento di Bz non potrebbe appartenere a tutti gli Ba, a # } ciod ogni elemento di Ez appartiene ad almeno uno degli insiemi Gq, « # 3} poich® Gy 2 aperto per ogni a (teorema 3) ¢ Ez # compatto, dalla copertura {Gq Jaya & possibile estrarre una copertura finite. Sia Bz S Gay UGo, U.-UGon Me allora Eg Eq, A Ba 02-01 Bo, = 0 contro Pipotesi che ogni sottofamiglia finita di {E,}aea abbia intersezione non vuota, Corollario, Sia {E,}new una successione di insiemi compatti nello spazio metrico (X,d), tale che E, 2 Bass per ogni n > 1. Allora fae Veniamo ora alle condizioni sufficienti di compattezza. Ci limitiamo a citare il seguente teorema che fornisce, tenuto conto del teorema 7, una caratteriz~ zazione dei sottinsiemi compatti in un qualsiasi spazio metrico. ~—eorema 10. Sia (X,d) uno spazio metrico, HC X. Se ogni sottinsieme infinito di E ha almeno un punto di accumulazione in E, allora E & compatto, ‘Terminiamo il paragrafo, con il teorema di compattezza in R", metricizzato con la distanza d(z, y) = \jz — yl]. > Teorema 1, (Heine-Borel). ZC R” & compatto se e solo se #8 chiusoe limitato. 3 Prima di dare la dimostrazione, che risulta un po’ laboriosa, enunciamo una conseguenza immediata del teorema di Heine-Borel. —> Corollario (Bolzano-Weierstrass). Ogni sottinsieme infinito e limitato di R" ft hha almeno un punto di accumulazione. Me * Dim. Se By CR" 8 limitato, allora esiste M > 0 tale che Uzl| 1. Allora faze na Dim. Sia B= {2€R:2=as,k EN). E ¢ Ved E2 limitato superiormente poich lipotesi d’inclusione ci garantisce MS 0g Sag S Sb SBSH e quindi a Sb per ogni k> 1. Allora = Sup E 8 un numero reale, Ovviamente 2 > ay per ogni k e poich® She per ogni ky siha Supa; < by 3 ciod O%S2 1, alla successione (J. applicare il lemma 1. Esiste quindi y € My lea Sia y = (yi, ¥25---+¥n)- Allora vef\n Lemma 3. In R ogni intervallo chiuso 8 compatto. Dim. Sia T=(2ER" 1a, $m Sb, 71m}. Ragioniamo per assurdo e supponiamo che esista una copertura aperta {Ga}oea dalla quale non & possibile estrarre una copertura finita. Dividiamo 1 in 2" intervalli mediante gli iperpiani paralleli a quelli coordinati passanti per il punto ¢ = (¢1,¢2,...,¢n) dove ath 2 Almeno uno di questi intervalli, chiamiamolo ,, non pud essere coperto da ‘un numero finito di aperti della copertura. Dividiamio ora J; con lo stesso procedimento. Otteniamo cosl (vedi figura nel caso n = 2) una successione {Un }azo tale che b2hIh>... lt rio we ed ogni intervallo non pud essere ricoperto mediante un numero finito di aperti delia copertura, Inoltre (3) Per il lemma 2 esiste almeno un punto z € [Y~p Ju. Chiaramente z € Gz per almeno un @ € A, ed essendo Gz aperto, esiste r > 0 tale che lle — ull < 2-*Ib per ogni z,y€ he U,(2)c Ge Ma allora se k é tale che 2H lb ~ all 0 tale che {[z|| < M per ogni 2 E. 85. Ma allora E é contenuto nelt'intervallo di R” T=(geR": -M {-M,M] per ogni M>0; _ 2) a=~co, AER. Allora f € E per il teorema 15 e quindi E = (~00, 6] oppure E = (—c,f) a seconda che # appartenga o non appartenga ad 3) @e€R, AER. Allora a € E,f € Be quindi £ & uno degli intervalli limitati {o.,6], (a, 8),(4,8}, (2,8); 4) @eER, f= +00. Alloraa € Be quindi B (a, +00). (a, +00) oppure E = Per quanto riguarda la connessione di un sottinsieme di R? (0 pit in generale i R") metricizzato con d(z, y) = ||z ~ yl, non possibile dare a questo punto della teoria una caratterizzazione altrettanto semplice di quella espressa in R. Gi limitiamo ad accennare che la connessione di E © R® & garantita da una proprieta che pud essere espressa intuitivamente nel seguente modo: Presi comunque due punti di £ & possibile tracciare una linea continua che li ‘congiunga e che non esca da E. 5. SUCCESSION 1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA. Def. Sia X un insieme non vuoto. Chiamiamo “successione a valori in XX” un’applicazione 6; N_— X cio? un’applicazione dell'insieme dei numeri naturali in X. Esempi. a) SiaX=C e ¢(n) b) Sia x=R* 4) un vettore di R*, Sia 4(n) oe +2). ©) Sia X= P(R), Vinsieme delle parti di R, e 4(n) = (n,n +1). Se ¢ 8 un’applicazione definita su un insieme numerabile I a valori in X, la funzione ¢ viene ancora chiamata successione a valoti in X. La motivazione di cid risiede nel fatto che la numerabilita di I garantisce l'esistenza di una corrispondenza biunivoca #, y:N— I, e quindi la funzione composta oy 2 una successione a valori in X nel senso della definizione. Questo ci permette di considerare successioni, cio’ applicazioni, definite su sottinsiemi propri numerabili di ‘V; ad esempio: 1 4) SiaX=R. L'applicazione $(n definita per ogni intero n > 2, 2 una successione a valori reali, e) Sia X=Re ¢(n) = Vn—3; 4, definita per n > 3, & una successione a valori reali. =i Per Je succession sono invalse nell’uso corrente alcune notazioni ed abusi 94 di linguaggio che ora descriviamo. Denoteremo usualmente con z, € X il valore di ¢ in n, cio 2, = 4(n). Diciamo anche che z, @ il termine generale della successione; cosi, ad esempio, @ 2 il termine generale della successione dell’esempio a). Riserviamo il nome di successione non solo all’applicazione ¢, ma anche all'in- sieme delle immagini {t,)new € diciamo che {» }uew © pid brevemente {tn}, 2 una successione di elementi di X. ‘Adottiamo anche la convenzione di rappresentare la successione cone un “ale lineamento infinito” e scriviamo 4,22) 23,- 065 mye Nel seguito supporremo sempre che la successione ¢ sia a valori in uno spazio metrico (X,d). Se X = R*(k > 1) sar& sempre sottinteso che in tali spazi con- sidereremo la metrica euclidea abituale cio’ d(z, y) = ||z — yl|; analogamente se X =C sottintenderemo d(z1, 22) = |z1 ~ #21 In questo libro siamo interessati quasi esclusivamente ai casi X =R, X = C, X = R*(k > 1); tuttavia negli ulteriori sviluppi dell’Analisi Matematica le ‘successioni in spazi metrici pid generali svolgono uh ruolo fondamentale. ae soa" ep Diciamo che una successione & limitata se il suo coinsieme @ limi- NWA — tate nello spazio (X,d). Se X = R, chiamiamo massimo, Minimo, estremo Ay Det superiore, estrefiio inferiore della successione il massimo, minimo, estremo superiore, estremo inferiore rispettivamente del coinsieme della successione, ‘Ad esempio, la successione dell’esempio a) é limitata (|#(n)| Ir =1), (o@ + *y) )- La successione dell’esempio d) & limitata, ha estremo inferiore 0 e massimo 1. La successione delPesempio e) non & limitata, ha estremo superiore +00 ¢ minimo 0. quella dell’esempio b) non lo (toto iciamo che Ia successions {2n} possiede la proprieta P“definiti- vamente” o “per n abbastanza grande” se « tig €N, dipendente dalla “proprieta P, tale che x, soddisia P_perognin€ N,.n2 to. ‘Ad esempio la successione dell’esempio e) ¢-definitavamente maggiore di 20 (basta scegliere no > 20?+3). La successione 4(n) = 8). I ovvio che se una successione possiede definitivamente la proprieta P, e definitivamente la propriet& P2, allora po siede definitivamente ambedue le propriet& contemporaneamente: infatti se, per n > No, {tq} soddisfa Pye, per n 2 To, {2a} soddisfa Fa, allora. per 1 > Max(no, Tio), {ta} deve soddisfare Pi € Pa 3) Sia xX =Rem 2. SUCCESSIONI CONVERGENTI. PRIME PROPRIETA. suet Def. Sia {aq} una successione in uno spazio metrico (X,4). Diciamo che (ays {zn} converge in X se esiste un elemento y € X che gode della seguente proprieta: per ogni © > O esiste ny (dipendente ia generale da c) tale che per ogni n > ro si ha d(zn.y) < ¢. Chiamiamo Lelemento y ‘limite” delta successione e scriviamo lim 2, =y 0% —y pern—> [Jim =v mY PE too La precedente definizione pud essere riformulata nel modo seguente: {2,.} converge in X se esiste y € X tale che comunque si fissi un intorno sferieo di y, la successione & contenuta definitivamente in tale intorno. Esemy 1) Sia (X,d) un qualunque spazio metrico e y € X. Allora se {zq} @ defini- tivamente costante e uguale a y, ovviamente a, — y per n—¥ +00. 2) Sia a, = 1 {la successione di numeti reali dell'esempio 4). Allora 1 tq +O per n—+ too. Infatti d(z_,0) ay no, dove nig 2 un numero maggiore di 142, Si noti che in generale accade (come in questo esempio) che ny deve essere reso sempre pid grande via via che ¢ viene scelto sempre pit piccolo. wet Bre aad) = purchd n > np dove ny 2 un numero maggiore di 1 . Allora 2, — 3 per n— +00. Infatti, scel BP foo. Infatti, scelto e>Osiha P+4 nt La successione z, = i" dell’esempio a) non & convergente. Basta osservare che {z,} # Pallineamento infinito 4,4, 71, -,1, 8-1, -i, ; 1 © quindi, se si sceglie ¢ = 3, {2} non & contenuta definitivamente nel- Vintorno sferico di raggio ¢ di alcun numero complesso. use 6 7 e quindi la tesi. 5) Sia X = (0,-+00) metricizzato con d(z,y) = |z — u|- Lasuccessione zy = — non converge in X. Infatti non esiste alcun numero Concludiamo questo paragrafo con un risultato che mette in relazione il con- cetto di limite con quello di punto di accumulazione di un insieme in uno spazio metrico. reale positive che verifichi la definizione data. 6) SisX=Rez, = (4) Allora z, + y = (1,0) perin + oo. Infatti, . Teorema 3. Sia (X,d) uno spazio metrico, B © X e sia y un punto di scelto € > 0, si ha accumulazione per B. Allora esiste una successione {2,} di punti di E distinti da y che converge a y. d{z,sy) = yO+ : we Dim. La definizione di punto di accumulazione afferma che, per ogni r > 0, 4 asiste « # y, 2 B, tale che re U,(y), per n> no, dove np 8 un numero maggiore di +. ° ap 2 Dando allora a r successivamente i valori 1,7, <,... ei possiamo procurare Osserviamo infine che la successione {2q} converge in Xe limn z= =y8® una successione di punti B, che denotiamo con(,), tale che per ogni n si ha solo se Ia successione di numeri reali (non negativi) {d(tm,¥)} ® convergente =x, tye d(za,y) <2 inRe / La successione cosl costruita converge a y; infatti, scelto €>0 si ha d(2q,y) <€ per tutti gli n > no dove no & un numero maggiore di ot ema) = 0- aw wore _ Osservazione. Non 2 detto che il limite di una successione {z,} in uno spazio uw" > ‘Teorema 1. (Unicita del limite). Sia {2_} una successione a valori in uno “» metrico (X,d) sia punto di accumulazione dell’insieme EB = {zp }nen. Ad esempio, se {tq} 2 definitivamente costante e uguale a y, essa converge ¥, ma, come sottinsieme di X, £ 2 un insieme finito e quindi privo di punti di accumulazions spazio metrico (X,d). Se im sen elim a= aimee mh @ ims = 4 allora si ha ys = 3. SOTTOSUCCESSIONI. 1 ; Dim. Per assurdo, sia ys # ys. Sia € > 0, € S 5d(ys,¥a)- Dalla definizione successione convergente si ha definitivamente 2, € U,(y:) € definitiva- A ; quindi jeve appartenere contempora- whglG mente zn € Us(ya); quindi definitivamente 2, deve appartenere cor na neamente ai due intorni, cio’ a, € Us(y:) 0 Ue(y2) definitivamente. Ma tale intersezione & vuotal wiN SN (0G) .) un’applicazione dell’insieme dei numeri naturali in s2 tali che Sia $:N—» X una successione a valori in X. ny 5=1,2, Mm Mo opportune, si ha Esempi. Dim. Bia lim» = y- Allora, scelto € = 1, p a) Sia X=R, 2, = (-1)", n; = 2j. Allora zq, = (—1)9 = 1 per og d(tnyy) <1. Se invece ny = 2j +1, si ha tq, = (1)! = ~1 per ogni j. Sia ora M = Max(1, d(21,9),---s4(zng-1,9))- Allora per ogni intero n si ha ° Oaeon) : b) Sia X =R? ez, = (n,logn). Sia nj = j?. Alora z,, = d(zuyy) $M ——¥ Teorema 4. 98 ©) SiaX=Cez, Sin ny = 1 per ogni Sia ny per ogni j. Sia nj =4j+2 allora per ogni j. Sia nj=4j +3 allora per ogni j. Sia {z,} una successione a valori in (X,d). Condizione neces- saria alfinch® 2, converga a y € X & che ogni sottosuccessione converga a y. Condizione sufficiente affinch® 2, converga a y € X 2 che da ogni sottosucces- sione {2n,} si possa estrarre una sotto-sottosuccessione {2»,,} convergente a y Dim, Supponiamo che ay converga a y. Per ogni € > O esiste no tale che per ogni n > np si ha d(y, tq) <€. Se (2q,} & una sottosuccessione di {2} esiste jp tale che per ogni j > si ha nj 2 mo e quindi d(y,tn,) <¢. Ne segue che {24,} converge a y. {JODimostriamo ora Ia seconda parte del Teorema per assurdo, Bsista ¢ > 0 tale che per ogni k esista k’ > k tale che d(zw,y) 2 © Posto k = 1 sia n, Vintero l corrispondente. Posto k = ny-+1 sia ng Vintero K” corrispondente, etc.... Abbiamo in tal modo costruito una successione di interi ny < Mg < My <.. bali che dln, 4) > €)4(ngr¥) 2 €d(Ens 9) 2 6 ete.» Dalla sottosuccessione {z,,} non si pud estrarre alcuna sotto-sottosuccessione convergente a y, poiché 2, si mantiene non all'interno di U-(y)- —) Teorema 5. Sia {2,} tna successione in uno spazio metrico (X,d) e y un suo punto di accumulazione. Allora esiste una sottosuccessione {z,,} convergente ay per j > +00. Dim, Questo teorema pud apparire un caso particolare banale del teorema 3; occorre perd fare attenzione perché non si tratta di estrarre una succes- sione qualunque di elementi dellinsieme E = {tp}new, ma bisogna estrarli nell'ordine in cui essi si trovano. - Procediamo cosi: scegliamo 2,, tale che d(zn,,¥) < 1; prendiamo poi tq, con ina > ny tale che d(tn,,y) <5 € cos) via. Costruiamo in tal modo una successione {n,} (mi <2 < Ms <.-. 0 esiste np tale che per ogni n > ng si abbia a © alu) <5 Se m > ng si ha pure 2) amv) <5 ‘Quindi da (1) e (2) si ricava (ny tm) S d(tn,¥) + dy, 2m) O esiste no, dipendente in generale da ¢, tale che per ogni mn > ng si ha (n,m) <€ « La condizione (C) si chiama “condizione di Cauchy” e le successioni che veri- ficano (C) si dicono “successioni di Cauchy”. Il teorema 7 dice quindi che la = condizione di Cauchy'@, in ogni spazio metrico, necessaria per la convergenza, delle successioni. In alcuni spazi metrici essa é pure sufliciente per la convergenza. Ad esempio, se (X,d) & uno spazio metrico con la metrica discreta, allora una successione ew gpaese weN wourv® 100 2 di Cauchy se e solo se 2 definitivamente costante (basta prendere ¢ = 1! detto y il valore costante, allora ovviamente Ia successione converge & y. In altri casi la (C) non 2 sufficiente per garantire la convergenza della succes- sione {z,,}. Sia infatti X = Q (con la metrica usuale) e c un qualsiasi numero irrazionale (ad esempio a = V3) Poich® 0 = R, a @ un punto di accumulazione per Q; esiste percid, per il teorema 8, una successione {zn} CQ tale che d(z,,a) = ta — a| —* 0 per n— +o, cio’ una successione {2_} convergente in R (con la metrica usuale) al limite a. Per il teorema 7, {2} @ una successione di Cauchy in R e quindi in Q. D’altra parte {2q} non pud convergere ad alcun numero razionale per il teorema di unicitd del limite. Quindi nello spazio metrico (2,4) ove d(z,y) = |z — yl la condisione di Cauchy non & sufficiente per la convergenza. Def. _Diciamo che uno spazio metrico (X,d) & completo s di Cauchy in X @ anche convergente. sione L’importanza della nozione di completezza 8 enorme nell’Analisi Matematica ¢ potra essere meglio apprezzata dallo studente nel corso dei suoi studi futuri. ‘Tuttavia anche in un corso elementare di Analisi Matematica, essa gioca un ruolo decisivo che ¢ determinato dal seguente teorema. ‘Teorema 8. ‘ettico campleto. Dim. Sia {2,} una successione di elementi di R* che verifica la condizione di Cauchy. Poniamo, per ogni intero positive M, Sia k > 1. (R*,d) (ove d 2 la metrica euclidea) @ uno_spazio Bye = (20) ta41) D042 ¢ sia By la chiusura di Exe. ; Bvidentemente gli insiemi By, costituiscono una successione “decrescente” di insiemi, ciot Quindi By 2%, 2Fs2. Osserviamo prima di tutto che Eyq @ limitato per ogni Me che diam Ey 0 per M+ +00. , Infatti, isato © > 0, per la condizione (C) existe Ma tale che per ogni n,m > 101 (Zn, tm) <€ e quindi per ogni M > Mg si ottiene diam Ex < diam By, = Sup d(zntm) S€ namo Ora, poiché diam Ey = diam Ey, si ha ~ (3) win, diam By =0 La successione di insiemi (Ey }ivew @ allora una successione di insiemi chiusi ¢ limitati in R* e quindi compatti per il teorema di Heine-Bordl; il corollario @ pag. 80 ci garantisce che diam B = 0. Quindi Z ha un solo elemento; 1) En @ non vuoto, e per Ja (3), si ha Met ess0 y. Verifichiamo ora che lim aq Poichd 2, y appartengono a Ey, si ha d(2n,y) < diam By, ©, ancora per la (3), lin d(1,,y) = 0 cio’ la tesi. Concludiamo questo paragrafo con un teorema che fornisce un’altra condizione sulliciente per la completezza. Teorema 9. Sia (X,d) uno spazio metrico compatto. Allora (X,d) 8 com- pleto. (0 Dim. Sia {24} una successione di Cauchy in (X,4). Per il corollario 6 esiste una sottosuccessione {z,,} convergente. Sia y= , lim, 9, Dimosttiamo che a —+ y per n> +00. Fissato € > 0, esiste no tale che per ogni n,m > no d{atay2m) < 3 @altra parte esiste Jy tale che per ogni j > 4 d(tnj,¥) < ; Sia 7 = max(ng,nj,)> Allora per ogni n > 7isi ha 5 (m5) S d(tn,2nj,) + d(tng, 29) 7. 102 SUCCESSION] A VALORI REALI. Sia, in tutto questo paragrafo, X = Re d(z,y) = |z- yl. La definitione di successione convergente, in questo caso specifica, assume Ia forma: lim a, = y_ se e solo se per ogni € > O esiste ni (dipendente in generale da 2) tale che per ognin > no si ha -yl y (rispettivamente ay < 9). In questo caso diciamo che an converge 8 Y Per scriviamo scesso (risp. per difetto) e ones ( Tin 09 = v) ; notes pote Notiamo che questo equivale a dire che, per ogni € > 0, esiste mo tale che per ogni n > fo si ha (y-e Teorema 10, 103 Pees (Permanenza del segno). \ reali convergente e sia y= lim ay. i) Sey >0 (tisp. y < 0) allora definitivamente a, > 0 (risp. ay <0). Sia {a,} una successione a valori Se definitivamente ay > 0 (risp. a, <0) allora y > 0 (risp. y < 0). Dim. i) Sia y > 0 (la dimostrazione, se y <0, 2 analoga). Fissiamo dalla (5) segue che defi 2 Allora e quindi la tesi. ji) Sia a, > 0 definitivamente; se, per assurdo, y fosse negativo, per la parte i) dovrebbe essere definitivamente a,, < Ol! In modo analogo si ragiona se a, <0 per n abbastanza grande. Osserrazione. Anche sotto la pid forte ipotesi che a, sia definitivamente Positiva nel punto if) del teorema precedente, non é possibile concludere che il limite sia positive. Basta considerare Ja succession positiva a, = + che converge e ha limite y " Def. _ Diciamo che una successione {a,} di numeri reali diverge o tende a DNS +00 (risp. ~00) per n —+ +00, se per ogni M > 0, esiste no tale che per ogni n> ny siba a> M isp. dy < —M) Scriviamo Jim a, =+00 © a,—+-+00 per n— +00 (risp. “tim a, =-co 0 a,-+-00 per n+ +0) © diciamo ancora che -+co {risp. —oo) 2 il limite di {a,} per n +00. Ad esempio la successione a, = logyg n diverge a +00. Infatti, fissato M > 0, si ha a, > M per tutti gli n > no dove ng & un numero maggiore di 10. La successione a, = —n? diverge a —co. Infatti fissato M_> 0, siha a, <—M per tutti gli n > no dove no @ un numero maggiore di VM. ‘Osserviamo che a, —+ +00 pet n —+ +00 see solo se ~aq + ~co per n —+ +00. Ovviamente se {a,} diverge a +co (risp. a ~co) a, 8 definitivamente positiva (tisp. negativa). 104 Inoltre, se {a,} & una successione divergente a +00 (risp..a —00), {an} deve essere illimitata superiormente (risp. inferiormente). Quest’ultima osservazione, il teorema 2 ¢ il teorema 1 ci permettono quindi wer M3 di eoncludere che, se {aq} # una successions di numeri rel, lip, dx = ah @ ae lima, = yp, -00 Sw S too (i = 1,2), allora necessariamente y: = Ya- {[e successioni divergenti hanno particolari proprieta che ne permettono, come si vedrd, un uso relativamente semplice nel calcolo dei limiti. Vogliamo co- mungue sottolineare che esse sono successioni non convergenti in R; possiamo in altre parole dividere l'insieme delle successioni a valori reali in tre classi: classe delle successioni convergenti, quella delle successioni divergenti e quella delle successioni che non convergono né divergono. Le successioni convergenti hanno limite finito, ciob un numero reale, le suc- cessioni divergenti hanno limite infinito, cio’ +oo 0 ~o0. Di conseguenza le successioni che hanno limite, senza ulteriori precisazioni, sono le successioni convergenti e quelle divergenti B possibile costruire nell’insieme R = RU {+00} U {~o} una metrica a tale che le successioni reali che hanno limite finito 0 infinite, sono successioni convergenti in 2. Descriviamo tale costruzione nel capitolo 7. ji numeri os" reorema 1. (del confronte). Siano {an} ¢ {ha} due suecessiont reali convergenti allo stesso (numero reale) y. Se {cn} @ una successione @ Neloti reali tale che, per n abbastanza grande, vale la disuguaglianza (6) Oy Sm S by allora anche {cq} @ convergente e | litn ¢y = ¥. Dim, Poich® an > y € by > y per n> too, per ogni ¢ > 0 si ha, per n abbastanza grande yre bn) , Allora anche {b,} diverge a +00 (risp. a ~co).. Dim. i limitiamo a dimostrare il teorema nel caso lim on = +00 Fissato M > 0, si ha definitivamente a, > M. Per la’ (8) si it Feat in > M. Per la'(8) si ha pure definti- ban > M e quindi la tesi 1 teoremi 11 € 12 forniscono delle condizioni sufficienti esi ‘Ae 12 & izioni sufficienti per Vesistenza del limite, finito o infinito, di una successione di numeri reali. . Occupiamoci ora di un particolare tipo d i iil rarticolare tipo di successione per le quali @ possibile garantire l'esistenza del limite. per Fe quali possbi Def. _Diciamo che una successione {aq} di numeri reali @ monotona.non Won decrescente o crescente in senso lato se per ogni n si ha On S Ong Diciamo che {an} & monotona crescente o crescente in senso stretto se per ogni n si ha On < Ong Def. Diciamo che una successione {a,} di numeri reali monotona non _crescente o decrescente in senso lato se per ogni n si ha 2 Onan Diciamo che {a,} @ monotona decrescente 0 decrescente in senso stretto se per ogni n siha 106 On > nts Se le disuguaglianze che compaiono nelle definizioni precedenti valgono defi- nitivamente, diciamo che {a,} & definitivamente monotona (non decrescente, crescente, non crescente, decrescente). 1 5 Ad esempio la successione ay = — & decrescente in senso stretto; a successione a, = n® & crescente in senso stretto; la successione 1, 1,2,2,3,3,4,4,- 2 non decrescente. Ogni successione costante @ non decrescente e non crescente al medesimo tempo, La successione a, = (—1)" non @ invece monotona, neppure definitivamente. Ovviamente ogni successione monotona in senso stretto, lo 8 anche in senso lato ¢ {aq} # monotona crescente (in senso stretto o in senso lato) se e solo se {-a,} 8 monotona decrescente (in senso stretto 0 in senso lato). Liinteresse per le succession monotone nasce dal seguente teorema feorema 13. Se {a,} @ monotona non decrescente (risp. non crescente) allora esiste lim an € notte lim ay = Sup{a,} notes (rsp. im aq = Inf{an)) Dim. Dimostriamo il teorema nel caso in cui {an} sia non decrescente. Sia dapprima Sup(aq} = 1 < +00 Dalla definizione di estremo superiore si ha che, per ogni € > 0, esiste no tale che L-e< tn Sb Per n > mo si ha anche, per la monotonia L-€< an San SE e quindi a, -» L per n+ +00. Si noti che in questo caso a, > L-. (Se a, fosse non crescente e Inf {a,} = €> —c0, si avrebbe an —* &4) 107 Se invece Sup{a,} = +00, allora, per ogni M > 0, esiste no tale che aq, > M. Sen 2 no si ha anche Oy 2 Ong > M € quindi a, + +00 per n+ +00. ‘Corollario. Una successione monotona di numeri reali & convergente se e solo ¢ & limitata. . Osserviamo che se {a,} ® monotona definitivamente, diciamo per n > v, allora la conclusione del teorema 13 continua a valere sostituendo a Sup{a,} € Inf {an} la quantita Sup{an} e Jaf {on} 6. IL CALCOLO DEI LIMITI PER SUCCESSIONI A VALORI REALI. In questo paragrafo ci proponiamo di determinare Ia relazione che intercorre tra la nozione di limite per successioni a valori reali (R si intende metricizzato con Pusuale metrica euclidea) e le operazioni elementari sui numeri reali, quali Ia somma, il prodotto, il quoziente, Pelevamento a potenza, Cominciamo ad occuparci di successioni convergenti e delle operazioni di somma € prodotto. Teorema 14, Siano {a,} ¢ {ba} due successioni convergenti tali che Tim a, =A natee limb, noteo (ay, + bn} © {ay by} convergono e sone Tim (aq + bn) = A+ B Papo liq +by = A+B noteo Proviamo la (9). Si ha Mau + bn) (A+ BY] S fan - Al +1n ~ Bl 108 € Poich?, dalla definizione di limite, fissato € > 0, definitivamente |ay ~ Al < 3 © [ba — Bl < dalla (11) segue che, per n abbastanze grande, vale (an +n) - (A+B) 0, defini é € -Al< Ibn — BI aoa lan Al < aaqaj > be F< oo TaT e quindi dalla (12), per n abbastanza grande, b, ~ ABI <€ che prova la tesi. IK seguente teorema fornisce le informazioni di calcolo nel caso che una entrambe le successioni divergano. Teorema 15. Siano {aq} € {bn} due successioni a valori reali. i) Firm (au + ba) = +e0 “Yim” a, «by = +00 se A> 0 im an = AER lim by = to0=> 4) NT, ate = ACE Te Tim. a,b, = ~00 se A <0 ii) (aq + by) = —00 by = ~00 8 A>0 jim dq = AER lim by = =00=> 4 lt an bn ott on AS El Time a, +b, =-too se A Jim (ay + 8) = +09 lim on = lim b= +000 =} "GR" 400 lit On = te “im. 109 im (an + bn) lin = #00 tien co = slit, dnb Dim. La dimostrazione & una immediata e semplice applicazione della defi- nizione di successione convergente e divergente. Ci limitiamo a provare la i) elaiv). i) Poiché a, + A per n—+ +00, a, > A~ 1 definitivamente. Fissato M > 0, poiché b, diverge a+co, definitivamente b, > M—A+1. Ma allora, per n abbastanza grande a, +b, >A-1+M~A+1=M € quindi {ay +b,} diverge a +0. Inoltze, se A > 0, aq > 2 definitivamente. Fissato M > 0, &, > 2 definitivamente Quindi, se A > 0, per n abbastanza grande A 2M Oy ob > FM € allora limdy «by = +00. Infine, 8¢ A <0, dy < 4 definitivamente e, fssato M > 0, by > ir ——__ definitivamente. | Quindi, per A <0, per n abbastanza grande A, ~ A2M Oabn < Sbn < SH 0, definitivamente e quindi Oy + by 0, definitivamente ay <-VM by <-VM e quindi Gq by > M definitivamente cio’ | lim aq +by = +00. Osservazione. Si noti che nel teorema 15 non sono stati considerati due casi: quello della somma di due successioni divergenti, una a +00, V’altra a —co, e quello del prodotto di una successione convergente a 0 per una successione divergente. Per breviti possiamo rappresentare queste due situazioni con la scrittura Hoo ~ co ¢ 0 co rispettivamente. In questi casi, non & possibile dare dei risultati, nel senso che non si pud né garantire V'esistenza del limite della successione somma 0 della successione prodotto, né tantomeno darne il valore. Per questo motivo +00 ~ 00 e 0-00 vengono dette “forme di indecisione”. Rimandiamo al paragrafo 7 in cui forniremo degli esempi che provano quanto detto per queste forme di indecisione e per le altre che troveremo in seguito. Teorema 16. mente. Allora Sia {a,} una successione di numeri reali a, # 0, definitiva- : Lia i) lip an AFO => RA 1 ii) tim a, =0, => lim ~~ = +00 lim, a, = 0. lim + ae nes On T iii) Jim a,=+oo => lim oP nie Gn a 2 lim o,=—-0o => lim — onRe nah a, Dim. i) Siha 13 fw al (13) =! in AL fanlll iii) dd " 2 Definitivamente si ha jan] > He, fesato € > 0, an ~ Al < Quindi, per n abbastanza graide, dalla (13) segue quindi la tesi. Poiché a, + 04 per n+ +00, fissato- M > 0, si ha definitivamente o 0, poiché a, + oo per n+ -+00, a > + per n abbastanza grande. Ma allora definitivamente quindi La dimostrazione @ analoga se a,, ~» ~co per n ~* ~o0. Osservazione, Se lim aq =0 ma {a,} non converge né per difetto né per 7 1 eccete, In eccessone { *} non ha limit. Basta infatti osservare che { 2} non ha defini a ivamente segno costante ¢ quindi non pu divergere né a +00 né a ~co. D’altra parte non pud convergere, essendo illimitata, Combinando i teoremi 14, 15 e 16 otteniamo i risultati relativi al quoziente di due successioni. 2 <—~» —Teorema 17. Siano {aq} € {bn} due successioni a valori reali, b,, # 0 defini- tivamente. Allora Os lim ay =A lim by = B#O => lim F be nite nat oo by i om seA>0 im dy olin 6 im $= align = A #0 thn be =e hy seA<0 Jim an = lim ba => lim Chee ality, oo =A #0 tin, be nl By seA<0 b= too => lim St nate by en om se B>0 =B #0 => lim somsim B=(1S Snze ‘in 2 B>0 =B#0= fo e #0 UD se B<0 a, ii) => lim nattoo by 3 Joi, a Osservazione. Si noti che non si danno risultati per il rapporto di succession convergenti entrambe a zero o divergenti entrambe lim Ah = 41 se A=T . ate ute oo se A>1 oo se0 lin Ah = AP notte Aa Dim, i) Sia < A< 1. Fissato ¢ > O esiste M tale che AM < ¢ (basta prendere > WBi0& ° Tobie A Ma allora FeetG): Poich® b, ~+ +e0, definitivamente bq > M. O< Ae 1, fissato M > 0, esiste k tale che AY > M (basta scegliere logo M. k> Peis), Definitivamente b, > ke quindi Am > AM > M per n abbastanza grande, cio A’ > +00 per n+ +00. La dimostrazione si ottiene da i) osservando-che Als = (A) alin) = Feo - Owvia se A= 1 0 by = B definitivamente. Sia ora A #1; poiché A‘ = A? - A'=~®, tenendo conto del teorema 14¢ ponendo cy = bn ~ B® sulficiente dimostrare che A® -+ 1 se cy —+ O-ed 2 cy £0 definitivamente. Sia A> 1; allora Acleal < ae < Aled , Poich® a + +00, fissato € > 0 (¢ < 1) per i) siha 1 alim,(1+e)lFal = +00 1 lim (1 «)F=l = 0, Quindi definitivamente 4 1 (i4e)lml>a (ell cat © equivalentemente Al 1—e da cui la tesi tenuto conto della (14). Se A <1 la (14) & sostituita da Alea < ate < alee ¢ la dimostrazione @ analoga. —> Teorema 19, Siano {aq} € {b,} due successioni a valori reali, a, > 0 per ogni n. Allora: i) ton lim an = A#O limb, = B= li aye = AP = se B>0 lita dy =O im Oy = B #0 =>, limo paeay too seA>I 0 seOI oo seOS ACI Jim, a, =A #1, lim by = too => lim, ky = nateo aa ee lima, =A #1 lim by = nates nate neo ii) fin ag ce +00 se B>0 nll da = +00 lim bo =B#O—> lin a= 19 se Bo im 9 = lim by = => lim a," = 00 limon = 00 tim, be = too =r Tim an” = Jima, = +00 lin by =—00 =, Jim an! = ‘0 Dim, i) Sia an > Af 00 by» B pern—+ too, Siha 5) ¢ as = ab am-2 (20) (15) en = APA’ () oiché Ab—# —+ 1 per n > +00 per il teorema 18, basta provare che Ps Pe (“8 us Posto c, = “*, si ha c, +1 per n—» +00. Poiché 5, @ limitata, esiste un intero positive m tale che |b,| 1, i segni + ¢ ~ invece se cy <1. La (16), (17) ¢ il teorema del confronto implicano Ia tesi. Sia ora A = 0 (neceasariamente A =0,) e B > 0 oppure by —* -t00 per n> +00. Siar eR, r>0, tale che b> definitivamente. Fissato ¢, 0<€ <1, sia6= el". Poiche a, —+ 04, definitivamente 0 A, A> 1, € by > too. Sia Az tale che 1 < Ay < A. Allora definitivamente a, > Az € ats > AS La tesi segue ancora dal teorema 18 e dal teorema di confronto. ~ Sea, A, A> 0, AF 1,eb, + ~co, basta osservare che a> = (2) ed utilizzare i risultati precedenti. fi) Sia a, + +00 € by + B, B > 0 oppure by —+ oo per n > +00. Sia re R,r > 0, tale che b, > r definitivamente. Fissato M > 1, si k = Ml", Allora definitivamente a, > ke quindi per n abbestanza grande M ciot lim ot Seb, —> B, B <0 oppure b, + —co per n + -+00, la tesi segue dal fatto che aly = Osservazione. Anche nel caso dell’elevamento a potenza non sono stati dati risultati in alcuni casi che possiamo riassumere come 0°, 00°, 1°. Riman- diamo al paragrafo successivo per opportuni esempi. ——¥ Teorema 20, Sia {a,} una successione a valori reali, a, > 0 per ogni n. Sia @ER,a>0, a #1. Allora Qo» i) lim a,=A>0=> Jim, log, @n = logy A nates =o scart too se0l ~co se0 notee lim an = too => lim toy on = { 60 Dim. i) B’ sufficiente provare la tesi nel caso a = 10, tenuto conto che per ogni 2 > 0 vale la ben nota formula At log, # = log, 10° logio 2 00 e dimostriamo che 2) <0 lg, ogi on ~ opie A) = i, loo (2 nate Sia allora aq —* A > O per n Fissato € > 0, poiché 10“ < 1 < 10, si ha definitivamente e quindi, passando ai logaritmi me < logy ce < logo “F< per n abbastanza grande da cui la tesi E’ sufficiente provare la tes jer @ > 1, poiche per ogni z > Osi ha Jog, = = — log, 2 Sia allora a = 10. Fissato M > 0, sia e tale che 10” = = (ciod M = — logy €). Poich® a, + 0, per n—+ +00, definitivamente sf ha O +00. I risultati esposti nei teoremi in questo paragrafo possono essere riassunti nella seguente tabella che generalizza allinsieme esteso dei numeri reali R= | RU {-co} U {+o0} alcune operazioni gia definite su R. ‘Tale tabella deve _intendersi come definitoria; essa cio’ costituisce una definizione di operazioni "in cui intervengono i simboli +00 e 00, 0, ¢ 0, ed 2 giustificata dai risultati > gid citati. Si noti perd che tali definizioni non rendono un campo. Diciario semplicemente di aver introdotto una aritmetizzazione paraiale dei simboli 00 € ~00, 0, 0. 18 ‘Avvertiamo inoltre che, nella tabella, le lettere zy... stanno ad indicare numeri reali qualsiasi a) -o<2,2< +00, -c0< +00 00+ -cot b) 2+ (400) = (too) +2= 2400 2+ (-co) = (-co) +2 = 2-00 (400) + (4-00) = too + 00 = too (-00) + (00) = 00 = 00 = ~00 <) Sia z>0 + (400) = (+00) “2 = + + (~00) = (00) +2 Sia y<0 y+ (+00) = (+00) -¥ y+ (—90) = (-00)-¥ In particolare —(+00) (4-00) » (+00) (-e0) - (-20) (400) - (20) = a) Sia z>0 *) Sez>0 +00 Sey<0 Ser>1 SeQ 0505 = too sez < 0 (#oo)t* = +00 (oo) = 04 £) ogi 04 =—09 log,0(+00) = +00 ' . Ries Sere aa 119 7. LE FORME DI INDECISIONE. 1 teoremi del paragrafo precedente permettono di decidere quale sia il limite delle successioni {ay + bn) {tn = ba}s {G2 }+{ah"} eccetto che nel caso in caso in cui si presenti una delle sete forme di indecisione: 4oo-00, 0-0, 2, 2 1%, oo, v & Abbiamo gid notato (vedi osservazione pag. 112) che Pespressione “forma di indecisione” deriva dal fatto che, quando uns di tali forme si presenta, non 2 possibile decidere a priori dellesistenza del limite né, tantomeno, del suo valore. Forniamo ora, caso per caso, gli esempi che confermano quanto detto. 1) +e0-e0 ) feos eo. 2) Oy + by = b)a=n On + by Jaan, ba On on = aga {™ pari oe {e ndispari "" Pn npari 0 ndispari {aq + by} non ha limite. 40 n+ +00 Oy + bn = Qn *by = N00 n+ +00 120 nn pari oe ET Spa {ay +b,} , non ha limite. On ty = by i esempi trano che 2 ¢ & sono forme di indecisione ali esempi del punto 2) mostrano che 5 e = 4) 1° a) Vedremo, nel paragrafo seguente che w(t a) = ove ¢ @ la base dei logaritmi naturali, Inoltre si ha 1 Les mpari b) aa ; 14 mien {a's} non ammette limite. a) a, = 2°" ba =e : oie eee 121 c= (2 pa 2 ndispari {as} non ammette limite, 6) 00? alan =2” , by =k aes = 2" +400" n+ +00 bya, =2, <2 : 2 a a =2t 1 nto ca, = {2 npari _ a a aie a {2m pari 2 2 ndispari {ais} non ammette limite, 8 IL NUMERO e. In questo paragrafo diamo la definizione del numero e, base dei logaritmi naturali o neperiani. Premettiamo un lemma che ci sara utile in seguito, Lemma. Sia e > -1,¢40en>2,n EN; allora (18) Ltne<(1+e)" Dim, La (18) @ vera per n = 2. Infatti pee wdaveue, (te a1ttete > 1426. Dimostriamo la tesi per induzione. Supponiamo vera la (18) per n; dimostria- mola per (n+ 1). Moltiplichiamo ambo i membri della {18) per (1+). Si ha (1+ e)(1+ne) < (1+ e)"* (lt e)(ltne)=14etnetne? > 14 (nt Ne 122 e quindi L(ntie< (Ite). Teorema 21, La successione (19) = (142) a converge per n —+ +00. Detto ¢ il suo limite, si ha 22 Poich®, per il lemma precedente, per ogni n 2 2 " 1 (:-3) 1-4 Fo a si ha dy > On ii) Ovviamente (ves) (eed) Posto by = (1+ Fy) | ragionando come sopra, si prova che {ba} 2 decrescente; infatti, per ogni n > 2, Bees) /0+ 123 ¢, per il lemma, (20) 2a, 3 64 56 Fy 0 +00. | ( 1 y lim (1+ — notte TT yy 2° Dim. Supponiamo dapprima che {y,} sia divergente a —00 e si =tn. Allora zy -» -+00 per n+ +00 € (+g) per n + +00, in forza del corollario 2. onga t= 125 Ni caso generale si ottiene ora suddi successioni: quella costituita dagl idendo la successione {yn} in due sotto- yn positivi e quella degli y, non positivi. ; x 9. ALCUNI LIMITI NOTEVOLI, In questo paragrafo ci proponiamo di calcolare alcuni limiti, di largo uso nelle applicazioni, che si presentano come forme di indecisione. =» Teorema 22. Sia {e,,} una successione di numeri reali convergente a0, €, # 0 | per ogni n; allora ie 4 lim (1+ 26q)"* per ogni ze R ii) ty oul eo) =1 lim, im per ogni z>0 per ogni zeR tin, Dim. Si noti che la successione in i) presenta ta forma di indecisione 1°, mente tutte le restanti la forma 2. dite = 02 owvia; per x £0, posto y, (1+ 2eq)!