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CHI L'HA DETTO?

sj^

(gii

HA DETTO?
DI CITAZIONI italiane e stra^
ORIGINE

TESORO
NIERE
DI

LETTERARIA E STORICA ^

INDICATE, ORDINATE E ANNOTATE DA

Giu^
^

SEPPE Fumagalli,

bibliotecario a Milano

Quarta Edizione riveduta ed arricchita ^ ^ ^ ^

Ulrico Hoepli
Milano *
1904

^ ^ ^ ^ ^ ^

Editore-Libraio della Real Casa ^


>h

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-^

v^

>v

3^
PROPRIET LETTERARIA

159-903.

Firenze, Tipografia

di S.

Landi.Via Santa Caterina,

12

INDICE DEL

VOLUME

CHI LEGGE

Pag.

IX

PARTE PRIMA

I.

Delle citazioni, dei

libri

e delle biblioteche

2. Affetti,

passioni, gusti, voglie, abitudini

9
12 ij

3. Allegria, darsi bel


4. Amicizia
5.

tempo, noia

Amore
inganno
Avarizia
Bellezza e bruttezza, doti del corpo

21

6. Astuzia,
7.

29
31

8.

33

9. Beneficenza, doni, aiuto

37

IO. Benignit, perdono II.

40
lodi

Buona

mala fama. Onori e

42

12. Buoni e malvagi

48
51
.

13. Casa e servi 14. Compagnia, buona e cattiva


15. Condizioni e sort disuguali 16. Conforti nei mali. Ricordo del bene passato

53 55

....

57

17.

Consiglio, riprensione, esempio

62 65 67
71

18. Contentarsi della propria sorte 19. Coscienza, gastigo dei 20. Cose fisiche
falli

21.

Costanza, fermezza, perseveranza

79

Indice del volume

22.

Cupidigia, egoismo

Pag.

89
93
107

23.

Donna, matrimonio

24. Errore, fallacia dei disegni, insufficienza dei propositi. 25. Esperienza
26. Fallacia dei giudizi, false apparenze, regole del giudicare. 27. Famiglia 28. Fatti e avvenimenti storici

no
115

120
124
129
131

29. Fatti e parole 30. Felicit, infelicit

31.
32.

Fiducia, diffidenza

134
135
143 147

Fortuna, fato

33. Frode, rapina, prepotenza 34.

Giorno e notte

35. Giovent, vecchiezza 36. Giustizia,


37.
liti

150
157

Governo,

leggi,

politica

165 184

38.

Gratitudine, ingratitudine

39. Guerra e pace 40. Intelligenza, genio,


spirito,

186
immaginazione
vendetta

199

41.

Ira,

collera,

ingiurie,

offese,

207
213

42. Libert, servit 43. Maldicenza, invidia, discordia, odio


44. Mestieri e professioni diverse

218
221

45. Miserie della vita, condizione dell'umanit


46.

227
235

Morte

47. Nature diverse


48. Nazioni, 49.
citt,

248
paesi

250
271

Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

50. Ostinazione, ricredersi, pentirsi

.276
286

51.

Ozio, industria, lavoro

52. Parlare, tacere


53. Patria in generale;

290
e l'Italia in particolare

298
315

54. Paura, coraggio, ardire 55. Personaggi storici e letterari 56. Piacere, dolore 57. Povert, ricchezza 58. Preti, sacerdoti, chiesa

324
335

339

344

Indice del volume

59. Probit, onoratezza, fedelt alle promesse

Pag. 348

60. Prudenza, senno


61. Re, principi, corti e nobilt

354
357 368
371

62. Regole del trattare e del conversare


63. Regole pratiche diverse

64. Religione, Iddio


65. Risolutezza, sollecitudine, altezza e pochezza d'animo.
66. Sanit, malattie

377

390
402

67. Sapere, studio, ignoranza 68. Saviezza, pazzia 69. Schiettezza, verit, bugia, simulazione, ipocrisia, adulazione

405
412

415

70. Scienze e lettere, poesia, eloquenza, musica 71. Sollievo, riposo

.....

426
445

"jz.

Speranza, disperazione

449
452 457 461

73. Tavola, cucina, vini, altre bevande 74. Temperanza, moderazione


75.

Tempo, ponderatezza,

riflessione

76. Ubbidienza, fedelt, rispetto "JT. Vestire 78. Virt, illibatezza, modestia 79.

464
469
471

Via

477

PARTE SECONDA
80. Frasi d' intercalare comune

483

81. Modi

proverbiali e similitudini

500
512

82. Apostrofi, invocazioni, imprecazioni


83. Scherzi, motteggi, frasi giocose

526
543

84. Idiotismi

Indice dei nomi degli autori, commentatori, illustratori, Ecc


i-ndice

551

delle frasi

567

Indice delle cose notabili

625

Sg.^

CHI

LEGGE

La prima
la fine del

edizione di questo libro usc verso

settembre 1894: la seconda circa alla


la

met del 1896;

terza nell'aprile del 1899, e

tutt'e tre furono assai presto esaurite. Alla lusin-

ghiera accoglienza del pubblico, corrispose quella


della stampa, politica e letteraria; e dei giudizi
espressi nelle molte recensioni che giunsero a

mia

conoscenza posso dirmi, quasi senza riserve, soddisfatto e superbo, non meno che grato.

Quale

sia lo

scopo di questo lavoro gi


di repertorio

dissi nella

prefazione alla prima edizione e qui ripeto. Esso

un modesto tentativo
ed

illustra quelle citazioni, al

che raccoglie che sono pi comuneparlare.

mente note
di frequente

pubblico italiano e ricorrono pi


nello scrivere, sia nel

sia

Quindi esso contiene una copiosa scelta di citazioni da classici nazionali e stranieri, prosatori e
poeti, di frasi storiche, ossia di frasi dette in de-

terminate circostanze da personaggi noti, e rimaste

famose per ragioni diverse. Per ciascheduna

di

A
esse

chi legge

con quella maggiore precisione che mi era possibile chi V ha detta, e di indicarne scrupolosamente le fonti storiche e letterarie: qua e l, per rompere la monotonia di
di stabilire

ho cercato

un' arida successione di citazioni bibliografiche, ho

aggiunto delle notizie curiose di storia e di erudizione, qualche aneddoto, qualche squarcio letterario.

pagina ho dato la traduzione ad eccezione di quelle in lingua francese, di cui la conoscenza si presuppone in ogni individuo mediocremente
pie' di

delle frasi classiche e straniere,

colto.

A meglio chiarire
lavoro,

il

concetto direttivo di questo

non sar inutile insistere sul fatto che questa una raccolta di citazioni storiche e letterarie, vale a dire di frasi delle quali si pu e si deve rintracciare l'origine nei detti e nei fatti di qualche

personaggio storico, nelle opere di qualche scrittore antico o moderno. Non una raccolta paremiologica, quindi non

possono n debbono cercare sentenze proverbiali n italiane n latine n d'altre lingue. Qualcuno 'vorrebbe trovarci senci si
z'

altro tutte le sentenze latine

che infiorano

nostri

discorsi,

senza curarsi di pensare se tutte entrino

nel quadro del libro, o

non siano adagi o

ditteri,

sia di origine classica, sia nati nelle scuole


vali.

medie-

non registra il Bchmann n altro degli autori che ho scelti a modello: come ragionevolmente non posso citarli io. Questo, ad esempio, risponder ad un cortese critico, il quale mi
questi

Ma

osservava che avevo dimenticato

la frase

De gusti-

chi legge

bus non est disputandum.


serio

Ma forse credeva egli

sul

romano la paternit di questo lat7ius grossus? Invece non altro che una facezia scolastica del medio evo
che
si

potesse dare a qualche classico

genere del Gratatio capitis facit recordare cosellas o del Noji est de sacco ista farina tuo ; e nessuno potr mai sapere il nome d-ell' ignoto goliardo
sul

che primo la

disse,

come non

si sa,

si

sapr mai,
deficere,

chi primo disse Melius est abundare

quam

o chi disse Promissio boni viri est obligatio, o V autore degli infiniti brocards giuridici: Neganti in-

cumbit probatio ; Potior tempore, potior jure ; Testis unus, testis nullus ; De minimis non curat praecercare frasi siffatte nel mio repertorio tempo perduto, e il lagnarsi di non trovarcele non ragionevole: tanto varrebbe farmi colpa di non avere in queste pagine investigato chi sia
tor, ecc. Il

r autore di Moglie
glio

e buoi dei paesi tuoi, o di

Meli-

un fringuello

oggi che

un

tordo

domani

(i).

pi d'uno parso che nello spigolare dai

melodrammatici io abbia ecceduto: e qui la critica, almeno per la prima edizione, non era senza fondamento. Ma non mi mancavano le giustificazioni. L'incanto della musica dei nostri sommi compositori (dicevo nella prefazione alla prima edibretti

(i)

Mi

riservo invece di riunire in

un volumetto che comparir

fra

poche settimane nei Manuali Hoepli, una raccolta pi che sar


comprese quelle che dal presente volume
accennate o per
altre.

possibile completa di tutte le frasi e locuzioni latine che ricorrono

nei libri e nei discorsi,

sono escluse per

le ragioni

zione)

ha reso popolarissime
alle

in Italia

insieme

melodie che

le ispirano,

ed all'estero, anche le pailletterate,

role degli infiniti libretti del nostro teatro lirico.

Su

dieci persone

che non siano affatto

hanno Divina Conmedia, bench non osino confessarlo, ma forse una sola che non abbia sentito
ce ne saranno sempre sei o sette che non
letto la

la

Norma

e la Traviata. Potr darsi che a quelle


il

riesca

nuovo od almeno incomprensibile


Poscia pi che
il

verso:

dolor pot

il

digiuno

ma

forse a tutti sar familiare


.

il

Mira, Norma,

ai

tuoi ginocchi

ovvero

1'

Addio

del passato.

Inoltre molte di queste citazioni

melodramma-

tiche che sono o furono ai tempi loro cosi conosciute,

diventano col tempo meno note, pure restando vive nella tradizione comune, bench il
variare dei gusti e della

moda

abbia tolto di

re-

pertorio le opere alle quali appartengono. Molti

tito in teatro

non hanno mai senV Elixir d' Amore ; e per loro riesce notizia nuova e curiosa che dal suo spigliato libretto sia venuta a noi la trita frase Anche questa e da cogitar. Quanti di coloro che la ripetono, saprebbero dire, senza ricerche, l'opera cui appartiene ? E quello che si dice per noi vale a pi forte ragione per gli stranieri, che conoscono, pur troppo.
della generazione che nasce,

A
il

chi legge

XIII

nostro teatro assai pi della nostra letteratura.

Inoltre, pi volte accade,


frasi liriche si
riosi

che a qualcuna di queste

connettano tradizioni preziose, cu-

aneddoti che prezzo dell'opera raccogliere

finch la
farlo:
si

memoria dei contemporanei permette di veda ad esempio quel che ho scritto al n. 1050 a proposito di un gi- famoso coro della Donna Caritea di Mercadante, e si leggano le parole che su di esso, sui ricordi patriottici che ce lo fanno sacro, e anche su questa questione delle citazioni liriche ha scritto Alfredo Comandini in un recente e diligente suo libro. Nondimeno, poich alla maggioranza questo lusso di spigolature librettistiche non garbava, ho sfrondato largamente in questa parte, e ne ho lasciate fuori non poche. Quanto alla disposizione materiale del volume in un certo numero di paragrafi, bench possa a taluno sembrare che essa renda pi lunghe le ricerche, che sia inutile in un libro di consultazione, che il filo discorsivo col quale ho tentato di riunire le diverse frasi sia in molti luoghi pi che
tenue, puerile, in altri fastidioso, in tutti superfluo
(e

non potrebbe
i

essere altrimenti), per

un

fatto

che

copiosi indici alfabetici consentono al con-

sultatore

qualunque rapida

la classificazione

ricerca, ed inoltre che permette di trovare delle citazioni

delle quali

non

si

ricorda esattamente la forma,

senza di che non sarebbe possibile rintracciarle

una volta ha stampato che nel Chi V ha detto? mannell'indice alfabetico. Per esempio qualcuno

A
cava
la frase

chi

Icp-crc'

Ma
dice

il

testo

Date a Cesare qtcel ch'e di Cesare, non dice cos dice Reddite qtt sunt
;

Csaris, Csari; e sotto Reddite


il

si

trova nell'in-

richiamo
il

al

n.

esattamente

testo,

563 chi non ricordasse bastava cercasse nel 36,


;

egualmente trovava la frase medesima. Ma e' di pi questo che il mio volume non per gli eruditi, i quali sanno gi tante cose senza bisogno di esso, per il pubblico spicciolo. E il pubblico, almeno in Italia, non compra un arido libro di erudizione in forma di dizionario; e se ha fatto buon viso alla mia fatica, devo in gran parte lasciarne il merito alla disposizione da me adottata, la quale, alla meglio o alla peggio, ne ha fatto un libro di cui, almeno per qualche
Giustizia, liti ed
:

pagina, la lettura continuata sopportabile.

Per

lo

schema

di classificazione,

mi sono dunque
il

ancora attenuto a quello ormai notissimo che


scani,

Giusti scelse per la sua Raccolta di proverbi to-

che egli stesso tolse dal libro di Orlando


il

Pescetti sui Proverbi italiani (1603), che

Cap-

poni, editore della raccolta giustiana, ricorresse,


e che fu adottato con lievi modificazioni dal Pa-

squaligo, dal Pitr, e da molti altri paremiografi.

Naturalmente

io

pure
ci

ci

ho portato

tutti

quei ne-

cessari ritocchi che la diversit del lavoro richie-

deva; e per ultimo

ho aggiunto, facendone

la

seconda parte del volume, alcuni paragrafi pi comprensivi destinati a contenere e ordinare sommariamente, per lingue e per et, quelle frasi per
le

quali

una

classificazione ragionata era dificile

cht legge

od anche impossibile. L' indice dei paragrafi e le annotazioni che ho fatte in principio a molti di essi nel testo, chiariranno meglio il mio concetto
in questo ordinamento.

Alle illustrazioni di moltissime frasi, che gi si trovavano nelle prime edizioni, ho fatto correzioni ed aggiunte non poche n lievi; ho riscontrato sugli originali un gran numero di altre frasi che

prima erano citate soltanto su fede altrui, cosicch oggi ben poche sono rimaste le citazioni di seconda mano, e il libro nella quasi sua totalit

attinto originalmente alle fonti.

Ho

final-

mente aggiunto altre 129 citazioni, di guisa che il numero di quelle che tolsi via dalla prima edizione, 28 dalla seconda e 8 dalla terza,
essendo 76
(ed erano pressoch tutte frasi di libretti d' opera)

nuova numerazione salita da 1575, qual'era nella prima edizione, a 1936 nella quarta. Anche la mole del volume considerevolmente aumentata, tanto per le frasi nuovamente aggiunte, quanto per le nuove illustrazioni, i nuovi raffronti
la
storici e letterari.

Ripeto qui in nota

(i)

titoli

dei libri ai quali

(l)

FlNZl (Giuseppe), Dizionario di citazioni latine ed italiane.

Palermo,

Remo

Sandron, (1902), in-8.


Pensieri, sentenze e ricordi di

Arbib (Edoardo),

uomini par-

lamentari. Firenze, G. Barbra, 1901, in- 16.

FOURNIER (Edouard)

L'esprit des autres recueilli et racont.

VIII"ie dition. Paris, E. Dentu,

1886, in-i8.
et curiosits

L'esprit dcms

l'histoire.

Recherches

sur

les

mots

historiques. V'" dition. Paris, E. Dentu,

1883, in-i8.

ho attinto in queste diverse edizioni elenco aumentato nella presente ristampa dei titoli di due
;

nuovi

libri

pubblicati in questi ultimi tempi,

il

cou-

Alexandre
toire

(Roger) ,

Le Muse de
dictons

la

Conversation

reperlitt-

de

citatiofs

franaises,
et

modernes, curiosits
3'"*^

raires,

historiques

anecdotiques.

dition.

Paris,

Emile

Bouillon,

1897, in-8.
(Georg),

BCHMANN
Robert-tornow
Spener,
.

Geflgelte Worte.

Der

Citatenschatz des

deutschen Volkes, gesajntnelt

und

erlutert. Fortgesetzt von


Berlin,

Walter

XX.

verb,

und verm. Aufl.

Haude und

1900, in-8.
(Georg),

Winter
ZZI

Unbeflgelte Worte, ztigleich Ergnztingen


etc.

Bchmann, von Loeper, Strehlke


1888, in-8.
(H.),

Augsburg,

Adelbert

Votsch,

Nehry

Citatenschatz.

Geflgelte

Worte,

Sprichwrter

und^ Sentenzen.

Auf Grund
Franc.

von Zeuschner's internationalem Ci-

tatenschatz vollstndig 7ieu bearbeitet. Leipzig,

King (Wm.
tions,

Henry),

Classical

law

ter^ns

and maxims, proverbs,

Grnow, 1889, in-8. and foreign quotamottoes, phrases, and


explanatory no-

expressions in French, German, Greek, Italian, Latin, Spanish,

and Portuguese. With translations, tes, and indexes. New and revised

references,
edition.

London,

Whi taker

&

Sons,

1889, in-8.

Dalbiac and Harbottle, Dictionary of quotations. London, Swan Sonnenschein & Co., in-8. (Pubblicate le tre prime parti
:

English Quotations,
Classical Quotations,

by Ph. Hugh Dalbiac, 2^

edit.,
;

1897;

and

Italian

Quotations,

by Th. Benfield Harbottle, 1897 French by Harbottle and Dalbiac, 1 90 1. D'im:

minente pubblicazione la quarta

German and Spanish

Quotations)

TTH
pest,

(Bla),

Szdjrul.szdjra.

magyarsdg
i

szdll igei.

Buda-

Athenaeum, 1895, in-8.


J.),

M1CHELSON (M.
Sanktpeterburg,
tip.

Chodtschi

Mtki slowa, 2^
in-8.

isdanie.

Imp. Akademii Nauk., 1896,

Rozan
Paris,

(Charles), Petites ignorances historiques et littraires.

Quantin, 1888, in-8.

chi legge

fuso e inesattissimo repertorio del prof. Finzi

(i)

il

curioso volumetto del signor


le

Arbib

sui penita-

sieri,

sentenze e

ricordi del

Parlamento

liano.

Di

tutte le opere

citate in nota

mi sono

valso naturalmente, per arricchire e migliorare la

mia e cortese aiuto a questa ristampa ho trovato anche in vari gentili cooperatori, dei quali piacemi qui ricordare con riconoscenza il conte Francesco Lurani di Milano, il prof. Gustavo Uzielli di Firenze che mi ha comunicato le schede da lui messe insieme anni addietro per una compi;

lazione simile alla mia, e specialmente

il

prof. Fer-

dinando Hoffmann di Stockbridge nel Massachussets (Stati Uniti di America) il quale mi ha favorito

Hertslet (W.
neu

L.),

Treppenwitz der Weltgeschichte. Vierte,

bearbeitete Auflage. Berlin,


(Bla),

Haude und

Spener, 1895, in-8.


.

TTH

Mendemondk.
1896, in-8.
,

vildgtortnet furcsasdgai Bu-

dapest, Athenaeum,

Vannucci
Editrice

(Atto)

Proverbi latini illustrati. Milano, Tipografia


voi.
3,

Lombarda, i88o*83,
(A.) ,

in-8.

Otto

Die Sprichwrter und sprichwrtlichen Redensarten


in-8.

der Rmer. Leipzig, B. G. Teubner, 1890,


Giornale degli Eruditi e dei Curiosi,

Padova, 1882-85.

. .

Giornale di Erudizione, Firenze,


(i)
Il

1886 e segg.

signor Finzi nella prefazione del suo poco fortunato vodi

lume dice
tranne
il

non conoscere
!

altre

opere italiane congeneri alla sua.


d' ignorare la

Persichetti
3'

Pretende quindi

mia, pure

arri-

vata alla

edizione e di cui in troppe pagine del suo libro sa-

rebbe

facile di

dimostrare eh'

egli

ha usato e abusato

oltre ogni
il

discrezione. Io sono pi franco, e confesso che


libro,

ho spogliato

suo

e ne

ho

tratto

57 citazioni

ma

le

ho

tutte

rivedute sugli

originali e quasi tutte le

ho dovute correggere.

chi legge

un vero

tesoro di correzioni e aggiunte diligen-

tissime per la parte classica.

facilitare

1'

uso del volume,

1'

ho corredato

di

copiosi indici.

Un

indice delle citazioni riunisce in

una unica
primi

serie alfabetica

non

solo tutte le frasi


i

nella loro testuale lezione (delle poesie soltanto


versi),

ma ancora
si

tutte le varianti, quelle parti


(e

delle frasi

che

citano separatamente

questo

succede pi di frequente nelle poesie), e perfino


le traduzioni,

ove queste siano pure popolari come

le frasi originali.

Un

altro indice alfabetico con-

tiene

nomi

di tutti gli autori delle frasi, di co-

loro che contribuirono a renderle famose, che le

commentarono od illustrarono, ecc. e finalmente un ultimo indice delle cose notevoli permette di
;

ritrovare rapidamente quelle notizie di varia eru-

dizione e quegli aneddoti che sono sparsi per

il

volume e d

la

chiave della classificazione meto-

dica delle sentenze.

La
dici

lettura del libro, e pi specialmente gl'inlo

che
le

completano,

ci

porgono argomento a
s'

varie curiose considerazioni, nelle quali

intrave-

dono

leggi che reggono questa intricata

ma-

tassa della fortuna delle frasi. Per esempio le citazioni in poesia superano di

in prosa, e se

gran lunga quelle perch i versi, a cagione del ritmo e della rima, sono assai pi mnemonici della prosa. Delle non molte citazioni
ne capisce
la ragione,

in prosa popolari fra noi, pochissime poi sono italiane, e

anche questo naturale, perch

si

tiene

pi facilmente a memoria una frase straniera che

A
una
italiana, la

chi legge

quale pu diventare popolare,

sol-

tanto quando contenga qualcosa di veramente originale sia nel concetto, sia nella forma.
citazioni straniere

fra le
le la-

tengono

il

primo posto

tine di cui le passate generazioni ci lasciarono pa-

trimonio larghissimo, spigolandole nei classici immortali della civilt romana, nella Bibbia ed anche
in molti testi della bassa latinit; poi le francesi,

spettanti ad

un popolo che ebbe con noi tante


anche
le
ai

re-

lazioni politiche e intellettuali, e la cui lingua cos familiare


frasi inglesi,

meno

colti.

Pochissime

le

tedesche, le spagnuole, e anche

queste pi note nelle traduzioni francesi o italiane

che negli originali. E notando poi quali siano autori pi di frequente citati, vedremo a un
presso quali siano
i

gli

di-

pi popolari oggi nel nostro paese, il che, si avverta bene, non vuol per nulla dire pi letti; infatti abbiamo in primo luogo la Bibbia, e subito appresso Dante, l' uno e V altra pi citati che letti, quindi, andando in ordine decrescente, e non tenendo conto dei librettisti di melodrammi, Virgilio e Orazio, il Petrarca, il Metastasio, Cicerone, il Tasso e il Manzoni,
libri
il

Giusti,

La Rochefoucauld,
raro),

di cui le sen-

tenze sono certamente pi conosciute del


(caso

nome

Ovidio, Seneca il giovane, Ariosto e Voltaire (non sempre citato a ragione, anzi pi volte a torto che a ragione), il Leopardi, T Alfieri, il Monti, Shakespeare,

non nuovo ne

Giovenale, poi tre nostri grandi poeti, il Foscolo, il Carducci e il Parini, Plutarco, S ve-

due grandi comici, Terenzio e Molire, lo Stecchetti, e finalmente in pari grado, Tito Livio e Publilio Siro. Anche altre considerazioni pu suggerirci il libro, ove si ponga mente alle curiose trasformazioni che hanno subito le citazioni storiche e letterarie. Delle frasi storiche, si pu dire senz'altro che i tre quarti sono apocrife, in ogni modo non sono mai esatte. Se si risale, come ho cercato di fare, alle fonti originarie, le si trovano sempre trasformate: il pensiero sar quello, ma la forma sempre meno solenne, meno rettorica. Il popolo se ne innamorato, e le ha accomodate, vezzeggiate, rese pi sonore. Era anche legge di selezione naturale, altrimenti non avrebbero potuto sopravvivere nella memoria delle persone indotte o meTONIO,
i

diocremente colte.
spessissimo

Anche le citazioni
bench
ci

letterarie

sono

inesatte",

non accade tanto

spesso quanto le storiche: infatti la citazione letteraria, a preferenza

della storica, spesseggia in

bocca a persone, nella media, di maggior coltura. Per anche per queste si fatto, ogni volta che si potuto, lo stesso lavoro inconscio di accomodamento. Sono anche frequenti quelle frasi che
si

ripetono, sia per scherzo sia per errore di in-

terpretazione, dovuto talora alla illusione dell' orecchio, in

un

significato al quale

respettivi autori

non

si

sognavano
il

di pensare, cio

ben diverso da
;

quello che originariamente avevano

e basti citare
il

per tutte

biblico Pauperes spiriho,

virgiliano
res,

Suit lacrinice rerum, V oraziano

Leda potentes

A
i

chi legge

xxi

danteschi Provando e riprovando, Descriver fondo a tutto r uftiverso. Aver perduto il hen dell' intelletto. N mancano le frasi che si attribuiscono a

qualche famoso
state

scrittore,

ma

che non sono mai


sono invece
frasi

da

lui dette

scritte, e
i

riassuntive nelle quali

posteri

hanno condensato
dall' in-

per cosi dire la dottrina che traspariva

sieme delle sue opere,


foggiate dai

tali

varie frasi aristoteliche,

filosofi scolastici

con

le

parole di

lui,

e molte altre sentenze dottrinali, per esempio il famoso Omne vivuni ex ovo di Harvey. E potrei prolungare queste considerazioni, se

non

preferissi di lasciare

che

l'

acume

del cortese

lettore possa esercitarcisi

da s nella lettura del

mio modesto volume.


Milano, dalla Biblioteca Nazionale
Aprile 1904.
di

Brera

G. Fumagalli.

-(sXoivr)-

CHI L'HA

DETTO?

PARTE PRIMA

1-

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

Presento

al

pubblico per la quarta volta questo saggio di un re-

pertorio italiano di citazioni storiche e letterarie. Nella patria letteratura

non

si

conosceva finora in questo genere altro che

il

catalogo della
antica e
lo

Grande Esposizione Universale

di Rettorica usata
si

moderna
di

che quel bizzarro scrittore che

celava sotto

pseudonimo

Yorick (avv. P. Coccoluto Ferrigni) pubblic

nlV Almanacco del Fanfulla pel 18^3.

Ma

se

il

dilettante di

umo-

rismo potr senza dubbio divertirsi di pi leggendo di quella Esposizione che

doveva inaugurarsi
il
i

il

giorno delle Calende Greche per

chiudersi soltanto
al

giorno del Redde raUonem, e restare aperta

pubblico

tutti

giorni dal mattino della vita fino all'or dei

delitti (prezzo del biglietto

d'ingresso: un obolo.... di Belisario),


il

non
mio.
tino

sar immodestia di pensare che

ricercatore,

pure divertenil

dosi meno, consulter con qualche maggior profitto

repertorio

Non

vi

si

troveranno

frasi

peregrine od inedite, che anzi

dei requisiti per poterle ammettere in questo repertorio,


frasi

che siano
torio,

generalmente conosciute.

allora perch

il

reper-

se tutti o quasi tutti le


si

conoscono?

Ma

se tutti ripetono

con compiacenza, e
tenze,
tati

valgono liberamente di simili motti, sen-

modi

di dire, passati

ormai nel dominio comune

{*),

e divenlet-

per cosi dire la moneta spicciola della erudizione e della

(*) Vedi Quintiliano, Instil, oral., V, 11, 41 " Ea quoque, qu vulgo recepta sunt, hoc ipso, quod incertuin auctorem habent, velut omnium fiunt, quale est: Ubi amici, ibi opes: et, Conscientia mille testes; et apud Ciceronem, Pares autem, ut est in vetere proverbio, cum paribus maxime congregantur. - Vedi anche a pag. 21, nella nota al num. 73.
:

Chi

rha

detto?

[1-2]

taratura,

non sempre
1'

tutti

ne conoscono l'autore, l'origine, e

talora
sciute,

neppure
e che

esatto significato.

Anche

poi di frasi pi cono-

ognuno

sa essere di autori notissimi,

non sempre

si

ricorda con precisione da quali passi delle loro opere siano tolte,
ci che
si

pure curiosit scusabile, anzi ragionevole.


il

perci

non

faccia meraviglia
altri

lettore se incontrer dei versi di Dante, del

Petrarca, o di

valentuomini dello stesso peso, versi che ogni


:

persona, mediocremente colta, sa a memoria


ricordarsi con esattezza
il

ma

egli sicuro di

canto,

il

sonetto ecc. cui appartengono?

neppure

si

meravigli se accanto a queste

gemme

del nostro tesoro

letterario, trover delle ciance sciapite, degli orribili versi tolti dai

melodrammi pi
delle frasi citate

in

voga o dai drammi di repertorio e perfino

dalle pi scollacciate operette {proh

pudor /), giacch alla scelta non ha presieduto nessun criterio estetico, ma Anche
quelle

soltanto quello della maggiore o minore notoriet.


scorie
tate
si

citano spesso, e ricorrono nella conversazione, talora adataltri significati

ad

dal primitivo,

anche pi di frequente di
il

sentenze pi nobili e pi gravi, perci


di trovarle qui, e di sapere
il

pubblico ha

il

diritto

loro stato civile.

Insomma questo
si

che io faccio un vero Manuale del perfetto citatore, da cui

deve apprendere

1'

arte di citare esattamente, arte pi difficile che


si

comunemente non
1.

creda,

dal

momento che

L'exactitude de

citer, c'est

un
art.

talent

beaucoup

plus rare que l'on ne pense.


(Bayle, Dictionnaire,
Il lettore italiano

Sanchez, Rmarques).

trover qui di che soddisfare largamente ogni


le

suo gusto: trover, come gi ho detto,

gemme

frammiste a molte

pietruzze di nessun conto, che io, ridotto al modesto ufficio di archivista della rettorica contemporanea,

non poteva neppur volendo


qui

mandare

in bando.

raccolte quel

Pu quindi giustamente dirsi delle frasi che Marziale diceva dei suoi epigrammi
:

2.

Sunt bona, sunt quaedam mediocria, sunt mala


P^^^^'
Esse sono quelle che
(Epigrammi,
lib. I,

ep. 17, v.

1).

Omero in pi luoghi dei suoi poemi chiam

2.

Ce ne sono

dei buoni, alcuni sono mediocri,

ma i pi

sono

cattivi.

[3-5]

Delle citazioni^ dei libri e delle biblioteche

3.

"ETisa TTispevia.

che Giorgio

Bchmann
presente, e

tradusse nella frase tedesca Geflgelte


titolo di

Worte, frase rimasta celebre come


redatto
stati
il

un

libro, sul cui

piano

di

cui

circa cento mila esemplari

sono

finora sparsi in tutta la

Germania.
letterarie

Vi sono soprattutto citazioni


niri, antichi e

da

scrittori italiani e stra;

moderni

vi

sono

frasi storiche

vi

sono anche dei


della lingua,

proverbi, cio delle frasi tolte dal patrimonio

comune

ma sulle quali uno


Pu
cesi queste,

scrittore

noto ha versato parte della sua celebrit.


di altre

dirsi infatti col

Fournier, autore

due raccolte, fran:

delle quali

mi sono valso senza scrupolo, che

4.

Il

en est des adages populaires


billets

comme
pour

des

en circulation:

il

faut,

qu'ils

aient toute leur valeur, qu'une


les endosse.
(Fournier,
Cfr. con
i

bonne plume
d.,

U esprit des autres, chap. VI; Ville


Molire
t.^^ Anfitrione (a.
les

pag.
sc.

85).

versi di

II,

i):

Tous

discours sont des sottises.

Partant d'un

homme

sans clat;

Ce

seraient paroles exquises

Si c'tait

un grand qui

parlt.

Vi sono pure

delle frasi scherzevoli e facete

e anzi sono stato

meno parco
pur alleviare

nell'

ammettere queste che

le altre,

poich bisognava
il

la gravit della materia,

e rendere
facile,

libro, di per

s cosi arido, di lettura

un poco pi

memore

del precetto

oraziano
5.

Omne

tulit

punctum, qui miscuit

utile dulci,

Lectorem delectando, pariterque monendo.


(Orazio, Arte poetica,
v. 343-4).

La metafora contenuta

nelle

tre

prime parole ha origine da


le

questo, che nei primi tempi della repubblica

votazioni nei co-

3.

Parole alate.
Ottiene la generale approvazione chi unisce l'utile al dolce,
dilettando e istruendo al

5.

tempo

stesso

il

lettore.

Chi

Vha

detto?

[6-9]

mizii

si

facevano nel

modo

seguente

ogni cittadino entrando nel


il

recinto

assegnato alla sua trib o alla sua centuria dava


ufficiale

suo

voto ad un

posto all'ingresso dello steccato, e questi lo


al
i

notava segnando un punto di fronte


spettava, in

nome
nomi

del candidato cui


i

una tavoletta che portava

di tutti

candidati;
i

quindi

la frase alle

omne
facezie

tulit punclu?i,

significa riport tutti

voti.

Quanto

auguro
;

ai

miei lettori di non abusare di


essi

questa pericolosa mercanzia


6.

non dimentichino

che

Diseur de bons mots, mauvais caractre.


(Pascal, Penses morales,
26).

non vogliano

essere di quelli, ai quali

pu
:

attribuirsi

il

melan-

conico coraggio di dire con


7.

Quintiliano

Potius

amicum quam dictum


{De
siffatte

perdidi.
VI, cap.
3,

institut, orat., lib.


il

28).

A
ficato

molte di

sentenze

popolo che

le

usa, ha dato signi-

ben diverso dall'originario,


con
;

e perci parecchie volte in bocca

altrui udrai ripetuto per celia o per ischerno frasi

che

loro autori

scrissero
altri

la

massima

seriet.

Questo del resto segue anche in


ad alcuna
frase un' inter-

campi

e pi fiate converr dare


le

pretazione che
le righe,

parole testualmente

non avrebbero,

leggere fra

indovinare l'occulto pensiero dello scrittore.


alla sola lettera

chi

mai

potrebbe attenersi sempre


8.

che uccide?

Littera
Questo

enim

occidit, Spiritus
{Epist. S. Pauli, II,

autem

vivifcat.
6).

ad

Corinthios, cap. 3, v.

il

libro eh' io presento all'

esame indulgente del pub-

blico italiano, libro

composto con

fratesca pazienza, raccogliendo

da anni
vero
9.

la

parca messe delle quotidiane letture e conversazioni.


Il

L' opera mia quindi molto modesta.


la

mio

libro

non ha dav-

pretesa di essere

Le

plus he2iM{livre) qui seit parti de la

main d'un
vient pas.
nella Vie de
l'

homme, puisque l'Evangile n'en


come eW Imitazione di
Corneille,

Cristo scrisse

Fontenelle

pubbl. per la prima volta nella Histoire de

Acadmie

7.

Preferii rinunziare

8.

La

lettera uccide,

ad un amico anzich ad un motto. mentre lo spirito vivifica.

[10-14]

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

dell' ab.

d' Olivet (Paris,

1729,

to.

II, pag. 177);

si

pu

dire

di esso quel

che

Dante

dice del libro suo

10.

Al quale ha posto mano


!

e cielo e terra.
e.

(Dante, Paradiso,

XXV,

v. 2).

Oh, no davvero
pensava,
rima) che

la

mia

fatica

non potrebbe meritare nemmeno


il

l'approvazione di Giuseppe Giusti,

quale in un suo epigramma


(forse in

un po' troppo sentenziosamente


:

amore

della

11.

Il

fare
il

un

libro

meno che

niente

Se
Questo libro

libro fatto

non

rifa la gente.
affido al be-

invece

una povera compilazione, che


ipercritici,

nevolo esame, non degli


coloro, e
la lettura

non

dei dotti,

ma

di tutti

sono
o
la

pi, ai quali

un bel giorno pu

fare difetto

memoria; quindi
i

12.

Lungi da queste carte un secolo rintuzzati.


scrisse
il

cisposi occhi gi

da

come
di

Parini nel
d' inesattezze

principio della dedicatoria Alla

Moda

che precede

il

Mattino. Esso contiene, e in larga misura, peccati


;

omissione,

ma

per quanto esso sia anche in

questa redazione imperfetto, vi sar chi talvolta potr consultarlo

con profitto, memore della sentenza di Plinio


vataci dal nipote in

il

vecchio (conser-

una

lettera

famosa in cui questi d ragguaglio

della vita e degli studi dello zio):

13.

Nullum
(C,

esse librum

tam malum,

ut

non aliqua
lib.

parte prodesset.
Plinio Cecilio Secondo, Epistole,
Ili, ep. 5).

Perci io spero indulgenza, e chi sa, fors' anche favore

infatti

14.

Habent sua

fata libelli.
;

emistichio che quasi costantemente attribuito ad Orazio

ma

che

13.

Non

esserci libro tanto cattivo, che

non potesse

in qualche

parte giovare.
14.

Anche

piccoli libri

hanno

il

loro destino.

Chi

Vha

detto?

C^S-l]

invece di

Terenziano Mauro {De


v.

Uteris^ syllaMs et mctris:


:

carmen heroictim,

258).

Ecco

il

verso intiero

Pro captu

lectoris

habent sua
libri,

fata libelli.

Eccoci dunque a parlare dei

anzi gi

ci

siamo venuti da

qualche momento, parlando di questa povera opera mia.


voluto passare sotto silenzio
al libro si riferiscono
:

Non

avrei

la

pi importante delle sentenze, che

15.

Un

livre est

un ami qui ne trompe

jamais.

un bel verso che la chiusa di un sonetto di Desbarreaux-BerNARD, e che il drammaturgo francese Ren-Charles Guilbert (pi
noto, dal luogo di sua nascita, sotto lo pseudonimo di Pixrecourt)

aveva

fatto
y

stampare

neW ex-Ubris

della sua ricca biblioteca (vedi

J rder e Ex- Izr Ana,

Paris, 1895, pag- 7o, 72);

come Teodoro

Leclercq aveva
ticamente
zione
:

invece posta sulla porta della sua, chiusa erme-

ai curiosi

non meno che

agli studiosi, la egoistica iscri-

16.

Tel est

le sort
il

fcheux de tout livre prt,


il

Souvent
Un

est perdu, toujours

est gt.
1538)

esemplare delle opere del Sabellico

(ediz. di Basilea,

gi appartenuto al Grolier ricordato pi sotto, quindi al presidente

Hnaut, e ora nella biblioteca dell'Arsenale a Parigi, porta


dell'Hnaut medesimo

in

uno

dei fogli di guardia questa curiosa annotazione greco-latina di


:

mano

'Ex XO 'AOyjvatou Caroli de Henaut, in magno


toris et decani, X(p list

Consilio sena-

1710.

Libros alienos utendos Rogantibus 'A7ixpc|xa.


'E^ saYYE^^ou xoO xax Aouxcv xecp. 11 xal xoQ xax MaxGalov xscpaXaw 25:
Zyjxslxs S {laXXov, xal TCopssaGs

IIpc XO uctXoovxac, xai yopctasxe

'Eauxolg, Ttw yp ^yjxwv sptaxsc.

[T7-I9]

Delle citazioni, dei libri e delle hiblioteche

Di questo verso
17.

biblico la frase

Ite

ad vendentes.
{Evang. di
S.

Matteo, cap.

XXV,

v. 9).

rimasta viva nell'uso.

Ma
riere

in Francia altri bibliofili


l'

avevano tradizioni pi generose,

basti per tutti citare


dell'

immortale Giovanni Grolier lionese, tesoFrancesco


I,

armata d'
al

Italia sotto

quindi tesoriere di

Francia sino

1565, anno di sua morte, amatore e collezionista

intelligente di ottimi libri, che sui piatti dei suoi

volumi faceva

scrivere yi7. Grolierii et amicoruni.

Ma

egli

non l'aveva inventata


Italia,

questa generosa divisa, che aveva portato d'

con

l'

arte della

legatura ed eziandio con lo stile della ornamentazione imitato dalle

splendide legature di uno sconosciuto bibliofilo veneziano dei primf

anni del secolo


la

XVI, Tommaso Maioli,

cui libri portano tutti

leggenda:

18.

Th. Maioli et amicorum.


l'

Anche
et

umanista napoletano, Giano Parrasio, appose sul


i

frontespizio di tutti

suoi libri
:

il

cortese moVio:

Jam

Parrhasii
cpfXcov.

amicorum^ e Rabelais
Per
i

Francisci Rahelesii %al twv


i

bibliofili,

o meglio per
:

bibliomani,

non manca

l'epi-

gramma, ed
19.

questo

C'est elle!

Dieu que

je suis aise!

Oui, c'est la bonne dition;

Voil bien, pages douze et

seize,

Les deux fautes d' impression Qui ne sont pas dans la mauvaise.
graziosa sestina di P3g- 9), di cui

Pons de Verdun
fatto

{Contes et poe'sies^ 1807,


del vaudeville

Scribe ha
4).

un couplet

Le Sa-

ant

(a.

II,

se.

Parlando del libro non


del cinquecentista tedesco,

si

pu dimenticare n

1'

ammonimento

17.
18.

Andate dai venditori. Di Tommaso Maioli e de' suoi amici.

chi t ha detto?

[20-24]

20. Libri

quosdam ad scientiam, quosdam ad saniam deduxere.

in-

(Geyler, Navicula faluorum, Turba I. Mitratoruin, IIY , Argentorati, 1510).

la celebre frase

ughiana

21. Ceci tuera cela.


(Victor Hugo, Notre-Dame de Paris,
le quali
lib.

V, chap.

1).

parole chiudono

il

cap. I, e sono
il

commentate
:

a profu-

sione nel successivo, di cui formano

titolo

Ceci tuera cela.

Le

livre tuera l'difice.

Dai

libri

breve
il

il

passo

alle biblioteche, delle quali,

come un

dei

musei, scrisse

Tommaseo
:

che vi
la

un so che

di vivente, pi
clas-

che l'Amadriade nella pianta, e


sico latino

Naiade

nella fonte, e

aveva detto

2 2.

Uli

quorum immortales animae


{in hibliothecis) loquuntur.
(Plinio il Vecchio, Hist. Natur.,

in locis iisdem

lib.

XXXV,

cap.

2).

La pi

antica delle biblioteche delle quali ci abbia conservato

notizia la storia, ci

ha pure dato un motto notissimo


'laxpsTov).

23.

Medicina animi (Wu)(^

eh' la iscrizione la quale, secondo narra

Diodoro Siculo

(I,

49, 3)

stava sull' ingresso della" biblioteca del re Osimandia di Egitto e di


cui
ficio
si

ricord certamente

Federico
Dai

il

Grande quando
1780)
l'

sull'edi-

della Biblioteca
:

Reale di Berlino
Spiritus.

(finito nel

f'

porre

le
:

parole

Nutrimentum

latini ci scese

altra sentenza

24. Si

hortum

in bibliotheca habes, deerit nihil.


(Cicerone, Episiolce ad familires,
lib.

IX, ep.

4,

a Varrone).

20. I libri fecero diventare dotti alcuni, altri pazzi.


22. Coloro {gV illustri scrittori) dei quali le anime immortali par-

lano nelle biblioteche.


23. Medicina dell'anima. 24. Se presso alla biblioteca
ci

sar

un

giardino, nulla ci mancher.

[25-27]

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

E
resto,

con questo ha

fine

questo primo paragrafo, che serve vera:

mente

d* introduzione all' opera

innanzi di licenziare

al lettore

il

devo avvertirlo

di ci che

veramente avrei dovuto dir prima,

cio che

non

cerchi in questa raccolta frasi paremiologiche delle


l'
i

quali n la storia n la letteratura possono additarci


sta

autore.

Que-

una raccolta

di citazioni, e

non

di proverbi.

Ed

proverbi non

sono soltanto nelle lingue volgari,


l'et classica,

ma

anche nel latino, tanto del-

quanto della bassa


trovano nel
:

latinit.

Non vi si troveranno perci,


in altri repertorii simili,

come non
sta.

si

Bchmann n

adagi del genere di questi

Excusatio non petita, accusatio manife-

Si non caste saltern caute,

Do

ut des. In cauda venenum ecc.


la

Essi avrebbero di troppo aumentata

mole

di questo

volume

25.

Dominedio
da
i

ci salvi
i

libri

troppo lunghi e da
(cio

poemi

come

scrisse

Lorenzo Stecchetti

Olindo Guerrini)

nella

ode

Felice Cavallotti (in

Nova

Polemica).
al

Essi al pi potranno essere soggetto di un altro libro,

quale

penseremo in seguito, non ora


26.

Di

libri

basta uno per volta, quando non


(Manzoni, Promessi Sposi, Introduzione).

da van 70
da pubblicare
:

poich, potranno mancare gli editori,

ma non

gli autori e

libri

27.

Faciendi plures libros nullus est

finis.

{Ecclesiaste, cap. XII, v. 12).

2.
Affetti, passioni, gusti, voglie,

abitudini

Che

delle

umane

azioni

debba pi spesso

cercarsi

il

principale

movente nei

gusti individuali e nel naturale desiderio di conseguire


:

ci che pi piace, era gi sentimento degli antichi

27. I libri

si

possono moltiplicare

all'infinito.

Chi V ha detto?

[28-34]

28.

Trahit sua

quemque voluptas
(Virgilio, Egloghe^
II, v. 65).

29
un

Progredimur quo ducit quemque voluptas.


(Lucrezio, De
nat. rer., lib, II, v. 258).

simile concetto era poi espresso da

Dante

in quei versi

30.

L'anima semplicetta, che sa Salvo che, mossa da lieto


{Purgatorio,

nulla,
fattore,

Volentier torna a ci che la trastulla.


e.

XVI,

v. 88-90).

Facile quindi

il

trasmodare delle voglie, ove non

si

sappia

imporre silenzio

ai desideri, ai

sentimenti immoderati, impresa


si

non

agevole, poich talora la ragione fuorviata


senso. Giustissima quindi la

mette dalla parte del

massima del moralista francese che:

31.

Les suadent toujours.


morales; citiamo

passions sont les seuls orateurs qui perLa Rochefoucauld,


Rflexions ou Sentences et Maximes ultima riveduta dal-

l'ediz. del 1678,

l'autore, riprodotta nell'ediz,

Didot del

1878).

il

peggio questo che quasi sempre persuadono male, e

ci

fanno
:

desiderare con maggior cupidigia ci che

meno

concesso

32.

Nitimur

in vetitum semper,

cupimusque negata.
lib. Ili, ep. 4, v.
17).
l'

(Ovidio, Amores,

Elemento ugualmente
33.

di gran peso

abitudine, di cui fu detto

Consuetudo quasi altera natura.


(Cicerone, De
tiibus, lib.

V,

cap. 25,

74).

ovvero

34.

Consuetudo

est

secunda natura.
Agostino, Adversus yuliannm, V,
59).

(S.

28. 29.
32. 33.

Ognuno tratto dal suo piacere. Avanziamo dove il piacere ognuno di noi guida. Sempre tendiamo con ogni sforzo a quel che vietato,
sideriamo quel che
ci

e de-

negato.

34.

La consuetudine La consuetudine

quasi un' altra natura.

una seconda natura.

C35"39]

Affetti, passioni, gtisti,

voglie, abitudini

perci antichi e moderni consentivano nel dire, essere ben difficile di resistervi.

Orazio

cant

35.

Naturam

expelles furca, tarnen usque recurret.


(Orazio, Epistole,
lib, I,

ep. 10, v. 24).


5)
:

e lo imit

Destouches

nel Glorieux
il

(a.

Ili,

se.

36.

Chassez

le naturel,

revient au galop.
nel 1771 scriveva a Voltaire
:

anche Federigo il
les ^prjugs

Grande

Chassez

par

la porte, ils rentreront par la fentre.

Per

cui,

per quanto

si faccia, le

antiche consuetudini sono sem-

pre care al nostro cuore,

37.

\Et

l']

On

revient toujours
Isouard

ses premiers amours.


(Etienne, faconde, mus.
a. III, se. 1).

di

[1814J,

ne vale molte volte fuggire

le tentazioni,

cambiando

cielo,

poich

38.

Caelum non animum mutant qui trans mare


[currunt.
(Orazio, Epstole,
lib. I,

ep. 11, v. 27).

Anche Seneca
him.

(ep.

24,

i)

Animum
\\.

dehes mutare,

non cabitu-

Ma

all'incontro la lontananza

ogni gran piaga sana,


troncare
le

potentissimo

mezzo per calmare


:

le

passioni,

dini, cancellare gli affetti

39.

Cum

autem sublatus

fuerit

ab

oculis,

etiam

cito transit e

mente.
imit. Christi, I, 23,
1).

(Tommaso da Kempis, De
ci

che in buon italiano corrisponderebbe

al

volgarissimo Lontan

dagli occhi lontan dal cuore.

35. Scaccia pure la naturale indole con

il

forcone, torner ugual-

mente.
38.
Il

cielo,

non l'animo mutano coloro che corrono


sia tolto dinanzi agli occhi,

al di l

dei mari.

39.

Quando un oggetto

presto pas-

ser anche dalla mente.

Chi V ha detto?

[40-42]

Uno
tizi,

dei primi effetti dell' abitudine di creare dei bisogni


di

fit-

rendere necessario financo

il

superfluo,

come
:

detto

finamente in un verso del

Mondain

di

Voltaire

40.

Le
que,

superflu, chose trs-ncessaire.


:

ripetuto da
saire,

Alfonso Karr
pour
le

Le

superflu est devenu

si

ncesnces-

conqurir, beaucoup de gens traitent

le

saire de superflu.

Air

incontro,

della

natura

umana

di stancarsi presto della


:

uniformit, ci che spiega la cinica esclamazione

41.

Toujours perdrix.
secondo una tradizione quasi certamente apocrifa,
fatta

di cui le origini,

avrebbero a cercarsi in una burla


dicatore
il

da Enrico IV

al

suo pre-

quale lo rimproverava per

le

sue infedelt coniugali, e

cui egli fece imbandire per molti giorni di seguito nuli' altro che
pernici.

Al reverendo un
il

bel giorno sfugg detto: Toujours ;per-

drix! cui

re di botto replic: Toujotirs reine!


:

Se non vera,

ben trovata
Del resto

ma

invece sembra che

si

tratti

di

un proverbio

ben pi

antico.
difficile
:

il

sentenziare e giudicare ad animo calmo

della passione altrui

42
come

Intender non la pu chi non la prova.


sta scritto in

un sonetto

di

Dante

Vita Ntcova,

XXVI).

3.

Allegria, darsi bel tempo, noia

In nessun tempo mancarono


loro

gli

spensierati che
la vita,

riposero ogni
facili

maggiore studio nel godersi

specialmente nei

piaceri del senso,

senza preoccupazioni intellettuali. Questa co-

moda

filosofia

abbastanza bene esposta nella romanza cantata

[43*4^]

Allegria, darsi bel tempo, noia

13

da Orsini nel melodramma Lucrezia Borgia di Felice Romani,


musica di Donizetti

il

(a. II, se. 5) e

di cui particolarmente popolare

primo verso
Il

43.

segreto per esser felici

So per prova,

e V insegno agli amici.


il

Sia sereno, sia nubilo

cielo,

Ogni tempo,

sia caldo, sia gelo.


gl' insani

Scherzo e bevo, e derido

Che
e
il

si

dn del futuro pensier.

coro risponde

44.

Non curiamo

l'incerto

domani,

Se quest'oggi n' dato goder.


La forma
pi scapigliata di questa dottrina epicurea quella

espressa nel celebre epitaffio di


in questi termini
:

Sardanapalo, che

alcuni citano

45.

Edamus, bibamus, gaudeamus: post mortem


nulla voluptas.

Cicerone
suo sepolcro

invece {Tuscul. dispiit.,


i

lib.

V, 35,

01) cos

ri-

ferisce in latino
:

versi che Sardanapalo ordin si scrivessero nel

46.

Haec habeo, quae


Hausit: at
ilia

edi,

quaeque exsaturata libido

iacent multa et prseclara relieta.


:

ricorda che a proposito di questa iscrizione, Aristotele not

Che

altro scriveresti sul sepolcro


9),

no

di

un

re,

ma

di

un bove?
i

Strabone (XIV,

avvertendo che erano notissimi

versi sud-

45,

Mangiamo, beviamo, godiamo: dopo


diletto.

la

morte non

vi pi

46. I soli miei beni sono quelli


libidine

che

la

gola e la pi raffinata
curai delle molte altre

mi procacciarono

non mi

cose,

anche pi nobili.

Chi V ha detto?

[47-49]

detti,

cita

anche

le

parole che in lettere assire erano scolpite ad

Anchiale, citt di Cilicia, sulla tomba del re, sotto la statua di


lui,

figurato in atto di scoppiettare le dita della

mano

destra. Ivi

lo sconcissimo re parlava cosi:

Mangia, bevi, vivi allegramente,

perch tutto

il

resto

non

vale questo scoppiettar delle dita.

Vedi

anche Clearco, in Ateneo, XII, 39.

Lo

stesso consiglio di Sardanapalo

si

trova, parrebbe perfino

impossibile se

non
,

si

avvertisse che riferito per dispregio, nel


detto
:

Nuovo Testamento
47.

dove

Manducemus

et

bibamus, eras enim moriemur.


Paolo,
Epist. I

(S.

ad

Corinth.,

e. 15, v. 32).

L' altro motto, forse anche pi conosciuto,

48.

Wer
Der

nicht liebt Wein,


bleibt ein

Weib und Gesang


H. Voss, zum Wansri-

Narr sein Lebelang.


di J.

attribuito a

Lutero, ma pi probabilmente
18 71),

secondo che dice Redlich in Die poetischen Beitrge


becker Bothen (Hamburg,
pag. 57.

Esso mi

fa tornare alla

memoria, a cagione del canto che

cordato in fine del primo verso, un altro detto, che pu sembrare a prima vista assai difforme da quelli finora ricordati,

ma
:

che

per chi sottilmente guarda, ha con essi molta pi analogia che

non
49.

si

direbbe. Egli

un

detto, che

si

riferisce ai francesi

Ils

chantent,

ils

payeront
;

ed attribuito

al cardinale

Mazarino ed

infatti nelle
si

Nouvelles

Lettres de la Duchesse d'Orlans (1853, pag. 249)

legge:

Cardinal Mazarin disoit

La nation

franoise est la plus folle

Le du

monde:

ils

crient et chantent contre moi, et

me

laissent faire; moi,

je les laisse crier et chanter, et je fais ce

que je veux.

47.

48. Chi

Mangiamo e beviamo, che domani non ama il vino, la donna e


per tutta la vita.

verr la morte.
il

canto, sar

un pazzo

[50-51]

Allegra^ darsi bel tempo, noia

15

La
ispir

frase,

comunque

sia stata detta,


il

piacque e giustamente
:

ed

anche

Chamfort,
est

quale scrisse

50.

La France

un gouvernement

absolu, temuvres

pr par des chansons.


(Chamfort, Caractres
choisies, edit.
et anecdotes, in;
80).

Houssaye, pag.

Brid'oison, nel

Anche Beaumarchais, verso lo stesso tempo, faceva Mariage de Figaro, a proposito del popolo
Qu'on l'opprime,
Il s'agite
il

cantare a
francese
:

peste,

il

crie,

en cent fa-aons,

Toit fini-it

par

des chansons.
il

Ma
51.

non a

tutti

popoli bastava

canto

Panem
i

et circenses.
(Giovenale,
Sat.

X,

81).

erano

desideri della plebe

romana

cresciuta

all'

ozio e ai vizi sul

finire della

Repubblica e nei

tristi secoli

dell'Impero. Pane e feste

tengono

ilpopol quieto, fu

detto dal magnifico

Lorenzo de' Medici,


avevano
aggiunta

che molto bene se ne intendeva (Giusti, Prov. toscani, pag. 153). In tempi a noi pi vicini
si

disse di altre popolazioni che

bisogno solo di tre

feste,

farina

forca. L'ultima

mostrava

la
si

maggior perfezione dei tempi.


preparava
la
:

Mentre
scriveva a
circenses,

Rivoluzione Francese, Voltaire nel 1770


Il

Mad. Necker

ne

fallait

aux Romains que panem


il

et

nous avons retranch panem,


de l'Opra-Comique.

nous

suffit

des circenses,

c'est--dire

Ma

s'egli avesse vissuto sino

a vedere quasi vent' anni

dopo

(nell'ottobre 1789) le

donne del

popolo di Parigi recarsi a Versaglia a chiedere pane, avrebbe corretto


il

suo giudizio,

certo che la

buona

e sana allegria

il

dono migliore che

gli

Dei possano fare

alla travagliata
i

umanit. I toscani sogliono dire


il

che chi ride^ leva

chiodi alla bara, ovvero che

buon riso fa

buon sangue ; e nel Viaggio sentimentale di Yorick di Laur.

51.

Pane

giuochi del circo.

l6

Chi V ha detto?

[52-55]

Sterne,

trad,

del Foscolo, nella prefazione

si

legge

Era

opi-

nione del reverendo Lorenzo Sterne parroco in Inghilterra

52.

Che un

sorriso possa

aggiungere un
vita.

filo alla

trama brevissima della


e in nota
cita
:

Tristram Shandy^

epist. dedicat.

Ed

infatti la

frase si trova nella dedicatoria al Pitt, la quale per

oomparve

sol-

tanto nell'edizione originale di

York 1759, che non ho veduto,


in

non

fu riprodotta, per quel eh' io sappia,

nessuna delle suc-

cessive.

La

versione di Hdouin, fatta su questa edizione origi....

nale, cosi traduce questo passo:


Suis
rit,

fermement persuad que je

que chaque

fois

qu'un

homme

sourit et plus encore lorsqu'il

ajoute quelque chose ce fragment d'existence.


l'

E
:

neppure

va dimenticata

altra frase tolta dal

medesimo autore

53.

Un homme
la risposta del

qui
duca

rit

ne sera jamais dangereux.


Yorick trovato senza pas,

che

di Choiseul a

saporto in Francia (Sterne,

A sentimental jotimey

cap.

XLVIII).

Ridiamo dunque, ma non troppo, che


antipatico

di nulla,

neppure delle

ottime cose, conviene abusare; e poi l'eccesso del ridere cos


!

Dice Catullo che

54.

Risu inepto
dell'allegria,

res ineptior nulla est. (Ode XXXIX,

V.

16).

Parlando
trario,
la

conviene pur dire qualcosa del suo con-

noja.

Un

nostro poeta drammatico contemporaneo la

disse

55.

....

La noia

Tetra visitatrice e non chiamata.

se.

Nerone, che nella tragedia omonima di Pietro Cossa


4),

(a. I,

esclama

In queste

Aule ahi sovente penetra la noja Tetra visitatrice e non chiamata.

54.

Non

e'

cosa pi sciocca del ridere scioccamente.

[56-60]

Allegria, darsi bel tempo noia

17

Giacomo Leopardi
56.

che fra

suoi Pensieri ha

il

seguente

La

noia in qualche

modo

il

pi sublime

dei sentimenti umani.


ed
infatti essa

un sentimento

affatto

sconosciuto alle persone


;

intellettualmente inferiori,
egli stesso in

come
si

ignoto affatto agli animali

pure

una canzone
per l'Italia,

scritta

nel

1820, mentre correvano


.della noja,

tempi ben

tristi

lagnava

imprecando a

57.

Questo secol morto, al quale incombe Tanta nebbia di tedio.


(Canzone ad Angelo Mai).
quali le origini di questo

Ma
58.

incomodo malanno?

L'ennui naquit un jour de l'uniformit.


(Lamotte-Houdakd,
Fahles,
lib. 4, fabl,

15).

Non

si

dimentichi per la spiritosa correzione fatta a quest' uldell' ec-

timo motto dalla signora di Chateaubriand, che seccata


cessivo prolungarsi di

una discussione

filosofica fra

due
:

professori,

Fontanes e Joubert, ad una sua

serata,

esclam

L'ennui naquit un jour de V universit !

4.

Amicizia
59. Illud amicitiae

sanctum ac venerabile nomen.


(Ovidio,
Trist., lib. I, el.

VIH,

v. 15).

ma
60.

che cos' l'amicizia?


migliore definizione dell'amicizia
si

La

legge in

un

classico latino

Idem

velie

atque nolle, ea
(Sallustio,

demum
Catil., cap.

firma

4).

amicitia est.
XX,
9. Quel santo
>.

e venerabile

nome

dell'amicizia.
le stesse cose,

Volere

le stesse cose,

non volere

questa in

fondo

la

vera amicizia.

Chi

Vha

detto?

[61-65]

Cfr.

Cornelio Nepote

{Att., 5, i):

Plus in amicitia valere

similitudine

m morum quam

affinitatem. Perci

non

facile tro-

vare un vero amico, e

Qui invenit illum {amicum), invenit thesaurum.


{Ecclesiastico, cap. VI, v.
14).

dice la Bibbia,

ma un
la

ignoto epigrammista ribatt


e troverai

Trova un amico
Dice

un

tesoro,

Bibbia, e son parole d'oro.


'

Per altro credo meglio se tu dici, Trova un tesoro e troverai gli amici.

Udiamo ancora
62. Diliges

la Bibbia,

1'

eterno libro di ogni sapienza

amicum tuum

sicut teipsum.
{Levitico, cap.

XIX,

v. 18).

63.

Vinum novum, amicus novus; cum suavitate bibes illud.


un vero amico
si

veterascet, et

{Ecclesiastico, cap. IX, v.

15).

A
64.

pu applicare

la frase di

Dante

L'amico mio e non della ventura.


(//., e. If, V. 61).

uno

dei molti versi danteschi usati a sproposito,

poich

si

suole

ripeterlo a indicare

un

antico amico, provato nelle avversit ecc.


lo

mentre Dante pone questo verso in bocca a Beatrice, e


plica a s

ap-

medesimo, che dice amato da

lei,

ma non

dalla fortuna,

la quale infatti

non

fu troppo amica del Poeta.

Con

bizzarra arguzia
:

un

altro

epigramma francese

del seicento

ammonisce che
65.

Les amis de l'heure prsente

Ont
Il

le

naturel

du melon,

faut en essayer cinquante

Avant qu'en rencontrer un bon.


61.

CM

trova un amico, trova un tesoro.


te stesso.

62. Tien caro l'amico tuo


63.

come Vino nuovo, amico nuovo:


mente.

invecchier, e lo

berrai soave

[66-68]

Amicizia

19

la

quale spiritosa quartina di


42),

Claude Mehmet

{Le ie?nps pass,


\2l

Lyon, 1601, pag.


que del

ma

la

sostanza ne tolta, dice

Biblioth-

Du

Verdier, dalle Satire di Pietro

Nelli

(lib. II, sat. 9).


i

Come
falsi?

fare per questa

prova

come sceverare
Metastasio.
Il

veri amici dai

Oh, l'esperimento

facile, se pure
il

non sempre piacevole:


primo cantava:

ce lo insegnano Ovidio, l'Ariosto,

66.

Donec eris felix multos numerabis amicos, Tempora si fuerint nubil'a, solus eris.
(Ovidio, Tristes,
lib. I, el. 9, v.
5-6).

ma non
tico,

fece che dare

forma poetica ad un pensiero assai pi annel trattato

poich

Cicerone
di

De

Amicitia (XVII, 64) cosi


:

riporta

una sentenza

Ennio
:

passata a' giorni suoi in proverbio

Quamquam Ennius
Ecco l'Ariosto
:

recte

Amicus

certtis in re incerta cernitur.

7.

Alcun non pu saper da chi sia amato, Quando felice in su la ruota siede; Pero e' ha i veri e i finti amici a lato Che mostran tutti una medesma fede. Se poi si cangia in tristo il lieto stato,
,

Volta

la

turba adulatrice

il

piede;

quel che di cor ama, riman forte.


il

Et ama

suo Signor dopo la morte.


(Ariosto, Orlando furioso,
e.

XIX,
il

ott.

1).

Belle sono tutte le ottave sentenziose con le quali


rarese d cominciamento ai diversi canti del suo
sta bellissima.

poeta
:

fer-

poema
:

ma

que-

Ecco finalmente

il

poeta cesareo
il

68.

Come

dell'oro

fuoco

Scopre le masse impure, Scoprono le sventure De' falsi amici il cor.


(Metastasio, Olimpiade,
66. Finch sarai felice, conterai molti amici;
a. Ili, se. 3).

ma

se

il

tempo

si

rannuvoler, sarai solo.

Chi V ha detto?

[69-72]

Un

pensiero abbastanza sconfortante

il

seguente, che pur

troppo ha molto di vero, come


e cinico scrittore
:

tutti quelli del

medesimo

scettico

69.

Dans

l'adversit de nos meilleurs amis,

nous

trouvons toujours quelque chose qui ne

nous dplat pas.


(Maximes de La Rochefoucauld;
ediz. del 1665,

num.
vili,

85).

Q. Curzio nella Vita Alex. Magni,


osserva che
:

lib.

VII, cap.

27,

70.

Firmissima est inter pares amicitia.


Cicerone
nel trattato

e pare che fosse antico proverbio, poich

De

senecliite (3,

7),

scrive

Pares
la

aiiteni vetere

proverbio

cum

paribus facillime congregantur

quale sentenza citata anche


11, 41), e

da Quintiliano, Insiituliones

(lib.

V,

Ammiano Marle amicizie:

cellino

(lib.

XXVIII,
tra
i

I,

53): Ut soient pares facile congregari

cum paribus ; ma
71.

cattivi rare e infide

sono

L'amist fra tiranni malsicura E le fiere talor sbranan le fiere.


dice

come
sul

Vincenzo Monti

nella

chiusa del famoso sonetto


a cura di G. Carducci,

Congresso di Vienna

{^Poesie liriche,

ed. Barbra, pag. 378).

Ci sono dei casi in cui

la indifferenza

la neutralit

non sono
le

ammesse

o siamo amici di una causa, di una persona, o


la

siamo
con
le

nemici; o

difendiamo, o
:

le

siamo avversi; e per

dirla

parole del Vangelo

72.

Qui non

est

mecum, contra me

est.
v. 30;

(Vangelo di S. Matteo, cap. XII, S. Luca, cap. XI, v. 23).

70. Solidissima l'amicizia fra gli uguali.


72.

Chi non con me, contro di me.

[73-77]

Amore

21

5-

Amore
Questo paragrafo
rato in tutti
i

ci

offre

materia inesauribile
specialmente
i

l'

amore ha

ispi-

tempi

gli scrittori,

poeti, sicch larga

la messe che le

muse

offrono a chi voglia far tesoro di citazioni

e sentenze popolari sull'amore.

Virgilio,
ricchissima di

cui

poemi sono per qualunque argomento miniera


ce ne d alcune, cio
:

frasi,

73.

Omnia

vincit amor, et nos

cedamus amori.
(Egloghe, X,
69).

Il

primo emistichio
16,

citato

da Macrobio {Saturn,,

lib.

V,

cap.

7) fra quelle frasi c\q vice


et

proverbiorum in omnium

ore

funguntur

quae sententialiter proferuntur.

74.

Adgnosco
Dante
tradusse
i

veteris vestigia flammee.


{Eneide,
lib. 1

V, v.

23).

che

75.

Conosco

segni dell'antica fiamma. (Purgatorio, e. XXX,

v. 48).

76.

Improbe amor, quid non mortalia pectora cogis


(Virgilio, Eneide,
lib. IV', v.

412).

Il

verso intercalare del leggiadro poemetto Pervigilium Veneris,

sive

carmen trochaicum de
il

vere, d'incerto autore,

ma

attribuito a

torto a Catullo, canta

dominio universale di amore:

77.

Cras amet qui

nunquam amavi t; quique

a-

mavit, eras amet.


73.

Amore

tutto vince, e noi

cediamo all'Amore.
!

76. Crudele amore, a che

77.

Ami domani

chi

non spingi i cuori umani mai am; e chi am, ami pure domani.

ti

Chi l'ha detto?

[78-83]

Il

grande Arpinate ne esalta


:

il

potere in una breve

ma

eloquen-

tissima sentenza

78. Nihil difficile amanti.


(Cicerone, Orator, cap. X,
e
33).

Marziale

descrive lo stato di due amanti in perpetua guerra,


:

ma
79.

pure inseparabili, con un bellissimo verso

Nec possum tecum


non ha
fatto
lib.

vivere, nec sine te.


(Marziale,
lib.

Xil, epigr.

47).

ch'egli del resto


il

che togliere quasi di peso a Ovidio,


Ili, el.
il,

quale negli Amores,

v.

39 aveva detto:

80

Nec

sine

te,

nec tecum vivere possum.


(a.

e che I'Alfieri imit nelV Oreste


lare Clitennestra
:

Ili, se.

i)

facendo cosi par-

E
Non
Veniamo
piccolo

ver

con

lui felice
il

sono

io

mai:

ma

n senz'esso

sono.
tutti
il

ai poeti delle et posteriori.

Precede a

divino
il

Alighieri, che pu darci un gran numero

di versi celebranti

nume

faretrato:

ne scelgo alcuni dalla Divina Commedia:

81.

Amor mi Amor
principio di

mosse, che mi fa parlare.


{Inferno,
e.

II, v.

72).

82.

che nella mente mi ragiona

Della mia donna.

e
il

una canzone

di

Dante, composta
II, v. 112), in

verso

il

1294

commentata

in testa del Trattato terzo del Convivio ;


(e.

ed an-

che riportato nel Purgatorio

bocca di Casella.

83.

Amor

che

al cor gentil ratto s'apprende.


(Inferno,
e.

V,

v.

100).

Quest'ultimo verso nel commovente racconto di Francesca

78. Nulla difficile per chi ama.

79-80.

con

te

posso vivere, n senza di

te.

[84-87]

Amore

23

da Rimini, a cui

il

poeta ha messo in bocca


:

altri

tre versi

non

meno
84.

noti del precedente

Amor

che a nullo amato amar perdona.


{Inferno,
e.

V,

v. 103).

85

Solo un punto fu quel che


Galeotto fu

ci vinse.
e.

{Inferno,

V,

v. 132).

86.

il

libro e chi lo scrisse.


{Inferno,- e.

V,

v.

137).

Per chiunque ha
belle pagine della

letto quel pietoso episodio

che una delle pi

Divina Commedia, quest* ultimo verso non ha


e

uopo
con

di

commento. Francesca
regina Ginevra

Paolo leggono

il

romanzo

di

Lan-

cillotto, a cui

Gallehaut o Galeotto fa da mezzano ne' suoi amori


:

la

il

libro e

l'

autore suo furono quindi per


i

Paolo e Francesca quel che Galeotto fu per


Pochi sanno che
il

due antichi amanti.


:

racconto di Francesca (dal verso


diletto al verso

Noi leg-

gevamo un giorno per

Quel giorno

piti

non vi legl'auto-

gemmo

avante) fu messo in musica dal Rossini per desiderio di


e a lui dedicato.

Lord Vernon

Lord Vernon ne pubblic

grafo a facsimile nel voi. Ili del suo Inferno di

D, A.

disposto in

ordine grammaticale, ecc. (Londra-Firenze, 1865), a pag. 83.


partitura per canto e pianoforte
;

La

Rossini vi ha scritto sopra di

suo pugno (come tutto

il

resto)

And.^^^ mosso. Recitativo Ritmato


dice).

{Far come colui che piange e

Le rime minori dantesche sono quasi tutte di soggetto amoroso, ma sono meno popolari del divino poema, per cui non ne trarr che un verso solo
:

87.
cio,

Donne

eh* avete intelletto d'amore.


dell'

donne che avete cognizione

amore, ed

il

primo verso
in

di

una canzone composta da Dante, com'egli stesso narra,


e dessa

guisa da adattarle
sato
;

si

come cominciamento quel verso legge nella Vita Nuova, XIX.


e.

gi
Il

da

lui

pen-

verso mede-

simo ripetuto nel Purgatorio,

XXIV,

v.

51.

Moltissimo potrei spigolare dalle rime del Petrarca, dove non


si

ragiona che di amore,

ma

esse ai giorni nostri

non hanno pi

la

24

Oli l'ha detto?

[88-9 ij

grande popolarit della quale godevano alcuni secoli addietro,


quindi non ne lever che
la

seguente

88.

Tempo non mi
Contr'
a'

parea da far riparo

colpi

d'Amor.
Son.
II,

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, num. 3, secondo il Marsand, com.: Era il


giorno
eh' al Sol si scolor aro ; ed. Mestica).

Laura apparve

la

prima volta

agli occhi del Petrarca,

com'

egli

stesso lasci scritto nel celebre codice

Ambrosiano

di Virgilio, nel-

l'anno del Signore 1327,

il

giorno sesto di aprile (che era un ve-

nerd santo), in sul mattino, nella chiesa di Santa Chiara in Avi-

gnone

perci scrisse

il

poeta che essendo quel giorno santo e


assalti

lugubre,

non

gli

pareva tempo da temere

d'Amore,

da

starne in guardia.

89.

Teneri sdegni, e placide e tranquille

Repulse, e cari vezzi, e

liete paci.

Sorrisi e parolette e dolci stille

Di pianto,
sono
le

e sospir tronchi, e molli baci.


e.

(Tass'J, Gerusalemme liberata,

XVI,

ott. 25).
il

quotidiane occupazioni degli innamorati secondo

cantore

di Erminia, che

pur doveva intendersene.

Un

galante abate invece

del secolo scorso cosi descriveva la vita di

un innamorato

90.

Chi vive amante Sai che delira; Spesso si lagna,

Sempre

sospira,

N
Che

d'altro parla,
di morir.
(Metastasio, Alessandro,
a. I, se. 4),

Egli stesso cosi diceva dell' amore dei vecchi

91.

L'arido legno

Facilmente s'accende,

pi che

verdi rami avvampa, e splende.


(Metastasio, Asilo d'amore).

[92-97]

Amore

25

e della infedelt degli amanti

92.

la fede degli

amanti

Come
Che

l'Araba fenice;
sia

vi sia ciascun lo dice,

Dove
Sono pure
il

nessun

lo sa.
a.

(Metastasio, Demetrio,
di lui quei versi celebri che
:

H,

se. 3),

hanno acquistato oggi

valore di proverbio

93.

Pass quel tempo, Enea,

Che Dido a

te pens.

Spenta

la face,

E E

sciolta la catena

del tuo

nome

or

mi rammento appena.
li,

(Metastasio, Didone abbandonata, a

se. 4).

In tempi a noi pi vicini udremo in una tragedia famosa

94.

Vederti, udirti, e

non

amarti....

umana
a. I, se. 5).

Cosa non
Lanciotto lo dice
no,
i

(Pellico, Francesca da Rimini,


al fratello

Paolo

e lo ripetono, sul serio o

nove decimi
o no,
gli

degli innamorati d'Italia,

come
:

ripetono,

sul

serio

altri versi della

tragedia

medesima
t'

95.

T' amo, Francesca,

amo,
!

disperato l'amor mio


tanti poeti, ecco

(Pellico, Francesca da Rimini,

a.

IH,

se. 2).

Tramezzo a
96.

un prosatore che dice:

Noi

altri Italiani
(F. D.

c'innamoriamo in chiesa.
Guerrazzi, Assedio di Firenze^ VHI).
tre ci-

Udremo anche un
tazioni
:

poeta contemporaneo, dal quale tolgo

97.

I canti

che pensai
'

ma

che non
ti

scrissi,

Le parole d'amor che non


num. XIV).

dissi.

(Lorenzo Stecchetti cio Olindo Guerhini, Quando cadran le foglie..,, nei Postuma, poesia

26

Chi V ha detto?

[98-100]

98.

Io non voglio saper quanto


Ci

sii

casta,

amammo veramente Fummo felici quasi un

un'ora intera,
giorno e basta.
(Postuma, LXVIII).

99.

Torna all'infamia

tua: sei troppo vile,


ti

Sei troppo vile, non


100.

posso amar

(Postuma, LXXVI).

Te

voglio bene assai


tu non piense a

il

me
il

ritornello di

una famosa canzone, composta

1839 da Raf-

faele Sacco,

ottico e improvvisatore napoletano. Il successo di

quella canzone fu enorme, e pu darne un' idea la ingenua affer-

mazione del Settembrini nelle sue Memorie :


sono avute nell'anno 1839:
le

Tre cose

belle

si

ferrovie, l'illuminazione a

gaze
can-

Te voglio bene assai.

La

musica fu attribuita

al Donizetti,

ma
per

a torto. Il fatto che per molto tempo a Napoli


ci fu chi,

non

si

tava altro, quindi


le

annoiato di tanto entusiasmo, rispose

rime

Addio, mia bella Napoli, Fuggo da te lontano. Perch pensier s strano

Tu mi

dirai

perch
:

Perch mi reca nausea Quella canzone ornai Ti voglio bene assai tu non pensi a me.

E
O

Andr

nell'Arcipelago,

pur nel Paraguay,


seccato assai

Che m' ha
Quel
:

Tu non pensi a
nella

me.
sett.

Vedi Amile. Lauria,


pag.

Ntiova Antologia, 1

1896,

125; e anche

il

Martorana, Notizie biogr.


pag. 362, dove
si

e bibliogr. degli

scritt. del dial.

iapolet.,

narra di una ridu-

zione della stessa canzone ad argomento sacro, improvvisata dal

Sacco per desiderio del card. Riario Sforza, arciv. di Napoli.

la poesia

melodrammatica? o questa

si

che non finirebbe pi.

Pure qualcuna,

dalle opere italiane pi note, che su per gi

sono

[101-105J

Amort
non

2"!

le

pi antiche,
le salti.

si

pu

fare a

meno

di citarne.

Chi non

le

vuole

loi.

Il

buio, la pioggia, la

Sgomentare

1'

neve amante non deve.


a. I, se.
1).

{La pianella perduta nella neve^

102.

Il

vecchiotto cerca moglie,


.

Vuol marito

la ragazza,

Quello freme, questa pazza,


Tutti e due son da legar!

Ma

che cosa questo amore


fa tutti delirar?

Che

Egli un male universale.

Una

smania, un pizzicore.
solletico,

Un
N
Cavatina
(di cui

un

tormento....

Poverina, anch'io lo sento,


so

come
si

finir.
ripetono) della vecchia Berta nel

molti versi

Barbiere di Siviglia^ melodramma giocoso di

Cesare Sterbini,

musica di Rossini

(a.

II,

se.

5).

103.

Ah!
Del

bello, a

me

ritorna

fido

amor
il

primiero,
intero

contro

mondo

Difesa a te sar.
(Norma, melodr. di F. Romani, mus. V. Bellini, a, I, se. 4).
di

104.

T'amo, ingrata, t'amo ancor.


(Lucia di

Lammermoor, poesia

di

Cammakano, mus. di
105.

G. Donizetti

Hai

tradito

il

cielo e

amor!
{Ivi),

28

Chi V ha detto?

[106-112]

106.

Maledetto

sia l'istante

Che

di te

mi

rese amante....

Stirpe iniqua.... abominata....


Io dovea da te fuggir!
(Ivi).

107.

Questa o quella per

me

pari sono

mi vedo, Del mio core l'impero non cedo Meglio ad una che ad altra belt.
quant' altre d' attorno
(Rigoletto, melodr. di F.
di Verdi, a.
I,

M. Piave, mus.

se.

1).

108.

Bella figlia dell'amore,

Schiavo son dei vezzi

tuoi,

Con un detto sol tu puoi Le mie pene consolar.


(Rigoletto, a. Ili, se.
3).

109.

Ah
se.

quest'infame, l'amore ha venduto.


Salv. Cammarano, musica
di

nel Trovatore^ parole di


(a.

Verdi

IV,

4).

no.

Di queir amor

eh' palpito

Dell'universo intero,
Misterioso, altero,

Croce e delizia
nella
(a.

al cor. musica
di

Traviata,
se.
3).

parole

di

F.

M. Piave,

Verdi

I,

111.

Alfredo,, Alfredo

Non
112.

puoi comprendere

di questo core tutto amore.


l'

(La Traviata,

a. II, se.

15).

Un

bacio rendimi, due,

tre,

se brami.

(Le Educande di Sorrento, nielodramtna gioeoso di Raffaello Berninzone, mus. di Emilio Usiglio, a. III, se. 4).

[i 13-1 1/]

Amore

29

e pi sotto

Lascia

gli scrupoli,

dimmi che m' ami.


di citare

Per

gli

scrittori stranieri

mi contenter
fra gli scrittori

due

fra le

pi
:

note massime del pi popolare

apoftegmatici francesi

113. Il est

du

vritable

Amour comme
tout le

de l'ap-

parition
parle,

des

esprits:

monde en

mais peu de gens en ont vu.


(Max'mes de La IIociiefoucauld,

LXXVI).

114. Il

y a des gens qui n'auraient jamais t amoureux, s'ils n'avaient jamais entendu parler de l'Amour.
i,Ivi,

CXXXVI).

e finalmente

da un gentilissimo poemetto della nostra letteratura


in poi entrate nel patri-

tolgo

due locuzioni che sono d'allora


seguente

monio proverbiale
prima di esse
la

della lingua parlata in faccende


:

d'amore. La

115.

Celeste questa

Corrispondenza d'amorosi
Il

sensi.

Foscolo

(Z)^'

Sepolcri^ v. 29-30) cos disse delle relazioni di


i

affetto fra gli estinti e


1 1

viventi.

l'altra

pochi versi pi oltre

6.

Eredit

d' affetti.
(Foscolo, De' Sepolcri,
v. 41).

6.

Astuzia, inganno
L* inganno e
la diffidenza eh' esso

ingenera sono bene scolpiti

da ViRGiL'O nel verso

117.

Timeo Danaos
Temo

et

dona

ferentes.
(Eneide,
lib. II, v. 49).

117.

Danai anche quando recano doni.

30

Chi V ha detto

8- 1 24]

Suo

pure

1'

altro emistichio

118.

Latet anguis in herba.


{Egloghe,
111, 93).

chi tenta indurre altrui in inganno con false parole


il

pu apalla

plicarsi

consiglio del
:

mago

Idraote, signore di

Damasco,

nipote
1

Armida
...".

19.

Fa manto
non
:

del vero alla

menzogna.
e.

(Tasso, Gerttsalevtme liberata,


e se l'inganno
si

IV,

ott. 25).

ferma

alle parole,

l'apostrofe giustiana a

Becero droghiere

120.

Vendevi znzero
Per pepe bono.
(Giusti,

La

vestizione, str. 61).


lui,

Talvolta l'ingannatore vinto da

altri

pi astuto di

ovvero

12

1.

Lo schermitor

vinto di schermo.
e.

(Tasso, Gerusalemtne liberata,


e di questo la ragione detta da

XIX,

ott.

14).

un

satirico francese

12 2.

Pardieu

les plus

grands clercs ne sont pas


(RGNIER, Satire Illme,
ult.

les

[plus fins!
verso).

e poi, per

quanto grande

sia l'astuzia, di cui


:

il

buon Dio

vi

ha

provveduti, ricordatevi che

123.

On

peut tre plus


fin

fin

qu'un autre, mais


les autres.

non pas plus

que tous

(Maximes de La Rochefoucauld,
Dello stesso filosofo quest' altra sentenza
:

CCCXCIV).

124.

On aime
l'on

bien deviner les autres,


(Ivi, ediz. del 1665,

mais
296).

n'aime pas tre devin.


num.

118. Tra

le

erbe

si

asconde un serpente.

[125-128]

Avarizia

7.

Avarizia
125.

Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento.


(Dante, Inferno,
e.

XIX,

v. 112).

Cos
ai

Dante

fieramente apostrofa l'insaziabile avarizia dei preti,

quali poco innanzi aveva rivolto altra acerba

rampogna
attrista,
i.

126

La

vostra avarizia
i

il

mondo
e.

Calcando

buoni e sollevando
(Dante, Inferno,

pravi.
v.

XIX,

103-104).

E
alle

certamente

trista

passione quella dell'avarizia che spinge


pi riprovevoli,

azioni pi basse e
:

come aveva

gi detto

Virgilio

127.

Quid non mortalia pectora Auri sacra fames


!

cogis,

(Efieide, lib. Ili, v. 56-57).

e infatti agli occhi di molti ogni

mezzo

buono ad acquistare dae per

naro, che

il

ben venuto, per qualunque via guadagnato,


le fonti.

quanto ne siano turpi


latino

Ci espresso anche dall'adagio

128.
di cui le origini,

Non
{Hist., lib.

olet.

secondo Svetonio {Vita Vespasiani, cap. 23) e

Dione Cassio

LXVI,

cap. 14), sarebbero da cercarsi


al figlio

nelle parole dette

da Vespasiano

Tito che lo bi?simava

per avere posta una tassa suU' orina,


sentire di cattivo
st'
il

ma

che pure riconobbe non

danaro che se ne traeva.

noto che da que-

aneddoto

si

convenuto di chiamare per eufemismo

monumenti

vespasiani o semplicemente z^^^/a^zaw certi piccoli luoghi indispensabili alla pulizia e alla igiene delle citt.

127.

che non

costrinjgi

cuori umani, o esecrata fame dell'oro!

128.

Non

pozza.

32

Chi V ha detto?

[129-132]

Ai
129.

nostri tempi la letteratura e la politica

hanno reso famosa

La Compagnia

della Lesina.
te-

L'onor. Antonio Starrabba Di Rubini in un discorso


nuto a Milano nel teatro della Scala
suo programma di radicali economie
tendo in disparte quel
dell'
fragile
si
il

9 novembre 189

1,

essendo

Presidente del Consiglio dei Ministri, cosi diceva a proposito del


:

Signori, noi ministri metla

strumento che era

famosa lente

avaro,

ci

siamo, mi

passi la celia, costituiti nella famosisle

sima Compagnia della Lesina, che ebbe


cetti, dai

sue leggi e
:

suoi pre-

quali questo scegliemmo a nostro consiglio

che ciascuno

debba" guardarsi ed astenersi da ogni superflua ed impertinente


spesa,

come

dal fuoco, n mai

si

spenda un quattrino se non per


e per tal via
si

marcia necessit, perch con

tal regola

d buon

principio all'auguraentare, e far capitale.


tentio IcBsinantium.
Infatti
il

Quo d

est principalis in-

ministro ricordava una curiosa facezia, ristampata pi

volte nel sec. xvii, col bizzarro titolo Della fanosissima Cofnpa-

gnia della Lesina^ dialogo capitoli


^

ragionamenti.

Il

frontespizio
lesina

porta sempre
col motto,

l'

impresa della

finta

compagnia che una

rimasto pure celebre,

130. L'assottigliarla pi meglio


Il

anche

fora.

paragrafo riportato dal Rudini dei Capitoli della compagnia


3.

al

numero

La
131.

citata di

sopra

Lente dell'avaro.
le

come pure
132.
sono
data,

Economie
altre

sino all'osso.
ejusdem farince

due

frasi proverbiali
ai

ma

di

pi antica

poich risalgono

dolorosi giorni del Macinato e del Mini-

stero

Lanza-Sella, severo anzi feroce restauratore delle stremate

finanze italiane.

E
il

la

prima fu detta da Giovanni Lanza,


fatte alla

la se-

conda da Quintino Sella nelle dichiarazioni


dai due ministri
15 dicembre 1869.

Camera

[133-135J

Bellezza e brittezza. Doti del corpo

33

8.

Bellezza e bruttezza. Doti del corpo


Che
cos' la bellezza

133. Il bello lo Splendore del vero.


secondo
la celebre definizione attribuita

vorgarmente a Platone,

ma

che certamente non di lui e forse neppure di nessun platonico, poich non solo non
si

appoggia a nessun

testo,

ma non

nem-

meno

l'espressione esatta della dottrina platonica. Infatti Platone,


il

bench accoppiasse
inseparabili, pure

vero col bello come due idee assolutamente


il

non considerava
un luogo
il

vero come

la bellezza

per

eccellenza, anzi in

della Reptibllca (ed. Steph., 508.

E)

dice formalmente che


alla verit
:

bene superiore in bellezza

alla scienza e

quindi pi conforme allo spirito, se non alla lettera

della dottrina platonica, sarebbe di dire che il lello lo splendore

del bene. Si consulti


ris,

Leveque, La science

dtt

beau, 2^^ d., Pa-

1872,

to.

II,
to.

pag. 320; Fouille,


I,

La philosophie

de Platon^

Paris,

1869,

pag. 352.
delle persone, sia delle cose, in molti casi

La
dote

bellezze sia
aflEalto

relativa,

come ben giudicava

il

Metastasio

134.

Sembra
Che

gentile
fiore,

Nel verno un
Si disprezz.

in sen d'aprile

Fra l'ombra

bella

L'istessa stella

K
W
t.
^K Anche
135.
le

Che

in faccia al sole
si

Non

mir.
(Metastasio, Asilo
d'

Amore).
le

cose belle possono stancare chi ne circondato e


al poeta,

ammira, come accadde

che per altro era

Stanco gi di mirar, non sazio ancora.


(Petkarca, Trionfo d'Aviore,
3
cap.
II, v.
1),

34

Chi V ha detto?

[136-140]

In tutte

le

cose e in ogni persona la bellezza qualit essennelle

ziale e del pi alto pregio,

forme massimamente, che semaltrui. Perci,

brano create

allo

scopo d piacere
l'

ove

la

natura non

sia stata sufficiente, ripara

arte, la

quale pure chiamata a fornire

quegli abili sussidi

136.

Dont elle eut soin de peindre et orner son visage, Pour rparer des ans l'irrparable outrage.
(Racine,
Atlialie, II,
5).

Ma

la bellezza

non

tutto, e

non basta ne

a supplire

1*

assenza

di altre doti,

meno

appariscenti,
;

ma

pi importanti, n a dare di
:

per s stessa

la felicit

lo dice

una vecchia opera comica

137.

Esser bella a che dunque mi giova,

Se ogni pace vien

tolta al

mio cuor?

(La Figlia del Reggimento, parole di Calisto Bassi, mus. di Donizetti, a. II, se. 4).

Scendendo

al particolare,
i

vediamo che ad uomo realmente brutto

possono applicarsi

versi di

un

satirico aretino

138.

Uno

scherzo di natura

Un uom
il

senza architettura.
(Guadagnoli,
// cadetto militare).

poeta medesimo che difese

la

piccolezza della statura e


la

il

naso
:

grosso dalla taccia di coefficienti di bruttezza. Per

prima disse

139.

Signora, se l'essere

Piccina d'aspetto

Vi sembra difetto, Difetto non .


(Guadagnoli, Le
dotine piccine).

Per

l'altro:

140

Indizio

un naso maestoso
gran che?di
(Guadagnoli,

e bello

Di

gran..,, e di

gran

cervello.
3),

// Naso, sest.

41-145]

Bellezza e bruttezza. Doti del corpo

35

La
141.

difesa del colorito fosco era stata fatta dal

Tasso

....Il

bruno

il

bel

non

toglie.
e.

(Gerusalemme liberata,

XII,

ott. 21).

ricordando forse

il

biblico

142.

Nigra sum, sed formosa.


(Cantico dei Cantici, cap.
I, v.
4).

detto della sposa del Libano.

Ma

dove pi

rifulge la bellezza, negli occhi, poich in essi la


si

materialit della forma

allaccia al fascino spirituale dell' intelli-

genza. Perci ogni innamorato loda per prima cosa gli occhi della

sua fiamma, e molti potrebbero dire come

il

Paggio Fernando

143. Io
frase

ti

guardo negli occhi che sono tanto


la

belli.

divenuta pi che popolare dal giorno in cui

Partita a

scacchi del
lizia dei

GlACOSA

(ove essa pi volte ripetuta), forma la de-

filodrammatici d'Italia.

La
la

principale bellezza degli occhi certo nella grandezza.

Bene

lod

Ugo Foscolo

nel

carme Le Grane, secondo

il

testo edito

dal Chiarini, inno III, v. 276-277:

144.

....

Tornino

grandi

Occhi

fatali al lor natio sorriso.

come pure nell'ode All' amie x risanata:


145.

Fiorir sul caro viso

Veggo
I

la rosa;

tornano
al sorriso

grandi occhi

Insidiando.
Questi grandi occhi erano quelli della bella contessa Antonietta Arese, che Foscolo
la

am

in Milano fra

il

1801 e
alla

il

1804; come
il

donna dai granai occhi fatali intorno

quale

poeta in-

142.

Sono bruna, ma

bella.

$6

Chi

r ha

detto?

[146- 148]

voca aleggino

le Grazie,

sembra fosse quella Maddalena Bignami,

nata Marliani, una delle pi belle donne del suo tempo, che

Na-

poleone

I,

in

una

festa di ballo offertagli dai

commercianti mila-

nesi al teatro della Canobbiana nel gennaio del 1808, proclam la

^his

belle

parmi

tant de belles.
belli gli occhi la

Basta talora a fare

dolcezza del sorriso, quale


:

sarebbe stata quella del sorriso di Eleonora

146.

Il

balen del suo sorriso

D' una
(//

stella

vince

il

raggio.

Trovatore, parole di Salv. Cammarano, musica di Gius. "Verdi, a. II, se. 3).

conforto degli uomini brutti ricorder finalmente


tutti,

l'

aneddoto

che corre sulle bocche di

del famoso tenore

Nicola Tac-

CHINARDI,

di

Livorno (morto nel 1859),


alla

di cui si narra che fosse

gobbo, e che una sera, chi dice

Pergola, chi a un teatro di

Roma, mentre

il

pubblico, vistolo apparire sul palcoscenico, insolui,

lentiva contro la deformit di

esclamasse

147.
Il
l'

Son qui per farmi

udire,

non per farmi vedere

pubblico stette a sentirlo, e dopo lo spettacolo, vinto dal-

entusiasmo, lo accompagn a casa in trionfo.

L'aneddoto sarebbe

bellissimo.... se fosse vero.


:

Lo

stesso Tac-

chinardi soleva smentirlo

e lo smentiva poi la sua persona. Egli


:

non

era gobbo, aveva anzi le spalle molto diritte

bens era piut-

tosto tozzo di corporatura, e di torace largo e corto.

Per

sulla

scena era attore inarrivabile, e aveva avuto da Canova stesso, che


gli

era molto amico,

e gli

aveva anche

fatto

un busto,

lezioni sul

modo

di drappeggiarsi artisticamente, e di gestire

(Jarro, Memorie

di un impresario fiorentino^ pag. 122).

A
e.

persona bella
il

si

pu applicare quel che dice I'Ariosto

di

Zerbino,

bellissimo figlio del


84).

Re

di Scozia

[Orlando ftirioso,

X,

Ott.

148.

Natura

il

fece,

e poi

roppe

la

stampa.

[149- 5 2]
if

Eenecenza, doni, and

37

Beneficenza, doni, aiuto

L' arie di donare altrui che talora vale pi del donativo stesso,

come ben
149.

dice

Corneille

La faon de donner vaut mieux que ce qu'on


[donne.
(Corneille, Le Menteur,
act.
I,

sc.

1).

bene espressa nei noti versi manzoniani

150.

Doni con volto amico, Con quel tacer pudico, Che accetto il don ti fa.
(Manzoni, La Pentecoste, inno,
v. 126-128).

Inoltre gran parte del segreto riposto nell' adagio latino

151. Bis dat qui cito dat.


che forse deriva dalla sentenza 225 di Publilto Siro
ficium bis dat, qui dat celeriter.
:

Inopi be-

L'Alighieri, che per propria esperienza conosceva quel che

'oleva

dire ricorrere al soccorso degli altri, cosi esaltava


i

il

prin-

cipale tra

suoi benefattori e protettori

^152

Del fare e del chieder, Fia primo quel che tra gli

tra voi due,


altri
e.

pi tardo.
XVII,
v. 74-75).

(Dante, Paradiso,
Questi

il

Gran Lombardo, Bartolommeo


volte chi d presto.

della Scala.

51.

D due

^8

Chi V ha detto?

[i53-i57]

pi avanti parlando Dante a Maria,

Vergine Madre, figlia


:

del suo Figlio^ cos svolge lo stesso concetto

153.

La

tua benignit non pur soccorre


chi

domanda, ma molte fiate Liberamente al domandar precorre.


(Paradiso, XXXIII,
v. 16-18).

Invece

154

Quale aspetta prego, e l'uopo vede Malignamente gi si mette al nego.


(DaxNte, Pirgatorio,
e.

XVII,

v. 59 60).

Anche Seneca

disse:

Tarde

velie nolentis est ; qtii disttclit diu,


il

nohcit {De benefic, II,

i).

parimenti
afflitti

Metastasio

155.

Niega

agli

aita,

Chi dubbiosa la porge.


(Metastasio, Ezio,
a. II, se. 7).

Nel soccorrere
evangelica
:

l'

infelice

non

si

dimentichi neppure la massima

156.

Te autem

faciente eleemosynam, nesciat

si-

nistra tua quid faciat dextera tua.


(Vang, di S. Matteo, cap. VI,
v. 3).

Bench
dei grandi,

il

soccorrere gli sventurati sia dovere principalissimo


dei fortunati,

157. Regia, crede mihi, res est subcurrere lapsis.


(Oviuio,
Ej>ist.

ex Ponto,

lib. II, ep. 9, v.

11).

tuttavia aiutare gli altri per qualunque persona


cristiana carit,

un precetto

di

un dovere

di

umanit;

156.

Quando
che fa

fai

l'elemosina, che la tua sinistra

non sappia quel

la
il

mano

destra.

157. Credimi,

soccorrere gl'infelici cosa degna dei re.

[158-162]

Beneficenza, doni, aiuto

39

158.

Qui donne aux pauvres, prte Dieu.


Victor Hugo pone
d*
il

epigrafe che

in testa alla poesia Potir Ics e in cui egli

pauvres, nel volume Feuilles


che condensare

automne ;

non

fece

testo biblico [Proverbi,

XIX,

17):

Foeneratur

Domino qui nnserelur pauperis.

talora

il

beneficare altrui anche

un provvedere

ai

propri

interessi,

per l'antica massima:

159.

Serva me, servabo

te.
v. 44).

(Petronio, Satyrcon,

n
il

si

ha da trascurare

l'

amicizia e

l'

aiuto anche del debole

come

leone della favola esopiana che dov la propria vita al


:

memore

animo del topolino


1

60.

On

a souvent besoin d' un plus petit que


(La Fontaine, Fables,
lib. II,

soi.

fab. \\:

Le

lion et le rat).

tanto pi che,

come

dice
:

il

poeta medesimo, anche

piccoli pos-

sono diventar grandi

161.

Petit poisson deviendra grand,

Pourvu que Dieu


Le

lui

prte vie.
lib.

(La Fontaine, Fables,

V, fab.

3,

petit poisson, et le fcheur).

Ma

se

si

deve

far

conto dell'aiuto anche di un piccolo, vi sono


pi prudente di fare a

certi aiuti e certi aiutatori dei quali

meno

a costoro
quali

non meno che agli inetti che guastano le faccende mettono mano, si applicano le parole virgiliane

nelle

162.

Non tali Tempus

auxilio,

nec defensoribus

istis

eget.
(Virgilio, Eneide,
lib. II, v.

521-522).

159. Salva me, che io salver

te.

162.

Non

di tale aiuto

n di questi difensori

vi oggi

bisogno.

40

Chi V ha detto?

[163-167]

10.
Benignit, perdono

Anche

in questo paragrafo
il

non sono molte

le frasi

che mi oc-

correr citare. Ricordo

bel verso

163.

Amico, hai vinto:

io

ti

perdon...; perdona.
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,

XII,

ott. 66).

che sono
feritore

le

parole rivolte da Clorinda trafitta mortalmente al suo


,

Tancredi

l'

oraziano

64.

Hanc veniam petimusque damusque


il

vicissim.
v.
11).

(Orazio, Arie poetica,


e meglio ancora
biblico
:

165.

Qui sine peccato est vestrum, primus lapidem mittat.


{Evang. di
S.

in illam

Giovanni, cap. Vili,

v. 7).

eh' la difesa della

donna adultera

fatta

da Cristo,

il

quale l'ac-

comiata dicendo

166.

Vade,

et

jam amplius
sofferto,

noli peccare.
{.Ivi, V.

11),

Chi ha vissuto, chi ha


indulgenza

chi

ha provato

le gioie e le

angoscie, le dubbiezze e le tentazioni della vita, meglio disposto


all'
:

167.

Tout comprendre

c'est tout

pardonner.

sentenza di profonda filosofia che comunemente attribuita alla


signora di Stal, la quale pi precisamente nella Corin?te
(li-

164. Questo perdono 166. Va, e

ci

chiediamo e
pi.

ci

165. Chi di voi senza peccato, getti su di

concediamo a vicenda. lei la prima pietra.

non peccare mai

[1

68- I/O J

Benignit, perdno

vre

XVIII, chap.

5) scrisse

Tout comprendre rend

trs-indul

gent, et sentir profondment, inspire

une grande bont.

Nella
:

quale sentenza evidente la reminiscenza di quella dello Spinoza

Non fiere non Plauto


y
:

indignali, sed intelligere ; o anche di quella di

168.

Humanum
scere
est.

amare

est,

humanuni autem igno(Mercator,


II, 2, 48).

Un
169.

bell'esempio di benignit quello espresso nella frase:

Le

de France ne venge pas du duc d'Orlans.


roi

les

injures

che fu detto (secondo che narra la cronaca di

Humbert Velay)
il

da Luigi XII re di Francia


quale,

ai

deputati della citt di Orlans, la

dopo avere avuto


la

torti

non

lievi

verso

suo duca, ap-

pena questi ebbe cinto

corona,

mand
gli

in fretta degli oratori

a rendergli obbedienza. Luigi

XII

ascolt con benevolenza, e

quindi disse loro qu'il ne serait de'cent et honneur U7t roi de

France de venger
di lui

les qiier elles

d'un duc d'Orleans.

Ma

innanzi

Filippo, conte

di

Bresse e poi duca di Savoia nel 1464, gi


:

detto Filippo Senza-terra, aveva detto che

// serait honteux au, e nella stessa nobile

duc de venger

les

injures faites

au comte ;
il

famiglia, quasi quattro secoli pi tardi,

Re

Galantuomo, che da
da Carlo Al-

semplice principe aveva avuto assai a dolersi dello zelo indiscreto


e della pedanteria di

un

ufficiale superiore incaricato


figlio,
si

berto di invigilare sulla condotta del

quando quest' ufficiale


allontan da corte, lo
il

dopo Novara dette


f*

le

sue dimissioni e

chiamare, e con molta affabilit gli disse che


i torti

Re

di Piemonte

aveva dimenticato

di lui verso

il

Duca

di Savoia, che rico-

nosceva in
lo

lui

un antico

e devoto servitore della dinastia, e quindi


il

pregava di riprendere

suo servizio.

170.

Vellem nescire
Umana

literas.

168.

cosa l'amore, ed anche

umano

il

perdono.

170. Vorrei

non sapere

scrivere.

42

Chi

Vha

detto?

[171-175]

sarebbero
toscrivere
trattato

le

parole dette da

Nerone quando

gli fu

portato a sot-

una sentenza

di morte, 2,
T.

secondo che narra Seneca nel

De dementia,

Altro bell'esempio di perdono ricordato nella sentenza evangelica


:

171.

Remittuntur ei peccata multa, quoniam dilexit multum.


{Evang. di
S.

Luca, cap. VII,

v. 47).

che sono

le

parole di
si

Ges Cristo

alla

Maddalena, cui sono pure


le

rivolte queste che

trovano nel versetto 50, e con

quali

1'

ac-

comiata

172. Fides tua te

salvam

fecit:

vade

in pace.

Si possono pure includere in questo paragrafo le due frasi del

Metastasio,
173.

tolte

ambedue

dalla

DiJone abbandonata:

A' giusti prieghi Di tanto intercessor nulla si nieghi.


(Atto
II, se.
4).

ed:

174.

piet con

Bidone

esser crudele.
(Atto
II, se.
11).

11.
Buona
Che cosa
175.
e

mala fama. Onori


ci

e lodi

sia la fama,

disse

Dante

Non
Di

il.

mondn rumore

altro

che un

fiato

vento, ch'or vien quinci ed or vien quindi,

E muta
171. Molti peccati
172.

nome, perch muta


(Purgatorio,

lato.
e.

XI,

v.

lOC-102).

le
ti

La

tua fede

sono perdonati, perch am molto. ha salvato: va in pace.

[176-178]

uona

mala fama. Onori

e lodi

43

Ma
176.

pi indulgente alla fama terrena fu l'ignoto che prima disse:

Vox

populi,

VOX Dei.
nella

ispirandosi probabilmente

forma a quel versetto biblico

Vox

pupilli de civitate,

vox de tempio, vox ZPowm/ reddentis

retributionem inimicis suis [Isaia^ cap.


cetto a
glio a

LXVI,

v. 6);

ma

nel con-

due versi di

Omero

{Odissea, lib. Ili, v. 214-215), o


e giorni, ed. Flach, v.

me:

due di Esiodo {Opere


<E>T^{ifj

761-762)

S'o'jxi TdiTiav
cpyjfito'joi"

TcXXDxa',, i^vxiva tioXXoI


xf sav.

Xaot
cio
:

Osg vu

xa axi^.
multi populi

Fama
:

divulgant

vero nulla omnino Dea sane quaedam est


li

perit,

quam quidem

et ipsa.

Questi versi divennero


citati negli scrit-

popolari in Grecia, poich


tori classici.

troviamo pi volte

Quanto

alla

sentenza Vox populi, vox Dei, la sua ori-

gine anteriore al secolo viii, poich gi

Alcuino

nel Capitular e
to. I,

admonitionis ai Carohcm,

IX (nei

Miscellanea del Baluzio,


:

pag. 376, Paris, 178) ricorda a Carlo


soient dicere

Vox populi, vox Dei,


sit.

Magno nec audiendi qui cum tumultuositas vulgi sem-

per insanise proxima

La memoria

delle
il

buone

gesta, dei gloriosi fatti vince la morte,

come simboleggi
opere da essi

Petrarca
campi

nel
il

Trionfo della Fama, e spe-

cialmente valgono a conservare


fatte nei

ricordo dei valorosi uomini le

dell'arte, delle scienze, delle lettere.

Per cui ben poteva dire

177.

Non omnis

moriar.
lib. Ili,

(Orazio, Odi,

od. 30, v.

6).

il

poeta che nell'ode medesima, conscio del valore dell'opera sua,


s
:

aveva detto di

178.

Exegi monumentum aere perennius.


{Odi, lib. Ili, od. 30,
V.
1).

176. 177.

Voce

di popolo,

voce di Dio.
del bronzo.

Non
Alzai

tutto morr.

178.

un monumento pi durevole

44

Chi V ha detto?

[i

79-184]

Giustamente di costoro pu ripetersi quel die del Romagnosi


scrisse
(str.
il

Giusti in quella sua

fiera satira,

La

terra dei morti

6):

179.

Difatti,

dopo morto

E
Questa dunque

pi vivo di prima.
la via di eternare
il

proprio

nome

180.

Sic itur ad astra.


(Virgilio, Eneide,
lib.

IX,

v. 641).

ma

chi vuole sia resa giustizia a s e al suo lavoro,


s vivente
:

non

l'aspetti

(in generale)

invece

181.

A' generosi
Giusta di glorie dispensiera morte.
(Foscolo, Sepolcri,
v. 220-221).

bench non sempre

giunta, poich talora le ire e le invidie dei conil

temporanei durano oltre

sepolcro, e

182.

....

Obblio
il

Preme
N
starsi
si

chi troppo all'et propria increbbe.


(Leopardi, La ginestra
fiore del deserto).
facile

confonda

la gloria
le

con

la popolarit,
i

si

ad acqui:

da chi lusinga

passioni o

gusti della maggioranza

183.

La

popularit, c'est la gloire en gros sous. (Victor Hugo, Rny Bias, a. Ill, sc. 5).

Pensava giustamente

Axel

di Oxenstierna,

il

pi illustre

uomo
184.

di Stato che vanti la Svezia, che

Melius

est

darum

fieri

quam

nasci

ed all'incontro

la eternit dell'

infamia che resta a punizione dei

vizi dei grandi,

mirabilmente espressa in quei versi dell'abate

180. Cos 184.

si

sale alle stelle.


illustre.

meglio diventare che nascere

[185-190]

Buona

mala fama. Onori

e lodi

45

Delille

nti

Dithyrambe sur l'immortalit de l'dme^


:

scritto,

come

noto, per desiderio di Robespierre

185. {Lches

oppresseurs de la terre) Tremblez,

[vous tes immortels.


L'altro verso

186.
di

Ich bin besser als mein Ruf.


Schiller {Marie
Sttiart, a. Ili, se. 4),
il

quale

si

eviden-

temente ispirato

alle parole di

Ovidio

187.

Ipsa sua melior fama....


{EpistolcB ex Ponto, lib.
I,

ep.

2,

v. 143).

mentre

di

Virgilio

il

188.

Fama
Lucano
lo

super aethera no tus.


(Eneide,
lib. I, v. 379).

e di

189

Stat

magni nominis umbra.


(Farsalia,
lib. I, v.

135).

che riporta alla memoria

il

190.

Tanto nomini nullum par elogium.


monumento
eretto a Niccol Machiavelli nel 1787 per
il

scolpito nel

pubblica sottoscrizione, in Santa Croce,


italiane.

Pantheon

delle glorie

Innocenzo Spinazzi, sculture non privo di meriti per quei


dell' arte, lo

tempi di decadenza
tor

condusse a termine, ed
:

il

dot-

Ferroni

vi pose la iscrizione

TANTO nomini NVLLVM PAR ELOGIVM NICOLAVS machiavelli OBIT ANNO A P. V. MDXXVII.
186. Io sono migliore della mia fama. 187. Migliore della sua stessa fama.
188.

Noto per fama

fino alle stelle.

189. Resta l'ombra del gran nome. 190.

tanto

nome, nessun elogio adeguato,

46

Chi V ha detto?

[190-191]

Di questa

iscrizione cosi parla Oreste

Tommasini

nell'

opera

La

vita e gli scritti di Niccol Machiavelli nella loro relazione col

Ma-

chiavellismo (Torino, 188


il

1),

voi.

I,

pag. 6, in n.

Un

cruscante,

Colombo, ebbe a scrivere:


zionato
tutto
al
il

Se non pu esservi elogio proporil

merito d' un grande uomo, dunque inutile

farlo,

e
<-<

genere esornativo, sar riserbato

ai

mediocri.

Che
si

assurdo!

- Tuttavia l'epigrafe, quando s'abbia riguardo che


dall'

par fatta per vendicare Niccol


trover gonfia

onta del machiavellismo,

ma non

sproporzionata.

N
si

la aliena dal

sapore

rettorie del secolo decimosesto.

In San Marco a Firenze, sulla


legge
:

tomba

di

Giovanni Pico della Mirandola

Ioannes jacet hic Mirandula; caetera norunt Et Tagus et Ganges: forsan et Antipodes.

il

Fontano,

nell'elegia in

morte del Marullo

Nil praeter

nomen tumulo.
eretto in

finalmente nel

monumento

Roma nel convento


:

de' Santi

Apostoli a Michelangelo Buonarroti, in memoria del breve tempo

lus

salma di quel grande fu quivi ospitata Michel AngeBONARROTIUS SCULPTOR PICTOR ARCHITECTOR MAXIMA ARTIFICUM FREQUENTIA IN HAC BASILICA SS. XII. APOST. F. M. C. XI. Cal. Mart. A. MDLXIV elatus est clam inde Florentiam translatus et in templo S. Crucis eorumd. F. V. Id. Mart, ejusd. a. conditus tanto nomini nullum par elogium. Sotto la statua di Marcello Virgilio in Firenze nella chiesa de' Francescani al Monte
che
la
:

....

hanc statuam pius


et glorise

Erexit haeres, nescius

Famse futurum, Aut nomen, aut

nihil satis.

nell' epitaffio

che Filippo Strozzi compose per s stesso, nel

caso fosse morto e seppellito in patria, si Hcehit hoc tempore, leggevasi


:

Philippo Strozzae.

Satis hoc,

caetera

norunt omnes.

191.

Alone with

his glory.

191. Solo con la sua gloria.

[192- 1 90]

Bnona

mala fama. Onori

lodi

47

in

un verso

in

The Burial of Sir John Moore,


l'

ballata di

Ch. Wolfe, ed
desta,

pur questa frase altamente superba. Pi moaltra


:

ma

dignitosa sempre,

192.

....Je n'ai

mrit
ni cette indignit.
a.

Ni
I

cet excs d'

honneur

(Racine, Britanniens.,

H,

se. 3).

due

versi della

Divina Commedia

193

Se

le

mie parole
infamia

esser

den seme
e.

Che
bene
si

frutti

al traditor ch'io rodo.


XXXIII,
v. 7-8).

(Dante, Inferno,
ripetono ad esprimere
il

disdoro che circonda


;

il

tristo,

oggetto delle contumelie e del biasimo di ognuno

mentre a chi
l'

gode

frutti della

buona reputazione pu
lo

applicarsi

altro verso

194.

Assai

loda e pi lo loderebbe.
(Dante, Paradiso,
e.

VI,

v. 142).

come

il

mondo

farebbe di

Romeo

di Villanova;

ovvero

versi

tasseschi

195

Mostra a dito ed onorata andresti Fra le madri latine e fra le spose

L
tolti

nella bella

Italia....
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,


dal soliloquio

VI,
le

ott. 77).

amoroso
;

di Erminia,
il

che sogna

sue nozze

con r amato Tancredi

o meglio

196.

Laudari a laudato

viro.
antico poeta romano,
(lib.

parole di Ettore che in

un frammento di Nevio,

conservatoci nelle Epist.


e lib.

ad Famil.

di

Cicerone

V,

ep. 12, 7

XV,
te,

ep. 6,

i)

dice di s

medesimo: Lius sum laudari

me, abs

pater, a laudato viro.

196, Ricevere lode

da un

uomo

lodato.

48

Chi V ha detto?

[197-201]

12.
Buoni
e

malvagi

Infinito

il

numero

delle

umane

miserie e debolezze, da cui

pochi possono dirsi veramente immuni.

197.

Homo

sum: humani

nihil a

me

alienum puto.
a. I, se.
1,

(Terenzio, Heautontnorumenos,

v. 25).

verso di cui narra S. Agostino {Epist. 51) die aveva


di far echeggiare di applausi tutti
(cfr.
i

la

potenza

teatri

piena

stultis imoctisque

S. Paolo, Lett,
ci

ai Rom.,

3,

23).

Molte volte

tocca pure di ripe^re col

Petrarca

198

Tutti siam macchiati d'una pece.


(Trionfo d' Amore,
e.

Ili, v. 99).

ovvero con Orazio

199. Iliacos intra

muros peccatur
molta indulgenza
per

et extra.
I,

(Ej>ist., lib.

ep.

2,

V.

16).

Per cui
tanto
si

all'

umano

fallire

si

deve avere, e

sol-

deve serbare

la severit

gli errori
il

dovuti ad animo
errare, e guai

veramente pravo, tanto pi che anche


se
il

buono pu

buono

si

guasta

che,

200. Corruptio optimi pexima. (S. Gregorio Magno, Moralia


Del resto pare che
XII, epigr. 51)
il

in jfoh).

mestiere dell'

screditato fin dai tempi di


(lib.

nomo Itwno fosse un mestiere Marziale, il quale negli Epigrammi


che

scrisse

201.
197.

Semper homo bonus


Sono uomo,
e nulla di
le

tiro est.

quanto

umano credo che non mi

tocchi.

199. Si pecca tanto fra

mura

d'Ilio quanto fuori.

200. I buoni quando 201.

si

guastano, diventano pessimi.

L'uomo buono

sar sempre

un

principiante.

[202-206]

Buoni

malvagi

49

e Cicerone

ne adduceva
I,

tum

fratrem, lib.

ep. i, 12):

difficillime esse alios

famil. (Ad QuinUt quisque est vir optimus, ita improbos suspicatur. Anche Biante (Fr.
la ragione nelle Epist.
7)

phil., ed.

Mullach,

I,

pag. 228, n.

scrisse: Ot

yaGo saTtaxYjxoi.

Nuovi argomenti per mostrare che non sempre la sorte propizia ai buoni possono trovarsi in un verso di un altro satirico
latino
:

202.

Dat veniam

corvis, vexat- censura


(Giovenale,

columbas.

Sat. II, v. 63).

o in quelli del

Peirarca

203.

....

Morte fura
i

Prima

migliori, e lascia star

rei.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, num. CXC secondo il Marsand, comincia Chi vuol veder quantunque pu Natura; ed. Mestica, son. CCX).
o nel primo dei Pensieri di

Giacomo Leopardi

204.

Rari sono
se

birbanti poveri.
i

Come

non bastasse per

tristi

avere molte volte


le

la

fortuna

seconda, pu capitar loro di riscuotere per

loro male arti quel;

r ammirazione che dovrebbe


innegabile che

essere riserbata alla virt

eppure

205.

Il

y a des hros en mal comme en


(La Rochefoucauld, Maximes,

bien. CLXXXV).
al-

Per
l'

il

malvagio privo di
:

altri

conforti che

non mancano

onest'

uomo

206.

Il

maledetto non ha
(Nabucco,

fratelli.
lirico di

dramma
di

TEMISTOCLE
a. Il, se. 4).

Solera, mus.
e s'egli per

G. Verdi,

esempio macchi

le colpevoli

sue mani del sangue dei


:

suoi simili, dovr sperimentare la verit di questi versi

202.

La

critica

indulgente con

corvi,

ma non

d pace

alle

colombe.

50

Chi V ha detto

[207-209]

207

Chi versa l'uman sangue,

il

sente

Odorar

nelle

mani eternamente.

Dopo r ora

mortai, tutta la vita

Non
(Prati, Canti per
i

finita!
ti

popolo: Vendetta).

quali

mi ricliiamano
nemici
:

alla

memoria

la

fiera risposta di

un giusto

ai suoi

208. Il

y a

loin

poitrine

du poignard d'un assassin d'un honnte homme.


Mathieu Mole.

la

attribuita al presidente

Questi in una sommossa

di Frondisti che erano entrati

volle scendere nel cortile


vallon,

tumultuando nel suo palazzo (165 1), a udire i loro reclami. L'abate Chan-

poi arcivescovo di Parigi, voleva dissuaderlo dall' esporsi


:

a questo pericolo
il

Jeune homme, rispose

il

fiero magistrato,

y a plus loin que vous ne pensez du poignard d'un sditieux au cur d'un honnte homme, e scese. I tumultuanti gli si scagliarono contro con ingiurie e minacele
:

ma

egli,

senza perdere la
fatti

calma, ordin loro di escire, altrimenti

gli

avrebbe

impiccare;

ed

essi

uscirono intimiditi dalla sua intrepidezza [Ncuv. hiogr, ge-

risposta

par F. Didot frres, to. XXXV, col. 826). Ma questa non ha alcuna autenticit. Pare che il Mole si limitasse a dire ai sollevati meno drammaticamente ma con pari coraggio Quand vous 7n' aurez tue', il ne vie faudra que six pieds de
nerale
:

terre,

Dei

tristi

pu

dirsi

con Virgilio

209.

Ab

uno

disce omnes.
(Eneide,
II, 65).

ma

veramente Virgilio

scrisse

un poco diversamente, parlando


il

dello

spergiuro Sinone, per la cui fraude


nelle

cavallo pieno d' armati entr

mura

di Troia

Accipe nunc
Disce omnes.

Danaum

insidias et crimine

ab uno

209.

Da uno

conoscili tutti.

[210-213]

Elioni e malvagi

5^

E
neca
210.

delle opere dei tristi,


:

sempre

infallibile

il

giudizio di Se-

Cui prodest scelus,


(L.

is fecit.
a. Ili, v. 500-501).

Ann. Seneca, Medea,

Chiuder citando questi notissimi versi di un autore celebre, che

bene esprimono

il

misto di sentimenti che desta un

uomo

in cui al-

berghino grandi virt unite a grandi cotpe. I versi sono del nostro

Manzoni
211.

Segno

d'

immensa

invidia

di piet profonda,

D' inestinguibil odio, E d' indomato amor.


(Il

Cinque Maggio, ode).

13.

Casa

servi

In questo paragrafo assai parco


salutato la casa con le parole della

il

mio contributo
di

dopo aver

romanza

Faust

2 12. nel

Salve, o casta e pia dimora.


di J.
;

melodramma omonimo, parole


(atto III,
se.

Barbier

M. Carr,
ri-

musica di Gounod
francese
:

il

libretto originariamente

lo tradusse in italiano Achille


il

de Lauzires), non so

cordare che

classico distico

213. Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed

non

Sordida: parta

meo

sed tamen aere domus.


al

210. Autore del. delitto colui

quale esso giova.

213. Piccola questa casa,

ma

sufficiente per

me, nessuno
i

vi

ha

ragioni sopra, pulita, infine stata fatta con

miei denari.

52

Chi V ha detto

[2

4-2

5]

Questa iscrizione fu
ch'egli
si

fatta

porre da

Lodovico Ariosto

sulla casa

era fatta costruire in Ferrara, nella contrada di Mirasole.


il

Ce ne ragguagliano

Pigna

{I

Romanzi, ne' quali della pcesia


il

et

della vita dell' Ariosto sitarla, Venezia, 1554) e

Garofolo

nella

Vita dell' Ariosto che precede alcune edizioni del Furioso

dopo

quella del 1584. Questo distico che fino ai tempi del Garofolo citato
si

leggeva nel fregio dell'entrata della .stessa casa, ne fu poi


e quando scriveva il Barotti nel 1741, diceva un gran pezzo che non v'era pi. Ma in tempi recenti vi
la

tolto anticamente:

essere
fu

rimesso entro una fascia sopra


la facciata.

porta d'ingresso che corre

lungo tutta

Per
anche

servi

ho due

frasi,

una antica

una moderna,

ma ambo

adatte a confermare la universale opinione, su cui piacevoleggia


il

nostro

De

Amicis
l'

nella

Olanda
:

(cap. di

Delfi : ediz. Bar-

bra, 1874, pag. 139):

antica dice

214.

Quot

servi, tot hostes.


(Paulus Festus, De verhorum
ed. Mller, pag. 261).

significatione,

antico adagio che


esse quot servos,
pit,

Seneca

[Epist. 47, 5) cita cos:

Totidem hostes
I, ca-

ed ugualmente

Macrobio

{Sattem., Hb.

II, 13);

e la

moderna

215.

On n'est j amais si bien servi que par soi-mme.


(Etienne, Brueis
et

Palaprat,

se. 2).

Anche
(act II,

nella
sc.

commedia

di

Collin d'Arleville,

V inconstant

3):

....

Mon

systme

Est qu'on

serait

heureux de

se servir

soi-mme.

Lo
vuole-

stesso ripetono

proverbi nostrali. Chi vuole vada, chi non


di

mandi

(che era
lui),

motto favorito
ovvero. Chi
il

Garibaldi,
s,

e stava cosi

bene in bocca a

fa da

fa per

tre; laonde

saviamente avvertiva

re

Salomone

nella Bibbia che

214. Tanti servi, tanti nemici.

[216-219]

Casa

e serv

53

216. Si est tibi servus fidelis, sit tibi quasi

anima
v. 31).

tua; quasi fratrem sic


Del resto
battere con

eum

tracta.
XXXIII,

{Ecclesiastico, cap.

agli ostinati denigratori della classe servile, si

pu

ri-

Petronio Arbitro:

217.

Qualis dominus,

talis et servus.
{Satyrico7i, 58).

14.
Compagnia, buona
L'uomo
in

e cattiva

animale socievole per eccellenza, e se pure alcuni mi-

santropi sfuggono studiosamente ogni compagnia per rinchiudersi

una completa

solitudine,

pi la pensano invece come

il

poeta

latino,

218.

Tristis eris si solus eris.


(Ovidio, Remdia Amoris,
v. 583).

Una
flesso

lieta

compagnia
al

sempre di sollievo

all'

anima, e per

ri-

anche

corpo

specialmente nelle noje dei lunghi e faticosi

viaggi,

dove

219.

Comes facundus(?jucundus)in via pro vehiculo


[est.

(PUBLiLio Siro, Mimi, n. 104, ed. WlfBin et Ribbeck; n. C. 17, ed. Meyer).

Ma

bisogna andare cauti nello scegliere


alle

propri compagni, e

per prima cosa procurarseli adatti

occupazioni attuali, che

216. Se hai
talo

un servo fedele, come un fratello.


il

ti

sia caro

come l'anima

tua; trat-

217. Quale 218. Sarai 219.

padrone, tale anche

il

servo.

triste se sarai solo.

Un compagno
vettura.

facondo

{p faceto) ti

serve in viaggio quasi di

54

Chi l'ha detto?

[220-224]

2 20.

....

Nella chiesa
e.

Co' santi, e in taverna co' ghiottoni.


(Dante, Inferno,
e poi fuggire,
si

XXII,

v.

14-15).

come

dal fuoco,

tristi

compagni, dai quali niente

guadagna, giacch
1.

22

Corrumpunt bonos mores colloquia mala.


(Ej>ist. S.

Pauli ad Corinthios,

I,

cap.

15, v. 33).

la Bibbia che ce ne

ammonisce; ovvero come scrive Tertul:

liano [Ad uxor.,

I, 8)

Bonos corrumpunt mores congresstis mali.

222. Trs faciunt collegium.

una massima giuridica che


Io) attribuisce a
(vissuto

il

Digesto (87,

De
e

verhcr. s'gni/.,

50,

Nerazio Prisco,
l'anno 100

console e giureconsulto

romano
tuita

verso

dopo C),

che originaria-

mente vuol

dire che

una

societ per essere giuridicamente costitre individui


:

deve constare almeno di

si

usa molto a pro-

posito per le compagnie di tre persone che sembrano pi complete


e pi geniali di quelle pi in troppi

numerose o meno.
e
il

Infatti certo

che

non

si

sta

mai bene,

proverbio non a torto dice:

Poca brigata

v.'ta

beata.

Ma

qualche volta anche a essere in troppo

pochi non prudente; occhio dunque anche ad altre pericolose

compagnie, pi pericolose della solitudine, o della molta compagnia, che

non

vi accada

come

a Paolo e a Francesca, ai quali po:

scia increbbe di aver potuto dire di s

223.

Soli

eravamo

e senza alcun sospetto.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v.

129).

Inoltre, se trista e pesante la solitudine, altrettanto talvolta della

pu

dirsi

compagnia

come

scrisse

il

Leopardi

ne' suoi

Pensieri :
2 2^.

Nulla pi raro

al

mondo, che una persona

abitualmente sopportabile.
221.

Le

cattive pratiche
il

corrompono

buoni costumi.

222. In tre formano

collegio.

[225-228]

Condizioni e sorti disuguali

55

15.

Condizioni e sorti disuguali

Fortuna non
gli

equa dispensiera de' suoi favori

ai viventi, ci

che

antichi Greci significavano gi con

un adagio comune:

225.

Non

cui vis

homini contingit adire Corinthum.


(Orazio, Epistola,
lib. I,

epist.

XVII,

v.

36).

adagio, che anche per gli antichi era di incerta origine, poich al-

cuni ne davano ragione dicendo che

l'

ingresso nel porto di Corinto

era molto difficile (Apost., 13, 60), altri che la vita dissoluta che
vi si

menava, rendeva

difficile

a chi non fosse ben provvisto di


la citt offriva

danaro, di godere dei piaceri che

(Zenob.,

5,

37;

Diogenianus,

7,

16).
si

E
226.

in senso morale

dice ugualmente che

Non ex omni
non a

ligno Mercurius.
p. 48, ed.

(Afulejus, De Magia,
vale a dire che
i

Bipont. 1788).

tutti

si

adattano
idoli

gli onori,

come non

tutti

legni erano

buoni per levarne

da adoiare.

la stessa dis-

parit si

ha tanto nel bene quanto nel male, perci


:

227.

Duo quum idem faciunt, saepe ut possis dicere Hoc licet impune facere huic, illi non licet.
(Terenzio, Adelphi,
a.

V,

se. 3, v. 827-828).

Vi sono

prediletti della sorte,

vi

sono quelli che

il

fato fin
fra

dalla culla volle felici, perch aprirono gli occhi fra gli agi,
gli

onori, e innanzi a tutti

vanno coloro che possono vantare

228.

Magnanimi lombi.
(Pakini, // Mattino,
v. 2).

225.
226.

Non Non

a tutti dato di andare a Corinto.

da qualunque legno
ti

si

pu levare un Mercurio.
:

227. Spesso

accadr di dire, quando due fanno la stessa cosa

Ci

che questi pu lare impunemente, non lecito all'altro.

56

Chi l'ha detto?

[229-231]

La

frase del

Parini che cantava:


te

Giovin signore, o a

scenda per lungo


il

Di magnanimi lombi ordine


Purissimo, celeste....

sangue

La

disuguaglianza delle condizioni continua per tutta


ci

la vita,

bench

sia chi voglia ribellarvisi e

proclami

1'

uguaglianza per-

fetta degli

uomini, e gridi che

229.

Les grands ne sont grands que parce que nous sommes genoux: levons-nous!

motto adottato da Prudhomme come epigrafe pel suo giornale Les


Rvolutions de Paris di cui
il

primo numero usc nel

luglio 1780.

La

frase,

che alcuni attribuiscono a Vergniaud, invece di Loudi

STALOT, principale redattore del giornale

forse s'ispir a qualcosa di simile detto nel

Prudhomme, e che 1652 da DUBOSCQlibellisti

MoNTANDR, uno
Con
forto ai tutto questo

dei pi

fecondi e pi furiosi

della

Fronda, in un suo libretto intitolato Le point de


il

l'ovale.

mondo va sempre come

prima, e unico con-

meno

fortunati di pensare che le Sacre Carte promettono

loro largo guiderdone, poich

230. Multi

autem erunt primi novissimi,

et novis-

simi primi.
(Vang, di S. Matteo, cap. XIX, v. 30 Vang, di S. Marco, cap. X, v. 31 Vang, di S. Luca, cap. XIII, v. 30).

E anche

nello stesso Vangelo di S. Matteo, cap.

XX,

vers. 16:

231. Sic erunt novissimi primi,


simi: multi
electi.

et

primi novis-

enim sunt

vocati,

pauci vero

Del

resto la

morte accomuna

tutti, e

bench

il

fasto voglia ta-

lora differenziare le

tombe del

ricco e del potente

da quelle del

230. Molti fra 231. Cos


i

gli

ultimi saranno

primi, e fra

primi

gli ultimi.
i

primi saranno
molti sono
i

gli ultimi, e gli

ultimi saranno

primi:

infatti

chiamati,

ma

pochi

gli eletti.

[232-233]

Condizioni e sorti disiiguali

57

povero e oscuro, pure

la vicissitudine fatale delle cose

sconvolge

anche questi superbi progetti e spesso

232.

Dietro r avello

Di Machiavello

Dorme
Di

lo scheletro

Stenterello.
(Giusti, // Mementomo,
str. 2).

I commentatori del Giusti illustrarono

questa immagine nar-

rando che effettivamente nel chiostro di S. Croce a Firenze, sul

muro dove corrisponde internamente il monumento al Machiavelli, di cui ho detto pi sopra, vi fosse a' tempi del Giusti un'epigrafe a
Luigi Del

Buono

(m.

il il

1832) che fu l'inventore della maschera

dello Stenterello.

Ma

Del Buono sotterrato nella chiesa

fio-

rentina detta di Ognissanti, e precisamente nell' atrio del chiostro

che ha

la

porta d' ingresso del fianco destro della chiesa, e in altra

parte mette al famoso Cenacolo del Ghirlandaio. L' iscrizione che


vi si legge fu fatta, pare, dallo stesso

Del Buono, nel 1826 (Rasi,

I comici italiani

y q\.

I,

pag. 746).

lo.
Conforti nei mali. Bicordo del bene passato

L* egoismo che forma

il

fondo del carattere umano, anche presso


si

gl'individui pi miti ed equilibrati, fa

che potentissimo conforto

nei mali sia l'aspetto del male altrui.


Il dettato

233.

Solamen miseris

socios habuisse

malorum.

233.

un conforto per

miseri di avere dei compagni di sventura.

58

Cht L'ha dettoci

[234-237]

antico e proverbiale e

da alcuni attribuito a Dionisio Catone


lib.

ma non

vi si trova.

Spinoza tx^ Etica (177,


mentre
il T^cjz^j-z'z^j-

IV,

57) gi

lo cita in questa forma,

del

Marlowe (1580) dice:


doloris
degli anni

Solamen miseris socios habuisse


e

una cronaca pugliese

di

Domenico Gravina

1333-50

(nella

Raccolta di varie crcniche

ecc., Napoli, 1781, voi. II, pa-

gine 220) lo cita in forma affatto diversa con le seguenti parole:

iuxta illud

verbum poticum gauditan


:

est 77iiseris socios hatcisse

panarum. Anche pi
satori

egoistica

1'

altra sentenza del pi scettico fra

pen-

moderni:

234.

Nous avons tous


les

assez de force

pour supporter

maux

d' autrui.
(Maximes de

La Rochefoucauld,

XIX).

Nel Trionfo d'Amore


nisba
si

del

Petrarca

(canto IV, v. 83),

Sofo-

conforta della caduta di Cartagine ricordatale dal Petrarca

stesso, dicendo che

235.
cui

S' Affrica pianse, Italia


il
:

non ne

rise.

potremo contrapporre

236.

Se Messenia piange, Sparta non ride.


nella tragedia

di

Vincenzo Monti
i

Aristodemo

(a. II, se. 7).


1'

E perl'al-

ci gli sventurati facilmente si consolano, narrandosi

un con
dirsi

tro

loro mali, e compiangendosi a vicenda, ci che

pu

con

un verso

francese:

237.

Et ces deux grands dbris


entre eux.

se

consolaient

A
gine,

proposito di questo verso, che

si

trova nel canto

IV

e Jar-

dins di Delille, e allude a Mario ramingo fra le rovine di Carta-

Chamfort narra un grazioso aneddoto nei suoi Caractres

et

portraits :

[238]

Conforti nei

inali,

ecc.

59

On

disputait chez

madame de Luxembourg

sur ce vers de

l'abb Delille:

Et

ces

deux grands dbris se consolaient entre eux.


le bailli

On

annonce

de Breteuil

et

madame de la Revnire:
si

Le

vers est

bon,
il

dit la

marchale.

Talora
forto se

presente cosi doloroso che non


il

pu trovarci con-

non rimovendone

pensiero e quasi imponendo a s stesso


il

d' ignorarlo, e

questo significa

verso italiano

238. Grato
di cui ecco
la

m''l sonno e pi

l'esser di sasso.
ornata

origine.

Michelangelo Buonarroti aveva


il

sepoltura di Giuliano de' Medici, da lui fatta in S. Lorenzo a

Firenze, di due statue,


in special

Giorno e

la
il

Notte, mirabili ambedue,

ma
non

modo
unica.

la

seconda, che

Vasari chiam

statua

rara,

ma
si

Perch da persone dottissime furono in lode

sua

fatti

molti versi latini e rime volgari,

come

questi, de' quali

non

sa l'autore

[ma

Gian Battista Strozzi]:


s

La Notte, che

tu vedi in

dolci atti

Dormire, fu da un angelo scolpita In questo sasso; e perch dorme, ha vita;


Destala, se

no

'1

credi, e parleratti.

L*

quali in persona della Notte rispose Michelangiolo cosi

Grato m' *1 sonno, e pi 1' esser di sasso, Mentre che '1 danno e la vergogna dura.

Non

veder non sentir m' gran ventura ;


:

Per non mi destar

deh parla basso.

(Vasari, Vita di M. A. Buonarroti).

Michelangiolo alludeva al lacrimevole stato d' Italia in quel tempo


correva infatti
tue,
1*

anno 1529, ed

egli,

mentre lavorava a quelle

sta-

muniva Firenze minacciata d'assedio.


soprattutto doloroso nei giorni della sventura
il

Ma

ricordo

del passato bene.

Soavemente

lo

aveva gi detto

il

nostro maggior

poeta in quei dolcissimi versi:

00

Chi l'ha detto?

[239J

239.

Nessun maggior dolore Che ricordarsi del tempo felice


Nella miseria.
(Dante, Inferno,
e.

V,

v. 121-12.^).

Queste parole furono musicate da Gioacchino Rossini e introdotte nQV Otello


(a.

Ili, se. i).

Le canta dentro

le

scene un gon-

doliere che passa sotto le finestre della

stanza ove piange

De-

sdemona.

Dsde?nona.O come in fino al core Giungon quei dolci accenti! Chi sei che cos canti? Ah! Lo stato mio crudele.
Emilia.

tu

rammenti

un gondoliere, che cantando inganna cammin sulla placida laguna Pensando a' figli, mentre il ciel s'imbruna.
Il

Questo piccolo recitativo magistralmente istrumentato


fetto prodigioso.

di

un

ef-

Alfredo de Musset nella poesia


tro
il

Un

souvenir ha protestato con-

giudizio del Divino Poeta:

Dante, pourquoi dis-tu qu'il n'est pire misre

Qu'un souvenir heureux dans des jours de douleur?


Quel chagrin
t'a dict cette parole

amre,

Cette offense au malheur?

Et

c'tait Franoise,

ton ange de gloire.

Que

tu pouvais donner ces mots prononcer;

Elle qui s'interrompt, pour conter son histoire,

D'un

ternel baiser?

ma

egli stesso,

in un' altra poesia {Le Satile) con la solita con:

traddizione dei poeti e degli innamorati, aveva scritto

coute, moribonde!

il

n'est pire douleur


les

Qu'un souvenir heureux dans

jours de malheur.

Stimatio Balbi pubblic nell' 'AvaToXT] di Sira una nuova interpretazione di questi versi, che fu poi esposta da Francesco

Di

Manto

in

un opuscolo stampato a Corfu

nel 1891, e che

li

rende

[240-245]

Conforti nei mali,

ecc.

6t

psicologicamente pi veri. Secondo

il

Balbi miseria non significa


derivante da privazione

semplicemente sorte avversa, o dolore


dell'

oggetto piacevole,

ma

propriamente una sciagura persistente


ossia

e resa
fatti

perennemente

sensibile,

una sciagura
il

positiva. In-

a ognuno generalmente cagione di dolore

confronto che

destano

240.

Il

ben passato e

la

presente noia!
(Tasso, Aminta,
a. II, se. 2.

Cosi doveva soffrire atrocemente nella


t'

triste solitudine di

San-

Elena Napoleone

il

Grande, quando

241.

Stette, e dei d

che furono
Il

L'assalse

il

sovvenir.
(Manzoni,
Cinque Maggio, ode).

e si spiega la lacrimosa apostrofe del buffone Rigoletto, che alla


figlia

interrogante della

madre risponde

242.

Deh non

parlare al misero
bene....

Del suo perduto


di Gius.

(Rigoletto, melodr. di F.

M. Piave, mus.

Verdi,

a. I, se. 9).

Da

altre

opere musicali del Cigno di Busseto tolgo queste altre

citazioni di

argomento analogo:

243.

Addio del passato Le rose del volto


la celebre

bei sogni gi sono


memorie

ridenti,

pallenti.

che

romanza
(a.

di Violetta

morente nella Traviata, pa-

role di

F.

M. Piave

Ili, se. 4);

244.

dolcezze perdute! o
(Un

D' un amplesso che mai non


Somma,
a. Ili, se.
1).

s'

obliai...

ballo in maschera, parole di

Antonio

245.

Ora

e per

sempre addio, sante memorie!


(Otello,

dramma

lirieo di

Arrigo Boito,

a. II, se. 5).

62

Chi l'ha detto?

[246-248]

Alla citazione del Civqtie


cinarsi la seguente del

Maggio

fatta
:

poco sopra pu ravvi-

medesimo autore
al

246.

Sempre

pensier tornavano
(Manzoni, Adelchi, coro
dell'atto IV).

G' irrevocati d.

La
giorni

interpretazione di questi versi fu soggetto di lunga e ancora


\

insoluta polemica fra coloro che intendevano per d irrevocati

che

li

non potevano pi tornare, e gli spiegavano come memorie non richiamate n desiderate
felici

del passato che

altri

per-

ch incresciose. Alcuni fra

principali articoli usciti in quella di-

scussione nei giornali letterari italiani del 1886 e 1887 (ne conosco circa una trentina
!

tutti vollero dir la loro)

furono riprodotti

nel volume di Guido Mazzoni, Rassegne letterarie

(Roma, 1887).

La Bibbia

ci

d un bellissimo esempio

di

pazienza nel sop-

portare la sventura, quello di Giobbe che caduto dall' apogeo della


prosperit nella pi profonda abiezione,

trova nella religione

il

conforto a' suoi mali

247.

Nudus
et

egressus

sum de

utero matris meae,

nudus revertar
abstulit;
est.

illuc;

Dominus
ita

sicut

Dominus dedit, Domino placuit,


yoh,
cap.
I,

factum

{Bibbia,

v. 21).

17.
Consiglio, riprensione, esempio

248.

On

ne donne rien

si

libralement que ses

conseils.
(La Rochefoucauld, Maximes,
CX).

247. Ignudo uscii dal seno di mia madre, e ignudo torner laggi. Il Signore avea dato, il Signore ha ritolto; le cose

sono andate come ha piaciuto

al

Signore.

[249251]

Consglio, riprensione, esempio

perch molto pi comodo, per soccorrere

altrui, aprire la

bocca

che aprire.... per esempio,


I consigli poi

la tasca.
il

hanno non solo


facili,

vantaggio di non costar niente,

ma

anche quello di esser

infatti

249.

La

critique est aise, et l'art est difficile.


(Destouches, Le Glorieux,
a. II, se. 5).

Ma

non sempre
i

il

consiglio gradito a tatti. Il

Metastasio

cos

rimprovera
dei savii:

giovani inesperti ed insofferenti delle ammonizioni

250.

Alme incaute, che torbide Non provaste le umane


Ben
Il

ancora
vicende.

lo

consiglio d'

veggo, vi spiace, v'offende un labbro fedel.


;

Confondete coli' utile il danno Chi vi regge chiamate tiranno,


Chi vi giova chiamate crudel.
[Achille in Scire,
a.
I,

se. 7).

chiaro che

il

biasimo a

tutti

naturalmente spiace, e per ren-

derlo tollerabile se

non

gradito, occorre

una certa

arte;

da questo

ha avuto origine

il

motto che stato applicato

alla satira:

251.

Castigat ridendo mores.


il

L'autore di questa frase

letterato francese

Jean de Santeuil
la

(1630-1697), che la improvvis per un busto del celebre arlecchino Domenico Biancolelli, chiamato in Francia con
pagnia di comici
italiani dal card.

sua comraccon-

Mazarino.

Il fatto cosi

tato negli Anecdotes

dramatiques ^

to. I (Paris, 1775), a pag.

104:
:

L'ancienne Troupe Italienne avoit eu pour devise ces paroles

Castigat ridendo mores; et voici

comment

elles furent
le rle

donnes

par Santeuil au clbre Dominique, qui jouoit

d'Arlequin

dans cette troupe. Cet acteur avait envie d'avoir des vers latins

251, Corregge ridendo

costumi.

6^.

Chi V ha detto?

[252-253]

de Saateuil, pour mettre au bas du buste d'Arlequin qui devoit


dcorer l'avant-scne de la Comdie Italienne. Sachant

que

le
le

pote ne vouloit pas se donner la peine d'en faire pour tout

monde,

il

imagina ce moyen pour en obtenir.

Il s'habilla

de son

habit de thtre, avec sa sangle et son pe de bois, prit un manteau qui le couvroit jusqu'aux talons
;

et

ayant cach son petit


il

chapeau,

il

se mit'

dans une chaise porteur. Quand


il

fut la

porte de Santeuil,
terre;
et

heurta;

en entrant
il

il

jeta

son manteau

ayant pris son petit chapeau,


la

courut sans rien dire,


plai-

d'un bout de

chambre

l'autre,

en faisant des postures

santes. Santeuil tonn d'abord, et ensuite rjoui de ce qu'il voyoit,

entra dans la plaisanterie, et courut lui-mme dans tous les coins

de sa chambre

comme

Arlequin; et puis

ils

se regardoient tous

deux, faisant des grimaces pour se payer de la

mme

monnoie.

La

scne ayant dur un peu de temps, Arlequin leva enfin son


et ils

masque:

s'embrassrent avec la joie de deux amis qui se refit

connoissent et sont charms de se revoir. Santeuil lui

sur le
fort

champ
satisfait

ce demi-vers

Castigai ridendo mores, et


et

le

renvoya

de sa complaisance

de sa bonne humeur.

La

frase

fu poi adottata

come motto
co7nique,

dei

due

teatri
si

parigini,

la

Ccine'die

Italienne e

l'

Opra

e in Italia

leggeva sulla vlta del

San Carlino
capo a chi

di Napoli, fondato nel 1770.

Attenti per a

la gitt,

non biasimar troppo, che la pietra non o, per dirla col Petrarca,
altrui

ricada sul

252. Tal

biasma

che s stesso condanna.


I, v.

(Petrarca, Trionfo d'Amore, canto


cio alcuni, biasimando gli
altri,

118).

vengono a condannare
il

s stessi.

Per se buono
rare,

il

consigliare, migliore talvolta


l'

rimprove-

ma

ottima cosa

insegnare con

l'

esempio

253.

Longum iter est per preecepta, breve et efficax


per exempla.
(Seneca
il

giovane, Epistole, ep,

6, 5).

253. Lunga la via dell'insegnare per mezzo della teoria, breve ed efficace per mezzo dell' esempio.

[254-257]

Contentarsi della propria sorte

65

18.

Contentarsi della propria sorte

Il

consiglio migliore che su questo soggetto abbiano dettato


antichi, la sentenza di

tlosofi

Manilio {Astronomica,

4,

22)

254.

Sors est sua cuique ferenda.


Metastasio
in

che ben tradusse l'abate Pietro

uno

dei suoi

melodrammi

255.

Debbono

saggi
{Temistocle ,

Adattarsi alla sorte.


a.

I se. 3).

Tutti,

almeno a parole, vantano quella

256.
cantata da

Aurea
Orazio

mediocritas.
io, v.

{Odi, lib. II, od.

5-6) nei versi:

Auream

quisquis mediocritatem

Diligit....

e consigliano anzi ( cos facile di consigliare in causa altrui!) solo di contentarsi del poco,
l'

non
al-

ma

addirittura di preferire

il

poco

assai,

dicendo:

257.

....Laudato ingentia rura,

Exiguum

colito.
(Virgilio, Georgiche^
lib. II, v.

412-413).

254. Ciascuno ha da sopportare pazientemente la sua sorte.


256. Aurea mediocrit. 257.

Loda

grandi poderi,

ma

coltivane

uno

piccolo.

66

Chi V ha detto?

[258-259]

che

Columella {De

re rustica, lib.

I, 3, 8)

chiam preclara noda


il

stri poetcB sententiay e che secondo Servio era stata detta pure

Catone
figlio.

in quel trattato dell' agricoltura, eh' egli

compose per

Altri
in

raccomandano

di causare onori,
:

fama

ecc. e di vivere felice

una onesta oscurit

258.

Bene qui
Orazio
vixit

latuit,

bene

vixit.
lib. Ili,
el. 4, v. 25),

(Ovidio, Tristium,

o,

come

disse

{Eptst., lib.

I,

ep.

17,

io):
fefellit.

Nec
L' uno e
!.)aas,
l'

male qui natus moriensque

altro inspirandosi certamente alla greca sentenza

AocOs

che vuoisi di Epicuro.


li

Ma
rola?

che avrebbero detto questi poeti se

avessimo presi in pai

Che pochi

poi, troppo pochi,

ne seguissero

consigli,

mo-

stravano di accorgersi essi pure; donde la famosa interrogazione:

259.

Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem Seu ratio dederit, seu fors objecerit, illa
Contentus vivat, landet diversa sequentes ?

che sono

primi versi della prima Satira di Orazio.

258. Bene visse chi seppe vivere nella oscurit. 259. Come succede, o Mecenate, che nessuno viva contento di
quella condizione eh' egli stesso
dette,
si

scelse o che

il

caso

gli
?

e invida invece coloro che le altre abbracciarono

[260-261]

Coscienza,

g astig o dei falli

67

19.

Coscienza, gastigo dei

falli

Il tristo

ha da rendere

conti del suo

mal

fare

prima

di tutto

alla propria coscienza,

che non in

tutti di facile contentatura,

260.

Grave

ipsius conscientiee pondus.


(Cicero, De natura deorum,
III, 35).

essa che comincia a far le vendette dell'offeso, essa che


il

molte volte spinge

colpevole a tradirsi da s medesimo,

come

narrato nella splendida ottava

dell'ARlosTO
si

261. Miser chi

mal oprando
il

confida
;

Ch' ognor star debba

maleficio occulto

Che, quando ogn' altro taccia, intorno grida


L' aria e la terra istessa in eh' sepulto
:

E
Il

Dio
s

fa spesso

che

'1

peccato guida

peccator, poi eh' alcun d gli

ha

indulto,

Che

medesmo, senza altrui Inavvedutamente manifesta.

richiesta,

{Orlando Furioso,

e.

VI,

ott.

1).

^fa pur troppo

ci

sono anche molti nei quali ogni voce interna

ccusatrice tace, e che la malizia pi sottile sottrae alla punizione

umana. Sfuggiranno

essi

pure a quella celeste?


citare, ci
il

giudicarne da

qualche caso che ognuno di noi pu


si
:

sarebbe da dire di
sbato

ma

il

proverbio dice che


:

Dio non paga

e gi gli

antichi

usavano ripetere che

260. Grave

il

peso della propria coscienza.

68

Cht

V ha detto?

[262-266]

262.

Dii lanatos pedes habent.


(Petronius Arbiter,
Comment,
in Sat. 44 fine -

Porphyrius.

Hor. carmina,

III, 2, 32).

e anche:

263.

Deos

iratos laneos

pedes habere.
lib. I,

(Macrolsius, Saturn.,
Il

cap.

8,

5).

nostro maggior Poeta cos rese lo stesso concetto

264.

La spada

di

quass non taglia in

fretta,

tardo, ma' che al parer di colui


l'aspetta.
e.

Che disiando o temendo


cio la giustizia di
se

(Dante, Paradiso,

XXII,

v. 16-18).

Dio non sembra troppo


fuorch) a colui ecc.

sollecita

n troppo tarda
altri-

non {ma' che

^^.x
:

Ed

il

Metastasio

menti comment

265.

Tardi a punir discendi,

O O

perch perch

il
il

reo s'emendi;

giusto acquisti
soffrir.

Merito nel

(Sani' Elena al Calvario, parte prima).

Air ordine medesimo


d' incerto autore:

d' idee si annette

la

sentenza scolastica

266.
cui
si

De male

quaesitis vix

gaudet

tertius hseres.

suole aggiungere:

Nec habet eventus sordida

praeda bonos.

e che forse proverbio latino medievale.

Lo

si

trova registrato nel

Thesaurus proverbalium sententiarum uberrimus congestus per


Jo.

BucHLERUM

(Coloniae, 1613), a pag. 200, e anche altrove.

262. Gli dei hanno

piedi calzati di lana \ossta

raggiungono

il

colpevole senza farsi sentire].

263. Gli di sdegnati hanno

piedi calzati di lana.


il

266. Delle cose male guadagnate appena gode

terzo erede.

[267-270]

Coscienza, gastgo dei falli

69

In ogni

modo

antichi e

moderni parrebbero

d' accordo a rassi-

curarci su questa giustizia divina, la quale tosto o tardi


cogliere
dia,
il

dovrebbe

peccatore,

e dargli

il

fatto

suo senza troppa misericor-

se si presta fede

ad alcuni

versetti biblici notissimi:

267.

Oculum pro

oculo, et

dentem pro dente.


(Esod, cap.

XXI,

v. 24).

268. Vidi

impium superexaltatum et elevatum sicut


non est inventus locus ejus.
(Sahno

cedros Libani. Et transivi, et ecce non erat:


et qusesivi eum, et

XXXVI,

v. 35-36).

269.

Super aspidem et basiliscum ambulabis: conculcabis leonem et draconem.


(Salmo XC,

et

v. 13).

270.

Per quae peccat quis per haec

et torquetur.
17).

(Sapienza, cap. XI, v.

A proposito

di quest' ultimo, se
sia

non

irriverenza ravvicinare la
i

Bibbia a Stecchetti, mi
stimenti del Cinque
di

concesso citare di uno fra

tanti travela

Maggio^ composto dal GuERRiNi per

morte

Napoleone III

col titolo

IX Gennaio

(1873),

^"^^ versi seguenti:

Dove

pecc, l'Altissimo
il

Punisce

peccator.

Vero

che qualche scettico potrebbe ripeterci

il

verso di uno

scrit-

267. Occhio per occhio, dente per dente.

268. Io vidi

r empio

a grande altezza inalzato,

come

cedri del

Libano.
si

E
il

passai,

ed

ei

pi non era, e ne cercai, e non


basilisco: e calpesterai

trov

luogo dov'
dragone.

egli era.
il

29. Camminerai sopra l'aspide e sopra


il

leone e

il

270. Per l dove l'uomo pecca, egli sar punito.

70

Chi V ha detto?

[271-273]

tore,

meno

autorevole certamente della Bibbia,


il

il

commediografo

Molire,

quale avrebbe detto che

271. Il est avec le ciel des

accommodements.
cos, bens scrisse nel

ma

veramente Molire ion scrisse proprio


:

Tartuffe, atto IV, se. 5

Le

ciel
il

dfend, de vrai, certains contentements:


est,

Mais

avec

lui,

des accommodements.
gl' ipocriti,

Egli dunque parlava di certe comode transazioni che


simboleggiati nell* immortale Tartuffo, fanno
scienza,

con

la

propria co-

ma non

os dubitare della giustizia divina, e del gastigo


le loro colpe, se

che

rei

dovranno finalmente ricevere per

non
pa-

altro nel terribile giorno del giudizio finale. Si allude a questa cre-

denza cristiana ripetendo usualmente, anche in altro senso,


role latine

le

272.
che sono
il

Dies
primo verso
iiidicii,

irse,
di

dies

ilia.

un inno

liturgico, cui si

d
al

il

titolo

spurio In die

attribuito

con grande probabilit

B.

TOM-

MASO DA Celano,
verso
il

discepolo di S. Francesco d'Assisi, e morto

1275 a Tagliacozzo. La sequenza che descrive con mirail

bile realismo

giorno universale, fu introdotta


;

fin dai

primi tempi
:

nella

messa

de' defunti

e questo faceva dire al

Giusti

273.

Tra

salmi dell'Uffizio
il

C' anco

Dies irae:

O
Il

che non ha a venire


giorno del giudizio?
{La terra dei morii,
str,
15).

272.

Il

giorno dell'ira, quel giorno....

[274-27^]

^'^-^^

siche

20.

Cose fisiche

Riunisco in questo paragrafo un mazzetto di citazioni spettanti


al

mondo

fisico.

Comincio dal
il

cielo per poi scendere in terra

metto per primo

Sole, che

Dante chiam

274.

Lo ministro maggior della Natura, Che del valor del cielo il mondo imprenta, E col suo lume il tempo ne misura
(Paradiso,
e.

X,

v. 28-30).

poi l'astro delle notti, a cui


litico

un poeta

del nostro risorgimento po-

rivolgeva la patetica invocazione:

275.

Luna, romito, aereo


Tranquillo astro
d'

argento

Come una

vela candida

Navighi il firmamento: Come una dolce amica Per sua carriera antica Segui la terra in ciel.
Cosi comincia l'ode // Prigioniero di GiNio Bazzoni, scritta
nel

1825 per Silvio Pellico

(nelle Poesie di lui, edite

a cura dei

nipoti,

Milano, 1897, pag. 83). Tornando a Dante vi trovjamo

Venere chiamata

276.

Lo

bel pianeta che ad

amar

conforta.
e. I, v.

(Dante, Purgatorio,

19).

(ma Giuseppe Bassi nel Fanfulla della Domenica del 12 novembre 1893, sostiene con argomenti di qualche peso che Dante qui

^2

Chi V na detto?

[277-281]

allude al Sole)
tile

il

colore del firmamento,

l'

azzurro, con la gen-

perifrasi

277.

Dolce color d'orientai

zaffiro.
[Ivi, e. I, V. 13).

Caliamo in
alberi,

terra.

Se innanzi a

te vedi levarsi dei folti e

annosi

puoi chiamarli col


....

Tasso

278.

Ombrose piante
(Gerusalemme liberata,
e.

D' antica selva.


VII, ott.
1).

fra le quali sorger

certamente con altre mille

1'

279.

Arbor vittoriosa, triunfale, Onor d' imperadori e di poeti.


(Pbtkarca, Sonetto in vita di M. Laura, num, CCV secondo il Marsand, in princ; ed. Mestica, num. CCXXV).

ossia

il

lauro. Se poi innanzi ai tuoi occhi

si

stende ampia di-

stesa di

campi verdeggianti,
Il

di prati, ricordati che

280.

divino dei pian silenzio verde.


Giosu Carducci,
Il hove (nelle Ntiove

la fine del sonetto di

poesie)

del grave occhio glauco entro l'austera Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il

divino dei pian silenzio verde.

pure in questo sonetto che

il

Carducci chiama pio


apre
i

il

bove
solchi

[T'

amo

o pio bove .ecc.) che paziente e laborioso e

della feconda terra,

d vita
:

ai

campi, dove non mancher occa-

sione di dire con

Dante

281.

Guarda il calor del sol che si fa vino Giunto alFumor che dalla vite cola.
{Purgatorio,
e.

XXV,

v.

77-78).

[282-287]

Cose fisiche

73

o di ricordare, vedendo
rugiada,
i

al

mattino

le

fronde umide della benefica

versi del

Manzoni:
al cespite

282.

Come rugiada
Fresca negli

Dell'erba inaridita,
arsi

calami

Fa
Certo
li

rifluir la vita.
{Adelchi, coro dell'atto IV).

ricordava

omonimo, parole
se.

Emani nella sua romanza del dramma lirico di F. M. Piave, musica di G. Verdi (atto I,

2),

la

quale comincia:

283.

Come rugiada al D'un appassito


qui per che troverai

cespite
fiore.

Non
284.

Ali the perfumes of Arabia.


Macbeth
di

contentati di trovarli nel

Shakespeare

(atto

V,

se. i).

Intanto fra

gli alberi del

vicino boschetto canter l'usignuolo,


s

285.

Quel rosignuol, che


Forse suoi
figli

soave piagne

o sua cara consorte.

(Petkakca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XLIII secondo il Marsand, v. 1-2; ed. Mestica, num. CCLXX).
o voler instancabile
la

286.
come
suolsi

Rondinella pellegrina.
chiamare dal principio di una notissima canzone di

Tommaso
Visconti^

Grossi, che sta nel cap.

XXVI

del suo

romanzo Marco
;

ed viva tutta nella memoria e nel canto del popolo


altri e adattabili
:

ma

pi vivi degli

a circostanze varie sono

versi

della

seconda strofa

287.

Solitaria neir oblio,

Dal tuo sposo abbandonata.


284. Tutti
i

profumi dell'Arabia.

74

Chi V ha detto?

[288-292]

e della terza:

288.

Scorri

il

lago e la pendice,
l'aria de' tuoi gridi.

Empi

e tutta la strofa quinta:

289.

