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On the road to Nowhere

Parte I

ale93





"Oh, the years burn
I used to be a little boy
so old in my shoes
and what I choose is my choice.
What's a boy supposed to do?"
(Disarm, Smashing Pumpkins)



Conoscevo il lido Paradise sin dallestate dei miei quindici anni.
Era una lingua di sabbia sovraffollata ininterrottamente da Luglio a met Settembre. La prima
volta che avevo visto quel posto stato grazie a Francesco, il mio miglior amico dai tempi
delle medie.
Frequentavamo uno stabilimento privato a quasi due chilometri di distanza, ma ero piuttosto
insofferente allambiente.
Il grande campo da beach volley, il bar moderno con il bancone laccato di rosso, le donne
troppo truccate che sudavano e sudavano sulle loro sdraio pur di non fare un tuffo e perdere
irrimediabilmente la loro maschera di fondotinta, m irritavano in modo comico.
France si faceva sempre delle gran belle risate quando iniziavo a sbuffare e ad infastidirmi.
Dai, Michele, mi disse un pomeriggio, andiamo a vedere che altro c qua intorno.
Aveva trovato un sentiero tra le fitte erbacce che segnalavano il limite dello stabilimento
privato e linizio di tutto il resto. Lo percorremmo tutto, spuntando poi in quel posticino
circondato da alte scogliere. In fondo alla piccola spiaggia cerano due barchette a remi semi
distrutte e, in una rientranza, un banale chiringuito.
Il Paradise era stata una piccola, piacevole scoperta e adesso ancora il mio posto preferito.
Francesco la definiva un' isola nascosta, un Paradise appunto. Diceva che in quel posto ci si
stacca dalla realt e ogni cosa diventa pi colorata e selvaggia, secondo lui era l che si doveva
andare a pensare, era il posto adatto a ricevere ispirazione suprema.
sempre stato strano in modo buffo, lui. A quindici anni si era fatto cucire insieme ciocche di
capelli in lunghi dreads biondo cenere e da allora lo chiamavo Mocio.
Credeva che la musica di Bob Marley e lerba insieme al Paradise- fossero le porte per un
mondo pi rilassato, libero dagli schemi che tanto odiava.
Andava in giro con diciotto braccialetti di cotone colorato al polso destro e studiava Lettere
moderne a Urbino perch amava allontanarsi dal mondo che conosceva, amava farsi i viaggi
mentali.
Ero convinto che fossimo come la parte bianca e quella scura del Cucciolone, gusti diversi, ma
fondamentalmente complementari. Ci mescolavamo bene insieme.
per questo che ero contento ogni volta che lo vedevo arrivare in spiaggia con un volumetto
di racconti fantasy stretto in una mano e gli occhiali da vista calati sul naso. Era tornato da due
settimane in citt e quella mattina di met Giugno camminava verso il chiringuito con la testa
completamente tra le nuvole.
On the road to Nowhere
Parte I

ale93



Tonio, il proprietario del bar, era un uomo sulla cinquantina che passava di l solo di tanto in
tanto per controllare che fosse tutto in ordine.
Lavoravo l dallestate precedente. Ero stato assunto subito dopo gli esami di maturit{ e dopo
il primo anno di universit ero ritornato in quel posto con la coda tra le gambe.
Era bello lavorare vicino al mare fino a notte fonda.
Scaricavo casse di birra, spazzavo via la sabbia dalle mattonelle del pavimento, servivo i
clienti ballando con il vassoio in equilibrio su una mano.
Poi tornavo a casa senza forze e senza la possibilit di farmi troppe domande. Per quello
avevo chiesto a Tonio di poter lavorare di nuovo l per la terza estate di fila.
Era un modo comodo per non pensare mai alla vita fuori da quellangolo colorato e caotico.
In quella parte di litoranea non cerano posti in cui i ragazzi potessero incontrarsi, tranne il
chiringuito del Paradise. Era una zona deserta, ma ladoravo anche per quello.