/ [(:+2)"] + Iya] 4 +00 per n—+ +00 La tesi segue quindi dal corollario 3 del paragrafo precedente e dal teo- rema 19. fi) Poich®, per la i), | lin (1 -+e,)'/"* = ¢, Ia tesi segue dal teorema 20 osservando che log(1 + én) log [(t + £9)! = iil) Se 2 = 12 ovvia; se x # 1 poniamo wy = 2° ~ J; alldra w, + 0 per 128 ¢ Vasserto segue dalla ii Se x =0 2 ovvia; sia x #0 e poniamo ty = (14 €n)® — 1 ciod log(t + wp) = tlog(1 + en) Allora (ite)? -1 wy, tlog(1 + £n) en iog(+w) fn © poichd w, —+ 0 per n —+ +00, il secondo membro nell’uguaglianza srecedente converge a = per la ii), cic? la tesi. P Introduciamo ora alcune locuzioni di uso comune che risulteno particolar- mente utili nel calcolo dei limiti. Def. Una successione {a} di numeri reali si dice “infinitesima” se aq —* 0 per n+ +00. Se invece a, + +00 oppure dy -* ~00, diciamo che {an} ® “infinita”. Diremo anche che una successione infinitesima é un “infinitesimo” , ¢ che una successione infinita 2 un “infinito”. Lemma. (Criterio del rapporto per le successioni). Sia {c,} una successione din jumeri reali non nulli tale che Tin O no, cer Tend” Famed < oan tol Poiche tim ¢* = 0 por il teorema del confronto |an| + 0 per n + -too e allora a, — 0 per n > +00. ii) Segue da i) osservando che {|a,[} & infinita se e solo se { } infinite- a. Osservazione. Notiamo che se 1 < A < +o0 e {ay} ha definitivamente segno costante, allora la successione {a,} @ infinita. 1 non 2 possibile prevedere alcun comportamento, come mostano i seguenti esempi @ = 1 perognin, ay—1 pern—++eo a =n ” a, —+ +00 per n+ +00 a +0 pern—+ +00 sin => Teorema 23. Siano k ed a due numeri reali positivi. Alora: a lin, Ge = te ii) = too othe ToenF Dim. Si noti che le successioni in i) ¢ ii) presentano le forme di indecisione 818 i) La dimostrazione segue dal lemma precedente; infatti ets) gk nh (rie a (Fh) 7? ed e* > 1 poichd a > 0. fi) Osserviamo, prima di tutto, che se {2} 8 una successione divergente a +00, allora (20) im. ante (en) 128 Infatti, detta (z,] la parte intera di 2, si ha a er (ed Poich® {[za]} 2 un successione di interi non negativ, divergente +00, per Ja parte i) ete jim wll Te T° ¢ quindi 1a 20) segue dal teorema del confronto. Ora ponendo 2, = logn, si ha elon tq — too per ns -rooe tim, To ps nattee (log n)* cio? Ia ii) Osservatione. Nel teorema precedente @ ¢ k sono due numeri reali pesitivi Gqualsiasi; possiamo cosl esprimere brevernente i i) dicendo che ogni poterse {positiva per quanto piccola) del'esponensiale e* tande allinfinito “pid velo- ceeronte” di ogni potenza (positiva per quanta grande) din e che ogni potenza {positiva per quanto piecola) din tende allinfinito “pid velocemente” di ogni potenza (positiva per quanto grande) di log. Si pud altres) provare che, se a > 0, k > 0, iin (en) = lin, Conon ali, Toglognk 7° n= (Jogloglog v tim Sates ete oli ee Yogliamo precisare I'espressione “pit! velocemente” usata sopra. QR pep Siano {an} (bu) due succession’ infinite. Diciamo che a, ® un infinite dx cco diordine superiore rispetto ab, 0 che am tende alinfinito pit velocemente di wit a. 66 dn /bn > +00 (oppure ~c0) per n — +00. 2 y dice che },, @ un infinito di ordine inferiore Bquivalentemente in questo caso si rispetto ad aq. Def. Se {an} € {be} sono succession infinitesime, by # 0 definitivements, Op tama che an & un infnitesimo di ordine supetiore rispetto by 80 an/bn —* © per n> +00, Equivalentemente diciamo che by & un infinitesimo ‘di ordine inferiore rispetto ad ay. Def. Siano {a,} © {bq} due successioni entrambe infinitesime (by # 0 definitivamente) o entrambe infinite. Se Jim, an/b, azo diciamo che a, ¢ b, sono rispettivamente infinitesimi o infiniti dello stesso ordine, Esempi. 1 8 infinito di ordine superiore an 2 infinitesimo di ordine superiore a tn 8 infinito di ordine superiore a log n e 2 infinito di ordine inferiore ae on 2 infinitesimo di ordine superiore a ” 8 infinito dello stesso ordine di 2"** log(1 +) 1 Jog(1-+ 2) & infinitesimo dello stesso ordine di a i 144 — 12 infnitesimo dello sesso ordine di yi Teorema 24. Sia {aq} una successione infinitesima, ay #0. Allora 2 infinito dello stesso ordine di logn lim 2S an) . o 2. \ presenta la forma di indecisione > P it indecisione $ J Boeri © Peril teorema 4 basta dimostrare la (21) se aq — 0 ed & di segno definitiva- _ mente costante. D’altra parte, poicht ——“* = » Possiamo supporre ay ~+ 04. 130 a) Et Confrontando allora le aree dei due triangoli OPQ e ORQ con Varea del settore circolare OPQ, siha 2 area OPQ = 09 - PH =(1-sinan) 2+ area OPQ = 0G - POH = (1-an) 2+ area ORQ = OQ -QR=(1- ten) sina, S Gq < tg Gn da cui ieee 1 = Sina, ~ cosa, Poich® cosa, = v1 —sin®a, -* 1 per n — +00, il teorema del confronto ga- rantisce che —“2— + 1 per n + +00 e quindi la (21). Hina, 10, SUCCESSION A VALORI IN R*, SUCCESSION A VALORI COM- PLESSI. it i valori in R*, k > 1. Ogni In questo paragrafo consideriamo successioni {z,,} a valo i succession! di questo tipo individua k successioni a valori reali e viceversa ogni 131 k-upla di successioni di numeri reali individua una successione in R™. Infatti ad {z,} possiamo associare le k successioni delle coordinate {zm,j}uem J = 1,2,...k, dove (22) Za = (ZntyEnay +5 Fock) Il calcolo dei limiti per successioni in R* si basa sul seguente teorema (R* si intende metricizzato con la metrica euclidea). =» Teorema 25, converge ad ‘Sia {z,,} la successione di vettori di R* (22). Allora {z,} (=1y22,.-- 42x) 8¢ e solo se per ogni j = 1,2,...,k Jinn Dim. Ricordiamo che, se 0,8 € R* a = (a1¢2,-+-y0x), B= (biybay-+-sbx)s . vale la seguente disuguaglianza : far ~ buf Jos ~ ba] FE i? ot 23) F <1 DG ~ 6) < Vila; — 4) jal fax ~ bel z Sia ora lim_ 2, = 2, cick fssato € > 0, valga {lz ~ 2|| < € definitivamente. | Allora dalla (23) segue |z_,; ~ x;| < € definitivamente per ogni j = 1,2,...,k i 5) per ogni j. | Viceversa sia 2,,j + aj per n—+ -+o0 per ogni j. Fissato € > 0, definitivamente vale per ogni j beng - ail < E |e quindi sommando per j dal ak . Dins-al< ale, 22) = YR ~ BaP + Ba ~ Fea per ogni si,2 © C, daltiorema 25 si ricava ‘iinediatamente il seguente teorema. ‘Teorema 26. Sia {2,} una successione a valori complessi. Allora z, -> 2 per nn +00 se e solo se Mz, + Bz e Gz, —+ Vz per n— 00. (35 5Gi proponiamo ora di studiare le relazioni che intercorrono fra la nozione di convergenza in R* e le operazioni definite in R": somma, prodotto scalare, pro- dotto interno. Grazie al teorema 25, tali relazioni possono essere agevolmente == dedotte dai teoremi sul caleolo dei Timiti per succession reali. <—— Teorema 27. Siano {z,,} e {y,} successioni in R* e {A,} una successione & valori reali. Sia z, +z, y, -* y@ An > A per n—> +00. Alora (24) lim Ga +.) (28) din (ns¥,) = (2.9) (26) lita Mndin'= 2 Dim, Dimostriamo la (24); le asserzioni (25) e (26) seguono con ragiona- menti analoghi. Se z,, > z ¢ y, —* y per n + +co, allora per il teorema 25, sihha per ogni j = 1,2, Tim, tay =) + tim, tag Allora lim (aq + Yas) = 2) + ¥ Per ogni j per il teorema 14. Percid, an- cora per il teorema 25, x, +y, > 2+ y per n—» +00. u = Dim. Sia E 133 Osserviamo”infine-che il teorema 14 si estende al caso di successioni {a,} © {ba} a valoti complessi. La dimidstrazione-coifiide con quella nel caso. di successioni reali con V'ovvia-sostituaione della parola “iiiodulo” a quella di “valore assoluto” AL. LIMITI SOTTOSUC! ESSIONALI. CLASSE LIMITE. Sia (X,4) uno spazio metrico e {24} usia successione a valori in X. La suc- cessione {2,}:in generale non converge; pud tuttavia accadere che una sua sottosuccessione {z,,} converga ad un elemento z € X. In questo caso di- ciamo che x é un limite sottosuccessionale della successione {z,}. Esempi. i) SiaX =C,2, La successione {2_) ha quattro limiti sottosucces- sionali, cio’ 1,4,—1,~i. ii) Sia (X,¢) uno spa In questo caso rema 4) io metrico qualsiasi e 2,, una successione convergente. lim _ 29 8 Vunico limite sottosuccessionale (vedi teo- iii) Sia X =R metricizzato con la metrica discreta ez, In questo caso nessuna sottosuccessione pud convergere e quindi non esiste alcun limite sottosuccessionale. Osservazione, Se z & punto di accumulazione della successione {2}, = 2 ~ anche limite sottosuccessionale (vedi teorema 5). Non & detto perd che un limite sottosuccessionale sia anche punto di accumulazione per la successione, L’esempio i) mostra il caso in cui nessun Jimite sottosuccessionale @ punto di accumulazione. Teorema 28. Sia (X,d) uno spazio metrico, {z_} una successione a valori in _ X. Allora Vinsieme dei limiti sottosuccessionali di {2} @ chiuso. jeme dei limiti sottosuccessionali. Se E = 0 oppure £ & finito, allora ovviamente £ & chiuso. Sia infinito, Dobbiamo mostrare che se y & punto di accumulazione per E, allora y € 2. Per ogni k > 1, KEN, esiste r, € tale che (rey) < 3 _Si scelga ora per ogni k € NV un punto zq, della successione tale che 134 135 Siano ora L = sup B, mento mostra che £€ E. Sia dapprima L = -+oo. Allora {2,} it i dappr lora {,} non pud essere limitata superiormente. Se infatti un numero reale positive M fosse un maggiorante per In succes- sione, nessun punto della successione stessa potrebbe appartenere all’intorno alent) M +1. Percid E sarebbe pure limita sdperiarmente, contro Vipotesi L = +oo. Percid {2q} @ illimitata snte e ora, ragionando come nella prima parte della di i supeiormente © oa, prima parte della dimostrazione, Sia ora ~cp < L < +00. In questo caso, detto I Vinsi i timi : 5 . In questo caso, detto J l'insieme dei limiti sottosuc- essionali, 1 # 0 e L = Sup/. Per il teorema 15 del capitolo 4 Z¢ Te 7 ber iiss 28, da cui L € I. Poichd IC B, segue L€ E. ia infine L = ~c0. Poichd ~oo 2 il minimo di Re poichd iri i co 2 il minimo di Re poichd £ #0, E si ridu al'singleton {co}. In questo caso L & 20 Beisinee eee (zag 8) $ Aenes ta) + rns) < ai rates ‘te sottosuccessionale e percid y € E. Quindi y=, lim zn,» cio? y & un Ti Consideriamo ora il caso in cui (X,d) sia R con la metrica euclidea. Per succes. sion’ reali abbiamo introdotto accanto alla nozione di limite per le succession convergenti quella di limite +00 e —co per le successioni divergent In questo caso Pinsieme dei possibili limiti delle sottosuccessioni di una sue- cessione reale non @ contenuto in R, bensl in RU {+00} U {-co} = R. Utilizzando il teorema 4 ¢ seguendone la linea dimostrativa, & possibile provare i seguente teorema. Def. valor L = Max Ee €= Min E (L,€€ R) si chiamano rispettiva- Lit mente massimo limite (o limite superiore) e minimo limi inferi della successions {2, }. aE WTeorema 29. Sia {z,} una successione a valori reali. Condizione necessaria Si scrive: afinch® | lim, 2, = 2 € R & che ogni sottesuccessione abbia limite x. Con- dizione sufficiente affinch? | lim, tn = 2 Re che da ogni sottosuccessione = {q,} i posse estrarre una sotto-sottoruccessione (tm, } tale che li, Fm, Per le successioni a valori reali introduciamo la terminlogia seguente. Def. _ Sia {z_} una successione a valori reali. Chiamiamo un, denen PE Fi valore limite di {zn} se esiste una sottosuccessione {zm} tale che Dim tm = © per n pati, 2» = n per n dispari. Allora E = {0,-+00}, ‘ShiSaiamo inoltre classe limite di {2a} Pinsieme dei suoi valori limite, limsup z_ = +00, limjnf 2, = 0. ‘Teorema 30, La classe limite di una successione di numeri reali {an} 8 non Sia yuota. Essa incltre ammette minimo e massimo in B (eventualmente —0 ¢ +00). n n=4k ifn 4k +1 een {lo Dim, Sia Hla classe limite. Se {an} @illimitata, ad esempio, superiormente, n n=4k+2 © per ogni intero k > Osi pud trovare ny tale che 29, > ke noltre mi < na < (nt1)/n n=4k+3 Quindi (25, } &une sottosuccessione divergente a pit infinite, Pereid +00 € B Allora B= {—00,0, 1, +00},limsup 2, = +00 ¢ liminf zn Ja modo snalogo si prova che ~co € E se {zq} & illimitata inferiormente. eae aatet Se invece {an} @ limitata, esiste M > 0 tali che [zal < M. ‘Allora, pet il cofollario 6, {zq} ammette una sottosuccessione convergente, Quindi, in ogni caso, E# 0. Sie zq = cosn. Si pud dimostrare che in questo caso E 1, 1}. ia {ra} una successione costituita da tutti e soli i numeri razional Allora, detta E la sua classe limite, si ha E NO 136 Infatti se A € R, A & punto di accumulazione per Q; esiste quindi una sottosuccessione di {r,} convergente a 2, ciot A € H. Poiché inoltre {rn} 2 llimitata sla superiormente che inferiormente, -+oo e ~co appartengono ad E. Dalla definizione di limite superiore e inferiore di una successione di numeri reali seguono immediatamente le seguenti propriet’: a) liminf 2, < limsup tq renin gute Il sogno di = vale'se e solo se la successione {z,} ha limite (vedi teorema 29); in questo caso Tim, = liminf 2, = limsup 2, nen = ts ee b) Iimjnf(—2,) = ~limsup za limsup(—z,) = —liminf 2» ©) Se Zn < tm per ogni n, allora liminf z_ < liminf te limsup zp < limsup Yn Vale inoltre il seguente teorema Teorema 31. Sia {z,} una successione di numeri reali tale che limsupz, =LER. Allora per ogni € > O esiste n tale che z, Oesiste no tale che f-e O tale che 2, 2 L-+e per infiniti valori din. Esiste quindi una sottosuccessione {2,} tale che z,, 2 L-+e per ogni Si danno due casi: i) (2q,} nom & limi cessione (e qui .ta superiormente; ma allora esiste una sua sottosuc- ma sottosuccessione di {z»}) divergente a +oo. ii) {za,} & limitata superiormente; ma allora esiste una sottosuccessione (e quindi una sottosuccessione di {z,}) convergente per il teorema di Bolzano-Weierstrass. Se denotiamo e¢ ii vviamente si ha on y il suo limite, >be. ‘ mee In entrambi i casi la classe limite di {2,} conterrebbe i fe di {zn} conterrebbe un elemento maggiore di L, contro la definizione di limite superiore. “ La seconda parte del teorema segue immediat: alla pri Laemconde pated 8 iatamente dalla prima tenuto conto 6. SERIE NUMERICHE 1, SERIE DI NUMERI COMPLESSI. DEFINIZIONI E PRIME PRO- PRIETA. Siano dati m+ 1 numeri complessi ay,a1,.:.¢y, non necessariamente distin E noto il significato della scrittura See ee Supponiamo ora che sia data una certa successione a9,01,42,-.-@qy.-- di numeri complessi; ci proponiamo in questo capitolo, di fornire un'estensione del concetto di somma al caso in cui gli addendi siano un’infinita numerabile, non necessariamente distinti tra di loro. Ci proponiamo in altre parole di dare significato a una scrittura del tipo Una risposta a questo problema & data dalla teoria classica delle serie nume- riche che esporremo nel seguito, almeno nei suoi aspetti fondamentali. Sia quindi {ax }x>0 una successione a valori complessi..Costruiamo, a partire da questa successione, una nuova successione nel seguente modo: sia & = ao, 81 = dy + a4, 82 = ay + a; + ap, ecc.; cio? per ogni n > 0, poniamo Al numero 6, viene chiamato “somma parziale n-esima” o “ridotta n-esima”. Sone Conve 140 Def. La successione {5,}n20, clot la successione delle somme partiali n- esime, & chiamata serie associata alla successione {a4}x>0 0 serie di termine generale ay. Denotiamo anche la successione {6p }u20, €ioe la serie di termine generale a,, con il simbolo © con il simbolo Ay + ay + ay bee tan + Def. Diciamo che la serie di termine generale a, converge se la successions delle somme parziali n-egime (6, uzo & converReHLe. In questo caso, denotato "{en}, digiamo che # @ la somma della serie. con ¢ il limite della successione La terminologia ora introdotta ha una chiara interpretazione nel caso che la successione di partenza {4 },20 sia definitivamente nulla. Se infatti a = 0 per ogni k > ko, la successione {8n}nz0 & definitivamente costante poiché per ogni n > Ko & In questo caso quindi la serie converge ¢ la sua somma, cic’ il limite di {en}, non @ altro che la somma dei termini non nulli di (a,)- Ovviamente se {a,}k20 non & definitivamente nulla, non si pud a priori ga- Fontive niente sulla convergenza della serie; se perd questa converge ed ha per comma 9, possiama ritenere che il procedimento introdotto generalizzi, ma vedremo con quali limitazioni sulle proprieta formali, la nozione di somma ad tna infinita numerabile di addendi. Tutto cid giustifica Pabuso consistente hel'indicare il numero complesso 2, somma delle serie, anche con Ia serittura Poich® la nozione di convergenza della serie associata ad {ax}x>0 non & altro ‘che la notione di convergenza di una successione 2 valori in C, tenuto conto della completezza di C, si ha immediatamente che condizione necessaria ¢ sufficiente affinch® ) >a, converga & che per ogni ¢ > 0 sista no = no(e) tale is che per ogni n,m 2 no a) Ash B utile scrivere la (1) in una forma le; : 1a forma leggermente diversa, operand i mento di notezinl. Sia, per fasare le idee, m 0) si ottiene da quanto detto il Pn a ==> Teorema 1. (Criterio di Cauchy). Coidizione necessaria e suffciente affinche Dae converga & che per ogni € > O esiste hy tale che per ogni p > ko € ogni 2 Osi abbia pte @) lp + Opgr Foe + dptg O esiste ky tale che per ogni i abit . io i > Oeesiste ky tal ogni p > ko si abbia |a,| Oesiste ko tale che Died <« ie per ogni p > ko €q > 0. Ma allora, dalla (4), segue la tesi in forza del teorema 1 (condizione sulficiente). Osserviamo che la convergenza non implica la convergenza assolute. Infatti ln serie Soy 2 una serie convergente per il corollario 12 pag. 157, mentre la serie Li 8 divergente (v. esempio 4 pag. 145). Il teorema 3 fornisce per le serie associate a successioni complesse un crite- rio sufficiente di convergenza che riconduce allo studio di serie associate a successioni a valori reali non negativi, Dialtre parte, se {41},30, € quindi {s,}n30, una successione a valori com- plessi, per il Teorema 26 del capitolo precedente la convergenza di {#,} equi- vale alla convergenza delle due successioni a valori reali {38, }nz0; {88n}n20 che sono rispettivamente le succession delle somme parziali costruite a partire da {Roy}io0 (Sau }x>0- D’ora in poi ci occuperemo quindi di serie associate a successioni reali. 2. SERIE DI NUMERI REALL. Sia {a,),20 una successione a valori reali. Def. Diciamo che ) ay & divergente a +00 (risp. aco) se la successione delle somme parziali {s,}uzo & divergente a +o (risp. a —co Le serie i jlari o oscillanti. i fe M3 : Buen se | 1) Sing R, q # 0. Chiamiamo serie geometrica di ragione g, la serie di ~~ : termine generale a, = gt, k > 0. = oe I Da una nota identita algebrica si ha f . <7 oy malt gt gett i-, nti q=1 | da cui . i | too seq>l. I mentze {s,} non converge né diverge se q < ~1. : Otteniamo allora che la serie geometrica converge ae ¢ solo se |g| < Le si 4 ha in questo caso ye me “4 Seq > 1 la serie geometrica diverge a +00; se q < —12 irregolare. | 5 1 2) Sia ay = 0, a = > . La serie associata alla successione 5! ) a = 0, Hera #2 bbe oor ta all sessic a ‘ {a,} ® nota come serie di Mengoli. Essa @ convergente ed ha somma | = 1, come segue dai seguenti semplici caleoli s - -y q 11) i} +(=- Lm mL (wa) tos pern—++too. ’ , Sia a, =a £0 per ogni k > 0, La serie associata ad {ay} diverge a too ie {risp. a ~co) se a > 0 {risp. se a < 0) poiché ane 095 . 1 Sia do = 0, ay = Z per k > 1. La serie associata ad {a,} & nota come SER serie armonica. Essa diverge a +00. Infatti prima di tutto osserviamo Afi < ‘144 che non & convergente poich® non verifica la condizione di Cauchy: é sufliciente notare che per ogni n > 1 vale pepe D’altra parte la successione {s,.} @ monotona crescente poich® + > oa cr ati € quindi {oq} diverge -+oo. Questo esempio mostra in particolare che la condizione necessaria di con- vergenza espressa dal corollario 2 non & sulficiente per la convergenza di una serie. 08) Sia 2€C, 2 0.-Consideriamo Ia serie di numeri complessi In forza del teorema 3, tenuto conto dell’esempio 1, se |2| < 1 la serie converge. Se |2| > 1 la seri zero (vedi corolla termine generale non tende a . (3) e In serie 1 geometrica di ragione — @ convergente, da quanto detto nel paragrafo precedente segue che la serie data converge. non converge poichi 2). 96) Sia data la serie yt Ge Poiche at cod Siano {a,} e {b,} due successioni definitivamente uguali. Le convergono entrambe, ‘ay = by per ogni Osservazione. serie ad esse associate hanno lo stesso carattere, cic divergono entrambe o sono entrambe irregolari. Infatti k > ko, Allora se n > ko San Har Da Lae DoF mdm cio’, posto Sa, Slee b)s xe siha (6) my =Ctty (n> ko) La (5) ci dice che le succession delle some parziali differiscono definiti- vamente per una costante ed hanno quindi lo stesso comportamento per n— too. Percia il carattere di nna.serie.numerica non cambia se si alterano un_numero finito di termini della successione {ay} cui la serie & associata; si noti perd che la somma, in generale, cambia, come si vede dalla (5). Nel seguito enunceremo criteri sufficienti di convergenza o divergenza per le serie imponendo al termine generale ay di soddisfare ad opportune ipotesi per ‘ogni k > 0, la qual cosa semplifichera le dimostrazioni. & perd chiaro da quanto detto precedentemente che tali criteri continuano a valer nel caso che a verifichi solo definitivamente le ipotesi richieste. 3. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI. In tutto questo paragrafo consideriamo serie associate a successioni non ne- gative. Sia {a} CR, ay 2 0 per ogni k > 0. Poichd i (cio8 la successione delle somme parziali 8 monotona non decrescente) dal teorema 13 del capitolo precedente, segue Sn + Mngt 2 Bn Teorema 4, diverge @ +00. In particolare essa converge se e solo se Ja success somme parziali & limitata. con DIN da cmrwevaevsa. tuner saeco. sod Patslamo orf ad enunclare cited suficenti di convergenza e divergenza. Una serie a termini non negativi 8 regolare, cio o converge © ne delle {op Teorema 5, (Criterio del confront). Siano {ax} © {54} due successioni reali —~ talii che (6) O0 146 i), se J3by converge, converge anche 9 yas ms im Dim. 4 Zhe Comvemne > Unchhe i) Per la (6), per ogni p > 0,q>0siha ap, Uncle. Boas, al 2) Zap dig ‘iweilobe ) bes < Sn 3 bh dwckoe. € wg, Poiché “bk & convergente, per il criterio (necessario) di Cauchy, fissato c= e>0 Dok ko,q > 0. Ma allora la tesi segue dalla (7) ancora per il criterio (sulficiente) di Cauchy. Per la (6) 6, < ty, per ogni n > 0. Poiché per ipotesi tim, 8q = +00, la tesi segue dal teorema di confronto per le succession: divergenti (teor. 12 cap. 4). ~p Teorema 6. (Criterio di condensazione). Sia {ax}x>1 tale dw. (8) a 2a 2 05>... 2 My 2-1. 20 Allora a, converge se.¢ solo se converge ) 2*a3s. cot is Dim. Sia tag te. + any Page = ay + 2ag + dag + Bag +... + 2 age Supponiamo che {tq} sia convergente e quindi limitata. Sia n 2 1; scegliamo k € N tale che n < 2* Allora, tenuto conto della (8), si ha Bq S a3 + (a2 + a3) + (a4 + a5 + a6 + ar) +... Fagen + ageargy tose aoe) S Say + 2ay + day +... + Mage tao da cui, per ogni n > 1, fa S Sup tas Ma allora {s,} & limitata e la serie ) Ya, converge per il teorema 4. i, ersa sia {8,} convergente, e quin Sia k > 0; scegliamo n EN tale che n > 2*, Ancora per la (8) si ha fn 2 01 + a2 + (aa + 04) + (as + ag + 07 + a) +. soot (Gaiety Faatenga toe bone) 2 4 1 > A(a, + 2a + day + Bag... + an) = ote 2 Flor + 205 + day + Ba ...+ Dox) = 5 da cui per ogni k > 0 te S 28up én ciod {t,} & limitata e la serie ) >2*azx & convergente in forza del teorema 4. Come applicazione dei criteri enunciati studiamo il carattere delle serie del tipo dove p,q sono numeri reali Procediamo per passi successivi. a) ve converge se ¢ solo se p> 1. ‘ i 1 Infattise p < Ola serie non converge (e quindi diverge) poichd , lim 5; #0 Se p > 0, & possibile applicare il criterio di condensazione e quindi la serie converge se e solo se converge la serie cio’ che & una serie geometrica di ragione 5 —;. ‘Tenuto conto di quanto detto nell'esempio 1) la condizione necessaria e sufliciente di convergenza eprl. 1 , b) Siap>t. monte converge per ogni g. 4 Infatti se q > 0, per ogni k > 3 a (log ky Ia tesi segue dal criterio di confronto e dal punto a). Se q < 0, basta ricordare che fissato € > 0, definitivamente vale la disu- guaglianza w (log) sk ‘Scegliamo ora € > 0 tale che pre>t Allora definitivamente 1 <1 converge se solo se g > 1. ©) Doggegee comerersee solo seg Infatti se q < 0, per ogni k > 3 ia oi—st logy > & ¢ quindi la serie diverge per il eriterio del confronto (parte ii)) ed il punto a) Se q > 0 possiamo utilizzare il criterio di condensazione; la serie converge se e solo se converge la serie 2o* Boy et , ciod Dwi 7 La condizione necessaria e sufficiente di convergenza @ quindi q > 1. @) Siap<1. yo m 7 ek diverge per ogni g. Infatti se q < 0, per ogni k > 3, a (log k) La serie diverge per il critetio del confronto. Se q > 0, fissato ¢ > 0, definitivamente si ha 1 @ {log k)" < kt. Scegliendo ¢ tale che p+ < 1, si ha definitivamente a_i Wr(log ky ¢ Ia divergenza segue ancora da a) e dal criterio del confronto. Riassumiamo quanto esposto nel seguente teorema. 1 wre converge se p > 1 per ogni q € R, se p = 1 per Teorema 7. DS eimai ogni g > 1 In tutti gli altri casi la serie diverge. Teorema 8. (Criterio della radice). Sia {az} CR; ay > 0 per ogni k > 0. tu = limsup Yay Allora i) seO 1 si ha definitivamente a (,)% >1 quindi a, >1 Ne segue che il termine generale ay non converge a zero; la divergenza della serie segue allora dal teorema 4. Teorema 9, (Criterio del rapporto). Sia 1 = | Osservazione. Supponiamo, in particolare, lim, Yar=a B semplice verificare che se a = 1 ma non per difetto, Ia serie diverge (si tipeta il ragionamento del punto ii)).. Se invece a = 1. non si pud a priori dare informazioni sulla convergenza della serie, come mostrano i seguenti esempi. 1 is 1\k vlins = in # wat © So} a aivergeme Sia a = 4. Alora B . sin (8) tp, Bt a. ia {ax} CR; ay > 0 per ogni k > 0. i Ges Oe © Allora: i) se0< 6 <1 laserie ) ay converge se “#4 > 1 definitivamente, la serie ) a, diverge cy ie Dim. i) Sia 8 <7 <1. Per il teorema 31 del capitolo precedente, esiste y tale che ) Sth cy Vk2 ke Sia k 2 ko. Allora applicando successivamente la (9) si ha Oy <1 < Paa2 <-.6< Hy ciod posto a4, 7 = ¢ definitivamente si ha a < er Poich’ < 1 la serie geometrica di ragione -y converge e quindi la tesi svete dal criterio del confronto. Allora'0 < aug < 04,44 $ Qhgg2 S «+. € quindi il termine generale non tende a zero. ——b Corollario 10. Sia {ay} CR; ay > 0 per ogni k 2 0. Set } ammetta limite (finito o infi- ‘Supponiamo inoltre che la successione nito) per k -* +00 € sia on abt Oe a Allora: 40 se 0< <1 laserie ) >a, converge im ii) se 1 a ° era Pe ogni k. _Osservasione. Sia (au)azo na successione di numer reali positvi Allora si a Belay im In, 70 ko. Ne segue (v. dimostra- | tione del teorema 9) a . ee ay < cyt per ogni k > ko 154 da cui Van < Vey e quindi, poiché in, Ye=l,siha limsup Yar <7 carey Poiché 7 & un qualsiasi numero reale 7 > i ne segue limsup Yay <8 ; Iasteo La dimostrasione della disuguaglianza riguardante ilimitiinferioni& del tutto analoga. Oscerviamo che se lim sup “H = 9 < 1 necessasiamente limsup Yar < 1, mentre non vale in generale il viceversa; quindi il criterio delia radice & pid potente del criterio del rapporto. Infine 6e esiste Ges A lim “Ht ashe ay csiste anche ,lim_ Yay e sono uguali. M 4, SOMMAZIONE PER PARTI. SERIE A TERMINI DI SEGNO ALTER- | | NATO. - N10. Siano {an}nz0 {bn}uz0 succession’ a valor reali o complessi. . Poniamo : ® : An= Soy nn 20 cod Ay=0 Allora per ogni n > O si pud scrivere : (10) Oy = Ay — Anni « Siano ora p,q interi tali che 0 < p< 4. Utilizzando la (10), con semnplici calcoli si ha =A 5 Anbu A Abbiamo cos! ottenuto la seguente formula, nota con il nome di “formula di sommazione pér parti” valida per 0

0 ed inoltre 2) b 2b 2b>2...20 3) lim he = 0 Alllora la serie) a,b, & una serie convergente. Dim. Sia 0

0 esiste ny = no{e) tale che a D per ogni p > no. Ma allora per ogni p 2 no @ per ogni g > p. La serie converge per il criterio di Cauchy. (-1)*bx convergente. im Le serie del tipo )(—1)*by dove {04} @ una successione a valori reali positivi, vengono abitualmente chiamate “serio-a-termini di segno alternato” , poiché ovviamente il termine generale & positivo se k & pari e negativo se k & dispari. Il corollario 12 fornisce quindi un criterio sufficiente di convergenza per le serie a termini di segno alternato, noto come criterio di Leibnitz. Notiamo che lipotesi 2) 8 anche necessaria per la convergenza, mentre la 1) non lo @, come mostra il seguente esempio. Sia © boat a qkpai k22 OS oy & keispi kB a 157 |e Doze convergente. : DIN a SrRa ZO E Osservazione. Sia )~(—1)*b una serie a termini di segno alternato per la quale valgano le ipotesi 1) € 2). Consideriamo la successione delle somme parziali {s,.} ed in particolare, la sottosuccessione data dan = 2h, A > 0, cio’ a sottosuccessione delle some parziali arrestate a un intero pari. Siha yy 2 = by — (by — ba) < 5 84 = by ~ by + ba — (by ~ be) = 09 ~ (by ~ fan = by — by + bp. S #2qn-1) 4) S82 + batn-y ~ (bana bon) = 82,41) ~ (bana — bon) S cio’ 9 2 6 2842... 2 syn) 2 Sanz Poich? {5,},20 & convergente anche {621 }4>0 & convergente allo stesso limite cio’ SSS 5S Ancora {s2n41}nzo converge ad se in particolare 158 fin eanea natteo Anoltre Sang1 S 8S Sn per ogni h > 0 Ne segue che per ogni n 2 0 (pari o dispari che sia) vale Ia seguente maggio- razione: Ia — 1 < [50 ~ Snel = batt Riassumiamo quanto detto nel seguente modo: data una serie a termini di i 1) € 2), la successione delle somme par segno alternato verificante le ipot ili arrestate a un posto pari converge per eccesso alla somma delle serie mentre quella delle somme parziali arrestate a un posto dispari converge per difetto. L'errore d’approssimazioné commesso arrestandosi al posto n-esimo non supera in valore assoluto il valore assoluto del primo termine trascurato. sate Esempio. Consideriamo la serie . in, Coton nn S Poiché la successione { i} ® monotona decrescente ¢ infinitesima la k+M aso serie converge. Vogliamo calcolarne la somma con un errore inferiore a io” Dalla disuguaglianza ae Fy * 10 cio® k > 9, segue che una valutazione (per difetto!) della somma che risponda ai requisiti richiesti @ data da i ea cn 1627 a 159 5. OPERAZIONI ARITMETICHE SULLE SERIE. Def. Siac ER. Chiamiamo prodotto della serie ay per il numero ¢, ta PR: 7 Fed as serie ) “cay. Dall'uguaglianza : segue immediatamente che se la serie Taq converge ed ha per somma 6, anche la serie "coy converge ed ba per somma cs. Inoltre se ¢# Oe) ax diverge a +00 p. a ~c0) la serie ) cay diverge a “+00 se ¢ > 0, diverge a 00 se ¢ < U (isp. diverge a —co se ¢ > 0, diverge a +00 se ¢ <0). Se infine ¢ = 0, qualunque sia la serie) aq, la serie) ea, converge ed ha per somma zero. oS 3 Def. Chiarniamo serie somina delle serie) ay € ) by ta serie si i a | Ya +n)) Evidentemente per ogni n > 0 si ha Stet) = Son +S ad ime Ne segue che, se le serie date convergono ed hanno rispettivamente somme ¢ t, la serie somma converge ed ha per somma il numero 8 + ¢. I carattere della serie somma nel caso che una afmeno delle due serie date diverga & determinato in tutti i casi possibili tranne in quello in cui una serie diverga a +00 e laltra diverga a co. ‘Tutto cid 2 conseguenza immediate 160 del teorema 15 del capitolo precedente riguardante il comportamento della successione somma di due successioni. Def. Chiamiamo serie prodotto secondo Cauchy delle serie } a, e Yb i im la serie, cy dove © esplicitamente co = ayby ey = aghy + ay bo €2 = gba + aybs + daby ce = Gabe + a1by a1 + 2b) oF ea aby + ax bo stificazione della precedente definizione risiede nella seguente osserva- erie Una zione: sia x € R e consideriamo le seguenti Gio + Oye + O22? + gz +... taRTt to Bo + Biz + Bat? + a2? +... + Bat* +. (12) dove a, fx € R per ogni k 2 0. Se moltiplichiamo formalmente fra di loro le espressioni in (12) e ordiniamo per potenze crescenti della variabile x, otteniamo no tue te tor te tat to dove = Do aiPens + In altre parole la definizione data nasce da un'estensione della regola di mol- tiplicazione fra polinomi. ‘Vale il seguente teorema 161 “DTeorema 13. (Mertens). Siano ) ‘ay, ) ~b, due serie convergenti; suppo- feo k= niamo inoltre che ) "a, converga assolutamente. Allora la serie prodotto secondo Cauchy delle serie date, ) > cy, converge e posto . A=Sm, B= C= Su siha : 1 as) CHA-B. | Dim. Poniamo Con semplici calcoli si ha E An Cy = Abo + (dob; + 1b) +. 26+ (dodn + Ayby1 +. +-Ando) ayBy + 04 Byay tp Byna + ++ Gy Bo = a9(B, — B+ B) +0,(By—1 — B+ B)+...+ aq (Bo - B+ B) = = AnB + a0(By — B) + 44(By-1 ~ B) +--+ an(Bo ~ B) Poiché lim A,B = AB nooo per provare che la serie prodotto secondo Cauchy converge e che vale la (13) + @ sufficiente dimostrare che lit [ao Ba ~ B) + a1(By-1 ~ B) +...+ an (Bo ~ BY] = 0 162 By - B Yel © iso fissato € > Oesiste N = N(e) tale che |A,| < € per ogni a a alin, Bo = n2Nn. Allora per ognin > N siha ao(Bn ~ B)-ba1(By-1 ~B)+.+.+4q(Bo~B)|=|408n+ a1Bn-1+ «+ Ono] S S$ la0By + a:Bn-at ++ OnwOn| + [dna rBrar +++ + @nBol S [Pllao| + [Bar lla | +--+ Bn lana] + [en-warBov—a +--+ + @nBol S Se) lol + [onary Ba + -- Seat lana rBwaa + +--+ On fol + anol S Passando al limite superiore per n + +00, poiché , linn ax = 0, si ha Timsup [aon + @Paaa + +--+ @nPo] S €% e quindi, per Varbitrarieta die, la (14). In generale non & possibile garantire la convergenza della serie prodotto se- condo Cauchy di due serie, convergenti entrambe ma non assolutamente, come mostra il seguente esempio. ; 1 Sia = La serie ay & convergente (per il criterio di Liebnitz) ma non assolutamente io convergent; infatti 1 . viet. lel = TET 1 vok “ e quindi, per i teoremi 5 € 7, ) lax] & divergente. Consideriamo il prodotto secondo Cauchy, ) ce, della serie) Yay per se stessa. Si ha 163 ey mo VE FIR 541) PL aa 1 Vit k= t4) 2 eee) > & VGF jet 0) lim 2 kottos RFR {k + 1) si ha che il termine generale ¢, non tende a zero per k +00 e quindi la serie Yas nom converge mS 6, PROPRIETA’ ASSOCIATIVA E COMMUTATIVA PER LE SERIE. Sia data una serie ) 04 = 49-404 4.45 +...04-b....