Il

settembre innanzi viene,

E
Tu

a lasciarmi

ti

prepari

vedrai lontane arene;

Nuovi monti, nuovi mari


Salutando in tua
favella,

Pellegrina rondinella.

Ho
glio

nella

mia bolgetta
la

altre

due

bestie,

un

cane, o per dir

me-

una cagna,

290.

Vergine Cuccia de
dama
fa

le

Grazie alunna.
v.

(Pakini, // Meriggio^
cio la cagnetta della

666 e 668).

del gioviti sigjtore,


nella

la
il

quale per caservitore

gione di

lei

licenzia e

morire

miseria

che

audace col sacrilego pie lanciolla; ed un cavallo,


proprio
quello

che forse

invocato
:

cosi

disperatamente

da Riccardo III,

quando gridava

291.

A horse!
le
i

a horse!

my kingdom

for a horse!
III,
a.

(Shakespeare, Richard

V,

sc. 4).

Lasciamo
che hai
fra
il

cose animate e passiamo alle inanimate. Ogni volta

piedi

una

pietra,

non

si

dovrebbe dimenticare di

chiederne

nome,

se vero che

292.

Nullum
disse

est sine

nomine saxum.
973),
il

come

Lucano {Pharsalia, IX,

quale per altro incollina,

tendeva parlare dei campi della Troade dove non c'era

n rupe, n promontorio che non fosse famoso per qualche


sica

clas-

memoria.

291.
292.

Un cavallo, un Non vi sasso

cavallo!

il

che non abbia

mio regno per un cavallo! il suo nome.

[293-295]

^ose fisiche

75

Se

ti

trovi dinanzi a

una limpida

e fresca

sorgente,

non

di-

menticarti delle

293.

Chiare, fresche e dolci acque.


(Petrarca, Sonetto num. XI secondo
in vita di
il

M. Laura,
v.
1;

Marsand,

ed.

Mestica, canz. XIV).

ch'erano

le

acque della Sorga, affluente del Rodano,


chiude
i

la

quale
sui

insieme alla Durenza non lungi da Avignone


quali nacque e visse Laura.

colli

Dopo
un verso

1'

acqua
di

il

fuoco. Sul quale soggetto

non mi sovviene che

un noto melodramma:

294.

Stride la vampa!...
(//

musica

Trovatore, parole di Salv. di Gius. Verdi, a. II,

Camma r ano,
se.
1).

Ma

questo fuoco terreno; per


:

il

fuoco celeste ho in serbo un

esametro celebre

295. Eripuit cselo fulmen,


composto da
lin,

sceptrumque tyrannis.
un busto
di
;

Turgot perch
di

fosse scolpito sotto

Frankvi

liberatore dell'America e inventore del parafulmine


la

ma

evidente

reminiscenza

Manilio {Astronomicon,

lib. I, v.

104)

Eripuitque ' Jovi fulmen viresque tonandi;


e anche
il

movimento

del verso tolto dall' An tucrezw del Car-

dinale

De Polignac:
Eripuitque Jovi fulmen

Phboque

sagittas.

Il

verso piacque a tutti tranne forse a Franklin che modesta:

mente scriveva a Felice Nogaret


l'lectricit, la

Malgr mes expriences sur

foudre tombe toujours notre nez et notre barbe,

et

quant au

tiran,

nous avons t plus d'un million d'hommes

occups loi arracher son sceptre.

Piacqac forse

al

nostro

Monti

che pochi anni dopo cantava:

295. Strapp

al cielo il

fulmine, lo scettro ai tiranni.

76

Chi

Vha

detto?

[296-298]

296.

Rapisti

al ciel le folgori

Che debellate innante Con tronche ali ti caddero

E
Dal fulmine
soccorre
1'

ti

lambir
(V.

le piante.
al signor di Montgolfier).
;

Monti, Ode
il

alle

nuvole breve

passo

e per le nuvole facile


le

ardita metafora del

Carducci che

chiam

297.

Vacche
O

del cielo.
Canto di marzo, una delle Odi barbare :

La

frase carducciana nel


salienti da'

marini pascoli vacche del cielo, grige e bianche nuvole,


versate
al

piano e

a la

mamme tumide che sorride e verzica selva che mette i primi palpiti.
il

latte

da

le

al colle

Un'
leggi

altra maraviglia della industria

umana,

cio la scoperta delle

meccaniche della leva, era stata magnificata molti secoli prima


:

con una famosa frase

298.

Da ubi consistam, et terram clumque mo vebo.


Archimede
:

che attribuita ad

sull' autorit del

geometra alessan-

drino Pappo. Questi nel frammentario libro Vili dei Collettanei

matematici scrive Ad eandem demostrandi rationem pertinet problema ut datum pondus a data potentia moveatur; hoc enim

Archimedis
tur,

est nventura

mechanicum, quo exsultans dixisse


et

fer-

da mihi, ubi consistam,

terram movebo.
io,

(Pappi Alex.

Collectionis liber Vili, Propos,


lini,

XI, ed. Hultsch, Berotraduzione latina

1878, voi. Ili, pag. 1060-1061).

Ho citato la

dell'

Hultsch

il

testo greco della frase attribuita


jxot

ad Archimede

710

oT) xa xtv) ttjv yyjv.

Chi poi abbia portato

al testo originale le varianti del dettato co-

mune, non

saprei.' Cfr.

in

Buchmann, pag. 360, due

lezioni do-

riche della stessa frase, sull'autorit di Simplicius in Phys., S.

424

a,

ed. Brandis e di
il

Tzetzes, ed. Bekker.


peso

stato fatto

calcolo della leva che occorrerebbe per sollevare

davvero
298.

la terra

con un contrappeso di 200 libbre

inglesi,

il

Dammi un

punto d* appoggio e mover

la terra e

il

cielo.

t^ 99-301]
normale di un uomo
gio a

^ose fisiche

77

e si trovato che,

dato un punto d' appogl'

3000 leghe dal centro


1

della terra,

altro braccio della leva

dovrebbe essere lungo


muoversi con

2 quadriglioni di miglia, e la

sua estremit

la velocit di

una

palla

da cannone per potere smuo-

vere la terra di un solo pollice in 29 bilioni d' anni (Fergusson,

Astronomy

explained). Per cui si detto che Archimede era troppo buon matematico per aver detto una eresia tale ma non si vuole concedere nulla ai primi entusiasmi di un inventore?
;

Ecco
sibile

altre

due sentenze
1'

di filosofa naturale,

che non pos-

scompagnare
1*

una

dall' altra,

bench

la

prima
:

sia

un

vol-

gare errore,

altra

una legge profonda

di verit

299.

Natura abhorret vacuum.


di

Era opinione
alla
altri

Cartesio {Ren Descartes) che l'avrebbe

tolta

scuola Peripatetica.

noto che con essa vole vasi spiegare, tra

fenomeni, anche

il

salire dell'

acqua nelle pompe.

300.

Natura non

facit saltus.
il

impropriamente attribuito da alcuni a Linneo,

quale cosi

disse nella Philosophia botanica (cap.

XXVII), da
scrisse:

altri a

Leib-

nitz, che nei

Nouveaux
Il

essais,

IV, 16,
saut,

Tout va par de invenzione

grs dans la nature et rien


dell'uno n dell'altro.

par

ma non

Fournier {Esprit des autres, eh. VI) rac-

conta infatti di averlo gi trovato come citazione in


tarello:

un

raro scrit-

Discours vritable de la vie

et

mort du gant TheutoVarits historila

bocus (ristampato dal Fournier medesimo nelle

ques et littraires,

to.

IX), a

pag.

247-248 e sotto
e
il

forma:
cita la

Natura

in operationibu^ suts

non facit saltum :


si

Nehry

sentenza di

Meister Eckhart che

trova in Pfeiffer, Deutsche

Mystiker des 14. Jahrh., II, 124: Diu nature bertritet niht.

Questa sentenza veramente sorella

dell' altra

301

{Gigni) De nihilo nihilum, in nihilum nil posse


[re vert i.

299.
290.

La natura ha orrore del vuoto. La natura non procede per salti.

301. Nulla nasce dal nulla, nulla pu tornare in nulla.

78

Chi V ha detto

[302-303]

che di Persio {Satira III, v. 83-84),


gli epicurei
il

il

quale in essa intu con

principio fondamentale
la

della scienza

moderna,

la

indistruttibilit della materia,

conservazione e trasformazione
206) aveva detto:

dell'energia.

Anche Lucrezio
fieri

(I,

Nil igitur

de nihilo posse putandum est


est rebus.

Semine quando opus

il

concetto medesimo, applicato alla generazione delle cose visi

venti,

trasforma nell' altro canone

302.
eh' era

Omne vivum
il

ex ovo.

principio fondamentale delle teorie sulla generazione del

naturalista inglese

Guglielmo Harvey,
vi
si

svolte da lui nelle Exerin questa

citationes de generatione

animalium. Veramente
trova;

forma

precisa la frase
tutto

il

non

ma

il

concetto ne traspare da

libro. Vedasi, per

esempio, questo periodo della Exercit. I:

Nos autem asserimus omnia omnino ammalia, etiam vivipara, atque hominem adeo ipsum ex ovo progigni, primosque eorum
conceptus, e quibus ftus
fiant,

ova qusedam esse; ut

et

semina
dicitur,

plantarum .amnium; ideoque non inepte ab Empedocle

Ovipartim genus arioreum

li

Ho
303.

detto delle cose reali: ora dir dei sogni. Alcuno

chiam:

Immagini

del d guaste e corrotte.


(Batt. Guarini, // Pastor fido,
a. I. se. 4).

Parla

infatti Titiro

Son veramente

sogni.

Delle nostre speranze.

Pi che dell'avvenir vane sembianze,


Dall'

Immagini del d guaste ombre della notte.


si

e corrotte

Che cosa

sogni poi pi volentieri, ce lo dice

il

Metastasio

302. Qualunque essere vivente proviene da un uovo.

[304-307]

Cose fisiche

79

304.

Sogna il guerrier le schiere, Le selve il cacciatori

E
Le
Se

sogna
reti e

il

pescator
(Artaserse,

l'amo.
a. I, se.
6).

si

presta fede agli antichi

(e

anche a qualcuno

fra

moderni)

alcune di queste visioni sarebbero profetiche, poich:

305.

"Ovap ex Acc

axiv.

(Omero,
e per lo

Iliade, lib.

I,

v. 63),

meno sono

divini

sogni della mattina

306. Post

mediam noctem visus quum somnia


(ORAZIO, Satire,
lib, I, sat.

vera.

10, v. 33),

21.
Costanza, fermezza, perseveranza

La

pi semplice impresa che possa adottare un


il

uomo fermo

nei suoi voleri,

307.

Non commovebitur.
famoso giornale ultramontano La Voce della
1831. Era certamente una reminiluoghi delle Sacre Carte, come ben
(i

eh' era la epigrafe del

Verit

liberali

solevano invece chiamarlo L' Urlo della Menzogna)


il
i

pubblicato in

Modena dopo

scenza biblica,

ma

molti sono

305.
306. 307.

Il

sogno viene da Giove.


visione avuta

Una

dopo

la

mezzanotte quando

sogni sono

veri.

Non

si

commover.

8o

Chi V ha detto?

[308-31

1]

s'

intende, dove sono ripetute queste due parole. Citer soltanto

il

Salmo
il

XLV,

vers. 6

Deus
:

in m'odio eins

non commovebitur,

Salmo CXI,

vers. 6

Quia
dell'

in tennitn

non comm.ovebitur.

Qual migliore pittura

uomo

che ha adottato tale impresa

a guida delle azioni sue, che la strofa oraziana:

308.

Justum

et

tenacem propositi virum,

Non civium ardor prava jubentium, Non vultus instantis ty ranni


Mente
E
r uomo che
al pari del

quatit solida....
lib.

(Oka/.io, Odi,

HI, od.

3,

V.

1-4).

Petrarca pu

fieramente dire di s

309.

Sar qual

fui,

vivr com' io son visso.


secondo
il

{Sonetto in vita di

M. Laura, num. XCV, Marsand, comincia: Ponmi


i

ove 7 Sole occide


stica, son.

fiori e

l'

erba; ed.

Me-

ex III).

potr anche sfidare le avversit della fortuna, facendosi contro


di esse

310.

De

la costanza
il

sua scudo ed usbergo.


ode La caduta,
str.

come canta

Parini
se
i

nell'

24:

duri mortali

A
Ei

lui
si

voltano
fa,

il

tergo,
i

contro a

mali.

De
Odasi invece
il

la

costanza suo scudo ed usbergo.

gran tragico inglese,


I, se.

Guglielmo Shakespeare,
conforto di chi soffre
:

che nel Macbeth (atto

3) dice a

311.

Come what come may, Time and the hour runs through the roughest day.

308. L' uomo giusto e tenace di propositi non riusciranno a smuovere dal suo fermo pensiero n il malo furore di prepotenti
cittadini

il

fiero viso di

minaccioso tiranno, ecc.


il

311.

Avvenga che pu, anche


tempo trascorrono.

nel d pi burrascoso le ore e

[312-313]

Costanza, fermezza, perseveranza

81

La perseveranza
consigliata dal

nell' affaticarsi dietro a

uno scopo purchessia

comune

dettato:

312. Gutta cavat lapidem.


che aveva valore proverbiale anche presso
trova in Ovidio,
in
i

latini,

quindi lo
I,

si ri-

476; 314 e IV, 1281 in Tibullo, I, 4, 18; in Seneca, Nat. Qucest., IV, 3, e anche altrove. La bassa latinit al^

Ex

Ponto IV, io,


;

^ ^

De

arte amandi,

Lucrezio,

I,

lung, annacqu e

comment

il

dettato cos

Gutta cavat lapidem, non vi sed ssepe cadendo.


Si faccia attenzione a

non tradurre questo adagio

latino,
il

come

voleva tradurlo foneticamente un ammalato di calcoli

quale con-

fidava di guarire acquistando la gotta, poich gutta cavat lapidem,


la gotta

cava

la pietra!
si

In tempi pi barbari dei nostri

fatto di questo proverbio di

una crudele applicazione, traendone un supplizio dolorosissimo,


cui

non mancano esempi

storici.

In una stanza ad uso di prigione

nell'antico castello dei Conti Guidi a Castel S. Niccol nel Casentino


si

osserva ancora una nicchia praticata nella grossezza del muro,

che ha nella parte superiore un' apertura rotonda a guisa di una


pentola capovolta, con sopra un piccol foro e davanti un finestrino.

Una

tradizione molto accreditata vuole che questa angusta

cripta fosse

un

raffinato strumento di tortura, che


il

si

sarebbe ado-

perato chiudendovi

paziente dopo averne introdotta la testa in

quella specie di canga, per obbligare la persona a

una

perfetta

immobilit, mentre dall'alto e per


in tanto cadrgli sul

il

foro indicato dovea di tanto


illustr.

capo una goccia d' acqua (Beni, Guida

del Casentino, Firenze, 1889, P^g- 216).

La perseveranza

nel lavoro
:

bene espressa dalla classica sen-

tenza (che fu detta per Cesare)

313.

Nil actum credens,

quum

quid superesset
II, 657).

agendum.
(Lucano, Farsalia,

312.

La

gocciola scava la pietra.

313. Parendogli nulla aver fatto se qualcosa ancora restasse a fare,

82

Chi V ha detto?

[3 14-3 19]

314.
era
il

Per angusta ad augusta.


di

motto del Margravio Ernesto

Brandeburgo {morto nel 1642).


Vi.^VC

I frequentatori del teatro lirico


(atto III, se. 3 e 4)

1'

hanno udito spesso


lo introdusse

Emani

ove

il

buon Piave

come parola
le

d' ordine dei congiurati contro Carlo

V.
tra-

Una forma

pi modesta della fermezza nel sopportare

versie e le molestie spicciole, la pazienza che


bistrattava dicendo
:

un famoso romanziere

315.

La pazienza
alla

cosa dura, e conviene meglio del

groppa
(F.

somiere che all'anima


Assedio di Firenze, Introd.).

dell'uomo.
D.

GuE RAZZI,
romana per

La fermezza
raccomanda
di

era virt

eccellenza; e

come Orazio

non

turbarsi innanzi al pericolo,

316.

Aequam memento
Servare mentem.

rebus in arduis
{Odi, lib. II, od. 3, V. 1-2).

cos

Virgilio consiglia

di sfidare arditamente le

mene

dei tristi:

317.

Tu ne cede
le

malis, sed contra audentior ito.


(Eneide,
lib.

VI, v.

95).

e di sopportare
migliore
:

presenti avversit

confidando in

un domani

318. Durate, et

vosmet rebus servate secundis.


{Eneide,
lib. I, v. 207).

come Ovidio ricordando avversit

peggiori:

319. Perfer et obdura: multo graviora

tulisti.
XI,
V. 7).

{Trist., b. II, ti.

314. Per vie anguste ad eccelsi luoghi. 316. Ricordati di serbare nei gravi frangenti mente serena. 317.

Non

cedere dinanzi

ai

malvagi,

ma

opponiti

a loro ardi-

tamente.

318. Perseverate, e serbatevi a migliore avvenire. 319. Sopporta e persevera; cose molto pi gravi sopportasti.

[320-322]

Costanza, fermezza, perseveranza

83

e di

non

lasciarsi
le

smuovere

dalle gravi e savie risoluzioni per le


:

preghiere e

lagrime altrui

320.

Mens immota manet,


inanes.

lachrimae volvuntur
lib.

(Virgilio, Eneide,

IV,

v. 449).

Non mancano
Il

frasi

che ricordino

storici

esempi di fermezza.

pi antico

il

notissimo

321.

Batti

ma

ascolta.
nella Vita di Temistccle {

Narra Plutarco

XI) che

a'

tempi

della invasione di Serse in Grecia, essendo sorta disputa fra

Eu-

ribiade ammiraglio di Sparta, e Temistocle capitano degli Ateniesi,

che

il

primo voleva

Greci

si

ritirassero all' istmo,

1'

altro voleva
il

apprestarsi a battaglia di mare, alzando Euribiade


atto di voler batterlo, disse

bastone in

Temistocle: Batti pv re
gli

e ascoltami,

Euribiade maravigliato di cotanta mansuetudine,


a

concesse che
di

suo talento dicesse.


il

Cos
testo

la

versione

italiana di

Marcello

Adriani

giovane

nel

greco la risposta

Temistocle

suona: Hocxasov

|Jiv,

xouaov 5.
delle Istorie (cap.

Erodoto nel

lib.

Vili

60) riproduce in

un
Sa-

discorso di Temistocle tutte le ragioni che questi fece valere per

persuadere Euribiade a non lasciare con


lamna, dove
rise alle
si

la flotta lo stretto di

trovavano, e dove, com' noto, la vittoria ar-

greche navi.
il

Ugualmente celebre

322.

Delenda Carthago!
alla frase

che allude

con

la

quale, secondo gli storici romani (Plu-

tarco, Vita di Catone


lib.

seniore^ 27;.
lib.

Servius,

in Virgii.

ad

IV, v. 683; Tito Livio,


dictis

XLIX; Valerio Massimo,


ecc.).

De

memor.,

lib.

Vili, cap. 15, 2

Catone il

seniore,
la

dopo aver veduto

la floridezza riacquistata

da Cartagine dopo

320. Resta immutato nel suo pensiero, e lascia

scorrere inutil-

mente

le lacrime.

322. Cartagine ha da essere distrutta.

84

Chi l'ha detto?

[323]

seconda guerra punica, chiudeva ogni

suo

discorso

in

Senato,

qualunque ne fosse V argomento, invocando


tagine
:

la distruzione di

Car-

Ceterum censeo Carthaginem esse delendam.


Perci
i

tedeschi abbreviano la citazione dicendo semplicemente

Ceterum

censeo^

mentre noi, e con noi

francesi

ed

inglesi, di-

ciamo soltanto Deletida Carthago.

Uno
323.

storico

romano, Tito Livio,

ci

ha pure conservata

la frase

Hic manebimus optime.


{lib.

che ha una storia interessante. Narra Tito Livio


che neir anno av. Cr. 390, dopo che
i

V, cap. 55)

Galli

avevano incendiata
aveva

Roma,

e molti fra

Senatori volevano abbandonare la vecchia


li

citt e portarsi

a Velo, Camillo con splendida orazione

quasi persuasi a restare dove erano.

Sed rem dubiam decrevit


his rebus

vox opportune emissa, quod, cum senatus post paulo de


forte

in curia Hostilia haberetur, cohortesque ex prsesidiis revertentes

agmine forum

transirent,

centurio in

corniti

exclamavit
au-

Signifer, statue signum,

hic

manehhnus

opiitne.

Qua voce

dita et senatus accipere se

omen
-

ex curia egressus conclamavit, et


Il

plebs circumfusa adprobavit.

motto sepolto nelle antiche

storie, fu richiamato a novella vita

come

fatidico augurio per la

Terza

Roma
il

da Quintino

Sella.

Volle (Quintino Sella) che sulle

pendici del Viminale, lungo la via percorsa dalle nostre schiere


trionfanti

giorno in cui

Roma

fu resa all' Italia,


dell' atto

s'

inalzasse

il

Palazzo delle Finanze e qual simbolo


polo italiano vi fosse posta
la statua

compiuto dal po-

di

un legionario romano
:

che pianta in terra


Cos
il

la

lancia,

con sotto

la scritta

Signifer ecc.

Guiccioli nel

suo

libro

su Quintino Sella, voi. I (Ro-

vigo, 1887), pag. 355; che anche preceduto dal ritratto del Sella

medesimo
legionario

sotto

al

quale sono riprodotte in facsimile


scritte di

le

parole del

romano

pugno

del Sella nel 1871. Il

monunon
fu

mento che doveva sorgere


mai posto.

nel cortile centrale del palazzo

323. Qui resteremo benissimo.

[324-325]

Costanza, fermezza, perseveranza

85

Il

motto:

324. Fortiter in re, suaviter in


che
si

modo.
Compagnia

<.<

cita

come regola
le

di condotta della

di

Ges, ha

veramente
suiti,

sue origini nelle parole del quarto Generale dei Geil

Claudio Acqua viva,

quale nell' opera

Industrice

ad

curandos anim morbos


assequendo et suaves
in

(Venezia, 1606) dice:

Fortes in

ne
i):

modo assequendi

simtis.

chiara la

reminiscenza biblica del libro della Sapienza (cap. Vili, v.

Attingit ergo a fine usque ad finem fortiter et disponit

omnia

suaviter.

Non
,25.

molti anni pi tardi

e'

imbattiamo nel famoso

Eppur
1'

si

muove

che

la

leggenda voleva detto da Galileo quando, dopo aver letto


abiura delle sue dottrine cosmografiche innanzi agli

in ginocchio

Inquisitori, sorse vacillando in piedi (22 giugno 1633).


ste parole

Ma
Lo

di que-

non

si

trova traccia negli scrittori del secolo xvii, comin quelli della fine del

parendo soltanto

settecento.

scrittore
il

pi antico che ne faccia menzione, finora conosciuto,


nella Italian Library,

Baretti

finora fonti
bibliografia,

London, 1757, pag. 52: non si conoscono pi antiche. \J Eppur si muove ha gi una piccola

ma
i

tutti

coloro che se ne occuparono, furono conautenticit. Il

cordi nel negarne la

primo che abbia formulato


il

pubblicamente
professore
all'

suoi dubbi a tale proposito fu


di

dott.

E. Heis,

Accademia

Mnster, con una nota inserita negli


de Bruxelles, 1876. Omettendo

Annales de

la Socit scientifique

gli scrittori sulla vita di

Galileo in generale, e sul suo processo


si

in particolare, che quasi tutti

occuparono della questione,

ci-

ter soltanto

un

articoletto del

compianto A. Bertolotti nel gior1886; un

nale popolare II Mendico di Mantova, del i settembre


altro articolo n^)^' Intermdiaire des

Chercheurs

et

Curieux (an-

ne

XXII, 1889,

col. 78-80), e la risposta di Gilberto


1

Govi nello

tesso periodico (col.

68-1 71);

e finalmente

la Zeitschrift

fr
nel

Mathematik und Physik

{historisch-literarische Abtheilung) ^

324. Agire fortemente con modi soavi.

86

Chi l'ha detto?

[326-327]

I fase,

del 1897.

Anche

il

dotto e cortese prof. Antonio Favaro,


la

di cui nota la profonda

competenza in quanto riguarda


richiesta rispondeva
sia

persona

e gli studii di Galileo, a

mia

non

esservi dubbio

alcuno per

lui

che quella frase

assolutamente apocrifa. Galileo

non pot

in

nessun

modo

tornare ad affermare la sua opinione dopo

aver pronunziata l'abiura nella quale fra altre cose

prometteva
che

solennemente di denunziare

al S. uffizio

chiunque

egli sapesse

quella opinione avesse sostenuto.

Lo

stesso esemplare del

famoso
quale

Dialogo sopra

due msstmi sistemi eh'

egli postill e nel

trovansi ripetute invettive contro la insipienza dei suoi giudici,

esemplare presentemente posseduto dalla Biblioteca del Seminario


di

Padova,

e dal

medesimo

prof.

Favaro

illustrato nelle

Memorie
non deve

dell'

Accademia

delle Scienze di

Modena^
il

to.

XIX,
alla

18 79, non serba

traccia alcuna .M Eppur si

muove,

quale, ripetiamolo,

essere

mai uscito

dalle labbra di Galileo

presenza del Sacro

Tribunale n dopo.

Ma

forse egli disse innanzi a' suoi giudici qual-

cosa di simile, donde potesse sorgere l'equivoco?


anzi molto probabilmente, dopo pronunziata
1'

Non

ci

consta;

abiura, egli nuli' al-

tro soggiunse, e se qualche parola usci dal suo labbro, sar stata
di ringraziamento per la

mitezza della condanna, indirizzata


il

ai

Cardinali, taluno dei quali (come


lare:

Benti voglio) era stato suo scofelici

precisamente come in Austria, nei


il

tempi del bastone,


gli

era d'obbligo che


cata la pena
!

bastonato ringraziasse chi

aveva appli-

Nei tempi nostri avremo da ammirare

l'

eroico

326. J'y suis et j'y reste.


del generale

Mac Mahon,

risposta data da lui

il

9 settembre 1855,
le trin-

durante

la

guerra di Crimea, quando dopo aver occupato


di

cere dinanzi a MalakofF fu consigliato

abbandonarle per non


il

esporre

le

sue truppe

al

fuoco micidiale del forte. Essa ricorda

nostro Ci siamo e ci resteremo, del quale avremo luogo a parlare

pi avanti.

Faremo invece memoria


Savoia, cio
il

di

un

altro

motto

illustrato

da Casa

327.

Sempre avanti Savoia

[327]

Costanza, fermezza, perseveranza

87

motto antico e tradizionale di quella augusta casa


popolare
ai giorni nostri in

che divenne

grazia di

un

episodio, che

non

sar

inutile di ricordare.

In occasione del viaggio che


Margherita, da poco
saliti al

Sovrani d'

Italia,

Umberto

I e

trono, fecero in Sicilia, ecco che cosa


solito

narrava

il

Fanfulla, giornale romano di

ben informato

delle

cose di corte, nel

numero

del 9

gennaio 1881:

L'ammiraglio

Fincati avea telegrafato all'ammiraglio Acton, in viaggio da


a Napoli con la famiglia reale
[il

Roma
il

3 gennaio

188 1], lo stato del

mare.

Il

dispaccio raggiunse

il

treno a Sparanise, e diceva che

vapore venuto da Palermo a Napoli annunziava di aver trovato

mare cattivo e oscurit


cauzioni. Il

di cielo che obbligava a procedere

con pre-

tempo grosso cresceva. La

Roma

era ormeggiata,

pronta a salpare se ordini sovrani lo richiedevano,

ma

il

mare

impediva

l'

imbarco fuori del porto. I semafori segnalavano lo

stesso cattivo

tempo

in cielo e in
il

mare: l'ammiraglio Fincati aspet-

tava ordini. Questo

il

dispaccio.

L' ammiraglio Acton era in piedi nel vagone quando leggeva


il

telegramma, e stava a guardare

foglio titubante, preoccupato

per la responsabilit di trasportare la Regina con un tempo capace


di far

danno

alla

sua salute.

La Regina
mare
(e

gli disse
?

Ammiraglio, che notizie ha ricevuto


Maest....

lo stato del
al

stava per riporre

il

foglio

onde comunicarlo poi

Re).

La Regina

stese la

mano.
il

Non

il

c'era da esitare. L'ammiraglio consegn

telegramma.

Alle prime righe la

Regina vide

di che

si

trattava e abbass
le

telegramma per permettere

al Principino,
lei.
il

che

sedeva vicino,

di seguirne la lettura

insieme a

Quando Sua Maest

s'accorse che

fanciullo

aveva

letto,

prese

una matita

e sul bracciolo del seggiolone, sotto gli occhi stessi del

Principe, scrisse; fece leggere in silenzio ci che aveva scritto e


rese
il

telegramma

al ministro. Questi lo prese e vide le seguenti

parole scritte cos:

Sempre avanti Savoia///


L' ammiraglio
s'

inchin e preg la Regina di autorizzarlo a

serbare quell* autografo

come prova

della fermezza d'

animo

di

Sua

Maest.

il

viaggio rest deciso malgrado le notizie.

Chi V ha detto?

[328]

\J esito ha dato ragione

alla intrepida

Regina

e al valente
il

ma-

rinaro.

Il

Fanflilla

del 15

marzo 1881 pubblicava


le belle

facsimile

dell' intiero

telegramma comprese

parole della Regina.


:

In Germania troviamo un'

altra frase caratteristica

328.

Nach Canossa gehen wir


al conflitto

nicht.
il

frase detta nel

Reichstag tedesco dal Principe di Bismarck

14 maggio 1872, alludendo

dell'Impero col Vaticano.

quasi
tefice

superfluo di ricordare che Canossa, castello presso Reggio


il

Emilia, fu

teatro della umiliazione di Enrico

IV

dinanzi al pon-

Gregorio
i

VII

(1077). I giornali napoletani dell'ottobre 1894,

narrando

particolari di

un colloquio

fra

Emilio Castelar

il

Sindaco di Napoli, dissero che Castelar rivendic a s medesimo


l'origine di questa frase bismarckiana. Egli,
della

essendo presidente

Repubblica

di
si

Spagna, e dovendosi provvedere ad alcuni


mise d' accordo col Papa per
le

vescovati vacanti,

nomine.

Bismarck scrivendogli gliene mosse rimprovero,


che
egli,

e Castelar rispose

oltre

ad essere

cattolico

per sentimento, doveva come

capo del popolo spagnuolo tener conto della religione dominante


nella

nazione, e finiva

la

lettera

dicendo

Voi pure andrete a


preoccupato dal
si

Canossa. Poco tempo

dopo,

Bismarck,
il

allora

Kulturkampf, volendo esprimere


frase di Castelar, e disse:

suo pensiero,

ricord della
(vedi
il

Noi non andremo a Canossa

Mattino di Napoli, 24-25 ottobre 1894).


Castelar fu presidente dalla Repubblica di

^^

osservato per che

Spagna dal 9 settem-

bre 1873

^
la

gennaio 1874, cio dopo che Bismarck aveva pro-

nunciato

celebre frase.

328.

Noi non andremo

a Canossa.

[329-33

Cupidigia, egoismo

89

22.
Cupidigia, egoismo

Il

Vangelo degli

egoisti sta tutto nelle parole di

Terenzio

329.

Proximus sum egomet mihi.


(Andria,
a.

IV,

se.

1,

v. 637).

L' egoismo politico poi

(la

politica,

per ben intendersi, tutta


il

a base di egoismo) riposa su

due

postulati,

francese

330.
che
si

Aprs nous
attribuisce alla

le

dluge!

March, di

Pompadour
triste e

la

quale l'avrebbe
la

detto, per consolarlo, a Luigi


battaglia di

XV,

preoccupato dopo
e l'italiano

Rossbach

(5

novembre 1757);
ci vo' star io.

331.

Esci di

l,

(Pananti,

Il poeta di teatro,

e.

XIV,
il

str. 2).

Quest' ultimo divenne notissimo specialmente


del Giusti, che finisce:

dopo

sonetto

tutto

si

riduce,

a parer mio
di Mugello),

{Come

disse

un poeta
l,

A
E
de
infatti

dire

Esci di

ci

vo' star io.

nativo di

Ronta

nel Mugello era

il

Pananti.

Ma

il

Pa-

nanti
l,

non

fece che tradurre la frase proverbiale francese Ote-ioi


la quale,

que je m' y mette,

secondo Vittorio Imbriani, de-

riva da

un giuoco

infantile, (Cfr.

tuttora in uso,

ma
y

antichissimo, chia55).

mato boute-hors

Giorn. erud. e cur.

V.

329.

Il

mio prossimo per me me

stesso.

90

Chi V ha detto?

[332-335]

L' egoismo larvato di disinteresse, di amore del prossimo,


tradisce

si

quando

si

commuove

per cose che lo toccano troppo da


la

presso; e perci trema quando vede bruciare


vicino, da cui potrebbe appiccarsi
l'

casa dell' amico


:

incendio alla sua

332.

Nam tua res agitar, paries cum proximus ardet.


(Orazio, Epistolcv,
lib,
I,

epist. 18, v. 84).

Movente potentissimo

dell'

egoismo

la cupidigia del

denaro.

O
1'

quanti devoti di

Mammone
il

spinge a cose turpi o delittuose


di Virgilio!

esecrata fame dell' oro,


il

P m^ri sacra fames

Per co-

storo

solo dio

333.

Dio dell' or Del mondo signor.


dice la canzone di Mefistofele nell' atto II, se. 2 del melo-

come

dramma Faust, parole di J. Barbier e M. Carr, musica di Gounod (il libretto originariamente francese la traduzione italiana di Achille de Lauzires).
:

Gi

il

pensiero del guadagno per tutti incentivo potentissimo, e

334.
I

....L'utile sovente

pi schivi allettando ha persuaso.


Luigi Fiac-

come
vi

detto nella favola Jl gatto e il pipistrello di


il

chi detto

Clasio
stimolo

ma
che

per

gli

adoratori del vitello d' oro

non
di

ha

altro
:

quello

che aguzzava

l'

intelligenza

Figaro

335.

All' idea di quel metallo

Portentoso, onnipossente,

Un

vulcano la mia mente Gi comincia a diventar.


(//

Barbiere di Siviglia,

[jarole di

Cesare
I, se,

Sterbini, musica

di Rossini, a.

3).

332. Poich cosa che deve interessarti, se brucia

la

casa vicina.

[336-337]

Cupidigia, egoismo

91

Per costoro l'unica fede

la fede di Gingillino:

336.

Io credo nella Zecca onnipotente

E
Il

nel figliolo suo detto Zecchino.


(Giusti, Gingillino, P.
Ili, str. 32).

grazioso Credo di Gingillino

(str.

32-34) pu mettersi a raf-

fronto con quello del gigante Margutte nel


....

Morgante Maggiore:

a dirtel tosto

10 non credo pi

al

nero, eh' a l'azzurro;

Ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto; E credo alcuna volta anco nel burro,
Ne
la cervogia,

e
1'

quand'

io n' ho,
il

nel

mosto
;

E molto pi ne aspro che mangurro Ma sopra tutto nel buon vino ho fede, E credo che sia salvo chi gli crede.
E
credo ne
la torta e nel la

tortello;

L' uno
11

madre, e
tre,

l'

altro

il

suo figliuolo
;

vero paternostro

il

fegatello

E E E

possono esser

due, ed

un

solo;

deriva dal fegato almen quello:


perch' io vorrei ber con
il il

Se Macometto Credo che sia

un ghiacciuolo, mosto vieta e biasima, sogno o la fantasima.


(L.
e.

Pulci, Morgante maggiore, XVIII, Ott. 1J5.116).

..^
significato, a proposito di

detta la troppo nota raccomandazione

337. Enrichissez- VOUS.


che
gli si attribuisce,

ma

svisandone

il

che Jules

Simon

nel suo

Discorso all'Accademia

Francese in

commemorazione
sieux,

del Guizot

medesimo, cosi

scrisse

On

raconte

qu'un jour, dans un banquet, au milieu de ses lecteurs de Liil

s'tait cri:

Enrichissez-vous!

NoWkXt consX que donlui, le

nait ses contemporains ce


tien,

grand ministre, ce philosophe, ce chrbut de


la

dont on vantait l'austrit! Voil, suivant

vie

humaine,

et

de

la socit

humaine! M. Guizot n'avait

fait

92

Chi V ha detto

[33^-340]

que vanter
Il

les

avantages de l'activit et de

la

bonne conduite.
l'

avait dit: Enrichissez-vous

par

le

travail et

pargne/

Questa dunque
litarsi
1'

riabilitata,

altra,

forse

ma non egualmente potr riabimeno cinica, ma certamente vera, che nelle


:

sentenze di Publilio Siro

338. Heredis fletus sub persona risus est.


(Mimi, n. 221, ed. Wolfflin et Ribbeck; n. H. 19, ed. Meyer).

A
339.

scorno della venalit entrata nelle pubbliche cariche, e


si

fin
:

nei pi onorevoli consessi

pu

ripetere la frase del

Giusti

....

Santo Stefano
al quattrino.
str.

Tira
Ricordate?

nella Vestizione,

72:

in oggi

ha credito

Lo

sbarazzino,

O
Il Segretario

Santo Stefano
al

Tira

quattrino.

Fiorentino ha un' altra frase piena di melanco-

nico scetticismo

ma

anche di verit:

340. Gli uomini dimenticano

piuttosto la

morte

del padre che la perdita del patrimonio.


(Machiavelli,
// Principe, cap. XXII).

338.

11

pianto dell'erede

un

riso mascherato.

[341]

Donna, matrimonio

93

23.

Donna, matrimonio

Oh

che selva selvaggia mai questa dove mi sono cacciato


s' io

Questo paragrafo arrischierebbe di diventare un volume,


tendessi di accogliervi solo
il

pre-

fiore di quello

che prosatori e poeti

hanno

scritto sulle

donne, suV eterno femminino, come direbbe un


la

gazzettiere

con frase usata ed abusata, dacch

cre

il

Goethe,

dicendo

341.
nell'atto

Das Ewigweibliche.

V del Faust,

il

quale

si

chiude con

la

redenzione di Faust,
di Margherita. Il
:

che sale

al cielo salvato soprattutto dall'

amore

Chorus mysticus intuona un cantico, che

finisce

Das Ewigweibliche

I
un

Zieht uns hinan.

cosi

ha termine

la

mirabile tragedia.
i

Conviene dire che

pi fra coloro che

si

valgono della frase


i

eterno femminino, la citano, per cos dire, a orecchio, poich

commentatori hanno consumato molto e molto inchiostro per


sare

fis-

bene

il

significato di essa.

Udiamo

quel che ne scrisse uno

dei pi geniali

ed acuti nostri pensatori,

Ruggero Bonghi,

in

articolo

Perch la donna salva Faust? pubblicato nel FanfuUa


del

della

Domenica

15 ottobre 1882, poi nelle Horce subcesivce

(Napoli, 1888), pag. 217.

Neil' ultima scena appaiono pi

magna

peccatrix, la mulier Samaritana,

ombre o anime di donne Maria ^gyptiaca e

la

so-

341.

Il

femminile eterno.

94

Chi V ha detto

[342]

pra tutte

s'

innalza la

Mater Gloriosa. Quelle domandano


la grazia sua, a.

a que-

sta che accordi a

Fausto

Fausto che
;

s'

dimenti-

cato
la

una

sol volta, cke

non sentiva

d' errare

e la

Mater Gloriosa,
:

Vergine Maria, dice a Margherita queste sole parole


egli ti sente,
ti

Vieni,

levati a pi alte sfere,

vien dietro.

Ed

ecco quel che Fausto ha trovato.


;

morto
il

in

un

desiil

derio pi in l e pi in su

ed in

cielo

dove

pi in l e

pi in su infinito.

Ha

ora davanti a s la sua innamorata ter-

rena, tanto infetta di peccato quaggi, in istato di gloria; e questa la

Vergine

l'

assicura che, se Fausto la vede o, per


di lei, vorr salire tanto in alto

meglio

dire, la sente,
ella sale.

ha sentore

quanto

Fausto ha ora modo, spazio e ragione


parole
il

di salire pi in

alto.

Le

del Chorus mysticus spiegano, descrivendolo, e

raccogliendone
a lui.

suo significato ideale, ci che accade d' intorno

Margherita appare spogliata oramai d' ogni accidentalit pas-

seggiera nella natura della donna; essa, le tre penitenti Marie e la

Mater Gloriosa, son diventate


rappresentano.
altro
l'

del pari

1'

eterno femminino, e lo

Anche Elena
del
1'

1'

ha rappresentato a suo

modo

in

un

momento

poema. Che

questo eterno femminino?

idealit a cui

uomo sempre mira e


gli
si

che non riesce mai ad appro-

priarsi tutta;

quella regione dei tipi in cui

Fausto andato ad

evocare Elena che

infine dileguata dagli occhi. Quivi la

Mater Gloriosa

si

libra e sorvola; lass

l'uomo

attratto senza

posa e con infinito suo tormento e conforto.

Ed

ora che

ci

siamo

fatti

una chiara idea

di quel che

V eterno
me-

femminile, dobbiamo soggiungere che


frase goethiana

Arrigo Boito

ricord la

quando

nel Mefistofele, parole e musica di lui

desimo

(atto

IV), fece dire da Faust ad Elena:

342.

Forma

ideal purissima

Della bellezza eterna


In questa
fiorita di frasi e
l'

sentenze sulla donna


i

ci

limiteremo

naturalmente a sfiorare

argomento, ricordando
sia

motti rimasti

veramente popolari, e rimandando chi


alle

vago

di saperne di pi,

numerose

raccolte speciali, e in

modo

particolare al diletteita-

vole libro dell' amico


liana (Torino, Bocca,

mio

dott.

Ludovico Frati, La donna

1899), cap. Vili.

[343-347]

Donna, matrimonio

95

Che cosa sono


ed esclamava
:

le

donne ? Figaro non riusciva a comprenderle,

343.

Donne, donne, eterni Dei! Chi vi arriva a indovinar!


(Il

Stekbini, musica

Barbiere di Siviglia, parole di di Rossini, a.

Cesare
I, se. 7).

Un
344.

umorista francese disse che

Les femmes sont extrmes: elles sont meilleures ou pires que les hommes.
(La Bruyre, Caractres,
I, 58).

con pi precisione

la

Bibbia sentenziava che:'

345. Sapiens mulier aedificat

domum
{Proverbia,

suam:
e.

insi-

piens extructam quoque manibus destruet.


XIV,
lato
:

v.

1).

Ma

per quanto alcuni ne mettano in evidenza


la influenza sui

il

buono,

come per esempio

costumi, dappoich

346.

Les

hommes

font les

lois, les

femmes

font les

[murs.
(GuiDERT, Le conntable de Bottrbon^
per cui
il

a. I, se. 4).

Leopardi invocava V
i

aiuto

delle
:

donne

italiane

alla

rigenerazione della patria con

noti versi

347.

Donne, da voi non poco

La
i

patria aspetta.
(Nelle 7iozze della sor. Paolina).

pi insistono nell' imprecare ai difetti loro, e principalmente alla

loro incostanza e volubilit.

Qui

classici
sia

non mancano davvero;


sia....

e poich tutti, a

momenti

perduti,
1*

per gusto proprio,

per dispetto altrui, zufolano

aria

della

canzone del Duca nel

345.

La donna
le

saggia edifica la casa: la

donna

stolta roviner

con

sue mani quella gi costruita.

90

Chi

l'

ha detto?

[348-349]

melodramma
se.

Rigoletto, di F.

M. Piave, musica

di

Verdi

(a.

Ili,

2)

348.

La donna mobile Qual piuma al vento, Muta d'accento - e di

pensier.
il

vale la pena di ricordare che questi meschini versi, ai quali

fa-

scino della musica dette celebrit,

non sono che

la parafrasi (stavo

per dire la paroda) del couplet di Francesco I:

349.

Souvent femme varie, Bien fol est qui s'y

fie!

Une femme

souvent
!

N'est qu'une plume au vent


nel celebre
sc.
2),
il

dramma

di

Victor Hugo, Le
melodramma

roi

s'

amuse

(atto

IV,

rappresentato e stampato per la prima volta nel 1832, e


prototipo del
italiano. I primi

che

due

versi,

che sono da lungo tempo quasi proverbiali in

Francia, avreb-

bero origine ben pi antica. La leggenda vuole che

Francesuo anello

sco

I,

parlando con sua sorella Margherita di Angoulme della


li

incostanza delle donne,

scrivesse col diamante del


al castello di

sopra un vetro di finestra turalmente oggi pi non

Chambord; vetro che nahanno verric-

esiste,

ma

sulla cui fine si

sioni diverse, e gli uni lo

rimpiangono venduto a un inglese


da Luigi

chissimo, gli altri lo dicono rotto

XIV

per cavalleria
l'histoire.

verso Mad. de
cap.
rit

la Vallire. Il

Fournier {L' Esprit dans

XXII) non vuol

creder a questo romanzetto, e riduce la veal

entro pi modesti confini, cio

racconto di Brantme,

il

quale nel quarto disc, delle


di questo

aneddoto; Il

Dames galantes, d un' me souvient qu'une fois,

altra versione

m'estant

all

pourmener Chambord, un vieux concierge, qui


avoit est valet

estoit cans et
fort
la

de chambre
il

du roy Franois, m'y reut


connu
les

honnestement, car

avoit ds ce temps-l

miens

cour et aux guerres, et luy-mesme

me

voulut monstrer tout; et


il

m'ayant men

la

chambre du Roy,

me monstra un

escrit

au

[350-353]

Donna, matrimonio

97

coste de la fenestra: Tenez, dit-il, lisez cela, monsieur,

si

vous

n'avez veu de l'escriture du


leu,

Roy mon

maistre, en voil: et l'ayant


:

en grandes lettres il y avoit ces mots Del resto anche Virgilio ntW Eneide
:

Toute femme varie.


(lib.

IV,

v.

569-570)

scrisse

350.

....

Varium

et

mutabile semper

Femina.
e
il

Tasso

nella

Gertcsalemme liberata

(e.

XIV,

ott.

84):

351.

Femmina
Vuole

cosa garrula e fallace,

e disvuole: folle
la parafrasi dei

uom

che sen

fida.

- che proprio
cesi,

sembrano

due versi proverbiali fran:

- ed egli stesso in altro de' suoi componimenti aveva detto

....

In breve spazio
si

S' adira e in breve spazio anco

placa

352.

Femina, cosa mobil per natura


Pi che fraschetta
al

vento, e pi che cima

Di pieghevole

spiga.

(Tasso, Aminta,
e quasi

a. I, se. 2).

il

medesimo verso

353.
si

Femina

cosa mobil per natura.

ritrova nel

Petrarca,
secondo
il

in

un Sonetto
ed

in vita di

M. Laura, nuMestica

mero

CXXXI

Marsand, che comincia: Se'l dolce


il

sguardo di

colei tn' ancide,

son.

CL

dell' ediz.

condotta sugli autografi.

Un

curioso riscontro con

versi del Piave

pu trovarsi nel Fi-

350.
7

La donna

sempre cosa varia

mutevole.

Chi l'ha detto?

[354-357]

lustrato del

BOCCACCIO

{Parte Vili,

str.

30, ediz. del Montier,

pag. 253):

Giovine donna mobile, e vogliosa

La

negli amanti molti, e sua bellezza


eh' allo specchio,
e

Estima pi

pomposa

Ha

vanagloria di sua giovinezza;

qual quanto piacevole e vezzosa


pi,

cotanto pi seco

l'

apprezza

Virt non sente, n conoscimento,

Volubil sempre come foglia al vento.


Si veda per altri
riscontri
il

mio

articolo //

romanzo

d'

una

Rassegna Settimanale Universale, 1896, num. 45. Mi contenter di citare questi due:

romanza

nella

354. Crede ratem ventis,

Namque

est

animam ne crede puellis, feminea tutior unda fide.


(Petronio Arbitro [o Quinto Cicerone?], De mulierum levitate).

l'

esclamazione di Amuleto
(a.

nell'

immortale dramma

di

Shake-

speare

I,

se.

2)

355.

Frailty,

thy name,
intitola un'

is

woman!
Mo-

Lorenzo da Ponte
la frase

opera comica, musicata da

zart e rappresentata per la

prima volta a Vienna nel 1790, con


:

ironicamente consolatoria

356.
mentre un
tutti
i

Cos fan tutte.


altro

drammaturgo

e romanziere mette
e futuro

a carico loro

delitti del

tempo passato, presente

con

le

parole:

357. Cherchez la
Ricorderete che

femme.
padre, nel

Alessandro Dumas
la

dramma Les
alla

Mohicans de Paris, rappresentato per

prima volta

Gait

354. Confida poich


355.

la
1'

nave onda
il

ai

venti,

ma non
donna.

il

cuore

alle

fanciulle;

pi sicura della fede donnesca.

fragilit,

tuo

nome

[358-359]

Donna, matrimonio

99

il

20 agosto 1864, ha reso popolare questa frase ponendola in


la

bocca a un poliziotto parigino, Jackal, che se n' fatto

sua

massima fondamentale. Vedi

atto III,

quadro V,
;

se.

y a une femme dans toutes les affaires aussitt qu'on un rapport, je dis: Cherchez la femme! On cherche la femme et quand la femme est trouve....
Il

me

fait

Eh On

bien

ne tarde pas trouver l'homme .


il

Vedasi anche

romanzo omonimo,

vol. I,

ai cap.

Qualcuno l'ha
Dialogue sur
le origini si

attribuita al noto

Fouch,

altri a altri

De

34 e 35. Sartine,

luogotenente generale di polizia nel 1759,


les

l'ha cercata nel


:

femmes

dell'

abate

Ferdinando Galiani ma
in

hanno a investigare pi lontano, nientemeno che


il

Giovenale,

quale nelle Satire (Sat. VI, v. 242-243) scrisse:


est,

Nulla fere causa Moverit.


Nella Revue des

in

qua non femina litem

Deux Mondes

del

i**

sett.

1845, ^h. Didier

(nell* articolo intitolato

L' Al/uxarra) cita un proverbio spagnolo


la stessa idea, e

molto grossolano che esprime

aggiunge:

Le

roi

Xharles III (171 6- 1788) en


Certamente sono note

tait si

convaincu que sa premire


:

|uestionen toutes choses tait celle-ci

Comment s' aj)felle-t


1'

elle?-
:

la malizia e

astuzia delle

donne

358

)le
il

A
di

tutti,

se vuole, la

donna

la fa.

verso finale del

dramma

giocoso Ultaliana in Algeri,


(a.

Angelo Anelli,

musica di Rossini

II, se. ultima);

^na esagerano coloro che sospettano


ssia nella

di lei anche

quando
il

sola,

materiale impossibilit di peccare,

come

filosofo

che

i59.

Mulier

cum

sola cogitat

male

cogitat.
Wolfflin

(PuBLiLio Siro, Mimi, et Ribbeck; n. M. 27,

n. 335, ed.

ed.

Meyer).

f359'

La donna quando pensa da

sola,

pensa a male.

Chi l'ha detto?

[360-362]

Soprattutto non

s'

impaccino delle cose che non

le

riguardano

360.

Mulieres in ecclesiis taceant.


{Epist.

B. Pauli ad Corinthios,
fiera vendetta.

I,

cap.

XIV,

v. 34).

Tanti misfatti chiamano una


perseguitandole
?

come vendicarci ?

oib

cattivo mestiere,

361. Il mestiere di

molestar
il

le

femmine,

il

pi

pazzo,

il

pi ladro,

pi arrabbiato meSposi, cap. XXIII).

stiere di questo

mondo.

(Manzoni, Promessi

pericolosa,

.... il matrimonio ma un'arme come il cattivo coltello, che taglia prima il dito che il pane. Domandatene ai mariti. Quanti di loro chiameranno beato

L'unica vendetta possibile

solo colui che pot scrivere:

362.

Ci-gt

ma femme: oh qu'elle est bien Pour son repos et pour le mien.

Fournier dice di questo feroce epigramma,


trop mchant pote,
l'

qui n'est pas d'un

si elle

est

d'un assez mchant mari.


lo

Alcuni

attribuiscono

Piron, ma
:

calunniano, poich

il

fut

bon

mari,

mme

en vers

invece di J.

Du

Lorens, bon
et

faiseur
il

de

satires,

dans lesquelles, en mari malheureux

consquent,

continue de ne pas pargner sa femme.

Non

lo si

confonda con

Enrico Giuseppe
autore di molti

Du
scritti

Laurens, vissuto circa un secolo pi tardi, e


satirici e irreligiosi.

Questo epigramma fu
:

mediocremente imitato

dall' ab.

Saverio Bettinelli

Oh come
Per

la sua,

ben mia moglie qui si giace per la mia pace


!

Un

giornale parigino narrava che nell' ottobre del '96


all'

un ne-

goziante and

amministrazione del cimitero del Pre Lachaise

a chiedere di potere scrivere sulla

tomba

di sua

moglie

due versi

360. Le donne in chiesa

{0

sia nelle pubbliche adunanze, nei

pub-

blici affari) stiano zitte.

[363-365]

Donna, tnatrimonio

francesi or ora citati,

che

gli

piacevano tanto da non

fargli

com-

prendere come qualcuno potesse trovare sconveniente

la epigrafe.

Vi assicuro,
io.

egli diceva,

che mia moglie ne riderebbe come

ne rido

Era tanto

allegra!

Vedendo che

suoi argomenti

non riuscivano a smuovere la direzione dal suo rifiuto, propose una mezza misura, rassegnandosi a fare scrivere queste sole parole
:

E
si

ma femme, morte
Enfin
! !

le

1896

adir sul serio

quando
i

gli fu

detto che erano ancora sconlo

venienti e
rilievo, e

V Enfin

due punti ammirativi che


ai tribunali

mettevano in

voleva ricorrere

{Corriere della Sera, 4-5 no-

vembre 1896).

Non

e'

dubbio che
!

il

matrimonio ha del buono,


se
si

ma

ci

sono

anche tanti guai

Anzi

tutto,

ascoltano alcuni scrittori, che

cosa potrebbe esistere di pi intollerabile di

un legame da

cui

l'amore fuggito? poich, non ostante


tutti

le

restrizioni dell'autore,

ripetono che:
il

363. Il matrimonio

sepolcro dell'amore; per

dell'amor pazzo, dell'amore sensuale.


(F. D.
di

Guerrazzi, Epistolario, a cura G. Carducci, I, lett. 421: 6 ottobre 1853, al dott. Antonio Mangini).

Inoltre pericolosissimo scoglio fra tutti quelli che possono in>ntrarsi

navigando per questo mare traditore,

lo scoglio delle

>ningali infedelt,

bench

[364.
;tto

Peu en meurent, beaucoup en


che
si

vivent.
un marito
si

attribuisce a

Santeuil,
che

col quale

la-

lava delle infedelt di sua moglie, e che gli avrebbe risposto:


i

Gran cosa

in fondo

Non

un male

d'

immaginazione. Peu

meurent, beaucoup en vivent /

si

il

certo che nel secolo passato

guardava assai poco, mentre

cicisbeismo aveva portato


il

Ita rilassatezza di

costumi, e a tante mogli poteva applicarsi

rerso del

Parimi:

[365.

La pudica

d'altrui sposa a te cara.


(//

Mattino,

V. 749).

102

Chi r ha detto?

[366-368]

Egli stesso pi sotto

al

v.

1024

De

1'

altrui fida

sposa a cui

se' caro,

e lo stesso concetto ripetuto,

con frequenza forse eccessiva, in

tutto

il

Giorno.

E, quel che peggio, anche a quelle che erano -immuni dal


vizio,

non era da

darsi lode della virt

loro,

se

era vero che

366. L'honntet des

femmes
et

de leur rputation

est souvent l'amour de leur repos.

(La Rochefoucauld, Maximes,

CCV).

chi

si

trovasse in queste dolorose circostanze,

non

saprei dav-

vero quale consiglio dare.

genza declamando
alla poesia

versi

Mi parrebbe peccare di soverchia indulcon i quali Victor Hugo d principio


du crpuscule :

XIV

nei Chants

367.

Ah!

n'insultez jamais
sait

une femme qui tombe!

Qui

sous quel fardeau la pauvre

me
!

[succombe
{Chants du Crpuscule, XIV).

ma

d' altra parte


:

non

sarei cosi feroce

da ripetere col drammaturgo

francese

368.

Tue-la.
proposito di un clamoroso processo,
la
il

processo

Le Roy Du-

bourg, dove un marito, colta

moglie in flagranza di adulterio,

r aveva
adultre

uccisa insieme

all'

amante, Henri d'Ideville aveva pubbli-

cato nel Soir


?

un

articolo sulla questione: Faut-il tuer la


lui

femme
figlio

Faut-il

pardonner

Alessandlo Dumas
Ce
n'est pas la

rispose nel giugno

i'8;^2

con un celebre opuscolo


:

U homme -femme,
femme
(parla
elle n'est

di cui la conclusione la seguente


della

donna

colpevole),

ce n'est

mme

pas une femme;

pas dans la conception divine,

elle est

purement animale;
de Can;
- tue-la.

c'est la

guenon du pays de Nod,


ha poi
scritto la

c'est la femelle
(1'

Dumas
la

Fem.me de Claude

annunzia gi nell'ZTwzw^tesi
;

femme) per

sostenere sul teatro la sua

ma

ne ha errato

'369-3

Donna, matrimonio

103

dimostrazione, poiche Claudio uccide Cesarina perch ladra e traditrice,

non perch adultera. Al Tue-la classico furono contrapposte


il

altre frasi, Tue-le,


1'

Tue-

les:

primo da
il

chi consiglia di risparmiare

adultera, e vendicarsi

sul complice,

secondo da chi vuole punire ambedue.


le in altro de'

Dumas
il

stesso

svolge la tesi del Ttie

suoi drammi, anteriore di al-

cuni anni alla

Femme

de Claude^ la Diane de Lys dove

marito

offeso uccide l'adultero,

ed

agli accorsi

risponde:

C'tait l'araant

de

ma femme,

et je l'ai tu!
,

- Invece EMile de Girardin nella


processo Le
del

risposta dAV Homme femme

pubblicata nel luglio 1872 col titolo:


il

L' homme et la

femme, ricordando

Roy Dubourg,
che

che aveva fatto una pratica applicazione

Tue-les, dice

queir

uomo

era traviato dallo scioglimento della


il

coloro ai quali

consiglio di
si

Dumas o

de'

Diana de Lys. suoi imitatori non

garbasse troppo, e non

sentissero di ripetere a s medesimi la


:

terribile interrogazione di Otello

369.
nel
(a.

Come
lirico

la

uccider
di
il

dramma

omonimo
stato

Arrigo Boito, musica


divorzio? prima di tutto

di
il

Verdi
divore poi

Ili, se. 6), suggerir forse

zio ancora

non

ammesso

dalla nostra legislazione,

370.

Le divorce

est le

sacrement de l'adultre.
(GUICHARD).

Io credo che in molti casi


faceva Gosto con

il

miglior partito sia di fare

come

Mea, che
lei

371

Sulle spalle a

fece sovente
il

vScender legnate da levare

pelo,

Uso che bene

spesso e volentieri,
ai cavalieri.
doni,ta alla

Pass poi dai villani


prova,

(GuADAGNOLi, La lingua di una


sest. 2).

tanto pi che, si vera sunt exposita,

non

tutte le

donne

si

ribelle-

rebbero
la

all'

applicazione di questa ricetta. Ricordatevi di Martina,


al casigliano

moglie di Sganarello, che battuta dal marito,

ve-

I04

Chi V ha detto?

[372-376]

nuto a prender
dalla

le

sue difese, e cui tocca di andarsene schiaffeggiato

donna
atto

e bastonato dall'
I,

uomo (Molire, Le mdecin mal:

gr

lui,

se.

2),

risponde

372.

Et
proprio
il

je

veux

qu'il

me

batte, moi!

caso di dire che


gli

Varii sono

umor come

cervelli:

chi piace la torta,

a chi gli uccelli.


ti

Se vuoi lodare donna, comincia dalla bellezza, e non


rai; e in tal caso potrai salutarla

sbaglie-

con

le

parole di Paolo alla cognata

Francesca

373.

....

Bella

Come un
Suo
ovvero
dirle

angel, che

Dio crea nel pi ardente


a. Ili, se. 2).

trasporto d'amor.
(Pellico, Francesca da Rimini,

374.

Quanto

bella,

quanto cara!

Elisir d' Amore, parole di Felice Rocome nel melodramma mani, musica di Donizetti (a. I, se. i). E se puoi permetterti

con

lei

una
:

celia innocente, ripetile

il

principio della cabaletta di

Radams
375.

Celeste Aida, forma divina.


{Aida, opera di A.
di G.

Ghislanzoni, inusica
se.
1).

Verdi,

a.

I,

ovvero lagnati col destino che per tua disgrazia


e di' che:

la fece tanto bella,

376.

La

faute en est aux Dieux Qui la firent si belle. Et non pas mes yeux.
un poeta dimenticato
del seicento,

usando

le

parole di

Jean de

LlNGENDES.

[377-3^2]

Donna, matrimonio

105

Puoi lodarne
d'Armida,
la

la

modestia, paragonandola alla rosa del giardino

quale

377.

Quanto

si

mostra men, tanto pi


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

bella.
ott.
14).

XVI,

a diflferenza di quel che diceva


di

Glauco

alla

schiava nel

melodramma
:

Giovanni Peruzzini, l&Jone, musica

di Petrella (a. II, se. 4)

378.

Meno

ritrosa sarai pi bella.


le

ovvero puoi vantarne

domestiche virt,

sia

ripetendo

1'

elogio

che un'antica iscrizione sepolcrale romana fece di Claudia, bella,


pudica e frugale massaia (Orelli, Inscript.
n.
lat.

ampliss.

coll., vol. II,

4848):

379.
sa

Domum

servavit

lanam

fecit. poich

lodandola della semplicit

dell' acconciatura,

380.

Mulier recte

olet,

ubi nihil

olet.
116).

(Plauto, Mostellaria,
(Confronta con

a. I, se. 3, v.

Cicerone {Ad Atticum, 2, i, 1): midieres ideo ma non lodarla per la ricchezza, poich veramente, troppe volte se non sempre:
bene olere, quia nihil olebant),

,81. Intolerabilius nihil est

quam femina

dives.
v. 460),

(Giovenale, Satira VI,

Puoi anche lodarla

tutta,

e dirle col gentile cantore di

Laura

382.

Beati gli occhi che la vider viva.


(Pktrakca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XLI secondo il Marsand, comincia: L'alto e novo miracol eh' a' d nostri; ed. Mestica, son. CCLXVIII).

379. Visse in casa filando lana. 380. Di buono scte quella donna che di nulla sente.

381. Nulla pi insopportabile di una donna ricca.

lO

Chi V ha detto?

[383-387]

ovvero chiamarla col Parini

383.

Un tesor che non ha pari E di grazia e di belt.


{.Le nozze, str. 12).

Confronta pi sotto,

alla str.

15 della stessa canzone,


pari

versi:

Un
Se poi vuoi

tesor che

non ha

Di bellezza

e di virt.
1'

farle ingiuria,

Ariosto

te

ne insegna

la via sicura

384

A donna non si fa maggior Che quando o vecchia o brutta


{Orlando furioso,

dispetto,
le
e.

vien detto.
XX,
ott.
120).

Cito qui per ultimi,

non essendomisi

offerta altra occasione,

due notissimi

versetti biblici, che si ripetono

ad ogni momento a

proposito di matrimonio e di moglie:

385.

Os ex

ossibus meis, et caro de carne mea.


(Genesi, cap.
II,

vers.

23).

386.

Erunt duo

in carne una.
(Genesi, cap. Ili, vers. 24; teo,

Vang^.

di

S.

Mat-

cap. XIX, V. 5; - Vang: di S. Marco, cap. X, V. 8; - /. ad Corint., cap. VI, v. 16, - Ad Ephes., cap. V, v. 31).
Il

Vangelo di S. Matteo soggiunge anche nel vers, seguente


coniunxit,

(6)

Quod Deus

homo non

separet.

finir col verso ovidiano, di cui la satira


le

misogina

si

vale per

raggiungere

donne

fino al teatro

dove esse:

387.

Spectatum veniunt, veniunt spectentur u t ipsse.


(Ovidio, Ars Amandi,
1,

99).

385. Osso delle mie ossa, e carne della mia carne. 386. Saranno due in una carne sola.

387. Vengono per ammirare, e per essere loro stesse ammirate.

[388-390]

Errore, fallacia dei disegni, ecc.

107

24.

Errore, fallacia dei disegni


insufficienza dei propositi

L' errore cosa


(her rat e

affatto
est),

umana, come dice un

trito

adagio latino
il

humaniim

ed segno di grande vanit

credere di
il

sottrarvisi e di essere infallibile.

Un

proverbio dice che anche


:

prete sbaglia

all' altare,

Orazio ammonisce che

388.

Quandoque bonus dormitat Homerus.


(Arte poetica, v, 359).
il

Nonostante tutto questo,


errori che per le colpe,

mondo

ci che spiega

il

meno indulgente modo di dire:

per

gli

389. C'est plus qu'un crime, c'est


dovuto a FouCH, Ministro
lo disse a

une

faute.

di Polizia sotto

proposito della esecuzione del

il Primo Impero, che Duca d'Enghien, fuci-

lalo nella notte dal

20

al

21 marzo 1804. Egli stesso ne riven-

dic la paternit nelle sue

osa s'exprimer avec


le droit

le

Memorie : Je ne fus pas celui qui moins de mnagement sur cet attentat contre
je rapporte parce qu'elles ont

des nations et de l'humanit. C'est phis qu'un crime,

dis-je, <f est

une faute! paroles que

t rptes et attribues d'autres.

questa frase

si

pu avvicinare

la

seguente, che ha essa pure

origine nella

moderna

storia politica di Francia:

390. Il n'y a plus


dette

une seule faute commettre.


sur les affaires extrieures

da Thiers nella sedata del Corpo Legislativo del 14 mar

zo 1867, svolgendo una interpellanza

388. Qualche volta sonnecchia anche

il

buon Omero.

io8

Chi V ha detto?

[391-393]

de

la

France,

spcialement en ce

qui concerne l'Allemagne et

l'Italie. Il suo discorso


sieurs, je

concludeva cosi:

En
le

finissant,

mes-

vous en supplie, pour vous et pour


cette politique
le

pays, rattachezla politique

vous compltement

que j'appelle

du

bon
col.

sens,

car, je

vous

dclare,

il

n'y a plus une seule faute

commettre- {Moniteur
4).

Universel du 15 mars 1867, pag. 295,

L' errore nasce molte volte dalla insufficienza dei propositi. Facile
il

nutrire delle

buone

intenzioni,

ma
intentions.
nella vita eh' egli scrisse

391. Hell

is

paved with good


da

Questa frase
di

ricordata

Boswell

Samuele Johnson, come

detta da lui in et senile; d'altra

parte
(to. I,

Walter Scott
chap.
7) la cita

nel

come un
{ez.

romanzo The Bride of La^nmermoor detto di un teologo inglese, che non


il

nomina, alludendo probabilmente a Georges Herbert,


neWa.

quale

Jacula prudentum
:

del 165

1,

pag.

1) la

d in questa

forma

Hell

is

full

of good meanings and wishings.

Inoltre anche le
se tardi
ti

buone intenzioni conviene usarle a tempo,

risolvi,

non sempre
sua morale:

la

fortuna

ti

mostrer

il

medesimo

viso. Ricordati della favola


il

I due

susini di Luigi Fiacchi, detto

Clasio,

e della

392. Potea.
Per
il

non

volle, or

che vorra, non puote.

propizio, perch ad

buon volere non sempre basta, anche usato al momento un buon esito possono contrastare ragioni su:

periori alle forze individuali

sappiamo gi da

Dante

che

393. Contra miglior voler voler

mal pugna.
e.

(Purgatorio,

XX,

v.

1).

391. L' inferno lastricato di buone intenzioni.

[394-398]

Errore, fallacia dei disegni,

ecc.

109

e da

un devoto

libro che

394.

Homo

proponi!, sed

Deus
:

disponit.
lib. I,

(Imitazione di Cristo,

cap.

19, v. 2).

imitando una sentenza di Publilio Siro

395.

Homo

semper

aliud, fortuna aliud cogitt.


(Mimi,
n.
n. 216, ed.
14, ed.

Wlfflin et Ribbeck;

H,

Meyer).

o meglio un versetto della Bibbia


siiam: sed
V.
9).

Cor hominis disponit viam

Domini

est

dirigere gressus eius

{Proverbi^ cap.

XVI,
il

Un

proverbio toscano dice che una ne pensa la lepre, e una

^fl^.- e

FNLON

dette

nuova forma

al

pensiero dell'autore del-

V Imitazione, scrivendo nel 1685 nel suo Sermon pour la fte de


l'Epiphanie, sur la vocation des Gentils (ler point,
a proposito della scoperta dell'America: Kns

7e

alina),

T homme

s'agite,

mais Dieu

le

mne

Allora, a chi tocc vedere cosi delusi


dire con

propri disegni,

potr

Plauto

396.

Oleum

et

operam

perdidi.
(Pnulus,
a. I, se. 2,

v.

116).

Di ogni impresa sar quindi savio partito


dicarla

di attendere a giu-

quando

sia giunta a fine,

ovvero:
fin.

397.

En

toute chose

il

faut considrer la
Le Renard
et le

(La Fontaine, Fables,

lib. III, fab. 5:

Bouc).
si

che traduzione del classico Respice finem. Molte volte chi

accinto ad ardua fatica, superate facilmente le prime ovvie difficolt,


si

trov impotente di fronte alle seconde pi gravi:

398.

Facilis descensus

A verni.
lib.

(Virgilio, Eneide,

VI,

v.

126).

394.

L'uomo propone ma Dio

dispone.

395. Sempre l'uomo ne pensa una, la fortuna un'altra. 396. Ho perduto 1' olio e la fatica.

398. Facile la discesa

all'

Inferno.

no

Chi l'ha detto?

[399-401]

che tolto da un pensiero del filosofo

Bione

riportato da

Dio-

gene Laerzio
nare
a
!

(lib.

IV, cap.

7, n. 3, 49). Il difficile di tor-

Attenti perci a
la

non largheggiare
satirico verso:

di vanti e di

promesse,

non vendere
si

pelle dell' orso


il

prima di averlo ucciso, perch

non

abbia a ripetere

399. Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus.


(Orazio, Arte poetica,
allusivo alla favola di
tata
v.
139).

Esopo, La montagna che partorisce^


(lib.

imi-

anche da

Fedro

IV,

fav.

22).

25.

Esperienza

Credete a chi ha anni ed esperienza:

400.
come
il

Experto
dice

crdite.
lib.

un emistichio

di

Virgilio {Eneide,

XI,

v. 284);

che

medio evo stemper

nella barbara formula scolastica:


certo, experto crede

Quam
La

subito,

quam

Roberto.

pi grande delle esperienze quella del dolore, quella che

fa dire a

Didone

il

bellissimo esametro:

401.

Non

ignara mali, miseris succurrere disco.


(Virgilio, Eneide,
lib. I, v. 630).

399. Partoriscono i monti, e nascer un ridicolo topo. 400. Credete a chi ha provato. 401. Non ignara della sventura, ho appreso a soccorrere
turati.

gli

sven-

[402]

Esperienza

che

Voltaire
Qui. ne

nella

Zara

(a.

II,

se.

2)

tradusse:

sait

compatir aux

maux

qu'il a soufferts?

e meglio ancora

Gilbert {Herolde de Didon nee,


le

v.

144)

Malheureuse, j'appris plaindre


Leggasi nel Fournier

malheur!
il

{V Esprit

des autres, pag. 360)

curioso

caso successo al Delille, che reo di plagio, involontario o no, di

questa ultima traduzione, ne sostenne ingenuamente la eccellenza.

Noi per simbolo

dell'

esperienza potremo prendere

il

Dantesco

402.

Provando

e riprovando.
(Dante, Paradiso,
e.

Ili, v. 3).

che fu poi
tuita nel
allo

il

motto dell'Accademia Fiorentina del Cimento,

isti-

1657 dal Principe Leopoldo de' Medici

(poi Cardinale)

scopo di fare esperienze ed osservazioni

fisiche,

fisicomatei

matiche ed astronomiche, applicando allo studio della natura

ca-

noni della indagine galileiana. Visse fino

al

1667 ed ebbe per


motto

impresa una fornace accesa e tre crogiuoli sopra una tavola di


pietra che sta presso alla bocca della fornace

medesima,

col

Provando

riprovando.

proposito del quale motto nell'opera

Saggi di naturali esperienze fatte


Firenze, 1666 e 1667)
si

neW Accademia
non

del Cimento ecc.


:

legge a pag. 3 del

Proemio

Or

quivi

dove non
rivolgersi,

ci

pi lecito metter piede innanzi,


alla

vi cui meglio

che

sede dell' esperienza,

la

quale non altrimenti


di rimettere ciaeffetti

di chi varie gioie sciolte, e

scommesse cercasse
ella

scuna per ciascuna


cagioni, e cagioni

al

suo incastro, cos


effetti, se

adattando
lancio,
le

ad

non

di

primo

come

la

geo-

metria, tanto fa che


di dar nel

provando e riprovando

riesce talora

segno.

Non

inutile di

avvertire che

Dante non
agli

us quei due gerundi nel significato che piacque pi tardi

Accademici del Cimento di dar loro: Beatrice che prima /roz/a,


cio approva,
la

vera sua opinione, pei riprova, cio

confuta,

r opinione

falsa di

Dante.
si

Vivendo s'impara: e non

pu esprimere meglio questa


:

as-

siomatica verit che con la sentenza latina

Chi V ha detto

[403-406]

403.
il

Magister

est prioris posterior dies.

quale detto trae forse origine da un passo di


^'

Pindaro {Olymp.,
3):

I>

53-54)' 'Afispat, 'sTifXomo'. iiapxopsc aocpwxaxoi, o da un


di

altro

Demostene,
sxpv

nella

Olintiaca

(4,

Ilpc

yp t

TsXsuxaov
y.pfvsxai.

Sxaaxov

xv TtpouTiapgavxwv

w x ixoXX

P. Siro {Sent.

124, ed. Ribbeck) invece dice: Disci-

pulus

est prioris posterior dies,

che pu parere pi giusto

ma

e l'uno e l'altro son veri,

poich la esperienza dell'oggi amgli

maestra pel domani ed apre

occhi sugli errori di

ieri.

Ma
non

1'

esperienza anche insegna che per quanto sia lunga la vita,


sufficiente a dare
di

mai

una compiuta conoscenza


disciplina.

di

quagli

lunque
antichi
:

arte,

qualunque

Saviamente dicevano

404.

Ars longa,

vita brevis.

L' origine di questa sentenza ha da cercarsi negli Aforismi di

Ippocrate, dove

detto

ioc pax.oc,

% s xs^vyj

{iaxpi^,

che

Seneca {De

brevitate

vitce, I)

tradusse
in

Vitain brevem esse, lon-

gam

artem; mentre
:

Longfellow
long,

A Psahn
fleeting.

of Life

cos la

ridusse

Art
L' esperienza
ci

is

and time

is

ammaestra anche a non maravigliarci

di nulla,

405.
poich

Nil admirari.
(Orazio, Epistola,
:

lib.

I,

epist. 6, v.

i).

406.

Nihil sub sole

novum.
(^Ecclesiaste, cap.
I,

v.

10).

e anche:

Nil sub sole novi.

403.

Il

giorno che segue insegna

al

giorno precedente.

404. L' arte lunga,

la vita breve.

405. Meravigliarsi di nulla. 406. Nulla nuovo sotto il sole.

[40 7-4 io]

Esperienza

113

L' eterna successione dei fenomeni e delle cose pure descritta


in

due versi celebri

di

Heine

407.

Es

ist

eine alte Geschichte,


bleibt sie

Doch

immer neu.

che fanno parte della poesia Ein Jngling liebt ein Mdchen, stampata anche nel Lyrisches Intermezzo.

Cosi

si

sfugge

il

pericolo di diventare troppo ciechi ammiratori


:

del presente, eccesso biasimevole al pari del suo contrario


rit

in ve-

non

e'

persona pi incresciosa dell' eterno

408.

Laudator temporis

acti.
v. 173).

(Orazio, Arte poetica,

Ma
sulla

il

lodare

tempi antichi e

il

far

lamentele sulla corruzione,

decadenza dei moderni non cosa d' oggi, e neppure dei tempi

di Orazio. Il celebre papiro Prisse, di data incerta, forse

delxx
si

se-

colo avanti l'Era Volgare, o su quel torno,


teriore di molti secoli a

ma

con sicurezza anassegna

Mose,

anche

all'

epoca cui

comunemente
ove

la vita di

Abramo,

e che

pu

dirsi perci

con ogni
morale

certezza il pi antico libro che esista, contiene


si

un
!

trattato

rimpiangono

le virt delle et

passate

n^VC Aminta del


:

Tasso

(a. II, se. 2, v.

71-72) cos dice Dafne

a Tirsi

409.

Il

mondo

invecchia,

E
e
il

invecchiando

intristisce.

concetto medesimo fu ripetuto dal


se.

Metastasio

nel

Deme

trio (a. II,

8):
il

410. Declina
Il

mondo, e peggiorando invecchia.


una bellissima pagina su quepeggiora, e fa a questo propo-

Leopardi ha

ne' suoi Pensieri


il

sto vezzo di gridare che

mondo

sito delle acutissime considerazioni,

riportando fra

le altre

cose ci

407.

un'antica storia che rimane sempre nuova,

408. Lodatore del tempo passato.


8

114

Chi V ha detto?

[411]

che scriveva

il

Magalotti sul pregiudizio di credere che


alla rovescia,

le stagioni

vanno ogni anno pi


discorrendo.

che

la

terra

raffredda e via

Su questo medesimo soggetto compose un


titolandolo: L' Hoggid ovvero
il

curioso libro quel

bizzarro scrittore del P. Secondo Lancellotti, abate olivetano, in-

mondo non peggiore ne pi


si

ca-

lamitoso del passato^ e


tia,

gV

ingegni non inferiori a' passati (Venechiude col versetto

1623-36).
:

La prima

parte di questo libro

biblico

Ne

dicas

Quid putas

causse est

fuere,

quam nunc

sunt.? Stulta est

quod priora tempora meliora enim hujuscemodi interrogatio.


>

{Ecclesiaste,

e.

VII, v.

11).

Quindi n spregiatori dell'oggi, n

spregiatori

dell' jeri;

tal-

volta anzi sar savio di ricercare usi e opinioni passate, e dire:

411.

Torniamo

all'

antico.

che fu scritto (ma non in questa forma precisa) da Giuseppe


in
di
il

Verdi
offerto

una

lettera a

Francesco Florimo, bibliotecario del R. Collegio


sulla fine del

Musica a Napoli, quando


posto di direttore

1870

gli

venne
la

del Collegio

medesimo dopo

morte di

Mercadante.
Il

Verdi

vi

espone

criteri

con

quali vorrebbe che

giovani

alunni di musica formassero la propria educazione artistica e con-

chiude scrivendo

Auguro

troviate

un uomo dotto

soprattutto e
si

severo negli studi. Le licenze e

gli errori di

contrappunto

pos-

sono ammettere e sono


no!...

belli talvolta in teatro,

in conservatorio

Tornate
il

all'

antico e sar

un progresso. Non

dunque

vero che

Verdi con quella


della

frase intendesse pronunziare

una con-

danna assoluta
musica

medesima, poche righe pi sopra scrive


dell'

nuova scuola musicale, che anzi nella lettera a me non fa paura la


:

avvenire

^>\

ma, come bene osserva


si

il

Florimo, egl

intendeva che nei conservatori

facesse ritorno agli studi sever

di scuola, alle pratiche di contrappunti diversi, di fughe e


di svariate maniere.

canon

La

lettera,

che ha

la

data di Genova, 5 gen-

naio 1871, fu pubblicata molte volte e anche dal Florimo stesso


nel
pag.

volume Riccardo Wagner


106-108.

e i

Wagneristi {Knco^z., 1883),

[412-414]

Esperienza

Al consiglio

di

Verdi
per
i

si

atterranno tutti coloro per

quali

il

tempo

maestro,

quali la storia e la vita sono fonte di utili


dirsi

ammaestramenti, e dei quali non potr mai

che

412. Ils n'ont rien appris, ni rien oubli.


come
vuoisi che
la

Talleyrand

dicesse degli
si

emigrati tornati in
detto dei Borboni.

Francia dopo

restaurazione: e pi volte

Ma

la frase si

trova originariamente in. una lettera

del cav.

de
ai

Panat

a Mallet du Pan, scritta da

Londra nel 1796, intorno


n'est corrig

realisti rifugiati in Inghilterra.

Personne

personne

n'a su ni rien oublier, ni rien apprendre.

{Mmoires de

M. Du

Pan,

vol. II,

pag.

197).
in
si

la stessa idea,

un campo pi

ristretto,

ma

espressa in

senso pi generale,

ritrova in quest'altra frase:

413. Jamais l'exil n'a corrige les rois.


che
il

ritornello della

canzone Denys, tnatre d'cole


alla

scritta

da

Jean-Pierre de Branger

Force nel 1829.

26.
Fallacia dei giudizi, false apparenze,
regole del giudicare

La prima
lle

regola del giudicare di parlare soltanto delle cose


s'
:

quali ciascuno

intende.

Non

fare che

ti si

possa rivolgere

rimbrotto dantesco

14.

Or

tu chi sei, che vuoi sedere a scranna Per giudicar da lungi mille miglia Con la veduta corta d'una spanna?
(Dante, Paradiso,
e,

XIX,

v. 79-81).

1 1

Chi V ha detto

[415-41 9]

n,

meno che meno,

la ironica bottata:

415.

Ne
il

SU tor ultra

[p

meglio supra)

crepidam

\Judicaret\

questo

motto diretto da Apelle

al ciabattino,

il

quale,

avendo
che era

una volta avvertito felicemente un

difetto delle scarpe dipinte in


di giudicare di cosa

un quadro
e

di Apelle,

presumeva poi

fuori del suo mestiere.

Ne

parlano Plinio,
12,
3.

XXXV,

io, 36, 85,

Valerio Massimo, Vili,


Sii poi

guardingo a non giudicare dalle apparenze

416.

quanta

species!...

cerebrum non habet.


(Fedro, Favole,
I,
7).

come
largo

disse la volpe alla

maschera
per
i

non

essere perci del troppo

numero

di coloro,

quali:

417.

....Pi dell'essere

Conta

il

parere.
(Giusti, Le memorie di Pisa,
str.
7).

e che potrebbero invocare a propria difesa del Segretario Fiorentino


il

1'

autorit

non

piccola

quale

ammoniva che:

418.

Ognun vede

quel che tu pari, pochi


sei.
(N.

sen-

tono quel che tu

Machiavelli,

// Principe, cap. XVIII).

Tanto maggiormente guardingo andrai ove


quel re

si tratti

di

apparenze

che possano indurre in giudizi temerari. Ricordati delle parole di


:

419.

Honi
il

soit

qui mal y pense. Una leggenda Edoardo III

che sono

motto dell'ordine inglese della Giarrettiera.

notissima narra com' esso fosse istituito nel 1439 da

415. Che il calzolajo non giudicasse pi in su della scarpa. 416. O quanta apparenza! ma il cervello manca.

[420-421]

Fallacia dei giudizi, false apparenze, ecc.

117

in onore della contessa di Salisbury,

amante del

re, la

quale in un

ballo lasci cadere per caso

un

legaccio di calza, o giarrettiera,


i

che

il

re fu sollecito a raccogliere, rimbrottando

cortigiani che ne

sorridevano, con le parole riportate di sopra.

Ma

oggi che non

si

crede pi alle leggende, specialmente alle belle leggende, e che

Orazio Coclite dalla

critica

mandato a tener compagnia a Gusuoi increduli


e

glielmo Teli, anche questa pretesa origine del motto dell' ordine
della Giarrettiera

ha trovato

una

delle pi forti

ragioni d' inverosimiglianza nell' et della eroina del racconto,


la

quale

all'

epoca in cui questo sarebbe accaduto, sarebbe stata


il

troppo vecchia per

suo reale innamorato. Vedasi


i

il

Fournier nel-

V Esprit dans
cita.

l'histoire (cap. XIII), e


altri,

numerosi autori che questi

Secondo

Edoardo III avrebbe detto queste medesime

parole alla battaglia di Crcy (26 agosto 1346), avendo fatto le-

gare ad una lancia la propria giarrettiera perch servisse d' in-

segna militare.

Comunque

sia,

questo positivo che

il

motto era
fatti.

proverbiale in Francia gi molto tempo innanzi di questi

ben raro che tu possa confondere alcuno con


:

le

perentorie

parole del poeta aretino

420.

Non

c'

scusa,

il

fatto accusa.
// cadetto militare).

(GuADAGNOLi,
e anche andrai cauto nel fare prognostici
fatto

che poi

smentiti dal
indiscreta e

possano ricoprirti di rossore.

ogni

domanda
al

capziosa potrai dare la modesta risposta di


lasia
:

Amos

gran sacerdote

.2 1

Non sum propheta, et non sum filius prophetse


(5.

sed armentarius ego sum vellicans sycomoros.


Bibbia,

Amos,

cap. VII, v.

14).

TI

sicomoro, o fico-gelso {ficus sycomorus, Linn.) d,

com'
il

loto,

un

frutto piccolo,

poco gustoso, che pure forma spesso

ibo principale dei pi poveri pastori dell'Arabia.

\2\.

Non

sono profeta, n

figlio di profeta,

ma

sono un pastore

che mi cibo di

fichi selvatici.

Ii8

Chi V ha detto?

[422-423]

Nel nostro linguaggio parlamentare


frase infelice,

rimasta proverbiale

una

esempio

di inaudita avventatezza di giudizio, quella dei

422. Quattro predoni.


Eccone
la storia.

Nella seduta del 24 gennaio 1887


il

il

deputato

De Renzis

interrog

ministro degli Affari Esteri sulla verit dei


possibile
Il

dispacci indicanti

come

un attacco abissinese contro

le

nostre truppe d'Africa.

ministro che era

Di Robilant,

rispose

sprezzantemente che

la seriet del

paese n quella del Parlamento

non consentivano di trattenersi a lungo su questo argomento; che il Governo mancava di notizie precise, ma aveva piena fiducia nel
generale Gene, e nella forza dei presidii d'Africa.
Il

deputato

De

Renzis allora preg

il

ministro a voler comunicare

al

Parlamento

quei dispacci che potessero giungergli;

Mi

rincresce, onorevole
i

De

Renzis,

ma ma non

il

ministro replic:

potrei cedere a que-

sto invito di pubblicare

bullettini della guerra {Si ride). Interro;

ghino, se credono che vi sia qualche cosa d' importante da sapersi

ma
non

che io venga qui a pubblicare informazioni di questo genere


possibile.

Me

ne appello di nuovo

alla seriet della

non mi pare che


siamo avere tra
Il

nel

momento

attuale convenga, e

Camera non conviene


:

certamente, attaccare tanta importanza a quattro predoni che posi

piedi in Africa {Si ride.

Vive approvazioni).

giorno dopo,
il

gli

Abissini guidati da

Ras Alula attaccavano


furono da
alla
lui

Saati

d seguente distruggevano a Dogali la colonna condotta dal

De

Cristoforis!

Le

parole di Robilant
infelici,

medesimo

deplorate, e

chiamate parole

sione dei 5 milioni per l'Africa due o tre


di Dogali.

Camera nella discusgiorni dopo l'annunzio

Almeno

egli si

ravvide e fece onorevole

ammenda ma
:

poco prima dei

disastri di

Amba
e

Alag, di Macall, di Semeiata

(Abba Garima) qualcuno

dei ministri di quel

tempo

disse parole

di inconsideratezza maggiore,

non ebbe
il

la

franchezza del mi-

nistro piemontese di riconoscere

proprio errore.
i

Ma
cesi

se noi Italiani

abbiamo

quattro predoni, anche


il

Fran-

non hanno da

stare allegri. Basterebbe per tutti

423.
di

Cuor leggero.
di Francia, nella
il

Emilio Olli vi er. Al Corpo Legislativo

me-

morabile seduta del 15 luglio 1870, quando

guardasigilli Olii-

[424-426]

Fallacia dei giudizi, false apparenze, ecc.

119

vier present la
la guerra,

domanda
1*

di

un primo

credito di 50 milioni per

annunziando

apertura delle ostilit con la Prussia,

us questa frase che


storia

gli fu

pi volte rimproverata e pass alla

come esempio
le

di incoscienza. Trascrivo dal resoconto ste-

nografico, pubblicato nel

Moniteur Unioersel del

1 7

luglio

M.

garde des sceaux

Oui, de ce jour

commence pour
grande responsa-

les ministres,
bilit

mes

collgues et pour moi, une

(Ow/, gauche).
l'acceptons
le

Nous
gauche).

coeur lger..., {Vives protestations

M. Bauduin M. Esquiros
M.
le

Dites
Vous
!

attrist.

avez

le

coeur lger lger

Et

le

sang

des nations va couler

garde des sceaux

Oui,

d'un coeur

lger,

et n'qui-

voquez pas sur


avec joie

cette parole, et

ne croyez pas que je veuille dire

etc....
ti

Se giudicherai con calma e con equit,

persuaderai

facil-

mente che:

424.

La ragione

e il torto non si dividono mai con un taglio cos netto che ogni parte

abbia soltanto
e

dell'

uno.
Sposi, cap.
I).

(Manzoni, I Promessi

non

sar certamente per te che

Voltaire pu

avere esclamato:

425.

Et

voil justement

comme on

crit l'histoire!
{Chariot, a.
I.

se. 7).

Voltaire aveva gi scritto in una lettera del 24 settembre 1766 a

Madame du
fiez-vous

DefFand:

<(.

Et

voil
!

comme on
facilit

crit l'histoire; puis

MM.

les

savants

pure una conseguenza della

con

la

quale

le false

apse--

parenze possono trarre alcuno in inganno, che molti perdonsi,

condo

la frase

dantesca

526.

Imagini

ben seguendo false Ghe nulla promission rendono intera.


di
(Dantb, Purgatorio,
e.

XXX,

v. 131- 132).

Chi V ha detto?

[427-431]

27.

Famiglia

427.

O
gli unici

peut-on tre mieux


sein
di

Qu'au
sono forse

de sa famille?
Jean- Franois

versi

Marmontel
parte
di

che

siano rimasti popolari in Francia e fuori: essi fan


quartetto della
sica di Grtry,

un

commedia
atto unico,
affetti ?

lirica

Lucile (composta nel 1769,


1'

se.

IV). D' altra parte pu

muuomo vi-

vere solo, e senza

No

davvero

anche

la

Bibbia am-

monisce

428.

Non
:

est

bonum

esse

hominem

solum.
18).

(Genesi, cap. II, v.

e pi oltre

429.

Vae

soli.
(Ecclesiaste, cap. IV, v. 10).

bench qualche volta

parenti

diano

anche delle tribolazioni,

come

le stesse

Sacre Carte ammoniscono:

430. Inimici hominis domestici ejus.


(Vang, di S. Matteo, cap. X,
v. 36).

Bella dunque la vita infiorata degli

affetti

domestici, purch

in seno alla famiglia regni la pace: lontane sempre le

431. Barufe in famegia.


che
di
il

titolo di una. graziosa

commediola

in dialetto veneziano

Giacinto Gallina, rappresentata per


sia solo.

la

prima volta in Ve-

428. Non bene che l' uomo 429. Guai a chi solo. 430. I nemici dell' uomo sono

suoi parenti.

431. Baruffe in famiglia.

[432-434]

Famiglia

nezia dalla compagnia

Moro-Lin nel gennaio 1872.


Famiglia
dell' Antiquario di

Il

suo sog-

getto la eterna discordia fra suocera e nuora, poich la

com-

media

imitata dalla
il

Goldoni.

Con

essa esordi

Gallina nel teatro dialettale veneziano.


i

Gioja della famiglia sono

figli,

e di essi solo

ho da

parlare,

poich delle mogli ho gi detto in un precedente paragrafo.

Una

frase dantesca
il

esprime con parole pi nobili quel che pi


;

umilmente

nostro popolo dice coi proverbi

Chi di gallina nai topi;

sce convien che razzoli,

ovvero

I figli

dei gatti pigliano

Dante
432

invece

Ogn' erba

si

conosce per

lo

seme.
e.

(Purgatorio,

XVI,
:

v. 114),

Lo
433.

stesso concetto espresso in

un

versetto biblico

Sicut mater, ita et

filia

eius.

{Ezechiele, cap.

XVI,

v. 44).

che era gi proverbio


e in

al

tempo

del profeta,

com'

egli stesso dice

un verso

latino:

434.
che
si

Et sequitur

le vi ter filia

matris
(lib.

iter.

trova nel Pantagruel di

Rabelais
il

Ili, cap. 41) pre-

ceduto da altro che ne completa


Saepe seiet similis

concetto,
esse patri,

filius

Et sequitur
Rabelais
del
si

leviler filia matris iter.

riporta in proposito a questa citazione ad


Civilis
(

una glossa
ecc.),

Corpus juris

Ut

ait gl. vj. q. j. e.

Si quis

ma

non

dice precisamente quale, ed probabile che questa citazione,


altre simili, sia stata inventata

come molte
Il

da

lui

per puro scherzo.

Varrini

nella Scuola del volgo, cio Scelta di -proverbi ecc.,


:

cosi lo traduce in italiano

Della madre

il

camin segue

la figlia.

433* Quale la madre, tale anche la

figlia.

434.

facilmente la figlia batte le

orme

della

madre.

Chi V ha detto?

[435-438]

Anche Orazio

nelle O^z" (lib.

IV, od.

4, v.

31-32) ritiene che

Neque imbellem froces Progenerant aquilse columbam


con frase che, se prestiamo credenza a Porfirio, era proverbiale
presso
i

Latini.
in altro luogo svolge
l'

L'Alighieri

idea opposta cio che n

virt n genio sono sempre ereditarli, e questo segue, a sua detta,

per volere della Provvidenza

la

quale vuole che coloro


lei

ai quali

essa

distribuisce queste doti, le riconoscano da

sola:

435.

Rade volte L'umana


Quei che

risurge per

li

rami
lui si
e.

probitate: e questo vuole


la d,

perch da
{Purgatorio,

chiami.
121-123).

Vii,

v.

Altrove

egli dice

che:

436.

Molte
Per
>^

fiate

gi pianser

li

figli

la colpa del padre.


(Paradiso,
figli,
e.

VI,

v. 109-110).

Perch siano severi educatori dei


Bibbia
:

ammonisce

padri la

437-

Q^i parcit virgse odit

flium.
(Proverbi, cap. XIII, v.
24).

altrimenti

figli

stessi

chiederanno conto
:

ai

genitori

della

loro

colpevole debolezza, e potranno dir loro

438. Ecco, a te rendo

il

sangue tuo; meglio era

Non darmel

mai.

come Emone, morente invece per la crudelt del padre, dice a questo nlVAntigone di Vittorio Alfieri (a. V, se. 6).
Della benedizione dei genitori cosi sta scritto nei
ziali
:

libri

sapien-

437. Chi risparmia

il

bastone non

ama suo

figlio.

[439-442]

Famiglia

123

439. Benedictio patris firm at


ledictio

domos filiorum; maautem matris eradicai fundamenta.


(Ecclesiastico, cap. Ili, v, 11).

Giacomo Leopardi
rella nel

nella canzone scritta per le nozze della so-

182 1, quando gi nell'animo suo cominciava a radicarsi


clie fu caratteristico della
figli

quel pessimismo
a proposito dei

sua

lirica, cosi le scrive

e del destino loro:

440.

miseri o codardi

Figliuoli avrai. Miseri eleggi.

A
lare,

conforto di coloro che hanno uno stato civile poco regosi

pu

dire che

441.
come

On
dice
il

est toujours l'enfant


giudice Brid'oison nel

de quelqu'un.
{a.

Mariage de Figaro

Ili,

se. 16) di

Beaumarchais.
che, parlando della famiglia, sia questo
:

Parmi

il

luogo migliore

per ricordare anche la frase

442.

La

vie prive d'un citoyen doit tre mure.

SiiiTihmio si SienhaX {Correspondance, 1885, i^e partie, pag. 249)

Talleyrand

il

ma

anche di questa attribuzione, come

di tante

altre,
il

caso di dire che on ne prte jamais qu'aux riches.

Fu

deputato francese

Royer-Collard

che nella seduta del Corpo


avril 18 19,

legislativo del 27 aprile

1819 ^Moniteur Universel, 29

pag. 529) in una discussione sulla libert di stampa


in tal guisa
:

si

esprimeva

Voil donc la vie prive mure,

si

je puis
il

me

servir

de cette expression.
in

Lo

stesso Royer-Collard
la

marzo 1827
:

una discussione ricordava que

sua frase diventata celebre

Je

rpterai volontiers ce

j'ai dit

en 18

19.... oui, la vie

prive

doit tre mure.

439.

La benedizione
ledizione della

del padre consolida le case dei

figli; la

ma-

madre ne sradica

le

fondamenta.

24

Chi V ha detto ?

[443-446]

28.
Fatti e avvenimenti storici

Riunisco cronologicamente in questo paragrafo un manipolo di


frasi relative a fatti e

avvenimenti

storici, le quali si

sogliono

ri-

petere pi
stessi,

di

frequente a indicare e

ricordare

gli

avvenimenti

che per applicarne

circostanze.
versi che lo

il significato o il simbolo morale ad altre Comincio col noto esametro virgiliano che insieme ai

seguono vuoisi profetico della nascita di Cristo:

443.

Magnus ab

integro saeclorura nascitur ordo.


(Virgilio, Egloghe, IV,
v.
5).

444. ^QuinctilP^ Vare, legiones redde!


(SvKTONio, Vita di Augusto,
frase che ricorda la sconfitta dei
nella foresta di
e. 23).

Romani

assaliti

da Arminio

Teutoburgo
:

(a.

9 dell'Era Volgare).

La
445.

terzina dantesca

Ahi

Costantin, di quanto
la tua conversion,
te prese
il

mal

fu matre,

Non

ma

quella dote
!

Che da

primo ricco patre


Jnfertio,
e.

(Dante,

XIX,

v.

115-117).

allusiva alla pretesa donazione di Costantino


tida (Il 67) che consacr la
di

il

convegno

di

Pon-

Lega Lombarda, pu

ricordarsi coi versi

Giovanni Berchet

446.

L'han

giurato. Li ho visti in Pontida Convenuti dal monte, dal piano,


si

L'han giurato; e

strinser la

mano
p. I).

Cittadini di venti citt.


(Le fantasie,

443. Si rinnova il gran giro dei secoli. 444. Quintilio Varo, rendimi le mie legioni.

[447-448]

Fatti e avvenimenti storici

125

e la insurrezione di Sicilia contro

francesi (1282) che

and
:

ce-

lebre col

nome

di Vespri Siciliani, nell' altra terzina dantesca

447.

Se mala

signoria, che

sempre accora

Li popoli soggetti, non avesse

Mosso Palermo a gridar:

Muora, muora.
e.

(Dante, Paradiso,

Vili,

v. 73-75).

In tempi a noi motto pi prossimi abbiamo

il

grido

448.

Che r inse?

leggendarie parole del fanciullo genovese soprannominato Balilla,

quando

nel

1746

die' principio alla rivolta dei

Genovesi contro

gli

Austriaci. Il fatto narrato da vari cronisti cittadini, e specialmente

da Fr. M. Accinelli, storico autorevole


patrie,
si
il

e stimato

delle

cose

quale tace per

il

nome

del fanciullo, che per altre fonti

riterrebbe della famiglia Perasso, abitante nel vico Capriata in


gli

Portoria. L' Accinelli narra: Strascinavano

Alemanni

il

5 di-

cembre un mortaro a bombe per


strada sotto
il

il

quartiere di Portoria, sfond la


il

di lui peso,

rest incagliato

trasporto

vollero

tedeschi sforzare alcuni del popolo ivi accorso a dar loro aiuto

per sollevarlo

ricusarono tutti di por


il

mano

all'

abborrito lavoro

uno dei Tedeschi alz


dato di piglio ad
l'inse? (motto

bastone, e lasci correre alcuni colpi:


l'

tanto bast per eccitare

incendio

un ragazzo, veduto
ai

questo,

un

sasso, e

rivolto

compagni,

disse:

Che

genovese, che
altri,

vale

dire,
al

incomincio

la zuffa)
Il
si

accordando

gli

lanci

una sassata

soldato percussore.

lampo

fu questo, e seguit
i

incontanente una grandine di sassate

furiosa, che mise in fuga

Tedeschi. Rinvenuti questi dallo storle

dimento cagionato

dall'

improvvisata, ritornarono con

sciabole
di

sfoderate, che furono


pietre,

ben presto rintuzzate da un' altra nuvola


ore una di notte

che

gli

obblig a salvarsi in furia. Gi annottava, n per


vi fu;
alle
il

allora altro

moto

minuto popolo
alta

si

mosse da Portoria

in piccolo

numero gridando ad
le

voce: animo,

animo, a palazzo, a palazzo a prender

armi, viva Maria; cala-

448. Che la rompo?

120

Chi l'ha detto?

[449-450]

rono per

il

borgo dei Laneri, per

la

contrada dei Servi, per

la

piazza, del

molo, e posta insieme grossa partita

di gente a loro si-

mile, garzoni di tavernari, pattumai, ciabattini, pescivendoli, for-

nai e facchini da carbone e vino, presentaronsi avanti al pubblico

palazzo, chiedendo con urli e schiamazzo le armi ecc. ecc.

L'Accinelli ha attinto
cata ad
fatto

all'

anonima Storta
:

dell'
il
(il

anno 1^46 pubbliMuratori narra


cui
il

Amsterdam
Annali
n

1'

anno seguente
all'anno

anche

negli

d' Italia
il

1746

volume

usc

nel

1749), senza fare

nome

del ragazzo: e cosi varii storici pole

steriori,

ma

le

cronache sincrone, n

molte poesie del tempo


sulla leg-

ne fanno menzione. Federico Donaver in un bello studio

genda

di Balilla pubblicato nel

1888 in un volume

intitolato

Uo-

jnini e libri,

da questi

da

altri

argomenti deduce, con sufficiente


parte, pi o

probabilit, che se pure


tante,

un ragazzo ebbe

meno impor-

sommossa genovese, non vi sono argomenti per sostenere che avesse l' uno o 1' altro nome o soprannome. Nondimeno il Municipio Genovese il 30 settemnello scoppiare della gloriosa

bre 188

1,

centenario della morte di

un Giambattista Perasso, vouna lapide

luto identificare col Balilla della leggenda, inaugurava

commemorativa,
dove
il

sulla facciata della casa in vico Capriata, n. 3,

Perasso sarebbe vissuto e morto.


la risposta di

pure celebre

Siys

449. J'ai vcu.


a chi gli

domandava quel che avesse


I,

fatto nei tristi anni del

Ter-

rore (MiGNET, Notices historiques,

81),

non meno

della frase,

non ugualmente

autentica

450. Finis Polonise!


che sarebbe stata gridata da
di
al

Taddeo Kosciuszko

alla sconfitta

Maciejowice (1794); ma che egli stesso smenti in una lettera Conte de Sgur del 12 novembre 1803 (pubblicata nella tradu-

zione francese della Storia di cento anni di Cesare Cant, fatta da

450. Ecco

la

fine della

Polonia

[451-453]

Fatti e azwenifnenti storici

127

Amedeo Rene,
la

Parigi, 1852, voi. I, pag. 419)

L'ignorance ou
le

mauvaise

foi

s'acharnent mettre dans

ma bouche

mot de

Finis Poloni! que j'aurais prononc dans cette fatale journe.

D'abord, avant l'issue de

la bataille,

j'ai t

presque mortelle-

ment
Puis,

bless, et je n'ai recouvr les sens

que deux jours aprs,


bou-

et lorsque je
si

me

suis trouv entre

les

mains de mes ennemis.


la

un

pareil

mot
il

est
le

inconsquent et criminel dans


serait

che de tout Polonais,

beaucoup plus dans


libert de

la

mienne.
l'ind-

La nation
pendance,

polonaise, en m'appelant dfendre l'intgrit,


la dignit, la gloire et la
le

la patrie,

savait

bien que je n'tais pas

dernier Polonais, et qu'avec


et

ma

mort,
>>

ou autrement,
Il

la

Pologne ne pouvait pas

ne devait pas

finir.

sentimento di Kosciuszko come degli

altri

polacchi, era ancora

quello espresso dal verso

451.
che

Noch

ist

Polen nicht verloren.

fa parte di

un inno guerresco polacco, cantato primieramente

dai polacchi che


dini di

Dombrowski
le

port in Italia nel 1796 sotto

gli or-

Bonaparte: vedi E. Ortlepp, Finis Poloni.


parole, storiche queste,

Ricordiamo anche

452. Voil le soleil d' Austerlitz


che

Napoleone I
una

al

mattino del 7 settembre 18 12, sulla Moscova,


il

poco innanzi di aprire


fetizzar loro

fuoco disse

ai

suoi ufficiali, quasi a pro-

vittoria simile a quella di Austerlitz.


ai

Tra
ro

molti detti

quali die' origine la grande epopea del noi

risorgimento scelgo

seguenti

altri

sono ricordati in sede

i opportuna.

^53.

Il

Il

morbo pan

infuria,
ci

manca,

Sul ponte sventola

Bandiera bianca.
(A.

FusiNATO,

Venezia, ode).

[51.

Non

ancora perduta la Polonia.

Chi

r ha

detto?

[454"455]

sono versi

scritti

nel T849 alla vigilia della resa dell' eroica

Ve-

nezia che dov cedere alla fame e alla peste.

454.
Cosi
si

Governo negazione
suole chiamare
il

di Dio.
(e

governo Borbonico

qualunque

altro che

a quello rassomigli), attribuendo la origine della frase all'illustre


statista e

pensatore inglese
Letters to the

W.

E. Gladstone.

Infatti nella

prima

delle
to?ts

Two
of the

Earl of Aberdeen on the state prosecuNeapolitan Government (con la data del 7 aprile 1851),
tutti gli onesti, si

lettere

che ebbero un' eco cosi profonda presso


ufficiale del

da provocare anche una discolpa


si

governo Borbonico,
:

legge, verso

il

principio,

questo

periodo

The

effect

of

all

this is a total inversion of all the

moral and social ideas. Law,


is

instead of being respected,

is

odious. Force, and not affection,


is

the foundation of Government. There

no

association, but a vio-

lent antagonism, betw^een the idea of freedom

and that of order.

The governing power, which teaches of itself that it is the image of God upon earth, is clothed, in the view of the overwhelming
majority of the thinking public, with
tes.
all

the vices for

its

attribu-

have seen and heard the strong and too true expression
This
is

used,

the

negation of
cui
si

God

erected into

a system of
fece che rac-

Government.
cogliere

Da

desume che Gladstone non


lui in

un giudizio udito da
una nota

Napoli o da Napoletani, tanto

vero che in

egli lo riporta nella

forma originale

la

negazione di Dio eretta a sistema di governo: ed anzi ho ragione


di credere che la frase fosse

veramente del suo intimo Giacomo

Lacaita,

di

Manduria, poi senatore del Regno.

455. Grido di dolore.


Nel discorso
l'

della

Corona

letto

da Vittorio
il

Emanuele
si

al-

apertura del Parlamento subalpino

io gennaio 1859

con-

tenevano queste memorabili parole:

Confortati dall' esperienza del passato andiamo risoluti incon-

tro alle eventuaHt dell' avvenire. Quest' avvenire sar felice, ripo-

sando

la nostra politica sulla giustizia, suU'

amore

della libert e

della patria. Il nostro paese, piccolo per territorio, acquist credito

nei consigli dell'

Europa perch grande per

le

idee che rappresenta.

[455]

Fatti e avvenimenti storici

129

per

le

simpatie che esso ispira. Questa condizione

non

scevra

di pericoli, giacch nel

mentre rispettiamo

trattati,
d''

non siamo

insensibili al

grido di dolore che da tante farti

Italia si leva

verso di noi.

Forti per la concordia, fidenti nel nostro


i

buon

diritto, aspet-

tiamo prudenti e decisi

decreti della divina provvidenza.


la

Leggasi nel libro del Massari,


(voi.
I,

Vita di V. E. di Savoia
di quella

pag. 367),

il

drammatico raccolto

memorabile

seduta, e dell' effetto prodotto dal grido di dolore. Si discusso a lungo se


il

coraggioso linguaggio del


ai

Re

fosse

dovuto a iniziativa
l'

di lui,

o del Ministero, o

suggerimenti del-

alleato di Francia.

La

discussione stata chiusa dal Vayra che

nel suo libro //

Museo

storico della Casa di Savoia (Torino, 1880)

pubblic un facsimile del discorso della Corona nel testo proposto


al

Re

dal Ministero con le correzioni portatevi di suo


il

pugno dal
1'

Sovrano stesso che ne mutarono completamente


mento. La celebre frase vi
si

tono e

ardi-

legge

tutta

di

mano

di Vittorio

Emanuele, chiara, senza pentimenti n


Il

esitazioni.

prezioso documento che illustra una cosi splendida pagina

della vita del


chi,

primo

Re

d' Italia, fu scoperto

da Nicomede Bian-

e sta esposto all'

ammirazione del pubblico nell'Archivio di

Stato di Torino.

29.
Fatti e parole

Dal detto
e'

al fatto e'
il

un gran
i

tratto,

ovvero dal dire

al fare

di

mezzo

mare

due proverbi sono cos

calzanti, e cosi

vivi,
dall'

che non

si

sentito

il

bisogno di sostituirvi frase alcuna tolta


ci

armamentario, letterario classico e moderno. Invece


la risposta di

comdo-

piacciamo a ripetere

Amleto a Polonio che

gli

manda che cosa


9

legge:

I30

Chi

r ha

detto?

[456-460]

456.

Words! words! words!


(Shakspeare, Hamlet,
a.

II, sc. 2).

e la

drammatica

frase tolta al nostro teatro

contemporaneo

457. Chi lo dice


Si parla del suicidio;

non

lo fa!

ed frase ripetuta pi volte nel dramma


forse lo
si

omonimo

di P.

Ferrari;

diceva assai prima di lui

ma Uberto

alla fine del

primo

atto, scaricandosi la rivoltella alla

gola, corregge:

Chi non

lo dice lo fa

Un'

altra suicida disse

458.

....Almen la destra io ratta

Ebbi
Si

al

par che la lingua.


(Alfieri, Mirra, tragedia,
a.

V,

se. 2).

pu

citare in questo paragrafo

anche

la

sentenza biblica:

459. Spiritus

quidem promptus

est,

caro

autem

infirma.
{Evatig. di S. Matteo, cap. XXVI, v. 41; S. Marco, cap. XIV, v. 38).

che r Ariosto cosi tradusse:


L' animo pronto,

ma

il

potere zoppo.
e.

{Orlando furioso,
e

XXV,

ott. 76).

anche

il

Petrarca:
spirto pronto,
il

Lo

ma

la

carne stanca.

(Son. in vita di

M. Laura, num. CLIV secondo Marsand, com.: Rapido fiume, che d" alpestre vena; ed. Mestica, son. CLXXIII).

La
460.

frase di

Plauto:
est illud; fieri

Factum

infectum non potest.


a.

{Aulular ia,

IV.

se.

10, v.

11).

456. Parole! parole! parole! 460. Il fatto quello, e non

si

pu

fare che

non

sia fatto.

[461-464]

Fatti e awenimentt storici

131

e la sentenza dantesca:

461.

....La

dimanda onesta
*:.

Si de seguir con l'opera tacendo,


(Dante, Inferno,
cio a giusta

XXIV,

v.

77-78).

dimanda non occorre risposta


richiesto.
il

di parole

ma

di fatti,

operando com'

Ricordo in

fine

notissimo epigramma

del

Giusti a Gino

Capponi

462.

Gino mio,

l'

ingegno umano
tra

Partor cose stupende,

Quando l'uomo ebbe

mano

Meno

libri e

pi faccende.

30.
Felicit, infelicit

Se

si

desse ascolto al poeta Cesareo, infinito sarebbe

il

numero

degli infelici, poich:

463.

/Se

a ciascun l'interno affanno

Si leggesse in fronte scritto,

Quanti mai che invidia fanno


Ci farebbero piet.
Nondimeno un acuto pensatore
vando che
:

J
riconosciuto, parte prima).

(Mktastasio, Giuseppe

francese ci

riconforta,

osser-

464.

On

n'est jamais si heureux, ni

si

malheureux

qu'on s'imagine.
(La Rochefoucauld, Maximes,

XLIX).

132

Chi V ha detto?

[465-467]

Piuttosto l'uomo bersagliato dalla fortuna potr


forto nella fede, e questa

cercare

con-

non
le

glielo

negher mai, se non altro asdell' affetto del

sicurandolo col Savio che


Signore, poich

sventure sono segni

465.
Per
cit,

Quem enim
i

diligit

Dominus,

corripit.
Ili, v.
12).

(Proverbi di Salomone, cap.


disgraziati,

che bevvero una volta

alla tazza

della feli-

ma

se la videro

troppo presto strappata dalle labbra, un


:

seicentista italiano

ha un verso famoso

466.

Appena

vidi

il

Sol che ne fui privo.

che in un capitolo in terza rima di Luigi Tansillo, scritto


per lamentarsi di dover partire e lasciare la donna amata, e di
cui la terzina

nona

dice

Oh

Appena

fortuna volubile e leggiera vedi il Sol, che ne fui privo al cominciar del d giunse la sera.
!

Questo capitolo

il

XIX

tra le Poesie di ?netro vario, nell'edi-

zione delle Poesie liriche di L. Tansillo con prefazione e note


di

F. Fiorentino (Napoli, Morano, 1882), a pag. 167.

Alcuni attribuiscono questo verso,


a Luigi

ma

a torto,
il

come

si

vede,
la

Groto

detto

il

Cieco d'Adria,

quale,

come vuole
tragedia

leggenda, sarebbe divenuto cieco dopo nove giorni di vita.


le

Ma
Ha-

parole del Groto

non suonano
Prologo

cos. Egli nella

driana, cos

fa dire al

(versi 56-59):

l' hora ei \y autore] si ramarica cercando Per qual demerto suo tosto che nacque, Veduto a pena il d, cieco divenne. Se innanzi al nascer suo non f' peccato.

Dante
poema

che

s'

intendeva di

infelicit
:

umana, ha nel suo divino

quella tremenda terzina

467.

Per me si va nella citt dolente, Per me si va nell'eterno dolore. Per me si va tra la perduta gente.
{Inferno,
e.

Ili, v.

1-3).

465. Perocch

il

Signore corregge quelli che ama.

[468-471]

Felicit,

infelicit

133

che

il

principio della paurosa iscrizione sulla porta dell' Inferno


1'

e suo pure

altro verso

468.

Ora incomincian

le

dolenti note.
(^Inferno, e.

V,

v. 25).

Dal nostro teatro tragico


msse di

e lirico

potremmo

trarre larghissima
infelice.

frasi descrittive delle disgrazie di


:

qualche

Scelgo

solo queste

469.

Che
La
470.

al

Havvi tormento mio s'agguagli?


Alfieri,
intitolata

al

mondo

dalla tragedia dell'

Mirra,

a.

Ili,

se.
se.

2.

meravigliosa romanza di Fernando nell' atto IV,

Spirto gentil
Brillasti

Fuggi Larve

d'

ne' sogni miei un di ma perdei: dal cor mentita speme, amor fuggite insieme.
ti

(La Favorita, melodramma

di

A.

Royer

Gustavo Waez,
netti, mus.

trad, dal frane,

da F. Jan-

di Donizetti).

Chi non l'ha udita dalla divina voce del tenore spagnuolo Gay arre
(morto nel 1890), non seppe che sia sublimit del canto.

471.

Andrem, raminghi

e poveri,
porta....

Ove

il

destin

ci

Un

pan chiedendo

agli

uomini

Andrem
RANO, musica
di

di porta in porta....

Duetto della Luisa Miller, melodramma di

Salvatore Camma-

Verdi

(a.

III, se.

2).

[34

Chi Vha detto?

[472-475]

31.
Fiducia, diffidenza

Sull'

argomento della maggiore o minore fiducia da usarsi


:

nelle

cose della vita non trovo miglior consiglio del dantesco

472.

Guarda com'
Dante

la
1'

entri, e di cui tu ti fide.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v. 19).

e pure di

altra frase,

che spesso

si

ripete a denotare
:

persona che gode

pi illimitata fiducia di un altro

473.

Io son colui che tenni

ambo
{Inferno,

le chiavi

Del cor
Questi,

di Federico....
e.

XIII, v. 58-59).

come

si

sa,

Pier della

Vigna che

fu cancelliere e con-

fidente di Federico II imperatore. In luogo della frase dantesca


si

pu, in
'

certi casi

pi opportunamente citare
.

il

virgiliano

474.
Il testo dice

Fidus Achates.
(Eneide,
lib. I, v.

188).

precisamente

Fidus quae

tela

gerebat Achates.

Nel caso
conta,

particolare della fiducia che

pu concedersi a chi
il

rac-

bene che questi tenga presente

verso

475.

Di pi

direi;

ma

di

men
e.

dir bisogna.
ott. 22)
il

usato dall'ARioSTO {Orlando Furioso,

XXVI,

quale

nel narrare sulla fede di Turpino le prodezze di Roggero, che assale


i

Maganzesi

traditori,

soggiunge:

se

Credenza

non che pur dubito che manche al ver e' ha faccia di menzogna.
direi;

Di pi
Il

ma

di

men

dir bisogna.

474.

fido Acate.

[476-477]

Fiihicia, diffidenza

135

Do 476

qui luogo anche

all'

oraziano

Credat Judaeus Apella

Non ego namqiie deos


:

didici

securum agere
[sevum
;

Nee,

si

quid miri faciat natura, deos id

Tristes

ex

alto cli demittere tecto.


(Orazio, Satire,
lib.
I,

sat. 5, v. 100- 103).


si

Si cita anche isolatamente

il

primo emistichio. I commentatori

sono molte volte domandato chi fosse questo Apella, e natural-

mente non hanno mai saputo che cosa rispondere. Sembra che

il

nome

di Apella

non

fosse infrequente fra

liberti ebrei del


; <?

Tra-

stevere; vedasi, inter alia, Cic. ad

Fam., VII, 25

Ne

Apellse
e

quidem

liberto tuo dixeris

e gli Atti degli Apostoli,

VI, 9;

d' altra parte gli

Ebrei erano ritenuti dai Romani come gente su-

perstiziosa,

a cagione della loro religione.

quindi naturale che

Orazio per indicare un individuo credulo, scegliesse un

nome

co-

mune

fra

Giudei.

particella privativa,

La vecchia etimologia della voce Apella, da a e pellis, a indicare un circonciso, filologica-

mente non regge.

32.
Fortuna, fato

477.

....Nel

mondo

Sua ventura ha ciascun

dal d che nasce.


:

(Petrarca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XXXV secondo il Marsand, comin. Amor che meco al buon tempo ti stavi; ed. Mestica, son, CCLXJI).
476. Ci creda l'ebreo Apella, non io; poich so che gli di menano vita, tranquilla; e se la natura fa talora qualche portento,

non sono

gli di corrucciati

a mandarlo dall' alta volta

celeste.

136

Chi r ha detto?

[478-483]

perci inutile di lottare contro

il

destino:

478.

Ducunt volentem
(L.

fata,

nolentem trahunt.
Epistola, ep. 107,
9).

Ann. Seneca,

(che talora si cita compendiosamente:

Fata trahunt)

pur troppo

sempre

479.

Fata viam invenient.


{Eneide,
lib. Ili, v. 395).

Seneca stesso aveva convinto Nerone della


al fato,
(lib.

inutilit di

opporsi

con queste parole, riportate da Dione Cassio nelle Istorie


cap.

LXI,

18):

480.

Non

potes successorem

tuum

occidere.

Benissimo perci I'Alighieri:

48 1

Che giova
fortuna
ci
1'

nelle fata dar di cozzo


{Inferno,
e.

IX,

v. 97).

La

avvolge e

ci

mena
:

a suo capriccio, e bench ta-

lora sia vero

antico dettato

482.

Faber
De

est suae

quisque fortunae.

che attribuito ad Appio Claudio Cieco sulla fede di Sallustio,


repiblica ordinanda,
i

I,

i;

molte volte

il

cieco caso sol-

tanto regge

destini dell'uomo. Perci ninno

pu prevedere quel

che

gli serbi la

fortuna, poi

483.

Che

'nanzi al d de l'ultima partita

Uom

beato chiamar non

si

convene.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Later a. num. XXXVI secondo il Marsand, coni.: Se col cieco desir, che 7 cor distrugge ; ed.
Mestica, son. XLIII).

478. Guidano i fati chi 479. I fati troveranno


cadere).

li

segue di buona voglia, trascinano

gli altri.

la via {-perch si

ccmpia

qziel

che deve ac-

480.

Non

puoi uccidere

il

tuo successore.

482. Ciascuno artefice della propria fortuna.

[484-486]

Fortuna, fato

137

che reminiscenza del biblico:

484.

Ante mortem ne laudes hominem quemquam.


{Ecclesiastico, cap. IX, v. 30).

o dei versi di Ovidio:

Dicique beatus

Ante bitum nemo supremaque funera debet.


{Metamorfosi,
Si
lib. Ili, v.

136 137).

ricordi

l'

ammonizione
Juv.

{jtaxpou Co'j (Schol.

di Solone a Creso Opa xsXo XIV, 328; Diogen. Vili, 51; Apost.
:

"

XVI,
sonio,

30; Juven. X, 274), che

altri

attribuiscono a Chilone (Au-

Septem

sap.,

20,

Seh. 56).

Anche Sofocle
lice Bellotti)
:

cosi d termine aXV Edipo

Re

(versione di

Fe-

Al giorno estremo
Per guati
il

mortale; e mai

felice

Non

tenga l'uom, pria che d'affanni scevro


della vita
il

Tocco non abbia

fine.

Alle quali sentenze degli antichi avvicineremo

il

verso del Pe-

trarca
485.

La

vita el fin e
il

'1

{Canzone

4, secondo Marsand nell'ed. Mestica, pag. 25 com.: Nel dolce tempo de la prima etade).
;

d loda la sera. in vita di M. Laura, I,

di cui, nonostante l'anfibologia del costrutto,

chiaro

il

senso

dopo quanto abbiamo detto avanti. Pure


ai greci

poeti

dobbiamo

la bella

immagine:

486.

L'evento

Su

le

ginocchia degli Dei s'asside.


(Omero, Iliade, trad, di Vine. Monti, lib. XVII, V. 646.647).

Il

testo greco {ivi, v. 514)

veramente dice meno sentenziosamente


v yovaat xetxat.

'AXX'
il

fixoi }iv

xaxa Gev

quale verso trovasi ripetuto testualmente anche nel libro

XX

484.

Non

lodare nessuno prma della morte.

138

Chi

Vha

detto?

[487-491]

dell' //za^^,

V.

435;

Xii^'

Odissea, lib.
e lib. e

I,

v.

267

(e

con lieve

differenza anche nel v. 400),

Incerto dunque

il

futuro,

XVI, v. 129. con somma prudenza


si

volle

il

Cielo tenerlo nascosto agli uomini, che troppo

angoscerebbero
:

neir antivedere

molti mali che ad ognuno appresta la sorte

487.

Prudens

futuri temporis
(Orazio, Odi,

exitum
lib.

Caliginosa nocte premit Deus.


Ili,

od. 29, v. 29-30).

Scherzi della fortuna sono pure

cambiamenti repentini
lei

di

con-

dizione: che cosa c' di pi capriccioso di

e dei suoi doni?

488. Fortuna multis dat nimis, satis nulli.


(Marziale, Epigrammi,
lib.

XII, epigr.

10, v. 2).

Fu
489.

per un capriccio di

lei

che

Una volta un ciabattino Gran signore divent.


dice la canzone di Crespino nell' opera giocosa Crispino e la
fratelli

come
se.

comare, parole di F. M. Piave, musica dei


2);

Ricci (atto

I,

che

altri

raggiunge
....

490.

Un

premio
//

Ch' era
e che

follia sperar.
(Manzoni,
Cinque Maggio, ode).

491.

aucuns
Du

les biens

viennent en dormant.
XI una
mattina per tempo en-

Racconta

Verdier che Luigi

trando in Ntre-Dame de Clry fu trattenuto da un postulante,

che lo supplicava per


.regio:
il

la

concessione di un beneficio di patronato


gli

re tace,

poi girando

occhi attorno scorge

un povero
per

pretucolo addormentato in un angolo del coro: lo

fa svegliare, lo

chiama e ordina che siano

sull' istante spedite le regie patenti

rivestir lui del beneficio stesso chiesto

poco avanti

dall'

importuno

487. Prudentemente Iddio nascose fra tenebre caliginose


del

gli

eventi

tempo

futuro.

488.

La

fortuna a molti d troppo, a nessuno abbastanza.

[492-495]

Fortuna, fato

139

sollecitatore

disant qu'il vouloit en

cet

endroit

faire

trouver

vritable le proverbe qui dit qu'

aucuns
anche

les biens

viennent en
attri-

dormant.

Tallemant des Raux riporta lo stesso aneddoto,


fa
il

buendolo invece a Enrico III e


dormiente.

nome

del fortunato

Ma
492.

il

mondo

fatto a scale, chi le scende e chi le sale


:

ossia

per dirla con la quartina del Giusti

Ma il Ha
E

libro di natura

l'entrata e l'uscita:
loro la vita,
{La terra dei mortis

Tocca a

a noi la sepoltura.
str.
12).

perci

come

facile il salire,

facilissimo

pur troppo anche

lo

scendere, ed

493

A'

voli troppo alti e repentini


i

Sogliono
ed anche pu
dirsi

precipizj esser vicini.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

II, ott.

70).

494.

Du

sublime au ridicule
Napoleone
I,

il

n'y a qu'un pas.


la ritirata di

frase attribuita a

che dopo

Mosca

(di-

cembre 18 12) l'avrebbe pi volte ripetuta


ambasciatore a Varsavia,

in

un colloquio
le

col suo

De

Pradt. Tuttavia

origini

hanno

cercarsene pi in alto, e anche


pag.
188) scrisse:

Marmontel

{uvres, vol. V,

En

gnral le ridicule touche au sublime.

Napoleone, che

test citavo, meraviglioso

esempio

dell' inco-

stanza della fortuna, egli che fu

495.

Due Due

volte nella polvere, volte sugli aitar.


(Manzoni,
// Cinque

Maggio,

ode).

Altro esempio, non

meno degno

di

memoria, sarebbe quello di

Belisario,

di cui narra la leggenda che negli ultimi anni di sua

vita, fatto bersaglio, alle calunnie degli invidiosi, fosse accecato per

ordine dell* imperatore Giustiniano, e ridotto a mendicare in Costantinopoli ripetendo le parole


:

140

Chi P ha detto?

[496-499]

496.

Date un obolo a
tutto questo falso
:

Belisario.
cadde in di-

Ma

bens vero che Belisario


soli sette

sgrazia dell'imperatore,
antichi onori, e

ma dopo

mesi fu reintegrato negli

mori poco dopo (marzo 565). La leggenda deve

essere stata sparsa dal

monaco bizantino Giovanni Tzetza

il

quale nella III Chiliade delle Vari Histori (cap.

LXXXVIII,
Lain

versi 339-348) cosi scrive, secondo la traduzione letterale del


cisio
:

Iste Belisarius mperator

magnus, Justinianeis existons


terrae

temporibus Imperator, ad

omnem quadrantem

cum

explicuis-

set victorias, postea invidia obcsecatus (o

fortunam instabilem) po-

culum ligneum detinens, clamabat


imperatori^

in stadio: Belisario

obulumdale
autem
invi-

quem

fortuna quidem

darum
esse,

fecit excsecat

dia. Alii dicunt chronici,

non excsecatum

fuisse

hunc, ex honoratis

autem infamem postremo factum


exstimationis venisse prioris.

et

iterum ad revocalionem

probabile che lo Tzetza abbia


di

confuso Belisario

con Giovanni
dell'

Cappadocia,
si

il

quale infatti

cadde in disgrazia
rit

imperatore, e

ridusse a chiedere la ca-

per vivere.

Si ricordi pure la miseranda fine di Troia di cui

497.

Etiam periere
nelle

ruinse.
lib.

(Lucano, Far salia,

IX,

v. 968).

Anche

guerre come nelle private tenzoni,


:

la vittoria

spesso decisa dalla fortuna

nondimeno

498.

Fu

il

vincer sempre mai laudabil cosa,


(Akiosto, Orlando furioso,

Vincasi o per fortuna o per ingegno.


e.

XV,

ott. 1).

ovvero, come osserva

il

Machiavelli

(o

per essere pi

esatti,
i

com'

egli fa dire a

uno

dei popolani fiorentini che eccita


:

suoi

compagni a

ribellarsi alla Signoria)

499. Coloro che vincono, in qualunque

modo
lib.

vin-

cano, mai

non ne riportano vergogna.


(Istorie Fior.,

IH).

497.

Ne

sparirono perfino le rovine.

[500-503]

Fortuna, fato

141

Gode, e giustamente,
sia

il

vincitore:

si

consola

il

vinto

come pu,

che sopporti V avverso destino con lo stoicismo dell'Uticense,


^

di cui fu detto:

500. Victrix causa Deis placuit, sed vieta Catoni.


(Lucano, Farsalia,
o l'altezza di animo di Enea, cui
il

lib. I, v.

128).

poeta nella Bidone abbanin bocca queste parole


:

donata del Metastasio

(a. I, se. 6)

pone

501

Il

mio eore
Seneca
che:

maggior

di

mia

fortuna.

o pensi con

502. Fortuna opes auferre,

non animum
{Medea,
a.

potest.
1,

II, se.

v. 176).

sia

che abbia

la disinvoltura di

quel poeta che scrisse

503.

Un'altra volta vinceremo noi.

questo un celebre verso del canonico Mari, pisano, autore di un poema stranissimo intitolato la Giasoneide^ dove Giasone dopo
aver perduto una battaglia:

Grazioso

il

re disse agli afflitti eroi:

Un*
Il

altra volta

vinceremo noi.

Mari

fu immortalato dal novelliere toscano

Domenico Batacpovero cano questo


:

chi, le cui poesie

sono piene

di allusioni ridicole al

nico.

Un

esempio della sintassi del canonico Mari

ad

suo poemetto stampato nel 1791 prepose, come d'uso,

la se-

'uente protesta:

Le

parole Giove, Fato, Divinit ecc. esprimono

dei Gentili la falsa religione,


si

non

dell'

autore la vra credenza che

pregia di

non

sentire

Abbiamo
fortasse
i

sentito per bocca del povero


fidi

Mari come Giasone conconsolazione com'un'al-

suoi

dopo

la sconfitta.

Una

500.

La causa
Catone.

del vincitore piacque agli Dei, quella del vinto a

502.

La

fortuna pu togliere le ricchezze, non

1'

animo.

T42

Chi l'ha detto?

[504-506J

tra

Non

era gran cosa di meglio quella di chi

si

rallegrava che

eravamo rimasti

504.

Padroni delle acque.


ridere,

Pur troppo sono parole pi da piangere che da


parole storiche, sono parole dell' ammiraglio
nel telegramma ufficiale spedito
battaglia di Lissa del 20 luglio
al

ma

sono

Carlo

di

Persano
infelice

governo subito dopo V

1866. L'inetto comandante cerla circostanza

cava di confortarsi del lutto della giornata con


le

che

sue navi, decimate e malconcie

erano rimaste padrone

delle

acque. Egli stesso vi insisteva nell'opuscolo apologetico

I fatti
dinanzi
l'

di Lissa (Torino,

1866) pubblicato prima


:

di comparire

all'Alta Corte di Giustizia

Esse

(le

navi italiane) ebbero


le

or-

goglio di dar caccia al nemico


e

quando volse verso

sue terre,

non avendolo potuto raggiungere prima che ne padrone


delle

fosse al riparo,
(pag.
26).

di rimanere

acque della battaglia


ai

?>

Anche
l'

il
il

telegramma comunicato

giornali dal Ministero del

Interno

giorno dopo della battaglia ripeteva che

La

flotta

italiana rimase

padrona

delle acque del

combattimento
si

Tornando

ai vincitori e ai vinti,

qui soprattutto

vede che

505.

Le

profit

de l'un

est le

dommage de

l'autre.
;

titolo del cap.

sto in ispecial
fitto

XXI, lib. I, degli ^^^ow di Montaigne e modo avviene quando ci sia chi sappia trarre
tal

quepro-

per s della industria e delle fatiche altrui. In


il

caso

si

ama

ripetere

virgiliano:

506. Sic vos

non

vobis.

di cui nota la storia, conservataci in quella Vita di Virgilio, che

va, a torto,

cap.

sotto il nome di Tib. Claudio Donato XVII. Virgilio scrive una notte sulla porta
il

(il

giovane),

del palazzo
il

dell'Imperatore Augusto

seguente distico senza apporvi

suo

nome

Nocte pluit tota, redeunt spectacula mane: Divisum imperium cum Jove Caesar habet.
506. Cos voi non per voi.

[506-507]

Fortuna, fato

143

Batillo,

meschino poetucolo, se ne

fa credere

1'

autore, e ne

ri-

ceve in contraccambio da Augusto lodi e danari. Allora Virgilio

toma

a scrivere sulla porta per quattro volte di seguito le parole

Sic vos non vob. Augusto vuol sapere che cosa significhi ci;

ninno sa spiegare

1'

enigma, e finalmente quando

la curiosit di

tutti eccitata, Virgilio stesso

la

chiave dell'indovinello, ripe-

tendo dapprima

il

distico rubatogli, seguito dal verso:

Hos ego
quindi completa
i

versiculos feci, tulit alter honores,

quattro emistichii in questa forma:

Sic vos

Sic vos
Sic

Sic

non non vos non vos non

vobis nidificatis aves,

vobis veliera
vobis

fertis

oves.

vobis mellificatis apes.


fertis aratra

boves.

33.
Frode, rapina, prepotenza

Frode
vagio:

e prepotenza
fra le

sono
la

le

due

arti

onde

si

avvantaggia

il

mal-

ma

due

pi

trista la
il

prima. Tuttavia essa trova

anche delle attenuanti, per esempio

famoso

^07.

Mundus

vult decipi, ergo decipiatur.


nelle Histories sui temporis (lib.
al card.

che GiAC.

Aug. de Thou
di

XVII,

sub anno 1556) attribuisce (con qualche variante)

Carlo
et

Caraffa, nipote
re di Francia.

Paolo IV, e legato pontificio presso Enrico II


occursante passim populo et in genua

Ferunt eum, ut erat securo de numine animo

ummus

religionis derisor,

ad ipsius conspectum procumbente, ssepius secreta murmuratione


haec verba ingeminasse
:

Quandoquidem populus
di questa frase,

iste

vult decipi, vult de-

decipiatur

Ma

la

prima parte

Mundus

507.

n mondo

vuol essere ingannato, inganniamolo dunque.

144

Chi V ha detto?

[508-513]

dpi,

si

trova gi in tedesco nella Narrenschiff di Seb.

Brants

(1494, ed. Zarncke, Leipzig,

1854, pag. 65) e in latino nei Pale ediz.).

radoxa

di

Seb.

Francks
il

(1533, Nr. 236 o 247, sec.

Talora

alla frode

deve per necessit attenersi chi non pu per


suo intento:

altre vie raggiungere

508.
come

Dove
dice
il

forza

non vai giunga l'inganno.


nella

Metastasio

Bidone abbandonata
alla

(a. I, se.

13).

Parlando della frode, mi tornano

memoria

la frase

dantesca:

509

Quella sozza imagine di froda.


(Dante, Inferno,
e.

XVII,

v.

7).

- costei Gerione,
il

la fiera

con

la

coda aguzza

colei
fa

che tutto

mondo appuzza

- e la bizzarra

domanda che

a s mede-

simo

Don

Basilio:

510.

Qui diable

est-ce

donc qu'on trompe

ici?

nel Barbier de Seville di

sopravviene inaspettato in casa d


sotto le vesti di

Beaumarchais (a. III, se. 10), quando Don Bartolo, mentre il Conte
d
la lezione

Don Alonzo

di

musica a Rosina.
il

Non
511

si

pu parlare

della prepotenza senza ricordare

verso

Ragion contra
al francese:

forza

non ha

loco.
v.

(Petrarca, Trionfo d'Amore, canto IV,


che corrisponde

Ili),

512.

La raison du plus fort

est touj ours la meilleure.


(La Fontaine, Fables,
1,

10).

che stato ringiovanito nella frase moderna

513.

Macht geht vor Recht.


anche nella forma francese:

citata di frequente

La

force prime le droit.

ed attribuita a Bismarck,

ma
Ge.

smentita da

lui

medesimo come

prova

il

Bchmann

nelle

Worte,

XIX.

Aufl., S. 550.

[514-5^7]

Frode, rapina, prepotenza

145

Delle prepotenze usate


gelo,
la
:

al

Giusto secondo
il

il

racconto del
il

Van-

voce comune conserva

ricordo

ripetendo

versetto

biblico

514. Diviserunt vestimeli ta ejus.


{Vang, di S. Matteo, cap. XXVII, v. 32; - S. Marco, cap. XV, v. 24 - S. Luca,
;

cap. XXIII, V. 34).

che alcuni citano erroneamente

Diviserunt vestimenta mea.

Un
515.

verso dantesco

Tra male gatte era venuto

il

sorco.
e.

(Dante, Inferno,
appartiene alla stessa categoria di concetti:
versi di

XXII,

v. 58).

ed ugualmente due
:

una lubrica

(e

perci notissima) poesia

516.

Degno

di gloria quei che ruba


La lampada
3).

un regno,
di S. Antonio,

Chi ruba poco d'un capestro degno.


(G. B.

Casti,

novella, sest.

Anche un epigramma

di

Francesco Proto, Duca di Maddaloni,


la

persona popolarissima in Napoli per

sua mordacit, dice:

Un
ci

ladruncolo jeri iva in prigione,


io

ed

chiedendo a

lui

per qual ragione,


:

Si sa

mi rispondea solito gioco vo' perch ho rubato troppo poco


lecito al potente e al
il

Pur troppo quel che


nell'
gli

superbo colpa

umile e nel povero,


:

quale troppe volte paga per s e per

altri

517.

Morir denno i plebei furfanti oscuri Perch i furfanti illustri sien sicuri.

514. Si divisero
10

le

sue vesti.

146

Chi V ha detto?

[518]

la morale della

favola // pastore ed

il

lupo di

Lorenzo

Pi-

GNOTTI.

Come esempio
di

di prepotenza e al
si

tempo medesimo

di vanda-

lismo non nuovo nella storia

ha quello ricordato

nella satira

Pasquino:

518.

Quod non fecerunt Barbari, Barbarini fecerunt.


Urbano Vili (Maffeo Barberini) che
tolse
il

detta a proposito di

bronzo onde erano

rivestite le travi del portico del

Panteon per

farne cannoni (chi dice pi di ottanta, chi centodieci), e le quattro

colonne e
narrato

il

baldacchino

dell' aitar

maggiore in S. Pietro.

Il fatto

anche dai contemporanei.


alla

Di cannoni
{sic),

il

Papa presente

ha molto contribuito
Angelo,

mancanza

che prima n'havea lo

Stato Ecclesiastico.... Molti sono stati gettati di nuovo per Castel S.

col valersi
il

anco del metal antico di cui era singotutti gli

larmente adornato
tonda.

tempio di
il

Dei, hoggidi detto la


:

Onde nacque

motto di Pasquino

RoQuod non fecerunt

Barbari, Barbarini fecerunt

Cosi, nella sua Relazione del 1635

r ambasciatore veneto Contarini {Le Relazioni della Corte di Roma, ecc., voi. I, Venezia, 1877, pag. 58). E un diarista contemporaneo, Giacinto Gigli, in questi termini descrive popolare per tale profanazione
:

il

malcontento

Il

popolo andava curiosamente


far di

a veder disfare una tanta opera, e


sentire dispiacere et dolersi che

non poteva
s

meno

di

non

una

bella antichit, che sola era

rimasta intatta dalle offese dei barbari e poteva dirsi opera vera-

mente eterna,
prof.

fosse ora disfatta .


si

Oggi, merc

le

ricerche

del

G. Bossi,

conosce

l'

autore di questa satira, che fu l'agente


il

mantovano Carlo Castelli. Vedi


nini,
la

voi. del Fraschetti, //

Ber-

sua

vita, le sue opere ecc., a pag.

59.

518. Quel che non fecero

Barbari, fecero

Barberini.

[519-521]

Giorno

e notte

147

34.

Giorno e notte

L' alba cosi descritta da uno dei nostri maggiori poeti

519.

Gi l'aura messaggera erasi desta Ad annunziar che se ne vien l'aurora:


Ella intanto s'adorna, e l'aurea testa

Di rose

colte in paradiso infiora.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

II, ott.

II).

mentre in questi termini descrive una mattinata d' aprile


soni nella Secchia Rapita
(e.

il

Tas-

I,

ott.

6)

520.

E E

s'udian gli usignoli


gli asini

al

primo

albore.

cantar versi d'amore

Il

cader della sera, allorch suona la campana dell'Ave Maria,

quanto bene dipinto nella Divina Commedia:

521.

Era gi l'ora che volge il disio Ai naviganti e intenerisce il core

Lo

di
lo

c'han detto
se

a'

dolci amici addio;

che

novo peregrin d'amore


il

Punge,

Che paia

ode squilla di lontano, giorno pianger che si more.


(Dante, Purgatorio,
e.

Vili, v.

1-6).

Mentre qui

il

poeta non vede e non sente che

la

dolce malin-

conia delle ore crepuscolari, altrove saluta la sera


tatrice di riposo:

come appor-

148

Chi V ha

detto ?

[522-525]

522.

Lo giorno
Toglieva

se

gli

n'andava, e l'aer bruno animai che sono in terra


(Inferno,
e.

Dalle fatiche loro.


II, v.
1-3).

Pi
per
il

tristi

pensieri invece ispira

il

cadere del giorno al

Petrarca

quale

523.

....

Nel fuggir del

sole

La

ruina del

mondo

manifesta.
{Trionfo del Tempo,
v. 68.69).

Sale la notte,

e,
:

se nel cielo stellato risplende la luna, ecco

il

bel verso oraziano

524.

Nox
non
e'

erat et ccelo fulgebat luna sereno.


(Orazio, Epodi,

XV,
:

v.

1).

e se

la luna,

ci

saranno per lo

meno

le

stelle

525.

Notte d'amor

tutta
Dagli

splendor

astri d' or.

come cantano Faust e Margherita nel duettino del Faust, di J. Barbier e M. Carr, trad. ital. di Ach. De Lauzire (a. II, se. io). Gounod scrisse in una sua lettera che, vent' anni prima, in un giardino a Roma, gli era ispirata chi sa da quale misteriosa belt la musica
:

Notte
e
l'

d'

amor

tutta
....

splendor
:

invocazione (nelle medesime scene)

Vogl'

io

Quelle sembianze care

Ancor contemplare Al pallido chiaror Che vien dagli astri

d'or.

524. Era notte e la luna splendeva nel cielo sereno.

[526-529]

Giorno e notte

149

Chi fu

la bella ispiratrice ?

Ora dormir

certo in qualche can-

tuccio di cimitero, forse presso alle ceneri di Shelley, e mentre

vivr sempre

1'

armonia che parti dalla sua bellezza, quante


(Paolo Lioy nella

pri-

mavere avranno sparse fresche erbe


inconsapevole della sua gloria
tologia,
!

sulla terra sotto a cui giace

Nuova An:

1 apr.

1896, pag. 460).

Ma
526.

se

non

ci

sono n luna n

stelle,

diremo allora che

Era

la notte e

non

si

vedea lume.
e.

(Ariosto, Ortaudo furioso,


Il

XL,

ott. 6).

qual verso ricorda

V ottava balzana (ovvero


il

alla hurchiellesca),

pure citata assai di frequente, che

servo Brighella recita nel-

Tatto III,

se.

7,

del Poeta fanatico del

Goldoni:

Era

di notte e

non

ci

si

vedea.

Perch Marfisa avea spento il lume. Un rospo colla spada e la livrea Faceva un minuetto in mezzo al fiume. L' altro giorno da me venuto Enea, E m' ha portato un orinai di piume. Cleopatra ha scorticato Marcantonio; Le femmine son peggio del demonio.

Ma

torniamo

alla notte, e sia

pure notte oscurissima e

fitta,

pur-

ch non sia per alcuno

la

527.

Notte per

me

funesta!
nell' Otello,

che spavent Desdemona


(a.

melodramma

di

Rossini

Ili, se.

3);

neppure

la

528.
dell'

Notte! funesta, atroce, orribil notte.


Vittorio Alfieri
romanza
(a.

Oreste di
la

I,

primo verso).
il

Se invece

luna illumina de' suoi raggi


di Egidio nel

cielo,

si

ricordi

il

principio della

melodramma

di

Giovanni

Peruzzini, La Contessa d'Amalfi, musica di Errico Petrella


(a.

II,

se.

6):

529.

Fra

rami fulgida

la

luna appare,
il

D'astri

gemmato

sorride

ciel.

150

Chi V ha detto?

[530-534]

E
tere

se la notte
il

non

tanto serena,

sar invece

il

caso di ripe-

coro

530.

fosco cielo, a notte bruna.

Al

fioco raggio d'incerta luna. (La Sonnambula, melodramma


Romani, musica
il

di di Bellini, a.

Felice
I,

se.

6).

Parlando di notte e di oscurit


verso dantesco
:

caso di citare anche

l'

altro

531.

Io venni in loco d'ogni luce muto.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v. 28).

Intanto

la

notte volge al suo termine,


e
il

un

lieve chiarore si leva

dall' Oriente,

nuovo giorno

si

annunzia. D' ordinario esso

sempre
che

il

benvenuto,
ripetendo
l'

ma

vi chi pi ardentemente lo desidera, sia


:

stia

invocazione terribile

532.

sole, pi rapido a sorger t'appresta. Ti cinga di sangue ghirlanda funesta!


{Lucia di

Lammermoor, melodramma

di

Salv.

Cammar ANO, mus, di G. Donizetti, a. Ili, se. 2).


ovvero formulando pi dolci e miti desiderii voglia dire:

533.

O
come

consolarmi affrettati, giorno sospirato!


Linda di Chamounix melodramma
,

nel duetto della

di

Gae-

tano Rossi, musica

di G. Donizetti (a.
(se.

I,

se. 4).

Ripete queste
la ragione.

parole Linda nell' atto II

8)

quando smarrisce

35.
Giovent, vecchiezza
La prima
534.

et della vita indicata dal

Petrarca

col verso;

Nel dolce tempo della prima etade.


(Petrarca, Canzone i?i vita di AI. Laura, numero I secondo il Marsand e il Mestica, v. 1).

[535"5403

Giovent, vecchiezza

mentre
bini,

1'

Alighieri, alludendo

all'

informe linguaggio dei bam-

disse di s:

535.

Innanzi che lasciassi

il

pappo
l'

e
e.

il

dindi.
v.

(Dante, Purgatorio,

XI,

105).

Ci che rende pi cara quell' et

innocenza dei pensieri e

dei costumi, innocenza che nessun onest'

uomo

oserebbe turbare,

poich

536.

Maxima

debetur puero reverentia.


(Giovenale, Satira XIV,
v. 47).
si

e anche al giovanetto uscito dalla puerizia bene

addice, se

non

l'assoluta innocenza, almeno la modestia:

537.

Decet verecundum esse adolescentem.


(Plauto, Asinaria,
a.

V,

se.

1,

v. 6).

questa stessa innocenza che rendeva


Cristo, che soleva dire:

fanciulli cosi

accetti

Ges

538.

Sinite parvulos venire ad me.


{Vang, di S. Marco, cap. X,
v. 14).

Ma
parire

pur troppo col maturarsi dei tempi anch' essa tende a scom:

539.
tutti

Ah!
(a. II, se.

il

n'y a plus d'enfants!


Malade imaginaire
la

ripetono dopo che Argant nel


Il) lo

di

Mo-

lire

ha detto per

prima volta, e ne ha creato

quasi un proverbio.

Quei bambini, che prima facevano


con
le

la delizia delle nostre case

loro ingenue grazie, sono oggi diventati, inconsciamente o

no, degli

540. Enfants terribles.


come
delle

soglionsi chiamare con frase usata per la prima volta in

una

comiche composizioni di Gavarni. Veramente se

bambini

536. Al fanciullo dovuta la massima reverenza.


537. Conviene che l'adolescente sia verecondo. 538. Lasciate che i fanciulli vengano a me.

152

Chi V ha detto?

[541-544]

diventano

terrihili,

molte volte lo

si

deve ascrivere non a sover-

chia malizia,
leggi naturali

ma
ed

alla

nessuna esperienza del


Il

mondo

e delle sue

artificiali.

vivere sociale e la sua educazione


della bestia

non ha

corretto in essi alcuno degli ingeniti istinti

umana; perci

La Fontaine

scrisse di loro che:

541.
in

Cet ge est sans

piti.

una

delle sue favole pi deliziose, Les Detix

Pigeons

(liv.

IX,

fable II).

In tempi eccezionali vedremo


audacia
gli

fanciulli superare in

senno

e in

anni loro, ed allora che

542.

bimbi d'Italia
Si chiamai! Balilla.

come

detto

neW Inno

di

Goffredo Mamell

(str.

4)

allora
la

che essi intuonano quel popolarissimo inno del 1848 di cui


strofa dice:

prima

543.

Ora slam

{o

Noi siamo)

piccoli,

Ma
La

cresceremo,

Difenderemo
libert.
si

e di cui non si conosce con certezza l' autore. Lo Pietro Ruggeri da Stabello, poeta bortoliniano, il
i

riteneva di

principale fra

poeti vernacoli bergamaschi e autore di altri inni popolari del

tempo, stampati pure anonimi;

ma
IV,

profF.

D'Ancona
il

e Bacci nel

Manuale

della letter, ital. (voi.

p. II, Firenze, 1894, P- 614),

assicurano invece ch'esso fu composto dopo

1789 per

il

Batta-

glione della Speranza di


sotto
il

Modena da Giovanni Fantoni,


i

pi noto

nome

arcadico di Lahindo.

Ma,

tant' , io preferisco vedere

bambini

ai

loro giuochi,

gio-

vanetti allo studio, gli uomini al lavoro, poich

544.

Chaque ge a

ses plaisirs, son esprit et ses

[murs.
(BoiLEAU, Art potique,
3, 374).

[545"547]

Giovent, vecchiezza

153

Ecco

la

giovent,

lieta,

superba

e confidente:

545.

Nos quoque floruimus, seS flos erat ille caducus, Flammaque de stipula nostra brevisque fuit.
(Ovidio, Tristia,
lib.

V, eleg. Vili,

v. 19-20).

Dolce

il

ricordo delle beate illusioni degli anni giovanili; e per

molti non possibile di udire senza una certa lieve


la

commozione

romanza

546.

Oh
V
Oh

de' verd' anni miei.


nell' Er?tani,

cantata da Carlo

dramma

lirico di

F.

M. Piave,

musica di G. Verdi:
de' verd' anni miei

Sogni e bugiarde larve, Se troppo vi credei L' incanto ora disparve. S' ora chiamato sono Al pi sublime soglio, Della virt com' aquila Sui vanni m' alzer.

vincitor de' secoli


Il

nome mio

far.

(Atto

III, se. 1).

Questi sono tra

pochi versi non

tanto

cattivi del Piave,

il

quale, mediocre poeta di per s, era poi veramente


cieco in

uno strumento

mano

del Verdi, che

si

valeva di

lui

a preferenza di ogni

altro librettista,
ficio del

trovandolo docile e pieghevole anche col sacriIl

gusto letterario, del senso comune, della sintassi.


f'

Piave,

conscio della sua inferiorit,

continuo sacrificio del suo amor

proprio, tagliando, aggiungendo, accorciando, allungando, secondo


le fantasie di

Verdi.

El maestro

voi cussi, e basta: quando

il

Piave

aveva detto queste parole, non occorrevano per


ficazioni.

lui altre giusti-

A tutti
547.

giovani che leggeranno questo libro auguro non per tanto

Pensier canuti in giovenil etate.


(PiiTRAKCA, Trionfo della Pudicizia,
v. 88).

545. Noi pure fiorimmo un giorno, ma quel fiore presto appass, e la nostra fu fiamma di stoppa, fuoco passeggero.

154

Chi V ha detto?

[548-552]

e che per nessuno di loro possa dirsi quel che di troppi


cio che

si dice,

548.

La plupart

des

hommes emploient la premire


vol.
I,

partie de leur vie rendre l'autre misrable.


(La Bruyre, Caractres,
cap,
11).

(Cos sta nelle ediz. avanti quella del 1696: le altre dicono

invece la meilleure partie).

E
la

a sorreggerli fra le asperit e le dubbiezze della vita, potr,


la

per coloro che hanno

ventura di credere, concorrere

la

Fede,

quale

549.

Tempra
Il

de' baldi giovani

confidente ingegno.
(Manzoni, La Pentecoste, inno,
v. 137-138).

Ma
550.

questa prima met della vita presto vola: eccoci

Nel mezzo del cammin

di nostra vita.
e. I,

(Dante, Inferno,
verso che Dante stesso cosi commenta
:

v.

1).

La

nostra vita procede

ad imagine
questo arco
vito,

d' arco,
nelli

montando
gli

e discendendo. Il punto

sommo

di

perfettamente maturati nel 35


anni,

anno {Con-

IV,

23).

Volano

551.

Eheu

fugaces, Postume, Postume Labuntur anni.


(Orazio, Odi,
lib. II,

od. 14, v.

1-2).

ecco la dolorosa e stanca vecchiaja, e

552.

Gi dello spirto

il memore Moto veloce langue,

lento scorre e gelido


il

In ogni vena
Questi versi sono nell'ode
cui si suole ricordare

sangue.

La
1'

vecchiezza di G. B. Niccolini, di

anche

ultima strofa

551. Ohim, Postumo, Postumo, fuggono veloci

gli

anni!

[553-557]

Giovent, vecchiezza

155

Che

mentre manda un gemito, dell' error s' avvede,

S' apre la

tomba

gelida

Sotto lo stanco piede.

Ecco l'uomo

553.

Giunto sul passo estremo Della pi estrema et.


nell' epilogo del

come canta Faust

Mestofele, parole e musica di

Arrigo Boito
nale,

eccolo vacillante e canuto

come

il

Caronte infer-

che

Dante

chiam

554.

Un

vecchio bianco per antico pelo.


{Inferno,
e. Ili,

v. 83).

eccolo,

magro compenso!, circondato da quel


:

rispetto che tri-

ste privilegio della tarda et

555.

Magna
egli

fuit

quondam
il

capitis reverentia cani.


(Ovidio, Fasti,
lib.

V,

v. 57).

purch

sappia rispettare

suo crine canuto, se vuole che lo

rispettino gli altri, poich

556.

Peu de gens savent


{L.K

tre vieux. Rochefoucauld, Maximes, CCCCXXIII).


:

e soprattutto tenersi lontano da traviamenti che sono di altre et

557.

Turpe senex
miles
si

miles, turpe senilis amor.


(Ovidio, Antares,
lib. I.

eleg. IX, v.
le

4).

Il

ha da intendere di chi milita sotto


1'

insegne di

Amore,

infatti

argomento

di questa elegia
all'

una poetica com-

parazione

dell' arte

guerresca

arte di amare.

Non

tutti facilmente si
si

acconciano a rinunciare a giuochi e a


altri

costami che meglio

addicono ad

tempi.

La

vecchia serva

555.

Un tempo
il

grande era

la riverenza

per

il

capo canuto.
le

557. Turpe

vecchio che vuol ancora militare sotto


1'

insegne

di Cupido, turpe cosa

amore nei vecchi.

156

Chi l'ha detto?

[558-561]

nel capolavoro d Rossini


pi, e canta:

si

duole che

gli

amanti non

la

corteggino

558.

Oh

vecchia] a maledetta!
tutti disprezzata....

Son da

vecchietta disperata
cosi crepar.
(//

Mi convien
Perci non mancano

Barbiere di Siviglia, parole di Cesare Stkrbini, musica di Rossini, a. II, se. 5).

furbi di tre cotte che sanno trarre partito


:

da queste

senili

debolezze

quindi

la

esclamazione del Giusti

559.

Oh

le vecchie, le vecchie,
le

amico mio.
io.

Portano chi
Intanto
il

porta; e lo so

{Gingillino, P. Ili, str. 18).

tempo, che galantuomo per


il

tutti,

corre senza tregua,


sacrifici,

e si appressa

giorno in cui virt e

vizi,

debolezze e
si

avranno un termine. Vero che nessuno in generale


di questo doloroso scioglimento:

preoccupa

560.

Nemo

est

tam senex qui

se

annum non
lib.

putet
VII).
il

posse vivere.
(Cicerone, De Senectute,

nulladimeno
povero, per

la fine viene, e
il

viene per tutti, pel ricco


il

come per

vecchio come per


il

giovane.

Ma

se per quest' ul-

timo inattesa e crudele, per

vecchio in molti casi una libei

razione; che benissimo scriveva fra


telletto

suoi /'^Vrz' quell' acuto in-

che fu

Giacomo Leopardi:
male: perch libera e

561.

La morte non
da
tutti
i

l'uomo

insieme coi beni gli toglie i desiderii. La vecchiezza male sommo: perch priva l'uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti e porta seco tutti i dolori.
mali,
;

560. Nessuno tanto vecchio che non creda di poter vivere ancora

un anno.

[562-565]

Giustizia,

liti

157

36.
Giustizia, liti

Principio fondamentale ed eterno della giustizia

1'

562.

Unicuique suum.
va cercata specialmente in due passi
III, 15
:

di cui la fonte

di

Cicerone,
distribuit ;

De natura deorum,

Justitia....

suum cuique
I, tit. I,
i
:

e delle Istituzioni di

Giustiniano,

lib.

Justitia est

constans et perpetua voluntas ius

suum cuique

tribuens. Si

pu

anche dire con

gli evangelisti

563.

Reddite

(ergo) quae sunt Csesaris, Caesari, et

quae sunt Dei, Deo.


(Evang. di
S. S.

Matteo, cap. XXII,


v. 17.

Marco, cap. XII,

v. 21. - S. Luca,

cap.

XX,

V. 25).

pure della Bibbia

la

sentenza:

564. Justus ut

palma

florebit.
(Salmo XCI, vers.
2),

che disgraziatamente vera solo.... nel senso metaforico, poich


troppe volte
l'

amore

della giustizia, per

l'

ingiustizia degli uomini,

porta disgrazia a chi lo professa.


tefice,

Lo seppe Gregorio VII ponle cui

morto a Salerno

il

1085,

ultime parole, a torto o

a ragione, furono:

565. Dilexi justitiam, et odivi iniquitatem, prop-

terea morior in exili.


562.

A
a

ciascuno

il

suo.
di Dio.

563. Rendete dunque a Cesare quel che di Cesare, e rendete

Dio quel che


il

564. Fiorir

giusto

come

la

palma.

565.