Sbirciai landatura un po sciatta di Mocio, mentre fumavo la fidata Lucky Strike Blu seduto
sulla piattaforma che circondava il chiringuito.
Stare in spiaggia da solo al mattino presto mi rilassava.
Laria leggera, gli spruzzi dacqua salata, il sole ancora coperto da un certo biancore, mi
piaceva ogni cosa di quel posto, anche la solitudine.
Se sei depresso dillo subito che me ne vado.
Non mi girai neppure a guardarlo. Spiegami come fai ad essere rompicoglioni gi alle otto di
mattina, Mocio.
Francesco si lasci cadere sulla sabbia poco pi in l, incastrando gli occhiali verde acido tra i
dreads.
Superpoteri, Miche. Che hai?
Un sospiro. Poi un altro. Gi, che avevo?
Mi riempii la bocca di fumo un ultima volta e spensi il mozzicone ormai consumato tra la
sabbia.
Avevo un pessimo aspetto, me ne rendevo conto. Non mi radevo da due giorni, non riposavo
bene da non so quando e non avevo neppure molta voglia di preoccuparmene.
Tirai su col naso, passandomi le mani sulla faccia. Odiavo che la gente mi fissasse, anche se era
Mocio a farlo. Ho detto ai miei che ho mollato lUniversit{.
Francesco annu serio un paio di volte: avevo preso quella decisione dopo tre semestri.
Era iniziato tutto come uno scherzo, io la mando a cagare questa facolt{ del cavolo, dicevo,
non mi ci vedo per niente come avvocato.
Poi lidea di mandare tutto allaria per il gusto di sentirmi finalmente libero era diventata forte
e prepotente e me nero innamorato perdutamente.
La cosa che pi amavo era la fotografia. Ho sempre pensato che ci fossero bellezze distratte e
invisibili di cui nessuno saccorgeva e su cui avrei voluto puntare un grosso flash.
Ma avevo dovuto accettare di diplomarmi al liceo classico, assieme a Mocio, perch lidea di
lasciarmi frequentare listituto tecnico audio/visivo non poteva neppure essere discussa nella
mia famiglia.
E poi mero iscritto a Giurisprudenza in una citt a pochi chilometri da casa per lo stesso
motivo.
La mia passione mi avrebbe portato a dormire sotto i ponti, dicevano.
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Avevo sempre mille progetti e mai nulla in mano per poterli realizzare.
I miei sogni non ci stavano negli schemi che andavano bene per tutti gli altri, ma non sapevo
come imboccare la mia strada.
Avrei avuto bisogno di un calcio nel sedere per decidermi a combinare qualcosa con quei
pezzetti di desideri che lasciavo in giro come briciole di pane e il primo passo era smetterla di
appiattirmi, di fare da tappezzeria.
La verit{ che probabilmente ho sempre avuto solo un gran talento nellincasinare la mia vita
e, pensa un po, mi piaceva cos.
Francesco mi rifil una pacca sul braccio e io abbassai la fronte sulla sua spalla con una testata
giocosa.
Unabitudine che avevo da quanderavamo bambini.
Hai fatto bene, Miche. Tanto vivi gi{ come uno sbandato, peggio di cos.
Trattenni a stento una risata. Lo so. Devo riprendermi il mio tempo prima di diventare
vecchio e pieno di rimpianti.
Mocio fece spallucce e poi si stiracchi, sistemandosi meglio sulla sabbia. Abbass di nuovo gli
occhiali e apr il suo libriccino distrattamente.
Secchia, lo apostrofai con una smorfia.
Mi tir un infradito in testa.

Le giornate dinizio estate al Paradise erano sempre piuttosto pigre e sonnacchiose.
Si trattava pi che altro di dare una ripulita al locale e organizzarlo in attesa del maggior
afflusso di clienti che ci sarebbe stato nel mese successivo.
Sembravano sempre periodi tranquilli, almeno fin quando arrivava Betta con la sua parlantina
a trecento chilometri orari e i suoi capelli rosa shocking a creare scompiglio.
