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SI PUO' CAMBIARE IL CARATTERE? POSSIBILITA' E LIMITI DELLA PSICOTERAPIA CORPOREA


luned 30 maggio 2005

Carattere una parola a tutti familiare e che ricorre comunemente nel nostro linguaggio: allocuzioni del tipo "non ha carattere, ha un brutto carattere, carattere difficile, carattere intrattabile, ecc." ci sono certamente familiari cos come l'espressione " il mio carattere" nel senso "sono fatto cos." Cosa intendiamo quindi noi per carattere o meglio per struttura caratteriale? La somma degli atteggiamenti, comportamenti, credenze e attitudini che un individuo sviluppa tipicamente per adattarsi all'ambiente nel quale nasce. Questo adattamento comporta la rinuncia o l'indebolimento degli schemi affettivi motori che se agiti, minacciano la sopravvivenza in una situazione ambientale affettivamente carente o minacciosa e non in grado di accogliere e rispettare i diritti fondamentali dell'essere vivente. Carattere una parola a tutti familiare e che ricorre comunemente nel nostro linguaggio: allocuzioni del tipo "non ha carattere, ha un brutto carattere, carattere difficile, carattere intrattabile, ecc." ci sono certamente familiari cos come l'espressione " il mio carattere" nel senso "sono fatto cos." James Hillman, in un interessante libro pubblicato da Adelphi nel '99, scrive: "il carattere andato plasmando la nostra faccia, le nostre abitudini, le nostre amicizie....influisce sul nostro modo di dare e di ricevere, sui nostri amori e sui nostri figli. Torna a casa con noi la sera e pu tenerci svegli a lungo la notte." Io aggiungerei: il nostro carattere ha plasmato il nostro corpo, ha disegnato le nostre rughe, determina il nostro modo di camminare e di sederci, di parlare, il modo di guardare e di vedere noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. E, pi avanti, Hillman ci fa riflettere sul fatto che il carattere quel qualcosa che mi permette di riconoscermi come ME anche e nonostante i cambiamenti fisici, relazionali e ambientali che avvengono nella vita di ognuno; e individua questo qualcosa con ci che gi Aristotele aveva chiamato PSYCHE' - ANIMA , affermando: "L'anima la forma del corpo”. C' un'altra osservazione di Hillman che pu aiutare a comprendere meglio l'argomento che propongo alla vostra riflessione e che spero possa interessarvi e stimolare un dibattito e un confronto di opinioni. L'osservazione riguarda la molteplicit degli aspetti di una persona, afferma, cio, che pi corretto parlare di caratteri e non di carattere, richiamando la molteplicit e la complessit di quelle figure che la psicologia definisce personalit parziali e noi, psicologi ad indirizzo corporeo, struttura caratteriale. Cosa intendiamo quindi noi per carattere o meglio per struttura caratteriale? La somma degli atteggiamenti, comportamenti, credenze e attitudini che un individuo sviluppa tipicamente per adattarsi all'ambiente nel quale nasce. Questo adattamento comporta la rinuncia o l'indebolimento degli schemi affettivi motori che se agiti, minacciano la sopravvivenza in una situazione ambientale affettivamente carente o minacciosa e non in grado di accogliere e rispettare i diritti fondamentali dell'essere vivente. Per schemi affettivi motori intendiamo quegli schemi (o sequenze) di movimenti, sia innati che appresi, che contengono un tono affettivo ed anche cognitivo. Gi Piaget aveva chiamato "schemi sensomotori" quei movimenti che permettono al bambino di conoscere l'ambiente che lo circonda ricavandone anche informazioni sensoriali e aveva sostenuto che l'apprendimento dipende dalla possibilit di far emergere e sviluppare tali schemi in modo che, con lo sviluppo del pensiero, diventino concetti e immagini mentali, (esempio del caldo e del freddo – piacere dolore). Piaget quindi consider l'aspetto motorio e l'aspetto cognitivo-sensoriale; ma se pensiamo alle prime esperienze di conoscenza che il bambino fa degli esseri umani che lo circondano, evidente che altrettanto importante la componente affettiva dell'esperienza stessa. Possiamo affermare, quindi, come gi hanno fatto la Mahier, Stem e, non ultimo Downing, che in ogni esperienza, anche di un bambino molto piccolo, dobbiamo considerare in un unico processo, che chiamiamo appunto schema affettivo motorio, l'aspetto motorio, l'aspetto sensoriale quello affettivo e quello cognitivo. Considero importante chiarire questo concetto perch nell'esperienza terapeutica con adulti risulta evidente la relazione tra l'assenza o lo scarso sviluppo di