Amai

la giustizia,

odiai l'iniquit e perci

muoio

in esilio.

158

Cht

l'

ha detto?

[566-569]

Vedi, tra

le altre

fonti, le

Vite dei pontefici in seguito a quelle

di Anastasio Bibliotecario,

scritte dal card.

Nicol d'Aragona
torn. Ili, p.

nei

Reriim Italicarmn Scriptores del Muratori,

348,

cap.

ex, ove

si

aggiunge:

Episcopus respondisse
exilio,

Quod contra quidam Venerabilis narratur: Non potes, Domine, mori in

qui in v'ce Christi

et

Apostolorum ejus

divtriitus acce-

pisti gentes haereditatem, et pos'^essionem ienninos terrae.

Altra sentenza biblica questa che loda

1'

unione della giu:

stizia e della misericordia nel principe perfetto

566. Misericordia et Veritas obviaverunt sibi: justitia et

pax

osculatse sunt.
{Salmo I.XXX1V, vers.
11).

e all'incontro di

Cicerone

la

seguente definizione

filosofica

della giustizia

567. Justitia.... erga Deos religio, erga parentes pietas, credi tis in rebus fides.... nominatur.
(Cicerone, De partitione oratoria,
22).

pure di Cicerone quest' altro, detto a temperare


:

la

soverchia

rigidit dei rigoristi

568.

Summum

jus,

summa

iniuria.
{De ociis,
lib. I,

cap,

11).

ma

egli del resto

non

cre questo aforismo legale, che gi


(a.

si

tro-

vava nel Heautontiinoroumenos di Terenzio


Jus

IV,

se. 4, v.

48):

summum

saepe

summa

est malitia.
-

Di
pieno

siffatti
il

apoftegmi od aforismi giuridici {parcemi juris)


le

Foro, e molti hanno anche varcato

mura
i

della curia

per diventare popolari e di

comune

uso. Tali sono

seguenti:

569. Audiatur
566.
567.

et altera pars.
si

La

misericordia e la verit
il

sono incontrate insieme:


la

si

son date

bacio la giustizia e
se rispetto a

pace.

La
i

giustizia,

Dio

dicesi religione, se verso

parenti piet, se nelle cose affidate dicesi fede.


diritto

568.

Il

estremo diventa talora anche un estremo torto.

569. Si senta anche l'altra parte.

[570-574]

Gitcstiza,

liti

159

frase di

uso comune presso


:

gli

antichi,

e usata anche nella elosi

quenza forense ad Atene

in questa
2,

forma precisa

trova in Se-

neca, Medea,

a.

II,

se.

v.

199-200.

570. Ultra posse

nemo

obligatur.
est,
tit.

o anche: Impossibilium nulla obligatio


juniore,

sentenza di
17.

Celso

Lex 185 Digestorum,

lib.

50,

571. Error
*

communis

facit jus.-

facit jus,

Non v'ha giurista il quale non adoperi il ditterio Ei ror communis ma pochi si diedero la briga di appurare che sia scritto nella legge 3* del Digesto al titolo De stipelle etil e legata (Giuriati,

Arte forense).

572. Fiat justitia et pereat

mundus.
I che fu gi re d'

era motto abituale, secondo che assicurano molte raccolte di detti


sentenziosi, dell' Imperatore

Ferdinando

Unpu

gheria e sed sul trono imperiale


considerarsi

dal 1556 al 1564: esso

come

il

prototipo di un' altra frase rimasta celebre


la

ma

citata

poco esattamente, cio

seguente

573. Prissent les colonies plutt qu'un principe.

La
da
del

si

attribuisce a Robespierre,

ma non

sua

fu invece detta

Dupont de Nemours
15 maggio 1791.

all'Assemblea Nazionale nella seduta


stato detto che
i
i

Era

provvedimenti favo-

revoli ai negri irriterebbero

coloni delle colonie francesi, e avreb

bero prodotto una fatale scissione.

Si cette scission, disse

1'

ora-

tore, devait avoir lieu, s'il fallait sacrifier l'intrt


il
il

ou

la justice,

vaudrait mieux sacrifier


contrario di quel che
:

les colonies
gli

qu'un principe.
antichi

Proprio

pensavano

uomini di stato

italiani

574.
Il

Meglio

citt

guasta che perduta.


sue Istorie fiorentine,
lib.

Machiavelli

nelle

VII, (Fi-

renze, Tipografia Cenniniana,

1873, voi.

I,

pag. 330) parlando

570. Nessuno obbligato oltre 571. L'errore comune fa legge.

il

poter suo.

572. Sia fatta giustizia, e perisca

il

mondo.

i6o

Chi l'ha detto?

[575-576]

di

Cosimo

de' Medici
la

il

vecchio, scrive
dall' esilio,

Dicendogli alcuni
si

cit-

tadini,

dopo

sua tornata

che

guastava
tanti

la citt,

e facevasi contra a

Dio a

cacciare da quella
citt

uomini dabe
e

bene, rispose:

Com'egli era meglio

guasta che perduta:

come due canne di panno rosato facevano un uomo da bene ;


che gli stati non si tenevano con
i

mano : le quali voci dettono materia ai nemici di calunniarlo, come uomo che amasse pi s medesimo che la patria e pi questo mondo che
paternostri in
quell' altro

Cosimo era tornato


1 ottobre

in Firenze dall' esilio

con grandi onori

il

1434.
il

di

Virgilio

verso notissimo

575. Disci te iustitiam moniti, et

non temnere
(.Eneide, lib.

di vos.
v. 620).

VI,

La

giustizia divina, assoluta,

ha veramente poco che


occasione
il

fare

con

la

giustizia

umana. Vi sono alcuni che serbano anche


:

in questa

una

fiducia illimitata

e ripeterebbero

all'

1'

audace risposta

del

mugnajo

di Sans-Souci a Federigo

grande:

576. Oui,
di cui

si

nous n'avions pas des juges Berlin.


fece

Andrieux

un verso
storico,

nel suo poemetto

Le meunier de

Sans- Souci dove dette veste poetica a una nota tradizione, che

pu avere fondamento
una
storia narrata

ma

che ha troppe analogie con

da

Lehmann
I,

nel Florilegium politicum aucttim.

(Frankfurt, 1662, to.

pag. 332) e anche con una novella persiana

pubbl. da Wstenfeld nella Zeitschr. der deutschen morgenlnd.


Gesellschaft,

1864, to.

XVIII, pag. 406. La

storia
dall'

esterna di

questa leggenda molto minutamente raccontata

Hertslet in

Treppenwitz der Weltgeschichte, IV. Aufl., pag. 297-300. Co-

munque

sia la cosa,

sembra che realmente Federigo


solo verso
il
il

si

conducesse
i

con molta

lealt

non

mugnajo ma verso
Il

tutti

piccoli

proprietari che circondavano


egli

suo parco.

conte Hoditz, a cui

un giorno narrava
:

la

sua condotta verso uno di costoro, rispon-

deva con molto garbo

Ah

Sire, je vois bien qu'il fait

bon

tre

575. Imparate a coltivare

la giustizia

ed a temere

gli

di.

[577-578]

Giustizia,

liti

i6i

votre voisin en petit

(Dutens, Mmoires d'un voyageur qui se

repose, to. I, pa^. 392).

Andrieux doveva conoscere

questa risposta, o almeno la intu,


;

perch ne fece la morale del suo racconto

577.

Ce sont

jeux de prince:

On respecte un moulin, on vole une province!


Il

primo emistichio era gi noto, perch faceva parte


ils

di

un antico
qu''

proverbio francese: Ce sont jeux de prince ;

ne plaisent

ceux quiles font. D'Olivet in principio della sua Histoire de V Aca-

dmie franaise, narrando


dont
taire

di

una

visita
:

che Cristina Regina di Sve-*


chose assez plaisante et
le secr-

zia fece a quell' istituto, aggiunge

Une

la reine se rait rire toute la

premire, ce fut que

voulant lui montrer un essai du Dictionnaire qui occupoit ds

lors la

Compagnie,

il

ouvrit par hazard son portefeuille au


:

mot

Jeu, o se trouva cette phrase Jeux de prince qui ne plaisent qu' ceux qui les font, pour signifier des jeux qui vont fcher
ou blesser quelqu'un.
solenne risposta

Alla indipendenza ed imparzialit dei magistrati allude anche


la
:

578.

La Cour rend des arrts et non pas des services.


il

che la fama attribuisce a Seguier, primo presidente della Corte di


Parigi sotto

primo Impero

e la Restaurazione,

il

quale l'avrebbe
certo processo
al

detta nel 1827 a proposito delle pressioni che


di

un

stampa o di tendenze politiche dava occasione

governo di

Carlo

di tentare sulla magistratura.


et

Ma

il

Rozan

{Petites igjto-

rances historiqties

littraires, p. $00)

dimostra maliziosamente

che
il

il

Seguier non era

uomo da
il

osare tanta indipendenza verso


le
il

potere; e d'altra parte

Seguier stesso

avrebbe smentite.
nipote del Seguier
;

Courrier de Vaugelas interrog una volta


gli

e questi

rispose (6 ottobre 1886) che suo padre gli aveva molte


di

volte parlato

questa frase

del

nonno,
il

aggiungendo eh'

egli

l'avrebbe detta a un sollecitatore


per avere
la

quale insisteva presso di lui


civile.

Corte favorevole in una causa


il

Ai

giorni nostri

la ripet in Italia

compianto Lorenzo

Eula

che nel 1893 fu

ministro di grazia e giustizia per 44 giorni.


11

102

Chi l'ha detto?

[5 79-58o]

Ma

non mancano pur troppo esempi

della fallacia e della par-

zialit dei giudici terreni.

La

Bibbia

ci

ha serbato

1'

579.

Expedit

(vobis) ut

unus moriatur homo pro


S.

populo.
(

Vang, di

Giovanni, cap. XI, vers.

50).

come

in tempi pi prossimi nato

il

580.

Recordve del povero Fornr.


nella

Vive anch'oggi

memoria, non del solo popolo veneziano,


(altri lo

il

lacrimevole caso di Pietro Faciol

chiamano Pietro Tasca),

giovane fornajo, detto perci

il

Fornaretto, che in una mattina


s'

del 1507, avviandosi a bottega,

imbatt in un

uomo

assassinato

per la via.
esso

Il

giovane
di

si

chin sul cadavere e scorto accanto ad


lo prese. In-

un pugnale

lama finissima, lo raccolse e se

tanto sopraggiunsero gli sbirri, che avendolo veduto chinato sul

morto, lo fermarono, e trovatagli addosso


tri

1'

arma insanguinata

(al-

dicono invece

il

solo fodero del pugnale), lo condussero alla

giustizia.

Dove,

sia

che quel complesso di

fatali indizi

potesse pi
al

delle sue proteste d' innocenza sugli animi dei

Quaranta

Crimi-

nale, sia che effettivamente la tortura,


la confessione della colpa

come
fu

si

narra, gli strappasse

non commessa,

condannato ad essere

appiccato. Il Faciol, sempre chiamandosi innocente, sal con fer-

mezza

il

patibolo alzato fra le due colonne della Piazzetta di

San

Marco

nel pomeriggio del 22

di morire

(come gi fu

marzo 1507, e dicesi che innanzi narrato del Molay e di altri condannati ini

giustamente) minacciasse
parole
:

suoi giudici del gastigo divino con queste


i

No passar un

ano che de

Quaranta che m'ha condanna

no ghe sar pi nissun.


Allora,

Non

trascorsero in vero molti giorni che


il

per un impreveduto accidente venne a scuoprirsi

vero omicida.
il

come suona

la

popolare tradizione, sarebbesi introdotto


il

costume, a lungo serbatosi, se essa narra

vero, di raccomandare
l'

innanzi alla sottoscrizione delle sentenze capitali

integrit e la

579,

necessario per voi che

un uomo muoja per

il

popolo tutto.

[581-582]

Gncstizia, liti

163

prudenza

ai giudici colle

parole: Recordve del povero Fornrf

Allora, pure in espiazione del fallo commesso, ed in suffragio della

vittima innocente, sarebbesi incominciato ad illuminare con due

lampade durante
dell' Avemaria,
l'

tutta la notte,

con due torce durante

il

tocco
della

immagine

della

Madonna, che

dall' alto

chiesa di S.

Marco domina

la Piazzetta.

Ma

lo Stringa, continua-

tore della Venetia ecc. del Sansovino, ricorda che a' suoi tempi ac-

cendevasi una lampada soltanto, e attribuisce l'origine del pio co-

stume

al lascito di

un capitano mercantile dalmata,

il

quale venendo

da Chioggia a Venezia, e sorpreso dalla notte e dalla nebbia, dov


la

sua salvezza

al chiarore di

un lumicino acceso dinanzi a quella

immagine.
lia

Una
1'

tradizione simile diffusa anche in altre parti d'Ita-

si

applica con lievi modificazioni ad altre pie consuetudini.

Del resto
nella
di S.

obbligo di accendere

tali

lampade

compreso tuttora

massa dei fondi


Marco.

della Zecca assegnati alla odierna fabbriceria

La
Raspe

pietosa fine del Fornaretto vive anche oggi nella tradizione

popolare,

ma non

autenticata dai registri Criminali, n

dalle
rii

(registri delle deliberazioni della Quaranta),

si

trova

cordata nei minuziosi Diari del Sanuto. Per segnata in tutti

cosi detti Registri dei Giustiziati, compilazioni private di et diverse, che


si

trovano manoscritte nella Biblioteca Marciana ed


il

al-

trove. Forse

fatto segu in altro

anno

di quello

comunemente

assegnato, e del quale


delle

mancano

registri ufficiali (Tassini, Alctine


esegtiile in

pi clamorose condanne capitali

Venezia sotto la

Reptibblica, 2 ediz., Venezia, 1892, p. 100-102).

Esso ha fornito

l'argomento a un

dramma

di

Francesco Dall' Ongaro.

Altre frasi alludono a storte opinioni di giudici, quali le due


seguenti
:

581.

Judex damnatur ubi nocens

absolvitur.

(PuBLiLio Siro, Mimi, n. 257, ed. Wlfflin et Ribbeck, n. J, 28, ed, Meyer).

582.

Purch

'1

reo non

si

salvi,

il

giusto pera
II, ott.

l'innocente.
(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

12).

581. L'assoluzione del colpevole

la

condanna del giudice.

104

Chi V ha detto?

[583]

come per
massima

alcuni pure ingiusta,


di

ma

per

altri

solo imprudente, la

un personaggio e

politico

contemporaneo:

583.

Reprimere

non prevenire.
liberale

La

teoria che

un governo
i

manchi

di

mezzi

legali di pre-

venzione contro

reati, attribuita all'on.

Giuseppe Zanardelli,
te-

che r avrebbe bandita specialmente nel discorso-programma tenuto

ad Iseo
stuale

il

novembre 1878.

Ma

veramente in questa forma


vi si accenni

non

vi si trova,

bench in molti punti

abba-

stanza esplicitamente, e in due anche pi chiaramente, laddove


1'

oratore parlava dei circoli Barsanti e dei meetings per

l'

Italia

irredenta, che tollerati dal Ministero di allora gli


ciato
il

avevano procac-

biasimo di debolezza. Per questi accenni tengono carat-

tere piuttosto polemico che apodittico. Il principio del reprimere


e

non prevenire ispirava veramente

gli atti di tutto


1'

quel Ministero,

sinceramente democratico, tanto che

on. Cairoli, che era presi-

dente del Consiglio, nel discorso-programma di Pavia del 15 ottobre dell'anno medesimo, aveva francamente cos dichiarato
i

suoi

intendimenti:
blico

L' autorit governativa invigili perch l'ordine pub:

non

sia

turbato

sia inesorabile nel reprimere,


gli

non

arbitra-

ria nel prevenire.

Ma

avversari dell 'on. Zanardelli ne fecero

carico specialmente a lui, che a sua discolpa diceva nel discorso

d'Iseo gi citato:

Dopo

aver cercato di dipingere sotto

pi

neri colori le condizioni della pubblica sicurezza, affermano che

quello stato deplorevole dipende dalle mie teorie liberali, le quali

fanno
forza,

si

che

rappresentanti del governo,

gli

agenti della pubblica

quasi pi non osano in materia di reati di frenare e reprici contradirebbe le

mere perch
formula:

mie

teorie liberali.

Del resto

le vicissitudini della politica

hanno mandato

in dimenticanza che

la

il

governo libero deve reprimere, prevenire giam-

mai

fu gi sostenuta innanzi alla

Camera

dei Deputati da

Bet-

tino RiCASOLi nel .1861


e ancora

negli ultimi giorni del suo Ministero,


il

prima da L. C. Farini,

quale nella seduta del 19 febdei Deputati^ pag. 648) cosi


;

braio 1857 {Discussioni della


disse
:

Camera

Il

principio di libert deve informare tutte le nostre leggi


ricorrere
al

voi

non dovete

sistema preventivo,

ma

dovete

la-

sciare alla libert tutta la sua applicazione;

potete far leggi per

reprimere,

non mai per prevenire

[584-588]

Gnis tizia,

liti

165

Per

le

cattive cause si citer a proposito

il

verso di Ovidio
erit,
1,

584.

Caussa patrocinio non bona peior


(Trstia, lib.
I,

el.

v. 26).

come
si

in generale parlando della risoluzione o


i

meno

delle cause,

potr, secondo

casi,

usare una delle due frasi seguenti:

585.

Adhuc sub

judice

lis

est.
v. 78).

(Orazio, Ars poetica,

586.

Roma
di S.

locuta

(est),

causa* finita

(est).

che secondo

moni
Inde

il Bchmann avrebbe origine da un passo dei SerAgostino (Serm. 131, n. io): Jam enim de hac

causa [Pelagiana], duo concilia missa sunt ad sedem apostolicam.


etiara rescripta

venerunt: causa finita est; utinam aliquando

finiatur error ;

ma

egli

non

sa dirci chi avrebbe aggiunto

il

primo

membro

della frase, che solo implicitamente contenuto nelle pa-

role di S. Agostino.

Del resto noteremo per ultimo e come per conclusione

di

quanto

dicemmo, che:

587.

Les querelles ne dureraient pas longtemps, si le tort n'tait que d'un ct.
(La Rochefoucauld, Maximes,

CCCCXCVI).

37.
Governo, leggi, politica

588. Videbis,

fili,

mi quam parva sapienta regitur

mundus.
584. 585. 586.

La causa cattiva diventa peggiore col La lite ancora innanzi al giudice.

volerla difendere.

Roma
gere

588. Vedrai,

ha parlato, la causa finita. figlio mio, con quanta poca sapienza

si

possa reg-

il

mondo.

l66

Chi V ha detto?

[589-591]

Axel

comune opinione che cos apostrofasse il cancelliere svedese di Oxenstierna suo figlio Giovanni riluttante ad accettare,
1'

per timore della propria insufficienza,

ufficio di

primo plenipoil

tenziario svedese al congresso di Mnster.


la

Secondo

Bchmann

vera lezione sarebbe invece:

An

ne s eis,

mi fili,
le

quantifia pru-

dentia 7nundus regatitr (o regaHtr oris); e

avrebbe dette a
polit, d. apo-

un

frate

portoghese

il

papa Giulio III (Col/eeao

phth. memorar, p. D. Pedro Jos. Suppico de Moraes, Lissab.,


1733, to. II, pag. 44).

Ma

non mancano

altre diverse attribuzioni,

che potevansi vedere

nelle prime edizioni del

Bchmann

stesso

fra le quali notevole

quella riferita dagli


paternit a

Apophtegmata

di Zinkgref,

che ne darebbe

la

Von Orselaer,
la

maestro della Corte del margravio di

Baden. Siccome

prima ediz. dell'opera del Zinkgref del 1626,


verrebbe senz'altro decisa in favore dell'Or-

cio anteriore di 22 anni alla pace di Mnster, se la citazione fosse


esatta, la questione

selaer.

Pi gravi massime

di

governo sarebbero

la ciceroniana:

589. Salus populi

suprema lex
(Cicerone, De

esto.
legibus, lib. Ill, cap.
3).

il

virgiliano

590. Parcere subjectis et debellare superbos.


(Virgilio, Eneide,
e la pi recente
frase
lib.

VI,

v. 854).

assunta quasi a sistema di governo della


:

forte e libera Inghilterra

591.

Imperium

et libertas.

Lord Beaconsfield, nel discorso tenuto al pranzo del Lord Mayor il io novembre 1879, disse: One of the greatest of Romans, when asked what were his politics, replied " Impeiium, et libertas. " That would not make a bad programm for a British
Ministry. It
shrink.

is

one from which her Majesty's advisers do not


il

D'

allora

motto fu quasi proverbiale in Inghilterra.

589. La salute del popolo sia la suprema delle leggi. 590. Perdonare a chi si sottomette, e debellare i superbi. 591. Imperio {p anche Ordine) e libert.

[592-595]

Governo, leggi, politica

167

Ma

chi era

il

grande romano ricordato da Disraeli


:

nelle Filippiche (IV. 4) dice

Decrevit senatus D.

Cicerone Brutum opsignor

time de republica mereri,

cum

senatus auctoritatem, populique

Romani

libertatetn

irnperiumque defenderit.

Ma

il

Ro-

berto Pierpoint, nelle Notes

&
e'

osserva che forse in Disraeli

Queries, 5 dec. 1896, pag. 453, era una reminiscenza del libro
1675), che a pa-

inglese di Churchill, JDizi Britannici (London,

gina 349 dice:

Here

the

two great

interests

7nferium 6^

li-

bertas, res olim insociabiles (saith Tacitus),

began to incounter

each other

, e cita in

margine

la Vita di

Agricola di Tacito;
:

dove per
ciabiles....
Il

(cap.

3)

il

testo alquanto diverso

res olim disso-

prircipatunt ac liberi atein.

buon governo riposa essenzialmente


quanto
sia ottima,

sulle

buone

leggi.

La

legge, per

non pu

soddisfare ognuno, che

592. Nulla lex satis

commoda omnibus
in

est.
cap.
3).

(Catone,

Tito Livio,

lib.

XXXIV,

ma
il

essa

non deve mai

soffocare la vitalit e la iniziativa del paese,


;

quale dovrebbe in caso diverso esclamare

593.
come

La

lgalit

nous

tue.
alla

fu detto

da Viennet

Camera francese

nella seduta del

29 marzo 1833.
Il moltiplicarsi delle leggi

sintomo della decadenza dei codei cattivi cittadini

stumi,

quando

la cresciuta malizia
:

richiede

molteplici provvedimenti

594. Corruptissima republica plurimae leges.


(Tacito, Annali,
III, 27).

La buona
la

legge deve anche essere chiara e breve, perch tutti


la ricordino
:

intendano e

595.

Legem brevem

esse oportet,
(L.

quo

facilius

ab

imperitis teneatur.
Ann. Seneca,
B/>isi. 94, 38),

592. Nessuna legge 594. Molte sono


le

leggi in

comoda ugualmente per tutti. uno stato corrottissimo.


i

595. Occorre che la legge sia breve, perch pi facilmente


pratici la ricordino.

mal

i68

Chi V ha detto?

[596-598]

Ma

guai poi se

le leggi,

buone o

cattive che siano, giacciono


dell' Alighieri:

lettera morta,

motivando l'apostrofe

596.

Le

leggi son,

ma

chi

pon mano ad esse?


e.

(Dante, Purgatorio,
(il

XVI,

v. 97).

qual verso rammenta la arguta metatesi fattane alla Camera

dall' on.

Mazzarella Farao, famoso per

le

sue interruzioni,

Le mani

son,

ma

chi

pon legge ad esse

?)

o se la incertezza e la volubilit di chi governa porta loro ogni

giorno nuove mutazioni.

597.

....

mezzo novembre
fili.
v. 143-144).

Non giugno
tale
si
il

quel che tu d'ottobre


(Dante, Purg.,
c.

VI,

rimbrotto che

il

poeta volge a Firenze dove ogni giorno


si

correggevano le antiche; donde pass Legge fiorentina, fatta la sera e guasta la mattina. Lo Scartazzini crede che Dante citasse per 1' appunto i mesi di ottobre e novembre, alludendo alle grandi mutazioni avin proverbio di dire:

facevano nuove leggi e

venute in Firenze dall'ottobre

al

novembre
frase

del 1301.
al

Buono
non a

pure quel governo che assicura


parole.

paese la pace,

ma
di

sole

La

celebre

pronunziata
di

da

Napo-

leone

III in
il

un

discorso fatto alla


:

Camera

Commercio

Bordeaux

9 ottobre 1852

598.

L'Empire

c'est la paix.
dalle guerre d' Italia,

doveva essere troppo presto smentita


Messico
il

del

e dai terribili disastri del

1870: per cui profeticamente

Kladderadatsch, giornale umoristico tedesco, nel numero del

novembre 1852,
la la

lo

parodiava cos: L'empire c'est Vpe.


sia la

Ma

benvenuta
ai denti,

pace sul serio, a patto che non

pace armata sino

pace ringhiosa che allegra l'Europa in questi giorni.

Sia una pace onorata, che

non

schiacci sotto intollerabili armagli


:

menti, e quindi sotto intollerabili tasse. Perfino Tiberio, a chi

proponeva

di

aumentare fuori di ogni discrezione

balzelli, diceva

[599~6oi]

Governo, leggi, politica

169

599.

Boni pastoris
bere.

esse,

tendere pecus, non deglu(SvETONio, Vita di Tiberio,


32).

Anche Alessandro Magno, secondo che narra Apostolio (IX,


24*^),

diceva una frase simile


la

bench qualcuno dei moderni eco-

nomisti

pensi diversamente. Aristide

Gabelli diceva

alla

Ca-

mera dei Deputati,


pag. 3754)
gnori,
:

nella seduta del 27 luglio

1870 [Discussioni,
si-

Ci

si

parla dei

danni dei privati. Di questo,

non mi occupo. Noi dobbiamo preoccuparci soltanto


dobbiamo
ritenere ancora che

dell'utile

dello Stato, e

600.

Lo Stato
cetto
il

un ente che pu aver


cuore.

tutto, ec-

Ma
sia

forse la frase
si

doveva intendersi

in altro senso, sia che


all' utile

l'

utile

pubblico

debba in ogni caso mandare innanzi


s'

privato,

che

il

compito del governo

intenda limitato ad amministrare


all' si

e a rendere giustizia, lasciando gli uffici della piet


privata.

iniziativa

altrimenti deve intendersi la frase che

suole attri

buire (non so con quanto fondamento) a


litique

Napoleone

III:

La po-

n'a pas d'entrailles.


il

Nondimeno

savio e giusto principe deve tener conto anche

dei pesi sopportati dal povero Pantalone,


gli altri.

che paga per s e per

601.

Paga Pantalon.
Cominciamo
col

infatti frase popolarissima, di cui sarebbe curioso di rintracciare


la sicura origine.

dire

che

Pantalone, sin
il

dal

principio del sec. xvii, era usato a

impersonare

popolo Ve-

neziano, sia perch,


voi. II, Venezia,

come crede

il

Tassini {Curiosit Veneziane,


il

1863, pag.

105)

nome

di Pantalone,

forma

dialettale per Pantaleone, fosse

un tempo comunissimo

sulle la-

gune

(S.

Pantaleone assai popolare a Venezia;

la chiesa a lui
il

dedicata, antichissima, poich fu riedificata nel

1009 sotto

doge
citt),

Ottone Orseolo, era una delle pi estese parrocchie della


sia

per metafora dal piantare

i leoni nelle terre conquistate, sia,

com' pi probabile,
599.
Il

dalla caratteristica

maschera Veneziana.

Il

buon pastore deve

tosare le sue pecore,

non

divorarle.

170

Chi V ha detto?

[602-603]

Pasqualigo nella Raccolta di Proverbi Veneti (3^ edizione, Treviso,

1882, pag. 256) scrive che


.

il

proverbio Pa/7/a/w/<7^a ^er


al

tutti

nacque

alla fine del secolo


i

xv,

tempo
i

delle guerre di

Ferrara, Napoli, Pisa e contro

Francesi e
di

Turchi,
;

che co-

minciarono a rovinare

la

Repubblica
per
tutti

Venezia

la quale, ric-

chissima, pagava davvero


il

in Italia.

Ma

non

a torto

dott. Cesare

Musatti nei suoi Apptmti storici di dialetto Vene-

ziano ritiene che questo motto abbia origini assai

meno

antiche.

Tra
della

le satire e caricature,

che

si

sparsero

all'

epoca della caduta

Repubblica veneziana,
i

famosa quella uscita a Milano, che

rappresenta

plenipotenziari in atto d partire in carrozza da


li

Cam-

poformio. L'oste che

aveva

alloggiati,
gli

corre

loro dietro, gri-

dando

alla portiera:

Chi paga? e

risponde Pantalone, che sta

in serpe:

Amigo, pago

ini! Vedila riprodotta nel voi. di Giov.


le

De
le

Castro, Milano e la Reptibblica Cisalpina gitista

poesie,

caricature ed altre testinonianze dei tempi {M.\&no, 1879), a

pag. 167.

Ne

esiste

un'imitazione con disegno molto diverso, e


in italiano,
fatta

leggenda in

tedesco e

certamente in Austria,
data

dove invece che da Pantalone


di

la risposta

da una figura

un Veneziano qualunque; si trova riprodotta anche questa dal dott. Ach. Bertarelli in un Contributo allo studio della caricatura napoleonica in Italia pubblicato nel Bollettino della Societ
Bibliografica Italiana, n.
12, dicembre 1898.

Se poi

la parola

Pantalone paresse troppo familiare e scheril

zevole per una cosa tanto grave, avete anche

diritto di chia-

marla in latino

602. Misera contribuens plebs.


come
la

chiam un

giurista ungherese,

tripartitum (15 14). Cfr.


plebs. Il

con Orazio

{Sat.,

Verboczi, nel Decretum I, 8, io): Misera

Manzoni

la

chiama invece

603
e

Un

volgo disperso che

nome non

ha.

{Adelchi, coro dell'atto III).

ad un uomo

politico dei nostri giorni piacque di dirla

con frase

carducciana

602.

Il

povero popolo che paga.

[604-606]

Governo, leggi, politica

171

604.

Fango che

sale.

L* onor. Giuseppe Colombo, che fu ministro delle Finanze,


in

una conferenza tenuta a Milano nel

ridotto della Scala la sera

del 7
disse,

novembre 1889 ^ proposito delle elezioni amministrative, con frase un po' rude, dopo aver parlato dell' indifferenza
:

per la cosa pubblica delle classi pi colte


approfitta di questa inerzia, e
il

La popolazione

bassa

caso di ripetere col


dall'

fango sale, sale e sale - sarebbe Carducci. La frase carducciana richiail

mata
netto

onorev. Colombo nelle

Rime

nuove.

Parte II, so-

XXXIII:
Sopra

Dietro un ritratto, ultima terzina:


il

Che

gittare

E
Vero
si

dal

fango che sale or non mi resta il mio sdegno in vane carte palco mortale un di la testa.

che l'onor.

estremi, alle stte, delle quali

Colombo alludeva specialmente ai partiti Ugo Foscolo scriveva che

605.
Cosi

rifare l'Italia

bisogna disfare

le stte.

egli

cominciava

il

suo studio politico Della

serviti

deW Italia
Le Mou-

(Discorso primo:

Considerazioni generali intorno alle parti, alle

fazioni, e alle stte in Italia, Nelle Prose politiche, ediz.


nier,

pag. 186).

Ma

in Italia

partiti,

anche pi avanzati, lungi


di pi acquistando vigore
di loro

dal perder vigore e forza,

vanno ogni

ed audacia, e molti salgono in alto facendosi


del resto

uno sgabello

non

cosa d' oggi che

606.

....

Marcel diventa
(Dante, Purgatorio,
e.

Ogni

villan che parteggiando viene.


VI,
v.

125-126).

Dante intende per Marcello persona

di

grande autorit

politica,

ma non

chiaro cui alluda. Alcuni vogliono che parli di


il

M.

Clau-

dio Marcello,

vincitore di Siracusa, altri di C. Claudio Marcello,

console, partigiano di

Pompeo,

e fiero

nemico

di Giulio Cesare.

I fondamenti sui. quali riposa la vecchia societ, sono scossi ogni

giorno, e
posito
:

versi del poeta di Satana

cadono giustamente a pro-

172

Chi r ha detto?

[607-608]

607.

gi gi tremano

mitre e corone;

move

dal claustro

la ribellione.

E pugna
di fra

e predica

sotto la stola

Girolamo
Romano,

Savonarola
{Inno a Satana, di Enotrio cio Giosu Carducci).

E
608.

chi dice a noi quali sorprese ci serbi l'avvenire? Auguriasia del partito

moci eh' esso non

che ha per suo canto di guerra lo

ira.

l'inno della rivoluzione

francese,

composto probabilmente nel

maggio o nel giugno 1790, poich lo cantavano con entusiasmo i 200,000 operai che lavoravano al Campo di Marte per i preparativi della Festa della Federazione
il

14 luglio

la

musica fu

quella di un' aria di contraddanza allora in gran voga, composta

da Bcourt col
fu rivendicata
il

titolo Carillon national; la paternit delle parole

da Ladre, poeta delle vie e cantastorie ambulante,

quale nel 1793 chiese al Comitato di Salute Pubblica una ricompensa nazionale come autore dello a ira; ma queste due parole che sono il primo verso e il ritornello della canzone, sono

certamente anteriori alla composizione di Ladre, e forse non


senza fondamento la congettura di coloro che ne fanno risalire
le origini

rispondere a chi

Benjamin Franklin, il quale nel 1776 cos soleva gli domandava novelle della grande rivoluzione
certo che la composizione di

americana.

Ladre era troppo


se

lette-

raria per diventare popolare.

Nel 1790 probabilmente

ne can-

tava

un

solo couplet

ira,

La
Malgr

libert s'tablira.

les tyrans,

tout russira.

soltanto sotto

il

Terrore, nel terribile 1793, che fu fatta da


:

ignoti la feroce variante, che la pi conosciuta

[609-610]

Governo, leggi, politica

173

a
Les Les
aristocrates

ira,
!

aristocrates la lanterne

on

les

pendra
i

In quest* anno medesimo erano di moda

famosi versi

609.

Et des boyaux du dernier prtre Serrons le cou du dernier roi.


?

Di

chi sono

Per lungo tempo

la

voce pubblica
il

li

ha falsamente

attribuiti a

Diderot,

e pare che

primo a propagare questa ca-

lunniosa attribuzione sia stato

La Harpe.

per vero che Diderot

nel ditirambo Les leuthromanes, ou abdication d'un

Roi de

la

Fve (1772)

fa dire

a uno degl' interlocutori di quella scena

lirica:

Et

Ma
il

ses mains ourdiroient les entrailles du prtre, dfaut d'un cordon, pour trangler les rois.
e pi noti di questi ultimi
s'

dei versi citati di sopra,

ignora

vero autore, che taluno ha creduto essere Sylvain


resto,

Marchal.
fatto

Del

chiunque ne
il

sia

1'

autore, egli

non avrebbe

che

mettere in poesia

voto selvaggio del celebre

Jean Meslier,

curato di Etrpigni, nello Champagne, morto nel 1733, che nella

seconda parte del suo Testamento, di cui Voltaire pubblic un


estratto, e

che molti ritengono apocrifo, scriveva:

et ce sera le dernier et le plus ardent

Je voudrais, de mes souhaits; je vou-

drais

que

le

dernier des rois ft trangl nvec

les

boyaux du derreli:

nier prtre. Per costoro


gioni
:

non basterebbe

il

demolire regni e

per molti fra essi vangelo la celebre frase di

Proudhon

610.
scritta

La
da

proprit c'est le vol.


que la proprit? La prima delle
fu pubblicata nel

lui nel libro: Qu'est-ce


il

due memorie di cui


col titolo
Il
:

libro si

compone,

1840

Recherches sur

le principe die droit et

du gouvernement.

primo capitolo comincia a questa maniera:


la question suivante:
:

Si j'avais ret

pondre

Qu'est-ce que

V esclavage?
^

que

d'un seul mot je rpondisse

C'est

V assassinat ma pense

serait

d'abord comprise.... Pourquoi donc cette autre demande: Qu'istce que la proprit? ne puis-je rpondre de

mme:

C'est le vol,

sans avoir la certitude de n'tre pas entendu, bien que cette se-

conde proposition ne

soit

que

la

premire transforme?

Il
^

conte

Giuseppe d'Esteurmel racconta nei suoi Derniers souvenirs in data

174

Chi l'ha detto?

[611-613]

dicembre 1848, che

il

Proudhon, questionatosi con Felice Pyat,


d'

aveva avuto un ceffone in cambio


anche
le lenti sul

un pugno,

e gli

si

erano rotte

naso. Per di tutto questo non era rimasto tanto


:

dispiacente quanto delle parole dette dal Pyat nel dare lo schiaffo

/e vous

le

donne, en tote p7'oprit.

Un

tale

che

si

trov prevol!

sente al fatto, avrebbe aggiunto: // ne

Va pourtant pas

{Giorn. di Erud., marzo 1893, P^g- 287).

Pi temperato
zini dicendo:

assai del

Proudhon

si

mostrava Giuseppe

Maz-

611.

Non

bisogna abolire la propriet perch oggi di pochi, bisogna aprire la via perch molti possano acquistarla.
-i

(G.

Mazzini, Doveri deU'vomo, XI,

2).

La

verit per che le teorie socialistiche


il

hanno

fatto

un gran
sono
quali

cammino, e non sono pi


difese e discusse

monopolio

di pochi esaltati,

ma
i

anche da pensatori profondi ed onesti


le

hanno saputo organizzare


l'

masse coscienti e

lavoratrici,

secondo

ormai storica

frase

612. Proletari di tutti


che
l'

paesi, unitevi.

invocazione finale del Manifesto del Partito Comunista

compilato da

Carlo Marx

Federico Engels

per incarico del

Congresso della Lega Comunista di Londra (novembre 1847) e


pubblicato da prima a Londra in lingua tedesca all'alba del 1848,
e poi tradotto in tutte le lingue.

Se esse saranno destinate a


reazionaria
:

trionfare, sar

vana ogni resistenza

le

persecuzioni di ogni genere


il

non faranno
dei proseliti.

(e cosi

accaduto finora) che accrescere

numero

Non
i

dunque da
gressi

consigliarsi a

nessuno

di tentare di arrestarne

pro-

con quei mezzi

di coercizione

che sono sottintesi nella ce-

lebre e impudente frase:

613.

Se son piene

le carceri,
il

son vuote le sepolture.


Luigi Lambruschini
se-

Fu
che
tici.

questa la risposta che

cardinale

gretario di Stato sotto Gregorio


le

XVI

dette a chi

un giorno

gli disse

carceri

non erano pi capaci


il

di contenere prigionieri poli-

Di

lui scrisse

Farini nella Storia d'Italia che

assoluto e

superbo, volle dominar solo in corte e nello Stato.... non soppor-

[614-615]

Governo, leggi, poltica

175

tava emuli o pari in autorit, e non voleva inceppamenti alle voglie e deliberazioni sue.

pure certo che l'ordinamento politico e sociale che oggi vige,

aspetta grandi e radicali riforme, che nulla avranno che fare con
le mistificatrici rivoluzioni politiche, nelle quali
il

popolo ha versensibili.

sato tanto sangue senza ritrarne quasi


sta trista esperienza
1'

mai vantaggi

Quedove

hanno

fatta specialmente in Francia,


:

per non

si

sono ancora convinti che

614. Plus a change, plus c'est la


Sono parole
lumi di
di

mme
i

chose.

Alfonso Karr, che ne

rivendic la paternit in
titoli di
il

diversi luoghi delle sue opere, e ne fece anche


articoli politici pubblicati nel

due vo-

1875, ^^i quali

primo

intitolato:

Plus a change..,; e

il

secondo:... Phis c'est la

mme
acquiet

chose.
la

Nel primo

(pag. 7) egli scrive:

C'est en 1848, que, pour


j'ai

premire

fois, j'ai

formul une des convictions, que


l'air

ses,

en une petite phrase qui a d'abord eu

d'un paradoxe
:

d'une plaisanterie, mais qui exprime une vrit incontestable


Plus a change, plus c'est
la

mme
si

chose.

Ed

egli stesso in altra


:

sua opera cosi

era vantato

di

questa

paternit

Trois jocrissades que je ne suis pas honteux d'avoir


voisins,
si

trouves

N'ayez pas de

vous voulez vivre en paix

avec eux. - J'aime mieux ne pas avoir de meubles et qu'ils soient


moi. -

En

politique, plus a change, plus c'est la


54).

mme

chose.

{En fumant, Paris, Levy, 1861, pag.

La
615.

stessa idea resa nei graziosi versi del vaudeville :

Ce n'tait pas Non, pas la

la peine,

peine, assurment,

De

changer de gouvernement.
da Clairette dinanzi
ai

ritornello dei couplets cantati

popolani del
14), di

mercato nell'operetta La fille de

Madame Angot
di
(di

(a. I, se.

Clairville, Siraudin
che
la orribile

Koning, musica

Lecocq. Si

cita

an-

versione italiana

L. Mastriani):

la baracca cosi cammina.... Sorte meschina sorte meschina Mutiam governo - per qual ragione
! !

Per servir sempre - nuovi ladron.

176

Chi V ha detto?

[616-619]

Come

si cita,

ma non

soltanto a proposito di politica,


di

il

grazioso

ritornello di
intitolata

una canzone napoletana


1889:

Salvatore

di

Giacomo,

vota e gira!,., e musicata da P. Mario Costa per la

festa di Piedigrotta del

616.

vota e gira,

'a storia

sempe
Il

chessa.
siamo allon-

Parlando dei

partiti sociali e del loro avvenire, ci

tanati alquanto dal nostro

primo argomento.

bisogno di una edu-

cazione politica e sociale delle masse spinse


a scrivere che
:

Massimo d'Azeglio

617. S' fatta

l'

Italia,

ma non
Il

si

fanno gl'Italiani.

nella prefazione dei


Il

Miei Ricordi.

periodo intero cos suona:

primo bisogno d'Italia

che si
si
l'

formino Italiani dotati d'alti


il

e forti caratteri.

pur troppo
s'

va ogni giorno pi verso


Italia,

polo

opposto
liani.

pur troppo

fatta

ma non

si

fanno

gl'Ita-

Ferdinando Martini narra


lui e di altri a

neW Jlltistrazione
il

Italiana, del

16 febbraio 1896, a pag. 99, che

D'Azeglio avrebbe detto in

presenza di

Montecatini, in

diffusamente narra l'occasione:

gner che pensino prima a fare


liani.
il

un colloquio di cui Se vogliono fare l'Italia, bisoun po' meno ignoranti gli ItaSi

Non

credo che

il

cavalleresco marchese muterebbe molto


al

suo giudizio tornando ora


si fa

mondo.
al

pu

dire di

no a priori,

se

mente a quel che ne pensa un


il

altro nobile ingegno,

Giosu

Carducci,

quale jeri imprecava

bizantinismo di governi man-

canti di ogni ideale,

con

famosi versi:

618.

Impronta
la

Italia

domandava Roma,
Giambi

Bisanzio essi le han dato.


che sono
chiusa della ode Per Vincenzo Caldesi (nei
terribile apostrofe:

ed Epodi)', domani scatter nell'altra

619.

La
i

nostra patria
dell' altra

vile.

che sta come finale


(pure fra

ode In morte di Giovanni Cairoti


:

Giainli ed Epodi). Nell'ode medesima poche strofe prima


....Oh maledetta
Sii tu,

mia patria antica, Su cui r onta dell' oggi e


i

la

vendetta

De
6t.6.

secoli s' abbica.

volta e gira, la storia sempre questa.

[62 o]

Governo, leggi, politica

177

Lorenzo Stecchetti

(^Olindo Guerrini) nei

Postuma (XXI)
:

fece eco alle sdegnose parole del

maestro dicendo

Ma

noi giacciamo nauseati e stracchi


affetto in cor,
et.

Senza un

sul reo letame

Di questa sozza
ed
gli

Noi

sian vigliacchi,

agli attacchi,

che queste accuse

alla vilt politica del

suo tempo

procacciarono, rispose con sanguinosa ironia nella Palinodia

(nella

Nova Polemica)

Dissi - noi slam vigliacchi e

me ne
il

pento. Errai.

ma
L' Italia
di
si

secolo de' Gracchi

questo che bestemmiai;


voi vi siete accorti
tutti forti,
forti,
forti.

che siamo

costituita in nazione

una

e libera sotto le garanzie

una monarchia costituzionale

e col grido:

620. Italia e Vittorio

Emanuele.
il

Esso dovuto a Giuseppe Garibaldi,


noto, lo scrisse primieramente in

quale, per quanto

mi

una

lettera a

Rosolino Pilo del


si

15 marzo i860 intorno ai moti rivoluzionari che


Sicilia
:

preparavano In
Italia

In caso d' azione, sovvenitevi che

il

programma

e Vittorio

Emanuele.
il

Un'

altra lettera inviata


istanti

da Garibaldi ad
prima di salpare

Agostino Bertani

maggio i860, pochi

da Quarto con

Mille per la leggendaria impresa di Sicilia conte:

neva
volta
ai

il

seguente periodo

Il

nostro grido di guerra sar Italia e

Vittorio

Emanuele
7

e spero che la bandiera italiana anche questa

non
il

ricever sfregio.

Ugualmente
le

l'

ordine del giorno letto

Mille

maggio

in

Talamone, dove

navi garibaldine avevano


:

preso terra per fare incetta di munizioni, diceva che


guerra dei Cacciatori delle Alpi lo stesso che

Il

grido di

sponde del Ticino, or sono dodici mesi Italia e


:

rimbomb sulle Vittorio Emanuele;


uf-

e questo grido,

ovunque pronunziato da

noi,

incuter spavento ai

nemici d'

Italia.

Ma

la

prima volta che queste parole furono

ficialmente adoperate fu nel famoso Decreto di Salemi del 14

magle

gio i860, controfirmato

Francesco Crispi, col quale Garibaldi


Sicilia,

assunse la dittatura della


suddette quattro parole.

e che comincia

appunto con

Chi V ha detto?

[621-622]

Fin
chiche

d' allora

patriotti italiani

compresero che

la unit e la li-

bert d' Italia erano possibili soltanto con le istituzioni monar:

e fin d' allora


il

un

agitatore animoso, che

doveva pi

tardi

diventare

nostro primo

uomo
ci

di Stato,

diceva che:

621.

La monarchia
dividerebbe.
il

unisce,

la

Repubblica

ci

Tale era
fess per la

credo politico di

Francesco

Crispi. Egli lo proi"

prima volta in Parlamento nella seduta del

mag-

gio 1864, parlando della condizione dei partiti nella Camera.

questione, egli disse,

non

di sentimento,

ma

di

buon senso. La

monarchia
siccome
il

quella che ci unisce, la repubblica ci dividerebbe , e

partito di azione vuole

l'

Italia forte,

grande, dalle Alpi


al giu-

all'Appennino, noi saremo col Principe e non mancheremo

ramento.
del 18
alla

Gli stessi concetti sviluppava pochi mesi

dopo (seduta
di set-

novembre 1864) rispondendo Mordini, che rimproverava


di aver violato
il
i

Corona
:

plebisciti

con

la

Convenzione
farsi
:

tembre

Credo che

bene

d' Italia

non possa
al

che sotto

quella bandiera che


Vittorio

ci

guid da Marsala

Volturno
si

V Italia

Emanuele. Questa bandiera


la

la sola che ci

possa tenere

alta dall'Italia tutta:

monarchia

ha unito,
il

la repubblica ci
Italia.
le ire del

dividerebbe.

Noi siamo monarchici per

bene d'

Queste franche dichiarazioni attirarono su Crispi


tito

par-

Mazziniano; e Mazzini stesso

lo attacc

acerbamente con una

lettera pubblicata niV


si

Unit Italiana del 3 gennaio 1865. Crispi


e

difese

con un nobilissimo opuscolo: Reptibblica


si

monarchia,
il

lettera

a Giuseppe Mazzini, ove


:

contiene

fra

gli altri

se-

guente periodo

S,

la

monarchia

ci unisce, e la repubblica ci
il

dividerebbe, e bisogna
zioni di

non conoscere
si

paese, ignorare le condi-

Europa per credere

altrimenti.

Perci alla fede monarchica

convertirono allora anche dei

fer-

venti repubblicani, che anteponevano alla immediata realizzazione


dei loro ideali, la formazione di un' Italia

una

e libera dalle

Alpi

all'Etna; questo per

non impediva

loro di confidare in

un av-

venire lontano, e di attendere tranquillamente

622. I placidi tramonti della monarchia.


frase che

Alberto Mario,

di fede repubblicana federalista, scrisse

[623-624]

Governo, leggi, politica

179

pi volte nel giornale

La Lega
i

della

Democrazia (fondata nel

il

Pensava

infatti la

il

Mario che
le

suoi ideali dovessero esser raggiunti


cospirazioni settarie,

non con
la

violenza n con

ma

soltanto con

propaganda pacifica delle idee repubblicane. Egli quindi s'inchialla

nava

volont della maggioranza, finch questa voleva conser-

vare la forma monarchica del governo.

Del Crispi vivono molte

frasi,

poich

il

suo

stile

incisivo

specialmente adatto a dar la materia prima di molte citazioni.


pi nota la penultima che ho ricordato,
altre

La

ma

ce ne

sono pure

non meno

note, tale quella delle

623.
con
la

Zone

grigie.
i

quale frase egli indic

paesi di confine di nazionalit mista


la disse

che danno origine a tante querele d' irredentismo. Egli


in

una conversazione o

intervista che

ebbe nel 1890 col signor

Saint-Cre redattore del Figaro, e che fu pubblicata in quel giornale parigino


il

29 settembre di quell' anno

La

question

des
;

nationalits se meurt. Il n'y a plus de divisions marques, tranches


il

y a sur toutes les frontires de tous


mlent.

les

pays des zones grises o

les nationalits se

La

frase gli fu

molto rimproverata.

Agostino Depretis
l'

nel suo celebre discorso di Stradella delcol co&ito programma


la Sinistra

8 ottobre 1876 (da

non confondersi per

di Stradella che dell' anno precedente, cio prima che


salisse al potere)
litiche portati dal

parlando dei nuovi

criteri in fatto di elezioni


:

po-

nuovo ministero diceva


nuova parola
i

Se

la

parola d'ordine

delle amministrazioni precedenti era questa

chi

non con noi

contro di noi

la

d' ordine

che io rivolgo a

nome
:

del Ministero a tutti

funzionari dello Stato, quest* altra

624. Lasciate passare la volont del paese.

La
dopo,

frase rest,

bench

ministri di Sinistra (Depretis compreso)

non r osservassero pi
litico e della riserva
si

di quelli di Destra.

Ed egualmente

due anni

Benedetto Cairoli,
che
il

a proposito della sincerit del voto ponelle elezioni, cos


otto-

governo s'imponeva

espresse nel

suo discorso-programma di Pavia del 15

bre 1878:

non

Non mancano opposte reminiscenze, ma non importa; saremo abili, ma soprattutto vogliamo essere onesti. Meglio
un Ministero che quella
della giustizia. Preferiamo

la sconfitta di

l8o

Chi V ha detto?

[625-628]

cadere con la nostra bandiera piuttosto che vivere disonorandola.

Da

questo periodo, che sentiva la mal celata ironia contro


questi tolsero la frase dell' uso

gli

av:

versari dell' on. Cairoli,

comune

625.

Saremo

inabili,

ma
pure

siamo

onesti.

che citarono, con poca buona fede, come se fosse una confessione
preventiva d'incapacit.

dell'

onor. Cairoli l'altra frase


:

che pi non

si

ricorda se

non per

dileggio

626.
che
il

La

politica delle

mani

nette.
del
e

Cairoli disse

gresso di Berlino, da cui


beffe.

non molto tempo dopo a proposito l' Italia era tornata col danno
troppo onesta
!

Conle

con

Di quella

politica

il

paese paga anche oggi

le spese,

ed a che prezzo

Per

la frase del Cairoli


il

non aveva nem-

meno

il

merito dell'originalit: gi nel 1859


al

ministro prussiano

VON SCHLEINITZ,

tempo

della guerra della Francia e dell'Italia

contro l'Austria, aveva vantato

627.
e
il

Die Politik der


si

freien

Hand.
frase nella

Bismarck

era valso della

medesima

Camera Bassa

22 gennaio 1864.

Dove

pi sopra ho accennato ad elezioni, avrei potuto ram-

mentare opportunamente una sentenza classica:

628.

Numerantur enim
test fieri

sententiae,

non ponde-

rantur; nec aliud in publico Consilio po;

in

quo

nihil est

tam inacquale,

quam

aequalitas ipsa.
(Plinio il Giovane,
Epist., lib. II, ep, 12).

Alla frase cairoliaria ultima ricordata avviciniamo quest' altra che


ricorda

un

altro periodo

poco

felice della politica italiana

627. La politica della mano libera. 628. I voti infatti si contano, non

si pesano, n pu farsi diversamente in una pubblica assemblea, dove nulla tanto ineguale che 1' uguaglianza stessa.

[629-630]

Governo, leggi, politica

181

629. Indipendenti sempre, isolati mai.


era la divisa del ministero Minghetti che visse dal 24
al

marzo 1863

La svolse il ministro degli Aifari Esteri, Emilio Visconti- Venosta, nel suo discorso-programma pronun28 settembre 1864.
ziato innanzi alla

Camera
sulla

dei Deputati
politica

il

26 marzo 1863.
nel nostro

Anche poche

frasi

ecclesiastica (che

paese ha specialissima importanza) e


politiche in questo

ha

finito.

La

migliore delle
:

argomento

espressa nell' aforisma

630. Libera Chiesa in libero Stato.


rimasto famoso per essere stato pronunziato da

Cavour moribondo.
il

La
(//

mattina del gioved 6 giugno (1861), cosi scrive

Massari

Conte di Cavour^ ricordi biografici, 2^ ediz., Torino, 1875,


il

pag. 434),

pietoso frate accorse a consolare

1'

agonia del grande


Il

uomo con
conobbe

le

ultime benedizioni della religione.

moriente lo

ri-

e stringendogli la

mano

gli disse

Frate, libera Chiesa in

libero Siato. Il sublime disegno allegrava la sua agonia.


le

Furono
il

sue ultime parole. Alle ore sei e tre quarti di quella mattina

conte Camillo di Cavour

mandava 1' ultimo respiro. Ma altri sment questo racconto. Il march. Emanuele Taparelli D'Azeglio cos scriveva il 20 febbraio 1890 alla Gazzetta Piemontese di Torino (num. del 20-21 febbraio 1890) in risposta a un articolo pubblicato

il

giorno precedente col titolo:


ieri

La formula
mi ha

di Cavour:
fatto ricor-

L' articolo di

nella Gazzetta Piemontese

dare di due cose.


fieri

La prima che avendo


le

chiesto alla marchesa Al-

mia cugina

se realmente

ultime

parole
si

pronunziate dal

conte Cavour fossero, come generalmente


alla libera

crede, quelle relative

Chiesa

essa

mi

disse recisamente di no.

Che

il

molo

ribondo pronunziava

frasi incoerenti,

epperci questa deve essere

messa come tante

altre nel

numero

delle leggende.

Del resto

abbia detto o no, non importa molto per la storia.

Ed infatti questa
fra le altre

era la formula che incarnava la politica ecclesiastica di Cavour, ed


egli

aveva gi avuta occasione di ripeterla pi volte,

pi

solennemente in un memorabile discorso pronunciato in Parlamento


il

27 marzo dell'anno medesimo in occasione della discussione sulle

interpellanze del deputato


e

Audinot intorno

alla

questione di

Roma

appoggiando l'ordine del giorno Boncompagni che acclamava

Chi l'ha detto?

[631]

Roma

capitale d' Italia.


la

Cavour

s'

illudeva allora di persuadere

il
il

Pontefice che

Chiesa pu essere indipendente, anche perduto


le

potere temporale. Sperava che

proposte

fatte

con tutta

sincerit,

con tutta

lealt dall' Italia potessero essere


:

favorevolmente accolte

dal Papa, al quale egli avrebbe detto

Quello che voi non avete


si

mai potuto ottenere da quelle potenze che


i

vantavano

di essere

vostri alleati e vostri

figli

divoti, noi

veniamo ad

offrirvelo in

tutta la sua pienezza;

noi siamo pronti a proclamare nell'Italia

questo gran principio: Libera Chiesa in libero Stato.

La massima
:

cavurriana stata molto discussa sotto diversi rapporti


altri la Illustrazione giuridica della

vedasi fra

formola del Conte di Cavour

Libera Chiesa in libero Stato

pubblicata nella
il

Nuova Antologia
la

del 15 aprile 1882 dal Cadorna,


finizione
:

quale ne dava

seguente de-

La formula

del

Conte

di

Cavour

la semplice applica-

zione del principio della libert della coscienza nelle relazioni dei
cittadini,

e della loro associazione collo Stato in materia di reli-

gione.

Si consultino pure nella


// Conte di

Cavour

e la

Questione

Nuova Antologia altri due articoli, l'uno Romana, della marchesa Giual

seppina Alfieri nata Di Cavour, che assist suo zio

letto di

morte

(A^.

A., voi.

I,

1866, pag. 815), l'altro di Guido Padelletti,


:

Libera Chiesa in libero Stato


(voi.

genesi della formula cavouriana

XXIX,

1875, pag. 656); e lo scritto del Bertolini, Il Conte

di Cavour prima del Risorgimento italiano e la formiia

Libera

Chiesa in Libero Stato (Bologna, 188

1).

Questa

politica savia e liberale assai lontana


:

dalla intransi-

genza di coloro che dicono

631.

Le
il

clricalisme, voil l'ennemi!

Fu

4 maggio 1877 che


francese ad
le

Lon Gambetta
sulle

rispondendo

alla

Camera

una interpellanza

misure prese dal governo


il

per reprimere
discorso:

mene
ne

degli ultramontani, cos concludeva

suo

Et

je

fais

que traduire

les

sentiments intimes du

peuple de France en disant du clricalisme ce qu'en disait un jour

mon ami
ficiel, 5

nalista,

Peyrat: Le clricalisme? voil l'ennemi! (Journal Ofmai 1877, pag. 3284). Questi era Alfonso Peyrat, giorfondatore dj^ Avenir National, morto nel 1891. Per lo
>>

stesso Gambetta, in

altra

occasione, alludendo

all'

aiuto

che

la

[632-634]

Governo, leggi, politica

183

Francia ha sempre dato (anche per ragioni politiche)


religiose all'estero, diceva invece:

alle

missioni

V anticle'ricalisnie n'est pas un


hanno dato
:

article d' exportation .

Le condizioni
altre frasi,

presenti delle relazioni fra lo Stato e la Chiesa e


origine a

l'odierno conflitto fra la fede e la patria


fra le quali la

pi nota forse la formula


eletti.

632.

elettori

ne

suggerita a proposito dell' astensione dei Cattolici dalle urne da

don Giacomo Margotti,


trapposta
la

direttore

dell'

Unit Cattolica di To-

rino, nel i860, sulle colonne del suo giornale e alla quale fu con-

r altra N

apostati n ribelli. Verso


ai

il

tempo medesimo

Sacra Penitenzieria,

vescovi italiani che chiedevano istruzioni

circa la partecipazione dei cattolici alla vita politica del paese, ri-

spose che per

cattolici italiani

prender parte

alle elezioni politiche

attends omnibus circuinstantiis non expedit.

La formula

633.

Non

expedit.

di uso tradizionale nella Cancelleria Apostolica ogni volta che oc-

corre di dare risposta negativa per sole ragioni di opportunit a

qualche istanza dei

fedeli.

Un

decreto del S. Uffizio in data del

30 giugno 1866 chiariva la frase aggiungendo che NON expedit prohibition e m importt. D' allora in poi con le parole Non expedit
s'

intese senz' altro

1'

astensione dei cattolici dalle urne.


la politica

con questo lasciamo da parte

che non una bella

cosa, e

nemmeno una

cosa divertente bench non sia matematica,

poich

634.
'lisse

Die Politik
Bismarck
il

ist

keine exakte Wissenschaft.


dei Signori
il

nella

Camera Prussiana
il

18 dicem-

bre 1863, e ripet lo stesso concetto nella Camera Bassa Prussiana

15 gennaio 1872, ngl Reichstag

litik ist

keine Wissenschaft, wie viele der

einbilden, sondern eine Kunst), e

15 marzo 1884 {Die PoHerren Professoren sich ancora nella Camera Bassa il

29 gennaio 1886.
633. 634.

Non
La

conviene.

politica

non

una scienza

esatta.

l84

Chi V ha detto?

[635-637]

38.
Gratitudine, ingratitudine

prio

merce cosi rara e cosi poco nota

la gratitudine eh' io

non ho

trovato nessuna sentenza popolare che ne facesse menzione. Pro-

come

se

non
:

esistesse

Invece ho una eccellente definizione

dell' ingratitudine

635. L'ingratitude est l'indpendance


uno
dei molti motti felici di
il

du cur.
Nestore
di Parigi,

un milionario
direttore

di spirito,

RoQUEPLA-N,
lo scrisse sull'
tri

quale,

quando era

^V Opra

album

del signor Filosseno Boyer, assieme ad al-

due che meritano ugualmente di non essere dimenticati: Qui

oblige s'oblige.

Un

service n'oblige que celui qui le rend.


il

Lu-

dovic Halvy, che racconta

fatto

n^ Intermdiaire
la

des cher-

cheurs

et

curieux del 1865,

gli

assegna

data approssimativa

del 1840.

Ecco

dei versi che rimbrottano


:

una

delle

forme pi comuni

dell' ingratitudine

636.

Rinfacciare il peccato Altrui mai non conviene; Ma rinfacciarlo a chi ti fa del bene. E da solenne ingrato.
della bella
il

eh' la morale

favola // Pellegrino e

il

Platano di

Luigi Fiacchi detto

Clasio.
uomini che ebbero a pro1'

La
vare

storia ci conserva diverse frasi di


la ingratitudine

umana,

fra le altre

637. Ingrata patria, ne ossa

quidem mea habes.


Africano

Narra Valerio Massimo [Factorum et diclorum inemorabilittin,


lib.

V, cap. Ill,

2^)

che Publio Cornelio Scipione

maior, dispettoso per essere stato citato dai Tribuni della plebe,
637. Ingrata patria, non avrai

nemmeno

le

mie ossa.

[638-640]

Gratittidine,

ingratitudine

185

e condannato a grave multa, ritirossi in volontario e ostinato esilio

a Linterno

eiusque voluntarii

exilii

acerbitatem

non

tacitus

ad inferos

tulit,

sepulchro suo inscribi iubendo, ingrata patria,

ne ossa quidem

mea

habes.

Quid

ista aut necessitate indignius aut

querella iustius aut ultione moderatius? cineres ei suos negavit,

quam

in cinerem conlabi passus

non

fuerat. Igitur

hanc unam Sci-

pionis vindictam ingrati animi urbs

Romana

sensit,

maiorem me
pulsavit, hic

hercule Coriolani violentia:

ille

enim patriam metu

verecundia.
stantia

De qua

re ne queri

quidem - tanta

verae pietatis con-

nisi post fata sustinuit.

Ho
di cui
sitori,

gi parlato di Belisario che la leggenda disse ridotto a chieai passanti


:

der un obolo

dir invece del doge Francesco Foscari,


le precise

non

si

conoscono

parole dette ai terribili Inqui-

ma

che forse non saranno state molto diverse in fondo da


il

quelle che gli pose in bocca

solito librettista favorito di

Verdi

638.

Questa dunque

la iniqua

mercede
lirica

Che

serbaste al canuto guerriero?


(/ due Foscari, tragedia
di

Franc.

M. Piave, mus.

di

Verdi,

a. Ili, se. 9).

Parlando d' ingratitudine


larissima
:

si

pu anche ricordare

la frase

popo-

639. Il a travaill,

il

a travaill pour le roi

De
ritornello di

Prusse.
il

una canzone che


sconfitto
la frase

si

cantava a Parigi contro


il

Ma-

resciallo Soubise,

Rossbach da Federigo

Grande

nel 1757.

Di qui

Travailler

pour

le

Roi de

Prtisse che si-

gnificava lavorare per niente, e quindi anche affaticarsi per


grato.

un

in-

Dir dei danni che seco reca l'ingratitudine, disgustando dal


giovare altrui coloro che ne sono cosi male rimunerati, secondo
la

sentenza di Publilio Siro:

640. Ingratus

unus omnibus miseris nocet.


(Sentenze,

num. 43 dell'edizione
1869).

E, Woelfflin, Leipzig

640.

Un

solo ingrato nuoce a tutti gl'infelici.

i86

Chi V ha detto?

[641-643]

e ricorder per ultima la frase biblica che

mi pare

si

adatti al caso

nostro

64 1

Quia) Ventum seminabunt et turbiner metent.


i,Osea, cap.

Vili,
la

v. 7).

che passata in tutte


proverbio volgare:

le letterature

europee sotto

forma del

Chi semina vento raccoglie tempesta.

39.
Guerra
e pace

642.

Bella, horrida bella.


(Virgilio, ^neis,
lib.

VI,
dei

v. 86).

cosi

Virgilio apostrofa
poche guerre
si

la

crudele guerra, flagello

popoli
farle

ma

combatterebbero, se fossero arbitri di


le spese.

no coloro che ne sopportano


quasi
stiche, e

Pur troppo invece

la guerra

sempre sfogo

d' interessi,

di rancori

o di ambizioni dina-

non a

torto

Calderon

disse che in guerra polvere e palle

sono

la

643.

Ultima razon de Reyes.


(Calderon de la Barca, En

esta vida lodo es verdad lodo mentira, comedia, jorn. segunda, esc. XXIII),
la iscrizione

da cui levarono probabilmente

che Luigi

XIV

fece

porre sui cannoni fusi nel 1650:

Ultima

ratio

regum
1

che fu tolta via per decreto dell'Assemblea Nazionale del


sto

ago-

1796; e Federigo

il

Grande

l'altra presso che simile:

Ultima

ratio regis

641. Perch semineranno vento e raccoglieranno tempesta. 642. Guerre, orrende guerre.
643. Ultimo argomento dei
re.

[644]

G tier r a

pace

187

scolpita sui cannoni dell' esercito prussiano

dopo

il

1742.

Ma

forse

anche

il

commediografo spagnuolo non


il

fece che ripetere le parole

dette, se

racconto vero, dal card.

Francisco Ximens,

di-

venuto reggente dei regni di Aragona e Castiglia nel settantanovesimo anno


di vita sua (15 16),
il

quale ad alcuni nobili che

gli

domandavano ragione
armate e
i

di certi suoi atti di autorit,


le

mostr

le

truppe
est

cannoni con

miccie accese, aggiungendo:

Hc

ultima ratio regis! Che

644.

Il

danaro
comune

il

nervo della guerra.


tempi del Machiavelli,
il

opinione

sin dai

quale con-

futandola nei Discorsi sopra la


intitola
il

prima Deca di
sono
il

T. Livio, lib. II,

cap.

X: I danari non

nervo della guerra, secondo

che la

comune opinione,

e nel testo dice che questa sentenza fu

detta da Quinto Curzio nella guerra che fu tra Antipatro


il

Mace-

done e

Re

Spartano

ed

allegata ogni giorno, e da'Principi,

non tanto prudenti che basti, seguitata. Imperocch il Machiavelli ritiene che l' oro non basta a vincere, che la guerra si fa col ferro e non coli' oro, che non il danaro, ma i buoni soldati sono il nervo
della guerra: e

ninno potrebbe dargli torto, sennonch

la

sentenza

quale

si

cita,

non vuol

dire che basta


il

il

danaro a fare e a vin-

cere le guerre,
in

ma
il

che

danaro indispensabile. Dir pure che

Quinto Curzio

quale della guerra mossa da Agide re di Sparta


lib.

contro Antipatro parla in principio del

IV

e in principio del

VI,
del
la

non ho trovato questa sentenza;


Freinshemio,
lib.

soltanto nei Supplementi

I,

cap.

X,
la

detto che

ad Alessandro, dopo

morte

di Filippo,

mancava

nervus gerendarum rerum pecunia,

ma non
al

occorre ricordare che questi Supplementi sono posteriori


Segretario
n.
fiorentino
scrisse:
I,

Non la pensavano come il Rodolfo Agricola negli Sprickiyrter


Machiavelli.
,

281, che

Nervi bellorum pecunice, n Rabelais nel Gargantua,


Les nerfs des batailles sont
le

46

les

pcunes. Si sogliono ripetere pure


dal

parole

rivolte

a Luigi
il

XII

maresciallo

Gian Giacomo
tratt di invadere
trois choses sont

Trivulzio, detto
il

Gran

Trivulzio,

quando

si

Milanese: Pour faire la guerre avec

sziccs,

absolument ncessaires: premirement, de V argent; deuximement


de V argent;
et

troisimement, de l'argent; e

il

Trivulzio

che

per la eccessiva sua avarizia era diventato la favola della Corte,

Chi

Vha

detto?

[645-648]

era pi d' ogni altro al caso di poter proclamare con efficacia questo principio. Richelieu peraltro soggiungeva che
:

Si l'argent

est,

comme on
faix.

dit,

le

nerf de

la

guerre,
il

il est

aussi la graisse de la
il

la verit

vera che

danaro non soltanto


le cose.

nervo

della guerra
stph.,

ma
i

il

nervo di tutte

gi Eschine {In Cte-

52) fra

neologismi che rimprovera a


il

Demostene,
Tipaytiocxcov,
i

cita

quello di aver chiamato


delle cose, e

denaro x vspa xcov


filosofo

nervi

dopo

di lui

il

Bione
7, 3,

diceva, tv izko^io'i vspa

TipaYlxocxwv (in Diog. Laert.,

IV,

48). E, per

non

dire di

molti

altri

autori classici che usarono simile locuzione (vedi


19. Aufl., S. 445), anche
2):

Bch-

mann, Ge. Worte,


nelle Filippiche (V,

Nervs
1

belli
:

Cicerone scrisse pecuniam e nell'orazione

De

imperio Cn. Pomp. (VII,

7)

Vecligalia nervs rei public.

645. Silent leges inter arma.


scrisse

Cicerone

nell'orazione

Pro Milane (IV,

io),

che

Lucano

{Pharsalia,

lib. I, v.

277) cosi ridusse: Leges bello siluere coact.

Su questa massima

scrisse lo

Schwendendrffer una Oratio de sen163 1).

tentia Inter arfna silent leges (Altdorfii,

646.

Tout soldat franais porte dans sa giberne le bton de marchal de France.


Napoleone
pag.
il

attribuito a

I (E. Blaze,

La vie

militaire sous

l'

Em

pire, vol.

I,

5)

e questa speranza di gloria e di


il

guadagno

molte volte

solo incentivo per

soldato ad affrontare la morte,

giacch in troppi casi egli ignora la causa per la quale combatte, e

647

Venduto ad un duce venduto Con lui pugna, e non chiede il perch.


(Manzoni, // Conte di Carmagnola, coro,
a. II).

Le
la

sole guerre nelle quali

il

cuore del soldato batta per un senla

timento pi elevato e faccia propria


quale ripara, sono
le

causa della bandiera sotto

guerre

per

la

indipendenza nazionale.

Allora ogni

uomo

valido alle armi soldato, e le donne stesse lo


la

spingono animose dove lo chiama


a lui le storiche parole
:

voce dell'onore, e ripetono

648. ""H xv

ir)

Ttl

Tflc.

645. Tacciono le leggi fra le armi. 648. O con questo o su questo.

[649"65o]

Guerra

pace

189

con

le

quali le madri spartane salutavano


lo scudo,
:

figli

partenti in guerra,

consegnando loro

come narra Plutarco

nei Lacaena-

rum Apophthegniata (XVI)


htnc, aut super hoc
(7^

Alia

cum

filio
:

clypeum traderet
Fili,

eumque ad rem bene gerendam


xv,
7^

hortari vellet
STC

inquit,

aut

x, forma dorica). Essi dolo scudo, poich chi fugge

vevano tornare o

vittoriosi, cio

con

getta per prima cosa lo scudo, e anche

Orazio, confessando
:

la

sua fuga nella battaglia di Filippi, dice di s

649.

Relieta non bene parmula.


{Carmina,
lib. II,

od.

7,

v. 10).

o morti, cio portati dai commilitoni sugli scudi.


Si ricordino
i

bei versi del

Leopardi

{Nelle nozze della sorella

Paolina)

Finch

la

sposa giovanetta

il

fido

Brando cingeva al caro lato, Spandea le negre chiome Sul corpo esangue e nudo

e poi

Quando
Tuttavia
1'

e'

reddia nel conservato scudo.

uomo pu

andare incontro

alla

morte anche per ca-

gioni pi basse e frivole:

non

altrimenti

gladiatori che,

non semamore del

pre astretti dalla volont del padrone,

ma talora per
al

solo
:

guadagno, correvano a dare o a ricevere morte

grido

650.

Ave, Imperator, morituri

te salutant.

SVETONIO
peratore:
sit.

nella Vita di Claudio (21) cos narra di questo im-

Eraissurus

Fucinum lacum, naumachiam ante commi-

Sed cum proclamantibus naumachiariis. Ave, Imperator, mori-

turi te salutant, respondisset. Avete vos, neque post hanc vocem,

quasi venia data quisquam dimicare vellet, diu cunctatus an


igni ferroque absumeret,

omnes
am-

tandem

e sede sua prosiluit, ac per

bitum lacus non sine fceda vacillatione discurrens, partim minando,


partim adhortando ad
Sicula et
exciente

pugnam

compulit.

Hoc

spectaculo classis

Rhodia concurrerunt, duodenarum triremium singulae, buccina tritone argenteo, qui e medio lacu per machinam

s'

emerserat.

A
649.

questo ricordo di Svetonio

ispir

Pietro Cossa quando


:

nella Messalina \z. I, so. 8) cosi fa parlare Claudio

Dopo

aver gettato malamente lo scudo.

650. Addio, Imperatore, quei che vanno a

morire

ti

salutano.

190

Chi V ha detto?

[651-653]

Per quel

d solenne

S' appresti uno spettacolo navale, i gladiatori che combatteranno

S'ammazzino sul serio: da gran tempo I gladiatori sono tm po'' svogliati


Neil' arte del morire.

651.

{Ifi)

Hoc

signo vinces.
sono
le

ossia TouTtp vJxa,

parole che Costantino lesse intorno a


in cielo nell'

una croce miracolosamente apparsagli


l'

anno 312 del-

E. V., prima

di attaccare battaglia contro

Massenzio, e ch'egli

fece porre sulle insegne delle legioni,

dette da quel
I,
;

tempo

in poi

lbari (Eusebio

Pamfilo, Vita
le

Costantini, lib.
i

cap. 28).

Anche

la

guerra ha

sue norme,

suoi precetti

non
la
si

nel solo

giuoco delle armi, o nel cozzo brutale degli eserciti sta


e a molti episodi,

guerra;

anche gloriosi, della storia militare,


notissime parole
:

potreb-

bero applicare

le

652. C'est magnifique, mais ce n'est pas la guerre.


o come
altri

dicono

C'est beau,

mais

ce n'est

pas

la guerre,

parole dette dal generale francese


alla eroica

Bosquet

(P. F. G.), assistendo

ma

imprudente carica della cavalleria leggera inglese


di Cardigan) alla battaglia di

(comandata dal conte


ritorn appena

Balaklava (25 ot-

tobre 1854), carica dovuta, pare, a un ordine male inteso, e da cui

un

terzo della brigata. Vedi


les batailles

Layard,

La premire

campagne de
Balaklava

la

Crime ou

mmorables de V Aima, de
1855, a pag. 72.
alla guerra, e

et d' Inkerman, trad, franc, Bruxelles,

Una

notevole sentenza di

Tacito intorno

che po:

trebbe facilmente applicarsi a molte altre faccende

umane

questa

653. Iniquissima haec bellorum conditio est: prospera omnes sibi vindicant, adversa uni

imputantur.
{Vita di Agricola,
27).

Fra
1'

tutte le guerre, dolorose e feroci


s

sono

le

guerre
i

civili, si

per

orrore che destano,

per
il

1'

accanimento che
nei

combattenti vi
:

portano.

Di

esse parlava

Manzoni

due notissimi versi

651. In questo segno vincerai.


653. Questa cosa ingiustissima segue in ogni guerra, che tutti si arrogano il merito dei prosperi successi, e gli avversi ad

un

solo sono rimproverati.

[D54"65t>]

G^icrra

pace

19

654.

I fratelli

hanno ucciso
(//

fratelli:

Questa orrenda novella

vi do.
II).

Conte di Carmagnola, coro nell'atto


il

intorno ai quali

si

narra

seguente aneddoto.

Tommaso
ti

Grossi,

mandando
risposta
il

al

Manzoni un esemplare
:

della sua novella

V Ildegonda^
do
;

scrisse sul frontespizio

Questa orrenda novella

il

ma

in

Manzoni con arguzia gentile che precede: .I fratelli hanno ucciso 1


ficare

scrisse di sopra
fratelli,

verso

quasi a signi-

modestamente che

il

Grossi aveva superato lui Manzoni.

Una
quale

specie di guerra civile la insurrezione, a proposito della


si

pu

ripetere la frase di

Jean Franois Ducis,

poeta

tragico (1733-1816):

655.

La Tragdie

court les rues.

Egli scrisse nei

tristi giorni del Terrore a uno dei suoi amici: Que parles-tu, Vallier, de faire des tragdies? La Tragdie court les rues (Campenon, Essais de mmoires sur la vie de Ducis^ Paris, 1824, a pag. 79). Ma egli non aveva fatto che ripetere inil

consciamente

ritornello di
c'est

una mazarinata:

Comdiens,

un mauvais temps,
champs.
quelli della

La Tragdie

est par les

Tristi giorni s quelli del Terrore

come

Fronda

e tristi

ugualmente

tutti quelli in cui

una

citt

o un paese sono abbando-

nati ai capricci sanguinosi,

alle cieche

vendette di una soldatesca

brutale condotta da capi ancor pi brutali e feroci. Corre tosto


alla

memoria

la frase

famosa:

656. L'ordre rgne Varsovie.


Quale ne
la origine ?

Nella seduta della Camera francese dei de1, il

putati del 16 settembre 183

ministro degli affari esteri,

il

conte

Orazio Sebastiani, rispondendo a una interrogazione sulle cose della Polonia, usci con questa frase infelice Le gouvernement a communiqu tous les renseignements qui lui taient parvenus sur
:

les

vnements de

la Pologne....

Au moment
1'

o l'on
1

crivait, la
1

tranquillit rgnait Varsovie.

{Moniteur Universel^
8 del mese

7 sept.

83 1).
di

Varsavia

infatti

aveva capitolato
Il

dopo due giorni

sanguinoso combattimento.

giornale

La

Caricature pubblic una

192

Chi l'ha detto?

[657-659]

litografia di Grandville e di

Eugenio Forest, che alludendo

alle
cir-

parole disumane del ministro, rappresentava

un soldato russo

condato da cadaveri con


ragione per la quale

la

leggenda Dorare rgne Varsovie. La


rimasta celebre sotto questa ultima

la frase sia

forma che non quella autentica del resoconto parlamentare, pu


forse trovarsi in
1

una comunicazione
che diceva,

ufficiosa data

da Cracovia,

settembre, che fu pubblicata nel


del Monitetir, e

citato

numero precedente a quello dopo aver dato i ragguagli


Krakowiecki a
t
effecti-

delle stragi di agosto: ....Le gnral

vement

nomm

dictateur, et revtu

d'un pouvoir

illimit.

L'ordre

et la tranquillit sont

entirement rtablis dans


di raccontare su tale

la capitale.
il

Al Manzoni piaceva
aneddoto.
di Praslin,
Il
il

argomento

seguente

conte Sebastiani aveva maritata sua


quale,

figlia col

Duca
uccifa-

dopo

di averle dato coi suoi disordini gravi

ragioni di malcontento, fini in

un accesso

di folla gelosa

ad

der

lei

e quindi s

medesimo, tragedia che rimase tristamente

mosa per lunga

serie di anni.

Un

polacco, a cui
il

non s'erano can-

cellate dal cuore le parole colle quali

Sebastiani aveva annunziato

dalla tribuna la rovina della sua citt, conosciuto questo avveni-

mento, esclam: Vordre rgne V Htel Praslin.

Le parole
alla frase di

del generale Sebastiani facevano inconsciamente eco

Tacito

657.
che in

Ubi solitudinem
altri

faciunt,

pacem
(

appellant.

Vita di Agricola, 30).

termini equivale a dire col gran poeta francese:

658.

Et

le

combat

cessa, faute

de combattants.
Cid, IV, 3).
ci siano vincitori

(Corneille, Le

Pu
ci

accadere che talora nella guerra non


vinti, e per loro occorre

ma

sono sempre dei

rammentare

la terribile

minaccia di
e

Brenno, duce

dei Galli, che nell'

anno 362

di

Roma,

390 avanti Cristo, avrebbero incendiata


:

e taglieggiata la citt dei

Quiriti

659.
657.

Vse

victis!
la solitudine, l

Dove fanno

dicono essere la pace.

659. Guai

ai vinti!

[660-662]

Guerra

pace

193

egli
e.

avrebbe esclamato, se

si

presta fede a

48, 9) e ad altri istorici romani,


(p.

Tito Livio come Floro (I,

{Hist.

lib.

V,

13, 17) e

Pe-

sto

372, ed. Mller).

Non

diversamente diceva Virgilio:

660.

Una

Salus victis

nullam sperare salutem.


(Eneide,
lib. II, v. 353).

Quante amarezze siano riserbate


delmente
colpe

ai vinti,

doveva

ai giorni nostri

provarlo un nobile paese, la Francia, che nel 1870 e '71 espi crule

sue

non

sue. Nella

circolare

che Giulio

Favre,

ministro degli affari esteri e vicepresidente del Governo


il

della Difesa nazionale, rivolgeva

6 settembre 1870 agli agenti

diplomatici della Francia,

si

leggeva una frase rimasta celebre

ma

smentita ben presto dalla forza stessa delle cose:

661.

Ni un pouce de notre
de nos
forteresses.
circolare cos diceva:

territoire, ni

une pierre

La

Nous ne

cderons ni un pouce de

notre territoire^ ni une pierre de nos forteresses....


terons que pour une paix durable
bre).

Nous ne

trai-

(Journal

officiel del 7 settem-

Fiere parole, di cui la inconsiderata temerit era scusabile


il

soltanto per

patriottismo ardente che le aveva suggerite. Nella


1

seduta del 17 giugno 187

dell'Assemblea Nazionale,

il

Favre

stesso riconobbe che la formula sostenuta da lui aveva reso impossibile ogni accordo con
(18 e

Bismarck nel colloquio

di

Ferrires

19 settembre 1870).
la

Pur troppo
farsi

ragione del pi forte e per


gli

farsi valere

bisogna

temere. Perci

antichi dicevano

662. Si vis
che sono forse
desiderai
prolog.);

pacem, para bellum.


:

le parole di Vegezio lievemente modificate Qui pacem prceparet bellum {Epit. rei militar.^ lib. Ili, anzi Cicerone dice addirittura {Phil., VII, 6, 19):
^

Quare

si

pace frui volumus, bellum gerendtim

est.

Si confron-

tino pure

con queste

altre citazioni,
:

che rendono un pensiero se


TtoXjxou |iv
(lib. I,

non

identico,

almeno molto simile

'Ex

yp

elpi^vr)

(lXXov eaioDxai, nelle Istorie di

Tucidide

cap. 124); -

660, Pei vinti unica salute nel disperare di ogni salute. 662. Se vuoi la pace, prepara la guerra.

194

Chi

Vha

detto?

[663-666]

Nemo,

nisi victor,

pace helium mutavit^

di

Sallustio
hello,

nella Cati-

linaria (cap. LVIII); -

Nam

paritur pax
si

parole di

Epa

minonda

nella Vita che di lui

legge in

Cornelio Nipote,

V.

Narra Tito Livio

(Hist., lib.

XXI,

cap. 18) che nell'anno 218

avanti Cristo, 534 dalla fondazione di

Roma, essendo

legati ro-

mani venuti
il

in Cartagine a lagnarsi della espugnazione di Sagunto,


agli anziani della citt,
;

duce loro Quinto Fabio, volto

sinu

ex toga facto, hic, inquit, vobis bellum et pacem portamus


placet,
scelta,
st'

utrum

sumite,

e poich quelli risposero che lasciavano a lui la e replic che

scosse la toga,
si

dava loro

la

guerra. Di que-

episodio

vale

il

Tasso

nella

Gerusalemme

liberata,

quando

fa venire

Argante insieme ad Alete, ambasciatori del re d'Egitto,


:

innanzi a Goffredo. Dapprima Argante esclama con insolenza

663. Chi la pace

non

vuol, la guerra s'abbia.


(e.

Il, Ott.

88).

poi imitando l'atto dell'oratore romano, soggiunge:

664.

guerra e pace in questo sen t'apporto:


sia l'elezione.
(Ivi, Ott. 89).

Tua

Ambasciatore pi umano sembra Lisandro quando


della tela

all'alzarsi

ntW Aristodejno,

tragedia del

Monti,

dice a

Palamede

665.

Si,

Palamede; alla regal Messene Di pace apportator Sparta m'invia.


stanca....

Sparta di guerra
ci

se

che non difficile a credersi, perch pochi amano la guerra, non coloro che ne hanno fatto il loro mestiere o gli ambiziosi
;

chi lavora,

chi

ha persone che ama

e dalle quali amato, per le

quali teme, e che


e

temono per
col

lui,

desidera ardentemente la pace,


il

pu andare ripetendo
I'

Petrarca

noto verso:

666.

vo gridando: pace, pace, pace.


(Canzone ai Grandi d'Italia, n. XVI dell'edizione Mestica, verso ultimo).

se

non

forte nei vecchi classici della patria letteratura, an-

dr piuttosto declamando l'apostrofe di Guido da Polenta a Paolo


e Lanciotto
:

[667-669]

Guerra

pace

195

667.

Ah! pace
a.

esacerbati spiriti fraterni.


(Pellico, Francesca da Rimini,
IV,
se. 5).

ovvero canterellando

la

romanza
di

di

Leonora nel melodramma La


(atto

Forza del Destino, parole


se.

F. Piave, musica di Verdi

IV,

6)

668.

Pace, pace, mio Dio, cruda sventura

M'astringe, ahim, a languir.


La
guerra ha ispirato un gran numero di canti patriottici, di

molti dei quali sono rimasti popolari dei versi o delle strofe.

Va

innanzi a tutti

il

famoso:

669.
che
il

Allons, enfants de la patrie.


primo verso della Marsigliese o Chant des Marseillais^

parole e musica di

Rouget de

Lisle. Lamartine narrando nella


le origini della

Histoire des Girondins (livre XVI),


ripete la storia conosciuta di
tiglieria di

Marsigliese,
d'ar-

Rouget, allora giovane

ufficiale
la

guarnigione a Strasburgo, che frequentando


[il

casa del

maire, certo Dietrich, in una sera del 1792


per invito dello stesso Dietrich
patriottico.
e le parole
'

25 aprile] compose

versi e la musica di questo inno

Rouget pass
che
l'

la

notte al clavicembalo studiando le note


;

ispirazione gli dettava


il

quindi

accabl de cette

aspiration sublime,
rveilla

s'endormit

la tte

sur son instrument et ne

qu'au jour. Les chants de

la nuit lui

remontrent avec
Il les

peine dans la mmoire


crivit,

comme

les

impressions d'un rve.


Il le

les

nota

et

courut chez Dietrich.

trouva dans son

jardin, bchant de ses propres


et les filles les veilla,
la

mains des

laitues d'hiver.

La femme
lui

du vieux
il

patriote n'taient pas encore leves. Dietrich

appella quelques amis tous passionns

comme

pour

musique

et capables d'excuter la

composition de de Lisle. La

fille

aine de Dietrich accompagnait.


la

Rouget chanta.
les

la premire
Dietrich,
les

strophe les visages plirent,

seconde

larmes coulrent, aux

dernires le dlire de l'enthousiasme clata.


ses
filles,

La femme de

le pre, le

jeune

officier se jetrent

en pleurant dans
trouv
!

bras les uns des autres.


il

L'hymne de

la patrie tait

hlas,

devait tre aussi l'hymne de la Terreur. L'infortun Dietrich

196

Chi V ha detto?

[669]

marcha peu de mois aprs l'chafaud, aux sons de


son foyer

ces notes nes


filles.

du cur de son ami


en
ville

et

de

la

voix de ses

Le nouveau chant, excut quelques jours aprs Strasbourg,


ville

vola de

sur tous les orchestres populaires. Marseille

l'adopta pour tre chant au

commencement
l lui vint le

et la fin

des san-

ces de ses clubs. Les Marseillais le rpandirent en France en le

chantant sur leur route.

De

nom

de Marseillaise.

La
<-

vieille

mre de de Lysle,

royaliste et religieuse, pouvante


fils,

du

retentissement de la voix de son

lui crivait:

Qu'est-ce donc

que

cet

hymne

rvolutionnaire que chante une horde de brigands

qui traverse la France et auquel on mle notre

nom ?

De

Lisle

lui-mme, proscrit en qualit de royaliste, l'entendit, en frissonnant,


retentir

comme une menace


des Hautes-Alpes.

de mort ses oreilles en fuyant dans

les sentiers

demanda-t-il son guide. -

paysan. C'est ainsi qu'il


tait
Il

Comment appelle-t-on cet hymne? La Marseillaise, lui rpondit le apprit le nom de son propre ouvrage. Il
lui.

poursuivi par l'enthousiasme qu'il avait sem derrire


la

chappa peine
l'a forge.

mort. L'arme se retourne contre

la

main

qui

La Rvolution en dmence ne
!

reconnaissait plus

sa propre voix

Ho
nero

riportato le frasi di Lamartine perch alcune di esse divenalla lor volta popolari,

ma

bene avvertire che indagini posia

steriori
lari

hanno mostrato come questo racconto

pieno di partico-

che in gran parte hanno solo fondamento nella immaginazione

dello scrittore.

Rouget medesimo ha narrato com'


il

egli

compose

quest' inno, e

suo racconto affatto diverso dal romanzetto di

Lamartine riprodotto in un bel quadro di Pils e in un' incisione


notissima di Cottin. L'inno che Rouget aveva scritto per l'armata
del

Reno

e che perci

ebbe da principio

il

nome

di

Chant de guerre

de l'arne du Rhin, fu eseguito dalla musica della guardia nazionale di Strasburgo


il

29 aprile 1792, e da un soldato marsigliese

fu portato nella sua citt natale,

ove divenne tosto popolare, e da

cui pass a Parigi portatovi dai Marsigliesi stessi

quando

guidati

da Barbaroux vennero
presa delle Tuileries
Il
il

alla capitale,

cantandolo per

le vie e alla

io agosto.
il

maresciallo Jourdan,

vincitore di Fleurus, fece


:

il

pi bel-

r elogio

della Marsigliese dicendo

Marseillaise je battrai

Avec dix quarante-mille hommes.

mille soldats et la

Un

altro generale

[670-673]

Guerra

pace

197

di quel

tempo scriveva

al Direttorio

J'ai gagn
e

la bataille; la

Marseillaise commandait avec moi;


rinforzo di 10,000 uomini o

un

altro

domandava un
polemile

una nuova edizione


e quindi

della Marsigliese !

Escono dal nostro soggetto,


altre cose,

non

le riporto, le

che sulla paternit della musica della Marsigliese, poich, fra


noto che
i

tedeschi sostengono che essa copiata di

peso dal Credo della Messa Solenne num. 4, dell'organista Holtz-

mann di Meersburg {sul lago Anche altre attribuzioni sono


di fare

di Costanza),

composta nel 1776.

state fatte delle quali


il

non

il

caso

menzione. Si consulti del resto


vie,

buon

libro di Alfred

Leconte, Rouget de Lisle, sa


ris,

ses

uvres, la Marseillaise (Pa-

1892).
i

Fra

molti versi di questo inno ugualmente popolari


il

si

tenga

presente anche

primo

della

6* strofa

670.
e
il

Amour
:

sacr de la patrie.

terzo

671.
che
si

Libert, libert chrie.


ritrova nel duetto di Masaniello e Pietro nella
di
II,

Muette de
la
ef-

Portici,

melodramma musica di Auber (a.


ficacia

ScRiBE e Casimir Delavigne, con


se.
2)

e suo capolavoro,

che tanta

ebbe sugli animi vibranti di patriottismo


1830.
fra

nell' insurrezione

del Belgio del

Ma noi
un coro

ricorderemo piuttosto alcuni

gl'innumerevoli canti ed

inni patriottici del nostro risorgimento politico.

Ecco per primo

di classico autore che descrivendo la triste battaglia di

Maclodio (1427), cosi comincia:

672.

S'ode a destra uno squillo di tromba; sinistra risponde uno squillo.

(Manzoni,
nell'atto

// Conte di
II).

Carmagnola, coro

Eccone

altri

meno

letterari e pi popolari:

673.

Addio, mia bella, addio, L'armata se ne va;

se non partissi anch'io Sarebbe una vilt.

198

Chi V ha detto?

[674-676]

la

prima

strofa di

un inno

di

Carlo Alberto Bosi

fiorentino

(1813-1886), popolarissimo nel 1848, detto T inno dei volontari,


e che

anche oggi
al

si

canta dai coscritti.


:

Ma

il

testo originale vera:

mente dice

primo verso
(v.

Io vengo a dirti addio e nel terzo

Se non andassi anch'io


italiana nel secolo

D'Ancona, Poesia
Ricordi ed
Affetti,

musica popolare

XIX,

in

Milano, 1902)

674.

Si scopron le tombe,

si

levano

morti,

il primo verso del celebre hino di Garibaldi, scritto nel 1859 da Luigi Mercantini per incarico del generale medesimo, e mu-

sicato

da Alessio Olivieri.

675.

Soldati, all'armi, all'armi,

Son
I

pronti

battaglioni,
i

brandi ed

cannoni

La morte

a fulminar.

un

altro

inno patriottico delle campagne del 1859, composto da


e musicato

Giuseppe Pieri

da Rodolfo Mattiozzi.

676.

Delle spade

il

fiero

lampo
al

Troni e popoli svegli;


Italiani, al

campo,

campo,

la

madre che chiam.


Su, corriamo in battaglioni

Fra il rimbombo dei cannoni, L'elmo in testa, in man Tacciar.... Viva il Re dall'Alpi al mar!

il

principio dell' inno di guerra composto da

Angelo Broffe-

rio nel 1866 e messo in musica da Enea Brizzi.

Anche
diletto.

la letteratura

melodrammatica ha dato un numero noteil

vole di questi canti guerreschi, che Tali sarebbero


i

popolo ripete anche oggi con

seguenti:

[677-680]

Guerra

pace

199

677.

Sul

campo

della gloria
lato,

Noi pugneremo a

Frema o

sorrida

il

fato,

Vicino a te star. La morte o la vittoria

Con
che
il

te divider.
lirica di

duetto di Belisario e Alamiro nella tragedia

Sal-

vatore Cam]MARANO,
lini (a.

Belisario, musica di Donizetti

(a. I, se. 6);

enei melodramma I Puritani \


II,
se.

Carlo Pepoli, musica


:

di

V. Bel-

4)

altro duetto

678.

Suoni

la

tromba, e intrepido

Io pugner da forte.

Bello affrontar la morte

Gridando, libert

Un
al n.

aneddoto relativo a questo direttivo sar narrato pi avanti,


735.

40.
Intelligenza, genio, spirito, immaginazione

679.

Per correr migliori acque alza le vele Ornai la navicella del mio ingegno,

Che
e

lascia dietro a s

mar

crudele.
e, I, v.

(Dante, Purgatorio,

1-3).

veramente solleva

1'

animo, dopo aver parlato tanto di guerre


conquiste dell'inge-

e di stragi, parlare delle pacifiche e nobili

gno umano.
Del bel dono
dell' intelligenza si fa colpa a

Platone

di

aver

tenuto poco conto, quando dette quella sua famosa definizione dell'

uomo:

80. L'

uomo

un bipede implume.

Chi V ha detto

[68

684]

Questa definizione, e
tra fonte
vitis,

la storiella

che vi

si

collega,

non hanno

al-

che in

Diogene Laerzio {De clarorum


et

philo sophor um
40),
il

dogmatibus

apophthegmatibus,

lib.

VI, cap. 2,

quale cosi
Parisiis,

la riferisce (cito la

traduzione latina dell'edizione Didot,

1850, pag. 142):

Platone autem definiente.

Homo

est

animai hipes

sine pennis ("AvBptOTic saxo Cov 87:ouv ccTtxspov),

quum
tonis

placeret ista ejus definitio,

nudatum pennis

ac

piuma gallum
unguibus.
si

gallinaceum [Diogenes] in ejus invexit scholam, dicens, Hic Pla-

homo

est.

Unde adjectum

est definitioni, Latis

Ma

da notarsi che nelle opere

di Platone

nulla

trova di

questo.

Invece

la

monca

definizione,

di Platone o d' altri che sia, fu

completata da Boezio cosi:

681.

Homo

est

animai bipes rationale.


(Boezio, De consci, philos., IV).

Miglior concetto dell' anima


disse
:

umana aveva I'Alighieri, quando

682.

Non

v'accorgete voi, che noi siam vermi


farfalla,

Nati a formar l'angelica

Che vola
Degna

alla giustizia

senza schermi?
e.

(Dante, Purgatorio,
di esser ricordata pure
l'

X,

v. 124 126).

altra frase dantesca

che

si

ap

plica felicemente a flagellare coloro ai quali simile

dono divino

conteso. Essi passano nel


nulla, e
il

mondo come ombre, sono meno

che

poeta pu passare sdegnosamente

683.

Sopra

lor vanit

che par persona.


(Dante, Inferno,
e.

VI,

v. 36),

All'incontro, al genio tutti s'inchinano:

684.

On

ne chicane pas

le gnie.
forse parlando di s
il

vuoisi abbia detto

Victor Hugo,

medesimo
sue debo:

di cui altamente sentiva.

Tuttavia anche

genio ha

le

lezze, e spesso occorrer di ripensare la sentenza di

Seneca

681.

L'uomo

un bipede ragionevole.

[685-688]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

201

685.

Nullum magnum ingenium


dementias
fuit.

sine
e.

mixtura
XV,
16).

(De tranquill, animi,

Seneca per

si

riferisce

per questa sua opinione ad Aristotile

(vedi infatti nei Prohlemata, cap.

XXX,

i)

Il

miglior
: <-

commento

a siffatta sentenza

l'

opera di Cesare Lombroso

L'

uomo

di

genio in rapporto alla psichiatria, alla storia ed alla estetica

(V

ediz., Torino,
il

1888),

dove

si

vogliono dimostrare

gli stretti

rapporti fra
Il

genio e

la follia.

genio permette

ai felici nei quali

splende questa divina


fatica,

favilla,

di giungere a prodigiosi resultati

con lieve

ed appunto

per questi predestinati che

il

Vangelo ha detto:

686. Spiritus, ubi vult, spirat.


(

Vang, di S. Giovanni, cap.

Ili, v. 8).

cio la

mente divina
;

si

manifesta a chi vuole, anche a chi


all'

meno

ne degno

altri

suppliscono

acume

col lavoro, e di costoro

suolsi dire che

687.
Questa
lata, fu

Hanno
frase,

il

cervello nella schiena.

ormai entrata nel dominio pubblico della lingua par-

usata da prima da

Trajano Boccalini

in

un suo
si
;

giudi-

zio sull' erudito Giusto Lipsio laboriosi e mirabili per

cui scritti, egli nota,

vedevano
cosa cos

una varia

e molteplice lettura

comune a
il

tutti gli scrittori oltramontani, che sono stimati avere

cervello nella schiena,

come

agli Italiani,

che

1'

hanno nel capo,


la

comune
I,

il

sempre inventar cose nuove e lavorar con

materia

cavata dalla miniera del proprio ingegno.


Cent.
ragg.

{Ragguagli di Parnaso^

XXIII).
gl* imitatori, fla-

Appartengono a codesta numerosa genia anche


gellati

da Orazio nel verso:

688.

O
Non
Lo

imitatores,

servum pecus.
{Epistole, lib.
I,

ep. 19, v. 19).

685. 686. 688.

vi fu alcun

spirito spira

grande ingegno senza un poco dove vuole.

di pazzia.

imitatori,

servo gregge.

Chi

Vha

detto?

[689-691]

Dei

lavori, particolarmente letterari,


si

composti da autori senza

genio inventivo,

suol dire che in essi:

689. Il
la

nuovo non
il

bello, e

il

bello

non

nuovo.

quale frase, secondo

Bchmann,

trae origine da

un epigramma

di

Johann Heinrich Voss,


Musenalmanach

che, firmato X.,

comparve nel Vos-

sischen

del 1792, pag. 71:

Auf mehrere Bcher. Nach Lessing.


Dein redseliges Buch
lehrt mancherlei

Neues und Wahres,


!

Wre
II

das

Wahr

nur neu, wre das Neue nur wahr


titolo di

luogo di Lessing richiamato nel

questo epigramma

si

trova neWe. Briefen die Neueste Literatur betreffendem. Brief,

1760, 12. Juni).

A
690.
che

codesta razza di eunuchi scribacchianti,


il

francesi applicano

argutamente
Il

noto verso di Voltaire:

compilt, compilait, compilait.


scritta

si

trova nella satira Le pauvre diable,


delle

nel 1758 per

distogliere dalla pericolosa professione

lettere
la

un giovane
1'

senza beni di fortuna che prendeva per genio


versi.

sua smania di far


abate Tru-

Fra

le

persone prese di mira in questa satira


la cattiva

blet che

veramente non meritava

reputazione creatagli

dai versi di Voltaire, e di cui questi diceva:

L'Abb Trublet

alors avait la rage D'tre Paris un petit personnage

Au

peu d'esprit que

le

bon homme

avait

L'esprit d'autrui par supplment servait;


Il entassait

adage sur adage,

// compilait, compilait, compilait;

On

le

voyait sans cesse crire, crire


avait jadis entendu dire.
lassait sans

Ce qu'il Et nous
Il talento

jamais se lasser.

inventivo di costui non era certamente pari a quello

di Girardin,

che prometteva:

691.

Une

ide au jour.

[692-694]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

203

Emilio de Girardin,

il

principe dei giornalisti moderni,

il

29 feb-

braio 1849, annunziava che apriva

una colonna

del suo giornale

La Presse {^ousXo
ed
utili
il

nel 1836) alla discussione di tutte le idee giuste

e che in essa avrebbe trovato hxogo un' idea al giorno ;

per

pubblico non accolse con troppo entusiasmo questa ple-

tora d* idee, e la rubrica, intitolata appunto

Une

ide

au jour,

non comparve che un giorno solo, il numero del 2 marzo. A conforto di chi non ha inventato .niente, neppure la polvere,
abbiamo un verso
di

Ovidio:

69 2

Nec minor est virtus quam quserere, parta tu eri.


(^De arte

amatoria,

lib.

II, v.

13),

che nelle opere di un filosofo naturalista del sec. XVI trovasi


petuto in questa forma
:

ri-

Non minor
reperire.

virtus est tueri et perficere

rem inventam.... quam


107).

(Gesnek, Pandect,

lib.

XI, Tiguri, 1548, pag.

Ma
oggi

umano fa ogni giorno conquiste meravigliose, parrebbe meno audace l' apostrofe del Monti
il

genio

693.

Che pi

ti

resta? Infrangere

Anche

alla

Morte
il

il

tlo,

della vita

nettare
cielo.
al signor di Montgoler).
il

Libar con Giove in


(V.

Monti, Ode

Qualit accessorie dell'ingegno, e che spesso ne tengono

luogo

sono l'immaginazione e

lo spirito, lo

wit degli inglesi. Della prima

aveva detto Malebranche, che

694. L'imagination est la folle


definizione che
l'

du

logis.

Voltaire

rese popolare ripetendola in fine del-

articolo Apparition del suo Dictionnaire philosophique:

D-

fions-nous des carts de l'imagination, que Malebranche appelait


la folle

du

logis.

692.

minore

abilit del trovare

nuove cose

nel saper con-

servare

le gi acquistate.

204

Chi V ha detto

[695-700]

Del secondo

si

suol dire che a.

695. L'esprit qu'on veut avoir, gte celui qu'on


(Gresset, Le Mchant, V,

7).

ovvero che

296.

Chacun

dit

du bien de son cur,

et

personne

n'en ose dire de son esprit.


e anche queste sentenze:

697.

Un homme
Il

d'esprit
la

serait

souvent

bien

embarass sans
698.

compagnie des
si

sots.

n'y a point de sots

incommodes que

ceux qui ont de


le quali
idixcvosc.

l'esprit.
le

ultime tre sentenze sono tolte dallo stesso libro,

troppo

Maximes de La Rochefoucauld, XCVIII,CXL, CCCLI. Come pure questa che l' impresa di tutte le societ di mu-

tuo incensamento:

699.

Nul n'aura de

l'esprit,

hors nous et nos amis.


a. Ill, sc. 2).

(Molire, Les Femmes savantes,

E
700.

citiamo pure, sempre nella lingua dei francesi, popolo che

di spirito s'intende, questo detto

comune:

Monsieur

Tout-le-monde qui a beaucoup

plus d'esprit que


la

M.

Voltaire.

quale frase nasce probabilmente dalle parole dette da


in

Talleyil

rand
glio

un discorso pronunziato

alla

Camera

dei Pari

24 luil

1821 in difesa della libert di stampa:


longtemps. Il
plus
d'esprit

De

nos jours,
qtii

n'est pas facile de tromper

a qtielqti'un

plus d'esprit que Voltaire,


d'esprit

que Bonaparte,

plus

qne chacun des Directeurs, que chacun des ministres pas venir, c'est tout-le-monde,

ss, prsents,

RETIE
sie

nell'idilliaco

romanzo Pier rille


et plus

(eh.

Anche Jules ClaXIV): .... cette po-

qui vient on ne sait d'o, de ce Tout-le-monde qui a plus

d'esprit

que Voltaire

de posie que Virgile.

[701-703]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

205

Le

arti

vogliono un genio, un' attitudine speciale

ad esse spe-

cialmente alludeva

Orazio quando ammoniva che

701.

Tu

nihil invita dices faciesve

Minerva.
v. 385).

(Orazio, Ars poetica,


e lo stesso concetto

esprimeva un poeta veronese del settecento

nei noti versi:

702.

\Ch\

chi natura non lo volle dire Noi dirian mille Ateni e mille Rome.
(Gio.

Agost. Zeviani, La
1770-73, to.
I,

Verona,

Critica poetica, son. XXIV).

Dello Zeviani parl Gius. Biadego in Pagine sparse di storia


letteraria

veronese del

sec.

XVIII

(Nozze Bolognini-Sormani,

Verona, 1900), nello studio intitolato:


volendo definire

Un poeta
si

critico.

Lo Ze-

viani scrisse questi versi per mostrare quanto


ciato
1'

sentisse impac-

eleganza dello scrivere.


il

Questo genio quello che spingeva


esclamazione
:

Correggio

alla celebre

703.

Anch'io sono

pittore.

innanzi alla S. Cecilia di Raffaello a Bologna.


il

proposito di che

P. Luigi Pungileoni nelle Memorie istoriche di Antonio Allegri


(Parma, 18 17), a pagina 60 scrive:

detto il Correggio, voi. I

Avrebbe

del pari a scrivere assai chi volesse andare

vagando per
la

le lettere del

P. Resta,

il

primo forse ad affermare che


la

dotta

Felsina a s lo trasse per additargli


si

Santa Cecilia,
io.

alla cui vista,

dice, stapi
si

ed esclam: Son pittore anch'

Ogni probabilit

vuole che

creda questo detto di conio italiano, riportato di poi

come

certo da pi d'

un autor
gli

francese.

Evvi

stato chi bonaria-

mente supponendo
cia ingiusta,
altre parole

ci vero gli

ha data

la taccia di

superbo, tac-

quand' anche

fossero uscite dal labbro queste ed

d'ugual valore, abbandonato ad un impeto subitaneo;


le

naturale in chi sente d' essere nato a far cose, per

quali la sor-

presa dividesi tra


egli sia

il

prodigio dell' arte e quello della natura. Se

mai

stato in

Bologna un punto su cui non ho

dati,

che

701. Nulla dirai o farai a dispetto di Minerva.

2o6

Chi l'ha detto?

[704-705]

bastino ad asserirlo od a negarlo, essendo facile che vi

si

portasse
fuori

senza che siasene tenuta memoria o fatto alcun caso.


della linea dei possibili che
della

uno

fosse pur egli della

compagnia

Gambara,

di cui era famigliare


si

un suo

zio materno, allorch

questa illustre Poetessa vi


Pontefice sommo....
quell'

port per ossequiare

Leon decimo
in

Ma

se

Antonio se ne andasse
ci resta,

Bologna

in

epoca o dipoi, ninna memoria

si

ha solo per cosa


la vista nel

niente dubbia che allora

non avrebbe potuto pascere


Santa Cecilia pass
di

quadro dell'Urbinate, perch non v'era, e alquanti anni tard.


Infatti la mirabile tavola della

nell' oratorio

della Santa nella chiesa di S.

Giovanni in Monte

Bologna solo

nel 15 17. Julius

Meyer

nella sua lodata opera Correggio (Leipzig, 187


le

1)

a pag.

23 ripete, traducendo o quasi dal Pungileoni,

stesse

considerazioni;

ma neppur
ma

egli dice

dove

il

P. Sebastiano Resta

abbia fatto questo racconto. Forse in una delle sue molte lettere
artistiche sul Correggio,

certamente in nessuna di quelle pubdel Pungileoni, n nella Raccolta

blicate nel III

volume dell'opera

di lettere pittoriche del Bottari.


Vita dell' Allegri

inutile dire che

il

Vasari nella

non

fa

parola di questo.
altri,

Anche

gli artisti,

anzi essi pi di

hanno

loro

momenti

di sconforto, nei quali dubitano di tutto,

anche di s medesimi.

704.

Sono un poeta o sono un imbecille?


domanda
di

la ingenua

Lorenzo Stecchetti,
dei

cio

Olindo

GuERRiNi,
fischio nel

in

un sonetto (VII)
lirico
II),

Postuma. Forse

lo ispirava lo

spirito del dubbio,

quel Mefistofele che nella canzone detta del

dramma
(a.

che da
canta:

lui trae

nome, parole

musica di

Arrigo Boito
705.

Son

lo spirito

che nega
Goethe

Sempre,

tutto.
il

A
V.

questi versi corrisponde nell' originale tedesco del

984

della

Prima Parte,

se.

Ich bin der Geist, der stets verneint

Le

esitazioni, le incertezze del genio ricordano

il

verso del dot-

tor Faust:

[70-707]

Intelligenza, genio, spirito, itnmaginazione

207

706.

Zwei Seelen wohnen, ach

in

meiner Brust.
I

(WoLKG. VON Goethe, Faust,

Th.

Vor dem Thor,


reminiscenze di

v. 759).

Racine

e di

Wieland.
etc.)

Il

primo nei Cantiques

spirituels (3. Plainte

d'un Chrtien

aveva detto:
!

Mon
il

Dieu, quelle guerre cruelle

Je trouve deux
secondo nel dramma
lirico

hommes en

moi.

Die Wahl des Herkules:


!

Zwei Bekmpfen sich in meiner Brust Mit gleicher Kraft....

Seelen, ach, ich fhl'es zu gewiss

41.
Ira, collera, ingiurie, offese, vendetta

Beato chi sa vivere con

1'

animo sempre sereno, senza preocfiele,

cupazioni, senza sdegni, senza

707.

Amandosi

vivendo lemme lemme.


(Giusti, L'amor pacifico,
str, 26).
i

come Veneranda

e Taddeo,
i

due

tipi cosi freschi nella

memoria

anche del popolo,

quali

Cosi di mese in mese e d' anno in anno,

Amandosi

vivendo lemme lemme,

certo,
dieci

cara mia, che camperanno

A
E
Ma

doppi di Matusalemme:

noi col nostro amore agro e indigesto,

Invecchieremo, creperemo, e presto.


queste sono creature privilegiate
di questo basso
:

il

maggior numero de-

gli abitanti

mondo

soggetto alle mille debolezze

706.

Due anime

albergano, ohim, nel petto mio.

2o8

Chi l'ha detto?

[708-713]

del genere
l'

umano,

alla collera in special

modo. La

definizione del-

ira ci

data dal cantore di Laura, nel sonetto che comincia col

noto verso anfibologico: Vincitore Alessandro Vira vinse:

708.

Ira breve furore....


(Petrarca, Sonetto sopra varj argomenti,
son.

XIX;

son.

CXCVI

sec.

il

Mestica).
d'

Ed
lib.

I,

reminiscenza oraziana
ep. II, V. 62-63,
si

infatti

nelle Epistole

Orazio,

legge:

Ira furor brevis est:

animum
hunc
tu

rege,

qui, nisi paret,

Imperat: hunc

frenis,

compesce catena.
alla

Troviamo

di frequente nei nostri

melodrammi accenni

pas-

sione dell'animo irato, passione che al pari dell'amore, emi-

nentemente

teatrale.

Ricordo

seguenti:

709.

Spenta

l'ira nel

mio

petto.

{Lucia di Lamermoor, parole di Salvatore Cammarano, mus. di Donizetti, a. II, se. 2).

710.

Ah! perch non


Infedel,

posso odiarti,

com' io vorrei! Ah! del tutto ancor non Cancellata dal mio cor.

sei

(La Sonnambula, melodr. di F. Romani, musica di V. Bellini, a. II, se. 4).

Ma
711.
dell'

di tutti offusca

il

ricordo la piacevole imagine del

Bollente Achille.
couplet nell' atto I, se.
1 1

ameno
e

della Belle

Hlne di

Henri

Meilhac

Ludovic Halvy, musica


si

di Offenbach.
atti

L' animo irato

manifesta in pi modi, negli

pieni di rab-

bia e mal talento,

come

nell' astuta

Armida,

712.

Tutta negli

atti dispettosa e trista.


e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,

IV,

ott. 74).

ovvero come Niccol III che, confitto nella tomba


rimbrotti di

affocata, ai fieri

Dante

scalciava con

ambo

piedi

713.

Forte spinga va con

ambo

le piote.
e.

{Inferno,

XIX,

v. 120).

[714-719]

^''^j collera,

ingiurie,

offese,

vendetta

209

e anche con le lacrime

714.

Inde

irae et lacrimae.

(Giovenale, Satira

I, v.

168).

L'
riato,

uomo
cui

offeso sfugge la presenza incresciosa di chi

1'

ha ingiu-

pu

dire giustamente:
il

715. Gli sia concesso

non vedervi almeno.


a. I, se.
1).

(V. Alfieri, Sofnisba, tragedia,

Nella sua bocca risuonano


o
si

le

minacce

e se desso

un nume,
Nettuno

atteggia a tale, potr ripetere la famosa minaccia di

ai venti tardi nell'

obbedirlo

716.

Quos
Tasso
i

ego....
(Virgilio, Eneide,
lib. I, v.

135).

che

il

imit nella minacciosa reticenza del

mago Ismeno

invocante

demoni:

717.

Che

si?

che

si?
e.

(Gerusalemme liberata,

XIII, ott.

10).

Nel medesimo poema


guerra

si

trova un altro classico esempio d'ira

minacciante, ed quello di Plutone che


all'

manda

demoni a
:

far

odiato esercito dei Crociati, gridando loro


il

718.

Pera

campo

e ruini, e resti in tutto


(Gerusalemme liberata,
IV,

Ogni
Ma
le

vestigio suo con lui distrutto.


e.

ott. 17).

ira cieca,

e molte volte

il

destino lascia vuote e

irrite

sue minaccie.

Come

rimasero vane quelle d' Ismeno e dell' In-

ferno, e
(e.

come

nella cantica /n

morte di Ugo Bassville del MoNTl

I,

v.

3) lo spirto

d'Abisso

se

ne parte,

719.

Vota stringendo

la terribil

ugna.

cosi a' giorni nostri si spersero al vento quelle di chi tentava op-

porsi al fatale andare dei destini d' Italia.

Fra

le

molte che re-

714.
716.

Da
Che

ci le ire e
io....

il

pianto.
simili).

(sottintendi: potrei punire gravemente,

2 IO

Chi V ha detto?

[720-723]

staue nella memoria dei presenti in quella fortunosa et, ricordo


questa, nariata in due versi di

l'Ongaro,
720.

intitolato

uno stornello Maria Antonia:

di

Francesco Dal-

Vo' colle trecce delle livornesi Farmi le materasse e gli origlieri.


le

che dicesi riproducano veramente

parole dette da quella superba


la

granduchessa di Toscana nell'aprile 1859 dopo


di Salzburgo,

sollevazione di
letto nell'esilio

Livorno. Se non avesse avuto altro da porre sul

poteva dormire per terra!


Disse di queste

Nasce

l'

ira d' ordinario dalle ingiurie ricevute.

Giacomo Leopardi
721. Gli uomini

nei suoi Pensieri^ che

vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono. Per ad ottenere che gl' ingiuriatori si vergognino, non v' altra via, che di rendereloro il cambio.
si
classico

Ecco un
offesa
:

esempio

di invincibile rancore per un'antica

722.

Manet alta mente repostum Judicium Paridis spretaeque injuria formae.


(ViKGino, Eneide,
lib.
I,

v. 26-27).

1*

il

risentimento di Giunone contro Paride e

la

casa di lui per

offesa fatta alla sua belt.

Un
degli

altro classico

ammonisce che

delle

donne
:

il

pianto,

ma

uomini

il

ricordarsi delle patite offese

723.

Feminis lugere honestum


le ingiurie

est, viris

meminisse.
7).

(Tacito, De ntoribus Germaniae, XXVII,

Sono

rimaste impunite che eccitano

il

cuore

umano

alla vendetta.

In quante anime esacerbate non ebbe un' eco prola

722. Sta riposta nel profondo dell'animo


dizio di Paride,
bellezza.
e
dell' ingiuria

memoria
alla

del

giu-

fatta

sua

spregiata

723. Conviene

alle

donne

di piangere, rra agli

uomini

di ricordare.

[724-725]

^^o>

collera,

ingiurie, offese, vendetta

211

fonda
di F.

la terribile apostrofe di

Rigoletto nel

melodramma omonimo
(a. II,

M. Piave,

il

capolavoro musicale di Verdi

se. 8)

724.

S, vendetta, tremenda vendetta, Di quest' anima solo desio.... Di punirti gi l'ora s'affretta,

Che
Il

fatale per te tuoner!

pensiero della vendetta pu far sembrare dolce anche la morte,

se chi scende nel sepolcro porta seco le speranza che

725.
Essa

Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor!


(Virgilio, Eneide,
la
lib.

IV,

v. 625).

imprecazione di Didone contro Enea.

Una

leggenda ab-

bastanza diffusa vuole che scrivesse questo verso col suo sangue
sulle

mura

della prigione,

dove era

stato rinchiuso

da Cosimo I
fatto, se

de' Medici, Filippo Strozzi

prima di uccidersi;

ma

il

pure

vero nel fondo, non narrato esattamente, poich in


diverso esposto
il

modo ben
Italica

il

caso nella Vita che di Filippo Strozzi scrisse


et

fratello

Lorenzo (Thesaurus antiquitatum

historiarum

del Grevio, to. VIII, parte II). Filippo, caduto prigione dei
dici

Me-

dopo

la rotta di

Montemurlo

(1538), e rinchiuso nel castello

di Firenze, era stato per ordine di Carlo

messo

alla tortura per-

ch confessasse la complicit sua o di

altri nell'

uccisione del

Duca

Alessandro
corda,
la

avendo sopportato con

forte
si

animo

15

tratti di

dovendo essere ancora tormentato,

sarebbe ucciso con

spada di una delle guardie, lasciando di sua


:

mano

scritte le

sue ultime volont e cos firmate

Philippus Strozza jamjam moriturus:

Exoriare aliquis ex ossibus meis mei sanguinis ultor.


gli ultimi
;

Ma
il
i

studi sopra Filippo Strozzi mettono


si

in

dubbio
anche

suicidio

e del testamento che a lui

attribuisce, dubitarono
l'

contemporanei, poich nessuno ne vide mai

originale, e molti

lo

crederono opera di Pier

Francesco Riccio da
di

Prato, pedante

di

Cosimo

de' Medici.

Vedi uno studio

Alessandro Barbi neldisp. 3 del 1894.

V Archivio

Storico Italiano^ serie V, to.

XIV,

725. Sorger dalle nostre ossa qualche vendicatore!

212

Chi V ha detto?

[726-729]

L' eroico e doloroso caso di Filippo Strozzi richiama alla me-

moria qualcosa

di

molto simile seguito

ai

tempi nostri. I due versi:

726.

Risorger nemico ognor pi crudo, Cenere anco sepolto e spirto ignudo.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

IX, ott.

99).

sono parole di Solimano ferito e fuggitivo


l'

ma

le bisbigliava al-

orecchio di Giulio Favre suo avvocato,

Felice Orsini dopo aver


1'

udito la sentenza di morte pronunziata contro di lui per


tato del 14 gennaio 1858. Nello stesso

atten-

poema

si
:

ha un

altro verso

che esprime idee molto analoghe, ed questo

727.

Noi morirem,
di

ma non morremo
[Gerusalemme

inulti.

liberata., e. Il, ott. 86).

Esempio noto
soliti

spaventosa vendetta quello ricordato nei versi,


:

a ripetersi ora pi per celia che sul serio

728.

A
E
omonima
V,

me

chiedesti sangue;
il

questo sangue;... e sol per te


il

versai.

detti

da Oreste agitato dalle furie dopo


(a.

matricidio, nella tra-

gedia

se. 13)

di

Vittorio Alfieri.
vendetta e di odio immode-

Invece esempio notissimo di


rato dato dalla frase
:

vile

729.

Tu ammazzi un uomo
le

morto.
a Fa-

che sarebbero
brizio

famose parole
il

di

Francesco Ferrucci
gli

Maramaldo,
Gavinana

quale avutolo prigione nelle mani dopo la

rotta di

(3

agosto 1530) volle che

fosse condotto

dinanzi,

e fattolo disarmare in sulla piazza, e dicendoli tuttavia


il

villane e ingiuriose parole, alle quali

Ferruccio rispose sempre


il

animosamente,
chi
a'

gli

ficc,

chi dice la spada, chi dice

pugnale e

una zagaglia, chi dice nel petto

suoi (avendo egli detto, tu

sero d'

comand ammazzi un uomo morto) che finisammazzarlo, o non conoscendo o non curando l' infinita
e chi nella gola, e

infamia, che di cos barbaro e atroce

misfatto seguitare
nel lib.

gli

do-

veva.

Cosi narra
il

Benedetto Varchi

XI

della Storia

Fiorentina, ed

solo storico fiorentino che accenni

a queste

[730-732]

Ira, collera, ingiurie^ offese, vendetta

213

parole

gli altri

seguono piuttosto Paolo Giovio,


lib.

il

quale

nelle

Histori sui temporis,


1552,

XXIX

(ediz.
la

origin, del Torrentino,

to.

II,

pag.

137) cosi riporta

risposta

del

Ferrucci:

Haec non

iniqui

semper Martis sors

est,

quae tibi bellum ge-

renti obvenire potest.

Sed tu

si

me

occidas,

neque utilem, neque

decoram ex mea nece laudem


due
libri di

feres.

SuU* autenticit del racconto

del Varchi e sulla tentata riabilitazione del


i

Maramaldo vedansi
di Gavinana (Bo-

Edoardo

Alvisi,

La Battaglia
e di

logna,

188 1; notevoli confutazioni di P. Villari neWsL Rassegna


voi.

settimanale,

Vili, p. 278

R. Renier

nel Preludio,

anno V,

p.

237), e di Alessandro Luzio,

Fabrizio

Maramaldo
il
:

(Ancona, 1883).

Ma
vizio e

e'
l'

finalmente anche una santa

ira,
il

cio quella contro

ingiustizia,

ed a questa

ira allude

Salmista l dove dice

730. Irascimini et nolite peccare.


{Salmo IV,
V. 4).

Ma
Dio
;

il

Martini cos interpreta questo passo

Se voi

siete sde-

gnati contro di me, guardatevi per dal ribellarvi contro lo stesso


pentitevi nel riposo e nella quiete della notte de' cattivi di-

segni, che

ira vi

mette in cuore contro di me.

42.
Libert, servit

731.

Dolce dell'alme universal sospiro,


Libert, santa dea.
(Monti,
Il fanatismo, v.
1-2).

invoca col

Monti

ogni cuore umano, che:


si

732.

Libert va cercando, eh'

cara.

Come
730. Adiratevi,

sa chi per

lei

vita rifiuta.
e.
I,

(Dantb, Purgatorio,

v. 71-72).

ma

guardatevi dal peccare.

214

^^^

-^'^^

detto?

[733-735]

Stolto perci chi ne fa getto:

733.

Alterius non

sit,

qui suus esse potest.


di

Questo verso nella Favola de ranis (imitazione


tissima delle rane che chiedono

quella nodi

un

re) fra le

Esopiane

un ano-

nimo medievale, che


alle
st'

Bipontum, 1784, unitamente favole di Fedro, trovasi a pag. 199, n. XXI, v. 22. Quenella ediz. di

anonimo

fu creduto

da alcuno fosse un certo Galfredo


latins,
I,

ma

Hervieux (Les Fabulistes

pag. 434)

1'

ha

identificato in

Gualtiero Inglese,
e poi arcivescovo di
to. II,

cappellano di Enrico II re d' Inghilterra,


cit.

Palermo. Vedi nella

ediz. dell' Hervieux,

pag. 395. Alcuni,


^

come
il

il

Binder nel Novus Thesa7irtis


all'

adag. latin.

attribuiscono

verso anzidetto

Owen; ma
il

egli

non

fece che appropriarsi la

non sua sentenza, mutando


fu
1'

swis
di

in tuus, in

un epigramma cortigianesco ad Enrico principe


motto medesimo
impresa di Paracelso.

Cambria.
Il

Il
:

verso

734.
si

Non bene

pro toto libertas venditur auro.


lupo et cane, altra delle Fbulce JEsopic

legge nella fav.

De

dello stesso autore antico,

LIV,

v. 25 {ed.

Hervieux,

to. II,

pa-

gina 412), ove questo verso seguito dall'altro:

Hoc

cleste bonurn prceterit orbis opes.

Tuttavia non mancano coloro che fanno volontario getto di questo tesoro, e

seguono l'esempio

di

Nemorino,

nW Elisir d'Amore,

opera comica di Felice


il

Romani, musica

di Donizetti (a. II, se. 7;,

quale

735-

Vend

la libert, si f' soldato.


l'

proposito del quale verso corre sulle bocche di molti


il

aned-

doto di quel cantante (credo fosse


ingiunto in
nel

Ronconi)

al

quale essendo stato

Roma

dalla pecorina censura ecclesiastica di cangiare


cit.

Gridando

libert dei Puritani (gi

al

num. 678)

libert

in lealt volle strafare

cambiando poi

di suo la frase \V Elisir

733.

734.

Non Non

sia di altri chi

pu

essere di s solo.

vi oro che basti a pagare la libert.

[736-738]

Libert, servit

215

e dicendo con grande scandalo dei superiori e grandissima ilarit del pubblico:

Vend

la lealt,

si

f'

soldato.

Ma
triste

coloro che hanno fatto

si

sciocco mercato proveranno per


il

esperienza quale e quanto sia stato

loro errore: e

si

potr

ripeter loro la dolorosa profezia fatta al

Divin Poeta dal suo an-

tenato

736.

Tu proverai s come sa di sale Lo pane altrui, e com' duro calle Lo scendere e il salir per l'altrui scale.
(Dante, Paradiso,
e.

XVII,
cui
si

v. 58-60).

Quanti sentirono

la trista verit di questi versi

pu porre

accanto l'altra sentenza di


vita est misera
;

Seneca: Omniicm guippe mortalium sed illorum miserrima, qui ad alienum somnium

dormtuntj

ad aliorum appetitum com-edunt et bibtmt. Agli antichi non era sfuggito nemmeno un altro aspetto doloroso
et
:

della vita servile, che era espresso in questa sentenza

737. Villicus ne

plus censeat sapere


(Catone, De

se,

quam
V,
3).

dominus.
re rustica, cap.

Finch

il

soffio di libert,
i

che ha vivificato l'Europa

civile,

non ebbe

rotto

ceppi secolari nei quali languivano sotto cieche

e oppressive dominazioni le moltitudini popolari, queste vivevano

come

le

dipingeva

il

poeta:

738.

Fidi all'infame gara Di chi pi alacre a opprimere

chi
il

'1

sia pi a servir.
del suo tempo nella roManzoni, compiangendo la sorte mezzo (pur troppo non molto dissimile da
gli italiani
;

Cosi rampognava

Berchet
p.

manza Le Fantasie,

ed

il

degl' italiani dei secoli di

quella delle et pi tarde), che dalle contese dei diversi dominatori

non traevano che

lutti,

rovine e accrescimento di servit, cosi

li

ammonisce
737.
Il

villano

non pensi

di saperla pi lunga del padrone.

2i6

CM
Il forte si

V ha

detto?

[739-743]

739.

mesce col vinto nemico; Col novo signore rimane l'antico; L'un popolo e l'altro sul collo vi sta.
{Adelchi, coro dell'atto III).

Oggi
il

tempi sono, senza dubbio, mutati:


:

le

nuove idee fanno

loro

cammino, ed ogni giorno

740.

Muore un Brigante
Pi rettamente
si

battesimo suoni o a funerale, e nasce un Liberale.


(Giusti, Il Delenda Cartago,
str. 2).

leggeva in alcune vecchie edizioni


e nasce

Muore un codino

un

liberale.

Ma
degno

anche prima che l'alba del risorgimento politico sorgesse


si

per l'Italia, in questa


di altri destini
;

era risvegliata la coscienza di

un popolo
po-

gi alla fine del sec.

teva dire degli italiani nel Misogallo nel

XVIII I'Alfieri sonetto XVIII (20

no-

vembre 1792

in Firenze):

741. Schiavi or siam,


Fra
le

s ;

ma schiavi almen frementi.


:

conquiste della nuova et, tengono non ultimo posto,


la libert di

accanto alla libert politica, altre libert accessorie

coscienza, per esempio, e la libert commerciale. Questa espressa


in tutta la sua maggiore latitudine dalla formola
:

742. Laissez faire, laissez passer!


parole che divennero
il

grido di guerra dei libero-scambisti e che


ministro del

sono attribuite a

Gournay,

Commercio

in Francia

nel 1751, che in quella


dell'

massima riassunse
;

le dottrine fisiocratiche

economista Quesnay

ma

divennero popolari soltanto dopo


sua opera (pubbl. nel 1776): In-

che

Adamo Smith

le

cit nella

quiry into the nature and causes of the Wealth of Nations. Invece la libert di coscienza pu tenere a programma la celebre sentenza
:

743. In necessariis unitas, in dubiis libertas, omnibus charitas.

in

743. Nelle cose necessarie unit, nelle dubbie libert, in tutte carit.

[744-746]

Libert^ servit

21 y

La
I

paternit di questo dettato fu soggetto di lunghe controversie.


il

Riformati lo dissero di S. Agostino e sotto

nome

di lui in-

fatti

comunemente

corre;

ma

sarebbe inutile di cercarlo nelle opere

del vescovo d* Ippona, poich egli


si

non

lo scrisse mai.

Esso invece
ec-

trova con qualche variante nella Parnesis votiva

pro pace

clesioe

il

ad Theologos Augustan Confessionis pubblicata fra il 1621 1625 da RuPERTUS Meldenius, e cosi suona: Si nos servain necessariis unitatem, in

remus

non necessariis libertatem, in

utrisque charitatem, optimo certe loco essent res nostr.


prio egli
il

Ma fu pro-

primo a dirlo ?

sicuro che veramente


al

Non ne sono Madama Roland


cui

sicuro

come non sono

(nata Phlipon), condotta

patibolo dai rivoluzionari del Terrore (1793), salutasse la statua


della
:

colossale

Libert, ai

piedi

si

levava

la

ghigliottina,

esclamando

744.

Oh

Libert,

que de crimes on commet en


invece questa frase

ton
Libert!

nom

Un'altra versione

le attribuisce

meno

retorica:

comme on
sue stesse

t'a

joue!

Ma
sanava

si

vuol dire che

la libert sia

come

la lancia di Achille,

che

le

ferite; quindi,

nonostante

gli eccessi ai quali gli indi-

pu dare
vidui

origine, essa
i

sempre tesoro inestimabile per

come per

popoli. Beati gl' Inglesi che sanno goderne con


:

tanta savia larghezza, e possono giustamente dire di s

745.
eh'

Britons never shall be slaves.


un verso del celebre inno nazionale inglese composto da

James Thompson: Rule Britannia!


il

veramente l'Inghilterra

paese classico della libert, anche pi della Francia, non ostante

le

grandi e risonanti parole

746.

Libert, Egalit, Fraternit.


il

che furono
anni

motto della grande Rivoluzione

dell*

89, e per molti

la divisa ufficiale delle tre

Repubbliche

francesi.

Lo

si

lesse

per la prima volta su alcune bandiere dei federati (specialmente della

Franca Contea e del Delfinato),


della Federazioneil

al

14 luglio 1790.

Campo di Marte, nella Festa La Francia vittoriosa T im-

745. I Britanni mai saranno schiavi.

2i8

Chi V ha detto?

[747-749]

pose

alle

popolazioni vinte,

le

quali

non

1'

accettarono senza re-

sistenza,

pi spesso manifestata col sarcasmo.


1

Una canzone

po-

polare napoletana del tempo della reazione del

799 (ricordata dal

D'Ancona, Poesia
Ricordi ed
Affetti,

musica popolare italiana nel secolo XIX, in


Milano, 1902) diceva:
lo

venuto

Francese
carte

Co

'no

mazzo de
Libert,

'mmano

Egalit',

Fraternit'.

. .

Tu

rrubbi a

mme,

io

rubbo a
!

tte.

anche

1'

ultimo verso rimasto popolare

43.
Maldicenza, invidia, discordia, odio
Lasciamo andare
n' la ragione
la piccola

maldicenza, trattenimento
;

si dilet-

tevole anche per coloro che vogliono parerne pi schivi


:

umana

747. Si nous n'avions point de dfauts, nous ne prendrions pas tant de plaisir en re-

marquer dans
ma

(Maximes de

les autres. La Rochefoucauld,

XXXI).

che nondimeno pericoloso esercizio, poich

748. Maledicus a malefico

non

distat nisi occasione.


instit. orat., lib.

(Quintiliano, De

XII,

9, 9).

parlo invece della maldicenza informis, che in altre parole


calunnia.

pu

dirsi

Che cos'

la

calunnia? Tutti sanno a memoria la risposta:

749.

La calunnia

un venticello, Un' auretta assai gentile Che insensibile, sottile Leggermente, dolcemente

Incomincia a sussurrar.
748.
Il

maldicente non differisce dal malvagio che per l'occasione.

[750-753]

Maldicenza, invidia, discordia, odio

219

principio della celebre cabaletta di


Siviglia, parole di
se. 6).

Don

Basilio nel Barbiere di


di

CESARE Sterbini, musica


triste

Rossini

(a.

I,

Essa del resto

tutta popolarissima, e se

ne citano anche
i

altri versi staccati.

Della

potenza della calunnia antichi sono


il

documenti, basti

fra tutti citare

notissimo:

750. Calomniez, calomniez;

il

en restera toujours

quelque chose.
la

quale sentenza stata attribuita a diversi; dagli uni al Vol-

taire,

che ne proprio innocente, dagli

altri ai Gesuiti,

da

altri

Beaumarchais, che veramente


(a.

la disse nel

Barbiere di Siviglia

II,

se.

8),

ma

riportandola da autorit a lui anteriori. Infatti


lib.

Bacone
let

da Verulamio nel

Vili, cap.

2,
:

34 del trattato

De

dignitate et auguniento scientiarum, scrisse

Sicut enim dici so-

de calumnia, Audacter calumniare

1'

semper aliquid hret.


:

Ugualmente incerto

autore dell' altra cinica frase

751.

Qu'on me donne six lignes crites de la main du plus honnte homme, j'y trouverai
de quoi
le faire

pendre.

Queste parole sono state attribuite a Richelieu,


fondamento.

ma
1*

senza alcun

A braccetto

con

la

calunnia se ne va per

1*

inferno

invidia, sua
la

sorella carnale, anzi pi spesso sua

madre.

Dante

che ce

trov

laggi, le disse

752.

Consuma dentro

te

con

la

tua rabbia.

{.Inferno, e. VII, v. 9).

ma non
si

disse se la trov a tu per tu con qualche letterato, poich

sa che:

753.

Non

v' animale pi invidioso del letterato.


(U. Foscolo).

Nuoce a
tristi

tutti

l'invidia

ma

specialmente

ai

buoni, che spesso


i

raccolgono rancori e persecuzioni pi

che non ne raccolgano

con

le

loro cattive opere; vecchia storia che

220

Chi l'ha detto?

[754-758]

754.

Le mal que nous


bonnes
qualits.

faisons ne nous attire pas

tant de perscution et de haine que


(La Rochefoucauld, Maximes,

nos

XXIX).

ed

io

mi

limiter a raccomandare ad
ai lettori di

ognuno
:

in generale,

ma

pi

specialmente

questo mio libro

755. Absit injuria verbo.


che veramente dovrebbe
di
dirsi^

Absit invidia verbo, ed citazione


e lib.

Tito Livio,

lib.

IX, cap. 19, 15

XXXVI,

cap. 7,

7.

Ma
756.

e'

un' altra sorella, che tutti riconosceranno, anche senza


il

aspettare eh' io ne faccia

nome, nei

versi dell'ARioSTO

La conobbe
Fatto a

al vestir di color cento,

liste

ineguali et infinite,
XIV,

Ch'or

la

coprono or no.
(Orlando Furioso,
e.

ott. 83).

Costei la Discordia, quella Discordia che


glie, societ, paesi,

mena

in rovina famile basi

per quanto robuste possano sembrare

loro

infatti

757.

Concordia parvee

res

crescunt,

discordia

maxumse

dilabuntur.
(Sallustius, Bellum Jugurthinum,
10, 6).

sentenza, tanto lodata, secondo la testimonianza di


stola

Seneca

{Epi-

XCIV,
se

46),

da M. Agrippa

il

quale riconosceva di frequente


i

inultum

huic debere sententi, perci


il

principi di ogni
:

tempo

hanno tenuto per massima costante

classico

758. Divide et impera.


di cui a molti attribuita la paternit,

da Filippo

il

Macedone

757.

755. Sia detto senza ingiuria. Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia
le

grandissime vanno in rovina.

758. Dividi per dominare.

[759-761]

Maldicenza, invidia, discordia, odio

221

Luigi XI
:

re di Francia,

il

quale realmente soleva ripetere

il

principio

Diviser pour rgner.


gli odii

Da

queste invidie, da queste discordie, nascono

impla-

cabili, nei quali la

natura

umana

sa giungere a raffinatezze che par-

rebbero incredibili;

infatti,

per non dire d'altro,

759.

uno

dei vantaggi di questo

mondo

quello

di potere odiare

ed essere odiati senza coSposi, cap. IV).

noscersi.
(Manzoni, / Promessi

44.
Mestieri e professioni diverse

Per chiunque voglia darsi ad una professione

qualsiasi,

il

mi-

glior consiglio quello di cercare di uniformarsi al dettato inglese:

760.

The

right

man

in the right place.


altri

che alcuni a torto attribuiscono a SHAKESPEARE,


di origine pi recente, cercandolo in

vogliono

un discorso pronunziato da
il

A. H.
L'

Layard

alla

Camera

dei

Comuni

15

gennaio 1855.
alla

uomo

che occupa

la posizione,

umile od elevata,

quale

chiamato dalle sue doti naturali, e dalla educazione ricevuta, ha


il

dovere di darsi tutto ad essa, poich ciascuno deve stare nel


:

cerchio dell* arte sua, di qui la frase latina

761.

Tractant fabrilia
male apponendosi
capace
al

fabri.
(Orazio, Epistola,
II,
1,

116).

A
760.

chi,

sulla sua vocazione,

o costretto dalla
posto che
gli

Un uomo

suo giusto posto

{cio al

conviene).

761. Gli artefici trattano delle cose dell'arte loro.

222

Chi V ha detto?

[762-764]

sorte ad allontanarsene,

scelse

una via che non

gli si

confaceva,

possono applicarsi

le

parole di

Carmen

a Jos

762.

Questo mestier davver non per


{Carmen, parole di H.

te.

Meilhac

L.

Halvy,

mus.

di Bizet, a. Ili, se. 2).

Fra

le

diverse arti, gli antichi erano concordi nel magnificare


:

quella dell' agricoltore

763.

Beatus

ille,

qui procul negotiis,

Ut

prisca gens mortalium,


suis,

Paterna rura bobus exercet


Solutus omni fnore
dice
!

Orazio

negli

Epodi {ode
il

2,

v. 1-4);

ma

egli parla soltanto

dell' agricoltore

che coltiva

suo campicello, e forse oggi non chiadella Sicilia o della Basilicata.

merebbe beato r affamato contadino


Dei mestieri
di citt,

non trovo da

ricordare che

fornai,

che
:

sono motteggiati dal popolo inglese con una citazione shakespiriana

764.

The owl was a


:

baker's daughter.
a.

(Shakespeare, Amlet

IV,

se. 5).

Ofelia che dice


alla

They

say, the

owl was a baker's daughter;

al-

ludendo

leggenda, tuttora viva, nella contea di Glocester, se-

condo

la

quale Cristo entr un giorno nella bottega di un fornaio,


la

chiedendo per carit un poco di pane. La padrona che stava

vorando

la pasta,

ne lev un pezzo, e

lo

pose nel forno, dicendo


la figlia,

a Cristo di attendere che fosse cotto;

ma

rimproveran-

dola della sua prodigalit, lo trasse dal forno, rimettendone soltanto


la

met. Questa cucendosi crebbe prodigiosamente, onde


si

la figlia

meravigliata

diede ad esclamare:

Huh/ huh/ huh/


Il

Questo grido

fece venire in

mete a Ges

la civetta,

e bast questo perch la

ragazza fosse senz' altro trasmutata in civetta.

motto

si

ripete a

pungere

l'

ingordigia dei fornai.

763. Beato colui che, lontano dagli


tichi mortali,

affari,

come facevano
i

gli

an-

coltiva

campi paterni con

propri buoi,

libero da ogni debito.

764.

La

civetta era figlia di

un

fornaio.

[765-767]

Mestieri e professioni diverse

223

Veniamo
chi diceva:

alle professioni liberali, e in testa alle altre

lasciamo

quella del fro.

Cicerone

fece insuperbire gli avvocati

approvando

765.

Cdant arma

togse,

concdt laurea linguae.


(Z>^ Officiis,
I,

cap.

XXI).

e cosi viene

comunemente
di

citato,

bench Cicerone scrivesse proil

priamente laudi invece

lingu. In tutto

Medio Evo

lo studio

delle leggi fu tenuto in altissimo onore, e la professione avvocatale circondata di larghissimi privilegi,

ma

il

mondo cominci ad
tempo antico
avvo-

averne presto piene


si

le

tasche,

tanto pi che fin da

levavano dei dubbi sulla discrezione e


fra
:

sulla onest degli

cati,

quali

si

contava per un' eccezione chi potesse essere

detto

766.

Advocatus sed non

latro.
canonizzato

Infatti la

sequenza di S. Ivone (morto nel 1303,

nel

1347, e celeste patrono degli avvocati) cosi comincia:

Sanctus

Yvo
:

Erat Brito

Advocatus Sed non latro, Res miranda


Populo.
I moderni rincararono la dose, e mentre il Giusti beffeggia r avvocato novellino, facendogli cantare dai compagni di uni-

versit

767.

Tibi quoque, tibi quoque

concessa facolt
in

Di potere

jure utroque Gingillar l' umanit.


(Gingillino, P.
I, str. 37).

uno

tra

pi fecondi e pi fortunati commediografi francesi, in


celebre, di cui
il

una commedia
765. Cedano

protagonista rimasto appunto

le

armi davanti

alla

toga e

gli allori alla lingua.

766. Avvocato

ma non

ladro.

224

^-^^' ^' h<^

detto?

[768-772]

come

tipo dell' avvocato intrigante, fa esclamare al

suo

povero

Principe di

Monaco

768.

Quand une civilisation est vermoulue,


s'y met.
(Sardou, Rbagas,

l'avocat

^. I, sc. 10).

Dei medici condotti,


sia, intitolata

Arnaldo Fusinato

in

una notissima poe-

appunto 11 medico-condotto^ dice in ritornello che

769.

Arte pi misera, arte pi rotta Non c' del medico che va in condotta.

dei giornalisti:

770. Zeitungsschreiber ein Mensch, der seinen Beruf

verfehlt hat.
frase che si attribuisce a

Otto von Bismarck,

il

quale forse non

r ha mai testualmente pronunciata, ma disse qualcosa di molto simile nel novembre 1862 a una deputazione dell'isola di Rgen,
parlando per della stampa di opposizione, per la maggior parte,

secondo

lui,

in

mano

di ebrei e di spostati.

Professione

comoda ed ambita

quella dell' impiegato,

il

quale

almeno,

fra le liete probabilit,

ha quella

di

771.
che
dal
il

Congedo
di
:

paga

intera.

Giusti nella Legge penale

pe7- gl' ivipiegati fa minacciare


agli impiegati prevari-

Granduca

Toscana come punizione

catori (str.

1 2)

G' infliggeremo, in riga di galera,

Congedo
Per
le belle arti,

e paga intera.

ricorder la pittoresca similitudine del musico


artisti

eunuco, applicabile del resto a molti


condizioni fisiologiche
:

non

nelle identiche

772.

Canoro

elefante.

770. I giornalisti sono persone che hanno mancato la loro carriera {cio degli spostati).

[773*776]

Mestieri e professioni diverse

225

Ecco

la intiera strofa:

Aborro

in su la scena

Un

canoro elefante,

Che si strascina a pena Su le adipose piante, E manda per gran foce Di bocca un fil di voce.
(Parini,

La

Musica,

str.

1),

Quindi

versi che dal

melodramma comico

di Luigi Ricci

sono

stati trasportati

a servire per ogni tormentatore

di violino o di

altro istrumento a corda:

773.

Son Tomaso Scarafaggio Vignajuol di San Quintino, Detto il Sega nel villaggio
Perch suono
Romani,
il

violino.

(Un' avventura di Scaramuccia di Felice


a. I, se. 3).

dall'

Vengono qui Alighieri


si

a proposito le

due citazioni dantesche che dette

a proposito delle

pergamene miniate da Franco


lavori artistici. Nella prima

Bolognese

usano anche per

altri

di esse l'arte del miniatore detta:

774.

....

Quell'arte
Parisi.
80-81).

Che
e
il

alluminare

chiamata in
(Purgatorio,
e.

XI, v

verso seguente contiene la frase entrata nell'uso comune:

775.

Ridon
la miniatura,

le carte.
(Purgatorio,
e.

XI,

v, 82).

Ma

come

altre manifestazioni nobilissime dell'arte,

gi in onore, oggi
alla fotografia,

presso che dimenticate, languirono di fronte

alle

sue applicazioni.

Che cos'

la fotografia?

776.
la

Arte nata da un raggio e da un veleno.


con
frase felice

disse

Arrigo Boito

in

un madrigale,

scritto

sotto

un

ritratto fotografico della

Duchessa E. L.

(Boito, // libro

dei versi, Torino, 1877, a pag. 37).

226

Chi V ha detto?

[777]

Quasi una professione diventato anche

il

ciclismo, per la gran-

dissima importanza che ha preso nella vita quotidiana di ogni classe


sociale.

Ai
:

ciclisti

si

applica dagli odiatori di ogni novit la nota

invettiva

777. Arrotini impazziti.

La frase per voce comune e da lungo tempo attribuita a Giosu Carducci; ma nel maggio 1902 il prof. Ottone Brentari si

rivolse direttamente

all' illustre
il

uomo

chiedendogli di au-

torizzarlo a smentire quella voce, e

Carducci rispose sollecita-

mente
dalla

Non

vero che la frase arrotino impazzito sia uscita servito.


allo

mia bocca. Eccola

allora....

chi l'ha detto?


:

Corrado Ricci cosi ne scriveva


gna certo fu chiamato per
il

stesso Brentari

Bolo-

la

prima volta

arrotino impazzito
sentito
all'

velocipedista.

Ricordo benissimo

d' aver

quella (dir

cosi) definizione

a San Lazzaro di Savena

apparire d'

uno

dei primi pedalatori con bicicletta

gommata.

l era attribuito a

un prete (Don Raffaele Mazzoni),


trionfante istromento,

arrotato e

rovesciato dal
:

e rialzatosi polveroso e

imponente

Boia

d'un agz

(arrotino) dovint

matt?

Non

so di pi, e

nem-

meno

so se ci che

mi

si

disse allora risponde al vero. (Vedi la

Rivista Mensile del Touring Club Italiano, giugno 1902, pag. 188).

per conto mio non credo che risponda. Credo invece che la
all' illustre

paternit della fortunatissima frase debba farsi risalire


alienista

lombardo

Andrea Verga,
intitolato

senatore, che avrebbe detto


lui

qualcosa di simile in una delle poche poesie vernacole da


poste,

comla

un sonetto

La

Bicicletta,
(il

che comparve per

prima volta nella Cronaca Trevigliese

Verga era

di Treviglio)

num. 784, del 9 settembre 1893, ^ Poi fu riprodotta da altri giornali. La riproduco io pure come curiosit, tanto pi che non
facile di ritrovarla.

LA BICICLETTA
SONETTO
Che gust mo' caven da
la bicicletta

Sti giovinotti per fa tant burdell?

Con che sugh

di e nott fann la staffetta


el

Sonand allegrament

campanell?

[778]

Mestieri e professioni avverse

227

Spanteghen per i strad una sommetta Per sentinn d' ogni sort da quest e quell, Sden, slisen sul cu pagn e bolletta E di voeult riscien de lassagli la peli. E che figura infin! Dal mezz in gi Col sgambetta paren molletta in truscia.... Molletta, s, voressev di de no ? Dal mezz in su paren gobitt dannaa Che tacchen lid, oppur gent che se scruscia Per fa comodament quell che va faa.
Aprile 1893.

Pare che fosse

il

pubblicista

Romeo Carugati

che in uno dei

suoi spigliati articoli pieni di umorismo, pubblicati con la firma

Barbagelada, nella Bicicletta, giornale milanese di sport che ebbe

una larghissima

diffusione,

in

un numero
non so

della

prima annata,
la frase

avrebbe per reminiscenza del sonetto del Verga usata


rotini impazziti, attribuendola,
al

ar-

se per errore o per scherzo,

Carducci.

45.
Miserie della vita, condizione dell'umanit

Non

tutti

pensano che
le

778. Tout va

mieux du monde dans

le

meilleur

des mondes possibles.


accettando cosi la formula ironica dell'ottimismo, che nel Candido,

composto da Voltaire contro Leibniz, rappresenta

il

principio

sintetico della filosofia del dottor Pangloss, professore di

mta-

physico thcologo-cosmolo-nigologie. Leibniz aveva sostenuto nella

Theodica
optimns
invece

la tesi

esset,
il

che: ....nisi inter omnes possibiles mundos Deus nullum produxisset. Pi facile a trovarsi
i

pessimismo, che anche fra


che
le

filosofi

conta degli apo-

stoli illustri, e

condizioni dell'umanit pur troppo giustifi-

cano. Infatti

228

Chi

Vha

detto?

[779-783]

779.

Entra l'uomo,

allor che nasce, In un mar di tante pene, Che s'avvezza dalle fasce Ogni affanno a sostener.
(Met AST AS IO,
Isacco, parte
Ti).

Insieme a questa quartina pu mettersi

la strofa francese:

780.

On

entre,

on

crie

Et

c'est la vie.
baille,

On
Et
Cos
il

on

sort,

c'est la

mort.
:

testo,

ma
2

si

hanno

delle varianti

[784-789]

Miserie della vita, condizione dell'umanit

229

e anche

784.

La

vita

fugge e non s'arresta un'ora.


(Sonetto in morte di

M. Laura,
v. 1;

n.

IV
Me-

secondo

il

Marsand,

ed.

stica, son.

CCXXXI).

La

caducit delle cose

umane

gi contristava

Giobbe che ma-

linconicamente osservava:

785. Sicut

umbra

dies nostri' sunt super terram.


(Job, cap. Vili, V.
9).

786.

Homo

natus de muliere, brevi vivens tem{^ob, cap.

pore, repletur multis miseriis.


XIV,
V. 1).

La prima
mista:

di queste sentenze ricorda

1'

altro versetto

del Sal-

787. Dies
ed anche

mei

sicut

umbra
v. 4:

declinaverunt.
(Salmo CI, vers.
12).

il

Salmo CXLIII,

Homo

vanitati si?nilis

factus
al

est; dies ejus sicut

umbra prtereunt. Essa corrisponde

pen-

siero del verso classico:

788. Pulvis et
o
al

umbra sumus.
(Orazio, Odi,
lib.

IV, od.

7,

v.

16).

verso italiano

789.

Dalla cuna alla tomba un breve passo.


un celebre sonetto
del

concettino finale di
l'
^

Marini, La

vita del-

uomo che comincia:


Apre
1'

uomo

infelice,

allor che nasce

In questa valle di miserie piena, Pria che al sol, gli occhi al pianto.
Altri osservano poi col
le

Petrarca
giacch
:

che ancor pi caduche sono

cose buone e

le belle,

785. I giorni nostri sulla terra passano 78. L*

come ombra.
vita,

uomo

nato di donna, ha corta

e di

molte miserie

ricolma.

787. I miei giorni son passati com' ombra.

788. Siamo polvere ed ombra.

230

Chi V ha detto?

[790-795]

790.

Cosa bella mortai passa e non dura.


(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, CXC secondo la num. del Marsand, comincia Chi vuol veder quantunque puh Natura; son. CCV nell'ed. Mestica).
;

Ugualmente malinconica

la riflessione di

Goethe

791.

Man

lebt

nur einmal in der Welt.


(Clavigo,
a. I, sc.
1).

Cerchiamo dunque

di starci

meno male che

possibile

792. Nolite ergo

solliciti esse in
(

crastinum.

dice molto filosoficamente la Bibbia


V.
34),
:

F^. di S. Matteo, cap. VI,


dies

soggiunge

Crastinus enim

soUicitus

erit

sibi

ipsi

sufficit diei malitia

sua

ed frase attribuita a

Gambetta
guajo casi-

quella che

Chaque jour a sa peine. domani


coglie

come oggi
tibi,

il

pitato a me,

un

altro,

che nessuno pu dirsi

curo

dall'
si

ugna

della sventura:

Hodie mihi, eras

come volgar-

mente

dice, ovvero,

come

dice ancora la Bibbia:

793.

Mihi

heri, et tibi hodie.


{Ecclesiastico, cap.

XXXVIII,

v. 23)

o anche, come dice Virgilio

794. Stat sua cuique dies.


(Eneide,
lib.

X,

v. 467).

sentenza che Macrobio nel passo pi volte citato {Saturn., V. 16)

d come passata in proverbio gi

ai

suoi tempi.

Del resto che cos' questa vita?


di dolori,
di guai, di lotte;

una catena non

interrotta

795. Vivere \_mi .Lucilt] militare est.


(Seneca
scriveva Seneca a Lucilio,
e
il

giovane, Epist.,

XCVI,

5)

Plinio

nella Hist. Natur.,

prefa-

zione al libro

XVIII: Profecto enim


si

vita vigilia est, e S.

GiRO-

791. Nel 792.

mondo

Non

vogliate

vive una volta sola. adunque mettervi in pena per


te.

il

domani.

793. Ieri a me, e oggi a

794. Ciascuno ha fissato il suo giorno. 795. Vivere vuol dir combattere.

[796-798]

Miserie della vita, condizione dell'umanit

231

LAMO

nel trattato

Adversus Pelagianos

(II,

5, col. 747):
il

Qttamnel

diu enim vivirmcs, in certatnine sumus.

Anche

Voltaire

Mahomet

(a.

II,

se.

4):

Ma
di cui

ve est
fece

un combat
e molti secoli
v.
:

Beaumarchais
il

si

un motto;

prima

di tutti

costoro

libro di Giobbe (cap. VII,

i)

aveva detto:
mercenarii

Militia est vita hominis super terram

et sic ut dies

dies ejus.

Per cui

796.

....

Spesso da forte
il

Pi che
Questa
la

morire
(V.

il

vivere.
a.

Alfieri, Oreste,

IV, se.

2).

vera
life.

797. Struggle for

per usare la frase ormai accettata universalmente a indicare uno


dei canoni della teoria darviniana
frase si trova gi nel titolo
dell*
dell' origine

delle

specie.

La

opera fondamentale di

Carlo
life,

Darwin

On

the origin

of species by means of natural

selection

or the preservation of favoured races in the struggle for


pubblicata nel 1859
;

ed forse ispirata dalla frase analoga Struggle

for

existence che

usata nel

non meno

celebre

Essay on the
che Virgilio
i

principles of population del

MALTHUS

(1798).
quello

Un
fa dire

altro verso,

commovente ed umano,

ad Enea, mentre vede nel tempio

di Cartagine dipinti

casi

di

Troja:

798.

Sunt lacrimaB rerum,


tangunt.

et

mentem
(Eneide,

mortalia

lib. I, v. 462).

che col primo emistichio (usato, come spesso accade, poco a proposito, perch staccato dal resto del verso)

ha dato

il

titolo a

un

bel

quadro del pittore Attanasio.

797. Lotta per la vita. 798. Anche qui i tristi casi del

mondo hanno

le

loro lacrime, e

muovono

gli

animi a compassione.

232

Chi Vha detto?

[799-801]

Ho

detto del primo emistichio, che usato assai spesso fuor


il

di proposito, poich, infatti, esso significa realmente

pianto che
fanno.

noi facciamo sulle cose

umane

non che
il

le

cose

umane

Or proverebbe non poca meraviglia

poeta se rivivendo sen-

tisse

a quale impensata significazione sian tratte da' suoi nepoti

quelle cosi semplici parole sunt, lacrim


finito

rerum:

il

tedio in-

che in

secreto dalle

momenti pare emani dalle cose, quasi il dolore cose create dominate da un fato cieco, il misterioso
certi

perch

dell' essere e del

morire, la simpatia della natura e degli

oggetti, che

piangono

al pianto
il

dell'uomo e ne sentono
e che

la

scon-

solata tristezza . Cos


filologica intitolata

prof. Attilio

de Marchi in una noterella


si

appunto Srint lacrimcB rerum

legger

con molto interesse e profitto {Rendiconti del R.


bardo di Scienze
pag. 1436).
e Lettere, Ser. II, voi.

Istituto

XXXI,

fase.

LomXIX, 1898,

Al verso del poeta mantovano va avvicinata


l'

la

sentenza del-

epicureo

Lucrezio

799.

....

Medio de fonte leporum


lib.

Surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat.


(De natura rerum,

IV,

v. 1125-26).

La
800.

vita contristata

anche dalla

umana malvagit

Homo
Plauto
Lupus

homini lupus.
il

che di

{Asinaria, a. II, se. 4, v. 88),

quale per

disse in forma alquanto diversa:


est
si

homo

homini, non homo.