€ upponiamo di astociare in un sol termine un numero finito di termini consecutivi con una qualsiasi legge. Ad esempio At : Soc (00 + a1) + a2 + (a3 + 04 + a5) + a6 + a7 + (a5 + a9) +... Ponendo si ottiene cos} (in questo caso e, con procedimento analogo, in generale) una nuova serie, “by. Se poniamo You = The @ facile convincersi che {t¢,} non & altro che una sottosuccessione della succes- sione (sn). [Nel caso dell’esempio si ha to=s1, t= 62, = 55, ty = 56, = sr, te = oy ete] Se la serie data converge (risp. diverge), cid se lim s_ = s (risp. Jim_, 8,, = +00), allora anche ) >}, converge ed ha la stessa somma (tisp. te imo diverge con lo stesso segno). Al contrario la convergenza o divergenza della successione {tn} non da in generale, informazioni sulla convergenza o divergénza della successione {sn}. In altre parole, associando con una Jegge qualsiasi gruppi di un numero finite ditermi i c odivergente, si ottiene una serie ere; djgsociando invece i termini di una serie convergente ee iaadendl comiderneds Ie nuova serie, ottenuta, questa pud avere un carattere completament Adesempio Ses 04040404...= (1-4 0- D+. Yow == ted t+1-14... La serie ) by ovviamente converge, la serie ) ax (ottenuta dissociando i termini della serie precedente) @ invece una serie irregolare. Passiamo ora ad occuparci della proprieta commutativa. necessatio chiarire il significato di questo termine. Prima di tutto & Def. Sia ¢ una applicazione biunivoca dell'insieme degli interi non negativi su se stesso. 165 Data una serie ) a, diciamo che la serie ) "by @ un suo riordit oppure Sey PP! z 4 PERK, che & ottenuta dalla serie data permutandone i termini, se per ogni k > 0 by = aga) Ovviamente se 'applicazione ¢ @ Videntita tranne che su un numero finito di interi, (in altre parole se si soltanto un numero-finite-di-termini), le successioni delle somme pat ata e del suo riordinamento sono definitivamente uguali.. Se invece si permutano infiniti termini non & possi in generale stabilire alcun legame fra le successioni delle somme parziali Lo scope che éi proponiamo & quello di stabilire sotto quali condizioni un ualsiasi riordinamento di una serie convergente avente per somma 6 & an- cora convergente ed ha per somma lo stesso numero s. I seguenti teoremi tispondono completamente al problema posto. LepTeorema 14, Sia ) ay una serie convergente assolutamente. Allora ogni suo riordinamento converge ed ha ta stessa somma. Sia ) 7b. un riordinamento di ) ax, cio’ by = ag), per ogni | } | | 20, | dove ¢ 8 una applicazione biunivoce dell insieme degli interi non negati se stesso. Poniamo Sn ao = Soh Per il criterio di Cauchy, poiché Ja serie ) \lax| @ convergente, fissato € > 0, Fesiste ky tale che per ogni p,q con g > p> ky siha Yheal ky, poiché i numeri ag,a,,...a4-1 compaigno sia in 8, che in tay si ha. as ~ Yaga] < § - [on ~ tal = Dialtra parte se s= lim, &,, fissato € > 0 esiste ky = ka(e) tale che natin Ina $ per ogni n > ka. Ma allora per ogni n > max(k1,ka) si ha ele I~ 81S Ita Salt lon sl< Stine e quindi lim t, =. “—~» Teorema 15. (Riemann). Sia ) “a, uns serie convergente, ma non assoluta- mente convergente. Siano a, tali che ~eoSasfistoo. Allora esiste un riordinamento ) ‘by della serie data tale che, s° ty 2 he im 8. liminf ty, = limsup ta NO Dim. Sia Ovviamente py 2 0,44 > 0 per ogni k > 0 ed inoltre Pr+% = |e) Pe~ Ge = ae - Consideriamo le serie da. Sa- PLA Pitt Pay Qi Qa - ++ Dey + Pass + Paysa t 167 ~ Base non possonio essere entrambe convergent, altrimenti lo sarebbe Ia sctie Dlr +a) = Ja] Non possono d'aitra parte essere una convergente e l'altra divergente, altri- 4%) = Yas sarebbe divergente. mente la serie (py, ‘Quindi, trattandosi di serie a termini non negativi, devono essere entrambe divergenti a +00, Denotiamo con P,,Ps,.:. i termini non negativi della serie Sa nell’ordine in cui si presentano e con Q1,Qz,... i valori assoluti dei tefmdni negativi di Da, sempre nell’ordine in cui compaiono. Leserie ) “Pk, ) Qe dilleriscono dalle serie DP, Doe solo per Ia presenza =n feo hed nelle seconde di termini nulli. Ne segue che anich’esse divergono. Siano ora {a,) {A,,} due succossioni di numeri reali tali che wlan =e tie, Bn Gn < Bn y fy >0. Sia m, il pid piccolo intero tale che P+ Pat. Sia ora ky il pid piccolo intero tale che + Ping > Br Pit Patt Pm ~ QM = Qa Qa, Say Costruiti cost m, ¢ ky, costruiamo rm e ky come i pid piccoli interi tali che mz>m, , ky > ky ~ Fins > Ba Pat Pa toot Pang = Qt ~ Qa toes Qe + Past + Praga toes cet Png = Qkitt — = Oey 0 esiste 6 > 0, 6 dipendente in generale da ¢, tale che per ogni 2 € E soddisfacente la condizione 0 < d,(z,p) <6 si ha a2(f(z),0) 0 esiste 6 > 0, dipendente in generale da M, tale che per ogni x € E soddisfacente la condizione 0 < dy (z,p) <6 si ha J(z)>M_ (risp. f(z) <-M) . Anche in questo caso la definizione di limite non dipende dal valore della funzione in p, punto nel quale d’altra parte f potrebbe anche non essere definita. m R (con la metrica euclidea), iti che il grafico di f, eccetto il punto (p, f(p)), deve essere contenuto nel semipiano {(z,y) €R? :y > M) se 0 <|z—pl <6. » Se X, =R con la metrica euclidea ¢ f(z) + +00 0 f(x) + co per z—+ p, la retta =p é detta asintoto verticale per il diagramma di f. Esempi. 1) Sia X, = R?, Xp = R con la metrica euclidea. Sia E = R* e p = (0,0). Sia f(z) = Var+ ey. Allora {(z,y) —+ 0 per (z,y) — (0,0). Infatti, scelto ¢ > 0, basta assu- mere 6 = €*/? affinché W129) ~ = F(@¥) < © se Iz,y) ~ (0,0)|| = Var Fy <6, 2) Sia X, = Xz = R, con la metrica euclidea, B = R ~ {0}, p= 0e J (2) = sin 4 Allora f(z) 0 per z+ 0. (Si noti che f non @ definita in p Infatti, issato e > 0, basta scegliere 6 = ¢ affinch® (2) -o|= |rsin 2] < Jal 0, basta scegliere I< 6, 240. finch® f(z) > M se al- 472 4) I concetto di limite per le successioni di punti in uno spazio metrico (X,d2) si pud considerare un caso particolare del concetto di limite per funzioni tra spazi metrici. Sia infatti X, = N = NU {+00} dove N = (1,2,...,n,-..)- Definiamo la metrica d in X; come nell’esempio g) del paragrafo 1 del cap 4. (n,m) (n, +00) = d(+eo,n) (+00, +00) = 0. B immediato verificare che tutti i punti di X, sono isolati tranne ++oo che punto di accumulazione. Sia f : N + X, una successione a valori in Xz; quindi f & una funzione definita in B = N c X, e p = too 2 un punto di accumulazione di in (%1,4). Serivendo la definizione di limite in questo caso si ha che /(n) —> per n—» -foo se per ogni € > O esiste 6 > 0 tale che dz(f(n), ) < © per ogni n tale che n > 2. Posto no = A + 1siottiene allora Ja definizione di limite 3 6 per le successioni a valori in Xa. Se Xp =R analoghe considerazioni si possono fare anche nel caso succession divergenti a +00 0 ~c0. 2, IL CONCETTO DI LIMITE PER FUNZIONI DEFINITE SULL’ASSE REALE. Sia f una funzione a valori reali definita su un sottinsieme EB CR, con la metrica euclidea. Se p 8 un punto di accumulazione per E, la nozione di limite (finito o infinito) di /(2) per x tendente a p 2 contenuta come caso particolare nelle definizioni del paragrafo precedente. Definiamo ora il concetto di limite (inito o infinite) di f(2) per 2 tendente a +oo 0 z tendente a co. Def, Sia ¥ illimitato superiormente (risp. inferiormente). Diciamo che J(2) tende (0 converge) a € per x tendente a +00 (tisp. ~oo) se: per ogni e > Oesiste M > 0, dipendente in generale da ¢, tale che per ogni z € E, 2 > M (tisp. 2 0, basta assumere M = 2 affinch’ [(2) - 0] = |f(2)| M 2) Sia E Infatti 00,0) ¢ J(2) 2. Alora f(z) + 1 per 2+ ~c0. (f(z) - = 4, siha if(z)-] 0, sez <-M= am Def. Sia E illimitato superiormente (risp. inferiormente). Diciamo che f(z) tende (0 diverge) a +00 per x tendente a +00 (risp. —co) se per ogni K > 0, esiste M > 0, dipendente in generale da XK, tale che per ogni z € E, > M (risp. x < -M) siha f(z) > K. In questo caso scriviamo (Tag HLF] 0° Ne) 40> pee 24-400 Eh nee (rsp. | lim f(z) = +00] 0 f(z) +00 per 2-+ -00) . eee Def. Sia E illimitato superiormente (risp. inferiormente). Diciamo che 1(z) tende (0 diverge) a —co per 2 tendente a +00 (risp. —oo) se per ogni K > 0, esiste M > 0, dipendente in generale da K, tale che per ogni x € E, > M (risp. 2 <—M) siha f(2) <—K. In questo caso scriviamo “A 8 se) -w0 poe e408 ea] 0 f(z) -co per 2 co) Sia ora f definita in un insieme non vuoto EC R a valori in uno spazio metrico (Y,d). I gia stata definita nel paragrafo 1, la scrittura lim f(z) = dove pe B,£€ ite Definiamo ora il concetto di limite per /(z) al tendere di z a +00 0 ~co. Def. Sia E illimitato superiormente (risp. inferiormente). Diciamo che 175 J(2) tende (0 converge) a €€ ¥ al tendere di z a -+0o (risp. ~c0) se per ogni © > Oesiste M > 0, dipendente in generale da e, tale che per ogni x € E, > M, (risp. 2 <~M) si ha d(f(z),Q 0, basta scogliete M 2 alfinch’ si abbia per x > st In) be Osservazione. Dalla lettura dei paragrafi 1 e 2 pud apparire che la definzione generale di limite per funzioni definite in uno spazio metrico a valori in un altro spazio metrico non copra tutti i casi possibili quando uno dei due spazi & R con la metrica euclidea. In realta il caso dei limiti infiniti o per x tendente a infinito rientra nella definizione generale, Infatti @ possbile introdurre in R RU{-co}U {+00} una metrica per la quale i casi particolari dei limiti infini © per z tendente a infinito rientrano nella definizione generale di limite per funzione tra spazi metrici. Costruiremo questa metrica nell’ultimo paragrafo di questo capitolo. Abbiamo qui preferito, per motivi di semplicita, trattare a parte il caso dei limiti infiniti o per x tendente a infinito; Vintroduzione infatti i R come spazio metrico, pur rispondendo a criteri di simmetria ed economia nello sviluppo della teoria, pud risultare alquanto artificiosa e poco chiara ad ‘un primo contatto con la teoria dei limiti. E percid utile introdurre la seguente definizione Def. o” (risp. “intorno di co”) ogni intervallo del tipo (M, +00) (risp. (—09, M)) dove ~co < M < -+oo (risp. -00 no, tn €V. Quindi, pern> no, f(zn) € U cio vale 1a (2). Viceversa supponiamo che valga la (2) per ogni successione {25} soddisfacen- te la (3). Supponiamo, per fissare le idee, a # +00, a #~c0 nel caso X= R. Se, per assurdo, la (1) non fosse vera, esisterebbe un intorno U di # tale che Ber ogni 6 > O esisterebbe 24 con di(a,zs) < 6, 24 € Ey 24 Fae f(as) #U: Lae Diamo a 6 i valori 1 e siano 2, i corrispondenti punti. Allora py 1 0< di(a,z,) <= © quindi {+,} verifica (3), mentre f(z,)¢ U contro lipotesi Se X, =R ea = +00. 0.a = ~co, la dimostrazione é del tutto analoga. I teorema 2 permette di ridurre numerose prop: alle analoghe proposizioni sui limiti delle succession Corollario 3. (Unicitd del limite). Sia f : EC X, > Xp. Sia fim f(z) =A etm f(@)= fa Alora, = 62. Dim, Sia {2q} una generica successione verificante (3).Allora {f(2x)} ha come limite sia fi, che 2, per il teorema 2. Quindi, per lunicita del limite per le successioni, siha 1 = 2- Corollario 4. (Permanenza del segno). Sia f: EC X1 > R. Sia f= lim f(z), 0< < +00 (risp. -00 < P< 0). Allora esiste un intorno V di @ tale che f(z) > 0 (risp. f(z) < 0) per ogni Ze ENV, 24a. Segue immediatamente dalla definiaione di limite ‘—pCorollario 5. (Criterio del confronto). Siano f,g,h: BCX: +R. i) Sia lim f(z) = lim A(z)= BER i Esista inoltre un intorno V di a tale che per ogni 2 € EQV, z #-asi abbia Hz) S 9(z) < A(z). Alora. Tim 9(2) fi) Sia Jim f(z) =-+00 (tisp. lim f(z) = ~c0) Esista inoltre un intorno V di a tale che per ogni z € ENV, 2 #asi abbia wie a AS Je) S9(2)— (risp. o(2) < S(z)) Allora jim o(2) = +00. (risp. Jim 92) = ~eo). Dim i) Sin (x) una generica successione verificante (3). Allora definitivamente Ln) Salen) Sh e, per il teorema 2, linn f(@n) = 6 = lim M2) Quindi, per il teorema 11 del capitolo 5, siha lim, 9(tn) = 8 da cui la tesi per il teorema 2. ii) Ln dimostrazione & del tutto analoga alla precedente, applicando il teo- rema 12 del capitolo 5, in Iuogo del teorema 11. altre Osservazione. Si noti che la dimostrazione del corollario 5, come proposizioni nel seguito, richiede la piena forza del teorema 2. Si ® applicata infatti prima la condizione necessaria e poi quella sufficiente contenute nel teorema 2. — Corotlario 6. Sia LAE SX OR* (> 1), £(2) = (N22), le) + Allora L(z) = By B= (PrsBay-- Pe) Tim fy(2) = By per ogni §=4,2,.004K A® Dim. Segue dal teorema 2 e dal teorema 25 del capitolo 5. In maniera del tutto analoga a quella usata nei precedenti corollari, possiamo dimostrare la condizione di Cauchy per funzioni a valori in R™. Corollario 7. Sia f: EC X, + RY(k > 1). Condizione necessaria e sufficiente aflinché f(z) converga a un elemento di R* quando 2 tende ad a che sia verificata la seguente condizione: (C) per ogni e > Oesiste un intorno V di a tale che per ogni coppia di punti 2,yEVNE stay f¢asiabbia IL@)- Lol 0, esiste un intorno V dia tale che se 2,y EVE, 2 a, y#a,si ha lue@)-Bl no W£(n) ~ Lam)]l < € 2 la condizione di Cauchy @ sufliciente per la convergenza delle succes- sioni in R*, ({(zq)} converge a un elemento f € R. Per provare la tesi.2 sulffciente, grazie al teorema 2, mostrare che non dipende dalla successione {2,}. Sia allora {2',} un'altra successione verificante (3). Ripetendo il ragionamento appena fatto si ha lim f(a.) = Be R*. D’altra parte la successione {2} definita da nfm pati Fe Lal n dispari im ses) = =pleR* Per il teorema 4 del capitolo 5, 8 = pi" e 6’ = pi" e quindi f= fi verifica ancora (3) e quindi Osservazione. $i osservi che 1a condizione di Cauchy 2 necessaria per Vesi- stenza del limite per applicazioni a valori in uno spazio metrico qualunque. Infine se f @ a valori reali, cio’ k = 1, la condizione di Cauchy & necessaria e sufliciente per Pesistenza del limite in R (I!) ciod del limite Snito. Corollario 8. (Calcolo dei limiti). Siano f,g: EC X, +R. Sia Jim f(2) = Pim of) = fa « Allora “ Fim (2) + 9(2)] = Bs + Ba © Jim f(2) 92) = A-Ba im L{2) = Be © Jin L3= ale) 40) a) Bima) = (8% ((2) > 0) ‘ove le operazioni sui limiti sono da interpretare secondo la tabella di aritme- tizzazione parziale dei simboli -+00, —co, 0, 0_. e ove non si presentino forme di indecisione. Dim. dente. Segue dai teoremi 14, 15, 17, 19 del capitolo 5 e dal teorema 2 prece- —4 Corollario 9. Siano f,g: BX + R* (k > 1). Sia Im s@)=2 limes) Allora © Jira Ue) + a(2)] = 048 (9) Jim (L(2),9(2)) = (2,8) [0 Dim. La (8) segue dalla (4) e dal corollario 6. La (9) segue da (4), (5), € dal corollario 6 ricordando che, posto f(z) = (hi(z), fala), -- + Se(@)), 9(2) = (91 (2), 92(2),---19e(2)), per definizione (£(),9(@)) = Doha) ae) Concludiamo questo paragrafo osservando che il teorema 2 permette di risol- vere alcuni casi di indecisione analoghi a quelli gia incontrati nel caso dei limiti per le successioni. Ci limitiamo ad enunciare alcuni risultati, avvertendo che le dimostrazioni si conducono sulla falsariga delle precedenti, mediante riduzione ai corrispondenti limiti per le successioni. Corollario 10. Sia f : EC X, > R tale che Jim f(z) =-+00 oppure Sia @ un numero reale. Allora In particolare Pcoroltario 11. Sia fs EC Xy +R tale che lim f(2)=0 f(x) #0. Siano @ ed a numeri reali, a > 0, a #1. Allora Jog(1 + S(2)) _ ec ae sim oe =loga Noi 182 In particolare log(Lt 2 Lin, SB } 4, LIMITI PER ECCESSO E PER DIFETTO, LIMITI DALLA DESTRA DALLA SINISTRA. Inv questo paragrafo consideriamo soltanto funzioni reali di variabile reale. Sia quin R — R, definita su un sottinsieme B, e sia z un punto di accumulazione per E. Ricordiamo che la sc lim f(2)=€ (CER) significa che per ogni € > O esiste 6 > O tale che per ogni s € Ez # 29 tale che |z ~ 9] < 6 si ha |f(z) - {| 0 esiste § > 0, dipendente in generale da ¢, tale che per ogni 2EE,2# 2, [2-20 <6 siha OS f(z) O esiste § > 0, dipendente in generale da e, tale che per ogni 2 B tale che 2 <2 < zo +6 (risp. to ~ 6 <2 <2») sia @)- oni la nozione di limite dalla destra ¢ dalla =+too0l axe. Con ovvi cambiamenti di not sinistra si estende al caso in cui Esempi. 1) f(z) = Mantz , 29 €Z; allora elim Se lim s(z)=0- 2) S(z)= el , 2 =0. Allora lim f(z) = Ae) = 3) f(z) =aitg4 , zo =0. Alora lim f(z) 5 = z si Osserviamo infine che se lim f(z) =8 © lim f(2)= 8, dove 6 ER oppure ff = +00 0 f = ~co, allora ovviamente lin f(z) =A. 185 S. FUNZIONI CONTINUE IN SPAZI METRICL. Siano (X1,d;) e (Xo,do) spazi metrici, EC X, ed f una funzione definita in Ea valori in X;. Sia p € EB. Def. __Diciamo che f ® continua in p se per ogni ¢ > 0 esiste § > 0 (dipendente in generale da € e dal punto p), tale che per ogni z € BMUs(p) siha (12) 4,(f(2),f(p)) 0 tale che U,(9) 0. = {p}- Quindi, se 6 0 esiste 6 > 0 tale che se 0 < dy(z,p) < 6,2 € E, si ha do(f(z), f(p)) <. Poiché 0 = da(f(p), {(p)) < e, la relazione (12) vale per ogni z € Us(p) NE e quindi f & continua in p. Abbiamo provato: Teorema 12. Se p un punto di E e non & punto isolato di B, f & continua in p se e solo se lim f(z) = f(p). Esempi. 1) Siano E = X, = Xz = R con la metrica euclidea, p = 0€ f(z) = Vz. Allora, scelto € > 0, basta porre 6 = e° perché ogni punto z tale che {2| <6 soddish |f(z)| O basta porre 6 = € perch ogni punto (z,y) tale che P <6 soddishi a f(z, WI: 0, si scelga 6 = ¢. Alora se y(n, 400) = 4 <6 si ha evidentemente [4(n) = $(400)| = f(n) <€- e quindi f & continua anche in p= +00. —p Teorema 13. Siano (X;,d:) e (X2,d2) spazi metrici, EC X1, pE ENE. Sia J definita in E a valori in Xz. Allora f @ continua in p se € solo se ten) = Sp) per ogni successione {2,}, tale che 2, € E per ogni ne 112 Dim. Segue immediatamente dai teoremi 2 ¢ 12. pa ORG, vy" Teorema 14. (Composizione di funzioni continue). Siano (Xi,di), i = 1,2,3 spazi metrici; EC X, e f: E> Xo; gi f(E) > Xs. Siah=gof. Sefé continua in p € Ee & continua in f(p) allora h & continua in p. Dim. Sia e > 0. Per la continuita di g in f(p) esiste 6 > 0 tale che, se vy J(E) e daly, f(p)) < 6 allora da(9(y), 9(J(P))) < €- 187 Poiché f & continua in p, esiste n > tale che, se z € Ee d,(z,p) Xa Allora f 8 continua in X, see solo se f-!(V) & aperto in X, per ogni V non vuoto, aperto in X3. Dim. Sia f continua in X, eV C Xo, V #0, V aperto in Xo. Se f-*(V) = 0 allora f-!(V) @ aperto, Altrimenti sia p< f-(V), cio’ f(p) eV. Poiché V @ aperto e quindi f(p) & un punto interno di V, esiste € > 0 tale che UAL(p)) CV- Per la continuita di f in p, esiste 6 > 0 tale che se x € Us(p) allora f(z) € U(L(P)), quindi f(z) € V cio’ 2 € J-1(V). Abbiamo quindi provato che se p € {-1(V) esiste un suo intorno Us(p) tale che Us(p) S J-*(V) cio’ p & punto interno di f-1(V) e percid f-*(V) & aperto. Viceversa sia f-(V) aperto in X, per ogni V aperto in X2. Sia pe X, ed € > 0. Sia V = U,(J(p)) Allora f-!(V) @ aperto, p € f-(V) e quindi p & punto interno, Esiste percié 6 > O tale che Us(p) C f-*(V). Quindi LUslP)) HPV) EV e percid d2(f(z), f(p)) < € per ogni x tale che d\(x,p) < 6. Coroltario 16. Siano (X,4;) © (Xa, da) spazi metrici e f : X, —+ Xa. Allora f ® continua in X, se e solo se f-!(B) & chiuso in X, per ogni E non vuoto chiuso in X2. Dim. Il corollario si dimostra ricordando che un insieme 2 chiuso se ¢ solo se il suo complementare @ aperto e che rere] con Osservazione. ¥ utile osservare che nell’enunciato del teorema 15 (e quindi del suo corollario) interviene solo lo spazio metrico (X; ,d1) dove X, 8 V'insieme di definizione della funzione J. In altre parole se X, un sottospazio metrico i X (con la metrica indotta) la continuita di f su X; equivale al fatto, che per ogni V non vuoto aperto in Xz, f-(V) sia aperto in (X1,d) e quindi nella metrica indotta su X; dalla metrica di X. Sia, ad esempio, X, = [0,1], X2 = R (con la metrica euclidea) e f(z) = = (funzione ovviamente continua su {0,1]). Sia VC R,V = (}+@)- Allora sv) (344, ciod J-1(V) & aperto nella metrica indotta dalla metrica euclidea di R su [0, 1]. Osserviamo infine che, se f & continua su X, a valori in X, ed U C XM, U aperto in X;, in generale f(U) non & aperto in Xz. Ad esempio siano X; = Xa =R (con la metrica euclidea) e f(z) = 2. Allora f & continua su X,, X; 8 aperto, #(X1) = [0,-+00) e quindi f(X,) non @ aperto in Xp. Passiamo ora ad esaminare la nozione di continuita quando lo spazio (Xa, dz) coincide con R* con Pusuale metrica euclidea. Cominciamo dal caso k —? Teorema 17. Sia (X,d) uno spazio metrico, EC X, fe g definite in Ba valori in R. Sia p € E. Se f eg sono continue in p allora anche f+g, f-9, f/9 (se a(p) #0), f (se f(p) > 0) sono continue in p. Dim. La tesié immediata se p 2 un punto isolato di E. Se invece p€ ENE” la dimostrazione segue dal teorema 12 e dal corollario 8. Si osservi che l'ipotesi g(p) # 0 e la continuita di g in p garantiscono che 9(2) #0 in un intorno del punto p per il coroliario 4 e quindi il rapporto f/9 & definito in tale intorno. a{owiphe Un discorso analogo si pud ripetere per la funzione f?. > ——+ Teorema 18. Sia (X,d) uno spazio metrico, EC X, p€ E. Sia f definita in Ea valori in R*, f(z) = (fi(2); fa(z),--+sfe(z)), ove fj : E > R per k, Allora f @ continua in p se e solo se f; 2 continua in p per ogni j = 1,...,k. weDim. Se p @ isolato l’asserto ovvio. Se p € EN E’, V’asserto segue dal teorema 12 e dal corollario 6. ——# Corollario 19. Sia (X,d) uno spazio metiico, EC X,f eg definite in E valori in R*. Sia p € E. Allora se f e g sono continue in p, anche f +g € 189 (£,g) sono continue in p. Dim. Se p 2 isolato Vasserto @ ovvio. Se p € EM E’ Vasserto segue dai teoremi 18 e 12 € dal corollario 9. Esempio. Sia z €R*, x = (21,22,...,24). Sia fj :R* + R cos) definita: Sila) = Poiché la funzione identica I(z) =z (J: R* — R*) 2 ovviamente continua in RR’, per il teorema 18 la funzione J, che associa al vettore z la sua coordinata j-esima & continua in R*. Per il teorema 17, sono quindi funzioni continue in R* tutti i polinomi nelle k variabili x1, 2,...,24, in quatito essi si possono esprimere come combinazioni lineari di i funzioni f;. Infatti il generico polinomio elle k variebill iy 2a,--+5e 2 della forma G=12,.0.58 P(tiyza5--)74)= D> Cnn mZQ'2] a0, my 20 por ogni d ove solo un numero finito di coefficenti Cn,ns.une & diverso da zero. Analogamente ogni funzione razionale fratta in R* (cio® del tipo P/Q con P €@ polinomi nelle & variabili (z1,22,..-,2%)) 8 continua nei punti che non annullano il denominatore. Si vede altresl che la funzione esponentiale e le funzioni potenze (e conse- guentemente le loro inverse, per il successivo teorema 28) sono continue sui sottinsiemi di R in cui sono definite. Si pud anche dimostrare la continuita delle funzioni trigonometriche (e delle loro inverse) nel loro insieme di definizione. Ripetute applicazioni dei teoremi 17 e 14 ¢ del corollario 19, portano a conclu- dere che tutte le funzioni elementari in pitt variabili dell’Analisi sono continue ‘ovunque sono definite. Osservazione. Abbiamo presentato la nozione di continuita per funzioni f definite su un sottinsieme E di uno spazio metrico (X,d). ‘Un attimo di riflessione mostra che una funzione f @ continua in un punto p € E’see solo se f, considerata come funzione definita sullo spazio metrico (E,d), ‘ove dé la metrica indotta, @ continua (per tale metrica) in p. Cid significa che nel seguito non si avra perdita di generalit& limitandosi a considerare funzicni continue definite su uno spazio metrico, anziché su sottinsiemi di esso. 190 6. CONTINUITA? E COMPATTEZZA, —# Teorema 20. Siano (X;,d,) e (Xaydz) spazi metrici, f : Xj —+ Xp continua su Xj. Allora, se X; @ compatto, f(X) & compatto, Dim. Sia (Ga}aea wna copertura aperta di f(X;). Per il teorema 15 I7\(Ga) = Us & aperto in X; per ogni a € A. Poich® X,= (JU. e Xi aca 2 compatto, esistono a1,02,-..50n tali che x= (0a. = 10.) = Gu Ubu € quindi abbiamo estratto da una qualunque copertura aperta di f(X,) una sottocopertura finita cio’ abbiamo provato che f(X1) 8 compatto. — > Corollario 21. Siano (X1,d1) ¢ (X2sdz) spazi metrici, f : Xy —> Xa continua, su X. Se EC X,, E compatto, allora {(E) & compatto. Dim. Per il teorema 12 del cap. 4 B® compatto in X1 se ¢ solo se lo spazio metrico (E,d,) 8 compatto (ove dy @ la metrica indotta). RASTOASS ——fe Corollario 22, (Weierstrass). Sia (X,d) uno spazio metrico compatto, f : X +R continua in X. Allosa esistono 2;,22 € X tali che J (zs) = mip f(z) f(z2) = max f(z) » Dim. {(X) ® compatto per il teorema 20 ¢ quindi @ un sottinsieme chiuso e limitato di R. Poich® f(X) @ limitato, si ha Inff()=aeR — Sups(z) Poich® /(X) 8 chiuso, ricordando il teorema 15 del cap. 4,sihaa€ /(X), BE J(X) dacuilatesi. pot Wee ee Qe 6% 191 Teorema 23. Siano (X1,d1) € (X2,da) spazi metrici, f un’epplicazione nivoca di X, su Xz continua su X,. Se X; 2 compatto, allora la funzione inversa ~? @ una funzione continua di Xz su X1. Per il corollatio 16 applicato alla funzione f-} (definita su Xp a valoti in X;) @ sufficiente provare che la controimmagine mediante f~? di ogni insieme V C X,, chiuso in X;, & chiusa in Xp; poiché (f-*)-1(V) = f(V) cid equivale a provare che {(V) & chiuso in Xp, per ogni V chiuso in X,. Sia allora V C X1, V chiuso; poich® X, & compatto, per il teorema 8 del cap. 4, anche V & compatto. Ma allora per il corollario 21, f(V) & compatto in X e quindi /(V) & chiuso (vedi teorema 7 del cap. 4). Ritorneremo in seguito sulla continuita delle funzioni inverse di funzioni reali di variabile reale, Siano ora (X1,d;) ¢ (X2,da) spazi metrici ed una funzione definita e continua in X; a valori in Xz. Allora fissato'y in X1, poich® f & continua in y, per ogni © > Ocsiste 6 > 0 tale che , se € Us(y), si ha 42(f(z), f(y) 0 ¢ y > 1 se 6 2 associato a ¢ dalla definizione di continuita in y, si ha, per ogni z > y, [zy] < 6 e>|P—y| vl(z+y) > |e yl -2y da cui segue che 6 deve soddisfare necessariamente Ia disuguaglianza s 1, fissato. In tal caso infatti, fissato y€ (1,M) e€ > 0, per ogni z € (1,M) si ha ~ ule +y) S 2Mlz~ yl. <_, si ha anche arth Ifz) - Sy) O esiste un valore 6 > 0 accettabile per tutti i punti y € (1, M). Quindi se «2 tale che |z~ y| <6 Diamo quindi la seguente definizione. NCORMEne NTE FIND —> Teorema 24, we oR Def. Siano (X1,d1) ¢ (Xz, dz) spazi metrici ed f una funzione definita su in Xp. mo che f & uniformemente continua in X, (0 su X;) se per ogni e > 0 esiste 5 > 0, dipendente in generale da e, tale che se z,y € Xi e di(2,y) <6, allora da(J(z), f(y) < €. Si osservi che, se f uniformemente continua in X,, essa 2, a maggior ragione, continua in ogni punto di X;,. (Ieine-Cantor). Siano (X;,d,) e (Xa,dq) spazi metrici, f : Xi — Xp continua su_X;. Allora se X; ¢ compatto, { ¢ uniformemente Dim. Ragioniamo per assurdo. Supponiamo che esista ¢ > 0 tale che per ‘ogni 6 >0 esistano punti zs e yy tali che di (25,46) <5 © a(S (ts), F(vs)) 2 € Diamoa 6 ivalorit, 3.4, unti zs ¢ ys. In questo modo si definiscono due successioni di punti {z,} {vn} in X,. Poiché X, 8 compatto da {z,} si pud estrarre (vedi corollario 6 cap. 5) una sottosuccessione convergente a un punto z € X,; sia essa {29,}. ¢ denotiamo con 2, € ya i corrispondenti Poich® di(zn,,Yn,) < 2 SO ne mee coker i) 4s (Yngs2) S di (Yass tay) + da(njy2) 9 0 per j + +00. Quindi anche {yn,} converge a z. Poiche per ogni j si ha da(S(Zm4)sF (Yns)) S 42S (nj), S(2)) + a(S (2) S(Yny)) il secondo membro tende a zero per il teorema 13, segue lit, (0 no fo.) = 9 incompatibile con Vipotesi d’assurdo dz(f(tn,)s S{Yn4)) 2 & Osservazione. L'ipotesi di compattezza per X, del teorema precedente & sufficiente ma non necessaria per I’uniforme continuita, Ad esempio ogni funzione costante definita in un qualunge spazio metrico (%1,4:) & ovviamente uniformemente continua in X;. 193 D’altra parte abbiamo visto che se X; non compatto pud esistere f continua in ogni punto di X, ma non uniformemente continua in X; (f(z) = 2", 2 € (1, +00). 7, CONTINUITA E CONNESSIONE. — 25. Siano (Xi, di) e (Xo,da) spazi metrici, f : Xi —+ Xo continua | in X;. Allora se E © X,, E connesso, f(#) & connesso in Xo. sono sottinsieme non vuoti e separati di X. Poniamo FafaynE G=s-(B)ne. Ovviamente F ¢ G sono non vuoti e E = F UG poich® per ogni z € E, J(2) A oppure f(z) € B. Giungeremo all’assurdo mostrando che F e G sono separati. A tale scopo osserviamo che, poicht AC A, FC f~"(A) ¢ f(A); a FC F-(A) = f-*(A) poich’ f & continua in X, eA 2 un chiuso in Xp. Ne segue che f(F) C A; d’altra parte f(G) C Be poiché ANB = 9 (Ae B sono separatil!) si ricava F/G = 0. Un ragionamento analogo mostra che anche F 1G = e quindi che F eG sono separati, da cui l'assurdo. Se f(a) < f(b) (risp. f(a) > s(d)) e se f(a) < 7 < f(b) (risp. f(a) > 4 > J(0)), allora esiste 2 € (a,6) tale che f(z) = 7. no Dim. Poich® [a,b] & connesso in R, per il teorema precedenté f{{a,¥]) & connesso; ma allora per i] teorema 14 capitolo 4 7 € f{{a,6]). Esiste quindi = (ovviamente a < x < 6) di cui 72 l’immagine tramite f. Osservazione. Il corollario 26 asserisce che una funzione reale di variabile reale, continua su un intervallo, non pud passare da un valore ad un altro senza assumere tutti i valori intermedi. Cid pud essere interpretato intuitiva- mente nel seguente modo: se si vuole disegnare il diagramma di una funzione continua su un intervallo non si pud staccare la matita dal foglio. Si osservi ancora che combinando i teoremi 20 e 25 e il teorema 14 del cap 4, si ottiene il seguente asserto: —> 0 0X wale, aye) jl ae ‘Teorema 27. (Darboux). Sia f :R -+ R continua in [a, ]. Allora f(a, 6)) = [m,M] dove bia m= min f(z) M= May f(z). ae 8 In altri termini una funzione continua su un intervallo compatto assume tutti i valori compresi fra il minimo e il massimo assoluto. Ritorniamo ora al problema della continuita della funzione inversa di una funaione continua. Abbiamo gia visto che se / @ definita su un compatto ed 2 biunivoca, allora f-! @ continua (teorema 23). Nel caso di funzioni reali di variabile reale possiamo dire di pit. Teorema 28. Alora la funzione inversa f-* (definite eu J = Sia I un intervallo in R, f : I+ R continua in Je iniettiva, (1) & continua, Dim. Per il teorema 25 J ® connesso ed ® quindi, a sua volta, un intervallo. Sia y un punto interno di J (se y fosse un estremo di J si regionerebbe in maniera analoga). Mostriamo che f~! @ continua in y. Bsistono, ¢,d € J, tali che ¢ < y < d, Esistono a,b € J tali che f(a) = ¢, f(b) = d. Supponiamo, per fiseare le ideo, a 0, ys + O per k— +00, f non ammette limite per x 0. 2) nay={e 2#0 Siba ig He)=0 ig fe) 197 quindi z= 0 2 punto di discontinuita di 2* specie. Sia ora f definita in un intervallo chiuso {a,8] ¢ zo coincida con uno dei punti di frontiera. Esaminiamo il caso zy = a, tenendo presente che le stesse osservazioni , con ovvie modifiche, si applicano al caso in cui zo . Una breve riflessioni mostra che le definizioni precedenti possono essere riformulate gl per i casi a) e bz), mentre cade ovviamente il caso b;). Tuttavia risulta —'» conveniente per compattezza di linguaggio (utile nell'enunciazione di alcunt teoremi) alterare leggermente la nostra classificazione. ea @epiciamo che f presenta in 29 = a (sisp. in xp = 6) una discontinuita ai 1 opecie se esiste fnito lim f(2) (risp. lim f(z)) ed & diverso da f(a) (isp. 4()). : In tutti gli altri casi diciamo che f hain 2 = a (risp. 9 di 2 specie. ‘Come conseguenza di questa definizione le discontinuita in 7 = a 0 29 sono di 1* specie se ¢ solo se sono eliminabili, cio’ se & possibile ridéfinire f in a o in b in modo da ottenere una funzione continua. ) una discontinuita 9. FUNZIONI MONOTONE. SiaECRe f:E>R Def. Diciamo che f # mondtona non decrescente in E 0 monotona crescente in senso lato in E se ye © Eyt < to => f(t1) < f(a) In patticolare diciamo che f 2 monotona crescente in E 0 monotona crescente in senso stretto in E se B12 € Eyay