Alle otto e trenta massimo era gi dietro al bancone del chiringuito con la sua visiera calata
sulla fronte e un grembiulino azzurro attorno alla vita. Ripuliva il locale, sistema la merce, si
muoveva come un folletto impazzito.
Era un tornado e raramente riuscivo a starle dietro.
Quando il proprietario laveva assunta come cameriera, avevo pensato che fosse pazza sul
serio, era sempre iperattiva e frenetica. Solo ogni tanto la trovavo imbambolata, persa in
qualche pensiero che per volava via veloce come era arrivato.
Miche, allora? Battiamo la fiacca stamattina o diamo una sistemata a sto posto prima che si
faccia Natale?, url dal retro del chiringuito, mentre mi trascinavo a piedi nudi verso
linterno.
Sentii la risata a singhiozzo di Mocio dietro le mie spalle.
Guarda che devi portarmi un po di rispetto. Ho una certa et{ tu sei giovane e attiva. Io ho
bisogno di mezzo litro di caff prima di iniziare a connettere, le feci il labbruccio, gettandomi
uno straccio sulla spalla per pulire i tavoli.
Betta fece schioccare la lingua sul palato, poi rise. Hai ventanni e io diciotto. Dove starebbe la
differenza?
La differenza stava nel fatto che in quei giorni mi sentivo come se ne avessi minimo cinquanta,
di anni. Ma questo non glielo dissi.
Quando la spiaggia vide arrivare i primi avventurieri della giornata, Mocio sbuff. Mentre
lavavo piattini e bicchieri, lo vidi ciabattare mogio mogio fino al retro del chiringuito mentre
Betta preparava le insalate per il pranzo.
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Rub tre o quattro pezzetti dananas dal tagliere.
France se pagassi per tutto quello che mangi, incasseremmo milioni, fece lei sbuffando.
Mi sporsi dal bancone giusto in tempo per vedere Mocio che stampava un bacio sulla guancia
di Betta e lei che sorrideva borbottando qualcosa dincomprensibile.
Un bicchiere mi scivol dalle mani e colp il bordo del lavabo, scheggiandosi.
Forse quello fu un piccolo segno di quello che sarebbe successo dopo, ma ero ancora troppo
confuso per capirlo.
Tra me e France cera sempre stato un rapporto esclusivo sin da quando avevamo dodici anni
e giocavamo a calcio nel cortile dietro casa con due pietre a far da porta.
Il duo dei Pirati, ci chiamavano.
Non ci guardavamo neppure, quando ci passavamo la palla: individuavamo la posizione luno
dellaltro come se avessimo un radar impostato per cercarci.
Parlavamo con tutti, avevamo una comitiva piena di gente che andava e veniva e non ci siamo
mai preoccupati di chi decideva di prendere altre strade. I Pirati sono sempre stati una cosa a
parte, un mondo un po privato.
Eravamo cresciuti cos, luno sulle spalle dellaltro.
Mi faceva uno strano effetto lidea che Betta e Mocio fossero complici: non me lo aspettavo,
non lo avevo messo in conto, anche se avrei dovuto.
Era dalla scorsa estate che li vedevo spesso parlottare insieme, alla chiusura del chiringuito,
seduti su due sediole di legno sgangherate a dividersi una birra.
Forse a Betta piaceva Francesco.
Forse France ricambiava.
Gettai via il bicchiere sbeccato, quando una voce alle mie spalle reclam la mia attenzione.
Cera una ragazzina piuttosto intimidita al bancone. Dietro di lei alcune amiche nascondevano
le risate dietro il dorso delle mani.
Oh, no.
Cosa posso servirti?, le chiesi cercando di essere il pi gentile possibile.
Le risate delle sue amiche si fecero pi insistenti, il viso della ragazzina raggiunse tonalit
improponibili. Una granita. Limone. No, scusa, menta. Il limone mi fa schifo.