La forma

volgare

ritrova in

un epigramma

di

Giovanni Owen:

Homo
Per cui non

homini lupus, homo homini Deus.


ci

sorprenda

la

sconsolante sentenza biblica:

801. Maledictus

homo

qui confdit in homine.


{Geremia, cap. XVII,
v. 5).

799.

Di mezzo

al fonte

Dolce d' amore un non so che d' amaro Sorge che sin tra' fiori ange gli amanti {Marchetti).

uomo lupo per 1' altro uomo. 801. Maledetto l'uomo che confida nell'altr' uomo.
800. L'

[8o2-8o6]

Miserie della vita, condizione dell'umanit

233

Di Giannozzo Manetti, uomo

politico fiorentino del sec.

xv,

scrive Vespasiano da Bisticci nelle

Vite degli

uomini

illustri del

suo tempo (ediz. Fanfani, pag. 102) che soleva dire ispesso, quando vedeva uno promettere una cosa e non 1' osservare, come
faceva
lui,

che era osservantissimo, Maledictus homo qui confiait


e la sua chiusa era, e

in homine,

neW opere

sua,

Ove
cui

alla malignit si

aggiunga

la

dappocaggine e nullit nostra

non

vale a sanare la brevit della vita

umana, poich:

802.

Hestemi quippe sumus,


Orazio chiam
....

et

ignoramus.
9).

(Giobbe, cap. Vili, v.

e per la quale

la

umana

stirpe

803.
mentre in

Fruges consumere
1'

nati.
I,

(Epistole, lib.

ep. 2, v. 27).

altra parte dei suoi versi

aveva detta

804.

Audax

Japeti genus.
(Odi, lib.
I,

od. 3, V. 27).

sar giustificata la sdegnosa misantropia di chi

si

vanti:

805.
pardi,

Sprezzator degli uomini.


Le Ricordanze
di

ripetendo la frase del canto


il

Giacomo Leo-

quale diceva di s chiuso nel natio borgo selvaggio:

Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, Senz' amor, senza vita ed aspro a forza Tra lo stuol de' malevoli divengo
;

Qui

di piet

mi spoglio

e di virtudi,

E
Lo

Per

sprezzator degli uomini mi rendo. la greggia eh' ho appresso.


il

sconforto della vita e


il

pessimismo ispirarono

al

grande ro-

manziere livornese

noto scettico dilemma:

806.

se la vita fu tolta?

bene, perch mai

ci

vien

se la vita fu male,

perch mai

n' stata concessa?


(F. D.

GuEKRAZZi, La Battaglia di Benevento,

cap. V, in princ).

802. Perocch noi siamo di

ieri,

e siamo ignoranti.

803. Nati solo per consumare biade {cio per mangiare). 804. L'audace stirpe di Giapeto.

234

^^^ ^'^^

'^/Z?

[807-808]

E nemmeno a troppo ottimismo sono Arrigo Boito


:

ispirati

noti versi di

807.

Questa la vita! l'ebete Vita che e' innamora, Lenta che pare un secolo, Breve che pare un'ora;

Un

oscillare eterno

Fra paradiso e inferno Che non s' accheta pi


che sono una strofa
(la

penultima) di Dualismo, poesia scritta

nel 1863 e a' suoi tempi famosa (Boito, // libro dei versi,
rino, 1877, a pag. II).

To-

Ma

coronamento

di tutte le

umane
e

miserie, viene

il

giorno

estremo, e allora nel libro della vita, delle gioie e dei dolori, delle
glorie e delle debolezze si scrive fine^

808. Sic transit gloria mundi.


Queste parole, per un' antichissima consuetudine,
si

dicono tre

volte innanzi al Pontefice novellamente eletto nella cerimonia del

possesso, a ricordargli nella solennit del rito quanto sia breve e

caduca

la gloria terrena.

Mentre

il

Papa seduto

nella sedia gesta-

toria s' avvia processionalmente, co' flabelli a lato, all' altare papale,

neir uscire dalla cappella Clementina in S. Pietro, trova un maestro di cerimonie genuflesso

con una canna inargentata, che in cima

porta

un
la

ciuifetto di stoppa;

un

chierico vi appicca

il

fuoco, e
:

mentre

stoppa

fa

vampa,

il

cerimoniere, alzando la canna dice

Sancte Pater,
le

sic transit
si

gloria mundi.

La

stessa cerimonia,

con

medesime parole,

ripete innanzi alla statua di S. Pietro e di

fronte alla cappella dei SS. Processo e Martiniano. Ignoro la fonte


delle parole rituali: nella Imitazione di Cristo (lib. I, cap. 3, v. 6)

detto

O quam

cito transit gloria

mundi

Questo
presso
i

rito

che trova riscontro anche in talune cerimonie praticate


sarebbero quelle dei

gentili in circostanze analoghe, quali

solenni trionfi, era usato nel vi secolo pure nella coronazione degli

imperatori greci

ed ugualmente ripetuto in molte


la gloria del

altre occasioni

808. Cos passa

mondo.

[809-810]

Miserie della vita, condizione

dell' M7nanit

235

della liturgia cattolica. Il


voi.
tale

Moroni

(Z)z22"o.

dierudiz. storico-eccles.,

LXX,
la

pag. 90-93) narra che Pio III, coronato nel 1503, a

cerimonia rimase talmente penetrato e commosso, anche persua salute era cadente per una piaga che che
gli
gli

ch

impediva

di

stare in piedi,

sgorgaron

le lacrime, infatti

quasi presago della


fu che di

prossima sua

fine. Il

suo pontificato

non

26 giorni.

Gregorio Leti nella sua romanzesca Vita di Sisto V, narra, vero


sia, di

o falso che
S. Pietro

questo pontefice, che, essendo egli incoronato in

maggio 1585, mentre si bruciava la stoppa, gli venne detto: S. Padre, cos passa la gloria di questo mondo.
il

Sisto

fuori dell'

uso degli

altri pontefici,

che in quell' atto mai

rispondono, con animo intrepido rispose ad alta voce:

La

gloria

nostra non passer mai, perch non abbiamo altra gloria, se non
che

far buona

giustizia.

poi volcatosi

alli

Ambasciatori Giapil

ponesi, soggiunse: Dite alli vostri Prencipi nostri Figli

con-

tenuto di questa nobile cerimonia.

46.

Morte

Ordino qui appresso per lingue e per autori


delle frasi e delle sentenze che nel
alla

la non breve serie comune linguaggio si applicano

morte e a ci che

le

appartiene.

Molte gi ne troveremmo nelle Sacre Carte;

ma

ci

contente-

remo

di tre o quattro fra le pi note, per

esempio:

809.

Semitam per quam non

revertar, ambulo.
(Giobbe, cap.

XVll,

v. 23).

810. Melior est canis vivus leone mortuo.


{Ecclesiaste, cap. IX, v.
4).

809. Io batto una strada, per cui non ritorner. 810. E meglio un cane vivo di un leone morto.

236

Chi V ha detto

[8 1 1 -8

7]

1 1

In omnibus operibus tuis memorare novissima tua, et in eeternum non peccabis.


{.Ecclesiastico, cap.

VII,

v. 40).

8 12.

Omnia, quse de
vertentur.

terra sunt, in terram conXL,


la
v. 11, e cap.

{Ecclesiastico, cap.

XLI,

v.

13).

Venendo

ai

classici latini
....

abbiamo

sentenza di

Plauto

813.

Quem

dii diligunt

Adolescens moritur.
(Bacchides,
il

a.

IV,

se.

VII,

v.

18-19).

quale del resto non fece che tradurre un verso di

Menandro

conservatoci da Plutarco {fragm.

124, ed. Koch):

"Ov

di

Gsol cptXoQoCv ioGvT^oxet vso.


la pietosa

Dal divino Virgilio tolgo

invocazione

814. Parce sepulto. ^ ^


e la frase di

/^ v ,u (Eneide, lib.

Ili, v. 41).

,tt

Didone:

815.

Moriemur inultse! Sed moriamur, ait. Sic, sic j u vat ire sub umbras.
{Eneide,
lib.

IV,

v. 658-659).

da Ovidio

le

parole solite a scolpirsi sulle

tombe

dei

romani

816.

Molliter ossa cubent.


{Tristiutn, lib. Ill,
el. Ill,

v. 76).

Anche

il

817. Levis sit tibi terra! (Koucpa 001

y^^^y Trvw0
[Tiaoc).

811. In tutte

le

tue azioni ricordati del tuo ultimo fine, e

non

peccherai in eterno.

812. Tutto quello che viene dalla terra, torner nella terra.

813. Colui che

gli

di

amano, muore giovine.


si

814. Perdona a chi seppellito.


815. Morr invendicata! Ebbene, scendere fra le ombre. 816. Riposino dolcemente 817. Ti
sia lieve la terra!

muoja, disse. Cos, cosi devo

le ossa.

[8 1 8-821]

Morte

237

in
di

Euripide

{Alceste, v.
lib.

462-463),
el.

ma

confr. pure con

il

testo

Ovidio, Amores,

Ili,

9, v.

68.

Da Orazio

trarremo

la bellissima

immagine:

818. Pallida

mors sequo pulsat pede pauperum


turres.

Regumque
e
il

[tabernas
(Odi, lib.
I, 4,

13-14).

pietoso lamento

819.

Linquenda

tellus, et

domus,

et placens

{Odi, lib. II, od. 14, V. 21-22).

da Tacito

la

nobile sentenza, in tutto degna di lu

820.

Honesta mors turpi vita


nella Vita di

potior.
33).

(Tacito, Vita di Agricola, cap.

Elio Sparziano

Adriano Imperatore che


dice di lui
:

fa parte

degli Scriptores historie

August

Et moriens

qui-

dem hos
821.

versus fecisse dicitur:

Animula, vagula, blandula, Hospes, comesque corporis, Quae nunc abibis in loca? Pallidula, rigida, nudula
Nec, ut
ma
soles,

dabis jocos.
dette

FoNTENELLE nei Dialogues des Morts ne


fedele,

una traduzione non

gentilissima:

Ma petite me, ma mignonne, Tu t'en vas donc, ma fille? Et Dieu sache o Tu pars seulette et tremblotante, hlas!
Que deviendra ton humeur folichonne? Que deviendront tant de jolis bats?
818.

tu vas!

La

pallida

morte batte ugualmente


al

al

tugurio del povero

come

castello dei re.

819. Conviene abbandonare

la terra, e la casa, e l'amabile moglie. 820. Un' onesta morte migliore d' una vita vergognosa. 821. O piccola anima, errabonda, scherzosa, ospite e compagna

del corpo,

dove andrai ora,

pallida, fredda, ignuda, priva

dei consueti sollazzi?

238

Chi V ha detto?

[822-825]

822.

Memento

mori.
gli antichi solitari della

lugubre riflessione, nata forse presso


baide, divenne poi

Te-

come

il

motto dei Trappisti (ordine


1

di stret-

tissima osservanza, fondato nel

140, riformato dal famoso abate

Ranc
morte.
v.

nel 1664),

quali per le loro Costituzioni

dovevano
l'

ripeter-

selo di continuo, per avere di continuo presente

immagine

della

Anche
dice.
gli

la

Bibbia nel libro ^YC Ecclesiastico, cap.

XXXVIII,

21,

Memento novissimorum.

Cosi

Egiziani nei loro banchetti facevano portare attorno una

bara: e agli Czar delle Russie era antico uso di presentare nel

giorno della loro coronazione diversi campioni di marmi, fra


quali

dovevano

scegliere quello destinato alla loro


il

tomba. Del resto

chi

non ricorda
es,

versetto del d delle Ceneri:

Memento homo,
parole:

quia pulvis
es ecc.,

et in

pulverefn re^jerteris? e

le

Pulvis

sono

tolte di

peso dalla Bibbia e precisamente dal libro


v. 19.

della

Genesi, cap. Ili,

Dalla Divina

Commedia dell'ALiGHiERi

tolgo

il

verso in cui dice


:

di Ercole che uccise a colpi di clava Cacco,

il

ladrone dell'Aventino

823.

Gliene die cento, e non sent le diece. (.Inferno, e. XXV, v. 33).


non
di

1'

altro in cui parla,

un morto, ma
:

al contrario di qual-

cuno che

vivo, e vivo

bene

824.

mangia

bee e dorme e veste panni.


{Inferno,
e.

XXXIII,

v. 141).

Costui Branca d'Oria che non mor unqtianche. Visse

infatti fin

dopo

il

1300

ma Dante

lo

mise

lo stesso all'Inferno.

L' altro nostro maggior poeta, in una delle canzoni in vita di

Madonna Laura (num. XVI secondo

la
:

numeraz. del Marsand;


m,i credea

XX

secondo

il

Mestica) che comincia


5),

Ben

passar mio

tempo ormai

(str.

scrisse la nota sentenza:

825.

\Ch''\

Un

bel morir tutta la vita onora.

che un anonimo prudente complet col verso non

meno noto

Ma

un

bel fuggir salva la vita ancora.

822. Rammentati che devi morire.

[826-831]

Morte

239

Suo
precoce

pure
:

il

verso col quale Laura rimpiange la

sua morte

826.

compie' mia giornata inanzi sera.


(Petrarca, Sonetto in morte di M. Laura, a. XXXIV secondo il Marsand, CCLXII dell' ed. Mestica, comin.: Levommi il mio
pensier in parte ov' era).

di cui si

ramment
18)
:

il

Giusti nei melanconici versi All'amica lon-

tana

(str.

Se

Io spirito

infermo e travagliato
sera,

Compir sua giornata innanzi

Non
Il

sia

dimenticato

tuo misero amante....

ed ugualmente del

Petrarca
il

la terzina seguente:

827.

ciechi,

tanto affaticar che giova?

Tutti torniamo a la gran

madre
si
I,

antica,

il

nome
offre
i

nostro a pena
due versi

ritrova.
v. 106-108).

(Trionfo della Morte, canto

L'Ariosto mi

828

Sarebbe pensier non troppo accorto, Perder due vivi per salvare un morto.
(Orlando furioso,
e.

XVIII,
;

ott. 189).

che stanno nel celebre episodio di Cloridano e Medoro


la

il

Tasso

nota sentenza

82g.

Dal sonno
i

alla

morte un
morte

picciol varco.
e.

(Gerusalemme liberata,

IX, ott.

18).

nonch

versi nei quali descritta la


....

di Clorinda

830.

In questa forma
e.

Passa la bella donna, e par che dorma.


(Gerusalemme liberata,
e due belle
XII, ott.
69).

massime

di frequentissimo

uso

831.

Non

dee guerra

co'

morti aver chi vive.


e.

(Gerusalemme liberata,

XIII, ott.

39).

240

Chi V ha detto?

[832-837]

832.

Muojono
Copre
1
i

le citt,

muojono

regni;
;

fasti e le

pompe arena ed erba


si
e.

E uom

d'esser mortai par che


{Gerusalemme liberata,

sdegni.
ott. 20).

XV,
si

In un melodramma del Metastasio, V Adriano,


queste altre due, ugualmente notissime
:

troveranno

833.
Difficile
il

Agl'infelici

morir.
(A,
I,

se. 4).

834.

Non
Il

ver che peggior di

sia la
tutti
i

morte
mali;

un sollievo de' mortali Che son stanchi di soffrir.


(A.
I,

se. 6).

Quasi proverbiale

si

fatto

il

verso di

Vincenzo Monti

835.
e

Oltra

il

rogo non vive


(/ morte di

ira nemica. Ugo Bassville, e.

I,

v. 49).

una

delle pi popolari tragedie dell' Alfieri


i

ha porto occasione

a molti infelici di ripetere

disperati versi

836.

O
Cui tanto invoco,

Morte, Morte al mio dolor tu sorda


^^^^^^ ^ ^^
^^
2).

Sempre
Se volgiamo
il

sarai

?...

passo verso

le

tombe, ricorre istintivamente

alla

memoria
ciamento

la al

interrogazione con la quale

Ugo Foscolo

d comin-

carme * Sepolcri :

837.

All'ombra

de' cipressi e dentro l'urne Confortate di pianto forse il sonno Della morte men duro ?
il

Ippolito Pindemonte, cui

carme medesimo era


:

diretto, ri-

spose a questa

domanda con
1'

un' altra

Sente

Un mucchio d' ossa onor degli accerchianti marmi


{I Sepolcri, V. 40-43).

de' custodi delle sue catene Cale a un libero spirto? ^

[838-842]

Morte

241

Il

nobile poemetto foscoliano, rimasto classico nella nostra

let-

teratura, contiene

anche
:

altre frasi scolpite nella

memoria

di tutti,

quali le seguenti

838.

Ahi! sugli

estinti

Non

sorge fiore, ove non sia d' umane Lodi onorato e d'amoroso pianto.
(v.

88-90).

839
Il

Gli occhi dell' uom cercan morendo Sole; e tutti l'ultimo sospiro
i

Mandano
e-

petti alla

fuggente luce.
(v.

121-123).

Goethe morendo a ottant' anni preg


gridando
:

gli

amici che

gli

aprissero
il

la

finestra

Ltice, luce [vedi pi oltre

al n.

865], ed

Leopardi nei suoi ultimi momenti volgendosi


tonio Ranieri
(Carducci).
:

alla sorella di

An-

Aprimi quella finestra.

. .

fammi veder

la luce.

840.

egregie cose
L' urne de'

il

forte

animo accendono

forti,

o Pindemonte, e bella

E
Veniamo
al

santa fanno al peregrin la terra


le ricetta.
egli
^^ j^^.j^^^ ai

Che

malinconico poeta della Ginestra;


il

che
:

prodi

morti delle Termopili rivolse

suo compianto, poich

841.

Senza baci moriste e senza pianto.


(Leopardi, Canzone
all'Italia).
il

ci

ha lasciato anche

bellissimo detto

842.

....Due cose belle

ha

il

mondo:

Amore
Lo

e morte.
il

(^KOPAKor, consaivo).
dell' altra

stesso pensiero
e m.orte :
Fratelli,

poeta ripet in principio

canzone,

Amore

un tempo
si

stesso,

Amore

Morte

Ingener
Altre

l sorte.

Cose quaggi
il

belle

mondo non

ha,

non han

le

stelle.

242

Chi V ha detto?

[843-847]

Nelle poesie di un grande scrittore dei giorni nostri leggiamo


di

due morti famosi, Ermengarda,

la

moglie ripudiata di Carloma-

gno, e Napoleone.

La prima

giace

84^.

Sparsa

le trecce

morbide

Sull'affannoso petto,

Lenta le palme, e rorida Di morte il bianco aspetto.


(Manzoni,
e in questo stesso coro citata:
Adelchi.,

coro dell'atto IV).

troveremo l'altra frase che non di rado

844.

Alle incolpate ceneri

Nessuno
Per
il

insulter.
il

secondo,

tutti

ricordano

mirabile canto che senza ybr>y<?

non morr e che comincia:

845.

Ei fu; siccome immobile Dato il mortai sospiro


Stette la spoglia

immemore

Orba

di tanto spiro.

Cosi percossa, attonita

La
Di due
bifori a
gentili e

terra al nunzio sta.


(Manzoni,
// Cinque

Maggio,

ode).

sentite frasi sui nostri


li

poveri morti siamo de(nel

Giovanni Prati che


....

chiam

Viaggio notturno)

JL

846.

Vengon
e alla

che pietosi e cari con noi D' un' armonia migliore.


I defunti,

ne' sogni a favellar

povera orfanella della gentile poesia


:

Ttitto

ritorna,

av-

vertiva

847.

....

Che
In
tutti

morti

al

Tu non sai mondo non ritornan mai


risuona
1*

gli asili d' infanzia

eco stucchevole di questa

ultima poesia del Prati.

la fanciulla

che da quattro anni sta sulla

porta ad aspettar che torni la madre defunta, risponde a chi tenta


disilluderla
:

[848-853]

Morte

243

848.

Tornano al vaso i fiorellini miei, Tornan le stelle.... torner anche

lei!

Per coloro che pi non hanno tanta ingenuit,

e trovano miglior

conforto nella fede, sar pi grato di ripetere con l'abate

Gia-

como Zanella:
849.
....

Il

nulla
:

pi veggenti savj

Io nella
Sono invece

tomba trover

la culla.
{La veglia,
str.
18).

di

questi altri due versi

Teobaldo Cicconi, non meno noti

poeta drammatico friulano,


:

850.

Con

vent' anni nel core


la

Pare un sogno
in

morte e pur

si

muore.

che stanno nel ritornello di un' ode composta e stampata nel 1853

morte della contessina Vittoria Florio.


Qualcosa giova togliere anche
ai nostri migliori poeti dialettali,

come a Tommaso Grossi che Carlo Porta si domandava


:

nella dolcissima poesia in

morte di

851. L'

mort? l' propri mort? Cossa vceur d Sta gran parola che fa tant spavent?
Giovacchino Belli che
li
:

a Giuseppe

in

un sonetto romanesco

L' amore de

morti, del 19 settembre 1835, con molta filosofia

giudicava che

852

Li vivi poi-poi, bboni o

cattivi,
li

So cquarche ccosa mejjo de

morti.

Nun
o anche
all'

fuss'

antro pe' cquesto che sso'vivi.


tale

altro

capo ameno che dice di un

che mori cosi

all'improvviso che:

853

Du' minuti avanti


Pare na
bu...,

di

mor

ma

era vivo!

ed uno sbrigliato sonetto in dialetto pisano

(Renato Fucini)

intitolato

di Neri Tanfucio La morte 'mprowisa.

244

C^^ ^'^ detto?

[854-855]

854.

il

Fenesta ca lucive e
di

mo non
antica e

luce

primo verso, notissimo,

un' antica

canzone napoletana,

sulla quale si fantasticato assai.

eh' essa risalga ai tempi di Masaniello, mentre

il

comune opinione Di Giacomo che


ha studiato

nel suo volumetto Celebrit napoletane (Trani, 1896)

con amore questo argomento, assicura che

la

prima edizione a

stampa

di questa

canzone fu
il

fatta

da certo

Mariano Paolella
la

in Napoli verso

1854,

il

quale dice di avere rifatto

presente

elegia

(?)

sulla traccia di

poche parole canticchiate dal popolo, mas-

sime dalle donnicciuole.

Il

Di Giacomo

ritiene che egli traducesse

in napoletano la poesia siciliana con la quale

Matteo

di

Ganci
ancora

nel sec.

xvi cant

la pietosa

morte della Baronessa


(v.

di Carini,

viva nella leggenda popolare

Salomone-Marino, La baronessa

di Carini, leggenda popolare del secolo

XVI, Palermo,

1873).

Ecco

intiera la

prima

sestina,

la

pi nota, della canzone:


luce,

Fenesta ca lucive e

mo non

Segno

ca

S'affaccia

Nenna mia stace la sorella e me lo

malata:
dice:

Nennella toa morta e s' atterrata; Chiagneva sempe ca durmeva sola, Mo dorme co li muorte accompagnata

la

musica? Volevano che fosse addirittura del

Bellini. Certo

dolcissima e

degna

di lui

ma

il

Di Giacomo crede invece che


la

Luigi Ricci
tane,

1'

abbia fornita

al

famoso editore di melodie napole-

Gugl. Cottrau, che ne fece una riduzione e

stamp come
1'

cosa sua nella prima met di questo secolo; l'uno e

altro profit-

tando di noti motivi belliniani e rossiniani. Vedi pure quel che ne


scrive Amilcare Lauria nella
fase,

Nuova

Antologia,
117.

IV

ser., voi.

LXV,
che

del i^ settembre 1896, pag.


i

Fra
ci

pochi scrittori stranieri, meglio conosciuti in

Italia,

hanno
il

lasciato retaggio di frasi funebri, ricorderemo in

prima

linea

curato di

Meudon, Rabelais, che


de Chatillon:

dal suo letto di morte

scrisse al Card,

855.

Je m'en vay chercher un grand peut-tre.

854. Finestra che luceva (era illuminata) e ora non luce.

[856-860]

Morte

245

e la frase restata,

come

restata

1'

altra

pure a

lui attribuita,

ma

con minor fondamento:

856.

Tirez le rideau, la farce est joue.

Narrasi, bench sia stato pi volte smentito, che Rabelais la dicesse ridendo agli amici che lo circondavano sul letto ove agoniz-

zava:
latino.

ma avanti di Rabelais, l'aveva detta certamente, bench in Demonatte morente (Freigius, Comm. in Cicer., to. I).
altra versione queste parole
al

Secondo un'

sarebbero state dette da

Rabelais morente

paggio del Cardinale di Bellay, venuto a

nome

di questo prelato a

prendere notizie di
vois.

lui:

seigneur l'tat o tu
'petU-tre. Il est
toi,

me

Je m' en
:

vais chercher

au nid de

la pie

dis-lui qu'il

Dis monun grand s'y tienne. Pour

tu ne seras jamais

qu'un

fou.

Tire

le

rideau, la farce est

joue.

Ma, ripeto, nessuna seria autorit conferma questo racconto, non pi dell' altro, anche pi apocrifo, secondo cui Rabelais vicino a morire si sarebbe fatto rivestire di un domino per

poter ripetere le note parole della Scrittura:

857. Beati mortui qui in


Pi autentica sarebbe
morte a chi
gli

Domino

moriuntur.
e.

(Apocalisse,
la risposta di

XIV,
in

v. 13).

Fontenelle

punto

di

domandava conto

della sua salute:

858.

Cela ne va pas, cela s'en va.


autore pochissimo noto fra noi, tuttavia

Antonio Lemierre
di lui
il

verso:

859.

Caton se

la

donna
si

Socrate
se.
7).

l'

attendit.
:

che a proposito della morte


nella tragedia Barnevelt (a.

suole citare

non raramente esso

IV,

Pi noti invece sono


la

La
di-

Fontaine, che
cendo
:

si

nobilmente descrisse

morte del giusto

860.

Rien ne trouble sa fin

c'est le soir d'un


{Philemon

beau j our
et

Baucis).

857. Beati

morti che muoiono nel Signore {cio con la grazia

di Lni).

246

Chi V ha detto?

[861-864]

Malherbe,
:

autore di due versi diventati celebri a cagione spei

cialmente di un singolare errore tipografico. I due versi sono


guenti

se-

861

Rose,

elle a

vcu ce que vivent les roses, L'espace d'un matin.


{Lettre a hi Perrier).

ed erano composti per

la
:

morte

di

una giovinetta Rosa, per

Malherbe aveva

scritto

Et Rosette
Pare che fosse

a vcu ce

que vivent les roses L'espace d'un matin.


:

il

compositore che per errore, volontario o no,


si

mut

il

testo

come
frase

detto:

e l'autore accett la correzione,


alla frase.

che senza dubbio cresceva grazia

La crudele

862.

Il

n'y a que les morts qui ne reviennent pas.


dal

fu detta nel 1794

convenzionale

Bertrand Barere
della ghigliottina,

(non

Barrre), soprannominato

V Anacreonte
la

quando
i

innanzi alla Convenzione sostenne

guerra a morte contro

ne-

mici esterni ed interni della repubblica.

Fu

egli

stesso che alla

parte pi moderata dell' assemblea la quale chiedeva un rinvio del


giudizio di Luigi
crotre,

XVI

rispose che

V arbre de

la libert ne saurait

s' il ri' tait

arros du sang des rois ; e che fece decretare

dalla

Convenzione che:

863.

La

terreur est l'ordre


nefasti

du
di

jour.
periodo del Terrore.

donde a quei giorni

venne

il

nome

Sono

di quel

medesimo tempo

le

parole famose:

864. Fils de Saint-Louis,


sarebbero
le
al

montez au

ciel.

parole

dette dall' ab.

FiRMONT

re Luigi.

XVI

ch'egli
Il

momenti prima

dell' esecuzione.

H. Essex Edgev^^orth de accompagn al patibolo, pochi maggior numero di coloro che


istorico,

hanno recentemente studiato questo piccolo problema


hanno concluso che
cena
altri
il

motto apocrifo: Fournier nel suo libro


da un giornalista,
a

L'esprit dans l'histoire, dice addirittura che fu inventato in una


la sera stessa dell'esecuzione

Carlo His;

ne attribuiscono invece

la paternit

un

altro scrittore noto,

[865-867]

Morte

247

Carlo Lacretelle. Ma un
court {Le
Historiques,

articolo di G.

du Fresne de Beau-

mot de l'abb Edgeworth)

nella

Revue des Questions

tenticit della frase,

I" octobre 1892, pag. 564, sostiene invece l'auche ha in suo favore un insieme imponente
contemporanee.
spesso
:

di testimonianze

Sono pure

citate

le

ultime parole attribuite a

WoiF-

GANG VON Goethe


865.
altro

Mehr

Licht!
la tradizione si

esempio del come

compiaccia ad abbellire

le

frasi dei

grandi uomini, poich egli pi modestamente disse alla

serva poco innanzi di morire (22 marzo 1832): Apri anche l'altra

imposta per fare entrare un poco pi di luce (Macht doch


auf,

den zweiten Fensterladen auch

damit mehr Licht hereinkom-

me). Per maggiori ragguagli su questa singolare questione, che


ha
gi la sua piccola letteratura,

rimando

all'

eccellente libro del-

l'Hertslet, Treppenwitz der Weltgeschichte,

S. 319.

Si

IV. Aufl., Berlin, 1895,


il

pu notare come una


e spiritista scozzese,

singolare coincidenza, che

fkmoso mistico

Lawrence Oliphant,
e

l'uomo

pi singolare dell'Inghilterra

contemporanea, spir nel 1888 a


nebbiosa di settembre, mor-

Twickenham,

in

una giornata fredda

morando appunto le parole che si vorrebbero attribuire a Goethe morente: Ancora luce! E del resto pare fenomeno comune che

866

Gli occhi dell'


Il sole,

uom

cercan morendo

e tutti l'ultimo sospiro


i

Mandano
Altra

petti alla
(U.

fuggente luce.
Sepolcri, 121-123).

Foscolo,

frase, trita e ritrita, di origine tedesca, la

seguente:

867.

Die Todten reiten schnell.


Aug. Brger
intitolata
la

ed in una celebre ballata di Gottfr.

Lenore (pubbl. per


mentre

prima volta nel Musenalmanach di Gotil

tinga del 1774, a pag. 214) ove


la rapisce

funebre amante della fanciulla,


il

spingendo a galoppo forsennato


la

cavallo, a lei

che paurosa domanda

ragione di quella corsa sfrenata, ripete

865. Pi luce.
867. I morti corrono (cavalcano) presto.

248

Cht l'ha detto?

[868-871]

sempre

la

medesima

risposta,

cio la frase

macabra detta

di soil

pra (vedasi per

le fonti

tedesche di

questo verso del Brger


157).

noto libro del Bchmann,

XIX.

Aufl., S.

Fra noi

pi

frequente di citarla sotto la forma francese (dalla

traduzione di

Lehr)

868.
e
il

Les morts vont


vuoto intorno a noi.
la frase:

vite.

significato che si usa di darle che la


il

morte

fa

molto rapi-

damente

869.

di

Shakespeare

what a noble mind


(a.

is

here o'erthrown!
demenza
di

eh' egli fa dire a Ofelia che piange sulla

Amleto, nel-

V Amleto

Ili,

se.

i).

47.
Nature diverse

La

variet dei cervelli


:

umani

e dei giudizi loro espressa dalla

paremia latina

870.
che
si

Quot homines
legge nel
in

tot sententise.
14).

dasi anche

Formione di Terenzio (a. II, se. 4, v. Cicerone, De finibus, I, 5. Ciascuno


i

Vesi

infatti

regola ed opera secondo

suoi gusti, la sua educazione, la sua

natura

e poich tutti questi elementi variano


1'

da individuo a in1'

dividuo, varia necessariamente


siero.

umana

attivit e

umano pen-

Latinamente

ci si esprime col verso di

Properzio:
suae.

871.

Natur sequitur semina quisque

(Lib. Ill, eleg. IX, v. 20).

869. Oh quai nobile intelletto qui offuscato 870. Tanti uomini, altrettante opinioni.

871. Ognuno segue

il

seme

della sua natura.

[872-875]

Natu7-e diverse

249

Da

cui discende quest' altra verit

non meno

indiscutibile, che

872.
Le

Non omnia possumus omnes.


(ViKGino,
diflferenze fra gli
Bticolica, eleg. Vili, v. 63).
1'

uomini inducono naturalmente


dimentichiamo che

animo no-

stro ai confronti:

ma non

873. Comparisons are odious.


L' Adams {Diet, of Engl. Literat.) cita a proposito della frase il suo corrispondente esatto anche in ita-

precedente, la quale ha

liano, le seguenti fonti: 'Bn'R.TOa^ s Anatoifiy


sect. 3,

of Melancholy,

pt. Ili,

mem.
I
;

i,

subs. 2

Heywood's Woman killed with kindness,


si

act. I, sc.

Donne's Elegy, VIII; and Herbert' s yacz^/aPrz^so per in quale lingua


trovi la frase originale n

denttim.

Non

a chi debba attribuirsi.


Il

pessimista potr osservare che tanta variet di nature


in evidenza
1'

umane

non serve che a porre


difetti e dei vizi;

abbondanza

e la variet dei

ma

d'altra parte:

874.

Senza

difetti?

Chi pu vantarsi Esaminando i sui


gli altrui.
a. I, se. 3)
1'

Ciascuno impari a perdonar


Il

(Metastasio, Zenbia,

pessimista potr pure dedurre che assai pericoloso


cervelli,

aver

che fare con molti

poich assai dubbioso di trovarli uniti

e di condurli a savio consiglio. Perci le

masse troppo spesso

si

appigliano

al

peggiore dei

partiti, e si lasciano

facilmente raggirare

dai furbi, quindi giustamente

pensava

il

Giusti in quel suo no-

tissimo sonetto:

875.

Che

pi tirano

meno

verit,

Posto che sia nei pi senno e virt;

Ma
Se
872.
i

meno, caro mio, tirano

pi.

pi trattiene inerzia o asinit.

Non

tutti

possiamo tutto.

873. I confronti sono odiosi.

250

Chi V ha detto?

[876-878]

48.
Nazioni, citt, paesi

Le

frasi

che raccolgo in questo paragrafo sono nel numero mag-

giore frasi di vituperio, poich

sembra che queste


il

si

ricordino pi

facilmente delle altre. Tuttavia sarebbe sciocco


a spregiare questo o quel paese, poich esse

trarne argomento

non hanno ormai che

un valore

storico, e in ogni

modo:

876.

Le pour
nation.

et le contre se

trouvent en chaque
la comete, sect. 142).

(Bayle, Penses sur

In fondo non mi pare che fosse tanto stupido quel borghese


di

Torino che non capiva


;

la

passione dei viaggi, e fra

le altre

cose diceva

877

Le

sita....

tute a peupr

Na
nel sonetto

c dsa, na c dia e an
che
il

mes na

stra.

V om machina,

primo

di quei geniali quadretti

dal vero intitolati Mac'tte tourineise, satira vivace della borghesia

piemontese, di

gramma

di

Alberto Arnulfi, FULBERTO ALARNI.


il

conosciuto anche sotto

1'

ana-

Bellissimo invece sarebbe

paese cercato da

Lorenzo Stec:

chetti (Olindo Guerrini) nei Postuma,

XXXVII

878.

Conosci tu

il

paese
s' mortali,
fin del

Dove non Dove alla

mese
paese di cui potremmo

Non

scadon
il

le

cambiali?
il

Questo sarebbe veramente

paese ideale,
:

giustamente dire con Orazio

877.

Le

citt

tutte a

un

dipresso....

una casa

dall' altra,

e la strada nel

una casa da una banda, mezzo.

[879-883]

Nazioni,

citt,

paesi

251

879.

Ille

terrarum mihi praeter omnes


ridet.
^^^.
^.^
^^^

Angulus
detta regione,

^,

,^

,3 ^,^

Finch un fortunato esploratore non abbia trovato questa beneche ancora non figura su nessuna carta, converr
contentarsi di quelle che la Provvidenza, e le Societ Geografiche,
ci

consentono

di conoscere.

Per noi

italiani in tal

caso

non

sar or-

goglio eccessivo se applichiamo le parole oraziane alla nostra, che

Virgilio

salut col verso:

880. Salve,

magna parens frugum, Saturnia tellus, Magna Virum. 173-174). ^Georgiche,


lib. II. V.

che TAlighieri design con

la frase:

881.

[Del) Il bel paese

l,

dove

il

s
e.

suona.
v. 80).

(Inferno,

XXXIII,

ed

il

Petrarca con

la bella e

nota perifrasi
....

882.

Il

bel paese

Ch'Appennin parte e
sec.
il

'1

mar circonda
CXIV
sec.

e l'Alpe.
il

{Sonetto in vita di

M. Laura, num. XCVI,


Mestica,
virtute ornata e calda).

Marsand,

com.:

O d'ardente
dell'

Si confronti
e.

con

le

parole

Ariosto [Orlando Furioso,


....

XXXIII,

Ott.

q):

La

terra

Ch' Apennin parte, e


e con quelle del

il

mare

e l'Alpe serra.
II):

Manzoni

{Conte di Carmagnola, coro dell'atto

883.

Questa

terra....

Che natura

dall'altre

ha

divisa,

E
Lo
stesso

ricinta coli' Alpe


il

e col mar.
Italia

Petrarca chiama
( la

popolo d*

nella

famosa

Canzone a' grandi d'Italia, che comincia: Italia mia, bench''


parlar sia indarno
canz.

XVI dell' ediz.

Mestica; v. la

str. 5)

879. Queir angolo di terra mi sorride pi di qualunque altro. 880. Salve, terra Saturnia, grande madre di grani e di uomini.

252

Chi l'ha detto?

[884-889]

con frase che fu introdotta da G. B. Niccolini


Brescia per chiamare
il

x^^ Arnaldo

da

popolo di

Roma

884.

Latin sangue gentile.


diceva
le lodi

Ne
885.

Giuseppe Garibaldi con

le

note parole

La

pianta

uomo

nasce in

Italia,

non seconda

a nessuno.
parole del generale dittatore, nelP Ordine del giorno alle truppe
volontarie

dopo

la battaglia del
l'

Volturno

(i ottobre i860)

Fa-

vorito dalla fortuna, io ebbi


tere

onore nei due mondi di combat-

accanto

ai

primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la


Italia,

pianta uomo nasce in

non seconda a nessuno ; ho potuto


che noi combattemmo nelai

persuadermi che quegli


l'Italia meridionale,

stessi soldati

non indietreggeranno davanti


il

pi bellicosi,

quando saranno
(Celiai,

raccolti sotto

glorioso vessillo emancipatore.


dell'

Fasti militari della Guerra

Indipendenza italiana,

voi.

E
(in

IV, pag. 471). all' Italia che pensa Mignon nella

lirica
i)

omonima

di

Goethe

Wilhelm. Meisters Lehrjahre, III,

chiedendo:

886.
che

Kennst du das Land, wo


opera
lirica

die Citronen blh'n?


di

nell'

omonima, parole

Michele Carr
(la

Giu-

lio Barbier, musica di Ambr.


di

Thomas

traduzione italiana

Giuseppe Zaffira)

stato imitato nella patetica


il

romanza

887.

Non

conosci

bel suol - che di porpora


[il

ha

ciel?

Nell' opera buffa Tutti in m-aschera del

maestro

Carlo Pe-

DROTTI, rappresentata per


canzone comincia
:

la

prima volta a Verona nel 1856, una

888.
e del resto

Viva r
il

Italia terra del canto.


(del

magico inno di Garibaldi

poeta Luigi

Mer-

cantint) chiama l'Italia:

889.

La

terra dei
il

fiori,

dei suoni e dei carmi.


gli

886. Conosci tu

paese dove fioriscono

aranci?

[890-891]

Nazioni,

citt,

paesi

253

Il

poeta aggiunge

il

voto eh'

ella torni,

qual era prima, la terra

dell'

armi, poich

all' Italia
il

de' suoi tempi potevano ancora approin bocca a

priarsi le parole che

NiCCOLiNi pose

un gentiluomo

veneziano del sec. xvii,

ma

col pensiero alla et presente:

890.

....

Italia giace
;

Dall'armi, e pi da' suoi costumi oppressa

Nulla

ritien degli avi, e tutto

apprese
a. I, se.
1).

Dai suoi nuovi

tiranni.

(Antonio Foscarini, tragedia,

Scorriamo velocemente

la patria nostra dal

Monviso

all'

Etna,

e scendendo a' pie' delle Alpi, fermiamoci nel Piemonte:

891.

Petit Etat situ au pied des Alpes.

Con

queste parole lo designava

Napoleone

III nel discorso inauil

gurale della sessione legislativa del 1865, pronunziato

15 feb-

braio al Louvre, annunziando al Senato e al Corpo Legislativo


la

convenzione di Settembre. Le parole imperiali che parvero in


l'

Italia sprezzanti, e oltraggiose per

italianit del

Piemonte, fu-

rono rilevate da

Tommaso

Villa,

nel giornale torinese

Le

Alpi,

e da Giuseppe Mazzini, che nel giornale

scriveva:

Io

non

medesimo,

il

13 marzo

vedo che una risposta degna


Sire, voi errate

dell'Italia,
fatti,

e segnatamente del piccolo Paese a pie dell' Alpi: dire, con


all'

imperatore straniero
il

avremo Venezia,

non

avrete
p.

Piemonte
e

(Mazzini, Scritti editi e ined., voi.

XIV,
les

CXLIII
Ecco
il

IDI).
:

periodo del discorso imperiale


la patrie italienne

Ce ne sont plus
c'est
et

membres pars de
de
faibles liens

cherchant se rattacher par

un

petit tat situ

au pied des Alpes,


allude
alle

un

grand pays qui, s'levant au-dessus des prjugs locaux


prisant des excitations
irrflchies
(si

mP-

dimostrazioni
la

torinesi del settembre), transporte

hardiment au cur de
milieu

ninsule sa capitale, et la place au

des Apennins

comme

dans une citadelk imprenable


Nella forte Torino,
facilmente cantare:

la culla dell'

{Moniteur universel, 16 fvr. 1865). Indipendenza italiana, udremo

254

Chi V ha detto?

[892-895]

892.

souma

fieuj

d'

Gianduja,

Na
eh'
il

sola fama.

principio d' una

popolarissima canzone Ij fieuj d' Gian-

duja in

dialetto piemontese, di
la sera del

Cesare Scotta,
1'

cantata al teatro

d'Angennes
canzone,

15 febbraio 1868.

Questo poeta, cosi noto in Torino, pure


la

autore di un'altra
:

Giandujeide, di cui

il

ritornello

893.

Cantoma,
Crioma,
Ciuciand a la douja,

Aussand
i

goblot,

E vi va Gianduja E so Giandujot.
Scendendo
al

mare troveremo Genova,


1'

cui laboriosi

figli
:

non

meritano pi oggi

acerbo rimbrotto del fiero Ghibellino

894.

Ahi Genovesi, uomini

diversi

D' ogni costume, e pien d' ogni magagna, Perch non siete voi del mondo spersi?
(Dante,
Inferito,
e.

XXXIIl,

v. 151-153).

Passiamo
costanze

in

Lombardia, dove potremo, date certe benigne

cir-

(p. es.

quando non piove o quando non c'


il

la nebbia),

anche ammirare

cielo,

895

Quel
d'

cielo di

Lombardia,

cos bello

quan-

bello.
(Manzoni, Promessi
Spost, cap. XVII).

Una

bella descrizione delle pianure

lombarde l'abbiamo nel


di

ce-

lebre coro dei crociati, nel

melodramma

Temistocle Solera,
(a.

I lombardi

alla

prima

crociata, musicato da Verdi

IV,

se. 2),

che comincia:

signore,

dal tetto natio,

892. Noi siamo i figli di Gianduia, una sola famiglia. 893. Cantiamo, gridiamo, bevendo al boccale, alzando il bicchiere

Evviva Gianduia

suoi Gianduiotti.

[896-899]

Nazioni,

citt,

paesi

255

dove sono

seguenti versi

896.

frese'

aure volanti sui vaghi


!...

Ruscelletti dei prati lombardi

Fonti eterne!... purissimi laghi!... O vigneti indorati dal Sol


' !

Uno
897.
che

fra questi

purissimi laghi

il

Vago

Eupili mio.
(str.

il

Parini ricorda nell'ode La vita rustica


Colli beati e placidi

5):

Che

il

vago upili mio,

Cingete con dolcissimo


Insensibil pendio.
e anche nell'ode

La

salubrit dell'aria

(str.

prima):

O
L' Eupili
il

beato terreno

Del vago Eupili mio.


laghetto di Pusiano, in Brianza, sulle cui sponde
:

sorge Bosisio, terra natale del Parini

piccolissimo lago, e ben

lontano da gareggiare in dimensioni col Lario, col Verbano, e


particolarmente col massimo Lago di Garda,
il

Benaco, cui Vir-

gilio rivolgeva

la

nota apostrofe:

898. Fluctibus et fremitu adsurgens,Benace, marino.


(Georgicne,
lib, II, v.

lO).

Non
tre

lasceremo la Lombardia senza un saluto


i

alla

citt dei

T,

cui abitanti

899. Cremonesi mangia-fagiuoli.


sono cosi chiamati per tradizione che
soni,
il

si

vuol

far risalire al

Tas-

quale nella Secchia Rapita


:

(e.

V,

ott. 63) dice dei cre-

monesi guidati da Buoso Dovara

Con
Certamente
tra

quattro mila suoi mangia-fagioli


alla

Stava Bosio Duara


il

campagna.
lui,

Tassoni, o

altri

per

fece

un giuoco
1'

di parole

mangia-fagiuoli (magna-fasoeu in

dialetto) e

appellativo di
il

898.

Benaco, che gonfi

le tue

onde e fremi come

mare.

256

Chi V ha detto?

[900-902]

Magna

Phaselus, che da tutti


citt di

gli

antichi storici concordemente

dato alla

Cremona per
il

la

sua configurazione ovale, rasil

somigliante ad una gran barca, di cui


l'albero maestro,

famoso Torrazzo sarebbe

Castello la poppa, Porta

Mora

la

prua, le

mura

fianchi (A. Mandelli nella Rivista delle Tradizioni

Popo-

lari Italiane,

Anno

II,

1895, pag. 257).

Avanziamo verso levante; sorvoliamo su

900.

Brescia la forte, Brescia la ferrea,


Brescia leonessa
d' Italia

beverata nel sangue nemico.


(Carducci, Alla
Vittoria, tra le rovine del tempio di Vespasiano in Brescia. Nelle

Odi barbare).
versi fatti anche pi noti per
1'

episodio che a proposito di essi

narra

il

Carducci medesimo

t^CC Eterno

femminino regale

(nelle

Confessioni e battaglie; Opere, voi. IV, pag. 340);


egli

ma

nei quali

non

fece che ripetere la frase

dell'ALEARDi (poeta che pure


:

non

nelle simpatie del Carducci)

....dietro a la pendice

D* un de' tuoi monti fertili di spade, Niobe guerriera de le mie contrade.


Leonessa d^ Italia,
Brescia grande e infelice.
(Canti patrii. -

Le

tre fanciulle, str.

I).

ed eccoci

dove

901.

Rotta dal vento nell'adriaco lido Sempre l' onda del mare, e par che pianga.
(G. B.

NiccoLiNi, Antonio Foscarini,


a. II, se.
5).

tragedia,

Qui su cento

isolette sorge dal

mare

in

una

festa di colori:

902.

La gran mendica.
e

com' pi volte chiamata Venezia nell'ode Venezia


dicata
il

Milano, giu-

capolavoro di
al teatro

Goffredo Mameli,

e scritta per un' ac1'

cademia data

Carlo Felice di Genova, dopo

armistizio

Salasco, a beneficio dell' eroica citt, bombardata, affamata, deci-

mata dal

colera.

[903-908]

Nazioni,

citt,

paesi

257

Prima

di lasciare

il

Veneto per entrare

nella Italia centrale, in-

contriamo Rovigo, cos a torto bistrattato nei versi:

903.

Qui

tra l'Adige e

il

Scheletro di

citt,

Po giace sepolto, Rovigo infame


famoso, composto a vitudi

il

principio di

un

sonetto,

troppo

perio di

Rovigo da ignoto poetastro


1'

Adria verso
le

il

1726, epi-

sodio della lunga e asprissima contesa fra


episcopale. Vedasi

due

citt

per la sedia

opuscolo del signor A. E. Baruffaldi, L'oridi sopra (Badia Polesine,

gine dei versi

citati

1898).
e.

Modena

dal

Tassoni (Za Secchia Rapita,

II,

ott.

63),

cagione del lordume delle strade, chiamata:

904.

Citt fetente.
il

e Pisa giace ancora sotto

peso

dell'

imprecazione dantesca

905.

Ahi

Pisa! vitupero delle genti


l,

Del bel paese


n pi benevolo

dove

il
e.

suona.
v. 79-80).

(Dante, Inferno,

XXXIII,

I'Alighieri verso Lucca,

di cui egli dice che:

906.

Ognun

v' barattier, fuor che Bontro,


li

Del no per
(cio S) e
l'

danar vi

si

fa ita.
e.

(Inferno,

XXI,

v. 41-42).

atroce sarcasmo di questi versi salta fuori sapendo che


fu

Bonturo Dati, qui menzionato,


tempi.

tristissimo

barattiere

a'

suoi

Ma Dante
Sanesi,

a pochi la perdon: ebbe una

punta feroce

per

907.

Gente
e

si

Or fu giammai vana come la sanese?


(Dante, Inferno,
e.

XXIX,

v.

121 122).

non

disse
si

bene neppure della sua

patria, alla quale

con amara

ironia

rivolge dicendo:

908.

Godi, Firenze, poi che se' s grande Che per mare e per terra batti l'ali, E per l'inferno il nome tuo si spande.
{Inferno,
e.

XXVI,

v.

1-3).

e infatti

Dante mette dei

fioreatini in tutti

cerchi dell* Inferno.

258

Chi

l'

ha

detto ?

[909-914]

Invece Firenze chiamata:

909.

L'elegante citt, dove con Flora Le Grazie han serti e amabile idioma.

nel carme di

Ugo Foscolo,

Le Grazie (secondo

il

testo edito dal

Chiarini, inno II, v. 25-26).


fra tutte quelle della

Ai

fiorentini

ed

alla loro parlata,

che

Toscana

si

distingue per

le forti aspirazioni,

e che

Vittorio Alfieri,

nel principio del sonetto scritto per la


scelte,

soppressione dell'Accademia della Crusca (vedi nelle Opere


ediz.

de' Classici Italiani, voi. Ili, pag. 490),

chiamava

910.
si

L'idioma gentil sonante e puro.

addice pure l'altra frase dantesca:

911.

....Fiorentino

Mi" sembri veramente quand' io


{.Inferno, e.

t'

odo.
v. 11-12).

XXXIII,

Per

le

Romagne, me

la

lever ricordando una delle sue citt

nel verso

912.
che

Dunque
ripete
;

ti

lascio,

o Rimini diletta
a.

(Pellico, Francesca da' Rimini,


si

V,

se. 2).

anche per
1'

celia

dovendo
coli'

lasciare

una residenza qua:

lunque

salutiamo

Umbria

apostrofe carducciana

913.

Salve,

Umbria

verde, e tu del puro fonte


!

nume Clitumno
e

(Carducci, Alle fonti del Clitumno, nelle Odi barbare).

passiamo a volo sulle vicine Marche, dove noteremo

il

914.

Natio borgo selvaggio.

Cosi nel 1829, tornato dopo l'assenza di alcuni mesi a Recanati, chiamava Giacomo Leopardi il suo paese natale nel canto Le Ricordanze. N molto pi lusinghiero il seguito:
....

intra

una gente

Zotica, vii; cui

nomi
;

strani, e spesso

Argomento di riso e di trastullo, Son dottrina e saper che m' odia e fugge. Per invidia non gi, che non mi tiene
Maggior di s, ma perch tale estima Ch'io mi tenga in cor mio....

[915-9^^]

Nazioni,

citt,

paesi

259

Il

soggiorno di Recanati, cosi caro a Monaldo Leopardi^ era


ai
figli

odiosissimo
diceva
alla

di

lui.

Paolina,

la

sorella

di

Giacomo,

lo

soggiorno abbominevole ed odiosissimo


l'altro

(in

una
Carlo

lettera

Marianna Brighenti del 1830);

fratello

desi-

derava che un terremoto

la distruggesse
!

perch

gli abitanti

an-

dassero a incivilirsi altrove

Eccoci a

Roma, dove
ai

tutto

dovrebbe sorridere

alla vita se fos-

simo ancora

tempi di Pollione e di Adalgisa che nel melodramma


di

in

Norma, di F. Romani, musica un famoso duetto:

V. Bellini

(a. I, se. 6),

cantano

915.

Vieni a

Roma, ah

vieni, o cara,

Dove
Molte
frasi,

amore, gioia, vita!

dal patrimonio delle popolari reminiscenze su


:

Roma,
i

possono desumersi dal libro di Marco Besso


e nei

Roma

nei proverbi pi

modi di dire (Roma, 1889). Noi ricorderemo invece


i

noti degli attributi che

classici scrittori dettero alla

eterna citt,

916.
come
tri

Roma
la disse

seterna.
al-

la

chiamarono anche

Tibullo {Cartnina, lib. II, od. 5, v. 23); ma Aurea Rom-a prima mter urbes
:

Dwwn

dom.us (AusON.,

Clarae Urbes

I);

Roma

pulcherrima

(ViRG., Georg., 2, 534); Epigr.^ 12, 8);


60);

Roma dea

ter

arum gentiumque {Mkrt.,


3,

Roma
4,

superba (Propert., ed. Tauchnitz,


13); Roma fer ox! (HoR., Od., terrarum (Liv., Hist., i, 16);
18,

il,

Roma
Roma

beata (HoRAT., Od., 3, 29, 11);


3,

Roma pr inceps
3,

ur3,

bium (HOR., Od.,


44);

caput orbts

Roma
io);

Urbs regum (Cyneae dictum ap. Justin., Hist.,

2,

Roma

septemgemina (Statius,

Silv,,

i,

2,

191);

Roma

caput

mundi (LuCAN.,
Hist,, 2, 32);

Aug., cap.
regit orbis

Roma marmorea ab Augusta relieta 29). Le parole Roma caput mundi, con
si

Pharsal., 2, 655); Urbs caput

rerum (Tacit.,
(Sveton.,
l'aggiunta

frena rotundi,

leggevano in giro
si

alla

corona d'oro

seminata di

gemme

che Diocleziano

era fatta a imitazione dei

Re
evo,

di Persia (Gregorovius, Storia della citt di trad, ital., Venezia, 1873, to. Ili, p. 569,

Roma
dove

nel medio

si cita

come

916.

Roma

eterna.

200

Chi V ha detto?

[917-920]

fonte la

Graphia aurea urbis Roma). La

stessa frase scritta pi

tardi sulle

monete

Roma
917.

ispir

Romano. Vincenzo Monti, quando


del Senato
:

alla

ombra

del truci-

dato Bassville faceva cantare

Stolto,

che volli coli' immobil fato Cozzar della gran Roma, onde ne porto Rotta la tempia, e il fianco insanguinato Che di Giuda il Leon non anco morto; Ma vive e rugge, e il pelo arruffa e gli occhi.
;

{In

morte di Ugo Bassville,

e. Ili, v. 7-11).

Byron

la

chiam

918.

Niobe of nations.
(Childe Harold's Pilgrimage, canto IV, str.
79).

mentre Gilbert

la

diceva

Veuve d'un peuple


Che cosa
fosse la vita a

roi,

mais reine encore du monde.

Roma
:

prima del 1870,

espresso nei ce-

lebri versi di

G. G. Belli

919
Sono

sto paese ggi tutt' er Sta in ner vive a lo scrocco e


in

busilli
ff orazzione.

un sonetto

di lui delli 8

gennaio 1832, intitolato:

La

Sala de Monzignor Tesoriere.

Le
frasi.

aspirazioni politiche degli Italiani su


fin

Roma,

designata capi-

tale naturale d'Italia

dal 186 1,

hanno dato

origine ad alcune

Cominciamo dal

920.
che fu

Roma
il

o morte.
Aspromonte

grido di guerra della sventurata impresa di

(come alcuni anni pi tardi di quella non meno


tana).

infelice di
scritto

Men-

L'ordine del giorno del 1 agosto 1862,


di

da Giu-

seppe CiviNiNi, segretario


minciava appunto con

Garibaldi, e
Italia e

letto dal generale ai

volontari assembrati nei boschi della Ficuzza presso Palermo, cola

formola

Vittorio

Emanuele,

Roma

Morte.

Ma

queste ultime parole avevano avuto origine


si

a Marsala dove Garibaldi

era recato per colorire

il

suo disegno.

918. Niobe delle nazioni.

[92 1

Nazioni,

citt,

paesi

261

Risoltosi infatti a visitare

luoghi della epopea del 86o, tocca


gloriosi,
il

Alcamo, Partinico, percorre, esaltandosi a quei ricordi

campo

di Calatafimi, fa

una punta a Corleone, a Sciacca,


tronco

in

Maz-

zara, di l ripiega su Marsala,

dove parendogli bello riprendere da


il

quella terra di

felice

augurio

cammino

annunzia, pi

categoricamente che fino allora non avesse fatto,


posito di marciare
all'

il

suo fermo proinvita


i

impresa di

Roma, ed apertamente
a-

Siciliani a dar di piglio alle

armi ed

seguirlo.

poich, a quel
:

bellicoso appello,

una voce ignota

dalla folla plaudente sclam


il

Roma
Morte;

o Morte.

S,
il

- ripet pi volte

Generale, -

Roma

questo grido, uscito forse dalle labbra inconscie d' un


quell'istante, per

picciotto o
il

d'un pescatore marsalese, divent da


mai Garibaldi
siasi

fatto delle parole,

segnacolo in vessillo d' una delle avvenaccinto ed abbia tentato


II,

ture pi cimentose a cui


strascinare
l'

Italia.

(Guerzoni, Garibaldi^ voi.


si

pag. 302-303).

dunque

errata la lapide che


in

legge in Pescia, sulla facciata

della

casa Allegretti

piazza Vittorio

Emanuele, secondo
1867

la

quale quelle fatidiche parole sarebbero state pronunziate da Garibaldi in quella citt

quando
Il

vi si rec nel luglio

(Biagi,

In Val di Nievole, pag. 21).

grido di Garibaldi doveva risuole

nare invano per molti anni, finch nel 1870


liberavano

armi italiane non

Roma

dal governo teocratico.


gl' Italiani
:

Ma

se la forza degli avil

venimenti aveva condotto

Roma,

difficile,

dopo

esserci entrati, era di restarci

per

fin dai

primi mesi del nuovo


:

regime una voce augusta aveva solennemente detto

921. Ci siamo e ci resteremo.


Approvata dal Parlamento, ancora residente
delta delle GTiarentigie,
e
il

in Firenze, la legge lasci Firenze,

re

Vittorio Emanuele
manifestazioni di

dopo una
187
1

visita a

Napoli entr solennemente in

Roma

il

2 luIl

glio

fra

indescrivibili

pubblica gioja.
le

giorno appresso egli riceveva nel palazzo del Quirinale


tazioni politiche e cittadine,
e in quella
le

depu-

occasione egli avrebbe


:

pronunciato con ferma voce


e CI resterem.0y
Italia.

solenni parole

A Roma

ci in

siamo
tutta

parole che ebbero un' eco potentissima


il

Altri invece narrano che furono dette

31 dicembre 1870
recatisi dal

agli ufficiali superiori della

Guardia Nazionale

Re

ringraziarlo di essere accorso in

Roma

desolata dalla inondazione

202

Chi V ha detto

[922-924]

del Tevere

ma
1*

giornali del

tempo riportano
:

in

forma un poco

diversa

le

parole reali in quella occasione

Finalmente siamo a
ce la toglier. del quale

Roma

ed io

ho tanto

desiderato.

Ora nessuno

Potremo metterci accanto VHic manebi-rnus optzme


gi parlato, e la frase
:

ho

922.
che
s'

Roma
XVI
Italia

conquista intangibile.

incontra nel telegramma spedito da

Umberto

I in risposta
il

a quello di felicitazioni del Municipio di

Roma

per

20 settem:

bre 1886,

anniversario della breccia di Porta Pia

Rendo
no-

con tutta
crifizi

omaggio

alla

memoria

di coloro, che

con tanti sa-

cooperarono

alla intangibile conqtiista, oggi affidata al

stro senno, al nostro patriottismo, alla fedelt ai principi!, sui quali


si

fonda

il

risorgimento italiano.

Come

episodio

ameno

della storia
di

di questa frase, ricordiamo che nel


il

1895 ^^ industriale

Milano,

signor Carlo Bartezaghi, mise in circolazione delle medagliette

di

bronzo con

la

lupa e

il

motto

Roma

intangibile. Alcuni

im-

broglioni pensarono di dar loro una patina antica e di gabellarle


ai

minchioni come medaglie coniate durante


del 1798. Il bello
si

1'

effimera Repubblica

Romana
ci

fu che diversi
la

musei archeologici
si scris-

cascarono e che dei numismatici

presero sul serio e

sero e stamparono delle memorie, annunziandola

come una

sco-

perta importante!

Scendiamo ancora nello Stivale

italico,

salutiamo T

923.
come
si

Abruzzo

forte e gentile.

sogliono chiamare quelle provincie dopo che

gi direttore della

Riforma, pubblic con

lo

pseudonimo

Primo Levi, di Primo


e gentile,

un volume
al

di bozzetti intitolato

appunto Abruzzo forte

impressioni d'occhio e di cuore (Roma, 1882), e giungiamo in riva

mare

nella incantevole Partenope, che lasceremo, e con


:

lei il

continente, con le parole

924.
che sono
il

Addio mia
titolo e
il

bella Napoli
una canzone popolare napoletrovano anche nella stretta

principio di

tana, d' ignoto autore, ridotta da Guglielmo Cottrau per la raccolta celebre

U Eco del

Vesuvio;

ma

si

finale del duetto fra basso

comico e soprano nello spartito di En-

rico Sarria, // babbeo e l'intrigante.

[925]

Nazioni,

citt,

paesi

263

Valicato
tria

il

mare, prenderemo commiato dalla nostra bella pal'

salutando

isola di

Sardegna e
1'

suoi forti abitatori, per


:

quali glorioso ricordo

antico proverbio

925. Sardi vnales, (alius alio nequior).


(Cicerone, Epst. ad Fani.,
lib.

VII, ep, 24,

2).

comune presso
al lib.

gli

antichi

Romani

a indicare cose di malagevole

spaccio; e secondo

Tito Livio
(a.

(vedi nei suppl. del

Freinshemio

XX,

cap. Ill) ebbe origine

dopo

il

trionfo del pretore Ti-

berio Sempronio Gracco

577 di Roma) che tornando dall'avere

debellato la sedizione di Sardegna, ne trasse seco

immenso numero

di schiavi. ^Contrapporsi potrebbe, vero, all' autorit di Livio

quella di Plutarco

Vita

Romuh),

il

quale non agli schiavi di Sarorigine riferisce di tal motto,

degna, perch

ma ai
i

Vejenti della Toscana


tutti

1'

Toscani

da Sardi,

citt di Lidia, si

diceano discen-

dere. Io

nondimeno porto opinione che


siano
si

nei detti volgari le facili


le
:

letterali derivazioni

da preporre a quelle pi stentate,

quali col soccorso

sorreggono di recondite storiche origini


il

giovami invece, pi che


tanto peso,

combattere

1'

opinione d' uno storico di


fecero
finora,
l'

come

nostri scrittori nazionali


il

af-

frontare apertamente tutto

rigore di quella proverbiale ingiuria,


:

ed accettarla non senza gloria, dicendo

poter agli schiavi della

Sardegna convenire un motto attribuito ad un


della nostra et

uomo

straordinario

[Napoleone
t

I] sugli schiavi d' un' isola alla Saregli


:

degna assai vicina,

Non

lo niego,

diceva,
essi

giammai

Ro-

mani comprarono schiavi

della

mia patria

sapevano che avreb-

bero tentato un* impossibil cosa nel

farli

piegare alla schiavit.

{Mmor. de S.te Hlne, 29 mai 18 16). * Ed in verit io non posso che commendare i cittadini romani se nello scorrere le file
degli schiavi venderecci, imbattendosi in qualcuno di quegli Illesi
e di quei Balari,
essi

e leggendo in
nell'

quel loro cipiglio la libert da

non perduta

animo, aombravano a quel feroce aspetto,

e giudicavano fra s che

non avriano

il

buon pro
dunque

nel recarsi a

casa quella generazione irrequieta, fatta per


le

mettere a sbaraglio
essere pure stati
dicasi del pari

loro docili gregge di schiavi. Si dica

gli schiavi

sardi mercatanzia di mala vendita:

ma

che non per altro caddero in tale discredito, che per aver sen-

925. Sardi da vendere, (l*uno pi tristo dell'altro).

264

Chi V ha detto?

[926-927]

tito,

a preferenza di tanti altri popoli di natura pi tenera, quanto

pugnassero questi due vocaboli,

uomo

e venale.

Cos

il

barone

Giuseppe
Capolago,

Manno
1840,
il

nella Storia di Sardegna,


to.
I,

sua patria (ediz. di

pag. 91).
le cui chiavi,

Rivalichiamo

Mediterraneo, quel Mediterraneo,

secondo un
cini,
fatti,

illustre statista italiano,

avrebbero dovuto trovarsi

Pasquale Stanislao Mannel Mar Rosso. Il Mancini insulla politica


la

rispondendo nella tornata (antimer.) della Camera dei De-

putati del 27 gennaio

1885 ad alcune interpellanze


:

coloniale italiana,

osservava
ci

<'

Voi temete ancora che

nostra
il

azione nel

Mar Rosso

distolga da quello che chiamate

vero
il

e importante obiettivo della politica italiana,

che deve essere

Mediterraneo.

Ma

perch invece non volete riconoscere che nel


al

Mar Rosso,
tela contro

il

pi vicino

Mediterraneo, possiamo trovare


che
ci

la

chiave di quest' ultimo,

la via

conduca ad una

efficace tu

ogni turbamento del suo equilibrio? {Bene! bravo).

Tale

la origine della trita frase:

926.

Le chiavi del Mediterraneo sono nel Mar Rosso.


il

Rivalichiamo, dunque,

mare, ed eccoci in Francia. Ricor-

diamoci che qui, a detta dei francesi medesimi, di nulla pi dob-

biamo maravigliarci

si

attribuita al solito Talleyrand la frase

927,

En France
argute,

tout arrive, surtout l'impossible.


una
delle tante frasi, pi

Ma
o

non

cosa sua; e anche questa


di cui gli
si

meno

voluto affibbiare una paternit apo-

crifa.

Infatti

nei

Mmoires
si

di

Pierre Lenet
i

(ed.

Michaud
in
il

et

Poujoulat, pag. 413)


il

legge che durante


tante

tumulti della Fronda


citato

duca de

La Rochefoucauld,

volte

queste

pagine come autore delle troppo famose massime, ebbe


bre 1650 un abboccamento col suo potente avversario,
rino, a

4 otto-

il

Maza-

Bourg presso Bordeaux.


in carrozza
il

Il

cardinale condusse seco alla


delle

messa

il

duca e due persone del seguito (una

quali era

Lenet medesimo), e mentre erano in

via, disse sor-

ridendo

Qui auroit cru il y a quinze jours, voire huit, que nous eussions t tous quatre aujourd'hui dans un mme car:

rosse?

Tout arrive en France,

lui repartit le

duc de

la

Ro:

chefoucauld.

Si cita anche,

con diverso concetto, l'inciso staccato

[928-930]

Nazioni,

citt,

paesi

265

Tout

arrive.
fra quella

Ricordiamoci che, volere o no, siamo


di

che convenuto

chiamare

928.

La grande

Nation.
us
la frase in

Napoleone Bonaparte
Italiani del di

un suo proclama

agli

1797 (Lanfrey, Napolon I, to. I e soleva ripeterla frequente: vedi anche Las Cases, Memorial de Sainte-Hsotto la data del 31 ottobre 18 16;

lne,

anche Napoleone III

rivendic al suo grande zio la paternit di questa frase in una


lettera scritta a

Rouher
I.

il

12 aprile 1869 per


si

il

centenario della
gi in
1

nascita di

Napoleone

Tuttavia essa

trova

Goethe,

Unterhaltungen deutscher Ausgewanderten von


in

793 u. 1795 ^

una

lettera di

Giuseppe de Maestre

al

Barone Vignet des

Etoles del 1794: vedi Glaser,


pag.
17.

Graf J.

de Maistre, Beri., 18O5,

Di

frasi italiane sui francesi

spiacevole che

il

mio taccuino

non

ricordi che

l'epigramma

di

Vittorio Alfieri:

929.

Sempre
Coi

insolenti

Re

impotenti:

Sempre

ridenti

Coi Re battenti: Talor valenti


;

Ma

ognor serventi,

Sangue-beventi, Regi strmen ti.


L'Alfieri ne
tiporta alle
fece
1'

epigrafe al

rame
ha

allegorico che serve d'an-

stampe del Misogallo, Nel medesimo libro un altro


dello stesso autore che
il

epigramma

num. VIII

e la data del

28 marzo 1793 suona:

930.

Tutto fanno, e nulla sanno; Tutto sanno, e nulla fanno: Gira, volta, e' son Francesi Pi li pesi. Men ti danno.
;

266

Chi V ha detto?

[931-933]

Invece, della Germania ho

meno

agri ricordi: e per prima, l'arsi

guta definizione che della Prussia ha dato, come

crede,

Victor

Cousin

931.

La

Prusse, le pays classique des coles et des casernes.


Bismarck
detta nel Reichstag tedesco
il

e poi la fiera frase di

6 febbraio 1888, a proposito dell'attitudine minacciosa della


sia di fronte alla

Rus-

Germania:

932.

Wir Deutsche

frchten Gott, aber sonst Nichts

in der Welt.
Germania ed Austria sarebbero
ingrata
il

nido

dell' uccellacelo di cosi

memoria per

gl' italiani

933.

....l'Aquila grifagna

Che per pi divorar due becchi


che sarebbero versi di Luigi

porta.

Francesco

I,

dopo

la

pace di

Alamanni. Narra il Ruscelli che Crespi, mand l'Alamanni ambanei suoi versi parlato male

sciatore a Carlo
di Cesare, e

V: aveva l'Alamanni
all'

Francesco intendeva di riconciliarlo con esso.

Com-

parso Luigi dinanzi

Imperatore, alla presenza di molti e grandi


;

personaggi fece una bellissima allocuzione

alla

quale Cesare, es-

sendo stato attentissimo, poich

fu finita,

con volto sereno disse:

l'Aquila grifagna

Che per pi divorar due becchi

porta.

Questi versi di Luigi, pronunciati dal Monarca quasi a speri-

mentare

lo spirito del poeta,

non

lo

perturbarono
al

anzi con grande


il

alacrit rispose avere scritto

come poeta

quale proprio

fa-

voleggiare, ora ragionare

mentire; avere scritto

come ambasciadore cui si disconviene il come giovane, parlare come vecchio. Al-

lora avere scritto pieno di sdegno e di passione per ritrovarsi dal

duca Alessandro genero di Sua Maest cacciato dalla patria, ora


esser libero d' ogni passione
(

Versi e prose di Luigi Alamanni,


I.

per cura di Pietro

Raffaelli, voi.

Firenze, 1859, pag. xxviii).


disse veramente
:

Ma

l'Alamanni

nell'

egloga

Admtto Secondo

932. Noi tedeschi temiamo Iddio,

ma

nient' altro nel

mondo.

[934"93^]

Nazioni,

citt,

paesi

267

....1'

uccel di Giove
porta.
le origini della

Che per pi divorar due bocche

Potr non essere senza interesse di sapere che


figura araldica dell' aquila bicipite risalgono

ben avanti nella notte

dei tempi. Il

To.

I, fase.

(1894) della Fondation Eugne Piot,

Monuments
di Tello
il

et

mmoires^ contiene una memoria di Heuzey, Arche descrive un bassorilievo


di un-' aquila leontocefala,

ynoiries chaldennes de Sirpourla,

quale contiene

la figura

con

gli artigli posati sulla

schiena di due leoni addossati, e in cui


lo

r autore vuol vedere


sembra essere

stemma

di Sirpourla. Il

monumento che

risalirebbe ai tempi del re Entemina, cio al XL secolo av.


il

C,

prototipo dell' aquila bicefala di Pteria (Cappa-

docia), che pass poi nella iconografia dei Bizantini e degli Arabi,

e finalmente nel blasone degli imperatori germanici.

934.

John

Bull.
collettiva del

rimasto

come designazione
(i

popolo inglese dopo


scrittore,-

che

John Arbuthnot

667-1 735), medico e

nel 17 12
il

pubblic una satira politica intitolata History ofJohn Bull,

quale

John

Bull, da notarsi, era

un organista

di corte,

morto

il

1628,

che avrebbe composto nel 1605 l'inno popolare, che comincia:

935.

God

save the king.


il

Ma
un

quest'attribuzione, sostenuta principalmente verso


altro musicista inglese
:

1822 da

Richard Clark, sembra

destituita di ogni

fondamento
ticoli

la

questione fu discussa a lungo in una serie di ar-

comparsi nel Musical Times del 1878. L'inno medesimo


il

contende

primato come inno nazionale

dell' Inghilterra all' altro

che comincia:

936.
e che

Rule Britannia! Britannia rulek the waves.


non
altro se

non un coro iV Alfred


con

scritto nel

1740

in collaborazione

di James Thomson, David Mallet (a. II, se. 5),

per

il

teatro privato del Principe di Galles, a Cliefden, nel

Bu-

ckinghamshire, e musicato da Arne. Di questo coro che fu poi

934. Giovanni Bull.


935. Dio salvi 936.
il

re.

Sii potente,

o Britannia! La Britannia signora dei mari.

2b8

Chi V ha detto?

[937-940]

ritoccato da

Lord Bolingbroke,

scrisse

Southey che

it

will

be

the political
political

hymn

of this country as long as she maintains her

power.

Aggiunger pure che

937. Nation of shopkeepers.


fu detto e si dice ancora dell' Inghilterra.

La

frase fu attribuita a
la

ma Samuel Adams
Napoleone,

pi antica,

poich cos chiamava

metropoli

nel suo Independent Advertiser del 1748 e ugualnella Inquiry into the nature

mente

Adamo Smith
si

and causes

of

the wealth

of nations
1'

(1776), II, 4,
:

7,

3.

anche a Napo-

leone

attribuisce

altra frase

938. Perfida Albione.

ma
le

pure a torto. Gi Bossuet nel sermone detto a Metz sulla


:

circoncisione diceva

L'Angleterre, ah

la

perfide Angleterre, que


la foi

rempart de ses mers rendoit inaccessible aux Romains,


est

du Sauveur y

aborde

(4e s., III.

32).

il

modo

col quale

usata la frase,

mostra eh' essa era gi conosciuta. Certo essa

francese, poich antica l'antipatia della Francia verso l'Inghilterra,

cui

ci

lega invece antica e immutabile amicizia, che trova


il

sua base nella gratitudine. In Parlamento fu

deputato Ferdidisse
in

nando Petruccelli della Gattina


forma sentenziosa che
:

il

quale primo

939. L'Inghilterra la sola


L'on.
Crispi,

amica

d'Italia.

nella

seduta della Camera del 26 marzo 1862

{Discussioni, pag.

1773) aveva ricordato che:

L'Inghilterra al

i860 impedi l'intervento francese


interruppe felicemente:

in Sicilia; e l'on. Petruccelli

la sola

amica d'Italia.
di

nel Faust,

V immortale capolavoro

Goethe, che

s'

incon-

tra la frase:

940. Spanien, das schne

Land des Weins und


[der Gesnge.
(scena della Cantina). Lieto
lieto
il

detta da Mefistofele nella

Prima Parte
;

paese dunque

la

Spagna

ma non meno

Portogallo, se

vero che

937. Nazione di bottegai. 940. La Spagna, il bel paese del vino e delle canzoni.

[941-943]

Nazioni,

citt,

paesi

269

941.

Il

portoghese gajo ognor.


italiana del libretto

Questo verso nella infelicissima traduzione


dell'opera buffa in 3
atti,

Le Jour

et la

Nuit

(parole di A.

Vantesto

Loo ed E. Leterrier, musica


originale
(a.

di Carlo Lecocq).

Ecco

il

II,

se.

5)

Les Portugais

Sont toujours

gais.

Qu'il fasse beau,


Qu'il fasse laid.

Au

mois de dcembre ou de mai, Les Portugais, Sont toujours gais


!

Non
non

sono dei gran bei versi neppure questi,


facile trovarne dei molto migliori
alla
!

ma

in un' operetta

Volgiamoci

Russia, oggi svisceratissima amica della Francia.

Alla ammirazione dei francesi d' oggid per la Cosaccheria, aveva

preluso

peratrice Caterina II, la

Voltaire, scrivendo per colm di cortigianeria, Semiramide del Nord:


C'est

alla

im-

942.

du Nord aujourd'hui que nous vient


[la

lumire.
8).

{Eptre h l'imperatrice de Russie, Catherine II, 1771, v.

Napoleone
forma
:

I,

vari anni dopo, diceva a proposito della Russia

e dei suoi destini, la frase

famosa che

si

suole ripetere in questa

943.

Dans cinquante
si

ans, l'Europe sera rpubli-

caine ou cosaque.
Essa
legge nel

Memorial de Sainte-Hlne
I,

del Conte de
il

Las

Cases.

Ma

Napoleone

parlando con Las Cases

3 aprile 18 16

delle probabilit di
gli

una liberazione da S. Elena, pi specialmente une dernire chance,


et ce pourrait tre la

diceva che

enfin,

plus probable, ce serait le besoin qu'on aurait de

moi contre

les

Russes

car dans l'tat actuel des

choses, avant dix ans toute


(sic)
:

V Europe peut-tre cosaque, ou


pourtant
rigi,

toute en rpublique

voil
di

les

hommes

d'tat qui m'ont renvers


to.
I).

(ediz.
il

Pache

1842, pag. 454 del

singolare

come

testo,

270

Chi

l'

ha detto?

[944-946]

corre sulle bocche di tutti sia cosi differente, singolarissima poi


la sostituzione

dei cinquant' zmxx

ai

dieci,

dovuta certamente a
la

qualche bonapartista che volendo conservare


feta al

riputazione di proil

suo idolo, pens di rimandare di quarant' anni


il

giorno

fissato per

compimento

di

una

delle sue pi notevoli predizioni

politiche.

Ma

ancora pi singolare

sia fatta sulle parole di

un

libro cos noto


i

come questa sostituzione si come il Memoriale di


pi noti sono
i

S. Elena. Si ha da dire forse che


letti,

libri

specialmente quando sono della mole indiscreta del

meno Memo-

rial de Sainte-Hlne? luzione.

Non

sarei alieno dall' accogliere questa so-

Pure a Napoleone

I si attribuisce quest' altra frase sui

Russi

944. Grattez le Russe, et vous trouverez le


\o le

Cosaque

Tartare].
essa del Principe

ma

a torto;

semmai

DE LiGNE. Cosi

l'Hertslet

nel suo curioso libro

Treppenwitz der Weltgeschichte, IV. Aufl.

(Berlin, 1895), P^g- S^o.

il

Un

altro singolare giudizio sulla Russia,

seguente, che

si

attribuisce a

CustiNE:

945.

Le gouvernement

russe est une monarchie

absolue tempre par l'assassinat.


e si dice

anche che: Le despotisme, tempere par V assassinat

c'est

notre

Magna

Charta, aggiungendo, non so con quale fondamento,


all'

che cos avrebbe parlato un alto funzionario russo


l'

inviato del-

Hannover, conte Mnster, dopo


Antichissima
1'

l'

assassinio

dell'

imperatore

Paolo nel 1801.


altra locuzione
il
:

946.

La Turchia,
i

grande malato.
di ogni

considerando

numerosi esempi

tempo recatine dal Bchdue canzoni


ist

mann

nella sua opera magistrale, che cominciano con


1'

popolari tedesche del secolo xvil,

una

intitolata

Der Turk

krank del 1683,


del canonico di

l'altra Sultans

Krankheit del 1684, ambedue


Il

Bamberga

J.

Albert Poysel.

malato per ha

una costituzione molto robusta,


lo

se a dispetto di tanti medici che


di andarsene.

hanno

spedito,

non vuol saperne

[947-948]

Nazioni, citt ^aesi


y

271

947.
si

Quid novi ex Africa?


le

chiede di continuo ora che

imprese coloniali africane riserbano


la frase di-

ogni giorno nuove sorprese, non sempre piacevoli e

scende da una locuzione proverbiale presso

gli antichi.

Forse

la
li-

menzione pi antica
bro Vili, cap. 28
nella Storia
:

in

Aristotile, Htstoria animalium,


;

sl qjpsi ti AiOYj xaivv


(lib.

mentre Plinio

Naturale

vili,

cap.

17),

dice:

Semper Africa

aliquid novi affert.


(lib. II,

Zenobio

dice lo stesso della Libia in particolare

51);

ma

tutti
il

per intendevano parlare delle molte e strane


continente nero.

fiere

ond'

ricco

49.

Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

Esempio famoso
Valentino,

di

ambizione

la

superba impresa del Duca

Cesare Borgia:

948.

Aut

Caesar aut nihil.


proverbiale in Toscana sotto la forma corrotta
:

Di questa

frase,

Cesare o Niccol, dice mons. Paolo Giovio nel Ragionamento


i

sopra

motti e disegni d' arme e (f am.ore che com.unem.ent e chia(Milano, 1863, a pag.
il

mano imprese
per l'anima e
di essa
:

5),

dopo aver premesso che


il

corpo di un'impresa intende

motto e

la figura

Cesare Borgia di Valentinois us un* anima senza corpo,


si

dicendo Aut Ccesar, aut nihil, volendo dire, che

voleva cavar

la

maschera e

far

prova della sua fortuna: onde essendo capitato

male e ammazzato in Navarra, Fausto Maddalena


947. Che cosa c' di nuovo dall'Africa? 948. O Cesare (ossia imperatore) o nulla.

Romano

disse

72

Chi l'ha detto

'^

[948]

che

il

motto
:

si

verific per

1'

ultima parte alternativa con questo

distico

Borgia Caesar

erat,

factis et

nomine

Gsesar,
fuit.
il

Aut

nihil,

aut Caesar, dixit: utrumque

certamente in quella sua grande e prospera fortuna

motto fu

argutissimo, e da generoso, ecc.

Anche

Claude Paradin nelle

Devises hroques, di

ciii

si

hanno molte edizioni cinquecentiste,

sotto la rappresentazione di

un Cesare
di Cesare

antico che tiene

il

globo

del

mondo,

scrive
:

il

nome

Borgia, e

l'

impresa Aut

Ccesar, aut nihil

ne ha dato una piccola riproduzione Carlo Yriarte


o'^^xd.

Autour des Borgia (Paris, 189 1). Anton Maria Graziani nel Theatrum historicum de virtutibus et vitiis
a pag.

114 &\V

illustrium virar um et
di Cesare Borgia,
vexillis titulum,

fminarum

(Francofurti, 1661), parlando


sui

dice:

Nominis

omen

secutus,

superbum

Aut Csar, aut

nihil, inscribi jussit;

quod San-

nazarius versiculis haud tamen satis saisis redarguit,

Aut

nihil aut Caesar vult dici Borgia:

quidni?

Quum

simul et Caesar possit, et esse nihil.


il

da notarsi che

Cancellieri nella Lettera al


le

Ciampi sopra
e

le

sue Feriae Varsavienses e

spade de' pi celebri Sovrani

Gene-

rali [ncV Effemeridi letterarie di

Roma marzo
,

1821) parla della

celebre spada, tutta arabescata, del Valentino, la quale porterebbe


inciso da

ambe
di

le

parti

il

suddetto motto.

Ma

il

Cancellieri fu

tratto in errore, poich la preziosa arme, nota fra gli amatori sotto
il

nomignolo
l'

Regina

delle Spade, e lavoro finissimo, a

quanto

pensa

Yriarte, di

M.

Ercole Fedeli, ebreo convertito di Reggio,


cesariane,
est

non contiene affatto quel motto, bench porti altre divise come le seguenti: Cum- nomine Csar is om.en, /acta
Questa spada che
fu gi del
alla famiglia principesca

alea.

famoso abate Galiani, appartiene oggi


di

romana Caetani

Sermoneta

vedansi un

articolo di

A. Ademollo, La spada del Duca Valentino nel Fan1'

fulla della Domenica, n. 23-24, anno 1879, e


l'

opera citata del-

Yriarte, di cui la terza parte appunto dedicata alla spada di

Cesare Borgia.

Anche
Alpi che

di Giulio

Cesare

si

narra (Plutarco, Vita Cs., cap. XI)


il

che volesse piuttosto essere


il

primo

in

un povero

villaggio delle
di

secondo a

Roma. Ma

umano sentimento questo

[949"95^]

^S^S^^^i ambizione, vanit^ presunzione

zy^

voler primeggiare, anche in

un campo modesto
le

per cui svariate


le attivit

sono

le

ambizioni secondo che variano


il

condizioni e

degli individui, e cosi soleva

Vedova, famosissimo
:

artista co-

mico, soddisfare alla propria vanit, dicendo

949.

Mi

SO el pi gran tirano
si

dopo Dio.

come ugualmente
il

narra che Alessandro Lanari, notissimo impre-

sario teatrale fiorentino, esclamasse

un giorno: Io sono, dopo Dio,


correggesse preso dalla pi ledi
s,

primo impresario

e subito

si

gittima ammirazione,

o indulgenza verso
il

soggiungendo

Posso, anzi, veramente dirmi


re di Spagna,
si

vero Dio degl'impresarii.

Com' lontana questa innocente ambizione da quella del potente Carlo V, il quale, secondo che narra la leggenda,
vantava che

950. Nei miei regni

non tramonta mai


di questa frase. Il

il

Sole.
cita

Non

si

conoscono

le origini

Bchmann

per una certa analogia un passo di

Erodoto
;

{Hist., lib.

VII,

cap. 8) che fa dire a Serse qualcosa di simile

il

Guarini
la

nel pro-

logo del Pastor fido, volgendosi a Caterina d'Austria,

chiama:

Altera

figlia

Di quel Monarca, a cui N anco quando annotta,


e

il

Sol tramonta;
se.
6),

Schiller
:

nel

Don

Carlos (atto

I,

cosi fa parlare Fi-

lippo II

Die Sonne geht in meinem Staat nicht unter.


Parenti molto prossimi dell'ambizione sono l'orgoglio e
la vanit.

In quanto a vanit, credo che non potrebbe essere da alcuno


superata quella di Cicerone, se sue veramente fossero
attribuitegli
le

parole

da Giovenale

951.
Era

O
1*

fortunatam natam

me

consule

Romam.

{Satira X, v. 122).

orgoglio che ispirava Argante quando al troppo audace


le

Ottone rivolse
951.
19

superbe parole

fortunata

Roma,

nata sotto

il

mio coasolato!

274

Chi V ha detto?

[952-956]

952.

Renditi vinto; e per tua gloria basti

Che

dir potrai che contro

me

pugnasti.
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,

IV, ott.

32).

ed hanno ugualmente sapore di orgoglio misto con arroganza queste altre:

953.

Rispondo che non rispondo.


Giov. Filippo Galvagno,
Interno, e

dette nel Parlamento Subalpino da

ministro dell'Agricoltura,
e Giustizia nel gabinetto
ste pure:

poi

dell'

quindi

di Grazia

Delaunay-D' Azeglio (1849-52);

e que-

954. Piace a
dette dall' onor.
all'

me

e basta.
in

Agostino Depretis
i

Parlamento rispondendo

onor. Bosdari per difendere


;

propri criteri di sicurezza pubsi

blica

ma

il

vecchio ministro probabilmente


caso insolito in

espresse con troppa

ingenuit,
il

e la parola,

lui, trad

per quella volta

pensiero.

Dei

pericoli dell'

ambizione e

dell'

orgoglio avverte

il

poeta

la-

tino che

955.

....

Feriuntque

summos
lib. Il,

Fulmina montes.
(Orazio, Odi,
e la morte di
od. 10, v. 11-12).

un superbo,

colpito dalla folgore

del fato,

ben

dipinta dall' Ariosto:

956.

Bestemmiando fugg l'alma sdegnosa Che fu s altiera al mondo e s orgogliosa.


{Orlando Furioso,
e.

XLVI,

ott. 140).

Cos, con la morte di

Rodomonte

ucciso da Ruggero, finisce


(e.

il

poema

del gran ferrarese. Si confronti con la fine tXC Eneide

XII,

V. 952) e la morte di

Turno:

Vitaque cum gemitu fugit indignata sub umbris.

a proposito di

Rodomonte, non
i

sar inutile

di

ricordare,

955. Le folgori colpiscono

monti pi

alti.

[957-962]

Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

275

che

il

suo nome, cui l'Ariosto dette tanta fama, passato in pro-

verbio a indicare un millantatore, uno spaccone, un

957. Miles gloriosus.


che poi
il

titolo di

La gara

delle

una commedia di Plauto. mondane vanit con frase moderna

espressa

nel titolo scultorio dato da

Thackeray

uno

dei suoi migliori

romanzi, pubblicato nel 1847:

958.

Vanity Fair.
il

che per altro


serie
si

Thackeray

tolse a
(i

un racconto

di

Bunyan

della

The Pilgrims Progress

678-1 684).

confronto dei vanitosi

pu osservare che

959.

La vertu

n'irait

pas

loin, si la

vanit ne lui
% 200).

tenait compagnie.
(La Rochefoucauld, Maximes,

Anche Seneca

dice

Tolle ambitionem et fastuosos spiritus,

nullos habebis nee Piatones, nee Catones, nee Scaevolas, nee Scipiones, nee Fabricios.

Dalle Massime gi citate del


altre

La Rochefoucauld
:

traggo queste

due di argomento analogo

960. Si nous n'avions point d'orgueil, nous ne nous plaindrions pas de celui des autres.
(

XXXIV).

961.

Quelque bien qu'on nous dise de nous, on ne nous apprend rien de nouveau.
(

cccin).
proripe-

AU* orgoglioso che non vuole


prie colpe
tere
il

riconoscere

propri

difetti, le

ed ha occhi soltanto per quelle degli

altri, si

pu

motto biblico:

962. Medice, cura te ipsum.


(Evang. di
S.

Luca, cap. IV,

v. 23).

957. Soldato millantatore. 958. La fiera della vanit. 962. Medico, cura te medesimo.

276

Chi l'ha detto?

[963-967]

Un
963.

orgoglioso era pure quel

Fiorentino spirito bizzarro.


(Dante, //^rwo,
e.

Vili,

v. 62).

cio Filippo Argenti, cosi beffato

da Dante nella Divina Comil

media^ e di cui piacevolmente novella anche

Boccaccio nel De-

camerone

(giorn.

IX, nov.

8).

1'

La superbia del resto uomo al punto da non

scava a s dinanzi
fargli

la

fossa,

accieca

vedere

la

propria imminente ro:

vina e da impedirgli di procacciarvi riparo

964. Contritionem praecedit superbia.


{Proverbi di Salomone, cap. XVI,
v. 18).

50.
Ostinazione, ricredersi, pentirsi

sposa di

Non doveva essere facile a piegare quella brava Don Ferrante, di cui il Manzoni diceva

signora della

che

965.

Con

le idee donna Prassede si governava come dicono doversi far con gli amici ne aveva poche, ma a quelle poche era affezionata assai.
;

(/

Promessi Sposi, cap. XXV).

e della stessa farina la bella Rosina, che

dopo avere pi volte

ripetuto

966.
ha

Lo

giurai, la vincer.
cantare:

la faccia franca di

967.

Io sono docile

-son rispettosa, Sono obbediente - dolce amorosa, Mi lascio reggere - mi fo guidar.


la

964. Alla caduta va innanzi

superbia.

[968-969]

Ostinazione^ ricredersi, pentirsi

277

per soggiunge subito

Ma

se mi toccano - dov' il mio debole, Sar una vipera - e cento trappole Prima di cedere - far giocar.
(//

Barbiere di Siviglia, parole

di

Cesare
I, se. 4).

Sterbini, musica

di Rossini, a.

Proverbiale anche

la rigida

ostinazione dei militari:

968.

Nel

militare,

il

superiore ha sempre ragione

ma specialissimamente poi quando ha torto.


Cosi finisce la classica commedia di

Paulo Fambri,
aggiunge:

// caporal di

settimana
per di cui

(a. Ili, se.


l'

13);

ma

vi

si

La
il

una massima

inferiore
gli

deve ricordarsi sempre, e

superiore mai.
il

Non mancano

esempi

storici di ostinazione, e forse

pi ce-

lebre quello ricordato dalle parole:

969. Sint Ut sunt aut

non
il

sint.

Fu

detto che cos rispondesse

P.

nerale dei Gesuiti, al papa Clemente

Lorenzo Ricci, ultimo GeXIV, che lo sollecitava a una

riforma della Compagnia. Vedasi la Vita del


Clem.ente

Sommo
Vedeva

Pontefice
sig.

XIV Ganganelli trad,


(Firenze,
1

dall' origin,

franc, del

Mar-

chese

Caraccioli

775), a pag. 11 5.

in fine, che

avevano eglino

stessi acconsentito alla loro annichilazione col di-

chiarare senz' ambiguit per bocca del loro Generale, che avevan

pi caro di non pi esistere, che di sottoporsi ad una riforma

Sint ut sunty aut non sint.


e

Questa risposta temeraria fece tanto maggior sorpresa, quanla

toch essi non ignoravano, che

Chiesa stessa

si

riforma in ci che

riguarda la disciplina, e che dovevano ricordarsi che Benedetto

XIV

parlando

al

Padre Centurioni loro Generale,

gli

aveva detto espres-

samente: egli

di fede che

io

avr un successore,

ma

non

di fede

che ne averete uno ancor voi.

Tanto vero, che

gli
i

uomini che hanno pi

spirito,

diventano

facilmente ciechi sopra

loro proprj affari, e che la reputazione

che godevano

Gesuiti da lungo tempo, gli aveva abbagliati: Si

969.

siano

come sono, o non siano

affatto.

278

Chi V ha detto?

[970]

credettero necessarj, diceva

il

Cardinale Stoppani, e questo

fu

il

loro male. Ci sarebbe seguito nel 1773.

D'altra parte

il

Crtineau-Joly, storico pi diligente

ma

anche

sospetto di parzialit per la Compagnia, nella sua storia della sop-

pressione dei Gesuiti {Clment

XIV et

les Je'suites, Paris,


il

1848,

pag. 381), parlando del processo che dopo

Breve di soppressione

fu istruito contro la Societ di Ges, dice:

Le procs contre

les

Jsuites embarassait beaucoup plus les Cardinaux instructeurs que


les

accuss eux-mmes
fut alors

on rsolut de
les

le faire traner

en longueur.

Ce

qu'on exhuma

paroles,

presque sacramentelles,
:

mises dans la bouche de Ricci, ce fameux


stnt,

Stnt ut sunt, aut non

qui n'a jamais t prononc, mais que tous les Pres de l'Inont pens, car
il

stitut

tait la

consquence de leurs

vux

et

de

leur vie.

Ed

in nota aggiunge: C'est Caraccioli, dans son ro-

man

sur Clment

clbre.

XIV, qui attribue au P. Ricci ce mot devenu Le Gnral des Jsuites ne l'a jamais prononc devant le

pape Clment

XIV,

puisqu'il lui fut impossible de l'entretenir de-

puis son lvation au sige de Pierre [ci che

ho trovato conferla

mato anche da
de

altri istorici].

Ces paroles sont tombes de


le

bouche

Clment

XIII, lorsqu'en 1761


lui

Cardinal de Rochechouart,

ambassadeur de France Rome,


pour

demandait de modifier essen-

tiellement les Constitutions de l'Ordre.


particulier
les Jsuites franais
;

On

voulait

un suprieur
rsistant

alors le Pape,

ces innovations proposes, s'cria: Qu'ils soient ce qu'ils sont

ou

quHls ne soient plus!

si

In luogo di questa temeraria risposta


la frase pi laconica:

suole adoperare anche

970.

Se

no, no.

che risale alla vetusta costituzione aragonese. Finch l'Aragona

form un regno
le Cortes,

distinto, l'autorit del re era

molto

ristretta, e

che

si

adunavano ogni anno per deliberare


straordinariamente
ricevere da lui
il

sugli affari
all'

del paese,

erano convocate pure

avveni-

mento

di ogni

nuovo principe per


i

giuramento di
gli

conservare intatti

loro fueros,

o privilegi, e in ricambio

prestavano giuramento condizionato di fedelt.


si

La formula
nell'

di cui
il

sarebbe servito

il

/usttza o gran giustiziere

incoronare

novello

re, cosi riportata

(Ant. Perez, Ohras y relaciones, 1676,

[97o]

Ostinazione, ricredersi, pentirsi

279

pag. 143): Nosotros, que, cada


OS,

uno por

si,

somos tanto com

y que juntos podemos mas que os, os hacemos nuestro rey, con tanto que guardareis nuestros fueros sino, no (cio. Noi,
;

che individualmente siamo tanto quanto voi, e che riuniti siamo


pi potenti di voi, vi facciamo nostro re, a condizione
spetterete
i

che

ri-

nostri privilegi; se no,

no). \

fueros aragonesi furono

soppressi in parte da Carlo V, in parte da Filippo

ma

con-

vien dire che questa formula non

si

trova in nessun corpo legale

n in alcun antico documento, per cui non ritenuta autentica anche perch
la

lingua del testo quale


al

comunemente
si

si

riporta,

non corrisponde
fra
il 1

tempo

al

quale la

attribuisce,

vale a dire

193 e

il

1213.
il

Un

autore spagnuolo. Quinto, ha scritto su

questo argomento

trattato

Del juramento
la

politico de los anti-

guos reyes de Aragon, dove sostiene che


inventata, forse

suddetta formula fu

non precisamente

negli stessi termini, dal giuree alterata poi a


si cita.

consulto francese

Francesco Hotman,

mano

mano
tesi

fino a diventare, quale oggi

comunemente

Ma

forse,

pure non essendo autentica, qualche fondamento deve avere, ipo-

non improbabile dato

il

carattere altiero dei baroni aragonesi

e in tal caso le origini potrebbero

trovarsene

nella

formula di
seras
si

giuramento riportata nel cosiddetto Fuero Juzgo :


fecieres derecho, et si
eris si recte facis, si

Rey

non

fecieres derecho,
facis,

non seras Rey. - Rex


eris.
fasti

autem non

non

Queste stesse
dell' italiano

parole.

Se no, no, hanno un posto anche nei


si

risorgimento, poich
lettera di

trovano gi come epigrafe della

famosa

Gius. Mazzini a Carlo Alberto firmata


1

Un

italiano e

pubblicata nel 183

a Marsiglia con la falsa data di Nizza; quindi

furono nobilmente usate da

Daniele Manin
:

il

quale scriveva a

Lorenzo Valerio nel settembre del 1855


il

Io repubblicano, pianto

vessillo unificatore.
l'

Vi

si

rannodi, lo circondi e lo difenda chiunl'

que vuole che

Italia sia, e

Italia sar. Il partito

repubblicano

dice alla Casa di Savoia: Fate l'Italia, e sono con voi; se no^ no.

ai costituzionali dice:
il

Pensate a fare l'Italia e non ad ingran-

dire

Piemonte:

siate Italiani e

non municipali,

sono con voi:

se no, no.

Accanto

alle

sfide vere o apocrife

che siano dei principi Ara-

gonesi e dei Gesuiti, potremo mettere una parola rimasta celebre


nella storia dell'/italiano risorgimento
:

28o

Chi V ha detto?

[971-972]

971.

Jamais
5

Nella seduta della Camera francese del

dicembre 1867, Eugenio

RoUHER,

ministro di Stato, rispondendo alle numerose interpel-

lanze sull'intervento francese a

Roma,

disse:

Maintenant j'arne peut s'en

rive au dilemme: le pape a besoin de

Rome

et l'Italie

passer.
{

Nous

dclarons que l'Italie ne s'emparera pas de

Rome

Vif mouvefnent et applaudissements prolonge's). Jamais la France ne supportera une telle violence faite son honneur, faite la ca!

tholicit
la

{Nouvelle et vive approbation). Elle demandera

l'Italie

rigoureuse et nergique excution de la convention de septem-

bre, sinon elle

plaudissements).

y supplera elle-mme. Est-ce clair ? {Nouveaux ap {Compte-rendu analytique des Sances du Corps Lgislatifs session 1868, to. I, pag. 62). - Bisogna per riconoscere
gli
il

che queste dichiarazioni


gli interpellanti,

erano state quasi suggerite da uno dequale nella seduta precedente, aveva

Thiers,

detto che se egli fosse stato Rouher, avrebbe parlato francamente


e chiaramente
rai le pape.
all' Italia:

Que

je sois

Dans aucun cas, je ne vous abandonneRome, Civita-vecchia ou mme Tou-

lon,

tenez pour certain que dans aucun cas, ni par les


ni par les

moraux

moyens moyens immoraux, vous n'aurez Rome.


cosi rintuzzava la

Uno

stornello di

Francesco Dall' Ongaro

vanitosa burbanza del ministro francese:

Giam?nai, signore, una parola snella Un di la nota e 1' altro la cancella.

e'

Tutte

un proverbio nel nostro idioma le vie ponno condurre a Roma.


:

E
ci che
Il

in onta al

Chassepot che

fa prodigi,

Tutte

le

vie

conducono a Parigi.
infatti tre
la

doveva vedersi

anni dopo!

penultimo verso ricorda

nota frase del generale

De Failly

972. Les Chassepot ont


Il

fait merveille.

De Failly. la sera medesima della battaglia di Mentana novembre 1867), ne avvisava il suo governo con un primo telegramma da Roma che non fu pubblicato. Invece il Moniteur
generale
(3

Universel del io novembre pubblic un telegramma pi particolareggiato del generale stesso,

comandante

in capo.del corpo di spe-

[972]

Ostinazione^ ricredersi pentirsi


^

281

dizione a

Roma, con
frasi
:

la

data del 9 novembre,

il

quale termina

con queste

Le 6 novembre,

la

population romaine a

fait

aux troupes un

accueil triomphal.
dtaill.

Votre Excellence va recevoir un rapport plus

Notre prsence

Rome

tait

urgente pour

la

sauver; je

garantis la sret des tats pontificaux contre les bandes insurges.

Nos

fusils Chassepot ont fait merveille !


il

Pare che veramente

governo francese tenesse a essere ragguaprova che aveva


fatto quel fucile a per-

gliato sollecitamente della

cussione e a retrocarica che, inventato nel 1857 da Antoine Chassepot,


e adottato
il

30 agosto 1866 per l'esercito francese, tirava


detta forse senza maligni intendimenti,

per la prima volta a Mentana sui bersagli umani.

In ogni

modo
l'

la frase,

appena

fu

nota suscit un vero tumulto d' indignazione in Italia


eco se ne ripercosse fino alla tribuna francese, poi-

e in Francia; e

ch nella tornata del Corpo Legislativo del 2 dicembre, mentre


si

svolgevano

le

interpellanze suU' intervento francese a

Roma,

Jules Favre faceva una violenta diatriba contro la politica illiberale e antiumanitaria del gabinetto

Rouher,

un

certo punto

Eu-

genio Pelletan interruppe esclamando:


Il fallait

essayer les fusils Chassepot

Dopo rumorose
la

esclamazioni della Camera, Jules Favre riprende


:

parola e continua

....Nos troupes soutiennent

le

corps
les

pontifical

avec leurs
les pis

armes perfectionnes qui font tomber

hommes comme

sous la faux du moissoneur. {Interruptions).

Une voix. C'est une insulte l'arme! Favre. De l la phrase qui a produit en Europe une
le

si triste

impression:
ruption).
?

fusil Chassepot a fait merveille. {Bruyante inter-

Pelletan. C'est une indignit! Favre. Je comprends, je subis

{Bruit).
les ncessits

de

la

guerre,

mais j'avoue que je suis

attrist lorsque je

rencontre dans un rap-

port cette glorification de la destruction des


bruit).

hommes. {Nouveau
les

Et

cette parole n'a pas

seulement bless

curs

franais,

elle

a t accueillie en Italie avec une motion indescriptible. {In-

terruptions)^

282

CM

V ha detto?

[973-974]

Oui, l'motion a t telle en Italie qu'il n'y a eu qu'un cri

d'indignation contre la France. {Bruit).

veramente

gli

animi erano allora concitatissimi contro

la
:

Fran-

cia fino a metterci quasi in procinto di

romperle guerra

ma

tre

anni dopo

il

fucile

ad ago prussiano doveva

fare le vendette delle

meraviglie operate dallo Chassepot!


Si ritiene da molti che nel
si

medesimo telegramma
:

del

De
le

Failly,

trovi un' altra frase che fu pure notata

973. Toutes les troupes

camprent sur

champ

de

bataille.
:

Ma

un

errore

codesta frase
dal

si

trova invece nel rapporto ufficiale


1'

mandato per posta

De
i

Failly

novembre.

Ma
si

si

sa

bene che
la verit,

quel generale francese che mostr di rispettare

poco

come poco
role
stessa,
essi

rispettava

vinti

anche se
Il

feriti,

disse con quelle pa-

una vanitosa menzogna.


dove
i

campo

di battaglia era

Mentana

francesi

non ardirono

entrare,

e per quella notte

ne dormirono

fuori.
il

perci inesatta pure la tradizione che vuole che


fosse spedito
villa

famoso

te-

legramma

da Mentana
il

la sera

medesima

del 3, e che
il

mostra in una

presso

paese

il

tavolino sul quale

De

Failly

r avrebbe scritto. La storia parlamentare

francese

ci

serba memoria anche di


alle

un' altra frase famosa, posteriore in tempo

ultime citate

974.

Se soumettre ou
1877
il

se dmettre.
nel conflitto sorto in Fran-

Essa fu detta da
cia nel tra la

Leone Gambetta
Mac-Mahon,
il

maggioranza repubblicana della Camera da una


ministero

parte,
il

Presidente

De

Broglie-Fourtou e

Senato

dall' altra. Il 1 5

agosto Gambetta pronunzi a Lilla in un


la

banchetto un famoso discorso, nel quale esponeva

situazione e
fait

concludeva con queste parole:

Quand

la

France aura
le elezioni

enten-

dre sa voix souveraine - (erano imminenti

generali)

croyez -le-bien, messieurs,


Il

il

faudra se soumettre ou se dmettre.


al

gabinetto

De

Broglie,

dopo qualche giorno, ordin


la frase

Procu-

ratore Generale della Repubblica di

procedere contro Gambetta


rimasta celebre
:

per

il

suo discorso, e precisamente per


citato innanzi alla lo^

Gambetta,

camera del Tribunale della Senna

[975"978]

Ostinazione^ ricredersi, pentirsi

283

come imputato
tembre a
tre

di offesa alla

persona del presidente della Repub-

blica, e di oltraggi ai ministri, fu

condannato in contumacia l' 1

set-

mesi

di prigione e

2000 franchi d'ammenda.

Gli esempi citati sarebbero tutti di ostinazione nelle idee, dalla

quale nasce
tratti

la

ostinazione nelle opere, bella e lodevole

quando

si

del bene, biasimevolissima

quando

si tratti

del male.

Le

pa-

role di

Medea:

975.

Video meliora proboque:


Deteriora sequor.
(Ovidio, Metamorfosi,
lib.

VII, v. 20-21).
:

di cui

si

ha

la

traduzione italiana in un verso del

Petrarca

976

Veggio 1 meglio ed
[Canzone

al

peggior m'appiglio.

M. Laura, num. XVII, secondo il Marsand, comincia: I' va pensando e nel pensier nC assale, num. XXI
in vita di

nell'ediz. Mestica; ultimo verso).

e in quelli del

Foscolo, che

dice di s (Son. Il proprio ritratto):


.... Do lode corro ove al cor piace.
i moCicerone

Alla ragion,

ma

esprimono un sentimento pur troppo assai comune, bench


ralisti

tuonino contro la pervicacia


:

nell' errore. Infatti

scrive

977. Cujus vis hominis est errare, nullius nisi insipientis in errore perseverare.
{Filippiche, XII, 2).

sentenza imitata in un noto adagio scolastico che


inutilmente nella Bibbia
:

pi cercano

978. Errare

humanum
un

est,

perseverare autem diaeW Antilucrce del CarPope scriveva:


seguo
il

bolicum.
La prima
dinale di

parte anche

emistichio

PoLiGNAC,
il

lib.

V,

V. 59. Invece

975- Veggo

meglio e l'approvo;

ma

peggio.

977. Chiunque pu errare,

ma
il

soltanto lo sciocco persevera nel-

errore.

978. L'errare cosa umana,


diabolico.

perseverare nel male invece

284

Chi V ha detto?

[979-982]

979.

To

err

is

human,

to forgive divin.
{Essay on Criticism,
p. II, line 325).

Perch dunque ostinarsi

nell' errore e

rispondere burbanzosa-

mente

980.

Quod

scripsi,

scripsi.
(

Vang-, di S. Giovanni, cap.

XIX,

v. 22).
il

come Pilato
assai sovente
dati,
alle

rispose ai Sacerdoti che volevano fargli cambiare

cartello posto sulla croce di Cristo; e le parole

medesime

si

usano

come perentorio

rifiuto di

mutare

sillaba agli ordini

cose dette o scritte.


di

A
la

Baldassarre Cossa, che fu papa


il

col

nome

Giovanni XXIII, e che

Concilio di Costanza obi

blig ad abdicare nel 14 15,

dopo

sua morte a Firenze nel 1419,

Medici fecero costruire un mausoleo in S. Giovanni dal Donatello.

Papa Martino
nalis;

chiedeva che

le

parole scrittevi,

fossero cancellate e sostituite invece dalle altre,

ma

la

Signoria Fiorentina rispose

Quondam Papa, Quondam Cardisemplicemente: Quod


non vuol
sentirla
:

scripsi, scripsi.

Ma
non
gli dei

inutile

il

fare intender ragione a chi

e'

peggior sordo di chi non vuole intendere, egli come

bugiardi della Bibbia, che

981.

Os habent, et non loquentur: et non videbunt.


(Salmo CXIII,
v. 13 e si

oculos habent,
CXXXIV,
di
!

Salmo

v.

16).

quando non

vuole udir ragione, com'

facile

trovare

il

torto dalla parte di coloro che

non pensano come noi

anche

tal-

volta questione di falso

amor

proprio, di rispetto

umano, poich

982.

L'amour propre

fait que nous ne trouvons gures de gens de bon sens, que ceux qui sont de notre avis.

come detto nelle vecchie edizioni delle Maximes de La Rochefoucauld, mentre nell'ediz. definitiva del 1678 la sentenza
979. Errare umano, dimenticare divino. 980. Quel che scrissi, scrissi. 981.

Hanno

bocca,

ma non

parleranno; hanno occhi,

ma non

ve-

dranno.

[983-988]

Ostinazione, ricredersi, pentirsi

285

cos

mutata

que ceux qui sont de notre avis


Invece
il

Nous ne trouvons gure de gens de bon ( CCCXLVIII).


non
esita a riconoscere
il il

sens

savio,

proprio errore e
le

al-

lora sa mutare

opportunamente

proprio giudizio e

proprie

decisioni

983.

Variano seconda de' casi

i
i

saggi
lor pensieri.
a. I, se. 5).

(Metastasio, Bidone- abbandonata^


e l'onest'uomo, se ha fallato, deve riconoscere
pentirsene, poich tale
il
il

suo errore e

desiderio
la

non

solo

degli
:

uomini

ma

anche della eterna

giustizia,

quale ha dichiarato

984.

Non

volo

mortem

impii, sed ut convertatur


(Ezechiele, cap.

et vivat.
Si penta

XXXIII,

v.

14).

dunque, e chieda perdono a coloro che ha

offesi,

non

per a mo' di quel tristanzuolo, che diceva:

985.

S'io ho fallato, perdonanza chieggio

Quest' altra volta so eh'


una
delle solite uscite di

io far

peggio.

Margutte nel Morgante Maggiore del


serva delle parole del Salmista :

Pulci (c. XIX,

ott. 100); piuttosto si

986. Delieta juventutis meae et ignorantias

meas
v.
7).

ne memineris \pomin\.
e copra
il

^saimo
la

xxiv,

suo viso di quel rossore che

migliore confessione
di

del fallo, come si canta anche nella Sonnambula mani (musica di V. Bellini, a. Ili, se. 8)
:

Felice Ro-

987.
Il

Ve

lo dica

il

suo rossore.
si

rossore e la confusione di chi

riconosce in colpa sono tal-

volta larga espiazione del suo errore,


stro

come

gi osservava

il

no-

maggior poeta, cui Virgilio confortava dicendo:

988.

Maggior
Non Non

difetto

men vergogna
(Dante, Inferno,
e.

lava.
v. 142).

XXX,

984. 986.

voglio la morte del peccatore,


ti

ma

che

si

converta e viva.

ricordare, o Signore, de' delitti della

mia giovinezza,

n delle mie ignoranze.

286

Chi

Vha

detto?

[989-991]

cio anche

una minore vergogna sarebbe

sufficiente a lavare

un

errore pi grave.
Il

pentimento venga in tempo, se non

si

vuol pagarlo troppo


frase

caro, e cos dicendo la

memoria suggerisce subito una

famosa

989. Pnitere tanti

non emo.
Attica,
lib. I, e, 8, 6).

(Aulo Gellio, Nodes


che fu
la risposta di

Demostene

alla cortigiana

Laide

la

quale

gli

aveva chiesto 10,000 dramme come prezzo dei suoi favori.

990.

Ablue

peccata,

non solum faciem.


iscrizione bizantina, che
si

la traduzione latina di

una

legge,

si

leggeva, intorno al battistero della basilica


si

di S. Sofia in

Costantinopoli, e

trova anche ripetuta in quello della chiesa di


scritta in greco:

Notre-Dame-des-Victoires a Parigi. Essa era cosi

NIWONANOMHMATAMHMONANOWIN
e

come

si

vede conservava
sinistra,

lo stesso

significato,

tanto

se

letta

da destra a

quanto da

sinistra a destra.

51.
Ozio, industria, lavoro

La

frase, tanto

rimproverata a noi

italiani,

e specialmente

ai

meridionali, del

991. Dolce far niente.


sembra derivi nientedimeno che da Plinio
nel lib.
il
:

giovane,
illud iners

il

quale

Vili

delle Epistole (ep. 9), scrisse

quidem
lib. II,

jucundum
cap.

tarnen nil agere.

Anche Cicerone {De


delectat.

oratore^

24) pensava che:

Nil agere

Ma

il

rimprovero

989.

Non pago

cos caro
i

990. Lava anche

tuoi peccati,

un pentimento. non soltanto

la faccia.

[992-994]

Ostinazione, ricredersi, pentirsi

287

poi giusto? Scriveva Pasquale Villari a

tal

proposito nelle Lettere

meridionali (2 ediz., Torino, 1885, a pag. 48):


glio tralasciar di notare che questa gente cosi

....Io

non vo-

male compensata,
di aver letto

tra quelle che in

Europa lavorano

di pi.

Ricordo

una

tale osservazione in un' inchiesta inglese fatta per ordine di

lord Palmerston.

Ho

conosciuto anche un tedesco, occupato molto


il

nella escavazione delle miniere,

quale, essendo andato a pasdisse

sare alcuni mesi di riposo nelle

campagne napoletane, mi
Italiani,

un giorno a Firenze
l

Il dolce far niente degli

almeno

dove

io

sono
il

stato,

una calunnia
il

atroce.

Sarebbe impossi-

bile piegare

nostro contadino o

nostro operaio ad un lavoro


i

cos
dini.

duro e prolungato, come quello che fanno

vostri

conta-

il

Ecco

Giusti, che nel Gingillino

(str.

2)

vilipende la

992.

Ciurma sdraiata in vii prosopopea, Che il suo beato non far nulla ostenta.
gli oziosi di farli

ma

l'Apostolo minacci

digiunare, poich:

993. Si quis

non vult
(S.

operari, nec

manducet.
3, v. 10).

Paolo, Ep. II ad Thessalonicenses, cap.

e se pure chi passa la sua vita oziando, ventre, ci


soflFre

non sempre
:

ci soflFre

del

sempre in reputazione, poich

994.

....

Seggendo

in

piuma

In fama non si vien, n sotto coltre. Senza la qual chi sua vita consuma,

Qual fummo
Un
pio

Cotal vestigio in terra di s lascia ^ in aer ed in acqua la spuma,


j

(Dante, Inferno,

e.

XXIV,

v.

47-51).

freddurista scriveva che questa sentenza dantesca

non

era tanto

assoluta da
il

non ammettere

delle onorevolissime eccezioni, per

esemla

Monti, di cui corre fama che scrivesse stando in letto


delle sue opere, sicch

maggior parte

pu

dirsi
il

che

la gloria

venne

a visitarlo sotto coltre.

lo stesso faceva

celebre tipografo ed

editore Niccol Bettoni.

993. Se alcuno non vuol lavorare, neppure mangi.

288

Chi V ha detto?

[995-998]

Ma
995.

lasciando

traslati,

ovvio che senza fatica

non

si

con-

quista nessun bene:

Nil sine
(Orazio, Satire,

magno

Vita labore dedit mortalibus.


lib. I, sat. 9, v. 59-60).

Del

resto, che cos'

mai

la vita dell'ozioso?

996.

Il viver si misura Dall'opre e non dai giorni.

(Metastasio, Ezio, L' assidua laboriosit di colui che


tura, espressa
fa del
:

a. Ili, se.

1).

lavoro una seconda na-

con

il

classico adagio

997. Nulla dies sine linea.


che giusta l'autorit di Plinio {Hist. Nat.,
12), trasse origine dal greco pittore
lib.

XXXV,

cap. 36,

Apelle,

il

quale non lasci

passar giorno senza tirare almeno una linea per tenersi sempre in
esercizio nell'arte in cui divenne eccellente. Avvertasi per che
il

testo pliniano

conferma che gi da tempo antico esisteva

il

pro:

verbio,

ma non

ne dice

il

testo preciso

ecco

le

parole di Plinio

Apelli fuit alioqui perpetua consuetudo,

numquam tam

occupa;

tam diem agendi, ut non lineam ducendo exerceret artem quod ab eo in proverbium venit. - Di questo motto non ha guari fu
detto argutamente che

un ministro

italiano lo traduceva,

con

li-

bert troppo grande, cosi: nessun giorno senza corbelleria.


nucci, Prov.
lat.,

(Van-

II).

A
si

indicare dove giacciano le peculiari difficolt di


1'

un

lavoro,

pu usare

emistichio virgiliano

998.

Hoc

opus, hic labor.


(Virgilio, Eneide,
lib.

VI,

v.

129).

mentre nello stesso poeta troviamo


a significare
difficolt
:

due versi seguenti

utilissimi

come

il

lavoro e

la necessit

giungano a superare ogni

995.

La

vita nulla

ha mai dato

ai

mortali senza grande fatica.

997. Nessun giorno senza una linea. 998. Questo il lavoro, questa la

fatica.

[999*0O4]

Ostinazione, ricredersi, pentirsi

289

999.

Labor omnia

vincit
(Georgiche,
lib. I, v.

Improbus, et duris urgens in rebus egestas.


145-146).
Il
il

primo emistichio

citato

anche separatamente,

ma

snaturandone

concetto; ugualmente succede di un'altra sentenza dello stesso


della quale si citano d' ordinario soltanto le

poema,

prime parole

1000.

In tenui labor, at tenuis non gloria.


{Georgiche,
lib.

IV,
i

v. 6).

Questo verso loda


coli particolari

l'

industrioso artefice che cura anche


la

pi pic-

dell'

opera sua,

quale

perci acquista pregio

soprattutto dall'abilit del lavoratore.


tere che:

quindi

il

caso di ripe-

looi.
come

Materiem superabat opus.


(Ovidio, Metamorfosi,
lib. II, v. 5).

fu detto a proposito del palazzo del Sole, che

aveva porte

di argento di finissimo lavoro,

opera di Vulcano.
seguente, che indica
i

Da Ovidio
timenti di

trarremo pure

la frase

sen-

un autore

fiero del

proprio lavoro:

1002.

Auctor opus laudat.


{Ex Ponto,
e. Ili,

9, 9).

Ove
Armida

1*

arte aiuti

od

imiti la natura,
il

ma

abilmente

si celi,

sar

il

caso di dire quel che


:

Tasso

dice

dell'incantato giardino di

1003.

L'arte, che tutto

fa,

nulla

si

scopre.
e.

{Gerusalemme liberata,

XVI,
ti

ott. 9).

Se

il

lavoro che

t'

incombe supera

il

tempo che

resta dispo-

nibile, puoi ripetere col

Petrarca

1004.

pi dell'opra che del giorno avanza.


(Trionfo d'Amore, cap.
II, v.

72).

999. Ogni difficolt vinta dall'aspro lavoro, e dal bisogno che incalza nelle dure vicende.
1000.

Anche non
Il

piccoli lavori richiedono fatica,

ma danno

gloria

piccola.

IODI.

lavoro vinceva la materia.


il

1002. L* autore loda

suo lavoro.

290

Chi V ha detto?

[1005-1008]

e se
di'

il

giorno pass senza che tu potessi sbrigarti


:

dell'

obbligo tuo,

pure

1005. Amici,

diem
l'

perdidi.
(SvETONio, Vita di
Tito,
e.
8).

come soleva
non avesse
Il

dire
fatto

imperatore Tito alla fine di quel giorno in cui

un'opera buona.

lavoro procaccia guadagno a chi onestamente e abilmente se


il

ne serve;
gli affari?

lavoro dunque anche un affare.

Ma

che cosa sono

1006. Les affaires, c'est l'argent des autres.


ha detto Gavarni; ma quarant' anni prima
di lui,

M. de Mont:

ROND, non indegno amico

di Talleyrand,

aveva detto anche meglio

1007. Les affaires, c'est le bien d'autrui. Anche Dumas


figlio nella

Question d'argent

(a.

Les
e

II, sc. 7):

affaires? c'est bien simple:

c'est l'argent des autres,

BROALDE DE Verville

nel

Moyen

de parvenir :

Mais de quoi sont composes Du bien d'autrui.

les affaires

du monde ?

52.
Parlare, tacere

Il

linguaggio

il

dono pi sublime che

gli dei

potessero fare

'

agli uomini,

ma non

a tutto arriva, e vi sono cose e sentimenti

'ii

che
l

la parola incapace a descrivere.

Ci affermava anche

Dante

'I
3

dove disse:

1008.

Trasumanar

significar

per verba
e. I, v.

Non

si

potria.
(Paradiso,
70-71).

O05. Amici, ho perso

la giornata.

[1009-1013]

Parlare, tacere

291

cio che

il

linguaggio

umano non

sufficiente a descrivere quel


si

che prova chi trasumana, ossia diventa pi che umano,


cina alla divinit.

avvi-

Oltre le cose che


dire, vi

non

si

possono o meglio che non


si

si

sanno

sono quelle che non

devono

dire.

Per esempio

lo stesso

poeta

ci

ammonisce che:

1009.

Sempre

a quel ver

e'

ha

faccia di

menzogna

De' l'uom chiuder le labbra quant' ei puote, Per che senza colpa fa vergogna.
(Inferno,
e.

XVI,

v.

124-126).

ed altrove che

ci

sono cose delle quali:

loio.

Pi

tacer,

che ragionare, onesto.


{Paradiso,
e.

XVI,

v. 45).

oppure, com'

egli stesso altrove ripet

loii.

....

Cose che

il

tacere bello.
(Inferno,
e.

IV,

v. 104).

Tace

Dante

in questo luogo per modestia, poich erano discorsi

in sua lode,

ma

Francesco D' Ovidio in un articolo nella Biblio16 febbraio 1892, p. 145-149, vuole

teca delle Scuole Italiane,

invece che queste e simiglianti frasi dantesche denotino sempli-

cemente delle preterizioni per amore di brevit; altrove {Purg.,


e.

XXV,

v. 43-44) disse, certamente per altra ragione, cio per

onest del linguaggio:


....

ov' pi bello

Tacer che
Infatti
1*

dire.

uomo

di onesti costumi

non

si

permetter mai un lin-

guaggio sconveniente, memore del detto di Seneca:

IDI

2.

Imago animi sermo


si

est.
(De moribus,
72).

Tuttavia certe cose che male


si

dicono in volgare, qualche volta


orecchie, in latino, poich
:

usa dirle, per rispetto

alle

caste

1013.
1012.
Il

Le

latin

dans

les

mots brave l'honntet.

linguaggio lo specchio dell'anima.

292

Chi l'ha detto?

[1014-1015J

come

dice

Boileau {Art

potique^ eh. II) che soggiunge

Mais

le lecteur franais

veut tre respect.


si

La

ragione per la quale la lingua latina


il

permette delle ardiil

tezze che

volgare

non oserebbe,
lo capiscono;

non tanto perch

latino

la lingua dei dotti,

quanto pi semplicemente perch sono in minor


in tal caso,

numero coloro che


al

se si desse ascolto

parere del famoso Marchese Colombi,


il

la geniale

creazione di

Paolo Ferrari,
tire

quale lodava Vienna perch non vi fanno sa-

anonime,

1014.

le

fanno in tedesco, e allor chi


(P.

le capisce ?

Ferrari, La Satira
dire....
il

e Parin, a. II, se. 4).

certe cose

si

potrebbero anche

in tedesco.

Ovvero, da qualcuno che non ha


scrivere,

coraggio di dirle,

si

osano

1015. Epistola
Veramente
dire

enim non
(Cicerone,

erubescit.

Ad familires,

lib.

V,

ep. 12, 1).

vi

sono delle brutte cose che non

si

dovrebbero n

n scrivere, specialmente ove possa udirle o leggerle chi


di scandalo,

pu trarne occasione

donne o

fanciulli

ma

a propo-

sito di queste orecchie

troppo facilmente scandalizzabili, cade in

acconcio ricordare una arguta boutade di uno dei pi geniali fra


i

nostri scrittori, alla quale, se pure


si

non

molto
;

citata ne' suoi

termini precisi,

fa

assai di frequente allusione

appunto per

questo non male di ricordarla qui esattamente.

Ferdinando
Fanfulla lod

Martini, non ancora governatore


con
lo

dell'Eritrea, scrivendo nel 1873

pseudonimo

di Fantasa sulle colonne del

V Eva^ romanzo
rale
;

del Verga, che altri trovavano piuttosto

immo-

e poich

un padre

di famiglia gli scrisse lagnandosi del suo

giudizio troppo benevolo, che avrebbe potuto indurlo a concedere


la lettura di

quel romanzo alla sua figliuola, ragazza

di sedici
le volte

anni,

il

Martini nell'articolo successivo scriveva: Tutte

che un romanziere o un commediografo pigliano a trattare un ar-

gomento un tantino scabroso, non


parte
:

si

sente che ripetere da ogni

Le ragazze

le

ragazze

! . . .

rosso.

IDI

5.

Infatti lo scritto

non diventa

[roi-ioig]

Parlare, tacere

293

1016. Benedette figliuole!

non veggo
e

l'ora che

si

maritino

V altro, pag.
173).

(Fantasio, Fra un sigaro

N
essi

basta di

non

dire ci che

non va

detto, bisogna anche


!

non

dir troppo. Il ciel vi guardi dai chiacchieroni, dai parolai

Intanto

cominciano con l'essere noiosi, poich:


7.

IDI r

Le

secret d'ennuyer est celui de tout dire.


<VoLTAiKE, Discorsi,
6).

abile oratore

come

l'

abile scrittore

sanno trovare dei veri

effetti

rettoria tacendo a proposito ci che va taciuto, o lasciato indovi-

nare a chi legge od ascolta, tanto pi che,


proverbio,

come
,

dice

il

volgare

a buon intenditor poche parole

ovvero come dice

Plauto
ICI 8.

Dictum

sapienti sat est.


(Persa,
a.

IV,

se. 7, v. 729).

ed ugualmente Terenzio nel Formione, v. 541 (pare fosse proverbio anche presso
gli antichi

Romani, Otto, R'm. Sprichw.,

n. 525). Il parolaio annoia pure perch divaga di palo in frasca,

facendo come:

1019.

....L'abate Cancellieri

Che principiava

fina colle

dal cavai di Troia molle pe' brachieri.

Cosi Gius. Gio vacchino Belli piacevoleggia in una Epistola in


terza rima intitolata
inediti d\

A
il

Cesare Masini pittore e poeta (nei Versi


di questa
la ripete

G. G. Belli romano, Lucca, 1843, pag. 88); e


Belli
si

sua facezia pare che


in

compiacesse molto, perch

una nota a un sonetto

del 15 gennaio 1835 {L' anima del cur:

zoretto apostolico) in questa forma

governandosi in ci come
il

la

buona memoria

del eh.'''"" Francesco Cancellieri,

quale comin-

ciava a parlarvi di ravanelli, e poi di ravanello in carota e di carota in melanzana, finiva con
1*

incendio di Troia.

E
il

poi

il

cicaleccio, erudito

o no, di codesta noiosa genia, desso

sempre innocente?

Ne

dubito assai, e prima di


il

me ne

dubitava

saggssimo Salomone,

quale pensava che:

1018. Al saggio basta una parola sola.

294

^h^ ^'^^ detto?

[1020-1023]

1020. In multiloquio
(S.

non

deerit peccatum.
19).

Bibbia, Libro dei Proverbi, cap. V, vers.'

Comunque, fosse pure il colloquio pi onesto, benigno ed innocente del mondo, avrebbe sempre il gravissimo torto di far perdere quel tempo, che potrebbe essere pi utilmente impiegato in
mille faccende di maggior
ciarliero la sentenza di

momento. Tenesse sempre presente

il

Ovidio:

1021.
o anche

Dum
le

loquor, bora fugit.


(Amor es,
I,

el.

XI,

v.

15).

parole di

Orazio

nelle

Odi

(I,

XI, 7-8):

Dum
Non
tri

loquimur, fugerit invida

^tas.
di

rado

ai

danni del tempo perduto

si

uniscono anche

al-

pericoli.

1022.

Rumores
I,
il

fuge.
12, dei Distcha de

dice nel libro

dist.

moribus, Dionisio

Catone; ma

motto intiero suona cos:


fuge, ne incipias

Rumorem

Nam
Donde
si

nulli tacuisse nocet,

novus auctor haberi: nocet esse locutum.

vede che citando, come

si fa
i

comunemente,
tumulti,
ecc.
,

le

due prime
travisa
il

parole sole nel significato di fuggire

si

concetto dello scrittore,


ciarle,

il

quale invece raccomanda di fuggire

le

per non incorrere nel pericolo di essere tenuto autore di


1'

qualche maldicenza. Inoltre

autore di esse nulla ha che fare con

Catone Censore o

coli'

Uticense, cui la voce pubblica le ascrive.


discorso, nel quale
:

Quante

volte,

dopo un imprudente

non

si

fece debita attenzione al precetto oraziano


1

023. Quid, de

quoque viro et cui


le

dicas, saepe videto.


lib.
I,

(Orazio, Epistole,

epist. 18, v. 68).

vorremmo
flessione:

poter ritirare

parole sfuggite in

un momento

d' irri-

ma

il

tardo pentimento

non giova:

1020. Le molte ciarle non possono essere tutte innocenti. 102 1. Mentre parlo, l'ora fugge. 1022. Fuggi i rumori. 1023. Che cosa dici, di chi e con chi, considera di frequente.

[1024-1029]

Parlare, tacere

295

1024.
e

Nescit

VOX missa
altrove:

reverti.
(Orazio, Arte poetica,
v. 390).

il

medesimo autore,

1025. Et semel emissum, volat irrevocabile verbum.


{Epist., lib.
I,

ep. 18, V. 71).

ovvero, come pi prolissamente cant

il

Metastasio:
.

1026.

Voce

dal sen fuggita


si

Poi richiamar non vale;

Non

trattien lo strale,
dall'

Quando
Se
il

arco usci.
(Ipermestra,
a. II, se.
1).

segreto che hai sul cuore

ti

pesa tanto che senti

il

bisogno

di confidarlo

ad alcuno, e non

ti

sembra sfogo
la

sufficiente quello del

barbiere del
alla terra
la

Re Mida
egli

che raccont

vergogna del suo principe

(bench

pure ebbe a pentirsene, secondo che narra


il

leggenda), segui almeno


del

consiglio

contenuto

in

quell' epi-

gramma
1

Pananti:

02 7

A chi un segreto? Ad un bugiardo o a un muto.


Questi non parla e quei non creduto.
la

L'Alighieri, cui dobbiamo


gano del linguaggio:

nota perifrasi per indicare

l'

or-

1028.
ha pure

Se quella con ch'io parlo non


{Inferno,
e.

si

secca.
v. 139).

XXXII,

tre versi,

che

si

applicano per iperbole a indicare ogni

insieme disarmonico e tumultuoso di voci:

1029.

Diverse lingue, orribili favelle, Parole di dolore, accenti d*ira, Voci alte e fioche, e suon di man con
(Inferno,
e.

elle.

Ili, v. 25-27).

Bellissima cosa quella di saper parlare a tempo, e con sobriet,

e giustamente la loda

il

saggio Salomone

T024.
1025.

La

parola detta

la parola,

non sa tornare indietro. una volta detta, sen vola via irrevocabilmente.

296

Chi

Vha

detto?

[1030-1035]

1030.

Mala aurea verbum

in lectis argenteis, qui loquitur in

tempore
la costante

suo.

(Proverbi di Salomone, cap.

XXV,

v. 11).

ma
il

in ogni

modo, secondo
sempre

opinione dei
il

filosofi,

nonch

dei proverbi, che sono la voce del popolo,


silenzio
le

filosofo per eccellenza,

preferibile alla parola,


il

per quanto

non man-

chino

occasioni in cui

silenzio equivoco e pericoloso. Cos

un

altro proverbio dice che chi tace acconsente,


diritto canonico,

ma

esso deriva
di

nientemeno che da un testo di

una decretale

Bonifacio Vili

(lib.

V,

tit.

12, reg. 43), del seguente tenore:

1031.
cui si

Qui

tacet, consentire videtur.


l'altro testo:

pu mettere accanto

1032. Volenti

non

fit

injuria.
circa l'a.

parema giuridica diULPiANO (vissuto

200

di

C), Lib. 56
si

ad Edict. Dig.,
sono usare
le

57, io,

i,

5.

In luogo del testo di Bonifacio Vili, ricordato or ora,


parole di

pos-

Dante Alighieri

1035. Consentire confessare.


il

quale nel Convito cos scrisse:

....conciossiacosach'/ con-

sentire
al viso

un confessare,

villana fa chi loda o chi biasima dinanzi

alcuno; perch n consentire n negare puote lo cos estiin colpa di lodarsi o di biasimarsi
(tratt. I,

mato sanza cadere


Il

cap. II, ed. Fraticelli,

1857, pag. 68).


in

stinti pensieri del

muto assentimento di chi tace anche espresso Metastasio, cio


:

due di-

1034.
1035.

Si spieg'a assai chi s'arrossisce e tace.


{Amor
prigioniero).

Un

bel tacer talvolta

Ogni dotto
1030.

parlar vince d' assai.


(La strada
della gloria).

La

parola detta a tempo


d' argento.

come

pomi

aurei in

un

letto

1031. Chi tace, sembra acconsentire. 1032. Non si fa ingiuria a chi vuole \cto a chi accetta l'atto ingiurioso].

[1036-1040]

Parlare, tacere

297

Se vuoi imporre

altrui silenzio e trovi

comodo

di farglielo in-

tendere in musica, puoi valerti delle parole del Barbiere di Siviglia^


(a.
il

melodramma
I):

di

Cesare Sterbini, musicato da Rossini

I,

se.

1036.

Piano, pianissimo

Senza
e se queste
ti

parlar.
di' addirittura

paiono poco energiche,

come

il

Duca

Alfonso

alla

moglie nel celebre terzetto della Lucrezia Borgia^ me-

lodramma

di

Felice Romani, musica

di Donizetti (a. I, se. 7)

1037.

Guai Se

se
ti

ti

sfugge un motto,

tradisce

un

detto!

1038. Tacete e rispondete.


Cosi ordina
il

capitano Terremoto al tamburo Batocio nel Caporale

di settimana di
nella scena

Paulo

Faisibri
gli

(a. Ili, se. 9).

E poco

pi innanzi

medesima
fra s

aveva detto:

Statemi
volta?

ad ascoltare e parlate sincero.


rispondeva:

Cui Batocio

Come

gogio da far

mo

mi, a ascoltar e parlar tuto in una

Un'altra, della medesima conia, questa amenissima riflessione


di

uno scimunito:
Il

1039

modo

Di serbare
ed
(P.
il

pi bello, secondo il mio parere, il silenzio, quello di tacere.

parere era,

Ferrari, La Satira

come sappiamo, quello del Marchese Colombi e Parim, a. V, se. 6).


lib.

In Virgilio {Eneide,

X,

v. 63-64)

troviamo l'apostrofe di

chi a malincuore tratto dal suo silenzio:

1040.

Quid me

alta silentia cogis

Rumpere?
e un'altra frase, ancor pi celebre, che

descrive

il

silenzio

di

una riunione che pende

dalla bocca altrui:

1040. Perch mi obblighi a rompere

il

mio profondo

silenzio?

2gS

Chi V ha detto?

[1041-1045]

1041. Conticuere omnes, intentique ora tenebant.


{Eneide,
lib. II,

v.

1).

ed in un

altro poeta,

time che dice

non meno grande, Amleto:

le terribili parole, le ul-

1042.

The

rest is silence.
(Shakespeare, Hamlet,
a.

V,

se. 2).

53.
Patria in generale; e l'Italia in particolare

Il

sublime sentimento

dell'

amor

di patria,

che

Dante

benis-

simo chiam:

1043
muove

La

carit del natio loco.


(Inferno,
e.

XIV,

v.

1).

a grandi e nobili azioni ogni

uomo anche

di sentimenti

meno

gentili e di pensieri

meno

eletti.
i

Antichi e profondi sono

vincoli che legano la terra agli uolei si

mini che vi nacquero, e che a


versi
:

modellarono, secondo

noti

1044.

La

terra \molle e lieta e dilettosa^


(Tasso, Gerusalemme liberata,

Simili a s gli abitator produce.


e.
I,

ott. 62).

Pietro Metastasio

dice che

1045.

istinto di

natura

L'amor del patrio nido. Amano anch'esse Le spelonche natie le fiere istesse.
(Temistocle, a.
II, se.
7).

e Virgilio, ad esprimere la lotta tra affetti


di patria, e la vittoria di questo scrisse:

meno

nobili, e

l'

amor

104 1. Tutti
1042.

si

tacquero, e intenti tenevano


silenzio.

volti.

Il resto

[1046-1050] Patria in generale;

e l'Italia in particolare

299

1046. Vincet

amor

patriae,

laudumque immensa
[cupido.
(Eneide,
lib.

VI, v. 824).

Infatti naturale

che

1'

uomo

generoso affronti con cuore sereno


che lo vide nascere, dove
si

ogni maggiore pericolo per


alzano
le chiese del

la terra

Dio

eh' egli adora,

dove vive

la famiglia nel

cui seno egli crebbe.

1047. Pro aris et focis.


come
suol dirsi con frase di cui
e.

Cicerone
3,

si

valse di frequente

(/Vo Sexlio,

42;

De natura Deorum,

40; e anche altrove).

A lui non parr troppo grave l'affrontare


1048.

per essa la morte, poich:

Dulce

et

decorum

est

pro patria mori.


lib. Ili,

(Orazio, Odi,

ode

2,

v.

13).

ed anche coloro che non osarono imitarlo, leveranno a

cielo

il

suo

come tutti anche oggi compiangono il morto pugnando sotto le mura della sua patria:
sacrifizio,

fato di Ettore,

1049.

tu onore di pianti, Ettore, avrai

Ove

fia santo e lagrimato il sangue Per la patria versato, e finch il Sole Risplender su le sciagure umane. (Foscolo, Be' Sepolcri,
v. 292-295).

Narrano che
sentenza che
li

due

eroici fratelli Bandiera, udita in carcere la

allora popolare, della

condannava a morte (1844), intonassero il coro, Donna Caritea Regina di Spagna:

1050.

Chi per la patria muor Vissuto assai,


le

Di questa Donna Caritea

parole sono del

PoLA,
se.

la

musica di
si

Saverio Mercadante; e veramente nell'atto

I,

9,

trovali
libretti

coro che per cosi comincia, come ho verificato, tanto nei


a stampa, quanto nella partitura originale di

pugno del Mercadante

che

si

conserva nella biblioteca del Conservatorio di San Pietro

a Majella in Napoli:

1046. Vincer l'amor di patria e l'immenso desiderio di gloria.


1047. Per
gli altari e

per

focolari.
il

1048.

dolce e nobile cosa

morir per

la patria.

300

Chi V ha detto?

[1051-1053]

Chi per la gloria muor Vissuto assai;

La fronda

dell' allor

Non
Fu

langue mai.

data per la prima volta al Teatro della Fenice a Venezia nel

carnevale del 1825, dove forse la intese Attilio Bandiera, allora

quindicenne;
riscontrare
il

ma

un'altra

Donna
al

Caritea

(di cui

non ho potuto
da
il

libretto) era stata musicata, in soli otto giorni,

Carlo Coccia e data a Genova,

teatro S. Agostino,

18 18

(Vedi anche

le

memorie

di Federico

Comandini Cospirazioni di
figlio

Ro7nagna
logna,

Bologna, pubblicate e annotate dal

Alfredo, Bo-

1899, a pag. 390).


patria nostra visse

La
niale,

sempre gloriosa ed amata nei canti dei

suoi maggiori poeti.


e lo

Raffaello Barbiera sorrise questo tema getitolo

mosse a scrivere un interessante volumetto dal

I poeti

della patria ricordati al popolo ital'ano (Firenze, 1886); io,

dalle pi note poesie, trarr quei versi che pi di frequente ricor-

rono nelle comuni

citazioni.
le

Cominci
d' Italia
:

il

nostro maggior poeta, a compiangere

sciagure

1051.

Ahi serva Italia, di dolore ostello, Nave senza nocchiero in gran tempesta,

Non donna
e

di provincie,

ma
e.

bordello!
VI,
v. 76 78).

(Dante, Purgatorio,

non meno acerbo rimbrotto risuonava sulla bocca di Mons. Giovanni GuiDicciONi che le si rivolgeva chiamandola:

1052.

Italia mia,

non men serva che


d' Italia

stolta.

neir ultimo dei sette sonetti sulle sventure


zati al

da

lui indirizil

suo concittadino Vincenzo Buonvisi: questo, che forse

pi bello, comincia:

Dal pigro

e grave sonno,

ove sepolta.
principia,

Un
sanno

celebre sonetto del Filicaia


:

all' Italia

come

tutti

1053.

Italia, Italia!

o tu cui feo la sorte

Dono

infelice di bellezza.

[io$4-io6o] Patria in generale;

V Italia

in particolare

301

e contiene pure

1'

altro verso,

ugualmente noto

1054.
e

Deh

fossi tu

men

bella o

almen pi

forte.

r ultimo:

1055.

P^r servir sempre o


Italia, Italia,
il

vincitrice, o vinta.

1056.

tuo soccorso nato.


celebre di

la chiusa di un sonetto

non meno

Eustachio ManII.
il

fredi per

la nascita

(1699) del Principe di Piemonte, cio Vittorio

Amedeo

Filippo

figlio del

duca Vittorio

Amedeo

Scendendo

agli scrittori delle et pi tarde

troviamo

fiero Asti-

giano, primo nei nuovi tempi a sentire ed esprimere veracemente


e fortemente l'amor patrio, che nel sonetto
cos

XXVII

elMisogallo

sdegnosamente apostrofa

1*

Italia

1057.

Ahi

fiacca Italia, d'indolenza ostello, Cui niegan corpo i membri troppi e sparti,

Sorda e muta

ti

stai ritrosa al bello?


(V. Alkieri).

ed altro poeta, tanto dal primo difforme come


tore, cantare
il

uomo

come
:

scrit-

ritorno dell' esule con le armi liberatrici

1058.

Bella

Italia,

amate sponde,
si

Pur

vi torno a riveder!

Trema
(V.

in petto e

confonde
piacer.
Marenco,
la
str.
1).

L'alma oppressa dal


Monti, Dopo
Nella canzone

la battaglia di

AW Italia di
i

Giacomo Leopardi,
due versi:

prima can-

zone

scritta

da quel grande, e meritamente chiamata altissima da

Pietro Giordani, troviamo

1059.

Alma
La

terra natia

vita che

mi

desti ecco

ti

rendo.

L' alba del nostro risorgimento politico era salutata da non


pochi valorosi poeti, fra
i

quali
la

il

pi illustre era

l'

autore dei

Promessi Sposi, che affermava


scrivendo
:

Sua fede

nell* unit della patria,

1060.

Liberi non sarem se non siamo uni.


(A.

Manzoni,

//

proclama di Rimini).

302

Chip ha

detto?

[1061-1063]

Per

quando

il

Manzoni esclamava

in

un endecasillabo
verit,

Zz-

b eri ecc., affermava,

non v'ha dubbio, una grande


stati fatti

ma

scri

veva un dei pi brutti versi che sieno

da Omero in poi.
1

(Ferdinando Martini,

neWo.
lui
:

Nuova Antologia,
tanto bramato
1'

maggio 1894).

n'era persuaso anche


celia

(come poteva essere altrimenti?) poiunit d' Italia che

ch soleva dire per


le sagrificai
il

Ho

brutto verso

Liberi non sarem ecc.

(Beltrami L.

Aless.

Manzoni, Milano, 1898, a pag. 126,


altri de'

in n.).

Molti

suoi versi, caldi d'

amor

patrio, erano affidati alla

riconoscente memoria dei concittadini, e specialmente quelli di uno


de' suoi drammi, // Conte di
l'

Carmagnola, Nel celebre coro

del-

atto II troviamo

il

verso

1061.
come pure

Figli tutti d'un solo Riscatto.


questi altri che lo seguono:

1062.

Siam

fratelli; siam stretti ad un patto: Maledetto colui che lo infrange, Che s'innalza sul fiacco che piange, Che contrista uno spirto immortal.

Non
per
le

superiore nell' amore della patria al Manzoni,

ma

pi vi-

brato, e pi audace di lui, troveremo

Giovanni Berchet, che


di

sue liriche, squillanti come

tromba

guerra,

merit

il

nome

di Tirteo della rivoluzione italiana. Nella

romanza

di lui,

Le Fantasie (p. Ili), troviamo, con frasi pi acerbe, il medesimo rimbrotto che il Manzoni volgeva a coloro i quali, dimenintitolata

ticando la patria comune,

si

perdevano dietro a meschine gare di

campanile

1063.

Non

la siepe
il

che l'orto v'impruna


;

confin dell' Italia, o ringhiosi

Sono i monti il suo lembo; gli Son le 'torme che vengon di l.


Anche
popolare la strofa seguente che contiene pittura della patria:

esosi

una nuova

Le fiumane

dei vostri valloni Si devian per correnti diverse; nel mar tutte quante riverse

Ma

Perdon nome,

si

abbraccian tra lor.

[1064- lo68] Patria in generale ; e l'Italia in particolare

303

lo stesso concetto in diversa

forma svolge in

altra poesia:

1064.

Un

popol diviso per sette destini, In sette spezzato da sette confini, Si fonde in un solo, pi servo non
(All'

armi!

all'

armi!).

Di questa
dena
e

stessa ode, scritta in occasione delle rivoluzioni di

Mo-

Bologna, scoppiate nel 1830, sono rimasti vivi nella metutti


il

moria di

ritornello

1065.

Su, Italia! su, in armi! venuto il tuo d! Dei re congiurati la tresca fin!
i

ed

versi con

quali spiega

il

simbolo del vessillo tricolore

1066.

Il

verde^ la
Il rosso,
Il

speme

tant' anni pasciuta;

la gioia d' averla

compiuta

bianco, la fede fraterna d'amor.


i

Nella tradizione popolare


mente, nutrita e compita;

due primi versi


la lezione delle

finiscono, rispettiva-

ma

stampe, anche delle

migliori (p. es. l'ediz. Cusani, Milano, 1863), quale

ho

riportata.

Possiamo mettere a contrasto


Austriaco

di questa terzina sul tricolore na-

zionale, l'altra terzina dello stesso poeta sulla bandiera dell'odiato


:

1067.

Il

giallo

ed

il

nero

Colori esecrabili

A
1068.
che era
il

un

italo cor.
{Matilde, romanza).

Esultava invece ogni cuore italiano vedendo sventolare

Tre

colori, tre colori.

ritornello dell' Inno di


:

guerra

del

1848-49, di Luigi

Mercantini

Tre

colori,

tre colori,

L' Italian cantando va; E cantando i tre colori


Il facile

imposter.

Foco, foco, foco, foco! S* ha da vincere o morir. Foco, foco, foco, foco! Ma il Tedesco ha da morir!

304

Chi l'ha detto?

[1069-1073]

Anche
simo.

il

secondo verso della seconda strofa rimasto popolarisMercantini stesso

proposito di quest' inno, che fu posto in musica dal maeil


:

stro Zampettini, cosi narra

Quando

in Corfu

(mi

si

consenta questa dolce rimembranza) io

fui a visitare
:

Da-

niele

Manin, da una stanza vicina

si

udiva cantare

Tre
il

colori^

tre colori! col quale

Ecco,

mi

disse

Manin commovendosi, ecco


all'

canto

abbiamo combattuto insino


si

ultima ora sulle nostre


e ardito giovinotto.

lagune.

E in questa
ecco qua
il il

affacci

un biondo
il

Ed
Ecco

mio Giorgio, seguit

padre affettuoso, che

spera sempre e canta.

toscano Giusti che in un


si

momento

di nobilissima fie-

rezza patriottica

volge a Gino Capponi, dicendo:

1069.

Gino, eravamo grandi, E l non eran nati.


{La terra dei mortis
str. 12).

mentre in

altra poesia, indignato dalle miserie del presente, rim-

brotta la patria chiamandola:

1070.

Vivo sepolcro a un popolo


ode La Consulta Araldica
il

di morti.
7).

(Gingillino, P. II, str.

nella

(fra

Giambi ed Epodi)

cos

Giosu Carducci rinnova

medesimo rimprovero:

1071.

Oh non

per questo dal fatai di Quarto Lido il naviglio de i mille salp, N Rosolino Pilo aveva sparto Suo gentil sangue che vantava Angi.
di inni patriottici di quella gloriosa et :

Ecco alcune reminiscenze

1072.

Fratelli d'Italia,

L' Italia s' desta Dell'elmo di Scipio


;

S' cinta la
eh'
il

testa.
il

principio del famoso Inno di

Goffredo Mameli,

biondo

Tirteo dell'epopea romana del 1849.

1073.

Va'fuora Va'fuora

d'Italia, va' fuora eh' ora d'Italia, va'fuora, o stranier.

[1074-IO75] Pcitria in generale ;

e l'Italia in

particolare

305

il

ritornello dell'/w<? di Garibaldi, e musicato

composto da Luigi Mervolontari

CANTINI

da Alessio Olivieri.
scritto eh'

L'autore aveva
zione popolare.

l'ora:

il

popolo,

cantando, hanno corretto eh' ora, e l'autore

accetta la corre-

Cosi nota
il

il

Mercantini stesso.
,

Di quest'inno,

cui

primo verso
si

com' noto:
i

Si scopron le tombe,
gi accennai

levano

morti,

brevemente

al

n.

battesimo del sangue nella gloriosa giornata


narra

674: ora aggiunger ch'esso ebbe il di Mentana, come

Anton Giulio

Barrili nel suo

volume

Con Garibaldi

alle

porte di

Roma

(Milano, 1895)

L' ordine del giorno porta che noi del secondo battaglione
il

genovese marceremo in avanguardia, e


fiancheggiatori.

primo battaglione in

Con

noi un battaglione di milanesi, colonnello


ci

Missori. Cos disposti

mettiamo

in

cammino,

dopo

forse

mezz'ora giungiamo
Si scopron
le

alle

prime case di Mentana, accolti dall'inno:

tombe suonato dalla fanfara della colonna Frigsy.

Quella musica piace poco; ad un illustre amico mio, che passa in


quel punto a cavallo, non piace afTatto. Per
gurio,
lui essa di

mal au-

non avendo avuto


quando
Sicilia,

il

battesimo del fuoco. Infatti conosciuta

dai volontarii

gi era finita la

campagna

del '59,
si

non

fu

suonata in

n sul Volturno, n in Tirolo; non


citt,

udita
poi,

mai, se non nelle

nei teatri, sulle

piazze. Garibaldi,

ama meglio

la Marsigliese,
il

a cui vengon subito appresso, nelle

sue simpatie,

Fratelli (^Italia e pi
i

un inno

di Rossetti

Mile

naccioso Varcangel di guerra che


a

suoi legionari cantavano nel' 49,

Roma

e a Velletri.
il

Ma

basti di ci;

anche

l'

inno: Si scopron
triste, se

tombe ha avuto

suo battesimo a Mentana


pi
il

vogliamo,
il

ma

solenne, e

non

caso di tornarci su, poich

sacra-

mento

indelebile.
:

Nell'inno medesimo troviamo alla strofa quarta questi djie versi

1074.

Le genti d'Italia son tutte una sola, Son tutte una sola - le cento citt.
:

Il

verso

1075.
20

Camicia rossa camicia ardente.

306

Chi V ha detto?

[1076]

fa parte di

una canzone popolare

di

Rocco Traversa,

canzone

che fu celebre nei tempi eroici della epopea garibaldina.

Aspirazione secolare di quanti amavano la patria era quella di


cacciarne lo straniero, per sua natura nemico. Gi nelle

XII

Ta-

vole

si

leggeva

la

massima giuridica

1076.

Adversus hostem aeterna auctoritas


,

[esto].

che dallo Schoell {Legis Duodecim Tabularum reliquiae Lipsise,


1886, pag. 70, 100, 124 collocata nella Tavola III,
al n. 7.

La
per

cita
l'

Cicerone

nel trattato

De

officiis (I,

12, 37).
:

Lo

Schoell
Civil.

illustrazione di questa sentenza

rimanda a
civ.^ pag.

Puchta,

Abh.^ pag. i; Schroeterus, Ohss. jur.

52; Mommsen,
409.

De
si

auctoritate,
si

3;

Schoemann, Opusc,

III,

Ma

badi che anche questa una delle molte sentenze che

citano a sproposito, e su questo punto lascio la parola al

com-

pianto prof.

G. Rigutini {Roma Letteraria,

a.

X,

n.

21-22):

Un'

altra falsa interpretazione quella di

un passo

della

Legge

delle
tas,

Dodici Tavole, che dice


passo che facilmente
si

Adversus hostem aetema auctoripatriottici,

ode in discorsi

per signi-

ficare
fa

che non

si

deve transigere coi nemici della patria. Varj anni


1'

ton con quella sua gran voce in pieno Parlamento

on. Bovio

questa disposizione delle Dodici Tavole, in una discussione concernente l'Italia e l'Austria; e
il

ministro Crispi, rispondendo,

non parve che mune. Eppure


testo,

a quelle parole desse spiegazione diversa dalla coil

luogo degli Ufflcj di Cicerone, dove ricorre quel


affatto

avrebbe dovuto e dovrebbe escludere

che

si

parli

di nemici.

Ecco
il

tutto

il

passo ciceroniano

Voglio anche notare

che colui,
duellis,

quale con proprio vocabolo dovrebbe chiamarsi per-

invece

chiamato

hostis,

temperando

la

mitezza della
si-

parola l'acerbit della cosa. Di

fatti

nell'antica lingua hostis

gnificava quel che oggi peregrinus.


delle

Esempi ne abbiamo

nel testo

Dodici Tavole^ come Status dies

cum

hoste

{il

giorno sta-

bilito col forestiero

per

la comparizione in tribunale) o
l'

Adversus

hostem aeterna auctoritas (ossia Contro al forestiero


ridica

azione giu-

non vien mai

prescritta). Ci

pu

essere, seguita Cicerone,

mitezza maggiore del chiamare con un

nome

cos

umano un

ne-

mico che
1076.

si

combatte colle armi?


contro

{Off. i, e. 12).

L'ignoranza

Il diritto

il

nemico

sia perpetuo.

[io7 7-1078] Patria in generale; e l'Italia in particolare

307

adunque del primo significato della voce hostis, scusabile in chi non sa di latino, inescusabile in chi oltre il latino dovrebbe avere
studiato anche
il

Diritto

romano,

stata

ed cagione che quecitato a sproposito.


tutti coloro

sto passo delle Dodici

Tavole venga spesso


gli antichi

Barbari chiamavano
erano cittadini
dell'
;

Romani

che non
lin-

alma Roma, e non parlavano


:

la

sonora

gua del Lazio

quindi diceva Ovidio

1077. Barbarus hic ego sum, quia non intellegor


(Tristium,
lib.

ulli.

V,

ep. 10, v. 37).

In et pi tarda abbiamo

il

grido

1078. Fuori
che
sia

barbari!
comunemente a papa Giulio
II, os-

la tradizione attribuisce

dal

Giuliano della Rovere, il quale tenne il seggio apostolico 1503 al 1513. Ma io non sono riuscito a trovare autorit nesla

suna da autenticare queste parole, almeno nella forma con


soglionsi citare. Il Guicciardini nel lib.

quale

XI

della Istoria d' Italia,

dice che Giulio II pensava assiduamente

come

potesse, o rimuoi

vere d' Italia, o opprimere con

1'

aiuto degli Svizzeri,

quali soli

magnificava, e abbracciava, l'esercito Spagnuolo; acciocch occu-

pato

il

regno Napoletano, Italia rimanesse (queste parole uscivano

frequentemente della bocca sua) libera dei Barbari.

Il

Raynal-

ns ne^ Annales Ecclesiastici (tom.


similmente dice di
lui

XX,

sub anno 15 13, il)

non modo

Gallos,

verum Hispanos
i

csete-

rosque exteros
lo

Italia pellere

meditatum.

Perci

contemporanei

chiamarono liberatore d'

Italia. Il Foglietta nei


Italicae

Clarorum Ligu-

rum
cem

Elogia lo esalta come


e

libertatis

acerrimum vindi-

Pasquino nel 15 io, in un sonetto che, stampato dapprima

nel rarissimo libretto dei

Carmina apposita ad Pasquillum Hernella Prefazione ai Sonetti del

culem obtruncantem Hydrant, ediz. romana del Mazzocchi, 15 IO,


stato ripubblicato dal
Belli (voi.
I,

Morandi

Citt di Castello,

1889, pag. CLi), cos invoca

il

Pontefice guerriero, ispirando o secondando,


randi,
il

come nota

il

Mo-

famoso grido

Fuori

barbari/

Padre dell'universo, almo pastore.

Che rapresente Jesu Christo


Chi
tieni el loco di

in terra,

La

quel che apre et serra porta del sacro regno magiore;

1077. Io qui sono come barbaro, perch nessuno m'intende.

308

Chi V ha detto

[1079-1080]

Mira

l'

Italia tua,

che a tutte

1'

hore

Dinanzi

ai sacri toi piedi s' atterra,

Gridando: Patre sancto, h ormai diserra La spada contra '1 barbaro furore.

Guarda
Dalle

il

suo corpo tutto lacerato,


d' esti cani

man

Soccorri, padre

amaramente mio pi che beato,


popul
flagellato.