f(z1) < f(a) - Def. _ Diciamo che f # monotona non crescente in E o monotona decrescente in senso lato in E se 45%, € B,ry < 2 => f(21) 2 f(a) In particolare diciamo che f 8 monotona decrescente in Z 0 monotona decre- scente in senso stretto in E se 198 sum € Ey <2 = S(01) > (ea) - ‘Osserviamo che le funzioni monotone (crescenti o decrescenti) in senso stretto stabiliscono una corrispondenza biunivoca fra il dominio E e il codominio (EB) e sono quindi invertibili. — Inoltre la funzione inversa di una funzione f monotona in senso stretto in {& monotona in senso stretto dello stesso tipo in f(E). Ovviamente una funzione f monotona in E che stabilisca una corrispondenza biunivoca fra Ee {(B) @ necessariamente monotona in senso stretto. Se f ®definita in E* > B, la monotonia di f in E non implica quella di f in E*, Viceversa se f # monotona in E* allora ovviamente monotona in B. Notiamo infine che se f monotona crescente (decrescente) in E, la funzione =f & monotona decrescente (crescente) in E. Esempi. 1) f(z) =a & monotona crescente in senso stretto in R sea R,a> 1; f monotona decrescente in senso stretto in R se a € R, 0 < a < 1, In ogni caso f(R) = (0,+00) ¢ f-*(2) = log, 2, f-! : (0, +e) +R. 2) f(z) = [2] = 2~ Mantz & monotona non decrescente su RK ma non monotona crescente in senso stretto. 3) f(z) = cosa 8 monotona decrescente in senso stretto negli interval [2kx,(2k + 1)n] k € Z, mentre 8 monotona crescente in senso stretto negli intervalli ((2k-+ 1)x,(2k-+ 2)x], K€ Z. 4) f(z) =e, ¢€R ® monotona non crescente e non decrescente allo stesso tempo. 1» Teorema 29. Siano Fy,B2 GR, 9: Bi +R, fifa Re By 2 9(F1)- Allora valgono le seguenti implicazioni: i) 7 monotona non decrecente fog monotona 9 monotona non decrescente non decrescente ii) 7 manotona non crescente Jog monotone i) — monotona non crescente non decrescente J monotons non decrescente fog monotona 7 monotona non crescente non erescente iw) 7 _monotona non crescente fog monotona iv) monotona non decrescente non crescente Dim. - Ci limitiamo a provare la i). = E 199 Siano 21,22 € E121 < zp. Poi monot om 2. Poich® g & monotona non decrescente g(z) < Per la monotonia di f si ha H(9{21)) < S{o(22)) - Dallarbitrarieta di 2; ¢ 22 segue la tesi. Occupiamoci ora di alcune proprieta delle funzioni monotone definite su un intervallo. Denotiamo nel seguito con (4,4) un intervallo aperto non neces- satiamente Himitato, cod co < a < # < +too. Denotiamo poi con J un in- vvallo non necessariamente limitato, non necessariamente contenente i punti di frontiera. “ue > : Teorema 30. Sia f : (a,b) + R monotona non decrescente in (a,8). Allora esistono lim $2) im (2) fe esiha | “ Hal } @ aim £(@) = Iat(I(@), 2 (@,5)) @) ip 162) = Supl/(2), 2 (@,0)) e (10 Dim. Dimostriamo la (1). Si presentano due casi i) Inf{4(2), = € (a,8)} = ~co. Per definizione, questo significa che per ogni M > O esiste zy (a,8), dipende da M, tale che Meo) <= Poiché f & monotona non decrescente, si ha ZE (0,20) => f(z) < f(t0) e quindi per ogni M > 0 esiste un intervallo (a,z0) tale che per ogni 2 € (a,20) f(z) < —M. In altre parole Co) pers jim f(z) 00 200 Inf(f(z),2 € (a,8)} =meER Per Ia definiione di estremo inferiore, si ha che per ogni € > 0 esiste > (a,b), dipendente in generale da ¢, tale che ms f(t) f(z) < f(20) e quindi per ogni € > 0 esiste un intervallo (a,z9) tale che per ogni 2 € (a,z0) ms f(z) lim £(@) 2a zim, 1) ‘¢ quindi 2p 2 un punto di discontinuité di 1* specie. Siano ora zo, yo due punti di discontinuita interni ad 1,20 < wo. Per fissare le idee, supponiamo che f sia monotona non decrescente. Siano 21, 22)%9,34 € J tali che N Zor 23 —> Yo- 24 yor si ottiene 0) S(20-) < 1(t0) < S204) < H(vo-) < Hd») < Ivor) dove abbiamo usato la notazione $05) = tim $(2). In particolare dalla (7) e dalla definizione di discontinuita segue @) A(z0-) < S(z0+) $ f(yo-) < f(uyo+) Associamo ad ogni punto di discontinuita + di f, interno ad J, un numero razionale r(x) tale che Sa-) < r(2) < fle4) - Per la (8) a discontinuita distinte corrispondono razionali diversi. Abbiamo quindi stabilito fra Pinsieme dei punti di discontinuita interni ad I ed un sot- tinsieme dei numeri razionali una corrispondenza biunivoca. Poiche i razionali costituiscono un insieme numerabile, ogni loro sottinsieme @ al pid numerabile ‘¢ quindi si ha Ja tesi, poiché le discontinuita ai punti di frontiera sono al pid due. Sia f : {a,8] +» R monotona in senso stretto e continua. Il suo codominio & Vintervallo (compatto) 1, = [/(a), f(8)] oppure Js = (f(b), f(a)] a seconda che aT : i : bs: 203 J sia crescente 0 decrescente. Ricordiamo che la continuita di f in {a,6] ga- Tantisce la continuita della funzione inversa f~! sul suo insieme di definizione, 1, © I; a seconda della monotonia, Vale d’altra parte il seguente teorema, ia f una funzione continua che applica biunivocamente l’in- tervallo I= {a,6] su (c,d). Allora f & monotona in senso stretto, crescente se f(a) < f(b), decrescente se f(a) > f(b). Dim. Supponiamo, per fissare le idee, f(a) < (8). Sia z € (a,b). Allora necessariamente f(a) < f(z) < f(b). Infatti se, per assurdo, f(a) > f(z) (f(a) = f(z) non & possibile poich® f & biunivoca), esisterebbe per il teorema di Darboux, un punto Z € (z,6) tale che /(2) J(a), il che & assurdo per la biunivocita. Quindi f(a) < f(z). Analogamente si dimostra che f(z) < (8). Siano ora 2,2 € (a,8),a<2 M, ove M= tg & - ). ‘Al vatiare di ¢ tra 0 e x,M percorre Vasse reale. Quindi gli intorni di +00 in (Ff, d) coincidono (con Vesclusione di -+00) con gli intorni di +00 gid definiti. Un analogo ragionamento si applica a ~co. Sia ora zo ER e Us(zo) = {z € Ri d(z,20) < €}, € > 0, piccolo, Se x & reale la relazione d(z, 29) < € equivale a artg to ~e < artgz < artg to +¢. ( ey Per la monotonia e la continuita delle funzioni tangente sull’intervallo la relazione precedente equivale a tea e) <2 < telat) ove a = artg zo. Posto a1 = 20 ~ te(a~€), 02 = —ao + tela +e) si har % 01 <2 0,a¢1,29ER roth _ gee n a= F(z) = log, 2,4 >0,af1,2)>0 40) = een) 1 —— = log, e = nao zy E* 1 aes ae ° 1 . Quindi #"(z0) she. ¢. In particolare logs 2 per ogni x > 0. J(2)=sinz, x ER sin(z9 +h) o(h) = Seo tO) ste ee vont on(oe) 2 Quindi (29) = c08 29 ty _ 2¢08(20 rade Fen X ae B% 9) (2) cose 2 ER —2sin ( 29 + (oy = Got B= comes ( , ny sing j == (048) Sinan Quindi ’(20) = wh ; 2 Teorema 3. Siano f eg definite in [a,8] ¢ derivabili in zo € [a, 8]. Allora le funzioni f +9 e f +g sono derivabili in z9 re i) Zips a)leo) = s"(20) +920) BO it) Z(y-o)(2a) = f'(zo)o(zo) + H(2a)o (eo) Inoltre, se (zo) # 0, la funzione f/g & derivabile in 2 € ey) Love) = Dim. La dimostrazione & una conse ) 4) ; = Heat = Se) aot = ale) pa) 496 Heat Raleo +) = Seda) «yg, 5 yoo = ale) 4 ii) 7h sofas) LEH) = LE) (zoe a0) + aloo) (2) Infatti Jim f(20 + 4) = (20) per il teorema 1. fii) Poiché 9(z0) # 0, per il teorema 1, g(2) # 0 in un intorno del punto zo. Quindi la funzione f/g & definita in tale intorno, Inoltre $zo+h) _ S(zo)) _ 1 90)= 5 gto +) ~ sao) . (ne » a eehy lr) Seo) -olzo+ 8) _ = Geo +h) ale) oho ot S20) ~ $2) = eta ate {0 He), =o e+ =e) } __ Pee = He h = Fm) poiché Jim o(to + A) = 9(z0) per il teorema 1. In patticolare dalla (ii) segue che se f @ derivabile in 29 e ¢ €R, la funzione e+ f & derivabile in zo ¢ (vedi esempio 1) Beenteo) = er") Tenendo conto dell’esempio 2) e della (i) si ha allora che i polinomi di ogni grado sono derivabili in ogni punto dell’asse reale e, per la (iii), segue che lo sono anche le funzioni razionali (ciob rapporto di polinomi primi fra loro) in ogni punto che non annulli il denominatore. Proseguiamo con gli esempi: 8) fe)=tanr¢t+kn kez 1 dsinz costr+si W)= acosz costa 9) f(2)=cotge z¢kn keZ f@)= d cos _ ~sin® x ~ cos? 2 @zsinz sin? z hz eR ei Hee) =H(e +e") = Che Ge? gle -e") = She 12) f(z)=Thz 2eR dShz_Ch?z-Sh?z 1 =1-Thz !@)= che ~ cis = Oe DERM De Teorema 4. (Derivazione della funzione composta). Gar GP Sia f :(a,b] +R derivabile in zo € fa, 8). Sia [e, d] un intervallo contenente il codominio di f esiag : [c,d] + R derivabile in f(t0). Allora la funzione composta g o f derivabile in zo e si ha toe 120) = o(s(e0))f"(e0)« 214 Dim. Proviamo che go f @ differenziabile in xp Poniamo w = f(20), y= {(20 +h). Utilizzando la definizione di differenzia- Dilita di g in yo si ha (4) (90 f)(z0 +4) ~ (9 £)(20) = 9(y) ~ 9(v) = 9" (uo) y ~ Yo) + €x(y— wo) ove suly= w) _ © ayo Si noti the €; = 0 per gli (eventuali) incrementi h tali che f(zo +) = f(z0)- Per la differenziabilita di f in zp si ha ©) S20 + 8) ~ f(20) = f(z) -h-+ €2(h) on -a(h) a2 Dalla (4) e dalla (6) segue (1) (gof)(zo+h)— (904) 20) = 9/(S(z0))J (za) h-+9'(f(#0))ea(h) tex (¥- v0) II teorema & dimostrato se si prova che il secondo e il terzo addendo nel secondo membro della (7) sono infinitesimi di ordine superiore ad h per h -+ 0. Per il secondo addendo, la cosa & ovvia; per il terzo basta notare quanto segue: se UF Wo, si ha ex(y— vo) _ &x(S(20 +A) — f(t0)) | f(z +A) = S20) J (eo +h) = S(z0) h Se A tende a zero, {(ao +h) tende a f(2o) per il teorema 1 e quindi il primo fattore a secondo membro della (8) @ un infinitesimo per la (5). Il secondo fattore tende a f"(zo) ¢ quindi @) fa ex(y = yo) _ a Esempi. i) ¢(z)=coszt zeR g=90f, f(z) =2* gy) = cosy ¢!(z) = (-sinz*) + 42° ii) (2) =log(e? +e) ER 25 oa 90h, fz)= a4 e* o{y) = logy #@)=seate+e) iii) Diamo in particolare la formula di derivazione per la funzione 9(2) = [u(z)" nei punti x in cui u(z) > 0 ed ue v sono derivabili. Si ha (2) NEM) $= 91 0 fy A(z) = o(z)logu(z), gly) =e" - Quindi . 9i(z) = er) 08412) /o" (2) log u(z) + v(z) z¢ log u(z Poiché ¢2(z) Toe u(s) si Le eweane ey) f=noh, hlz)=u(2), aly) =loey, siha y 1, Al)= ave) e quindi la formula Aver = oer {veereente+ (22) Osservazioni. Le ipotesi sulle funzioni f e g nei teoremi 3 € 4 sono condizioni sufficienti per la derivabilita di funzioni ottenibili a partire da f eg. In altre parole, il fatto che non si possano utilizzare le regole di derivazione non esclude a derivabilita della funzione in oggetto, che pud essere studiata direttamente mediante la definizione. ‘Ad esempio la funzione (2) = Ja] 2" 2 derivabile in z= 0 (f(z) = |z| ¢ 9(2) = 2'/* non lo sonol!) poiché (ht) = pie = sgn AY? 9 e quindi #0) =0. ——¥ Teorema 5. _(Derivabilita della funzione inversa). Sia { una applicazione biunivoca e continua di (a, }] su {c, d]. Supponiamo che f sia derivabile in zo € [a,8] € f'(zo) #0. Allora la funzione inversa f~! & derivabile in yo = {(t0) © 1 dye ay = Fe) Dim, Ricordiamo che la continvita di f sull'intervallo compatto (a, ] garan- tisce la continuita di f-* su [c,d] (vedi Teor. 23 cap. 7). Consideriamo il rapporto incrementale di f- a partite da yy con incremento v Ponendo J~*(yp + y) = to + h, da cui segue y= f(2o +h) ~ f(z0), si ha IH +9) — JM) z0-th= 20 1 y ~ Flea A= Hae) * Leet AY= Tea) Poiché ity h = Timn(f*(u + vo) ~ 2] = $7" (¥0) ~ 20 = ree gg Layo #0) = -"v0) 1 Jim Set) 20) — in Ty h Proseguiamo con gli esemp 13) f(y) = arsiny, funzione inversa di g(2) = sin sull’intervallo J & definita su [-1,1]. Siam €(-1,1),w =sinzo (2 € (-3,5)) “yet - 1 1 10)= "am aa Quindi fy) ye(-11) sos sull'intervallo [0,x]. f & 14) f(y) = arcosy, funzione inversa di g(2) definite su (-1, 1]. ate Sia vo €(-1,1), Yo = cost, (29 € (0,n)) f'(w) = 1 err By) ane Quindi Le funzioni degli esempi 13) ¢ 14) non sono derivabili nei punti y = +1; i loro geafici presentanio perd in tali punti tangente verticale. ‘Tutto questo segue dalla definizione stessa di funzione inversa osservando che il grafico della funzione sin x ha nei puntiz = a5 tangente orizzontale © analogamente il grafico di cos nei punti z= 0, =n. 15) f(y) = atte y, funzione inversa di g(z) = tg z sull'intervallo J ® definita su (~c0;00). Sia y= tg Pw) a Le ~ tg? zo Quindi rei R wy) = ite ye Gli esempi 1) 2)....15) presentati nelle pagine precedenti forniscono I'e- spressione della derivata delle funzioni elementari. Li riassumiamo, per comodita, in una tabella. 218 peere 7) 7@) AWE NAL |e (costante) | 0 ounces [semana [O z eat! o a" loga k tog, = —* ob. 708s? = ica cost ~sinz tz =1+igs cotgs wary nla tote? 2) she che che she od The 1-Tite= oe arcosz ws 1 artes its Diamo ancora alcuni utili esempi di derivate di funzioni composte. a) H(z) =logle| = #0 t " fie = 1 sna = + Pe) py Geel = pees ) Se) =Wog|sinsl, 24 br, kez cost 1)= pghagd. ina) = pa snns) cme = $2 = cts ©) f(z) =log| cos |, z#i+kr, kez 1G) = aye em) = Tag (egn cos 2)(~sin 2) = a) He) = loa |te SI, a¢kn keZ 219 1 3. I TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE. Def. J: [a,b] — R. Diciamo che un punto zo € [a,] 8 punto di Nv massimo (minimo) assoluto se v £) < S20) (() > (20) per Sghiz € [a,0). In particolare, se il segno di uguale nella disuguaglianza precedente vale solo er 2 = Zo, diciamo che zy @ un punto di massimo (minimo) forte) Def. Sia f : [a,b] + R. Diciamo che un punto 29 € [a,8] @ punto di jy massimo (minimo) relativo se esiste un intorno U del punto x (destro set = a, sinistro se 1 = 6) tale che H(z) < S(z0) — (I() 2 S(0)) per tutti gli x in U. Analogamente si definiscono i punti di massimo (minimo) relativo forte. Chiamiamo estremanti assoluti i punti di massimo.o minimo assoluto ed estre- ye manti relativi quelli di massimo e minimo relative. Ovviamente gli estremanti assoluti sono anche estremanti relativi. Ad esempio (v. figura) il punto 2 di minimo assoluto forte, 22 di massimo assoluto forte, a e b sono punti di massimo relativo forte, z3 e z4 sono punti di minimo relativo debole; inoltre tutti i punti z, con zy < x < 24 sono sia di massimo che di minimo relativo debole. —— Teorema 6, AMAT (Fermat). Sia f una funzione reale definita sull'intervallo 1. Se The un estremante relativo in un punto 29 interno a I ed @ derivabile in , allora P(e Dim. Per fissare le idee, sia zo un punto di massimo relativo. Allora dalla definizione segue che @ L(z0 +h) ~ f(z0) $0 per h sufficientemente piccolo in valore assoluto. Dividendo per h la (9) si ha MGotN=1E) <9 senso Mot 8) = He) 5 g Passando al limite, per il teorema della permanenza del segno, si ha h m. Poiché f(a) = f(b) almeno uno dei due valori M e m deve essere assunto in un punto interno ad {a,6]. Ma allora in quel punto per il teorema di Fermat la derivata @ nulla, Osservazione. Lripot ifferenziabilita di fin (a,8) pud essere attenuata, richiedendo soltanto che in ogni punto x, z € (a), esistala tangente al grafico di f. In altre parole (10) “per ogni x € (a,8) esista finito o infinito il seguente limite tim LE*N= SO) a h . Per rendersi conto di questo basta rileggere la dimostrazione del teorema di Fermat osservando che se zo @ un punto estremante interno all'intervallo di definizione e vale la (10), necessariamente img L204) = f(z) Osservazione. Si possono facilmente costruire esempi che mostrano come il venir meno di una sola delle ipotesi del teorema 7 faccia cadere la tesi. Ci limitiamo ai grafici. y (Cauchy). Siano f,9:[a,b] -> R, continue in [a, | e differen- in (a.b). Allora esiste almeno un punto 2» € (a,6) tale che (ut) (4) ~ S(a)]o'(20) = 9(®) ~ 90) J (0) - Dim. Consideriamo la funzione ausiliaria H(z) = [1(0) — f(a)]o() = {9(2) ~ 9(a)]f(2) 4 & definita e continua su [a,)] ¢ differenziabile in (a,) grazie alle ipotesi su feg. Inoltre 4(a) = f(8)9(a) — f(a)9(b) = 4(2) - Per il teorema di Rolle esiste almeno un punto 2 € (a,8) tale che (12) #'(z0) = 0. Poiché 4 (z) = [4(6) ~ S(a)]o'(z) ~ fal) - of@)1S'(2) la (12) coincide con la (11). Osservazione. L’ipotesi di differenziabilita di f e.g in (a,2) pud essere sosti- tuita dalla (10) sia per f che per g con lulteriore richiesta che i limiti Leth) =~ Sle) jj, eth) —al2) Fi , lim kim i non siano contemporaneamente infiniti. ‘Questo infatti garantisce che per ¢ valgano le ipotesi attenuate del teorema di Rolle. > Teorema 9. (Lagrange). Sia f : [a,b] -+ R continua in (a, e differenziabile in (a,b). Allora esiste almeno un punto 9 € (a, 6) tale che (13) J (8) = 1(a) = f'(z0)(~ Dim. Basta assumere nel teorema di Cauchy g(2) = . Ovviamente le ipotesi sono verificate ¢ la (13) non 2 altro che la (11). Osservazione. L’ipotesi di differenziabilia di f in (a,6) pud essere attenuata con V'ipotesi (10). (Vedi osservazione precedente) “es La (13) ha una semplice interpretazione geometrica; riscritta nella forma 10-119) ~ 94.) boa rappresenta uguaglianza fra i coefficienti angolari di due rette; precisamente quello della retta passante per i punti A = (a, f(a)) e B = (b, f(6)) e quello della retta tangente al grafico di f in zp. Possiame quindi enunciare il teorema nella forma “Se il grafico di una funzione definita su [2,8] 2 continuo e dotato in ogni punto distinto da A e B di tangente, esiste almeno un punto zo € (a,b) in cui Ta tangente al grafico & parallela alla corda AB”. B I | I \ ' ee eees a es a mb = — Corollario 10. Sia f : {a,b] -+ R continua in (a, 6] e derivabile con derivate limitata in (a,6). Allora 1 rh 1/0)~ f(a) Sup [s"@LO- a) Epes" (on sefo) DI —+Corollario 1. Sia f : a,b] +R differenziabile; valgono le seguenti impli- cazioni i) f"(@) 2 0 per ogni z € [a,0] => J monotona non decrescente in [2,8] fi) f(z) > 0 per ogni z € [a,0] => { monotona crescente in senso stretto in [a,) iii) f(z) <0 per ogni x < {a,8] => f monotona non crescente in {a,)] iv) f"(@) <0 per ogni x € [2,0] => J monotona decrescente in senso stretto in [a6] ¥) S'(2) =0 per ogni z < [a0] => f costante in {a,b} Dim. #Siano 2,22 € [4,0], 2 < x2. Possiamo applicare il teorema di Lagrange a f nellintervallo (z1,72]. Esiste quindi almeno un punto > € 225 (21,22) tale che (4) J (22) ~ f(a) = f'(t0)(22 - 21) i) il secondo membro della (14) non negativo; quindi f(2) > f(t). Per Parbitrarieta di z; © 22 segue la tesi ii) il secondo membro della (14) & positivo; quindi f(z2) > f(z1). Per Varbitrarieta di 2, ¢ 22 segue la tesi. Analogamente si provano ili) e iv). ~ Lav) segue, tenuto conto che f deve essere per i) e iii) monotona non crescente non decrescente al tempo stesso. Osservazione. Se f ® detivabile in {a,5] e monotona, ad esempio non decre- scente, necessariamente /"(z) > 0 per ogni x € {a, 6]. Infatti se x € (a, 6) (z+) ~ f(2) oy h (18) I'(2) = f(z) © poiché, per la monotonia, f(z + A) — f(z) 2 0 per ogni h positivo, il limite nella (15) 8 non negativo. Se z= b (1) S'(0) = F100) = lira Horna) e LO+h)- 10) 50 per ogni h negativo e quindi ancora il rapporto incrementale nella (16) non negativo. Analogamente se f é non crescente allora f'(z) < 0 per ogni re (a,)}. In altre parole la (i) e la (iii) sono doppie implicazioni. Lo stesso vale ovvia- mente per la v). Non sono doppie implicazioni Ia ii) e la iv) come mostra 1a funzione f(z) = 2°, monotona crescente in senso stretto su tutto R ma dotata di derivata nulla in z = 0. Coroltario 12. Sia f : {a,6] €R continua in [a, e differenziabile in (a,b). Se esiste finito il seguente limite (a7) lim f'(2) allora f ® derivabile da destra in ae A5(0) = Jim 1") ee Se il limite (17) esiste ma & infinito, il grafico di f ha in z = a tangente verticale. Un enunciato analogo vale per l’estremo destro dell’intervallo. Dim, Sia 0 < h < ba; applichiamo il teorema di Lagrange a f sullintervallo [a,a-t hl). Esiste 2 € (a,a+h) tale che (18) I(a+h)~ f(a) = f'(z)-h cio’ +h)~ , Met N= 10). yy), Poiché h +04 implica z+ a, € poiché lim J"(z) esiste per ipotesi finito 0 infinito, esiste anche finito o infinito rispettivamente f(a +h) ~ f(a) h © quindi la tes. Osservazione. Il corollario precedente fornisce una condizione sufficiente per Pesistenza della derivata in un punto, condizione che risulta molto utile nelle applicazioni. Permette inoltre di ricavare una importante informazione sul tipo di discontinuitA che pud presentare la funzione derivata nel caso che essa sia definita su un intervallo. Supponiamo infatti che f sia derivabile in (c,8), a € (¢,B) ed esistano finiti i seguenti limiti aim £1) im s'@)- Per il corollario 12 essi sono rispettivamente f'.(a) ¢ /',(a). La derivabilita di f nel punto z = a implica quindi la loro uguaglianza. Concludendo, /* non pud avere in z = a una discontinuita eliminabile o di I specie. Possiamo riassumere quanto abbiamno detto nel seguente corollario. Corollario 13. Sia f derivabile in un intervallo J; allora f' pud avere solo discontinvita di II specie. Forniamo un semplice esempio di funzione con derivata discontinua. Sia vain! no (00! : J ® derivabile in ogni punto r#O z=0 rey={2eiedont ae 0 = g=0 Infatti per calcolare {”(2) con x # 0 basta ricorrere alle regole Quanto a /'(0) si ha, per definizione, a Fi = tim hein? mo fisg sin we 1) = jim, J! & quindi definita in Re presenta una discontinuita (Ie sola) in z = 0, discontinuita di II specie poiché Jim "(z).non esiste. I seguente teorema mostra che ogni funzione derivata possiede la propriet& analoga a quella espressa dal teorema di Darboux per le funzioni continue: su un intervallo, /’ non pud passare da un valore ad un altro senza assumere tutti i valori intermedi. . Questo fatto, nonché il corollario 13, implica in particolare che non ogni fun- zione definita su un intervallo ® una funzione derivata. Ad esempio, la funzione 4) ie -isz<0 1 O0 (z) -Az Poiché aa) = lim nay g(a +h) — 9(a) h per un noto teorema sui limiti segue (2-4) = ofa) aan per tutti gli A in un intorno destro di h = 0. Quindi g(a +) < g(a) per tali he allora z = a non pud essere punto di minimo assoluto per g in [a,))- No ee Ragionando in maniera analoga, si ottiene che anche z = 5 non pud essere punto di minimo assoluto. Quindi g, che & dotata di minimo assoluto per il teorema di Weierstrass, assume il minimo in un punto » € (a,8). Ma allora per il teorema di Fermat g’(r0) = 0 cio f"(zo) ~ Teorema 15, (de I'Hospital). Siano f ¢ g differensiabili in (a,6), dove ~co Sa —0o nella ii) Dim. Sia A= tim LE) exes O(a) Consideriamo dapprima il caso in cui -00 S A< +00. Siano r,r2 ER tali che A< ry < ra. Dalla definizione di limite segue che esiste ¢ € (a,6) tale che L£(2) g'(z) g(y) e g(x) > Ose 2 € (a,c). Moltiplicando la (19) per la quantita (pesitiva) 22) 9) «i ottiene (2) Se). , atv) (21) ale) <7 g(2) per tutti gli z, 2 € (a,¢,). secondo membro della (21) tende ar, per z > a, e quindi si pud maggiorare con r, per tutti gli z, x € (a,c) com ¢2 opportuno, ¢ € (a,¢,). Ne segue che per tutti gli z, « € (a,¢.) vale (22) Ben. Riassumendo, sia nel caso i) che ii), abbiamo ottenuto che per ogni ra > A esiste cz € (a,b) tale che (23) aa < 0, si ha JEM (2) = sing f(a) = cose sH2(2) = — sing _fH9(2) = (Abbiamo usato la convenzione f')(z) = /(z)). c) f(z) =cosz ,zER, KEN, k>0. * T89(a) = cose f(g) = ing J80%(2) = ing a) f(z) loge jz >0 . S@) =F" se) = LO(z) = 207% FO(e) = -2-32~* el. Riassumendo, se k € N,k > 1, si ha 1 (2) = (1) (k- 1)le* 5. FORMULA DI TAYLOR. Nei paragrafi precedenti abbiamo incontrato due forme differenti di valuta- zione dell'incremento di una funzione nel passaggio da un punto a un punto variato. Pil precisamente, se f 2 definita in (a,8) e 20, zo +h € (a,b), abbiamo i) S(z0 +A) = f(z I'(zo) “ht e(h), ove: nellipotesi che J sia differenziabile in zo fi) f(z9 +h) ~ J(20) = "(20 + A) +h con @ opportuno, 0< 0< 1 nell'ipotesi che f sia continua nell'intervallo chiuso di estremi 9, 2 +h ¢ differenziabile nell'intervallo aperto con gli stessi estremi, (La fi) non @ altro che il teorema di Lagrange con un ovvio cambiamento di notazione) Le due forme i) ¢ ii) differiscono sotto vari aspetti; prima di tutto per le ipotesi, locali per la i) (si richiede la derivabilita nel solo punto 20), globali per Ia ii) (riguardano il comportamento di f su un intervallo. La ii) pud sembrare una valutazione precisa dell’incremento, ma in realt8 non quanto del numero @ non si ha una determinazione a priori ma solo QHULA Aya ae Vesistenza. Se perd si hanno informazioni “quantitative” sulla derivata di f nellintervallo I di estremi zo, z» +A, ad esempio If@)| 0, [29 + h,z0] se h <0, ed esistano le derivate F'(20)s $"(20),--- J” (20) « Chiamiemo “formula di Taylor arrestata all dine n per f relativa al punto iniziale zo ¢ incremento 7 (HZ 0)” Vuguaglianza (7) Heo) =f) + 1 eoDA-+ Lao) + V2) at + FG) EE Til) dove T,(h) = Tn(h, 20, f) (dipende cio’ da f, da zp e da h) & detto “termine somplementare della formula” o pid semplicemente “resto” e pud assumere una delle forme enunciate nel seguente teorema. Per semplicita di scrittura, ci limitiamo al caso h > 0. Teorema 16. Sia f : [20,9 +A] + R. 1) (Resto di Peano). Esista in zp la derivata n-esima, f(")(29). Allora la formula (7) vale con Ta(h) = (0) + en(A) 233 dove ¢,(h) un infinitesimo di ordine superiore ad n rispetto ad A per h-+ 0 cio’ En(h) lim whe @ ‘ U1) (Resto di Lagrange). Sia f : {29,20 + h] + R continua. Esistano le 4c derivate continue fino all’ordine (n— 1) in [2,29 +h) ed esista la derivata CAG ncesima in (2, 29 + h). Allora la formula (7) vale con eae Ta(h) = $) (29 + oan) dove 0, = 6,(2o,h, f) & un opportuno numero, 0 < b <1. Dim. 1) Otterremo la tesi se dimostreremo la seguente relazione di limite (25) Bn jo Fee +) ~ fou) ~ S20) hoe feo} Dimostriamola per induzione. Per n= 1 8 vera; infatti se esiste f"(zo) "(za)“h 9 Supponiamola vera per (n ~ 1) ¢ dimostriamola per n. Il rapporto che compare nella (25) si presenta nella forma di indecisione 5 per h —» 0. Possiamo utilizzare il teorema de I'Hospital e allora il limite nella (25) coincide con (la variabile indipendente & h!!!) I 204A) ~ f(z) ~ "(20h (0) (20) 29). fig ———_-, nel caso che quest'ultimo limite esista. Nelle nostre ipotesi la funzione /'(z), che & definita in un intorno destro di zo, & derivabile (n ~ 1) volte in zo e quindi, ricordando che f(a) = fh co) per ogni k, 1Sk Sn per Vipotesi d’induzione segue che il limite nella (26) & zero. No Tl) Consideriamo le funzioni ausiliarie F(@) = 102) ~ H(20) = "(eae ~ 20) ~ fe ESM — yt 1 JY (zo) @-1I Gz) = x0)" F eG sono definite su [z,29 +h] e godono delle seguenti proprieta (si yedano le ipotesi su f): a) sono continue su (20,9 + A] b) sono derivabili (n ~ 1) volte con derivate continue su [205-20 + A) €) sono derivabili n volte su (zo,z9 +h) a) Gz) 4 0se2¢29 k=0,1,2, @) P(to) = Fi(20) G{z0) GU) (a9) = nl Grazie ad a) b) c) d) possiamo applicare successivamente n volte il teorema di Cauchy e, tenuto conto di e), si ha Fleo +h) _ Pleo +h) ~ P(zo) _ Pls) _ F(a) = F'(20) = Pea) _ G(z0 + 8) ~ Gao) G(a1) ~ G(1) = G'(zo) — G"(za) FON (r4) GOCE) dove F< 2 < tn k, poiché le derivate di ordine’superiore al grado del polinomio sono identicamente nulle, Ja (7) assume la forma ( I(2) = $0) + 1 Z0)(z ~ 20) +--+ $(00) = ot cio® il termine complementare & nullo. Ovviamente la (28) non 2 altro che la formula di Taylor per f relativa al punto iniziale 2) = 0 ¢ arrestata (ad esempio) all’ordine k. Ne segue che i coefficienti a; sono legati alle derivate di f in z = 0 dalla formula aids ~ ida a 0) §=0,..48 yo ow Osservazione 2. La formula (7) fornisce uno sviluppo della funzione f in po- tenze intere dell'incremento della variabile indipendente a meno dell’errore rappresentato dal termine complementare. ‘Tale sviluppo @ unico nel senso precisato dal seguente teorema. Teorema 17. Se & possibile rappresentare una funzione f per ogni = € (e020 + A) nella forma (29) $(2) = a0-+ ay(2 ~ 20) + 0n(2 = to)? Foe an( = 20)" (2 ~ 20) dove 0 allora la rappresentazione (29) @ unica, Dim. Supponiamo, per assurdo, che esista oltre alla (29) la rappresentazione (30) f(a) = by + by (2 ~ 20) + ba(z— 0)? +--+ bale — 0)” + 0(t — 20) dove o(z = 20) 9 Sia m, 0 < m 9. 23T ‘Teniamo conto delle formule che danno le derivate di ordine superiore di J (vedi paragrafo 4, esempio b)). Poiché 4*)(0) = s'4*21(0) = 0 k > 0,k intero 400) = 1 k > 0,k intero ge) = 1 > 0,k intero La formula di Taylor con punto iniziale z) = 0, detta anche formula di Mc Laurin, si scrive, a seconda dell’ordine n, (32) sing = 2+ o(2) sing = 2+ oz”) oo P 3 sing =2~ 5 +0(2°) sing =~ 5 +0(2') Poiché 1 (2) k > 0,k intero posto (FE) = ats (2) por (2) = si ha, per la formula con punto inizisle a» =, arrestata allordine n, > 0,k intero > 0,k intero n=3,5, 4 pom ($s) = = (Se yo) ( pon (3 238 'n arrestata allordine n = per la formula con punto iniziale 25 = ha 2) Siaora f(2) per ogni k > 0, si ha, ad esempio, e=1t2+S +02") 3) Volendo sviluppare con punto iniziale to = 0 Ia funzione J(t) =sint* senza ricorrere al calcolo delle derivate successive, che in questo caso 8 alquanto laborioso, si pud ricorrere al teorema 17, utilizzando gli sviluppi ottenuti nell’esempio 1) con punto iniziale 29 = 0 (formule (32)). Ponendo infatti 2 = t* si ha, ad esempio, per la formula arrestata all’or- dine n=4en=19. sin t* * + oft) oa oie sintt =F + oft) 4) Riportiamo infine gli sviluppi di Taylor, con resto di Peano, a partire dal punto iniziale 2» = 0, di alcune funzioni elementari. Non dimostriamo le formule sotto riportate, che si possono, d’altra parte, ottenere con un calcolo diretto. ¢; sviluppando con punto iniziale 29 = 0, poiché f(*)(z) = 239 2 amet aus b) Sheset Qa Gt t Gag toe) e) Che=lt + t+ Gay te") 4) log +2) = at 2" + o(2") ©) (+2) ove a8 un numero reale qualunque e il simbolo (3) viene definito nel seguente fn, modo: xl (a Fecal Sea 2 interoe a > n, (2) assume il consueto significato di coeficiente inomiale. ) ant mayen") sin z = arcos 2. 2 co 5) La formula con il resto di Lagrange si presta al calcolo approssimato di valori numeri Nel paragrafo 8 del capitolo 5 abbiamo introdotto il numero ¢ come il teh , 1\" limite in R della successione convergente a, = (1 + 3) . Siamo ora in 2 grado di dimostrare che Infatti, usando la formula di Taylor con resto di Lagrange per la funzione e con centro in 9 = 0 arrestata all’ordine (n +1) si ha dove 6, 8 un opportuno numero in (0,1). Posto x = I si ricava Questa disuguaglianza ci fornisce da un lato la convergenza della succes- . a1 sione { >> a} al numero e (per il teorema del confronto), dall’altro to new una valutazione dell’errore. (Confronta con la valutazione dell’errore al cap. 5). Infine ci permette di ticavare semplicemente V'irrazionalita del numero €. Infatti, moltiplicando per n! i membri della disuguaglianza, si ha Ora, se € fosse razionale, n!e sarebbe definitivamente un intero e, poiché yf on nt 4 8 intero per ogni k sarebbe definitivamente al A un numero intero, Assurdo!! 7 ‘Vediamo ora un’altra applicazione. ‘Ad esempio volendo calcolare sin ‘a meno di 10°, si pud procedere come segue. La formula con punto iniziale zy = 0 e resto di Lagrange & (vedi (32)) Q@nti ots T(z) = ———~> sin | Oz = Graal ( @ @ un opportuno numero, 0 < @ < 1. Poiché epee Pel < Gera ane ponendo z 5 ¢ scegliendo n in inode tale che yin? 1 eyes lags Ge) Gara < si ottiene l’approssimazione desiderat: In questo caso basta scegliere n = 1 e si ottiene la formula approssimata. mt em 1(") "8 is 6 @ commettendo un errore non superiore a L (2). 1a ow - soo (Fe) < yl)’ < 4.10 jiché poi . FpaOIT.. < 0,2 Nel secondo membro della formula approssimata occorre calcolare ogni addendo con sei cifre decimali in modo che 'errore totale sia non superiore a 2+0,5- 10-8 +4-10-° = 5+ 10° ‘A conti fatti, si ottiene x sin = = 0, 173647. wo dove i primi 4 decimali sono esatti. 6. MASSIMI E MINIMI, Riprendiamo in esame il problema di determinare i punti estremanti di una funzione reale di variabile reale. Il teorema di Fermat fornisce una condizione necessaria per punti estremanti interni all’insieme di definizione nei queli la funzione sia differenziabile. ‘Yediamo ora alcune condizioni sufficienti. an ee = Teorema 18. Sia f : (a,6) € R derivabile. Sia zo € (a,b); allora valgono le seguenti implicazioni See fi(@)>0 a 2% 2 un punto di massimo P(q)<0 acrem f(z)=0 2=29 } => ay dun punto di minimo P(@)>0 m<2 2). Inoltre sia y TI) J'(0) = f"(20) = «= $Y (20, F(a) #0. Allora i) se n& pari e f!"(zo) > 0, 29 ¢ un punto di minimo ii) se m& parie f"(zo) <0, zo @ un punto di massimo iii) se n & dispari, zo non & un punto estremante (zo @ un punto di flesso; vedi paragrafo 8). ‘ NO Dim. Scriviamo la formula di Taylor con punto initiale 29, arrestata all’or- dine n, con resto di Peano. Tenuto conto delle ipotesi si ha (z= 20)" nl J(z) J (20) + f'""(z0) + &n(t ~ 0) Jn, Allora per 2 # 2 si ha (33) S(2) = F(@0) 2 20)" {Go , eas) =} (= a0) Sia n pari. Il secondo membro della (33) ha il seg dell: itita enti la no juantita entro |: parentesi; poiché J ne GO ES NS £00) al per 2 sufficientemente prossimo a zo, tale quantita ha il segno di f°") r * z ‘0, tale quantita ha il segno di s'*)(zo). Quindi se /'"1(z9) > 0, il secondo membro della (83) ha per x in intorno di 0, = # 70, segno positive. Ma allora f(z) > f(zo) per tali x e quindi x5 & Punto di minimo (relativo forte). La i) & provata, In modo del tutto analogo si prova le ii). Per dimostrare iil) basta osservare che, qualunque sia il segno di 7!°9(zo), il secondo membro della (33) cambia segno pasando dalla sinistra alla destra di 2 = 2, a causa del fattore (2 — 29)". Quindi zo non 8 un estremante. Esempio Vogliamo determinare i punti estremanti della funzione J(a)= 142? sull'intervallo {~1,3]. Osserviamo che J'(0)=0 I"(0) =2 Quindi, per il teorema 19, 2 = 08 un punto di minimo.-Inoltre f(z) = 2a(1 ~ 352°) Poiché , 1y\'5 f'(z)>0 se O<2< (4) 1s f(z)<0 se -1<2<0, (%) <2s3 35. 16 dal teorema 18 segue che z= (52) 2 un punto di massimo. Inoltre z = 18 punto di massimo e 2 = 38 punto di minimo (vedi Corollario u). In particolare z = —1 2 punto di massimo assoluto, = 2 punto di minimo 1/8 assoluto, z= 002 = 3) sono punti estremanti relativi. 7, DERIVABILITA DI FUNZIONI VETTORIALI. Sia { : (a,8) —» RY, > 1, una funtione vettoriale della variabile reale 2, cfob L£(2) = (hi(2)s fal@)s-+- Sel) Def. Diciamo che f & derivable in zo € (2,6) se existe il seguente limite (limite in R*1N) = 1 Leo +h) ~ L(e0) im mo Chiamiamo tale limite “derivata” o “vettore detivato” di f in zp lo indi- chiamo con il simbolo f'(zo). Per definizione di limite, f'(z9) 2 il punto di R* tale che | =0 lim, )= £020) _ (54) putt Poiché la convergenza in R* @ la convergenza per coordinate, si ha che f & derivabile in zo se e solo se ogni componente f;, i = 1,...,k, 8 derivabile in my esiha £0) = (Fi(t0)s fal0),--- Se(0)) « Il teorema/1 continua a valere e cos) pure il teorema 3 parte i). Se poi indi- chiamo con fg il prodotto scalare di f e g cio’ k L-al2) = D0 s(e)(2) siha jOTeorema 20. Se f,9 : (a,b) + R* sono derivabili in 2» € (a,8), f-g (che & definita in (a,b) ed & a valori reali) & derivabile in 29 € UC (20) = £0) 520) + S28) geo) Dim. fie 9:,i=1,...,k, sono derivabili in 0; per il teorema 3 si ha allora : : fu-aea= 4 (S54) (2o)= ghia) = DOM (e)au(20) + D4 (20)a (0) = = L' (Coal) + £(20)9'(20) - Non @ possibile estendere a funzioni vettoriali i Teoremi di Rolle e Lagrange, come mostra il seguente esempio. Sia f: [0,2x] — R? definita da L(z) = (sin z,cosz) . £% derivabile in (0,2x), continua in [0,2n] e f(0) = f(2n). D’altra parte il vettore derivato '(z) = (cos ,— sin) non si annulla in alcun punto. 245 Possiamo tuttavia estendere alle funzione vettoriali il Corollario 10; pid pre- cisamente vale “NOTéorema 21. Sia Supponiamo inoltre : (a,b) —+ R* continua in {a,)] e derivabile in (a,b). M= Sup |If'(z)|| < co e(mb) Alora (34) I£@) - £(@)ll < M@~ a). Dim, Poniamo z= f(b) ~ f(a). Se z = 0, In (34) & ovvia; se z #0 poniamo (=) = 2° f(z) 48 una funzione reale di variabile reale, continua in [a,] ¢ derivabile in (a,8) per il teorema 20. Possiamo applicare il teorema di Lagrange a ¢. Quindi esiste almeno un punto to € (a,6) tale che 4(0) — 4(2) = ¢'(zo)(b~ a) . (0) - o(2 + £0) = 2: {(0) = 2° #(%0) = 2: f'%) e quindi utilizzando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarts, si ha "(20)(0— a) = (&~ a)lz- f'(20)] S$ (&~ a)lellLZ" (ol da cui dividendo per llzll, Hell < &— a)llf'Go)Il e quindi la (34). La definizione di derivabilita si estende parimenti a funzioni complesse di variabile reale. Def. Sia { : (a,b) + C, 20 € (a,8). Diciamo che f & derivabile in 29 se esiste il seguente limite (limite in C) sim £(t0-4 4) ~ S(eo) hao A a“ Chiamiamo tale limite “derivata di f in 29” e lo denotiamo con f"(z0 Se indichiamo con ue v la parte reale e immaginaria di f, cio? f(z) = u(x) + iv(z), u,v : (a,b) + R, si ha immediatamente che f @ derivabile in zp se solo se lo sono ue v € S'(Z0) = u'(z0) + iv (20) - 8 CONVESSITA E CONCAVITA. PUNTI DI FLESSO. Sia J: (a,0) +R. Def. (globale). Diciamo che f & convessa sull’intervallo (a,8) se comunque si scelgano 21,22 € (a,b), per ogni X€ [0,1] vale (38) [Woe FO Aa) < ase) + (1 a)se)| La convessitd su un intervallo ha un chiaro significato geometrico. Infatti, siano 21, 22 € (a,6). L’applicazione ¢ definita sull'intervallo (0, 1} dalla formila (A) = Aza + (1 - A)aa = 22 + A(t — 22) 2 continua e monotona crescente se 2 > 22, continua e monotona decrescente se 2 > a1. Poiché (0) = z2, 4(1) = 21, il suo codominio & Vintervallo chiuso e limitato di estremi 2, 22; 4(A) quindi, per A € (0, 1], rappresenta il generico punto di tale intervallo. La (35) dice allora che in ogni punto dell'intervallo di estremi x; ¢ 22 Vordinata del punto sul grafico di f & non superiore allordinata del punto sulla retta (passante per Py = (1, f(21)) ¢ Pa = (2s f(2))) di equazione Se)= fei, _ 2.) a~ % (a) + 27 va Def. (puntuale). Diciamo che f @ convessa in un punto 2 € (a,8) se esiste una retia pasante per P) = (x0, f(z0)) ed un intorno U di zo tali che per ogni z € U V’ordinata del punto sul grafico di f & non inferiore all’ordinata del punto sulla retta. Esempi. 1) f(z) = |x| & convessa in ogni piinto 2 € R. Infatti se 2 # 0 basta scegliere la retta y = (sgn z9)x; se 2 = 0 qualunque retta y = mz con {m| < 1 verifica alla condizione espressa nella definizione con U = R. J inoltre 8 convessa su tutto lasse reale; infatti per ogni 1,22 € R, per ogni € [0, 1] si ha faa, + (1 Adee) = [Az + (1 = A)z0| < [Aza] + 11 = A)zal = Alas| + (1 A)lz2] = Af (zi) + (1 A)/ (2). —> bin ae 2) La funzione 0 z=0 2 convessa in 19 = 0; basta infatti considerare la retta y= Oe U =R. Notiemo che f non & convessa su alcun intervallo (a, 8) con 0 € (a,.)). reay= {eae z#0 Def. Diciamo che f & concava sull'intervallo (a,8) (concava in zo € (a,8)) se —f & convessa sull’intervallo (a, ) (convessa in 29 € (a,0)). Osservazione. L'esempio 1 mostra che se f ® convessa in 29, la retta che soddisfa alle proprieta espresse nella definizione di convessita puntuale (Ia cosiddetta retta “supporto del grafico in (zo, f(zo))”) non @ in generale unica. Osserviamo perd che, se f & derivable in zo e convesta in 20, la retta supporto ® univocamente determinata e coincide con la tangente al grafico in (20, f(0))- Sia infatti y= f(x) + m(z — 20) una retta tale che S{a) 2 $(z0) + m(z - 0) per ogni x € U, dove U 2 un intorno di zo. Poiché f @ differenziabile in zo, si ha I (2) = $(¢0) + '(0)(z ~ 20) + €(z ~ z0) dove e(z~ 0) Jim a, 2a Alora per ogni z € U, si ha [/'@o) ~ mI(z - 20) + e(z ~ 20) 20. Dividendo per la quantita (z ~ zo) si ottiene $'(2a) ~ m4 = 29) fo 20 se 2>2%,26U 249 f'(z0) ~ m+ <0 se r R sia differenziabile in xp € (a,b). Poniamo S20) + H(e0)(a ~ 6) o(z) Def. Diciamo che 29 un punto di flesso se esiste un intorno U di 2» tale gz, che — ~ 2EU,2 <2 => 9(2) > f(z) BE U,2 > 29 => 9(z) < f(2) oppure 2EU,2 <2 => 92) < (2) 2EU,z > 1 => 9(z) 2 f(z) In altre parole, 2 @ un punto di flesso se il grafico di f passa dal di sotto al jopra della tangente in 29, 0 viceversa, quando = passa dalla sinistra alla destra di zo. Ad esempio, f(z) = 2?"