Avevo voglia di ridere, ma sarebbe stato davvero troppo insensibile.
Le guardai distrattamente. Avevano quindici anni al massimo.
Una delle tipette col costume celestino sembr prendere coraggio. Doveva essere la pi
spavalda del gruppo perch si appoggi al bancone sporgendosi con lo sguardo furbo e acceso.
La mia amica vorrebbe anche sapere il tuo nome, prima di morire di attacco cardiaco.
Risate pi forti.
Abbassai senza pensarci la leva della macchina per la granita, il bicchiere si riemp troppo.
Un po di granita alla menta fin sul bancone e per terra.
Cazzo!, imprecai, cercando di ripulire tutto.
Non ti conviene conoscere il suo nome. cos brutto che perdereste linteresse, intervenne
una voce alle mie spalle. Quellidiota di Mocio fece uno dei suoi ghigni storti, appoggiato
contro lo stipite della porta che dava sul deposito del bar.
Si stava godendo la scenetta alla grande.
Correremo il rischio, rispose la ragazzina, passandosi i capelli tutti su una spalla, nel
tentativo di rendersi attraente.
Porsi il bicchiere alla timidina, tornando in cassa per battere lo scontrino e sperando che se ne
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andassero presto.
Si chiama Olindo. Poverino, eh? Non cucca mai per colpa del nome! gli tirai un calcio,
divertito. Vedi? Si vergogna!, continu Mocio con unespressione dimessa.
E tu come ti chiami?, fece una biondina con un pareo scintillante di perline e le lentiggini sul
naso. Dio, sembrava una bambina. Era una bambina! E guardava France come se fosse una
specie di dio del sesso.
Pensai distrattamente che se Betta lavesse vista, lavrebbe schiaffeggiata fino al compimento
della maggiore et.
Ancora peggio. Mocio. Come lo scopettone per lavare i pavimenti.
Non ci crediamo!
Lo so, due fighi che improvvisamente perdono tutto il loro fascino. Ci dispiace. Non ditelo in
giro, non spezzate i cuori delle nostre povere clienti!, mentre le ragazze tornavano verso la
spiaggia ridendo e spintonandosi, Mocio le salut a voce alta. Ciao, bambine!
Lo guardai con un sopracciglio sollevato, incapace di trattenere una risata. Ma che cazzo
dici?
Non che Mocio fosse presuntuoso, si divertiva ad essere al centro dellattenzione, ma solo
per poter avere lultima parola e zittire tutti con il suo sarcasmo.
Certi momenti sapeva essere sadico.
Hai fatto colpo, mi disse, facendomi un cenno con la testa.
Nah, sono solo affascinate dal ragazzo del bar. una specie di figura mistica dellestate.
Mocio sbuff, roteando gli occhi. Madonna, Miche!
Aggrottai la fronte. Cosa?
Ce la fai ad ammettere che le ragazze ti vengono dietro perch sei figo? Ripeti con me: sono
un cazzo di figo. Su, si batt una mano sulla fronte drammaticamente. Con questi occhietti
nocciola e i capelli neri dio, sei un principe.
Scoppiai a ridere, schiaffeggiandogli la testa.
Mocio mi guard con un mezzo sorriso e si massaggi la nuca, fintamente offeso. Fino a che
ora resti qua, oggi?
Fino a tardi devo ripulire tutto, tocca a me.
Ero contento di far tardi al chiringuito, quella sera: non avevo davvero voglia di tornare a casa,
sarebbe stato piuttosto triste dopo la discussione con la mia famiglia.
Avrei preferito passare pi tempo possibile a non pensare, a non ragionare
Allora porto una pizza e ti faccio compagnia, ti va?
e Mocio, in qualche modo, sapeva sempre quello di cui avevo bisogno.
Posai la fronte sulla sua spalla come quella mattina e France mi scombin i capelli con le dita.
Fu in quel momento che Betta venne fuori dal retro con un vassoio pieno di insalate
allananas, finocchi e noci da esporre sul bancone per lora di pranzo.