Per amor

della patria tua exceliente,


al

Porgi soccorso

Scaccia questa barbarica aspra gente.

Vedrai poi incontinente


Italia farsi bella et rinverdirsi,

Et contra
Del resto
la frase,

ti nimici teco unirsi.


il

concetto che la ispirava, erano in quel

tempo nelP anima


sul finire del sec.
la

di tutti,

conseguenza naturale del rinascimento


Gi Alberico da Barbiano, quando
di ventura,

artistico e letterario d' Italia.

xiv mise insieme una compagnia

prima che fosse composta soltanto con elementi nazionali, pose


il

nel suo stendardo bianco, attraversato da una croce rossa


Lib.{erata) Ita.ilid) ab Ext.{eris); e
il

motto
ri-

motto con
lui

lo

stendardo

mase

ai

Belgioioso di Milano, che da


parafrasi dei giorni

discendono.
grido di Giulio II
;

Ecco una

nostri

del

1079.
(G. B.

Il

Franco
fratello.

Ripassi l'Alpi e torner


tragedia,

NiccoLiNi, Giovanili da Procida,


a. Ili, se. 4).

a proposito della quale Mario Pieri nelle sue


al

Memorie
Firenze

attribuisce
il

conte di Bombelles
est

ministro
(il

austriaco

motto

L'adresse

pour

lui

ministro francese), mais la lettre est

pour moi. Anche la

vieta formula

1080. L' Italia degli Italiani.


si

crederebbe ispirata da Pasquino in un lungo dialogo tra


gli

lui e

Marforio, composto evidentemente dopo che nel 1628

Spagnuoli
Il

tentarono invano

l'

assedio di Casale, occupata dai Francesi.

dialogo, che fu pubblicato da Adolfo Bartoli (/ Mss. ital. della


Bibliot. Nazion. di Firenze, to. II, Firenze, 1881, pag. 219-224),

[io8i]

Patria in generale; e l'Italia in particolare

309

intitolato

Pasquino franzese
:

Marforio spagnolo ; ma

alla fine

Pasquino conclude

Hor

facciamo a parlar senza passione:

Vuoi ch'io ti dica? questi oltramontani Sono una mala razza di persone. Dio ci liberi pur dalle lor mani

E E
Ma
una

rimandi ciascuno
l'

al

suo paese,

Si che

Italia resti all'Italiani,

qui poniamo fine a ste contese.


1'

non

improbabile che

anonima pasquinata

facesse tesoro di

frase che

seppure non era allora popolare, sgorgava per gi

spontanea dal pensiero di molti.

Questa

frase,

V Italia degli

Italiani, tornata di

moda

nelle lotte

del nostro riscatto, dette forse occasione a molte altre frasi simili

che in questi ultimi anni sono state coniate allo scopo di simboleggiare le aspirazioni nazionalistiche di molti giovani popoli avidi
d' indipendenza, insofferenti di

dominio o
(che

d' ingerenze straniere.


si

Cos

si

detto

V Egitto degli Egiziani

attribuisce a

Ismail

Pasci, gi kedive di Egitto),


di frequente
:

M India degli Ind,

si

dice pi

1081.

L'America

degli Americani.
si

nella quale formula convenzionale ordinariamente

riassume

la

cosiddetta doctrine
dell'

of Monroe,

ossia

il

principio del

non intervento

Europa

nelle faccende interne degli Stati di

America. James

Monroe,

quinto presidente degli Stati Uniti, nel messaggio preil

sidenziale indirizzato al Congresso

dicembre 1823, diceva di


il

avere informato

governi di Russia e della Gran Bretagna che

continente Americano d' ora innanzi


terreno per nuove colonie europee
;

non avrebbe potuto


inoltre proseguiva
:

essere pi

With

the

existing colonies or dependencies of any

European power we have

not interfered, and shall not interfere. But with the governments

who have declared their independence and maintened it, and whose independence we have, on great consideration and on just principles, acknowledged, we could not view any interposition for the
purpose of oppressing them, or controlling in any other manner
their destiny,

by any European power,

in

any other

light

than as

the manifestation of an unfriendly disposition toward the United

3 IO

Chi

Vha

detto?

[1082- 1083]

States. Queste recise dichiarazioni furono concordate fra

il

pre-

sidente

Monroe

il

suo segretario di Stato, John Quincy Adams,


quale

col consiglio del

venerando Thomas Jefferson, e per istigazione


il

del governo inglese,

si

preoccupava che

la

Santa Al-

leanza, formata per la difesa dei principi legittimisti,

dopo essere
suo inter-

intervenuta in Italia e in Spagna,

volesse tentare
fra la

il

vento anche in America nella lotta


che colonie, ora ribellate.

Spagna
papa

e le sue anti-

Torniamo
cazione
:

alla patria nostra.

Di un

altro

la

famosa invo-

1082. Benedite, gran Dio, l'Italia!


Il

motuproprio pubblicato
gli
:

il

io febbraio 1848 da Pio

IX

per cal-

mare

animi

eccitati della

popolazione romana conteneva questo

periodo

Gran dono
l'

del cielo questo fra tanti doni con cui

ha

prediletto

Italia

che tre milioni appena di sudditi nostri abbiano

dugento milioni
fu in

di fratelli

d'ogni nazione e d'ogni lingua. Questa


il

ben

altri

tempi, e nello scompiglio di tutto

mondo romano,
la

la salute di
l'

Roma, Per

questo non fu mai intera


la

rovina del-

Italia.

Questa sar sempre

sua tutela, finch nel suo centro


benedite,

star quest'apostolica Sede.


lia, e

Oh, perci,

gran Dio

l' Ita-

conservatele sempre questo dono di tutti preziosissimo,

la

fede!
fine,

Il

motuproprio eccit clamori, commenti, speranze senza


vedere nelle parole benedite, gran Dio,

liberali vollero

V Italia i

staccate dal resto del motuproprio, un'invocazione in faitaliana, ci

vore della causa

che non era davvero nelle intenzioni


ristabilire

del Pontefice. Gli eventi

dovevano
al

una pi corretta

er-

meneutica, e dare occasione

Manzoni

di osservare argutamente:

Pio
Il

IX

prima benedisse

l'

Italia: poi la
l'

mand
i

a farsi benedire.

generoso desiderio di liberare


e,

Italia nostra dagli stranieri,

nemici ed amici,

di

non

averli pi fra

piedi n dominatori n
di valersi delle parole

benefattori, suggeriva a

Carlo Alberto

famose

1083. L'Italia far

da

s.
lui

introducendole nel proclama da

indirizzato ai
il

Popoli della

Lombardia

e della

Venezia

da Torino

23 marzo 1848, due


il

giorni prima che le truppe piemontesi passassero

Ticino. Ri-

[1084]

Patria in generale;

e l'Italia in

particolare

311

porto

il

testo del

proclama medesimo per

il

quale

Tre colori

simbolici della rivoluzione italiana divennero la bandiera piemontese prima, italiana poi:

I destini dell' Italia si

maturano

sorti

pi

felici

arridono agli

intrepidi difensori di conculcati diritti.

Per amore

di stirpe, per intelligenza di tempi, per

comunanza

di voti noi ci associamo primi a vi tributa

l'

quell'unanime ammirazione che

Italia.
!

Popoli della Lombardia e della Venezia


si

Le

nostre armi che

gi

concentravano sulla vostra frontiera quando voi anticipaste


Milano, vengono ora a porgervi nelle
il

la liberazione della gloriosa

ulteriori
l'

prove quell' aiuto che


l'

fratello aspetta dal fratello, dal-

amico
e

amico.
i

Seconderemo

vostri giusti desidera fidando nell' aiuto di quel


noi, di quel
si

Dio che visibilmente con


in

Dio che ha dato

all' Italia

Pio IX, di quel Dio che con

meravigliosi impulsi pose

V Italia

grado di far da

se,
il

per viemmeglio dimostrare con segni esteriori


italiana,

sentimento

dell'

unione

vogliamo che
e della

le

nostre truppe entrando sul


lo

territorio della

Lombardia

Venezia portino

scudo di Sa-

voia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana.

Quanto
dice che

all'origine di queste parole, Ernesto

Masi nel volume


1

// segreto del re
il

Carlo Alberto (Bologna, 189 1), pag.

81- 184,

re le

pronunzi in un consiglio di ministri del 1845;

ma

Piersilvestro Leopardi, che fu nel 1848 inviato straordinario e

ministro straordinario del

Re

delle

due

Sicilie

presso la Corte di
12 giugno, que-

Sardegna, narra che in un colloquio avuto col


sti gli

Re il

disse:

On m'a
dits,

attribu ces

mots

L'Italia

far da

ne

les ai

pas

mais je

les ai accepts, et je crois

s. Je que l'on ne

pouvait rien dire de plus propos.


rino,

(Narrazioni storiche, To-

1856, cap.
1'

XLIX,

pag. 230).

Del resto

avversione degli Italiani contro lo straniero era pi


farci

che giustificata; poich ove non pot


le

peggio,

non

ci

risparmi

contumelie. Oblio profondo dovrebbe coprire questi sciocchi sfoalcuni dei quali tuttavia sono rimasti famosi. Tali sono
:

ghi,

se-

guenti

1084.

L'Italie est la terre des morts.

312

Chi V ha detto?

[1085-1086]

parole che sono


lia

il

succo delle retoriche insolenze prodigate


e.

all'Ita-

da Alfonso di Lamartine nel

XIII

del
i

Dernier chant du
due
versi, pi vil-

plerinage d' Harold. L' apostrofe finiva con


lani degli altri:

Je vais chercher

ailleurs {pardonne,

ombre romaine!)
humaine.

Des hommes,

et

non pas de

la poussire

Naturalmente questi sciocchi


in gola, bench egli tentasse
Il
le

insulti gli

furono pi volte ricacciati

una
nel

infelice difesa delle sue intenzioni.


le

colonnello Gabriele
haie centro

Pepe

1826 prima rimbecc per

stampe

V Italia
dice

del Lamartine

baie che noi

chiameremmo

ingiurie, se,

come

Diomede,
poi feri
il

colpi dei fiacchi e degli imhelli

potessero

mai ferire ;

poeta in un duello (febbraio 1826)

di cui la storia stata narrata sulla scorta di lettere inedite

da

Ang. De Gubernatis

nella

bre 1897, pag. 397 e

Revue des Revues, fase, del i dicemsegg. Giuseppe Giusti nel 1841 diresse

contro Lamartine quella sanguinosissima satira intitolata appunto

La

terra dei morti; e nel 1859

Marc Monnier
difesa

ne trasse ocL' Italie

casione ad intitolare una sua


est-elle la terre des

nobile

dell' Italia,

morts

1085. L'Italie est


frase francese di
il

une expression gographique.


ma non
in
i

forma

di origine.

Sembra che

la

usasse

Principe di

Metternich

un dispaccio

al

conte Apponyi, del


et crits divers
to.

6 agosto 1847. Vedansi


laisss

Mmoires, documents

par

le

prince de Metternich publis par son fils,

VII

(Paris,

1883), pag. 415. Pare che egli avesse fatto uso di questa

frase

anche alcuni giorni avanti nel Memorandtun 2 agosto 1847,


corti d*

spedito da lui alle

Europa

sulla

questione italiana.
al

Lo

stesso Metternich in

una
:

lettera del

19 novembre 1849

conte

Prokesch-Osten (Vedi

Osten. Briefwechsel mit

Aus dem Nachlasse des Grafen ProkeschHerrn von Gentz und Frsten Metternich.
343)
si

Wien, 1881, Bd.

II, pag.

vantava di essere

1'

autore di

questa frase ed aggiungeva che la stessa cosa [ein geographischer


Begriff) poteva dirsi della Germania.

Invece proprio francese quest' altra

1086. Les Italiens ne se battent pas.

tradizionale che questa frase insolente fosse detta dal generale

[1087-1088] Patria in generale; e V Italia in particolare

313

Christophe de La Moricire, generalissimo


tificio,

dell'esercito

pon-

contro cui Arn. Fusinato lanci nel i860 una vivace poesia

intitolata

Al Rev. Padre Lamoricire generale


tipi
il

dell' Or dine..,. ^

pubblicata coi

clandestini del Comitato nazionale veneto.

Ve-

dasi la strofa seguente {figura

generale che arringa

soldati):

Che
Da

vai se
i

irrompono

tutti

lati

Quanti ha l' Italia Armi ed armati ?

Fuoco

alla miccia,

Avanti! Urrah! Les Italiens Ne se battent pas.

Certamente

egli la disse
il

prima del 18 settembre i860, cio prima

che a Castelfidardo
si

Cialdini lo rendesse persuaso che gl' Italiani

battono. Io per

non ne ho trovate

fonti autentiche:

ma una
il

lettera del

Lamoricire pubblicata dal Keller nella vita che egli


(to.

ne scrisse

II,

pag. 245), esprme con parole molto diverse

medesimo giudizio:
lution
ici

En

France

et

en Europe, on voit

la

Rvo-

avec des verres grossissants, qui augmentent et dfigu-

rent tout.

La

manifestation hostile de l'avant-dernire dimanche

\in Roma'] a t disperse par cinquante

gendarmes. Les m entiers


ils

taient pays vingt et

un sous.

Comme

ont t battus, on pr-

tend que

le

prix de la journe s'lvera au double pour la preavait eu


5 francs

mire

fois. S'il y un cu romain,

mort d'homme,

le

prix se serait lev


le

37 centimes, tant est grand

dsir de

chacun de sauver sa peau.


Il

pensiero della patria

si fa

pi forte, e pi pungente al cuore

di chi

ne lontano. Chi ha dovuto lasciare l'amato suolo natio,


il

e rivolgergli

doloroso saluto

1087.

Adieu, adieu,

my

native shore.

(Byron, ChilJe Harold's Pilgrimage, e. I, dopo la Str. 13).

non potr mai dimenticarla, poich:

1088.

Dove che venga l'esule Sempre ha la patria in

cor.
str.
1).

(Bekchet, Le fantasie,
1087. Addio, addio, mio lido natale.

3 14

Chi t'ha detto?

[1089- 1092]

Nondimeno avviene che

1'

esule che trov sotto altro cielo la pace,

e la fortuna che la patria matrigna gli contese,

non rimpianga
si

di

aver cercato terra pi benigna. Troppo spesso


tenza del Vangelo che
:

verifica la sen-

1089.

Nemo

propheta acceptas
(Evang. di
teo, S.

est in patria sua.

v. 24; - S. Matcap. XIII, V. 1\ - S. Marco, cap. VI, V. 24; - S. Giovanni, cap. IV, vers. 44).

Luca, cap. IV,

e del resto anche vero che

1090.
o,

Omne solum forti patria est ut piscibus sequor.


(Ovidio, Fasti,
lib.
I,

v. 493).

come

dice

Pacuvio

presso

Cicerone {Tus cui. Disput.^

5, 37,

108):

Itaque ad
est

omnem

rationem Teucri vox accomodari potest:

Patria

ubicmnque

est bene, e

Seneca {De remed.

fort.^ 8,1):
:

Nulla terra exilium est, sed altera patria,


Patria
est,

e pi oltre {ibid., 8, 2)

ubicumque bene

est.
i

E
tria

poi in questo secolo umanitario in cui


il

Latini corrono ad abil

bracciare

Tartaro, come scrisse

il

Giusti,

santo

nome

di pa-

per molti

non ha pi

senso, spariscono le frontiere,

come

gi

due

secoli fa si disse che:

1091.

Il

n'y a plus de Pyrnes.


nel Sicle de Louis

Voltaire

X/r(chap. XXVIII) mette

in conto

del suo gran re queste celebri parole, che egli avrebbe dette al duca

d'Anjou, quando questi partiva nel 1700 per andare a cingere


corona di Spagna:

la

ma

invece la frase fu detta a Luigi


dall'

XIV,

e in

forma meno poetica {Les Pyrnes sont fondues)


di

ambasciatore

Spagna (/oz^ma/ du Marquis de Dangeau,


Chiudo, come
il

to.

VII, pag. 419).

solito,

raccogliendo in fine del paragrafo


teatrali

un

mazzetto di versini spigolati dalle nostre opere

pi rino-

mate e pi popolari.

1092.

Vi

ravviso, o luoghi ameni,


lieti,

In cui

in cui sereni
i

Si tranquillo

d passai

Della prima giovent.

Ma

Cari luoghi, io vi trovai, quei d non trovo pi.


come
mare per

1089. Nessun profeta gradito nella sua patria.

1090. Ogni paese patria per

il

forte,

il

pesci.

[1093-1097] Patria in generale; e

l'Italia in particolare

315

una cavatina

di

Rodolfo nella Sonnambula, melodramma di Fe(a.


I,

lice Romani, musica di Bellini

se.

6).

Le

seguenti sono scelte dalle opere musicate da Verdi:

1093.

Va, pensiero, Va, ti posa

sull'ali

dorate;

sui clivi, sui colli.

Ove

olezzano libere e molli

L'aure dolci del suolo natal!


stupendo coro degli Ebrei nel Nabucco ,

dramma

lirico di

Temi-

stocle Solera

(a.

Ili,

se.

4).

1094.
in

Siamo

tutti

una

sola famiglia.
di

un coro .^^ Emani, dramma lirico

F.

M. Piave (a.

II, se. 5).

1095.

Ai

nostri monti - ritorneremo, L' antica pace - ivi godremo

Tu
romanza
di
(a.

canterai - sul tuo liuto.


io

In sonno placido marano


1096.
IV,

dormir.
di

Azucena nel Trovatore, parole


se.
3).

Salvatore Cam-

Parigi, o cara, noi lasceremo,

La
(a.

vita uniti trascorreremo.

duetto di Violetta e Alfredo nella Traviata, parole di F.


Ili,
se.
6).

M. Piave

54.
Paura, coraggio, ardire

1097.

Excelsior.
il

il

titolo e

ritornello di

una celebre

ballata del grande poeta


la

americano

Longfellow.

Dalla versione dello Zanella riporto

prima

stroia:

1097. Pi

alto.

3i6

Cht V ha detto?

[1098-1101]

Cadean

veloci

l'ombre
forte eh'

di sera,

per nevoso borgo montano

Passava un

una bandiera
:

Alto portava col motto strano


Excelsior
!

di

stata pi volte rimproverata al

Longfellow

la

sgrammaticatura
il

Qf^ Excelsior

che, essendo

un avverbio, come

senso pordifese di-

terebbe, dovrebbe dire Excelstus.

Ma

il

Longfellow

si

cendo che nella sua ballata

la

parola excelsior non avverbio, bens

aggettivo maschile, riferentesi al giovine alpinista.


racchiata,
la

La

scusa

sti-

ma insomma pu
si

passare

bens

non pu passare che


stemmi
delle

parola stessa

usi oggi avverbialmente e sugli

societ alpine nostrane e straniere e in molte altre circostanze.


Il

mirare audacemente ad

alti ideali, lo

sfidare per essi pericoli


i

e dolori,

era cosa molto stimata dai nostri antichi, per

quali:

1098.

Et facere

et pati fortia
(Tito

Romanum
lib. II,

est.
cap.
12).

JLivio, Istorie,

1099.

De

l'audace, encore de l'audace, et toujours

de l'audace!
tale la

famosa conclusione

di

un discorso tenuto da Danton


il

innanzi all'Assemblea Legislativa


egli fin

2 settembre 1792, nel quale

con un energico appello

alla

nazione per domare

ne-

mici della Repubblica:

Pour
ecc.

faut-il?

De V audace,

pour les atterrer que Quel giorno medesimo il popolo ebbro


les

vaincre,

di furore cominciava gli orribili massacri di settembre.

Properzio

dice che, anche se le forze sono state impari a qualil

che generosa impresa,


1 1

solo averla tentata riesce di lode:

00.

In magnis et voluisse sat

est.
II,
el.

{Elegie, lib.

10, v. 6).

ma

molte volte la fortuna seconda chi volle farle nobilmente vio.

lenza, infatti

comune sentenza

dei classici che:

noi.

Fortes fortuna adjuvat.


(Terenzio, Phormio,
a. I, se. 4, v. 203).

1098. L'operare e il soffrire da forte degno di un romano. UGO. Nelle grandi imprese anche l'aver voluto basta,

noi. La

fortuna aiuta

forti.

[ii02-ilo8]

Paura, coraggio, ardire

317

che era proverbio antico, come afferma Cicerone nelle Tusculane


(II,

4,

il);

ovvero:

1102.

Audaces fortuna
Virgilio,
lib.

iuvat.
il

Nell'-fiwezV? di
1*

X, dopo

verso 283, trovasi

emistichio Audentes fortuna iuvat^ che fu quindi completato con

le

note parole timidosqtie repellit. Neil' uso poi


la

il

dettato prese la

forma notata di sopra, non solo perch


pi
facile

parola audaces era di


la

reminiscenza, per

la

somiglianza con
affinit col

voce analoga
:

delle lingue neolatine,

ma

anche per

verso di Ovidio
I,

Aiidacem Forsqtie Venusque juvant (Ars amatoria,


dettato

v. 608). Il
il

medesimo contiene Pietro Metastasio rese

lo stesso concetto, che

anche

poeta

nei

due versi

1103.

La

fortuna e l'ardir van spesso insieme.


(Temistocle,
a. I, se.

14).

1104.

Un

bell'ardire alle grand' opre guida.


{Epitalamio,
1).

Se

ti

trovi in periglioso frangente,

dove

ti

occorra di chiamare

in tuo aiuto tutte le tue forze, ricorda la sentenza dantesca:

1105.

Ogni

vilt

convien che qui

sia

morta.
e.

(Dante, Inferno,

Ili, v.

15).

ovvero pensa che quello :

1106.

....

Il

loco
e.

Dove convien che


o come dice la Sibilla ad Enea:
1

di fortezza t'armi.

(Dante, Inferno,

XXXIV,

v. 20.21).

107.

Nunc animis opus, ^nea, nunc pectore firmo.


(Virgilio, Eneide,
lib.

VI,

v. 261).

Puoi anche dire in questa occasione


frequentemente
si

la frase di

Esopo, che pi

usa a deridere

millantatori messi alla prova:

1108.
102.

Hic Rhodus, hic


La
fortuna aiuta gli audaci.

salta.

I107, Ora d'uopo. Enea, di coraggio e di saldo petto.


I108. Ecco Rodi, ora
salta.

II
I

3i8

Chi l'ha detto?

[1109-IIII]

Il testo

greco nella favola esopiana KojiTiaax^c (che

la

203

nella ediz.

Halm)

dice

iSo

-^

Too, foo xal x


la 30,

TCT^Yj|ia.

La

stessa favola nell' ediz.

Del Furia

ed ha una variante

che pi

si

accosta alla versione tradizionale latina.


si

Lo

spaccone

della favola

vantava di aver

fatto nell' isola di

Rodi un granspiri-

dissimo salto; di qui l'apostrofe beffarda di un ascoltatore scettico.

Ai timidi e

agli irresoluti

converr ripetere quel che una

tosa signora francese disse di S. Dionigi che decapitato a

Mont-

martre and fino a Saint-Denis, dove poi sorse una chiesa in onore
di lui,
glie

portando in
il

mano

la

sua testa: qualcuno faceva

le

meravi-

che
si

santo avesse potuto in tanto incomoda maniera percor-

rere

lunga distanza,
:

ma

la signora

osservava che

la

distanza

non

faceva nulla

1109. Il n'y a

que

le

premier pas qui cote.


fa
il

Quitard nel Dictionnaire des proverbes


la

nome

di questa signora,
al card.

Du Deffand,

che avrebbe detto questo hon mot

De Po-

lignac,

ed essa medesima se ne chiama l'autrice in una

lettera del

7 luglio

1763 a D'Alembert pubblicata da Gaston Maugras {Trois

Tnois la
ris,

Cour de Frdric, Lettres


al

indites de

D'Alembert^ Pa-

1886, pag. 28).


coraggio, alla temerit e
si-

Altre classiche citazioni intorno


mili sentimenti, sono questa di

Orazio che

leva a cielo l'audacia

del primo navigatore

Ilio.

Uli robur et aes triplex

Circa pectus erat, qui fragilem truci

Commisit pelago ratem


Primus.
la
il

i^odi, lib. I,

od.

3,

V. 9-12).

seguente di

Dante

che cos

fa dire di s

a Farinata degli Uberti


si

quale nel 1260 alla raunanza di Empoli solo

oppose

al

pa-

rere degli altri ghibellini, che volevano distruggere Firenze:

mi.
questa del
I

Colui che la difesi a viso aperto.


(Inferno,
e.

X,

v, 93).

Petrarca

nella celebre

Canzone

a'

Grandi

d' Italia che

no. Robusto
primo

e col petto coperto di triplice corazza era colui che


affid al crudele

oceano una

fragile

nave.

[m 2- III 7]

Paura, coraggio^ ardire

319

comincia: Italia mia, bench

il

parlar

sia

indarno (P. IV, canMestica,


str. 6):

zone IV, nell'ediz. Marsand; canz.


11 12. \_Che\

XVI nell'ediz.

Ne
e finalmente

italici
dell' ab.

cor

non

L'antiquo valore ancor morto.

una

Pietro Metastasio:
il

11 13.

Chi vede

periglio

cerca salvarsi,
di lagnarsi

Ragion

Del fato non ha.


(Bemofoonte,
a. Ili, se.
1).

Eccone invece due,


paura e di timidit:

l'

una

l'

altra dantesche, che

ragionano di

II 14

Mi

fa

tremar

le

vene e
.

polsi.
e.
I,

(Dante, Inferno,

v.

0).

11 15.

Come

escon del chiuso Ad una, a due, a tre, e l'altre stanno Timidette atterrando l'occhio e '1 muso.
le pecorelle
(Dante, Purgatorio,
e.

Ili, v. 79-81).

mentre

gli effetti

fisici

segni esterni del terrore sono mirabil:

mente
1 1 1

ritratti

nel verso virgiliano

6.

Obstupui, steteruntque comae, et vox fau[cibus haesit.


(Virgilio, Eneide,
lib. II, v.

774; ripet, nel lib. Ili, v. 48).

come succede ad Enea quando incontra lo spettro di Creusa e quando la voce di Polidoro a lui parla attraverso i rami del lacerato mirto.

Esempi famosi
sta

di

animo imperterrito e ardito sono

ricordati nelle

seguenti frasi, delle quali per ragione cronologica verr prima que-

che parla della favolosa prodezza di Orazio Coclite:

11 17.

Orazio sol contra Toscana tutta.


(Ariosto, Orlando furioso, e XVIII,
ott. 65).

1 1

16. Restai stupefatto,

capelli

mi

si

drizzarono in testa, e

la

voce rimase soffocata in gola.

320

Chi V ha detto?

[1118-1119]

Anche

il

Petrarca
:

{Trionfo della Fama, canto

I, v.

80-81)

aveva detto

....quel che solo

Contra tutta Toscana tenne un ponte.

11 18.

Caesarem vehis Csesarisque fortunam.


Giulio Cesare
al

la famosa risposta di

marinaio Amido, che

sorpreso dalla tempesta, mentre su fragile palischermo stava per


fare segreta traversata

da Durazzo a Brindisi, rifiutava

di pren-

dere

il

largo; e Cesare, presolo per la mano, lo conforta a


gli dice:

non

temere, e

Perg audacter, Csarem


38),

vehis, ecc. Plutarco

nella vita di Cesare (cap.

Floro

(4,

2,

37) e

Dione Cassio
che

(41, 46)

hanno conservato memoria

del fatto.

Assai pi degna di fama

la risposta di

un

altro cittadino,

nel darla, pi che alla fiducia nella sua fortuna e nel suo valore,
s'

ispirava

all'

amore per

la diletta patria.

Essa

la

seguente

11 19.

Voi sonerete le vostre trombe, remo le nostre campane.


alla

e noi sone-

Intorno

quale

il

Guicciardini, verso

la fine del lib. I della

Istoria d'Italia, narrando della calata in Italia di Carlo


di Francia,

e del suo ingresso in Firenze nel


il

Vili re novembre 1494, e

detto delle contese sorte fra


intollerabili di quello,
cabili,

Re

Fiorentini per le pretensioni


quali difficolt, quasi inespli-

prosegue:

le

se

non con

1'

armi, svilupp la virt di

Piero Capponi,
d' inge-

uno

de' quattro cittadini deputati a trattare col

Re, uomo

gno, e d' animo grande, e in Firenze molto stimato per queste


qualit, e per essere nato di famiglia onorata, e disceso di persone,

che avevano potuto assai nella Repubblica, perch essendo un di


egli,

compagni suoi
i

alla

presenza del Re, e leggendosi da un


i

Segretario Regio
parte sua
si

capitoli

immoderati,
egli

quali per

1'

ultimo per la
tolta di

proponevano,

con gesti impetuosi

mano
s di-

dal Segretario quella scrittura, la stracci innanzi agli occhi del Re,

soggiungendo con voce concitata poich si domandano cose


:

soneste,

voi sonerete

le

vostre trombe, e noi sonerem.o le nostre


inferire

campane: volendo espressamente


li 18.

che

le differenze si

de-

Tu

porti Cesare e la fortuna di Cesare.

[il 19]

Paura, coraggio, ardire

321

ciderebbero con l'armi, e col medesimo impeto, andandogli dietro


i

compagni,

si

parti subito dalla camera. Certo , che le parole di


la

questo cittadino, noto prima a Carlo, e a tutta

Corte, perch

pochi mesi innanzi era stato in Francia Imbasciatore de' Fiorentini,

messero in

tutti tale

spavento, non credendo massimamente,


lui

che tanta audacia fosse in


sciate le

senza cagione, che chiamatolo, e


si

la-

dimande,
il

alle quali
i

rcusa va di consentire,
:

si

conven-

nero insieme

Re, e

Fiorentini in questa sentenza

che rimesse

tutte le ingiurie precedenti, la Citt di

Firenze fosse amica, con-

federata,

e in protezione perpetua della

Corona

di Francia, ecc.

(Ediz. d Milano,

1803, voi.

I,

pag. 154-155).

Lo

stesso fatto

narrato dal vescovo

Paolo Giovio

nel lib. II delle Historie sui

temporis, sul principio, e anche da

altri storici
i

degni di fede.
versi del

Fanno accenno

a questa fiera risposta anche


I,

Machia-

velli {Decennale,

v.

34-36):

Lo

strepito dell'armi e de' cavalli

Non

pot far che non fosse sentita


d'

La voce

un cappon

fra tanti galli.

e la sestina del Giusti nello Stivale:

Fra gli altri dilettanti oltramontani. Per infilarmi un certo re di picche Ci si mise co' piedi e colle mani Ma poi rimase li come berlicche. Quando un cappon, geloso del pollaio,
;

Gli minacci di fare

il

campanaio.

Una

risposta simile a quella di Pier Capponi, fu data da


e

Pa-

squale Marangio, Giureconsulto


per pi anni (eletto nel 1801).

Sindaco della
posso

citt di

Lecce

Non

asseverare

a qual

Comandante
decorso

in

capo di Turchi o di Moscoviti, di Camisciotti, di


che funestarono
la
citt

Cavallari, di Cacciatori,
a* principii del

dalla

fine
si

del

corrente secolo, egli (visto che lo


si

vo-

leva sopraffare colla forza, e che gli


la citt),

parlava di cannoneggiare
i

rispose:

Ebbene! Tu
monumenti,
fra

tieni

Cannoni,

io

tengo

la

Campana;

cosi fece sbollire la superbia del

barbaro.

(De

Simone, Lecce

e i suoi

voi. I, Lecce, 1874, pag. 247).


i

La Francia, che pu vantare


nisti sincroni):

suoi prodi

un Pierre Bayard
si

[1476-1524], detto gi dai contemporanei (come

riscontra in cro-

322

Chi V ha detto?

[il 20-1 123]

1 1

20.

Chevalier sans peur et sans reproche.


fiera

va giustamente
tuto dire
1 1
:

che uno dei suoi

figli

pi gloriosi abbia po-

Impossible n'est pas un mot franais.


Napoleone
I,
il

attribuito a

quale infatti scriveva da Dresda

il

9 luglio 18 13 al comandante di

Magdeburgo, Conte Lemarois:


.

Ce n'est pas possible, m'crivez-vous: cela n' est pas franais

Anche
11 22.

l'Inghilterra

pu essere superba

di un'altra bella frase:

England expects that every man


his duty.

will

do

che

si

legge nell'ordine del giorno emanato da


il

Nelson

la

mattina

della battaglia di Trafalgar,

21 ottobre 1805 (Vedi nel voi. VII,


lettres

a pag. 150 dei Dispatches

and

of Vice-Admiral Lord Visle

count Nelson, London, 1846).

Non meno
1123.
che
la

belle, se fossero
:

ugualmente autentiche, sarebbero

parole famose

La garde meurt

et

ne

se

rend pas.
il

leggenda attribuisce a Pierre

Cambronne

quale comanalla infausta

dava una divisione della Vecchia Guardia imperiale


giornata di Waterloo.

A un ripetuto invito di arrendersi, egli avrebbe


Victor Hugo ha ricamato
nei suoi Misrables (to. Ill,
i

risposto invece con un'altra esclamazione, anche pi energica e

pi breve

ma meno

pulita, sulla quale

un lungo

e abbastanza noioso

commento

liv. I, 2"^^ partie,

eh. 15), scandalizzando

suoi contemporanei, e
i

specialmente

gli

accademici.
si

Quando furono

pubblicati

Miserables,
la

uno

di quelli che

mostravano pi

feriti dall'

audacia con
s

quale

Victor
tare, fu

Hugo
plume

scrisse in tutte lettere

una parola
Il

poco parlamen-

l'accademico Cucheval-Clarigny.
doit se refuser crire
!

est des mots, diceva,

que

la

Due

giorni dopo, egli


di

ri-

ceveva una copia dei Misrables, con questa dedica


l'

pugno

dele

autore:

M.

Cheval-Clarigny

Tornando

Cambronne

alla

sua risposta, eroica per quanto sudicia, devo ripetere quel

che ho avuto occasione di notare altre volte, cio che disgrazia-

tamente non tutto quello che bello, anche vero : Cambronne con
1122. L'Inghilterra aspetta che. ciascuno faccia
il

suo dovere.

[1123]

Paura, coraggio, ardire

323

la guardia, si arrese e

non mor,

visse anzi fino al 1842, cio able

bastanza per smentire in ogni occasione


state attribuite
fin

parole che

gli

erano

dal

gno 18 15,

sei giorni

Journal general de France del 24 giudopo il terribile dramma di Mont-Saint-Jean.


1894) dedica intiero un cale

Anche
civile,

il

Brunschvigg nel suo recente libro su Cambronne, sa vie


Waterloo, notando tutte
e

politique et militaire (Nantes,

pitolo al motto e alla frase di

opinioni
egli

favorevoli o avverse al

Cambronne,
la frase

concludendo che

non

avrebbe mai pronunziata n


Invece
la frase

sublime, n la parola plebea.

La garde

neurt et ne se rend pas, sarebbe stata

detta in quella

medesima occasione dal colonnello Michel o dal


se pure

comandante Maret,

non

fu foggiata dal giornalista

Rou-

GEMONT, quando
Waterloo; ed in

niV Indpendant die' ragguaglio della giornata di


italiano era stata detta diciannove anni

prima dal

colonnello Filippo

del Carretto, che


l'

nell'aprile del

1796 difese

eroicamente
di

lo smantellato castello di

Cossria con un battaglione

500 granatieri contro

irrompente e vittorioso esercito di Napogl'

leone Bonaparte, ed al generale francese che

intimava

la resa,

rispose: Sappia, signor generale, che i granatieri piemontesi 7ion


si

arrendono mai.
;

questa proprio storia, storia gloriosa del


storia che quel colonnello,

valore italiano
e

come

dopo un'eroica

memoranda
suoi uomini

difesa,

mor davvero piuttosto che arrendersi: mori

sullo scarso trinceramento improvvisato,


i

quando da parecchie ore


n dal mattino un

non avevano pi una

cartuccia,

briciolo di pane,

n un sorso d'acqua dacch erano giunti lass;

mor, dopo avere uccisi ancora di sua


respinto
il

mano due

degli assalitori, e

terzo assalto di dodicimila uomini.


tristi

Nei giorni pi
lano milanese
restato

del terrore austriaco in Lombardia,


di

il

popo-

Antonio Sciesa,

professione tappezziere, ar-

una notte

in atto di affiggere

un manifesto rivoluzionario
il

sul corso di Porta Ticinese, fu condotto


al

2 agosto 185

dinanzi
il

Giudizio Statario militare, condannato alla morte colla forca, e

giorno stesso fucilato per l'assenza del carnefice. Si narra che mentre
era condotto al supplizio,
all'orecchio che rivelasse
il
i

capitano auditore

gli

andasse susurrando

nomi
si

de' suoi complici, promettendogli

salva la vita e molti danari; e quasi a render pi forte la tentazione,

desse ordine che la carretta


abitata. Il

fermasse innanzi alla casa gi da

lui

povero martire avrebbe risposto semplicemente:

324

Chi V ha detto?

[il 24]

II 24.

Tiremm
al

innanz.

Milano, riconoscente
rava,
stesso
in via
il

modesto eroismo del tappezziere, inaugu-

12 febbraio 1882, una lapide alla sua memoria nel luogo


egli
El

dove
Rosa.

avrebbe pronunziate

le

memorande
del

parole, cio

guaio che anche questa spartana risposta sembra

una leggenda.

Da

alcune

note

diligentissime

prof.

Gentile

Pagani, gi archivista del comune di Milano, che egli cortese-

mente mi ha comunicate, parrebbe che molte ragioni


sero alla verit di questa
lo Sciesa

si

opponesche

tradizione, principalissima quella

durante

il

doloroso tragitto era cosi abbattuto che forse


la

non avrebbe nemmeno udita


se

questa
1'

gli fosse

stata

fatta (e

domanda del capitano austriaco, non era negli usi), e certo se


forza n testa di
ri-

pure

avesse udita

non avrebbe avuto n


il

spondere.

fianco dei condannati stava

sempre un

cancelliere,

dall' altra parte era

prete

militari

precedevano e seguivano
il

a distanza, altra circostanza che rende pi inverosimile


e chi

fatto:

accompagn
il

allora lo Sciesa,

un modesto alunno
al

di can-

celleria,

nob. Achille Codoni Tomani, conferm

Pagani che

lo Sciesa

non

fece parola durante

il

tragitto.

non
di

si

sa per opera di chi,

ben quindici

La leggenda sorse, anni dopo in occasione


compreso
lo Sciesa,

una commemorazione
i

fatta in

Milano dei Martiri del 6 feb-

braio 1853, fra


fucilato,

quali fu per strano equivoco


detto, nel

come

si

185 1

55.
Personaggi
storici e letterari

Come

gi

ho

fatto per

paesi, riunisco qui

molte

frasi

che

si

ripetono piuttosto per indicare certe designate persone che con


gnificato indeterminato,

si-

come

per

il

maggior numero delle

altre

sentenze.

TT24.

Andiamo

avanti.

[i

125-1128]

Personaggi storici e letterari

325

E
1

poich procedo per ordine cronologico, ecco Omero,

125.

Quel sommo
D'occhi Che per
cieco, e divin
la

raggio di mente.
versi).

Grecia mendic cantando.


gemme
dell' antica epica,

(Manzoni, In morte di Carlo Imbonati,


e che ci

ha lasciato quelle due preziose

cos ammirate, anzi venerate dagli antichi e dai moderni, a tale che

anche Properzio diceva


11 26.

dell' Iliade

Cedite

Romani

scriptores, cedite Graii,

Nescio quid majus nascitur Iliade.


{Elegie, lib. Ili,

ode

32, v. 65-66).

Altro illustre

figlio

della Grecia, quello di cui

Dante
IV,

disse:

1127.

Vidi

il

maestro di color che sanno.


(Inferno,
e.

v. 131).

alludendo,
invece

come ognun

capisce,

ad Aristotile. Di minor fama era

11 28.

Cameade!

chi era costui?


(Manzoni, / Promessi
Sposi, cap. Vili).

Questa classica domanda

ruminava

tra s
la

don Abbondio,

selui

duto sul suo seggiolone; e forse se


pure molti dei
lettori t

saranno rivolta con


il

Promessi Sposi. Quindi

nome

di

Cameade

rimasto nell' uso a

significare

un ignoto qualunque. Tuttavia


egli era nativo di Ci-

Cameade non

era affatto....

un Cameade:
129 av. C.
tir fuori
il

rene, filosofo prima stoico, poi platonico, e fondatore della terza

Accademia, e visse dal 213

al

Chiedere perch

il

Manzoni

nome

di quel letterabeli' e

ione del tempo antico,

sembrerebbe forse una stranezza


cosi.

buona: eppure non


di

Accostiamo

alle

parole messe in bocca


di Agostino
(

don Abbondio, queste

altre di

un dialogo

Contra

Academicos,
sapiens
iste

e. Ili, n. 7):

Tum

Licentius: Carneades, inquit, tibi

non videtur? Ego,

ait,

Graecus non sum, nescio Carneades

qui ierit.

Non

coincide la

domanda

di

don Abbondio
il

II 26. Lasciateli passo, scrittori latini, lasciate

passo, scrittori
l'Iliade.

greci: io

non conosco nulla che superi

326

Chi V ha detto?

[1129-1130]

Cameade!
Carneades

chi era costui?

con

la frase di

Agostino:

Nescio
il

iste

qui fuerit?

-Il Manzoni aveva

studiato

gran

dottore africano, e ne fa fede la lettera sua al Poujoulat nella quale

da par suo cerca

di determinare
si

dove precisamente sorgesse


era ritirato con la madre,
il

il

ce-

lebre Cassiacum, ove Agostino

figlio

e gli altri amici, per prepararsi al battesimo.

notisi che

il

dia-

logo contra Academicos opera nata dalla conversazione di Agostino e de' suoi
siaco.
l'

compagni durante Manzoni, scrivendo


iste

il

tranquillo soggiorno di Cas-

Non

parr dunque pi strana, dopo queste considerazioni,


il
i

ipotesi che

Pro?nessi Sposi, ricordasse

il

fiescio

Carneades

qui fuerit,
della

e lo facesse dire al

povero don
del clero

Abbondio, come saggio


d' allora.

non troppo ampia cultura


stor.

(Nino Tamassia, nel Giorn.


182).

della

lett. ital.,

vo-

lume XXI, pag.


Nerone,
il

bieco e crudele tiranno, che vive ancora travestito

sotto strane leggende nella fantasia delle genti,

ha

il

suo posto

nel

Chi l'ha detto? per

le

sue ultime parole:

11 29.

Qualis artifex pereo!


(SvETONio, Vita Neronis,
49).

dette da lui morente.

La

eroina di una pietosa storia che


di sei secoli.

commuove

il

popolo italiano

da pi

Pia de' Tolomei, senese, moglie infelicissima

di Nello de' Pannocchieschi, signore del castello della Pietra presso

Massa Marittima,
del 1300,
le
si

nella

Maremma
alla

senese, e uccisa dal marito prima


del

raccomanda

memoria

Grande Fiorentino con

parole:

11 30.

Ricorditi di me, che son la Pia:

Siena mi
Disposata,

f',

disfecemi

Maremma
sua
e.

Salsi colui che inannellata, pria

m'avea con

la

gemma.
V,
v. 133-130),

(Dante, Purgatorio,
Il

poeta medesimo, vissuto, come ognuno sa, dal 1265 al 132 1,

soggetto di molte designazioni,

una

delle quali tolta al

poema

che forma

la principale gloria di lui.

1129. Quale artista muore con me!

[1131-I135]

Personaggi

storici e letterari

327

Onorate
egli detto

l'

altissimo poeta.
(Dante, Inferno,
e.

IV,

v. 80),

aveva

alludendo a Virgilio:

ma

posteri ritorsero la

lode a Dante medesimo, e gliela scrissero sul


a lui
si

monumento.

Altri

rivolge invocandolo:

1132.
come
nel

gran padre Alighier....

scritto nel sonetto

A Dante di Vittorio Alfieri, composto


primo poeta, degno del nome, che chia-

1783. L'Alfieri fu
1'

il

masse Dante con

appellativo x padre.

Anche

il

Leopardi chiama
si

padre Dante
chiama
1'

nella

Canzone sopra

il

7nonuniento di Dante che


nell'ode

preparava in Firenze. Invece


lo

Ugo Foscolo
Altissimo

Dante

1133.

Signor del
imitando un passo di

sommo

canto.
{Inferno,
e.

Dante medesimo
gli

IV,

v. 95-96)

....signor dell'altissimo canto

Che sovra
Al poema dantesco
1

altri

com' aquila vola.


titolo di

fu dato

il

34.

Divina Commedia.
Giovanni Boccaccio che
Dante
;

per merito di

cosi la

chiam nel
disse

14

del Trattatene in laude di

e divina egli

non nel
opere di
Fi-

senso cristiano di

celeste,

bens nel senso di opera di eccellenza

meravigliosa, quasi sovrumana,


Virgilio (Zenatti

come chiama divine


e

le

Oddone, Dante
la

Firenze: prose antiche,


il

renze,

1902).

Ma

prima edizione in cui


titolo,

poema dantesco
del

comparisse con tale

fu la giolitina di Venezia,

1555,

per cura di Lodovico Dolce.

Michelangelo Buonarroti (1475-1564) chiamato da uno


nostri migliori poeti,

dei

con frase un poco secentista

11 35.

Michel, pi che mortale,


contemporanei dissero

Angel
e.

divino.
ott. 2),

(Ariosto, Orlando furioso,


e colui che
i

XXXIII,

il

Divino Aretino, cio Pietro

Aretino, vissuto dal 1492 al 1557, rimasto sconciamente famoso

328

Chi

Vha

detto?

[1136-1137]

anche per un epigramma


seguito per
altri.

fatto su di lui, e pi volte pariodato in


:

L' epigramma questo

1136.

Qui giace l'Aretin poeta tosco, Che disse mal d' ognun fuor che di Dio Scusandosi col dir, non lo conosco.

che trovasi riportato anche con altra lezione, e pure in latino;


anzi alcuni dissero addirittura che era
di lui!
1'

epitaffio inciso sul sepolcro

stato attribuito al vescovo

Paolo Giovio
pour

(1483-1552)

sulla fede del P. Niceron, Mnoires

servir l'histoire des


il

hommes

illustres,

to.

XXV,

pag. 362;

ma

Mazzuchelli nella

Vita dt Pietro Aretino,


essere, poich
il

pag. 84 e 137, prova che ci non pu

Giovio e l'Aretino vissero in costante amicizia.


si

Perci
sta

si

ha da ritenere che

tratti di

una pasquinata compo-

da alcuno dei molti nemici dell'Aretino.


regina ha dato celebrit a una frase:

Una famosa
1 1

37

Moriamur pro rege nostro Maria Theresia.


l'

di cui questa sarebbe

origine.

Nei primi anni

della guerra di

successione d'Austria, la imperatrice Maria Teresa, abbandonata

Vienna che non


eserciti francesi

le

sembrava pi soggiorno sicuro dopo che


la

gli

avevano invasa

Boemia, ripar a Presburgo,


si

e l convocata la Dieta

Ungherese,

present ad essa l'ir setal

tembre 1741? affidando all'antica fede e


s stessa,
i

valore dell'Ungheria

suoi

figli,

la
i

sua corona.

La

tradizione vuole che a

questo generoso invito

rappresentanti ungheresi rispondessero

con voce unanime

Moriamur pro

rege nostro

Maria
1

Theresia,

ma

l'Arneth {Maria Theresia' s erste Regierungsjahre,

865,

I.

Bd.,

pagg. 299 e 405) contesta che queste parole non furono mai dette

poich non figurano n nel

Diarium

diaetale n nelle altre relazioni


si

contemporanee
alla

e,

neppure vero che Maria Teresa

presentasse
fancitillo,
si

Dieta col fanciullo lattante in braccio, poich questo

allora di sei mesi, e che fu poi l'imperatore Giuseppe,

trovava

in quei giorni ancora a Vienna. Invece


il

rappresentanti,
di

dopo che

Primate assicur Maria Teresa della fedelt

tutta la na-

1137.

Moriamo per

il

re nostro

Maria Teresa.

[1138-1142]

Personaggi

storici e letterari

329

zione, gridarono pi volte


mtis.

Vitam nostram
il

et

sanguinem consecra

Vedasi per maggiori ragguagli

libro

del signor Bela di

Toth, Mendemonddk, a pag. 74. L'apostrofe a Stefano Montgolfier (1745-1799), inventore degli
aerostati :

1138.
sta nella

Novello
ode a
lui diretta

Tifi invitto.

da Vincenzo Monti, quel Monti contro


:

cui

Ugo Foscolo

lanciava un feroce epigramma

113g.

Questi Monti poeta e cavaliero,

Gran traduttor
al

dei traduttor
il

d'Omero.

quale epigramma, come noto,

Monti rispose con questo:

Questi

il

rosso di pel Foscolo detto,

S falso che fals fino s stesso,

Quando
Guarda

in
la

Ugo
madre

cangi ser Nicoletto.


ti

borsa, se

viene appresso.

Letizia Bonaparte, la

dei Napoleonidi, detta da Gio-

su Carducci
1
1

40.

La

crsa Niobe.
due sublimi
poeta
le

la

forse necessario di ripetere qui le

strofe,

veramente
ode Per
e

belle di classica grandezza,

che

il

rivolse nella

morte di Napoleone Eugenio


?

(nelle Ntiav'e

Odi Barbare)

dove

appunto cosi chiamolla


sono

Delle molte frasi napoleoniche,


delle pi note
1

pi
:

meno

autentiche, una

le

famose parole

Soldats, songez que,

du haut de

ces pyra-

mides, quarante sicles vous contemplent.


parole dette da

Napoleone Bonaparte

ai soldati

dell'armata

d'Egitto

la

mattina del 21 luglio 1798, pochi

momenti prima
debell

della gloriosa battaglia delle

Piramidi, nella quale egli

Murad bey
1142.

Mammalucchi.

pure di

lui la frase:

Dio me l'ha
al

data, guai a chi la tocca!


Corona Ferrea
(di cui

detta dall' audace Corso cingendo la

parler

pi estesamente avanti

n.

1265) nella cerimonia dell'incoro-

330

Cht V ha detto?

\\1\2]

nazione a re d'

Italia seguita nel


Il

Duomo

di

Milano

la

domenica
cronaca

26 maggio 1805.
manoscritta
si

diarista

Mantovani,

la cui preziosa

conserva

alla Biblioteca

Ambrosiana, all'indomani

della incoronazione, registrava nella sua

Cronaca
:

(to. Ili,

pag. 245)

quelle fnemorabili parole in questi termini

Dopo

le preci, e le

interogazioni d' uso

G.

Ufficiali d'Italia

sono andati a deporre

suU' altare
S.

gli

ornamenti regj loro consegnati successivamente da


li

M.

Il

Cardinale

benedisse; poscia l'Imperatore scese

a' piedi

dell'altare per ricevere dalla


la

mano
I.

del Cardinale l'anello,


il

il

manto,

spada, che consegn a S. A.

principe Eugenio, e lo scetall' altare, vi

tro e la

mano

di giustizia. Allora sali

prese la coalta

rona di ferro, e ponendola con maest sul capo pronunci ad

voce queste rimarcabili parole: Dio tne l'ha data, guai a chi la
tocca!

Dopo

aver posata

la

Corona

sull'altare, prese quella d'Ita-

lia, e la

mise sulla testa

allo strepito degli applausi

unanimi

della

folla di spettatori,

che empivano quel vasto recinto.


si

le

stesse precise parole

trovano ripetute in

altri

storici

sincroni,

come il cosiddetto Federtco Coraccini (ma veramente Carlo Giovanni La Folie, segretario del Conte Mejan, cond'Italia durante il dominio
il

sigliere di Stato) nella rarissima Storia dell' anifn7iistrazione del

Regno
voi.

Francese,

Lugano, 18 23, a
a pag.

pag. 34; e anche

Conte Cusani-Confalonieri

159 del
dirsi

VI

della Storia di
scrisse

Milano;

il

Cusani se non pu
storia

storico sincrono,

per la sua
di

raccogliendo anche

dalla viva voce dei

contemporanei

Napoleone. Queste parole


ufficiale

ebbero con una lieve variante una sanzione


Statuto
Costituzionale del 5 giugno
Tit.

nel Terzo
il

successivo (pubblicato

7)

dove nel
l'art.

VIII che parla

dell'

Ordine della Corona

di Ferro,

63 dice:
della

La

decorazione dell'ordine consister nell'emalla

blema

corona lombarda, intorno

quale saranno scritte

queste parole: Dio

me
.

l'ha data, guai a chi la toccher. Que-

sta decorazione sar sospesa


strisele verdi all' orlo

ad un nastro color

d' arancio
lo

con

nel testo francese (poich

Statuto

bilingue):

Dieu me
si

l'a

donne: garde qui y touchera. Eviufficiosa.


libri autorevoli di storia

dentemente

tratta di

una correzione

cosa ripetuta anche in

che Napola

leone, pronunziando

queste famose

parole,
le

togliesse

corona

ferrea dall' altare, e se la ponesse

con

sue mani in capo, fa-

[i

143- 1 144]

Personaggi storici e letterari

331

cendo restare

di sale

1'

arcivescovo di Milano

(il

card. G. B. Ca perfettamente
(e

prara) che stava per incoronarlo. Il racconto

non

esatto
tale

bens

vero che Napoleone prese


il

la

corona da s
di

in

atteggiamento lo riproduce

famoso affresco

Andrea Apla

piani nel palazzo Reale di Milano),

ma

anche vero che

cosa
;

era preveduta e prestabilita nel


infatti
il

cerimoniale dell' incoronazione

Corriere Milanese, n. 41, del 23 maggio 1805, a pag. 331,


il

riportando prima della cerimonia

testo ufficiale del cerimoniale

medesimo, dice:
rona ferrea e
la

{l'imperatore) salir all'altare, prender la co-

porr un

momento

sulla propria testa

Anche
dopo

il

proclama

ai soldati dell'

armata

d' Italia dato


il

da Na-

poleone dal castello imperiale di Ebersdorf


la riunione del

27 maggio 1809,

suo esercito

con quello del Principe Eu-

genio, finiva: Soldats, cette arme autrichienne d'Italie qui,

un

moment,

souilla par sa prsence

mes provinces, qui


fer
;

avait la pr-

tention de briser

ma

couronne de

battue, disperse, anantie,

grce vous, sera un exemple de la vrit de cette devise:

Dieu

me

la donne,

gare qui

la touche .

{Napole'on, recueil de ses


to. II,

lettres,

proclamations
Il

etc....

par

M. Kermoysan,

pag. 393).
il

1143.

n'y a rien de chang en France;

n'y

a qu'un Franais de plus.


attribuito al Conte d' Artois (poi Carlo del 1814.

X) dopo

la

Restaurazione

Ma

la

vera storia di questo motto fortunato pu leg-

gersi nei Me'moires de

Beugnot

(ediz.

Dentu, 1866,
la frase,

to. II,

pa-

gine 112-114),
inserita in

il

quale avrebbe inventato

l'avrebbe

un preteso discorso
il

del conte d'Artois al suo ingresso

in Parigi
nistro,

12 aprile 18 14, composto da lui stesso, allora mi-

e pubblicato nel

Moniteur!

Ancora incerto

il

giudizio che la storia reca sul re Carlo Al-

berto di Savoia, V Amleto della monarchia, di cui fu detto che

regn come un debole, combatt come un

forte,

mor come un

santo.

Quello dei contemporanei fu severo, ed esagerato.

La

frase che

ho detto

di sopra,

1144.

Amleto

della monarchia.

fu applicata a

Carlo Alberto gi da Giuseppe Mazzini nel vo-

lume

I,

sesto o settimo fasccolo, del periodico L'Italia del Po-

332

Chi V ha detto?

["45]

polo,
la

ch'egli pubblic a Losanna dal 1849 al 185 1. Ne rinverd memoria Giosu Carducci nella sua mirabile ode Piemonte

(1890):

Oggi

ti

canto, o re de' miei verd'anni,


via passasti con la spada in

Re
Che
Al

per tani' anni bestemmiato e pianto,

pugno

Ed
Cristian petto,

il

cilicio

italo Amleto..,.
1'

Invece, quanto diverse furono la venerazione e

affetto

che
i

cir-

condarono
popoli
gli

il

figlio

Basterebbe

a mostrarlo

l'

appellativo che

suoi

dettero, lui vivente, di

1145.

Re

galantuomo.
volume Let:

del quale la origine narrata da Giuseppe Torelli nel


tere di

Massimo d'Azeglio a
d l'Azeglio disse al

Gitiseppe Torelli, con

frammenti
pochi
il

di questo in continuazione dei Miei Ricordi, capo IV.

Un

Re
da

Ce ne sono
il

stati cos

nella storia dei

Re

galantuomini, che sarebbe veramente bello

cominciarne

la serie.

Ho

fare

re

galantuomo? - chiese

sorridendo senza ridere Vittorio Emanuele.


giurato fede allo Statuto, ha pensato

Vostra Maest ha
e

all' Italia

non

al

Piemonte.

Continuiamo

di questo passo a tener per certo che a questo

mondo
sola

tanto un re quanto

un individuo oscuro non hanno che una


si

parola, e che a quella

deve

stare.
il

Re

Ebbene,

il

mestiere mi
1'

par facile - disse Sua Maest.

galantuomo

abbiamo si

osserv l'Azeglio. Alcuni giorni dopo questa espressione


fuse, pigli

dif-

voga e non andr mai gi perduta. Riferisco questo


fece l'Azeglio stesso

brano di dialogo dietro un racconto che mi


di quella conversazione,
il

quale alla sua volta quando a

me

lo

narrava, andava ricercando nella memoria una lezione forse pi


giusta.
Il

Massari narra a

tale

proposito che

Vittorio

Emanuele

si

compiacque sempre

di avere e di meritare quella denominazione.


fin

Pregato ad inscriversi in

d'

anno nel

registro del censimento

della popolazione torinese, alla colonna che


fessioni, scrisse di

ha per rubrica
il

le

pro-

suo pugno

Re galantuomo. Era

mestiere che

a lui pareva tanto facile. {La vita e il regno di Vittorio Ef?ianuele,


voi.
I,

pag.

160).

[il 46- 147]

Personaggi

storici e letterari

333

Anche

di

un

altro appellativo
il

andava

fiero

il

primo

re d'Italia,

cio di essere

1146.

Primo soldato dell'indipendenza


egli stesso se lo dette nel

italiana.
ai

Ma
del
tire

questo attributo

Proclama

Popoli

Regno pubblicato il 20 giugno 1859, cio sul procinto di parper il campo a iniziarvi quella fortunata campagna, donde
la unit d' Italia.
Il

doveva nascere

proclama cosi chiude


il

Io

non ho
l'

altra

ambizione che quella

di ssere

primo

soldato del-

indipendenza italiana.

Non
motto
:

lasceremo

Sabaudi senza registrare

il

loro antichissimo

1147. Fert.
la

misteriosa divisa di

Amedeo Vili

primo duca

di

Savoia (pi
al-

tardi
l'

papa col nome

di Felice V), eh' egli dette

come motto

ordine cavalleresco dell'Annunziata da lui istituito, come dai pi


crede, nel 1434; altri invece lo dicono fondato da Amedeo VI, Conte Verde, nel 1362. La interpretazione di questa divisa
la

si
il

ancora un problema, poich da rigettarsi


vederci

notissima che vuol

un

acrostico

del

motto Fortitiido

ejtis

Rhodum
Grande,

tenuit,
il

allusiva alle pretese gesta del conte

Amedeo

il

quale

nel

1310 avrebbe

liberato

Rodi dall'assedio

de' Saraceni,

mentre

provato che nessuno de' Sabaudi fu a quella guerra.


babili

Pi pro-

sono r interpretazione, pure acrostica, Fdere


si

et religione

tenemur, che
il

troverebbe in un doppione d' oro coniato sotto

regno del duca Vittorio

Amedeo

I;

quella

del

comm. Padidi Fert,

glione, che vede nella parola Fert


dell' antico francese
;

un troncamento

voce

e quella recentissima del


la

conte Massimino

di Ceva,
l'

il

quale crede eh* essa sia soltanto

prima parola del-

emistichio virgiliano Fertque refertque {Eneide, lib. XII, v. 866),


si

che

legge intiero in una medaglia di Carlo

Emanuele

I del

1590,

e che sarebbe stato


tarsi col
sel, ecc.,

un antico motto

di

Casa Savoia.

da no-

Promis

{Illustraz. di

una medaglia di Claudio di Seys-

nella Miscellanea di Storia Italiana, to. XIII, pag. 88)

che

di questo

motto nessuna menzione trovasi anteriormente ad


il

Amedeo
che
la

Vili,

quale solamente nel 1391 successe


fu

al

padre, e
di bat-

prima volta in cui

menzionato

fu in

un ordine

334

Chi l'ha detto?

[1147]

titura

delli

23 gennaio 1392, col quale


la facolt di

tal

conte concesse allo

Zecchiere d'Avigliana

lavorare quarti di grosso uguali


nella stessa zecca a

nella legge a quelli battuti da

Amedeo VII
tal

tenore di ordine delli 23 febbraio

dell'anno precedente.

Ame-

deo Vili adunque volle che in


parte in medio hoc verhum
la parola

pezzo fosse scriptum ab una


e notisi che in questo caso
il

FERT,

verbum chiaramente

significa che

feri cui preposto


del verbo
.

non pu

essere che la terza persona del

tempo presente

ferre qualunque poi fosse l'allusione ignota datagli dal suo autore
:

Vedansi Liverani, La divisa della R. Casa di Savoia (Faenza, 1873); Padiglione, Il FERT di Casa Savoia {Napoli, 1868); due articoli
(uno di C. Lozzi, l'altro del Padiglione medesimo) nel Bibliofilo,
voi. I,

1880, pag.

178 e voi.

Il,

1881, pag. 20; e

\^

Rassegna

settimanale universale, voi. Ili,

num.

del 26 die. 1897, pag. 30.

San Malachia

(o

pi

propriamente

Maelmaedog U

Morgair), arcivescovo

di

Armagh

in Irlanda, vissuto nel sec. xii

e grande amico di san Bernardo di Chiaravalle, fu attribuita per

qualche tempo una curiosa profezia intorno


alla fine del

ai

papi da Celestino II

mondo, che

il

benedettino Arnaldo

Wyon
vit,

pubblic

per la prima volta nel voi. I dell' opera

Lignum

ornamenanche nel

tum

et

decus Ecclesice (Ven., 159

1),

che poi stata riprodotta


Pontefici), ed

pi volte (bench condannata dai

Sommi

Grand Dictionnaire
chie,

historique del Moreri,

sotto la voce

Mala-

e nella Storia dei

Papi

dell'

Henrion.

quasi certo che co-

desta scrittura apocrifa e che probabilmente fu composta durante


il

conclave in cui fu eletto Gregorio

XIV

(1590) dai partigiani del

card.

Girolamo Simoncelli orvietano. In questa pretesa profezia


si

ogni papa indicato da una frase allegorica, in cui


allusione o alla patria del

vuol trovare
al

papa, o al

suo cognome, o

suo

stemma, o
regno,
di esse
1'

alla

condizione di nascita, o agli avvenimenti del suo


a tante circostanze che ben difficile che una
alla

insomma
non
si

presti

spiegazione

della

profezia.

Del resto

applicazione loro appare pi giusta per tutti quei pontefici che

precedono Gregorio XIV, mentre cavillosa e forzata per quelli


che seguono. Si consulti anche Menestrier, Refutation des Prophties attribus saint Malachie (Paris, 1689); Moller, Disser-

tano de Malachia propheta pontificio (Altdorf,


libro del Coucherat,

706) ; e

il

recente

La prophtie

des Papes. Checch ne sia, que-

[1148-1151]

Personaggi

storici e letterari

335

ste profezie

ebbero grande reputazione e anche oggi sono

citate se
le

non

altro a titolo di curiosit.

Pio

IX

designato

con

parole

1148.
che

Crux de

cruce.

gli scrittori clericali

vogliono profetiche delle traversie sofferte

dal Pontificato sotto di lui e specialmente della perdita del do-

minio temporale toltogli dalla Casa di Savoia, che ha nel suo

stemma una

croce;

Leone XIII con

le altre

1149.
le quali,

Lumen
per una delle solite
di casa Pecci,

in clo.
coincidenze, possono spiegarsi
fra
altri

felici

con

lo

stemma

che porta,

simboli,

una

cometa d'oro; e Pio


11 50.
che
si

con quelle, meno appropriate, di

Ignis ardens.
vogliono spiegare con
la

circostanza che

il

nuovo Ponteil

fice fu eletto il

4 agosto, giorno di S. Domenico,

quale santo

ha nel suo stemma un cane con una


gazione proprio stiracchiata.

face ardente.
la

Ma

la spie-

Secondo
:

profezia medesima.
designato col

Pio

dovrebbe avere nove successori

il

primo

motto Religio depopulata; l'ultimo, Pietro II Romano, assister


alla distruzione di

Roma,

e al giudizio finale.

56.
Piacere, dolore

Ad
1

esprimere

la letizia sincera e generale,


il

non potrebbe

tro-

varsi di meglio che

verso;

Tutto gioia, tutto


(o

festa.

1148. Croce della


1

dalla) Croce.

149.

Lume

in cielo.

1150. Fuoco ardente.

336

Chi

Vha
di

detto?

[52-ii55]

eh' bula,

il

primo del melodramma


;

Felice Romani, La Sonnam(a. I,

musicato dal Bellini

ed pure ripetuto in un coro del


se.
5).

Rigoletto,
forse
il

parole del Piave, musica del Verdi


adatt al

Ma

Romani

melodramma un verso
I.

di

una canzone,

popolarissima a Napoli sul principio del secolo, intitolata


Sorrentina, e attribuita a eerto
Io
ti

La

bella

Capecelatro
festa,

vidi a Piedigrotta,
ecc.

Tutta gioia, tutta

Amilcare Lauria erede che

l'

ispirazione della Sorrentina dovette

necessariamente venire dal bellissimo duetto del Rossini,

La

re-

migata veneziana.

1152.

I'

benedico

il

loco e

(San. in vita di

sand, coni.:

'1 tempo e l'ora. M. Laura, num. X, secondo il MarQuando fra l'altre dornte adora ad

ora; nell'ediz. Mestica, son. XII).

scriveva

il

Petrarca, parlando
egli

dell'ora del suo innamoramento;


al

ma

egli

pure non era giunto, a quanto sembra,

eolmo

de' suoi

voti.

Che non avrebbe

detto se avesse potuto ottenere dalla

bella

De Sade

1153.

Un'ora dell'ebbrezza che ogni ebbrezza


scolora.
(Giacosa, una partita a scacchi,
l'

se. 2).

Fors' anche non avrebbe detto nulla, perch


saper essere discreto, e poi anche perch:

amante

felice

deve

11 54.

La

gioia verace
farsi palese

Per

D'un labbro loquace


Bisogno non ha.
(Metastasio, Giuseppe, parte
senza contare che
il

II).

mistero rende pi acuto

il

sapore dei piaceri

1155.

Aquae

furti vae dulciores sunt, et panis absconditus suavis.


{Proverbi di Salomone, cap. IX,
v.
17).

155.

Le aeque

furtive

sono pi

dolci, e

il

pane che

tiensi

ascoso

pi gradito.

[1156-1159]

Piacere, dolore

337

Ora voltiamo
del dolore
i

la

medaglia e vediamo un poco quel che dicono

nostri autori favoriti.

Dante
:

pensa che

dolori

si

sopportano pi facilmente se preveduti

II

56

Saetta pre visa vien pi lenta.


(Paradiso,
e.

XVII,

v. 17).

e intendasi per

pi

lenta, che

d minor dolore

infatti

anche Ovi-

dio dice

Nam

prvisa jninus ldere


il

tela soient. Il

Metastasio

vuole smentire

volgare dettato

Mal comune

mezzo gaudio, so-

stenendo invece che

1157.

Non
Il

ver che sia contento veder nel suo tormento Pi d'un ciglio lagrimar.
del dolore

Che l'esempio

uno stimolo maggiore Che ci chiama a sospirar.


{Artaserse,
Il
a. Ili, se.
il
6).

Giusti
:

poi

incoraggia

sopportare virilmente

dolore,

poich

11 58.

Liberamente

il

forte

Apre
Del

al dolor le

porte

cor,

come

all'amico.
5).

(Al medico Ghinozzi contro l'abuso dell'etere


solforico, str.

Peccato eh'
propri consigli
1 1

egli
!

non mettesse costantemente

in

pratica

suoi

59.

Infandum, regina, iubes reno vare dolorem.


(Virgilio, Eneide,
e. II,

v. 3).

detto

da Enea a Didone, che

lo invita a narrarle la distruzione


lo

di Troia.

Molto opportunamente

us

il

P. Faure, cappuccino,

che fu poi vescovo di Amiens nel 1653;


sulla passione di Cristo a St.

predicando un giorno
la regina

Germain-l'Auxerrois, entr
:

mentre
a
lei,

la

predica era gi cominciata


il

allora

il

Faure rivolgendosi

s*

inchin, recit

verso virgiliano, e ricominci da capo.


di

1159.

Tu mi

comandi, o regina,

rinnovare un inenarrabile

dolore.
22

338

Chi V ha detto?

[iio-ii]

Una
teschi
:

classica reminiscenza di Virgilio

sono

famosi versi dan-

II

60

vuoi ch'io rinnovelli Disperato dolor che il cor mi preme Gi pur pensando, pria ch'io ne favelli.
(Dante, Inferno,
e.

Tu

XXXIII,

v. 4-6).

L'Alighieri
ugualmente
esprimono

nella pittura del dolore

veramente sublime ed

inarrivabile, ed ecco altri versi di lui, tutti


tolti

ugualmente

noti,

ed

al

terribile

racconto

del
:

Conte Ugolino, che

la

manifestazione del dolore


s

1161. Io non piangeva; 1162.

dentro impietrai.
{Inferno,
e.

XXXIII,

v. 49).

Ambo

le

man' per
terra!

lo dolor
{Itifertio,

mi morsi.
e.

XXXIII,

v.

58).

11 63.

Ahi dura

perch non t'apristi?


(Inferno,
e.

XXXIII,

v. 66).

Le

altre parole di

Dante

11 64.

Io

non morii, e non rimasi vivo. Pensa oramai per te, s' hai fior d' ingegno, Qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
[Inferno,
e.

XXXIV,

v.

25

27).

sono veramente da
per
il

lui dette,

non

a proposito di alcun dolore,

ma

grande spavento provato a vedere Lucifero,

ma

si

applica

s 1' uno che 1' altro sentimento. comune e pi visibile del dolore il pianto che porta anche un certo sollievo a chi pu dargli libero corso, per cui dice benissimo Ovidio

ugualmente bene ad esprimere

Per

la

manifestazione pi

1165.

Est quaedam
il

fiere voluptas.
(Tristes, lib. IV,
el.

3, v. 27).

Anche per
seguenti
:

pianto ho alcune

frasi

dantesche,

come

le

due

11 66.

Far come colui che piange e


(Dante, hiferno,
e.

dice.
V,
v.
126).

II 65.

Anche

il

pianto ha una certa volutt.

[il 67-1170]

Piacere, dolore

339

167.

Ben

se' crudel, se tu gi non ti duoli Pensando ci eh' al mio cor s' annunziava. E se non piangi, di che pianger suoli?
(Inferno,
e.

XXXIII,

v.

40-42).

Ecco finalmente un'


di

altra citazione lacrimosa tolta dal libretto

una vecchia e notissima produzione

teatrale:

1168.

Una

furtiva lacrima
(L'Elisir d' Amore, opera

Negli occhi suoi spunt.


comica
di

Felice
8).

Romani, musica

di Donizetti, a. II, se.

57.
Povert, ricchezza

11 69.

il

Vivent
e

les
di

gueux!
P. J. de
1

ritornello di

una canzone

appunto Les giceux

composta nel

Branger intitolata ma se Branger gli ha


le

dato quella popolarit di cui godono tutte

sue gioiose rime,

pur vero ch'egli non n' l'autore.


trovato in diversi canzonieri
alla fine di

Il

Fournier racconta di averlo


principalmente

del secolo xviii, e

alcune

strofe

di

Piron pubblicate

dalla Socit des

Bibliophiles nel vol.

dei suoi Mlanges.

Non

v'

ha dubbio che colui che sa contentarsi, pu trovare qual-

che conforto anche nella povert, se non altro quello di ridersela


dei ladri!
1

cosa ormai vecchia che:

70.

Cantabit vacuus coram latrone viator.


(GiovBNALB, Satira X,
viandante con
al ladro.
v. 22).

I'

II 70.

Il

le

saccoccie vuote

pu cantare

sulla faccia

340

Chi V ha detto?

[1171-1175]

Perci

la

povert era levata a cielo e professata dai


:

filosofi, a

cominciare da colui che soleva dire


1 1

Omnia mea mecum


Cicerone {Paradoxa,
di
I,
i)

porto.

dettato che

attribuisce a

Biante

di

Priene, uno dei sette savi della Grecia;


lo

ma Fedro

{Fab.,

IV, 21)

d a SiMONiDE
2)
all'

Geo, e

Seneca

(epist. 9) e

Valerio Mas-

simo (VII,

epicureo Stilpone.

Le
la

privazioni e la povert

sono sopportate coraggiosamente,


si

direi quasi lietamente,

quando

hanno

le

forze e la fede che d

giovent
1

72

Dans un grenier qu'on est bien vingt ans


canzone di P. J. de

ritornello della

Branger
:

intitolata

appunto

Le Grenier. Tutto
tore (parole di

sta nel contentarsi

ed certamente pi invinel Trova:

diabile la condizione della zingara

Azucena che canta


di

Salv. Cammarano, musica

Verdi,

a. Ili, se. 4)

1173.

Ivi

povera vivea,

Sol contenta del mio stato.


della condizione di chi ricco,
ficienti

ma non

trova

le

sue ricchezze suf-

a soddisfare

suoi desideri ; ovvero di chi

non
le

sa fare

buon

uso del danaro, ed essendo ormai stanco di tutte


riali

volutt mate-

che

il

danaro pu procurargli, non trova

nell'

abbondanza che
:

la saziet e la infelicit.

Egli pu ben dire con Ovidio

1174.
o con

Inopem me copia
Seneca
:

fecit.
lib. Ill, v. 466).

(Metamorfosi,

1175.

Magna

servitus est

magna

fortuna.
XXVI).

(Ad Polyhiuni
cui servono di

consolatio,

commento
tibi

le

parole che immediatamente prece-

dono

Multa

non

licent,

quae hu7nill7nis

et in

angulo ja-

centibus licent; alle quali sentenze piacemi avvicinare la seguente

II 71. Porto con


11 74. 11 75.

me

ogni mia ricchezza.

L'abbondanza mi

Una

f' povero. grande fortuna una grande servit.

[il 76-1

78]

Povert^ ricchezza

341

che veramente parla dei mali soltanto della smisurata ricchezza


territoriale,

dovuti a complesse ragioni sociali:

11 76.

Latifundia perdidere Italiani.


(Plinio, Hist, natur.,
lib.

XVIII,

7).

Senza spregiare
disfazioni, se

le

ricchezze che pure possono dare molte sod-

non

altro quella di giovare altrui,


felice di

nessuno pu

di-

sconoscere che pi

molti Cresi

il

modesto lavoratore che

sa contentarsi del poco sufficiente ai suoi reali bisogni, e trae dal-

l'opera sua una onesta e ben guadagnata mercede, purch, dico,


sia

ben guadagnata e non provenga da turpe fonte. Che


parole della Bibbia:

il

deri-

naro di mala provenienza poco profitta; e a chi


spondi pure con
le

te l'offre,

1177. Pecunia tua


che sono
gli

tecum

sit.
e.

(Atti degli Apostoli,


le

Vili, v.

20),

famose parole rivolte da Pietro a Simon Mago, che


Il testo

offriva
:

danaro per ricevere lo Spirito Santo.


ttia

veramente

dice

Pecunia
il

tecum

sit in
il

perdittonem, cio Va in malora


senso un poco diverso da quello

tu e

tuo danaro, e quindi


si

nel quale

usano correntemente.
contadino,
il

Chi pi
lizzasse
il

felice del

giorno che anche per

lui si rea-

desiderio di quel
:

monarca

francese, avido di popolarit,

di cui narrasi dicesse

1178.

Je veux que le dimanche chaque paysan ait sa poule au pot.


Enrico IV,
e bench
il

La

tradizione attribuisce questo voto a


le

man-

chino

prove dirette della sua autenticit, tuttavia


l'

consenso

universale e

indole del principe ce lo fanno credere probabile.


secoli posteriori augurio

Esso fu anche nei

meno che per

primi ministri; e sotto Luigi


di

comune per i re non XIV, Colbert scriil

veva all'intendente
che sembra eh'
egli

Tours nel 170 parafrasando

voto
:

reale,

avesse preso a cuore e

domandando

si les

paysans commencent estre bien vestus

et

bien logs, et

s'ils

pourront enfin se rjonir un peu, aux jours de feste et de noces.


11 76. I latifondi' condussero l'Italia a perdizione.

1177. Tienti

il

tuo denaro.

342

Chi

Vha

detto?

[1179-1181]

Non

si

sa se la risposta dell' intendente fosse tale da soddisfare


l'

completamente

illustre ministro.
1'

Quasi cent' anni pi tardi

avvenimento

al

trono di Luigi

XVI
si

aveva ispirato a

tutti le migliori

speranze, per cui una mattina

lesse sul piedestallo della statua di


la iscrizione

Ponte-Nuovo Resurrexit. L' indomani non mancava la risposta,


Enrico
sul

IV

contenuta nel seguente distico:

Resurrexit? j'approuve fort ce mot, Mais, pour y croire, il faut la poule au pot.

Cui un terzo anonimo ribatteva con un nuovo epigramma:


Enfin,

pot sera donc bientt mise du moins le prsumer, Car, depuis deux cent ans qu'on nous l'avait promise,
la potile ati
!

On

doit

On
la gallina....

n'a cess de
il

la

plumer.

Invece chi ha

mestolo in

mano
il

seguita allegramente a pelar

senza farla gridare; e

popolo

la tira avanti

1179.
come
punto

In virt della santa bolletta.


una poesia vernacola
bolletta.

detto in
intitolata

di

Tommaso Grossi

ap-

La

In dialetto milanese bolletta vuol dire

miseria.

del

Metastasi un'osservazione non nuova, ma sempre


la

vera,

che mostra come anche

ricchezza sia soprattutto relativa, in


te-

modo

che molti beni, levati a cielo e invidiati dagli uni, son


altri,

nuti in piccol conto dagli


1 1

poich

80.

Han

picciol

vanto

Le gemme l, dove n'abbonda il mare: Son tesori fra noi, perch son rare.
{Temistocle,
a.
I,

se. 4).

Ed

di

Giuseppe Giusti

quest' altra considerazione, piuttosto

malinconica se vogliamo,

fatta

proposito della

stima

che

il

mondo ha sempre avuto


1 1

per chi ha, in confronto di chi non ha

81

Un

gran proverbio Caro al Potere, Dice che l'essere Sta nell'avere.


{Gingillino, P.
I,

str. 32).

[1182-1184]

Povert, ricchezza

343

e Aulla

si

pu concludere

di

buono, se mancano

danari, che sono

1182.
che
il

La base de
titolo di

tuto.
in

una commediola
la

due
al
il

atti di

Giacinto Gal-

lina, rappresentata per

prima volta

Teatro Goldoni di Veseguito di Serenissima.


i

nezia nel febbraio 1894, e che forma

Ma
per

se la base de tuto,
il

secondo

l'

opinione dei pi, sono


(a.

soldi,

Nobilomo Vidal,

invece, xe volerse ben

I,

se.

io).

Sullo stesso soggetto ecco anche un- bel testo latino:

1183.

Beati possidentes.
la si

Ordinariamente

crede citazione d' Orazio, e la opinione co-

mune
che
lib.
il

stata confortata dall' autorit del Fournier, che nel libro

pi volte ricordato L'esprit des atitres cita la frase indicando an-

luogo di Orazio donde sarebbe


;

tolta, cio dall'

ode

IX
il

del

IV, verso 25

e sulla fede del Fournier molti, altri repertori

ripetono lo stesso errore.


indicato, nulla vi
si

Ed

altro

non

che se

si

cerca
si

passo
:

trova di simile, e invece ai v. 45-46

trova

Non

possidentem multa vocaveris

Recte beatum
che significa precisamente
il

contrario.

Piuttosto

l'

origine

del

Beati possidentes va cercata in un aforisma o ditterio giuridico,


di cui ignorasi l'autore:

Beati qui in iure censentur possidentes.

1 1

84.

l'origine
il

de toutes

les

grandes fortunes,

y a des choses qui font trembler.


si

sentenza che

attribuisce a

Bourdaloue

il

quale
le

infatti nel

Sermon sur

les richesses,

ossia nel

Sermon pour

jeudi de

la
si

seconde semaine de carme, che nell* ediz. princeps del 1707


trova nel to. II, p.
5,

dice: ....Si vous

remontez jusqu'

la

source d'o cette opulence est venue, peine en trouverez-vous

ou l'on ne dcouvre, dans l'origine


qui font trembler.
quella predica,

et

dans

le

principe, des choses

Ma

Bourdaloue, com'egli stesso dichiara in

non

fa

che commentare un testo di S.

Gerolamo

Omnis

dives aut iniquus est aut hcres iniqui.

1183. Beati coloro che posseggono.

344

Chi

Vha

detto?

[1185-1187]

Come
le

conclusione di tutta questa filosofia, leniamoci prudendi

temente in una via

mezzo, e senza agognare immoderatamente


:

ricchezze, cerchiamo di tenere almeno lontana da casa nostra

1185.

Malesuada Fames ac turpis Egestas


(ViKGiLio, Eneide,
lib.

VI,

v. 276).

due mostri che stanno


V.

all'

ingresso dell'Averno. Cfr. Euripide,

Electr.,
Xpstq:

376-7

XX' xst vaov 7tva

Staxsi 5'v8pa 1%

xaxv.

58.
Preti, sacerdoti, chiesa

Il

domma

dell' unit della chiesa cattolica trae

suo fondamento

da un versetto del Vangelo, che suona: 11 86.

Fiet

unum

ovile, et

unus pastor.
cap.

(Vang, di S. Giov.,

v.

16).

pure della Bibbia quest' altra sentenza che ammonisce


il

sa-

cerdoti a educare

gregge loro non soltanto con la parola,


i

ma

anche con l'esempio, poich


del loro pastore
:

fedeli si

modellano a similitudine

1187.

Sicut populus, sic sacerdos.


{Libro di Osea, cap. IV, vers.
9).

dice la Bibbia, e noi lo ripetiamo,


traslato.

come

si

capisce, anche in senso

Non
tali.

voglio offendere le convinzioni religiose dei miei lettori ac-

cogliendo in soverchio numero citazioni irreligiose o antisacerdo-

Qualcuna

delle pi note tuttavia

non pu

essere omessa: tali

1185. La Fame cattiva consigliera e la Povert vergognosa. 1186. Vi sia un solo ovile e un solo pastore. 1187.

Come

il

popolo, cos

il

sacerdote.

[1188-II91J

Preti,

sacerdoti,

chiesa

345

sarebbero questi due versi che voglionsi detti da Santa Brigida


nel secolo xiv:

1188.

Curia romana non petit

ovem

sine lana:

Dantes exaudit, non dantibus

ostia claudit.
:

ovvero la terribile invettiva di Saul contro Achimelec

1189.

Sacerdoti crudeli, empj, assetati

Di sangue sempre.
(V. Alfieri, Saul, tragedia,
a.

IV,

se. 4).

nella tragedia stessa, a breve


:

distanza

dai

due versi me-

desimi

....

Son

queste,

Queste son,

vili,

le

battaglie vostre.

....

Ogni

altra cura,

Che
Chi

dell* altare,

a cor vi sta. Chi sete.

sete voi? Stirpe

malnata e cruda.

Che Che

dei perigli nostri all'ombra ride; in lino imbelle avvoltolati, ardite


l'

Soverchiar noi sotto

acciar sudanti.

Chi ha

letto

il

famoso Inno a Satana che

il

nostro pi grande

poeta vivente,
di

Giosu Carducci, pubblic


e al quale forse egli

sotto lo

pseudonimo

Enotrio Romano,

deve gran parte della

sua fama, bench appresso abbia scritto molte cose di gran lunga
migliori,
1

non avr dimenticato

la strofa:

90.

Via r aspersorio,
prete, e
il

tuo metro!
indietro!

no, prete: Satana

non toma

Vuoisi che fosse intercalare comune a


parlando col fratello Giuliano, di dire:
1

Leone X,

specialmente

191.
188.

Godiamoci
La
caria

il

papato, poich Dio ce l'ha dato.


pecorelle senza lana; ascolta chi
la

d, a chi

romana non vuole non d serra

porta in faccia.

346

Chi V ha detto?

[1192-1194]

Vedasi nelle Relazioni degli ambasc.


(Firenze,

veneti,

pubbl. da E. Alberi

rino Giorgi.
e di cui

MaMartino IV, che fu papa dal 1281 al 1285, Dante {Purg., XXIV, 23-24) dice che nel Purgatorio:
1846), ser. II, voi. Ili, a pag. 51, la relazione di

Anche

di

....purga per digiuno

Le
narra

anguille di Bolsena e la vernaccia.


i

Jacopo della Lana, commentando


1'

predetti versi

Fu

molto vizioso della gola, e


usava, facea trre

fra l'altre ghiottonie nel

mangiare ch'elli

anguille del lago Bolsena,

e quelle facea an-

negare e morire nel vino della vernaccia, poi


giava; ed era tanto
sollecito

fatte arrosto le

man-

quel boccone, che

continuo ne

volea, e faceale curare e annegare nella


fatto del ventre

sua camera.
e

circa lo
elli

non ebbe n uso n misura alcuna,

quando

era bene incerato dicea:

1192.

sanctus Deus, quanta mala patimur pro


Ecclesia sancta Dei.

Le quali parole sono diventate presso che proverbiali, poich il commento Laneo forse il pi noto dei commenti danteschi, essendo a stampa sin dal secolo xv.
Sentenze popolari e notissime intorno
suoi attributi,
al

Sommo

Pontefice e

ai

non mancano; eccone alcune:

1193.

Tu

es Petrus, et super

hanc petram

sedifi-

cabo Ecclesiam meam et portse prsevalebunt ad versus earn.


i,Vang. di S.

inferi

non
18).

Matteo, cap. XVI,

v,

1194.
che
si

Ubi

Petrus, ibi Ecclesia. Ambrogio, vescovo


di

attribuisce a S.

Milano; e

11 92.

O
Tu

santo Dio, quanti mali soffriamo


di

per

la

santa 'Chiesa

Dio!
sopra questa pietra edificher la mia chiesa, non avran forza contro di lei.

193.

sei Pietro, e

e le porte dell' inferno

11 94.

Dove

Pietro, ivi la Chiesa.

[1195-1198]

Preti, sacerdo ti, chiesa

347

95.

Papa potest extra jus, super jus


De summo
sia:

et

contra jus.

che vien detto trovarsi nel trattato del card.

Roberto Bellarho trovato, n credo

mino,
che
ci

pontifice;

ma

io

non

ce

l'

e preferisco ritenere l'attribuzione per maliziosa.


frasi

Non

conosco

benevole verso
:

frati

che abbiano avuto


(e

la

virt di passare in tradizione

le

poche che ricordo

le

pochis-

sime che

citer)

sono tutte

ostili.

La

frase:

11 96.

Quand vous semez du


tez

Jsuite,

vous rcol-

du

rvolt.

fu detta dal

principe

Girolamo Napoleone
il

alla

Camera

dei

Deputati a Versailles
ficiel de la

24 novembre 1876. Vedi W Journal of-

Rpublique franaise, 25 novembre 18 76.


soppressione degli ordini religiosi divennero di attua:

Dopo
lit

la

quei due versi faceti

1197.

Poveri

frati!

avvezzi a

nun

fa'

niente,

Chi sa quanti ne stianta dar dolore.


da uno dei sonetti in dialetto pisano di Neri Tanfucio (Renato Y\ic\'!it)va.\SX.o\z.\.o La soppressione de' 'onventi {son. LXVII). Come anche molto tempo avanti si ricordavano piacevolmente quelli
tratti

del favoleggiatore toscano

11 98.

....Fra Pasquale,

Che

nella cella tacito dimora,


s

Ch' ha una pancia

grossa e

si

badiale.

Che mangia tanto e predica il digiuno, Che chiede sempre, e nulla d a nessuno.
(LoR. PiGNGTTi, //
toJ>o

romito, favola).

Chiudo finalmente con un epigramma


riassume
i

di
il

Vittorio Alfieri, che

rancori di lui
pontefici:

contro tutto

mondo

clericale, frati,

preti, cardinali,

1195.

Papa pu
il

al di l del diritto,

sopra

il

diritto e contro

diritto.

348

Chi V ha detto?

[il 99-1 201]

1199.

Sia pace

ai frati

Purch

sfratati:

pace

ai preti

Ma
Non
Il

pochi e quieti:
tolga lume:

Cardinalume

maggior prete
Torni
alla rete:

Leggi

non

re,

L' Italia

e' .

59.
Probit, onoratezza, fedelt alle promesse

1200.

Cada uno

es hijo

de sus obras.
di tutte le lingue.

proverbio,
gli

non soltanto spagnuolo, ma

Per
il

spagnuoli vogliono trovarne

le origini in ci

che dice

ca-

valiere dalla Trista figura della propria

dama

nel
;

(parte II, e. 32):

Dulcinea

es hija de sus obras

Don ma fu

Qtiijote

proprio

Cervantes
altri,

il

primo a usare questa locuzione?


il

Ma

foss'egli,

od

sta in fatto che

pi bel titolo di nobilt per un

uomo

l'onore; e chi pu vantarlo intatto, pu trovare conforto anche


nelle

maggiori avversit,

ripetendo

col

cavalleresco

re

Fran-

cesco I:

1201.

Tout

est

perdu

fors l'honneur.

proposito di questo celebre motto, scriveva Chateaubriand negli


(to. I,

tudes historiques
1200.

pag. 128):

On

ne retrouve plus

I'ori-

Ognuno

figlio delle sue opere.

202- 1 203] Probit, onoratezza^ fedelt alle pro7nesse

349

ginal

du fameux

billet,

Tout

est

perdu fors l'honneur; mais


pour authentique.
1'

la

France, qui l'aurait


la

crit, le tient
s'

Questa volta

Francia e Chateaubriand

ingannavano:

originale del

famoso

biglietto

non

si

ritrovato,

ma

si

sono ritrovate copie non meno

autentiche della lettera che Francesco I scrisse a sua madre, Luisa


di

Savoia, la sera stessa della disgraziata battaglia di Pavia, una

lettera

abbastanza lunga, e che in verit contiene nelle prime


senso del motto foggiato
il

ri-

ghe

il

benevolmente dagli
che
1'

storici,

ma

senza
il

laconismo e

la serenit

avevano reso celebre. Ecco

principio della lettera, che fu pubblicata per la prima volta da


(dit.

Dulaure nella Histoire de Paris


quindi molte altre volte
se porte le ressort de
:

de 1837,

to. Ili, pag. 209), e

Madame, Pour vous


qui

faire savoir

comme

mon

infortune, de toutes choses ne m'est deest saulve,


il

meure que l'honneur

et la vie

ecc.

Ma

chi vuol conservare gelosamente

suo onore, deve aver


:

cura di non legittimare

nemmeno

il

dubbio

1'

uomo

onesto non

ha da essere neppure sospettato, come

1202.

La moglie

di Cesare.

Narra PLUTARCO nella Vita di Giulio Cesare^ cap. X, che Publio


Clodio essendosi innamorato di Pompea, moglie di Cesare, e non

potendo con essa

ritrovarsi, entr in casa di lei vestito a

modo

di

sonatrice mentre celebravansi le feste della

Dea Bona

cui nessun

uomo poteva

assistere.

Ma

scoperto, fu cacciato ignominiosamente

e quindi portato innanzi

ai giudici

per questo e per

altri malefici.

Cesare ripudi subitamente Pompea,

ma

chiamato in giudizio per

testificare all'accusa di Clodio, rispose nulla sapere di

quanto con-

tra lui si diceva.


lui

E
:

strana apparendo questa risposta,


la

domand a
?

r accusatore

perch adunque ripudiasti

moglie

Perch

io

non voleva
la

(rispose)

non che

altro che venisse in sospetto. Cosi


il

traduzione delle Vite parallele distesa da Marcello Adriani

;^iovane.

Volete sentire con qual semplice e dignitosa fierezza

1'

uomo

probo possa parlare dei

casi suoi

Udite

il

Parini

1203.

Me

non nato a percotere Le duri illustri porte,

35

Chi V ha detto?

[1204-1206]

Nudo
Il

accorr,

ma

libero,

regno de la morte. No, ricchezza n onore

Con
Il

frode o con vilt

secol venditore
(La vita

Mercar non mi vedr.


rustica, ode, str.
4).

Questa

strofa, dice

il

Carducci, bella in tutto e per tutto, per


la

la verit del

sentimento e per

rispondenza dell'espressione;
nelle Satire, nulla di

dopo

poeti del Trecento e

dopo l'Ariosto

altrettanto nobile era uscito dal petto di poeta italiano.

Non
illustre

altrimenti,

bench pi brevemente, diceva di s un


:

altro

poeta lombardo

1204.

Vergin

E
E

di

di servo encomio codardo oltraggio.


(Manzoni,
// Cinque

Maggio,

ode).

poich ho nominato
:

il

Manzoni,

ricorder gli altri nobilissimi

versi di lui

1205.

....Il

santo Vero
proferir

Mai non tradir; ne Che plauda al vizio

r ombra
dell'

mai verbo

o la virt derida.

{In morte di Carlo Imbonati, Versi a Giulia Seccarla).

Imbonati che cosi parla

al poeta.

Questi versi

lessi scritti,

non esattamente,

nel 1887, dal defunto


sull'

Don Pedro

II

d'Alcantara, imperatore del Brasile,

albo dei visitatori alla


i manoManzoni

Sala della biblioteca Braidense di Milano che raccoglie


scritti e le

edizioni del Manzoni.

E sempre a proposito
di lui, l'on.

del

ricorder per incidenza, che fu


GINI,
il

un genero

G. B. GiOR-

quale disse una volta alla Camera dei Deputati che


il

1206. In Italia

potere non ha arricchito nessuno.

Sono parole scritte da lui nella relazione sul disegno di legge per una pensione e dono nazionale a Luigi Carlo Farini, nella seduta della Camera il 16 aprile 1863 {Atti Parlant., Legisl. Vili, Ses-

[1

207- 1 208] Probit^ onoratezza^ fedelt alle promesse

351

sione 1861-63,

Camera

dei Deputati, pag. 4622).

Ecco

l'intiero

periodo

Una

delle glorie pi vere della nostra rivoluzione e del no-

stro paese,

una

giustizia

che

tutti

partiti
:

saranno superbi di
in Italia le vicende
:

rendersi scambievolmente, appunto questa


politiche sono state per molti

una causa

di rovina

il

potere non

ha arricchito nessuno.
II

venerando uomo non oserebbe ripetere questa affermazione

apodittica oggi, nell'anno di grazia 1904!

Come

paion lontani e
!

leggendari

tempi del Lanza, del Ricasoli, del Farini

Fu

il

se-

condo

di codesti

uomini integerrimi,

il

bar.

che, essendo presidente del Consiglio, nella


dei Deputati del 9 dicembre
notizie che
si
il

Bettino Ricasoli, tornata della Camera


contro
le

1861, protestando

false

facevano artatamente circolare anche dai deputati


paese e per screditarlo innanzi
:

per agitare

all'

estero,

proruppe

nella vivace esclamazione

1207.

Siamo

onesti:

non chiedo
la Sinistra

altro.
il

che sollev un vero tumulto nella Camera. La Destra,


e le tribune applaudirono;

Centro
vi-

rumoreggi e protest
la

vacemente. L*on. Ricciardi grid che


essere ritirata; e l'on. Zuppetta
:

parola onesti doveva


vi

Qui non

sono disonesti!

Ma

si

era nell'anno
la

186 1: oggi un'interruzione simile solleveilarit.


il

rebbe

pi schietta

Dell' altro

nominato di sopra,
:

Farini,

celebre la nobilis-

sima risposta

1208. Lasciatemi la gloria di morir povero.


Luigi Carlo Farini era
vincie modenesi
il

stato

nominato dittatore

delle Pro-

28 luglio 1859, e quindi

dell' intiera

Emilia.

L'Assemblea nel novembre

dello stesso anno,

dopo aver procla-

mato a reggente
tatore
il

il

principe Eugenio di Carignano, decret al ditgli fece

titolo di

benemerito del paese, e

dono

della te-

nuta di Castelvetro quale ricompensa nazionale, dono ch'egli ricus


'

perch non

gli fosse tolta la gloria di

morir povero.

povero

mor, poich la morte lo sorprese prima che la proposta per un

dono nazionale,

alla

quale abbiamo poco sopra accennato, diven-

tasse legge dello Stato.

352

Chi

r ha

detto?

[1209-1213]

Uno
alla

dei principali elementi della probit senza dubbio la fede


la quale,

promessa data,
:

secondo Cicerone, fondamento

della giustizia
1

209.

Fundamentum
est

(autem) est justitiae fides, id

dictorum conventorumque constantia


(2)^ offids, i, 7, 23).

et Veritas.
Benedetto colui che giunto
dire con l'Apostolo
:

al

tramonto dei

suoi giorni,

pu

12 10.

Bonum

certamen certavi, cursum consum(S.

mavi, fidem servavi.


Paolo,
Epist.

II ad Timoth., cap. IV,

v. 7).

Il

secondo inciso preso metaforicamente dai giuochi del circo dei

Greci e dei

Romani (donde anche

altre locuzioni e parole dell'

uso

moderno,

p. es. carriera).

Invece biasimevole, ed anzi spregevole

colui che tradisce chi confida in lui e fa

come

l'

uomo

del pro-

verbio antico che


1

1 1

Altera

manu

fert

lapidem,

panem

obstentat

altera.
e se

(Plauto, Aulularia,

a. II, se. 3, v. 18).

meno
norma

abietto,

pur sempre da biasimarsi anche

-colui

che

per

della propria vita tiene la

massima

1212.
Narra
conte

Lunga promessa con


il

l'attender corto.
e.

(Dante, Inferno,
Villani che questo fosse
il

XX VII,

v.

HO).

frodolento consiglio dato dal

Guido da Montefeltro

papa Bonifazio che ne


:

lo ri-

chiese volendo trar vendetta dei Colonnesi


nella ottava bolgia del cerchio ottavo fra

per cui Dante lo pose


i

mali consiglieri.

12 13. Sit

autem sermo

vester: est, est: non, non.


(Evang. di
S.

Matteo, cap. V,

v. 37).

1209. Fondamento della giustizia la fede, cio la costanza e


sincerit

la

nel mantenere le cose dette e convenute.

I2T0.
12 II. 12 13.

combattuto nel buon arringo, ho terminata la corsa, ho conservata la fede (Martini). In una mano tiene il sasso, coli' altra mostra il pane.

Ho

Ma

sia

il

vostro parlare,

si,

s,

no, no.

[1214-1215] Probit, onoratezza, fedelt

alle

promesse

353

dice la Bibbia,

ammonendo
:

non

fare

giuramenti vani,

ma

ad

affermare semplicemente la verit; e poco oltre d

un

altro aureo

ammonimento
12 14.

di onest

Nemo

potest duobus dominis servire.


(

Vang, di

S.

Matteo, cap. VI,

v. 24).

Poco

fedele alle sue promesse,

frivolezza,

era pur la famosa cortigiana,

non per animo malvagio, ma per Ninon de Lenclos.

Saint-Simon nelle sue Memorie, parlando della poca costanza di Ninon de Lenclos nei suoi amori, aggiunge: Elle a quelquefois gard son tenant, quand il lui piai soit fort, fidlit entire pendant toute une campagne. La Chastre, sur le point de partir, prtendit tre de ces heureux distingus. Apparemment que Ninon
ne
lui

promit pas bien nettement

il

fut

assez sot, et
lui

il

l'toit

beaucoup, et prsomptueux l'avenant, pour

en demander

un
fut

billet: elle le lui

fit.

Il

l'emporta, et s'en vanta fort.


fois qu'elle

Le

billet

mal tenu,

et,

chaque

y manquoit:

12 15.

Oh!

le

bon

billet,
!

s'crioit-elle,

qu'a

La Chastre
Son
qui
fortun, la fin, lui
le lui

demanda

ce

que

cela vouloit dire. Elle

expliqua;

il

le

conta, et accabla
il

La Chastre d'un
Cito
l'

ridicule

gagna jusqu' l'arme o

toit.

ediz. dei

Me'-

moires riscontrata sul ms. autografo da A. de Boislisle (Paris,


Hachette, to. XIII,
riferito

1897, pag. 142). Questo stesso aneddoto


ses enfants,

anche da Bussy-Rabutin nel Discours


quale dichiara che n
Taidi n

del

1694, e nei Mmoires, ed. del 1696; lo racconta anche Volil

taire,

le

le

Laidi nulla fecero

mai

di pi arguto.

Questo povero La Chastre stato identificato

dal Boislisle con Luigi conte di

Nanay, detto
il

il

marchese di La
altri riferi-

Chastre, nato verso

il

1633, morto in guerra


lui,

1664;

vano l'aneddoto

al

padre di

Edone, l'autore
l'

Mmoires
edizione

sur

la

minorit de Louis
l'

XIV, ma

annotatore

dell'

Hachette dimostra

errore di questa attribuzione.

12 14. Nessuno pu servire due padroni.

33

354

C^'-

^' ^(^

dettai

[1216-1220]

60.
Prudenza, senno

L'

uomo

prudente sa tenersi lontano dai


e'

cattivi passi,
:

e,

ove

malauguratamente

incappi,

uscirne abilmente, perci

12 16.

Assai pi giova,

Che

fervidi consigli,
a'

Una
Infatti la

lenta prudenza

gran

perigli.
a. Ili, se. 3).

(Metastasio, Antigono,

prudenza comincia dal consigliare

di tenersi lontani

dalle occasioni del pericolo,

raccomandando che
al

12 17.

Non

si

commetta

mar

chi

teme
Siroe,
a.

il

vento.

(Metastasio,

II, se. 3).

nello stesso
:

argomento abbiamo anche queste due preziose sen-

tenze

12 18.

Qui amat periculum


Litus

in ilio peribit.
{Ecclesiastico, cap. Ill, v. 27).

2 19.

ama Altum alii


non

[et

lvas stringai sine palmula


\cautes\
lib.

teneant.
(Virgilio, Eneide,

V,

v.

163-164).

Poi, se questo

basta, vuole che ai mali nascenti


:

si

provveda

appena sorge

il

dubbio

1220. Principiis obsta: sero medicina paratur

Quum mala per longas convaincre moras.


(Ovidio, Remedium Amoris,
v. 91-92).

12 18. Chi

ama

il

pericolo, vi perir.
altri

12 19. Attienti al lido;...

vadano

in alto mare.
si

1220. Ripara in principio;

troppo tardi

arreca

la
al

medicina
male.

quando

lunghi indugi hanno dato vigore

[I22I-1226]

Prudenza, senno

355

Prudente l'uomo che prevede

pericoli,
t' aitita,

prepara

rimedi e

provvede

a' suoi casi.

Aiutati che Dio

ossia per dirla

con

le parole di

Oliviero Cromwell
(3

ai soldati la

mattina della bat-

taglia di
1

Dunbar

settembre 1650)

22

Put your

trust in

God and keep your powcie-

der dry.
Prova
camente
di
il

prudenza e di accortezza anche di non seguire


consiglio dei pi:

1222. Multitudo
Cosi S.
lui

non
nel
:

est

sequenda.

Agostino

un antico aveva detto

commento al salmo 39. Ma prima di Per publicajn via-m ne ambules, e un


:

grande poeta italiano, ad esempio di entrambi

1223. Seguite

pochi, e

non

la

volgar gente.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, num. LXVII secondo il Marsand, comin.: Poi che voi ed io pi volte bhiam provato ;
son.

LXXIII

dell' ed.

Mestica).
le

Per torto anche maggiore sarebbe di chiudere ostinatamente


orecchie ai consigli e alle ammonizioni altrui:

1224.

Qui habet aures audiendi, audiat.


(Vang, di
S.

Matteo, cap. XI,

v. 15).

un savio

consiglio

si

accetta da tutti, anche dal

nemico

1225.

Fas

est et

ab hoste doceri.
(Ovidio, Metamorfosi,
lib.

lY, v.

428).

Ma

se stoltezza di

non

ascoltare l'avvertimento del savio, quale


?

stoltezza maggiore del rifiutare credenza agli avvertimenti del cielo

tali

sarebbero, secondo

le

Sacre Carte, anche

le profezie:

1226. Prophetias nolite spernere.


{Prima
Utt. di S.

Paolo ai Tessalocinesi, cap. V,

v. 20).

1221. Abbiate fede in Dio e tenete


1222.

le

vostre polveri asciutte.

Non

seguite la moltitudine.

1224. Chi ha orecchie da intendere, intenda.

1225.

bene imparare anche dal nemico.


disprezzate le profezie.

1226.

Non

356

Chi V ha detto?

[i 227-1 231]

Pur troppo molte


seme caduto

savie parole

vanno

gettate al vento, sono


:

un

in terra infeconda, poich

1227.

On donne
pas

des conseils, mais on ne donne


{Maximes de La Rochefoucauld).

la sagesse d'en profiter.

COS nelle

prime edizioni, meglio che nella definitiva del 1678

dove
L'

detto (

CCCLXXVIII)

On donne

des conseils, mais

on n'inspire point de conduite.

uomo

assennato sa

pure distinguere ragionevolmente ogni

volta che deve giudicare o deliberare e


fatte,

non procedere

su

idee
il

su pregiudizi accademici o volgari; sa

insomma

seguire

precetto scolastico Distingue frequenter,

e la sentenza dantesca

1228

Quegli

fra gli stolti

bene abbasso

Che senza

distinzion afferma o niega,

Cosi nell'un

come

nell'altro passo.
e.

(Dante, Paradiso,

XIII,

v.

115-117).

Dal medesimo
consiglio

Dante

trarremo

la frase

seguente a indicare perdell' altrui

sona che gode di sufficiente senno da non aver bisogno


:

1229. Se' savio, intendi me' eh' io

non ragiono.
e.

{Inferno,

II, v. 36).

e a chi

ha ormai raggiunto

1'

et

da poter curare da s

le

cose sue

e sfuggire facilmente agli altrui inganni,

diremo con

Dante me-

desimo

1230
ovvero col

Te sopra
Petrarca
:

te

corono e mitrio.
{Purgatorio,
e.

XXVII,

v. 142).

1231.

gi di l dal rio passato


{Canzone
in vita di
il

'1

merlo.

M. Laura, num.
v.

condo

Marsand, com.:

secondo
frase che
si

cantar com' io soleva, il Mestica).

IX, se vo' pi 21; canzone XI,

Mai non

applica benissimo anche a persona che

si scaltrita

sugli inganni o sulle

menzogne

di alcun altro.

[1232-1233]

Prvdenza, senno

357

Ma

a chi giunto a questa et della saviezza, mentre potrebbe

e dovrebbe consigliare altrui, ha invece


vegli e lo guidi,
si

bisogno di chi lo sor-

potr dire

il

notissimo:

1232. Quis custodit custodes?


che pi esattamente dovrebbe
{Sat.
citarsi

coi

versi

di

Giovenale

VI, V. 347-348):
....Sed quid custodie! ipsos

Custodes

Volendo cercare
trovarla forse in
(lib.

la fonte

pi antica di questa frase,


del trattato

potremmo

un passo

De
i

repuhlica di

Platone
stessi bi-

Ili, cap.

XIII) dove detto che


dalla ubriachezza, per

custodi dello Stato deessi

vono guardarsi
sogno todem

non avere

di custodia.

Nempe

ridiculum esset, custode indigere cus-

(rsXotov yp, ^ ', xv ys cpXaxa (pXaxoc stoGai).


la saviezza e la

Corre voce che


genio: vari sono
tanto,
i

prudenza male

si

concilino col

pareri su questo argomento, e qui ripeter solil

senza discuterlo, quello di Kean,


cui

grande

artista teatrale

inglese,

DUMAS

fece dire

1233.

Et

deviendra pendant que j'aurai de l'ordre?


le gnie, qu'est-ce qu'il
(Alex.

Dumas

pre, Kean,

a.

IV,

se, 2).

61.

Be

e principi, Corte e nobilt

Il

secolo decimottavo che

si

curato cosi

poco di rispettare
sovrani
;

la religione,

non poteva

rispettare

nemmeno

e
i

un verso
fischi del

troppo celebre di una mediocre tragedia, caduta sotto


pubblico
fin dalla

prima rappresentazione, riuniva nello stesso

d-

spregio ambedue, dicendo che:

1232. Chi custodisce

custodi?

358

Chi

r ha

detto?

[1234-1237]

1234.

La
resto,

crainte

fit

les

dieux; l'audace a
(Crbii-Lon, XerxeSt

fait les
1).

l'Ois.

a. I, se.

Del

che cosa un re? che cos' un principe?

1235.

Un

prince est le premier serviteur mier magistrat de l'Etat.


s'

et le pre-

risponde uno che pure


IL

intendeva di principi, cio

Federigo
to.

Grande,

re di Prussia, in pi luoghi delle

Mmoires de Bran123;

debourg

(nelle

Opere, ediz. Preuss,

to.

I,

pag.

Vili,

pag. 65; to. IX, pag.

197;

to.

XXIV,

pag. 109; to.

XXVII,

pag.
lui

297) ed anche nel Testament politique. Del resto prima di


detto {De dementia,
I,

Seneca aveva

19): (Rex) probavit


;

non rempublicam suam esse, sed se reipublicae e Massillon nel Petit Carme [Sermon pour le jour de l'incarnation) Ce
:

n'est pas

le

souverain, c'est la
tes

loi.

Sire, qui doit rgner sur les


le

peuples.
taire.

Vous n'en

que

le

ministre et

premier dposi-

Un'

altra definizione della regia dignit sta nella nota formola

1236.
con
la

Le
il

roi

rgne

et

ne gouverne pas.

quale Thiers nel numero A\ National del 18 gennaio 1830

riassunse

programma

del partito nazionale.

Ma Jan Zamoyski
alla

(morto nel 1605) aveva gi detto in un discorso innanzi


di Polonia,

Dieta
sed

rimproverando

il

re

Sigismondo III

Rex regnai

non gubernat.

1237.
Erano
cese

Le
le

roi est mort,


le

vive le roi!
quali nella vecchia monarchia frantre volte al
la

parole di rito con


d'

un araldo

armi annunziava per

popolo, dal bal1'

cone del palazzo reale, simultaneamente

morte del re e

av-

venimento

al

trono del successore, mostrando cosi


per

la continuit

non

interrotta della carica reale, imperitura

quanto fossero

mortali le persone che volta a volta la rivestivano.


in Francia per
1'

Le

si

udirono
:

ultima volta

alle

esequie

di

Luigi

XVIII

il

24 ottobre 1824 nella chiesa di San Dionigi innanzi all'avello


reale,
il

duca

d'

Uzs, che compiva


il

le

funzioni di gran maestro


la

di palazzo, abbass

suo bastone del comando, ne pose

punta

[1238- 1 240]

Re

e principi.

Corte e nobilt

359

entro la

tomba
:

e grid

Le roi

est

mort. L' araldo d' armi ripet


:

per tre volte

Le

roi est mort, e alla terza volta aggiunse

Prions

tous Dieu pour le repos de son me.


il

Dopo un breve
:

silenzio

duca d'Uzs rialzando

il

bastone grid

Vive

le roi,

che ancora

per tre volte fu ripetuto dall' araldo, e quindi tutti proruppero in

acclamazioni per Carlo X,


posito del significato che
si

il

nuovo padrone
Louvre
dalla

della Francia.

pro-

si

annetteva a questa formola rituale,


la notizia dell' assassinio di

narra che appena arriv


i

al

Enrico IV,
grid
lery,
:

ministri corsero
re

regina,

la

quale vedendoli
Sil-

Il

morto !
il

V'ingannate, signora, rispose

in

Francia

re

non muore mai.

Accanto a questa formola

di rito utile citare quest' altra tolta


il

da un salmo della Bibbia per formarne

principio della pubblica

preghiera pro Rege obbligatoria anticamente in certe funzioni, se-

condo
per
il

1'

uso che

istituito

da Adriano I con

la

messa che

si

diceva

re di Francia nel principio di quaresima, fu nel progresso

dei tempi abbracciato da tutte le nazioni cattoliche.

1238.

Domine, salvutn

fac

regem.
{Salmo XIX,
V. 9).

1239. L'Etat c'est moi.


fu l'orgogliosa risposta

che Luigi

XIV,

ancora

diciassettenne,

nel 1655, entrato nel Parlamento in abito da caccia col frustino


in
gli

mano, avrebbe dato

alle

osservazioni del primo presidente che

parlava degli interessi dello Stato.


il

Ma

dessa autentica?

Molti

ne dubitano. Vedi
schichte,

libro dell' Hertslet,

Treppenwitz der Weltge-

IV. Aufl.

(Berlin,
1'

1895), pagine 338-339. Giova anche

aggiungere che

gl' inglesi

attribuiscono invece alla loro regina

Ei iSABETTA.

petesse a Luigi
1

N XI

pi assodato che
il

Carlo
di

famoso verso

il Temerario Giovenale:

ri-

240.

Hoc

{non Sic) volo,

sic iubeo, sit

pro ratione
[voluntas.'

(Satira VI, v. 223).

1238.

Dio, salva
di

il

re.
il

1240. Questo io voglio, cosi ordino, e sia

voler

mio

in luogo

argomento.

36o

Chi V ha detto?

[1241-1242]

ma

invece certissimo che lo rinverdisse


fa,

come simbolo
II,

del ce-

sarismo moderno, non molto tempo


tore di Germania, scrivendolo di suo
in calce di

Guglielmo
nel

impera-

pugno

un suo

ritratto

donato

al

GefiFken,

novembre 1893 come aveva rin-

frescato la

memoria

di un'altra sentenza latina:

1241.

Regis voluntas suprema lex

esto.

che scrisse nel settembre 1890 nell'album della biblioteca della


citt di

Monaco

e nella quale,

qualunque ne
(al

sia

1'

autore, evi-

dente
niana
:

la

derivazione della gi citata

n.

589) sentenza ciceroIII,


3).

Salus populi suprema lex esto

(De legibus.
la

In questo stesso ordine d' idee rientra


cese:

vecchia formola fran-

1242. Tel est notre plaisir.


Dall' epoca del regno di Francesco I in poi, la cancelleria dei re
di

Francia prese l'abitudine di chiudere


reali

proclami,

gli editti e le

ordinanze

con

la

formula car

tel est notre plaisir,

che teneva
gi le ul-

luogo di ogni altro argomento, buono o cattivo!


time ordinanze del regno di Carlo

Ma

VII portavano

di frequente la

formula medesima;

il

Mas

Latrie ne cita una del 12 maggio 1497.

La

stessa formula si trova ricordata anche in questa forma: car

tel est notre

^on plaisir, e

infatti

1'

antico

regime fu chiamato
la cancel-

dagli scrittori francesi le


leria del

regime du bon plaisir; anche


1'

Primo Impero rinnov


Il

uso della vecchia formula nel

testo pi corrente.

Mas

Latrie in

una dissertazione pubblicata


(to.

nella Bibliothque
stiene che la

de l'cole des Chartes

XLII, 1881)

so-

sola vera

formula era Car

tel est

notre plaisir o

anche, pi di raro,

Car ainsi nous piaist


i

il tre

fait; che l'in-

terpolazione del bon arbitraria; e che


st'aggettivo
briele
si

documenti nei quali que-

trova, sono tutti falsi o alterati.

Ma

il

signor Ga-

Demante ha voluto dimostrare


to.

eccessive le affermazioni del

Mas
dico,

Latrie in un' altra dissertazione pubblicata nello stesso perio-

LIV, 1893.

1241. Sia suprema legge

la

volont del

re.

[1243-1247]

R^

e principi.

Corte e nobilt

361

1243.

Sono
Di

monarchi
il cielo. (Metastasio, Ezio,
si

Arbitri della terra,


loro
a. I, se. 3).

ed

essi,

conviene pur troppo aggiungere, talvolta

prevalgono
nelle

dell* autorit

che

la

fortuna o

il

diritto divino

hanno messo

loro mani, ne usano e ne abusano, facendo

come quel buon


all'

prin-

cipe Lorenzo dell' operetta francese,

il

quale

oste che gli os-

serva

Mais

c'est

de l'arbitraire ?

d'tre prince, si
di

risponde ingenuamente:

1244.

Et quoi me

servirait-il

je ne faisais pas

de l'arbitraire?
Chivot
e

(Za Mascotte, parole musica di Audran,

DuRU,

a. I).

Anche G. G. Belli
questi vecchi sovrani

in

un popolarissimo sonetto

intitolato

Li
di

Soprani der monna vecchio (21 gennaio 1832)


:

fa dire

uno

1245.

Io so'

io,

e voi

nun
bb...,

zete

un

e...,

Sori vassalli
e molti secoli prima di lui

e zzitto.
latino

un poeta

aveva detto,

1246.

An

nescis longas regibus esse


hanno

manus?
v.
166).

(Ovidio, Heroides, ep, XVll, Helena Paridi,

intendendo che
loro

re

le

mani lunghe
;

e quindi la giustizia
si

pu

colpire anche da lontano

ma

la frase

cita malizio-

samente in ben altro senso.


Per, bench

Vittorio Alfieri,

naturale odiatore della tiran-

nide, opinasse che:

1247.

Seggio di sangue e d'empietade


{Saul, tragedia, a.

il

trono.
se. 3).

IV,

altri

sono pi equi, e ammettono delle distinzioni: certamente


ci

ci

furono, ci sono e
disse
il

saranno dei principi, simili a quelli di cui

Divino Poeta:
sai

1246.

Non

che

re

hanno

le

mani lunghe?

362

Chi

Vha

detto?

[1248-1252]

1248.

....Son tiranni

Che

dir nel sangue e nell'aver di piglio.


(Dante, Inferno,
e.

XII,

v.

104-105).

o che furono ammoniti da

Vincenzo Monti
lui
:

per bocca di Ari-

stodemo con

le

ultime parole di

1249.

Dite

ai regi
il

Che mal
ma non
1250.
tutti

si

compra

co' delitti

soglio.
a,

{Aristodemo, tragedia,

V,

se. 4).

rassomigliano a costoro, e in fondo

malheureux rois Dont on dit tant de mal, ont du bon quelquefois.


....Ces
(Andrieux, Le Meunier de Sans
Souci).
le

Aggiungasi pure, a onor loro, che da qualche tempo

cose
se-

sono cambiate per loro e in peggio, e che

il

mestiere del

re,

condo che pensava


zione di

il

principe di

Monaco
:

in

una geniale produ-

Sardou,

proprio guastato

1251.

Ah!

le

mtier est bien gt!...


(Rahagas,
a. I, sc. 10).

un

re inetto,
il

e incurante del

bene de' suoi sudditi,


:

si

pu

applicare

motteggio proverbiale di

1252.
eh'
sti.
il

Re

Travicello.
una
delle pi saporite

titolo di

ed argute

satire del

Giu-

Tommaso

Grossi andava matto per questo scherzo, di cui

nell'ottobre 1843 cosi scriveva all'autore: Benedetto quel


Travicello! che cosettina squisita! che finezza ingenua,

Re

che in-

nocente malignit, che burro, che vita, che lingua poi, che lingua
e che stile
!

Sarei tentato di metterla tra le prime cose, in genere

di poesia popolare e satirica,


s'

che io mi conosca, se non che mi


tante altre

affacciano alla

memoria

le

sue cose, tutte belle di

vario genere di bellezze, tanto poi

magnifiche per

quel beato

vezzo di lingua che incanta

e rapisce.

La

satira del

Re

Travicello, principe inerte e minchione, incatutti

pace del bene come del male, parve a

diretta contro

Leo-

[1253-1257]

Re

e principi.

Corte e nobilt

363

poldo
1'

II,

bench

il

Giusti lo smentisse replicatamente. Egli tolse


di

argomento dalla nota favola


lib.
I,

Fedro, Ranca regem


altra satira,

petentes

{Fab.,

fab.

2).
il

Re

Travicello fa

pajo con

1'

intitolata

1253.

Re

Tentenna.
Domenico Carbone
la virt di
il

che composta da
niente
il

i ottobre 1847,

ebbe

meno che

decidere Carlo Alberto a proclamare

sospirato Statuto.

La

satira

che sferzava a sangue quel re sem-

pre vacillante e peritoso, girava manoscritta e and via a ruba.


Il

Carbone sospettato come autore, fu arrestato mentre teneva in

tasca

originale della poesia,

ma

ebbe

il

tempo

di trangugiarlo

e fu salvo. Intanto

Re

Te?itenna aveva raggiunto lo scopo.


di

Anche meno
(parole di

di

un Re Travicello o

un Re Tentenna saCene?-entola

rebbe stato quel Dandini, finto

principe, che nella

Jacopo Ferretti, musica

di Rossini, a. I, se. 6) do-

mandava

1254.

Io sono

O
Ma

un Principe sono un cavolo?


:

vecchia la sentenza che

1255. Les fous sont, aux checs,

les plus

proches
v. 30).

[des rois.
(Rgnier, Satire XIV,
e

non

soltanto nel nobil giuoco

degli

scacchi!

Un

ramicello di

pazzia doveva di certo averla quel Carlo


lebre capitano

VII

cui nel

1428

il

ce-

Stefano Vigno lles, soprannominato La Hire,

avrebbe detto:
1

256.
i

On ne peut perdre plus gaiement son royaume.


noiosi eroditi

ma

soliti

hanno messo
ci

in

dubbio

1'

autenticit di

questo motto, e pare che

abbiano

le

loro

buone

ragioni.

1257. L'exactitude est la politesse des rois.


era

massima

di

Luigi XVIII: ma

sovrani,

se

tengono ad

es-

sere esatti con gli altri, tengono soprattutto a che gli altri siano
esatti

con loro; quindi troveremo naturale

il

famoso

364

[1158-1*63]

125S. J'ai

failli

attendre.

che sarebbe stato detto da Ltugi


era stato poco preciso a

XIV mi giorno che qualcuno un appontamoito con lui: al solito il


droit.

Fonmer crede poco

furobabile la cosa

1259.

il

Dieu

et

mon
tempo

motto dei re d* In^iltorra. Pare che fosse preso da Riccardo


d Leone, al delle gn^rre

Cuor

con

la

Frauda, e poi rinquindi continuato

novato in una occasione simile da Edoardo


fino alla rtgaui Elisabetta,

m,

che lo lasd
l*

pa 1* altro Sen^^ emdem.

La

regina Maria rimise in uso

antico motto, che rimasto nello

stemma

reale inglese fino ai nostri giorni.

Ddla
hanno

influenxa che

costumi, le virt e

visi

dd

prindpe

sul popolo eh* egli regge, parla la classica soitenxa, dtata

ordinariamente cos:
1

260.

R^s ad exemplum totus componitur orbis.


tratta

bench in CuLuniAKO donde


morii,

(Dt Qmtirl cwuwlBte If&-

399-301) leggasi con lieve difierenxa:

Componitur orls R^[s ad 6zan]dum; nec

sic inflectere setisus

Humanos
In forma pi
un*qpistola poetica di
1

edicta valait,

quam

vita r^ents.

uniliare,

e pi espressiva ra detto lo stesso in

Federico

re di Prussia:

2 6 1 . Lorsque Auguste buvait, la Pologne tait ivre.


che qualdie volta
si

dice anche con altro concetto,


il

do che
questo

de^ enon e dd vixi


meglio
si

dei reggitori paga

fio il

paese;

ma

esprime col verso oraxiano:

1262. Qudqud dlirant reges, plectuntur Achivi.


(Omazio, ^'siole, UK.
I,

ep. 2, v.

14).

Invece un' altra sentenxa esprme che giudice severo ddl* opere

dd

prndpi la pubblica opinione, la quale, se pure non gode

ia6o. Tutto

il

mondo

adatta all'esempio

dd

re.

1262. Per tutte le paasie

dd

re,

sono puniti

^ Achivi.

263-1 206]

Re

e principi.

Corte e nobilt

365

sempre

di sufficiente libert per manifestare

1'

aperto biasimo, sa

per dimostrarlo anche tacendo, di guisa che

1263.
come

Le

silence

du peuple

est la leon des rois.


in

fu detto

da mons. de Beauvais, vescovo di Senez,

una

orazione funebre per Luigi

XV
XVI

recitata

il

27 luglio 1774 nella

chiesa di St. -Denis. I.a stessa frase era ripetuta in un' occasione

memorabile e
glio
1*

tragica. Luigi

si

present

il

mattino del 15 lu-

1789 all'Assemblea costituente; quando ne fu annunziato arrivo, Mirabeau prese la parola, dicendo Qu'un morne re:

spect soit le premier accueil

fait

au monarque dans ce moment


est la leon des rois. (Thiers,

de douleur. Le silence des peuples


Rvolution franaise,
to.
I,

eh. II).

Ecco una

frase gentile per

una regina:

1264.

Fulgida e bionda ne l'adamantina


luce del serto tu passi.
(Carducci, Alla Regina
d'Italia, nelle

Nuove odi barbare),


la

eccone invece un'

altra,

pochissimo gentile, per

corona ferrea

1265.

settentrional spada di ladri

Trta in corona.
(Giusti, L' incoronazione,
str. 22).

La corona ferrea che


mo, cui
fu

si

conserva a

Monza

nel Tesoro del

Duo-

donata della regina Teodolinda, contiene, secondo una

tradizione molto posteriore,


di S.

un

anello di ferro formato per ordine

Elena con uno dei chiodi della croce di N. S.


destituita di ogni

Ma

la leg-

genda

fondamento, e

il

Venturi {Storia del-

l'Arte Italiana, II, p. 72 e seg.) dimostra che la corona, prima


di essere sospesa

un

collare o

un

braccialetto,

come corona votiva, era con tutta probabilit an torquis portato da una regina
fu detta

barbara.

La corona che
popolari, e
si

ferrea per
il

la

prima volta in una


italiana.

cronaca del xiii secolo, divenuta

simbolo della regalit


se
i

Sono

citano di frequente,

non testualmente,

almeno nel concetto ch'essi racchiudono,

due versi seguenti:

1266.

Quando la gente non avea farina, Lo re diceva: mangiate pollame.

366

Chi l'ha detto?

[1267-1268]

tratti

da uno degli
intitolato

stornelli pi conosciuti di

Francesco Dall'On-

GARO,

C'era una

volta, e scritto a

Roma
fame.

nel 1849:

C era
Che

una volta un
al sol vederli

re e

una

regina,
la

passava

Viveano a starne, Per la felicit del

vesti van di trina

lor reame.

Quando

la

gente non avea farina,


:

Lo
Il

re diceva

mangiate pollame.
1'

quale ultimo verso ricorda per questo

altro motto, certamente apocrifo,

ma non
Francia:

meno

popolare, attribuito a una principessa di

Mangez de
attribuirsi,

la brioche.

La

novelletta , molto probabil-

mente, inventata di sana pianta,

ma

quel che certo, ch'essa

non pu

come una sciocca calunnia ha voluto far credere, a Maria Antonietta, perch essa era gi popolare nella giovent di Rousseau, quando cio la bella arciduchessa austriaca
non
liv.

era ancora nata. Infatti

Rousseau

nelle Confessions (part. I,

VI) parlando di quando era istitutore in casa de Mably (1740)


:

dice

Je

me

rappelai le pis-aller d'une grande princesse qui


les

l'on disoit
dit: Qu'ils

que

paysans n'avoient pas de pain


la brioche.

et qui

rpon-

mangent de
si

Anche

di

Giuseppe Foulon

intendente generale dell'esercito nel 1789, assassinato dopo la

presa della Bastiglia,

narra,
il

non so con quanto fondamento,


de pain,
elle

che avrebbe detto, quando


dalla carestia:

popolo francese sembrava minacciato

Si

cette

canaille n'a pas

mangera
cui

du

foin.

Attorno

ai

sovrani

si

trovano

le corti,

quelle corti di

il

Tasso
1267.

disse:

Vidi e conobbi pur l'inique Corti.


{Gerusalemme
liberata,
e.

VII,

ott.

12).

il

vecchio pastore che cosi parla ad Erminia smarrita nella selva.


infatti
:

Parrebbe
dell'

che

l si

dessero ritrovo tutte

le

tristi

passioni

umanit

se sia vero anche oggi

non

so, certo tuttavia

che
:

se

il

principe malvagio, chi lo circonda pi malvagio ancora

1268.

re malvagio, consiglier peggiore.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

II, ott. 2).

[1269-1271]

Re

e principi.

Corte

e nobilt

367

che fu detto di Aladino tiranno di Gerusalemme e del


e fu preso

mago Ismeno

da Pier Jacopo

Martello come
suo cane Po.

titolo di

un suo cue dedicato

rioso

dramma,

di cui gl' interlocutori


il

sono tutte

bestie,

pure ad un'altra bestia,

le

Eppure le corti dovrebbero essere ben diverse se coloro che compongono si ricordassero sempre del motto della loro casta:

1269. Noblesse oblige.


che
ch
pag.
si
si

attribuisce al duca P.

legge nella sua raccolta di


al

M. G. de Levis (1755-1830), poiMaximes et Rflexions {1808,


prima fonte
si

13),

LI;

ma

di cui la

pu cercare in

una sentenza

di

Boezio [De

consolt, philosophiae, lib. Ili, e. 6):

Si quid est in nobilitate

bonum,

id esse arbitror solum, ut im-

posita nobilibus necessitudo videatur, ne a

majorum
all'

virtute de-

generentur

si

studino perci

nobili di emulare le virt caval-

leresche dei loro maggiori, quelle virt che

Ariosto facevano

esclamare

1270.

Oh

gran bont

de' cavalieri antiqui!


{^Orlando furioso,
e. I,

ott. 22).

se

non vogliono che

si

applichino anche a loro

le

amare parole

dello scettico filosofo francese:

1271. Les grands

noms
les

abaissent, au lieu d'lever

ceux qui ne

savent pas soutenir.

(Maximes de La Rochefoucauld,

CXIV).

368

Chi

Vha

detto?

[1272-1274]

62.
Eegole del trattare e coiiversare

Miracolo di cortesia e di modestia doveva essere quella Beatrice Portinari,

di cui

Dante

diceva

1272.

Tanto

gentile, e tanto onesta pare

La donna

mia, quand' ella altrui saluta, Ch'ogni lingua divien tremando muta,
gli occhi

non ardiscon
i

di guardare.
(

principio del pi mirabile fra

sonetti di

Dante

Vita

Nuova,
lu-

XXVI), che
lei,

lo scrisse

quando appena potea contare cinque


doveva essere armoniosa
il

stri d' et.

Sopra ogni
il

altra cosa

la

voce

di

e gentile

suo dire, se

poeta medesimo in un altro so-

netto {Vita Nuova,

XXI)

scriveva:

1273.

Ogni

dolcezza, ogni pensiero umile

Nasce nel core a chi parlar la sente; Ond' beato chi prima la vide.
Quanto
lontana questa gentilezza e amabilit naturale dal consi

venzionalismo mondano, da quella falsa e artificiosa urbanit


facile

a degenerare in svenevolezza, che


:

un

altro

poeta prese a

beffare nei versi

1274.

Stretto per l'andito


Sfila
il

bon ton ;

Si stroppia, e brontola

Pardon^ pardon.
(Giusti, // ballo,
Il
str. 13).

Giusti medesimo in

altra poesia cosi

amaramente ragiona

in-

torno alle ipocrisie sociali del conversare, rimpiangendo

la fran-

[1275-1276]

Regole del trattare e conversare

369

chezza
alla

dell* et giovanile,

quando studenti con studenti

si

trattano

buona

col tu,

anche senza essersi mai veduti prima:


3-113-

1275.

Qi^l ^^

quacquera

Di primo acchito!
Virt di vergine

Labbro, in quegli anni,

Che

poi, stuprandosi

Co' disinganni.

Mentisce armato

D'un
Ma
cosi vuole oggi la

lei

gelato!
{Le memorie di Pisa,
str. 6).

moda,

non

si

potrebbe fare altrimenti


e,

senza incorrere nella taccia di sgarbato o peggio,


farsi dire sul

per esempio,

viso quel che disse, per sua mala fortuna,


:

un

frate

a Bernab Visconti

1276.

Qui de

terra est, de terra loquitur.


2'^,

Narra Ser Giovanni Fiorentino nella Giorn. VI, nov.


del Pecorone che
il

capitolo generale dell' ordine dei Frati Minori

tenutosi in Milano al

tempo

di

Bernab Visconti, mand a

rac-

comandarsi a
ser

lui

perocch avevano bisogno di molte cose.


di dar loro

E
:

mesil

Bernab promise
infatti fu

risposta per

un suo messo,

quale

da

lui

mandato

venuto nel capitolo disse

Il

signor messer Bernab vi


a*
e'

manda rispondendo che provveder bene


il

bisogni vostri, e massimamente a quello delle femine,


sa che sar
il

quale

maggior bisogno che voi abbiate; per che voi

ne sete molto vaghi, e quelle che voi avete, non basterebbono.


Allora
se
i

frati

guardavano

l'

un

1*

altro,

non dicevano
terra
est, si

niente,
{alltide

non quel

frate,

che fu cagione della morte d'Ambrogio


il

ad

altra rurvelletta)^

quale disse:

Qui de

de terra
partirono
ri-

loquitur, e nessuno fu pi che dicesse niente, e tutti

senza fare altra risposta


ferita la risposta,

al

cavaliere .
il

Messer Bernab cui

fa

prendere

frate,

e senza dirgli

nessuna
1*

altra cosa, fece

scaldare

nn

ferro, e feglielo

mettere per

uno

1276. Chi nasce bassamente, parla bassamente.


24

370

Chi l'ha detto?

[12 7 7- 12 79]

orecchio, e riuscire per l'altro, acci eh' e'


Il frate visse

non udisse mai

pi.

a stento

alquanti

d,
si

e morissi

quasi disperato

Di

tale

fatto

che pare storico,

trova la fonte negli Annales

Mediolanenses, pubblicati dal Muratori, dove l'anonimo cronista


trascrisse
tutte
le

accuse mosse da Gian Galeazzo allo zio nel


1'

processo intentatogli dopo che

ebbe
col.

fatto prigioniero

{Rertan

Italicarum Scrptores,
tale Vito,

to.

XVI,

795, C.

Cfr.

anche Vi-

Bernab Visconti nella novella

e nella

cronaca contem-

poranea,

neW Archivio

Storico Lo^nhardo,

1901, pag. 267).


ti

anche regola di moderna creanza che nel parlare non


:

sfugga alcun suono incomposto

1277.
come

Lacerator di ben costrutti orecchi.


poemetto pariniano
:

detto nel principio del

Oh
Il

se te in

gentile atto mirasse

duro capitan, quando tra P arme. Sgangherando la bocca, un grido innalza Lacerator di ben costrutti orecchi, Onde a le squadre vari moti impone.... (Pak INI, Jl Mattino, v.

106-110).

Suir andare e

sul

camminare abbiamo due

frasi

diventate
si

comu-

nissime, tolte a due grandi poeti, delle quali l'una


si

usa quando

vedono due o pi persone andarsene, non a fianco amabilmente

conversando, come regola di buona compagnia,


l'

ma

l'un dietro
alle

altro o

come oggi

si

dice,

con frase modernissima tolta


altri

reminiscenze dei romanzi di Fenimore Cooper e di


americani, in fila indiana
:

scrittori

1278.

Taciti, soli e senza

compagnia
via.
XXIIl,
v.
1-3).

N'andavam,

l'un dinanzi e l'altro dopo,


(Dante, Inferno,
e.

Come
r
altra
:

frati

minor vanno per

denota l'andare dignitoso e maestoso specialmente di

donna

bella

1279.

Vera incessu patuit

dea.
lib. I, v. 405).

(Virgilio, Eneide,

1279. Al camminare apparve veramente dea.

[1

280-1284]

Regole del trattare e conversare

371

Si sa che in questo luogo dell' Eneide

nere perch andava, non come camminano


pie*

Enea che riconosce Vei mortali, movendo un


Dei, cio senza toccar

dopo

1*

altro,

ma come andavano

gli

terra,

quasi volando.
i

Offenderei

miei lettori, se ricordassi loro


della societ
e'

nemmeno

per ischerzo,

che tra
(sia

le

buone regole

anche quella di non fare


dia-

detto con riverenza di chi legge)

come quello sconcio

volo, che

1280
e

Avea
di

del e... fatto trombetta.


(Dante, Inferno,
e.

XXI,

v. 139).

neppur

1281.

Ruttar plebeiamente

il

giorno intero.
v.

(Parini, Il Mattino,
Il

185).

malcreato che dimenticasse questi due elementari precetti me-

riterebbe di essere trattato,

come

disse

Dante medesimo:
XXXIII,
v. 150).

1282

Cortesia fu in lui esser villano.


{Inferno,
e. 1'

o come, presso

Ariosto, dice Sacripante a Rodomonte:

1283.

Gli teco cortesia l'esser villano.


(Orlando furioso,
e.

XXVII,

v. 77).

63.
Regole pratiche diverse

In ordine cronologico raggruppo


pratica della vita, le quali

poche sentenze per

la

condotta
collo-

non hanno trovato conveniente

cazione nelle altre classi.

comincio dalle Sacre Carte, dove tro:

viamo

delle vere perle filosofiche

1284.

Ncque mittatis margaritas vestras ante porcos


{Evang. di
S.

Matteo, cap. VII,

v. 6).

1284.

Non

gettate le vostre perle innanzi ai porci.

372

Chi l'ha detto?

[i 285-1 290J

1285. Estote (ergo) prudentes sicut serpentes, et

simplices sicut columbae.


(

Vang, di S, Matteo, cap. X,

v. 16).

Dai
basti

classici latini

trarremo un savio motto che mostra come non


il

il

merito scompagnato dalla benigna fortuna ad assicurare

successo a chicchessia:

1286. Virtute duce, comit fortuna.


(Cicerone, Epist. ad famil.,
lib.

X, ep.

3).

ed un consiglio prezioso non per

soli

commercianti:

1287. Cras credo, hodie nihil.


eh' era certamente
il

titolo proverbiale

di

una

delle Satire per-

dute di

M. Terenzio Varrone.

La

filosofia cristiana tutta rinchiusa nella divina sentenza:

1288.

Quod

tibi fieri

non

vis,

alteri

ne

feceris.

Lampridio

nella Vita di Alessandro Severo,

cap. 51, racconta

che questo imperatore ripeteva spesso ad alta voce questa sentenza,

imparata dai Cristiani,

la faceva gridare

pubblicamente dal bandi-

tore ogni volta che occorresse di punire alcuno, e l'amava tanto

che ordin

si

scrivesse nel palazzo imperiale e nei pubblici edifici.

Le

origini di essa
:

sono senza dubbio da cercarsi nel versetto

biblico

1289.

Quod ab

alio

oderis

fieri

tibi,

vide ne tu
v.
16).

aliquando

alteri facias.
{Libro di Tobia, cap. IV,

1290. Utile per inutile

non

vitiatur.

1285. Siate prudenti come i serpenti, e semplici come le colombe. 1286. Con la virt per guida, la fortuna per compagna. 1287. 1288.

Domani

si

fa

credenza, oggi no.


altri

Non

fare

ad

quel che non vuoi che sia fatto a


altri

te.

1289. Quello che tu non vuoi che


farlo
1

a te faccia, guardati dal

giammai

agli altri.
1'

290. L' inutile non guasta

utile.

[1291-1293]

Regole pratiche diverse

373

ditterio giuridico che

si

trova ripetuto, senza dire dei giuristi

moderni, negli antichi


la

trattatisti,
all'

per

quali vedasi per esempio

Summa

G. A. Sabelli,
il

indice,

voc.
si

Utile

per

inutile.

I trattatisti, ripetendo

ditterio

medesimo,

riportano al Cortit. I,

ptis iuris, e principalmente al Digesto, lib. 45,

i, costituito
:

da un passo del giureconsulto Ulpiano in cui


vitiatur
utilis

la frase

neque

{stipulatio)

per hanc inutilem. Concordano, con


94, e
Codice, lib. 6,

qualche differenza, un altro passo di Ulpiano di cui nel Digesto


stesso, lib. 50,
tit.

XVII,
:

il

tit.

XXIII,

17.

In

Dante

leggiamo

1291.

Poca

favilla,

gran fiamma seconda.


{Paradiso,
e.
I,

v. 34).

che ammonisce a porre sollecito rimedio che


l'

ai piccoli

mali innanzi

incendio

si

allarghi e dia origine a guai pi gravi, quel che

dagli antichi era espresso nella sentenza gi ricordata al n. 1220:

Principiis obsta ecc.

Un

consiglio simile troviamo in

Persio {Sa-

tire, sat. Ili, V. 64), il

quale dice:

1292. Venienti occurrite morbo.

La sentenza

1293. Il fine giustifica


evidentemente

mezzi.
coscienza

uno

dei molti aforismi foggiati dalla


il

popolare, condensando, per cos dire,


frasi,

succo di molte analoghe

talvolta di autori diversi. Si cominciato col dirlo d

Ma-

chiavelli:
bench
il

ma

nelle opere del Segretario Fiorentino

libro del Principe contenga (cap.


il

non si trova, XVIII) un periodo che


Nelle azioni di tutti
gli

su per gi esprime

medesimo concetto

uomini, e massime de'Princpi, dove non giudizio a chi reclamare,


si

guarda

al fine.

Facci adunque un Principe conto d vvere, e


:

mantenere
e
il

lo Stato

mezzi saranno sempre giudicati onorevoli,


vedere

da ciascuno

lodati. Perci in questa sentenza si voluto

principio fondamentale del cosiddetto machiavellismo : sul quale


la magistrale

argomento vedasi anche

opera di P. Villari, Niccol

192.

Provvedete

al

male che

si

avanza.

374

Chi V ha detto?

[1294-1295]

Machiavelli e
e
il

stw tempi (Firenze, 1877-82, voi. Ili, pag. 370-82)


vita e gli scritti di
le origini della
altri

Tommasini, La
I,

N. M.,

voi. I, pag. 4,

n.

dove sono studiate


di che si detto

parola machiavellismo.

Dopo

da

che
:

l'

aforisma medesimo era la


in

quintessenza della morale gesuitica


ralista gesuita si trova in tal forma.

ma veramente Il Busembaum
II,

nessun mo-

nella

Medulla
II:

theologi m.oralis

(lib.

VI,

tract.

VI, cap.

dubium

De

usu Matrim-onii)
il

scrive:

Cui

licitus est finis,

etiam licent inedia;

Laymann

nella Theol.
est finis,

Cui concessus Cui

concessa etiam, sunt media

moral (Monach., 1625, pars III, n. il): ad finem or(Dilingae, 1693, pag. 153):
licet
il

dinata; r Illsung

neW Arbor scientice


Uli

licitus est finis,

etiam

medium ex natura sua


nella
:

or-

dinatum ad talem finem;

Wagemann,
I,

Synops,

theol.

moral. (niponti, 1762, pars

pag. 28, n. 28)

An

intentio boni

finis vitietur per electionein m.edii tnali ?

Non,

si

intendatur finis

sine ullo ordine


suistica morale.

ad

m,edium,.

cos in molti altri trattati di ca-

Del resto queste sentenze non hanno


per spirito di parte
si

il

significato cinico che

voluto attribuire loro.


fine,
la

Esse vogliono dire

che se lecito di aspirare a un


per conseguirlo. Se, ad esempio,
lecito, lecito,
la ricchezza.

pure lecito di adoperarsi

ricchezza in s stessa bene

per la casuistica morale, di lavorare per acquistare


arricchirsi sia

Questo non vuol dire che per

permesso
il

di valersi di
cito legittimi

mezzi disonesti, poich non detto che


1'

fine le-

uso di ogni mezzo anche se


si

illecito, cio la viola-

zione di altre leggi morali alle quali non


e le eccezioni teologi
cile

deroga espressamente;

non possono

essere sottintese. Queste opinioni dei


esercitazioni casuistiche
:

non sono dunque che


l'

e pi fa-

sarebbe di trovare

insegnamento malvagio in
es. in quella di

altre sentenze

apparentemente pi innocenti, p.
1

Plauto:

294.
Il

Qui

nuce nucleum esse

volt, frangit
I,

nucem.
1,

(Curculio, a.

se.

v.

55).

proverbio:

1295. Point d'argent, point de Suisse.

1294. Chi vuol mangiare

la

mandorla

della noce,

rompe

la noce.

[1296-1298]

Regole pratiche diverse

375

secondo

il

Kirchhofer
1

Wahrh.

u. Dichtung,

Samml.

Schweiz.

Sprichw.y Zrich,

8 24, pag. 113) fu coniato dai Francesi a scorno


;

degli avidi mercenari svizzeri

invece l'Harrebome {Spreek woorI,

denboek der Nederl.

taal,

Utrecht, 1858-66, to.

pag. 2 18) narra

che nel 1521


sco
lui
I,

reggimenti svizzeri che erano

ai servigi di
si

France-

non ricevendo paga da vario tempo,


il

accomiatarono da

con quelle parole. Vedi anche

Deutscher Sprichwrter -Lexin.

kon del
1

Wander

sotto la voce Geld,

765.

296. Il n'y a pas


si

de hros pour son valet de chambre

Questa frase
Svign,

vera e che ha fatto meritata fortuna, non della

ma

di

mad. ornuel, una

delle Prcieuses

del se-

colo XVII, la quale del resto


calzante alla sentenza di

non avrebbe fatto che dare forma pi Montaigne, Peu d'hommes ont este' adliv. III,

mirez

par

leurs domestiques {Essais,

chap.

2),

o aile pa-

role del Maresciallo di


l'tre

Catinat

//

faut

tre

bien hros

pour

aux yeux de son


all'

valet de chambre. Carlyle nel citare que-

sta frase (credo negli Eroi),

rispondeva che se ci fosse vero, non


al

farebbe torto

eroe

ma

cameriere.

Da un
1297.
trasse

antico dettato francese del secolo xv,

On ne peut contenter tout le mon de et son pre


La Fontaine
lib.

la

morale della sua Favola Le Meunier et


i):

son fils {Fables,

Ill, fav.

Est bien fou du cerveau Qui prtend contenter tout

le

monde

et

son pre.

1298.

Glissez, mortels,

n'appuyez pas.
il

l'ultimo verso di

una quartina che

poeta

Roy

(1683-1764)

pose sotto ad un'incisione di Nicolas de Larmessin, rappresentante

una scena

di patinaggio:

Sur un mince cristal l'hiver conduit leurs pas: Le prcipice est sous la glace. Telle est de vos plaisirs la lgre surface Glissez, mortels, n'appuyez pas.
:

Il

famoso monologo di Amleto che nell'atto

III, se.

della

tragedia

omonima

di

Shakespeare, contiene

la trita frase:

376

Chi V ha detto?

[i 299-1

302]

1299.
una
cesi)

To

be, or not to be, that is the question.

delle

poche citazioni straniere (non tenendo conto delle frantutti


;

che corrono sulle bocche di


1'

come

si cita

pure nel testo

originale

1300. Adelante, Pedro, con juicio.


(Manzoni, Promessi
la

Sposi, cap. XIII).


si

raccomandazione che
il

il

gran cancelliere Ferrer, mentre

reca a

liberare

vicario assediato e minacciato dalla plebe, fa al suo coc-

chiere imbarazzato a guidare fra la moltitudine.

In argomento

al

modo

di condursi praticamente

a proposito,

pu

talora citarsi la quartina del poeta satirico aretino:

1301.

Con
.

la politica

Pi fina e bella, Tenevo a chiacchiera,

Or

questa, or quella.
(A.

GUADAGNOLI,

//

mio

abito).

ma, con molta maggiore

utilit,

la

prudente raccomandazione di

Massimo D'Azeglio
1302.

alla figlia:

La prima

delle cose necessarie di


si

non

spendere quello che non

ha.

Massimo D'Azeglio quando


li

cess d' essere ministro, vendette

suoi cavalli, credo a differenza di molti altri che in simile con-

tingenza

avranno comprati. Probabilmente


ci al padre, e questi le rispose
:

la

figliuola espresse
ai cavalli,

rammarico di

verissimo che

m'

stato

un po'duro

il

Quanto separarmene. Perch avem'avevano


servito

vamo

passate insieme molte avventure,


s'

con

molto zelo, e

erano sempre condotti da cavalli onorati e dab-

bene. Ma ho dovuto mettere in pratica il precetto che davo a te, quando spendevi pi del tuo assegno mensile e mi dicevi: Ma.... io compro delle cose che sono necessarie. Ed io ti rispondevo, che
la

prima

delle cose necessarie di

non spendere quello che non


problema.

si

1299. Essere, o non essere, questo 1300. Avanti, Pietro, con giudizio.

il

[1303- 1306]

Regole pratiche diverse

377

?ia.

Ora

io

non avendo pi
agli altri,

lo stipendio di ministro, se
;

spendessi

in cavalli spenderei quel che

buoni a predicare
predica. Del resto
ci

non ho e farei come molti che sono ma non a mettere essi in pratica la

non mi dichiaro vittima per questo, e penso che sono molti che mi valgono e che stanno peggio di me. (FalSalita a Montecitorio:

della,

I pezzi

grossi,

pag.
le

III).

Talora opportuno di tener presente anche


guto francese:

parole dell' ar-

1303.

Pour

s'tablir

dans

ce que l'on

monde, on fait tout peut pour y paratre tabli.


le

(La Rochefoucauld, Maximes,

LVl),

Ma

soprattutto

non dimenticate quella massima

di filosofia spic-

ciola e pratica che racchiusa nella frase di

un aureo

libro

304. De

duobus malis, minus est semper eligendum


(Tommaso da Kempis, De
Itnitatione Christi, III, 12, 3).

64.
Eeligione, Iddio

1305.

UAmor

che muove

il

sole e l'altre stelle.


e.

(Dante, Paradiso,
cosi chiamato Iddio nell' ultimo verso della

XXXIII,

v.

145).

Divina Commedia.
:

Un
1

concetto analogo espresso nel verso virgiliano

306.

Ab Jove principium, Musae; Jovis omnia piena


(Virgilio, Egloghe,
III, v. 60).

1304. Fra due mali, bisogna sempre scegliere

il

minore.

1306. Cominciamo da Giove, o Muse; tutto pieno di Giove.

378

Chi

Vha

detto?

[1307-1312]

cui si

pu ravvicinare l'emistichio:

1307.

Mens
in

agitt

molem.
lib.

(Virgilio, Eneide,

VI,

v. 727).

Pure

Dante

troviamo un'altra terzina


la

la

quale parla del creato

che in ogni sua parte rivela Iddio e

sua potenza, poich:

1308.

La

gloria di Colui che tutto muove Per l'universo penetra, e risplende

In una parte pi, e


Essa

meno

altrove.
e.
I,

{Paradiso,
si

v. 1-3).

rivela soprattutto nelle bellezze del firmamento, poich

1309.

Cli enarrant gloriam Dei, et opera manuum ejus annuntiat firmamentum.


(Salmo XVIII,
v.
1).

ma non meno
cole, se vero

che nelle grandi cose dovrebbe rivelarsi nelle pic1'

antico dettato

13 10.

Maximus

in

minimis Deus.
XI,

che pu credersi un rifacimento in senso cristiano della sentenza


di

Plinio

{Hist. Nat.,

i):
sit.

Quuvt rerum natura nusqtiam


Trovasi anche in questa forma:

magis,

quam

in m,inimis, tota

Natura
1

m-axim-e

miranda in minim.is.

3 11

Obedire oportet Deo magis


{ca.^.

quam

hominibus.
nel Para-

dicono gU Atti degli Apostoli


diso
(e.

V,

v. 29); e

Dante

XX,

V.

138):

131
e perci
gia,

Quel che vuole Iddio e noi volemo.


vano 1' opporsi ai voleri non ha da temere di niente
:

divini, e chi

ad

essi si

appog-

1309. I

1307. Un'intelligenza muove tutta quella massa. cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia le opere delle mani di lui.
13 II. Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.

13 IO. Iddio grandissimo nelle piccolissime cose.

[I3 13- 131 7]

Religione, Iddio

379

31 3. Si

Deus pro

nobis, quis contra nos?


ad Romanos,
cap. Vili, v. 31).

(5. Bibbia, Epist.

Quel eh' egli dispose nella sua somma sapienza, dovr avverarsi

1314.

[A^6']

Sillaba di

Dio mai

si

cancella.
3, v.

(Monti, Sulla morte di Giuda, son.


e neppure vale
stituire
il
il

14).

1*

affaticarsi a scrutarne le
all'

arcane ragioni e a so-

debole nostro criterio

onnisciente giudizio di lui,


:

poich

Monti medesimo

cosi ci

ammonisce

131

5.

Severi, imperscrutabili, profondi

Sono

decreti di lass, n lice


il
a.

A
ed innanzi di

mortai occhio penetrarne


{^Aristodemo, tragedia,
lui

buio.
IV,
se. 2).

il

Metastasio
il

131 6.

Sempre

Re

dell'alte sfere

Non favella Come allor,

in chiari accenti,

che in mezzo

a'

venti,

tra

folgori parl.

Cifre son del suo volere

Quanto

il

mondo

in s
s'

comprende;
intende

Parian V opre, e poi Ci che in esse egli

cel.
I).

(Festivit del S. Natale, parte

Quindi piena fede presteremo

al poeta,

quando

ci

dir che

131 7.

perigliosa, e vana.
ciel

Se dal
Cosi nlV/ssipile

non comincia ogn' opra umana.


eanta
il

(a. Ili, se. 9)

Metastasio medesimo che


:

in altra delle sue gentili opere in

musica aggiunse

131 3. Se Dio con noi, chi sar contro di noi?

38o

Chi V ha detto?

[1318-1322]

131

8.

Nel cammin di nostra vita Senza i rai del ciel cortese, Si smarrisce ogn'alma ardita,

Trema

il

cor, vacilla
le belle

il

pie.

A
Ma

compir

imprese
;

il senno ha parte vaneggia il senno, e l'arte, Quando amico il ciel non .

L' arte giova,

{L'Eroe Cinese,

a. I, se. 7).

Se interroghiamo

classici,

che finora consultammo su tanti ar-

gomenti, sugli attributi divini, troveremo levata a cielo anzi tutto


la

onnipotenza di Dio,

131 9. Nihil est,

quod deus

efficere

non

possit.

(Cicerone, De natura deorunt,

lib. III, e. 39).

n altrimenti

la

Bibbia:

1320.

Quia non erit impossibile apud verbum.


(

Deum omne
I,

Vang, di

S.

Luca, cap.

v. 37).

Un
1321.

nostro poeta nazionale, invocher


Il

Dio che atterra e


(Manzoni,

suscita.

Che affanna
In
ture

e che consola.
// Cinque

Maggio,

ode).

Dante
non

leggeremo come

la
il

prescienza divina delle cose fulibero arbitrio:

sia inconciliabile

con

1322.

La

contingenza, che fuor del quaderno


si

Dalla vostra materia non


{Paradiso,

stende.

Tutta dipinta del cospetto eterno.


e.

XVII,

v. 37-39).

1319. Nulla c' che Dio non possa fare. 1320. Imperocch nulla sar impossibile a Dio.

[1323-1325]

Religione, Iddio

381

Ma

questa materia di fede, di quella

1323.

Bella Immortai! benefica

Fede
che
ai

ai trionfi

avvezza.
// Cinque

(Manzoni,
credenti

Maggio,

ode).

ha

ispirato

il

motto

1324. Credo quia absurdum.


Anche questa
frase
allo

una

delle

molte sentenze riassuntive foggiate


le

da autore ignoto

scopo di compendiare in s

dottrine e le
:

opinioni di vari scrittori.

La

si

attribuisce dai pi a S. Agostino

ma,

se qualcosa negli antichi padri vi si

avvicina, desso

uno

squarcio di

Natus

est

Tertulliano, De carne Christi, cap. V, che suona: Dei Filius non pudet, quia pudendum est et mor:
!

tuus est Dei Filius: prorsus credibile

est,

quia ineptum est; et

sepultus, resurrexit: certuni est, quia impossibile est.

proposito dei

troviamo negli Inni Sacri di

dommi che sono di fede nella chiesa Alessandro Manzoni,


immagine:

cattolica,

parlando

della Risurrezione, la seguente

1325.

Come un
Il

forte inebriato
si

Signor

risvegli.
(La Resurrezione,
inno).

Ad

alcuni parr irriverente

il

paragone

di Cristo

con un soldato

ubriaco;

ma

la

colpa non proprio del poeta, della Bibbia che

con immagine potente, nel Salmo

LXXVII,

v. 65, cos dice:

Et

excitatus est

tamquam dormiens Dominus, tamquam po-

tens crapulatus a vino.

Al Manzoni piacque questa similitudine


vedasene
la giustificazione in

orientale, e se

ne valse
il

Venturi, Gl' Inni Sacri e

Cinque

Maggio di A. Manzoni dichiarati


Del resto
ragona
il

e illustrati {l%%(), pag. 47-48).

la

Bibbia ne ha delle peggiori, poich in pi luoghi pa(sia

Signore

detto con riverenza) a

un

ladro, e anzi la

metafora pare fosse di gusto ebraico, poich


lentieri. Citer soltanto la Epist.

e' insiste

spesso e vo(I,

B. Pauli ad ThessaL

cap.

V,

1324.

Lo

credo perch assurdo.

382

Chi l'ha detto?

[1326-1329]

V. 2)

Quia

dies

Domini, sicut fur in

nocte, ita veniet, e lo stesso


io),
{

detto nella
(cap. Ill, V.

Ep. II B. Petri (cap. Ill, v. 3): Veniam ad te tamquam jfur

V Apocalisse
,

Iddo che para)

e pi oltre (cap.

XVI,

v.

15):

Ecce venio sicut fur.

La

frase

1326.

Ad
A.

majorem Dei gloriam.


si

che nella tachigrafia cattolica


le sigle

trova di frequente indicata con

M. D.

G., diventata di uso

comune dopo che

la si

lesse ripetuta a saziet nei


cilii

Canones

et decreta

Oecumenici Con-

Tridentini (1542-1560).
di preghiera musicale quella degli Ebrei nel

Esempio famoso
Mose, tragedia

lirica

musicata da G. Rossini

(a. II, se.

7)

1327.

Dal tuo

stellato soglio,
ti

Signor,

volgi a noi
tuoi
!

Piet de'

figli

Del popol tuo piet!


Non meno
1328.
conosciuta della preghiera del

Mose

la seguente

Casta Diva che inargenti

A
che
la

Queste sacre antiche piante, noi volgi il bel sembiante Senza nube e senza vel.
Norma
nel

sublime preghiera di

melodramma omonimo,
Dio
e di reli-

composto da F.

Romani
:

e musicato dal divino Bellini (a. I, se. 4).