*1,n €N,n > 1, ha in zo tangente al grafico di f in x = 08 infatti la retta y un punto di flesso. La f{2)>0 se 2>0 f(z)<0 se r<0. La nozione di punto di flesso pud essere estesa al caso in cui la tangente in zo al grafico 2 Ia retta verticale z= zo (vedi pag. 209). Diciamo allora che zo 8 un punto di “flesso a tangente vertical” poiché il grafico di f passa da una parte all’altra della retta z = 2» quando = passa dalla sinistra alla destra di mitjneN, n>1, F(z) ha in a9 = 0 un flesso a tangente verticale. 250, 251 Quindi, in particolare, vale f(z) = 2" n>I1nEeNn S(z)=27 n>1nENn In opportune ipotesi di regolarita per f, si possono dare condizioni necessarie ¢ condizioni sufficienti per la convessita sia globale che locale. <> Teorema 22, Sia f : (a,b) ~+ R derivabile 2 volte in (a,}). Allora condizione necessaria ¢ sufficiente affinché f sia convessa su (a,6) & che (38) f'(z) 20 per ogni x € (a,b) . NO Dim, La (36) & necessaria, infatti siano 7,22,25,24 € (a,b), 21 < 22 < 25 < 24. Poniamo Ay = (21, f(21)) Az = (22, f(t2)) As = (22, f(ts)) Aa = (z4,f(za)) Fra i coefficienti angolari delle rette passanti per A; € Ag, Ay € As, Ag @ As, Ag € Aq, Ay @ Ay tenuto conto della definizione di convessita su (a,b), sussiste la seguente relasione Me) ~ He) < Les) = Ses) < (2s) = Hes) ¢ Ses) = Se) (1) Ba 9 — % 4 < (24) = S(23) (ss) Sen) ~ Hes) — Sea) ~ S(2 ar T= 2 nellipotesi 21 < 22 <2 < Passando al limite nella (38) per x; —* 2,- e z4 -¥ 29+ € tenendo conto della derivabilita di f in (a,6) si ha S'(z2) < f'(zs) nelPipotesi x2 < 25, si ha cio? che /’ una funzione monotona non decrescente in (a,b). Ne segue che, poiché J" & derivabile in (a,6), la sua derivata ¢ non negativa (vedi osservazione al corollatio 11) cio’ Ere-s'@z0 per ogni x € (a,2). La (36) & sulficiente; infatti dalla (36) segue che f" & monotona non decrescente in (a,6) (vedi corollario 11). Allora per dimostrare che f 2 convessa ragioniamo per assurdo e supponiamo che esistano 21, 22,25 € (a,b), 41 < z2 < m2, tali che il punto Az = (z2,f(z2)) stia al di sopra della retta passante per Ay = (2, (1) € As = (255 (20))- Allora si ha (vedi figura seguente) L (za) = (21) , Ses) ~ (zs) , Ses) = S22) mt ma By % (39) we di dalla (39) segue 1@)>s@ con ¥ a 2 per la (40) una funzione monotona non decrescente nell'intervallo (22, ), limitata inferiormente poiché, per la (37) 4(0) > Meda Les my quindi ammette limite finito per s — z+. ii) f ha derivata sinistra in ogni punto di (a,2). v eb 53 Infatti se 21 < #2 < 29 dalla (37) si ha a Hea) =H) « Hen) He) cio’ il rapporto incrementale sinistro a partire da zy (0) = £6) Les), ¥(3) 8 2+, tenuto conto di i) efi) si ha , . I. (22) < f(z) - iv) & continua in ogni punto di (a,8). ; : Infatti essendo dotata di derivata destra e sinistra in ogni punto ® conti- nua da destra ¢ da sinistra in ogni punto, cio® continua. Corollario 23. Sia f : (a,b) + R derivabile 2 volte in (a, 8). Alora condizione necessaria e sufficiente affinché f sia concava su (a,6) & che J") <0 per ogni x € (a2). Teorema 24, Sia f : (a,b) — R derivabile 2 volte in xo € (a,8). Allora affinché f sia convessa in 2 & necessario che f"(1o) > 0 2 sufficiente che I" (20) > 0. Inoltre affinche f sia concava in 2» & necessario che {"(zo) <0 2 sufficienta che f" (to) < 0. oe —P Infine condizione necessaria affinché zo sia un punto di flesso & che {"(zo) Dim. Poiché f 2 derivabile 2 volte in x) possiamo scrivere la formula di ‘Taylor con punto iniziale 2 arrestata al 2° ordine e resto di Peano, cio’ (48) f@) dove Hae) +1" tole ~ 20) + 1"(20) EH Supponiamo f"(z9) > 0. Dalla (43) si ha Ute) + /Go)l2~ a) = (PG) 4 B= 2)) (a 2p 2 *@=n} (44) f(a) Poiché f(a) ( ) ( " (2 |Z — Zo) "(2 ar iaa ed (=—c) hee il secondo membro della (44) per tutti gli x sufficientemente prossimi a x9, 2 # 29, 8 positive e quindi (2) > £(a0) + f'(e0)(z - 20) ciot ordinata del punto sul grafico & superiore all’ordinata del punto sulla tangente al grafico in zo, per tutti gli z in un intorno di zp, # 29. Abbiamo provato che f"(za) > 0 implica la convessita di f in x. Ovviamente se I(t) < 0, f & concava in x9. Se ora f 2 convessa in zo, per quanto abbiamo appena detto, non pud essere 1"(zo) < Oe quindi si ha f"(zo) > 0. Analogamente se f @ concava in 29, si hha necessariamente f"(z9) < 0. Se zo 2 un punto di flesso, per quanto dimostrato in precedenza , non pud essere {"(zo) > 0 (il grafico starebbe, in un intorno di zo, al di sopra della tangente) © neppure f"(z9) <0. Quindi necessariamente f"(z9) = 0. >o ——BTeorema 25. Sia f : (a,b) + R derivabile 2 volte in (a,8). Allora f 2 ‘convessa (risp. concava) su (a,2) se e solo se f & convessa (risp. concava) in ‘ogni punto di (a,6). Dim. Sia f convessa su (a,5); per il teorema 22 (condizione necessaria) si ha f"(2) > 0 per ogni z € (a,b). Siano zo, € (a, 6); utilizzando la formula di Taylor con resto di Lagrange, si ha S(z) ~ [f(G0) + f(@o)(# ~ Z0)] = LO. 2)? 235 dove € un punto opportuno dell'intervallo di estremi 2 e 2. Ma allora Sz) 2 f{z0) + f(eo)le per ogni x € (a,b) e quindi 2 convessa in zo. Viceversa sia f convessa in Zo, per ogni 2» € (a,)). Per il teorema 24 (condi- zione necessaria) si ha /"(zo) > 0 per ogni 2 € (a,b) e quindi f & convessa su (a,8) per il teorema 22 (condizione sufficiente). Analogamente si prova Passerto riguardante Ia concavita. 0) La condizione (zo) = 0 ® necessaria ma non sufficiente perché zo punto di flesso. Basta infatti considerare la funzione H(z)=2" nn EN, n>2 J convessa in x = 0 poiché f(z) > 0 per ogni z ER, eppure f"(0) Diamo ora due condizioni sufficienti allinché un punto sia di flesso. Teorema 26. Sia f : (a,b) + R derivabile 2 volte in (a,b). Sia zo € (a,b). Allora a0 a ay => J"(2 + 0(z — a9) > 0 2B < 29 => J"(t9 + (2 ~ 29) <0 Ne segue che il primo membro della (45) & positive per x > zo e negativo per © < Z, Quindi il grafico di f sta al di sopra del grafico della tangente in 29 a destra di zo, al disotto a sinistra di zo, da cui la tesi. Nelle ipotesi ii) la dimostrazione @ del tutto analoga. NOTeorema 27. Sia f: (a,6) + R derivabile n volte (n > 2) in x € (a,b). Supponiamo inoltre I" (20) = (20) I) (z0) #0. f°) (29) Alora i) sem parte f(")(29) > 0, f & convesss in ii) send parie f'"I(zy) <0, f & concsva in 2) fii) se n 2 dispari, 29 & un punto di flesso. Dir. Utilizzando la formula di Taylor con punto iniziale ao, arrestata al- Vordine n, con resto di Peano, tenuto conto delle ipotesi, si ha (48) f(z) - [f(#0) + F'(z0)(2 ~ 20)] =f" (z0) dove La tesi segue immediatamente, osservando che il segno del secondo membro della (46) coincide con quello del primo addendo che vi compare. 9. ASINTOTI. Def. 1. Sia f : (a,6) > R, ~co < a 1x ¢ la Fetta y= 1 @ asintoto orizzontale per z ~+ :too. <—t Teorema 28. Sia f : (a, +00) + R. Condizione necessaria e sufficiente KF allinché y = mz + q sia asintoto del grafico di f per z —> +00 @ che esista finito tim £2) in e che esista finito lim [U(2) ~ ma] sia tira [f (2) - me] N° Dim, La condizione & necessaria. Infatti valga la (47). Allora Jim [f(z) ~ ma] = lin « poichs 0= tim f= tim Lelom tim, [222 - | Sse ee ae 259 siha in, La condizione é sufficiente: ovvio. Vale un teorema analoga per z —* —oo. Osservazione. Sia im f(z) = soo. Per In determinazione del coefliciente angolare m dell’eventuale asintoto pud essere utilizzato, se f @ derivabile in (0, +c0), il teorema de I'Ilospital Se esate fnito tim f"(2) ¢. lip, #"(z) =m allora tim 2 Prversilgad) passare alla valutazione di lim, [f(2) ~ ma], per stabilire Pesistenza o meno dle’ asintoto. - Sottolineiamo che nel easo in cui lim f'(z) non esista, nulla si pud concludere sullesistenza delVasintoto, —* ‘Ad esompio il grafico della funzione s(@)= 24 + 2x0 ha asintoto per 2 > -too dato dalla retta y = z. Infatti sin 2? 2+ too D’altra parte non ha limite per x —* :too, 10, FUNZIONI PRIMITIVE. Sia ICR un intervallo e f una funzione reale definita in 1. Fre Def. Diciamo che una funzione_ :(aA+ R & primitiva di f su I seg 2 derivabile in Je g/(2) = {(2) per ogni z€ J. Esempi. - 1) Sia f(z) = cosz,1 = R. Allora 9(z) = sinz +c una primitive di f su T, qualunque sia Ia costante ¢. 2) Sia f(z) = Mantz. Allora g(2) di f sull’intervallo (0,1), ma non @ una primitiva sullintervallo chiuso [0,1] o su qualunque intervallo I* contenente propriamente [0, 1) = +6,c€R qualsiasi, ¢ una primitiva In particolare 'esempio 2) mostra che se g 2 una primitiva di f su I e se Ir > I, non @ detto che g sia una primitiva di f su I*, In generale non & detto che una funzione f ammetta una primitiva su un intervallo. Se infatti J ha una primitiva su J allora f la funzione derivata di un’altra funzione sullintervallo Ie quindi f deve necessariamente possedere le proprieta delle funzioni derivate. I! corollario 13 ¢ il teorema 14 forniscono quindi delle condi- tioni necessarie affinché f abbia una primitiva su 1. In seguito (vedi corollario 15 cap. 10) dimostreremo che la continuita di f su un intervallo 1 = [a, 6] garantisce lesistenza di una primitiva per f su I. Osserviamo che se f ha una primitiva su [a,6] ne ha infinite; infatti se g & una primitiva di f su (a, 6] ogni funzione #z)=9(2)+¢ cER @ ancora una primitiva di f. Inoltre se g; € g2 sono due primitive di f su {a,2], esse differiscono per una costante. Infatti poiché gj(z) = f(z) = g}(2) per ogni x € 2,8}, si ha Flee ~ ale) = (2) ~ (2) =0 e quindi, per il corollario 11, 91 — g2 quanto detto nel seguente teorema con ¢ © R. Possiamo riassumere —P Teorema 29, Sia f definita su [a,8] eg una primitiva su [a, 8]. Allora tutte € sole le primitive di f su a,b] sono le funzioni (2) dove ¢ 2 una costante arbitratia. g(2) +6 Se g @ una primitiva di f sull’intervallo J, [ [reve] viene indicata con il simbolo gene «0 e viene chiamata GAN” Gi f au J viene dunque i tive 0 di f” su I. La totalita delle pri f Na)de+e 261 dove c 2 una costante arbitraria. Gli integrali indefiniti godono delle seguenti proprieta, conseguenza imme- diata delle analoghe proprieta delle derivate (le ipotesi di continuita servono 8 garantire Vesistenza di tutti gli integrali indefiniti che compaiono nelle for- mule): 1) Sia f: [a,8] > R continua, AER. Allora PRoD €! i A, d: dx i [senna] tate :—P2) Siano fr, fo : [a,b] + R continue. Allora Sones fiste)+ neeree= [ ieayees [aeiere Inoltre valgono i seguenti teoremi Teorema 30, Siano fi, fa : [a,b] + R derivabili con derivata continua. inyg Allora aoe in en pe i (2)fs(z)dz = fr(2)Jo(z) ~ ff (a)falz)dz +e [J sertosen sent J aeontoaer) Dim. Poiché (ALY @) = f@) A(z) + h@A() [Usb e\de= he)nle) +6 si ha subito la tesi. ‘No Teorema 31. Sia f : [a,b] ~» R continua, ¢ : [a,b] + R derivabile in [a, 6] con derivata continua e "(2) # 0 per ogni x € [a,0). Allora se yé la funzione inversa di g, si ha [rerde=(f www) +6 y=#2) ae Dim. Proviamo che wf | Herds (f sotuv"w)ev) per ogni z € [a,b]. La tesi seguira dal corollario 11. Per definizione fi Bf reve] =r) Per i teoremi di derivazione della funzione composta e della funzione inversa, siha a (( f sooner) | =(£(f nowv'ere)) = = (HW) ¥ y=) (2) = ) =I) Gey 9) = 10) e quindi la (48). —— Teorema 32, Sia w: [c,d] + R derivabile con derivata continua. Sia [a,b] s 0, P precede Po set <0. Se al posto dell’angolo @ si sostituisce nella (3) 'angolo 6" = 0-7 i coseni direttori cambiano segno ma, posto u = ~t, le (3) diventano yi 2 = tm +ucosl! “) saat Le (4) rappresentano il medesimo luogo di punti delle (3) ma Vorientamento viene invertito, poiché u, < tig se e solo se ty > ta Def. Siano a1,a2,...,04 n angoli tali che 08? a + C08? a2 +... + 6057 Gn = 1 Sia a = (a1,09,-..,@,) ER" Diremo retta orientata in R" passante per a con coseni direttori cos ay, €08.49,...€084, il Iuogo dei punti z = (z1,22,...,24) descritti al variare del parametro t in R dalle equazioni 2 = a, + tcosay t= a, + tcosa, (5) : Bn = ay, + £6080, Py = (a1) precede P, = (z2) se i corrispondenti valori di t soddisfano la Telazione t; < tz. Il parametro t ha ancora il significato di distanza con segno del generico punto P della retta da a Se agli angoli ay, 2,..., Gm si sostituiscono gli angoli ay +x, ay+m,...,Qn+% si ottiene lo stesso Iuogo geometrico ma si induce sulla retta Vorientamento opposto. 265 Il vettore (cosa; ,cosag,.-.,co8@,) ha norma uguale all’unita; ogni vettore di norma unitaria viene chiamato “versore”. Se poniamo cosa; i” scriviamo sinteticamente le (5) nella forma a+ty |j=1 ter oppure tty teR Fahy Sear Ao 2. DERIVATE DIREZIONALI. Sia a ER" ¢ f una funzione reale (0 complessa) definita in un intorno U di a. Siar una retta orientata in R” passante per a di equazioni (5) Poiché a @ punto interno di U esiste 6 > 0 tale che se z appartiene alla retta all = |t| < 6, 2 € U. Consideriamo il rapporto incrementale defini re|l per |i <6. Hla + tose, Def. Se esiste finito lim oe diremo che f @ derivabile in a nella direzione del versore v e chiameremo tale limite “derivata nella direzione v di f nel punto a”. Le notazioni pi in uso per questa derivata sono pst) Sha) ese e solo se @ derivabile Teorema 1. Nelle ipotesi fatte su fed a, Dy f(a) la funzione (definita per |t| < 6) 9(t) = fla+ tv) esiha Du f(a) = ¥(0). Dim. Basta osservare che il rapporto incrementale di ¢ relativo al punto iniziale ¢ = 0 e all'incremento t coincide con il rapporto (6). Esempi. 1) Sia f(z,y,z Alllora 4 =( e quindi ; 900) = Dyfla)= e+ et 2) Sia f(x,y) = cosy Allora o quini $(0) = Dus) = 2 Denotiamo con ¢, il versore che ha tutte le componenti nulle tranne Ia j-esima, che & uguale ad 1. Def. Chiameremo derivata parziale j-esima di f in a o derivata parziale rispetto a 2; in a, la derivata direzionale nella direzione e; di f in a ciod (a). I simboli pid usati per tale derivata sono of a; (a); De, f(a)i_— Dy (a) Osservazione. Se P(t) =F (a1 aay 06am 4505 + ty O5415-65 An) Ja funaione ¢ del teorema 1, diviene 267 ¢ il rapporto incrementale diviene L(y dye ja 1 905 +t s4y-+24@n) ~ f(as 095-0045» ) t ate. Quindi F(a) esiste se e solo se Ia funzione f, in cui tutte le variabili, tranne la j-esima, sono fissate ai valori a1, a2 senso ordinario come funzione di 2, in in & derivabile in Ona Gig ty ee Esempio. Sia f(z,y, 2) Allora evens (z,yy2) = 22%" az A differenza del caso n = 1, l'esistenza anche di tutte le derivate direzionali in a, non é sufficiente a garantire la continuita della funzione in a, se n> 1 Ad esempio la funzione Hey) = {eer #0 non @ continua in (0,0). Infatti /(0,0) = 0 mentre, posto y = zlogs, x > 0, siha rlogz-10 se 2—+0 J(z,zlogz) = 2e""** =1 40 se 20 sf Dialtra parte se » = (0,1) a0) = Omentre sev = (cos.a,sina) cosa ¢ 0 siha Awf(Q) _ teosae7'** t t La ragione di tutto questo 2 che, mentre la continuita in un punto impegna globalmente il comportamento di f in un intorno del punto stesso, V’esistenza delle derivate direzionali impegna il comportamento della funzione solo sulle singole rette passanti peril punto, cosae™** = D, f(0) N ue 3. DIFFERENZIALE TOTALE PER FUNZIONI DI PIU’ VARIABILI. Sia / definita in un intorno U di un punto a € R”, a valori reali (0 complessi) Def. _ Esistano n numeri Ay,A2,...,4q @ una funzione u = u(h) definita per ||Al] <6 tali che, per ogni h = (h1,-.. yn) con [lAl| < 6 si abbia @ AaS(a) = Sa+ 8) ~ f(a) = So Ache + uh) «incline : (8) Diciamo allora che f & differenziabile nel punto a e chiamiamo differenziale (0 differenziale totale) di f in a la quantita Uf(is0) = Ashe = Aghy tot Ann (9) df B’ chiaro, dalla (9), che il differenziale df dipende, oltre che dal punto a, dal vettore incremento fh. Esempi. 1) Sia f::R° — R definita da Mey2)=rtyte Sia (0, 0,0). Alora Anf(Q) = hy + ha + hy © quindi la (7) vale con Ay = Ag = Ay = 1 u(h) =O. In questo caso (0,8) = hy + hat hy 2) Sia f(z,y,2)= 2? ea=(0,0,0) (f:R? +R) Allora Arf) = hy In questo caso la (7) vale con Ay = Ap = Ay = Oe u(h) = A. 269 La (8) 2 verificata poiché Sale iai=0 vit Aa Ag Inoltre df (0,h) 3) Sia f(2,y)= VF a =(0,0)- (f:R? +R) J non é differenziabile in (0,0). Infatti se valesse la (7) dovrebbero esistere A: ed Az tali che Anf(Q) = Vit +E = Aiki + Aaho.+ u(h) con ||| sufficientemente piccola, Se scegliamo f = (h,,0) con hy #0 si ha [aa] = Avhy + u(h) e quindi dividendo per hy spoh, = A, + 4) | Ma, per la (8), dovrebbe aversi A)] ——+0 Tall tual-0 e quindi lassurdo A, = 1 se hy 04, Ar = =1 80 hy + 0. ‘Teorema 2. Sia f : R” + R definita in un intorno U dia € R" e sia f differenziabile in a. Allora i) ® continua in a i) & derivabile in a secondo ogni ditezione ii) A= ZL(a) per ognif=1,....0 Dim. i) 1a + (u(a)] < Hall (=) +1H)l Jai (10) [f(a +) - f@ls Ais fai per Ja disuguaglianza di Schwartz Allora Ju()I e quindi sia il primo che il secondo addendo nella (10) tendono a zero al tendere di ha zero e f 2 continua in a. ii) Applicando la (7) con h = tye [loll = 1 siha Allora ii) Ponendo v = ¢,, dalla ii) si ha lim St.£(@) _ eo Corollario 5. Se f & differenziabile in a allora per ogni versore v si ha ge@- yee (2) Teorema 4. Sia f definita in un intorno U di a € R" a valori reali. Supponiamo che in ogni punto di U esistano tutte le derivate parziali di fe che siano continue ina. Allora f @ differenziabile in a. Non diamo qui la dimostrazione di questo teorema che verra ripreso in altri Sottolineiamo la sua importanza come condizione sulficiente di differenziabi- lita in un punto, condizione, in svariati casi, alquanto maneggevole. Esempi. IRR flay) “cos? a am Siha os 2 ' Fy (rv) = EY (yeos" x ~ 2sinzc082) af Ley) = 2c cos? 2 aye) af a Poiché Z z esistono in ogni punto di R? e sono continue in ogni punto di R?, f & differenziabile in ogni punto del piano. Infine estendiamo in maniera naturale la definizione di differenziabilita a fun- zioni a valori vettoriali, Def. Sia {:R" + R™ una funzione definita in un intorno U dia € R" e Ll) = (Su(@), fol2),---s fn(2)) Diciamo che f @ differenziale in a se f; 2 differenziabile in a per ogni i = yy. 4, DERIVATE DI FUNZIONI COMPOSTE E DERIVATE DI ORDINE, SUPERIORE, Teorema 5. Sia f : R" + R una funzione reale definita in un aperto ACR". Siag€ Aed f differentiabile in a. Sia g : R™ — R" una funzione definita in un aperto BCR” a valori in A. Supponiamo che a appartenga al codominio di g cio’ che esista b € B tale che (b) = a eg sia differenziabile in 6. Allora la funzione composta F = fog 2 differenziabile in be si ha , se F(t) = s(g(t)) SS 1g 32,9 Non diaiao la dimostrazione di questo importante leoreina, Diamo perd un esempio di applicazione. Sia f:R?—+R f(x,y) = 2%" BPR? gles sts) = (tatasts +b) Possianio seegliore A= B= R°. Siha Hew aoe (t5%) =t ae 892 ate (tt) = 1 I differenziale totale della funzione composta F nel generico punto (t,,t2) per incremento A & dato da AF = (2tt3e* + (t1)8e"*) fn + (2nd + (t4t)Pe*) hy Sin j aaa i vn opened ete 2 . a. punto z € A, Se la funzione fe @ parzialmente derivabile rispetto a 2y in Def. (2) in ogni un punto @ € A, diremo che f'8 parsialmente derivabile 2-volte in z = a ¢ denoteremo le derivata parziale rispetto a 2; della derivata parziale rispetto 2 a; con uno def seguenti simboli Diya ta) Questa derivata saré chiamata derivata parziale seconda di f in a rispetto a 2; € a; (nell’ordine). Per induzione, si definiscono le derivate di ordine k-esimo, con k interok > 2: sia f derivabile parzialmente in A rispetto a 2),,2;,...,2;., (nellordine) ¢ tale derivata sia a sua volta derivabile rispetto a z;, ina € A. Allora diremo che f & derivabile parzialmente k-volte in a rispetto a 25, 2 (nell’ordine) e scriveremo Ia derivata k-esima nel seguente modo ; Dhara ronn lO Garg a5, Se xj, ri, = @, scriveremo pitt semplicemente a a visa), SL Esempi. Sie f:R? +R f(z,y) = (xt ye o ate Allora 3: Shay) =e (+042) den-eerry Lewae Teo <> sono uguali S2dy Byar i Gid non @ casuale, come mostra il seguente teorema di cui non diamo la dimostrazione. Si osservi che le derivate “miste” (Schwartz). Sia f : R" — R definita in un aperto A CR” ey asf Bajdz,’ Jxjdx Teorema 6. Se le derivate parziali miste esistono in A e sono continue, allora sono uguali Un teorema analogo vale per le derivate parziali miste di ordine superiore al secondo. we 5. DERIVATA DI FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA, Sia A un aperto del piano di Argand-Gauss e f : A—+ C una funzione definita in Aa valori complessi. Sia 2 € A. In analogia con la definizione di derivata di una funzione di variabile reale, diciamo che f @ derivabile in 2) se esiste il limite (in C): tim L@)= 1) 2% Tale limite & detto derivata di f in 29 e viene denotato con il simbolo f"(z9), d ogi (20). Se'f & derivabile in ogni punto di A, diciamo che f 8 olomorfa in A. ‘Ad esempio, la funzione f(2) = ha infatti agevolmente: f'(z Non intendiamo, in questa sede, dare pid che.un fugace cenno al concetto di funzione olomorfa. Lo studio delle proprieta di olomorfia e di sviluppabilita in serie di potenze delle funzioni di variabile complessa costituisce una branca dell’Analisi Matematica nota classicamente come “Teoria delle funzioni”. Ci imitiamo qui a segnalare alcuni risultati, omettendone le dimostrazioni. Si pud dimostrare che se f @ olomorfa in A, allora f'(z) @ a sua volta olomorfa in A. Quindi f ® derivabile infinite volte in A. Se f ® olomorfa in A allora, in un opportuno intorno di ogni punto 2 € A, f si pud rappresentare come s potenze, cio’: 12)= 3 /a)$ TEORIA DELL’INTEGRAZIONE SECOND® RIEMANN Infine le funzioni olomorfe in A possono essere caratterizzate mediante equa- tioni nel seguente modo: sia z = z+ iy, 2 = 29+ iy, u(z,y) = Rf(2), v(z,y) = 8f(z): Poiché f & derivabile in 29, si ha necessariamente, dando a 4) un intremento puramente reale h, 1a) fi LB) = ao) _ = ty M20 Ba) = (20,8) + ilolao + Aygo) ~ vf zo, Zo +h, wo) ~ (to, vo) h 1, DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA’. 9) +722 (20,46) - Dialtra parte, dando a z) un incremento puramente immaginacio ih (h € R), si ha anche Sia [a,}}, a <6, un intervallo chiuso e limitato di R. Def. Una partizione P di {a,] 2 un ii 2 Sy S22 < Ty Fa) fry Lo Hoe S(zo + ive) ny aay oma Ree oy 4 ayaa con im },2,- (205% + h) ~ u(z0, yo) + lv(zo. mies Sia f una funzione reale limitata definita itr [a, 0] area stent 1) ~ leery) + iolson de + 8) ~ olsors0)} = Data una pattizione P di [a,8] scriveremo pet f = ~ipiy Sete +) WC) jy Yeon tH wea) (1 hea mL. = AG See spine ues By (ort) + 5, (#0090) oe come, Fee Quindi la parte reale e immaginaria di una funzione olomorfa soddisfano le seguenti equazioni, note com equazioni di Cauchy-Riemann: Infine porrerno au _ ov % INTEGRAL de" Oy 0 [terde= ms.) Seosnor a |, au __ ov é oz 7 ovreaeatt . Viceversa, siano u(z,y) ¢ v(z,y) differenziabili in A e valgano in A le (11). (@) f[ J(z)dz = Sup 5(P, f) Allora si pud dimostrare che la funzione u(z,y) + iv(z,y) 8 olomorfa in A = come funzione della variabile 2 = 2+ ty. dove Pestremo inferiore e Pestremo superiore sono presi rispetto a tutte le possibili partizioni P di (a, 27 _ Scriviamo f € R per dire che f 2 Riemann-integrabile su (a, 6]. 2 denota cio? _ Vinsieme delle funzioni Riemann-integrabile. Poiché {2 limitata, esistono due numeri m e M tali che Le quantita $(P, f) ¢ s(P, f) sono chiamate rispettivamente somma superiore ¢ samma inferiore relativa alla partizione P. Se la funzione f & non-negativa, queste quantita hanno un chiaro significato geometrico. Lasomma inferiore rappresenta l'area del plurirettangolo unione dei rettangoli aventi come base 2-1, ¢ altezza m, (pluritettangolo inscritto) Lasomma superiore $(P, f) rappresenta Parea del plurirettangolo circoscritto, unione cio’ dei rettangoli di base 21%; e altezza M;. mS f(t) [ree Cid premesso diamo la seguente definizione. {ogni intervallo [2;.,24] contiene infiniti numeri razionali e irrazionalil!!) e quindi Def. Diremo che una partizione P 8 un roffinamento di P selP 2p fice A se ogni punto di P ® anche punto di P. Date due partizioni P, e P,, diremo che P 2 il loro comune zaffinamento se col Def. Diciamo che f & Riemann-integrabile su (a, ] se NTEGRAB ~jeeP Teorema 1. Se P 2 un raffinamento di P, allora ig ©) SPN ZSPN APN SAP) cio’ se Vintegrale superiore coincide con l'integrale inferiore e denotiamo il Inoltre valore comune di (1) e (2) con . a} : ) [teres [see — @) [f stejae | Rule QRALE che chiamiamo integrale di Riemann di f in {a,}) Dim. Supponiamo che P contenga esattamente un punto in pitt di P. Se % & questo punto, allora 2-1 <= < x; per un valore di i, 1 m, € wz > mi. Quindi (PN (PL sw (@ — ain1) + wala; — 2) — my(zq ~ B+ B ayy (wy = mi)(F = 25-1) + (wa ~ ma)(a — 2) 20 Se P contiene k punti in pid, ripetendo il ragionamento k volte, arriviamo a provare la seconda diseguaglianza in (4). La prima si dimostra in maniera analoga. Siano ora P, e P, due partizioni di [a,6) e P il loro comune raffinamento. Alora per la (4) si ha (Pus f) S s(P,1) $ S(P,S) $ S(Pasf) e quindi 8(Pi, f) $ 5(Pa,f) ssato Ps, passando all’estremo superiore al variare di Pi, si ha per ogni Pi, Ps. [teers < 9(P.5) per os Pe © passando all’estremo inferiore al variare di P; segue la (5). Teorema 2, Sia f limitata in [a,b]. Allora f € R se e solo se per ogni > 0 esiste una partizione P* tale che (6) SP) (Pf) O esiste > 0 tale che, per ogni partizione P con |P| < 6 e er ogni scelta dei punti t1,t2,...,t si ha lo(P,f)- Al 0 arbitrario € P una qualsiasi partizione di (a, 6]. Allora f ® non limitata superiormente in almeno no degli intervalli della partizione; sia V'intervallo [24-142]. Fis- Sati arbitrariamente ty t25...,ta-1stes1y-.+stn Nei rispettivi intervalli, esiste allora almeno un punto te € [2-124] tale che S(tJAr, > M Sitter: . Ne segue che per In scelta effettuata dei punti t; (/=1,...,n) siha oP, f)>M in contrasto con la definizione di limite, vista Parbitrarieta di M e [P|. Teorema 3. f € R see solo se esiste finito il pin, oP. 9). Inoltre [seve jm on. im. Supponiamo dapprima che A= Jim, o(P, ) esis fnito. Flssato > 0, esiste 6 > 0 tale che |P] < 6 implica, per ogni scelta di t1,t2)...,tay (9) A-5 0 fissato. Bsiste una partizione P* tale che S(P*,f) Quindi SP.) < f se)des § per ogni partizione P con |P| < 6. Analogamente si pud provare che esiste 6; > 0 tale che per ogni partizione P con |P| < 6 si abbia 5 o(P1)> [ Hayde~ $ Quindi se |P| < 6 = min(6,,6,) si ha [lieve § 0. Per il teorema di Heine-Cantor f @ uniformemente continua in [a,}|; esiste quindi 6 > 0 tale che |f(z) ~ #(¢)| < ¢/(b— a) per ogni coppia di punti x,t € [a,] con |x — t] < 6. Sia P una qualungue partizione tale che |P| < 6. Per il teorema di Weierstrass esistono ¢,,¢? appartenenti all'intervallo [2;—1, 7] tall che m= s(t) M= s(t), Si ha quindi SPN ~ APN = LUE) ~ Mela < 5 La tesi segue dal teorema 2. 283. bTeorema 5. Sia f limitata in {a,8] e possieda un numero finito di punti di discontinuita. Allora f € R. 12 Dim. — Ragioniamo per semplicita nel caso in cui f abbia una sola disconti- | muita nel punto ¢, a <¢ <8, Il caso generale si ottiene in maniera del tutto analoga, ripetendo il ragionamento pid volte. Fissato ad arbitrio € > 0, scegliamo a, € (a,b), a <¢ Teorema 6. Se f & monotona su fa,)) allora f € 2. Dim, Per fissare le idee supponiamo f monotona non decrescente (la dimostrazione nel caso f non crescente & analoga). Per ogni partizione P si ha M; = f(x) me= f(2i-1). Quindi (Mi — m)Ax = S°US(a) - S(2e1)JOm < S IPI DOU) ~ f(21-1)] = IPI) = £0) S(P,f) ~ 3(P,f) Quindi se € una quantita positiva fissata, basta scegliere P in modo che IPIL{(®) - 4(@)] < € per ottenere la tesi in forza del teorema 2, Vediamo ora alcune proprieta della classe delle funzioni integrabili e dell'in- tegrale di Riemann. —+ Teorema 7 Siano fr © R, fr € R su [a,b}. Sia ¢ un numero reale, Allora ) hehere [Wie)+ nc f Ai(z)dz NO Dim. Sia f(z) = fa(2) + f(z) e P una partizione di [a6]. Poiché nteyde " ple)de ARR i) che Re fet eyie= inf 2, inte Ae)+ int Ale) sup SQ) < sup, filz)+_ sup faz) e282, saS8S21 saStS00 siha (12) (Pf) + oP, fa) < (P,1) 5 S(P,1)S S(P,f) + 5(P fe) 285, Poiché f, © R, fa R, per ogni e > Oesistono P; e Ps tali che (13) S(Pish)- (Pf) <€ (14) S(Pas fa) ~ (Pay fa) < € Se P ® il comune raffinamento di P, P, allora la (13) e la (14) valgono con P al posto di P, e P, e cosi pure la (12) con P= P. Ma allora S(P,1) ~ (P,f) <2€ e quindi f € R per il teorema 2. . In modo analogo si prova che cf, € R per ogni reale ¢ e che ff cteyae= ef neve. Veniamo ora alle relazioni fra gli integrali Dalle (13) e (14) segue con P raffinamento di P, e P, sP.h)< [ heuere SPh)< [ pleyere quindi dalla (12) [terse s 90.1) < [ nteaes f nteyter2e Per Varbitrarieta di esi ha i) [termes [neers ff hleiae Sostituendo nella (15) fi e f2 con (—f,) (—f2) si ottiene la disuguaglianza al contrario e quindi 'uguaglianza fra I'integrale della somma e la somma degli integrali. Osservazione. La tesi del teorema 7 si pud dimostrare pitt semplicemente osservando che, anche nel caso della nozione di limite introdotta precedente- mente per le somme o(P, f), valgono i noti teoremi sul limite della somma ¢ 286 sul limite del prodotto per una costante. Una volta notato cid, basta applicare i teorema 3. Teorema 8. Siano f,g € R su [a]. i) Se f(z) > 0 per ogni x € (a,2) allora f[ * jla)de 20 fi) Se f(z) > g(x) per ogni 2 € [a, 8} allora [ows > [see iii) Se f & continua su [a,)), f(2) > 0 per ogni z € [a,}] ¢ . [ I(2)dz=0 allora {(2) = 0 per ogni 2 € [a,8). Dim, i) Per ogni partizione P di [a, 4} SIP) = SoMa 20 poiché M; > 0 per ogni i= 1,...,. Allora [ seoee = Inf s(P, 1) 20. ii) Posto A(z) = f(z) ~9(x), he R su [a,b] per il teorema 7 e A(z) > 0 per ogni x € [a,b]. Poiché [rerde= [rece [see la tesi segue dalla parte i). iii) Per assurdo, esista 2» € (a,8] tale che f(x9) > 0. Per la continuita di f in 29 esiste un intervallo [z3, 2], contenuto in [a,)] e contenente 29, tale he, per ogni = € [21,23] sh abbia f(z) > 3/20). La funzione | > Teorema 9, 287 ate) = { leo) 2 rus] 0 altrove 2 integrabite su {a,6] per il teorema 5 e f(z) > 9(z) per ogni x € [a,2}. Per la parte ii) si ha allora = ff eyae> f o(2yte = 4 steay(as 21) >0 e quindi siamo arzivati ad un assurdo, Osservazione. L'ipotesi di continuita su f in iii) non pud essere soppresea; in altre parole se f € R su [a,8] e f(z) > 0 per ogni = € [a,2], Pannullarsi dell'integrale di f non implica che la funzione sia identicamente nulla come mostra il seguente esempio, Sia f(z) =0 per ogni 2 € (a, |e f(a) = 1 Allora f € 2 su (a,6] per il teorema 5 e f J(z)dz = Sup s(P, f) =0 fs A poiché, per ogni partizione P, 5(P, f) 0. Sia fe Ru [a,tjea O sia P una partizione di (a, 8] tale che (7) S(P,f)-(Pf) 0, sino Py = {z= a <2, <... < tm =e} una pattizione di (a, o] ¢ Pz = (2m =<... < aq = 0} una partizione di {c, 8 tali che SPiN) a(Prf) 0 fissato. Poiché ¢ 2 uniformemente continua su [m, M], esiste 6 > 0, che possiamo supporre minore di, tale che se t,2 € [m,M],|t- 5] < 6 allora |d(t) ~ 4(s)| 6. Sei A siha My — mj 0, esiste 6 tale che se u € a,b] e ju—zo] < 6 allora |f(u)— f(20)| ola) - oei-1) rt Poiché y & derivabile in [2;-1,2%] per ogni i = 1,...4n, per il teorema di Lagrange esistono n punti zj tali che 27 € (241,21) € (2s) ~ elai-a)= #(aj) ai ~ ti1) - Poiché g'(2?) = f(z?) si ha mé(as ~ 4-1) $ (2s) — plter) < Mii — 21-1) e guindi (PJ) S 9(b) ~ ola) < S(P,f). D’altra parte ‘ PDs f Saye s 5.) da cui . / J(z)dx ~ [e(b) - ela) S(P,S) — 9 Pf) Poiché f & integrabile,per ogni ¢ > 0 esiste una partizione P di [a,}] tale che S(P,f) - (P,f) 0, da cui la tesi. Osservazione. Un’analisi della dimostrazione mostra che la tesi continua a valere se f ® integrabile su [a,}] eg & una funzione continua su [a,b], tale che ¢'(z) esiste ed ® uguale a f(x) per tutti gli x € (a,b) tranne al pit un numero finito di punti.. Teorema 17. (Teorema della media). Sia f continua su [a,b]. Allora esiste £6 [a,8] tale che b-are)= [roa Dim. Siano 10) mt) M= Mex 297 Allora + m(b- a) < [ {(t)dt < M(b- a) Quindi esiste 7 € {m, M] tale che fox Per il teorema di Darboux esiste x € [a,8] tale che /(2) = 7 e quindi la tesi. alb= a) Lp Teorema 18. (Integrazione per parti). Siano f e g funzioni continue insieme alle loro derivate prime su {a,]. Allora . . cy f Hea teyee = 0.016) - Hoot) - f s@a(a)ee HO Dim. Sia (F-9)'2) = s'(2)9(2) + F€@)9'(@) ‘Tutte Je funzioni che compaiono nell’uguaglianza sono integrabili su [a,b], quindi [oreue= [ reroteries f" naeteee Ma (f9)! @ la derivata di fg e quindi per il teorema 16 , [o'er = 169 - Hoe) da cui la tesi. > Teorema 19. (Teorema del cambiamento di variabili). Sia f continua su 7 {ai}, derivable ou (a) con derivate continua e 4(2) # Oper ogni = € [0,8]. Allora, se y & la funzione inversa di ¢, si ha a . 4) (22) [lreree= [" 10onw ones N@bim. Notiamo prima di tutto che le ipotesi su 4 garantiscono la continuita di y, la sua derivabilita e fa continuita di y’. Sia ora P = {2 =a < 2 < s+. 0 per ogni z € [a,8}, in modo che & crescente e g(a) < 4(b). Allora Yo = O(a) <9 <-. < ta = (0) @ una partizione delVintervallo [9(a),4(b)} che denotiamo con Q. Poniamo J(¥(y)) = 9(y)- Allora per ogni scelta dei t; si ha Yo Medler— sea) = oatwe(e)— woe) dove (u,) e, se t; € [z;_1,2:], per la monotonia di , si ha uw € [yi-1, ui). Si scelgano ora i punti u; (0 equivalentemente, i punti ;) in modo che (yi) — (v1) = (ve — wa)" (u) - Allora. es) Yatuyvi(wtae— . Quando [P| -* 0 la quantita a sinistra della (28) tende af IMe)dz D’altronde [P| —» 0 implica [Q| -+ 0 per Vuniforme continuita ¢ e allora la quantita a destra nella (23) tende a “01 J, 1ooww'ords a) Analogamente si procede se ¢'(z) < 0 per ogni 2 € [a,2. 5. INTEGRALI IMPROPRI. In questo paragrafo ci proponiamo di estendere la nozione di integrale al caso in cui la funzione integranda non sia necessariamente limitata o sia definita su un intervallo non limitato, Sia f una funzione definita sullintervailo limitato (a,b) e integrabile su ogni intervallo (a +,2] con € > 0 (¢ < b—a). Poniamo He) S(e)dz 299 Def. Diremo che f ha integrale improprio di prima specie sull’intervallo (a, 8] se esiste finito il limite lim 16). Chiameremo questo limite integrale improprio di prima specie e lo denoteremo ancora con il simbolo * ff tev. Esempio. Sia f(z) =(z- a), ER. Sel=-1 . 