molti di tali schemi e l'incapacit del paziente di esprimere e sviluppare al meglio le sue potenzialit e di superare la sua situazione di sofferenza. Questa relazione risulter pi evidente via via che andr avanti nel mio discorso. Se quindi un bambino vive in un ambiente in cui i suoi primi schemi affettivi motori sono inibiti o connessi a sentimenti negativi, per salvaguardare la sua necessit di esistere deve "rispondere" all'ambiente con "aggiustamenti" del suo naturale movimento di espansione/ritiro tipico della pulsazione di un organismo vivente sano. Questi aggiustamenti affettivi e motori sono funzionalmente identici all'armatura carattero-muscolare definita e descritta da Reich e comprendono altri tipi di difesa corporea individuati dalla pi recente ricerca della Psicologia Somatica, primo tra tutti una severa limitazione della funzione respiratoria. La struttura del carattere che ne risulta unica ed una strategia efficace in et infantile ma tende a cristallizzarsi e a preservare le condizioni della propria necessit di esistere. Vale a dire che ciascuno di noi, inconsciamente, tende a riprodurre intorno a s, in et adulta, le condizioni carenti e minacciose che resero necessaria la struttura caratteriale. Questa realt fu definita da Freud "istinto di morte" e da Reich "pulsione secondaria". A. Lowen proseguendo il lavoro di Reich individu e descrisse 5 tipi di strutture caratteriali correlate a cinque diritti fondamentali, negati o non sufficientemente rispettati dai genitori. Gi W. Reich aveva individuando il carattere come un ostacolo al processo analitico Freudiano, affermando che l'analisi sarebbe stata senza risultato se non fosse stata preceduta da un'appropriata analisi del carattere e senza la comprensione da parte del paziente della relazione tra carattere e sintomo: ossia che il sintomo il risultato del suo modo di essere nel mondo. La personalit adulta pu essere astrattamente rappresentata da questo schema. Perch una persona decide ad un certo punto della sua vita di chiedere aiuto e di iniziare una psicoterapia? - Sintomi egodistonici (in presenza di )
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- Scompenso dell'equilibrio nevrotico, (rappresentato dal quarto strato) come conseguenza di eventi esterni (lutti, malattia, separazioni ecc.) o di eccessivo stress emotivo, dovuto a conflitti irrisolti. - Nessuno in altre parole, inizia una psicoterapia per la consapevolezza della sua struttura caratteriale nevrotica (egosintonica) "Io sono fatto cos". In definitiva si decide di chiedere aiuto e di iniziare una psicoterapia, quando lo stato di sofferenza e di angoscia non pi sopportabile e non si riesce pi ad agire, a muoversi in nessuna direzione e le capacit relazionali e lavorative sono seriamente compromesse. (Es.: nei casi depressivi pi gravi non si esce pi di casa, non ci si lava, viene inibita qualsiasi anche pi semplice azione.) Per comprendere il nesso tra depressione e inibizione dell'azione guardiamo insieme lo schema preso dal libro "La psicoterapia del corpo" di. D. Boadella e J. Liss. Questi autori hanno elaborato un modello di psicoterapia corporea che hanno chiamato "Psicoterapia biostemica" . In questo schema, Boadella e Liss, utilizzando anche i risultati degli studi di H. Laborit sugli effetti neuro/immuno/ormonali del Sistema di Inibizione dell'Azione (SIA), rappresentano la condizione depressiva. Lo schema evidenzia come il SIA il risultato e l'origine di un sistema di effetti feedback tra le varie componenti. In questo schema viene rappresentato il circolo vizioso. E, nel successivo la possibilit di invertire il processo in modo da renderlo virtuoso utilizzando lo stesso effetto feedback. Perch questo avvenga, necessario che la persona che da aiuto sia capace di ascolto empatico e di accettazione in modo da permettere la costruzione di una relazione diversa da quelle esperite nell'infanzia e reiterate nel proprio copione di vita. Nello schema rappresentato in quest'altro lucido, sono rappresentanti gli effetti positivi dell'attivazione muscolare propria delle tecniche psicocorporee. Sappiamo che ogni modello di psicoterapia umanistica privilegia l'uno o l'altro di tali livelli di esperienza anche se non prestano molta attenzione al livello corporeo. (Es. approccio Rogersiano, Gestaltico, Junghiano, ....); ovvero che essi possono essere privilegiati in fasi diverse della terapia. Gli analisti ad indirizzo corporeo, e in particolare gli analisti bioenergetici, invece, pur lavorando per l'integrazione e il