Abbiamo
gione con
i
i

finora in questo paragrafo, parlato di

credenti

vediamo un poco adesso quel che ne dicono

miscredenti. Essi cominciano col dubitare dell' esistenza di

un

ente supremo, dubbio che la Bibbia non ammette in persone di

sano

intelletto

1329. Dixit insipiens in corde suo:


(Salmo XIII,
V.
1

Non
e

est

Deus.
v.
1).

Salmo LII,

1326.

maggior gloria di Dio.


.

1329. Disse lo insensato in cuor suo: Iddio non

[1330-1332]

Religione, Iddio

383

e a sostenere che

1330.

Primus
si

in orbe

Deos

fecit timor.
lib. Ili, v. 661).

(Stazio, Tehaide,

verso che

trova testualmente in

Petronio {Fragm.,
citato al n.

27, ed.

Buecheler), da cui forse lo trasse Stazio, e che stato audace-

mente imitato da Crbillon nel verso


fit les

1234: La crainte
applica alla re-

dieux; l'audace a fait

les rois.

Ma

altri

ligione in generale quel che era stato dtto degli

Dei

gentili in

particolare

1331. Les
Neir ultimo

Dieux

s'en vont.
dei Martiri di

libro

(XXIV)

Chateaubriand, dopo
i

che Eudoro e Cimodocea sono caduti nel Colosseo sotto


della tigre, la foudre

denti

gronda sur

le

Vatican, colline alors dserte,


;

mais souvent visite par un esprit inconnu


branl jusque dans ses fondements; toutes

l'amphithtre fut

les statues

des idoles

tombrent, et l'on entendit,

comme

autrefois Jrusalem,

une voix
il

qui disait: Les Dieux s'en vont.


racconto di quest' altro prodigio

Ho

cercato dove

si

trovasse

e credo di averlo trovato in Giu-

seppe Flavio, dove parla

dei segni che precedettero e preannunlib.

ziarono la rovina di Gerusalemme [De hello Judaico,

VI, cap.

5,

XXXI). Fra
i

gli altri

portenti, egli narra che la notte di

Pene

tecoste

sacerdoti entrando nel tempio, udirono gran


e quindi

rumore

movimento

una voce che pareva gridare a una moltitula frase test ricor-

dine radunata, Andiamocene di qui (Mexaaivop,sv vxeGev).

In molte occasioni, ove avverrebbe citare


data, vi
si

sostituisce la seguente:

1332.
Questa

Il

gran Pane morto.


che
si

frase,

ripete a indicare la

decadenza e

la

morte

di

cose e istituzioni gi venerate e fiorenti, trova la sua fonte in

un

racconto di

Plutarco

nel trattatello

De oraculorum

defectu.

Lo

ripeto qui valendomi del volgarizzamento di Sebastiano Ciampi.


<

Epiterse, concittadino e maestro

mio

degli studi grammaticali,

fa padre di quel retore Emiliano, di cui

qualcuno di voi

altri

1330.

Fu

la

paura che prima nel

mondo

die vita agli dei.

384

Chi V ha detto?

[1332]

stato scolaro.
la Italia

Raccontava dunque che una volta imbarcatosi per


Echi-

sopra una nave carica di ricche merci, e piena di una


le isole

turba di passeggieri, sulla sera, trovandosi verso


nadi,
il

vento abbass, e

la

nave andando qua e

con direzione
di sulla

incerta,

venne ad avvicinarsi a Pax. Delle genti

nave

molte eran deste, e molte, avendo cenato, continuavano a bere.


All' improvviso fu sentita

una voce

uscita dall' isola di

Pax, che

a gran tuono chiamava:

Tamo;

di che la maraviglia fu grande.


il

Questo Tamo, egiziano


per

di patria, era

piloto

ma non

conosciuto

nome

dalla
volte,

maggior parte di que' che erano

sulla nave. Chia-

mato due

non rispose

finalmente alla terza, die orecchio.


la

Allora colui che chiamava, rinforzata

voce disse: Quando sarai


[il

giunto a Palode, dai la nuova che Pane grande morto


sto greco: oxt Ilv {lya tsBvtjxs].
tutti,

te-

Raccontava Epiterse che

udito questo,
1'

si

spaventarono, e che, consigliandosi se fosse

meglio eseguir

ordine, o

non

se

ne dare per inteso

Tamo

de-

cise di lasciar correre, qualora,


tirar via

rialzandosi vento, avesse potuto

cheto cheto ;

ma

se poi giunto al posto facesse calma e

bonaccia, avrebbe in quel caso

annunziato ci che avea udito.

Diceva che

infatti,

arrivati a

Palode senza vento, e senza movi-

mento

d' acqua,

Tamo

di su la

poppa con

la faccia rivolta

verso

terra annunzi,

come avea
non d'un

udito, che

Pane grande

era

morto.

Non ebbe
si

per anco finito di dire che fu inteso gran gemito misto a


solo,

voci di sorpresa

ma

di moltissimi: e

come che

vi

erano trovate presenti molte persone, velocemente se ne sparse

la notizia fino a

Roma;

Tamo

fu chiamato col dall'imperatore


gli

Tiberio.
fatto

Aggiungono che questi


e

prest

fede a segno d' aver

premurose ricerche

dimande intorno a quel Pane grande. Gli

eruditi, che in

gran numero tene vasi attorno Tiberio, non seppero


il

congetturare altro, se non che quel Pane grande essere

Pane nato

da Mercurio e da Penelope.

Filippo \chc
il

il

narratore nel dia-

logo di Plutarco] fu confermato

racconto anche da qualcuno


di Emiliano.

degli astanti, che erano stati discepoli

Non

pas-

ser sotto silenzio che per alcuni filologi tutto questo racconto

un' interpolazione di qualche monaco o altro zelante, per farne


poi
Il
1'

applicazione alla morte di Ges Cristo.


fece del

medio evo

medico arabo

di

Cordova Ibn-Roscd,
il

detto

comunemente Averro

(fiorito nel sec. xii),

gran patriarca

[I333-I335]

Religione, Iddio

385

dell'ateismo. Cominci con attribuirgli

un

libro famoso, che forse


la

non
il

mai

esistito,

il

trattato

de tribus iinpostoribus ; e
frasi la

leg-

genda continu mettendo a suo carico molte


vangelo
dell' incredulit.

che divennero
si

Tale quella con

quale egli

sa-

rebbe augurato di morire della morte dei


dire senza pratiche religiose
:

filosofi,

intendendo di

1333. Moriatur

anima mea morte philosophorum.


l'

e in chi foggi la frase evidente

intenzione di

parodiare

il

motto di Balaam

Moriatur anima mea morte justorum.


{Numeri, cap. XIII,
v.
10).

Ed

anche a

lui la tradizione ascriveva

1'

altra frase in dispregio

delle tre religioni dominanti:

1334. Religio christianorum, religio impossibilium


religio judaeorum, religio

puerorum

religio

Mahometanorum,
dicendo religione impossibile

religio

porcorum.
del

la cristiana
si

a cagione

domma
ille

della Eucaristia, a proposito di che

narrava pure che


i

masco-

ledictus Averres,
lastici,

come solevano sempre chiamarlo


in

filosofi
i

entrato

un giorno

una chiesa

cristiana, e veduti
al

fedeli

che

si

comunicavano, esclamasse:
i

Evvi
il

mondo una

setta pi

insensata dei cristiani,

quali

mangiano

Dio che adorano?


:

Ma
{De

questa forse una reminiscenza di Cicerone

Ecquem tam amencredat esse


?

tem esse putas, qui


natura Deorum,
dell' incredulit di

illud

quo vescatur
cap.

Deum

lib. Ili,

XVI).

Si consulti sull'argomento
et

Averro

la bella

opera di Renan, Averros

l'averrosme (2* dit., Paris,

1861).

Molto

vicini agli increduli

sono
:

gl* indifFerenti,

che hanno per

linea di condotta la sentenza

1335.

Quod supra nos


La

nihil

ad nos.
filosofi.

1333. Muoia l'anima mia della morte dei


1334.
religione

religione cristiana religione impossibile; la giudaica,

da

fanciulli;

la

maomettana, da porci.

335- Quel che sopra di noi, nulla ha che fare con noi.
25

386

Chi V ha detto?

[1336-1338]

la quale,

secondo narrano M. MiNUCio Felice {Octavms, XIII,


{Institutioies, III, 20,

i),

Lattanzio

io)

ed

altri classici autori,

era

la solita risposta

di

Socrate

ogni

qualvolta

lo

interrogavano
rogabatur,
Tertulliano

sulle cose del cielo {eius

viri quotiens de clestibus


loc,
cit.).

nota responsio

est.

MiNUCio Felice,

Ma

ed

altri

V attribuiscono invece ad Epicuro.


:

Dello stesso genere la seguente

1336.

Nous nous saluons


parlons gure.
MoNCRiF

bien, mais

nous ne nous

attribuito tanto a

che a

Bautru, l'uno
si

dei

quali

avrebbe data questa famosa risposta a chi


derlo a levarsi
il

meravigliava di ve-

cappello innanzi ad una croce. Qualcuno ne fa


il

onore anche a Voltaire,

quale

1'

avrebbe detto a Piron

(JPi-

roniana, Avignon, 18 13, pag. 99), mais on prte

aux

riches. In-

vece di

Proudhon

l'altra frase blasfematoria

1337. Dieu, c'est le mal.


che nel Systme des contradictions e'conomiques ou Philosophie de
la misre,

sta

come conclusione

del cap. VIII:

Dieu,

c'est sot-

tise et lchet;

Dieu, c'est hypocrisie et mensonge; Dieu, c'est


le

tyrannie et misre; Dieu, c'est

mal.

Proudhon non

era da

meno

di

Voltaire, autore

del famoso:

1338. Ecrasez l'infme.


che
che
egli soleva
gli

mettere in fine a molte delle sue lettere ad amici

rassomigliassero nelle idee antireligiose. Pi spesso cos


la

firmava

corrispondenza con D'Alembert e Damilaville,


lui

ma

si

trovano anche lettere di


a Diderot, a

a Federigo
altri,

il

Grande, a Helvetius,

Marmontel

ad

fra

il

1756 e

il

1768,

fir-

mate, invece che col suo nome, o col motto citato o con

le sigle

crlinf, Giova supporre che Voltaire per infmne intendesse la


superstizione, o anche la religione, poich da diversi passi di queste
lettere si rileva che,
si
1*

aggettivo infd?ne, nella mente del Voltaire,

riferiva a

un sostantivo femminile. Egli certamente pensava


pensava Lucrezio,
:

della religione quel che

il

quale a proposito

del sacrifizio d' Ifigenia esclam

[I339-I343]

Religione, Iddio

387

1339.

Tantum
r

religio potuit suadere


{De rer.

malorum.
il

nat., lib. I, v. 102).

Ma
1340.

irreligione e
:

1'

empiet dovrebbero avere

loro castigo

se vero che

Qui

in

altum mittit lapidem, super caput


^Ecclesiastico, cap.

ejus cadet.
e che:

XXVII,

v. 28).

1341.

Si stanca

il

cielo
l'

D' assister chi


e disperde

insulta.
a. Ili, se.
1).

(Metastasio, Olimpiade,
i

nemici suoi, come


le

le

tempeste

dell'

agosto e settem-

bre 1588 dispersero

navi della Grande Armata, apparecchiata

da Filippo II

ai

danni

dell' Inghilterra.

Fu

allora coniata

una me-

daglia che rappresentava le navi in bala alle

onde e

la

leggenda :

Flavit Jehovah et dissipati sunt.

Schiller, citando questo motto


unberwindliche
Flotte, lo riporta

in

una nota

alla

sua poesia Die


l'altra

erroneamente sotto

forma,

rimasta pi conosciuta:

1342. Afflavit Anche sono note

Deus
le

et dissipati sunt.
:

parole

1343. Vicisti Galilsee!


che secondo la tradizione sarebbero
tore
in
le

ultime parole dell' Imperail

Giuliano l'Apostata
narrarono eh'

il

quale mor di ferita


i

26 giugno 363
e alcuni storici

una imprudente spedizione contro


egli,

Persiani

ecclesiastici

sentendosi vicino a morte, gettasse


gri-

contro

il

cielo in atto di spregio

dando:

Vicisti Galilcee!,

un poco del suo sangue, non occorre dire che il Galileo

era

I339> Tanti mali pot consigliare la religione!


1340. Se uno getta in alto una pietra, ella cadr sul capo di
1342. Soffi Iddio, e
si

lui.

dispersero.

1343. Hai vinto, o Galileo!

388

Chi V ha detto?

[i343]

Ges,

il

quale nella Galilea (una delle tre provincie in cui era diparte della

visa a' suoi tempi la Palestina) nacque e visse gran

sua vita. Si capisce facilmente che

si

tratta di

una

fola inventata
:

contro Giuliano dai Cristiani che ciecamente lo odiavano


egli volle

invece

morire come un eroe e come un


la fine di

filosofo, anzi,

preoccui

pato forse d'imitare

Socrate, radun gli amici e

soldati

intorno alla sua tenda e tenne loro un' elaborata concione metafisica, di cui

Ammiano

Marcellino
il

(XXV,

3)

che fu testimone della

scena,

ci

avrebbe conservato

testo,
tratti,

che per troppo bello per

essere genuino, seppure

non

si

come

il

Gibbon suppone,

di un' orazione preparata avanti dal furbo imperatore.

Anche
ai

Lipar-

banlo Sofista [Orai. Parental.,


ticolari,

e.
i

136-140)

il

quale scende

ed accusa apertamente

Cristiani di aver profittato del

tumulto della mischia per


nulla dice di questa

ferire

proditoriamente

1*

imperatore,

novelletta;

neppure S. Gregorio Nazian-

zeno, che nessuno creder troppo benevolo a Giuliano.


ricercare le fonti della leggenda
;

Ho
il

voluto

ho trovato che

B. Teo(lib.

DORETO, vescovo
cap.
20) narra
:

di

Ciro,

nella Historia ecclesiastica

Ili,

Ferunt porro illum vulnere accepto implesse

manum
lilcee
[il

sanguinis, et hoc in arem proiecto, dixisse, Vicisti


testo greco
et
:

Ga-

NsvJxTjxa TaXiXats], simulque


erat,

et

victoriam

confessum esse,

blasphemiam, adeo vecors

evomuisse.

Gli atti del martirio di S. Teodorito o Teodoro, prete d'Antiochia,


scritti

da un anonimo cristiano,

e pubblicati per la

prima

volta dal

Mabillon, ristampati altre volte e ultimamente negli


to.

Acta Sanctorum di ottobre,


il

X,

pag. 40 e segg., raccontano


sagitta terribilis

medesimo

fatto

Veniens autem subito quasi


in

de aere percussit

eum

mamillam, quumque sanguis ex omni

parte flueret, aspiciens sursum, putavit se


dero, implensque

Dominum Jesum

vi-

manum suam

de sanguine jactavit in

aere di-

Usque in finem, Galilaee, persequeris me et ecce superasti me: sed ego etiam te hac hora negabo, licet positus in articulo mortis. Non occorre dire che questo testo, bench 1' anonimo
cens:

autore dica di aver vissuto alla corte di Giuliano in Antiochia,


e di averlo accompagnato nell' ultima sua spedizione, sprovvisto
di ogni autorit.

Anche

il

Sozomeno

nella Storia Ecclesiastica


egli osserva

ripete

il

medesimo racconto, per anch'

che poche

persone vi prestavano fede.

344" 1 347]

Religione, Iddio

389

Tutto sommato,

si

pu concludere che

1'

ateismo va messo in
lo stesso

un

canto, se

si
il

ha da credere a un giudice non sospetto,


quale affermava che
:

Voltaire,

1344. Si

Dieu

n'existait pas,

il

faudrait l'inventer.
l'auteur du livre
v. 22).

(Voltaire, Eptre a

des Trois Imposteurs, 1771,

Il giudizio di Voltaire (che forse s' ispir a una frase di John TiLLOTSON, Ser^non. 93: If God were, not a necessary Being of himself, he might almost seem to be made for the use and

benefit of

men)

fu accettato dagli

uomini della prima Rivolu-

zione, dai fondatori del culto dell'

Ente Supremo, poich anche


:

Robespierre

nei suoi Discours politiqtces scrisse

L'athisme

est aristocratique. L'ide

d'un grand tre, qui


le

veille sur l'inno-

cence opprime et qui punit


pulaire. Si

crime triomphant, est toute po-

Ma non ebbe uguale fortuna presso gl'insorti comunardi del 1870, uno
Dieu
n'existait pas, il faudrait l'inventer.
dei quali lo parodi nel blasfema notissimo
:

Si

Dieu

existait,

il

faudrait le fusiller.
:

Chiudiamo perci questo lungo paragrafo con una devota antifona

1345.

Laudate pueri Dominum: laudate nomen Domini. {Salmo CXII, V.


1).
:

ed anche quest' altra invocazione biblica non sar di troppo


1

346.

Levemus corda

nostra

cum manibus ad DoIli, v. 41).

minum
tanto pi che in essa

in clos.
(Lamentazioni di Geremia, cap.
si

vuol vedere

la fonte del

1347.

Sursum corda!
al

che sta nella liturga della Messa


detto
tuo,

Prfatio. L'officiante dopo aver

Dominus vobiscum cui il chierico risponde Et cum spiritu prosegue Sursum corda, e il chierico; Habemus ad Dominum.

1345. Fanciulli lodate il Signore, lodate il nome del Signore. 1346. Alziamo al cielo insiem colle mani i cuori nostri al Signore.
1347. In su
i

cuori.

390

Chi V ha detto?

[1348-1350]

65.
Eisolutezza, sollecitudine,

altezza

pochezza d'animo

1348.

Dum Romse
gnatur.

consulitur,

Saguntum expu-

frase proverbiale che trae origine molto probabilmente dalle pa-

Tito Livio: Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur {Hist.^ lib. XXI, cap. 7), alludendo a Sagunto, citt forte della Spagna Tarraconense (ora Morviedro nel regno di Valenza), alleata dei Romani, che cinta
role di

d'assedio da Annibale nell'anno 218 av.

C,

chiese soccorso a

Roma
tili

ma, mentre

Romani perdevano
misera

teinpo a mandare inu-

ambascerie a Cartagine e in Spagna ed erano tenuti a bada


astuti Africani, la
citt, esaurita

con parole dagli


sistenza,

ogni re-

cadeva in potere del capitano cartaginese.


s'

Lo
il

stesso ac-

cade a chi

indugia con dubbiezze e con parole innanzi di pren-

dere una risoluzione: tengasi dunque bene a memoria


francese
:

proverbio

1349. Il faut qu'une porte soit ouverte ou ferme.

c'est

un proverbe de comdie, qui


le
titre
r^ofCC Esprit

avait ainsi tous les droits

de devenir
il

d'une comdie-proverbe,

dice argutamente
si

Fournier

des autres (chap. VI). Infatti la frase

trova originalmente nel


sc. 6)

Grondeur

di
fece

Brueis
il

Palaprat
di

(a. I,

Alfred de Musset ne

titolo

uno

dei suoi

proverbi drammatici.

Dimenticando questo proverbio, succeder molto facilmente quel


che succedeva a quei poveri carabinieri obbligati a cantare:

1350.

Nous

arrivons toujours trop tard.

348. Mentre a

Roma

si

delibera,

Sagunto espugnata.

[135^-1354]

Risolutezza, sollecitudine^ ecc.

391

nell' operetta di

Offenbach, Les Brigands, parole di

Meilhac

Halvy,

alla fine dell'atto I, se. li,


il

che

carabinieri, passati

appunto in proverbio sotto


arrivano per sorprendere
i

nome

di carabinieri di Offenbach,

briganti

dopo

essersi annunziati

il

par
fa-

un bruit de

bottes. Giunti.... a

scena vuota, intonano

moso coro

Nous sommes La scurit

les carabiniers,

des foyers,

Mais, par un malheureux hasard,

Au

secours des particuliers

Nous
1351.

arrivons toujours trop tard.

Quod

facis,

fac citius.
{Evang.
sec. S. Giov., cap.

XIII,

v. 27).

cos dice Cristo a

Giuda; mentre a colui che prima di seguirlo

voleva indugiarsi a seppellire suo padre, risponde invece:

1352.. Sine Ut mortui sepeliant


{Evang. di

mortuos suos.
S.

Luca, cap. IX,


1'

v. 60).

Ed
ci

a risolversi sollecitamente talora

muove

urgenza delle cose,

che pu

dirsi

metaforicamente col verso dantesco:

1353.

Andiam, che
muove

la via

lunga ne sospigne.
(Dante, Inferno,
e.

IV,

v. 22).

altre volte

la necessit,

1354.

la necessit gran cose insegna; Per lei fra l'armi dorme il guerriero, Per lei fra l'onde canta il nocchiero, Per lei la morte terror non ha. Fin le pi timide bestie fugaci Valor dimostrano, si fanno audaci, Quando il combattere necessit.
(MttTASTASio, Demofoonte,
a.
I,

se. 3).

1351. Quello che 1352. Lascia che

fai,
i

fallo presto.
i

morti seppelliscano

loro morti.

392

Chi l'ha detto?

[^

355-1356]

Ma
stesso

non

cos sollecitamente
la

si

risolveva

Enea

nel

dramma

dello

Metastasio,

Didote abbandonata, quando canta:

1355.
Ecco

Non

parto,

non
con
la

resto.
quale finisce l'atto I
lido.
le vele,
(se.

tutta la strofa,

XVIII):

Se resto sul Se sciolgo


Infido,

crudele
:

Mi

sento chiamar

intanto, confuso

Nel dubbio funesto, Non parto, non resto. Ma provo il martire

Che Che

avrei nel partire,

avrei nel restar.

Un
1356.

nobile esempio di altezza d' animo quello di cui la meaffidata alle parole:

moria

Non

dolet.
(da

Quando Cecina Peto

non confondersi, come molti fanno, con


dall'

Trasea Peto che fu suo genero) ebbe ordine

imperatore Clau-

dio di uccidersi per aver preso parte alla congiura di Scriboniano


(a.

42
1'

dell'

E. V.),

la

moglie Arria, donna di nobilissimi sensi

e di

animo pi che
esempio,

virile,

vedendo

il

marito esitare, a rinfrancarlo


si feri

con

gli tolse il

pugnale di mano,

a morte, e glielo

restitu dicendogli

che non faceva male.

Il fatto

narrato da Pli-

nio Secondo
al

in

una

delle sue Epistole (lib. Ill, ep. 16), diretta


i

nipote e nella quale esalta


illud eiusdem,

chiari fatti di Arria.

Prseclarum

quidem

ferrum stringere, perfodere pectus, extra-

here pugionem, porrigere marito, addere vocem immortalem, ac


psene divinam, Pte, non dolet.
siva libert poetica

Alter queste parole con ecces-

Marziale

in

uno

dei suoi

epigrammi

(lib. I,

ep.

14);

anche poco esattamente son riportate nella narrazione

di questo eroico caso che si trova in

Dione Cassio

(lib.

LX,

cap. 16)
:

e in Zonara

(lib.

XI, cap.

9),

dove sono grecamente

cosi riferite

Hai

(invece di Ilatxe),

o% Xyo).

1356.

Non

duole.

[1357]

Risolutezza, sollecitudine, ecc.

393

Pose anche da banda


sare, allorch esclam
:

gli

indugi e

le

irresolutezze

Giulio Ce-

1357. Jacta alea est


passando audacemente
il

{p

esto).

Rubicone, che nessun capitano in armi

poteva varcare senza dichiararsi nemico delia Repubblica (Sve-

TONio, Vita d Cesare,

32). L'indicativo est la lezione volgare;


critici

ma

la

migliore e pi accettata dai

invece con

l'

impera-

tivo esta. Questa, che un' emendazione Erasmiana, confortata

anche dal testo greco della medesima frase presso Plutarco, Vita
di Cesare, 32 e Vita di Pompeo, 60 'Avs^^cp0(O xoog. Dal fatto medesimo nacque 1' altra frase proverbiale, passare il Ru:

bicone. Il qual fiume,


di

celebre per aver segnato


il

dopo

l'

anno 695

Roma
il

(o in

quel torno)

confine d' Italia, e vie' pi celebre


nel lungo volgere dei tempi

per

passaggio di Cesare,

mut

nome

e anche letto. Per. cui, per potere stabilire veramente quale fosse
il

vero Rubicone, e quale

il

primitivo suo corso, sorsero prima


le

lunghi e anche sanguinosi conflitti giurisdizionali (poich


di lui si voleva segnassero
il

acque
di

confine fra

comuni

di

Cesena e

Rimini), e pi tardi non


portate fino avanti alla
secolo test compiuto.
il

meno lunghe Rota Romana, e


si

e fiere contese letterarie,

durate sino alla met del


1'

Tre fiumi
il

contendevano

onore di essere
il

vero Rubicone, cio

Pisciatello in quel di Cesena,


1'

Fiumicino

nel territorio di Savignano, e

Uso

nel Riminese.

con fondamento assodato che


scersi,

l'

antico

Sembra oggi Rubicone debba ricono-

per una parte corrispondere a quel tratto di fiume che col


di

nome

radici del colle di

Urgone scendendo dal monte di Strigara corre fino alle Montiano per l' altra parte, a un antico corso
;

d' acqua,

ora perduto, che dal colle predetto, volgendo a destra

(anzich a sinistra

come
il

fa oggi) e unitosi

prima

alla

Rigossa e
al

poi al Fiumicino, per

Ponte

di

Savignano scendesse

mare.

La

storia di questa curiosa controversia fu

bene riassunta da Al-

fonso Pecci in certe Note storico -bibliografiche intorno al fiume

Rubicone, pubblicate nel Bibliofilo, settembre-ottobre 1890, pagina 129-142.

1357.

Il

dado gettato

(<ruvero.

Si getti

il

dado).

394

Chi ^'h^ detto?

[1358-1359]

mazzo insieme

alle

parole di Cesare, porremo un altro pro-

verbio usato in simili circostanze:

1358. Cosa fatta capo ha.


Gli storici fiorentini narrando dell'origine delle fazioni dei Guelfi
e dei Ghibellini in Firenze,
1'

attribuiscono, secondo la volgare traalla

dizione,

all'

offesa fatta

da Buondelmonte dei Buondelmonti


le

casa Amidei,

rompendo

nozze con una donzella di quella fami-

glia. I parenti dell'

abbandonata, volendo vendicare l'ingiuria, cone


i

vengono per deliberare del come,


Buondelmonte.

pi vogliono la morte di
i

bench alcuni discorressero

mali che da quella

Mosca Lamberti disse, che chi pensava assai cose, non ne concludeva mai alcuna, dicendo quella trista e nota sentenza: Cosa fatta capo ha {M.a.chia.\e\\, Istororenti'ne, lib. II,
potessero seguire,
il

cap. 3).
lib.

cos

pi succintamente

il

Villani {/storie fiorentine,

V, cap. 38):

stando

fra loro a consiglio, in

che
vota,

modo
il

do-

vessero offendere o di fedirlo o di batterlo di

man

Mosca
ha;
Questo
il

de' Lamberti disse la maledetta parola, cio cosa fatta capo


e volse dire, che
si

dovea ammazzare,

e cos fu fatto.

seguiva nell'anno 12 15. Per, come mostra ritenere anche


chiavelli,
il

Ma-

Mosca non

fece che adattare alla contingenza presente

un proverbio gi comune e noto a' suoi tempi. Anche Dante cit la maledetta parola di Mosca
canto

Xi.^ Inferno,

XXVIII,
Che

v.
fu

107, aggiungendo:
il

mal seme per

la

gente tosca.

Altra frase che ricorda un esempio di risolutezza e di presenza


di spirito
il

noto

1359.

Acqua
il

alle corde.
si

L'obelisco, che oggi


tro,

ammira

nel centro della piazza di

San Pieil

e che

pi grande di quelli che sono a

Roma, dopo

Lateranense, trovavasi dietro la Basilica Vaticana dove ora sorge


la Sagrestia

Nuova.

Il

trasporto periglioso fu fatto nel 1586 per

ordine di Sisto

dall' architetto

Domenico Fontana

di

Como.

Piegato l'obelisco verso terra, e condotto sullo strascico fino nel

mezzo

della piazza, ai io di settembre fu dato

mano

a inalzarlo

sul suo piedistallo per

mezzo

di

140

cavalli e

800 uomini. Per

[1360]

Risolutezza, sollecitudine, ecc.

395

evitare ogni confusione

il

Papa avea pubblicato un

editto, che

ninno, fuori degli operai, sotto pena della vita potesse durante

r operazione
pito
il
:

entrare nel recinto, o parlare, o fare


il

il

minimo
certo

stre-

perci nel recinto stesso stavano


la forca.

bargello co' suoi birri, e

boja che vi aveva piantata

Nondimeno

Bresca
le

di

San Remo, capitano


il

di bastimento genovese,
si

vedendo che

corde che reggevano

monolite,

allungavano per l'enorme peso


il

pi del preveduto, e che perci grande e imminente era

pericolo,

non curando
che
il

la

minaccia papale, grid


si

Acqua

alle corde,

sapendo

canape bagnato
il

ristringe e

si

accorcia. L' architetto


1'

non

indugi a seguire
riusc felicemente.

provvidenziale avvertimento, e

operazione

Il

Bresca, invece di gastigo, ebbe larghi favori


il ti-

dal Papa:

una

lauta pensione mensile estesa ai discendenti,

tolo di capitano del

primo reggimento

di linea pontificio, col pri-

vilegio di portarne la divisa e di alzare la bandiera pontificia sul

sua bastimento

e finalmente la privativa per s e


il

suoi discenfe-

denti di provvedere
race
il

Sacro Palazzo di palme, onde tanto


nella

territorio di

San Remo,

Domenica

dell'

Olivo.

Onde

anche oggi un discendente dei Bresca reca


per quel giorno fino a 500 palme
:

tutti gli

anni a

e la piccola citt di e

San

Roma Remo

ha da quel tempo nel suo stemma una palma


coloro che credono che
le
il

un

leone.

Errano

Bresca gridasse Acqua alle corde perch


1'

corde

s'

incendiavano per

attrito
il

la

vera ed unica ragione

quella che

ho esposta. Vedansi

Cancellieri, Descrizione della


\\

Basilica

Vaticana (Roma, 1788), pag. 19, &


I,

Dizionario di eru-

dizione storico-ecclesiastica del Moroni, vol.

pag. 194; vol.

XXV,

pag. 189; vol.

XLVIII,

pag. 194; vol. LI, pag. 70.

Esempio

classico di fortissima volont quello ricordato dalla

famosa frase:
1

360. Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli.

come disse di s medesimo Vittorio Alfieri, ma non nella Vita, come comunemente si crede, bens nella notissima Lettera responsiva a Ranieri de' Calsabigi, scritta da Siena a d 6 settembre 1783.
L'Alfiri, narrandogli

come divenisse autore

tragico, accenna alla

sua prima tragedia,

la

Cleopatra, rappresentata e applaudita in

Torino
stesso,

e aggiunge che d' allora contrasse col pubblico, e con s

che era assai pi, un fortissimo impegno di tentare almeno

396

Chi

Vha

detto?

[1361-1362]

di divenir tale.
volli, e volli

Da

quel giorno in poi (che fu


e

il

giugno del '75),


risposta al Cal-

sempre,

fortissimamente

volli.

La

sabigi stampata in tutte le edizioni delle Tragedie insieme alla


lettera del Calsabigi stesso
tinti
:

nella

stampa collazionata dal Mazza-

suir autografo {Lettere edite e inedite di Vittorio Alfieri a


si

cura di G. M,, Torino, 1890) questo brano

trova a pag. 27.


si

Vale
fieri

la

pena di osservare che mentre finora


di

era citato l'Al-

come modello

singolare

forza

di volont, la

novissima

scuola psichiatrica, che fa anche


epilettoide, vuole invece

dell'Alfieri
la

un degenerato, un
la

dimostrarne
gli

volont debolissima,

impulsivit incosciente
gnetti de Martiis

Vedansi

studi di G. Antonini e L.
ser.
cito,

Co-

nel voi.

XXXV,
:

2%

della Biblioteca an-

tropologico-giuridica (Torino 1898)

ad esempio, alcune parole

del secondo di questi autori noiV Esame psichiatrico di V. Alfieri:

Le

alterazioni pi gravi nella psiche del nostro ci sono rivelate

dalla volont, nel cui


riflesse e

campo esplodono numerose


gli atti

le

azioni psichiche

imperversano

impulsivi scoppianti

come uragano

minante.

Ha

un

bel

ripetere
ecc.

che volle, che volle sempre, che


cit.,

volle fortissimamente,

[Op.

p.

140).

L'uomo

che provvede sollecitamente in ogni cattivo evento, pu


il

bastare a s stesso, secondo

precetto virgiliano:

1361.

Spes

sibi

quisque.
{ViKGiLio, Eneide,
lib.

XI,

v.

309).

Questo

ci che gl' inglesi

chiamerebbero

1362. Self-help.
con uno di quei neologismi che
liberamente e volentieri.
zese
gli

scrittori inglesi

formano cosi

divenuto comune dopo che lo scoz18 12), se pure


fece
il

Samuel Smiles
libro,

(n. nel

non ne

fu addirittura

l'inventore,

come molti credono, ne


stampato per
la

titolo di

un suo
ai

fa-

moso

prima volta nel 1859, che contiene


pi
alti

la storia degli

uomini che dal nulla seppero innalzarsi


i

gradi in tutti

rami

dell'

umana

attivit,

e che stato tradotto

in tutte le lingue.

1361. Ciascuno spera in s medesimo. 1362. Aiutandosi da s.

[1363-1366]

Risolutezza, sollecittidine, ecc.

397

E
e

questa

si

suole chiamare altezza d' animo, poich ha

animo
gli pre-

elevato chi riposa sulle proprie forze, chi aspira a cose alte e belle,

non

si

lascia vincere dalle difficolt

che uomini ed eventi

parano,

come suona

il

verso del

Petrarca:
cai

1363.

del vulgo

mi

ne

di fortuna.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, num. LXXVIII secondo il Marsand, com.:


Dell' empia Babilonia, ond'e

fuggita; so-

netto XCI, secondo

il

Mestica).

Di un uomo

siffatto

parlava I'Alighieri laddove diceva

1364

Se il mondo sapesse il cuor ch'egli ebbe Mendicando sua vita a frusto a frusto
Assai
lo loda, e

pi lo loderebbe.
{Paradiso,
e.

VI, v 140-142).

Ed

era costui

Romeo
di

di

Villanova, che per

l'

ingratitudine del
la

conte

Raimondo

Provenza, di cui aveva accresciuto

fortuna

e maritate le quattro figlie a quattro re, se ne ^axi povero e vetusto.

Ma

questa leggenda, da cui pare molto diversa fosse

la

vera storia.

pure segno di altezza d'animo

il

contenersi nobilmente nelle

contese e nelle polemiche, secondo quel che di s medesimo di-

ceva Cicerone:

1365.

Et

refellere sine pertinacia et refelli sine

iracundia parati sumus.


(Tuscul. disputai.,
lib. II,

cap.

I,

2).

Ecco invece

gli

uomini

di

animo

pusillo,

1366.

....

Coloro

Che
pi sotto

visser senza infamia e senza lodo.


(Inferno, e. Ili, v. 35-36) che

come furono chiamati da Dante


li

dice:

365. Siamo pronti a contraddire senza ostinazione, ed a lasciare,

senza adirarci, che

altri ci

contraddica.

398

Chi V ha detto?

[1367-1370]

1367.

....La setta de' cattivi

A
Sono costoro

Dio spiacenti ed
i

a'

nemici

sui.

{.Inferno, e. Ili, v. 62-63).

poltroni e

vili,

che

Dante

nel verso subito ap-

presso chiama:

Questi sciaurati che mai non fur vivi.

ed

ai quali si

pu applicare

il

verso del

Pete arca:

1368.

Gente, a cui

si

fa notte innanzi sera.


I,

(Trionfo della Morte, canto


Cfr.
l'

v. 57).

Son.

XXXIV
e
(v.
al

in morte

di

Madonna Laura (CCLXI


rer.

del-

ediz.

Mestica),

Lucret.,

De

nat., lib. Ili, v. 1046. Il

primo dice

num. 826):

E
il

compie' mia giornata innanzi sera;

secondo:

Mortua

cui vita est prope


la

jam vivo atque


la

videnti.

in

pure a costoro che

Bibbia promette

eterna beatitudine
stato applicato

un

versetto che, detto con altre intenzioni,


:

a citazioni satiriche

1369. Beati pauperes spiritu:


est

quoniam ipsorum
v.
3.

regnum

caelorum.
(Evang. di S. Matteo, cap. V, S. Luca, cap. VI, v. 20.
-

Ma
i

il

Vangelo intende per pauperes spiritu

tutt' altra cosa, cio

coloro che

amano
una

di cuore la povert
gli sciocchi

il

popolo invece intende


!

poveri di spinto, cio

o minchioni

Anche questa

dunque
mente.

delle tante frasi tradotte a orecchio spropositata-

Costoro assomigliano

al

contadino della favola:

1370.

Rusticus expectat

dum

defluat amnis.
lib,
I,

(Orazio, Epistolae,

ep. 2, v. 42).

1369. Beati i poveri di spirito, perch il regno dei 1370. Il contadino aspetta che il fiume passi.

cieli

per loro.

[1371-1373]

Risolutezza, sollecitudine, ecc.

399

il

quale aspetta sulle sponde del fiume che

le

acque scorrano per


prosegue
il

poterle passare all'asciutto,


et labetur' in

ma

il

fiume

labiticr,

poeta,

omne

volubilis

aevum.
il

Udite con quanta severit giudichi costoro anche


citato

pi volte

duca

FRANCESCO de la Rochefoucauld
(

nelle sue

Maxi-

mes morales

CCCCXLV):

1371.

La

faiblesse est plus

oppose

la vertu

que

le vice.

Uno

di costoro sarebbe stato certamente quel Pietro Soderini


il

(nato verso

1450), creato gonfaloniere avita di Firenze nel 1502,

e deposto nel 15 12, a cui

Niccol Machiavelli
le

rivolse

il

noto

epigramma (d
9,

la lezione

dell'unico ms. fiorentino Magi. VII,


lezioni volgari):

271, che differisce da tutte

1372.

La

notte che mor Pier Soderini,


dell'inferno alla bocca.
!

L'anima and
:

Grid Pluton Che inferno anima sciocca,

Va

su nel limbo fra gli


bench
diffcile e

altri

bambini.
il

e sotto qualche rispetto,

ingiusto torni

con-

fronto, anche quel povero granduca:

1373-

I^i

papaveri cinto e di lattuga.


(Giusti, L' incorotiazione,
str. T).

costui

Leopoldo

II,

granduca

di

Toscana, cos dipinto nei se-

guenti versi:
Il

toscano Morfeo vien lemme lemme, Di papaveri cinto e di lattuga.

Che, per

la

smania d' eternarsi, asciuga Tasche e maremme.

Co' tribunali e co' catasti annaspa; E bench snervi i popoli col sonno,

Quando

si

sogna d' imitare

il

nonno,

Qualcosa raspa.

Ma

egli,

come

re e

come

italiano,

aveva soltanto

la

colpa di

ri-

trarre dal genio di quella generazione infiacchita, che

Giacomo

Leopardi rampognava dicendo:

400

Chi V ha detto?

[1374-1378]

1374.

Di viltade

Siam
La mancanza
gliere

fatti

esempio

alla futura etade.


((Canzone

ad Angelo Mai).

di ardire e di franchezza,

che talvolta pu co-

anche persone

solite a sentimenti virili, ripresa in

Dante

per bocca di Virgilio in due luoghi distinti, cio:

1375.

Dunque che ?

perch, perch ristai?

Perch tanta vilt nel core ailette? Perch ardire e franchezza non hai?
{Inferno,
e.

II,

v.

121-123).

1376.

Perch l'animo tuo tanto s'impiglia, Disse il maestro, che 1' andare allenti ? Che ti fa ci che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti Sta come torre ferma, che non crolla Giammai la cima per soffiar de' venti.
;

{.Purgatorio,

e.

V,

v. 10-15).

ed

il

seguente verso del


:

Petrarca

indica lo stato di

animo

di

un

irresoluto

1377.

Da me

son

fatti

miei pensier diversi.


in vita di
il

[Cantone

condo

M. Laura^ num. II, seMarsand, comincia: Verdi panni,


v. 36;

sanguigni, oscuri o persi, dell' ediz. Mestica).

canz. Ili

cio

miei pensieri combattono meco medesimo, alla quale consi


:

dizione di animo
sotto

applica pure

una cimosa metafora, conosciuta

appellativo

1378. L'asino di Buridano.


e di cui
1'

origine sarebbe la seguente.


dei pi celebri e pi abili difensori

Giovanni Buridan, uno

del nominalismo, e che fu rettore dell'universit di Parigi nel 1327,

inclinava nelle sue teorie filosofiche al fatalismo, e fra gli altri

argomenti speciosi eh'


liberiste,

egli

recava in

difesa
1'

delle

opinioni anti-

primeggiava questo, di sapere se

uomo

posto fra due

[1378]

Risolutezza, sollecitudine, ecc.

401

moventi opposti e di egual peso, pu decidersi indifferentemente


per l'uno o per l'altro: se non pu, cessava
si
il

libero arbitrio, se

ammette che possa,


due
partiti

1'

azione stessa della scelta diventa impos-

sibile,

essendo senza ragione e senza scopo.


per
i

Come

infatti scegliere

fra
il

quali

proviamo una pari indifferenza? Quindi


al

nome
lui,

di

Buridan rimasto anche

sofisma, che

ci

mostra un

asino morente di fame fra due misure di avena ugualmente lontane

da

o morente di fame e di sete

fra

una misura

di

avena e un

secchio d' acqua, mentre la povera bestia tormentata da questi

due bisogni in misura uguale.


uso da

Ma

si

cercherebbe invano questo


facile di

sofisma nelle opere del celebre nominalista, n


quale potesse esserne
in discussione
il
1'

dire

lui fatto,

perch Buridan poneva


e

libero arbitrio dell'

uomo
:

non quello

degli ani-

mali che nessuno pensava di difendere


dersi
2-

quindi piuttosto da creto.

con

Tennemann

{Histoire

de la philosophie,
sia stato

Vili,

part.)

che questo sofisma celebre

immaginato dagli

avversari di lui per mettere in ridicolo le sue teorie.

Ed

ugual-

mente dovremo relegare

fra le

leggende quella che


le

ci

mostra Bu-

ridan nelle orgie della Torre di Nesle, fra


di Navarra, moglie di Filippo
alla
il

braccia di

Giovanna
di pru-

Bello, e

sfuggito per miracolo

morte cui
i

la

impudica regina condannava, per eccesso

denza,

suoi amanti facendoli gettare chiusi in

un sacco
grazie

nella

Senna.

Secondo questa leggenda Buridan,

nell* asino

famoso,
della re-

avrebbe alluso a s medesimo, oscillante


gina e quelle di una
basta a mostrare
il

fra le

dama

di lei e

compagna

di dissolutezze.

Ma

nessun fondamento di questa

storiella di ri-

cordare che la regina Giovanna mori in tarda et nel 1305.

Del resto

il

dilemma

di

Buridan non era nuovo nella

storia
2, 13),

della filosofa: vi accennava gi

Aristotile

(Ilspi

oupavo,

San Tomaso svolgeva

il

medesimo dubbio, senza darne una

so-

luzione soddisfacente, nella

Summa
1'

theologi,
vi

pars I secundae,

qu. XIII, art. 6, e infine

Alighieri

accennava nei versi:

Intra due cibi, distanti e moventi

D* un modo, prima si morria di fame, Che liber uomo 1' un recasse a' denti. Si si starebbe un agno intra due brame Di fieri lupi, egualmente temendo; Si si starebbe un cane intra due dame,
26

402

Oli P ha detto?

379-1380]

Vedansi anche
(v.

versi di

Ovidio

nel lib.

delle

Metamorfosi

164-166):
Tigris ut, auditis diversa valle

duorum
ardet utroque.

Exstimulata fame mugitibus armentorum,


Nescit, utro potius ruat;
et

mere

Sanit, malattie

1379.

Mens sana

in corpore sano.
(Giovenale,
Sat.

X,

v. 356).

era secondo gli antichi

l'

ideale della perfezione

umana

e la pre-

ghiera che doveva rivolgersi alle Divinit.

Notissimo rimasto,

fra

pochi aforismi delle diverse scuole


il

mediche noti anche

ai profani,

seguente

1380. Similia similibus curentur.


eh'
il

canone fondamentale della scuola omeopatica, bandito da


(1755- 1843) ^^^ celebre suo libro Org-a-

Samuele Hahnemann
non der Heilku7tst
(di

cui la

prima edizione del 18 io);

il

prin-

cipio opposto quello della medicina antipatica,

formulato con-

traria contrariis. L'

uno

1'

altro

furon

gi

enunziati (ma con


et epist. medicee,

minor precisione) da Tomm. Erastus [Disputt,


Tiguri,

1595) e dal danese

Stahl

(in

Jo. Hummelii,

Comment,
trattato

de arthritide, Budingse, 1738, pag. 40-42);


e

ma

egualmente l'uno
del

altro s' ispirarono

un

capitolo

d'

Ippocrate

Ilepl TTtcDv TCV /cax vBpWTiov (capitolo

XLII), dove appunto

svolto

il

principio che le malattie sono talora prodotte da cause

1379. Mente sana in corpo sano. 1380. I simili si curino con i simili.

[1381-1383]

Sanit, malattie

403

simili,

e allora

si

guariscono coi simili, talora da cause contrarie,


i

si

guariscono con

contrarii.

Dalla classica opera di

Benjamin Franklin, La
il

via della for-

tuna, che nelle prime edizioni americane ha

titolo
si

The poor Rifondatore di

chard's Almanack, con altre auree sentenze,

suol citare questa


il

che era sentenza favorita di


Metodisti,
il

Giovanni Wesley,

quale ne aveva fatto quasi una massima di fede della


:

sua nuova religione

1381.

Makes the man


Ma
poema

Early to bed and early arise healthy, wealthy and wise.


popolari
il

in fatto d' igiene sono specialmente

certi versi del

ritmico in versi leonini noto sotto

titolo di

Regimen

sa-

ntatis o Flos sanitatis dell' xi secolo, e

composto dalla celebre

Scuola Salernitana per esporre

le

regole principali dell* igiene se-

condo

le

conoscenze di quei tempi. La tradizione vuole che fosse

indirizzato dal Collegio dei medici di Salerno a

Roberto duca

di

Normandia

circa

il

11 00; invece Salvatore

della medicina italiana (to. II, pagina

De Renzi nella Storia HO, Napoli, 1845) ritiene


il

pi probabile che sia stato scritto verso


re d' Inghilterra. Se ne ignora
l'
1'

1055

P^'*

Edoardo III

autore, e

non

molto fondata

opinione che lo stendesse per incarico della Scuola un


:

Giovanni
tra-

DA Milano
dizionale e
parti

pi credibile che

si tratti

di

una compilazione

mnemonica,

di autori e

tempi diversi, di cui alcune


stiano le cose, ecco
il

possono

risalire al ix secolo.
i

Comunque

alcuni versi che scelgo fra


stesso

pi noti, secondo

testo curato dallo

De Renzi

nella Collectio Salernitana, to. I (Napoli, 1852).

1382. Si tibi deficiant Medici, medici tibi fiant

Haec tria mens Iseta, requies, moderata diseta


:

(v.

19-20).

1383. Si fore vis sanus ablue saepe

manus.
(V.

125).

38 1. Andare a letto presto e alzarsi presto, fanno l'uomo sano,


ricco e saggio.

1382. Se

ti

mancano

medici, te ne faranno le veci queste tre

cose: animo lieto, riposo e dieta moderata.

1383. Se vuoi esser sano, lavati spesso

le

mani.

404

Cht V ha detto?

[1384-1390]

1384.

Sex horis dormire sat est juvenique senique. Septem vix pigro, nulli concedimus octo.
(V,

129-130).

1385.

Ut

sis

nocte

levis, sit tibi

cna

brevis.
(V.

195).

1386. Post
\o

cnam

stabis,

aut passus mille meabis


(V. 212).

anche aut lento pede ambulabis].

1387. Inter

prandendum

sit

saepe

parumque biben[dum.
(V. 214).

1388. Caseus

ille

bonus quem dat avara manus.


(V. 387).

detto del cacio, di cui dice vasi pure:

1389.

Non Argus, largus, non Matusalem, Madalena, Non Petrus, Lazarus, caseus iste bonus.
(v.

404 405).

La

spiegazione di questo indovinello la seguente

il

formaggio

per esser buono dovrebbe essere non troppo occhiuto, di buchi


larghi,
giallo

non tanto vecchio, che pianga, non duro come

la pietra,

come Lazzaro

resuscitato.

1390. Nobilis est ruta quia lumina reddit acuta.


(V.

704).

1384. Dormire sei ore sufficiente s per un giovane come per un vecchio concederemo a stento sette ore a un pigro,
:

otto a nessuno.

1386.

1385. Se vuoi essere leggiero di notte, fa' corta cena. Dopo cena riposa, o fa' appena un miglio (ovvero cammina
di lento passo).

1387. Mentre desini, bevi poco e spesso.

1388.

Il cacio
il

buono

se lo dai

con mano avara.

1389. Se

non come Argo, ma largo, non come Matusalem, ma come Maddalena, non come Pietro, ma come Lazzaro, allora sar buono.
cacio sar
la ruta,

1390. Nobile erba

perch rischiara

la vista.

391-1393]

Sanit, malattie

405

Porr in calce a questo paragrafo, come di soggetto pi


citazioni dantesche,
frasi

affine,

due

la

prima che impiegata come decente peri-

a indicare

uno
virile

degli
:

umori pi

perfetti e

pi vitali secrti

dall'

organismo

1391.

Sangue

perfetto,

che mai non


si

si

beve

Dall'assetate vene, e

rimane
e.

Quasi alimento che di mensa leve.


(Dante, Purgatorio,
e

XXV,

v. 37-39).

altra
:

che pu usarsi a indicare chi sorpreso da improvviso

malore

1392

Caddi come corpo morto cade.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v.

142).

67.
Sapere, studio, ignoranza

Platone nel Protagora,

Cicerone nel

De

Oratore,

Senofonte

nei Detti memorabili di Socrate, Pausania, Plutarco,


i

narrano che
oro

sette sapienti,

un giorno
il

riuniti a Delfo, scrissero a lettere d'

nel tempio di Apollo

motto

1393- TvBt aeauTv.


che
I,
i

Latini tradassero in Nosce te


22), e che attribuito fra

ipsum
altri

(cfr.

Cicer., Tusculan.,
spartano, a

I,

gli

Chilone

Talete

milesio, a

Solone,
prese

all'oracolo

stesso di Apollo, fu

come sentenza discesa dal cielo. come fondamento della sua filosofia, e anche Giovenale {Satira XI, v. 27):
poi ripetuto da poeti e filosofi

Socrate fra

altri la

clo descendit Yvc&Gt oeaotv.

1393. Conosci te stesso.

406

Chi

V ha

detto?

[1394-^398]

Ugualmente Charron

disse in principio della

prefazione del

Libro I del suo Trait de la Sagesse (Bordeaux, i6oi), che

1394.

La

vraie science et le vrai tude de

l'homme

c'est

l'homme.
Pope
of

La

stessa sentenza trovasi in


2)

che

ntW Essay on Man


is

(1733

ep. 2,

scrisse:

The proper study

mankind

man.

La Bibbia insegna che non pu


fede, senza
il

esservi scienza verace senza la

timor di Dio

1395. Initium sapientiae timor domini.


{Ecclesiastico, cap. VI, v. 16).

(su di che

Chamfort
c'est
la

causticamente osserva
la

L'criture a dit
;

que

le

commencement de
que

sagesse tait la crainte de Dieu

moi,

je crois

crainte

des
a

hommes

) ;

tanto

Orazio
il

quanto

Dante ammoniscono

non

tentare di spingere la scienza

umana
dice
:

oltre quei limiti che la fede

ha voluto imporle;

primo

1396.

Quid
:

sit

futurum

eras,

fuge quserere.
lib. I,

(Orazio, Odi,
e pi oltre

od.

9,

v.

13).

1397.
e
1'

Nec
:

scire fas est

omnia.
(Ivi, lib.

IV, od.

4,

V. 22).

altro

1398. State contenti,

umana

gente, al quia.
{Purgatorio,
e.

III. v. 37).

vale a dire contentatevi di sapere che le cose sono

come sono,

non indagatene
materia di fede,

le

troppo arcane ragioni.


si

Fu
altri

detto da Dante in

ma

estende anche ad

argomenti.
di questi vincoli

Tuttavia

la scienza

moderna non vuol saperne


si ribella,

imposti al suo libero esame. Essa

e innalza

un inno

al

1395. Il timor di Dio il fondamento di ogni sapienza. 1396. Rifuggi dall' indagare quel che avverr domani. 1397. N concesso di sapere tutto.

[1399-14^3]

Sapere, studio, ignoranza

407

mitico Satana, che spinse


i

nostri primi progenitori

ad assaggiare
:

frutti dell' albero della scienza,

promettendo loro

^^
malum.
5).

1399. Eritis sicut


Quindi
il

dii,

scientes

bonum

et

{Genesi, cap. Ili, v.

poeta inneggia

1400.

Salute, o Satana,

o ribellione,

o forza vindice
della ragione!
{Inno a Satana, di Enotrio cio Giosu Carducci).

Romano,

Sciogliendo
volte
si

simboli, certo per che la fede molte e molte

trovata in contrasto

con quel desiderio naturale

di sa-

pere, che

Dante

chiam:

1401.

La

sete naturai che mai non sazia, Se non con l'acqua onde la femminetta Samaritana domand la grazia.
(Purgatorio,
e.

XXI,

v.

1-3).

e di cui

l'

origine fu

modestamente indicata dal Metastasio dove

disse

1402.

La meraviglia
Dell'ignoranza
figlia,

E
E
si

madre

del saper.
(Temistocle,
a. I, se.
I).

questa irrequietezza di sapere cosi violenta che per antitesi


credettero
felici

coloro che possedevano la scienza, secondo la

sentenza virgiliana:

1403. Felix qui potuit

rerum cognoscere caussas.


(Virgilio, Georgiche,
lib. II, v. 490).

1399. Sarete come Dei, conoscitori del bene e del male. 1403. Felice chi pot conoscere le cagioni delle cose.

4o8

Chi V ha detto?

[1404-1408]

Ma r apprendere
che
ci

soltanto

non basta

occorre qualcosa di pi

dice

Dante

nei due noti versi

1404.

....Non fa scienza

Senza

lo ritenere,

avere inteso.
(Paradiso,
e.

V,

v. 41-42).

e per ritenere, occorre esercitare

la

memoria, secondo l'ottimo

precetto di

Cicerone:
nisi earn exerceas.
(Calo major,
6).

1405.

Memoria minuitur,

La memoria
difetto,

veramente dono prezioso, e dov'essa


all'

si

trovi in

manca

uomo una
la

sicura guida

perci chi erra, piut-

tosto che confessare altre deficienze, invoca volentieri la


di

mancanza

memoria, secondo

maliziosa osservazione di

un noto pen-

satore francese:

1406.

Tout

le monde se plaint de sa mmoire, et personne ne se plaint de son jugement.


(La Rocuefoucauld, Maximes,

L.XXX1X).

Altro eccellente consiglio per apprendere bene quello contenuto


nell'

adagio latino

1407.

Non

multa, sed multum.


lib.

che ha origine dalla sentenza di Plinio Sec. {Epist.,


ep. 9)
di
:

VII,

Ajunt multum legendum

esse,

non

inulta,

ovvero da quella

i, 59): Multa magis quam multorum leformanda mens. Sono di Dante anche le due citazioni seguenti che non di rado ricorrono nel comune parlare ove si discorra di cose che al sapere

Quintiliano (X,

ctone

e allo studiare

si

appartengono

1408.

M'insegnavate come l'uom s'eterna.


(Inferno,
e.

XV,

v. 85).

1405.

La memoria diminuisce,

se

non
[cio

la tieni in

esercizio.

1407.

Non

molte cose,

ma molto

profondamente].

[1409-14 2]

Sapere, studio, ignoranza

409

1409.

voi che siete in piccioletta barca

Desiderosi d'ascoltar, seguiti

Dietro al mio legno che cantando varca,

Tornate a riveder

li

vostri

liti:
;

Non

vi mettete in pelago

che

forse,

L'acqua che

Perdendo me, rimarreste smarriti. io prendo giammai non si corse.


{Paradiso,
e.

II,

v.

7).

Il

maestro, mentre insegna altrui, perfeziona s medesimo, ci

che pu dirsi anche con una citazione della settima lettera di

Seneca
14 10.
da cui
Il
si

il

giovane:

Homines dum docent


fatto

discunt.

anche

la frase pi fa
al
il

compendiosa Dcendo discitur.


scolare,
la

maestro non soltanto

bene individuale dello


;

ma

rende un nobile servigio


ripete

paese

lo sa la

Germania,

quale

da lunghi anni che

41

Der preussische Schulmeister hat die Schlacht bei Sadowa gewonnen.


alle

dando forma sentenziosa, come spesso accade,


pi diffusamente dal geografo
riodico

idee svolte

Peschel

in

un

articolo del suo pe-

Dos Ausland

(Bd. 29, 17. Juli 1866, pag. 695), intitolato:


si

Die Lehren der jung. Kriegsgesch, Del resto


il

narra che anche


:

Duca di Wellington, il vincitore di Waterloo, avrebbe detto The battle of Waterloo was won in the playing fields of Eton (Will. Fraser, Words on Wellington, p. 139), intendendo di
i

dire che
citazioni

successi dell' esercito inglese erano

dovuti

alle

eser-

ginnastiche che ne

rinforzano

le

giovani generazioni:
di

Eton, nella contea di Buckingham,

famosa come sede

un

1410. Gli uomini, mentre insegnano, imparano.


14 11.

La

battaglia di

Sadowa

stata vinta dal maestro di scuola

prussiano.

4IO

Chi V ha detto?

[1412-1414]

antico collegio che fu tra


sportivi.

primi a mettere in onore

gli

esercizi

Lo

studente pu appartenere a due categorie: c' lo studente

definito da

Arnaldo Fusinato

14 12.

....Studente

Vuol
C'

dire

Un

tal

che non istudia niente.


{Lo Studente di Padova, p.
I).

poi lo studente che studia davvero, che ha per

il

maestro
gli

suo quella venerazione che


suggeriva
le

Dante

aveva per Virgilio e che

semplici parole:

413

Vagliami il lungo studio e il grande amore Che mi ha fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e il mio autore Tu se' solo colui, da cui io tolsi Lo bello stile che mi ha fatto onore.
:

{Inferno,

e.

I,

v.

83-87).

quella venerazione che ai discepoli degli antichi filosofi faceva os-

sequiosamente

1414. Jurare in verba magistri.


(Orazio, Epist.,
I,
1,

14;

Seneca,

Epist., 12, 10).

con frase che ricorda

le altre locuzioni,

Ipse dixit (aTc s^a),

Ma-

gister dixit, che erano gi proverbiali presso gli antichi (vedi p. es.

Cicerone, De natura Deorum,

I, 5, io,

parlando dei Pitagorici:

quos ferunt,

si

quid.... ita esset, respondere solitos Ipse dixit ;


i,

anche Quintiliano, Inst. Orat., XI,

27),

ma

furono cer-

tamente popolarizzate dalla Scolastica medievale.

Il

Fiorentino nel

Manuale di
scrive di

storia della filosofia, P. I (Napoli, 1879, ^ P^g- 87),


il

Averro,,

quale, se

non

fu
si

il

primo a tradurre
il

com-

mentare Aristotile, come per errore


tra
i

diceva, fu

pi grande
soleva ripor-

commentatori arabi

Prima

di

commentare

ei

tare intero o

compendiato
dixit;

il

testo di Aristotile, preceduto

sempre

dalla parola Kdl,

donde

forse Vipse dixit.

14 14. Giurare sulle parole del maestro.

[1415-^41^]

Safere, studio, ignoranza

411

Per, se ottima cosa


dell'

la scuola,
si

non basta

a formare la

mente

uomo, che veramente

tempra nella diuturna esperienza

della vita, quindi giustamente si doleva

Seneca

il

giovane che

14 15.

Non

vitse

sed scholae discimus.


{^Epist, 106,
11 fin.).

La nota sentenza

141 6. Indocti discant et


fu

ament meminisse
HNAULT,

periti.

composta per servire

di epigrafe al suo

Abrg chronologique
il

de l'histoire de France dal prs.

quale nella 3^ ediil

zione del libro medesimo (Paris, 1749) disse di averne preso


cetto

con-

da due
i

versi del

Pope

nel Saggio sopra la critica (740, 741)

che sono

seguenti:
if

Content,

hence

th'

The

learn' d reflect
di

unlearn'd their view may wants, on what before they knew.


(a.

^^W Andria

Terenzio

I,

sc. 3, v.

194),

il

servo

Davo

interrogato dal padrone

su cose ch'egli non intende, risponde:

141
il

7.

Davus sum, non dipus.


l'

qnale Edipo, come tutti sanno, seppe spiegare

enigma

della

Sfinge.

141

8.

sancta simplicitas
Huss

avrebbe esclamato Giovanni


la

nel 141 5,
(o

quando attendendo
altri

morte sul rogo vide un contadino


che mosso
dall'

secondo

una vecchie-

rella)

ignoranza e dal fanatismo correva a gettare

sulle

fiamme un

altro

pezzo di legno.

nostro vizio d'imparare pi alla scuola che nella vita. 141 5. 14 16. Imparino gl'ignoranti, e godano i dotti di rinfrescare le loro cognizioni.
141
7.

Io sono Davo, non sono Edipo.

14 18.

santa semplicit!

412

Chi

Vha

detto?

[1419-1422]

68.
Saviezza, pazzia

141 9. Infinita la schiera degli sciocchi.


tale

l'opinione del

Petrarca

{Trionfo del Tempo, v. 84) e uno


:

scrittore francese cosi la ridusse nella sua volgar lingua

1420. Les sots depuis

Adam

sont en majorit.

(Cas. Delavigne, ptre sur la question: L'tude fait-elle le bonheur dans toutes les situations de la vie?).

Ma

questo in fondo riesce a vantaggio dei signori sciocchi,

quali finiscono ad avere la ragione dalla loro e a disporre delle

consuetudini, della moda, delle leggi finanche; poich:

1421.

Quand

tout le

monde

tort,

tout le

monde
I, se.
3).

[a raison.
(La Chausse, La Gouvernante,
a.

ed in queste occasioni che talvolta succede questo caso curioso,

che
Il

1422.

ne stava nascosto, per paura del senso comune.


c'era;
se
le

buon senso

ma

per dirla con


pitolo

parole usate dal

Manzoni

{Promessi Sposi, ca

XXXII)

a proposito della peste, degli untori e della


il

gente
di

savia....

che non era molto persuasa che fosse vero

fatto

quegli unti velenosi.,

ne deriva pure che atto di saviezza non


il

andare contro corrente, non fare

troppo

savio

quando

tutti

sentono del matto, perch non accada quel che capit a quel1'

astronomo, di cui narra piacevolmente

il

Gozzi

nell' Osservatore,

che seppe restar sano di cervello mentre una maligna influenza


delle stelle sconvolse
il

cervello a tutti, e ci

guadagn

di esser

chiuso in manicomio.

[1423-1426]

Saviezza, pazzia

413

In senso analogo,

ma non

identico, consigli

uno

scettico filo-

sofo francese di cercar sempre di parere


si

meno

furbo di quel che

sia,

poich:

1423. C'est

une grande habilet que de savoir ca[Maximes de La Rochefoucauld,

cher son habilet.


CCXLV).

Questo era da
che dir
si

dirsi in

merito alla pazzia generale, epidemica

voglia: in quanto alla pazzia individuale, o sporadica,


il

comincer col citare

notissimo

1424.

Quos

vult perdere Jupiter

{p

Deus) demen[tat prius.

Notissimo! sta bene,

ma

chi l'ha detto? questa poi un'altra

questione. Certo che nessuno dei poeti latini dell' et felice scrisse

questo verso, pio

meno armonioso; Vellejo Patercolo

(lib. II,

cap. 57 e 118) disse qualcosa di simile,

ma

in prosa: Ita

se res

habet, ut plerumque fortunam mutaturus deus Consilia corrumpat


:

ed ugualmente Publilio Siro {Mimi, ed. Ribbeck, n. 490) Stultum facit Fortuna, quem vult perdere. Ma la fonte rimasta ancora ignota, se pure non un frammento di un ignoto tragico greco
citato in

uno

scolio antico all' Antigone di Sofocle, v. 620.

1425.
dice

Quse
nelle

te

dementia cepit?
(IT,

Virgilio

Egloghe

v.

69), e con lui

potremo

dirlo

a chi dia segno di non essere pi bene in cervello, che hanno

perduto

il

ben dell'

intelletto.

1426.

Aver perduto

il

ben

dell'intelletto.
:

frase che deriva dalla terzina dantesca

Noi Siam venuti al luogo ov' io t'ho detto Che tu vedrai le genti dolorose Ch* anno perduto il ben dell' intelletto.
(Dante, Inferno,
e.

Ili, v,

16-18).

1424. Giove {o Dio) toglie il senno a coloro ch'egli vuol perdere. 1425. Quale pazzia ti prese?

414

Chi V ha detto?

[1427-1430]

Ma

il

hen dell'

intelletto,

nella filosofia dantesca, la cognizione

e l'intuizione di

Dio

(cfr.
,

Petr. Lomb., lib.

V,

dist.

49 A; Thom.
-^-

Aquin., Su7nm.
cap.
il

theol.

P. Ili, suppl. qu. XCII,

art.

1,2,3;

Gi^v-

XVII,
si

V. 3; e

Dante

)
;

stesso nel Convivio, II, 14:

Il

Vero

Bene

dello intelletto

quindi la locuzione, quale oggi scherzo-

samente

adopra, addirittura travisata dal concetto originario.


propria debolezza di mente trova ragione per fare
i

A. chi nella

pi rumore che non conviene, susurrate in un orecchio


del Giusti:

versi

1427.

Le teste di legno Fan sempre del chiasso.


(// re Travicello, str. 2).

Duca de La Rochefoucauld, dai quali parrebbe resultasse che a tempo e luogo un granellin di pazzia non guasta ed io credo eh' egli non abbia tutti i torti.
Tuttavia, ecco qua due pensieri del
:

1428.

Qui

vit sans folie n'est


{Maximes de

pas

si

sage qu'il

croit.

La Rochefoucauld,

CCIX).

1429. Il arrive quelquefois des accidents dans la vie, d'o il faut tre un peu fou, pour se

bien

tirer.

(/t;/,

cccx).

e del resto tutti sanno esser sentenza antica e trita che

1430.
sentenza

Semel
la

in

anno

licet insanire.

quale in questa forma precisa, resa proverbiale nel


si

medio evo, non

trova in nessun classico autore;

ma non
annuali

molto
feste

diversamente scrisse

Seneca
ci
:

dove parla

delle

egiziane di Osiride nel dialogo

De

superstitione,

oggi smarrito,

ma De
tato

di cui S.

Agostino
VI, io

ha conservato questo passo nel libro

civitate Dei,

Huic tamen

furori

certum tempus

est.

Tolerabile est semel

anno insanire.

lo stesso

Seneca nel

trat-

De

tranquillitate animi,

XVII, io:

Nam sive
est-',

Gracco poeta
il

credimus, aliquando et insanire jucundutn


cui Seneca
si

poeta greco

riferisce

Menandro

(frag.

321, ed. Koch).


pazzo.

1428.

Una

volta all'anno lecito di fare

il

[1431-1432] Schiettezza, verit, bugia, simulazione^

ecc.

415

69.
Schiettezza, verit, bugia, simulazione,
ipocrisia, adulazione

Secondo quel che dice

la

Bibbia nel versetto

1431.

Ex

abundantia cordis os loquitur.


(Evang. di
S. Matteo., cap.

XII, vers.

34).

la parola

sarebbe un beneficio per

1'

uomo

il

cui

cuore ricolmo

di affetti, di gioie o di amarezze,

ha bisogno di espandersi. Tale

non sarebbe per

1'

opinione di qualche pessimista, secondo cui

1432.

La

parole a t donne l'homme pour

dguiser sa pense.
I

Mmoires

di Barre (1842, to.

sta

poco morale sentenza a Talleyrand,

IV, pag. 447) attribuiscono queil quale l' avrebbe detta


questi cercava di
altri,

all'ambasciatore spagnuolo Izquierdo, quando

rammentargli certe sue incomode dichiarazioni;


l'Heine (Ideen.
il

per esempio

quale

Das Buch Le Grand, XV) V attribuisce a Fouch, condivide col Duca di Dino l'onore di molte fra queste
come Carlo Matharel de Fienne che

attribuzioni; altri ad altri,

scriveva nel Sicle del 24 agosto 1846, annunziando la morte di

Harel,
cite

gi direttore del teatro della Porte Saint-Martin

On

de M. Harel une quantit prodigieuse de mots

spirituels et

mordants.

En

gnral,

il

avait l'habitude

de mettre ses origi-

nalits sur le

compte des gens connus


parole, etc.

et accepts

comme
et

gens

d'esprit.
si

Il

prta longtemps

M. de Talleyrand
l'a

ce

mot devenu
nous
,
le

clbre:

La

Il

revendiqu depuis,
Invece
il

lui restituons

avec empressement.

motto non

ne di

Harel, ne di Heine, ne di Talleyrand, e pi giustamente potrebbe

1431.

Quando

il

cuore pieno,

la

bocca parla.

4i6

Chi

r ha

detto?

[HSS-HS^]
XVII: Le

dirsi di

Voltaire che veramente


et la

scrisse {Dialogues,
la

chapon

poularde)

Ils

ne se servent de

pense que pour

autoriser leurs injustices, et n' employ ent les paroles que potir d-

guiser leurs penses.

>>

In ogni

modo anche

per Voltaire, se nuova

era la forma di cui egli lo rivestiva (forma probabilmente scelta

per parodiare

la risposta di
se.
:

Pancrazio a Sganarello nel Mariage


a et donne l'homme

force di Molire,

VI La parole
y

pour

expliquer sa pensee)

il

concetto restava
altri molti,
:

sempre antico, poich

prima di
stici

lui,

per tacere di

Dionisio Catone nei Di-

(IV,

20),

aveva detto

Perspicito tecum tacitus quid quisque loquatur;

Sermo hominum mores

et celat et indicat

idem.

Nondimeno
di dire

il

miglior consiglio da darsi a chi vuole restare


finire col

un

galantuomo, e anche a chi non vuol

guastare

fatti suoi,

sempre

la verit

al

1433di

Vitam impendere
verbo dantesco:

vero.
il

Giovenale

{Satira IV, 91) che fu anche


il

motto

di

G. G.

Rousseau, uniamo

1434.

La
il

verit nulla

menzogna

(Dant, Inferno,
e

frodi. e. XX,

v. 99).

avremo

Vangelo dell'uomo onestamente sincero.

La

verit

pu

dirsi

anche sotto forma scherzevole, in

modo da

rendersi pi tollerata e gradita; anche

Orazio

si

domanda:

1435.

Ridentem dicere verum Quid vetat?


(Satire, lib.
I,

sat.

1,

v. 24-25).

ma comunque

la si dica, la verit

sempre quella:

1436. Veritas in

omnem

sui

partem semper ea(Seneca,


Eftst., 79, 16).

dem

est.

1433. Spendere la vita per la verit. 1435. Che cosa vieta di dire la verit sotto forma ridente? 1436. La verit sempre la stessa in ogni sua parte.

[1437-1441] Schiettezza, verit, bugia, simulazione,

ecc.

417

e
1* l'

non vuole

essere alterata,
fin

nemmeno

per magnificarla, poich

esagerazione viene, alla


effetto contrario:

dei conti, a produrre in chi ascolta

1437.

On

affaiblit toujours tout

ce qu'on exagre.
a. I, se.
1).

(La Harpe, Melanie,

Pur troppo
dire che:

la

verit

non

a tutti piace, e chi la dice in ogni


si

circostanza deve prepararsi ad avere molti nemici, perci

suol

1438.

Obsequium amicos,
all'

Veritas

odium
a. I, se.

parit.
1,

(Terenzio, Andria,

v. 68).

motto caro
lini,

Aretino,

il

quale lo sugger a Francesco Marco-

suo solito stampatore ed amico, come impresa de' libri ch'egli

pubblicava, e lo mise anche in alcune medaglie coniate in proprio

onore; e

Fontenelle argutamente

diceva:

1439. Si je tenais toutes les vrits dans


je

ma

main,

me

donnerais bien de garde de l'oules


1'

vrir
Per

pour

dcouvrir aux hommes.


mentire, o almeno di dissi-

cui senza possedere


difficile

arte del

mulare, ben

di vivere in certi ambienti, di farsi strada

in certe posizioni. L'antica


trighi,

Roma,

sentina di vizi, fucina d'inil

tale era ai

tempi di Giovenale,

quale

si

domanda:

1440.

Quid Romae faciam? Mentiri


l'

nescio.

{Satira III, v. 41).

Tuttavia

uomo

sincero

e leale

rifugge

dalla

menzogna anche
dicesi

quando questa potrebbe risparmiargli


pure per proverbio:

dei

crucci, poich

1441.

Amicus

Plato, sed

magis amica

Veritas.
il

di cui la fonte

da cercarsi in Platone medesimo,

quale nel

dialogo del Fedone (cap.

XL,

91) cos fa parlare Socrate (cito la

1438.
1440.

La condiscendenza genera gli amici, la verit genera Che cosa far a Roma? Non so mentire.

l'odio.

1441.
27

Amo

Platone,

ma amo

di pi la verit,

4i8

Chi V ha detto?

[144 2- 1444]

trad. jsX'^ovi.^x^

Dialoghi di Platone
voi,

tradotti, voi. II,


retta,

Roma, 188 1,

pag. 306)

Per

se

mi date

prendendovi poco penio vi paia dire

siero di Socrate,

ma

assai

maggiore del vero, se

qualche cosa di vero, consentirete: se no, datemi contro con ogni


ragione.

il

La forma

sentenziosa a questa frase stata data da

Am-

monio,
scrisse
:

quale nella Vita di Aristotile (ed. Westermann, pag. 399)

cpiXo [isv

SwxpxTj, XX cptXxpa

-^

XT^Bsta, per cui

anche
tes,

Ruggero Bacone n^^ Opus majus


La

cit:

Amicus Socradi

sed magis amica Veritas,

sostituzione volgare di Platone

a Socrate pu aver avuto origine in

un equivoco

che nel
in tale

Don

Quijote

(to,

II,

cap. 8) cit la sentenza

Cervantes, medesima
amicus

forma errata. Bisogna per avvertire che gi

Martin LuPlato,

tero

nel trattato

De

servo arbitrio scrisse

Amicus

Socrates,

sed prhonoranda Veritas.

1442.

On

doit des gards

aux vivants: on ne
lettre

doit

aux morts que

la vrit.
sur dipe, in
n.).

(Voltaire, Premire

Questa nota manca in alcune delle prime edizioni della

lettera, poi-

ch fu aggiunta da Voltaire stesso a chiarimento di un pezzo che


era stato tolto nelle prime edizioni per riguardo di una persona
allora vivente, che vi era criticata.

La

verit

non

si

vada per a cercare nei

cimiteri, poich

1443.

Non

crepa un asino Che sia padrone D'andare al diavolo

Senza
scrive nel

iscrizione.
2)
il

Mementojno

(str.

Giusti che nauseato dalle menpoco


oltre (str.
9)
:

zogne de'

facitori di epitaffi grida loro

1444.

Lasciate

il

prossimo

Morire in pace,

O O O

parolai,

epigrafai,

vendi-lacrime

Sciupa-solai.

[ 1 445" ^449]

Schiettezza, verit, bugia, simulazione, ecc.

419

La forma
1445.

pi eletta della verit quella che adopra:

Liberi sensi in libere parole.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

II, ott. 81).

come risponde Goffredo ad Alete ambasciatore


Risponder come da me
suole Liberi sensi in libere parole.
si

del re d' Egitto

la frase fu imitata
(a.

da Vincenzo

Monti

nella tragedia Ari-

stodemo

II,

se.

7)

1446.

franco Parlar risponder franche parole.


parlava
il

cos

Petrarca
Mestica,

che
str.

nella

Canzone ai Grandi

d'Italia

(XVI

dell' ed.

4) dice:

1447.

Io parlo per ver dire

Non
1448. J'appelle

per odio d'altrui n per disprezzo.


BoiLEAU
autore del noto verso:

e cosi parlava pure

un chat un

chat, et

Relet un fripon.
(Satire,
l,

57).

Si sa la curiosa avventura capitata a Boileau a causa di questo

verso. Carlo Rolet, cui egli dava cos francamente del furfante,
era procuratore al parlamento,

uomo

universalmente odiato
il

ma

molto

fiero,

per cui Boileau non ebbe


i

coraggio di attaccarlo a

viso aperto, e per sviare


originale delle satire
nella seconda,

sospetti di lui,
sostituito

mentre nella edizione

aveva

un

altro

nome,

lo ristabili

ma

fece

stampare di contro a questo verso, sotto


C'est
l'

forma di nota marginale.


la disgrazia volle

un
al

htelier

du pays

Blaisois.
ci fosse

Ma
al-

che per

appunto vicino a Blois

un

bergatore che

si

chiamava Rolet,

quale naturalmente non garb


il

l'appellativo datogli da Boileau, e voleva bastonare

poeta, che

a gran fatica riusc ad accomodare

la

seccante faccenda.
il

Che
per
il

la sincerit sia

cosa rara, lo penserebbe anche

Salmista

quale

1449.

Omnis homo mendax.


gli

^^^^^^

cxv,

v. 2).

1449. Tutti

uomini sono bugiardi.

420

Chi l'ha detto?

[1450-1454]

Nulla dunque di pi comune della bugia, dappoich

1450.
ci

Non

sempre d'accordo

il

labbro e
Siroe, a.

il
I,

core.
se. 6).

(Metastasio,

che non accadrebbe

1451. Se,

come
non
s'

il

viso, si

mostrasse

il
e.

core.
XIX,
ott. 2).

(Ariosto, Orlando furioso,

Ma

gi le

hanno pi a chiamare bugie, bens

1452. Spiritose invenzioni.


dopo che nel Bugiardo,
(a, I,

la

commedia

dell'

immortale Goldoni
del

se.

4),

al

servo Arlecchino meravigliantesi

come

egli

faccia a inventare tante filastrocche, a dire tante bugie senza con-

fondersi, Lelio ribatte

Ignorante

queste non sono bugie

sono

spiritose invenzioni, prodotte dalla fertilit del

mio ingegno pronto

e brillante. L' astuto servo

non capisce

a sordo, e applaudisce

di continuo alle spiritose invenzioni del padrone.


Il cinico consiglio

1453. Mentez,
si

mes

amis, mentez.
e le parole

attribuisce a

Voltaire,

sono
il

infatti di lui,

ma non

avevano nelle intenzioni del loro autore


che, citandole cosi staccate,

significato

impudente

mostrano
di esser

di avere.

Si tratta invece

ch'egli

non voleva confessare


.

l'autore della

commedia

L' Enfant prodigue


mentez !

Mais

si

l'on vous devine? disaient ses amis

Criez, l'on se trompe, ce n'est pas de Voltaire, mentez,

mes amis,

1454.

Se non vero

ben trovato.
anche
i

frase proprio italianissima, tanto che

nostri buoni vie tutti


la capi-

cini,

francesi e tedeschi, la citano tale

e quale,

scono.

Non
e

se

ne conosce
altri

la origine precisa: quella

supposta dal

Bchmann
sioni del

da

che

la

vogliono cercare in certe antiche ver-

Don Quijote non regge. Nei Marmi di Anton Francesco Doni (di cui la prima ediz. del 1552) si legge nel Ragionamento Quarto
in l,
(ediz. di Firenze,

1863, pag. 76): Fatti pure

non mi

toccar con essa;

se

non

vero,

egli

stato

un

[I455"I459] Schiettezza^ verit^ bugia, simulazione,

ecc.

421

bel trovato.
ferire
Il

Ma

io

credo che pure

il

Doni non

facesse che ri-

una

frase gi proverbiale ai

tempi suoi.
trala

bugiardo ha bisogno di un' eccellente memoria per non

dirsi

ed aver sempre presenti

le

menzogne raccontate: quindi

sentenza latina, qtiod vulgo dicitur:

1455.

Mendacem memorer
(Quintiliano,
(a.

esse oportere.
Instit. orai., lib.

IV,

2,

91).

donde Corneille nel Menteur


Il faut

IV,

se. 5) trasse

il

verso:

bonne mmoire, aprs qu'on a menti.

1456.

Ognuno vede
Machiavelli
modo,
la

quel che tu pari; pochi sensei.

tono quel che tu


dice
il

nel Principe (cap.

XVIII), legittimando,
si

in

un

certo

condotta di coloro che

studiano di parere

assai pi di quel che sono;

ma

questo per non arriva fino a scu:

sare quel vizio che chiamato

1457.

Venerabile Impostura.
meno che
anche
lei

nel primo verso dell' ode L'Impostura del Parini, e

meno

l'ipocrisia,

bench

ci

sia

chi voglia

giustificare

dicendo che

1458. L'hypocrisie est

un hommage que

le vice

rend la vertu.
(La Rochefoucauld, Maximes,
e

CCXVIII).

^giungeva anche pi cinicamente che

1459.

Nos

vertus ne sont le plus souvent que des

vices dguiss.
massima che
egli

pose come epigrafe

alle

due ultime edizioni

delle

Reflexions ou sentences et
1678).

Ma

maximes morales fatte lui vivente (1675, queste sono cavillosit di un ingegno che si compiace
il

nei sofismi, e

fatto sta invece

che

l'

ipocrisia fu

sempre in odio

1455. Al bugiardo occorre di avere una buona memoria.

422

Chi l'ha detto?

[1460-1463]

Dio

e agli uomini. Il

Nazareno

la

fulminava nel Vangelo con

la invettiva:

460.

Vae vobis Scribse

et Pharisaei hypocritae

quia

similes estis sepulcris dealbatis, quse a foris

parent hominibus speciosa, intus vero piena


sunt ossibus mortuorum, et omni spurcitia.
{Vang, di
S.

Matteo, cap. XXIII,

v. 25).

costoro egli pure diceva:

1461.

Haec oportuit facere


(

et illa

non omittere.
v.

Vang-, di S.
S.

Marco, cap. XXIII,


v. 20).

23 -

Luca, cap. XI,


ai

Cosi Ges Cristo parlava agli Scribi e

Farisei ipocriti,

quali

pagavano

le

decime della menta,

dell'

aneto e del comino (erbe mi-

nute che non erano soggette

all'

obbligo della decima) e trascula

ravano l'essenziale della legge,


la fede.

giustizia,

la

misericordia e

La

pi spregevole delle ipocrisie quella di chi macchiato di


il

ogni vizio va battendosi


essa che allude
il

petto e predicando la virt; ed ad

motteggio fiorentino:

1462. Pi santi che uomini

si

da bene.
era solito dire che
ci

Qui

in Firenze

il

canonico

Michele Dati
santo e
il

trovano pi santi che uomini da bene; e voleva dire che


ipocriti,

sono assai

che fanno

il

devoto,

ma

internamente

sono peggiori degli

altri. (Dati,

Lepidezze, Firenze, 1829, pag. 41).

Ma
dono

ci

sono molte

altre forme,
il

meno

odiose, di transazione con


si

la nostra coscienza e
vie'

culto delle apparenze, forme che


al

ren-

pi complesse

tempo nostro, che


e,

1463. Il nostro secolo di transizione peggio, di transazione.

quel che

1460. Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, poich rassomigliate a sepolcri imbiancati, che di fuori appaiono belli, ma di dentro sono pieni di ossa di morti, e di ogni sporcizia.
1461. Queste cose era d' iiopo di
fare, e quelle

non omettere.

[1464-1465] Schiettezza, verit, bugia, simulazione,

ecc.

423

frase di

Giovan Battista Niccolini, che


382.
la

rese pubblica

il

Van-

nucci nei Ricordi della vita e delle opere di G. B. Niccolini,


voi. I, pag.

C' dunque
suggerito al

transazione con

gli
:

scrupoli religiosi, che avrebbe

Gran

Re

le

parole

1464. Paris vaut bien


Altri dicono

une messe.
attribuite
la risolu-

La cotironne vaut bien tine messe, e vengono Enrico IV, che le avrebbe pronunziate quando prese

zione di abiurare.
gire

Ma

poco probabile cH'


la

egli si lasciasse sfug-

una
la

frase cos

imprudente

quale forse nacque, molti anni


simili attribuite al

dopo

morte di
il

lui,

da alcune parole
dall'
le

suo fedele

ministro,

duca di Rosny,

opuscolo satirico Les Caquets

de l'Accotiche. Tuttavia, se
scerebbe che
la

avesse dette, egli stesso ricono-

sua stima era troppo bassa, dacch Parigi, se va-

leva una messa nel 1593, oggi dagli economisti stimata rap-

presentare

un valore

di otto miliardi.
i

Nel senso medesimo

Francesi

amano

ripetere la frase

famosa

1465.

Vous m'en

direz tant.
alla regina

che la tradizione attribuisce a torto

Maria Leczinska
to.

con un aneddoto scabrosetto a narrarsi. Vi allude Las Cases


nel

Memorial de Sainte- He lne

(d.

de 1823,

Ili, p.
:

no)

facendo dire a Napoleone a proposito della guerra d' Egitto

Et
diil

aprs tout, ce n'est pas qu'il et t impossible que les circonstances m'eussent
sait cette

amen embrasser l'Islamisme,

et,

comme

bonne reine de France: Vous m'en direz tant!


ristabilisce la verit a pag.

Ma

Memorial

108 nelle Additions


l'histoire,

et cor-

rections, del to.

IX;

il

Fournier {L'esprit dans

1883,

pag. 334, n. 2) afferma che la frase famosa fu detta invece alla


regina dall' ab.

Terrasson

a proposito di certi giudici venali.


la

Questa sarebbe pi propriamente


che
al

transazione con la morale,


il

maggiore dei nostri poeti viventi strappava


le

fiero rim-

brotto contro

signore romane,

le

quali dimentiche di ogni

mu-

liebre ritegno accorrevano per

morbosa

curiosit agli scandali di

un processo

giudiziario tristamente celebre e macchiato di sangue

e di turpitudini:

424

Chi V ha detto?

[1466-1469]

1466.

Ma

voi siete cristiane, o Maddalene!

Siete

moderne

Foste da' preti a scuola. avete ne le vene


!

L'Aretino e
(Carducci,
nelle

il

Loiola.

proposito del processo Padda,

Rime

nuove).

Anche
risposta

di coscienza pi

elastica,
i

e di

stomaco pi

forte

era

quel CiPio, di cui presso


:

latini

era

passata in proverbio la

1467.

Non omnibus
lib.

dormio.

che riportata da Lucilio, da Festo, da Cicerone {Ep. ad


famil.,
cap.
certo

VII,

epist.

24).

Plutarco
il

nel Liber a^natorius,

XVI,

22, nel narrare

caso medesimo, ne d per autore


di

Gabba, che aveva invitato a pranzo Mecenate e fingendo


lui di accarezzare

dormire per dar agio a


tosto che
si

sua moglie, apr

gli

occhi
:

accorse che

un servo

gli

rubava del vino, gridando

Disgraziato,

non

sai
la

che dormo soltanto per Mecenate?

C' finalmente
l'ironico plauso:

transazione politica, per la quale abbiamo

1468.

Viva le maschere D'ogni paese.


Giuseppe Giusti.
detto classico degli

Questi due versi sono nel ritornello del Brindisi di Girella, una
delle migliori poesie di

molti impostori, che vanno speculando sulla credulit e sulla


il

dabbenaggine umana, potrebbe applicarsi

1469.

Auguri

di Cicerone.
gli

che non potevano guardarsi in faccia senza ridere


tri,

uni degli

al-

ma

meglio dovrebbe dirsi gli aruspici di Catone; Cicerone


nel
trattato

infatti

autem

illud Catonis

De divinatione (lib. II, admodum scitum est, qui

24)

dice

Vetus

mirari

se aiebat,

quad non riderei haruspex, haruspicem cutn vidisset. Nota che Cicerone nel De Natura Deorum (lib. I, 26) ripete lo stesso
1467.

Non dormo

per

tutti.

[T470"I4753 Schiettezza, verit, bugia, sifnulazione,

ecc.

425

detto, senza fare per

menzione

di Catone,

con

le

seguenti parole:

Mirabile videtur, quod non rideat haruspex, cu?n haruspicem

viderit; hoc mirabilius,

quod vos
dell'

inter vos risum tenere possitis.


1'

;>

Parente molto prossima


di cui fu detto:

impostura

adulazione, contro

1470. Dtestables flatteurs, prsent le plus funeste

Que
Sono
di
le

puisse faire

aux

rois la colre cleste.

ultime parole d Fedra morente nella tragedia


(a.

omonima

Racine

IV,

se.

6).

Di questo

vizio,

seppure in lieve mi la mali-

sura, parrebbe che pochi andassero

immuni, se vera

ziosa osservazione che

1471.

On

ne loue d'ordinaire que pour tre lou.


{Maximes de

La Rochefoucauld,
libero che

CXJLVI).
prostituito

Ecco invece
la

le

parole di

un uomo

non ha

sua musa

all'

adulazione di un sovrano onnipotente,

ma
:

1'

ha

chiamata a piangere sulle sventure di un grande caduto

1472.

Lui sfolgorante in soglio Vide il mio genio e tacque.


(A.

Manzoni,

// Cinque

Maggio,

ode).

a proposito di simulazione, dissimulazione e vizi


stessa classica
(n.

affini,

ecco

alcune belle massime spigolate dalla

raccolta del

duca Francesco de

La Rochefoucauld

1613, m. 1680):

1473.

La

ne fait pas tant de bien dans le monde, que ses apparences y font de mal.
vrit
(

LXIV).

1474.

Nous aurions souvent honte de nos les actions si le monde voyait


motifs qui les produisent.
g

plus bel-

tous les
ccccix).

1475.

On

n'est jamais
l'on a,

si

ridicule par les qualits


celles

que

que par

que
^g

l'on

af-

fecte d'avoir.

cxxxiv,.

426

Chi V ha detto?

[1476-1479]

1476.

Rien n'empche tant

d'tre

naturel que
^^

l'envie de le paratre.

ccccxxxi).

di

La penultima di queste sentenze Giacomo Leopardi:

meglio espressa nelle parole

1477.

Le persone non sono

ridicole se

voglion parere o essere ci


(G.

non quando che non sono.


IC).

Leopardi, Pensieri,

70.
Scienze e lettere, poesia, eloquenza e musica

1478.

Non

in solo

verbo,

pane vi vit homo, sed in omni quod procedit de ore dei.


(

Vang, di S. Matteo, cap. IV, Deuteron., cap. Vili, v. 3, e cap. IV, V. 4).

v. 4

cfr.

S.

Luca,

la risposta di

Ges

al

diavolo che nella

parabola del deserto


basta dunque saziare
il

lo tenta a far diventare


la
l'

pane

sassi.

Non

fame

fisica col

pane del corpo,

ma

occorre anche

pane del-

intelligenza, e questo

non pu
vita

essere altro che la lettura, la

meditazione, lo studio.
conforto per
l'

La

puramente materiale, senza nessun


:

anima, di poco differisce dalla morte

1479.

Otium

sine litteris

mors

est et

hominis vivi
3^, 3).

sepultura.

^^^^^^^^ ^^.^,^

1478.

Non

di solo

pane vive l'uomo,

ma

di

qualunque cosa,
lettere,

che Iddio comandi.


1479. Chi vive nell'ozio senza il conforto delle belle come morto, un sepolto vivo.

[1480-1482]

Scienze e lettere^ poesia^ ecc.

427

Questa nobile sentenza, senza

l'

ultimo inciso, fu anche Vex-libris

del bibliofilo fiorentino Nencini,


lettere
i

morto nel 1875.


l'

veramente

le

sono

la

pi onorevole professione cui

uomo pu

dedicare

suoi ozi, bench

non siano

la

pi lucrosa, infatti:
s sterile

1480.

Nessuna professione
delle lettere.

come

quella

che uno dei Pensieri


pi che da molti
si

(il

XXIX)
il

di

Giacomo Leopardi,

tanto

crede che
dell'

derubare lo scrittore di ci che

ha di pi prezioso, cio
aspetta onore e lucro,
l'

opera sua, dalla quale soltanto egli


rubare, quasi che la propriet delle altre,

non

sia

opera

dell'

ingegno non fosse una propriet come tutte

o per dirla con

Alfonso Karr

1481.

La

proprit littraire est une proprit.


:

Alfonso Karr scrisse nel numero delle Gupes del marzo 1841

On

s'occupe beaucoup,

la

Chambre
Il

et

dans

les

journaux, de
dj,

la loi sur la proprit littraire....

y a quelques annes

- au milieu d'une discussion sur le

mme

sujet,

- j'avais pro-

pos une

loi,

qui a t juge, en ce temps-l, par les meilleurs

esprits, si simple, si raisonnable,

dre objection. Ce projet de

loi,

le voici,

qu'on n'y a pas trouv la moin- j'ai lu tout ce qu'on


il

a dit, tout ce qu'on a crit sur la question;

rpond tout:

Article unique:

La proprit

littraire

est

une proprit,

Ail'

uomo

di lettere

pu capitare anche

di peggio, per

esempio

di sentirsi dire

come

disse a S. Paolo, Porzio Pesto governatore

della

Giudea

1482. Insanis, Paule; multae te literae

ad insav. 24).

niam convertunt.
{.Atti

degli Apost.,

e.

XXVI,

la dottrina valse a salvare dalla

sventura o dalla persecu-

zione, specialmente in tempi nei quali la tristezza degli avveni-

1482.

Tu

sei

pazzo, Paolo;

il

molto studio

ti

ha condotto

alla

pazzia.

428

Chi l'ha detto?

[1483-1484]

menti faceva dimenticare

la

serena nobilt degli


:

studi.

Chi non

ha sentito

ripetere le ciniche parole

1483.

La Rpublique
il

n'a pas besoin de savants.

Lavoisier,

fondatore della chimica moderna, fu una delle innu:

merevoli vittime della Rivoluzione francese


il

condannato a morte
sal
il

19 floreale dell' anno II con

altri

27 fermiers gnraux,

patibolo l'8 maggio 1794.


varianti
in
tutte
la
le

leggenda diffusa e ripetuta con molte


di

biografie

Lavoisier,

che

l'

illustre

chi-

mico, dopo

sentenza, abbia chiesto al tribunale una dilazione


il

per poter condurre a fine alcune esperienze e


nale
gli .

capo del tribusa-

abbia risposto

La Rpublique n'a pas besoin de


rivoluzionario (che

vants

Questa brutale e stupida risposta dai pi attribuita a


presidente del
tribunale
altri

Dumas,

per quel

giorno non presiedeva), da


lui era presente,

Fouquier-Tinville, che neppur


giorno della condanna di

da alcuni, con maggiore verosimiglianza, a CoFil

FiNHAL, vicepresidente, che presiedeva


della Rivoluzione

Lavoisier. J. Guillaume in una lettura tenuta alla Societ di Storia


il

29 aprile 1900, e stampata nella Revue Bleue

del 5 maggio, pag. 557

{Un mot
che
il

lgendaire) cerca di dimostrare


in circolazione fu

che

la frase inventata e

primo a metterla
mesi dopo

Grgoire
zione
il

nel suo terzo rapporto sul vandalismo, letto alla


III, sette
la

Conven-

24 frimaio anno

morte di Lavoisier.

Quando si adopra come facezia,


1484.

la frase,

ormai comunissima, se non altro

De omni

re scibili et

quibusdam
il

aliis.

pochi sanno che essa risale a

Giovanni Pico della Mirandola


quale a soli
tesi tolte dai

(morto nel 1494), detto

la

Fenice degli Ingegni,

ventitr anni, nel i486, difese in


filosofi latini, greci,

Roma

novecento

ebraici

ed arabi, e versanti su qualunque ar-

gomento. La

XI

di queste tesi intitolata

ad omnis

scihihs inri-

vestigationem et tntetlectionem. Voltaire, che narrando la cosa

port

il

titolo

inesattamente de
aliis.

scherzo et de quibusdam,

omni re La frase

scibili,
si

vi aggiunse per

cita

anche cos:

De omnibus
T484. Di tutte
le

rebus et quibusdam

aliis.

cose che

si

possono sapere e di alcune

altre.

[1485-1488]

Scienze e lettere, poesia, ecc.

429

1485. Elle est grande dans son genre, mais son

genre est
fu detto

petit.

una volta

di Enrichetta Sonntag, cantante tedesca, dalla

celebre cantante italiana

Angelica Catalani

(i

782-1849). Vedi
33.

Holtei,

Vierzig Jahre, vol.


piccai genere ha
i

IV
il

(Berlin, 1843-44), pag.

Ma

anche

il

suoi pregi, e in fondo

non

sbagliato

eclettismo di

Voltaire,
les
^

quale pensava che

i486.

Tous

genres sont bons, hors


*

le

genre

(L'Enfant Prodigue, prefaz.).

Questo motto fu argutamente parodiato da Villemessant, direttore


del Figaro, che in
vin,

un momento
:

di

malumore contro

il

critico

Jou-

suo genero, esclam

Tous

les

gendres sont bons, hors

le

gendre ennuyeux.

Chi imprende a scrivere su qualsivoglia argomento, deve aver


presente
il

precetto oraziano

1487.

Sumite materiam
vinous.

vestris qui scribi tis


(Orazio, Arte poetica,

aequam
v. 38-39).

se

non vuole

esporsi ad

un insuccesso

sicuro, tentando

un sog-

getto di troppo superiore al suo ingegno, alla sua dottrina, ossia,


p>er

dirla ancora

con frase oraziana,

1488.

Lecta

potenter.... res.
(Orazio, Arte poetica,
v. 40).

Ecco ancora un'altra citazione che suole


sito.

interpretarsi a spropoci-

Cos su di essa ragionava


articolo

il

compianto Rigutini nel gi


(a.

tato

della

Roma

Letteraria

X,

n.

11- 12):
il

L'avparticipio

verbio potenter franteso ha fatto frantendere anche


lecta.

1*

errore

non

soltanto dei

mezzanamente

colti,

ma

anche

di uomini assai dotti.

Mi

ricordo che

quando

il

Lambruschini

1487. Se volete scrivere, scegliete un argomento pari


forze.

alle vostre

1488. Materia scelta secondo

le

proprie forze.

430

Chi V ha detto?

[1489-1492]

pubblicava
e del

suoi Dialoghi

suW istruzione, mi
che
il

ci volle

del bello

buono per
il

fargli capire

senso che dava a quel passo

non
teria

era

vero, intendendo egli nel leda potenter res, la


si

madeve
;

potentemente, ossia profondamente studiata, quando


l'

intendere

argomento

scelto

secondo

le

proprie forze {potenter)

e perch tale l'uso che Orazio

non

di rado fa di certi avverbj,


si

e perch in quel luogo della Poetica

parla della scelta dell' ar-

gomento. In
belli, e si

tale errore

cadde anche quell'egregio ingegno di A. Galibro Istruzione in Italia (parte seconda,

pu vedere nel

pag.

186) .
i

Soltanto

prediletti delle

Muse,

e le intelligenze elette

possono

tentare una materia

1489.

....Degna

Di poema chiarissimo
(Petrarca, Trionfo
della quale frase
della
l'

e d'istoria.
Morte, canto
del
I,

v. 35-36).

una reminiscenza

altra

Tasso, molto

simile

1490.

Di poema dignissima
(Gerusalemme
il

liberata,

e d'istoria. e. XV, ott.

32).

Tale, secondo

Tasso,

la

memoria

di

Colombo, che mosse


la

tanti

poeti, italiani e stranieri,

cantare epicamente
fra loro fu pari alla

scoperta del
dell' ar-

Nuovo Mondo
gomento

ma

ninno

grandezza

(vedi Lancetti, Il poema desiderato, nel Ricoglitore ita-

liano e straniero,
le

Milano, 1835). Invece troppe volte

si

obbligan

Muse

a cantare soggetti meschini e indegni di loro, poich pur

vero che

1491. Aujourd'hui, ce qui ne vaut pas la peine d'tre dit, on le chante.


(Beaumarchais, Le Barbier de
Seville, a.
I,

se. 2).

ci che fu detto specialmente a proposito della frivolit dei libretti

musicali, della quale anche in questo

volume

si

hanno

tanti e cosi

grandi esempi.

1492.
pensava
style est

Le
il

style c'est
conte di

l'homme.
il

Buffon,

quale propriamente scrisse: Le


j'eception

l'homme mme nel suo Discours de

l'Acadmie

[i493 '496]

Scie?ize e lettere^ poesia,

ecc.

431

nel 1752 (Vedi Recueil de l'Acad. des Sciences, 1753, pag. 337).

poich

si

parla di

stile,

non lasciamo senza menzione


segn
il

il

nuovo

stile

che inaugurato da

Dante Alighieri

rinascimento
:

delle lettere italiane.

Dante medesimo ne indica

le basi nei versi

1493.

....

Io

mi

SO

un

che,

quando

Amor mi
Che
cio, io

spira, noto,

ed a quel modo
e.

detta dentro, vo significando.


(Purgatorio,

XXIV,

v.

52-54).

mi son uno che quando amore mi muove, scruto

miei

sentimenti, e
il

come

essi

mi dettano,

cos parlo; e questo sarebbe

principio fondamentale del

1494.
vale a dire della

Dolce

stil

nuovo.
e.

(Dante, Purgatorio,

XXIV,

v. 55).

nuova scuola poetica

fiorentina, capitanata

da

Dante, e illustrata da Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Dino Frescobaldi, Gianni Alfani.

proposito di questo

stil

nuovo

si

ri-

cordi anche

il

bel verso del

Petrarca:
'1

1495.

Tra

lo stil de'

moderni e

sermon

prisco.

(Sonetti sopra varj argomenti, son. VII,

com.: S' Amore o Morte non da qualche stroppio; son. XXXII nell'ed. Mestica).

1496.

il

Il

pi bel

fior

ne coglie.
primo

motto che accompagna V impresa del Buratto, insegna della

fiorentina

Accademia

della Crusca, fondata nel 1582. Il


coli'

li-

bro mandato fuori dall'Accademia

insegna

del

Buratto sul

frontespizio la Difesa dell'Orlando Furioso dell'Ariosto stampata


in Firenze del 1584;

ma non

vi

si

vede

il

motto,
il

il

quale,

dopo

ari

contrasti, fu stabilito dall'Accademia

di

14 marzo 1590;

ed era leggiera variante di un emistichio petrarchesco, El pi, bel


fior ne colse, che
si

trova nella Canzone in vita di

il

M. Laura,
la

che

secondo
'^

il

Marsand
Esso pu

num. Vili,

nell* ediz.

Mestica

X,

che comincia Poi che per mio destino. L' emistichio citato nel
^rso 36.
applicarsi a chi sa trarre abilmente

ma

one-

stamente partito delle


ceduto,

gemme

sparse nei lavori di chi lo ha pre-

ma non

al plagiario,

per

il

quale conviene piuttosto

la

citazione francese:

432

Chi V ha detto?

[149 7- 1 500]

497. Je reprends
la

mon bien

partout o je le trouve.

Era

scusa che

Molire

ripeteva volentieri, giustificandosi di

avere tolte dal Pedant joue di Cyrano de Bergerac (1654) alcune


scene, che egli poi introdusse nelle sue Fourberies de Scapin (1671).

Se

si

ha da credere a Grimarest {Vie de


profittato di cose dette

Voltaire,

pag.

13-14),

Cyrano avrebbe
circoli di

da Molire medesimo nei


ri-

comuni amici: quindi Molire avrebbe giustamente

preso

il

suo, secondo l'aforisma giuridico:

Ubi rem meam inverno,

ibi vindico.

Ai

plagiari

comuni piace
di lui,

coprirsi dietro le spalle di

Molire, citando

la frase

ma

correggendola sensibilmente:

/e prends

jnon bien, ecc.

Non
rit;

voglio passare sotto silenzio due versi di

Orazio che
25-26):
:

si

citano a raccomandare di evitare ugualmente la prolissit e la oscuessi

sono

seguenti

tratti

dW Arte poetica

(v.

1498.

Brevis esse laboro

Obscurus
BoiLEAU

fio.

cosi ripet lo stesso concetto nelV Art potique:

J'vite d'tre long, et je deviens obscur.

Divina
antichi,

1'

origine della poesia, ed secondo l'opinione degli


ispira
il

un ume, che

poeta:

1499. Est deus in nobis, agitante calescimus ilio. Impetus hic sacrae semina mentis habet.
(Ovidio, Fasti,
lib,

VI,

v, 5 6).

Certamente, se non estro divino che


versi, vuol essere

muove

1'

uomo

a parlare in

almeno una grande passione umana, se pure


:

non

il

cervello balzano, dappoich sovente

1500.

Aut
Mi

insanit

homo, aut versus


(Orazio,

facit.

Sat., lib. II, sat. 7, v. 117).

1498.
1499.

sforzo di essere breve, e divento oscuro.

Divino spirto in noi; per lui movente Vita godiam: l'estro, onde anch'io mi accendo. Semi contien della divina mente.
(Trad, di G. B. Bianchi).

1500.

L'uomo

o diventa pazzo o

fa dei versi.

[1501-1504]

Scienze e Lettere, poesia, ecc.

433

Ovvero
se

lo sdegno che eccita


il

il

poeta a concitate parole anche

manca

genio
....

si

natura negai,

1501.

Facit indignatio versum.


(GiovBNALE, Satira
I,

v. 79).

e ci

non deve accadere

tanto di rado, se

Orazio, che pure


i

se

ne intendeva, essendo del mestiere, chiamava

poeti

1502.

Genus
dunque
:

irritabile

vatum.
(Epistole,
lib. II,

ep. 2, v. 102).

Irritabile

non

di

rado anche noioso, se crediamo allo

stesso

Orazio

1503.

Omnibus hoc Vitium est cantoribus, inter amcos Ut nunquam inducant animum cantare rogati, Injussi nunquam dsistant.
(Satire, lib.
I,

sat. 3, v. 1-3).

Ma

quale la missione della poesia?

Non ha

soltanto lo scopo

di dilettare,

ma anche un

nobile intento educatore, secondo che


:

esprime

l'

armoniosa strofa di Giuseppe Parini

1504.

Va

per negletta via

Ognor l'util cercando La calda fantasia, Che sol felice quando


L' utile unir
(Parini,

pu
La

al

vanto

Di lusinghevol
E
allora
l'

canto.
salubrit dell'aria, str. 22).

insegnamento che

si

trae dalla poesia,

anche pi ac-

cetto e pi profittevole, poich

1501.

1502. 1503.

La La

indignazione mi

fa poeta.

razza irritabile dei poeti.

Ecco a
Pregati,

tutti

cantor vizio comune: caso che


s'

non

e*

inducano
pregati

A
28

cantar tra gli amici:


la

non

Non

finiscon mai.
(Trad, di T. Gargallo).

434

Chi l'ha detto?

[1505- 1509]

1505.

....

Il

vero condito in molle versi

I pi schivi allettando

ha persuaso.
e.
I,

(Tasso, Gerusalemme liberata,


e

ott. 3).

pu

sollevarsi
il

ad

altezza tale

che non a

tutti sia

dato di affer-

rarne

sublime concetto, quale quello che riposto in tanti luo-

ghi della Divina Commedia, tormento dei commentatori.

Dante

medesimo

lo riconosce

dicendo

1506.

voi che avete gl'intelletti sani, Mirate la dottrina che s'asconde

Sotto

il

velame degli

versi strani!
{Inferno,
e.

IX,

v. 61-63).

Per, pi del vero, l'ideale che ispira

il

poeta. Gi Vincenzo

Monti, presentendo
anticipazione
:

le lotte

del verismo, cosi lo

condannava

in

....

{il)

nudo
v. 92-93).

1507.

Arido vero che


(V.

de' vati tomba. Monti, Sermone sulla Mitol.,

il

nostro maggior poeta vivente,


all'

Giosu Carducci,
:

si

rivol-

geva con vivace apostrofe

ideale

1508.
che
il

Tu

^o\

- \j)ensand\ - o

ideal, sei vero.

verso finale del sonetto:

Giuseppe Mazzini (XXIII di

Giambi ed Epodi).
Nobilissima
alte
la

poesia che

s'

ispira a tali

sensi, e

degna

di

ed

elette intelligenze; allora la poesia

veramente degna di

essere detta

1509.

....Un cantico

Che
Cos
il

forse

non morr.
della sua
il

Manzoni pensava

ode II Cinque Maggio,

cosi nell'ode stessa scriveva, n

suo prognostico andava

fallito,

dappoich pochi componimenti

lirici

hanno raggiunto
il

la celebrit

di quel carme. Basterebbe a dimostrarlo


di traduzioni nelle varie lingue che

numero considerevole

sono state pubblicate fino ad

oggi: ventisette, tutte diverse, ne raccoglieva

CA.

Meschia in un

opuscolo stampato a Foligno nel maggio 1883,

[151 o- 151 4]

Scienze e lettere, poesia, ecc.

435

Alla poesia dantesca

si

con tutta giustizia applicato quel che

Dante

dice della
gi

poesia di

Omero,
al n.

Virgilio,

Orazio, Ovidio e

Lucano (come
1

ho detto
....

1133):

5 1 o.

L' altissimo canto

Che sovra

gli altri

com' aquila vola.


{Inferno,
e.

IV,

v. 95-96).

L' immagine geniale del canto alato


a

un gran numero
ricordano
:

di poeti,

stata, dopo Dante, non ultimo Enrico Heine,

accetta
di cui

tutti

5 11

Auf
primo verso
di

Flgeln des Gesanges.


una nota poesia,
la

titolo e

IX

del Lyrisches Inter-

mezzo.

E
151
eh*

versi di costoro

non erano davvero

fra quelli

che un altro

poeta moderno modestamente chiamava:


2.

Poveri versi miei gettati


principio del primo sonetto nei
(cio
il

al
di

vento.

il

Postuma

Lorenzo Stec-

chetti
Se

Olindo Guerrini).
destino di molti versi, non diverso quello di tanta

tale

prosa. L' oratore dovrebbe prefiggere a scopo del suo parlare di

151 3. Persuadere, convincere e


il

commuovere.
Paolo Ferrari
;

quale sarebbe

il

ttolo

d'uno scherzo comico di

e ci succederebbe agevolmente a colui, che parlasse

come parlava

Alete, ambasciatore del re d' Egitto, a Goffredo, cui

15 14.

....Di

sua bocca uscieno


i e.

Pi che mei dolci d'eloquenza


(Tasso, Gerusalemme liberata,

fiumi.
H,
s* ott. 61).

ma

ci succede di rado

invece, pi frequentemente

incontrano
precetto di

oratori prolissi e freddi, che

mostrano d'ignorare

il

'^'"TNTILIANO

15 II. Sulle ali del canto.

436

Chi

Vha

detto?

[^515-1519]

15

5.

Prima

est eloquentiae virtus perspicuitas.


{De
instit. orat., lib. II, 3, 8).

che fanno venire a memoria


1

il

satirico

motteggio

516.

Parum
:

eloquentiae, sapientiae nihil.


{Epist., ed.

che in
lustiano

Frontone

Naber, pag. 155), parodia del

sal-

Satis loquentiae, sapientiae

parum.
(Catilinariuni,
5, 4).

ovvero
1

la frase attribuita

Montesquieu

Ce qui manque aux orateurs en profondeur, ils vous le donnent en longueur.


nell' arte del dire,

Chi vuol divenire eccellente


seguire
il

deve anzi tutto

precetto oraziano:

15 18.

....Vos exemplaria graeca

Nocturna versate manu, versate diurna.


(Orazio, Ars poetica,
ci che Oggi potrebbe dirsi
v. 28-29).

non
:

soltanto dei

classici

greci,

ma
ai

eziandio dei latini e dei volgari

n pu trascurare lo studio della


le

grammatica, di quella disciplina che impone


re,

sue leggi anche

secondo

il

dettato medievale:

15 19. Caesar
Narrano
e
infatti

non supra grammaticos.


Svetonio {De
illustrious grammaticts, cap. 22)
nelle Istorie, 57, 17, che Tiberio us

Dione Cassio

una volta

una parola non

latina.

Atteio Capitone soggiunse che se non era


tale, cui

parola latina, d' allora innanzi sarebbe stata

Marco Pomla

ponio Marcello

replic

Tu enim Csar
sopra,

civitatem dare potes

hominibus, verbis, non potes. Chi da queste parole abbia tolto


frase sentenziosa detta

qui

non

saprei

dirlo.

Tale per

15 15. Il primo requisito dell'eloquenza la perspicuit. J516. Poca eloquenza, nessuna sapienza. 15 18. Sfogliate di notte e di giorno gli esemplari greci. 15 19. Tu, o Cesare,

non hai

autorit sopra

grammatici.

[1520-152 1]

Scienze e Lettere, poesia, ecc.

437

sembra non fosse


recente,

1*

opinione di un altro imperatore, molto pi


I,

Sigismondo

che nel Concilio di Costanza del 14 14,


:

rivolgendosi ai Padri ivi adunati, diceva

Date operam ut

illa

nefanda schisma eradicetur

(riferendosi allo scisma di Boemia),

e poich l'Arcivescovo Placenzio

sommessamente osserv

Do-

non femminino come aveva detto r imperatore, questi arditamente rispose Ego sum Rex Romanus et super grammaticam. All' incontro, MOLIRE interpret
mine, schisma est generis neutrius
:

il

detto medievale nelle Fem?nes savantes, a. Ili, se. 6, con le


:

parole
Il

La grammaire qui

sait regenter

jusqu'aux

rois.

caso narrato da Svetonio mi trae a parlare della origine delle

parole, cio delle loro etimologie.

A indicare
il

delle etimologie as:

surde o contradittorie

si

suole citare

detto latino

1520.

Lucus a non lucendo.


si

che era una delle etimologie a contrariis nelle quali

compiace-

vano

gli antichi.

Questa di lucus ricordata da Quintiliano {De

institut, oratoria, I, 6); e

da uno scoliaste di Stazio, Lattanzio

Placido,

attribuita

ad un ignoto grammatico di nome Lico-

MEDE.

Si dice anche:

152

1.

Canis a non canendo.

ma

questa non che una trascrizione canzonatoria ed inesatta di

un'altra etimologia riportata da


latina (VII, 32):

Varrone
latratu

nel trattato

De

lingtia

Sed canes, quod

signum dant, ut signa

canunt, canes appellatae.

Questa non sarebbe dunque una vera

etimologia a contrario, quali invece sarebbero le altre non


note,

meno
non

ma

forse apocrife, di bellum a nulla re bella, di caelum a

celando, quia

apertum

est,

e via discorrendo.

Un

altro

esempio

di queste curiose antinomie del linguaggio era per incidenza ac-

cennato dal

Byron:
of gold,

The age

when gold was

yet

unknown,
c.

Lucus a non lucendo....


(Don Juan,
VI,
v. 55-56).

T520. In latino

il

bosco

si

dice lucus perch

non c'

luce.

1521. Si dice cane perch non canta.

438

Chi V ha detto?

[15 22-15 23]

L' argomento di queste etimologie troppo esilarante perch non valga a farmi perdonare una

gramma

del

De Cailly

contro
:

meno breve digressione. noto l' epiil Mnage e contro una singolare

derivazione da lui sostenuta

1522.

Alfana

vient

6.'

equus sans doute,

Mais il faut avouer aussi Qu'en venant de l jusqu'ici Il a bien chang sur la route.
Molti credono inventata questa etimologia, eppure per quanto essa
paja sbalordito] a, autenticissima e
si

pu vederla nel

libro del
:

Menagio, Le origini della lingua italiana (Parigi, 1699), pag. 32-33

Alfana. Cavalla. Dallo spagnuolo Alfana che vale


dall' articolo

l'

istesso, e
:

che fu cosi formato

arabo

al, e

dal

nome

latino eqzia

equa, eka, aka, haka, faca, facana, e per contrazione fana, e poi
coli' articolo arabo,

Alfana.

Del

resto,

anche pi meravigliosa di

questa la etimologia che lo stesso Menagio d delle parole lacch, garzone,

ragazzo, valletto,

tutte derivate

secondo

lui....

dal

latino verna, attraverso alle inaudite metamorfosi di vernula, ver-

nulacus, vernulacajus, e per apocope lacajus (da cui


laquais e
il

il

francese

nostro lacche), lacacius, recacius, ragacius, ragazzo!

Item da vernulacus, vernulacarus, vernulacartus, lacartus, lacartius, cartius, gartius,

garzone ! ! Item da verna, vernaculus, verna-

culettus, vernalettus, verlettus, varlet, valletto ! ! !


lo stesso

Meno male

che

Menagio, innanzi di sfoderare queste sue etimologie,

avverte

Io dir cose incredibili e vere.


dirsi:

Di molte parole pu

1523.

Multa renascentur quae jam

cecidere, ca-

[dentque

Quae nunc sunt in honore vocabula.


(Orazio, Ars poetica,
v. 70-71).

secondo che vuole


lingua
:

l'

uso,

supremo arbitro

moderatore della

1523. Molte parole che gi caddero d'uso, rinasceranno, e molte che oggi sono in onore, cadranno.

[l 5 24-1 527]

Scienze e lettere, poesia, ecc.

439

1524.

....Usus

Quem

penes arbitrium

est et jus et

norma

[loquendi.
(Ivi, V. 71-72).

Il fatto

che nulla vi

ha

di

nuovo

sotto

il

sole,

n cose n

parole, ed in verit

1525.

Nullum

est

jam dictum, quod non dictum


[sit

prius.

(Terenzio, Eunuchus,
e
il

Prol., v. 41).

tempo medesimo che ricopre

di oblio talune cose, altre

ne

ri-

chiama in luce ed in onore:

1526. Quidquid sub terra

est,

in

apricum profe[ret setas.


lib. I,

(Orazio, Epistole,

ep. 6, v. 24),

che era la bella ed acconcia impresa assunta dai


fregiare le edizioni cominiane (di

fratelli

Volpi a
le

Padova) da loro curate, e con

quali intendevano togliere

all'

oblio le opere degli antichi classici.


il

A
tutti

molte parole pu giustamente appropriarsi


conoscono,

noto verso, che


:

ma

di cui pochi

sanno

la fonte

1527.

Conveniunt rebus nomina saepe


Dumril verso
met del

suis.
di

di

un oscuro autore medievale, Riccardo giudice


ii

Venosa,

vissuto secondo
altri

la

sec.
(i

xv, secondo
si

assai prima,

cio ai tempi di Federico II

212-1250); e

trova nel poemetto

De

Paulino

et

Polla (v. 411-412):


altis:

Nomine

Polla vocor quia poUeo mori bus Conveniunt rebus nomina saepe suis.
nell* ediz.

Ved. a pag. 390

Du

Mril {Posie populaire du Moyendell' ediz.

Age, Paris, 1854) e a pag. 109

Briscese {Paolino e Polla

1524. L'uso che ha l'arbitrio e guaggio.


1525.

la legge

la

regola

del

lin-

Non

si

dice cosa che

non

sia stata detta avanti.

1526. Tutto ci che sotto terra, torner alla luce col tempo. 1527. Spesso i nomi sono appropriati alle cose cui appartengono.

440

Chi V ha detto?

[1528-1532]

Pseudo- Commedia del secolo XIII di Riccardo de

Venosa, ed.

Rocco Briscese, Melfi, 1903). Per r arte posso registrare la sentenza

di

Seneca

1528.

Omnis
Dante
:

ars naturae imitatio est.


{Epistol. 65,
3).

quella di

1529. S che vostr'arte a

Dio quasi
l'

nipote.
e.

{Inferno,

XI,

v. 105),

come
il

Virgilio dice a
fa
il

Dante

poich

arte segue la natura


la

come
di
;

maestro

discepolo
figlia

ed essendo

natura quasi
dirsi

figlia

Dio, l'arte che


la celebre

della natura,

pu

nipote di Dio

formola:

1530. L'arte per l'arte.


il

cui creatore pare che sia stato

Victor Cousin
critica letteraria,

(cfi*.

Menendez
pag. 161,

y Pelayo, Hist, de
pag.

las ideas esteticas, to.

IV, vol.

II,

Madrid, 1889; e B. Croce, La


118, in n.); e per
gli artisti

Roma,
i

1895,

quei versi che denotano uno dei


in

niaggiori privilegi di cui essi

godono

comunione con

poeti

1531. Pictoribus atque poetis

Quidlibet audendi semper fuit sequa po[testas.


(Orazio, Ars poetica,
v. 9-10).

Per

la

musica in particolare, anzi per coloro che


il

l'

hanno

in

uggia, ricorder

motto di Fontenelle:

1532. Sonate,

que

me veux

tu?

eh' stato attribuito anche a qualche sovrano, e particolarmente a

Carlo X. Non
cose egli

certamente la esclamazione di

un

intelligente di

musica, del resto Fontenelle confessava candidamente che di tre

non aveva mai

capito nulla,

il

giuoco, le

donne e

la
:

musica.

Ma

egli si

trovava in buona compagnia. Anche

la frase

1528. Tutte

153 1. Ai

sono un'imitazione della natura. sempre concessa giusta osare qualunque cosa.
le arti

pittori e ai poeti fu

libert di

[l 533-1 535]

Scienze e

lettere, poesia,

ecc.

441

1533.

La musique

est le plus cher,

mais

le

plus

dsagrable des bruits.


attribuita a

Teofilo Gauthier,

il

quale

suo giudizio paradossale e lo scrisse anche


di autografi,

amava ripetere questo in un famoso Album

franchi.
tutti
i

Pare del resto che V odio per

V Album Nadar, che Millaud compr per diecimila la musica fosse comune a

caporioni della scuola romantica. Ecco quel che lo stesso

Gauthier scriveva nei Grotesques, pag. 158 dell'ediz. Caiman Levy:

....Victor

Hugo

fuit

principalement l'opra et

mme

les

orgues

de Barbarie; Lamartine s'enfuit toutes jambes quand'il voit


ouvrir

un piano; Alexandre Dumas chante peu prs

aussi bien

que Mademoiselle Mars, ou feu Louis


moire; et moi-mme,
avoir parl
scie
s'il est

XV,
le

d'harmonieuse m-

permis de parler de l'hysope aprs

du

cdre, je
la

dois

avouer que

grincement d'une

ou

celui

de

quatrime corde du plus habile violiniste

me

font exactement le

mme
in

dere troppo sul serio

Nondimeno non bisogna prenqueste frasi sfuggite al poeta forse in moeffet.

menti di malumore:

molti
e

altri

luoghi delle sue opere egli

si

mostra degno intenditore


per esempio,

ammiratore di cose musicali. Vedi,

V Albertus, XLIV.

La musica
cordare
1'

madre

del canto
:

fermiamoci di sfuggita per

ri-

emistichio virgiliano

1534.

Amant

alterna Camoenae.
(Virgilio, Egloga
III, v. 59).

e passiamo senz' altro alle scienze.

Dagli annali della Filosofia, di quella scienza cos compianta


dal

Petrarca

nel verso

1535-

Povera e nuda

vai, Filosofia.

{Rime sopra vari argomenti^ son. I secondo la numer. del Marsand, coni.: La gola e V sonno e V oziose piume ; son. VII secondo
il

Mestica).
1'

(verso divenuto presto popolarissimo se vero


servatoci dal

aneddoto, con-

De Sade

nei Mmoires, to.

I, p.

192, del medico

1534. Le

Muse amano

canti alterni.

442

Chi

Vha

detto?

[1536]

che vedendo passare per


nese
gli

la strada

un

filosofo assai
il

male in

ar-

grid: Povera e

nuda

ecc.,
:

cui

filosofo

continuando

la citazione,

rispose opportunamente

Dice
il

la turba al vii

gua-

dagno

intesa)

trarremo una frase celebre,

1536. Cogito, ergo sum.


enunciato da

Ren Descartes
l'

nei Principes Philos.

(I, 7

e io).
:

Del resto esso era


vedasi anche
son.
il

assioma fondamentale della

filosofia cartesiana

Discotirs de la

Mthode pour bien conduire sa

rai-

Le

origini di questa sentenza potrebbero trovarsi nel ciceroest cogitare [Tuscul. ucsst.^ cap.

niano Vivere
in

V,

38) e soprattutto

un passaggio
scis

dei Soliloqui di S.

te nosse,

te esse?

- A.

Scio.

Agostino: R. Tu qui vis - R. Unde scis? - A. Nescio.


-

R. Simplicem
?

te sentis

an multiplicem?

A. Nescio. - R. Mote scis

veri te scis

A. Nescio. - R. Cogitare
est cogitare te. -

- A. Scio. -

R. Ergo verum
cap.
I).

A. Verum.

{Soliloquia, lib. II,

Ma
sua

Descartes concep e svolse

il

principio che cardine della

filosofia,

indipendentemente da ogni studio della dottrina ago-

stiniana, che forse gli era nota solo imperfettamente. Infatti egli

scriveva nel 1640 a chi lo aveva avvertito della corrispondenza


della sua dottrina filosofica

con il passo

citato dei Soliloquia:

Vous

m'avez oblig de m'avertir du passage de

saint

Augustin auquel
l'ai t lire

mon

je pense donc je suis a quelque rapport; je


ville, et je

aujourd'hui en la bibliothque de cette

trouve vritatre....

blement qu'il s'en


et c'est

sert

pour prouver
soi est si

la certitude

de notre

une chose qui de


est,

simple et

si

naturelle inf-

rer
la

qu'on

de ce qu'on doute, qu'elle aurait pu tomber sous


ce soit; mais je ne laisse pas d'tre bien aise

plume de qui que

d'avoir rencontr avec saint Augustin.

Correlativo del principio cogito ergo


Cartesio s'avvicin
di.

sum

1'

altro nel quale

il

pi alla forma dialettica di S. Agostino, e

che

si

ritrova in molti luoghi delle opere cartesiane


veritatis

ma

special-

mente nell'opuscolo Inquisitio

per lumen naturale:


ergo sum.

Dubito ergo sum,

vel,

quod item

est, cogito

1536. Penso, dunque esisto.

[1537-1540]

Scienze e lettere, poesia, ecc.

443

Si consulti per la storia di questa sentenza filosofica una disser-

tazione di

Ludwig Fischer stampata

Wiesbaden

nel 1890.
il

Un
una

illustre filosofo tedesco,

Emanuele Kant,
:

creatore di

frase oggi usata e abusata

1537. Kategorischer Imperativ.


eh' egli us per la prima volta nella sua opera

Grundlegung

dei

Methaphysik der

Sitten, di cui la

prima edizione di Riga, 1785.

la storia,

Cicerone aveva una grande e giustificata considerazione per che in un luogo egli chiama:

1538. Historia (vero) testis


tatis,

temporum, lux

veri-

vita memorise, magistra vitse,


^^^ ^^^^^^^^
^^^
^i^

nun,^ 3,^,

tia vetustatis.
(pi spesso si
cita

^^p

soltanto: Historia.,.. magistra

vit;

una

varia lezione di vita

memori

via

memori'); e altrove dice di

essa

1539. Nescire (autem) quid ante

quam

natus

sis

accident, id est semper esse puerum. {Orator, ad Brulum, XXXIV, 120).


e

Ugo Foscolo
le

ne raccomandava

lo studio

ai

giovani italiani

con

famose parole:

1540. Italiani, io vi esorto alle storie.


nella orazione inaugurale del corso di
letteratura a Pavia, inti-

tolata Dell' origine e dell'ufficio della letteratura (


la met): io vi esorto alle storie,

XV,

verso

egli dice

- perch niun po-

polo pi di voi pu mostrare n pi calamit da compiangere,

n pi errori da evitare, n pi virt che vi facciano n pi grandi anime, degne di essere liberate
dall'

rispettare,

obblivione da

1537. Imperativo categorico. 1538. La storia testimonio dei tempi, luce della verit, vita della memoria, maestra della vita, nunzia dell'antichit.

1539. Ignorare quel che sia accaduto prima che tu sia nato, vuol
dire esser

sempre

fanciullo.

444

Chi V ha detto?

[i54i-i543]

chiunque di noi sa che

si

deve amare e difendere ed onorare

la

terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi,

e che dar pace e

memoria
condo
lui

alle nostre ceneri.


la

Invece Voltaire

giudica poco favorevolmente, poich se-

1541. L'histoire n'est


et des

que

le

tableau des crimes

malheurs.
{L'ingnu, histoire vritable, chap. X).

Non

molto diversamente
ch.
3
:

il

Gibbon
follies,

nel Decline
is,

and fall of
little

the

Rom. Empire,
the register

History which

indeed,

m.ore than

of the crimes,

Anche
Alboino
poich

il

Prati verso
si

la fine di

and misfortunes of mankind. una sua poesia La cena di re

scusa di narrare casi atroci, di cui piena la storia,

1542.

Quello eh' storia non cangia mai.


un egregio contem-

miglior opinione aveva della geografia


:

poraneo che disse

1543. Io
Questa

non credo

alla geografia.
bocche di molti come attribuita

scettica frase corre sulle

al principe

Onorato Castani
1'

di

Teano,
la

oggi duca di Sermo-

neta

il

quale

avrebbe detta, ci che

rende pi singolare,

mentre era presidente.... della Societ Geografica Italiana!


1'

Ma

attribuzione maligna

non
il

regge,

e la frase invece del padre,

il

Duca Michelangelo,

quale ad un seccatore che insisteva

con poca discrezione per

fargli

comprare a caro prezzo un'opera


:

geografica di nessun pregio rispose

Mi

dispiace proprio tanto,


il

ma

io

non credo alla geografia.

Del resto

venerando Duca,

patriotta illustre,
a molte cose

come

tutti

sanno, dantofilo e grecista di valore,


alla

non credeva, per esempio

moderna

glottologia, e

nemmeno

all'archeologia.

Ove sono

dodici archeologi, soleva dire,


la

sono tredici opinioni diverse.

nota

burla eh' egli fece ad un

dotto archeologo con la iscrizione funeraria di S. Cucufino, che

diede occasione ad una dissertazione eruditissima; egli rideva volentieri degli infallibili,

ovunque ne incontrasse;

e per pi di

un

archeologo rimase vittima delle sue veramente spiritose invenzioni.

[i

544*^545]

Scienze e lettere, poesia, ecc.

445

1544. L'aritmetica

non

un'opinione.
deputato di Caa
lasciare
il

Questa fortunata frase da


tanzaro

tutti attribuita al

Bernardino Grimaldi.
Finanze dopo
la
il

Questi, costretto
crisi

portafogli delle

ministeriale
la

del

novem-

bre 1879,

27 dello stesso mese prendendo

parola dal suo

scanno di deputato per rispondere per un fatto personale a una


interrogazione Sella intorno alle cause della
chiarazioni
la
:

crisi,

faceva due di-

La prima

che ministro o deputato, ritengo che


alla

mia responsabilit resta sempre integra innanzi

Camera ed

al paese....

La seconda

dichiarazione che tengo a fare questa,

che per

me

tutte le opinioni

sono

rispettabili,

ma

ministro o deIl resto alla

putato ritengo che V aritmetica non sia tm' opinione.


futura discussione, che attendo impavido e tranquillo.

{Atti

Par-

lam.. Discussioni della


col.

Cam. dei Dep.,


la

Sess.

1878-79, voi.

X,

8707).

Ma
il

se

il

Grimaldi ebbe
fu
il

fortuna di dare vita dure-

vole alla frase,

primo autore ne

senatore Filippo Mariotti,

che

la disse

efficacemente in un discorso fatto a Serrasanquirico

quando

egli era

deputato pel collegio di Fabriano, e poi ebbe a


si

suggerirla al Grimaldi che, lui presente,


tino Sella sulla
difesa

consigliava con Quin-

che voleva
1*

fare
;

alla

Camera. Cos cordi Serrasanquirico

tesemente mi assicura

illustre

uomo

ed anche stampato da

Domenico Gaspari nelle Memorie (Roma, 1883), pag. 259.

storiche

71.
Sollievo, riposo

A chi conduce
1545.

vita

aspramente operosa, riesce grata

la

speranza

di trovare in fondo della sua carriera

un onorato

riposo,

Otium cum

dignitate.
1
iii

(CicsRONE, Pro Sestio, cap. 45; De Orai.,


princ; Epiti, ad fatnil.,
I,

9, 21).

1545. Ozio con dignit.

44^

Chi V ha detto?

[^546-1547]

Ma

ci

sono molti,
fatica

la cui vita

un continuo

riposo, senza che

conoscano mai

alcuna;

ringrazino la Provvidenza, che


Titiro

stata verso di loro s benigna, e ripetano le parole di

Melibeo

1546.

Deus nobis

haec otia

fecit.
I,

(Virgilio, Ecloga

v.

6).

Al contrario molte anime


ostilit della sorte,

travagliate- cercano invano tregua alle


di riposo
al

il

loro primo luogo

tempo
la

stesso la loro ultima dimora. Perci quelquefois l'pitaphe des

morts

tait

un adieu qu'on

leur faisait adresser


:

aux choses de

terre, surtout

aux moins certaines l'esprance

et la fortune.

JJ An-

thologie

grecque nous en a conserv une de ce genre, dont, au

xvi= sicle, plus tt


et qui

mme
fit

peut-tre,

on

fit

un

distique

latin, lui-

sous cette forme devint des plus populaires. Gil-Blas


la savait.
Il

mme
lui,
il

en

l'inscription place la porte

du

joli

chteau de Lirias, o
tait

las

de ses aventures, qui ne fatiguaient qui


(Fournier, L'Esprit des autres),

venu

s'enterrer.

L' epigramma greco nella Epigrammatun Anthologia Palatina


del

Dbner

(Paris,

1864-72, voi.

II,

p.

io),

lib.

IX, ep. 49;


di cui
iscri-

in latino se

ne hanno diverse versioni, ugualmente famose,

quella proposta dall' eroe del

romanzo
lib.

di

Le Sage come
:

zione del suo castello {Gii Blas,

IX, cap. X
seguente

in fine) e ine-

sattamente

riferita dal

Fournier

la

1547.

Inveni portum; Spes et fortuna valete.

Sat
La
si

me

Insistisi Indite
dififerisce

nnnc

alios.
sol-

variante del Fournier, che

da quella gi data
Indite
e
si

tanto nel secondo verso:

Nil mihi vobiscum:


all'

nunc

alios,

accosta pi esattamente

originale greco,

trova invece

riQ

Mmoires

di

Casanova

(ed. di Parigi, 1882, voi.

IV, cap. 9,

pag. 297) attribuita al suo Mentore che a torto


la

ne parla come

traduction de deux vers d'Euripide.

Vedasi una erudita nota


f Queries, IXth

del signor

Richard Horton Smith

nelle Notes

1546. Iddio ci dette questi ozi. 1547. Trovai il porto. Addio, speranza, addio, fortuna; stanza mi avete ingannato, ora ingannate altri.

abba-

548-1 549]

Sollievo^

riposo

447

Ser., no. 29,

July 16, 1898,

pag. 48, dove sono date tutte le

varianti greche e latine di questo epitaffio,

con

la loro storia e

coni
Sept.

raflfronti classici: e altre

aggiunte nella stessa rivista, no. 38,

17, pag. 229.

La

sola versione italiana di questo famoso


:

distico quella di

Luigi Alamanni

Speme

e fortuna, addio; che in porto entrai.


gli altri,

Schernite

eh' io vi spregio omai.

Gli amanti del riposo


gliore, per giustificare
i

non potrebbero trovare argomento miloro gusti, della sentenza aristotelica:

548.

Sedendo et quiescendo anima effici tur sapiens.


cognito
il

proposito di questa singolare sentenza ben

se-

guente aneddoto dantesco.

Dante incontra nell'Antipurgatorio


parola {Purg.,
a

fra

neghittosi

certo Be-

lacqua, da lui gi conosciuto in vita, e con esso scambia qualche


e.

IV, v. 106-135).
[loc.

cit.,

anzi Belacqua che rivolge


v.

Dante

la

beffarda apostrofe

114):

1549.
Mentre
che nel
(to.
i

....Or

va su

tu,

che

se'

valente.
il

commentatori generalmente tacciono su Belacqua,


lui,

solo

che dica qualche cosa di

l'Anonimo Fiorentino del


dal

sec. xiv,

Commento
pag. 74,

pubblicato per la prima volta


1868), cosi ne

Fanfani

II,

Bologna,

parla

Questo Becolli

lacqua fu uno cittadino di Firenze, artefice, et facea cotai


di liuti et di chitarre, et era
et si dice di lui eh' egli
il

pi pigro
la

uomo che
egli

fosse mai;

venia

mattina a bottega, et ponevasi

a sedere, et mai

non

si

levava se non quando

voleva

ire

desinare et a dormire. Ora l'Auttore [cio Dante] fu forte suo


dimestico: molto
di,
il

riprendea di questa sua nigligenzia; onde un

riprendendolo, Belacqua rispose colle parole d' Aristotile:


et

Sedendo
gli

quiescendo anima efficitur sapiens ; di che l'Auttore


si

rispose: Per certo, se per sedere


di te.

diventa savio, ninno fu

mai pi savio

Ho

cercato dove Aristotile avesse detto cos,

ma

la

sentenza

in questa

forma precisa non

l'

ho

trovata, quindi la ritengo,

come

1548. Sedendo e riposando, l'anima diventa sapiente.

448

Cht

V ha

detto?

[i

550-1 55 1]

tante altre,

una sentenza riassuntiva


e l'ozio

delle dottrine filosofiche dello


si

Stagirita. Infatti Aristotile

pensa che non

possa acquistare
attiva;

la

scienza senza la quiete

dalla vita

che siano

sempre da

preferirsi quest' ozio agli affari,

la vita

contemplativa

air attiva, le arti e le discipline teoriche alle pratiche,

come

lar-

gamente

esposto n\V Etica


lib.
I,

a Nicomaco,

lib.

X,

cap. 7 e nella

Metafisica,

cap. i; l dice che la felicit (aip,ov{a) sta

nella quiete e nell'ozio dell'anima (v \% q'^oV^^


se le scienze
lo si

qua dice che


gli

matematiche sorsero e fiorirono presso

Egiziani,
i

deve

agli ozi di cui presso quel

popolo potevano godere

numerosi sacerdoti.

Un
550.

riposo dalle fatiche e dai disinganni del

mondo

si

trova

sempre nella quiete dei campi, cosi decantata da Orazio nei versi:
1

O rus, quando

ego

te

adspiciam quandoque
!

[licebit.

Nunc veterum libris, nunc sommo


Ducere soUicitae jucunda
(Orazio, Satire,

et iner-

[tibus horis
obli via vitae!
VI,
v. 60-62).

lib, II, sat.

Col una dolce melanconia regna sovrana.

Il

Pindemonte

il

quale aveva riparato in quei monti e in quelle colline, che aveva


chiesti ai

Numi,

cosi inneggia alla

dea tutelare di quei luoghi

ameni,
1

alla

musa

del romanticismo:

55

Melanconia, Ninfa gentile,

La vita mia Consegno a te.


(Iff.
le

Pindemonte, La Melanconia,
Poesie campestri,
str. 4).

tra

Dolce sollievo prova colui che sfuggito


goscie di
la

alle ansie e alle


lui

an-

un grave pericolo che minacciasse meravigliosa immagine dantesca:

suoi, secondo

1550.

campi, quando vi rivedr! quando potr, ora

fra

libri

degli antichi, ora nel sonno, ora con le ore d'ozio, obliare

dolcemente questa vita aflEaccendata.

[1552- 1555]

Sollievo, riposo

449

1552

Come

quei che, con lena affannata

Uscito fuor del pelago alla riva,


Si volge all'acqua perigliosa e guata.
(Dante, Inferno,
e.
I,

v. 22-24).

ed anche un sollievo, dopo

le

fatiche del giorno,

il

sonno

ri:

paratore della notte. Ecco due citazioni liriche relative a Morfeo

1553-

Ma

il

sol gi celasi;
;

Tace ogni zeffiro E in sonno placido


Sopito
nel canto di
il

re.
di

David nel Saul, tragedia

V. Alfieri,

a. Ili,

scena 4.

1554.

Dormi, o Celeste: i popoli Chi nato sia non sanno.


(Manzoni,
//

Natale, inno).

72.
Speranza,
disperazione

1555-

Speranza lusinghiera. Fosti la prima a nascere.


Sei r ultima a morir.

No, dell' altrui tormento No, che non sei ristoro

Ma

servi d'alimento
desir.
a.
I,

Al credulo
Cosi
il

(Metastasig, Demetrio,
Metastasio
si

se.

15).

lagna delle delusioni della ingannevole dea.

29

450

Chi V ha detto?

[^556-1557]

Citazioni adatte per coloro che serbano qualche fiducia nell* avvenire, sarebbero
il

versetto evangelico dei fedeli che

non

dispe-

rano

dell' efficacia della preghiera,

1556. Petite, et dabitur vobis: quaerite,

et inve-

nietis: pulsate, et aperietur vobis.


(Evang. di S. Matteo, cap, VII, S. Luca, cap. XI, v. 9).
e lo storico:
v.
7.

1557 J^ atans
Il

mon
lo

anstre.
mostra
la

motto antico, come


idivehhe J'attends
fece

ortografia,

che modernail

mente

mon

astre;

ma

fu verso

1843 che

Carlo Alberto
leazzi), la
sigillo del

coniare una medaglia (incisa da G. Ga-

quale insieme con quel motto

riproduceva un antico
di

1373 della famiglia Sabauda e precisamente


Conte Verde, cui pare che
il

Ame-

deo VI,

il

motto medesimo appar-

tenesse. Vedilo illustrato e riprodotto in Promis, Sigilli de' Principi di Savoia,


diritto di essa

Torino, 1834, P^g-

^54 ^ tav.
:

XIV,

n. 76.

Nel

medaglia sta

1'

effigie del re

nel rovescio

un leone

omero e avente zampe un' aquila. Intorno, i busti di Dante, di Galileo, di Raffaello, di Colombo, coi loro nomi intramezzati da palme, e la leggenda le atans mo: anstre. Questa medaglia, che poteva essere interpretata come un cauto invito agli Italiani, non fu molto
sedente, armato di galea calata, con scudo sull'
tra le
diflfusa,

sebbene posteriormente

il

Litta nella storia di Casa Sa-

voia {Famiglie celebri italiane, voi. VI, nella tav. del


a Vittorio
la

monum.
il

Eman.

I)

ne pubblicasse

il

disegno, senza che allora


signi-

censura austriaca se ne accorgesse o ne comprendesse


Il

ficato.

principe di Metternich ne parlava per in

un dispaccio

al conte

Buoi a Torino, in data


oltre
i

di Vienna,
to.

29 maggio 1846.
VII, pag. 229-230,
italiani,
to.
I,

Vedansi

Mmoires de Metternich,

r opera

di

Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti


sigillo in

pag. 659 e la Storia di Carlo Alberto e del suo regno, di Lic. Cap-

pelletti, pag. 267-268. L'antico

luogo dell'aquila aveva

1556. Chiedete, e vi sar dato; cercate, e troverete; picchiate,


e vi sar aperto.

[i

558-1560]

speranza, disperazione

451

un

serpe. Il marchese

Costa de Beauregard

nel suo libro

La

jeunesse

du

roi Charles-Albert,

pag. 304, assicura tuttavia che

Carlo Alberto, gi da semplice principe di Carignano, nell'esilio


del 182 1, sigillava le sue lettere con

un

sigillo

portante quel motto.

Invece chi ha appreso a diffidare dei lenocini della speranza,

pu a sua posta

valersi o del petrarchesco

1558. Poi che

mia speme
sec.
il

lunga a venir troppo.


v.

(Petrarca, Sonetto in morte di M, Laura, num. LIX sec. il Marsand, num. LXVII
Mestica,
1).

vale a dire, poich ci che io spero tarda troppo a venire

verso al

quale procacciarono una celebrit burlesca


intorno al Sonetto Poi che mia speme
delle lodi delle

Cicalamenti del Grappa


dove si ciarla a lungo

ecc.,

donne

et del

mal

francioso,

una

delle pi facete

scritture dei sec. xvi, di cui la edizione principe di

Mantova

del 1545; - ovvero del terribile:

1559.

Lasciate ogni speranza voi ch'entrate!


(Dante, Inferno^
e.

Ili, v. 9).

che
se
il

r ultimo verso
cullarsi
il

della iscrizione sulla porta dell' Inferno.

Ma

troppo ciecamente nelle illusioni male, non bene


;

nemmeno
e'

disperare di tutto
e'

le

nostre buone donne dicono che

finch e' vita,

speranza, ovvero che soltajito alla morte non


il

rimedio; e veramente questo della morte proprio


:

momento

in cui la speranza di troppo

1560.

Anche
Ultima dea, fugge

la
i

speme,
sepolcri; e involve

Tutte cose l'obblio nella sua notte.


(U.

Foscolo, /

Sepolcri, 16-18)

452

Chi

Vha

detto?

[1561-1564]

73.
Tavola, cucina, vini, altre bevande

1561. Sine Cerere et Libero [no7i Bacch) friget

Venus.
e assieme con
altri

(Terenzio, Eunuc,

a.

IV,

se. 5, v. 6).

Venere tremerebbero
dalla

di freddo e di debolezza molti

dei e dee, a cominciare


ritto.

dotta Minerva, poich sacco

vuoto non sta

Nel poema dantesco possiamo trovare diverse

frasi nelle quali

ricorrono le idee di mangiare e di cibo, e quindi possono citarsi


in occasioni buccoliche; ecco per esempio le seguenti:

1562

Dopo

il

pasto ha pi fame che pria.


{Inferno,
e. I, v. 99).

ed

la

simbolica lupa che


la

ha natura
;

malvagia e

ria,

che mai

non empie

bramosa voglia

1563.

La bocca
Quel

sollev dal fiero pasto


{Inferno,
e.

peccator....
XXXIII,
v. 1-2).
:

ed

il

famoso verso

1564.

Poscia pi che

il

dolor pot
{Inferno,
e.

il

digiuno.
v.

XXXIII,

75).

col quale

si

chiude

il

terribile e pietoso

racconto del conte Ugo

lino e la cui interpretazione fu soggetto di lunga polemica.


fiera battaglia di quella
ritale

Pi

non

seguisse per Elena rapita al letto


fra
i

ma-

da Paride,

si

combatt

critici

al

cominciare del secolo

per questo verso, cagione di tanto tempo vanamente e inutilmente

perduto

dice Giovanni Sforza che narr distesamente la storia

1561. Senza Cerere e Bacco, Venere gelata.

[1564]

Tavola, cucina, vini, altre bevande

453

della noiosa controversia nel cap. II dei suoi studi storici


e
i

Dante
1868,

Pisani {nel periodico di Bologna, Il Propugnatore, voi.

I,

pag 673-687).

Ma

fra le varie interpretazioni

proposte di questo
la

verso celebre, quella che a parer mio la pi razionale,

pi

corrispondente alla realt della vita fisiologica e alla grandezza


epica del poema, questa, pochissimo nota e di assai strana origine.

Questa interpretazione sarebbe stata dettata a un ragazzo

quindicenne, quasi illetterato,


spirito di

ma medium
di Dante,

straordinario, dallo....

un contemporaneo
il

in

presenza di Eugeio

Checchi,

geniale direttore del Fanfulla della Domenica, che ne

dette ragguaglio nel suo giornale, nel

numero

del 30 ottobre 1892.

Ecco

la risposta dello spirito


il conte

Il

dolore che per pi d lo sogli assalti di

stenne {ossia sostenne


fu infine
il

Ugolino) contro

morte,

domato
:

dal digiuno. Il dolore lo nutr.

prosegue

Checchi

Mi

parve, e mi pare anche oggi, che quel mettere


avversari,
il

a contrasto,
quali, cio
il

come due

dolore e
il

il

digiuno,

uno
1'

dei

dolore, mantiene in vita


;

conte Ugolino, e

altro,

ossia

il

digiuno, lo spenge

mi parve
il

mi pare che
il

la rottura,

per cos dire,

dell' alleanza fra

digiuno e
la

dolore, che ugual-

mente uccidevano Ugolino secondo


lezza poetica, dia

interpretazione del verso

finora dai pi dei commentatori accettata, sia ricca di maggior belall'

immagine una potenza pi grande.

Il

dolore

non concorreva
triva....

col digiuno a spengere quella vita: invece la nuil

ricordo che

giorno dopo, incontratomi con


l'

1'

amico

carissimo Giovan Battista Giuliani,

insigne illustratore del divino

poeta nella cattedra dantesca


dissi d'

dell' Istituto

Superiore di Firenze,

gli

aver trovato in certo vecchio manoscritto quella interpre-

tazione del celebre verso, e glie la lessi.

Ne

fu colpito

afferm

essere di tutte le spiegazioni quella che pi parevagli degna del

genio del poeta, e ne avrebbe fatto cenno in


zioni.
>

una

delle sue le-

Ma

questi pasti danteschi (un pasto di belva feroce,

uno o due

da antropofaghi) sono cose poco appetitose, e se vogliamo qualcosa


che accomodi meglio lo stomaco, bisogna rivolgersi altrove, per

esempio (n saprei di meglio)


il

al

gran pontefice della gastronomia,


(1755-1826), autore
il

celebre

Anthelme de Brillat-Savarin
du

della Physiologie
il

got, donde traggo due aforismi,

IV

XV:

454

Chi V ha detto?

[1565-1568]

1565. Dis-moi ce

que tu manges;

je te dirai ce

que tu
1566.

es.

On

devient cuisinier, mais on nat rtisseur.


dei

Al primo

due aforismi
alla

si

ispir

Lodovico Feuerbach,
.

quando, nella prefazione

Lehre der Nahrungsmittel fr das

Volk (1850) di Moleschott, scrisse:

Der Mensch

ist

was

er isst.

e quindi ad illustrare quest' aforisma pubblic una


titolo
isst.
:

memoria
ist

col er

Das Geheimnis des Opfers oder der Mensch


fra gli aforismi di Brillat-Savarin

was

Pure notissimo
cedono l'opera

(i

quali pre-

citata)

il

XX:

1567. Convier quelqu'un, c'est se charger de son

bonheur pendant tout


sous notre
toit.
il

le

temps

qu'il est

Ma

non basta mangiare, poich

misero mortale, non soffre


e

soltanto la fame,

ma

anche

la sete,

1568. L'appetit

vient

en mangeant, disoyt
la soif s'en
liv.
I,

An-

gest on

Mans;

va en beuvant.
cap, V).

(Rabelais, Gargantua,

Cos
rette

la

vera lezione delle edizioni originali;

ma

le edizioni scor-

leggono invece, disait Angeston, mais, ecc. La persona cui


allude,
probabilmente

qui

si

Girolamo

le

Piangeste di

Com-

pigne, dottore della Sorbona e grande scolastico morto nel 1538;

quindi

l'

autore del

motto non

come qualcuno ha creduto,

Amyot, vescovo
il

di Auxerre, che

avrebbe cosi risposto a Carlo

IX
la

quale lo rimproverava di sollecitare


si

sempre nuove prebende.

Questo non vuol gi dire che


sete,

beva soltanto per estinguere


si

ohib!

si

beve per gusto,

beve per non stare in ozio,

giusta l'ammonizione di quel frate tedesco a' suoi compagni:


Bibite,
si

fratres,

bibite,
i

ae diabolus vos otiosos inveniat.

beve per scacciare

pensieri neri. Infatti:

[1569-157*^]

Tavola, cucina, vini, altre bevande

455

1569.

I pensier
Cos Frajjcesco

bevendo, e ribevendo mandiamo in bando.


Redi
nel festosissimo ditirambo Bacco in To-

scana, di cui del resto molti altri versi sono rimasti vivi nella

me-

moria non dei


il

soli letterati. Tali

sono quelli nei quali ricordando


:

classico

In vino Veritas, esclama

Quanto errando, oh quanto va Nel cercar la verit Chi dal vin lungi si sta
!

quelli nei quali

impreca

al caff,
il

Beverei prima

veleno.

Che un
Dell'

bicchier,

che fosse pieno

amaro

e rio caff.

o dice male della birra o del sidro.

Chi

la squallida

cervogia

Alle labbra sue congiugne

Presto muore, o rado giugne


All' et vecchia e barbogia
:

Beva

il

sidro d' Inghilterra

Chi vuol gir presto sotterra; Chi vuol gir presto alla morte Le bevande usi del Norte.
e le vie' pi fiere invettive ai bevitori d* acqua
:

Chi

1'

acqua beve
riceve

Mai non

Grazie da me.

quegli altri poco pi oltre, che calzano a capello anch' oggi per
:

le esagerazioni di certi idroterapici

Vadan pur, vadano a svellere La cicoria e raperonzoli


Certi magri mediconzoli.

Che
Le

coir acqua ogni mal pensan di espellere.

antipatie contro l'acqua

sono vecchie: anche una canzone

del conte di

Sgur

sostiene che

1570.

Tous

les

C'est bien

mchants sont buveurs d'eali; prouv par le dluge.

45^

Chi l'ha detto?

[^571-^575]

Fra

versi del

Redi che ho
gi accennato,

citato
il

poco innanzi, alcuni para:

frasano,

come ho

classico

157

1.

In vino Veritas.
si

proverbio volgarissimo latino, che perci


di autori,

ritrova in gran

numero

menzioner soltanto Plinio, Istoria Nat., XIV, 28


ja?}i attributa

{vulgoque Veritas
infiniti

vino

est) ; e

ad esso corrispondono

proverbi che rendono la stessa idea in ogni lingua. Dei


detto facetamente
:

Tedeschi, famosi bevitori in ogni tempo, fu


S'z'

latet in

vino Veritas, ut proverbia dicunt, invenit

verum

Teuto,

/^/mz'^zVif(Sincer US Junior,

pag. 267).

Medulla facetiarum, Stuttgart, 1863, Anche Beniamino Franklin cosi piacevolmente di-

vag sull'argomento:

La
ils

vrit est dans

le

vin.

Avant No

donc

les

hommes
la

n'ayant que
Ainsi

de l'eau boire, ne pouvaient


ils

trouver

vrit.

s'garrent,

devinrent abominable-

ment mchants,
Il caff,

et ils furent

justement extermins par l'eau qu'ils

aimaient boire.

{Lettre

M.
il

Morellet).

cosi sprezzato dal Redi,

ha nondimeno molti

fervidi

adoratori, e

uno

di costoro era

Talleyrand, che

vuoisi abbia

detto che

1572.

Le

caf doit tre


le

comme
et

diable,

chaud comme l'enfer, noir pur comme un ange,


l'amour.
si ci-

doux comme
:

Altre frasi relative al bere in genere, e che non di rado


tano, sono le seguenti

1573.

Lo

dolce ber che mai non m'avria sazio.


(Dante, Purgatorio, XXXIII,
v.

138).

1574.

Bevendo

in fresco, e

bestemmiando
Postuma
di

Cristo.

chiusa di un celebre

sonetto (XVII) nei

Lorenzo

Stecchetti, cio Olindo Guerrini;

1575.
nel

Ma

fu l'ultimo
Pipel,

il

birbone.
il

melodramma giocoso

ovvero

portinaio di Parigi,

musica di S. A. De-Ferrari, parole di


157
1.

Raffaele Berninzone

Nel vino

sta la verit.

[1576-1577]

Tavola^ cucina^ vini, altre bevande

457

(a.

Ili, se. 7); Pipel torna a casa ubriaco e la moglie

Maddalena

gli

chiede

Quanti
e lui:

fiaschi n' hai vuotati

Non

saprei
fu
1'

non
il

li

ho

contati

Ma

ultimo

birbone

Che mi fa ballar la polka, La furlana, il minu.

finalmente non potremo lasciare quest' argomento del

manai

giare e del bere,

senza registrare un notissimo versetto biblico,


protestanti ne

celebre perch

hanno

fatto l'applicazione....

digiuni

1576.

Non quod intrat nem sed quod


:

in os,

coinquinat homi-

procedit ex ore, hoc coin-

quinat hominem.
{Vang, di S. Matteo, cap.

XV

v. 11).

74.
Temperanza, moderazione

1577. Est

modus in rebus: sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum
(Orazio, Satire, Uh.
I,

sat.

1,

v. 106-107).

questo

il

canone della importantissima virt della moderazione.

Qualcosa di simile era gi stato detto da

Plauto

1576.

Non

quello che entra per la bocca, imbratta

1'

uomo ma
;

quello che esce dalla bocca {cio


sto che
l'

le cattive parole),

quee

uomo

rende immondo.
ci

1577. C' una misura nelle cose;

non

retto di oltrepassarli,

sono determinati confini, n di rimanere indietro.

458

Chi

Vha

detto?

[1578-1582]

1578.

Modus omnibus in rebus. optumum'st habitu


. . .

{Pnulus,

a. I, sc. 2,

v. 29).

mentre Ovidio
di

ci

ha

lasciato

1'

aureo consiglio di seguire


:

la

via

mezzo, come migliore e pi sicura

1579.

Medio tutissimus
gemma
ovidiana, che
il

ibis.
lib. II, v.

(Metamorfosi,

137).

questa

Parini,

come vuole
la

la

tradi-

zione, pose per epigrafe alla Gazzetta di Milano, (a cominciare dal

num.

dell' 11

gennaio 1769) della quale tenne

direzione per

qualche tempo dalla fine del 1768 in avanti, per incarico del governatore Firmian, metteremo accanto
il

1580. Juste milieu.


che
(III,
tica,
si

trova primieramente nelle Penses sur la religion di


3),

Pascal

ma

di cui
:

LuiGi-FiLiPPO

fece

il

cardine della sua poli-

dicendo
i

//

faut chercher nous tenir dans tm juste miliei^

{vedi

Souvenirs de J. Laffitte, III, 32).

1581. Surtout pas de zle.

famoso detto di Talleyrand, che ricevendo

in

udienza

gl'

im-

piegati del dicastero degli Affari Esteri,

raccomand loro: Surtout,

Messieurs, pas (o point) de zle. Quanto accorta e fine la rac-

comandazione
fida

fatta in questi termini dall'

uomo

di stato

che

dif-

con ragione dello zelo dei suoi subordinati nei quali

egli

vuole

solo dei ciechi e passivi strumenti della sua volont, tanto diventa

superflua e volgare con

1'

aggiunta che alcuni a torto

ci

fanno,
ripeti-

Surtout pas trop de

zle. Infatti cosi

non sarebbe che una

zione della comunissima massima che


virt,

il

troppo guasta, anche nella

cio dell'antica sentenza:

1582.

Ne

quid nimis.
la si attribuiva

che era scolpita nel tempio di Delfo, e


a

ad Apollo,
si

Omero, a Chilone, a
la

Pittaco, a Solone, e anche ad altri, e

1578. In ogni cosa

sua misura, questa ottima abitudine.

1579. Andrai sicurissimo nel mezzo. 1582. In nulla il troppo.

[158 3- 158 7]

Temperajiza, moderazione

459

trova anche ntVAndria di Terenzio,

I,

i,

34, sentenza vera-

mente aurea e che


pagine

si

applica anche alla virt,

come giustamente

osservava anche un filosofo francese pi volte citato in queste


:

1583.

Ce

n'est pas assez d'avoir


il

lits,

de grandes quaen faut avoir l'conomie.