1 Ie) = iz = log(b - a) — (2) f. 1 dz = log(d~ 0) ~ loge) e quindi lim 1(c) = +00 e V'integrale improprio non esite, SeA#-1 dz =~ [(b- a)4# - 4] Att quindi (=o)! ag.no={ Deca +00 seA<-1 Allora V’integrale improprio esiste se e solo se 4 > —1le (e- a)#2 fh ee TT Analoga definizione si ha se f & definita su [a,}) ¢ integrabile su ogni intervallo [a,b ¢] cone > 0 (e —b. Esempio. Sia f(z) = 2, AER. f : 1,400) +R. Se d -1 s(M) [la M grabs € quindi Vintegrale improprio non esiste. Serg-t M tl pts sans f Pde = sy lM ~ 3] quindi : {ra seA<-1 adita, JO) =} 4H too se A> = Allora l'integrale improprio esiste se e solo se 4 < —1. Ci proponiamo ora di fornire una condizione sufficiente per V'esistenza e una per la non esistenza degli integrali impropri. Enunceremo i teoremi seguenti per funzioni definite su un intervallo (a, 8} e integrabili in [a +e,8] e per fun- zioni definite su [a, +00) ¢ integrabili in {a, M]; @ tuttavia chiaro che analoghi teoremi valgono per funzioni definite su a,b) ¢ integrabili su {a,6—«] 0 per funzioni definite su (—co, te integrabili in [-M, 8]. } Teorema 20, Siano ge f due funzioni definite su (a, 6] ¢ integrabili in ogni )@intervallo del tipo [a + ¢, 8]. se |f(2)] < 9(z) per ogni z € (a,8] ed esiste Vintegrale improprio. [ a(z)dz, allora esiste anche V'integrale improprio f{ Ha)de; 301 ii) se 0 < 9(z) < f(z) per ogni z € (a,] e non esiste lintegrale improprio di g su (a,0] allora non esiste neanche l'integrale improprio di f su (a,8)- Dim, Per ogni e > 0 >0(e 0: : ; (24) [stents s [sede L’integrale a sinistra in (24) 8 una funzione monotona decrescente di e, per 2 —+0,, non ha limite finito per ipotesi; essa quindi diverge a +co. Ne segue che anche Pintegrale di destra in (24) diverge a +00 per €— 0}. ‘Teorema 21. Sino g e f due funsioni definite sull'intervallo [a,+o0) © integrabili in ogni intervallo del tipo (a, M]. i) Se |f(z)] < 9(z) per ogni x € [a,+00) e se esiste l’integrale improprio + oo 4(2)dz allora esiste anche V'integrale improprio f Se)dz. ii) Se0< o(z) < f(2) per ogni x € [a, +0) e se g non & integrabile in senso improprio su [a, +00) allora anche f non & integrabile in senso improprio su [a, +00). Dim. La dimostrazione & analoga a quella del precedente Teorema 20. Per ogni M,N > a si ha: tea — sents [fue < |" tens +0 per M,N —+ +00 per il criterio di Cauchy. Ma allora, sempre per il eriterio di Cauchy, esiste finito , lim J(M), cio’ f ha integrale improprio su (a, -+00). Quindi i) & vera. Per verificare ii) si osservi che, per ogni M >a si ha: [sees [" ree Poiché | 9(z)dz & una funzione monotona crescente e per M —+ +00 non ha limite finito per ipotesi, essa diverge a +oo. Me Ma allora anche f J(z)dz diverge a too per M+ +00. Esempi. 1) Sia f(z) = S22 e si voglia stabilire se f & integrabile in senso impro- a prio in (1,2). cos 2] G7 in senso improprio su (1,2), esiste [ ; 1 Poiché [J(2)] < ea aye F inteerabite @= mr oe artgz 2) Sia f(z) . Allora f non @ integrabile in senso improprio su ~ glogz da = cia) » atelo (10,400). Tatts f(2) = STIS — gfe) ou [10, 40). Ma [ shes log log M — log log 10 -» +00 per M —+ +00. Quindi f non ammette in- tegrale improprio di seconda specie su [30, +00). Sia ora f definita in un intervallo (a,2) e integrabile in ogni intervallo [a+ e,b—n], €>0, 9 >0. Fissiamo 2 € (a,2). Supponiamo che esistano gli integrali impropri f “I(a\dz f : Se)de . Diremo allora che f & integrabile in senso improprio su (a,6) e scriveremo f Hajdz = f° f(2\d04 [teu . 303 Si osservi che questa definizione non dipende dalla scelta del punto zo. Infatti 8e Z € (a,5) 2 un altro punto si ha se ¢ e 9 sono piccoli [eyes = i. S(z)de + f S(z)de [ ye = [teas [C neyee Passando al limite e sommando si lim ete ig Sadz = hi of” sales ig [ seajees f Ia)de ¢Vultimo integrale @ nullo. Analogamente sia f definita su (a,+00) ¢ intograbile su ogni intervallo del tipo [a + €,M]. Fissiamo zo € (a,+00). Esistano gli integrali impropri Ba 42 [ S(a)dze f J(a)dz. Diremo allora che f & integrabile in senso im- Se)dz +00 f{ Me)dx Sadat Come prima, si vede che la definizione non dipende dalla scelta del punto 29. limitato I, eccetto al pid un smo che f @ integrabile in Infine se f @ definita su un intervallo, limitato o numero finito di punti ay < az <... 0 Was e? Quindi, fissato zo, f J(2)dz esiste, in forza del teorema 20. Inolire esiste anche [ Majd. Intatti € 277? & integrabile in senso improprio in |z0,-+00)- Quindiesiste | f(a)dz. ‘A conclusione di questo paragrafo desideriamo notare che non tutte le pro- prieta formali dell’integrale definito vengono mantenute per I'integrale impro- prio. In particolare sottolineiamo i seguenti due fatti (si confronti con il teorema 11): : 1) se f eg sono dotate di integrale improprio su un intervallo non é detto che il prodotto fg sia dotato anch'esso di integrale improprio; 2) se f ha integrale improprio su un intervallo non & detto che |/| abbia anch’esso integrale improprio. © Ad esempio, per quanto riguarda 1), sia 1) = 912) = Jz per 2€ (0,1) ta 1 1 Allora, f —-dx = 2 mentre —— = non ha integrale improprio su un Vi Vi Ve 1). Forniamo ora un esempio relativo alla situazione 2). Sia Size [1,400) . J(z) owe No Esiste [ * s(a)dz, inatti, so M > 4 integrando per parti si ha: 6. VALORE PRINCIPALE SECONDO CAUCHY. fi [ sinz a |, Sia /:R— R definita e continua in [a,¢)U(c,8] dove a 2, n intero Allora. " 0 eee im [fh va im, (log| ~ €| - log | ~ 2| - loge] = ~ log2. Jeeta) = fyteiiees ye fe” een 2 : ain, [Baz [Zee] = Jp, toe ~e1— 18] ~ 21~losel= —oe re eee a : : Lar, Ieinslde = Orie = : (evy [sie = ~ 062 | | | i } i | = Quindi | In maniera analoga si definisce il valore principale di un integrale su intervalli i ie S72 a di ; 1! Poiché Ia serie ) ' = & divergente a +00, la successione {J(Ma}}, per il non limitati. Sia, per semplicita, f definita e continua su tutto R . teorems di confronto, diverge anch’essa e quindi, utilizzando la definizione successionale di limite, si ha J(M) + +co per M — +00. Def. Chiameremo valore principale dell’integrale di f su R il seguente limite, se esiste finito . ff lim f S(a)dz nate Jy, fr Esso sara denotato con: (PY) [ - Sa)dz Esempio, Sia {(2) = sin. Allora » lim [sin dx = nates Jy b im_[- cosh + cos(—A)] = cio’ te cv) [ sinzdz =0 No 7. INTEGRAZIONE DI FUNZIONI A VALORI VETTORIALI. Sia f : [a,b] +R" e poniamo LC) = f@), fal),--- n(2)) dove Si: [a,b] +R por ogni i= 1,2,...n Def. Diremo che f & integrabile secondo Riemann su {a,}] 0 che f € R su {a,8 se J, € X ou [a,b] per ogni i = 1,2,...n. Porremo inoltre [seus (store »[ n0ae) 7 E’ chiaro che vari risultati precedentemente enunciati sono validi per questi integrali (ad esempio il teorema 7). In particolare per quanto riguarda il calcolo, dal teorema 16, si ottiene. (edz, Teorema 22, Ji’ per ogni Sia f : [a,8] + R" continua e ¢, :{a,6] ~» R una primitiva di Jy..)n. Allora, se G2) = (41 (2), 2(2), $n(2)) siha : [ Ha)dz = 8) - Ha). ae Itati richiedono nuove dimostrazioni anche se, nella sostanza, non ;cono da quelli enunciati per il caso n = 1. In particolare si ha ‘Teorema 23. Se f € R su [a,}| allora ||f|j € R su [a,b] e , , bas) | [seve s [tenes = Dim, Prima di tutto |If(z)|[? = Re) e quindi per i teoremi 7 ¢ 11, IZIP € R su [a,b]. Dal teorema 10 segue [if 2 su [a,8]- Per stabilire la ‘ (25), poniamo y; = [ Ji(z)dx e quindi u= [Loves Allora, Soy DS ipenae li? oat = Yow f seeyde = [mite tive ¢ per Ia disuguaglianza di Schwartz si ha Sou fele) < ylllZol e quindi . (26) Iwi? s iat f W£@)lldz Se y = 0 la (25) & banale; se y # 0 basta semplificare la (26) per ottenere la (25). INTEGRALI DIPENDENTI DA UN PARAMETRO. Sia y = (yj, ¥2,---yYa) Un vettore n-dimensionale appartenente all'intervallo Bak", n>1, B= {yeR™ 2a, < yp S b4,02 S ya S bay--nyn St S bn} © 2 una variabile reale dell'intervallo A={zeR:asecb} Sia f(z,y) una funzione a valori reali definita nell’intervallo di RY p= AX B. Osserviamo che, se f 2 continua in E, allora per ogni y, fissato in B, la funaione f(2,y,), che dipende solo da z, 8 continua in A, Quindi per ogni y € B & ben definito Vintegrale w= [reams Teorema 24. Se f ® continua in E, allora la funzione Z(y) @ continua in B. Din. Fissiamo y, € B e dimostriamo In continuita di 1(y) in y,. Sia e > 0 arbitrario. Poiché E ® compatto f & uniformemente continua in B, Percid esiste 6 > 0 tale che per ogni copia di punti (z1,y,),(22,4,) € E tali che Weayy,) - (zasu,)I< 6 si abbia W214) Menu) E, che f sia continua in Ue inolire esstano in U le derivate parzili prime rispetto alle variabili a, Oy y-++M, anch’esse continue in U. 31 Possiamo allora dimostrare il seguente teorema. Teorema 25. (Derivazione sotto il segno di integrale). Nelle ipotesi sopra dichiarate la funzione (y) @ derivabile parzialmente in B e si ha ar ve w= ff Fy llewdde 6 1,2,..05n, Osserviamo dapprima che esiste un intervallo Ey, U > E, > B, Ai x By con AC Ay CR, BC By CR". Applicando il teorema 24 E; si ottiene che 1(y) @ definita e continua in By. Fissiamo ora y € Be dimostriamo il teorema nel caso della prima variabile 1% (per le altre il ragionamento & analogo). Siha Aa + Ay ay +s Yn) = Hy h [ SL (2,91 + Ay yay Ya) — S(t yi ve >a ae (28) 8) de Applichiamo ora il teorema di Lagrange per valutare I'integranda nel secondo membro della (28). Si ottiene (29) Ayu 4 aay ++) Ye) = Myr Yas h [Geter Ohya stele nua in Ue quindi in E,, si pud applicare dove 0 < 0 <1. Poiché ge eco all’integrale nella (29) il teorema 24. Poiché af of ian SE (2,41 + hy Yay 24a) = Bigg Mt + Maas nae) = Bye siha Tn + fy Yayo ta) = (Yes Yar += Ye) =f Le de a * fay Oe) da cui la tesi. No 9, FORMULA DI TAYLOR CON RESTO INTEGRALE. In questo paragrafo diamo un’altra espressione del resto T, nella formula di ‘Taylor (7). Teorema 26. Sia f derivabile n-volte nell’intervallo [z9, 20+] con derivate continue. Allora vale la formula (7) del paragrafo 5 cap. 8 con (30) T.(h mol (1-18 (ag 4 th)at . Dim. Consideriamo la funzione ausiliaria (25 + th) + (1- ore + tht et =H F(t) =S(20 + th) + (=) tebe f°" (a9 + th) definita in (0, 1]. Perle ipotesi fatte su /, F & derivabile con derivata continua in (0,1). Inoltre F(1)~ F(O) =S(20-+ 4) ~ sea) ~ sao) — Erte) a y (1) f°" (0) « ( Per il teorema fondamentale del calcolo integrale (32) F(t) - F(0) = f Pat ba i. Inoltre si ha 1 td far F(t) =hf’ (% +th) + 05 [Sa-a1%s +th)| = ml =hf'(zo + th) - D> eowilt = tyr ts (a9 + th) + (1 = ty f(x + th) = 1 = 11 f(a + th) + ap O10 = (1 = "4" (zo + th) Combinando questa espressione per F"(t) con (31) e (32) si ottiene l'espres- sione (30). (F910, SpRIE E INTEGRALI. In questo paragrafo intendiamo studiare una interessante relazione tra la no- zione di integrale improprio di seconda specie e quella di serie convergente. Sia f una funzione a valori reali definita su {0,-+00); supponiamo che f sia monotona decrescente (non necessariamente in senso stretto), e non negativa, cio? f(z) > 0 per ogni z > 0. Per definizione, f ammette integrale improprio su [0, +00) se e solo se esiste finito Jim, 1M) dove Me 1M) = S(a)dz. Notiamo che 1(M) @ definito per ogni M > 0, poiché f, essendo monotona su {0,-F00), lo @ anche su [0, M] e quindi integr Inoltre, se 0 < My < Mp, siha Ma Ms Ms Ms I(Mz) = S(x)dz= I(z)dx +f S(z)dz > S(z)dz = (My) lo a hes 0 ie Ms poiché | — f(z)dz > 0 per Vipotesi di segno fatta su f; quindi 1(M) @ una has, funzione (della variabile M) non negativa e monotona crescente, eventual- mente in senso lato. Detta k la parte intera di M, si ha in particolare (3) 1() < 1(M) < 1(k-+1) Associamo ora alla funzione f la serie a termini non negetivi 2 Lise). ast Posto S, = Ss, siha (34) 1k) = Newz= 3 [ Hoe > S46 ket a a W(k+1) = S(2)dz = Sz)dz < i-1)= vas [ree Sf sates se (35) . = LIM =1/04+5 Le disuguaglianze in (34) e (85) seguono dal fatto che per ogni x € {i — 1,1] si hha, per la monotonia di f, fi) ¢ fz) SG -1)- Dalla (33) segue quindi (36) Si SUM) < J(0) + Se +90 Ora, se esiste [| — f(2)da, cio’ se esiste finito , jim 1(4), dalla (36) segue che la successione (5, ®limitata e quindi,essendo monotone (é la successone delle somme parziali di una serie a termini non negativill!), & convergente. * Alora la serie ‘) > /(n) converge ¢ in particolare dalla (36) segue a SD ea _ = @n) Yost) s [sede < 40) - Viceversa, se Ia seri SS J(n) & convergente, Ia succession {S,} 8 conver- imitata gente e quindi limitata; ma allora, per Ia (36), 1(M) # una funzione i e, essendo monotona, ammette limite finito per M — -+oo; quindi esiste foe J (z)dz ¢ vale la (37). Possiamo riassumere quanto detto nel seguente teorema Teorema 27, Sia f definita su (0, +00) monotona decrescente ¢ non ne- gativa, Allora V'integrale improprio J(2)dz esiste se ¢ solo se la serie +o DY s(n) @ convergente e vale Ja relazione wt = oo $00. Sres [readers S100. Osserviamo che le quantita 1(M), Si, Sx + f(0), precedentemente introdotte, hanno un chiaro significato geometrico. 10) F(Y) £(2) J(3) J(k) S(e+2) KM K+t 1(M) & Varea della regione compresa fra il grafico di f, I'asse delle ascisse © le rette 2 =0, ‘5, rappresenta I'area del plurirettangolo, ottenuto Ga unione dei rettangoli Ry, f= 1,2, 1,i] e alteaza f(i). NG te Sz + J(0), daltra parte, si pud interpretare come Varea del plurirettangolo, unione dei rettangoli Ri, i= 0,1,...,k, aventi per base gli intervalli {j,i + 1} e altezza:f(i) (v. figura). Osserviamo infine che il teorema 27 pud essere utilizzato per avere una valuta- ione (non molto precisa in generale) della somma di certe serie, Ad esempio, Seopa ney= {5 [series [ seyaes J (2)dz = 1+ Dalla (37) si ha allora J. UNA FORMULA DI SOMMAZIONE DI EULERO, LE FORMULE DI EULERO-MASCHERONI, WALLIS E STIRLING. I metodi del parageafo precedente conducono a stime per eccesso e per di- fetto delle somme 5, mediante gli integrali . (formula (36)). Desideriamo ora presentare una formula di sommazione dovuta a Eulero. Il pregio di tale formula consiste nell’espressione assai semplice dellerrore che si commette s0- stituendo alla somma 5, V'integrale Jy. Inoltre non vengono richieste proprieta di monotonia, bensi la derivabilita (con derivata continua) della funzione /. Sia P(z) la funzione reale cost definita: P(e) el. P(z) 2 periodica di periodi 1 (P(z-+ 1) = P(z)) ed ha il seguente diagramma: ‘La convergenza uniforme di una successione di funzioni reali di variabile reale {Un} alla funzione f pud essere visualizzata nel seguente modo. Consideriamo i diagrammi delle funzioni f(x) ~ ¢, f(z) + ¢; essi determinano una striscia di ampiezza 2c avente come mediana il diagramma di f(z). La condizione © (4) ei dice allora che i diagrammi di tutte le funzioni fa(z) giacciono in tale striscia se n > no. Sap a(2) ~ f(2)1= Seg quindi {f,} non converge uniformemente su C alla funzione nulla. Converge perd uniformemente su ogni sottoinsieme limitato EC C; in- fatti sia |2| $(k) converge e si ha Dam [" rertesdi0+ [° reoriere. Dim. Poiché |P(2)/"(z)| < Z1/'(a)|, P(a)/'(a) & integrable in senso impro- prio su (0,-+00). Passando quindi al limite per n — -+oo in () si ottiene la tesi, Applichiamo ora la formula (E) per ottenere due classiche relazioni di grande importanza in Matematica, 1) La formula di Bulero-Mascheroni Sia f(2) (2+1)-. La formula (E) diviene (con n ~ 1 al posto di n): 1_ ft? _Plz) fa Waa” ete T+2F|* 20427" precedente si pud scrivere anche nella forma: 7 not when tat (14 f ove si & posto y= +2, Dialtra parte fl bed beh wtp Ne segue la formula di Bulero-Mascheroni: 1a (38) Mtg 319 dove 0< eq < i Si noti che, poiché ~1 < P(2) < } sihe ate dz 1 ft? dz 1 ee tre t eee Wh Wrap = 0 P(x) f" P(2) a Pla) eit tc “ tele FO) aa hf he Phy Ite ig lt +0 pert —+ +0 [> Pobee= tn, [ PEbde =a [0 Poeena- [Foam 2 i ~aati C *Oohe : 323 da cui (41) cio’ tee P(x) 1 fe T+2"| Sima rr wo ty2 i2J,. (rap an” Tan te Plz) On. fe ow os inlet [Pee a oe estes Mostriamo ora che a= —1-+ $log2n. Utilizziamo la formula di Wallis nella forma equivalente espressa dal Corollatio ¢ passiamo ai logaritmi. Si ha Jim_{2nlog2-+2) log k ~ Slog k ~ flos(L + 2n)) = flog & : notee cat Utilizzando la (40) per esprimere le sommatorie a primo membro ed eseguendo Ja cancellazione si ottiene . 1 td B (42) lin, {1+ blo 25> — Liog2} +a=tiog% en ere 7 poiché lim, (of PO ie all @ dt) =a. Dalla (42) si ricava aliora 1 a=-14 Slogan. + ghee Infine tenuto conto della (41), dalla (40) si ottiene a 1 1 Om log(n!) = log k = nlogn nt plogn + 5 logan + O< |) <1. Passando agli esponenziali si ottiene la formula di Stirling (s) nl=nteV2nme/2" dove O< |@n|<1- Iseguenti esempi numerici mostrano con quale rapidita il rapporto tenda aL | La differenza invece non tende a zero, ma diverge a +00 piuttosto rapidamente. n nt | —— | nt-mevien v2 5 120 1, 01695 2 10 3.628.800 100837 330.104 15 | 1.307.674.368.000 1,00557 | _7.248.642.000 11, CURVE ORIENTATE E INTEGRALE CURVILINEO 1, CURVE ORIENTATE. Siano 9, :fa,,b)] + R” eg : [ay, bo] > R” (n> 1) due funzioni continue. Def. Diremo che g, sono equivalenti ¢ scriveremo g, ~ g, se esiste © 9, 4 una applicazione ¢ : [ay by] — [a2, bs] biunivoca, continua e crescente (d’ora innanzi b.c.c.) tale che g,-= 9,04. La relazione “~" & chiaramente una relazione di equivalenza nell’insieme ¥ di tutte le funzioni continue a valori in R", definite su intervalli chiusi e limitati dell’asse reale. Infatti: a) se ¢ denota l'applicazione identica di [a,8] su se stesso e g € Y'& definita su {a,)] si ha g=goi ciok g ~ 9. b) seg,.9, €¥,9, ~g,,allora g-! &b.c.c. definita su [a2, 0s] con codominio dato dall’intervallo (a,,6,) e %, = 9,009 ' = 9, 06" cio’ nm ©) 86 94505995 ©¥s 9, ~ 951 Gq ~ Byp esistono $, © $s, b.ce. tali che = 9,°¢ = 0% (326 Quindi 4 =H odne eros & bec, cot g, ~ 9, Def. Ognuna delle classi di equivalenza rispetto alla relazione “~" in cui si distribuiscono le funzioni g € Y si dira curva orientata in R". RY & continua, indicheremo con I o con {g} la relativa curva Ognifungione f ¢ I’ si dird una parametrizzazione dil. Se f(t) = (fr(t), fa(t), -++yJn(t)) diremo che Vequazione vettoriale z = f(t) (0 le equazioni scalari 2; = Jj(t), § = 1,2,...,n) & una equazione parametrica della curva To una rappresentazione parametrica di I. Se I’ 8 una curva orientata in R” eg, f €, allora chiaramente g e f hanno Ia stessa immagine in R". Seg: [a,b] + orientata. Def. Chiameremo tale immagine, “sostegno della curva orientata I”. Sia g € I, g : {a,t] + R”, biunivoca fra [a,8] ¢ il sostegno. Allora se f ~ g, anche f realizza una cortispondenza biunivoca tra Vintervallo chiuso e limitato su cui definita ¢ il sostegno di Def. Sia T una curva orientata e g € P. Supponiamo che g sia un'applica- zione biunivoca, Allora I’ si dice arco di curva orientato in R". Esempi. 1) Sia n= 3. (z,y,2) il generico punto di R®, Sia y= w+ tcos 8 te[-1,1] z= % +tc087 x= +tcosa (1) { dove (z0, 0, #0) ® un punto fissato e cos? a+ cos? f + cos? y = 1. L'arco di curva orientato in R® avente le (1) come equazioni parametriche, he come sostegno un segmento di retta in R°, 2) Sian=3e z= cost (2) { sint te [0,27] ‘Sar Lue (2) sono le equazioni parametriche di un arco di curva chiamato elica te [0,2] a @) { y=sint La curva orientata di equazioni parainetriche (3) non 2 un arco di curva Poiché a t= 0 ¢ t = 2m corrisponde lo staso punto (1,0). Il suo sostegno 2 la citconferenza di equazione 2? + y? = 1. Sian =2e f una funtione reale di variabile reale,-definita e continua su [2,8]. Allora Ja curva orientata di equazioni parametriche {; ves) & un arco orientato, avente come sostegno il grafico di f. te a,8] 5) Sian =2e T la curva orientata di equazioni = cost © ( Tl sostegno di°T' coincide con la circonferenza 2? + y? = 1 (vedi esempio 3) ma 2 diversa dalla curva dell’esempio 3 come vedremo nel prossimo paragrafo. te [0,47] 2, ORIENTAMENTO. Sia T una curva orientata in R” e g : {a,6] + R" una sua parametrizzazione. Sia r : c,d] — (a,0] una applicazione \ca, continua, decrescente (d’ora. innanai b.c.d.), dove [c,d] 2 un intervallo chiuso ¢ limitato dell’asse reale. Se A= gor, chiaramente h :(c,d] > R" & continua. Def. La curva orientata {A} verra denotata con —I e si dir curva orientata, in senso opposto a I. La definizione data sembra dipendere a prima vista d due elementi arbitrari: la scelta di g in Ie la scelta di r tra tutte Ie possibi applicazioni b.c.d. di un intervallo {c,d} dell’asse reale su [a, 8]. Il seguente teorema mostra che in realta la definizione di —T' non dipende da tali elementi. 328 ‘Teorema 1, Siano he g come sopra. Siano h* : [7,5] R" e g* = [2,6] -» R" continue. Allora se h” ~ he g* ~ g esiste una applicazione # : [144] — [aA] b.c.d. tale che k” = g* 04. Inoltre se 4 2 una qualunque applicazione b.c.d. di un intervallo {7, 6;] su [o,f] e g* ~g allora hy = g" od 2 equivalente a h. Dim. Sia dy : {e,d] > [1,4] b.c.c. tale che h= h’ og, © $2 : [a,6] + [a,A] b.ce. tale che g = g" os. Allora posto ¢ = ¢2 01 0 ¢;! si ha che ¢ : [7,6] + [a,A] & biunivoca continua decrescente ¢ ogi! =gorog;! =g ogporogj! =gi od. Inoltre se ¢ : [11,61] -» [a, A] @ b.c.d. & Pope dy : [a,b] la, A] a bc.c. eg=9° o¢2, sihah,=g og = og=hortodstog Poiché +” ops !og 8 bice. di [1y6i] su [ed] segue che hy ~ A. Corollario, Se TP & una curva orientata ~(-I') = Si noti che se T 2 una curva orientata, I e —I hanno lo stesso sostegno. Vedremo tuttavia che esistono curve orientate diverse da I' e ~I' e aventi lo stesso sostegno di I' e -I’. Quando P & un arco di curva orientato, possiamo identificare I con il suo so- stegno ordinato in maniera opportuna, come ora chiariremo, Sia T un arco di a, 5] — R” una sua rappresentazione parametrica. Py gta) = Pra curva orientato in R” Siano t,t € [a,8| e g(t) smo che P, precede P; escriveremo P, uz. Percid g,(t1) < g,(ta) see solo se g,(s) > g,(t2)- Convenzione. Sia Pun arco di curva orientato in RX", D’ora innanzi useremo il simbolo I’ ¢ il nome di arco orientato di curva in R" anche per indicare il sostegno di [‘ con Vorientamento indotto da una qualunque parametrizzazione iT’. Quindi nel caso degli archi orientati, la nozione di curva orientata viene a coincidere con Ja nozione intuitiva di “linea” in R° percorsa in un certo senso. Nell’esempio 1) l'arco —T ha le stesse equazioni di I’ ma con a, 8,7 rimpiazzati da atz,f-+1,7-+7 rispettivamente. Nellesempio 2) lelica cilindrica, orien- tata in senso opposto, ha equazioni che si ottengono sostituendo al parametro t€ (0, 2x] il parametro t’ = -t con ¢’ € [-27,0). Def. Se & un arco orientato eg : [a,b] + R” & una parametrizzazione di T chiameretno rispettivamente 1° ¢ 2° estremo di I’ i punti A = g(a)e B= g(#). Ovviamente la definizione non dipende dalla parametrizzazione g scelta. In -T Vordine dei due estremi 2 chiaramente invertito. Inoltre se P € ¥ si ha ASPSB Osserviamo che non & possibile, in generale, ordinate il sostegno di una curva orientata, che non sia un arco, in manicra analoga a cid che si @ fatto per gli archi. Pud infatti capitare che a punti ty,t2 tali che t; < t2 corrispondano punti P,,P; uguali fra loro. Nell’esempio 5) se t; @ un qualsiasi punto di [0,2x] e ty = t; + 2x si ha che i punti corrispondenti P, e P; sono uguali COsserviamo poi che se due curve orientate I’, ¢ Tz hanno lo stesso sostegno, non &dettoin generale, che esse siano la stessa curva orientatao che TP = ~T. ‘Ad esempio la curva Ty dell’esempio 5) differisce dalla curva I’; dell’esempio 3) eda —T'. Sia infatti g € Ty ¢ f € Tz (come negli esempi sopra citati) ¢ sia od con $: {0, 21] — [0, 4x] b.cc. (0 bic.) Se th, te € [0,21] ¢ (ts) = 6(ls) = Za allora OK R" continue e Ty = {g} T2 = {A}. Supponiamo 9(b) = ho). Sia f:|a,b+ > R” Ja funzione (continua!) definita da: 0 (a, bf ) £0= {20 , oy teees a Def. La curva orientata f = {f) si dird unione di I, ¢ T's (nell’ordine) scriveremo convenzionalmente [ =T', UT. D B g(t) =e) D= h(a) ne” sia consistente occorre provare che I non dipende dalla scelta di g Ty e hE Ts. Teorema 3. Siano g, € Ty g, € Ty. Siano A, €T2,hy € Ta. Allora se £,(=1,2) 2 definita come in (6) con g, e hy al posto dig e Asi ha {L}= (L) Dim. Sia 9, : [a,b] + R", 9, : [aa,bo] + Ry Ay + [ersdi] +R", Bo: {eo,da] + R®. Per Vequivalenza g, ~g, ¢ hi ~ hy esistono ds e da x + [asbs] > [a2,ba) | | | | | | | 331 2 [ersdi] ~ [eayda] biunivoche continue crescenti tali che Sia ora a= {20 te lay.b) daltter—bi)+b2—e2 bE [bb +d — 1] Allora @ : [ay 4; + dy — cp] + R @ b.c.e. con rango {ay,by + da — ca] esi ha LO =L00) te lash +d a4) Quindi f, ~ f,. Yeorema 4. Siano g, ET's g, € ~Ti, hy € Ta, hy € —Ta. Allora se f, & definita come in (6) con A, € g, al posto dig eA si ha {L}=-{L) Dim. Analoga alla precedente. Corollario. Se T = 1; UL, allora -T = -T2U-Ty. [a,b] +R" continua eT = {g}. Siac € (a,b) Siano g, ¢ g, le restrizioni dig agli intervalli[a,¢] e [e,8] rispettivamente e sia T, = {g,}, fa = (g,}- Ovviamente siha P= T,UT2. Viceversa se I = PUT 2 ef = {J} ci si pud sempre ricondurre al caso in cui le parametrizzazione di Ty ey sono restrizioni di f a due sottointervalli contigui dell’insieme di definizione. Osservazione. Sia g Osservazione. La notazione I, UT's ¢ puramente simbolica e non va confusa con la usuale notazione insiemistica. Di quest’ultima non ha, in generale, le proprieta. Ad esempio, se si & definita l'unione di due curve orientate T' ¢ T; nellordine, non & detto si possa definire T, UT (per farlo bisogna che il secondo estremo di [2 sia uguale al primo di I';). B” invece vero che oO) Ty U (PUT) = (C1 UT2)UPs La dimostrazione della (7) & una semplice applicazione della efinizione. Def. Una curva orientata I’ si dice di classe C! se essa ammette una pa rametrizzazione g differenziabile con continuita, cio’ derivabile con derive continua. T’ si dice di classe C1 a tratti se @ unione di un numero finite dh curve orientate di classe C! Hen numero Bio Osserviamo eeu curva di classe C! pud ammettere rappresentazioni para- fe non differenziabili con continuita. Ad esempio sia I I’ i eee inuitd. Ad esempio sia I Parco orientato ret { te [0,4] v=0 Un’altra rappresentazione di I’ data da fe-{o tea y te (0,2) che non @ differenziabile con continuita. Quando parleremo di curve di classe C! sard sottinteso che considereremo soltanto rappresentazioni parametriche differenziabili con continuits, Esempio 6). Sia T la curva di equazioni parametriche te[-1,0] £€ (0,1) te [1,2] te [-1,0] te (0,1) t te 1,2) T'€ unione di tre archi orientati di classe C!. B’ una curva di classe C! a tratti Ovviamente le curve degli esempi 1) 2) 3) 5) sono di classe C! . Li; viamente Te c 5) sono di classe a curva dellesempio 4) 8 di classe C! se / & derivabile con derivata continua su fa, 8 333, 4. CURVE RETTIFICABILL Sin T= {9} una curva orientata e g una sua rappresentazione parametrica dlefinita in fa, 3 Sia p la partizione delPintervallo [a,b] mediante i punti a = ty 0. Poiché g'(t) @ uniformemente continua su (a, esiste 6 > 0 tale che |g'(s) - g'(0)I| R sia differenziabile con conti- Allora la curva é di classe C! e la sua lunghezza 2 data da [ T+ (Oye. “Se f & differenziabile in [a,c] e in {c,b] con ¢ € (a,b) f' & continua su tali intervalli la curva dell’esempio 4) & unione di due curve di classi C* e quindi rettificabile con lunghezza data da [ vit Tope f JTF 7 Pat . La circonferenza unitaria percorsa una volta in senso antiorario e successiva- mente una volta in senso orario rettificabile con lunghezza 4x. Infine la curva C! a tratti dell’esempio 6) ha lunghezza data da [voriaes [vor was f° J (Haye $ (Hijtat = 1414+ V2 = 24 v2 E lo A Diamo ora un esempio di curva non rettificabile. Sia [ l’arco di equazioni parametriche a()=t te [0,2] w(¢) oft = {tein te (0,2) Sia m un intero positivo e p la partizione di {0, 2] costituita dai punti re 2m — (25 + 1) 1) tai AER SP

0 Def. _Diciamo che un numero reale A é limi lol + O€ scriviamo A= lim, o(f,9) se per ogni ¢ > 0 esiste 6 tale che per ogni partizione p di I’ con |p| < 6 e per ogni scelta dei punti 215 Q2y ++ Quy Qi CLs, si ha lo(f,0)- Al 0 esiste & tale che per ogni p, |p| < 5, si ha |e'| <€ i) per ogni € > 0 esiste 6 tale che per ogni f’, |f'| < 8, si ha |p| <€ Poiché 2(t) & continua e stabilisce una corrispondenza biunivoca fra (a, 8] e il sostegno di, la sua inversa, 2-', & continua su I e quindi, per la compattezza del sostegno in R", ® uniformemnte continua . Allora per ‘ogni € > 0, esiste 6 > 0 tale che (13) PQer ||P-Ql<6=> fz*(P)-2°Q)ll<< Sia p una partizione su I’, p = {Fo,P1,.-+5 Pe}, tale che |p| < 6. Siha WR-Pall= da cui, per la (13), Wel = Max, Sia M = Maxllz'(i)||- Si ha ‘ bol= ,Mox,€t,) =,Max, [” laear< Mie. Ne segue che, per ogni e > 0, se [p'| < =6siha |p| F(ui)IG (ts) ~ G(-1)] € per il teorema di Lagrange (6) = D> F(u)G' (u(t ~ ta) con f-1 <1 < ty per ogni i=1,...,m. Allora =/SD Fwde w(t - STR(u) - Pender wane | (asf) ~ [roca < . -f F(t)G'(t)at} + FIG nl Do FIG (uNti = ta) = fe 343 | < 6allora |F(u)—F(4)| <6, Per ogni e > 0, esiste 5 = 6(¢) tale che se © poiché F & uniformemente continua “Ma, peril Lemma 10, se [ 8 abbastanza piceola, |p| < 8 e quindi a maggior ) ragione fu; — 4j| < 6 per ogni = 1,...,m. Se poniamo M = Max|G'()| si ha SF) — Pade" ene a| < DIF Ou) — PEDIC Alt ~ 1) < eM (b~ a) D’altra parte, esiste 5" > 0, tale che se |p'| < 6" [0 Esempi. i) Sia T Velica cilindrica dell’esempio 2). Sia f(z,y,2) = 2? +9? +2 e d(z,y,2)=2 Allora F()=14? G@=t Quindi sag = [ee yaa oee ge ii) Sia T 1a curva orientata di equasioni n= cost { t€ [0,2x] y=-sint A(zy) = deyay Allora F(t) = cost cow= e a [ Jdg=— | cost edt fii) Sia T la curva orientata dell’esempio 6). Sia f(e,y) = 2° © dfe,3) Alora P=P,Ulurs oat dove I 2 il segmento sull'asse ¥, 'p il segmento sullasse Xe Ts il restante segmento. (Pitt propriamente I',,'2 ¢ I's sono archi orientati).. Siha F(t) =0 sul; Gitj=t uly F()=0 sul, G(t)=0 sul F(t) = (2-1)? sul’y G(t)=1-t sults Quindi : [44-0 f fag [i= [ sus=- f'e-ora= Nel calcolo concreto dei Osservazione. integrali curvilinei spesso 8 asse- __ gnato il calcolo dell’integrale lungo un “cammino” di cui non sono fornite le ‘equazioni parametriche, ma che viene assegnato come luogo di punti con un verso di percorrenza. Per esempio: “Sia T Punione dell’arco di parabola z = y? compreso fra i punti A = (1,~1) | eB =(1,1)ed il segmento congiungente A e B, percorso in senso orario”. Si voglia calcolare | fd con f(z,y)=zt+ye d(z,y)=y In questi casi bisogna scrivere I’ come unione di archi orientati e poi effettuare Vintegrazione su ogni arco, scegliendo ovviamente 1a parametrizzazione pid conveniente. Nel nostro caso possiamo scegliere in modo che f = T, UI e I’ sia una curva C? a tratti. Quindi si ha [t= 16+ [ sag= [exe)- sea TOO fn TO I, fl ceve-nyea= Se invece I’ foase stato lo stesso cammino ma percorso due volte in senso oratio avremmo ottenuto [sear (-2) = T=MUPUry uly poiché con Ty eT2 come prima, ly =T, ely =p. In tutti gli esempi presentati in questo paragrafo abbiamo considerato come integratrice una funzione ¢ definita non solo sul sostegno di I’ ma in un aperto che lo contiene. In generale ¢ (¢ anche f) pud essere definita solo su I un caso particolarmente importante @ il seguente. Sia I’ un arco rettificabile di primo estremo A e secondo estremo B. Denotiamo con P il generico punto di I. Sia (P) = €(AP) ciot ¢ sia Ia lunghezza dell’arco di primo estremo A (cio’ il primo estremo di I) e secondo estremo P. Questa funzione viene chiamata comunemente “parametro arco” e la scrittura [se viene in genere adottata per denotare l'integrale curvilineo in cui la funsione integratrice @ il parametro arco. Teorema 16. Se esiste f fads allora esiste anche f fds e vale r (16) [oe [. fds ~I 2 Parco rettificabile di primo estremo B e secondo estremo A; quindi il parametro arco su —I’ é definito da $(P) = &(BP). one BaM% 0. Ne segue che s(t) @ monotona crescente, derivabile con derivata continua e che la sua inversa, t = ¢(s), & pure derivabile con derivata continua. Se L 8 la lunghezza di I, t(s) @ definita su (0, L] a valori in (a, 6]. Quindi g(t(s)) & pure una parametrizzazione di I derivabile con derivata prima continua per ogni ¢ € (0, £]. Sia ora f una funzione positiva definita sul supporto di I’, e denotiamo con J (8) Ia funzione f(9(t(s))). Si ha: mo) [see [’reenigeone= [" sto. L'integrale a sinistra in (17) si pud allora interpretare nel modo seguente. Sia 5 Ia “superficie” in R° ottenuta proiettando la curva x = g(¢(s)) dal punto all'infinito dell’asse 25 (cio8 Ia superficie ottenuta mediante Punione di tutte Je rette parallele all’asse 3 passanti per i punti di F). Poniamo z(s) = g(t(s)) e sia S la porzione di 5 delimitata dalla curva T, dalle rette perpendicolari al piano 2122 passanti per gli estremi dell’arco e della curva (21(s),23(s), /(s)). (Regione tratteggiata nella figura) ee ers 1) Scrivendo esplicitamente le somme di Riemann-Stiltjes relative a una parti- © tione p di E (9, $18) = BL(Q)(s(Pis1) ~ (Fi) ¢ passando al limite per |p| ~ 0, si vede che | fds pud essere interpretata come “superficie del “cilindroide” S. Naturaimente valgono le osservazioni fatie a suo tempo per Vinterpretazione geometrica dellintegrale di Riemann. Infine osserviamo che il membro a destra in (17) é Warea della regione piana S* ottenuta sviluppando su un piano il cilindroide S. = La riduzione di un integrale curvilineo a integrale di Riemann corrisponde in questo caso all’operazione consistente nello sviluppare S su un piano. 12. ELEMENT! DI CALCOLO COMBINATORIO 1, INTRODUZIONE. Sia dato un insieme di n oggetti di natura qualunque, ad esempio individui di una popolazione, carte di un mazzo, palle da biliardo (non necessariamente tutte distinguibili tra loro), molecole di un gas etc. In quanti differenti modi si possono disporre o combinare k di questi oggetti? Quante delle possibili scelte di k tra questi oggetti godranno di una determinate proprietA? A queste tipiche domande, indipendenti dalla natura fisica o matematica degli oggetti considerati, risponde il Calcolo Combinatorio, di cui presentiamo una trattazione elementare nei paragrafi seguenti. Prima di entrare nel vivo della materia & utile sottolineare la seguente regola delle scelte successive: “Se un oggetto A pud essere scelto in n modi differenti, € successivamente tun oggetto B pud essere acelto in m modi differenti, allora A e B (in questo ordine) possono essere scelti in nm modi diversi” Esempio 1. Sia dato un mazzo di 52 carte. Se vogliamo estrarre due carte, la prima carta A pud essere scelta in 52 modi diversi, la seconda carta B in 51 modi diversi, poiché una carta @ gia stata scelta. In totale A e B si possono scegliere in 52-51 modi diversi. PERMUTAZIONI E DISPOSIZIONI. Def. Una permutazione di n oggetti distinti (n © N) @ un qualunque alli- neamento dei medesimi. In altri termini una permutazione degli n oggetti ® assegnata quando si indichi quale oggetto viene collocato al primo posto, quale al secondo, . . . , quale all’n-esimo, Esempio 2. Sia n= 3 indichiamo con A BC i tre oggetti. Si hanno allora 6 permutazioni possibili: ABC, ACB, CBA, CAB, BAC, BCA. ‘Teorema 1. n(n —1)(n — 2) ero delle possibili permnutazioni di n oggetti distinti @: BRL Dim. — L’oggetto da collocare al primo posto pud essere scelto in n modi diversi. Una volta effettuata la prima scelta, abbiamo n — 1 scelte possibili per il secondo posto. Una volta scelti il primo e secondo oggetto, abbiamo n—2 scelte possibili per il terzo posto e cosl via. Applichiamo ora ripetutamente la real delle scelte successive e otteniamo che il numero cercato & n(n —1)(n— Deed Ded Def. I numero n(n ~ 1)(n — 2)(n ~ 3)...8+2+1 viene indicato con nl Si legge: “n fattoriale”. Per convenzione si pone 0! = 1 1 valori di n! erescono assai rapidamente: 0 1 1 1 2 2 3 6 4 24 5 120 10 | 3.628.800 Esempio 3. Le 52 carte di un mazzo da bridge si possono rimescolare in 52! modi diversi. Si pué calcolare che 52! ~ 8.00582 x 10°? Osservazione. Non 2 difficile dimostrare (¢ lo lasciamo come esercizio) che il numero delle permutazioni di n oggetti il numero delle possibili applicazioni biunivoche di Fy = {1,2,-.