Si ferm a guardarci un attimo, poi arross e si morse le labbra.
Che c?, fece Mocio con lo sguardo confuso.
Niente!, pigol Betta prima di filare via.


Cerano sere l al Paradise che sembravano fatte per essere fotografate.
Betta era andata via nel pomeriggio con una strana fretta. Era stata strana per tutto il giorno,
guardava Mocio come se si aspettasse qualcosa da lui, qualcosa che ovviamente non doveva
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ancora essere arrivato.
Alle cinque del pomeriggio, stizzita, sera sfilata il grembiule e gettata in spalla la tracolla. Ci
salut con un gesto veloce.
Chiss.
Smisi comunque di pensarci per godermi una delle ultime sere di tranquillit al Paradise. Di l
a pochi giorni orde di ragazzini si sarebbero riversate in spiaggia anche la sera e il chiringuito
sarebbe diventato il fulcro di una lunghissima festa lunga tutta lestate.
Un delirio.
Ma per quella sera ancora cera una calma flebile, il vento fresco sotto il tessuto dei vestiti, gli
schizzi dacqua salata che ti raggiungono anche a distanza e disegnano tracce bianche sulla
pelle.
Amavo quella sensazione, sapeva di attese e speranze e libert.
Destate si respira meglio, questo ho sempre pensato: ogni cosa sembra pi leggera, almeno
un po.
France aveva gi{ raggiunto la pizzeria pi vicina con il suo glorioso motorino scassato,
ricevuto ai sedici anni e mai pi abbandonato, ed era tornato con una grossa pizza margherita
alle olive nere. La mia preferita.
Mocio aveva uno strano modo di prendersi cura degli amici di me, generalmente- in silenzio.
Simbarazzava se qualcuno gli diceva sinceramente grazie.
Avevo imparato, in tutti quegli anni di amicizia, a non sottolineare mai quello che faceva per
me, mi limitavo a notare ogni cosa e a ringraziarlo altrettanto silenziosamente, senza parole di
sorta.
Se ne stava seduto sulla sabbia, con il suo libro di racconti fantasy e i suoi occhiali verde acido
calati sul naso.
Mentre tiravo gi le serrande del chiringuito lo guardai: aveva la lettura imbronciata. La
concentrazione gli disegnava un solco tra le sopracciglia e lo spingeva a mordersi
involontariamente le labbra.
Hai finito? Dai che ho fame.
Quando mi lasciai cadere vicino a lui, sollev per un attimo gli occhi dalla pagina e tenne il
segno con l'indice.
I lampioni della strada illuminavano appena la battigia e gettavano una lunga ombra ai piedi
del chiringuito. Chiudi quel libro, Mocio, c poca luce per leggere, dai
Lui pos il volumetto sulla sabbia e infil due dita sotto le lenti degli occhiali per stropicciarsi
le palpebre.
Aveva gli occhi stanchi ma allegri. Era sempre cos quando riusciva a leggere per molto tempo,
indisturbato.
Signor s, signore!, mormor, sbadigliando.
Quando ormai scese un silenzio pieno e denso e della pizza rimasero solo i bordi che non
mangiavo mai, il vento soffi pi forte e la sabbia svolazz tuttintorno.
Una nuvola di granelli mi fin dritta in bocca.
Imprecai pi volte, probabilmente anche in aramaico.
France rise tenendosi la pancia mentre sputacchiavo e mi guardava con una linea di
divertimento attorno agli occhi.
Gli diedi del coglione a intervalli regolarissimi tra una risata e laltra.
Allimprovviso decisi di alzarmi e raggiungere la riva, con la chiara intenzione di bagnare
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Francesco dalla testa ai piedi compreso quel cavolo di libro che si portava sempre dietro.
Ma in due nanosecondi mi fu alle spalle, la maglia rossa quella con la faccia di Bob Marley e
una foglia di marijuana sullo sfondo- era irrimediabilmente zuppa e lacqua di mare gli
macchiava le lenti degli occhiali e gocciolava gi per i suoi incasinatissimi dreads.