(Maximes de La Rochefoucauld,

CLIX),

A
freno

chi vuole usare della moderazione, conviene saper porre


ai

un

desideri, alle passioni, cosa tutt' altro che facile, poich:

1584. Imperare sibi

maximum Imperium
(Skneca
il

est.

filosofo, Epistola 113, 24).

e lo

Pseudo-Seneca

nel

trattato

De moribus

(82):

Se vincere

ipsum longe

est difficillimum,

PUBLILIO SlRO nei Mimi, 64:

Bis vincit qui se vincit in victoria. Discreta ne' suoi desideri era
certamente la Gilda del Rigoletto (parole di F.
sica di Verdi,
a.
I,

M. Piave, mu-

se.

12) che cos canta:

1585.

Signor n principe, io lo vorrei, Sento che povero, pi l'amerei.


di cui dice

Una forma di moderazione la temperanza, rone nei Paradossi (VI, 3, 49):


1586.
Il testo

Cice-

Magnum

vectigal....

parsimonia
immortales! non intelligunt

integro cosi suona:

dii
sit
1

homines,
Tale

quam magnum

vectigal

parsimonia,
pastori,

la esercitavano nella tavola

uno dei quali

di-

ceva ad Erminia:

1587

Questa greggia e 1' orticel dispensa Cibi non compri alla mia parca mensa.
(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

VII,

ott.

10),

1584. Il comandare pi difficile il comandare a s stesso. 1586. La parsimonia un gran capitale.

460

Chi

l'

ha detto?

[1588- 1590]

e nel costume in generale la Firenze sobria e


di cui

pudica del

sec. xii,

Dante

ci

descrive lo stato felice:

1588.

Non avea catenella, non corona, Non donne contigiate, non cintura
Che
fosse a veder pi

che la persona.
e.

{Paradiso,

XV,

v.

100-102).

In argomento di moderazione pu
l'

citarsi

anche quel passo del-

Evangelo

1589. Porro

unum

est

necessarium.
S.

(Evang. di

Luca, cap. X, vers,

42).

rimasto famoso per quella facezia del Piovano Arlotto che spie-

gandolo una domenica dal pulpito convinse


portargli
cini,

suoi parrocchiani a
ediz. Bac-

un porro per uno (Piovano Arlotto, Facezie, Firenze 1884, pag. 106); od anche il motto:

1590.

Non bramo

al tr' esca.
Il

leggera variante di
[Son, in vita di

un emistichio petrarchesco.
Mestica, com.

verso intiero
il

M. Laura, num. CXIV secondo


:

Marsand,
l'erba

CXXXII dell' ediz.


fresca) dice
:

Come V candido pie per

Ch'

i'

non curo

altro

ben n bramo

altr' esca.

noto specialmente perch Gaspero Barbra, cui

lo sugger

Ce-

sare Guasti, lo assunse


di cui

come motto all'impresa

della rosa

con l'ape,
Bar-

anche oggi sono fregiate molte

fra le edizioni della casa

bra di Firenze.

1589.

Almeno uno

necessario.

[l

59 1- 1 595]

Tempo, ponderatezza,

riflessione

461

75.
riflessione

Tempo, ponderatezza,

59 1. Carpe diem,

quam minimum
(Orazio, Odi,
1'

credula postero.
lib.
I,

od. XI, v.

8).

dice Orazio, che

il

tempo va via e

ora che fugge non torner

pi indietro.

anche Marziale:

1592.

Non est,

crede mihi, sapientis dicere


est crastina
lib. I,
:

Vivam
v.
11-12).

'.

Sera nimis vita


e SiLio Italico, ricordando

vive hodie.
XVI,

{Epigrammi,

ep.

come

sia instabile la

buona fortuna:
favoris.
v.

1593. Pelle

moras brevis est magni fortuna


;

{Punica,

lib.

IV,
ci

732).

Perci frequenti sono


il

le

testimonianze di classici che


ci

mostrano

fatale

volo del tempo, e

ammoniscono

a trarne savio par-

tito.

Dello stesso aureo secolo di Augusto, donde abbiamo citato


;

Orazio, possiamo citare anche Ovidio e Virgilio

questi dice

1594
quegli
:

Fugit interea, fugit irreparabile tempus.


**

(Virgilio, Georgiche,

lib. Ili, v. 284).

1595. Labitur occulte, fallitque volubilis setas.


(Ovidio, Amores,
lib. I,

ep.

8,

v. 49).

1591. Profitta dell'oggi, e

non

fare

nessun assegnamento sul

domani.
1592. Credimi, non da savio il dire: Vivr. troppo tardi: vivi oggi.
1593.

Domani

gi

Rompi gl'indugi: poco dura il grande favore della fortuna. 1594. Fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo. 1595 Scorre nascostamente e sparisce il fuggevole tempo.

462

Chi r ha detto?

[i

596-1600]

anche

il

nostro maggior Poeta:


il

1596.

Vassene

tempo, e l'uom non se n'avvede.


(Dante, Purgatorio,
e.

IV, v.

9).

Gl'inglesi che sono gente pratica che sa far buon uso del tempo, hanno quella massima ormai divenuta proverbiale, e nota anche
a coloro,
inglesi e

non

inglesi,

quali

non pensano ad

osservarla,

1597.

Time

is

money.

che ha origine in una sentenza di Teofrasto, conservataci da

y^pvav.

Diogene Laerzio (V, 2, 40): IIoXuxsXs vcX(i)|jta slvat tv Francesco Bacone negli Essayes {Of Dispatch, 1620) dice: Time is the measure of business, as money is of wares,
il

e forse di qui ebbe origine

proverbio inglese.

1598.

Le temps
di

est

un grand matre.
di

un emistichio
4):

un verso

Corneille

nel Sertorius

(a.

II,

se.

Le temps

est

un grand

matre,
il

il

rgie bien des choses.


lo disse
?

Ma
non
fu

fu proprio Corneille
il

primo che
il

Certamente
cose,

egli

primo a pensare che


il

tempo accomoda molte


il

come
ne

non

saprei chi fosse

primo a dire che

tempo troppe

altre

disf.

Non

fu

il

primo nemmeno Salomone che pure

scrisse:

1599.

Omnia tempus

habent, et suis spatiis trancselo.


{Ecclesiaste, III,
1).

seunt universa sub


e gli f' eco
il

Petrarca cantando

1600.

Passan vostri triunfi e vostre pompe, Passan le signorie, passano i regni; Ogni cosa mortai Tempo interrompe.
{Trionfo del Tempo,
v.

112-114).

1597. Il tempo danaro. 1599. Tutte le cose hanno il loro tempo, e tutte passano sotto il cielo nello spazio che loro prefisso.

[i6oi-i6o5]

Tempo, ponderatezza,

riflessione

463

C' costume di dire che se non altro

il

tempo galantuomo,
galantuomini non ve

ed anche questo
n'

un conforto, poich

di

ha troppi nel mondo, per bisogna


Il

fare altrettanto

con

lui,

se

no

1601.

tempo

infedele a chi ne abusa. (Metastasio, Demofconte, a. II, se.

4).

allora, torniamo da capo, bisogna farne buon uso. Con questo


si

per non

vuol dire che per trarre partito del tempo convenga

fare le cose

sempre in
la

fretta e all'

impazzata, ci che equivarrebbe


rifare.

fame male

maggior parte, e a doverle

Invece tengasi
di

presente

come

giusta

massima quel detto comune


lui (e.

Augusto,

quanto ne narra Svetonio nella vita di


tava in greco
:

25),

ch'egli ci:

StisSs paSecog, ci che in latino significa

1602. Festina lente.


parole che
si

vedono anche

incise intorno

ad alcune medaglie di
le quali

Vespasiano

(ce n'

pare una di Domiziano),

portavano da

una parte
tichi, dell'

l'effigie imperiale, dall'altra

quel simbolo, grato agli an-

ncora accoppiata

al delfino,

simbolo che

tipografi Aldi
l'

resero illustre nel cinquecento, e che simboleggiava

unione della
Occorre

fermezza nei propositi

alla celerit nel

portarli in atto.

perci, a trarre veramente partito del tempo, quella savia ponderatezza, che soltanto

un
si

criterio

bene equilibrato pu suggerire,

ma

che altrimenti non

acquista

1603. Per volger d'anni o per cangiar di pelo.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e che
e.

VII, ott.

32).

Dante
:

in pi luoghi del suo

divino

poema raccomanda

dicendo

1604.

Uomini

siate, e

non pecore matte.


{Paradiso,
e.

V,

v. 80),

e pochi versi pi innanzi:

1605.

Siate, cristiani, a

muovervi pi gravi,
vi lavi.
v.
73-75).

Non

siate

come penne ad ogni vento


(Paradiso^

non crediate ch'ogni acqua


e
V,

1602. Affrettati adagio.

464

Chi V ha detto?

[i 606-1607]

Cosi Dante rimprovera coloro che troppo leggermente pronunziano


dei voti, per poi infrangerli, sperando di poter essere lavati facil-

mente da ogni colpa, come


originale.

1'

acqua del battesimo lava

la

macchia

La ponderatezza
i

necessaria eziandio per coloro che scrivono,


rileggere, limare, rifare gli scritti loro.

quali

devono pi volte
il

Tale anche

consiglio di

Orazio che raccomanda:

1606. Saepe stylum vertas, iterum quae digna legi

Scriptures.
{Satire, lib.
I,

[sunt
sat.

X,

v.

72-73).

Gli antichi

Romani

per scrivere sulle tavolette cerate adoperastilo

vano, come noto, uno

aguzzo ad una estremit, e d' or-

dinario piatto alla estremit opposta per cancellare,

quando oc-

corresse, la scrittura sulla cera; per cui la frase vertere stylum

voleva dire cancellare, correggere. Di qui anche


tino che significa lo stilo:

l'

indovinello la-

De summo

planus, sed non ego planus in imo; Versor utrimque manu, diversa at munera fungor;
fecit.

Altera pars revocat quidquid pars altera

76.

Ubbidienza, fedelt, rispetto

Quando
ricorrere

si

raccomanda

1'

ubbidienza cieca verso coloro cui


si
:

la

natura o la legge dettero la potest di reggerci e guidarci,


all'

suole

autorit della Bibbia, la quale avrebbe detto

1607. Obedite prsepositis vestris etiam dyscolis.

1606. Spesso volgerai lo

stilo dall' altra parte, se vorrai scrivere


rilette.
tristi.

cose degne di essere lette e

T607. Obbedite

ai vostri superiori,

anche se

[i6o8-i6ii]

Ubbidienza, fedelt, rispetto

465

che

infatti

sentenza biblica,

ma non

cosi

come
uno

la si

suol citare;

poich formata dalla riunione di due


1'

testi,

di S.

Paolo,

altro di S.

Pietro. In vero
17, dice:
I.

il

primo nella Epistola ad Hebros,


vestris,
et subiacete

cap. XIII, V.
eis;
il

Obdite prpositis
Epistola,

secondo nella

cap. 2,

v.

18,

dice:

Servi
et m.o-

subditi estote in
destis,

omni timore

dom.inis,

non tantum bonis


legge

sed etiam dyscolis.


forse nella Bibbia che
si
il pi commoUomo-Dio che os-

Del resto non

vente esempio di rassegnazione, quella di un

sequente alla volont del Padre va serenamente incontro a un doloroso supplizio


?

Che cosa

di pi pietoso delle parole di

Lui

1608. Si possible est, transeat a

me

calix iste, vetu.

nimtamen non
(

sicut

ego volo, sed sicut


XXVI,

Vang, di S. Matteo, cap.


(v.

v. 39).

pochi versetti pi sotto

42):

1609. Fiat voluntas tua.

Un
deve,

proverbio volgare dice

Comandi chi pu,

e ubbidisca chi

ma

nei Promessi Sposi del

Manzoni

(cap.

XIV), Renzo
rifocillarsi

alterato dal vino nella osteria


i

dove era andato a

dopo

tumulti milanesi, cosi lo adatta ai suoi casi:

16 10.

Comanda
del resto

chi

pu e ubbidisce

chi vuole.

Ma
161
1.

Chi non sa ubbidire, non sa comandare.


quale registra invece questi

che proverbio, non registrato dal Giusti nella Raccolta di prO'


verbi toscani,
(ediz.
il

altri

due molto

affini

stereot. del

187

e anni segg.,

pag.

108):

Chi non sa fare, non sa comandare Chi non fu buon soldato, non sar buon capitano.
Se ne pu trovare una fonte classica in un passo delle Epistola:
di

Plinio (Vili, 14,

5):

Inde adulescentuli statim castrensibus

1608. Se possibile,
fatta

si

non
la

la

allontani da me questo calice, tuttavia mia volont, ma la tua.

sia

1609. Sia fatta


30

tua volont,

466

Chi l'ha detto?

[1612]

stipendiis imbuebantur,

ut imperare parendo, duces

agere
al

dum

sequuntur, adsuescerent.
proverbio,

Il

motto inglese, parallelo


to

nostro

Through obedience learn

command,
nella

popolare in

Inghilterra in questa forma, perch scritto

grande aula

dell'Accademia Militare di

Woolwich

(fondata nel 1741).


il

Come
161
di

nobile esempio di obbedienza ricorder anche

famoso

2.

Obbedisco.
nel 1866 alla testa dei suoi

Giuseppe Garibaldi. Garibaldi


il

volontari aveva invaso

Trentino, e vi aveva condotta un'audace


al pari di altre, fu tuttavia la

campagna, che se non fortunata


erano

pi
gli

splendida manifestazione del suo genio militare. Al 24 luglio


Austriaci
si

ritirati fino

a Trento, e

il

comandante supremo

delle forze austriache nel Tirolo

annunciava
il

in

un ordine
si

del giorno

che essendo impossibile di difendere


alla difesa del

Tirolo italiano

ripiegava

Tirolo tedesco

il
il

generale Medici era gi a pochi

chilometri da Trento, quando

25 luglio fu annunziata una tre-

gua

di otto giorni.

Il

3 agosto la sospensione d' armi era prolungata di un' altra


il

settimana, e
dal generale

9 dello stesso mese


il

il

generale Garibaldi riceveva


:

La Marmora

seguente telegramma

Considerazioni

politiche esigono imperiosamente la conclusione dell' armistizio per


il

quale

si

richiede che tutte le nostre forze

si ritirino

dal Tirolo,

d'ordine del Re. Ella disporr quindi in


quattro antimeridiane di posdomani
1 1

modo che
le
IJ

per

le

ore

agosto

truppe da

lei di-

pendenti abbiano lasciato


dici

le frontiere
i

del Tirolo.

generale

Me-

ha dalla sua parte cominciato

movimenti.
il

Quale scossa abbia provato in quel momento

cuore dell'Eroe,

lo storico

Forse

le

pu indovinarlo, ma affermarlo con certezza non pu. vergogne immeritate di Custoza e di Lissa la Venezia
;

accettata

come una elemosina


le

dalle
il

mani

straniere

il

Trentino

perduto; Trieste abbandonata;

confine orientale d' Italia aperto

da tutte

parti;

tanto eroico fiore di

giovani vite inutilmente


di

sacrificato, tutto ci pass

come nembo

foschi
i

fantasmi sul-

r animo
alto,

di Garibaldi e vi suscit in

tumulto

pensieri da anni

soffocati dell'antica rivolta;

ma
si

al

tempo

stesso

un pensiero pi

uno

spettro pi terribile

lev contro lo stuolo delle

ma-

ligne tentazioni e le fug in

un

istante, Garibaldi

non

trad

nem-

[1613-1615]

Ubbidienza, fedelt, rispetto

467

meno

ai

pi intimi la sua interna tempesta; tranquillo prese la


egli stesso al

penna e rispose
Obbedisco.

La Marmora questa

sola parola:
la

con quell' ultima vittoria sopra s stesso chiuse

campagna.

(Guerzoni, Garibaldi, voi. II, pag. 462).


dispaccio spedito da Garibaldi in risposta al
:

Il testo del

La Mar-

mora

precisamente questo

Bezzecca, 9 agosto 1866.

Ho

ricevuto dispaccio 1072. Obbedisco.

Garibaldi.

La risposta dell' eroe bella nel suo laconismo, ma veramente non poteva essere diversa. Che cosa aveva egli da aggiungere?
Dei vani rimpianti, delle polemiche inopportune
?

Ma

la

vera ub;

bidienza non ammette discussioni, e neppure interrogazioni

lo dice

chiaramente

Dante

in

due passi

identici della

Divina Commedia :

161 3.

Vuoisi COS col, dove Ci che


si
{Inferno,

si

puote

vuole, e pi
e. Ili, v.

non dimandare.
95-96 e e.

V,

v. 23-24).

anche

il

Met asta sio

1614.

Il

merto d'ubbidir perde chi chiede

La ragion
e in questa faccenda
suiti,
i

del

comando.
{Catone,
a. I, se. 2).

il

non plus ultra era

stato trovato dai

Ge-

quali praticavano ed esigevano nel loro

ordine la ubbi-

dienza cieca,

1615. Perinde ac cadaver.

Ma

questa famosa quanto nefasta formola non fu un trovato dei

Gesuiti. L'inventore fu

Francesco d'Assisi; ed
Regola

Gesuiti

non

fecero che prenderla a prestito dalla


valsero, applicandola

di lui, e se

ne av-

con intera severit. - Vedi

la Vita altera di

Tommaso da
formola
si

Celano, leggenda III, 89, pag. 218. Alla lettera la trova pure nella Vita scritta da Bonaventura nel 1261,

VI, p. 758. (Vedi anche Thode, Franz von Assisi und die Anfnge der Kunst der Renaissance in Italien, pag. 40 e Mariano,
61 5. Proprio

come un cadavere.

468

Chi V ha detto?

[1616-1619]

Francesco d'Assisi ed
Antologia,

il

suo valore sociale presente, nella


334).

Nuova
a tro-

15 marzo 1896, pag.

Ma
varsi,

poich questa ubbidienza cos meccanica non

facile

per tanto vi ha chi pur di ottenerla dai suoi dipendenti

rinunzia a fare assegnamento sulla loro ragionevolezza e sul loro

amore, e preferisce contare soltanto sulla paura, a costo anche


di farsi odiare,

161 6.

Oderint

dum

metuant.
Officiis, lib.
I,

(Accius, Atreus, apud Ciceronem,


de
e. 28, v. 97).

che era detto favorito di Caligola (Svetonio, Vita Calig., 30);


e perci stiano
i

subordinati sempre a distanza, perch la consue-

tudine non abbia ad alterare quei sentimenti di rispetto del quale


chi vuole essere ubbidito
e'

non pu

fare a

meno. Anche per questo

una sentenza
7.

latina

161

Major

e longinquo reventia.
(Tacito, Annali,
lib.
I,

cap. 47).

la

quale per significa che molte cose e molte persone, vedute da

vicino,

perdono

di quella considerazione e di quella venerazione


si

che da lontano

prestava loro. Alla sentenza tacitiana potremo

avvicinare questa, la quale ha significato anche pi generale, cio

che

le

cose viste da vicino fanno minor effetto di quello che la


la

lontananza e

fama aveva prestato loro:

161 8.

Minuit praesentia famam.


(Claudiano, De
hello gildonico, v. 385).
ci
i

Quali siano

segni esteriori e visibili del rispetto


:

detto

da

Dante
1619.

nei versi

con parole e con mani e con cenni Reverenti mi f' le gambe e il ciglio.
(Purgatorio
e.
I,

v.

50-51).

cio facendolo inginocchiare

e abbassare

gli

occhi a terra; e

il

Monti
1616.
161
7.

imit la frase dantesca l dove scrisse:

Mi
La

odino,

ma mi

temano.

riverenza maggiore da lontano.

[1620-1623J

Ubbidienza^ fedelt^ rispetto

469

1620.

Tremanti

polsi e riverente il ciglio. (/ morte di Ugo Bassville, e. Ili, v. 21),


:

Citer in fine di questo paragrafo la bella quartina del Giusti

1621.

Sotto la gramola

Del pedagogo
Curvati, schiacciati,

Rompiti

al giogo.
(Gingillino, P.
I,

str. 5).

77.

Vestire

sona.

stata

sempre antica debolezza umana

di fare

maggiore attenche
alla

zione aU' apparenza che alla sostanza, pi

al vestito

per-

Un

noto poeta satirico aretino se ne lagnava come di un


:

vizio del secolo

1622.

Io son per pratica

Pur troppo istrutto, Che in questo secolo


L' abito tutto
(A.
!

GuADAGNOLi,

//

mio

abito).

ma

egli

calunniava

il

suo secolo com' vecchio costume, poich


1'

gi presso gli antichi e' era

uso di guardare troppo


:

alle vesti.

Ricordate

1'

antico dettato beffardo

1623.

Video barbam

et

pallium:
in

philosophum
IX,
2, 4),

nondum
nato da questo che
a
tali,
i

video.
(ERODE Attico,

Aulo Gellio,

filosofi antichi, e

coloro che la pretendevano


:

portavano barba irsuta e lunghissima, ed ampio pallio

ma

1623.

Vedo una barba

un

pallio,

ma

ancora non vedo

il

filosofo.

470

Chi l'ha detto?

[1624-1625]

barba non facit philosophum. Nello stesso ordine d' idee,


trebbe ricordare la frase assai pi recente:

si

po-

1624. Vestili

come

vuoi, fuggiranno sempre.


di

Vogliono che cosi dicesse Ferdinando I di Borbone, re


poli, al nipote, poi

Na-

Ferdinando
il

II,

quando questi giovanissimo,


era acquistata la

aveva pensato a rinnovare


erano ancora vive
il

vestiario dell' esercito borbonico, che


si

per molti malaugurati avvenimenti


fiacco
:

nomea
!

di

le

reminiscenze della rotta di Rieti


nulla, anzi
la

Dunque

vestito

non conta proprio

soverchia

ricercatezza ed effemminatezza sempre indizio di


e frivolo, se pure
siero di

animo piccolo
spiega
il

non d Marziale:

sospetto di peggio. Cosi

si

pen-

1625

Non bene

olet,

qui bene semper


(Epigrammi^
lib. II,

olet.

ep.

12, v. 4).

Egli stesso in altro de' suoi epigrammi


ripete
:

(lib.

VI, epigr. 55,

v. 5)

Malo quam bene


ed Ausonio pure
(epigr.

olere, nil olere,

125, v. 2):

Nec male

olere mihi nec bene olere placet.

Qualcosa di molto simile,


citai gi al n.

ma con

speciale riguardo alle donne,

380.

1625.

Non

sente di

buono

chi vuol sentir sempre di buono.

[1626-1628]

Virt, illibatezza, modestia

471

78.

Virt, illibatezza, modestia

Fu sempre
mino

nobile ufficio del poeta civile di spingere sul cam-

della virt

con

il

suo canto

e sopra tutte le altre di simil

genere, bellissime sono le parole di

Dante

1626.

Considerate la vostra semenza:


Fatti

non

foste a viver

come
e.

bruti,

Ma
E

per seguir virtute e conoscenza.


{Inferno,

XXVI,

v.

118-120).

veramente quale scopo ha

la vita?

Non

certo quello soltanto

di appagare gli istinti materiali del corpo:

1627. Oportet esse ut vivas,


dice
1*

non

vivere, ut edas.

ignoto autore dei Libri Rhetorici ad


o,

Herennium

(sia
altri)

esso
nel

Cicerone
lib.

come meglio

si

crede,

Cornificio, od

IV, cap. 28, 39; o anche Quintiliano {Inst, orat., lib. IX, cap 3 85): Non ut edam vivo, sed ut vivam edo. Le stesse
parole dice Isidorus Hispalensis nelle Origini (II, 21, 13),
la fonte

ma

comune di questa sentenza deve forse ricercarsi in una frase di Socrate conservataci da Macrobio, da Plutarco, da Diogene Laerzio (II, 34) e da altri.

con pi modesti intendimenti ammonisce Marziale che

1628.

Non
si

est vivere, sed valere vita.


{Epigr.,
lib.

VI, ep.

70, v.

15).

Quando

rinunziato ad ogni alto scopo della vita, che cosa

resta di essa ? Cosi

poco che non vale pi

la

pena

di vivere

1627. Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. 1628. La vita non sta nel vivere, ma nell' esser validi (ossia sani).

472

Chi

Vha

detto?

[1629-1631]

1629.

Summum

crede

nefas

animam

praeferre

[pudori,

Et propter vitam vivendi perdere


cosi nobilmente rimprovera

caussas.

Giovenale

{Satire,

Vili, v. 83-84)

coloro nei quali

l'

amore

della vita arriva fino

ad accettare inde-

corose transazioni con la propria coscienza.

la virt

che spinge
:

1'

uomo

a belle e nobili azioni, giusta

il

verso di

Lucano

1630

Stimulos dedit semula virtus.


{Farsalia,
lib. I, v. 128).

mirando a un grande

e generoso ideale, e senza preoccuparsi della


gli altri

lode o del premio con cui


Infatti

uomini potessero ricompensarlo.


le

troppo spesso succede che

persone

illustri

per virtuose e

grandi azioni o per dottrina ed intelligenza, dopo aver condotto

una

vita angustiata dall' avversit della fortuna, dalla indifferenza


ostilit dei

o anche dalla
il

contemporanei, solo dopo morti ricevono

riconoscimento dei loro meriti. Tale pur troppo l'andazzo del

secolo, che

1631.

Virt viva sprezziam, lodiamo estinta.


(Leopardi, Canzone
sorella Paolina).
nelle nozze della

Cosi scrive

il

poeta, volgendosi alla sorella, che


figli

l'

infelice fatni-

glia all' infelice Italia con nuovi

sta per accrescere, e le rac-

comanda

....A te nel petto sieda

Questa sovr' ogni cura.

Che

di fortuna amici

Non

crescano

tuoi
di

figli,
:

non

di vile

Timor gioco o

speme

onde
:

felici

Sarete detti nell' et futura

Poich (nefando stile Di schiatta ignava e finta) Virt viva sprezziam, lodiamo

estinta.

1629. Per turpissima cosa avrai l'anteporre la vita

all'

onore, e

pur di salvare

la vita,

perdere ogni ragione di vivere.

1630. L'emula virt lo stimol.

[132-1635]

Virt, illibatezza^ modestia

473

La quale ultima sentenza

imitata dalla oraziana:

Virtutem incolumem odimus, Sublatam ex oculis quserimus invidi.


(Odi, lib. Ili, carni. 24, v. 31-32).

Non
s'

nego che qualche volta


e,

il

fascino della virt e del merito

impone,

attraverso le traversie della lotta quotidiana per la

vita,

merito e virt hanno la loro ricompensa, in

modo

che

1632.

Palmam

qui meruit ferat.


classic,

che secondo l'Harbottle, Diet, of

quotations, tolto dai

Lusus

poetici del dott.

Jortin (Vili,

20,

Ad

Ventos).

Ma

pur

troppo questo accade assai raramente.

Meno
sere
il

male che per colui che sicuro di s e della rettitudine

delle sue azioni

rimangono

altri

conforti, e

uno

di questi

pu

es-

pensare col grande agitatore Genovese, che

1633.

Due

gioie concesse Iddio agli


:

uomini

liberi

sulla terra

il

plauso dei buoni, e la be-

stemmia dei

tristi!

(Gius. Mazzini,
voi.
I,

La Voce della Verit , negli Scritti editi ed inediti, Milano, 1861,


pag.
168).

Ma

per conservare tanta serenit di spirito di fronte agli attac-

chi dei malevoli, la

prima cosa necessaria

la tranquillit della

coscienza, e allora

l'

innocenza conculcata pu confidare che

1634

Difesa miglior, ch'usbergo e scudo,

E
e
il

la santa

innocenza

al petto
e.

ignudo.
Vili, ott. 41).
il

(Tasso, Gerusalemme liberata,

Tasso
:

cos

scrivendo ricordava senza dubbio

bel verso

dantesco

1635. Sotto l'osbergo del sentirsi pura.


(Dante, Inferno,
e.

XXVIII,

v. 117).

Dante medesimo
di dignit:

ha quest'

altra risposta

non meno

fiera e

piena

1632. Porti

la

palma chi l'ha meritata.

474

Chi V ha detto

[1636-1641]

1636.

Io son fatta da Dio, sua merc, tale

Che
e
il

la vostra miseria

non mi tange.
{Inferno,
e.

H,

v. 91-92).

Metastasio

nel Siroe

(a.

II,

se.

9)

1637.

Chi delitto non ha, rossor non sente,


(lib.

ovvero, come gi aveva detto Ovidio nei Fasti

IV,

v. 311)

1638. Conscia
Ecco
il

mens

recti

famae mendacia
:

risit.

linguaggio dell' innocenza

1639.

D'un pensiero, d'un accento Rea non son, n il fui giammai.


nella
a.
I,

come canta Amina


musica di
Bellini,

Sonnambula
se.

(parole di

Felice Romani,

11).

1640.

La

verginella simile alla rosa


la

Ch'in bel giardin su

nativa spina

Mentre sola e sicura si riposa, N gregge n pastor se le avvicina: L'aura soave e l'alba rugiadosa,
L' acqua, la terra al suo favor
s'

inchina

Gioveni vaghi e donne innamorate Amano averne e seni e tempie ornate.


(Ariosto, Orlando Furioso,
e.
I,

ott. 42).

Questa bellissima ottava dell'Ariosto, che imitata su Catullo, ode LXII, v. 39, mi fa tornare a memoria una citazione melo-

drammatica

1641.

Pura siccome un angelo.


{La Traviata, parole di F. Piave, musica di G. Verdi, a. II, se. 5).

1638.

La

coscienza retta

si

ride delle bugie della

fama

{ossia delle

mendaci

ciarle del pubblico).

[1642- 1 644]

Virt, illibatezza, modestia

475

Ricordisi per assonanza anche

il

verso di

Dante:

1642.
la

Puro e disposto a
:

salire alle stelle.


e.

(Purgatorio,

XXXIII,

v. 145).

sentenza biblica

1643.

Omnia munda mundis.


{Lett, di S.

Paolo a
(cap.

Tito, cap.

I,

v,

15).

che nei Promessi Spost del


cita cos a

Manzoni
il

Vili) Fra Cristoforo

proposito e con tanta efficacia allo scrupoloso Fra Fa-

zio

e pi calzantemente anche

seguente motto, che pu benisla sin:

simo essere adottato come impresa della purit e di cui

golarissima istoria merita di essere conosciuta. Il motto questo

1644. Potius mori

quam

fdari.

Giacomo
S.
fu

di

Portogallo,

creato cardinal diacono del titolo di

Maria in Portico nel 1456 a soli ventitr anni d'et, nel 1459 mandato, da papa Pio II, legato pontificio in Alemagna, quando
si

di passaggio per Firenze vi

ammal

mori

di

una malattia

bizzarra, difficile a spiegarsi qui, dovuta alla ostinata continenza,


e che meravigli assai
i

fiorentini di quel

tempo, poco abituati a

tanta virt. Gli

si

attribuisce

un motto

fdan, che potrebbe


lo confermasse
l'

essere sospettato

epitaffio inciso sul bel

Pohus mori quam come leggendario, se non sepolcro che Antonio Roseroico,

sellino fece per lui nella cappella di S.

S. Miniato al

corata

Giacomo alla chiesa di Monte presso Firenze, cappella sontuosamente deda Luca della Robbia. L'epitaffio dice:
Regia
stirps,

Jacobus nomen, Lusitana propago,

Insignis forma,

Cardineus

titulus,

summa pudicitia, morum nitor, optima


;

vita,

Ista fuere mihi

mors juvenem

rapuit.

Ne
Vixit a.

se poUueret maluit iste mori.

XXV.

m. XI.

d.

X.

obiit an. Sai.

MCCCCLIX.
quam
fdari, era

Vedi

il

Ciacconius, Vit et res gest pont, roman., to. II, col. 990.

Questo motto con leggiera variante, Malo mori

1643. Tutto puro per i puri. 1644. Piuttosto morire che contaminarsi.

476

Chi V ha detto?

[1645-1647]

di

Anna

di

Bretagna
Aragona,

anche di

altri,
il

per esempio re

Fer-

dinando
al

I di

re di Napoli,

quale,
gli si

avendo perdonato
era ribellato contro

Principe di Rossano, suo cognata, che

e che caduto prigione gli consigliavano di far morire,


chiarare, -

per di-

come narra

il

Giovio (Dialogo dell' imprese militari et

amorose, Vinezia,
siero di clemenza,
di letame,

1557, a pag. 22) - questo suo generoso penfigur

un Armellino circondato da un riparo

con un motto di sopra, Malo mori

quam foedari,

es-

sendo

la

propria natura dell' armellino di patire prima la morte

per fame e per sete che imbrattarsi, cercando di fuggire, di non


passar per lo brutto, per non macchiare
tezza della sua pretiosa pelle
giori particolari ripetuto
.
il

candore, e la puli-

lo stesso racconto

con mag-

dal Giannone nella Istoria civile del


cap. Ill, aggiungendo che
il

Regno di Napoli,
con quest' impresa

lib.

XXVII,

re

istitu

un nuovo ordine
all'

di cavalleria detto ap-

punto dell'Armellino.

Ma
(

per contrapposto, ecco, intorno

onest delle donne, due

delle solite scettiche sentenze del

Duca de La Rochefoucauld

CCCLXVII
Il

CCCLXVIII):
soient

1645.

y a peu d'honntes femmes qui ne


lasses

de leur mtier.

1646.

La

plupart des honntes femmes sont des

trsors cachs, qui

ne sont en sret que

parce qu*on ne les cherche pas.


che in qualche antica edizione
si

legge cosi trasformata:

Une

honnte femme est un trsor cach, celui qui


bien de s'en pas vanter.

l'a trouv, fait fort

La

frase:

1647.

Mentem

peccare,

non corpus;
(Tito Livio,

et,

unde conI,

silium abfuerit, culpam abesse.


Istorie, lib.
58, 9).

fu detta a proposito di Lucrezia

il

verso

1647.

La mente
zione,

pecca,

non

ci

non il corpo; e l dove manc l'intenpu essere colpa.

[1648- 1 650]

Virt,

illibatezza,

modestia

477

1648.
che
tiene
si

Benignamente d'umilt
trova in un sonetto di
pittura,

vestuta.

Dante

Vita Nova,

XXVI)

con-

una

eccellente nella sua concisione, della modestia,

virt accessoria

ma

inseparabile della purit.

79.

Vizi
1649.

Tempi

borgiani.
scritta

Questa frase notissima fu

da Giuseppe Garibaldi nel


della

869

a proposito degli scandalosi

aiFari

Rega

dell' attentato

Lobbia (16 giugno 1869). Una lettera del Generale al deputato Cristiano Lobbia, datata da Caprera il 22 giugno 1869, e che fu
pubblicata, prima nella

contiene questo periodo:

Riforma e poi da tutti i giornali Tempi - questi - borgiani!


la frase proverbiale,

italiani,

come
noto

sar altrimenti - cogli amici e protettori dei discendenti dei Borgia?

L'essere divenuta

molto

si

deve
il

al

pubblicista

YoRiCK (Pietro Coccoluto Ferrigni),


anche negli
scritti,

quale,

prendendola in burla, se ne servi a lungo, non solo nel parlare


familiare,

ma

e specialmente nelle

appendici
avida-

eh' egli scriveva regolarmente nella Nazione e che erano

mente

lette.
il

Ma
come

lamentarsi della corruttela dei tempi antico costume,

gi fu detto a pag.

113:

1650.

tempora, o mores!
(Cicerone,
Orfl/<o

cap. XI, 31; cap. I, 2; In

/ro Rege DeiotarOy Oratio J in Catilinai, Ver rem, cap. IV, 45).

cosi esclama in pi luoghi

anche Cicerone

(cfr.

VI, 3:
1650.

Ttiis verbis,

Cicero,

utendam

est: o

Seneca, Suasor., tempora! o m^-

tempi, o costnmi!

478

Chi l'ha detto?

[1651-1655]

res!
vizi

a rimpiangere le passate virt, e la


le

crescente marea dei

che saliva a corrompere anche

pi elevate classi della soalla classicit del soggetto:

ciet, o,

per dirla con frase pi adatta

1651.

....La

Suburra
il

Invade

Palatino....
(P.

CossA, Messalina,

a. Ili, se. 4).

Claudio che cosi esclama riconoscendo

alle vesti le cortigiane


si

della

Suburra {Subura, borgo della antica Roma, che


1'

stendeva

nella valle fra

Esquilino e

il

Quirinale, ed era pieno di taverne


al

e di luoghi infami) le quali

vengono

palazzo a denunziargli

le

dissolutezze della moglie Messalina; di quella Messalina che


volle in fatto di disonest restare da
tica,

non

meno

dell' altra

regina asia-

Semiramide,

la quale,

secondo

la frase di

Dante,

1652
(confronta

Libito

f' licito

in sua legge.
{Inferno,
e.

V,

v. 56).

col Si bet,

licet,

parole di
io);

Giulia a
di

Caracalla, in

Spartian., Caracalla, cap.


sciato
il

di quella Messalina, che

ha

la-

nome suo
:

turpe a indicare

una donna
da

perduti co-

stumi, una di quelle sciagurate nominate


nel verso

Dante medesimo
conio.
e.

1653

Q^i

^o^ s^^

femmine da
{Inferno,

XVIII,

v. 66).

Un

altro verso di

Dante, che

il

qui cade in acconcio, poich parla seguente:

di vizi e di gente viziosa,

1654. Ruffian', baratti e simile lordura.


(Inferno,
e.

XI,

v. 60).

Un
1655.
La

versetto del Pentateuco minaccia lo sdegno divino ai vio-

lenti nel

sangue

altrui

Vox

sanguinis....

clamt ad

me

de

terra.

(Genesi, cap. IV, v. 10).

stessa

immagine

ripetuta pure nella

Genesi,

XVIII, 20

XIX,
1655,

13, neir^^^. III, 7 e

XXII, 23

e nella Epist. di S. Gi-

La voce

del sangue \di tuo fratello\ grida a

me

dalla terra.

[1656-1659]

^^iz'^

479

corno,

V,

4.

Ne

trasse la

dommatica

scolastica la locuzione dei

peccati che gridari vendetta al cospetto di Dio, peccata clamantia,


di cui la definizione fu

compresa in due rozzi


sanguinis et

versi

mnemonici:

Clamitat ad

clum vox

sodomorum,

Vox oppressorum
La

viduae, pretium
:

famulorum.

sentenza del Salmista

1656.

Abyssus abyssum invocat.


(Salmo XLI, vers.
7).

avverte di ritrarsi a tempo dalla sdrucciolevole china del vizio,


in fondo alla quale
blica avverte che
si

apre

il

baratro

un* altra
il

sentenza bigiusto pecca,


:

nessuno
1'

infallibile,

che anche

ma

si

pente,

mentre

empio precipita sempre pi nel male

1657. Septies

enim cadet Justus, et resurget: impii autem comient in malum.


(Pf averti di Salomone, cap.

XXIV,

v. 16).

e un' altra con fine ironia

ammonisce come

sia

facile

rilevare e
i

biasimare

vizi altrui,

essendo pure indulgentissimi verso

propri

1658.

Quid autem vides festucam in oculo fratris tui, et trabem in oculo tuo non vides?
(Evang. di S. Matteo, cap. VII, S. Luca, cap. VI, v. 41).
v. 3

e sul

medesimo argomento abbiamo

il

giudizio ciceroniano:

1659. Est proprium stultitiae, aliorum vitia cernere, oblivisci suorum.


(Cicerone, Tuscul.
disput., lib. Ili, 30).

eppure nessuno pu dirsene immune. Citammo gi


versi di Terenzio
:

al n,

197

Homo sum, humant

nihil a

me alienum puto,

1656. L'abisso chiama l'abisso. 1657. Perocch sette volte cadr il giusto, e risorger: empii precipiteranno nel male. 1658. Perch vedi
1659.
il

ma

gli

fuscello nell'occhio
?

del

fratel

tuo, e

non

vedi la trave nel tuo occhio

da

stolti

il

vedere

vizi altrui, e dimenticare

propri.

48o

Chi V ha detto?

[1660-1664]

che qui nella loro accettazione volgare cadrebbero cos bene a


proposito, e aggiunger ora questi altri di

Orazio:
ille

1660.

Nam

vitiis

nemo

sine nascitur; optimus


{Satire, lib.
I,

Qui minimis urgetur.


per cui.... chi senza peccato, getti la
savio sarai se
ti

[est,
sat, 3, v. 68-69).

prima

pietra,

ma

pi

asterrai dal giudicare troppo severamente gli altri

per non essere alla tua volta giudicato:

1661. Nolite judicare, ut


(

non judicemini.
v.
1).

Vang, di S. Matteo, cap. VII,


di evitare ogni

C' pure una sentenza che ammonisce

esagera-

zione nel fuggire un vizio per non cadere nell' eccesso contrario,

ed espressa nel verso di Orazio

1662.

Dum vitant stulti


altro poeta classico ci
si

vitia, in

contraria currunt.
I,

(Satire, lib.

sat. 2, v. 24).

Un
alla

mostra

il

vizio trionfante che grazie


di virt, nel verso,

audacia e alla ipocrisia


:

ammanta

troppo

pessimista

1663.

....

Prosperum ac
il

felix scelus
fur ens,
a. II, v. 251-252).

Virtus vocatur.
(Seneca
tragico, Hercules

I poeti latini, a giustificare le oscenit sparse nel maggior nu-

mero

delle loro produzioni,

si

scusavano col dire che

al

poeta
i

permesso di dire cose

meno che

oneste, purch onesti siano

suoi costumi; o per dirla con le parole di

uno

di loro:

1664

Castum esse decet pium poetam Ipsum: versiculos nihil necesse est.
(Catullo, od. XVI,
v. 5-6).

1660. Perch nessuno nasce senza


1661.

vizi, e

ottimo colui che

travagliato dai pi leggeri.

Non
La

giudicate affine di

non

essere giudicati.
vizio,

1662. Gli
1663.

stolti,

mentre fuggono un
al

cadono nel contrario.


il

scelleratezza prosperosa e felice prende

nome

di virt.

1664. Conviene

poeta ch'egli stesso sia casto e pio,


tali

ma non

occorre che

siano

suoi versi.

[15-168]

Vizi

481

e la stessa sottigliezza ripeteva in lubricit:

Marziale, che

tutti

li

vinceva

1665. Lasciva est nobis pagina, vita proba est.


{Epigrammi,
lib. I,

epigr.

5, v. 8).

che Gius. Giov. Belli,

il

quale voleva farne

l'

epigrafe della sua

stupenda raccolta di sonetti in dialetto romanesco, mirabilmente


tradusse cos:

1666.

Scastagnmo ar
:

parla,

ma armo

dritto.

I notissimi versi

1667.

La

finzion del vizio


vizio ver declina
;

A A
sono
la

can, che lecca cenere.


gli fidar farina.
tutti gli scolaretti

Non

morale della favola, ben conosciuta da

degli asili d' infanzia, // fanciullo e il gatto, di

Luigi Fiacchi

detto

il

Clasio,
lasceremo

di Scarperia (1754-1825).
il

Non
rola

discorso dei vizi senza tener brevissima pafra essi,

anche di due minori

1668. Gola e- vanit,

due passioni che crescono

con
Ambrogio
era
il

gli anni.

Valentini, proprietario del Forno delle Grucce a Mi-

lano (cos chiamato perch nel luogo medesimo dove nel seicento
prestin di scansc, di cui
il

il

Manzoni

nei Promessi Sposi,

cap. XII, narra

saccheggio fatto dal popolo nella carestia del 1625)

mandava
zoni

la sera della vigilia di

Natale 1870 ad Alessandro Man-

un saggio

delle sue paste

con

la

seguente iscrizione:

Il

Alessandro Manzoni celebre Forno delle Grucce


vita ringiovanito

Ad

Di nuova

grata testimonianza
Il

presente saggio
offre

Devotamente
1665. Lascive sono
le

pagine ch'io

scrissi,

ma

la vita onesta.

1666. Pecchiamo nel parlare,


31

ma

righiamo

diritto.

Chi V ha detto?

[i668]

Il

Manzoni

rispose cos:

Al Forno delle Grucce Ricco oramai di nova fama propria

non bisognoso

di fasti genealogici

Alessandro Manzoni
Solleticalo voluttuosamente

Con un

vario e squisito saggio


e nella

Nella gola

vanit

Due

passioni che crescono con gli anni


i

Presenta

pi vivi e sinceri ringraziamenti

L'autografo conservasi esposto in un quadro nel Forno delle Grucce,

che ora in Piazza del


nuele, a sinistra, dove

Duomo
all'

per entrare sul Corso Vittorio


fatti

Ema-

epoca dei

narrati dal

Manzoni me-

desimo,

si

apriva la strada chiamata Corsia de' Servi.

PARTE SECONDA
80.
Frasi d'intercalare

comune

Nei molti paragrafi che precedono


gior

e che

contengono

il

magten-

numero

delle citazioni raccolte nel presente volume,

ho

tato di classificare e di aggruppare razionalmente tutte quelle frasi


le quali

racchiudono un pensiero ben determinato e concreto;


si

ma
sol-

troppe altre ce ne sono che

sogliono ripetere pi o

meno

a pro-

posito, senza cercare di trarne

nessun obiettivo morale,


o

ma

tanto

come

delle frasi fatte,

le quali allo scrittore

al parlatore

che se ne vale, risparmiano


chi legge

la fatica di crearne

una nuova, ed

in

od

ascolta risvegliano delle reminiscenze letterarie, prola

curando loro

gradevole impressione di essere quasi in paese di


le pre-

conoscenza. Queste citazioni incolore, che in fondo sono


ferite,

perch non danno


le

al discorso

un' intonazione sentenziosa e

grave come

altre,

saranno distribuite nei cinque paragrafi se-

guenti e traendo occasione da esse daremo qualche notizia degli


scrittori

che pi di frequente ricorrono in queste pagine, e che


riu-

sono meno conosciuti. In questo paragrafo cominceremo col


nire le frasi d' intercalare

comune, che formano

la categoria

pi

semplice e pi numerosa, distribuendole secondo la lingua e l'et


loro,

come

del resto far anche per le altre.

Principiamo dalle Sacre Carte, che potrebbero dare un larghis-

simo contributo di frasi fatte, delle quali per


che scegliere
le

altro

non faremo

pi ripetute.

1669. Di^itque Deus: Fiat lux.

Et

facta est lux.


I,

(Genesi, cap.

v. 3).

1669.

disse Iddio: Sia fatta la luce.

la

luce fu.

484

Chi

Vha

detto?

[1670-1677]

1670. {Suspice clum,

et)

Numera

Stellas, si potes.
5).

{Genesi, cap. XV", v.

67

1.

Laudate eum \poniimmi\ in cymbalis benesonantibus.


^^^,^^^

cl,

v. 5).

1672.

Mane Thecal
le

Phares.

^^^^^.^^^^

^^^ ^^ ^
al

25^

Queste sono

parole che apparvero fiammeggianti

convito di

Baldassarre, re di Caldea, e racchiudevano la profezia della rovina


di lui
;

si

usano per antonomasia a indicare ogni avvertimento


(di cui

oscuro e minaccioso. L' etimologia esatta di queste parole


la

vera lezione secondo

il

Sacro Testo Mene, Tecel, Upharsin)

non
to.

ancora stata fissata dagli orientalisti.

Vedansi su questo

soggetto gli articoli di Clermont-Ganneau nel Journ, Asiatiqtie,

Vili,

1886, pag. 36; di Th. Nldeke nella Zeitschrift

fr

Assyriologie, I.

Bd, 1886, pag. 414, e di G. Hoffmann Zeitschrift medesima, II. Bd, 1887, pag. 45.

nella

1673.
1674.

Ecce homo.

(^vangelo di S. Giovanni, cap.

XIX,

v. 5).

Consummatum

est.
{Vang, di S. Giov., cap.

XIX

v. 30).

1675. Noli
Di
che

me

tangere.

^^^. ^^^

^^

^^^

citazioni greche in questo paragrafo

non ho da
:

registrare

la frase

proverbiale che in latino suona

1676. Relata refero.


e

che secondo

il

Bchmann {Ge.

Worte, ed.
di

trae origine

da un passo delle Istorie

Erodoto

1898, pag. 344) (VII, 152); il

1677.

Quod

erat
il

demonstrandum

f'OTiep Set ec^at).

1670. Guarda 1671. Lodate


1674. Tutto 1675.

cielo e conta le stelle,

se puoi.

il

Signore con

cembali bene sonanti.

1673. Ecco l'uomo.


finito.

Non mi

toccare.

1676. Ripeto cose a

me

narrate.

1677. Quel che era da dimostrarsi.

678-1680]

Frasi d^ intercalare Comune

485

eh' la formola con la quale finiscono la maggior parte delle di-

mostrazioni dei teoremi di

Euclide

e finalmente

il

notissimo

1678.

Eureka

(Eupyjxa).

di cui la leggenda narra

gridasse,

che Archimede (a. 287-212 av. C.) cosi quando improvvisamente, mentre stava nel bagno, intra-

vide la soluzione del problema propostogli da Gerone II re di Siracusa (che regn dal 269 al 215 av. C.) cio la vera composizione
metallica di una corona d' oro

non purissimo
il

indovinando quella
di

legge fondamentale d' idrostatica che porta

nome

Archimede.
si

Quindi fuori di s dalla contentezza, balz fuori del bagno, e


die a correre ignudo per la citt
in

sempre gridando Etireka. Vedi


proposito di Archimede, posso

ViTRUVio,
anche
il

lib.

IX, cap.

3.

citare

1679. Noli turbare circulos meos.


o,

come

altri

riportano. Noli, ohsecro, istum disturbare, che la


al

risposta data dal matematico siracusano

soldato
lo

romano che

nell'espugnazione di Siracusa

(a.

212 av. C.)

sorprese tutto

assorto nei suoi calcoli geometrici, e


risposta,
l'

uccise.

non potendone avere altra Vedi Valerio Massimo, lib. VIII, cap. 7, 7.
se

Dimenticavo un'
origine,
il

altra citazione,
:

non

greca,

almeno

di

greca

motto
{p

1680.

Nec

Non) plus

ultra.
la iscrizione

che sarebbe, secondo

la tradizione,

posta sulle col

lonne che Ercole alz in Calpe e in Abila per indicare che


erano
i

confini del

mondo. Di queste Colonne


scrittori,

d' Ercole parlano

variamente molti antichi

con maggior diffusione Straessi

bone e Diodoro Siculo,

ma

nessuno di

accenna all'iscrizione.
si

La

pi antica menzione delle Colonne d'Ercole


in pi luoghi le

trova in Pin-

daro, che
zione non
V.

nomina, e

in alcuni

veramente accenna
dell'iscri-

che a ninno era concesso di andare


si fa

oltre,

ma

anche qui
;

parola ( O/zw/., od. III, v. 79-81


si

Nemea, od.
una

Ili,

35-37; od. IV, V. 1X2). Probabilmente

tratta di

tradi-

1678.
1679. 1680.

Ho
Non Non

trovato.

guastare

miei circoli.

pi oltre.

486

Chi

Vha

detto?

[1681-1685]

zione posteriore
torf.,
1

(cfr.

Schwartz, Diss, de Cohimnis Herculis, Alne trasse felicemente


il

749).

Carlo V
le
i

motto ad una
le

delle sue

imprese, due colonne avvinte da una fascia che porta


ultra; dappoich

parole Phis

navi di Spagna, guidate dal glorioso Genovese,


confini del

avevano valicato

mondo

conosciuto dagli antichi ed

esteso nell'altro emisfero la dominazione di Spagna.

In numero assai maggiore sono

le citazioni

da autori
di

latini,
(a.

in primo luogo quelle dagli immortali av.


1

poemi

Virgilio

70

C.-19

d.

C). Le seguenti appartengono

sX^C Eneide :

68 1 Tantae molis erat Romanam condere gentem.


(Eneide,
lib. I, v.

33).

1682.

Meminisse juvabit.
lib.

Dal verso 203 del

....Forsan et haec olim meminisse juvabit.


imitato da

un luogo l^ Odissea
la

di

Omero

(lib.

XII,

v.

212).

La
la

eroica Eleonora Fonseca Pimentel, udita con fermo

animo
la li-

sentenza che

condannava a morte per aver sognata


il

bert d'Italia, mentre saliva al patibolo alzato


nel luogo istesso dove gi per Corradino di
disse che
il

20 agosto I799

Svevia, altro non

mesto verso virgiliano

Forsan, ecc. (Coco, Saggio

5*^)

storico sulla rivoluzione di Napoli,

1683. Per varios casus, per tot discrimina rerum,


(Eneide,
lib. I, v. 204).

1684.

Quaeque ipse miserrima vidi

Et quorum pars magna


Enea che

fui.
(lib.

II, V. 5-6).

cos parla di s e delle sventure d'Ilio.

1685.

Jam proximus
Ucalegon.

ardet
(Hb.ii, v. 311312).

1681. Di tanto

momento

era

il

fondare

il

popolo di Roma.

1682. Sar bene ricordarsene.

1683. Attraverso varie avventure, e tante vicende di cose. 1684. Le quali miserrime cose io stesso vidi e in cui ebbi gran
parte.

1685. Gi ardono

le vicine

case di Ucalegonte.

[ 1 686- 1 693]

Frasi d'intercalare comune

487

1686.

Maneat nostros ea cura nepotes.


(lib. Ili, V. 505).

1687.

Viresque acquirit eundo.


(lib.

IV,

V.

175).

ed detto della Fama. Si suole citare anche sotto forma inesatta:

(Fama) crescia enndo.

1688.

Procul o! procul este profani.


(lib.

VI,

V. 258).

1689.

Manibus date

lilia

plenis.
(lib.

VI,

V. 884).

Si trova nella

commovente evocazione
(Purgatorio,
e.

di Marcello

ed pure

ri-

petuto in

Dante

XXX,

v. 21) che per farne

un

endecasillabo vi aggiunse

un

Manibus

o date lilia plenis.

La

frase

1690.

Me, me (adsum qui

feci) in

me
(lib.

convertite

O
sta nel pietoso

Rutuli.
episodio di Niso ed Furialo. Dagli
:

[ferrum
IX, V. 427-428).
altri

poemi

virgiliani tolgo le seguenti

1691. Claudite jam rivos, pueri: sat prata biberunt.


(Egloga
III, V.

ili).

1692.

Arcades ambo.
il

emistichio virgiliano da!^ Egloga VII, v. 4;

verso intiero suona:

Ambo
1693

florentes aetatibus,

Arcades ambo.

Numero deus impare

gaudet.
{Egloga Vili,
V. 75).

1686. Resti tale cura ai nostri nipoti. 1687.

acquista vigore nell'andare.


!

1688. Lungi, lungi, o profani 1689. Date


gigli a

piene mani.

1690. Su me, su me, su


Rutoli.

me
i

solo che

il

feci,

volgete

il

ferro,

1691. Chiudete, fanciulli,


prati.

rigagnoli: gi bevvero abbastanza

1692. Arcadi entrambi.


1693. Gli di
si

compiacciono dei numeri dispari.

488

Chi l'ha detto?

[1694-1701]

Da Orazio
poche
frasi

(a.

65-8 av. C.) abbiamo finora spigolato molto, e


questi ultimi paragrafi, per esempio
:

mi restano per

1694.

Odi profanum vulgus, Favete linguis.

et arceo.
od.
1,

{.Odi, lib. Ili,

V.

1-2).

1695.

Hoc

erat in votis.
(Satire, 3ib. II, sat.
6.

v.

I).

1696. Diruit, sedificat,

mutat quadrata rotundis.


{Efistole, lib.
I,

ep.

1,

v.

100).

1697.

Non

erat hic locus.

che una storpiatura del testo oraziano:

Sed nunc non

erat his locus.


(Arte poetica,
v. 19).

1698. 1699.

Multa

tulit,

fecitque puer, sudavit et

alsit.

(Arte poetica, v. 413).

Pulchre, bene, recte.


(Arte poetica,
v. 428).

1700. Sine ira et studio.


(Tacito, Armali,
lib. I,

cap.

1).

Le

parole di Giulio

Cesare:

1701. Veni, vidi, vici.


con
le quali egli

annunzi in una

lettera all'

amico Aminzio
(2

la

sua

sollecita vittoria su

Farnace presso Zela nel Ponto

av.

C),

ci

sono conservate da

Plutarco

agosto 47 nei Detti memorbili di


:

re e capitani, e anche da altri classici scrittori

ma

secondo SvE-

TONIO
del

nella Vita di Cesare ( 37) queste stesse parole in\ece erano

scritte in

una tavoletta recata nel trionfo

di Cesare

dopo

le

guerre

Ponto.
il

1694. Disprezzo

volgo dei profani, e lo scaccio. Tacete.


1

1695. Questo era fra

nostri voti.

1696. Demolisce, edifica, muta quel che quadro in rotondo. 1697.


1699.

Non
Da

era questo

il

luogo.

1698. Molto sofferse e fece da fanciullo, sud e s'intirizz.

bravo, bene, benissimo.

1700. Senza ira n malizia.

1701. Venni, vidi, vinsi.

[1702- 1 709]

Frasi d'intercalare conitene

489

Venendo
Alighieri,

agli autori
il

moderni, fermiamoci anzi tutto a

Dante

padre della nazionale letteratura. La Divina Com-

media

ci

d ancora un notevole contributo, bench gi ne abbiamo

citato in

abbondanza:

1702.

Io era tra color che son sospesi.


(Inferno,
e. I, v. 52).

Virgilio che parlando di s dice di essere nel

Limbo.

1703.

Non ragioniam

di lor, riia

guarda e passa.
e.

{Inferno,

Ili, v. 51).

1704
Lo
dice

Io fui sesto tra cotanto senno.


{Inferno,
e.

IV,

v.

102).

Dante

di s

quando

fu accolto nella schiera di

Omero,

Orazio, Ovidio,

Lucano e

Virgilio.

1705

S'io vegno, non rimango.


{Inferno,
e.

Vili,

v.

34).

Questa frase dantesca richiama

alla

memoria un aneddoto

della

vita dell'Alighieri, che potrebbe credersi traesse origine dalla frase


citata, se
il

significato

non

fosse affatto diverso.


all' si

Con

questa frase

infatti l'Alighieri

dice che se egli sceso


la novelletta

Inferno,

non intende
la

per di rimanerci, invece

che

narra

seguente.
i

Nella Vita di Dante di Giov. Boccaccio leggesi che volendo


fiorentini

mandarlo ambasciatore a Bonifazio Vili, mentre

egli era

col suo partito al reggimento della repubblica, Dante, alquanto

sopr' a s stesso, disse: Se io vo, chi 'imane? e se io rimango,

chi va? Quasi esso solo fosse colui che, tra


per cui tutti
gli altri

tutti, tutto valesse, e

valessono

Un

codice Magliab. del sec.

xv

attribuisce questo stesso

motto

al

duca Giovanni (Papanti, Dante

secondo la tradiz. e

novellatori, Livorno, 1873, pag.

ice 28,

n. 7).

1706.

Uomini fummo, ed

or

sem

fatti sterpi.
e.

{Inferno,

XIII, v. 37).

1707.
1708.

La

via lunga, e

il

cammino
(Inferno,
e.

malvagio. XXXIV, v. 95).

quindi uscimmo a riveder


(Inferno,
e.

le stelle.

XXXIV,
te
ti
e.

v. 139).

1709. Messo t'ho innanzi: omai per

ciba.
v. 25).

(Paradiso,

X,

490

Chi V ha detto?

[17 10-17 12]

17 10. Incipit

Vita Nova.
dell' Ali-

Queste parole trovansi nel principio della Vita Nuova

ghieri:

In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi


si

alla

quale poco
dice
:

potrebbe leggere,
Vita
;

si

trova

una rubrica,

la

quale

traslato a indicare

Nova ma si usano comunemente in senso mutamento radicale di cose, di stato, di vita. Da Francesco Petrarca (1304- 13 74) non trarremo ora che
incipit

il

noto verso
1.

171

Intendami chi

po', ch'i'
{Canzone in

m' intend' io.


di M. Laura, num. IX, Marsand. com.: Mai noti

ruita
il

secondo

vo' pi cantar com' io soleva; canz.

XI

secondo

il

Mestica;

v. 17).

che

fa

ragionevolmente parte di quella oscurissima canzone del

Petrarca, la quale tutta una concatenatura di proverbi, ovvero


sia frottola, in

gergo tanto avviluppato che non solo non se n'

trovata la chiave,

ma
Il

tuttora incerto

anche

il

soggetto

della

canzone medesima.

verso medesimo

si

trova testualmente ripe-

tuto dall'ARioSTO {Orlando Furioso,

e.

XLIII,

ott.

5).

Quest'ultimo poeta
versi

14 74- t 533)
:

ha pure

lasciato

fra

suoi

famoso

il

seguente

1712. Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo.


{Orlando furioso,
e.

XXVIII,

ott. 2).

L'Ariosto, chiedendo venia alle donne e a quanti hanno


in pregio,
l'

le

donne

se include nel suo in

poema

la lubrica istoria

narrata dal-

oste a

Rodomonte
la

dispregio

del gentil sesso, se ne scusa

dandone

colpa dell'invenzione a Turpino.

Un

Turpino, o Tyla'

pinus, pare certo che fosse arcivescovo di

Reims

tempi di Car-

lomagno, cio nella seconda met del secolo

vili, e nella

Chanson

de Roland compare come un prelato guerriero, valente pi nello


sterminare che nel convertire Saraceni:
di Carlo e di

ma

la

cronaca delle gesta


attribuita,

Orlando che a

lui dalla tradizione

invece posteriore almeno al secolo XI.

Qualche citazione di pi ce

la

dar im poeta, inferiore certadi lui,

mente

all'

Ariosto

ma

pi

popolare

Torquato Tasso

1710. Comincia

la vita

nuova.

[i7i3"i7i8]

Frasi d'intercalare comune

491

(1544- 1595), dal cui poema, la Gertisalemine liberata, traggo


seguenti versi
:

17 13

Nulla a tanto intercessor


fa grazia della vita
:

si

neghi.
(e. II,

Ott. 52).

Aladino che

a Olindo e Sofronia per le pre-

ghiere di Clorinda, e soggiunge

Siasi questa o giustizia,

Innocenti

li

assolvo, e rei

ovver perdono, li dono.

17 14. Io ver

Gerusalem, tu verso Egitto.


(e. II,

Ott. 94).

Cos disse Argante ad Alete nel separarsi da lui dopo


tuoso colloquio con Goffredo.

l'

infrut-

Ma

una reminiscenza

del

Pe-

trarca

il
:

quale nel sonetto

(comincia

XVII fra quelli sopra varj argomenti Quanto pi disiose V ali spando, ed il son. CVIII
da

nella novissima ediz. Mestica) scrisse:


I'

man manca,

e'

l' tratto. a forza,

tenne il camin dritto ed e' d'Amore scorto;

Egli in Jerusalem, ed io in Egitto.

17 15.

Sommessi

accenti, e tacite parole,


flebili sospiri.
(e.

Rotti singulti, e
17 16.

Ili, V. 6).

Diversi aspetti in

un confusi

e misti.
(e.

IV,

V.

5).

17 17.

La

conobbe; e rest senza voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!


vide, e la
(e.

XII,

Ott. 67).

cosi dipinto Tancredi

quando preparandosi a dar


acqua a chi col ferro uccise
e la riconosce per la

Vita con

1*

scioglie la visiera a Clorinda ferita,


si

donna

lungamente amata.

17 18.

mentre spunta l'un,

l'altro
(e.

matura.
XVI,
Ott. 10).

detto dei frutti che nascevano nel giardino incantato di Armida.

492

Chi V ha detto?

[1719-1721]

7 19.

Et ego

in Arcadia.
del pittore

scritto in

un quadro

modenese Bartolomeo ScheIl

DONI, o SCHIDONE (i57o?-i6i5).


galleria Sciarra
stori che

quadro, che era prima nella

Colonna

in

Roma,
lo
citato,

rappresenta due giovani pa-

tengono un teschio e
il

guardano attentamente
che fu
ripetuto

sotto

al teschio si legge

motto

da Nicola

Poussin
si

in

uno

dei suoi meravigliosi paesaggi, scrivendolo sopra


tela,

una tomba. Questa

che una fra

le migliori del

Pussino,

ammira oggi

al

Louvre, e una copia pi in piccolo nella pridi

vata galleria del

Duca

Devonshire
il

e riprodotta a bassorilievo

da Paolo Lemoyne adorna


renzo in Lucina di
Il

sepolcro che al Pussino medesimo


di S.

fu eretto dal Visconte di Chateaubriand nella chiesa

Lo-

Roma.
motto nel suo poemetto Les

Delille

cos tradusse questo

Jardins :

Et moi aussi

je fus pasteur

dans l'Arcadie.

Anche

molti letterati tedeschi,

come Wieland, Weisse, Herder,


lo

Schiller,

Merkel, Goethe, Hoffmann se

appropriarono, introdu-

cendolo nelle loro poesie o facendone l'epigrafe delle loro opere:


per maggiori ragguagli rimando
al libro del

Bchmann.
:

Da due
1720.
che sono

autori tragici moderni togliamo queste due citazioni

Dammi, dammi
le
(a.

quel ferro.
nella

parole che grida Elettra alla madre

tragedia

Agamennone dell'ALFiERi 1721.

V,

se.

6);

Lisandro, siedi, e libero m'esponi

Di Sparta amica od inimica


che sono del Monti,
nella

sensi.
(a.

tragedia Aristodemo

II,

se.

7).

a proposito della antica popolarit ^VC Aristodemo, gi ripetuil

tamente citato in queste pagine, cos argutamente scriveva


dott.

Cesare Musatti in un brioso articolo

Dal palcoscenico

alla

bocca del popolo,


1 aprile

pubblicato nel Mente e cuore di Trieste,

del

1896:

Dove
che

lascio
gli

il

Ben

ti

riveggo con piacer Li-

sandro

(a.

I, se. i)

esce

(al

popolano di Venezia) in tuono

17 19. Anch'io vissi in Arcadia.

[1722-1725]

Frasi d'intercalare comtine

'

493

di scherzo abbattendosi in

vede; e

il

S Palamede

(a.

un amico che da vario tempo non I, se. i) quando risponde su chec-

chessia in

modo

affermativo; tolti entrambi zV Aristodemo, cos

popolare che butarla in Ristodemo denota anche oggi prendere

una faccenda

sul serio,

anzi in tragico addirittura.


del

Ecco un verso abbastanza conosciuto

Leopardi

1722.

Non

SO se

il

riso o la piet prevale.


(La ginestra
il

fior del deserto).

ed econe un altro del

Manzoni

1723.

Ahi sventura! sventura!


(//
si

sventura!
II).

Conte di Carmagnola, coro nell'atto

a proposito del quale

narra un faceto caso.


fer

Quando

il

18 febl'

braio 1853 l'ungherese Libenyi

di coltello in

Vienna
l'

imsi

peratore

Francesco Giuseppe senza ucciderlo, perch


la sera stessa
il

arma

spunt sulla fibbia del collarino,


notizia a Milano,

che ne giunse

la

un intimo

del Manzoni,

Grossi se non m'in-

ganno, veniva in casa di

lui,

e lo avvertiva

con viso composto


all'

a gravit, che per Milano girava una satira allusiva


e di cui era ritenuto autore
il

attentato,
scritta

Manzoni medesimo, sapendosi


essa. Il

da

lui

certamente

la

prima met di

Manzoni, che evit


di
il

sempre brighe

politiche, si turb

non saperne
quale,

nulla,

e non poco, e protestando domandava maggiori particolari all' amico,

dopo

essersi fatto
soli

molto pregare, acconsent a recitare

la

satira....

che era di

due versi:

Ahi sventura! sventura! sventura!


Perch
e'

era

una

fibbia s dura

L'aneddoto narrato con qualche variet


secondo verso direbbe
:

di racconto (anche

il

Lo

colp nella parte

pi dura)

dal

com-

mend.

Giuriati nel suo recente

volume // Plagio, pag. 366.

1724. In tu tt' altre faccende affaccendato.


(Giusti, Sant'Ambrogio,
ott. 2*).

1725.

Non

posso,

non devo, non


il

voglio.
febbraio 1848,

sono parole di Pio IX,

quale

la sera dell' 11

mentre una dimostrazione popolare

sulla

piazza del Quirinale

chiedeva la costituzione, affacciatosi alla loggia che guarda sulla

494

Chi V ha detto?

[1726-1727]

piazza disse ad alta voce

Prima che

la

benedizione di Dio di-

scenda su di voi, su tutto lo stato, e lo ripeter ancora, su tutta

Italia, io vi

raccomando che

cuori siano concordi, e

le

do-

mande non

siano contrarie alla santit di questo stato della Chiesa ;


e certe
>>

e perci certe grida

domande,

io

non posso, non devo,


al fatto,

non voglio ammetterle.

Giuseppe Spada, che era presente

dice che queste ultime parole

furon pronunciate con tale vee-

menza
In

e tale concitamento di sdegno,

da lasciarne

tutti attoniti

e sbalorditi. {Storia della rivoluzione di


altra occasione
il

Roma, y di. II, pag. 47). Pontefice medesimo doveva pronunciare pail

role analoghe, che divennero anche pi famose, cio

1726.
che
si

Non

possumus.
1'

trova gi nella risposta data


gli

8 febbraio i860 da Pio

IX

Napoleone III che

aveva

scritto eccitandolo a cedere le

Ro-

magne

al re

Vittorio Emanuele; ed ripetuto nell'Enciclica del 19

successivo.

Ma
si

pare che fosse risposta consueta della Chiesa ogni

volta che

le

chiedeva cosa contraria

alle

sue tradizioni, poich

fama che cos rispondesse anche Clemente VII ad Enrico Vili


cfr.

d'Inghilterra:

pure con ^\ Atti degli Apostoli, cap. IV, v. 19.


disi.

1727.
era
l'

Adess

intercalare

meneghino del conte Giulio Belinzaghi,


due volte sindaco
di

finan-

ziere di vaglia, e per

Milano, dove era poil

polarissimo per la sua bonaria arguzia, e dove mor


sto

28 ago-

1892.
di lasciare
il

Prima
seria

campo

della letteratura italiana, faremo la

solita escursione nel

dominio del melodramma. La prima opera


il

composta da Gioachino Rossini fu

Tancredi, su libretto di

Gaetano Rossi, data alla Fenice di Venezia nel carnevale 18 13. Lo Stendhal (Henri Beyle) che si trovava allora a Venezia, cosi descrive l'entusiasmo destato nei veneziani da questa opera: On
peut juger du succs qu'eut cette uvre cleste Venise,
d'Italie
le

pays

o l'on juge

le

mieux de

la

beaut des chants. L'empe-

reur et roi Napolon et honor Venise de sa prsence, que son

1726.

Non

possiamo.

1727. Ora dico.

[i

728-1730]

Frasi d'intercalare comune

495

arrive n'y et pas


vraie fureur,
les arts.
le

distrait

de Rossini. C'tait une

folie,

une

comme
le

dit cette belle

langue italienne cre pour

Depuis

gondolier jusqu'au plus grand seigneur, tout

monde

rptait:

1728.

Ti rivedr, mi rivedrai.
(a.
l,

se. 5).

Au

tribunal o l'on plaide, les juges furent obligs d'impo-

ser silence l'auditoire, qui chantait

Ti rivedr
ceci est

un

fait

dont

j'ai

trouv des centaines de tmoins dans les


*

salons de

madame Benzoni.
la

{Vie de Rossini, eh.


:

I).

Quest' aria

medesima che comincia

Tu
e secondo Stendhal
le
.

che accendi

l'air

au monde qui peut-tre a jamais t

plus chant et en plus de lieux diffrents.

Si vuole che la

prima idea

di questa cantilena deliziosa fosse presa

da una

litania

greca che Rossini aveva sentito cantare a vespro nella chiesa di

una

delle isole della

Laguna, La chiamavano pure

l'

aria dei risi

per un piccolo aneddoto gastronomico che allora correva sulle boc-

che di
lo

tutti.

Rossini piaceva

il

riso

pochissimo cotto: cosicch

mettevano

al

fuoco quando egli sedeva a tavola, e dopo dieci

minuti lo servivano.
siero e si
il

Un

giorno Rossini entra in casa sopra penil

pone a scriver musica, mentre


la

cuoco mette sul fuoco


le

riso.

Era pronta
anche

minestra e

il

grande maestro scriveva

ultime note. Di essa pure noto (poco fra noi, molto all'estero,
lo cita
il

Bchmann)

il

verso

1729.
che
il

Di
primo

tanti palpiti.
prima strofa della cabaletta
finale.
i

della

Da

altre

due opere del cigno di Pesaro traggo

seguenti:

1730.

Numero

quindici, a

mano manca,
la

Quattro gradini, facciata bianca.


cosi indica Figaro al

Conte

di

Almaviva

sua bottega nei Bar-

biere di Siviglia,

il

capolavoro Rossiniano, soggiungendo che


fallo

L senza

mi

trover.

496

Chi V ha detto?

[i73i-i734]

Racconta Edmondo De Amicis


in

di averla ritrovata nel suo viaggio

Spagna
e

nella strada Francos,

che una delle principali di Sidi

viglia,

dove ora

una piccola bottega

mercante di panni.

Meno male
Il

che non assume

la responsabilit di

una affermazione

storica di tanta importanza!

{Spagna, ediz. 1873, P^g- 356). libretto del Barbiere di Siviglia , come ho avuto occasione

di notarlo altre volte, di

Cesare Sterbini romano,


moti

autore di un

altro libretto per Rossini, intitolato Torvaldo e Dorliska, e

padre

di quel Pietro che si distinse nei


letterato. Il

politici del '48 e '49 e

come

Barbiere fu rappresentato per


il

la

prima volta a

nel teatro di Torre Argentina per


il

carnevale dell' anno


l'

Roma 18 l, ma

titolo fu

mutato in quello

di

Almaviva, ossia

inutile precau-

zione,
biere,

per riguardo a Paisiello che aveva musicato un altro Bartolto esso pure dalla

commedia

di Beaumarchais.
il

1731.

Quella l'originai, questo


retti,

ritratto.
Iacopo Fer-

(Cenerentola, parole di
a. II, se. 6).

1732.
la

Io son ricco, e tu sei bella.

canzone della Nina gondoliera nell'opera comica L'Elisir


di

d'Amore, parole
se. i);

Felice Romani, musica


medesimo,
si

di Donizetti (a. II,

dove, alla

se. 3 dell'atto

trova pure

la frase:

1733.

Anche
dramma

questa da contar.
giocoso di
(a.

ma

era gi nel

Angelo Anelli,
II,
se.

L'Italiana
:

in Algeri, musica del Rossini

io).

versi

1734.

Il

suon dell'arpe angeliche

Intorno a
sono del Poliuto, tragedia
Donizetti
(a.

me

gi sento

lirica di 5).

Salv. Cammarano, musica

di

Ili,

se.

4 e

qui cade in acconcio dire qualche parola di quest'altro noil cui nome tante Cammarano nacque

tissimo librettista,
gine. Salvatore

volte tornato su queste pain Napoli nel 1801 e vi mor

nel 1852. Cominci nel 1834 ^ battere le

orme

del

Romani

scri-

vendo melodrammi per Donizetti, per Mercadante, per Verdi;


se
il

e
fu

Romani

fu poeta senza

temer confronti,

il

Cammarano

librettista

per eccellenza. Egli visse dei suoi versi, che componeva

[I735"738]

Frasi d' intercalare comtine

497

passeggiando sotto
al

il

colonnato di S. Francesco di Paola di fronte


la stanchezza, soleva

Palazzo Reale, dove, quando lo vincea

ap-

poggiarsi ad una di quelle colonne, cosi che una volta vi fu tro-

vato addormentato. Scrisse quarantotto


fu
il

libretti,

1'

ultimo dei quali

Troz'atore, che

malattia, che lo

non aveva ancora compiuto quando una penosa tormentava da molti mesi, e che poco tempo ap1'

presso lo condusse alla tomba,


cui fece dare
1'

obblig a tralasciare

il

lavoro,

ultima

mano

dal

suo

amico

Leone Emanuele
:

Bardare. Appunto
1735-

dal

Trovatore tolgo due citazioni

Un
Che

accento proferisti
a morir lo condann.
(a.
I.

SG. 5).

1736.

Di quella pira - l'orrendo fuoco Tutte le fibre - m' arse, avvamp


(a.

Ili, se. 6).

Passiamo

agli autori francesi

1737. Incidisin Scyllam, cupiens vitare


lib.

Charybdim
Alexaiidrets,

(GuALTiER DE LiLLE,
V,
V. 301).

Questo verso di un poeta neolatino del


che un antico adagio greco che gi
(Partniogr.
si

sec.

xiv non

in sostanza

ritrova in

Apostolio, XVI, 49

Grci, ed. Leutsch, II, pag. 672).

Non

star a

ri-

petere qui la leggenda mitologica di Scilla e di Cariddi, conservala

da Omero

ntW Odissea
stretto di

(lib.

XII,

v.

85-110) Cariddi un vortice

famoso nello

Messina, che forse nei tempi antichi era


i

veramente pericoloso per

naviganti,

ma

ora, modificatesi lenta-

mente

le

condizioni del fondo del mare, non pi che un gorgo


Scilla

innocente:
d' Italia.

una rupe

di

fronte a

Cariddi sulla

costa

1738.

Faciamus experimentum
pore)
vili.
il

in

anima

{p

cor-

tradizione

che

famoso umanista Marc' Antonio Mureto


Italia,

(1526- 158 5), fuggendo sotto povere vesti in

cadesse

am-

1737. Cadi in

Scilla,

cercando di evitare Cariddi.


(0

1738. Facciamo l'esperienza sopra un'anima


32

corpo) vile,

498

Chi

l'

ha detto?

739-1 74 1]

malato in un villaggio del Piemonte, e


strani medici,
i

si

trovasse alle mani di

quali tra loro dicevano, ritenendo che egli

non li comCui

prendesse: Faciamus experinienttini in anima


il

(o corpore) vili.

Mureto avrebbe

replicato con isdegno

Vilemne aniniam appel-

las

pro qua Christus non dedignatus


questa storiella, e
Infatti gli
1'

est inori?

Ho

voluto risalire
in forma al-

alle fonti di

ho trovata narrata

quanto diversa.
toire de

Eloges des hommes savans tirez de l'His-

M.

de Thou avec des additions

par Antoine
le

Teissier,

nella 2* parte,

cos raccontano nelle Additions alla vita del


sorti

Mu-

reto

Muret tant

de France, prit
htellerie.
les

chemin
il

d'Italie, et

tomba malade dans une


et qu'il a voit

Et comme

toit

mal vtu,
eux
vil

mauvaise mine,

mdecins qui

les traitoient le

prenant pour tout autre que pour ce qu'il

toit, dirent entre

parlant latin, qu'il falloit qu'ils fissent l'essai

sur ce

corps

d'un remde qu'ils n'avoient pas encore prouv. Faciamus expe-

rimentum
et

in corpore vili.

Muret connaissant

le

danger o

il

toit,
lit,

ds que les mdecins furent sortis de sa chambre, se leva du

ayant continu son chemin, se trouva guri de son mal par

la

seule crainte

du remde qui

lui

toit prpar. Il Teissier cita

come

fonte la Prosopographie ou description des personnes illus-

tres di

Antoine du Verdier
Ill,

(i*^

ediz.,

Lyon, 1589-1604), dove


il

infatti nel to.

pag. 2542-43, contenuto

medesimo

racil

conto.

La

tradizione aggiunge,

ma non
al

resulta provato,

che

Mureto
di

in quella circostanza fuggiva a


lo

una sentenza del Capitolo


rogo per
si

Tolosa del 1554 che


;

condannava

delitti

innomi-

nabili

e che

mentre

egli traversava le

Alpi e

metteva

al sicuro,

a Tolosa lo bruciavano in effigie, onde egli avrebbe detto di non

aver mai sofferto tanto freddo quanto nel tempo che lo bruciavano.

1739.

Revenons nos moutons.


un
giudice in un' antica farsa francese intitolata

detto da

Mai-

stre Pierre Pathelin.

1740.

Le

plus ne des trois n'est pas celui qu'on


(La.

pense.
1741.

il

fontaine,

Fables,
fils

lib. Ill, fabl.

Le meunier, son

et l'ne).

C'est la faute de Voltaire.


una canzonetta francese
assai in

ritornello di

voga sotto

la

Restaurazione, Si trattava della rovina finanziaria del colonnello

[i

742-1 745]

frasi d' intercalare comune

499

Touquet,

la cui popolarit

ebbe

fine in

un

fallimento, e

il

falli-

mento

in

una canzone:
S'il

tombe dans

le

ruisseau,
:

C'est la faute de Rousseau Et si le voil par terre, C'est la faute de Voltaire.

1742. C'est le

commencement de
Talleyrand,
i

la fin.
1'

attribuito al ministro
ziato
o,

il 1

quale

avrebbe pronun-

quando Napoleone ebbe a subire


altri,

primi disastri in Spagna,

secondo

durante

Cento Giorni.
nella

Ma

non bisogna dimensc. i)


is

ticare che gi
scrisse,

Shakespeare

Midsummer Night (act. V,


That

bench in senso

affatto diverso:

the trtie begin-

ning of our end. All' illustre biamo anche le due notissime


1

tragico inglese or ora citato dobfrasi

seguenti:
!

743.

Something
(a.

is

rotten in the state of Denmark


e

\V Hamlet

I,

sc.

4);

1744.
cisamente cosi:

Last, not least.


(a.

che detto da Antonio nel Giulio Cesare

Ili, se. i), e pi pre-

Tho'
e anche nel
least

last,

not least in love.


se.
i):

King Lear

(atto I,

Although the

last,

not

1745. Instauratio facienda ab imis fundamentis.


deriva dalla grande opera, rimasta incompiuta, di

Francis Ba-

con, barone
ratio

di

Verulam
la

(1561-1626), intitolata appunto Instatil'

magna, con

quale

autore intendeva ricostruire novamente

l'edificio di tutto lo scibile,


aristotelici.

demolendo
parte
i

pregiudizi scolastici ed
trattati

Di quest'opera fanno
il 1'

augmentis scientiarum e

De Novum Organon; ma
autore dice
:

dignitate et
nella intro-

duzione generale all'opera che

Fiat scientiarum et

artium, atque omnis humauce doctrinae, in universum instauratio,

debitis excitata

fundamentis.

Il

motto, nella forma citata pi

1743. C' del putrido in Danimarca! 1744. Ultimo, ma non infimo.


1

745.

La rinnovazione va

fatta dai

primi fondamenti.

50O

Chi l'ha detto?

[l

746-1749]

sopra, fu noto specialmente

come

epigrafe del giornale

La Ri-

forma, fondato

dall' on.

Crispi a Firenze nel

1867.

1746.

il

il

seguito verr.

ritornello della

canzone di Pietro, principe di Palermo, nella

geniale operetta Boccaccio, musica di Francesco de Supp, parole


di

F. Zell e R. Gene, atto


:

II.

L' originale tedesco dice natu-

ralmente

Die Fortsetzung

folgt,

Ja, die Fortsetzung folgt.

chiuder
:

il

capitolo con

una citazione che cade veramente a

proposito

1747. J'en passe et des meilleurs.


(Victor Hugo, Emani,
a. Ili, se.

6).

81.
Modi proverbiali
e similitudini

Ecco un mazzo, abbastanza ben guarnito,


tudini,

di immagini, simili-

derni.

modi proverbiali Le presento con

tolti dai
1'

pi noti scrittori antichi e

monel

ordine medesimo che

ho adottato

precedente paragrafo.

1748. Quasi

Nemrod

robustus venator coram Do{Genesi, cap. X, v.


9).

mino.
che era, a quel che dice
ebrei.
la Bibbia,

proverbio comune presso

gli

1749. Dito di Dio.


Questa metafora ripetuta pi volte nella Bibbia, particolarmente
n.)^

Esodo, cap. VITI, v. 19 e nel Vang, di S. Luca, cap. XI,


20.

vers.

T748.

Come Nemrod

cacciatore robusto dinanzi al Signore.

[1750-175^]

Modi

proverbiali e similitudini

501

1750.

Quemadmodum
aquarum.

desiderai cervus ad fontes


(Saimo xli,
v.
i).

1751.

Notus
N'otis in

in Judsea. un salmo
biblico {Salmo

frase presa dal principio di


V.
i):

LXXV,

Juda Dens.
{Ecclesiastico, cap.

1752. Quasi oliva speciosa in campis.


XXIV,
v.
19).

La metafora
1753. Pietra dello scandalo.
tolta di pianta dalla Bibbia ove in pi luoghi ripetuta, per

esempio in

Isaia,

cap. Vili, v.

14

In lapidem autem
Israel.

offensio-

ms,

et in

petram scandali dubus domibtis

1754.

Vox

clamantis in deserto.
{Isaia, cap.
S.

XL,

v. 3.
I,

- Vang, di
v. 23).

Giovanni, cap.

1755. Si

mutare potest ^thiops pellem suam, aut pardus varietates suas: et vos poteritis
benefacere

cum

didiceritis

malum.
23).

{Geremia, cap. XIII, v.


COS dice Iddio per bocca del profeta agli Ebrei.

La

similitudine

contenuta nella prima parte del versetto era nota anche ai Greci.

1756.

Non

reliquetur hic lapis super lapidem qui


(

deStruatUr.
da cui nasce
ste parole
la frase

Vang. di S. Matteo, cap.

XXIV,

V. 2).

comune non

restar pietra sopra pietra.


altre:

Que-

sono qui precedute dalle

Amen

dico vobis (in

verit vi dico) che rcorrono

frequentissimamente niV Evangelo


le

1750.
1752.

Come

il

cervo desidera

fontane di acqua.

1751. Noto in Giudea.

1754.

Come un bell'olivo ne' campi. La voce di uno che chiama nel

deserto.

1755. Se pu l'etiope mutar sua pelle o il pardo la variet delle sue macchie, potrete voi pure far bene essendo avvezzi
al

male.
rester qui pietra sopra pietra senza essere sconvolta.

1756.

Non

502

Chi V ha detto?

[i

757-1761]

di Matteo;

ma

anche

V Evangelo di

Giovanili,

cap.

I,

v.

51:

Amen, amen

dico vohis, e cos in pi altri luoghi.

1757. Legio mihi

nomen

est,

quia multi sumus.


S.

{Evang. di
cos risponde a Cristo, che lo interroga
rito

Marco, cap. V,
si

v. 9).

come
di

chiami, lo spinel paese

maligno eh'

egli

ha cacciato dal corpo

un ossesso

de' Geraseni.

Vedi anche nel Vang, di

S. Luca, cap. Vili.

1758. Librum.... signatum sigillis septem.


{Apocalisse di S. Giovanni, cap. V,
v.
1).

1759. Vittorie di Pirro.


Questa frase deriva dalle parole dette da Pirro re di Epiro dopo
la battaglia di

Ascoli (anno di

Roma

474, av. C. 278) che


perdite

fin

con

la sconfitta dei
le parti,

Romani, non senza gravissime


ferito lo stesso re.
lui

da
al-

ambo

essendo

Per cui essendosi


egli

cuno congratulato con


che narrano

per

la vittoria,
il

rispose, secondo

gli storici e

anche

Freinshemio

nel lib. Ili dei


lib.

Supplementi Liviani (che


Tito Livio)
:

sta in luogo del

perduto

XIII

di

Si denuo

sic

vincendi sunt Romani, peribimits.

1760.

Ad

calendas graecas.
(SvETONio, Vita di Augusto,
87).

un

detto di

Augusto

divenuto proverbiale per denotare quelli


i

che non pagano mai, o non mantengono ninna promessa:

Greci,

come
dere

si sa,

non avevano calende

nei loro mesi.

intim in quattro versi


le

latini alla regina


i

Quando Filippo II Elisabetta di non difenreligiosa in Inghilterra,

Fiandre, di rialzare

conventi distrutti da Enrico Vili,

e di rendere al

papa

la

suprema autorit

dicesi che ella gli facesse rispondere cos:

Ad

gracas,

bone

rex,

fient

mandata calendas.

1761. Cicero pro


si

domo
dell'

sua.
la

usa proverbialmente a indicare chi difende con gran calore


orazione pro domo sua che

causa propria in ricordo

Cicerone

1757. Il mio nome Legione, perch siamo in molti. 1758. Libro chiuso con sette sigilli.

1760. Alle calende greche.


1761. Cicerone che parla per
la

propria casa.

[1762- 1 766]

Modi

proverbiali e similitudini

503

pronunzi innanzi
dell'anno 57 av.

al collegio dei Pontefici alla fine di

settembre

C,

chiedendo che

gli fosse restituita l'area della

casa che aveva sul Palatino, incendiatagli


crata alla
struirla.

dopo
il

1'

esilio, e

consa-

dea Libert, e che

gli fosse

dato

denaro per rico-

noto che anche di altre orazioni ciceroniane sono rimasti


i

famosi per antonomasia


rie; dalle

nomi, come
ci

le

Filippiche e

le

Catilina-

prime [Filipp. V, li)

viene anche

la frase:

1762.

Hannibal ante {non ad) portas.

che indica l'imminenza del pericolo.

1763.

Si parva licet

componere magnis.
lib.

(Virgilio, Georgiche,

IV,

v,

176).

Questo verso nel quale

il

poeta mette a paragone

lavori delle
altri

api con le fatiche dei Ciclopi,


della
classica
I,

ha riscontro con molti

luoghi

latinit,

anche con uno di Virgilio medesimo

{Egloga

V. 24): Parvis
lib.

componere magna. Vedasi anche

in

Ovi-

dio, Metam.,

V,

v.

416-17 {Si componere magnis parva mihi


I,

fas

est)

e Tristium, lib. I, ep. Ili, v. 25 e

V, 28; nonch un
prima

passo delle Istorie di


di questa locuzione.

Erodoto

(II,

io) che forse la fonte

Pure queste

altre

sono in Virgilio:

1764.

(Adparent) Rari nan tes in gurgite vasto.


{Eneide,
lib. I, v.

118).

1765.

Quantum mutatus ab
il

ilio.

Emistichio virgiliano;

periodo intiero cosi suona:


erat!
ilio

quantum mutatus ab Hectore, qui redit, exuvias indutus Achilli.


{Eneide,

Hei mihi! qualis

lib. Il, v.

274-275).

1766.

Telumque imbelle

sine ictu.
(Eneide,
lib. II, v.

544).

1762. Annibale davanti alle porte.

1763. Se si pu confrontare con si grandi cose quelle si piccole. 1764. Appariscono pochi che nuotano nell'ampio gorgo.
1765. Quanto mutato da quello (di prima). 1766. Arma imbelle senza forza.

504

Chi V ha detto?

[1767-1771]

1767.

Ab

OVO
(Orazio, Satire^
lib,
I,

Usque ad mala.
sat. 3, v. 6-7).

Era modo proverbiale comune presso i Romani nato


minciare
frutta.
il

dall'
le

uso di coaltre

pranzo con
nell'

le

uova, e di

finirlo

con

mele e

Del resto

uso anche

la frase

pi semplice

Ab

ovo

con riferimento a discorsi vanamente incominciati dalle pi lontane origini e che probabilmente deriva dall' oraziano
:

Nec gemino bellum Trojanum


1768.
Disjecti

orditur ab ovo.
{Arte poetica,
v.

147),

membra

poetae
lib. I, sat. 4,

(Orazio, Satire,

v. 62).

che dicesi di luoghi o


1

frasi

sparse tratte dall'opera di

un poeta

769.

Rara avis

in terris,

nigroque simillima cygno.


(Giovenale,
Satire, VI, v. 165).

Giovenale credeva di recare un esempio di cosa impossibile a trovarsi in natura, ricordando

un cigno nero, ma
Il

la scoperta del-

l'Australia gli dava

una smentita.

cigno nero degli antichi corsi cita

rispondeva

al

nostro merlo bianco che


a

comunemente come
e

esempio

di cosa difficilissima
il

incontrarsi

quasi incredibile.

Eppure anche
vesi,

merlo bianco, che un fenomeno di albinismo,

tutt' altro che raro, anzi

pu

dirsi

abbastanza frequente (Pa-

sempre
ser.

il

jnerlo bianco,

nei Rendiconti del


fase.

R.

Istittcto

Lombardo,

II, voi.

XXXVI,

V,

1903).

1770.

[Ego

t\

Intus et in cute novi.


(Persio, Satira
III, v. 30).

177

1.

Brillare per la propria assenza.


ed anche nella 2^ edi-

frase giustamente biasimata dai puristi,

zione del Lessico dell' infima e corrotta italianit, compilato da

P. Fanfani e C. Arila (Milano, 188 1, a pag. 56), detta


neobarbarico, ovvero della lingua dell' avvenire

modo

nondimeno ha

1767. Dalle ova fino


1768.

alle

mele.

Le membra

sparse del poeta.

1769. Uccello rarissimo sulla terra, quasi come un cigno nero.

1770. Ti conobbi dentro e fuori della pelle.

[1772-1775]

Modi

proverbiali e similitudin

5O5

origine classica. Infatti

Tacito

negli

Annali

(lib.

Ili, cap. ult.)

narrando dei funerali di Giunia, vedova di Cassio e sorella di


Bruto, pur esso morto, dice che innanzi
all'

urna

si

portarono

secondo
premorti
effigies

il
:

romano costume

ritratti degli

antenati e dei parenti

sed prftilgebant Cassius atqtie Bruhis, eo ipso, qtiod


il

eorum non visebantur, che


non
v' essere.

Da vangati

tradusse:

ma

quelle (imagini) di Bruto e di Cassio pi di tutte vi lampeggia-

vano
se.
i)

col

Lo Che nier

nella tragedia Tiberio

(a. I,

introdusse questo episodio, accostandosi di pi alla forma

presente della frase:

Devant l'urne funbre on

portait ses aeux

Entre tous les hros qui, prsents nos yeux. Provoquaient la douleur et la reconnaissance, Brutus et Cassius brillaient par leur absence.

Pu
il

vedersi a questo proposito la discussione che ebbe luogo fra

eh. filologo

comm. Costantino

Arlia e

1'

autore di questo vo-

lume, nel Supplemento al Lessico dell' infima e corrotta italianit,


dell'Arila stesso (Milano,
tivo di

1896), pag. 9, e nel Risveglio


e 5

Educadue
di-

Milano del

novembre, 21 novembre

dicembre 1896,
i

nam.

8,

12 e 16; polemica cortese che in fondo lasci

sputanti d'accordo

come

li

aveva trovati, poich

il

comm.

Arlia

sosteneva che la frase per quanto tacitiana, non era da usarsi in

buon

italiano

e questo

il

Fumagalli non aveva mai contestato.


:

Eccoci ancora a

Dante

1772.

Quali colombe dal desio chiamate, Con l'ali alzate e ferme, al dolce nido Vengon per Taere....
(Inferno,
e.

V,

v. 82-84).

1773. 1774.

Nuovi tormenti e nuovi tormentati.


(Inferno,
e.

VI,

v. 4).

Io credo ch'ei credette ch'io credesse.


(Inferno,
e.

XIII,
il

v. 25).

Bisticcio di parole creduto bello dagli antichi.

Anche

1775.

Raunar
Poi che

le

fronde sparte.

frase dantesca, tolta dal principio del canto


la carit del natio loco

XIV tW Inferno:

Mi

strinse, raunai le fronde sparte, renderle a colui eh' era gi fioco.

5o6

Chi V ha detto?

[1776-1781]

Ma Dante

parla in

senso proprio, non

metaforico;

\t

fi-onde

sparte sono quelle del cespuglio (nel II girone del cerchio VII)

dove imprigionata

1'

anima

di

un Fiorentino non nominato che


cio
s'

fece ghibhetto a s delle sue case,

impicc in casa sua.

1776.

Per

la contradizion

che noi consente.


(Inferno,
e.

XXVII,

v. 120).

1777.

Descriver fondo a tutto l'universo.


{Inferno,
e.

XXXII,

v. 8).

Questo verso, passato quasi


in

in proverbio, si ripete
il

comunemente
dire,
1'

un

significato che

non

suo, cio

come

se volesse

descrivere da cima a fondo e in lungo e in largo tutto

universo.

Anzi questa

falsa interpretazione avvalorata

da una lezione vi-

ziosa di alcune edizioni (p. es. quelle del Landino) che ne


fatto

hanno

questo verso cascante

Descriver tutto a fondo

1'

universo.
1'

Invece
l'

il

Poeta, che
il

si

accinge a descrivere
il

ultimo cerchio del-

Inferno, e
il

pozzo ghiacciato,

tristo buco,
il

che

il

fondo,

ossia

centro della terra, e quindi, secondo

sistema tolemaico,

di tutto

r tmiverso,

dice che questa

non

impresa da pigliare
e babbo, cio

a gabbo....

da lingua che chiami

mamma

non

impresa da

bambino. Vedi un bell'articolo di Francesco D'Ovi16 febbraio 1892, pa-

dio nella Biblioteca delle Sctiole italiane,

gine 145-149.

1778.

L dove

peccatori stanno freschi.


(Inferno,
e.

XXXII,

v.

117).

Da

questo verso che allude all'Antenora (secondo giro del cersi

chio nono),
fresco.

crede originata

la frase

proverbiale ironica. Star

1779
1780.

Come
La

il

pan per fame


'1

si
e.

manduca.
XXXII,
v. 127).

(Inferno,

noia e

mal

della passata via.


:

(Petrarca, Canzone in vita di M. Laura, num. IV, secondo il Marsand, comincia Nella station che H ciel rapido inchina;
canz.

dell' ediz.

Mestica;

v.

11).

1781. Col senno e con la

mano.

[1782-1786]

Modi

proverbiali e similitudini

507

frase entrata nell'

uso comune dopo che

il

Tasso

disse di Gof-

fredo che

Molto

egli

opr col senno e con

la

mano.
e.
I,

[Gerusalemme liberata,

ott.

1).

1782.
che

Il

gran nemico dell'umane genti.


(Gerusalemme liberata,
e.

IV,

ott. 1).

il

diavolo.

1783. 1784.

Il

rauco suon della tartarea tromba.


[Gerusalemme liberata,
e.

IV,

ott. 3).

Non

scese, no, precipit di sella.


{Gerusalemme
liberata,
e.

XIX,

ott.

104).

cosi fa

Erminia vedendo Tancredi giacere

al

suolo esangue.

1785. Scrittori di peso.


L'economista prof. G. B. Salvioni in certe sue ricerche su L'arte
della

stampa nel Veneto - La propriet

letteraria, pubblicate nel

Giornale degli Econo7nisti di Padova, voi. IV, 1876-77, accenna


incidentalmente alla possibilit che codesta frase traesse origine in

Venezia, emporio del commercio librario a tutto

il

sec. xviii, e

precisamente da una terminazione del 28 agosto 1764 presa dai

Riformatori dello Studio di Padova,


ristampe dei
libri

la

quale disponeva

che

le

comuni,

si

facessero in

buona
cit.,

carta, di peso

proporzionato alla qualit dei libri [Giorn.


dell* Estratto).

pag. 207; pag. 19


:

Ma

l'

ipotesi forse pi curiosa che esatta

scritil

tori di

peso non significa altro che scrittori di importanza, e


della parola peso

traslato

nel

significato

d* importanza,

in

bene e in male, assai pi sovente in bene, comune e antichissimo.

Dizionario del

Tommaseo

e Bellini cita in questo senso


I,

esempi del Pulci [Ciriffo Galvaneo,


a G, B. Strozzi), ecc.

24), del Chiabrera [Lettere

1786. Pochi e valenti,


Questo Torti, cui

come

versi di Torti.
sposi, cap.

(Manzoni, / Promessi
il

XXIX).

Manzoni

fa si beli' elogio (forse

pi giustifi-

cato dalla amicizia che dal merito reale), Giovanni Torti, nato

a Milano nel 1774, morto a

Genova

nel 1852, poeta gentile e fine,

non indegno

delle lodi di tant'

uomo.

508

Chi V ha detto?

787-1790]

1787.

Si guardai! sempre e

non

si

toccan mai.
I.

(Aleardi, Lettere a Maria,


quart' ultimo verso).

U invito,

Sono

due verdi

isolette vicine....

divise per grande abisso.

1788.

Vero Pandolfo.
il

Sapere o non sapere chi sia

vero Pandolfo; aver trovato

il

vero Pandolfo, sono frasi vivissime deli' uso toscano per significare
si

che

si

conosce o non
il

si
il

conosce, che
il

si

trovato o

non

trovato

responsabile,

colpevole,

vero autore di qualche

cosa. Dice l'Arla nelle Voci e maniere di lingua viva (Milano,

1895) psg 245, che

questa locuzione ebbe origine da una com-

media

di

Luigi Del

Buono dove due


si

col

nome

di

Pandolfo

{l'uno vero, l'altro falso)

contrastano circa a un' eredit

1789.

Largo
(//

al

factotum
citt.
di Cesare di Rossini, a. I, se. 2).

Della

Barbiere di Siviglia, parole

Sterbini, musica

come pure vanno

citati gli

altri versi

della

medesima

cantafera:

Tutti mi chiedono.

Tutti mi vogliono.
Dall' opera stessa, che forse la pi popolare del nostro teatro, traggo

anche

le frasi

seguenti:

1790.

Non

Che

son poi di quei babbioni si fanno infinocchiar.


(a. I, se.
8).

e dir qui per incidenza che questo vocabolo di hbbione

prende
molto

origine dal

nome

del protagonista di

una commedia
1*

latina

Medio Evo, e di cui Wright ha pubblicato un buon testo


conosciuta nel

erudito

nel

Thomas 1838. La Comedia Bainglese


xii.

hioms sembra

sia stata

composta verso

la fine del sec.

Ba-

bione, prete pagano, ammogliato, alleva con s una giovinetta sua


pupilla,

chiamata Viola, e
il

l'

ama

segretamente,
al

ma
la

trema dalla

paura che
bocconi

suo amore

sia scoperto,

punto che d dei buoni


sua passione,
questo

ai cani, in

presenza dei quali ha disfogato

perch non ne raccontino nulla. Per cui

la sciocchezza di

individuo pass in proverbio: e un dettato francese del cinque-

791-1792]

Modi

proverbiali e snlitudini

509

cento che

si

legge nel

Jardin de rcration
26) dice:

di

Goms de

Trier, e

conservatoci dal

Le Roux de Lincy

nel Livre des proverbes fran-

ais (2* ediz., to. II, pag.

Qui bale sans son Ressemble Babion.

1791.

Guarda Don Bartolo! Sembra una statua.


l'

neir opera medesima, nel famoso quartetto che chiude


(se.

atto I

14).

Se ne sovvenne
L*

il

Giusti, quando scriveva:

bindolo capo basso Parca Don Bartolo Fatto di sasso.


illustre

,^ (La -.r Vestizione,


,

str.

49).

,nv

1792.

il

Le

miserie

d'Mons Travet.
/862 per
la

titolo del

capolavoro drammatico di Vittorio Bersezio, scritto

da

lui in dialetto nel

compagnia piemontese di Gio-

vanni Toselli.
Si sa che
il

nome

del protagonista passato ormai in uso co-

mune
entrati

per indicare un impiegato; e travet, travetteria, ecc., sono

da quel tempo nel vocabolario

dell' uso.

Cosi

il

Bersezio

stesso raccontava le origini di questo

nome

in

una

bella pagina
il

autobiografica pubblicata nella Gazzetta del Popolo (vedi anche

Corriere illustrato della Domenica, n. 3, 30 ottobre 1898):

Se

credo di avere avuto nella mia vita un


razione,
si

quello in cui
felice

ho trovato

il

momento di felice nome Travet. Sono


alle

ispi-

per-

suaso che nel


ci

successo della commedia, per una buona met

ha conferito

la

convenienza del nome. Pensate


i

impalca-

ture che sostengono


forza maggiore
;

tetti.

Le grosse

travi appariscenti fanno la


le travette

ma

che potrebbero esse senza


a sorreggere le tegole
all'
?

che cor-

rono

dall'

una

all' altra

E
al

nessuno
le

lor bada,

e sono sempre

l,

intente

opera loro, e mentre

grosse travi,
farci la

ancorch

tarlate,

possono tuttavia rimanere


i

posto e

buona

figura, essi,
Il

travicelli, se

vengono a mancare, precipitano


sar
il

le tegole.

mio povero, buono, onesto impiegato,


amministrativo
>

Travet

dell' edificio

1792. Le miserie del signor Travetti.

Chi V ha detto?

[i793-i796]

1793.

il

Bagolameli tofotoscultura.
un
-vaudeville di

titolo di

Napoleone Brtanzi
La

che

fa parte

del repertorio della

compagnia milanese Ferravilla:

ma

tolto

dall'altro vatideville dello stesso repertorio:

statoa del sor In,

cioda di

Ferdinando Fontana. La

bagolamentofotoscultura

secondo

la definizione dell'illustre Toppiatti,

un'arte perduta cin-

quecentocinquantacinque anni prima


nel dare alle statue
il

dell' ra volgare, e consisteva

colore dei capelli, degli occhi e della car-

nagione.... ossia nel truccare delle persone vive in

credere ai minchioni solenni delle statue di

modo da farle marmo La parola


!

vivissima nell' uso moderno per indicare una mistificazione qua-

lunque. Quanto

all'

etimologia,

si

capisce facilmente

che bagola
che
la

in dialetto milanese significa

appunto chiacchiera,

ciarla, e

parola fotosctdtura

e'

messa per una ciarlataneria qualunque.


e'

Nello stesso vaudeville del Brianzi

1'

altra uscita

comica del

marmo
zio

che rientra, inventata dal nipote scultore per spiegare allo


le

Camola

boccaccie di

un busto

di Dante.... in

bagolamento-

fotoscultura.

1794. Cos

il

va

il

mondo, bimba mia.


in

titolo di

una commediola

due

atti

scritta

da Giacinto

Gallina
1795.

il

per la

Gemma

Cuniberti.

Mais O sont

les

neiges d'antan?

melanconico ritornello, diventato proverbio in Francia, di


gentile ballata di

una
la

Franois Villon (1431-1480),


significa
1'

intitolata

Ballade des dames du temps jadis. Antan, composto dalle pa-

role latine ante

annum,

anno passato

la frase les

neiges d'antan rimasta ora nell' uso per significare cose vecchie,

ormai passate.

1796.

Ad usum

Delphini.
serie di edizioni espurgate dei classici la-

fu detto di
tini,

una celebre

curate da Bossuet e

Huet per ordine

del

Duca

di Montausier,

nominato nel 1668 da Luigi

XIV

governatore del Gran Delfino,

padre del Duca di Borgogna, e avo di Luigi


che portavano tutte sul frontespizio
1796.

XV.

Queste edizioni,

la frase

ad tisum Delphini

Ad

uso del Delfino.

[1797- 1 Soi]

Modi

proverbiali e similitudini

51

(rimasta nell' uso a indicare ogni variante purgata e corretta di

un

testo libero) servirono all' istruzione classica di quel Principe, e

furono stampate pi volte a Parigi e altrove come


scuole.

testi adatti alle

1797.
fosse

Non

parce que, mais quoique.


sali il

un Borbone,

Duca d'Orlans

(Luigi Filippo) al trono

di Francia, cosi
l'

avrebbe risposto

Andr Dupin,
Luglio (1830) se

interrogato alil

inaugurarsi della monarchia di

nuovo

re

doveva chiamarsi Filippo VII.

1798. Fin de sicle.


\J Intermdiaire des chercheurs et curieux chiese poco tempo a chi
si

fa

dovesse

la

introduzione di questa frase che


cos

fa le

spese di
il

tutte le gazzette,

ed

vuota di senso: meno male che

cacol-

lendario
pevoli, o
i

1'

ha presso che

sotterrata

da quasi quattro anni. I


tali,

almeno coloro che tennero a denunziarsi come

erano

signori

MiCARD

de Jouvenot,

autori

di

una produzione
al

drammatica, intitolata Fin de Sicle, e rappresentata

Chteau-

d'Eau

il

17 aprile 1888.

1799.

il

Much

ado about nothing.


di

titolo,

divenuto proverbiale,

un dramma

di

Shakespeare,

come:

1800.

Krieg im Frieden.
una graziosissima commedia
di

quello di

G.

von Moser
col

e
ti-

Fr. von Schntan, entrata anche nel nostro repertorio


tolo di

Guerra in tempo di pace.

1801. Pia desideria.

il

titolo

di

un'operetta

di

Hermann Hugo,
1675.

gesuita

belga

(Antwerpen, 1627), donde

lo trasse Fil.

Giac. Spener per un

altro suo libro pubblicato nel

1799. Molto rumore per nulla. 1801. Pii desiderii.

512

Chi

Vha

detto?

[i

802-1 808]

82.'
Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

Un'

altra

serie

abbastanza ricca quella che comprende


apostrofi,

le

frasi di carattere personale,

invocazioni, imprecazioni,
1'

interrogazioni, ecc.

Non

poche ne troviamo nella Bibbia, come


{Genesi, cap.
al

1802. Ite ad Joseph.


che fu
la risposta del

XLI,

v. 55).

Faraone

popolo di Egitto affamato.

1803.

Vade

Satana.
si

o anche Vade retro Satana, come pi comunemente


di S, Matteo, cap. IV, v.

dice, che
(

tolto dal racconto della tentazione di Cristo nel deserto


io).

Vang,

1804.

Surge

et

ambula.
{Vang, di S. Matteo, cap. IX,
S.
v. 5;

Luca, cap. V,

v. 23).

disse

Ges

al paralitico.

1805. Compelle intrare.


(

Vang, di

S.

Luca, cap. XIV,

v. 23).

1806. Pater, peccavi in caelum et


1807. Crucifge, crucifige

coram

te.
v.
18).

{Vang, di S. Luca, cap.

XV,

eum.

{Vatig. di S. Luca, cap. XXIII, v. 21; Vaig. di S. Giovanni, cap. XIX, v. b).

1808. Sit anathema.


1802. Andate da Giuseppe. 1803. Vattene, Satana.
1804. Levati e cammina. 1805. Sforzagli ad entrare. 1806. Padre, ho peccato contro 1807. Crocifiggilo, crocifiggilo.

il

cielo e contro di te.

1808. Sia scomunicato.

[1809-18 1 2]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

513

Nella Prima lettera di S. Paolo ai Corinzi (cap.


si

XVI,

v.

22)

legge:

sit

non amat Dominum nostrum Jesum Christum, anathema, Maran-Atha, * le quali ultime parole, secondo la pi

Si quis

comune opinione, sono


sit

siriache, e significano: Il Signore viene,

cio a punire l'ostinazione degli increduli.

La formula Anathema
di

rimasta celebre per

Canoni del Concilio

Trento (1545-1563)
:

redatti tutti nella

forma del gi

citato versetto biblico, per es.

Si quis dixerit,

non

licere sacerdoti

celebranti se

ipsum com-

municate: anathema

sit.

1809. Saule, Saule, qui


Sono

me

persequeris?
4),

{Atli degli Apost., cap. IX, v.


le

parole del Signore a Saulo, persecutore dei Cristiani, che

miracolosamente convertito, col

nome
;

di e

Paolo divenne uno dei


poich
ci

pi ferventi apostoli della nuova fede


Saulo,

accadde a

cum appropinquarci Damasco,


si

rimasto

pure proverbiale

di dire di alcuno che

convertito

improvvisamente, che ha tro-

vato o che ha battuto la via di Damasco.

Una

sola frase

mi accade

di trovare nei classici greci:

18 10. BXaiia, Xaxxa!


che
il

festoso

grido

levato dai

diecimila

greci

di

Senofonte

quando
del

nella loro meravigliosa ritirata giunsero a vedere le rive


lib.

Ponto Eussino (Senofonte, Anabasi,


la

IV, cap.

7, 24).

Alcune ce ne d
che apre
1

la latina letteratura, quali la

famosa invettiva

prima Catilinaria

di

Cicerone:
Catilina, abutere patien-

81

Quousque tandem,
tia

nostra?
;

di cui

si

citano talora le due prime parole soltanto

le

ultime pa-

role dette

da Cesare riconoscendo Bruto


fili

fra

suoi uccisori:

181

2.

Tu quoque Brute

mi?
82).

(SvETONio, Vita di Cesare,

1809. Saulo, Saulo, perch mi perseguiti?


18 10.

181

1.

O E

mare, o mare!
fino a

quando, o

Catilina, abuserai della pazienza nostra?


figlio

18 12.
33

Anche

tu, Bruto,

mio?

514

Chi

Vha

detto?

[1813-1814]

e la frase volgare

1813. Ci rivedremo a Filippi.


sotto la qual forma suolsi ripetere

un detto

di cui

P origine

cos

narrata da

Plutarco
da Abido

nella Vita di Gitdio Cesare, 69. Cito la


:

versione italiana dell' Adriani

Bruto era
e

in atto di far passar


il

esercito

alla riva opposta,


al

posava, secondo

suo

costume, di notte, sotto

padiglione,

non dormendo, ma

all'av-

venire pensando: perch se fu mai capitano che poco dormisse,


egli fu desso, e per

sua natura dimorava vigilante

il

pi del tmpo
al

parveli sentire grande strepito alla porta, e


della lucerna vicina a spegnersi,

guardando

lume

vide

terribile

imagine d'

uomo

strano, grande e d'orribile aspetto.

Di che spaventato

in principio,

come vide poi non far male, n parlare, ma tacito starsi appresso Bruto, il ttio Sono, al letto, domand chi fusse. Costui rispose mal genio, e ini rivedrai appresso Filippi. [Il testo greco dice
:
:

=0

ac,

Bpouxs,

ai|JL(i)V

xaxc
:

4;et,

[Jis

Tispl,

^iXiuuov],

Replicando Bruto arditamente

Ben

ti

rivedr ; incontanente

disparve. Trovandosi poi Bruto a fronte schierato contro Antonio


e Cesare nella pianura di Filippi, .rimase vittorioso nella

prima
gli

battaglia

con mettere in fuga e cacciare

nimici,

e predare

alloggiamenti del giovane Cesare.

Ma

essendo poi ad altro tempo

presto ad appiccare la seconda zuffa, la notte avanti gli apparve


il

medesimo genio senza


si

far parola.

Onde compreso

l'

ora destinata

esser venuta,
taglia
:

gitt

impetuosamente ad ogni rischio della bat-

non cadde
rotta,

gi nel combattere,

ma

con

la

sua gente fug-

gendo in
giato
il

venne ad un luogo scosceso ed

alto, ove,
il
i

appogquale,
giorni

petto alla spada nudo, con

aiuto d'
la

un amico,

come

si

racconta, lo sospinse

sopra

punta, termin

suoi.

1814.

Surge carnifex.
gli storici

Di C. CiLNio Mecenate narrano


mite, e

che fosse di animo

che raccomandasse
all'

ad Augusto,

che aveva appoggiato


lo

nelle sue aspirazioni

impero e che molto


(cfr.

amava,

di starsene
8).

lontano dalla crudelt e dal sangue

Seneca, Epist., 114,

Questo rende verosimile l'aneddoto


18 14. Alzati, carnefice.

di lui conservatoci

da Dione

[i 8

5-1820]

Apostrofi, rwocazont, imprecazioni

515

Cassio
produco

{Hist, rom., lib.

LV,

cap.

7)

e dallo

storico bizantino
Csesaris).

Giorgio Cedreno {Comp,


il

histor.,

sub regno C.

Ri-

racconto con le parole di quest' ultimo nella versione

latina di Guill.

Xylander

(fra gli

Script, hist, hyzant.,


ei

ediz. di
vir

Parigi, 1647, pag. 171):

Charus

\_Augusto\ fuit

Mcenas,

sapiens: qui et primus rationem per notas scribendi reperit. Is

cum quodam
neque ipse ad
scripsit,
niecit.

die Caesar jus diceret,

multosque capite damnaret,


accedere posset, in scheda
in

eum

prae turba

hominum

Surge carni/ex: eamque signatam


lecta,

gremium

eius co-

Ea

Caesar surrexit, iussitque sententiarum latarum

si

a se executionem difFerri.

Alle precedenti
le

frasi,

di origine istorica,

possono aggiungere
:

seguenti puramente letterarie, una di Virgilio

181
e due di

Dii,

talem

terris avertite
{Eneide,

pestem!
lib. Ili, v. 620).

Orazio:

1816.

Mutato nomine da Fabula narratur.

te
I,

(Satire, lib.

sat.

I,

v. 69-70).

181

7.

Spectatum admissi risum teneatis amici?


(Arte poetica,
v. 5).

dopo

la

quale ovvio di citare quest'altra, di

Giovenale:

181 8. Difficile est satiram 18 19. Cujus vulturis

non

scribere.
(Satira
I,

v.

30).

hoc

erit cadaver? (Marziale, Epigr., lib. VI,

cp. 62).

che dicesi di chi faccia o debba a breve mora fare meritatamente

pessima

fine.

1820. Salutem et apostolicam benedictionem.


1815.
181

O
Se

Dei, allontanate dalla terra un tale flagello!

18 16. Sotto
7.

nome

diverso la favola di te parla.


tal

foste
risa,

ammessi a vedere (un o amici?

mostro), tratterreste le

1818.

quale avvoltoio toccher questo cadavere? 1819. 1820. Salute e apostolica benedizione.

difficile trattenersi dallo

scrivere satire.

5i6

Chi

Vha

detto?

[1821-1825]

la formula di salutazione con la quale

Pontefici sogliono, o soleil

vano, chiudere

le

loro bolle.

Sembra che

primo che l'usasse comu-

nemente fosse papa Costantino che sed


dal 708 al 715;

sulla cattedra di S. Pietro

ma non

divent abituale che nel secolo Xii.

Venendo

agli autori italiani, ecco

da prima

tre frasi

dantesche:

1821. 1822.
1823.

animai grazioso e benign.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v. 88).

Benedetta colei che in


Io

te s'incinse!
{Inferno,
e.

Vili,

v.

45).

non so chi tu sie, n per che modo Venuto se' quaggi.


(//., e.

xxxni,
:

V.

10-11).

quindi una frase nota nella storia

dell' arte italiana

1824. Piglia del legno e fanne


che
si

uno

tu.

usa tuttod in Toscana per rispondere a chi biasima una


il VaDona-

cosa che a noi paia che non possa farsi meglio. Racconta

sari nelle Vite de' pittori, e precisamente in quella

di

tello (Donato
egli fatto

di Betto di Bardo) scultore fiorentino, che

avendo
che

un

crocifisso di legno nella chiesa di S. Croce, e avenal

dolo mostrato
per
le

suo amicissimo Filippo Brunelleschi, questi

parole di Donato aspettava di vedere molto miglior cosa,


lo vide,

come
dica

sorrise alquanto. Donatello insiste perch gliene


il

il

parer suo, e

Brunellesco

gli

risponde che

gli

pareva che

avesse messo in croce un contadino, e non un corpo simile a Ges


Cristo. Donatello punto dal giudizio di Brunellesco ribatte:
cos facile fusse fare,

Se

come

giudicare,
;

il

mio Cristo

ti

parrebbe

Cristo, e

non un contadino
ancor tu.

per piglia del legno,


il

e
:

prova a
Brunel-

fame uno
lesco

noto

seguito dell' aneddoto

pone davvero mano a

fare

un

crocifisso,

lo

conduce a

somma
zione,
e a

perfezione senza farne motto a Donatello, cui lo mostra

improvvisamente. Donato, tutto pieno di stupore e di ammirasi


i

confessa vinto e dice:


contadini.

te

conceduto farei Cristi

me

Le
st'

biografie di

un

illustre

poeta del secolo xvi,


:

ci

danno que-

altra apostrofe canzonatoria

1825.

Dove

avete mai trovate tante fanfaluche?

[1825-1826]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

517

Narra

il

Baruffaldi
la

{Vita di

poco dopo che


e che subito
sitarlo
:

stampa

M. Lodovico Ariosto, ^^^ Orlando furioso fu


f'

p. 174) che

compiuta,

il

cardinale Ippolito

d'Este

ritorno in Ferrara

il

7 luglio
si

15 16,

come

a suo grande protettore l'Ariosto

rec a vi(il

allora fu, che per

quanto ne corre fama

si

lasci

Car:

dinale) sfuggire di bocca quella

veramente discortese espressione

Messer Lodovico, dove avete mai trovate tante fanfaluche ?


Cardinale era per proprio genio poco inclinato
rarie,
alle

Il

cose

lette-

e perci

poco

gli

caleva del poema, bench a lui dedicato,

tanto pi eh' egli aveva gi lasciato intendere all'Ariosto, fin da

quando questi lavorava intorno


assai

all'

Orlando, che sarebbegli stato

pi caro che avesse


prima

atteso a servirlo,

come

scrisse

il

figlio

Virginio Ariosto nelle Memorie, e lo conferm lo stesso Poeta


nella Satira
:

S'io l'ho con laude ne' miei versi messo.


Dice, eh' io
l'

ho

fatto a piacere,

e in ozio

Pi grato fora

essergli stato appresso.


affatto in disgrazia del

Pochi mesi dopo Messer Lodovico cadde

Cardinale: e questa fu la mercede delle sue fatiche.

1826. Fermatevi se potete.

comune
i

tradizione in Italia che cosi dicesse S. Fjlippo


dei quali

Neri

ai ragazzi,

amava
il

circondarsi e tollerava con grande pa-

zienza

giuochi rumorosi. I biografi del

Santo non registrano


specialmente quello

questa
di
l'

frase,

ma

tutto
si

popolo d'
la

Italia e

Roma,

in cui

viva

memoria
;

del Santo fondatore del-

Oratorio, la

danno come vera


lui,

e tale ce la fanno credere molte

altre cose

che leggiamo di

e che

sono altrettante riprove del


stupiva di

gran cuore di Filippo pei giovani. Per esempio sappiamo d' un

gentiluomo romano che, andando spesso dal Santo,


vedere attorno
alla

si

camera di

lui
;

una turba

di giovanetti che fa-

cevano un rumore intollerabile


sopportarlo.

e per gli chiese,


gli

E Filippo
^

con gran dolcezza

rispose: Purch

come potesse non


le

facciano peccati, volentierissimo sopporterei che

mi spaccassero

legna addosso.
cap. Vili).

(Capecelatro,

Vita di S. Filippo Neri, lib. II,


si

Le

parole di S. Filippo

ripetono oggi quasi a scu-

sare la irrequietezza dei ragazzi, che neppure


scito a tener fermi
:

un santo era
le disse,

riule

ma

certamente

il

Santo, se

non

5i8

Chi

Vha

detto?

[1827-1828]

disse in questo significato.

Veramente anche

oggi, presso
si

Ro-

mani

in particolar

modo,

il

ricordo di Filippo

conserva come

d'uomo
petono

santo

s,

ma

allegro, piacevole, festoso; e molti de' suoi


si

motti, pi o
le

meno

alterati,

ripetono di frequente, come


a'

si ri-

parole eh' egli soleva dire

suoi discepoli

1827. Figliuoli, state allegri.

Voglio che non

facciate peccati,

ma

che

stiate allegri.

Fran-

cesco Zazzera, suo discepolo, che attendeva allo studio delle leggi

con desiderio troppo vivo di onori e


zandolo dice
:

di lucri,

un giorno accarez;

Oh

beato

te

Tu

studi adesso

poi fatto dottore,


la

comincerai a guadagnar bene, menerai avanti

tua casa,

sarai

avvocato, e potresti un giorno entrare in prelatura.


a parlare di

seguit
:

non so quante

altre

grandezze ripetendo

di

continuo

Beato

te!

beato te! Poi, mentre Francesco


si

stava
e
gli

ad udirlo
dice nel-

un po'
1'

stupito,
:

volge improvvisamente a

lui,

orecchio

1828.

poi?
carit,

con tanto impeto di


nit delle cose
torio.

che lo Zazzera, meditando sulla vail

umane,

lasci

mondo
Due
la

si

fece

padre dell'Ora-

Queste stesse parole


:

E poi? ricorrevano
Sicilie,

spesso sulla bocca


di Sa-

di Filippo

e la pia regina delle

Maria Cristina

voia,

venerata come santa dopo

sua immatura morte (1836),

ne fece soggetto di
belli,
le

certi versi devoti,

pur troppo non altrettanto

da
:

lei

scritti in

un

libretto ascetico che spesso

aveva per

mani

Bench

io sia sana,
io

ricca e bella - e poi

E E E E E

possegga argento ed oro - e poi? che io comandi molti servi - e poi ? d'ingegno e saper sia sola -e poi? di fortuna in alto posta - e poi ?
che

che mille anni


si

Presto

il mondo goda - e poi muore, e nulla resta - e poi?

Servi a Dio solo, e tutto avrai dappoi.

Ma

assai pi singolare parr a noi,


di sapore

non

santi,

il

bizzarro complifare alle


la fede

mento,

veramente romanesco, che Filippo soleva

persone che pi amava:

Possa tu essere ammazzato.... per

[1829-1833]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

519

di

Ges

Cristo!

lo disse
lib.

una volta anche a papa Gregorio


II,

XIV

(Capecelatro, op.

cit.,

cap. XII).

1829.
fu
il

Ora

e sempre.
Italia,

motto della Giovine

societ segreta politica fondata


la

da Giuseppe Mazzini sul principio del 1832, come


simbolica era
il

pianta

cipresso, dal verde perenne.

Lo

si

trova anche

nella formula del giuramento da prestarsi dagli inscritti in quella


societ:

vedi

gli

Scritti editi e

inediti di

Giuseppe Mazzini,

voi. I, pag.
Il

119.
:

famoso

1830. Pentitf,

don Giovanni!

r ammonizione che la Statua del Commendatore fa al dissoluto don Giovanni Tenorio. In questa forma precisa si trova nel Convitato di Pietra, opera reggia

ed esemplare di GlAC. Andr. Cicoil

gnini, produzione popolarissima nei secoli xvii e xviii,


diffuso fra
i

pi

drammi

italiani
si

ispirati

alla

leggenda spagnuola di
di edizioni, in
nell' atto III,
;

don Giovanni,
se.

e di cui

hanno un gran numero

gran parte anonime, nei due secoli suindicati.


8,

che

la

Statua per pi volte dice a don Giovanni

Perititi,

don Giovanni.

Al

teatro italiano appartengono pure le frasi seguenti, di autori,


;

di tempi e di carattere assolutamente diversi, cio

1831.
che sono
del
le

Siam
parole di
(a.
I,

traditi,

o regina.
nella

Osmida a Didone
se.

Bidone abbandonata
il

Metastasio

16), e alle quali

popolo, che

le cita

spesso e volentieri, ha trovato delle varie lezioni non autorizzate,

come

Siam/) fritti, o regina, e anche peggio


(a.

le

parole di Di-

done a Jarba nel dramma medesimo

I,

se.

5):

1832. Siedi e favella.


e le parole di

Jarba nella medesima scena:

1833. Lascia pria ch'io favelli e poi rispondi.


la

maledizione di Virginio ad Appio nella tragedia


(a.

Virginia di

Vittorio Alfieri

V,

se.

4):

520

Chi V ha detto?

[1834-1839]

1834.

Con questo sangue


e la sdolcinata frase:

Agli infernali Dei il capo tuo consacro. d un bacio!


Uberto
fa alla

1835.

S^ indovini chi sono


di

ti

eh' lo scherzo di qtiasi ogni giorno che

moglie

Adele nel dramma


egli la ripete

P. Ferrari, // Suicidio. Nell'ultima scena


la

per guarire con una violenta emozione

demenza

di

lei.

Anteriori di tempo al Ferrari, - che molte volte ho ricordato


e di cui dir
stri

qui, che

fu

insigne

scrittore

tempi, nato a
il

Modena

nel 1822, e

drammatico dei nomorto a Milano nel 1889, i

sono

Giusti, del quale potremo ricordare

versi:

1836.

Eroi, eroi,

Che
che
il

fate voi

principio della saporitissima satira, // poeta e gli eroi


scritta
il

da poltrona,

1844; e

il

Prati,

di cui citer questi altri:

1837.

^3- sciagurato,

mi metti orrore;
(C^w^-/

Sei delatore

per

U popolo

- 11 delatore).

poich ho citato un' invettiva, ricordiamone un' altra celebre


il

negli annali parlamentari italiani,

1838. Vergognatevi
di

Luigi Miceli.

Il

compianto deputato di Cosenza

la disse in

piena
il

Camera

dei Deputati nella seduta del 1 febbraio


il

1887 dopo che

Presidente del Consiglio Depretis comunic

telegramma Gene,

da Massaua, che recava

le

prime notizie dei luttuosi combattimenti

di Saati e di Dogali. Altri sent Svergognati! Robilant, che era

ministro degli Esteri, mostr


gli urli,
le ingiurie

il

pugno

all'

Opposizione. Le grida,
il

furono incredibili. Se
la

presidente Bincheri

non avesse sospesa


sarebbero venuti

seduta, quel giorno alla

Camera

deputati

alle

mani, La parola di Miceli manca nel reso-

conto stenografico della seduta.

Del resto
ria
:

la vivacit del linguaggio dell'

onor. Miceli era notoi

ed pure sua un' altra frase passata in proverbio,

1839. Becchini della Monarchia.

[1840- 1 84 3]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

521

con

le

quali parole egli apostrof

un giorno

in

Parlamento

Mi-

nistri, eh' egli

chiamava responsabili degli

arresti di Villa Ruffi

e accusava di condurre con quei metodi di governo in rovina la


dinastia;

come

di

Alfredo Baccarini
le frasi francesi di
:

l'altra simile dei bi-

gotti della

Monarchia.
questo genere popolari
fra

Non
noi.

molte sono

Eccone una

di origine storica

1840. Pends-toi, brave Crillon

Una

nota di

narra di
scritto

Voltaire alla sua Henriade (eh. Vili, vers. 109) Enrico IV che dopo una delle sue molte vittorie avrebbe a quello fra i suoi valorosi eh' egli amava di pi, una breve
Pends-toi, brave Crillon:

lettera rimasta celebre:

nous avons

combattu Arques
vous aime

et tu

n'y tois pas. Adieu, brave Crillon, je

tort et travers.
il

Ma

anche qui

si

ripetuto
I,

il

caso medesimo che per

famoso motto di Francesco

Tout

est

perdu fors l'honneur. La lettera autentica stata ritrovata ed molto diversa: la si pu leggere stampata in pi libri, e ultimamente nel Four nier. L'esprit dans
1

l'histoire (eh.

XXXV).

84 1. Anne,

ma sur Anne,

ne vois-tu rien venir?


ultima infelice moglie di

domanda ripetutamente

alla sorella la

Barbebleue sul punto di esser uccisa, nel racconto di Charles

Perrault (1628-1703);

e Stir

Anne, qui ne

voit rien venir,

rimasta in proverbio in Francia, e anche fra noi, per indicare una

persona che aspetta a lungo e inutilmente.

Di Molire sono
sigliava,

le

due

frasi

seguenti

cio la prima, la
il

macon-

liziosa interruzione di Sganarello all' orefice Josse

quale

gli

per vincere

la

malinconia della

figlia,
:

di

comprarle un

ricco finimento di brillanti, rubini e smeraldi

1842.
e la

Vous

tes orfvre.

Monsieur

Josse.
a.
I,

{L'Ainour Mdecin,
si

se.

1).

ripete ogni volta che si


;

ode alcuno dare un consiglio in-

teressato

r
a.

altra,

il

monologo
9
:

di Giorgio

Dandin

nella

commedia

omonima,

I,

se.

1843.

Vous

l'avez voulu, vous l'avez voulu, George Dandin, vous l'avez voulu.

52 2

Chi V ha detto?

[1844-1849]

In Corneille, Hraclnis
rivolto da Leoatina a

(a.

IV,

se.

4)

troviamo

il

verso,

Foca

1844.
nella

Devine
di

si

tu

peux

et choisis si tu l'oses.

Fiammina

Marius Uchard (1824-1893):

1845. Merci de cette


e nel

bonne parole!
(a.

Rbagas

di

SardoU

Il,

se.

4):

1846. Si je savais

un mot plus cochon que

cochon,

je le choisirais.
Il grido,
s

popolare in Franeia, e per riflesso un poeo anche

fra noi,

1847. Il reviendra.
nacque
il

giorno che
il

il

generale Boulanger, pretendente sbagliato,


alla

dov abbandonare
gio 1887.

ministero della guerra


tra la folla

line
le

del

mag-

Esso rison
di

che accompagn

brav' general

con

deliri

entusiasmo
il

alla stazione di

Lione, quando partiva

per prendere

comando
il

del 13*' corpo

d'armata a Clermont-Fer-

rand; e fu anche

titolo di

musica

di L.
il

Gabillaud,
ritornello:

di cui

una canzone boulangiste, parole e i caff- concerti europei hanno

reso celebre
Il

reviendra,

quand

le

tambour

battra, etc.
il

Alla storia contemporanea francese appartiene anche

1848. J'accuse!...
che
della
il

titolo della

famosa

lettera di

Emilio Zola

al

presidente

Repubblica, Felice Faure, pubblicata dopo P assoluzione di

Esterhazy, n^VC Aurore, giornale di Parigi, del 13 gennaio 1898.

Posso

citare qui,

dagli annali dell'eterno affare Dreyfus, le altre


il

belle parole di Zola, che finiscono


l'

primo articolo

scritto dal-

illustre

romanziere nella nobilissima campagna da


per la giustizia, e pubblicato col titolo
:

lui intrapresa

per

la verit e

M.

Scheurerest
e7i

Kestner, nel Figaro del 25

novembre 1897: La vrit

marche

rien ne peut plus l'arrter.

1849.

Remember.

1849. Ricordatevi.

[ 1 849" 1

850]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

523

fu

1*

ultima parola detta da

Carlo
il

I d' Inghilterra sul patibolo,

un momento prima
vescovo Juxon che

di piegare

collo sul ceppo, rivolgendosi al

lo assist negli ultimi


si

momenti.

poich

si

suppose che sotto quella parola


vescovo disse soltanto che

celassero gravi arcani di Stato,


la spiegasse.

furono fatte molte insistenze col prelato affinch


il il il

Ma

re

gli

aveva raccomandato pi
de' suoi persecutori, e

volte d'inculcare a suo figlio

perdono

che anche

nell'

ultimo istante della sua vita volle reiterare quel


altri storici,

suo desiderio. Vedi, con


cap.

Hume, History of England,


si

LIX. La parola famosa, con contorno romanzesco,

ritrova

nel libro di

Dumas

padre,

Vingt ans aprs, cap.

LXXI.

1850. Apriti,

Sesamo!
come
lo

rimasto nella tradizione volgare

scongiuro cabalistico

impiegato per aprire


di Ali

la

porta della caverna nella notissima novella

Baba

e dei
la

quaranta ladri, che

divenuta

popolare in
notte fatta

Europa dopo
dal Galland,
il
il

traduzione francese delle Mille e

una

quale,

avendo portato a Parigi


di quella raccolta

sulla fine del sec. xvil

primo manoscritto
la

che

si

conoscesse in Europa,
fra
il 1

ne pubblic

traduzione in dodici volumetti

704 e

il

e questa per molti anni stata la sola fonte europea per

la

cono-

scenza di quelle novelle.

Ma

alcune delle novelle pubblicate dal

Galland non appartengono

al testo

genuino delle Mille

e tina notte,

e bench siano certamente racconti orientali autentici, pure non se

ne sono ritrovati finora


le

gli originali, e si

suppone che

il

Galland

abbia composte su reminiscenze personali del suo soggiorno in

Oriente.

Di

tal

numero

la storia di Ali

Baba che
state

si

crede di

origine cinese, per quanto novelle simili siano

trovate da
fratelli

Geldart in Grecia, da Payne

fra gli

Arabi del Sinai, dai

Grim m

in Germania.

Una

versione letterale dell' originale arabo

delle Mille e

una

notte stata pubblicata a cura di

R. F. Burton

sotto gli auspici della e la novella di Ali


voi. Ili delle
risaltare
1*

Kamashastra Society

Benares, 1885 e segg.;

Baba

vi si trova fra le novelle aggiunte nel


Il

Supplemental Nights (pag. 367-402).

Burton

fa
(in

affinit del cabalistico

nome

del

Sesamo orientale

arabo Semsem) con un altro scongiuro menzionato in un curioso


passo del Directorium

Vitae

Humanae

di

Giovanni da Capua:

Inquit

vir,

Ibam

in nocte plenilunii et

ascendebam super do-

524

Chi

Vha

detto?

[1851-1852]

mum

ubi furari intendebam, et accedens ad fenestram ubi radii


et

lune ingrediebantur,

dicebam hanc coniurationem,

scilicet siilrn

sulm, septies, deinde amplectebar lumen lune et sine lesione de-

scendebam ad domum.
tradizioni tedesche,

I fratelli

Grimm,

nella loro raccolta di


:

hanno pubblicato (Nr. 142


novella
orientale,

Simeliberg) una
e

leggenda, molto simile alla

che viva da

tempo immemorabile
le

(e

certamente molto prima che uscisse per

stampe

la

traduzione del Galland) nella Germania settentrio-

nale, nella provincia di Mnster, e nell' Hartz. In questa leggenda


le

parole magiche sono


i

Grimm annotano
Germania
infatti

che
e si

Berg Semst, Berg Serrisi, thu dich auf, i nomi Sernsi, Simeli, Sinei, sono molto
trovano non di rado ad indicare delle

antichi in

montagne;

essi

traggono forse origine da un antico radi-

cale che vuol dire tondo.

Questa volta cominceremo


matici,

il

solito spoglio dei libretti

melodram-

con un'opera pochissimo conosciuta, della quale nondirimaste abbastanza note queste strofe:

meno sono
1851.

Saper bramate, Bella, il mio nome:

Ecco

ascoltate,

Ve

lo dir.

Io son Lindoro,

Di basso

stato,

N
ed
la

alcun tesoro

Darvi potr.
cavatina del Conte di Almaviva nel primo Barbiere di

Siviglia,

musicato dal maestro Paisiello nel 1780 per


(a. I, se.
i).

il

Teatro

Imperiale di Pietroburgo
di Rossini,

Dall' altro Barbiere, quello

composto, come pi volte ho detto, dal romano Cesare Sterbini, traggo messe pi abbondante poich il nostro popolo lo sa tutto a memoria:

1852.

Mille grazie, mio signore,

Del favore,

dell'onore....

Ah

di tanta cortesia
(a. I, se.
1).

Obbligati in verit.

[i 853-1860]

Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

525

1853.

Maledetti, andate via!

Ah
1854.

il

canaglia, via di qua!


il

^^

^.

Pace e gioia
(a. II,

ciel vi dia.

saluto del Conte di Almaviva, travestito da

Don

Alonso, a
:

Don

Bartolo

se. 2).

Gli artisti cantano quasi sempre


sia

Pace e gioia
con leggera variante presa
al

con voi,

Barbiere musicato da Paisiello.

^^55-

Questa barba benedetta La facciamo s o no?


Colla febbre,

(a.

II,

se. 4).

..

1856.

Don

Basilio,
(a. II, se.

Chi v'insegna a camminar?


4).

Nell'opera Belisario, musica di Donizetti, di cui

Cammarano
1857.

trasse

il

libretto dal
i

dramma

tedesco
:

Salvatore omonimo di

Eduard von Schenks, troviamo

seguenti versi

Trema, Bisanzio! sterminatrice

Su
e questi altri in

te la

guerra discender!
(a.

II, se. 3).

un

altro

melodramma

del

medesimo autore:

1858.

Son tue

cifre? a
Salv.

me

rispondi.
melodramma
di di Donizetti,

(Lucia di Lammermoor,
a. II, se. 6).

Cammarano, mus.
inglesi,

Se

si
si

vogliono delle

frasi

drammatiche

si

capisce che

non

pu

fare a

meno

di citare

Shakespeare:

1859.

Thy
i860.

O, true apothecary! drugs are quick.


(Romeo
e Giulietta, a.

V,

sc. 3).

O my

prophetic soul!
(a. I, se. 5,

esclama Amleto nel

dramma omonimo

v. 40)

quando

lo

spettro di suo padre gli rivela di essere stato ucciso dal fratello.

1859. i860.

O O

fedele semplicista, le tue

droghe operano pronte.

anima mia profetica

526

Chi

l'

ha detto

[1861-1863]

86 1.
Amleto a

Get thee
Ofelia.

to a

nunnery!
{.Amleto, a. Ill, sc.
1).

COS

1862.

Alas, poor Yorick


il

[Amleto,

a.

V,

sc.

1).

L' umorista Lorenzo Sterne,

quale aveva preso

come pseu-

donimo

letterario

il

nome

del buffone aulico danese compianto da

Amleto, voleva

far riposare le

sue ossa nel camposanto della pro-

pria parrocchia, senz' altro epitaffio che le tre parole indicate di

sopra,

ma

essendo morto a Londra nel 1768, fu col sepolto con

altra epigrafe.

83.
Scherzi, motteggi, frasi giocose

In questa categoria di
entrano tanto delle
altre
frasi

frasi scherzevoli, motteggiatrici e

giocose

dette espressamente per facezia quanto


si

che pure dette sul serio

prestano ad essere usate soltanto

in senso faceto.

Qui per esempio collocheremo

la triade dei tre

nomi,

1863. Tizio, Cajo e Sempronio.


cos

comuni

nelle esemplificazioni dell'antichit,

ed ora rimasti pi

che altro nella narrazione scherzevole,


classiche. Tutti e tre questi

ma

che ha essa pure origini

nomi

si

trovano gi frequentemente

ripetuti

come designazioni schematiche nel Digesto (il secondo anche nome di un noto giureconsulto romano), ma l'unione dei tre nomi, Titius, Cajtis et Sejnpronius, non mai usata nell* antichit, , secondo crede il Gaudenzi [Storia del cognome a Bologna nel
sec.

XIII, in Bull, dell' 1st. stor.

ital..

n. 19, pag. 39,


si

in n.), opera del famoso giurista Irnerio, e da lui


tata nella letteratura dei glossatori, e

trapian-

poi nell'uso moderno. Il

1861.

Va

farti

monaca!

1862. Ahi povero Yorick!

[1864-1867]

Scherzi, motteggi, frasi giocose

527

Gaudenzi aggiunge eh' essa

si

trova per la prima volta usata nel


fine

Formulario notarile Magliabechiano, d' ignoto autore, della

del sec. xii o del principio del xiii, pubblicato da G. B. Palmieri


nella Bihliotheca iuridica

medii aevi.

qui vanno pure

citati,

bench appartengano a

sacri testi

1864. Sicut erat in principio.


parole che
si

dicono scherzosamente o per ironia, trattandosi di

cosa o lavoro che non progredisce, di guai che non vogliono migliorare,
ecc.
(o

ecc.

sono parole della cosiddetta dossologia breve

o minore

Gloria Patri) che per antico uso, di cui sono in-

certe le origini, nella liturgia della

messa
sa che

si

recita in fine di ogni

salmo, dopo
in gloria
-).

l'

introito (e chi

non

tutti i

salmi finiscono
rito oc-

Il

testo della dossologia,

quale

si

usa nel
:

cidentale,

: Gloria Patri, et Filio, et Spiritui sancto

sicut erat

in principio, et nunc, et semper, et in saecula sseculorum.

Amen.

le

parole Sicut erat in principio, ecc., vuoisi siano state ag-

giunte dal Concilio Niceno nel 325 per confutare l'errore degli
Ariani,
i

quali sostenevano che

il

Figliuolo di Dio fosse comin-

ciato nel

tempo, non fosse stato ab terno.

165. Ait latro ad latronem.


Con queste
dell' Ufficio

parole comincia la terza antifona delle Laudi in fine


del Venerd

Santo (Feria VI in Parasceve)

l'

uso

volgare le ha usurpate in senso beffardo.

Qui trover anche luogo, per T


verso dantesco:

atto

sconcio

che esprime,

il

1866.

Le mani
il

alz con

ambedue

le fiche.
e.

(Dante, Inferno,
e qui ugualmente

XXV,

v. 2).

verso del Berni:

1867.

Andava combattendo, ed
Orlando che accorso
in aiuto di

era morto.
(e.

Narra messer Franc. Berni


Ott. 60) di

ntW Orlando Innamorato


Carlomagno
con
la

LUI,
prese

alle
la

con

Saracini, fa cose maravigliose

sua Durlindana

quale

1864. Com'era in principio. 1865. Disse un dei ladri all'altro ladro.

528

Chi V ha detto?

[1867-1868]

tagliava cosi finamente che

appena

si

sentiva

il

suo

ferire.

Va

ad-

dosso ad Alibante di Toledo e lo taglia giusto per traverso.

Onde

ora avendo a traverso tagliato Questo Pagan, lo f' s destramente, Che 1' un pezzo in su 1' altro suggellato Rimase senza muoversi niente; E come avvien, quand' uno riscaldato.

Che

le ferite

per allor non sente;


-morto.

Cosi colui, del colpo non accorto,

Andava combattendo ed era

seguita cosi a tirar colpi alla ventura, persuaso di aver sane

tutte le sue

membra,

finch,

avendone

tirato

uno a due mani un


una
ri-

po' sgarbatamente, la parte superiore del busto perde l'equilibrio


e cadde in avanti. Il Berni con questa facezia imit in parte

vecchia storiella, che non


fece
il

si

trova nel Boiardo, di cui

il

Berni

poema,

ma

che

s'

incontra anche nel Ciriffo Calvaneo.

1868. Est est est.


Nota
la leggenda che spiega questo

motto

sibillino.

Un

vescovo,

Giovanni Fugger, viaggiava


del vino, aveva incaricato

in Italia;

ed essendo molto ghiotto


di precederlo, e di

un suo domestico
le osterie dalle quali

assaggiare

il

vino per tutte

passava, segnando
cio est

sulla porta di quelle

ove trovava buon vino,

est,

hommi.

Giunto

in

Montefiascone, e assaggiato lo squisito moscato di col,


i

trovatolo superiore a tutti


tre volte est.
Il

vini precedentemente gustati, scrisse


e

vescovo arriv, e tanto ne bevve, che mori:


nella chiesa di S. Flaviano,
il

sulla sua

tomba

fedel servitore fece

apporre

la iscrizione:

Est EST EST Propter nimium est Joannes de Fugger dominus meus mortuus est.
.
.
'
.

Anche
genda,

il

vino, causa della morte del


di Est.

buon

prelato,

si

chiama

tut-

tora col

nome

Questa

la

versione pi diffusa della leg-

ma

altre

pure ne esistono. La pi antica, senza particolari

di persone
lice,

n di luoghi, conservata nello Schrader,


il

Monum.

Ita-

pag. 100;

De

Angelis nel Co?nmentarw storico -critico della

[1869-1870]

Scherzi, motteggi, frasi giocose

529

citt e cattedrale di

Montefiascone (M. F.,


il

184 1) dice che


;

il

ve-

scovo beone morto per

triplice

Est fu certo Deuc


che

L. Pieri
1870), a

Buti nella Storia della citt di Montefiascone (M. F.


pag. 64, d invece
in questione era
Italia
altri differenti particolari, cio

la

persona

un barone

tedesco,

Giovanni Defuk, venuto in


II il, che la sua
il

con Enrico

sul cominciare dell'anno

morte fu nel 11

13, e che egli

morendo
tomba

lasci alla citt


-di

suo pal'

trimonio perch fosse impiegato in opere


bligo di versare ogni

beneficenza, con

ob-

anno

sulla

di lui

un

barile del

buon
at-

moscato, che lo condusse alla tomba.

La

variante cui

mi sono

tenuto, sta nel Giornale di erudizione

di

Firenze

(serie

in-8),

15 gennaio 1886. Vedi anche


Eist! o il Vescovo beone

1'

opuscolo del Maineri, Est! Est!


e

(Roma, 1888),

V Archivio per

lo stzcdio

delle tradiz. popol.,

voi. Vili,

1889, pag. 299-300.

Ecco

altri
:

saggi di poeti italiani di diversi tempi, che sentono

del faceto

1869.

il

Sudate, o fochi, a preparar metalli.


un noto sonetto
la

principio di

di

Claudio Achillini

in lode

di Luigi
sale.

XIII dopo
si

presa della Roccella e la conquista di Ca-

Lo

ricorda oggi di frequente in beffa del secentismo ba-

rocco.

1870.

Il

Il

can danzando con tre cagnolini, gatto allegro con cinque gattini.

Grande
le

celebrit ebbero verso la fine dello scorso secolo e nella

prima met del presente certe pie canzonette marinaresche sopra


principali festivit della Madonna, composte in endecasillabi a
il

rima accoppiata da un gesuita novarese,

P.
e

Girolamo Turnoto anche quale


al

niello (nato nel 1694), predicatore valoroso autore di un sonetto bilingue (ossia latino e
istesso) in lode di

italiano

tempo

Maria che comincia:


pena in mesto orrore.

Vivo

in acerba

Queste canzonette, che furono pi e pi volte ristampate, parvero


allora soavissime e festevolissime
:

ma
il

oggi sono la cosa pi

amena

che immaginare

si

possa.

nella quinta canzonetta sulla festivit

della Visitazione che descrivendosi


34

giubilo generale in casa di

530

Chi V ha detto?

[1870-1871]

S. Elisabetta per la insperata visita della

Madonna
:

si

aggiunge

questa ingenua pittura, che rimasta famosa


Il

can danzando con


Il

tre cagnolini,

gatto allegro con cinque gattini,


agnelletto coperto di gigli,

l'

E
Chi

quattro chioccie con tutti


latra,

lor figli;

o miaula, chi crocchia, chi bela,

Ma

senza strido,
si

ma

senza querela, ecc.


il

All'universale esultanza

unisce per fino....

feto che sta an-

cora nel ventre di S. Elisabetta, poich

Giovanni intanto nel seno materno Gi pi non cape pel giubilo interno, E va cercando per ogni cantone.

Se trova modo

d' uscir di prigione

E
Aprs
1

E
cela il

danza e balza per nascergli appresso fa danzare la madre con esso.

faut
Il

tirer l'chelle !

87

1.

vezzoso terremoto.
di certi

L'ab. Vanneschi di Firenze, autore


roba proprio da chiodi, ne aveva
del
fatto

drammi per musica,


aveva introdotto una

rappresentare uno al teatro


vi

Cocomero, oggi Niccolini; e poich

arietta

che cominciava: // Leon che scherza e ride,


(n.

Tommaso

Crudeli di Poppi non spregevole, che


tissimo
il

1703), bello e vivace


il

ingegno, e poeta

assai odiava

Vanneschi, nel sentir cantare


i

quell'arietta, improvvis tre epigrammi, fra

quali rimasto no-

seguente:
Il

vezzoso terremoto

Va

ingoiando

le

citt.

Ed il fulmine giulivo, Non lasciando un uomo Va scherzando in qua e


Altri attribuiscono,

vivo
in l.

ma

a torto, questi versi

medesimi ad Antonio
che per dimostrare
ti

Valentini,
il

di Lecce,

strambo poeta,
avrebbe

lo stesso
le

suo sviscerato amore ad una donna,


li

diceva: Donna,
il

amo

sino al ptignale, che

scritti

dopo

terremoto, tutt'al-

[1872-187 6]

Scherzi,

motteggi, frasi giocose

531

tro che innocuo, del

dicembre 1857,
altra

nell'

ex-regno di Napoli.
:

citano

versi

medesimi in quest'
Il gentile

forma

terremoto,

Con r amabile suo moto


Smantellava
le citt,

Mentre il fulmine giulivo, Che non lascia un uomo vivo. Saltellava qua e l.

1872.

Prima sput tre volte, e poi toss, Indi a parlare incominci cosi.
(PiGNOTTi, // topo romito, favola).
....

1873.

Con

alti

e spessi
v. 25-26).

Segni del tuo valore, o Sfregia, impressi.


(Parini, In morte del barbiere,

1874.

Qui giace un Cardinale Che f' pi mal che bene, Il ben lo fece male. Il mal lo fece bene.
originale, di

un epigramma, non

Filippo Pananti, e ad un
i

altro

epigramma del medesimo autore appartengono


:

seguenti

versi

1875.

Mercato nuovo ancor dopo mill' anni Sempre si chiamer mercato nuovo.
:

L' intiero epigramma cosi dice

Sul dorso ha un mezzo secolo Isabella,

ancor detta esser vuol giovine e bella. Chi sciocco la condanni: Io dico che ha ragione, e ve lo provo: Mercato nuovo ancor dopo mill* anni Sempre si chiamer mercato nuovo.

1876.

Prete Pero un buon cristiano,


Lieto, semplice, alla

mano;
str,
1).

Vive

e lascia vivere.

(Giusti, // Papato di Prete Pero,

532

Chi

Vha

detto?

[1877-1878]

Questo Prete Pero figura gi viva nella fantasia popolare,


lui s dice in

e di

proverbio che insegnava a dimenticare, onde

il

Redi

scrisse

Prete Pero era un maestro,

Che insegnava
Goffo
si,

a smenticare
:

ma

per destro

Ed

io era

suo scolare:
alla scuola

E
1877.

il

primo giorno che


in

andai

La costanza

amor

dimenticai.

....Mangi tu, mangio ancor

io,

Mangiamo
sono versi
di

tutti col

nome

di

Dio!
Uma-

Antonio Guadagnoli
come prefazione
1842. Forse
il

nelle sestine // Secolo

nitario, scritte

all'

almanacco fiorentino Sesto Caio


da lungo tempo nel

Baccelli per

il

Guadagnoli non fece che incastodi dire vivo

nare nei suoi versi un


popolo. In ogni

modo
ecco
i

modo

versi completi. Parlando delle gail

belle e dei dazii che asciugavano le tasche,


il

poeta dice che se


:

popolo

soffre la fame,

e'

chi

mangia per
il

lui

....mangia

doganiere.

Mangia la guardia, mangiano gli agenti. Mangia (e forse anche troppo) l' ingegnere. Insomma, mangi tu, mangio ancor io. Mangiamo tutti col nome di Dio !

sono dello stesso

Guadagnoli anche

questi
i

1878.

Misericordia! cantavano
Il

grilli

d dell'Ascensione alle Cascine,


strilli

Per movere a piet coi loro


I Fiorentini e

pi

le Fiorentine.
(/ grilli, sest.
l).

Il

primo verso che in Firenze

popolare accenna a

una

tradi-

zionale costumanza, antica in Firenze, di

andare

il

giorno delcitt,
il

l'Ascensione alle Cascine, famosa passeggiata fuori della


far colazione,

e cercare grilli

da mettersi in gabbia;

ma

Gua-

dagnoli lo prese di pianta da una vecchia frottola popolare, che

comincia:

[1879-1881]

Scherzi, motteggi, frasi giocose

533

Misericordia! cantavano i grilli, Quando gli detter foco alla capanna: Ce n' era tanti di que' piccirilli, Che chiedevano ajuto a babbo e mamma.

1879.

Levato quer viziacelo di rubbare San Ranieri 'n gran santo di


XII
in dialetto pisano di

ve' boni.

il

principio del sonetto

Neri Tanconserva in
e

Fucio (Renato Fucini), voSW.ohXo San -Ranieri mtraoloso. Bisogna sapere che
allo

scheletro di questo santo, che


di Pisa,

si

una cappella del


la tradizione tella datogli

Duomo

manca un
il

dito di

una mano;

popolare vuole che lo perdesse per un colpo di col-

da un pizzicagnolo mentre

bravo santo stendeva

la

mano
Dal

per ghermire una forma di cacio.

dialetto napoletano molte frasi


:

sono rimaste nell'uso vivo,

queste due per esempio

1880.
che

Comme

fuie e

comme non
(n.

fuie.

fa parte del ritornello di

una famosa canzonetta napoletana


nel 183
1),

Ciccuzza di Luigi Chiurazzi


dell' altra

che anche l'autore


Il

famosissima canzone Masto Raffaele.

verso suddetto

serve di risposta ad altro pure rimasto popolare

Contala, contala

comme

fu!
e.... delle lettrici.

Non

si

pu

citar altro

per rispetto dei lettori


si

1881.

Nanni,

ce penzo

Mme
cosi comincia
il

vene na cosa.
una
delle pi graziose canzoni naintitolata

ritornello di

poletane di
sicata

Salvatore Di Giacomo,

Nanni! ! !

mu-

da P. Mario Costa per


la strofe :

la festa di

Piedigrotta del 1886.

Tutta

Nanni,

ce penzo vene na cosa. Sta sciamma annascosa Cchi abbamba accussi!... overo stu suonno?...
si

Mme

Me, dimme ca
1880.

sii...

Come

fu e

come non
ci

fu.

188 1. Nannina, se

penso, mi viene una cosa.

534

Chi l'ha detto?

[1882-1884]

Della prosa italiana vive


1

la frase

seguente

882. Va', va', povero untorello,

non

sarai tu quello
XXXIV).

che spianti Milano.


(Manzoni, / Proviessi
Sposi, cap.

Cosi salutano

monatti Renzo, che scambiato dal popolo per un

untore aveva cercato scampo sul loro carro.

Dal teatro invece potremo

citare

con minore parsimonia, e co:

mincer da un famoso verso tragicomico

1883.

Ma
Italia

l'aspettate in van: son tutti morti.


acclamata Merope del MafFei, un beli' umore
senatore veneziano

satireggiare la frenesia per le tragedie nello stile greco che invase

tutta

dopo

1'

del secolo scorso,

il

Zaccaria Valaresso,

compose un' amena parodia


titolo di

di quelle lacrimose composizioni col

Rutzvanscad

il

Giovine, arcisopratragichissima tragedia

elaborata ad uso del


Catuffio

buon gusto de' Grecheggianti Compositori da Panchianio Bubulco Arcade; che fu ristampata un' ined anche rappresentata
si

finit di volte

sulle scene.

La

scena ultima

dell'ultimo atto

chiude con una sfida lanciata da Mamalouc,

primo ministro
vuota,

di

Rutzvanscad ad Aboulcassem.
il

Rimasta
l'

la scena

- cos annota

libretto,

quando
poi dica

Udienza
il

faccia

molto rumore, chiamando fuori


geritore con la carta in

gli Attori, e
;

battendo, esca
i

Sug-

mano

e col cerino

seguenti versi :

Uditori,

m' Che nuova


1'

Ma
Si narra che

accorgo, che aspettate, della pugna alcun vi porti; aspettate in van : son tutti morti.
volta,

una

mentre
la tela,

il

suggeritore

li

andava dicendo,

cadde improvvisamente

accoppandolo rese pur troppo

tragica la comica catastrofe.

Lo

scioglimento sommario del Rutzvanscad fu imitato da molti,

tra gli altri

da

quell' arguto

ingegno di Francesco Gritti nel suo

Naufragio della

vita nel mediterraneo della ?norte,


i

dove

1*

azione

chiusa con lo sterminio di tutti


tra,

personaggi, Nabucco, Cleopa-

Orazio-al-ponte, Frine ed Archimede : e


di venti versi tutti

Nabucco

spira

dopo

un monologo
sta in

composti di monosillabi.
frase rima-

In una commediola moderna troviamo una bizzarra


uso a indicare una pesante mazza:

1884. Vecchio amico d'infanzia.

[1885-1887]

Scherzi, motteggi, frase giocose

535

ed nella Medicina di una ragazza malata di P. Ferrari (se. dove Girolamo va a prendere un grosso e nodoso bastone,
cendo
:

8),

di-

Debbo aver qui un


di scuola!...
si

vecchio amico d' infanzia....

un com-

pagno

per analogia

pu ricordare

il

1885. Beato asperges del baston


che faceva parte del sistema educativa degli Austriaci in
Italia.
:

frase

contenuta in uno dei sonetti di

Carlo Porta

Cato-

legh, apostolegh e
e annotate

roman

{Poesie di C. P. rivedute stigli originali

da un milanese. Milano, 1887; a pag. 613):

....n'han miss tucc in stat de perfezion. Col degiun, col silenzi, col trann biott

col beato asperges del baston.

nostro teatro contemporaneo molte altre citazioni potrebbe

fornirci, se in generale

non

si

trattasse di frasi che

hanno una poil

polarit transitoria,

la

quale dura soltanto finch dura


tolte.

successo

effimero della

produzione donde sono

Tali

sarebbero la

frase d* intercalare stupido che

ebbe qualche fortuna in questi

ultimi tempi

1886.
dalla

Quando

c' la salute, c' tutto.