-,n} suse stesso. nota quando si sappia, quale oggetto occupa il primo posto, qualeiil secondo, = , quale il k-esimo, 4k = 2, Indichiamo con A, B,C, D gli oggetti. Le AB, AC, AD, BC, BD, BA,CA,DA,CB, DB,CD,DC II numero delle k-disposizioni di n oggetti distinti @ n(n (n-k+1). orema 2, 1)(n—2).. Dim. Il primo posto pud essere occupato in n modi diversi. Il secondo in (n=1) modi diversi (una volta scelto il primo), e cosl via. Arrivati al k-esimo posto abbiamo (n ~ k+ 1) scelte possibili. La regola delle scelte successive fornisce ora il risultato. 1 Osservarione. Si oti che n(n—1) ...(n—k+1) = GT Gy B’ facile inoltre | dimostrare (lo lasciaino come esercizio) che il numero delle k-disposizioni din oggetti @ il numero delle applicazioni iniettive di F, = {1,2,....} in Fy = (,2y.0 90} — Esempio 5. in una corsa di 6 cavalli ci sono 30 = 6-5 possibili piazzamenti dei | primi due arrivati e 120 = 6-5-4 possibili piazzamenti dei primi tre arrivati © (tris “secche”). ie Siano ora dati n oggetti e facciamo k successive scelte tra essi rimettendo dopo ogni scelta Voggetto estratto nell'insieme iniziale. Qui k & un intero positive | qualunque. In quanti modi diversi possiamo fare cid? Def. Una k-disposizione completa di n oggetti un qualsiasi allineamento di i oggetti scelti tra gli n, allineamento in cui ogni oggetto pud essere ripetuto un qualsiasi numero di volte. Ancora una volta una k-disposizione completa & determinata quando si sappia ‘quale oggetto sta al primo posto (o viene scelto per primo), quale al secondo etc, Tuttavia uno o pit oggetti possono apparire in diversi post. 358 =2 Esempio 6. Siano A, B, C tre oggettie Le k-disposizioni complete sono: AA, BB,CC, AB, BA, AC,CA,BC,CB . Teorema 3, I! numero di k-disposizioni complete di n oggetti 2 n*, Dim. Anche in questo caso, come nei precedenti, la tesi segue dalla regola delle scelte successive, dopo avere osservato che il primo oggetto pud essere scelto in n modi diversi; il secondo oggetto pud essere scelto ancora in n modi diversi, poiché permettiamo le ripetizioni, ¢ cos) via k volte. Esempio 7. Il numero di possibili colonne del totocalcio 8 39, Si tratta infatti di disporre con ripetizione 3 oggetti (1, 2, X) in 13 caselle. Osservazione. 11 numero di k-disposizioni complete di n oggetti & il numero delle possibili applicazioni definite in Fk = {1,2,...,k} a valori in F, = {1,2,.-.5n}, COMBINAZIONI. Nel paragrafo precedente ci siamo occupati di allineamenti, cio’ scelte ordinate di oggetti. Ora ci occupiamo solo di scelte tra gli n oggetti senza tenere conto dell’ordine in cui tali scelte vengono effettuate. Def. Si dice k~combinazione di n oggetti distinti un qualunque sottoinsieme | di cardinalita k degli n oggetti distinti assegnati (0 < k n. Si osservi “() Prima di procedere oltre esaminiamo alcune semplici propriet vinomiali. dei coefficienti Teorema 4. #()- a) (C24) ema @ (= (R24 (tra) + Gre (ED) SiaQ n, Infatti essa diviene k, ()- diet + () Quanto a (3), essa segue da una ripetuta applicazione di (2): @=Gr)+(7)- (r++ (Ce )= =e GT) ee CoG) Coe) ). Segue la (3). | Diamo ora una dimostrazione combinatoria del celebre Teorema del Bingmio = di Newton, che giustifica il nome coetficiente binomiale per i numeri we Teorema 5, Per ogni intero n > 0 vale la seguente formula: (a+ oy" = > () nye Dim. Pern =1dovvia. Per n> 1si ha: (5) {o+0)" = (a+0/(a+8)...(a+8) n volte Sviluppando Vespressione a destra in (5), vediamo che ciascuno dei monomi a”-*¥* (¢ solo tali monomi) apparira almeno una volta (0 < k < n) (nati Icoelficiente di tale monomio nello sviluppo della polenza (a-+6)" 2 il numero di volte che tale monomio apparira nella moltiplicazione termine a termine indicata a destra in (5). Ma il monomio a"~*d* si pud ottenere in questo modo (e solo in questo modo): scegiiamo (n ~ k) fattori (a + 6) ¢ in essi scegliamo a; negli altri scegliamo 6. Poiché tale scelta dei fattori pud essere fatta in shane (,2 ,) = (Q) modi dient it counts cazate 8 proma (")- Qin otteniamo lespressione (4). noe es Esempio 9. Al gioco del lotto vengono estratti ogni volta § numeri tra 90. Quante sono le possibili cinquine? Tale numero @ il numero delle 5~ combination di 90 oggetti distinti e vale pertanto: (?) = 43949268. ae Nei problemi di calcolo combinatorio é assai importante la regola delle scelte esclusive. “Se un oggetto A pud essere scelto in n modi differenti e un oggetto B in m modi differenti, e s¢ la scelta di uno esclude {a scelta dell’altro, allora le scelte possibili di A 0 B sono m+n”. TST Esempio 11. (a+ 0)? =a? + 20d +P (a+b) = a? + 30) + 3ab? + 0° Esempio 10. Una squadra di calcio deve giocare ancora 5 partite e ne deve vincere almeno 4 per vincere il campionato. In quanti modi diversi pud fare 18? (a+b)! = at + 40°b +6070? + 4a¥? + 6 (a+) =a° + 5a" + 1006? + 100%? + Sab + O° Come conseguenza immediata del teorema 5 troviamo le seguenti identita: =cer=>() o= (0-9 =S>-0(?) Ivalori efficienti binomiali si possono organizzare nel seguente triangolo, (noto come triangolo di Tartaglia © Pascal) dove (") occupa nella riga n~ esima il posto della colonna k-esima (0 < k < ni) 1 14 124 13 3 1 14641 15 0 0 5 1 1 6 15 2 15 6 1 joti che Pelemento nella colonna k-esima (k > 1) della riga n-esima (n > 2) si ottiene come somma dégii elementi che nella riga soprastante occupano la colonna stessa ¢ la colonna precedente in base alla (2) del teorema 4. 4, MULTICOMBINAZIONI E COMBINAZIONI CON RIPETIZIONE In questo paragrafo generalizziamo in due modi diversi il concetto di k~ combinazione di n oggetti. Dati n oggetti distinti e un intero k, 0 < k < n, determinare una k~ combinazione equivale a ripartire gli n oggetti in due sottoinsiemi, il primo di cardinalita k (gli oggetti scelti) ¢ il secondo di cardinalita n — k (i re- stanti). Siano dati ora s interi (s > 2) non negativi k1,...5k, tali che ky + ky +...+k, =n, Possiamo generalizzare in modo naturale il concetto di combinazione. sky tali che ky-tha-t.. ct, Def. Siano dati » interi non negativi ki, kay. 363, "Dato un insieme di n oggetti distinti, una (k; ,kz,...,k,)-multicombinazione © degli n oggetti 2 una qualunque famiglia ordinata di sottoinsiemi S;,...,S. degli n oggetti, tali che due qualunque sottoinsiemi sono disgiunti, e tali che S, ha cardinalita k,...,S, ha cardinalité k, In altri termini una (k1,...,k,)-multicombinazione di n oggetti distinti 2 indi- viduata da una successione (finita) di s scelte. Al primo passo vengono scelti ky oggetti, al secondo kz oggetti fra i restanti, all’s-esimo passo k, oggetti. Se kj =0 per qualche j il corrispondente insieme S, @ l’insieme vuoto (0, equi- valentemente, al j-esimo paso non si compiono scelte). Si noti che P'unione degli 5; coincide con V'insieme degli n oggetti, poiché ky + ...+ ky =n. Si osservi in particolare che una k-combinazione di n oggetti @ una (k,n k)~ multicombinazione di n oggetti. =4,9=3,h=1, m=1, k= Indichiamo con A, B,C, D i quattro oggetti. Le (1, 1, 2)-multicombinazioni sono 12. | Bsempio 12. Sia © Esse sono: {A}, {B}, {C, D) {B), {A}, {C, D} {A}, {C},{B, D} {C}, {4}, {B,D} {A}, {D},{B,C} {D}, {A}, {B,C} {B},{C},{4, D} {C}, {B}, {A, D} {B},{D},{4,C} {D},{B}, {4,0} {C},{D},{A, BY {D}, {C}, {A,B} Teorema 6. Il numero delle {k,,...,k, }-multicombinazione di n oggetti Dim. 1k, oggetti dell'insieme S; possono essere scelti in (r modi diversi Scelti i primi k oggetti, ne restano n~ ky da cui scegliere i kz oggetti di S2. nk ky ) modi distinti etc. Per la regola delle scelte Tale scelta pud essere effettuata in ( modi diversi. Analogamente Ss in — ky — ke Oe successive il numero delle possibili scelte di S1,...,5, 2 eA’ )- nl ia Def. numero <7 py (ove ki +...+-k, = n) viene chiamato coefficiente il multinomiale di n su ky,. +k, € viene denotato col simbolo [e eae ). Il nome “coefficiente multinomiale” @ giustificato dal successive ‘Teotema 7, Esempio 13. Dato un mazzo di 52 carte da bridge, e quattro giocatori, quante sono le possibili mani se ogni giocatore riceve 13 carte? Evidente- mente tante quante le (13, 13, 13, 13)-multicombinazioni di 52 oggetti distinti eciot (15 1279 19) = 2008 x 108 13,13,13,13) ~ 708 * Esempio 14, Sianon, ky, ka,...,k, interi positivi tali che ky +ha-+..+k, =n. Siano dati n oggetti di cui kr uguali fra loro, kz uguali fra loro e cosi via. Chia miatno permutazione con ripetizione degli n oggetti un qualsiasi allineamento dei medesimi. E’ facile verificare, e lo lasciamo per esercizio, che il numero Bas Bays oaks A titolo d’esempio i numeri di 5 cifre contenenti esattamente 3 cifre 1 e 2 cifre 2 sono 10. delle permutazioni con ripetizione descritte & esattamente Una notevole applicazione del Teorema 6 & una dimostrazione combinatoria del Teorema sulla potenza di un polinomio. Questo teorema generalizza il ‘Teorema 5, ¢ la dimostrazione si conduce analogamente a quella del Teorema 5; la lasciamo per esercizi Teorema 7, Per ogni intero n > 1 ¢ ogni intero s > 2: TED a alee: 6) (ay bag... + © ove la sommatoria @ estesa a tutte le soluzioni in interi non negativi dell’e- | quazione: ky +h +... =n. Esempio 15. (a4b+c) = a +P +e +6abc+3(ab-+ab?+a%ctact-+ e+ be") ‘Supponiamo ora di avere un insiome di n oggetti distinti ¢ sia k un intero che pud anche essere maggiore din. Estraiamo ora k oggetti dall'insieme degli n opgetti rimettendo dopo ogni scelta Voggetto nell’insieme iniziale, in modo che lo stesso oggetto possa essere scelto pit volte. A differenza del caso delle k-disposizioni complete, questa volta non teniamo conto dell’ordine in cui eseguiamo le scelte. Alternativamente, possiamo pensare di avere a disposizione infiniti oggetti del primo tipo, indistinguibili tra loro (ad es. palle da biliardo dello stesso colore ¢ volume), infiniti del secondo, infiniti dell’n-esimo, e di estrarre da questo insieme un sottoinsiome di k oggetti. Def. Si dice k-combinazione con ripetizione (0 completa) din oggetti distinti una qualunque scelta di k tra gli n oggetti, con la convenzione che un oggetto ud essere scelto pil volte, e senza riguardo all’ordine delle scelte. Esempio 16. Siano A,B,C, D, gli oggetti e k = 2. Le 2-combinazioni con ripetizione sono 10: {A, A}, (B, B} {C,C}, {D,D} {A,B}, {AC}, {AD} {B,C},{B, D} {c,D} ‘Teorema 8. Le k-combinazioni con ripetizione di n oggetti sono: ntk=1) i) Dim, la dimostrazione che presentiamo & quella classica di Bulero. Possiamo supporre che gli n oggetti siano i primi n interi positivi, 1,2,3,4,...n- Data una qualunque k-combinazione completa degli interi, ordiniamola per valori crescenti, ponendo una di seguito all’altra le cifre ripetute. Cost, ad esempio, una 6-combinazione con ripetizione di 4 oggetti ordinata in senso crescente & (2,2,3,3,3,4}. In generale sia cy,¢2,.-., 10, dal numero di carte del mazzo. Esempio 21. 1\ principio di inclusione-esclusione viene usato specialmente in problemi della teoria dei numeri riguardanti i numeri primi, Forniamo qui un semplice esempio per dare l’idea dei possibili usi del principio in questo campo. Sia N un intero positivo (V > 7). Si chiede di determinare il numero degli interi minori o eguali a N che non sono divisibili per 2,3, 5,7. Poniamo Pa = 3, Bs . In questo problema A = {1,2,.-.,V} ¢ A; @ Vinsieme dei numeri non superiori a NV divisibili per py. I! numero W cercato 8 |A|~—|A,UA2U Ag UAg|. Si verifica senza difficolta che [Aj] = [2] , {<] (<3), Aen Ay Add = [a] @ 0, esiste ny = no(¢,2) tale che per ogni n > m, (2) Un(2) = f@) 1. Se [20l <1, [fal20)| = fal +0 per n+ oo 1 Se |2ol = 1, [fn(zo)] = > + 0 per n+ +00 a Se |zo] > 1, [fn(20)| > +00 per n + +00 e quindi la successione { fn(20)} non converge poiché non é limitata. La successione di funzioni assegnata converge puntualmente alla funzione identicamente nulla sul cerchio chiuso con centro nell’origine e raggio unitario, B= {2 € C:[2| <1). [ns (20)} Ua(z0)I e quindi la successione {fn(zo)} @ infinitesima per il criterio del rapporto per le successioni. La successione data converge puntualmente su C alla funzione identica- mente nulla, °) Sol? Jn 8 definita per ogni n > 1 su Q= {2 €C:|2| #1) 2) 142” Sia zo € M, |2ol < 1; poiché |22"| = [201% — 0 lasuccessione a numeratore converge a 1 e quindi lim, foleo) = 1 Sia 29 € [20] >A; si ha La successione { fn(20)} @ quindi non limitata se |zo| > 1 ¢ di conseguenza non converge. La successione data converge puntualmente su B= {2 € 9:2] <1) alla funzione costante f(z) = 1. Consideriamo ora in particolare successioni di funzioni reali di variabile reale. Esempi Sala) = 2” fa ® definita su R per ogni n > 1. Si ha 0 frol1 mentre {fa(z0)} non ha limite se zo < ~1. La successione data converge puntualmente sull’intervallo (~1, 1} alla funzione limite 0 [elntl Fissato 29 € R la successione {fn(zo)} ® definitivamente nulla; la suc cessione {f,} converge puntualmente su R alla funzione identicamente 4) fala) = 1 se |x| n. Fissato 2 € R la successione {fa(to)} @ definitivamente costante ed uguale a 1. La successione {fn} converge puntualmente su R alla funzione f(x) = 1 per ogni z € R. 5) Sia fa(z) = e-*” se |z| n. Fissato to € R la successione {f,(20)} @ definitivamente costante ed uguale a e7*%..La successione {f,,} converge puntualmente su R a f(z) = e7**. 6) Sia f,(2) = 2? se [e| n. Ancora la successione {In(2o)} & definitivamente costante ed uguale a 23. La successione {Jn} converge puntualmente a f(z) = 2? su R. Introduciamo ora l'importante nozione di convergenza uniforme. Def. Data la successione di funzioni {f,} definite su E ¢ C, diciamo che {Jn} converge unilormemente su E alla funzione f se i) {Ja} converge puntualmente a f su E ii) Jim Sup fal) ~ (2) = 0 La condizione #) equivale az per ogni € > 0 esiste no = no(e) tale che per ogni n > no @) Suplia(2)~ FEI <€ © ancora (tenuto conto dell'arbitrarieta di e) per ogni € > 0 esiste mp = mo(e) tale che per ogni n > no e per ogni z€ E (4) Ii) - fA) <€ Ovviamente la convergenza uniforme su E implica la convergenza uniforme su ogni sottoinsieme di E. Se interpretiamo la convergenza di {J,} a f come una approssimazione della funzione f mediante le funzioni della successione { f,}, vediamo come la con- vergenza uniforme su £ di {f,} a f permetta di approssimare f a meno dell’errore ¢ su tutto Vinsieme £ mediante una qualsiasi delle funzioni f, con indice n > no. Invece, nella convergenza puntuale su B di {fn} a f occorre cambiare in generale la funzione approssimante da punto a punto; infatti Vindice no nella (2) dipende non solo dall’errore € ma anche dal punto z € E. i reali di variabile reale | La convergenza uniforme di una successione di funzior 1% (Jn) alla funzione f pud essere visualizzata nel seguente modo. Consideriamo = j diogrammi delle funzioni {(z) ~e, f(z) + €; essi determinano una striscia di ampiezza 2c avente come mediana il diagramma di f(z). La condizione + (4) ci dice allora che i diagrammi di tutte le funzioni f,(z) giacciono in tale Riprendiamo in considerazione gli esempi precedenti- - DR 2"| = sup HY 1 Sup nz) ~ HC) = Sup quindi {fq} converge uniformemente. 8) Sup als) — JC) = Sup i quindi {f,} non converge uniformemente su C alla funzione nulla. Converge perd uniformemente su ogni sottoinsieme limitato £ C C; in- fatti sia |z| 0 esista no = no(€) tale che per ogni n,m > no (5) Sup fal) — Il no si ha Sup [fa(2) ~ Sm(2)1 S$ Sup{L/n(2) — SC + ASE) = Sml2D1} S << Sup lIn(2) — FE) + Sop lJm(#) ~ S(2)| < 2€ Dall'arbitrarieta di e, segue la (5). Viceversa se vale la (5), fissato z € B (6) Ua(2) - Sm(2)1 < € per ogni m,n > no, cio’ la successione {f,(2)} # una successione di Cauchy e quindi convergente. Sia f(z) la funzione limite puntuale. Dalla (6) pasando al limite per m —+ +00 si ha Maz) - SL Se per ogni z € E per ogni n > no. Ma allora Sup |fn(2) - S21 per n> no e quindi {/,} converge uniformemente a f per l'arbitrarieta di e. Gli esempi presentati nel paragrafo precedente ci mostrano come la conver- genza puntuale non sia sufficiente a garantire la limitatezza della funaione limite di una successione di funzioni limitate (es. 6) né la continuita della funzione limite di una successione di funzioni continue (es. 1). Valgono i seguenti teoremi ‘Teorema 1. Sia {Jn} una successione di funzioni limitate convergente unifor- memente su £ alla funzione f. Allora f @ limitata. Dim. Per ipotesi, per ogni n esiste C, tale che Mal2)l $ Cn per ogni z € E. Poniamo € = 1 nella (3) ¢ sia ng = no (1). Allora [21S LL) ~ fol) + no (2)1 per ogni z € Ee quindi [f@)| $1 + Co f limitata, per ogni z € E, ci rema 2. Sia {f,) una successione di funzioni convergente uniforme- mente a f su E. Se ogni fy @ continua in zo € £ allora f & continua in 20. Dim, Fissato ¢ > 0 sia no = no(e) lintero corrispondente nella (3). Si ha: (7) [£(2) = £20) SLL) = Jno(2)1 + ina (2) ~ Sno (20) $ lSno(20) — f(20)] Poiché la funzione fa, ® continua nel punto zo, esiste un intorno UJ del punto 2 tale che per ogni 2 € UNE [fne(2) ~ Jno(za)l < € Il primo e il terzo addendo a secondo membro della (7) sono inferiori a € per la (3) e quindi per ogni € > 0 abbiamo determinato un intorno U di 29 tale che per ogni z €UNE 1/2) ~ F0)| < 3€ Quindi f & continua in 29. Consideriamo ora succession di funzioni reali di vatiabile reale. Il seguente teorema fornisce la risposta ad un altro importante problema, ‘Teorema 3. Sia {fq} una successione di funzioni continue convergente uniformemente ad f su (a, 0]. Allora (8) f J(2)dz = lim, L Salad Dim. f 8 continua su [a,8) per il teorema 2 e quindi fy ¢ f sono Riemann integrabili su [a,b]. Fissato ¢ > 0 esiste nip = mo(€) tale che per ogni m > mo Sup [fa(2) — f(z)] < ¢. Allora per ogni n > no si ha an if snceyts~ [° seaye|< [Unle) seo e s . < J Sup Vale) - S(a)\de < e(b- a) fa selon e quindi vale la (8). Osservazione. 11 teorema 3 continua a valere sotto la semplice ipotesi che le funzioni f, siano R-integrabili su {a,6]. La dimostrazione dell’integrabilit& della funzione limite su {a,0] richiede perd strumenti che esulano dagli scopi di questo libro. “Notiamo che la convergenza puntuale non & sufficiente per garantire la (8). Sal) = ~ini(2- 0 =<2z 0 esiste ny = m,(e) tale che per ogni n,m > m Vfa(#0) ~ fm(to)l < € « Poiché la successione {4} @ uniformemente convergente su (a, 5] peril criterio di Cauchy (condizione necessaria) esiste nz = na(€) tale che per ogni n,m > Sup Mn(y) — Im(u)l < € velo) Ma allora per ogni n,m > max(1,,n2) si ha \fn(2) ~ fn(x)] $ e(1 +b — a) per ogni z € [2,8] da cui Sup [fa(2) — Jm(2)l e(1+b-a) zeit juindi la convergenza uniforme di {fn} a una funzione f su [a,b] grazie al riterio di Cauchy (condizione sufficiente), iaora z, € [a,b] fissato e z € [a0]. La successione dei rapporti incremental {ee—ben\ converge uniformemente su [a,6]\{z1} al rapporto incre- za mentale di f cio’ alla funzione £@)= LG), zoe | [nfatti la convergenza @ ovviamente puntuale; d’altra parte, sempre per il teorema di Lagrange, esiste 1 interno all'intervallo di estremi 2,2; tale che fe = Sols) _ Sn) = f(s) |¢ om = 1a — Sm dad S Sup Ua(y) — Sm(v)| veto) © Perla convergenza uniforme di {f2},fissato € > 0 esiste no = ng(e) tale che © per ogni m,n > no Sup Min(w) —Smluyl <€ velo e quindi ancora per il criterio di Cauchy abbiamo provato la convergenza ‘uniforme. Infine, detta g(z) la funzione limite uniforme di {f,}, dimostriamo che f & derivabile e J"(z) = 9(2). © Fissiamo € > Oe sia n, tale che per ogni n > m si abbia |s@=sen £@) yf ea Sup saloon Allora ace) - LOLLY} ae) — seen + Lolz) = Sols) _ = _ Sal2) = Sols) 2-2 + Jn(ea) (9) + Poiché tim fa(#1) = 9(23)s existe ma = na(e) tale che per ogni m 2 m2 Un(#1) ~ gai) <€ Nella (9) si consideri n fisso, m > max(n,72). Allora ey) - A= Ld 26+ |e) - AO= Hen Poiché fq & derivabile in 2 esiste un intorno U di 2, tale che per ogni £EUN(a,b], 2 21, ultimo addendo si maggiori con e. Da ci tim L02)= fle) tn, (21) Osservazione. Il teorema 4 fornisce un utile criterio sufficiente di conver- genza uniforme per le successioni di funzioni derivabili. Da questo punto di vista notiamo importanza nella dimostrazione del fatto che P'insieme di definizione sia un intervallo limitato (il fatto che sia chiuso é ininfluente); d’al- tra parte, il seguente esempio mostra come la tesi sia falsa se consideriamo funzioni definite su un intervallo non limitato. Siano fa(z) sins @ € (-00, +00) {fa} converge puntualmente alla funzione nulla poiché per ogni zp La successione {f,} converge uniformemente su R alla funzione nulla poiché Loe Sup |/4(2)| = Sup|~ cos = Sapte Seale o°93 ma la successione {f,} non converge uniformemente poiché Insin = @ Sup |fa(o)| = Sup ek Fer Vale comunque il seguente risultato che segue immediatamente dal Teo- rema 4. Corollario 5.Sia {fn} una successione di funzioni derivabili convergente puntualmente a una funzione f su un intervallo non limitato I. La succes- sione {fq} converga uniformemente su ogni intervallo {a,6] C I. Allora f & derivabile per ogni z € Ie £(@) = lim, f(e) SERIE DI FUNZIONL Sia {un}azo una successione di funzioni complesse di variabile complessa, definite tutte su un insieme ECC. Def. Diciamo che la serie di funzioni YOu converge puntualmente su E se converge puntualmente su E la successione di funzioni {8,}ns0 definite da snl) = uaz) ne limite della successione {sq} diciatno che $ ® la somma di Se § @ a funi DY us e scriviamo per ogni z € E se)= Se) Infine, se {sq} converge uniformemente a su E diciamo che la serie J ux cond converge uniformemente su alla somma S. In termini di approssimazione la definizione precedente si traduce nel seguente modo: )” us converge puntualmente su Ea S se per ogni z € E per ogni mS € > Oesiste no = no(¢,2) tale che per ogni n > no [Enc = S(2) 0 esiste no = no(€) = tale che per ogni n > no Ke sup > ue) ~ SC) Analizzaudo i teoremi del paragrafo precedente, con ovvi cambi di notazioni siha: Criterio di Cauchy per la convergenza uniforme. uy converge uniforme- mente su E se e solo se per ogni ¢ > 0 esiste no = no(€) tale che per ogni p> noe per ogni q>0 (10) Dal criterio di Cauchy si ricava un importante condizione necessaria di con- vergenza uniforme per le serie di funzioni. Corollario 6. Sela serie ) us converge uniformemente su E, allora {us} converge uniformemente alla funzione nulla. Dim. Se J uz converge uniformemente allora soddisfa la condizione di im Cauchy. In particolare posto q = 0 nella (10) si ha per ogni € > 0 esiste np = no(€) tale che per ogni p 2 "a Sup [up(2)] <€ Sup pC) da cui la tesi. Applicando i teoremi 1, 2, 3, 4, 5 alla successione delle somme parziali della serie) uy otteniamo i seguenti risultati. = ‘Teorema 7. Sia ) uy wna serie di funzioni limitate convergente unifor- memente su Za S. Allora $@ limitata. ‘Teorema 8. Sia )>u, una serie di funzioni convergente uniformemente su Ea, continue in un punto 25 € E. Allora $ & continua in 20. i variabile reale continue Teorema 9. Sia ) us una serie di funzioni real su [a,5] convergente uniformemente a S su (a,b). Allora f S(a)dz =f uu (a)de Teorema 10. Sia z" una serie di funzioni reali di variabile reale deri- weabilt in [a8] convergente in almeno un‘punto € [2,0]. Supponiamo che xa converga uniformemente su [a,b]. Allora xe converge uniforme- mente su [a,8] a $, 5 8 derivabile in [a,0] ¢ per ogni x € [a8] ste) = ou) Corollario 11. Sia Sw una serie di funzioni reali di variabile reale de- rivabili sull'intervallo non limitato I, convergente puntualmente su J a 5. Sia inoltre Jw, convergente uniformemente su ogni intervallo compatto Fe {a,b} CI. Allora S & derivabile e per ogni 2 € I (2) )= Dimostriamo infine un importante criterio di convergenza uniforme dovuto a Weierstrass. ‘Teorema 12. Sia Jw una serie di funzioni complesse definite su ECC ms tali che Jus(z)| $ Cy per ogni z€ E Sela serie numerica ) > Cy 8 convergente allora la serie) w, converge unifor- i i= memente su £ Dim, Fissato € > 0 per la condizione necessaria di Cauchy applicata alla serie numerica } Cy, esiste np = no(e) tale che per ogni p> no € per ogni 920 ee 01 woz) TER SD ue(z) & detta serie geometrica di ragione 2. La teoria delle serie numeriche ci fornisce la convergenza puntuale su (—1,1) alla funzione S(z) I-z La convergenza su (—1,1) non ® uniforme poiché up @ limitata per ogni k su (—1,1) mentre lim S(z)=-+00 (vedi Teorema 7) . La convergenza su (—1, 4] con 0 2} converge assolutamente, La serie non converge se |zo| > 1 poiché il suo termine generale non & infinitesimo. La somma $(2) della serie si ottiene come nel caso reale da ee S(2) = tim nate La convergenza della serie a $ non & uniforme nel-cerchio |2| <1 per il teorema 7, mentre & uniforme in ogni cerchio chiuso 2] < a < 1 per il teorema 12. Aicinsiemi dR, F ehiueos denotiamo con M(E, ) Visieme La (11) definisce effettivamente una metrica, infatti la funzione f—gé limitata, su Ee quindi d(f,g) € R. Ovviamente d(f,g) > 0, d(f,9) = 0 se ¢ solo se $ Sup|{(z) — 9(z)| + Sup |h(2) - 9(z)| = ee ee = d(f,h) + d(h,g) | dove f,g,h € M(E, F). P Quindi M(E, F) con la metrica definita in (11) @ uno spazio metrico. |” Sia ora {f,} C M(E,F) una successione convergente e denotiamo con f il suo limite. Allora 0 lip, Uns A) = lim, Sup Unt2) ~ £1 quindi {fn} converge uniformemente a f su B. D’altra parte se la successione {f,} C M(E, F) converge uniformemente a [ su E, f @ limitata per il teorema 1, f & a valori in F poiché F & chiuso e per ogni a) € E S20) = lim, falz0) Inoltre dalla definizione di convergenza uniforme si ha tim, d( fay f) = 0. Concludendo, la convergenza nello spazio metrico M(E,F) di {Jn} a f 8 la convergenza uniforme su E della successione di funzioni { f,} alla funzione f. Lo spazio metrico M(E,F) & completo. Sia infatti {f,} una successione di Cauchy cio’ per ogni € > 0 esista ng = no(€) tale che per ogni n,m > no dfn» Sm) <€ Ma allora Sup |Ja(2) — Jn(2)| <€ ee quindi per il criterio di Cauchy la successione {f,} converge uniformemente su E. Sottolineiamo 'importanza del fatto che F sia chiuso con il seguente esempio SiaE=R F=(0,t00) fi(z)= 2 per ogni 2 € E. La successione di funzioni limitate {f,} & di Cauchy ma non converge nella metrica di M(E,F). Ovviamente {f,} converge uniformemente su R alla funzione nulla che non appartiene a M(E, F). Lo spazio C{a,}] Detoniamo con C[a,6] l'insieme delle funzioni continue sull’intervallo com- patto [a,6] a valori reali e poniamo per ogni f,g € C[a,)] (12) (fg) = Sep, ls(2) - 9) La (12) definisce una metrica su C[a,0] infatti f—g@ limitata su [a, 0] essendo continua su un compatto; inoltre si pud dimostrare la validit delle proprieti ulteriori della metrica esattamente come nel caso dello spazio M(E,, F). Se {fn} C C[a,b] & una successione convergente nella metrica (12) a f € C[a, 6) allora {,} converge uniformemente a f su fa, ]. D’altra parte, se {fn} ‘JL 8 una successione di funzioni continue su [a,4] convergente uniformemente a f su (a,6], f @ continua per il teorema 2 in ogni punto di (a, 6] e dalla definizione di convergenza uniforme si ha lim, d(Jn,f) = 0 notte Anche in C{a,}] la convergenza di {J,} a f 81a convergenza uniforme su [2,8] della successione di funzioni {f,} alla funzione f. Ul criterio di Cauchy per le successioni ci garantisce che C[a,b] & uno spazio metrico completo, Infine Vapplicazione definita su C{a,8] a valori reali che a f € Cla, 6] asso- da [ J(z)de & una applicazione continua su C{a,6} per il teorema 3 ed il teorema 13 del capitolo 7. 14. SERIE DI TAYLOR SERIE DI POTENZE 1, SERIE DI TAYLOR Sia f:R + R una funzione definita in (a,6) e 29 € (a, 6). Se f ® derivabile n volte in to possiamo scrivere la formula di ‘Taylor arrestata all’ordine n per f relativa al punto iniziale to ¢ incremento h = x — zo (h # 0) con resto di Peano, cio’ Q) S(a) = I(%0) + F'(e0)(z - 20) + f(20): fect L(t cae + Enlt — 20) dove en(z— 20) _ (2) dn ena ~° I polinomio nella variabile (x ~ 0) che compare a secondo membro della (1), ciok . LM Pal (dove si & posto [(z9) = f(zo)) @ detto polinomio di Taylor di ordine » (il grado &, in generale, inferiore 0 uguale a nl!) per la funzione f relativa al punto zo. La (2) pud essere scritta equivalentemente come f(2)~ Pals) _ 9 2, (@ aa)" owe Quindi P,(z) fornisce una approssimazione del valore f(z) tanto migliore quanto pitt « @ prossimo a zo. Se f 8 derivabile infinite volte in zo, possiamo costruire i polinomi di ‘Taylor di qualsiasi ordine per f relativi al punto 9. Essi costituiscono una successione di funzioni {P,(2)}azo definite in (a,)), pit: precisamente la successione delle somme parziali della serie @) Fees me Questa serie @ detta serie di ‘Taylor per la funzione f con centro nel punto Zp; essa converge ovviamente a f(z) nel punto 9. E naturale domandarsi se la serie (3) converga. anche per valori z # zo e in tal caso se la sua somma sia il valore f(z). seguente esempio mostra come i due problemi siano fra loro indipendenti. Sia noa{eo(a) #8 0 z=0 Si pud verificare che f @ derivabile infinite volte in ro = 0 e che f*(0) = 0 per ogni k > 0. La serie di Taylor di f con centro in tp = 0 & la serie identicamente nulla, Essa converge quindi alla funzione nulla in ogni punto di R e non certo alla funzione f(x) per s # 0. Cid giustifica la seguente definizione. Def. Sia f una funzione derivabile infinite volte in un punto zo. Diciamo che f 2 sviluppabile in serie di ‘Taylor con centro in 29 (0 analitica in z9) se esiste un intorno di 29, (9 ~ 6,20 +6), tale che la serie (3) converge per ogni 2 € (29 — 6,20 + 6) ed ha per somma f(x). Vale il seguente teorema. ‘Teorema 1. Sia f derivabile infinite volte sull’intervallo (29 ~ 6,20 + 6). Condizione sufficiente affinché f sia analitica in zp & che esistano M > 0, L > 0 tali che (4) Ce) < LM* per ogni k > 0 e per ogni 2 € (zo — 6,20 +6). Dim, Dimostriamo che ta serie di Taylor di f con centro in 29 converge in ogni punto x € (29 — 6,29 +6) al valore f(x). ih B Utilizziamo la formula di Taylor arrestata all’ordine n con centro in zo € resto Ai Lagrange: per ogni = fiscato in (20 ~ 629+ 8) esste On, 0.< Ym <1, tale ate $Oao + Pale ~20)) He) ~ Pra ts e-ny Dalla (4) si ha M6)" 6) Ue) ~ Paa(ey] s EOL La muccesstone «= Of sy @ infinitesima per il criterio del rapporto per le successioni. Infatti La tesi segue dalla (5). Osservazione. 11 teorema (1) in particolare garantisce l'analiticita in x9 di f se esiste una costante L tale che IP@ 0, per ogni x € (20 ~ 6,20 +6). Esempi 1) (a) = sing Siha FOM%(z) = sing, fHHM(2)= cosa, fttt)(2) = —sine f(z) = = cos per ogni k > 0. Quindi: UO@ <1 per ogni & > 0 e per ogni z ER, Se zo = 0, si ha allora #2 amet per ogni rR sing = LOU Ger 2) S(2) = cose Anche in questo caso per ogni k > 0, per ogni € R si ha Osa e quindi (posto 25 = 0) ty at cost yo Tm Per oeni = eR 3) f(z) =e. Si ha per ogni k> 0 f(a) = eF e quindi IMP se per ogni k > Oe per ogni z € (~6,6). Quindi, per V'arbitrarieta di 6 si ha: per ogni z ER 2, SERIE DI POTENZE IN CAMPO REALE La serie di Taylor di una funzione f con centro in un punto zp & una serie di funzioni del tipo 6) Yaz - 20)! dove {ay }s50 @ una successione di numeri reali. Queste serie sono particolar- mente importanti poiché le loro ridotte n-esime sono polinomi. Esse vengono chiamate serie di potenze con centro in zo. Notiamo subito che mediante la traslazione z ~» z+, possiamo considerare serie di potenze con centro nell’origine cio +2 @ Vast = a+ a2 + a2? +... im ed a queste ci riferiremo nel seguito. Gi proponiamo di studiare insieme di convergenza puntuale E di una serie del tipo (7) e di ottenere informazioni ulteriori sul tipo di convergenza. No- tiamo prima di tutto che E # 0 poiché x = 08 un punto di convergenza (la serie (7) converge in z = 0 al valore ao). Esempi 1) So ktr*; converge solo per = 0 poiché se x # 0 la successione {k!z"} ras non @ infinitesima. = at . i‘ . 2) z Fi converge per ogni 2 € R ed ha per somma e* (vedi esempio 3) par. 3). 3) Oz*; converge se e solo se z € (-1,1) ed ha per somma im Definizione. Chiamiamo raggio di convergenza della serie di potenze )) axz* Ja quantita: R= Sup E = Sup{z € R: ) az" converge} r= Osserviamo che poiché 0 € E, 0 < R< +00, Negli esempi precedenti si ha rispettivamente R = 0,8 = +00,R = i. ‘Teorema 2. Sia )axz* una serie di potenze e R il suo raggio di conver- genza. Allora - i) se R=0 la serie converge solo per z = 0 ii) se 0 < R < +oo laserie converge assolutamente e semplicemente sull’in- tervallo (—R, R), converge uniformemente su [-M, M] per ogni M tale che 0 < M < R. La serie non converge per |2| > R. ili) se R = +00 la serie converge assolutamente e semplicemente su tutto R, converge uiformemente su {-M,M] per ogni M > 0. Dim. Dimostriamo prima di tutto che se y ¢ E, y # 0, la serie converge assolutamente e quindi puntualmente sull’intervallo (—[yl,|y|)- Infatti, poiché Doay* é convergente, la successione {a,y*} é infinitesima e quindi limitata: me sia c € R tale che Jaxy"| Sc per ogni k . Se # € (-Iyl,|yl) si ha & * . a [z 2 lay2*| = Jaxy*| |=] a: M* converge assolutamente, essendo Me(-R,R). Infine sia zo tale che [zo] > R. Sia 2” tale che |to| > 2° > R. La serie > ayz} non pud convergere, perché altrimenti > a,(z*)* sarebbe anch’essa. ms Ford convergente contro l'ipotesi 2 = Sup E. Sia ora R = +00 e 2 € R. Poiché E non é limitato superiormente, esiste y € E,y > |zo|- Allora } ax2} converge assolutamente, poiché 9 € (~y,¥)- Sia M > 0. Allora > a,2* converge uniformemente su [-M,M] per la (9) t= e il teorema di Weierstrass. Osservazione. 