Mi pass un braccio attorno al collo e mi strofin la mano chiusa a pugno tra i capelli neri.
Quello era un altro dei modi che aveva France per dirmi sono qua per te.
E veramente tutto ok?, mi chiese, smettendo di giocare.
Riflettei un attimo. Non mi andava di mentire davanti ai suoi occhi chiari e limpidi, da
bambino.
Per ora s. A fine estate ci penser.
A fine estate, mi dissi, le luci e i rumori si sarebbero spenti. A fine estate sarebbero tornati i
dubbi, le indecisioni.
A fine estate non avrei pi potuto nascondermi al chiringuito.
Non avrei potuto evitare di tornare nel monolocale vuoto di cui non avrei saputo come pagare
affitto e bollette, non ci sarebbero pi stati i fondi di mamma e pap e le lezioni noiose ma
comode in facolt.
A fine estate sarebbero tornati a farsi vivi tutti i miei mostri.
Ma non importava.
Mentre ci pensavo, Mocio mi tir una ciocca di capelli e se lannod tra le dita. Non ti
deprimere di nuovo. Qualcosa cinventeremo. I Pirati vincono sempre.
Lo guardai e pensai davvero di fidarmi di quello che diceva.
Non cera stata una volta che Mocio mavesse lasciato da solo. Neppure quando alle superiori
cominci a girare la voce che mi piacessero sia le fave che i piselli. Dicevano proprio cos.
Mocio rispondeva che, in fatto di ortaggi, a loro dovevano proprio piacere le carote su per il
Non mi chiese mai nulla in proposito, penso lo sapesse gi da tempo che sono bisessuale e che
aspettasse solo che mi decidessi a parlarne apertamente.
Un gioco di passaparola non fu il miglior modo per fare coming out, ma non mi dispiacque poi
molto che a scuola ne parlassero tutti: mi avevano sollevato da ogni responsabilit.
La parte difficile arriv quando dovetti dirlo a casa.
Mia sorella, allepoca una diciassettenne totalmente pazza, divent euforica allidea di poter
parlare con me del culo dei ragazzi.
Una settimana dopo mi propose di stilare una classifica dei VIP maschi che in assoluto avrei
voluto vedere nudi dal vivo.
Sospettavo che Adriana non fosse normale, ma questi livelli di follia erano comici.
Mia madre si pietrific sulla sedia e mi disse che avrebbe imparato a capirmi di nuovo.
Fu una frase che mi colp molto: scoprire che sono bisessuale significava per lei dover
conoscere una parte di me che era rimasta allombra.
Significava solo aggiungere un tassello al puzzle, non mettere in discussione lintero disegno.
Ci volle comunque un po perch si abituasse allidea.
Mio padre invece disse di aver bisogno di una boccata daria, quella sera, e non torn prima
che fossero passate tre ore.
Non mi rivolse la parola per una settimana, finch Mocio non buss alla porta di casa nostra.
Con il suo meraviglioso tatto disse ai miei che adesso dovevano stare in guardia dal doppio
della popolazione e che lui comunque avrebbe preso indistintamente a calci nel sedere
chiunque avesse avuto voglia di rompermi le scatole, uomo o donna che fosse.
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Mocio, non ti mettere a custodire il mio fiore di giovent.
Inaspettatamente a mio padre venne da ridere.
Non riusc ad accettare del tutto la cosa, ma ricominci a chiedermi di passargli il pane a
tavola. E fu un buon inizio.
Subito dopo France si fece serio e mi sussurr che avrei dovuto perdere la verginit due volte.
Avanti e dietro, bello mio. Haibisogno che io difenda il tuo onore.
Pi volte avevo messo a dura prova il rapporto con la mia famiglia e sempre, ogni volta, cera
stato France a ricordarmi come andare avanti.
Era un porto sicuro, su questo non cerano dubbi., pensai guardandolo.