potenziamento di tutti i livelli di esperienza, considerano di primaria importanza il livello corporeo, in particolare la respirazione. L’espressione somatica delle emozioni e il lavoro sul grounding, cio sulla capacit di essere radicati nella realt del presente (i piedi per terra), e anche del proprio passato; e sul facing cio la capacit di confrontarsi, far fronte, andare verso, ed hanno elaborato, a partire da Lowen, molte tecniche appropriate allo scopo. Citiamo in ordine sparso: il superamento dei sintomi e la modificazione delle condotte inadeguate alla soluzione dei problemi; lo sviluppo ottimale delle potenzialit e delle risorse del paziente (quello che c') in relazione agli obiettivi del paziente stesso; recuperare e sviluppare gli schemi affettivi motori inibiti o rimossi nell'infanzia e acquisire la capacit di individuare ed usare le risorse personali ed ambientali disponibili, per provare pi pienezza e piacere nel proprio essere vivi nel mondo; recuperare la potenzialit di piacere sessuale e la capacit di connetterlo all'esperienza affettiva; sperimentare e sviluppare la capacit di integrare pensiero-azione, ed emozione; presente e passato; mente e corpo. Come ho gi ricordato, A. Lowen definisce questa capacit grounding nella sua accezione pi ampia. Fin qui abbiamo visto il processo della terapia come un viaggio ben organizzato, con una meta definita, con un guidatore (T) esperto e disponibile e un passeggero (P) motivato e collaborativo. La realt non cos semplice e la terapia/viaggio non lineare e senza ostacoli. Consideriamo alcuni degli ostacoli principali: i primi (A) riguardano il paziente, i secondi (B) il terapeuta. La situazione che al contrario favorisce il processo ed aiuta il paziente ad individuarsi ed a separarsi una forte alleanza, continuamente rinnovata e verificata, che si costruisce a partire dai primi incontri e che si basa essenzialmente sull'accoglienza, sull'assenza di giudizio, sulla capacit di ascolto, sulla consapevolezza del terapeuta dei propri limiti e sulla capacit di essere in contatto con le sue sensazioni ed emozioni .In altre parole con la costituzione e il mantenimento di un setting sicuro che aiuta il paziente a fidarsi e ad affidarsi. Mi piace sottolineare che il terapeuta consapevole della difficolt di tale alleanza e delle resistenze del paziente ma anche consapevole che tale alleanza possibile, gi all'inizio, con quella parte del paziente che pi o meno consapevolmente vuole invertire il funzionamento del sistema di inibizione dell'azione e vuole produrre cambiamenti. Cio con quella parte che, nonostante tutto, ha portato quella persona l nel suo studio. Riassumendo quello che ho detto fin qui, Se ripercorriamo attraverso lo schema il processo che dalla condizione originaria porta alla condizione nevrotica non pi gestibile e sopportabile con le risorse dell' adulto, recuperate e potenziate dal processo terapeutico, si pu avere molto di pi. Questi risultati comportano la possibilit di pacificarsi con le figure genitoriali, integrandone gli aspetti positivi e la restituzione di sentimenti di gratitudine. Per concludere, mi sento di affermare, tornando alla nostra domanda iniziale, che anche con una sufficientemente buona terapia, non si cambia il carattere, nel senso di diventare un'altra persona; ma possibile rendere consapevoli e modificare quei "caratteri" , quelle risposte difensive che eroicamente e creativamente, abbiamo adottato nella prima fase della nostra vita e che sono diventate " copioni di vita" e che ora, da adulti limitano fortemente la capacit di provare piacere, di sentirsi vivi; di confrontarsi e sopportare realisticamente il dolore e il male che comunque incontriamo nella nostra vita e in quella degli altri. Una buona esperienza terapeutica aiuta anche a vivere la nostra spiritualit e a dare significato alla vita; a godere della nostra fisicit e della fisicit dell'universo. Io credo fermamente che tutti abbiamo il diritto di amare e di amarci per quello che siamo e non per quello che avremmo voluto essere o che altri hanno voluto che fossimo. E allora: si pu cambiare il carattere? La mia risposta SI, nel senso che ho cercato di spiegare; sono sicura cio che pur restando la stessa persona si pu essere molto di pi.
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VOI CHE NE PENSATE ?

Estratto dalla Conferenza dibattito condotta dalla dr.ssa Maria Luisa Aversa presso il CNR di Roma Tratto da www.psicologiasomatica.it

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