1 teorema 2 fornisce un quadro completo della convergenza nel caso in cui R = 00 R = +00. Se0 < R < +oo non conosciamo il carattere della serie nei punti z = +R. I seguenti esempi mostrano che vari casi si possono presentare. ) ue. La serie geometrica ha raggio di convergenza R = né in z = 1 né in z = —1, (vedi esempio dopo il teorema 12). E (+1, a ; non converge 2) LF -. La serie ha raggio R = 1. Infatti |—| < |2|* per ogni k > 1e quindi la serie converge su (—1,1) per confronto; converge per # = —1 per il criterio di Leibnitz; diverge per z = 1 essendo la serie armonica; ne segue che R = Sup £ = 1ed £=[-1,1). a> a La serie converge su {~1, 1] poiché La serie non converge per |z| > 1 poiché il suo termine generale non tende a zero. Anche in questo caso R= 1 ma E = {1,1}. I seguenti criteri permettono di ricavare il raggio di convergenza di una serie di potenze dalla successione {a4} dei coefficienti. Teorema 3. Criterio della radice. Sia )>axz* una serie di potenze e P= t= timsup Vas] Bete Denotato con 2 il raggio di convergenza della serie, si ha 0 sel= +00 R=4> se0 1 esiste una sottosuccessione flan, 29/1} convergente a {|z9| ¢ quindi definitivamente si ha: (10) lax, 2] > 1 Ma allora la successione {a42§) non converge a zero e quindi la serie > ay2$ im 1 non converge per [0] > + Si ha di conseguenza R Se 1 = +00 ancora vale la (10) per ogni > # 0 e quindi la serie non converge se non nel centro, cio’ R = 0. Teorema 4. Criterio del rapporto, Sia > a,z* una serie di potenze a m coefficienti a, # 0 per ogni k. Supponiamo che esista (finito o infinito) il Jeesal Tax] convergenza della serie, si ha limite della successione { } e sia 1. Denotato con £ il raggio di Ro 0 sel = too R= ; se0<1< +00 too sel=0 (0 pitt brevemente R= Dim, Sia x9 € R, 2 #0. Applichiamo il criterio del rapporto (Corollario © 10 cap. 6) alla serie } aez6l. Si ha, tim Wer28" jy veal rate fagee] a0 [ay {ited se 0<1< +00 foo sel = +400 Ola serie }° axz* converge assolutamente e semplicemente per ogni Pm Se zoe quindi R= . Se 0 ayz* converge assolutamente e semplicemente sull’intervallo (-# ae Se Izol > 1 si ha definitivamente laeeiza*"| > lax 20) © quindi la successione {lax7$|} essendo positiva e definitivamente crescente + ; 1 non converge a zero. La serie) a2* non converge quindi per |z| > Ze Se = +00 ancora la suecessione {|ay 2$]) definitivamente crescente ¢ quindi la serie converge solo per 29 = 0 cio R = 0. Esempi. )) Sn at, a= ( k pari . ) ke dispari Slee 1k pari Vow { $F dispasi e quindi Jimsup */[q] = 1 =1 betes oe 2) 3) 1 da cui R= 7 = 1 peril eriterio della radice. Si noti ch a ; -{F k pari 3k dispari las lal quindi non & possibile applicare il criterio del rapporto poiché tina jng Hes sae [ae] som sup tesa! 0, limsup—— reset Tas] too oe 2 37 F- In questo caso i coelicienti ay sono nulli se & non é il quadrato di un intero naturale; ne segue che non & possibile utilizzare il criterio del rapporto. Per determinare R & possibile fare uso del criterio della radice ps é 0 sek#n? nen Wolo) (2) eke nt nEN ye Essendo lim (3) = 1siha atte UR, limsup {/Tal equindi R= +2 Satz. In questo caso ay = 0 se k 2 dispari. [0 F dispar Is (is k pari limsup Vjaq] = V2=1 botoo e quind R= 4 alr In questo caso & possibile ottenere il raggio di convergenza usando un altro metodo. La serie data pud essere vista come serie di potenze nella variabile y =z. Per la determinazione del raggio di convergenza della serie ety i=0 si pud utilizzare indifferentemente uno dei due criteri enunciati ottenendo che tale raggio 8 $ 6 okt evi Lo _ Poiché > 2¢y* ovviamente non converge-per y = 45, si ha che Vinsieme di convergenca dela serie? (—2,2 c vie’ (-3,4 1 3 Per quanto riguarda la convergenza uniforme di una serie di potenze, ripor- tiamo il seguente importante risultato dovuto a Abel. ) . Ma allora la serie data converge se e solo 2 11)... Tone a ee se 2 e(-$3) ciod |x| < Zz. Quindi il suo raggio di convergenza b Ze. ‘Teorema 5. Sia )>a,z* una serie di potenze con raggio R, 0 < R < +00. me Se la serie converge in 2 = IR (risp. 2 = —R) la serie converge uniformemente in [-M,R] (ssp. [-R,M]) per ogni M tale che 0 az* convergente per z = R. Per il teorema 2 & sufficiente im dimostrare la convergenza uniforme su [0, 2]. Operiamo il cambiamento di variabile + = £2; poiché quando z varia in [0, F], t varia in [0,1], dimostriamo che la serie Sart converge uniformemente su {0, 1]. Utilizziamo il criterio (sufficiente) di Cau- chy per la convergenza uniforme. Sia ¢ > 0; poiché Lak é una serie numerica convergente, esiste no = no(€) tale che per ogni n 2 no \> aR Sia ora p > ro, ¢ 2 0. Posto A, = > ay R*, dalla formula di sommazione Fd per parti si ha rie Peet yo anRt"| =| SD An(tt = tH) + Apggthtt — A, att] < SD WAal(e” = 49) + Apa gl + [pale < pee < { Srey 4 reve} a. In conclusione, per ogni ¢ > 0 & stato determinato ng = no(e) tale che per ogni p> ng eq > Osiha Sup. eetonl Lane < pte |<« a tesi. da cui Se S>asx* converge per 2 = —R, la tesi si ottiene in modo analogo operando im il cambiamento di variabile » = ~Rt, con t € (0, 1). Corollario, Sia S~ayz* una serie di potenze con raggio di convergenza R, im 0 < R< too. Se la serie converge anche per 2 = £R, allora la serie di potenze converge uniformemente su [—R, RJ. Occupiamoci delle operazioni sulle serie di potenze. Siano Sask e Soe! due serie di potenze. La serie di potenze Yee + b,)2* & detta somma delle serie date; per ogni 2» fiseato in R essa rappresenta Ja somma delle serie numeriche ) > axz5 ¢ Dip buxh. im La serie di potenze )exz*, dove cy = )aibs:, 8 deta prodotto delle serie < date; per ogni zo fissato in R essa rappresenta il prodotto secondo Cauchy delle s numeriche az ¢ ) biz}. Teorema 6. Siano )\ayz* e ) > b,2* serie di potenze di raggio rispetti- is vamente Rye Rz. Siano R, ¢ Ry i raggi di convergenza delle serie somma e prodotto, 5 Alora: (i) Ry 2 min( 1, Re) (ii) Ry 2 min(R;, Rr) Dim. Sia |zol < min(I,, Ra). In particolare {z9| < Ry e |zol < Rai quindi So(aa +b,)2§ 2 convergente in quanto somma.di serie numeriche convergenti, cod da cui la (i). Inoltre, le seri Yaz} © Sbu2$ sono assolutamente conver- genti (vedi teorema 2) e quindi la serie > ex24, prodotto secondo Cauchy di serie assolutamente convergenti @ convergente, da cui la (ii). Esempi. a 1) Y2t, DOS hanno entrambe raggio di convergenza R = 1; la se- mm ¥ 2. 1 infatth rie somma x0 + ie ha raggio di convergenza R, = 1; infatti lim. kattoo » Yt ¥( per la seconda serie si pud usare il criterio del rapporto - 1st hanno entrambe raggio di convergenza R = 1; gt La serie somma é la serie esponenziale La che ha raggio di conver- cord genza R, = +00. a Deteieeee? mS 1-2 cob by =1, b= 1, be =0 per ogni k > 1. La serie prodotto delle due serie date & ) 7 ex2* = 1 ciot cy = 1, c= 0 & per ogni k > 0. In questo caso Ry = 1, Itz = +00, Ry = +00. Osservazione, Data unc serie di potenza "aya" con raggio di convergenca Ry > 0,la somma A(z) di tale serie 2 una funzione definita almeno sull’in- tervallo aperto (—Ry, Ry); per ogni « € (—Rj, Ry) si ha iso (qt) A(z) I teorema 6 ¢ i teoremi sulle serie numeriche garantiscono che, posto B(z)=Sohz* 2 (-Ra Ra), By >0, si haz wo A(z) +.B(2) = (ax +b)" Ce) Ble) = 92(Sras-s)2" almeno per ogni z € (~Rz, Ro) (—Ri, Ra). Notiamo che la funzione A(2) definita dalla (11) @ sicuramente continua su (-Ry, R,) poiché le funzioni u,(2) = ay2* sono continue in Re la convergenza della serie di potenze @ uniforme su ogni intervallo compatto [-M,M] C (-2R1, Ri). Quindi se zo € (—2Ri, R:) basta scegliere M tale che |zo] a,2* la serie di potenze +2 Sante Osserviamo che la serie derivata e la serie primitiva si ottengono derivando 0 jegrando formalmente termine a termine la serie data, infatti D+ Dees! ‘Teorema 7. Sia > a,z* una serie di potenze con raggio di convergenza R, 0< R< too. Allora la serie derivata e la serie primitiva hanno entrambe raggio di convergenza R. Dim. Basta dimostrare la tesi per la serie derivata, in quanto la serie) az" cad @ la serie derivata della sua serie primitiva. Utilizziamo il criterio della radice; poiché kt i eet ti Apso =1 lin Ja classe limite della successione (i Langa = (E+ 1)! flange Ore coincide con la classe limite della successione {|a,|*}. Le due successioni hanno quindi lo stesso limite superiore e di conseguenza le serie di potenze hanno lo stesso raggio di convergenza. Teorema 8. Sia )axz* una serie di potenze con raggio di convergenza R,0< RS +00. Posto, A(z) = Dazt fa funzione A(z) & derivabile su (~2, R) ¢ (12) A(z) = (e+ Dart ms Inoltre per ogni € (~R, R) si ha (13) Atydt = Dim. La serie derivata e la serie primitiva convergono uniformemente su ogni intervallo compatto (~M, M] C (~R, ) per il teorema 7 ¢ il teorema 2. Questo garantisce la derivabilita termine a termine della serie) a,2", come pure la sua integrabilita. termine a termine, scegliendo M tale che |x] 0 si ha F(a0) = Klay Quindi la serie di potenze data 2 la serie di Taylor di f con centro in ao. Dim. Mediante traslazioni possiamo ridurei al caso zp = 0. J & derivabile infinite volte su (—R, R) per il teorema 8 applicato reiteratamente. Inoltre dalla (12) si ha: p S(z) = a9 + aye + ag2? + agz* + age + F(a) =a, 4 2age + 3ag0? + day? +. Giz) = 2g + Gag2 + Dayz? 4 (a) = bart (b+ Ylrye + Eta etd. Quindi ponendo z = 0 si ha f(0) = Ka. Osservazione. Dal teorema 9 possiamo immediatamente ricavare un risultato di unicita per lo sviluppo in serie di Taylor di una funzione con centro in un punto, Se infatti due serie di potenze coincidono su un intervallo, cio® se per ogni x € (—2R, R) si ha allora necessariamente a, = b, per ogni k > 0. Infatti posto f(z) = J) axz* 2 € (-R,R) si ottiene LO) a= FO -, Esempi. 1 1) f(z) = Fz Fl somma della serie geometrica di ragione (2), ciok 1S -2) = S(-ptst ze(-1,1) Itz 7 0 , Dalla (13) si ha: log(1 + 2) = ys = 1 [ Tait= cio’ la serie di Taylor per la funzione log(1 +2) con centro in zo = 0 e raggio di convergenza R= 1. 3) I@)= 4) Shz= co kt - La 4 GF Abbiamo utilizzato la serie esponenziale e il teorema 6. Dal teorema 8 si ha: zek a aa Che = 7 She = > OH zeER Consideriamo la serie di potenze nota come serie binomiale, fa kL a a\io E(t)e-o (er @er dove a € R. Se a 2 un intero non negativo la serie & a termini definiti- vamente nulli poiché (7) Sia a = n, n > 0, In questo caso la serie di riduce alla ben nota espressione del binomio di Newton e si ha: >(t) %, (i+2)" Sia ora a € R, a non intero non negativo. Possiamo applicare il criterio del rapporto per determinare il raggio di convergenza, poiché (2) #0 per ogni k e si ha: lim atten (481) /(@)I- o(a—1)...(a—k) (e+)! = tim x4! keto k+1 = ao a(a-1)- L binomiale individua quindi una funzione Ao(z) nell’intervallo (-1,1). Ci proponiamo di verificare che Aq(z) = (1+2)*. A tale scopo osserviamo (teorema 8) che Ag & derivabile su (—1,1) e AL(2) Suen(.sa) io Inoltre con semplici calcoli si ha Gtaaate)= Seen (,$,)8+ bee (ef) = @A,(2) clot per ogni z € (1,1) (1+ 2)A,(z) - eAe(z) = 0 Dividendo per (1+ 2)**? si ottiene d (_Ad(z) a (ae) Allora la funzione Fe ee & costante sull’intervallo (~1, 1) ed essendo ~ Te) = FZ Aa{0) = 1 si ottiene Aa(z) (+2) cio’ Ao(z) = (1+ 2)*. Mediante la sostituzione x 1 vi-® ¢ integrando sullintervallo [0,2] con x € (—1,1) si ha (teorema 8) 12? arsins = (2n—1) a4 Qn) nti ciot la serie di Taylor della funzione arsin con centro in z = 0. La serie della funzione arcos z con centro in zq = 0 si ottiene semplicemente osservando che per ogni z € (1,1) arcosa = 5 — arsine SERIE DI POTENZE IN CAMPO COMPLESSO Sia 2» € C fissato e {ax)s0 una successione di numeri complessi. La serie di funzioni +2 Dante ~ 20)" & detta serie di potenze in campo complesso con centro in zo. Analogamente alle serie di, potenze in campo reale, possiamo sempre ripor- tarci a serie con centro nell'origine mediante la traslazione z + z+ 20. Per quanto riguarda il problema della convergenza puntuale, assolutae uniforme delle serie complesse si ha: ‘Teorema 10. Data la serie complessa a) Yaz, sia R il raggio di convergenza della serie reale )Jay|z*. Allora, m i) se R=0 laserie (14) converge solo per 2 ji) se. 0 < R < +oo la serie (14) converge assolutamente ¢ puntualmente nel cerchio Cr = {z € C:|2] < 2}, converge uniformemente in ogni sottoinsieme compatto D C Cpj non converge in alcun punto 2 con lal > R. se R = +00 laserie (14) converge assotutamente e puntualmente in tutto C, converge uniformemente in ogni sottoinsieme compatto di C. Dim. Osserviamo prima di tutto che se la serie )axz* converge in un punto z; # 0, allora converge assolutamente e quindi puntualmente in tutti i punti 2 € C tali che [a] < |2). Infatti, poiché lim ayzt = 0, esiste M € R, M > 0, tale che Jagzt| < M per ogni &. Ma allora a ax2* non converge in alcun punto 2 tale che |2| > 2%; infatti se per assurdo esi- stesse 21 € Ccon |x| > le ) auzt convergente, scelto 22, |2i| > |22] > Ryla serie > a42} per quanto detto dovrebbe convergere assolutamente. Quindi la serie reale ) > asl | convergenza. La tesi & quindi dimostrata per 2 = 0. Sia 0 < R< +00, lz] < 2; scegliamo 2; tale che [z| < 21 < 2. Allora convergerebbe in un punto esterno allintervallo di lox2"| < Jox| 2 fe quindi la serie converge assolutamente per confronto con la serie reale Seales. In maniera analoga si dimostra 1a convergenza assoluta in C se B= too. Veniamo infine alla convergenza uniforme. Sia R = +00 e DC C, D com- patto; allora D & limitato ed esiste quindi M tale che J] Oe per ogni 2 € D. Poiché la serie numerica reale ) |ax|M* & convergente, la convergenza uniforme su D segue dal criterio sulficiente di Weierstrass. Sia 0 < R < +o0e DC Cp. La funzione 9(z) = |2| @ continua su D, D ® compatto e quindi g per il teorema di Weierstrass ha massimo assoluto su D. Posto M = maxg(z) si ha ovviamente M < Re la tesi segue con ragionamento analogo a quello del caso = +00. Definizione. Chiamiamo raggio di convergenza della serie complessa ) ax 2" Ja quantita, EC, Svaxz* convergent} im Sup{| Coroltario, Il raggio di convergenza della serie complessa > ax2" coincide con il raggio di convergenza della serie reale J |ax|z*. Osservazione. Il teorema 10 ci assicura che ogni serie complessa di potenze con raggio di convergenza R reale positivo converge assolutamente e puntual- mente in tutti i punti interni al cerchio con centro nell’origine e raggio R e non converge nei punti esterni a tale cerchio. Per quanto riguarda i punti della circonferenza vale quanto gid detto per le serie reali di potenze relati- vamente ai punti z = 2 ciod il comportamento della serie va studiato caso per caso in questi punti. Esempi. ) Se (vedi es. 2, par. 3 capitolo precedente), La serie ha raggio di convergenza R = 1 € non converge in alcun punto della circonferenza (1 2) 7%. laserie ha raggio di convergenza X = 1, poiché per la serie reale 1 im EET tim AX Ps a oe ae k Consideriamo i punti della circonferenza |z| = 1. Se z = 1 la serie non converge. Sia zo # 1, [zo] = { ihe converge monotonamente a 2620. a Per il teorema 11 del cap. 6 la serie xe & convergente. La serie data converge in tutti i punti della circonferenza |2| = 1 tranne z 3) Se a La serie ha raggio di convergenza R = 1 poiché per la serie reale # Fails 1 ji, GEM? Stim PS satis I sate (e+ 1 B La serie converge in tutti i punti della circonferenza |2| = 1; infatti se fol = 1 26 _ fot _ 2 ka] BS ot 20 e-quindi > converge assolutamente mi pud estendere alle serie com- Con semplici adattamenti nella dimostrazione plesse il teorema 5 nella forma seguente: ‘Teorema 11. Sia )ayz* una serie complessa con raggio di convergenza R, 0 < R< +o. Se la serie converge in 2 con |2y| = R, allora la serie converge uniformemente sul raggio z = tz,,t € [0,1]. In analogia al caso delle serie reali di potenze, possiamo definire le serie somma e prodotto complesse nonché la serie derivata di unadata serie (per la nozione di derivata di funzioni complesse, vedi paragrafo 5. cap. 9). Le informazioni relative ai raggi di convergenza contenute nei teoremi 6 € 7 per il caso reale continuano a valere nel caso complesso e possono essere semplicemente dimostrate mediante tecniche analoghe. 4, FORMULE DI EULERO oat Abbiamo visto in precedenza che la serie reale di potenze )> = ha raggio a ha resi ‘onvergenza It = +00 ed @ la serie di Taylor dela funzione e* cio® $00 oe per ogni z ER. Sia ora z € C e definiamo l'esponenziale in campo complesso e* come la sommma della serie complessa di potenze > a Poiché tale serie ha coefli- ienti reali, essa ha raggio di convergenza Ie = +00; definiamo quindi ot e Pal per ogni 2 €C Le proprieta fondamentali della funzione esponensiale reale si estendono a quella complessa: dalla definizione di prodotto di serie numeriche secondo Cauchy e dalla formula det binomio di Newton si ha (EH) ECan) - f20 \jzo ta wet ent per ogni 21,22 €C per ogni z € C. Sia ora 0 € R e consideriamo la serie ~ ‘Trattandosi di_una serie complessa convergente, convergeranno sia la serie delle parti reali che la serie delle parti immaginarie e si avris Queste non sono altro che le serie di Taylor rispettivamente di cos 9 ¢ sin J. Si ha quin (15) e? = cosd + isind La (15) & nota come formula di Bulero, e da essa si possono ricavare due importanti formule per le funzioni circolari. Infatti ponendo nella (15) -0 al posto di @ si ha: 7” = cos(—¥) + isin(—) = cosd — isind (16) e quindi per semisomma e semidifferenza dalla (15) e (16) si ottiene: 418 Un procedimento analogo permette di introdurre le funzioni circolasi in eampo complesso. Partendo infatti dalle serie di Taylor delle funzioni sin e cos= che hanno raggio di convergenza R = +00, definiamo per ogni z €C ak saat z (a7) sinz = LY eg ai (18) Le serie (17) ¢ (18) hanno raggio di convergenza R = +00 e con semplici calcoli di ottiene (19) sing = (20) cos 2 = Inoltre le proprieté fondamentali delle funzioni circolari reali si estendono immutate a quelle complesse. Infatti: = sin 24 608 29 + cos 2 sin 23 © analogamente cos(21 + 22) = €08 2, €08 29 ~ sin 2 sin zy In particolare ponendo nella (19) ¢ (20) 2 = i con 9 ER si ha sin(i0) = ishd cos(id) = =cho Infine otteniamo le formule che esprimono le funzioni circolari complesse in termini delle funzioni circolari e iperboliche con argomento reale; combinando infatti le relazioni precedenti si ha se z= a+ ib cos = cos(a+ ib) = cos acos(ib) — sin a sin(ib = cosa Chb — isinaShb n(a + ib) = sin acos(ib) + cos asin(ib) = sina Ch + écosShb APPENDICE 1 POLINOMI. IL TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ALGEBRA 1, POLINOMI, Sia F un campo e a9,4,,..-4d, , +1 elementi di F. Sia inoltre a, £0. Def. _Chiamiamo funzione razionale intera di grado n, 0, pil semplicemente, polinomio di grado n su F, la funzione P : F —+ F avente l’espressione: a) P(e Spare! » EF. Benché la definizione e le principali proprieta dei polinomi possano essere enunciate in contesti assai generali, noi ci limitiamo al caso in cui F sia il campo razionale o reale o complesso. 1 termini a,25 che compaiono in (1) vengono detti mono J, ¢ il numero a; coelliciente di grado j del polinomio P. I polinomi di grado 0 sono le costanti di F; in questo caso ammettiamo anche > il polinomio identicamente nullo. termini di grado Si osservi che ogni polinomio a coellicienti reali P(z) = ) aja’, z ER, & 3 la restrizione del polinomio P(z) = )\a,z/, € C. Quindi ogni polinomio = sul campo reale @ considerato come la restrizione di un polinomio sul campo fee complesso. Analogamente ogni polinomio sul campo razionale @ la restrizione di un polinomio sul campo reale. Siano P(2) =) aj2 e Q(z) =) 52" j=0 ix due polinomi su F. Allora P = @ see solo sen = me a, = b; per j = O,1...n. Principio di identita dei potinor Dim. Sia F il campo reale o complesso e P= Q. Dimostriamo dapprima che n = m. Sen > m, avremmo: Q()(z) Pl")(2) = nld, #0, assurdo. Quindi n =m. Resta ora da dimostrare che nell'insieme dei polinomi di grado n la condizione a; = 6, 7 = 0,1,...;n & necessaria (oltre che ovviamente sufliciente) per Peguaglianza di due polinomi. Procediamo per induzione. Se n = 0 l'asserto @ ovviamente vero. Sia esso vero per n~ 1 ¢ dimostriamolo per n. Si ha: P'(z) = Q(z) eP’ e Q sono polinomi di grado n ~ 1 aventi rispettivamente le espressioni: Per 'ipotesi di induzione ja; = j8;, ciob a; = by per j = 1,2,...,n. Inoltre si ha anche: ay = P(0) = Q(0) = bo. Quindi lasserto & completamente dimostrato. Sia infine F il campo razionale. Se i polinomi P e Q coincidono sul campo razionale, essi devono anche coincidere sul campo reale, poiché sono funzioni continue in R e l’insieme dei numeri razionali 2 denso in R. Quindi il ‘Teorema segue dal caso in cui F sia il campo reale. Riterremo noti dall’algebra elementare i concetti di somia e prodotto di due polinomie le relative proprietd. Esamineremo invece pilt da vicino la divisione di un polinomio per un altro polinoinio. Teorema 1, Siano Ae B due polinomi su F. Sia B non identicamente nullo. Allora si possono determinare in uno ¢ un solo modo due polinomi Q ¢ su F tali che @) A=BQ+R , grR< gs Dim. Unicita. Siano Q; e Jai = 1,2) due coppie di polinomi su F verificanti (2). Siha allora Ry + BQ: = A= BQr + & Per sottrazione: Ry ~ By = BQa- @) Poiché gr(i, - Ra) < gr B, deve essere Q, ~ Q2 =e quindi Ry = Ry. Esistenza. Procediamno per induzione sul’grado di A. Siano @,2" ¢ by2” i termini di grado pit elevato in A e B rispettivamente (ciod n= ge Ae m= grB). II Teorema & vero sen < m. Infatti, se n < m basta porreQ=O0¢ R= A. Sia ora la proprieta vera se gr A < n, ove n > m, e dimostriamola vera per n. Poniamo Cy = aqj,!2"-" € Ay = A~ BC. Chiaramente gr A 0) su F. Coroltario 1. I numero a é F ® una radice del polinomio A su F see solo se A(a) = 0. Dim. Se a& una radice di A, allora per definizione A(z) = (z~- 4)Q(z), ove Q 2 un opportuno polinomio. Quindi A(a) = 0. Viceversa sia A(a) = 0; esprimiamo A, in accordo a (2), assumendo B (2-4). Siha: A(z) = (2 ~ a)Q(z) + R(2) ove gr R <1 = gr B. Quindi f(z) = ¢ € F. Poiché A(a) = 0, si hac cio’ (2 ~ a) divide A. Osservazione: Il numero a @ radice di molteplicita m > 1 per A se e solo se A(z) = (x — a)"Q(z) e Q(a) # 0. Cid segue immmediatamente da una ripetuta applicazione del Corollario 1. Corollario 2. Sia a una radice di A; allora a @ radice di moltiplicit& m > 1 per A see solo se a @ radice di molteplicita m — 1 per il polinomio derivate a. Dim, Sia A(z) = (z— a)"Q(2), ove Q(a) #0. Allora A'(z) = (2 ~ a)""#(mQ(z) + (2 - 2)Q’(z)). Posto mQ(z)+(2—a)Q"(z) = Qi(z) si ha A'(2) = (z-a)""*Qi(z) © Qa(a) mQ(a) #0. Viceversa, sia a radice di molteplicita m—1 di A’, cio’ A’(z) = (2—a)""*Q,(z), con Qi (a) #0. _ Poiché per ipotesi a & pure radice di A, si ha A(z) = (z - a)*Q(z), ove Q(a) #0. Bisogna mostrare che 7i = m. Ragionando come sopra si ha: *(MQ(z) + (2 ~ a)Q"(z)) = *Qa(z),ove Qa(a) #0 Sia m # 7H, ad esempio m > WH (se m < MH il ragionamento d analogo). Si ha allora (z-@)™ assurdo, poich? Q2(a) # 0. Def. Sia A(z) un polinomio su F. Diremo che a € F é una radice, 0 uno zero, 0 una soluzione di molteplicita m > 1 dell’equazione: A(z) =0 se a 2 una radice di molteplicita m del polinomio A(z). Esempio. Sia A(x) = 2° ~ 52? + 82 ~ 4 = (z—2)?(x~ 1). A(z) ha 2 come radice di molteplicita 2 e 1 come radice di molteplicita 1. Si ha: A'(z) = 327 — 102 +8 = (x ~2)(32 ~ 4). A’ ha 2 come radice di molteplicita 1 (e 4/3 come radice di molteplicita 1). ‘Aun polinomio su F. Siano ay,...4% radici distinte di A su F di molte- plicita m,,...m, maggiori o eguali a 1. Si ha allora: A(z) = (2 a1)" Gi(2) 5 Qala) #0 Poicha (x ~ a2)" divide A(z), deve essere: (x ~ a2)""|Qx quin A(z) = (x ~ a1)"*(2 = a2)" Qa(z) © Q2(a1) # 0, Q2(a2) # 0. Continuando questo procedimento si ottiene @) A(z) = (2 = a1)"*(e ~ a3)... (z ~ a4) Q(z) ove Q(a:) #0, §=1,2,...4h. Quindi ry +b rng +... me S geA. In altri termini Corollario 3. I numero delle radici (ciascuna contata con la sua molteplicita) di un polinomio su F non supera il grado di A. Se F ail campo reale o il campo razionale, pud capitare che my + m2 +...+ my < gr A, ovvero che gr@ > 0 (ove Q & come in (3). ‘Ad esempio sia: A(z) = 2? ~ 2, ¢ sia F il campo razionale. Allora Q(z) = A(z) = 2? - 2 A(z) non ha radici in tale campo. ‘Analogamente sia A(z) = 2° +2 F = R. In questo caso 0 & radice di molteplicita 1e Q(z) = 2? +1 non ha radici reali. In ambedue i casi perd A(z) e- Q(z) hanno radici rispettivament Vedremo nel prossimo paragtafo che ogni polinomnio di grado n su C ha esat- tamente n radici, ove ciascuna sia contata con la sua molteplicita; in altri termini ogni equazione algebrica A(z) = 0 di grado n ha in C n soluzioni, ciascuna contata con la sua molteplicita. Per illusteare meglio questo fatto, ricordiamo che un polinomio A su F di grado maggiore di zero si dice riducibile su F se & possibile trovare due polinomi B ¢Q su F, ambedue di grado maggiore di zero tali che A= BQ. Altrimenti A si dice irriducibile Evidentemente ogni polinomio di primo grado A = (x ~a) @ irtiducibile su F, quale che sia F. Se F = R, esistono polinomi su R di secondo grado irriducibili su R: ad esempio 2? + 1 (mentre ogni polinomio su R di grado maggiore al secondo 2 riducibile su R, come vedremo in seguito). I teorema fondamentale dell’Algebra che presenteremo nel prossimo paragrafo alferma che un polinomio A 2 irriducibile su C se ¢ solo se A é di primo grado. 2, IL TEOREMA FONDAMENTALE DELL'ALGEBRA. Teorema 2. (Teorema fondamentale dell’ Algebra). Sia A(z) un polinomio di grado n > 1 su C, Allora sono univocamente determinati k numeri complessi 4,...,0,, k numeri interi positivi m,,:ma,..., mg, e una costante complessa c tali che: (4) Az) = e(2 = a1)" (2 ~ a2)" «(2 = a4)™ Osservuzione. Si osservi che da (4) si ha: my -+ma-+...tmy = n. Il Teorema 2 si pud anche enunciare nella forma: ogni equazione algebrica A(z) = 0 di grado n sul campo complesso ha esattamente n soluzioni ove ciascuna sia contata cont la sua molteplicita, Si osservi ancora che I’unicita della decomposizione (4) (a meno ovviamente dell'ordine dei fattori) segue dal noto principio dell’unicita della decomposi- zione dei polinomi in fattori irriducibili, oppure dal Corollario 2. Sia infatti ay Ale) =(e = a4)!" (04) un’altra decomposizione in fattori distinti. Se, ad esempio a; # ay per j = 1,...,A allora.A(a,) = 0 per (4) mentre A(a,) # 0 per (4)! ¢ viceversa, assurdo. Se ora ay = 0, mam, # #4, ad es. m, > #4, allora, per il corollario 2 si ha Passurdo: Al) (ay) per (4) entre AW(a,) #0 per (4) - Infine c= 7 poich® essi sono i coellicienti del termine di grado n in (4) e (4)'. Dimostreremo il Teorema 2 nella forma equivalente: Teorema 2'. .Sia A un polinomio di grado n 2 1 su C. Allora A ammette almeno una radice in C. I teorema 2 e il Teorema 2 sono equivalenti, Infatti se vale il ‘Teorema 2” vale anche il Teorema 2 (il reciproco & ovvio), come si vede dal ragionamento seguente. Sia 2, una radice di A. Si A(z) = (2-1) (2) Se gr'A=1, allora Q,(z) = ce abbiamo terminate. Altrimenti avremo: (2 ~ #2)Qa(z) (2) = A(z) = (2 ~ a1)(2 ~ 22)@a(2), ove 22 @ una radice di Qu . Se gr A(2) Altrimenti allora Q2 = ¢ e abbiamo terminato. continuando questo procedimento otterreno AG) }Qn(z) ove n= gr A(z) € Qq(2) = ¢. Associando le radici eguali otteniamo lespres- sione (4). . [2 a,)(2— 22). (2- Dimostrazione del Teorema 2. Esponiamo la dimostrazione dovuta a Gauss. Essa si articola in due punti. 1) |A(z)| ha almeno un punto di minimo relativo 2. 2) Se 29 @ un punto di minimo relativo per |A(z)|, allora A(z0) = 1) Sia A(z) = )~aj2’, ay # 0. Possiamo supporre anche ay # 0, altrimenti jl punto z = 0 sarebbe una radice di A(z) e non ci sarebbe piil nulla da dimostrare. Poniaino g(z) = |A(2)|. Si ha: (2) 2 [anfl2t" e quindi g(2) ~+ +00 per {2| ++ +00. Percid esiste M > 0 tale che per ogni z tale che |z| 2M, si abbia: g(2) > Jag|. Poiché g(2) & continua nel cerchio chiuso Byy = {2 €C: || 0, e mostriamo che cid implica la disuguaglianza g(2y + h) < 9(2o) per ogni h € C con |h| sul cientemente piccolo e argomnento opportunamente fissato. Si ha oe, Aloo +H) ‘e quindi (pcich® (zo) = {bol) (5) (20+ 4) < o(zo){L + coh] 415" (lemal + oot leaf" )) ‘ove abbiamo posto ¢; = by/by € abbiamo denotato con m il pitt piccolo intero positivo tale che bm #0, Possiamo scegliere h di modulo piccolo a piacere e tale che c,A™ sia reale € negativo. Infatti se ¢ @ l’argomento di cm, basta scegliere A con argomento 9 = 7 —*, ¢ modulo p piccolo a piacere. , Posto G(p) = |emsal+.-.t eal"? sia tim G(p) = lemsil- Percid G(p) 2 limitata in un opportuno introno destro dip = 0. La formula (5) diviene: © an A) oy lol Ke™** (p= hI) , ove K & una costante opportuna. Se p 8 abbastanza piccolo, 1 — |ém|p™ > 0 anche Kp™*! < jlemle™. Si ha allora da (6): (2 +h) (0) cio’ g(zo + A) < g(x). Cid & assurdo se z @ un minimo, e quindi g(z) = 0. 1 <1 = |emle™ + 5 lemle™ <1 Sia ora A(z) un polinomio a coollicienti reali. Per il teorema 2 A si pud fattorizzare nel campo complesso secondo la formula (4). Sia a una radice complessa non reale di A. Allora anche la complessa coniugata @ 8 radice di A con la medesima molteplicita. AG) = 3)" @) =(2-a)"9-() Ponendo w = si ha quindi A(w) = (w ~@)"@(w) e (Q(@) = Qa) #0. Ne segue che @@ radice di A con la stessa molteplicita di a. In particolare se 1 reale, si ha A(z) = (2 ~ a)"(z = @)"Qa(2) = (2? + pz +)" Qa(z) ‘ove p= —28a, q = |al®. Quindi p,q sono numeri reali tali che p?—4q < 0. Dal teorema 2 e da quanto appena osservato possiamo dedurre la fattorizzazione di un polinomio A a coellicienti reali. jossono ‘Teorema 3. Sia A un polinomio di grado n > 1 a coeflicienti reali. determinare in modo unico r+ 2s numeri reali a),...dr) Piy+++sPey My tali che p} ~ 4g; < 0.(j = 1)...48), F-+8 numeri inteti positivi my, nyy.som e una costante reale ¢ tali che: ee(e= op) (2? + pet ga) oo (2 + Pett a)" (7) A@) e(z- a) In particolare se un polinomio a coellicignti reali ha grado maggiore di 2 esso @ riducibile su R. 3. DECOMPOSIZIONE IN FRAZIONI PARZIALI. Be) Fiqy: 1 tunsione 12) Siano Ae B polinomi a coeflitienti real e sia /(2: 2 definita per tutti gli x reali tali che A(z) # 0. Def. La funzione f(z) = 58 viene chiamata funzioni razionale fratta, o frazione razionale (in contrapposizione alle frazioni continue infinite). Dal teorema 3 sappiamo che A e B ammettono fattorizzazioni del tipo (7). In questo paragralo ci proponiamo di serivere f come somma delle frazioni (ove K ea sono razionali elementari Q(z) (ove @ & un polinemio) a EEE (re tame mo cat sa costanti reali e m € N), ph-4q<0ened). Sia dapprima gr B > grA > 1. Per il teorema 1 possiamo scrivere B= ' R(z) AQ + Re quindi f(z) = Q(z) + a. Quindi d’ora innanzi possiamo supporre er 3 < grA(e grA 21). Supponiamo che A abbia la fattorizzazione (7). Poniamo A(z) = (x — a,)"*Q,(2). Si ha per ogni costante reale K R-KQr 4 aos {e (e-a)™ as ‘Scegliamo K in modo che R(a,) = KQ,(a1)- Poich® Qi(a,) # 0, K & univocamente determinata. Con questa scelta di K,R— KQu 2 divisibile per (x ~ a1); quin R A ee a fy A (z= a) AL (z= a)™Qy ove Ry = za Siha grRi < grAy Procedendo per induzione otteniamo, per opportune costanti Ks, ® 3 Grey 7 Ky Ga)" ove gr it < gr Ae A ail polinomio: = (a- a2)" ... (2 a,)™ (2? + pz tq)... (2? + ptt qe) Ripetendo il procedimento con la seconda radice reale az ¢ poi con a3 fino ad artivare ad a, otteniamo: Re) A(z) ym) er < ee Cla) = (2? + pitt au)... (22 + part ge) = (2 + z+ Cs (2) Occupiamoci ora della frazione 3. Procedendo come sopra si ha, per ogni coppia di costanti L e M, V'identita: S_ Lr+M S-(bt+M)C Co @ rasta @ treba Determiniamo.L e M in modo che S ~ (Lz + M)C; sia divisibile per 2? + riz t qu. Sia 2? + pz t gn = (z- a1 ~ ifi)(2— at if) con a € A, reali, Silos + #61) = 5 1 £0. Sia = pi +ias (¢ quindi 21 —Fi) = p, — ios). BAO Si Ca apy) “MH (8 Gla, map) Scegliamo L = 24, M = p, - 2%. Si verifica agevolmente che con queste posizioni R(z) — (Lz + M)C,(z) si annulla per z = a, + éf,, e quindi esso risulta divisibile per 2? + py2+ g1- Quindi iztM Si tmztn) | (+z ta) cr R(z) = (Lz + M)Ci(2) Pasta . Continuando il procedimento si determinano costanti reali Lt. e Mj tali che ove S= =+M! Diet + et (Pt pata) Stee Mi _ abet Ma Co (@+pz+ a) (@+nz+au) Diet My, pet Mes +petq) Si osservi che il procedimento seguito mostra che le costanti K Le M sono reali € univocamente determinate. Abbiamo cosl dimostrato il seguente Teorema. ‘Teorema 4, Siano A e B polinomi a coeflicienti reali, con grA > 1,¢ A abbia la fattorizzazione (7). Si possono univocamente deter woh KEM AEM. cienti reali tali che eali Ki, th Mh (b Ki s T+ Mi @i pst ayer” Fe) $8 a+ deg iStiet APPENDICE 2 RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI ALGEBRICHE DI 3° E 4° GRADO 1. RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI DI 3° GRADO. Sia {(2) = 92° + 4,2? + a, + ag un polinomio di terzo grado a coeflicienti complessi, ciot a; €C, i= 0,1,2,3, ao # 0. L’equazione a) A(z) =0 i, ciascuna contata con la sua mol- ammette nel campo complesso tre soluzior teplicita. Ci proponiamo di esprimere, in analogia alla nota formula risulutiva per le equazioni di 2° grado, le radici di (1) mediante i coellicienti a;. Poniamo y = 2 ~ 8, dove b= ~a,/3a9- L'equazione (1) diviene: (2) any? + J'(b)y + f(b) =0 Le soluzioni di (1) si ottengono dalle soluzioni di (2) mediante la corrispon- denza y= 2-0. £0) £0) |, risctiviamo (2) nella forma Posto @) vtpytq=o e determiniamo ue v'in modo che y= u + v soddisfi (3). Si ottiene : 2 $+ (ut vuv = uP +o + Suyy cio’ ( y= sry (v0) =0 Le equazioni (3) e (3)' coincidono se e solo se a “ {eee Quindi, se ue v sono numeri soddisfacenti il sistema (4), i corrispondenti valori y = u+ 0 saranno soluzioni di (3). Elevando al cubo la prima equazione in (4) si ha pat Confrontando con la seconda equazione in (4) si conclude che u? e v® devono essere radici dell'equazione di secondo grado: =q (6) P+ qe-p z= Percid ove \/ indica una qualunque delle due radici quadrate complesse di a +E (si ricordi che le due radici quadrate di un numero complesso sono equali in valore assoluto € hanno argomenti che differiscono tra loro di x). Si ha percid: ©) @ y-i-y4 5=0,1,2 ove 4 indica una qualunque (ma fissata) radice cubica di cio® wi & una’radice cubica di 1. Da (5) ¢ (6) si ha uv, = —w/t*p/3 e per la prima delle (4) si ottiene j = 3—s. Se ne conclude quindi che le tre radici dell’equazioni (2) sono espresse dalla formula Py ywoift-/L ® ow tt a La formula (8) nota con il nome di “formula di Cardano”. ‘Supponiamo che i coellicienti dell’equazione (1) siano reali e si 38 PF p=-108(£4 D & detto discs ‘ (§ a “ minante dell’equazione) iam Quindi ei hanno tre radivi 1) Sia dapprima D = 0. Allora yy = (w’ +) Sihaquindi: » reali di cui almeno due coincidenti. b) Sia D > 0. Allora u® e v® sono numeri complessi coniugati, e, di ne guenta, i valori corrispondenti u, ¢ v5 sono complessi coniugati. Quins ty ® reale per ogni j. Si hanno percid tre radici reali distinti. Quindi alinens ©) Sia infine D <0. In questo caso uw? ¢ v? sono reali. una delle radici cubiche di u @ reale, e, per la prima delle (4), corrispondente radice cubica di v & reale. Conveniamo che in (6) e (7) ¢/~ indichi la radice cubica reale. Allora yp 2 reale dans he ta uy = Wo) yy = why + wy = v= Flo tm) E(w 0) Le radici y1 € ys sono complesse coniugate, 2. RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI DI 4° GRADO Sia f(z) = az + a2° + axa? +ayz tay ove a, EC , §=0,1,2,3,4, € a £0. Con il cambiamento di variebili z — b = y, ove b = —a,/4ap, equazione J (2) = 0 diviene: (9) vitpytqutr=0 ove Bag? 1 ay? @ Le soluzioni di f(z) = 0 e di (9) si corrispondono mediante y = 2 — b. Cerchiamo tre numeri u, v,w di modo che y= u+v+w sia soluzione di (9). Elevando al quadrato si ha: =O LO, LO, y—(w +0? +u?) = 2(uv+ uw + vw) da cui, quadrando di nuovo, otteniamo: (10) 0 = y*—2(u?+0?4u?)y? -uvwyt(w?-+0?+w?)?—4(u?o uw? +0?w?) Confrontando (9) ¢ (10) otteniamo il sistema in u, v,w we +ut (4) ew? we + Pu? + va I numeri v?, v7, w? sono le radici dell’equazione di 3° grado: 3422, (Baar\ 9 12) +224(P7),-£ (12) ests (Eo). fo Infatti il prodotto (z ~ u?)(z- v*)(z — w) coincide, se u?, v?, uw? soddisfano (11), col primo membro di (12). L'equazione (12) si risolvera col metodo esposto nel paragrafo 1. Dette 21,2142 le soluzioni di (12) si avr ustVR, v=4VH, w= ove /~ @ una qualunque delle due radici quadrate complesse. ‘Tenendo conto =a , si ottengono le quattro soluzioni di (9): n=VatVatve del fatto che uvw n= Va-Va~ VB wait Van Vve wa n-Va~ vat fs GRAFICI y= lz) 1 oH 1 2 y= Mantz (mantissa di 2) 1 per z>0 yssgnz={ 0 per 2=0 (segno di z) -1 per 2<0 y=[z]=2—Mantz v k>o =2",k razionale aia ae 4 0 2%,a reale ° v > perlz| < per|z| ri 0 v= {* 8 Che y= =Shr ed ° perlz| <1 perf] > 1 8 yore" 458 2 Sqe =f z y =arsin yarcos 2 IN Ie 463 MAA A ANN Ni INT VV ff sine? y=asing 466 y=sin4 (e #0) y aa sin 4 (2 #0) ar

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