In un momento imprecisato dopo esser tornati sulla sabbia, bagnati e stanchi, Mocio sbadigli
ancora e lentamente pos la testa sulle mie gambe. Fece una smorfia quando gli occhiali gli
scivolarono gi per il naso.
Avremmo dovuto tornare a casa, farci una doccia e riposarci, ma quella sera non ne avevo
voglia.
Quella sera sarebbe stato meglio restare l{, sullisola.
Nel nostro Paradise.


Lalba si allung silenziosa e placida sulla scogliera e sulle increspature dellacqua. Non sapevo
quando, ma ci eravamo addormentati sulla spiaggia, con i vestiti e i capelli pieni di sabbia.
Mocio sembrava un naufrago: il bermuda rigato di bianco dalla salsedine, la maglia ancora
umida. Respirava rumorosamente a bocca aperta, con un braccio premuto sugli occhi. Pensai
che i suoi dreads sarebbero stati per sempre pieni zeppi delle conchiglie del Paradise.
Aveva dormito tutta la notte appoggiato alle mie gambe. Mi tirai su piano, cercando di non
svegliarlo, ma non ci riuscii.
Quando apr gli occhi, passandosi la lingua sulle labbra secche, imprec a bassa voce: il suo
telefono trillava.
Era sua madre a chiamare.
Era una donna difficile: era apprensiva in modo ossessivo col suo unico figlio e da quando
Mocio era andato a vivere da solo non faceva altro che chiamarlo venti volte al giorno con
delle scuse banali. France non rispondeva neppure alla met{ delle sue telefonate.
Anche quella volta rifiut la chiamata sibilando che palle. Si alz lentamente, passandosi le
mani sulla faccia e stiracchiandosi.
Eravamo in uno stato pietoso.
Non hai turno stamattina, vero?, mi chiese con gli occhi ancora gonfi di sonno.
Mocio aveva la faccia da Peter Pan, come gli dicevo sempre: sembrava ancora un bambino,
specialmente appena alzato.
No, gli dissi sorridendo.


Andammo a casa sua con quel motorino rosso che lui aveva chiamato Mosca per il rumore che
faceva il motore sullasfalto.
Sua madre ci apr la porta con una maschera di terrore sul viso. Francesco ma dove sei stato
tutta la notte? Ma perch non mhai chiamata? Tu vuoi farmi morire di crepacuore!
Mangiammo latte e biscotti seduti al tavolo della cucina. In tv davano Dragon Ball.
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Oddio, lo fanno ancora adesso?, dissi contento alzando il volume.
Mocio ingoi una cucchiaiata di quella pappina di biscotti sciolti che lui chiamava zuppa di
latte e annu serissimo: C ancora qualcuno sano di mente, alla Mediaset.
Mi lanci una maglia e dei pantaloncini per cambiarmi e a turno sparimmo nel bagno per
rimetterci in sesto. Mocio ci mise uninfinit{ come al solito.
Seduto al tavolo mentre aspettavo che si desse una mossa, mi accorsi che il suo cellulare stava
vibrando proprio vicino al mio gomito.
Lo schermo sillumin mostrando automaticamente lsms appena arrivato.

Da: Betta
Allora glielhai detto o no? Ieri sera hai avuto un sacco di tempo.

Era chiaro che parlasse di me e a questo punto ero piuttosto curioso di sapere cosa,
esattamente, Mocio dovesse dirmi.
Francesco entr in cucina e si blocc mentre si stava infilando una t-shirt, trovandomi a
sbirciare lo schermo del suo telefono.
Si pass una mano tra i dreads bagnati quando lesse anche lui, era imbarazzato.
Non volevo sbirciare, dissi confusamente.
Rise, nascondendo la faccia dietro un braccio sollevato. Dai, Miche, chi se ne frega se leggi.
Dovevo parlarti di una cosa, ma ieri non mi sembrava il momento pi adatto.
Mi accigliai, guardandolo. Ok, non importa. Dimmelo adesso.
Mi fece cenno con la testa di seguirlo in camera sua, armeggi con la tasca di uno dei suoi
jeans e recuper sigarette e accendino e si sporse dalla finestra.
Mi guardava di sottecchi tra una boccata di fumo e laltra. Era pensieroso.
Hai presente Giulio?, mi chiese.
Ci pensai su, ma non mi venne in mente nessuno. Giulio chi?
Oh, sveglia, Michi, rise, passandomi la sigaretta. Giulio Mieli, il nostro compagno di classe
alle superiori.
Annuii; Giulio era un ragazzetto con un bel po di problemi di acne e di socializzazione, ci
ronzava sempre attorno. Non avevamo mai parlato molto io e lui, invece Mocio,
rappresentante di classe sempre attento ai problemi di tutti, ci aveva scambiato pi di quattro
chiacchiere.
Lo sentii sospirare. E in Spagna. Suo padre il direttore di una nuova testata. Mi hanno
proposto di andare l questestate e guardarmi un po intorno. Avr qualche problema con la
lingua, ma potrei fare uno di quei corsi gratuiti.
La partenza era prevista per gli inizi di Luglio e il ritorno era da destinarsi in base agli impegni
universitari di Francesco. Lo fissai attentamente: questa era per lui unoccasione enorme,
desiderava da sempre fare unesperienza fuori dallItalia e per di pi sarebbe stato agevolato
dalle conoscenze di Giulio e suo padre.
Lo sapevo da un po, continu ma non trovavo il modo per dirtelo con tutto il casino che
stai affrontando con i tuoi.
Ero contento per lui, sinceramente, ma Mocio era probabilmente spaventato dalla mia
ipotetica reazione. Mi guardava come se si aspettasse che iniziassi ad abbaiargli contro, ma
non avrei mai potuto farlo.
Non ero arrabbiato, davvero, ma... Sapevo che se si fosse sistemato in Spagna sarebbe tornato
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sempre pi raramente e, per quanto potessimo impegnarci per vederci, la nostra amicizia ne
avrebbe irrimediabilmente risentito.
Si sarebbe sfilacciata almeno un po, non potevo negarlo.
Noi, che eravamo abituati a vivere praticamente in simbiosi, che dividevamo spazi e tempi sin
da piccoli, che negli ultimi due anni avevamo fatto milioni di viaggi in treno e in autobus ogni
qual volta le nostre facolt ce lo avevano permesso, stavamo per allontanarci sarebbe stato
strano non averlo intorno.
Strano e triste.
Gli diedi un pugno scherzoso sulla spalla, l dove sapevo esserci un tatuaggio tribale grande
come una moneta. France laveva fatto il giorno del suo diciottesimo compleanno, aveva
messo da parte un bel gruzzolo di soldi dopo mesi di risparmi e vendita sottobanco di temi
svolti, appunti.
Il tredici Marzo di tre anni prima bigiammo e prendemmo un autobus che ci avrebbe portati
in centro.
Mocio rise per tutta la seduta e il tatuatore lo guard pi volte come se fosse uno spostato. E
non aveva tutti i torti.
Passammo la giornata a zonzo per la citt e la settimana successiva in punizione nelle
rispettive case.
Per parlarci accendevamo a notte fonda il pc e subito dopo cancellavamo intere chat di
Messenger, come se fossimo spie russe in missione segreta.
Il ricordo divent pi amaro in quel momento, ma gli sorrisi comunque. Andr benone,
Mocio, ne sono convinto, mi guard con unespressione da cucciolo bastonato che mi fece
ridere. Eddai che non stai mica andando al patibolo!
Sta volta fu il suo turno di abbassare la testa sulla mia spalla e io gli tirai scherzosamente un
dread. Lo chiamavo Mocio, ma in realt{ adoravo quei capelli. E il suo tatuaggio. France
rappresentava tutto il coraggio che io avrei voluto racimolare da qualche parte.
Guardai il suo profilo farsi un po duro e finimmo di fumare la sigaretta cos, spalla a spalla.

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