Gandoltn
(L.
il

commedia

// Professor Papotti di
al

A. Vas13 dicem-

sallo), rappresentata

Teatro Manzoni di Milano

bre 1889; e l'intercalare favorito del gentiluomo Vidal nella Serenissima,

commedia

di

Giacinto Gallina:

1887.

Megio de

cussi la

non potria andar.


milanese, diventato familiare

Anche pi
moltissime

popolari, perch

pi caratteristiche, sono rimaste

frasi del teatro dialettale

a tutta Italia dopoch Edoardo Ferravilla salito con esso a meritata

fama come creatore di tipi che resteranno imperituri. Di Edoardo Ferravilla dir soltanto che nacque a Milano il 18 ottobre 1846; chi vuol sapere qualcosa di pi sull'artista e sulle

sue inarrivabili creazioni comiche legga

il

libro di Cletto Arrighi,

1887. Meglio di cosi non potrebbe andare.

536

Chi V ha detto?

[1888-1894]

Ferravla:

sttidio critico biografico (Milano,


1'

1888).

La

pi antica

di queste frasi

1888.

Anca

lu,

sur Piccaluga, a Milan?

Nella famosa commedia-vaudeville El barchett de Boffalo?'a di

Cletto Arrighi (Carlo Righetti)

al

povero dottor Polidoro

Piccaluga, ex-sindaco di BufFalora, capitato per sua disgrazia a Milano, appiccicano per burla dietro le spalle

un

cartello

con quelle
cono-

parole

egli poi fa le

pi alte meraviglie

perch

tutti lo

scono, ed convinto di riportare

un vero

trionfo nella capitale

morale d'

Italia.

1889.

Oh
:

che bella festa! oh che bella

festa!

ed anche

1890. Alagria! alagria!


sono
asen,
fiori letterari del

componimento

di Massinelli nella Class di


(se.

scherzo comico di

Edoardo Ferravilla

9).

1891. El tegnaroo d'oeucc!

intercalare del carabiniere Ciappa-ciappa che

si

strugge dalla

voglia di arrestare una


statoa del

buona volta qualcuno, nel vaudeville La


di

sur Incioda

Ferdinando Fontana; come

nella

stessa produzione

1892.

Anima

tapina.

l'intercalare del povero sindaco Gioachino Finocchi, proprietario dell'Albergo

Maiale Sant'Antonio

1893.
Cos

L' tanta
(se.

ciara!
Class di asen, scherzo comico di
si

Don Malachia nella


9).
;

Edoardo

Ferravilla
a stampa

Queste parole non

trovano nel libretto

ma

lo Sbodio,

che sosteneva di solito quella parte nella

primitiva compagnia Ferravilla, le diceva, sempre, nel rispondere


a Bussola che vuole prevenirlo nelle interrogazioni.

1894.

Adagio
lei,

nelle voltate.
signor Piccaluga, a Milano?

1888. Anche

1891.

Lo

terr d'occhio.

[1895-1898]

Scherzi, motteggi, frase giocose

537

uscita comica, soprattutto per

il

sottinteso equivoco, che

Edoardo

Ferra VILLA

nella parte del Signor Pancrazio dice nello scherzo

comico da s composto La hina de tnel del Sur Pancrazi (parodia della Ltina di miele di Cavallotti) nella scena sesta, lasciando
la

moglie sola con

l'

innamorato.

1895.

il

L' vun de

la Questura.
di

titolo di un' altra

commediola milanese

Edoardo Giraud.
fama pi consistente

Dal teatro melodrammatico, che d lavori


polari

di

e duratura dei lavori drammatici, e che rende pi facilmente poi

suoi versi, poich intiere generazioni corrono a sentirli e

risentirli

senza stancarsene, trarremo

al solito

un maggior numero

di citazioni.

I versi

1896.

Bella coppia,

il

ciel vi

guardi,

Ritiratevi che

tardi....
ripe-

che sono rimasti anche oggi nella tradizione a Napoli e

si

tono comunemente e napoletanescamente per canzonatura delle


brutte coppie, sono due versi del
libretto

del Girello,

dramma

musicale burlesco, che fu in gran voga per quasi trent' anni nella

seconda met del seicento, e di cui l'Ademollo ha

scritto la storia

provando che autore


Filippo Acciajoli
volta a

della poesia, e forse


il

anche della musica, fu

e che

dramma

fu rappresentato per la

prima

Roma

nel carnevale del 1668.

1897.

Una

volta c'era

un

re,

Che a

star solo s'annoi,

Cerca, cerca, ritrov.

Ma
Canzone

il

volean sposare in

tre.
scritto

di Cenerentola nell*

omonimo melodramma giocoso,

da Jac. Ferretti e musicato da Rossini (a. I, se. i); le impongono silenzio coi versi ugualmente popolari:

le sorelle

1898.

Cenerentola, finiscila

Con

la solita canzone.

538

Chi V ha detto?

[1899-1903]

nella scena seguente:

1899.

Resta l'asino

Ma
Chi

di poi? queir asino son


vi
il

io

Che
Cos spiega
il

guarda vede chiaro somaro' il genitor.


Don
Magnifico.

suo sogno

La Cenerentola

forse

il

capolavoro di Jacopo Ferretti romano, n. nel 1784, m. nel 1852,


autore di una quantit straordinaria di prose e poesie d' ogni genere
e di pi di centottanta
zetti,
il

melodrammi
Ricci,
il

scritti

per

il

Rossini,
maestri.

il

Doni-

Coppola,
lo

fratelli

Mayr, ed

altri

Massimo

D'Azeglio
glia,

mette fra

gli alti e belli

ingegni di quella societ sve-

piena di vita e di movimento che fioriva a

Roma

nel 18 14.

1900.

Eran due ed or son


il

tre.

ovvero Gli Esposti,

libretto di un' opera

comica musicata da

L. Ricci su libretto del medesimo Ferretti.

1901.

Udite, udite, o rustici: Attenti, non fiatate. Io gi suppongo ed immagino,

Che

al par di me sappiate Ch'io sono quel gran medico, Dottore enciclopedico,

Chiamato Dulcamara,

La

cui virt preclara,


i

E
Questo
il

portenti infiniti
noti in tutto
il

Son

mondo.... e in altri

siti.

principio della famosa cicalata del Dottor

Dulcamara

nell'opera comica L'Elisir d'Amore, parole di Felice

Romani,
i

musica di Donizetti
versi che
si

(a.

I, se. 5).

Sono anche popolarissimi

due

trovano ripetuti poco pi oltre:

1902.

Comprate Per poco

il

mio
ve

specifico,

io

lo do.

1903.

Lo spagnuolo non

beve.

[1904- 1 905]

Scherzi,

motteggi, frasi giocose

539

sono parole

di

Gennaro nel melodramma pure del Romani, Lue

crezia Borgia,

anche musicato da Donizetti

(a.

II,

se. 5).

Lo
il

spagnuolo che non beve Gubetta, scherano della Duchessa,


quale ha vuotato di nascosto in terra
sciuto
il il

bicchiere

ove era me-

veleno dei Borgia.

In queste ultime pagine del mio repertorio dar luogo a brevissimi cenni di
Felice

un autore che
si

fra

pi frequentemente

citati,

cio

Romani. Nacque
1865
;

egli in

Genova

nel 1788, mori a

Mone-

glia nel

dette prima all'insegnamento, poi alla poesia, e

nel 18 14 fu nominato poeta dei regi teatri del regno Italico, e da

quel tempo

si

dedic completamente alla poesia melodrammatica,

che sollev dallo scadimento in cui giaceva, e che riform adattandola ai mutati gusti del pubblico e
ai

nuovi bisogni della moderna


libretti

musica. Scrisse un grandissimo numero di


Bellini,
il

per

il

Mayr,

il

Rossini, Donizetti, Mercadante, bellissimi fra tutti quelli

della Straniera e della

Sonnambula, ambedue per

Bellini. L' ultimo

specialmente un

idillio

di cosi squisita fattura


si

che sar sempre

tenuto come uno dei pi perfetti lavori onde


repertorio del teatro italiano.

arricchito

il

1904.

....

Ultimo avanzo
lirica

D' una

stirpe infelice.
Lucia di Lamdi

Edgardo
mermoor
(a.

che cosi parla di s nella tragedia


Ili, se.
7),

parole di

Salv. Cammarano, musica

Donizetti.

Ma

quante volte non l'abbiamo sentito dire a qualche


l'

povero guitto che spendeva


rimasta nelle sue saccoccie!

ultima vedova moneta, che fosse

1905.

sei tu

che macchiavi quell'anima,

La delizia dell'anima mia.... Che m'affidi e d'un tratto esecrabile


L'universo avveleni per me! Traditori che in tal guisa rimuneri Dell'amico tuo primo la f!
(Un ballo musica
in di

maschera, parole di A. G. Verdi, a. Ili, se. 1).


di scriverli sul serio

Somma,
:

L' autore di questi bei versi intese

ma

nes-

suno

si

adatta a ripeterli se

non per

burla. Della vera paternit

di questo

famoso

libretto dir pi oltre (al n.

1925).

540

Chi l'ha detto?

[ 1906.-19

il]

La
poche

letteratura francese
altre citazioni in

mi presenta invece un verso famoso,


verso questo

prosa e in poesia, due epigrammi, e poIl


:

che citazioni del teatro.

1906.

Qui nous dlivrera des Grecs


Clment
Berchoux
notis in me)^

et des
in

Romains?
p-

ed un'apostrofe tragi-comica di
tres, di cui

una

delle sue

fece

il

primo verso della sua unica Elegia

(mutando
noto:

il

e facendolo seguire dall' altro

non meno

Race d'Agammnon, qui ne

finit

jamais!...
fils

1907.
Cosi

Au

demeurant

le

meilleur

du monde.

(1495-1544), nella ptre au roi Franpour avoir t drob, parlando del suo servo che dipinge come un vero avanzo di galera e che lo aveva derubato.
ois I^^

Clment Marot

1908. Voil bien


Si narra,

du bruit pour une omelette!


verit, che

non so con quanta

Des Barreaux

(1602liber-

1673), consigliere al parlamento parigino, e pi noto


tino e incredulo incorreggibile, che

come

come
una

poeta, avendo dato in

un venerd santo convegno ad


Mentre
uragano,
si si
i

alcuni suoi

compagni

di dissolu-

tezze in un'osteria di St. -Cloud, ordin

frittata col prosciutto.

mettevano a tavola per mangiarla, scoppia un violento


tuoni incessanti fanno tremare la casa:

Des Barreaux

alza, apre la finestra, e getta fuori la frittata,

esclamando: Voil

bien

du bruit l-haut pour une


d.

omelette! (Tallemant des Reaux,

Historiettes,

1840, to. IX, pag. 137).

1909.

Ce

n'est rien,

C'est

une femme, qui


(La Fontaine, Fables,

se noy.
lib. Ill, fabl.

XVI).

1910.
ritornello di

Allons^ saute, marquis.


un monologo
(a.

recitato

da un avventuriero, sedicente
io) di

marchese, nel Joueur

IV,

sc.

Jean-Franois Re-

gnard
1

(1655-1709).

91

Piglialo su, signor

Mons.

[1911-1912]

Scherzi,

7notteggi,

frasi giocose

541

Nel Monsieur de Pourceaugnac,


(se.

di

Molire,
i

il

primo

atto

16) finisce

con quella esilarante scena che

francesi chiama-

rono Crmonie.
il

Un

consiglio di medici,

dopo aver dichiarato che

signore di Pourceaugnac ammalato, gli ordina


incarico agli speziali di somministrarlo.
i

un rimedio,
malcapitato
gli

dando

questi sfoderano
il

senz'altro

relativi strumenti.... idraulici,

mentre

limosino cerca di respingere coi pi disperati sforzi....


sori.

aggres-

La

tela

cade mentre

il

coro risponde alle difese di Pourscritti

ceaugnac coi seguenti versi,

nel testo di Molire cosi, in

lingua italiana, e che sono divenuti quasi proverbiali in Francia:


Piglialo su.

Signor mons,
Piglialo, piglialo, piglialo su.

Che non

ti

far

male;

Piglialo su questo serviziale,

Piglialo su.

Signor mons.
Piglialo,
piglialo,

piglialo su
?

E
li

come mai
abbia

questi versi sono in italiano

probabile che cosi

scritti

con

gli altri

couplets dello stesso atto pure italiani,


la

LULLI, che ne compose anche

musica, e nella prima rappreal re la

sentazione del Signor di Pourceaugnac cant innanzi


di

parte

uno

dei medici.
di

Le

stesse parole

sono

state conservate nell'opera

buffa

omonima,

Ferdinando Fontana, musica

di Alb.

Franil

chetti,

rappresentata per la prima volta alla Scala di Milano,

IO aprile 1897.

191

2.

A
il

quelle sauce voulez-vous tre

mangs?
al re

Calonne, ministro delle Finanze di Luigi


nel 1787 a convocare
spettasse
i

XVI,
che

indusse questo re

Notabili;

ma

sosteneva che soltanto


1*

diritto di ordinare le imposte, e

assemblea non
allora
il

dovesse pronunciarsi che sul


contro di
lui

modo

di esigerle.

Comparve

una

caricatura, che rappresentava

un contadino,

quale, riuniti intorno a s nel cortile galli, galline, tacchini e piccioni,

diceva loro:

Miei buoni amici, io

vi

ho radunati qui

tutti

per domandarvi a quale salsa desiderate che vi mangi.

Un

gallo,

alzando la testa, rispondeva


mangiati!
^

Ma noi

non vogliamo

affatto essere
il

Ecco, voi divagate dalla questione, - ribatte

con-

542

Chi l'ha detto?

[1913-1919]

tadino,

-non

si

tratta di sapere se a voi fa piacere o

no

di essere

mangiati,

ma

soltanto quelle sauce vous voulez tre mangs.

191 3. Enfin nous avons fait faillite!


re'clame celebre di
tere,
le

un

originale francese,

per met industriale, certo


le

per met uomo di Dunan-Mousseux, famoso

let-

per

novit stravaganti con

quali sapeva attirare l'attenzione del

pubblico sui suoi manifesti. IJ Enfin nous avons fait faillite !


considerato

come

il

capolavoro del genere.


i

Gli epigrammi sono

seguenti:

1914.

De De

par
faire

le roy,

dfense Dieu un miracle en ce lieu.

scritto

da un bello spirito sulle mura del cimitero di S. Medardo,

chiuso nel 1732 per ordine di Luigi


vulsionarii che accorrevano alla

XV

dopo

disordini dei con-

tomba

del diacono Paris.

191

5.

Ci-gt Piron, qui

ne fut rien

Pas

mme

acadmicien.
s

composto da Alexis Piron per

medesimo.

19 16.

Assommer un garde-champtre,
assommer un homme
principe
!

ce n'est pas

!...

C'est craser
a.

un

(Sardou, Rahagas,

II, se. 4).

Connu dans l'univers et dans mille autres lieux


(ScKiBE,

Le
1'

Philtre,

musica

di

Auber,

a. I se. 5).

Ho
si

gi detto che quest' operetta


il

originale

da cui

il

Romani

trasse

libretto .t\V Elixir

d'Amore :
l'

e poco innanzi, al n. 1901,

trover nell' ultimo verso

imitazione del verso presente.

19 18.

Quelques seigneurs sans importance.


di Offenbach,

Nella graziosa operetta

Les Brigands,
ri

parole di

Meilhac
sacappa
il

Halvy,

Gloria-Cassis presenta

capobrigante Falal-

suo seguito, e dopo aver nominato s medesimo e


gli altri nella
(a.

cuni dei suoi, riunisce

comica frase

quelques

sei-

gneurs sans importance

II,

sc.

io).

19 19. Embrassons-nous, Folle ville

[1920-192 1]

Scherzi,

motteggi, frasi giocose

543

titolo di

un vaudeville

in

un

atto di

Labiche

Lefranc,

rap-

presentato per la prima volta al teatro della Montansier (Palais-

Royal),

il

6 marzo 1850.

1920.
nel di

Well

roared, lion!
notte di estate {A

Sogno d' una

Midsummer Night's Dream)


ironicamente ad un ciar-

Shakespeare

(a.

V,

se. i) e si dice

latore spaccone.

84

Idiotismi
Chiudo questo modesto saggio
e letterarie popolari fra noi con
di

un repertorio

di frasi storiche

un mazzetto
tali.

di citazioni che

non

hanno

altro merito se

non quello

della scempiaggine loro, veri idio-

tismi passati alla posterit

come
ho

Appartengono due o
le

quelli che

raccolto, quasi tutti al teatro, tranne

tre di origine poetica

che do per primi.

comincio con

famose:

1921. Vrits de

M. de La
la

Palisse.
Palice o
Palisse,

Giacomo Chabannes, signore de


Pavia (1525). Pare che
la tradizione ci

prode ca-

pitano francese, mori combattendo valorosamente alla battaglia di


i

suoi soldati stessi j


le

dopo

la

sua morte,

componessero per celebrarne

gesta una ingenua canzone, di cui


cotiplet,

ha serbato un solo

ed questo, se pure

autentico

Monsieur d'La Palice Mort devant Pavie;

est mort.

Un quart d'heure devant


Il tait encore en vie.
Gli ultimi

sa mort.

due versi volevano dire certamente,


il

nell* intenzione del

rozzo rapsoda, che

valoroso capitano aveva

combattuto

stre-

nuamente

fino a pochi minuti

prima della sua improvvisa e

inat-

1920. Hai ben ruggito, o leone.

544

Chi V ha detto?

[1922- 1923]

tesa

morte

ma

la

forma della frase era abbastanza comica, e

pot suggerire

al caustico

Bernard de La Monnoye
che forse
la
1'

di

comporre
delle sue

nel 1770 un'intiera canzone,

pi nota

produzioni, e in cui ogni couplet contiene


verit lapalissienne,
dalla canzone antica.
strofette,

affermazione di una

ossia sul genere di quella che trasparirebbe

La Monnoye non ne compose che


la

dodici
in

ma

ogni generazione ce ne ha aggiunte delle

altre,

modo da

quadruplicare

mole

della

canzone originale. Eccone

alcune delle pi bizzarre:

Messieurs, vous
L'air
Il

plat-il

d'our

du fameux La Palisse?
qu'il

pourra vous rjouir,

Pourvu

vous divertisse.

La

Palisse eut peu de bien

Mais

Pour soutenir sa naissance, il ne manqua de rien Ds qu'il fut dans l'abondance.


par un
triste sort.

Il fut,

Bless d'une main cruelle;

On

croit, puisqu'il

en est mort,

Que
Il

la plaie tait mortelle.

Regrett de ses soldats

mourut digne d'envie.


jour de son trpas
le

Et

le

Fut
Aggiunger due

dernier de sa vie.
cio

citazioni nostrane,
tolta

una

frase del poeta roscritti

manesco Belli,

da uno dei pochi buoni sonetti

da

lui in lingua letteraria:

1922.

Ma
ed
il

....Non faccio per vantarmi, oggi una bellissima giornata.


(// cavaliere enciclopedico).

verso

'1923.

A
Gino

cavallo

d'un

cavai.

verso di una celebre ed arguta poesia umoristica, popolarissima,


del vivente
lata
il

(ossia

Giovanni) Visconti Venosta,


strofe

intito-

Crociato dalla quale tolgo alcune altre


:

dove pure

sono dei versi, rimasti in pubblico dominio

[1924- 1 9 25]

Idiotismi

545

per vie ferrate andava


in oggi col vapor
si
:

Come

A
La

quei tempi
la via

ferrava
il

Non

ma

viaggiator.

cravatta in fer battuto


in ottone avea
il

E
Da

gil

Ei viaggiava, ver, seduto Ma il cavallo andava a pie.


quel d non f' che andare, Andar sempre, andare, andar.... Quando a pie' d' un casolare Vide un lago.... ed era il mar.

Sospettollo, e impensierito

Saviamente si ferm. Poi chinossi, e con un dito

A
Nel
narello
teatro di
:

buon conto

1'

assaggi.
replica
di

Molire

rimasta famosa

la

Sga-

1924.

Nous avons chang

tout cela.
lui, a. II, se. 4

(Le mdecin malgr

o 6 secondo le ediz.),

Sganarello finto medico, sostiene che

il

fegato

sta a sinistra,

il

cuore a destra

e a

Gerente che

si

meraviglia di questa straor:

dinaria inversione, risponde imperturbabilmente


autrefois ainsi ;

Oui, cela tait

mais nous avons chang tout

cela, et

nous faisons

maintenant la mdecine d'une mthode toute nouvelle.


I

due versi:

1925.

Fuggi, fuggi: per l'orrida via

Sento Torma dei passi


sono
(a.
i

spietati.

pi noti del libretto


3),

Un

ballo in maschera, musica di

Verdi

II, se,

si

citano ad ogni

momento

sia

per dire una fred-

dura, sia per recare una prova dell* insulsaggine di certi libretti
musicali.

questa perci

1'

occasione migliore per dire

la storia

poco conosciuta

di questo libretto, e

anche per

riabilitare la

me-

moria di un poeta valente dalla taccia di avere

scritto versi del

genere dei due che ho citato. Questo libretto fu composto pel tea35

546

Chi l'ha detto?

[1925-1926]

tro S. Carlo di

Napoli (carnevale 1858) col


con

titolo

Gustavo III da

Antonio Somma,
tolse
la
l' il

udinese, poeta elettissimo,


gloria
la tragedia

morto a Venezia,
Parisina.
Il

dove a vent'anni otteneva


soggetto del

melodramma da un lavoro
la

dello Scribe:

Somma ma

censura borbonica non ne permise

rappresentazione, sicch

opera non fu rappresentata che nel carnevale dell'anno succes-

sivo al Teatro Apollo di


e

Roma
in

col titolo

Un

ballo in maschera,

con molti

tagli e

rimaneggiamenti della Censura.


altri,

cagione di
il

questi,

nonch degli

numero pure grande, che


poeta,

mae-

stro Verdi, pi valente compositore che


(e
i

volle introdurvi
!)

due versi

citati

di

sopra pare che siano del numero


le

il

Somma non
col suo

permise che
il

prime edizioni del

libretto uscissero
la

nome. Quando
omaggio

Ballo in maschera fu dato a Milano

prima

volta, la critica milanese not tutti gli strafalcioni del libretto,


all'

ma
sito

rese

ingegno del

Somma,
la

eh' era

veramente squi-

autore di versi,

come

lo

prova

sua tragedia Cassandra, uno

dei cavalli di battaglia della Ristori. Il

per
per

il

Verdi un

altro libretto,

il

Re

Lear,

Somma aveva cominciato ma non volle continuarlo

non

sottomettersi alle esigenze del maestro.

1926. Il
frase che

metodo senza metodo.


nacque da una graziosa commediola
intitolata //

in

un

atto di

Franci

cesco Coletti
senta
il

maestro del signorino,


il

la

quale

pre-

un

disgraziato precettore,

quale, appena

gli

se ne offra

pretesto,

espone
:

suoi criteri d' insegnamento con una cicalata


la istruzione io
il

di questa sorta

Per

tengo tm metodo, direi quasi

senza metodo.
e

Il

colpo d' occhio e

criterio

mi servono

di guida,

secondo

il

bisogno provvedo. Per

me

il

giovane un campo
si

d'esperimento, una caldaia a vapore, della quale


di tutto

deve prima

provare

la capacit e resistenza, e perci io

credo neces-

sario di fargli apprendere nel

tempo

stesso a

nozioni gnralis-

sime, leggere, scrivere, aritmetica, lingua francese, inglese, greca,


disegno, mitologia, geografia, declamazione,
sofia, chimica, osteologia, e,
le
fisica, ginnastica, filo1'

per secondare

attuale tendenza per

cose antiche,

gl'

insegno anche

la storia. Il

giovanetto, trovan-

dosi colmo, senza saper come, di tanta indefinita erudizione s'inorgoglisce;


allora io lo umilio col dimostrargli,

con un metodo mio

particolare,

ch'egli

non

sa nulla.

[1927-193 1]

Idiotismi

547

1927.

Scoscendere il.loUio dalla spica.


delle

una

marchiane corbellerie che

Paolo Ferrari pone

in

bocca

al

suo immortale marchese Colombi {La Satira e Parini,

a. I, se. 5).

cosa ormai nota che


originali,
il

questo tipo modellato dal vero,


prof.

ma

da due diversi

Marchi, direttore del Cone professore di Pandette

vitto legale della Universit di

Modena

in queir ateneo,

quando

vi era studente
l'

Paolo Ferrari,

un

certo

Filippo Chelussi. Vedasi

importante volume su Paolo Ferrari

pubblicato dal

figlio

Vittorio (Milano, 1899) a pag. 19, 26, 130.


e
delle

Di Filippo Chelussi, pisano, ma vissuto a Massa,


citiqtiant' anni

sue

mellonaggini scrive a lungo Giovanni Sforza in uno studio Massa

fa premesso

al

Baltromo calzolaro, commedia in


la

dialetto

massese del Ferrari, stampata per

prima volta per cura


di essere racfa dire al

dello Sforza
colte

medesimo (Firenze, 1899). Meritano


le altre
:

anche

minchionerie che

il

commediografo

suo Colombi

1928.

Dei

sonetti, corti,

da

far prestino.

Ma,
1929

se fosse possibile, in greco

od

in latino.
(a. I, se.
5).

Insomma

io resto attonito

n posso
[attribuire
(a.
I,
!

se. 6).

Questo era proprio modo di dire prediletto dal Chelussi


rari gi se n* era valso

il

Fer-

mettendolo come intercalare del gi citato


I,

calzolaro Baltromo

(a.

se.

8).

1930.

....Io

per ordinario
di parer contrario.
il

Fra questi
e cosi veramente disse

si

no son

una volta

dalla cattedra

prof. Marchi,

ma

forse

il

Ferrari ricord e volle

parodiare

versi danteschi:

1931.

....Io

Che
Torniamo
alla

'1

si

'1

rimango in forse; no nel capo mi tenzona.


(Damtb, Inferno,
e.

Vili,

v.

110-111).

Satira e Parim, del Ferrari.

548

Chi V ha detto?

[1932-1936]

1932.

Le accademie
il

si

fanno oppure non


il

si

fanno!

Lo
se.

disse

grande avo del marchese Colombi,


il

marchese Ala(a. II,

manno;
6)
il

e lo ripet

nipote

(a.

Ili, se. i).

In altra scena

marchese Colombi riceve per

la nascita

del figlio

uno

di quei sonettini in greco, ai quali teneva tanto,

guarda con comed esclama


:

piacenza

il

foglio alla lontana,

come

se fosse

una

pittura,

1933.

Che

bella lingua

il

greco!
:

Ecco ancora due gemme

del repertorio Ferravilliano

1934. Quelli che si risparmiano sono tanti meno spesi.


riflessione giustissima,

bench non troppo acuta, dello zio Camola

nel vaudeville Bagolamentofotoscultura di


(se.

Napoleone Brianzi

X); e

1935.

Lo spavento

del malvagio dev'essere

com-

binato coir innocenza del colpevole.


sentenza di Felissin nella commedia L'ultim
rotta,

gamber

del

Sur
la

Pi-

di

Edoardo Giraud
non

(a. I,

se.

17).

Ma

Felissin

non porta
sen-

farina del suo sacco, e

fa

che ripetere a

modo

suo

tenza di

Gaetano Filangieri

che
:

si

leggeva anni

fa sul

frontone

del Palazzo di Giustizia a Milano

Lo spavento del malvagio deve


pi conosciuta.

essere co?nbinato con la sicurezza dell' innocente. Tuttavia la ver-

sione ferravilliana,

come succede,

1936. Travaso delle idee.

il

titolo,

pavese,

rimasto famoso, di un giornaletto che un povero matto Tito Livio Cianchettini, inventore di macchine e primo

scrittore di metafisico politica,

componeva, stampava

vendeva
il

da

s,

prima a Pavia, poi a Milano, e finalmente a Roma. Ecco


quale
si
:

titolo esatto
il

trova nel primo numero pubblicato a Pavia

t6 agosto 1869

nella

Il Travaso d' idee mia recipiente testa, fatto dai corpi animati ed inanimati Travaso nell' altrui recipienti teste.

[1936]

Idiotismi

549

Ma

negli anni successivi divent anche pi lungo e bizzarro via cervello

via che lo squilibrio di quel povero

aumentava per

la

monomania

e per la miseria.

con questo mi

si

conceda di scrivere, per ora,

il

Finis su

quest' ultima pagina del

mio Chi

l'

ha

detto ?

So bene che non

sempre avr trovato una soddisfacente risposta a questa interrogazione


:

ma

il

lettore cortese vorr essermi indulgente per quelle

inesattezze in cui pur troppo sar caduto, e per le molte omissioni di cui assai pi facilmente

potrebbe lagnarsi. Se

il

favore

del pubblico si conserver ancora uguale per questa edizione,

come
ri-

per

le

precedenti, io spero che in

una nuova ristampa potr

parare a molte insufficienze di questa. Dunque, benigno lettore,

non addio, ma

arrivederci.

.m!in;!

imiT t tt > g g ry^

INDICE
DEI NOMI DEGLI AUTORI, COMMENTATORI,

ILLUSTRATORI, ECC.

I
si

numeri segnati ad ogni Autore

riferiscono ai

numeri progressivi

delle citazioni

Acciajoli Filippo. Accinelli Fr.

1896.

M.

448.

Accio.

16 16.

Alighieri Dante, io, 30, 42, 64, 75, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 125, 126, 152, 153, 154,

Achillini Claudio.

1869.

Acquaviva Claudio. 324.

Adams Samuele. AdemoUo Aless.

937. 1896. Adria (D') Cieco. 466. Adriano imp. 821. Agostino (Sant*). 34, 586, 1128, 1324, 1536. Agricola Rodolfo. 644. Agrippa M. 757. Alamanni Luigi. 933, 1547. Alami Fulberto. 877. Alcuino. 176. Aleardi A. 900, 1787. Alessandro Magno. 599. Alessandro Severo. 1288.
Alfieri Vittorio.

175. 193. 194. 220,223,239, 264, 274, 276, 277, 281, 393, 402, 414, 426, 432,435,436, 445. 447, 461, 467, 468, 472, 473, 481, 509, 515, 521, 522, 531,535, 550, 554, 596, 597, 606, 679, 682, 683, 713, 732, 736, 752, 774, 775,823, 824, 881, 894, 905, 906, 907, 908,

91^,963,988,994, 1008,1009,
loio, loii, 1028, 1029, 1033, 1043, 1051, 1105, 1106, 1114, 1115, 1127, 1130, 1131, 1133, 1156, 1160, 1161, 1162, 1163, 1164, 1166, 1167, 1192, 1212, 1228, 1229, 1230, 1248, 1272, 1273, 1278, 1280, 1282, 1291, 1305, 1312,1353, 1358, 1364, 1366, 1367, 1375, 1376, 1378, 1391,1392,1398, 1401, 1404, 1408, 1409, 1413, 1426, 1434, 493, 1494, 1506,1510,

mi,

80, 438, 458, 469, 528, 715.728, 741.796, 836, 910, 929, 930, 1057, 1132, 1189, 1199,1247, 1360, 553. 1720, 1834. Alfieri Giuseppina. 630.

552

Indice dei

nomi degli autori

1529,1549, T552, 1559,1562,


1563, 1564, 1573, 1588,1596, 1604, ib05, 1613, 1619, T626, 1635, 1636, 1642, 1648, 1652, 1653,1654,1702, 1703, 1704, 1705, 1706,1707, 1708, 1709, 1710, 1772,1773, 1774, 1775, 1776, 1777, 1778, 1779, 1821, 1822, 1823, 1866, T931. Allegri Antonio. 703. Ambrogio (Sant'). 1194. Amedeo VI di Savoia. 1147, 557. Amedeo Vili. 1147. Ammiano Marcellino. 70, 1343. Ammonio. 144 1. Amyot. 1568. Andrieux. 576, 577, 1250. Anelli Angelo. 358, 1733Anna di Bretagna. 1644. Anonimo Fiorentino. 1549. Antonini G. 1360.
.

Averro. 1333, 1334, 1414. Azeglio (D') Massimo. 617, 1 145, 1302, 1899.
Baccarini Alfredo.
750, 1597, 1745.

1838.

Bacone Francesco da Verulamio.


Bacone Ruggero. 1441.
Balbi Stamatio. 239. 448. Barbra Gasparo. 1590. Barbi Alessandro. 725. Barbiano (Da) Alb. 1078. Barbier Giulio. 212, 333, 525, 887.
Balilla.

Bardare Emanuele. 1734. Barre Bertrando. 862. Baretti Giuseppe. 325. Barrili Anton Giulio. 1073. Bartoli Adolfo. 1080. Baruffaldi A. E. 903. Baruffaldi G. 1825.
Bassi Calisto. 137. Batacchi D. 503. Bautru. 1336. Bayard Pierre. 1120. Bayle, i, 876 Bazzoni Giunio. 275. Beacon sfield (Conte di) Beniamino. 591. Beaumarchais. 50,441, 510, 750,
795, 1263,

Apelle. 415, 997.

Apollo. 1582. Apostolio. 1737. Appio Claudio. 482. Apuleio. 226. Aragona (D') Nicol. 565. Arbuthnot Giovanni. 934. Archimede. 298, 1678, 1679. Aretino. 1438. Ariosto Lodovico. 67, 148, 213, 261, 384, 459, 375*498, 526, 756, 828, 882, 956, 1117, 1135, 1270, 1283,1451, 1640, 1711, 1712. Aristotile. 46, 685, 947, 1378, 1548. Arleville (D') Collin. 215. Arla Costantino. I77I,.I788. Arlotto (Piovano). 1589. Arneth. IT 37. Arnulfi Alberto. 877. Arrighi Cletto. 1888. Artois (D'). 1143. Augusto. 1602, 1760. Ausonio. 1625.

1491,

1730.

1727. Bellarmino Roberto. T195. Belli G. Giovacchino. 852, 919, 1019, 1245, 1666, 1922. Benedetto XIV. 969. Benti voglio. 325. Branger G. P. 413, 1169, 1172. Berchet Giovanni. 446, 738, 1063, 1064, 1065, 1066, 1067, T088. Berchoux. 1906. Berni Francesco. 1867. Berninzone Raffaello. 112, 1575. Bersezio Vittimo. 1792. Bertarelli Achille. 601.

Belisario. 495. Belinzaghi Giulio.

commentatori, illustratoh, ccc

553

Bertolini Francesco. 630. Berlolotti A. 325.

Besso Marco. 915.


Bettinelli Saverio.

Giorgio. 3, 513, 586, 588, 946, T454, 1676, 1719. Buffon. 1492.

Bchmann

362.

Bunyan. 958.
Buonarroti Michelangelo. 238.

Beugnot. 1143. Beyle Enrico. 1728. Bianchi Nicomede. 455.


Biante. 201.

Brger G. A. 867. Buridan Giovanni. 1378. Burton R. F. 1850.

Biadego Giuseppe. 702.


Bione. 398, 644. Bismarck. 328, 513, 627, 634, 770, 932. Bisticci (Da) Vespasiano. 80T. Boccaccio Giovanni. 353, 1134,

Busembaum. 1293.
Bussy-Rabutin. 1215. Byron. 918, 1087, 1521.

Cabba, 1467.

1705.
Boccalini Trajano. 687. Boezio. 681, 1269. Boileau. 544, 1013, 1448, 1498. Boislisle (De) A. 12 15. Boito Arrigo. 245, 342, 369, 553, 705, 776, 807. Bombelles (Conte di). 1079. Bonaparte Girolamo. 1196.

Cadorna Carlo. 630. Caetani di Teano M. A. 1543. Cailly (De). 1522. Cairoli Benedetto. 583, 625, 626. Calderon della Barca. 643. Caligola, 16 r 6.
Calonne. 19 12.

Cambronne Cammarano

Pietro.

1123.

Salvatore. 104, 105,

Bonghi Ruggero. 341, 1441.


Bonifacio Vili. 103 1. Borgia Cesare. 948. Bosi Carlo Alberto. 673. Bossi G. 518. Bosquet P. F. G. 652. Bossuet. 938. Boswell. 39 T.

Boulanger. 1847. Bourdaloue. 1184.

106, 109, 146, 294, 471, 532, 677, 709, 1095, 1173, 1734, 1735. 1736,1857, 1858, 1904. Cancellieri Francesco. 948, 1359. Capecelatro Alfonso. 1826, 1828. Capecelatro I. 115T. Cappelletti Licurgo. 1557. Capponi Piero, il 19. Caprara G. B. 1142. Caracciolo 969.
Caraffa Carlo.

507.

Brandeburgo (Di) Ernesto. 314. Brantme. 349.


Brants Seb. 507. Brenne. 659, Brentari Ottone. 777. Bresca. 1359. Brianzi Napoleone. 1793, '934
Brillt-Savarin

Carbone Domenico. 1253.


Carducci Giosu. 280, 297, 604, 607, 618, 619, ']']'], 900, 913, 1071, 1140, 1144, 1190,1203, 1264, 1400, 1466, 1508. Carlo I, re d'Inghilterra. 1849. Carlo III, re di Spagna. 357. Carlo V, imperatore. 933, 950, 1680. Carlo X, re di Francia. 578, 1143, 1532. Carlo Alberto. 169, 1083. Carlo il Temerario, 1240. Carlyle. 1296.

(De)

Antelmo.

1565, 1566, 1567. BrofiFerio Angelo. 676.


Brueis. 1349. Bmnellesco. 1824. Brunschvigg. 1123. Bruto. 1813.

554

Indice dei

nomi degli autori

M. 212, 333, 525, 887. Cartesio Renato. 299, 1536. Carugati Romeo. ']']'].
Carr

Casanova Giacomo. 1547.


Castelar Emilio. 328.
Castelli Carlo.

518.

Casti G. B. 516. Catalani Angelica.


Catinai.

148 5.

1296.

Catone Dionisio. 233, 1022, 1432. Catone M. Porcio, censore. 322,


592,
Catullo.

737, 54,

']'],

1469. 1664.

Cicerone Quinto. 354. Cicognini Giac. Andr. 1830. Cipio. 1466. Civinini Giuseppe. 920. Clairville. 615. Claretie Giulio. 700. Clarck Riccardo. 935. Clasio L. 334, 392, 636, 1667. Claudiano. 1260, 16 18. Clment. 1906. Clemente VII. 1726. Clemente XIII. 669. Coco Vine. 1682.
Coffinhal. 1483. Cognetti de Martiis L. 1360. Colbert. 1178. Coletti Francesco. 1926. Colombo Giuseppe. 604. Colombi (Marchese). 1927, 1928,

Cavour. 630. Cedreno Giorgio. 1814. Celano (Da) Tommaso. 272,1615.


Celso juniore. 570. Cervantes. 1200, 1441. Cesare Giulio. li 18, 1202, 1357, 1701, 1812. Ceva (Di) Massimino. 1147. Chabannes Giacomo. 192 1. Chamlbrt. 50, 1395. Chancel (De) Ausonio. 780. Charron. 1394. Chateaubriand. 1201, 133 1. Chateaubriand (Signora di). 58. Checchi Eugenio. 1564. Chnier G. 1771. Chiabrera. 1785. Chilone. 484. Chiurazzi Luigi. 1880. Chivot. 1244.
Churchill.

1929, 1930, 1932, 1933. Columella. 257. Contarini. 518. Cooper Fenimore. 1278. Coraccini Federico. 1142. Corneille Pietro. 149, 658, T455,
1598, 1844. Cornelio Nipote. 60, 662. Corni ficio. 1627. Cornuel. 1296. Correggio. 703. Cossa Pietro. 55, 650, 1651. Costa de Beauregard. 1557. Costantino imp. 651. Costantino papa. 1820. Coucherat. 1148. Cousin Vittore. 931, 1530. Crbillon. 1234, 1330. Cretineau-Joly. 969. Crispi Francesco. 621, 623, 939, 1745. Croce Benedetto. 1530. Cromwell Oliviero. 1221. Crudeli Tommaso. 187 1. Cucheval-Clarigny 1 1 23 Curzio Quinto. 70, 644. Cusani- Gonfalonieri 1 4 2 Gustine. 945.
.
.

591.

Ciampi Sebastiano. 1332.


Cianchettini Tito Livio. Cicconi Teobaldo. 850.

1936.

Cicerone.
78,

24, 33, 46, 66, 70, 196, 201, 260, 380, 560,

562, 567, 568, 589/591, 644, 645,662, 765, 925, 951, 977,

991, 1015, 1047, 1076, 1171, 1209, 1241, 1286, 1334, 1365, 1393,1405, 1467, 1469,1538,1539, 1586, 1616, 1627,1650, T761, 1762, 1811.

1090, 1319, 1414, 1545, 1659,

coynmentatori, illustratori, ecc.

555

D'Ancona A. 746.
Dante. V. Alighieri Dante. Danton 1099. Da Ponte Lorenzo. 356.

Donato Tib. Claudio. 506. Donaver Federico. 448. Doni Anton Francesco. 1454. D'Ovidio Francesco. loii, 1777.

Darwin Carlo. 797. Dati Michele. 1462.

De Amicis Edmondo. De Angelis. 1868. De De


Cailly.

1730.

Du Du

Duis Giovanni Francesco. 655. DefFand (Signora). 1109. Lorens J. 362.

Dumas. 1483.

Deboscq Montandr. 229.


1522. Castro Giovanni. 601. Deffand (Du). 1109. Defuk Giovanni. 1868. De Gubernatis Angelo. 1084. Delavigne Casimiro. 70, 671, 1420. Del Buono Luigi. 232, 1788.

Dumas Alessandro
1233,

padre. 357,
figlio.

1849.

Dumas Alessandro
1007.

368,

Dunan-Mousseux. 19 13. Dupin Andrea. 1797. Dupont de Nemours. 573.

Dum.

1244.

Del Carretto Filippo.


Delille.

11 23.

185, 237, 401, 1719. Della Lana Jacopo. 1192. Demante Gabriele. 1242.

Eckhart Meister. 300. Edgeworth de Firmont. 864.

Edoardo III re d'Inghilterra. 4 19.


Elisabetta, regina d' Inghilterra.

De Marchi

Attilio.

798.

Demonatte. 856.

De Mont-Rond.

1007.

1239, 1760. Engels Federico. 612. Enotrio Romano. V. Carducci


Giosu.

Demostene. 403, 644, 989.


Polignac. 295, 978. Depretis Agostino. 624, 954. De Renzi Salvatore. T381.

De
De

Renzis. 422. Des-Barreaux. 1908. Desbarreaux-Bernard. 15. Descartes Renato. 299, 1536. De Simone. 11 19. Destouches. 249. Diderot. 609. Didier Ch. 357. Dietrich. 669. Di Giacomo Salvatore. 616, 854, 1881. Diodoro Siculo. 23, 1680. Diogene Laerzio. 398, 680, 1597. Dione Cassio. 480, 1356, 15 19, 1814. Dionisio Catone. 233, 1032, 1432.
Disraeli.

Enrico III, re di Francia. 491. Enrico IV, re di Francia, ti 78. 1464, 1840. Epicuro. 258, 1335. Erastus Tommaso. 1380. Erodoto. 950, 1676, 1763. Esiodo. 176. Esopo. 1108. Este (D') Ippolito. 1825. Esteurmel (D') Giuseppe. 610. Etienne. 37, 215. Euclide. 1677. Eula Lorenzo. 578. Euripide. 817, I185.

Fabio Quinto. 662.


Faciol Pietro. 580.
Failly (De). 972, 973. Faldella Giovanni. 1302. Fambri Paulo. 968, 1038. Fantasio. io 16.

591.

Dombrowski. 451.
Donatello.

1824.

Fantoni Giovanni. 543.

556

Indice dei

nomi degli autori

Farini L. C. 583, 613, 1208. Fa varo Antonio. 325. Favre Giulio. 661. Federico di Prussia. 23, 36, 576, 1235, 1261.

Fedro. 416, 1171. Felice V, papa. 1147. Fnlon. 395. Ferdinando I di Aragona. 1644. Ferdinando I di Borbone. 1624. Ferdinando I d'Ungheria. 572.
Ferrari Paolo. 457, 1014, 1039,

1513. 1835,1884, 1927, 1928, 1929, 1930, 1932, 1933. Ferrari Vittorio. 1927. Ferravilla Edoardo. 1888, 1889, 1890, 1893, 1894. Ferretti Jacopo. 1254, 1731,1 897, 1898, 1899, 1900. Ferrigni Coccoluto Pietro, i, 1649. Ferroni. 190. Ferrucci Francesco. 729. Festo Paolo. 214. Feuerbach Lodovico. 1566. Fiacchi Luigi. 334, 392, 636, 1667. Filangieri Gaetano. 1935. Filicaia. 1053, 1054, 1055. Filippo, duca di Savoia. 169. Filippo il Macedone. 758. Fiorentino Giovanni. 1276. Fischer Lodovico. 1536. Flavio Giuseppe. 133 1. Florimo Francesco. 411. Fonseca Pimentel Eleonora. 1682. Fontana Ferdinando. 1793, 1891, 1892, 1911. Fontenelle.9,82 1,858,1439,1532. Fornaretto. 580. Foscari Francesco. 638. Foscolo Ugo. 52, 115, 116, 144, 145, 181,605, 753.837, 838, 839, 840, 866, 909, 976, 1049, 1139, 1540, 1560. Fouch. 357, 389, 1432. Foulon Giuseppe. 1266. Fouquier-Tinville. 1483.

Fournier Edoardo. 4, 362, 401, 419, 1169, 1349, 1465, 1546, 1840. Francesco I, re di Francia. 933, 120T. Francesco (San) d'Assisi. 161 5. Francks Seb. 507. Franklin Beniamino. 608, 1381, 1571. Frati Ludovico. 342. Freinshemio. 1759. Frontone. 15 16. Fucini Renato. 853, 1197, 1879. Fugger Giovanni. 1868. Fusinato Arnaldo. 453,769,1086, 1412.
Gabelli Aristide. 600,

1488. Gabillaud L. 1847. Galfredo. 733, 734Galiani Ferdinando. 357. Galilei Galileo. 325. Gallina Giacinto. 431,1887,1 794, 1182. Galland. 1850. Galvagno Giov. Filippo. 953*

Gambetta Leone. 631, 974.


Ganci (Di) Matteo. 854. Gandolin. 1886. Garibaldi G. 215, 620, 885, 920, 1612, 1649. Gaudenzi. 1863. Gauthier Teofilo. 1533. Gavarni. 540, 1006. Gayarre. 470. Geilio Aulo. 989, 1623. Gene R. 1746. Gesner. 692.
Geyler. 20.

Ghislanzoni A. 375. Giacosa Giuseppe. 143, 1153. Giannone. 1644. Gibbon. 1343, 1541. Gigli Giacinto, 518. Gilbert. 401, 918. Giorgini G. B. 1206. Giovanni (Duca). I705'

commentatori, illustratori,

ecc.

557

Giovanni di Cappadocia. 496. Giovanni da Milano. 138t.


51, 202, 357, 381, 536, 714. 951, 1170, 1232, 1240, 1379, 1393,1433, 1440, 1501, 1769, 1818. Giovio Paolo. 729, 948, II 19, 1136, 1644. Girardin (De) Emilio. 368, 691. Giraud Edoardo. 1895, 1935 Girolamo (San). 1184. Girolamo Napoleone. 1196. Giuliani G. B. 1564. Giuliano l'Apostata. 1343. Giulio II, papa. 1078. Giulio III, papa. 588. Giuriati Domenico. 1723. Giuseppe Flavio. 1331. Giusti Giuseppe. 11, 51, 120,

Giovenale.

179,232, 273, 331, 336, 339, 417,462, 492, 559, 707, 740, 767,771,826,875,992,1069,
1070, 1084, 1090, 1181, 1252, 1265, 1373, 1427,1443, 1611,1621, 1724, 1876.
1119, 1158,

Tommaso. 286, 287, 288, 289, 654, 851, 1179, 1252, 1723. Groto Luigi. 466. Guadagnoli Antonio. 138, 139, 140, 371, 420, 1301, 1622, 1877, 1878. Gualterio Filippo. 1557. Gualtiero di Lilla. 1737. Gualtiero Inglese. 733, 734. Guarini Batt. 303, 950. Guasti Cesare. 1590. Guerrazzi F. D. 96, 3 15, 363, 806. Guerrini O. 25, 97, 98, 99, 270, 619, 704, 878, 1512, 1574. Guerzoni Giuseppe. 920. Guicciardini Frane. 1078, 1119. Guidiccioni Giovanni. 1052. Guglielmo II imperatore. 1240, 1241. Guibert. 346. Guichard. 370. Guilbert Ren-Charles. 15.
Grossi

1274,1275,
1444, 1468, 1791, 1836,

Guillaume J. 1483.
Guizot. 337.

Hahnemann Samuele.
1918, 1350.

1380.

Giustiniano imperatore. 495, 562. Gladstone E. 454. Goethe. 341, 705, 706, 791, 839, 865, 886, 928, 940. Goldoni Carlo. 526, 1452. Gournay. 742. Govi Gilberto. 325.

Halvy Ludovico. 635, 711, 762,


Hangeste Girolamo. 1568.
Harbottle. 1632. Harel. 1432.

W.

Gozzi Gasparo. 1422. Gravina Domenico. 233.


Graziani Anton Maria. 948. Grgoire. 1483. Gregorio Magno. 200. Gregorio VII papa. 565. Gregorovius. 916. Gresset. 695. Grimaldi Bernardino. 1544. Grimarest. 1497. Grimm Fratelli. 1850. Gritti Francesco. 1883. Grolier Giovanni. 17.

Harrebome. 1295. Harvey Guglielmo. 302. Heine Enrico. 407, 151 1. Heis E. 325.
Hnault. 14 16. Herbert Giorgio. 391. Hertslet. 865, 944. Hervieux. 733, 734. His Carlo. 864. Holtzmann. 669. Horton Smith Riccardo.

1547.

Hotman. 970. Hugo Ermanno. 1801.

Hugo

Vittore. 21, 158, 183,349,

367, 684, 1123, 1747.

558

Indice dei

nomi

'i

autori

Hume.

1849.

Lanza Giovanni. 132.

Huss Giovanni. 14 18.


Ibn-Roscd. 1333, 1334, 1414.
Ideville (Enrico D'). 368. Illsung. 1293.

La Rochefoucauld.

31, 69, I13, 114, 123, 124, 205, 234, 248,

366,464, 556, 587, 696, 697, 698, 747, 754,959, 960, 961, 982, 1227, 1271, 1303, 137t,

Imbriani Vittorio. 331. Ippocrate. 404, 1380.


Irnerio.

1406,1423,1428, 1429,1458, 1459,1471,1473, 1474, 1475,


1476, 1583, 1645, 1646.

1863.

Isidoro di Siviglia. 1627. Ismail pasci. T080.

Las Cases. 943, 1465.


1335, 1520. Lauria Amilcare. 854, 1151. Lavoisier. 1483. Layard A. H. 760. Laymann. 1293. Leclercq Teodoro. 16. Leczinska Maria. 1465.
Lefranc. 19 19. Leibnitz. 300, 778.
Lattanzio.

Johnson Samuele. 391.


Jortin. 1632. Jourdan. 669. Jouvenot (De). 1798.

Kant Emanuele. 1537. Karr Alfonso. 40, 614, 1481. Kempis (Da) Tommaso. 39, 1304.
Kirchhofer. 1295. Koning. 615.

Kosciuszko Taddeo. 450.


Labiche. 19 19.

La Bruyre. 344, 548.


Lacaita Giacomo. 454.

La Chausse. 142 1.
Lacretelle Carlo.

864.

Ladre. 608.
1580. Folie Giovanni. 1142. Fontaine. 160, 161, 397, 512, 541, 860, 1297, 1740, 1909. La Harpe. 609, 1437. La Hire. 1256. La Marmora. 16 12.
Laffitte J.

La La

Lamartine. 669,

1084.

Lamberti Mosca. 1358. Lambruschini Luigi. ,613, 1488. La Monnoye (De) Bernardo. 192 1
.

La Moricire

Cristoforo. 1086.

Lamotte-Houdard, 58.
Lampridio. 1288.

Lana

(Della) Jac. I192. Lanari Alessandro. 949. Lancellotti Secondo. 410.

Lemierre Antonio. 859Lenclos (De) Ninon. 12 15. Lenet Pietro. 927. Leone X. 1191. Leopardi Giacomo. 56, 57, 204, 224, 347,410, 440, 561, 649, 721, 782, 805,839,841,842, 914, 1059, 1374, 1477, 1480, 1631, 1722. Leopardi Piersilvestro. 1083. Le Roux de Lincy. 1790. Le Sage. 1547. Leterrier E. 941. Leti Gregorio. 808. Levi Primo. 923. Levis (De) P. M. G. 1269. Libanio Sofista. 1343. Licomede. 1520. Ligne (Principe di). 944. Lille (De) Gualtiero. i737Lingendes (De) Giovanni. 376. Linneo. 300. Lioy Paolo. 525. Lisle (De) Rouget. 669. Li ver ani L. it 47. Livio Tito. 323, 592, 659, 662, 755, 916, 925, 1098, 1348, 1647.

commentatori, illustratori, ecc.

559

Lombroso Cesare. 685. Longfellow. 404, 1097. Loustalot. 229.


Lucano. 189, 190, 292,313,497, 500, 645, 916, 1630. Lucrezio. 29,301,312,799,1339,
1368. Luigi XI, re di Francia. 491 , 758. Luigi XII, re di Francia. 169,
644. Luigi XIV, re di Francia. 1091, 1239, 1258. Luigi XVIII, re di Francia. 1257. Luigi-Filippo, re di Francia. 1 580.
Lulli G. B. 191 1. Lutero Martino. 48, 1441.

1422, 1472, 1509, 1554, 1610, 1643, 1668, 1723, 1786, 1882. Maramaldo Fabrizio. 729. Marangio Pasquale, il 19. Marcello Marco Pomponio. 15 19. Marcolini Francesco. 1438. Marchal Silvano. 609. Margherita di Savoia. 327. Margotti Giacomo. 632. Mari. 503.

Maria Antonietta,
di

grailduchessa
di

Toscana. 720.

Maria Antonietta, regina


cia.

Fran-

1266.

Maria Cristina di Savoia. 1828. Mariano Raffaele. 1615.


Marini G. B. 789. Mario Alberto. 622. Mariotti Filippo. 1544. Marmontel Giovanni-Francesco.
427, 494.

326. Machiavelli Niccol. 340, 418, 499, 574. 644, 1119, 1293, 1358 1372, 1456. Macrobio. 263. Maddalena Fausto. 948. MafFei Scipione. 1883. Magalotti Lorenzo. 410. Maineri Baccio. 1868. Maioli Tommaso. 18. Maistre (De) Gius. 928.

Mac Mahon.

Marot Clemente. 1907.


Martello Pier Iacopo. 1268. Martini Antonio. 730. Martini Ferdinando. 617, 1016, 1060, 1061, 1062. Martino IV. 1192. Marx Carlo. 612. Marziale. 2, 79, 201, 448, 916, 1356,1592, 1625,1628, 1629, 1665, 1819. Masi Ernesto. 1083. Mas Latrie. 1242. Massari Giuseppe. 455, 630, 1145. Massillon. 1235. Mastriani L. 615. Mazarino Giulio. 49, 927.Mazzarella Farao. 596. Mazzini Giuseppe. 611, 891, 970, 1144, 1633, 1829.
!

Malebranche. 694. Malherbe. 861. Mallet Davide, 936. Mameli Goffredo. 542,902, 1072. Mancini P. S. 925. MandelH A. 899. Manetti Giannozzo. 801. Manfredi Eustachio. 1056, Manilio. 295. Manin Daniele. 970, 1068. Manno Giuseppe. 925. Mantovani. 1142. Manzoni Alessandro. 26, 150, 182, 211, 241, 246, 282, 361, 424, 490, 495, 549, 603, 647, 654, 656, 672,739. 759,843.

Mazzoni Raffaele. 777.


Mazzuchelli. 1136. Mecenate C. Clinio.
18 14.

844,845,883,895,965,1060,
1082, 1125, 1128, 1204, 1205, 1300, 1321, 1322, 1323, 1325,

Medici (De') Lorenzo. 51. Meilhac E. 711, 762, 1350, 1918. Meldenius Rupertus. 743. Menagio Egidio. 1522.

56o

Indice dei

nomi

degli autori

Menandro. 813, 1430.


Menestrier. 1148. Mercantini Luigi. 674, 889, 1068, 1073, I074Mermet Claude. 65. Meslier Giovanni. 609. Metastasio Pietro. 68, 90, 91,

Napoleone I. 452, 494, 646, 925,928,937, 938, 943, 944.


1121,

1141, 1142.

Napoleone III. 598, 600, 891. Napoleone Girolamo. 1196.


Nelson. 11 22. Nencini. 1479. Nerazio Prisco. 222. Neri Filippo. 1826, 1827, i Neri Tanfucio. 853, 1197, i 879. Nerone. 170. Nevio. 196. Niccolini G. B. 552, 884, )0, 901, 1079, 1463. Niceron. 1136.
Oliphant L. 865. Olivet (D'). 577. Olivier Emilio. 423. Omero. 176, 305, 486, 1582, 1682, 1737. Ongaro (Dall') Frane. 720, 971, 1266. Orazio. 5, 14,35,38, 164, 177, 178, 199, 225, 256, 258,259, 306, 308, 316, 332, 388,399. 405, 408, 434, 476,487,524, 551, 585, 602,649,688, 701, 708, 761, 763, 788, 803, 804,

92, 93, 134, 155, 173, 174, 250, 255, 265, 304,410 463, 501, 508, 779, 833, 834,874, 983, 996, 1026, 1034, 1035, 1045, 1103, 1104,1113,1154, 1157,1180, 1216, 1217, 1243, 1316, 1317, 1318,1341, 1354, 1355, 1402,1450, 1554, 1601, 1614, 1637,183t, 1832, 1833, Metternich(princ.di). 1085, 1557

Meyer

Giulio.

703.

Micard.

1798.

Miceli Luigi. 1838, 1839. Michelangiolo. 238.

Mignet. 449. Minghetti Marco. 629. Minucio M. Felice. 1335. Mirabeau. 1263. Mole Matteo. 208.
Molire. 4, 271, 372, 539, 699, 1497, 1519, 1842,1843, 19TI, 1924. Moller. 1148. Moncrif. 1336.

818,879,916,955,995,1021,
1023, 1024, 1025, 1048, Ilio, 1183,1262, 1370, 1414,1435, 1487, 1488, 1498, 1500, 1502, 1503, 1518, 1523, 1524,1526, 1531,1550, 1577, 1591,1606, 1631, 1660, 1662, 1694, 1695, 1696, 1697, 1698, 1699, 1767, 1768, 1816, 1817. Orselaer (Von). 588. Ortlepp E. 451. Ovidio. 32, 59, 66, 80, 157, 187, 218, 258, 312,319, 387,

Monnier Marco. 1084.

Monroe James. 108 1.


Montaigne. 505, 1296. Montausier (Duca di). 1796. Montesquieu 1 5 1 7 Monti Vincenzo. 71, 236, 296,
.

665, 693, 719,731, 835, 917, 1058,1138, 1139, 1249, 1314, 1315, 1446, 1507,1620, 1721. Morandi Luigi. 1078. Moroni. 808, 1359. Moser (G. von). 1800. Muratori L. A. 12 7 7. Mureto Marc' Antonio. 1738. Musatti Cesare. 601, 1721. Musset (De) A. 239, 1439.

484, 545, 555,557.584,692, 816, 975, looi, 1002, 1021, 1077, 1090, 1102, 1165, 1174, 1220, 1225, 1378, 1396,1397,

1499,1579,1595. 1638,1763.

commentatori, illustrato n,

ecc.

51

Owen Giovanni. 733, 800. Oxenstierna (Di) Aless. 184, 586.


Padelletti Guido. 630. Padiglione Carlo. 1147.

Pagani Gentile. 1124. Palaprat. 1349. Pan (Du) Mallet. 412. Pananti Filippo. 331, 1027, 1874,
1875.

Petronio Arbitro. 159, 217, 262, 354, 1330. Petruccelli della Gattina Ferdinando. 939. Peyrat Alfonso. 631. Piave F. M. 107, 108, no, in,

242,243, 283, 314, 348, 489,


638, 668, 724, 1094, 1096, 1151, 1584, 1641. Pico della Mirandola Giovanni.
546,

Panai (De). 412. Paolella Mariano. 854. Paolo (San). 8, 47, 1643, 1808.
Papanti Giovanni. 1705.

1484.
Pieri Giuseppe. 675. Pieri Mario. 1079. Pieri Buti L.

Pappo Alessandrino. 298.


Para din Claudio. 948. Parini Giuseppe. 12, 228, 290, 310, 365, 383, 772, 897, 1203, 1277, 1281, 1457, 1504, 1873. Parrasio Giano. 18. Pascal. 6, 1580. Pasqualigo Cristoforo. 601. Pavesi. 1769. Pecci Alfonso. 1357. Pellico Silvio. 94, 95 373, 667, 912. Pepe Gabriele. 1084. Pepoli Carlo. 678. Perasso G.-B. 448. Perez Antonio. 970. Perrault Carlo. 1841. Persano (Di) Carlo. 504. Persio. 301, 1292, 1770. Peruzzini Giovanni. 378, 529.
Peschel.

1868. Pierpoint Roberto. 591. Pignotti Lorenzo. 517,

1198,

1872. Pindaro. 403, 1680.

Pindemonte Ippolito. 837, 1551. Pio IX. 1082, 1725, 1726. Piron Alessio. 362, 1169, 191 5.
Pirro. 1759. Pixrecourt. 15. Platone. 133, 680, 1232, 1393, 1441. Plauto. 168, 380, 396, 460, 537, 800, 813, 957, 1018, 1211,

1294, 1578. Plinio Secondo

il

vecchio.

22,

415, 947, 997, 1571.


Plinio

1176, 1310,

141

1.

Peto Arria. 1356.


Petrarca Francesco. 88, 135, 198, 203, 235, 252, 279, 285, 293, 309, 353, 382,459,477,483,

Secondo il giovane. 13, 628, 991, 1356, 1407, 1611. Plutarco. 321, 648, 925, 948, 1118, 1202,1332,1357, 1467. 1701, 1813. Pola, 1050. Polignac (Cardinale di). 295, 978.

Pompadour (Marchesa Pons de Verdun. 19.


Pope

di).

330.

485,511, 523,534, 547,666,


708, 783, 784, 790, 825, 826, 827, 882, 884, 976, 1004, 1112, 1117, 1152,1223, 1231,

Pontano Giov. Gioviano. 190.


Alessandro. 979, 1394, 1416. Porta Carlo. 1885. Portogallo (Di) Giacomo. 1644. Porzio Festo. 1482. Poussin Nicola. 1719.

1363,1368,1377, 1419,1447, 1489, 1495, 1496,1535,1558,


1590, 1600, 1711, 1714, 1780.
30

502

Indice dei notili degli autori

Poysel J. A. 946. Prati Giovanni. 207, 846, 847, 848, 1542, 1837. Promis. 1147. Properzio. 871, iioo, 1126. Proto Francesco. 516.

Rosny (Duca

Rt)ssi Gaetano. 533,

Prudhomme. 229.
Proudhon. 610, 1337.
Publilio
Siro.

1464. 1728. Rossini Gioacchino. 239, 527. Rouget de Lisle. 669. Rouher Eugenio. 971. Rousseau G. G. 1206, 1433. Roy. 1298.
di).

Royer A. 470.
338,

151,

219,

359,395.403,581,640,1424,
1584. Pulci L. 336, 985, 1785. Pungileoni Luigi. 703. Pyat Felice. 610.
Quintiliano.

Royer-CoUard. 442. Rozan. 578. Rudin (Di) Antonio. 129.


Ruggieri Pietro, 543.
Ruscelli. 933.

748, 1407, 1414, 1455, 1515, 1520. Quinto Curzio. 970.


7,

70,

A. 1290. Sacco Raffaele. 100.


Sabelli G.
(De). 1535. Saint-Simon. 121 5. Sallustio C. C. 60, 482, 662, 757, 1516. Salvioni G. B. 1785. Santeuil (De) Giovanni. 251, 364Sardou Vittoriano. 768, 1251, 1846, 191.

Sade

Rabelais. 18, 434, 644, 855, 856, 1568. Racine. 136, 192, 706, 1470. Redi Francesco. 1569, 1876. Regnard Giov. Fran. 19 io. Rgnier. 122, 1255. Renzi (De) Salv. 1381. Resta Sebastiano. 703. Ricasoli Bettino. 583, 1207.

Sartine (De). 357.

Riccardo Cuor di Leone. 1259. Riccardo di Venosa. 1527. Ricci Corrado. 777. Ricci Lorenzo. 969.
Ricci Luigi. 773. Riccio Pier Francesco. 725. Richelieu. 644, 751. Righetti Carlo. 1888. Rigutini G. 1076, 1488. Robespierre. 573, 1344. Robilant (Di). 422, 1838.

Sbodio Gaetano. 1893. Scartazzini G. A. 597. Schedoni Bartolomeo. 1719.


Schiller. 186, 950, 1342. Schleinitz (Von). 627.

Schoell.

107.

Schntan (Fr. von). 1800.


Schrader. 188. Schwartz. 1 680. Sciesa Antonio. 1124. Scipione Africano. 637.
Scott Gualtiero. 391. Scotta Cesare. 892, 893. Scribe G. 19, 670, 671, Sebastiani Orazio. 656.

Roland (Madama). 744.

1917.

Romani

374, 530, 710, 735, 773, 915, 987, 1037, 1092, 1151, 1168, 1328,
43,

Felice.

103,

Seguier.

1639, 1732, 1733, 1901,1902, 1903. Ronconi. 735. Roqueplan Nestore. 635.

578. Sgur. 1570. Sella Quintino. 132, 323. Seneca Lucio Anneo. 38,
210,

170,

253,
570,

312,

502,

595.

404, 685,

478, 736,

commentatori, illustratori,

ecc.

563

795, 959, 1012, 1171, 1235, 1410,1414,1415, 1436, 1479, 1528, 1584, 1814. Seneca Marco Anneo. 1650. Senofonte. 1393, 1810. Sevign. 1296. Sforza Giovanni. 1564, 1927. Shakespeare. 284, 291,311, 355, 456, 760, 764, 869, 1042, 1299, 1742, 1743, 1744, 1799, 1859, 1860,1861, 1862. 1920. Siys. 449. Sigismondo I imperatore. 15 19.
757, 1175, 1430, 1663,
Silio Italico.

Sterne Lorenzo. 52, 53, Stoppani. 969. Strabone. 46, 1680.


Stringa. 580. Strozzi Filippo.

1862.

190, 725. Strozzi Gian Battista. 238. Strozzi Lorenzo. 725.

Svetonio.

128, 444, 599, 650, 916, 1005, 1129, 1357, 1519, 1602,1616, 1701, 1760, 1812.

1593.

Sillery.

1237.

Simon

Giulio. 337. Sincerus Junior. 1 5 7 1 Siraudin. 615. Sisto V papa. 808. Smiles Samuele. 1362.

Tacchinardi Nicola. 147. 591, 594, 653, 657, 723, 820, 916, 1617, 1700, 1771. Tallemant des Raux. 491, 1908. Talleyrand. 412, 442, 700, 927, 1432, 1572, 1581, 1742. Tansillo Luigi. 466.
Tacito.
Taparelli

D'Azeglio

Emanuele.

630.

Smith Adamo. 742, 937.


1335, 1441, 1627. Sofocle. 484. Solera Temistocle. 206, 896, 1093. Solone. 484, 1582. Somma Antonio. 244,1905,1925.
Socrate.

Tasca Pietro. 580.


Tassini.

601,
121,

Sonntag Enrichetta. 1485.


Soubise. 639.

Southey Rob. 936. Sozomeno. 1343. Spada Giuseppe. 1725.


Sparziano Elio. 821, 1652. Spencer Fil. Giac. 1801. Spinoza. 167.
Stal.

167.

Suhl. 1380.
Stazio. 916, 1330. Stecchetti Lorenzo. 25,

97, 98, 99, 270, 619, 704,878, 1512,

1574. Stendhal. 1728. Sterbini Cesare. 102, 335, 343, 558, 749,966,967,1036,1730, 1789, 1790,1791, 1852, 1853, 1854, 1855, 1856.

351, 582, 726, 727, 829, 830,831,832, 952, 1003, 1044, 1267, 1268, 1445, 1490, 1505, 1514,1587, 1603, 1634, 1713, 1714, 1715, 1716, 1717,1718, 1781, 1782, 1783, 1784. Tassoni Aless. 520, 899, 904. Teissier Antonio. 1739. Temistocle. 321. Tennemann. 1378. Teodoreto. 1343. Teofrasto. 1597. Terenziano Mauro. 14. Terenzio. 197, 227, 329, 568, 870, 1018, noi, 1417, 1438, 1525, 1561, 1582, 1659. Terrasson. 1465. Tertulliano. 221, 1324. Texier Edmondo. 780. Thackeray. 958.

Tasso Torquato. 89, 119, 141, 163, 195,240, 278, 352, 377, 409, 493,519, 663, 664, 712, 717,718,

5^4

Indice dei

nomi degli autori

Thiers. 390, 971, 1236.

Thode. 1615.

Thompson Samuele. 745. Thomson Giacomo. 936. Thou (De) Giac. Ang. 507, 1739.
Tiberio imperatore. 599. Tibullo. 312, 916. Tillotson John. 1344. Tito imperatore. 1005.

Tommasini

Oreste.

1293.

Tommaseo Niccol. 21. Tommaso (San). 1378.


1145. 1870. Torti Giovanni. 1786. Touquet. 1741. Traversa Rocco. 1075. Trier (De) G. 1790. Trivulzio Gian Giacomo. 644. Tucidide. 662. Turgot. 295. Tur pino. 171 2, Tzetza Giovanni. 496.
Tornielli Girolamo.
Torelli Giuseppe.

(Di) Riccardo. 1527. Venturi Adolfo. 125, 1325. Verbczi. 602. Verdi Giuseppe. 411. Verdier (Du) Antonio. 491, 1739. Verga Andrea. ']']']. Verville (B. de). 1007. Vespasiano imperatore. 128. Viennet. 593. Vignolles Stefano. 1256. Villa Tommaso. 891. Villani. 1358. Villari Pasquale. 991, 1293. Villemessant. i486. Villon Francesco. 1795.

Venosa

Virgilio.

28, 73, 74, 76, 117, 118, 127, 162, 180, 188, 209,

Uchard Mario. 1845.


Ulpiano. 1032,

1290.

Umberto I. 922. Urbano Vili papa. 518.


Valaresso Zaccaria.
1883. Valentini Ambrogio. 1668. Valentini Antonio. 1871. Valerio Massimo. 415, 637, il 71,

1679.

Vanloo A. 941.
Vanneschi. 187 1. Vannucci Atto. 1463. Varchi Benedetto. 729.
Varrini. 434.

257, 317, 318, 320, 332,350, 398,400, 401, 443, 474,479, 506, 575, 590, 642, 660, 716, 722, 725, 794, 798, 814,815, 872, 880, 898, 916, 956, 998, 999, 1000, 1040, 1041, 1046, 1102, 1107, 1116, 1147, 1159, 1185,1219, 1279, 130, 1307, 1308,1361, 1403, 1425, 1534, 1536, 1546, 1594, 1681,1682, 1083,1684, 1685, 1686, 1687, 1688, 1689, 1690, 1691, 1692, 1693, 1763, 1764, 1765, 1766, 1815. Visconti- Venosta Emilio. 629. Visconti- Venosta Gino. 1923. Vitale Vito. 1276. Vitruvio. 1678.
Vittorio

Emanuele

II.

455, 921,

1146.

Varrone M.Terenzio. 1287, 1521.


Vasari Giorgio. 238, 1824. Vassallo L. A. 1886. Vayra P. 455.

A. 40, 51, 401, 425, 690, 694, 750, 778, 795, 942, 1017, 1091, 1215, 1336,1338, 1344, 1432, 1442, 1453, 1484, i486, 1541, 1840. Voss Giovanni Enrico. 48, 689.
Voltaire F.

Vedova. 949.
Vegezio. 662.

"Waez Gustavo. 470.

Velay Umberto. 169.


Vellejo Patercolo.

Wagemann. 1293.
Wander. 1295.

1424.

commentatori, illustratori,

ecc.

565

"Wellington (Duca

di).

14]

Zaffira Giuseppe. 887.

Wesley Giovanni. 1381.


Wieland. 706. Wolf Ch. 191. Wright Tomaso. 1790.

Zamoyski Giovanni. 1236.


Zanardelli Giuseppe. 583. Zanella Giacomo. 849, 1097.

Wyon

Arnaldo. 1148.

Ximenes Francisco. 643.


Yorick.
I, 1649. Yriarte Carlo. 948.

Zazzera Francesco. 1827, 1828. 1746. Zenatti Oddone. 1134. Zenobio. 947. Zeviani Gio. Agost. 702. Zola Emilio. 1848. Zonara. 1356.
Zeli F.

INDICE DELLE FRASI


Il

numero che segue

la frase

si

riferisce al

numero progressivo

delle citazioni

les biens viennent en dormant. 491. battesimo suoni o a funerale. 740. Ab Jove principium. 1306.

aucuns

Ablue peccata, non solum faciem. 990. Ab ovo Usque ad mala. 1767. Abruzzo forte e gentile. 923.
j

Ab

Absit injuria verbo. 755. uno disce omnes. 209.

Abyssus abyssum invocat. 1656.

A A

Non gli fidar farina. can, che lecca cenere cavallo d'un cavai. 1923.
|

1667.

Accipe nunc

Danaum
non

insidias et crimine
|

ab uno. 209.

A A
A

chi natura

lo volle dire

Noi

dirian mille Ateni e mille

Rome.
chi

702.

segreto.? Ad un bugiardo o a un muto. 1027. compir le belle imprese. 13 18. consolarmi affrettati O giorno sospirato. 533. Acqua alle corde. 1359. Adagio nelle voltate. 1894.

un

calendas graecas. 1760. del passato Bei sogni ridenti. 243. Addio, mia bella, addio. 673. Addio mia bella Napoli. 824.

Ad

Addio

Addante, Pedro, con Adess disi. 1727.

juicio.

1300.
74.

Adgnosco

veteris vestigia flammse.

Ad

graecas,

bone
judice

rex, fient
lis

mandata calendas. 1760.

Adhuc sub

est.

585.

Adieu, adieu,

native shore. 1087. Ad majorem Dei gloriam. 1326. donna non si fa maggior dispetto. 384.

my

568

Indice delle frasi

Ad usum

Delphini.

1796.

Adversus hoslem seterna auctoritas [esto]. 1076. Advocatus sed non latro. 766. A egregie cose il forte animo accendono. 840.

Aequam memento

'Ast cpspet TI Atuy) xatvv. 947. rebus in arduis Servare mentem. 316. Afflavit Deus et dissipati sunt. 1342. fosco cielo, a notte bruna. 530. franco parlar risponder franche parole. 1446. A' generosi Giusta di glorie dispensiera morte. 181. A' giusti prieghi Di tanto intercessor nulla si nieghi. 173.
|

Agli infelici Difficile il morir. 833. Agli infernali Dei Con questo sangue il capo tuo consacro. 1834. Agnosco veteris vestigia flammae. 74. Ah bello a me ritorna. 103. Ahi Costantin, di quanto mal fu matre. 445. Ahi dura terra! Perch non t'apristi? 1163. Ahi fiacca Italia, d'indolenza ostello. 1057. Ahi Genovesi, uomini diversi. 894. Ah! il n'y a plus d'enfants! 539. Ahi Pisa! vitupero delle genti. 905. Ahi povero Yorick 1862. Ahi serva Italia, di dolore ostello. 105 1. Ahi sugli estinti Non sorge fiore. 838. Ahi sventura! sventura! sventura! 1723. Ahi vista! ahi conoscenza! 1717. Ah! le mtier est bien gt!... 1251. Ah! n'insultez jamais une femme qui tombe! 367. horse! a horse! my kingdom for a horse. 291. Ah pace O esacerbati spiriti fraterni. 667. Ah! perch non posso odiarti. 710. Ah quest'infame, l'amore ha venduto. 109. Ai nostri monti ritorneremo. 1095. Ait latro ad latronem. 1865.
| |

Ajunt multum legendum


! !

esse.

140 7.

alagria Alagria 1890. Alas, poor Yorick! 1862. Alcun non pu saper da chi sia amato. 67. Alfana vient ^equus sans doute. 1522. Alfredo, Alfredo Di questo core. ili.
j

jucundum est. 1430. Alle incolpate ceneri Nessuno insulter. 844. 'AXX' 75x01 {lv xaxa Oswv sv youvaot xstxai. 486. All'idea di quel metallo Portentoso, onnipossente. 335. All'ombra de' cipressi e dentro l'urne. 837^ Allons, enfants de la patrie. 669. Allons, saute, marquis. 19 io.
Aliquando
et insanire
|
|

Indice delle frasi

569

Ali the perfumes of Arabia. 284.

Alma terra natia. IO59. Alme incaute, che torbide ancora. 250. Almen la destra io ratta ebbi al par della
Alone with
his glory.

lingua. 458.

191. l'origine de toutes les grandes fortunes il y a des choses qui font trembler. 1184. Al quale ha posto mano e cielo e terra, io. Altera figlia Di quel Monarca, a cui N anco quando annotta, il sol tramonta, 950. Altera manu fert lapidem, panem obstentat altera. 121 1. Altera pars revocat quidquid pars altera fecit. 1606. Alterius non sit, qui suus esse potest. 733. Altissimo Signor del sommo canto. 1133.

e vivendo lemme lemme. 707. Araant alterna Camoenae. 1534. Ambo florentes aetatibus, Arcades ambo. 1692. Ambo le man' per lo dolor mi morsi. I162.

Amandosi

728. dico vobis. 1756. 'Ajiepat S'tdXotJiot jxdpxups oocpwxaxoi. 403. mezzo novembre Non giugne quel che tu d'ottobre Amici, diem perdidi. 1005. Amico, hai vinto: io ti perdon...; perdona. 163. Amicus certus in re incerta cernitur. 66. Amicus Plato, sed magis amica Veritas. 144 1.

me

chiedesti sangue.

Amen

fili.

597.

Amleto

della monarchia.

1144.

Amor che a nullo amato amar perdona. 84. Amor che al cor gentil ratto s'apprende. 83. Amor che nella mente mi ragiona Della mia Amore e Morte. 842. Amor mi mosse, che mi fa parlare. 81. Amour sacr de la patrie. 670.
|

donna. 82.

Anathema sit. 1808. Anca lu, sur Piccaluga, a Milan? 1888. Anche la speme, ultima dea Fugge i sepolcri. 1560. Anche questa da contar. 1733.
|

Anch'io sono pittore. 703. Ancora luce 865. Andare a Canossa. 328.
!

Andava combattendo, ed era morto. 1867. Andiam, che la via lunga ne sospigne. 1353. Andrem, raminghi e poveri. 471.

Anima Anima

1357. 1372. tapina. 1892. Animula, vagala, blandula


sciocca.

'Avs^j&icpd-u) x'joc.

Hospes, comesque corporis. 821.

570

Indice delle frasi

Anne,

Animum debes mutare, non clum. 38. ma soeur Anne, ne vois-tu rien venir?
nescis,
fili

1841.

An An

mi, quantilla prudentia mundus regatur? 588. nescis longas regibus esse manus ? 1246. Ante mortem ne laudes honinem quemquam. 484.
tiouv ccTixspov. 680. Sol che ne fui privo. 466. Aprs nous le dluge 330. Apriti, Sesamo! 1850. Aquse furtivse dalciores sunt, et panis absconditus suavis. 1155. quelle sauce voulez- vous tre mangs? 19 12.

'AvO-ptoTic

sau ^wov
il

Appena

vidi

Arbor

vittoriosa trionfale.

279.

Arcades ambo. 1692.

A
A

re malvagio, consiglier peggiore.


rifare l'Italia
ci

A Roma

1268. bisogna disfare le stte. 605. siamo e ci resteremo. 921.

Arrotini impazziti. ']']']. Ars longa, vita brevis. 404. Arte nata da un raggio e da un veleno. 776. Arte pi misera, arte pi rotta. 769. Art is long, and time is fleeting. 404.

Asino di Buridano. 1378. Assai lo loda e pi lo loderebbe. 194, 1364. Una lenta prudenza Assai pi giova, che i fervidi consigli,
]

a'

gran

perigli.

Assommer

12 16. un garde-champtre, ce n'est pas assommer un


tutt' er busilli. la

homme.

A
A

1916. sto paese ggi


tutti,

se vuole,

donna

la fa.

919. 358.

Auctor opus laudat. 1002. Audaces fortuna iuvat. 1102. Audacter calumniare, semper aliquid hret. 750.

Audax

Au demeurant
Auf Flgeln
uguri

Japeti genus. 804. le meilleur

fils

du monde. 1907.

Audentes fortuna iuvat. 1102. Audiatur et altera pars. 569.


des Gesanges.
15 11.
la

1469. Aujourd'hui, ce qui ne vaut pas

di Cicerone.

peine d'tre

dit,

on

le

chante.

1491.

Aurea mediocritas. 256. Aurea Roma, prima inter urbes. 916.


Auri sacra fames. 127.

Aut Csesar aut nihil. 948. Aut insanis homo, aut versus facit. 1500. Aut nomen, aut nihil satis. 190.
'A'JTO scpa.

14 14.

Indice delle frasi

57]

Avea

del e... fatto trombetta.

1280.

Ave, Imperator, morituri te salutant. 650. Avere il cervello nella schiena. 687. Aver perduto il ben dell'intelletto. 1426. A* voli troppo alti e repentini Sogliono i precipizj
|

esser vicini. 493.

Bagolamentofotoscultura. 1793. Barbarus hic ego sum, quia non intelligor uUi. 1077. Barufe in famegia. 431. Batti ma ascolta. 321. Beati gli occhi che la vider viva. 382. Beati mortui qui in Domino moriuntur. 857. Beati pauperes spiritu. 1369. Beati possidentes. 1183. Beati qui in iure censentur possidentes. 1183. Beato asperges del baston. 1885. Beato non far nulla. 992. Beatus ille, qui procul negotiis. 763. Becchini della Monarchia. 1839. Belisario obulum date imperatori. 496. Come un angiol, che Dio crea nel pi ardente Bella sporto d'amor. 373.
I

Suo

tra-

Bella Bella Bella, Bella Bella

coppia, il ciel vi guardi. 1896. figlia dell'amore. 108. horrida bella. 642. Immortai! benefica. 1323.

Italia, amate sponde. 1058. Bellum a nulla re bella. 152 1.

Ben

dell'intelletto. 1426. Benedetta colei che in te s'incinse! 1822. Benedette figliuole! non veggo l'ora che si maritino! 1016. Benedictio patris firmat domos filiorum. 439. Benedite, gran Dio, l'Italia! 1082. Ben '1 viver mortai, che si n' aggrada. 783. Bene qui latuit, bene vixit. 258. Benignamente d'umilt vestuta. 1648. Ben se* crudel, se tu gi non ti duoli. 1167. Ben ti riveggo con piacer Lisandro. 1721. Bestemmiando fuggi l'alma sdegnosa. 956. Bevendo in fresco, e bestemmiando Cristo. 1574 Beverei prima il veleno. 1569. Bibite, fratres, bibite, ne diabolus vos otiosos inveniat. 1568. Bigotti della Monarchia. 1839.

Bis dat qui cito dat.

151.

Bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare. 1627. Bis vincit qui Se vincit in victoria. 1584.
Bollente Achille.

711.

572

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Boni pastoris est tendere pecus, non deglubere. 599. Bonos corrumpunt mores congressus mali. 221. Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi. 12 io,
Brescia la forte, Brescia la ferrea. 900. Brevis esse laboro Obscurus fio. 1498. Brillare per la propria assenza. 1771. Britons never shall be slaves. 745.
:
|

Cada uno es hijo de sus obras. 1200. Caddi come corpo morto cade. 1392. Cselum non animum mutant qui trans mare currunt. 38.
Ceesarem vehis Caesarisque fortunam. il 18. Csesar non supra grammaticos. 15 19. a ira. 608. Calende greche. 1760. Calomniez, calomniez il en restera toujours quelque chose, 750 Camicia rossa, camicia ardente. 1075. Canis a non canendo. 152/.
;

Canoro elefante. 772. Cantabit vacuus coram latrone viator. 11 70. Cantoma, crioma, cinciand a la douja. 893. Caput mundi, regit orbis frena rotundi. 916. Cari luoghi, io vi trovai. 1092. Cameade! chi era costui? 11 28. Carpe diem, quam minimum credula postero. 1591. Car tel est notre plaisir. 1242. Caseus ille bonus quem dat avara manus. 1388. Casta Diva che inargenti. 1328. Castigat ridendo moes. 251. Castum esse decet pium poetam Ipsum. 1664. Caton se la donna, Socrate l'attendit. 859.
| [

Caussa patrocinio non bona peior


Ceci tuera cela. 21.

erit.

584.

Cdant arma togse, concdt laurea linguae. 765. Cedite Romani scriptores, cedite Graii. li 26. Cela ne va pas, cela s'en va. 858. Celeste Aida, forma divina. 375. Corrispondenza d'amorosi sensi. 115. Celeste questa Cenerentola, finiscila. 1898. Ce n'est pas assez d'avoir de grandes qualits, il faut en avoir l'conomie. 1583. Ce n'est pas possible: cela n'est pas franais. 1121. Ce n'est rien, C'est une femme, qui se noy. 1909. Ce n'tait pas la peine, Non, pas la peine, assurment, De
|

changer de gouvernement. 615. Ce qui manque aux orateurs en profondeur, en longueur. 15 17.

ils

vous

le

donnent

Indice delle frasi

573

C'era una volta un re e una regina. 1266. Certum est, quia impossibile est. 1324. Ce sont l jeux de prince. 577. Ces malheureux rois, Dont on dit tant de mal, ont du bon quelquefois. 1250. C'est beau, mais ce n'est pas la guerre. 652. C'est du Nord aujourd'hui que nous vient la lumire. 942. C'est elle! Dieu que je suis aise! 19. C'est la faute de Voltaire. 1741. C'est le commencement de la fin. 1742. C'est magnifique, mais ce n'est pas l guerre. 652. , C'est plus qu'un crime, c'est une faute. 389. C'est une grande habilet que de savoir cacher son habilet. 1423. Cet ge est sans piti. 541.
|

Ceterum censeo. 322. Chacun dit du bien de son cur,


son
esprit.

et

personne n'en ose dire de

696.
plaisirs.

Chaque ge a ses Chaque jour a sa

544.

peine. 792. Chassez le naturel, il revient au galop. 36. Chassez les prjugs par la porte, ils rentreront par la fentre. 36. Che bella lingua il greco! 1933.

Che chiede sempre e nulla d a nessuno. 1198. Che di Giuda il leon non anco morto. 917. Che fu il mal seme per la gente tosca. 1358. Che giova nelle fata dar di cozzo ? 48 1 Che i pi tirano i meno verit. 875. Che la rompo? 448. Che Tinse? 448. Che 'nanzi al di de l'ultima partita. 483. Che pi ti resta? infrangere. 693.
.

Cherchez

la

femme. 357,

717. Chevalier sans peur et sans reproche. 1120. Che vi sia ciascun lo dice, Dove sia nessun lo sa. 92. Chiare, fresche e dolci acque. 293. Chi delitto non ha, rossor non sente. 1637. Chi di voi senza peccato, getti su di lei la prima pietra. 165 Chiedete, e vi sar dato; cercate e troverete. 1556. Chi l'acqua beve. 1569. Chi la pace non vuol, la guerra s'abbia. 663.
|

Che

si? che si?

Chi Chi

1569. 457. Ch'i' non curo altro ben n bramo altr'esca. 1590. Chi non con me contro di me. 72.
la

squallida cervogia.

lo dice

non

lo fa.

Chi non lo dice lo fa. 457. Chi non sa ubbidire non sa comandare. 161

1.

574

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Chi per la gloria muor Vissuto assai. 1050. Chi per la patria muor Vissuto assai. 1050. Chi pu vantarsi Senza difetti? 874. Chi semina vento raccoglie tempesta. 641. Chi tace, acconsente. 1031. Chi vede il periglio N cerca salvarsi, il 13. Chi versa l'uman sangue, il sente. 207. Chi vive amante Sai che delira. 90. Chi vuole vada, chi non vuole mandi. 215. eh' un bel morir tutta la vita onora. 825. Cicero pro domo sua. 1761. Cifre son del suo volere. 13 16. Ci-gt ma femme oh qu'elle est bien. 362. Ci-gt Piron, qui ne fu rien. 19 15. Ci rivedremo a Filippi. 18 13. Ci siamo e ci resteremo. 921.
] |

Ciurma

Citt fetente. 904. sdraiata in vii prosopopea. 992.

Clamitat ad ccelum vox sanguinis et sodomorum. 1655. Claudite jam rivos, pueri sat prata biberunt. 1691. Cli enarrant gloriam Dei. 1309. Ccelum a non celando quia apertum est. 1521. Cogito, ergo sum. 1536. Chi v'insegna a camminar? 1856. Colla febbre, Don Basilio,
:
|

1781. Coloro che vincono, in qualunque modo vincano, mai non ne riportano vergogna. 499. Coloro Che visser senza infamia e senza lodo. 1366. Colui che la difesi a viso aperto,
I

Colli beati e placidi. 897. Col senno e con la mano.

mi.

Comanda

chi

pu
il

e ubbidisce chi vuole.

16 io.

rugiada al cespite D'un appassito fiore. 283. Comes facundus (0 jucundus) in via pro vehiculo est. 219. Come un forte inebriato. 1325. Come what come may. 311. Comme fuie e comme non fuie. 1880. Compagnia della Lesina. 129. Comparisons are odious. 873. Compelle intrare. 1805. Componitur orbis regis ad exemplum. 1260.
|

Come Come Come Come Come Come Come Come

fuoco. 68. frati minor vanno per via.


dell'oro
il

1277.

pan per fame

si

manduca. 1779.

la
le

uccider? 369.

pecorelle escon del chiuso, il 15. quei che con lena affannata. 1552. Dell'erba inaridita. 282. rugiada al cespite
|

Indice delle frasi

575

1902. Segni del tuo valore, o Sfregia, impressi. 1873. Concordia parvse res crescunt, discordia maxumae dilabuntur. 757. Congedo e paga intera. 771. Con la politica pi fina e bella. 1301. Con le idee donna Prassede si governava come dicono doversi far con gli amici. 965. Connu dans l'univers et dans mille autres lieux. 19 17. Conosci te stesso. 1393, Conosci tu il paese Dove non s' mortali. 878. Conosco i segni dell'antica fiamma. 75. Conscia mens recti famse mendacia risit. 1638. Consentire confessare. 1033. Considerate la vostra semenza. 1626. Consuetudo quasi altera natura. 33. Consuetudo est secunda natura. 34. Consuma dentro te con la tua rabbia. 752. Consummatum est. 1674. Contala, contala come fu 1880. Content, if hence th' unlearn' d their view may wants. 1416. Conticuere omnes, intentique ora tenebant. 1041. Contra miglior voler, voler mal pugna. 393. Contraria contrariis. 1380. Contritionem praecedit superbia. 964. Conveniunt rebus nomina saepe suis. 1527. Con vent' anni nel core Pare un sogno la morte. 850. Convier quelqu'un, c'est se charger de son bonheur pendant tout le temps qu'il est sous notre toit. 1567. Cor hominis disponit viam suam. 395. Corregge ridendo i costumi. 251. Corrispondenza d'amorosi sensi. I15. Corrumpunt bonos mores colloquia mala. 221. Corruptio optimi pexima. 200. Corruptissima republica plurimae leges. 594. Cortesia fu in lui esser villano. 1282. Cosa bella mortai passa e non dura. 790. Cosa fatta capo ha. 1358. Cose che il tacere bello. lOii. Cosi fan tutte. 356, Cosi nell'un come nell'altro passo. 1228. Cosi va il mondo, bimba mia. 1794. Cras amet qui numquam amavit; quique amavit, eras amet. ']']. Cras credo, hodie nihil. 1287. Credat Judaeus Apella. 476. Crede ratem ventis, animam ne crede puellis. 354. Credo quia absurdum. 1324. Cremonesi raangia-fagiuoli. 899.
il

Comprate
alti

mio

specifico.

Con

e spessi

576

Indice delle frasi

1687. Disce omnes. 209. Crucifige, crucifige eum. 1807. Crux de cruce. 1148. Cui concessus est finis, concessa edam sunt media ad

Cresci! eundo.

Crimine ab uno

finem
ordi-

ordinata.

1293.
est finis,
illi

Cui

licitus

licet

etiam

medium ex natura sua

natum ad talem finem. 1293.


Cui prodest scelus, is fecit. 210. Cujusvis hominis est errare. 977. Cujus vulturis hoc erit cadaver? 1819. Cum autem sublatus fuerit ab oculis, etiam cito transit e mente. 39. Cum finis est licitus, etiam media sunt licita. 1293.

Cum

nomine Caesaris omen. 948. Cuor leggero. 423. Curia romana non petit ovem sine

lana.

1188.

Dalla cuna alla tomba un breve passo. 789. Dal pigro e grave sonno, ove sepolta. 1052. Dal sonno alla morte un picciol varco. 829.

Dal tuo

stellato soglio.

Da me

son

fatti

Dammi, dammi

1327. miei pensier diversi. quel ferro. 1720.


i

1377.

Dammi un

punto d'appoggio e mover la terra e il cielo. 298. Dans cinquante ans, l'Europe sera rpublicaine ou cosaque. 943. Dans l'adversit de nos meilleurs amis, nous trouvons toujours

Dans un

quelque chose qui ne nous dplat pas. 69. grenier qu'on est bien vingt ans! 11 72. Da Scilla in Cariddi. 1737. Das Ewigweibliche. 341. Date un obolo a Belisario. 496. Dat veniam corvis, vext censura columbas. 202. Da ubi consistam, et terram clumque movebo. 298. Davus sum, non Oedipus. 141 7.

Debbono

saggi

Adattarsi alla sorte. 255.

Decet verecundum esse adolescentem. 537. Declina il mondo, e peggiorando invecchia. 410. De duobus malis, minus est semper eligendum, 1304. Degna Di poema chiarissimo e d'istoria. 1489. Degno di gloria quei che ruba un regno. 516. Deh fossi tu men bella o almen pi forte. 1054.
]

Deh non
Dei Dei

parlare al misero.
corti,

242.

De De De

1065. da far prestino. 1928. la costanza sua scudo ed usbergo. 310. l'altrui fida sposa a cui se' caro. 365. l'audace, encore de l'audace, et toujours de l'audace! 1099.
re congiurati la tresca fin!
sonetti,

Indice delle frasi

577

Del bel paese l, dove il s suona. 881. Delenda Carthago! 322. Del fare e del chieder, tra voi due. 152. Delieta juventutis meae et ignorantias meas ne memineris. 986. Della madre il camin segue la figlia. 434.
Delle spade
il

fiero

lampo. 676.

De male quaesitis vix gaudet tertius haeres. 266. De nihilo nihilum, in nihilum nil posse reverti. 301. De omnibus rebus et quibusdam aliis. 1484. De omni re scibili et quibusdam aliis. 1484.
Deos
263. 19 14. Der Mensch ist was er isst. 1566. Der preussische Schulmeister hat die Schlacht bei Sadowa nen. 141 i. Descriver fondo a tutto l'universo. 1777. De summo planus, sed non ego planus in imo. 1606, Dtestables flatteurs, prsent le plus funeste. 1470.
iratos laneos pedes habere.
le

De

par

roy, dfense Dieu.

gewon

Deus in medio eius non commovebitur. 307. Deus nobis haec otia fecit. 1546.
Devine
484.
si

tu

Dicitque bea tus

peux et choisis si tu l'oses. 1844. Ante obitum nemo supremaque funera debet.
|

Dictum sapienti Die Fortsetzung

sat est.
folgt.

io 18.
1746.

Diem

perdidi.

1005.

Die Politik der freien Hand. 627. Die Politik ist keine exakte Wissenschaft. 634. Dies irae, dies illa. 272. Dies mei sicut umbra declinaverunt. 787. Die Sonne geht in meinem Staat nicht unter. 950. Die Todten reiten schnell. 867. Dietro l'avello Di Machiavello. 232.
|

mal. 1337. Dieu et mon droit. 1259. Dieu me l'a donne: garde qui y touchera. 1142. Difatto, dopo morto, pi vivo di prima. 179. Difesa miglior, ch'usbergo e scudo. 1634. Difficile est satiram non scribere. 18 18. Dii lanatos pedes habent. 262. Dii, talem terris avertite pestem 1815. Dilexi justitiam, et odivi iniquitatem, propterea morior in exile
!

Dieu, c'est

565. basta uno per volta, quando non d'avanzo. 26. Diliges amicum tuum sicut teipsum. 62.

lio.

Di

libri

Dio dell'or, Del mondo signor. 333. Dio me l'ha data, guai a chi la tocca! 1142.
|

37

Indice delle

fr

Di Di Di Di Di

papaveri cinto e di lattuga. 1373. pi direi; ma di men dir bisogna. 475. poema dignissima e d'istoria. 1490. quell'amor eh' palpito, ilo.
quella pira
|

Diruit,

sedificat,

L'orrendo fuoco. 1736. mutat quadrata rotundis. 1696.


-

Discipulus est prioris posterior dies. 403.


Discite iustitiam moniti et

non temnere divos. 575. Diseur de bons mots, mauvais caractre. 6. Disjecti membra poetae. 1768. Dis-moi ce que tu manges; je te dirai ce que tu es. 1565. Di sua bocca uscieno Pi che mei dolci d'eloquenza i fiumi.
|

Di

tanti palpiti. 1729. Dite ai regi Che mal si compra co' delitti il soglio. 1249. Dito di Dio. 1749. Diu nature bertritet nicht. 300. Diverse lingue, orribili favelle. 1029. Diversi aspetti in un confusi e misti. 17 16. Divide et impera. 758.
|

Di

viltade Siam fatti esempio Divina Commedia. 1134. Diviser pour rgner. 758.
|

alla futura etade.

1374.

Diviserunt vestimenta ejus. 514. Divm domus. 916. Dixit insipiens in corde suo: Non est Deus. Dixitque Deus Fiat lux. 1669. Dolce color d'orientai zaffiro. 277. Dolce dell'alme universal sospiro. 731.
:

1329.

Dolce Dolce

far niente.
Stil
I

991.

nuovo. 1494.
Alla ragion,
[

Do

lode

ma

corro ove al cor piace. 976.


dai poemi!

Dominedio ci salvi Da i libri troppo lunghi e Domine, salvum fac regem. 1238. Dominus ddit. Dominus abstulit. 247. Domum servavit lanam fecit. 379. Donee eris felix multos numeralDis amicos. 66. Doni con volto amico, Con quel tacer pudico, don ti fa. 150.
|

25.

Che

accetto

il

Donne ch'avete

intelletto
|

d'amore. 87.

Donne, da voi non poco La patria aspetta. 347. Donne, donne, eterni Dei! 343. Dont elle eut soin de peindre et orner son visage. 136. Dopo il pasto ha pi fame che pria. 1562. Dormi, o Celeste: i popoli. 1554. Ac |ioC TTOo oxw %a xlvw TYjv Y^v. 298. Dove avete mai trovate tante fanfaluche? 1825.

Indice delle frasi

579

Dove che venga l'esule Sempre ha la patria Dove forza non vai giunga l'inganno. 508. Dove pecc, l'Altissimo Punisce il peccator.
|
|

in cor.

1088.

270.

Dubito ergo sum. 1536. Ducere soUicitae jucunda oblivia vitae. 1550. Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. 478. Due canne di panno rosato fanno un uomo da bene. 574. Due cose belle ha il mondo: Amore e morte. 842. Due gioie concesse Iddio agli uomini liberi sulla terra. 1633.

Due

volte nella polvere


et

Due

volte sugli aitar. 495.

Dulce

decorum

est pro patria mori.


di mori.

1048.

Du' minuti avanti

Dum Dum Dum Dum


D'un

853. loquimur, fugerit invida Aetas. 1021. loquor, hora fugit. 102 1. Romse consulitur, Saguntum expugnatur. 1348. vitant stulti vitia, in contraria currunt. 1662. pensiero, d'un accento Rea non son, n il fui giammai.
| |

1639.

Dunque che ? perch, perch ristai? 1375 Dunque ti lascio, o Rimini diletta. 912. Duo quum idem faciunt, saepe ut possis dicere
pune
facere huic,
illi

Hoc

licet

im-

non

licet.

227.

Durate, et vosmet rebus servate secundis. 318. Du sublime au ridicule il n'y a qu'un pas. 494.

Early to bed and early arise makes the man healthy, wealthy and wise. 1 381. E bevendo e ribevendo I pensier mandiamo in bando. 1569. Ecce homo. 1673. Ecce venio sicut fur. 1325. Ecco a te rendo il sangue tuo. 438. E clo descendit FvGt oeauTv. 1393. E compie' mia giornata inanzi sera. 826, 1368.
[

Economie sino

all'osso.

132.

con parole e con mani e con cenni. 16 19. crasez l'infme. 1338. crlinf. 1338. Edamus, bibamus, gaudeamus: postmortem nulla voluptas. 45.

tremano mitre e corone. 607. Ego sum Rex Romanus et supra grammaticam. 15
gi,

E E E

gi di l dal rio passato


gi

*1

merlo.

1231.
19.

Ego

1770. guerra e pace in questo sen t' apporto. 664.


|

te intus et in cute novi.

Eheu

fugaces. Postume, Postume Ei fu; siccome immobile. 845.

Labuntur anni. 551.

il

seguito verr.

1746.
|

istinto di

natura

L'amor

del patrio nido.

1045.

580

Indice delle frasi

'Ex

TCoX|iov [lv

E E

la
la la

Elle

^p etpivyj {lXXov satoxa'.. 662. baracca cos cammina. 615. fede degli amanti Come l'Araba fenice. 92. necessit gran cose insegna. 1354. est grande dans son genre^ mais son genre est
|

petit.

1485. El tegnaroo d'oeucc 1891. E mangia e bee e dorme e veste panni. 824. Embrassous-nous Folleville 1919. E mentre manda un gemito. 552. E mentre spunta l'un, l'altro matura. 17 18. Enfants terribles. 540. Enfin nous avons fait faillite! 1913. En France tout arrive, surtout l'impossible. 927. England expects that every man will do his duty. 1121. Enrichissez-vous. 337. En toute chose il faut considrer la fin. 397. Entra l'uomo, allor che nasce. 779.
!

"Eusa

Ttxepsvxa. 3.
[

perigliosa e vana

Se dal

ciel

non comincia ogn' opra umana.

1317.
piet con Bidone esser crudele. 174. Epistola enim non erubescit. 1015. E pi dell'opra che del giorno avanza. 1004. E poi? 1828.
si muove! 325. questo sangue. 728. quindi uscimmo a riveder le stelle. 1708. Era di notte e non ci si vedeva. 526. Era gi l'ora che volge il disio. 521. Era la notte e non si vedea lume. 526. Eran due ed or son tre. 1900. Eredit d'affetti. 116. Eripuit caelo fulmen, sceptrumque tyrannis. 295. Eripuitque Jovi fulmen viresque tonandi. 295.

Eppur

E E

bonum et malum. 1399. voi? 1836. Errare humanum est. 978. Error communis facit jus. 571. Erunt duo in carne una. 386. Esci di li, ci vo' star io. 331. E sei tu che macchiavi quell'anima. 1905. E se la vita fu bene, perch mai ci vien tolta? 8o. E se non piangi, di che pianger suoli? 1167. settentrional spada di ladri] Trta in corona. 1265. Es ist eine alte geschichte. 407. E s' udian gli usignuoli al primo albore. 520.
Eritis sicut dii, scientes

Eroi, eroi,

Che

fate

Indice delle frasi

58]

Esser bella a che dunque mi giova. 137. Essere o non essere, questo il problema. 1299. Est bien fou de cerveau Qui prtend contenter tout le monde et son pre. 1297. Est deus in nobis, agitante calescimus ilio. 1499. Est est est! 1868. Est modus in rebus. 1577. Estote prudentes sicut serpentes, et simplices sicut columbae. 1285. Est proprium stultitiae aliorum vitia. cernere, oblivisci suorum.
j

1659.

Est quaedam

fiere voluptas.
xc.

1165.
prince,
si je

"H xv 73 skI Et quoi me


l'arbitraire?

648.
d'tre

servirait-il

ne

faisais

pas de

1244. Et ces deux grands dbris se consolaient entre eux. 237. Et des boyaux du dernier prtre. 609. Et ego in Arcadia. 17 19. Eterno femminino. 341. Et excitatus est tamquam dormiens Dominus. 1325. Et facere et pati fortia Romanum est. 1098.

Etiam periere ruinae. 497. Et je veux qu'il me batte, moi! 372. Et le combat cessa, faute de combattants. 658. Et le gnie, qu'est-ce qu'il deviendra pendant que
l'ordre? 1233. Et l'on revient toujours
|

j'aurai de

Et moi aussi je Et refellere sine

fus pasteur

ses premiers amours. 37. dans l'Arcadie. 17 19.

pertinacia et refelli sine iracundia parati sumus.

1365. Et Rosette a vcu ce que vivent les roses. 861. Et semel emissum, volt irrevocabile ver bum. 1025.

Et sequitur leviter filia matris iter. 434. Et ses mains ourdiroient les entrailles du

prtre. 609.

E
Et

tu onore di pianti, Ettore, avrai.


voil justement

1049.

comme on

crit l'histoire!

425.

uno

dei vantaggi di questo

mondo
759.

quello di potere odiare ed

essere odiati senza conoscersi.

Eureka. 1678. Eviva Gianduja. 893. E vota e gira, 'a storia sempe chessa. 616. Ex abundantia cordis os loquitur. 1431. Excelsior. 1097. Exegi monumentum aere perennius. 178. Exoriare aliquis nostri ex ossibus ultor. 725. Expedit (vobis) ut unus moriatur homo pro populo. 579. Experto crdite. 400.

582

Indice delle frasi

Faber est suae quisque fortunae. 482. Faciamus experimentum in anima vili. 1738. Faciendi plures libros nuUus est finis. 27.
Facilis descensus Averni. 398.

non potest. 460. eundo. 1687. Fa manto del vero alla menzogna. 119. Fama super aethera notus. 188. Fango che sale. 604. Far come colui che piange e dice. 1166. Fas est et ab hoste doceri. 1225. Fata viam invenient. 479. Fatti non foste a viver come bruti. 1626. Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento. 125. Felix qui potuit rerum cognoscere causas. 1403. Femina, cosa mobil per natura. 352. Femina cosa mobil per natura. 353.

Facit indignatio versum. 1501. Factum est illud; fieri infectum

Fama

crescit

Feminea

tutior

unda

fide.

354.
est,

Feminis lugere honestum

viris

meminisse. 723.
351.

Femmina cosa garrula e Femmine da conio. 1653.


|

fallace.

Fenesta ca lucive e mo non luce. 854. Feriuntque summos Fulmina montes. 955. Fermatevi se potete. 1826. Fert. 1147.
farina e forca. 51. Festina lente. 1602. Fiat justitia et pereat mundus. 572. Fiat lux. Et facta est lux. 1669. Fiat unum ovile, et unus pastor. 1186. Fiat voluntas tua. 1609. Fides tua te salvam facit: vade in pace. 172. Fidi all'infame gara. 738. Fidus Achates. 474. Figli tutti d'un solo riscatto. loi. Figliuoli, state allegri. 1827.

Feste,

^IXoc,

iJiv

HcoxpocxYj,

Fils de Saint-Louis,

XX cptXxocxy] f^ Xi^^sta. 1441. montez au ciel. 864.

Fin de sicle. 1798. Finis Poloniae. 450. Mi sembri veramente quand' io t'odo. 911. Fiorentino Fiorentino spirito bizzarro. 963. Fiorir sul caro viso Veggo la rosa. 145. Firmissima est inter pares amicitia. 70. Flavit Jehovah et dissipati sunt. 1341. Fluctibus et fremitu adsurgens, Benace, marino. 898.
|
\

Indice delle frasi

583

Fdere

et religione

tenemur. 1147.

Fneratur Domino qui miseretur pauperis. 158.

Forma
Forsan

ideal purissima
et haec

Della bellezza eterna. 342. olim meminisse juvabit. 1682.


[

Fortes fortuna adjuvat. noi. Fortes in fine assequendo et suaves in


324Forte spingava con

modo

assequendi simus.

ambo

le

piote. 713.

Fortiter in re, suaviter in

modo. 324.
1147.

Fortitudo ejus

Rhodum

tenuit.

Fortuna multis dat nimis, satis nulli. 488. Fortuna opes auferre, non animum potest. 502.
355. luna appare. 529. Francisci Rabelesii xal xwv cpiXtov. 18. Fra Pasquale, Che nella cella tacito dimora. 1198. L'Italia s' desta. 1072. Fratelli d'Italia, Fruges consumere nati. 803. Fuggi, fuggi per l'orrida via. 1925. Fugit interea, fugit irreparabile tempus. 1594. Fu il vincer sempre mai laudabil cosa. 498. Fulgida e bionda ne l'adamantina. 1264. Fundamentum est justitiae fides. 1209. Fuori i barbari! 1078.
Frailty,

Fra

thy name rami fulgida

is

woman!

la

Galeotto fu

il

libro e chi lo scrisse.

86.

Gaudium
Geflgelte

est miseris socios habuisse

pnarum. 233.
1232.

Worte.
si

3.

TeXolov yp, Gente, a cui

"^'o,
fa

xv ys cpXaxa qpuXaxo SetoO-ai. notte innanzi sera. 1368.

Genus

irritabile

Get thee

to a

vatum. 1502. nunnery! i86t.

Gettare le perle innanzi ai porci. 1284. Gi l'aura messaggera erasi desta. 519. Gi dello spirto il memore Moto veloce langue. 552. Giammai, Signore, una parola snella. 971. Gigni de nihilo nihilum, in nihilum nil posse reverti. 301. Gino, eravamo grandi E l non eran nati. 1069. Gino mio, l'ingegno umano Partor cose stupende. 462. Gira, volta, e' son Francesi. 930. Giunto sul passo estremo. 553. Giurare sulle parole del maestro. 14 14. Gliene die cento, e non senti le diece. 823. Gli teco cortesia l'esser villano. 1283. Il sole. 839, 866. Gli occhi dell' uom cercan morendo Gli sia concesso il non vedervi almeno. 715. Glissez, mortels, n'appuyez pas. 1298.
|

584

Indice delle frasi

Gli stati non si tengono con i paternostri in mano. 574. Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre che la perdita del patrimonio. 340. Gli uomini
si

vergognano non
721.

delle

ingiurie che fanno,

ma

di

quelle che ricevono.

Fvw^t osauxv. 1393. Godiamoci il papato poich Dio ce l'ha dato. 1191.
Godi, Firenze, poi che se' God save the king. 935.
s

grande. 908.
gli

Gola e vanit, due passioni che crescono con

anni. 1668.

Governo negazione

di Dio. 454.

Grandi occhi fataU. 144.


dei traduttor d'Omero. 1139. sonno e pi l'esser di sasso. 238. Grattez le Russe, et vous trouverez le Cosaque. 944. Grave ipsius coscientiae pondus. 260.

Gran traduttor
il

Grato m'

Gridando, libert! 678. Grido di dolore. 455. Guai ai vinti 659. Guai se ti sfugge un motto. 1037.
!

Guarda com' entri, e di cui tu ti fide. 472. Guarda Don Bartolo! Sembra una statua. 1791. Guarda il calor del sol che si fa vino. 281. Guerra in tempo di pace. 1800.
]

Gutta cavat lapidem. 312.

Habent sua

fata libelli.

14.

Hsec est ultima ratio regis. 643. Hsec habeo, quae edi, quaeque exsaturata libido. 46. Hsec oportuit facere et illa non omittere. 1461. Hai tradito il cielo e amor. 105. Hanc veniam petimusque damusque vicissim. 164. Hannibal ante portas. 1762.

Hanno il cervello nella schiena. 687' Han picciol vanto Le gemme l, dove n'abbonda il mare. Havvi tormento al mondo Che al mio s'agguagli? 469.
|
|

T180.

Hei mihi! qualis erat! quantum mutatus ab Hell is paved with good intentions. 391.
Heredis fletus sub persona risus est. 338. Hesterni quippe surhus, et ignoramus. 802. Hie manebimus optime. 323. Hie Rhodus, hie salta. 1108.

ilio.

1765.

Historia testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis. 1538. History which is, indeed, little more than the register of the crimes, follies and the misfortunes of mankind. 1541.

Hoc

erat in votis.

1695.

Indice delle frasi

585

impune facere huic, illi non licet. 227. opus, hic labor. 998. signo vinces. 651. volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas. 1240. Hodie mihi, eras tibi. 792. Homines dum docent discunt. 14 10. Homo est animal bipes rationale. 681. Homo est animal bipes sine pennis. 680. Homo homini Deus. 800. Homo homini lupus. 800. Homo natus de muliere, brevi vivens' tempore, repletur multis miseriis. 786. Homo proponit, sed Deus disponit. 394. Homo semper aliud, fortuna aliud cogitat. 395. Homo sum; humani nihil a me alienum puto. 197. Honesta mors turpi vita potior. 820. Honi soit qui mal y pense. 419. Hos ego versiculos feci, tulit alter honores. 506. Humanum amare est, humanum autem ignoscere est. 168.
licet

Hoc Hoc Hoc Hoc

loco e '1 tempo e l'ora. 11 52. Si chiaman Balifla. 542. I canti che pensai ma che non scrissi. 97. Ich bin besser als mein Ruf. 186. Ich bin der Geist, der stets verneint! 705.
I'

benedico

il

I bimbi d'Italia

I confronti sono odiosi. 873. I defunti, che pietosi e cari


noi. 846. Idem velie atque

Vengon

ne' sogni

a favellar con

idem

nolle, ea

demum

firma amicitia est. 60.

lo'j -^ T80C cO'j xal x Tci^Tjixa. 1108. I fratelli hanno ucciso i fratelli. 654. Ignis ardens. 11 50. I granatieri piemontesi
II arrive

Il Il
Il

Il Il
Il

Il

Il
Il

non si arrendono mai. 11 23. quelquefois des accidens dans la vie, d'o il faut tre un peu fou, pour s' en bien tirer. 1429. a travaill, il a travaill pour le roi de Prusse. 639. balen del suo sorriso. 146. bello lo splendore del vero. 133. bel paese Ch'Appennin parte e '1 mar circonda e l'Alpe. 882. bel paese l, dove il s suona. 881. ben passato e la presente noia! 240. bruno il bel non toglie. 141. buio, la pioggia, la neve. loi. buon senso c'era; ma se ne stava nascosto per paura del senso
|

Il
Il

comune. 1422. can danzando con

tre cagnolini.

1870.

compilait, compilait, compilait. 690.

586

Indice delle frasi

Il
Il
Il

danaro

il

Dio che

atterra e suscita.

nervo della guerra. 644. 132 1.

divino dei pian silenzio verde. 280.

Il
Il Il Il Il

Il

Il Il

Il
Il

Il
Il Il Il Il

Il
Il

en est des adages populaires comme des billets en circulation. 4. est avec le ciel des accommodements. 271. est du vritable Amour comme de l'apparition des esprits. 113. fare un libro meno che niente. 1 faut bonne mmoire, aprs qu'on a menti, 1455. faut tre bien hros pour l'tre aux yeux de son valet de chambre. 1296. faut qu'une porte soit ouverte ou ferme. 1349. femminile eterno. 341. fine giustifica i mezzi. 1293. forte si mesce col vinto nemico. 739. Franco Ripassi l'Alpi e torner fratello. 1079. gentile terremoto. 187 1. Colori esecrabili. 1067. giallo ed il nero giusto cade sette volte il giorno. 1657. governo libero deve reprimere, prevenire giammai. 583. gran nemico dell'umane genti. 1782. gran Pane morto. 1332.
.
|
j

muros peccatur et extra. 199. terrarum mihi praeter omnes Angulus ridet. 879. Il linguaggio lo specchio dell'anima. 1012. Uli quorum immortales animse in locis iisdem loquuntur. 2 2. Uli robur et aes triplex, ino. Il loco Dove convien che di fortezza t'armi. 1106.
Iliacos intra
Ille
| i

Illud amicitise sanctum ac venerabile

nomen. 59.
nil agere.

Illud iners
Il

quidem jucundum tamen maledetto non ha fratelli. 206.


|

991.

Il
Il

Il

matrimonio il sepolcro dell'amore. 363. merto d'ubbidir perde chi chiede La ragion del comando. 1614. mestiere di molestar le femmine, il pi pazzo, il pi ladro, il
pi arrabbiato mestiere. 361. metodo senza metodo. 1926. mio core maggior di mia fortuna. 501. modo pi bello, secondo il mio parere. 1039. mondo invecchia e invecchiando intristisce. 409.

Il Il Il Il Il Il

morbo
sazione.

infuria

Il

pan

ci

manca. 453.
e,

nostro secolo di transizione

quel che peggio, di tran-

1463.

(Il)

nudo
nulla
I

Arido vero che de' vati tomba. 1507.

Il
Il

pi veggenti savj. 849.

Il Il

bello, e il bello non nuovo. 689. n'y a pas de hros pour son valet de chambre. 1296. n'y a point de sots si incommodes que ceux qui ont de l'esprit. 698.

nuovo non

Indice delle frasi

587

Il
Il Il

Il Il

n'y n'y n'y n'y n'y


plus.

a a a a a

plus de Pyrnes.

1091.

plus une seule faute commettre. 390. que le premier pas qui cote. 1109. que les morts qui ne reviennent pas. 862.
rien de chang

en France

il

n'y a qu'un franais de

1143.

pi bel fiore ne coglie. 1496. portoghese gaio ognor. 941. Il potere in Italia non ha arricchito nessuno. Il rauco suon della tartarea tromba. 1783. Il reviendra. 1847. Il santo Vero mai non tradir. 1205. Ils chantent, ils payeront. 49. Il segreto per esser felici. 43. Il settembre innanzi viene. 289. Ils n'ont rien appris, ni rien oubli. 412. Il suon dell'arpe angeliche. 1734. Il tempo danaro. 1597. tempo infedele a chi ne abusa. 1601.
Il Il

1206.

n
Il Il

Il

Travaso delle

idee. 1936.

vecchiotto cerca moglie.

102.

Il
Il

Il
Il

Il
Il Il

Il

verde la speme tant' anni pasciuta. 1066. vero condito in molli versi. 1505. vezzoso terremoto. 1871. viver si misura Dall'opre e non dai giorni. 996. y a des gens qui n'auraient jamais t amoureux. 1 14. y a des hros en mal comme en bien. 205. y a des juges Berlin. 576. y a loin du poignard d'un assassin la poitrine d'un honnte homme. 208. y a peu d'honntes femmes qui ne soient lasses de leur m|

tier.
Il

1645.

y a quelqu'un qui a plus d'esprit que Voltaire, c'est tout-lemonde. 700. Imago animi sermo est. 1012. Immagini del di guaste e corrotte. 303. Immagini di ben seguendo false. 426. ^ I morti vanno presto. 868. Imperare parendo, duces agere dum sequuntur, admescere. 161 1. Imperare sibi maximum Imperium est. 1584.
Imperativo categorico. 1537. Imperium et libertas. 591. Impossibilium nulla obligatio est. 570. Impossible n'est pas un mot franais. 1 121. Improbe amor quid non mortalia pectora cogis. 76. Impronta Italia domandava Roma. 618. In anima vili. 1738.

588

Indice delle frasi

Incidis in Scyllam, cupiens vitare Incipit Vita Nova. 17 io.

Chary bdim. 1737.

In corpore vili. 1738. Inde irae et lacrimse. 714. Indipendenti sempre, isolati mai. 629. Indizio un naso maestoso e bello. 140. Indocti discant et ament meminisse periti. 1416. Infandum, regina, iubes renovare dolorem. 1159.
14 19. Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes. 637. Ingratus unus omnibus miseris nocet. 640. In hoc signo vinces. 651. Inimici hominis domestici ejus. 430. Iniquissima hsec bellorum conditio est. 653. In Italia il potere non ha arricchito nessuno. 1206. Initium sapientise, timor domini. 1395. In magnis et voluisse sat est. iioo. In multiloquio non deerit peccatum. 1020. Innanzi al d dell' ultima partita. 483. Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi. 535. In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas.
Infinita la schiera degli sciocchi.

743Innocenti

li

assolvo, e rei
tuis
fecit.

li

dono. 1713.
tua.

In omnibus operibus

memorare novissima

811.

Inopem me copia
|

1174.

In questa forma Passa la bella donna e par che dorma. 830. In questo secolo L'abito tutto. 1622. Insanis, Paule; multse te literse ad insaniam convertunt. 1482. In sette spezzato da sette confini. 1064. Insomma io resto attonito, n posso attribuire! 1929. Instauratio facienda ab imis fundamentis. 1745. Intangibile conquista. 922. Intendami chi po', ch'i m' intend' io. 1711.
|

Intender non la pu chi non la prova. 42. In tenui labor, at tenuis non gloria. 1000.
Inter arma silent leges. 645. Inter prandendum sit saepe parumque bibendum. 1387.
Intolerabilius nihil est quam femina dives. 381. Intra due cibi, distanti e moventi. 1378. Intus et in cute novi., 1770.

In tutt' altre faccende affaccendato. 1724. Inveni portum. Spes et fortuna valete. 1547. In verit vi dico. 1756. In vino Veritas. 1571. In virt de la santa bolletta. 1179. Invita Minerva. 701. Io credo eh' ei credette ch'io credesse. 1774.

Indice delle frasi

589

Io Io Io Io Io Io Io Io Io Io

credo nella Zecca onnipotente. 336. 1702. fui sesto tra cotanto senno. 1704. mi son un che, quando Amor mi spira, noto. 1493. non credo alla geografia. 1543. non morii, e non rimasi vivo. 1164. non piangeva; s dentro impietrai. 1161. non so chi tu sie, n per che modo. 1823. non voglio saper quanto sii casta. 98. parlo per ver dire Non per odio d' altrui n per disprezzo.
era tra color che son sospesi.
|
|

1447. Io per ordinario


1930.

Fra questi
|

si

e e
'1

no son

di parer contrario.

Io rimango

in forse;

Che

'1

si

no nel capo mi tenzona.

1931.
Io Io Io Io Io Io Io Io Io Io Io
so' io, e voi nun zete un e... 1245. son colui che tenni ambo le chiavi. 473. son fatta da Dio, sua merc, tale. 1636. son per pratica Pur troppo istrutto. 1622. son ricco, e tu sei bella. 1732. sono docile, son rispettosa. 967. sono un Principe O sono un cavolo? 1254. ti guardo negli occhi che sono tanto belli. 143.
j

vengo a dirti addio. 673. venni in loco d'ogni luce muto. 531. vr Gerusalem, tu verso Egitto. 17 14. I placidi tramonti della monarchia. 622. Ipsa sua melior fama. 187. Ipse dixit. 1 4 14. Ira breve furore.... 708.
Ira furor brevis est. 708. Irascimini et nolite peccare. 730. Irrevocati di. 246.
Is fecit cui prodest. I

210.
j

souma

fieuj
|

d'

Gianduja

Na

sola famia. 892.

Dall' armi, e pi da' suoi costumi oppressa. 890. Italia e Vittorio Emanuele. 620.
Italia giace

tuo soccorso nato. 1056. o tu cui feo la sorte. 1053. Italia mia, non men serva che stolta. 1052.
Italia,
Italia,

Italia,

il

Italia!

Italiani, al
Italiani,

campo,

al

campo. 676.
1540.

io vi esorto alle storie.

Amleto. 1144. Ite ad Joseph. 1802. Ite ad vendentes. 17. Ivi povera vivea. 1173. I' vo gridando: pace, pace, pace. 666.
Italo

590

Indice delle frasi

J'accuse!... 1848. Jacta alea est. 948, 1357. J'ai failli attendre. 1258.
J'ai vcu. 449.

ardet Ucalegon. 1685. Jamais! 971. Jamais l'exil n'a corrig les rois. 413. Jani Parrhasii et amicorum. 18. J'appelle un chat un chat, et Rolet un fripon. 1448.

Jam proximus

J'attends

Je atans

mon astre. mon anstre.


|

1557. 1557.

Je m'en vay chercher un grand peut-tre. 855. Je n'ai mrit Ni cet excs d'honneur ni cette indignit. 192. J'en passe et des meilleurs. 1747. Je prends mon bien partout o je le trouve. 1497. Je reprends mon bien partout o je le trouve. 1497. Je trouve deux hommes en moi. 706. Jeux de prince, qui ne plaisent qu' ceux qui les font. 577. Je vais chercher ailleurs (pardonne, ombre romaine !). 1084. Je veux que le dimanche chaque paysan ait sa poule au pot. il 78. J'vite d'tre long, et je deviens obscur. 1498.
Jo. Grolierii et amicorum. John Bull. 934. Jovis omnia plena. 1306.
17.

Judex damnatur ubi nocens absolvitur. 581.


Jurare in verba magistri. 14 14. Jus summum ssepe summa est malitia. 568. Juste milieu. 1580.
Justitia erga

Deos

religio.

567. voluntas ius


562.

Justitia est constans et perpetua

suum cuique

tri-

buens. 562.
Justitia

suum cuique
et

distribuit.

Justum

tenacem propositi virem. 308. Justus ut palma florebit. 564.


J'y suis et j'y reste. 326.

Kategorischer Imperativ. 1537.

Kennst du das Land, wo Koucpa aot x^w^ stcocvcdGs Krieg im Frieden. 1800.

die

Citronem blh'n. 886.


817.

Tiaot,.

La base de tuto. 1182. L'abate Cancellieri Che principiava dal cavai Labitur occulte, fallitque volubilis setas. 1595. La bocca sollev dal fiero pasto. 1563. Labor omnia vincit Improbus. 999.
|
|

di Troia.

1019.

La

carit del natio loco.

1043.

Indice delle frasi

591

La calunnia un venticello. 749. Lacerator di ben costrutti orecchi. 1277. Lches oppresseurs de la terre. 185. La Compagnia della Lesina. 129.
l.a

conobbe

al vestir di color

cento.

756.

La contingenza, che fuor del quaderno. 1322. La crsa Niobe. 1140. La couronne vaut bien une messe. 1464. La Cour rend des arrts et non pas des services. 578. L'acqua che io prendo giammai non si corse. 1409. La crainte fit les Dieux; l'audace a fait les Rois. 1234. La critique est aise, et l'art est difficile. 249. La dimanda onesta Si dee seguir con l'opera tacendo. 461. La donna mobile qual piuma al vento. 348. L dove i peccatori stanno freschi. 1778.
j

L'adresse est pour lui, mais la lettre est pour moi. 1079. Laetus sum laudari a laudato viro. 196. La faon de donner vaut mieux que ce qu'on donne. 149. La faiblesse est plus oppose la vertu que le vice. 1371. I^ faute en est aux Dieux. 376.

La fiera della vanit. 958. La finzion del vizio A vizio ver declina. 1667. La force prime le droit. 513. La fortuna e l'ardir van spesso insieme. 1103. La France est un gouvernement absolu, tempr
|

par des chan-

sons.

50.
|

fronda dell' aller Non langue mai. 1050. garde meurt et ne se rend pas. 1123. gioia verace Per farsi palese. 1154. gloria di Colui che tutto muove. 1308. grammaire qui sait rgenter jusqu'aux rois. gran mendica. 902. grande Nation. 928. Laissez faire, laissez passer! 742.

La La La La La La La
La La

15 19.

lgalit

nous

tue.

593.
lo spirito vivifica.
gli
altri

lettera uccide

ma
|

8.

L'altissimo Canto 1510.

Che sovra

com' aquila vola. 1133,


destra.

La mano sinistra non sappia quel che fa la tua L'amaro e rio caflf. 1569. La meraviglia Dell'ignoranza figlia. 1402.
|

156.

L'America degli Americani. 108 1. L' amico mio e non della ventura. 64. L'amist fra tiranni malsicura. 71.

La moglie di Cesare. 1202. La monarchia ci unisce, la repubblica ci dividerebbe. 621. L'Amor che muove il sole e l'altre stelle. 1305.

592

Indice delle frasi

La morte non

male.

561.

L'amour propre fait que nous ne trouvons gures de gens de bon sens, que ceux qui sont de notre avis. 982. La musique est le plus cher, mais le plus dsagrable des bruits.
1533natura ha orrore del vuoto. 299. navicella del mio ingegno. 679. L' anima semplicetta, che sa nulla. 30. L'animo pronto, ma il potere zoppo. 459. La noia in qualche modo il pi sublime dei sentimenti umani. 56. La noia e '1 mal della passata via. 1780. La noia Tetra visitatrice e non chiamata. 55. La nostra patria vile. 619. La notte che mor Pier Soderini. 1372. L'antiquo valore Ne l'italici cor non ancor morto, il 12. La parole a t donne l'homme pour dguiser sa pense. 1432. La pazienza cosa dura e conviene meglio alla groppa del somiero. 315. La pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno. 885. La plupart des hommes emploient la premire partie de leur vie rendre l'autre misrable. 548. La plupart des honntes femmes sont des trsors cachs qui ne sont en sret que parce qu'on ne les cherche pas. 1646. La politica delle mani nette. 626. La politique n'a pas d'entrailles. 600. La popularit, c'est la gloire en gros sous. 183. La poule au pot. il 78. L'apptit vient en mangeant. 1568. La prima delle cose necessarie di non spendere quello che non si ha. 1302. La proprit c'est le vol. 610. La proprit littraire est une proprit. 148 1. La Prusse, le pays classique des coles et des casermes. 931. La pudica d'altrui sposa a te cara. 365. L' aquila grifagna Che per pi divorar due becchi porta. 933. La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio cosi

La La

512. L'arbre de la libert ne saurait crotre, s'il n'tait arros sang des rois. 862. La rpublique n'a pas besoin de savants. 1483. Largo al factotum. 1789. L'arido legno Facilmente s'accende. 91. L'aritmetica non un'opinione. 1544. L'arte, che tutto fa, nulla si scopre. 1003. L'arte per l'arte. 1530. Larve d'amor fuggite insieme. 470.
|

La

netto. 424. raison du plus fort est toujours la meilleure.

du

Indice delle frasi

593

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. 1352. Lascia gli scrupoli, dimmi che m'ami. 112. Lascia pria ch'io favelli e poi rispondi. 1833. Lasciate il prossimo Morire in pace. 1444. Lasciatemi la gloria di morir povero. 1208. Lasciate ogni speranza voi ch'entrate! 1559. Lasciate passare la volont del paese. 624. Lasciva est nobis pagina, vita proba est. 1665. L senza fallo mi trover. 1730. La sete naturai che mai non sazia. 1401. La setta de' cattivi Dio spiacenti ed a' nemici sui. 1367. L'asino di Buridano. 1378. La soif s'en va en beuvant. 1568. La spada di quass non taglia in fretta. 264. L'assottigliarla pi meglio anche fora. 130. * Last, not least. 1744. La storia maestra della vita. 1538. La Suburra Invade il Palatino. 1651. La terra Ch'Apennin parte, e '1 mar e l'Alpe serra. 882. La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi. 889. La terra dei morti. 1084. La terra.... Simili a s gli abitator produce. 1044. La terreur est l'ordre du jour. 863. Latet anguis in herba. 118. AaO-s tojaac. 258. Latifundia perdidere Italiam. il 76. Latin sangue gentile. 884. La Tragdie court les rues. 655. La tranquillit rgne Varsovie. 656. La tua benignit non pur soccorre. 153. La Turchia, il grande malato. 946. Laudari a laudato viro. 196. Laudate eum (Dominum) in cymbalis benesonantibus. 1671. Laudate pueri Dominum; laudate nomen Domini. 1345.
| j

Laudato ingentia rura. 257. Laudator temporis acti. 408.

La La La La

1640. 1434. vrit est en marche: rien ne peut plus l'arrter. 1848. vrit ne fait pas tant de bien dans le monde, que ses apparences y font de mal. 1473. La vertu n'irait pas loin, si la vanit ne lui tenait compagnie. 959. La via lunga, e il cammino malvagio. 1707.
verit nulla

verginella simile alla rosa.

menzogna

frodi.

La La La La

vide, e la conobbe; e rest senza. 171 7. vie prive d'un citoyen doit tre mure. 442.
vita che

mi

desti ecco
'1

ti

rendo.

1059.

vita el fin e
38

di loda la sera. 485.

594

Indice delle frasi

La vita fugge e non s'arresta un'ora. 784. La vostra avarizia il mondo attrista. 126. La vostra iniseria non mi tange. 1636. La vraie science et le vrai tude de l'homme c'est l'homme. 1394. Le accademie si fanno oppure non si fanno! 1932. Le caf doit tre chaud comme l'enfer, noir comme le diable. 1572. Le chiavi del Mediterraneo sono nel Mar Rosso. 926.
Le ciel dfend, de vrai, certains contentements. 271. Le clricalisme, voil l'ennemi! 631. Le coeur lger. 423.
Lecta potenter.... res. 1488.

Lectorem delectando pariterque monendo.

5.

Le

dernier des rois


tre.

trangl avec les

boyaux du dernier pr-

609.

Le despotisme, tempr par l'assassinat. 945. Le divorce est le sacrement de l'adultre. 370. Le fiumane dei vostri valloni Si devian per correnti Legem brevem esse oportet, quo facilius ab imperitis Le genti d'Italia son tutte una sola. 1074.
|

diverse. 1063.

teneatur. 595.

Leges bello siluere coactse. 645. Leggi e non re. 1199. Legio mihi nomen est, quia multi sumus. 1757. L' Egitto degli Egiziani. 1080. Le gouvernement russe est une monarchie absolue tempre par

Le

945. dans les mots brave l'honntet. 1013. L'elegante citt dove con Flora. 909. Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? 596.
latin
attire pas tant de perscutions de haine que nos bonnes qualits. 754. Le mani alz con ambedue le fiche. 1866. Le mani son, ma chi pon legge ad esse? 596. Le miserie d'Mons Travet. 1792. L' mort? l' propri mort? Cossa voeur di. 851. L'Empire c'est la paix. 598. L'ennui naquit un jour de l'uniformit. 58. Lente dell'avaro. 131. Leonessa d' Italia. 900. Le persone non sono ridicole se non quando voglion parere o essere ci che non sono. 1477. Le plus ne des trois n'est pas celui qu'on pense. 1740Le plus beau (livre) qui soit parti de la main des hommes. 9. Le pour et le contre se trouvent en chaque nation. 876. Le profit de l'un est le dommage de l'autre. 505. benedette figliuole! non veggo l'ora Le ragazze! l ragazze!... iot6, che si maritino

l'assassinat.

Le livre tuera l'difice. 21. Le mal que nous faisons ne nous


et

Indice delle frasi

595

du duc d'Orlans. 169. 1237. roi rgne et ne gouverne pas. 1236. Les affaires, c'est l'argent des autres. 1006. Les affaires, c'est le bien d'autrui. 1007. Les amis de l'heure prsente. 65. Les aristocrates la lanterne! 608. Les Chassepot ont fait merveille. 972. Les Dieux s'en vont. 1331. Le secret d'ennuyer est celui de tout dire. 10 17. Les femmes sont extrmes: elles sot meilleures ou pires que
roi de
les injures roi

Le Le Le

France ne venge pas


vive
le roi!

est mort,

les

hommes. 344.
sa-

Les fous sont, aux checs, les plus proches des rois. 1255. Les grands noms abaissent, au lieu d'lever ceux qui ne les
vent pas soutenir. 1271. Les grands ne sont grands que parce que nous noux levons-nous. 229.
:

sommes

ge-

Les hommes font

les lois,

les

femmes

font les

murs. 346. mes na

Le Le
Les Les Les Les Les Les

silence
sita....

du peuple

est la leon des rois.


:
|

1263.

tute a peupr

Na

c dsa, na c dl e an

stra.

877.

ne se battent pas. 1086. morts vont vite. 868. neiges d'antan. 1795. nerfs des batailles sont les pcunes. 644. passions sont les seuls orateurs qui persuadent toujours. 31. Portugais Sont toujours gais. 941. L'esprit qu'on veut avoir, gte celui qu'on a. 695. Les querelles ne dureraient pas longtemps, si le tort n'tait, que d'un ct. 587. Les sots depuis Adam sont en majorit. 1420. Le style c'est l'homme. 1492. Le superflu, chose trs-ncessaire. 40. L' tanta ciara 1893. L'tat c'est moi. 1239. Le temps est un grand matre. 1598. Le teste di legno fan sempre del chiasso. 1427. Levato quer viziacelo di rubbare. 1879. Levemus corda nostra cum manibus ad Dominum in clos. 1346. L'evento Su le ginocchia degli Dei s'asside. 486. Levis sit tibi terra! 817. L' vun de la Questura. 1895. L'exactitude de citer, c'est un talent beaucoup plus rare que l'on ne pense, i. L'exactitude est la politesse des rois, 1257. L' han giurato Li ho visti in Pontida. 446. L'histoire n'est que le tableau des crimes et des malheurs. 1541.
Italiens
|

59t>

Indice delle frasi

L'homme s'agite, mais Dieu le mne. 395. L'honntet des femmes est souvent l'amour de leur rputation et de leur repos. 366, L'hypocrisie est un hommage que le vice rend la vertu. 1458. Libera Chiesa in libero Stato. 630. Liberamente al domandar precorre. 153. Liberamente il forte Apre al dolor le porte. 1158. Liberata Italia ab exteris. 1078. Liberi non sarem se non siamo uni. 1060.
j

Liberi sensi in libere parole. 1445. Libert, santa dea. 731. Libert va cercando, eh' si cara. 732. Libert comme on t'a joue 744. Libert, Egalit, Fraternit. 746. Libert, libert chrie. 671. Libito fe' licito in sua legge. 1652. Libri quosdam ad scientiam, quosdam ad insaniam deduxere. 20. Librum.... signatura sigillis septem. 1758. L'idioma gentil sonante e puro. 910. capo basso. 1791. L'illustre bindolo
! !
|

L'imagination est

la folle

du

logis.

694.

L'infinita vanit del tutto. 782. L'Inghilterra la sola amica d'Italia. 939.

L'ingratitude est l'indpendance du cur. 635. Lingua che chiami mamma e babbo. ii77 Linquenda tellus, et domus, et placens Uxor. 819. Lisandro, siedi, e libero m'esponi. 1721. L' Italia degli Italiani. 1080. L' Italia far da s. 1 08 3. L'Italie est la terre des morts. 1084. L'Italie est une expression gographique. 1085.
|

Littera

enim

occidit,
alii

spiritus

autem

vivificat.

8.

Litus ama, altura

teneant.

12 19.

Li vivi poi-poi, bboni o ccattivi. 852. Lo bello stile che mi ha fatto onore. 1413. Lo bel pianeta che ad amar conforta. 276. Lo dolce ber che mai non m'avria sazio. 1573. Lo giorno se n'andava e 1' aer bruno. 522. Lo giurai, la vincer. 966. Lo ministro maggior della Natura. 274.

Longum
Lontan

iter est per praecepta. 253. dagli occhi lontan dal cuore.

39.

L'ordre rgne Varsovie. 656. Lorsqu' Auguste buvait, la Pologne tait ivre. 1261. Lo schermitor vinto di schermo. 12 1. Lo spagnuolo non beve. T903.

Indice delle frasi

597

Lo

spavento del malvagio dev'essere combinato

coli'

innocenza

1935. Lo spirto pronto, ma la carne stanca. 459. Lo spirito spira dove vuole. 686. Lo stato un ente che pu aver tutto, eccetto il cuore. 600. Lo stile l'uomo. 1492. Lo strepito dell'armi e de' cavalli, il 19. Lotta per la vita. 797. Che per pi divorar due bocche porta. 933. L'uccel di Giove Lucus a non lucendo. 1520. Lui sfolgorante in soglio. 1472. Lumen in ccelo. 1149. Luna, romito aereo Tranquillo astro d'argento. 275. Lunga promessa con l'attender corto. 1212. Lungi da queste carte i cisposi occhi gi da un secolo rintuz|

del colpevole.

zati.

12.

uomo un bipede implume. 680. L'uomo non vive di solo pane. 1478. L' uomo propone e Dio dispone. 394. Lupus est homo homini, non homo. 800.
L'
L'utile sovente
|

I pi schivi allettando

ha persuaso. 334.

Ma Ma

che cosa questo amore. 102.


di color che sanno.
il

Macht geht vor Recht. 513.


Maestro
1127.
1575.
fu l'ultimo

birbone.

difetto men vergogna lava. 988. Magister dixit. 14 14. Magister est prioris posterior dies. 403.

Maggior

Magna

fuit quondam capitis reverentia Magnanimi lombi. 228.

cani.

555.

Magna Magna Magna

parens frugum. 880. phaselus. 899. servitus est magna fortuna. Ii75. parsimonia. 1586. Magnum vectigal Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo. 443. Ma il libro di natura ha l'entrata e l'uscita. 492. Ma il sol gi celasi; Tace ogni zeffiro. 1553. Major e longinquo reverentia. 16 17.
|

Mais le lecteur franais veut tre respect. 1013. Mais o sont les neiges d'antan? 1795. Mala aurea in lectis argenteis, qui loquitur verbum
suo. 1030. Ma l'aspettate in van: son tutti morti.

in

tempore

1883.

Malo mori quam Malo quam bene

foedari.

1644. 1635.

olere,

nil olere.

Maledetti, andate via!

1853.

598

Indice delle frasi

Maledetto sia l' istante. 106. Maledictus homo qui confiait in homine. 801. Maledicus a malefico non distat nisi occasione. 748. Malesuada fames ac turpis Egestas. I185. Malheureuse, j'appris plaindre le malheur! 401. Malignamente gi si mette al nego. 154. Manducemus et bibamus, eras enim moriemur. 47, Maneat nostros ea cura nepotes. 1686. Manet alta mente repostum. 722. Mane Thecel Phares. 1672. Mangez de la brioche. 1266. Mangi tu, mangio ancor io, mangiamo tutti col nome di Dio. 1877. Manibus date lilla plenis. 1689. Man lebt nur einmal in der Welt. 791. Ma noi giacciamo nauseati e stracchi. 619. Ma petite me, ma mignonne. 821. Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene. 606. Ma se mi toccano dov' il mio debole. 967. Materiem superabat opus. looi. Ma un bel fuggir salva la vita ancora. 825. Ma vie est un combat. 795. Ma voi siete cristiane, o Maddalene! 1466. Maxima debetur puero reverentia. 536. Maximus in minimis Deus. 13 io. Medice, cura te ipsura. 962. Medicina animi. 23. Medio de fonte leporum Surgit amari aliquid. 799.
|

Medio tutissimus ibis. 1579. Megio de cussi la non potria andar. 1887.
Meglio
citt

guasta che perduta. 574.

Mehr

Licht. 865.

Melanconia, Ninfa gentile. 155 1. Melior est canis vivus leone mortuo. 810. Melius est darum fieri quam nasci. 184. Me, me (adsum qui feci) in me convertite ferrum. 1690. Memento homo quia pulvis es, et in pulverem reverteris. 822. Memento mori. 822. Memento novissimorum. 822. Meminisse juvabit. 1682. Memoria minuitur, nisi earn exerceas. 1405. Mendacem memorem esse oportere. I455'

Meno

ritrosa sarai pi bella.

378.

Me

non nato a percotere. 1203. Mens agitt molem. 1307. Mens immota manet, lacrimse volvuntur
in corpore sano.

inanes. 320.

Mens sana

1379.

Indice delle frasi

599

Mentem peccare, non corpus. 1647. Mentez, mes amis, mentez. 1453. Mercato nuovo ancor dopo mill' anni. 1875. Merci de cette bonne parole! 1845. Messer Lodovico, dove avete mai trovate tante fanfaluche? 1825. Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba. 1709.
Msxaaovo|j,v sv-ssv.

1331.
'

Metodo senza metodo. 1926.

Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo. 1712. Michel, pi che mortale, Angel divino. 1135. Mi fa tremar le vene e i polsi. 11 14.
Migliore della sua stessa fama. 186. heri, et tibi hodie. 793. Miles gloriosus. 957. Militia est vita hominis super terram. 795. 'Mille grazie, mio signore. 1852. Minaccioso l' arcangel di guerra. 1073. M'insegnavate come l'uom s'eterna. 1408. Minuit prassen tia famam. 161 8. Mirari quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset. 1469. Misera contribuens plebs. 602. Miser chi mal oprando si confida. 261. Misericordia! cantavano i grilli. 1878. Misericordia et Veritas obviaverunt sibi justitia et pax osculatae sunt. 566. Mi so el pi gran tirano dopo Dio. 949.

Mihi

Modus omnibus
Moglie

in rebus....

optumum'st habitu. 1578.

di Cesare.

1202.

Molletta in truscia. "]']']. MoUiter ossa cubent. 816. Molte fiate gi pianser li figli. 436.

Molto egli opr col senno e con Molto rumore per nulla. 1799.

la

mano. 1781.

Mon

Dieu, quelle guerre cruelle

706.

Monsieur d'La Palice est mort, 1921. Monsieur Tout-le-Monde qui a beaucoup plus d'esprit que M. Vol700. systme est qu'on serait heureux de se servir soi-mme. 215. Moriamur pro rege nostro Maria Theresia. 1137. Moriatur anima mea morte philosophorum. 1333. Moriemur inultae! 815. Morir denno i plebei furfanti oscuri. 517. Morituri te salutant. 650.
taire.

Mon

Morte fura Mortua cui

Prima
vita est

migliori,

e lascia star

rei.

203.

prope jam vivo atque videnti. 1368. Mostra a dito ed onorata andresti. 195. Much ado about nothing. 1799.

6oo

Indice delle frasi

Mulier cum sola cogitt male cogitt. 359. Mulieres in ecclesiis taceant. 360. Mulier recte olet, ubi nihil olet. 380. Multae te literse ad insaniam convertunt. 1482. Multa magis quam multorum lectione formanda mens. 1407. Multa renascentur quse jam cecidere. 1523. Multa tulit, fecitque puer, sudavit et alsit. 1698. Multi autem erunt primi novissimi et novissimi primi. 230. Multi sunt vocati, pauci vero electi. 231. Multitudo non est seqaenda. 1222. Mundus vult decipi, ergo decipiatur. 507. Muojono le citt, muojono i regni. 832. Muora, muora. 447.

Muore un

Mutato nomine de

brigante e nasce un liberale. 740. te fabula narratur. 18 16.


nicht.

Nach Canossa gehen wir

328.
1156.
ardet.

Nam Nam Nam Nam

paritur pax bello. 662.


praevisa
vitiis

minus

laedere tela soient.

tua res agitur, paries

cum proximus
1660.

332.

nemo

sine nascitur.

Nanni, si ce penzo, mme vene na cosa. 188 1. Natio borgo selvaggio. 914. Nation of shopkeepers. 937. Natura abhorret vacuum. 299. Naturae sequitur semina quique suae. 871. Natura il fece, e poi roppe la stampa. 148. Natura in operationibus suis non facit saltum. 300. Natura maxime miranda in minimis. 13 to. Naturam expelles furca, tamen usque recurret. 35. Natura non facit saltus. 300. N apostati, n ribelli. 632. Nec habet eventus sordida praeda bonos. 266. Nec male olere mihi nec bene olere placet. 1625. Nec minor est virtus quam quaerere, parta tueri. 692.

Nec plus ultra. 1680. Nec possum tecum vivere, nec sine te. 79. Nec scire fas est omnia. 1397. Nec sine te, nec tecum vivere possum. 80. Nec vixit male qui natus moriensque fefellit.

258.

N
N

del vulgo
elettori

mi

cai

di fortuna.

1363.

eletti.

632.

Nei miei regni non tramonta mai il sole. 950. Nel cammin di nostra vita Senza i rai del ciel cortese. 13 18. Nel dolce tempo della prima etade. 534. Nel fuggir del sole La ruina del mondo manifesta. 523.
|

Nella chiesa co' santi, e in taverna co' ghiottoni. 220.

Indice delle frasi

6o]

Nel mezzo del cammin di nostra vita. 550. Nel militare, il superiore ha sempre ragione. 968. Nel mondo Sua ventura ha ciascun dal d che nasce. 477. Nemo est lam senex qui se annum non putet posse vivere. 560. Nemo potest duobus dominis servire. 12 14.
j

propheta acceptus est in patria sua. 1089. NsvtxYjxa FaXiXas. 1343. Neque imbellem froces progenerant aquilae columbam. 434. Neque mittatis margaritas vestras ante porcos. 1284. Neque vitiatur utilis per hanc inutilem. 1290. Ne quid nimis. 1582.

Nemo

Nervi bellorum pecuniae. 644. Nervus gerendarum rerum pecunia. 644.


Nescire quid ante

quam

natus

sis

acciderit, id est

semper esse

puerum. 1539.
Nescis,
fili mi, quam parva sapientia regitur mundus. 588. Nescit vox missa reverti. 1024.

sillaba di Dio mai si cancella. 13 14. Nessuna professione si sterile come quella delle lettere. 1480. Nessun giorno senza corbelleria. 997. Nessun maggior dolore Che ricordarsi del tempo felice Nella
|

miseria.

239.
gradito nella sua patria.

Nessun profeta

1089.
192.

Ne
Ni

sutor ultra crepidam. 415. cet excs d'honneur ni cette indignit.

Niega agli afflitti aita. 155. Nigra sum sed formosa. 142.
Nihil difficile amanti. 78. Nihil est, quod deus efficere non possit. 13 19. Nihil sub sole novum. 406. Nil actum credens, quum quid superesset agendum. 313. Nil admirari. 405. Nil agere delectat. 991. Nil igitur fieri de nihilo posse putandum est. 301. Nil praeter nomen tumulo. 190. Nil sine magno Vita labore dedit mortalibus. 995. Nil sub sole novi. 406. Niobe of nations. 918. Ntc|>ov avofiiTjfjiaTa ^t\ nova.'^ ocptv. 990. Nitimur in vetitura semper, cupimusque negata. 32. Ni un pouce de notre territoire, ni une pierre de nos forteresses. 661. Nobilis est ruta quia lumina reddit acuta. 1390. Noblesse oblige. 1269. Noch ist Polen nicht verloren. 451. Nocte pluit tota, redeunt spectacula mane. 506. Noi altri Italiani e* innamoriamo in chiesa. 96.
|
|

6o2

Indice delle frasi

Noi morirem, ma non morremo inulti. Noi siamo piccoli ma cresceremo. 543. Noi siam vigliacchi. 619.
Noli

']2'j.

me

tangere.

1675.

1679. Nolite ergo soUiciti esse in crastinum. 792. Nolite judicare, ut non judicemini. 166 1. Noli turbare circulos meos. 1679.

Noli, obsecro, istum disturbare.

Non Argus, largus, non Matusalem, Madalena. 1389. Non avea catenella, non corona. 1588. Non bene olet, qui bene semper olet. 1625. Non bene pro toto libertas venditur auro, 734. Non bisogna abolire la propriet, perch oggi di pochi. 61 1. Non bramo altr' esca. 1590. Non e' scusa, il fatto accusa. 420. Non commovebitur. 307. Non conosci il bel suol che di porpora ha il ciel? 887, Non crepa un asino Che sia padrone. 1443. Non cuivis homini contingit adire Corinthum. 225. Non curiamo l' incerto domani. 44. Non dee guerra co' morti aver chi vive. 831. Non dolet. 1356. Non il mondn rumore altro che un fiato. 175. Non impresa da pigliare a gabbo. 11 77 Non erat hic locus. 1697. Non sempre d' accordo il labbro e il core. 1450. Non est bonum esse hominem solum. 428. Non est, crede mihi, sapientis dicere Vivam Sera nimis vita
|
|

est crastina:

Non Non Non Non ex omni Ugno Mercurius. 226. Non expedit. 633. Non faccio per vantarmi Ma oggi una bellissima giornata. Non fare ad altri quel che non vuoi che sia fatto a te. Non fa scienza Senza lo ritenere, avere inteso. 1404. Non fiere, non indignari, sed intelligere. 167. Non gettate le vostre perle innanzi ai porci. 1284. Non giudicate affine di. non essere giudicati, 1661. Non ignara mali, miseris sucurrere disco. 401. Non in solo pane vivit homo. 1478. Non la siepe che l'orto v' impruna. 1063. Non multa sed multum. 1407. Non olet. 128. Non omnia possumus omnes. 872. Non omnibus dormio. 1467.
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| |

vive hodie. 1592. est vivere, sed valere vita. 1628. Il veder nel suo tormento. 1157. ver che sia contento Il peggior di tutti i mali. 834. ver che sia la morte

1922. 1288.

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603

Non omnis moriar. 177. Non parce que, mais quoique. 1797. Non parto, non resto. 1355. Non plus ultra. 1680. Non possidentem multa vocaveris Recte bea tum. I183. Non posso, non devo, non voglio. 1725. Non possumus. 1726. Non potes successorem tuum occidere. 480. Non quod intrat in os, coinquinat hominem. 1576. Non ragioniam di lor, Ma guarda e passa. 1703. Non relinquetur hic lapis super lapidem qui destrnatur. 1756. Non restar pietra sopra pietra. 1756. Non saprei.... non li ho contati. 1575. Non saremo abili, ma soprattutto vogliamo essere onesti. 624. Non scese, no, precipit di sella. 1784. Non si commetta al mar chi teme il vento. 12 17. Non son poi di quei babbioni. 1790. Non so se il riso o la piet prevale. 1722. Non sum propheta, et non sum filius prophetse. 421. Non tali auxilio, nec defensoribus istis Tempus eget. 162. Non ut edam vivo, sed ut vivam edo. 1627. Non v'accorgete voi, che noi slam vermi. 682. Non v' animale pi invidioso del letterato. 753. Non vitae sed scholae discimus. 141 5. Non volo mortem impii, Sed ut convertatur et vivat. 984.
] |
|

Nosce

Nos fait merveille! 972. Nos quoque floruimus, sed flos erat ille caducus. 545. Nos vertus ne sont le plus souvent que des vices dguiss.
Notte d'amor tutta splendor. 525. Notte! funesta, atroce, orribil notte. 528. Notte per me funesta! 527. Notus in Judaea. 1751.

ipsum. 1393. fusils Chassepot ont


te

1459.

Nous arrivons toujours trop tard. 1350. Nous aurions souvent honte de nos plus belles actions monde voyait tous les motifs qui les produisent. 1474. Nous avons chang tout cela. 1924. Nous avons tous assez de force pour supporter les maux
trui.

si

le

d'au-

234. Nous nous saluons bien, mais nous ne nous parlons gure. 1336. Nous sommes les carabiniers. 1350. Novello Tifi invitto. 1138. Novo peregrin d'amore. 521. Nox erat et clo fulgebat luna sereno. 524. Nudus egressus sum de utero matris meae. 247. Nulla a tanto intercessor si neghi. 171 3. Nulla dies sine linea. 997.

604

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Nulla nuovo sotto il sole. 406. Nulla pi raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile. 224. Nulla fere causa est, in qua non femina litem moverit. 357. Nulla lex satis commoda omnibus est. 592. Nulla terra exilium est, sed altera patria. 1090. Nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum. 1022. Nullum esse librum tam malum, ut non aliqua parte prodesset. 13. Nullum est jam dictum, quod non dictum sit prius. 1525. Nullum est sine nomine saxum. 292. Nullum magnum ingenium sine mixtura dementiae fuit. 685. Nul n'aura de l'esprit, hors nous et nos amis. 699. Numerantur enim sententise, non ponderantur. 628. Numera Stellas si potes. 1670. Numero deus impare gaudet. 1693. Numero quindici, a mano manca. 1730.

Nunc animis opus, ^nea, nunc pectore firmo. II07. Nuovi tormenti e nuovi tormentati. 1773. Nutrimentum spiritus. 23.
animai grazioso e benigno. 1821. anima mia profetica! i860. Obbedisco. 161 2. Obblio preme chi troppo all'et propria increbbe. 182. Obedire oportet Deo magis quam hominibus. 131 1. Obedite praepositis vestris etiam dyscoles. 1607. '0 ioc paxuc, r\ S xs^vt] iiaxpT^. 404. Obsequium amicos, Veritas odium parit. 1438. Obstupui, steteruntque comse, et vox faucibus haesit. 11 16. Occhio per occhio, dente per dente. 267. O Cesare o Niccol. 948. O Cesare o nulla. 948. O ciechi, il tanto affaticar che giova. 827. O con questo o su questo. 648. Oculos habent et non videbunt. 981. Oculum pro oculo et dentem pro dente. 267. Oderint dum metuant. 16 16. Odi profanum vulgus, et arceo. 1694. O dolcezze perdute! o memorie. 244. O fortunatam natam me consule Roma m 951. O fresc'aure volanti sui vaghi Ruscelletti dei prati lombardi. 896.
.
|

O O

Oggi a me e domani a te. 792. Ogni cosa mortai Tempo interrompe. 1600. Ogni dolcezza, ogni pensiero umile. 1273. Ogn'erba si conosce per lo seme. 432. Ogni vilt convien che qui sia morta. II05. Ognun v' barattier, fuor che Bonturo. 906.
|

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605

quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei. 418, 1456. O gran padre Alighier. 1132. Oh che bella festa! oh che bella festa! 1889. Oh come ben mia moglie qui si giace. 362. Oh de'verd'anni miei. 546. Oh gran bont de' cavallieri antiqui! 1270. Oh! le bon billet qu' l La Chtre! 12 15. Oh le vecchie, le vecchie, amico mio. 559. Oh Libert, que de crimes on commet en ton nom 744. Oh maledetta Sii tu, mia patria antica. 619. Oh non per questo dal fatai di Quarto. 1071. Oh vecchia] a maledetta. 558. OC yaGol soaTiotTirjTOt,. 201. O imitatores, servum pecus. 688. O le fanno in tedesco, e allor chi le capisce? io 14.
!
|

Ognun vede

Oleum
Oltra

operam perdidi. 396. rogo non vive ira nemica. 835. Ombrose piante D'antica selva. 278. O miseri o codardi figliuoli avrai. 440. Omne solum forti patria est ut piscibus sequor. 1090.
et
il
|

Omne tulit punctum qui miscuit Omne vivum ex ovo. 302.


Omnia mea mecum porto. 1171. Omnia munda mundis. 1643.
Omnia, quae de
1599.
terra sunt,

utile dulci.

5.

in terram convertentur. 812.

Omnia tempus habent

et sui spatiis transeunt

universa sub cselo.

Omnia vincit amor, et nos cedamus amori. 73. Omnibus hoc vitium est cantoribus, inter amicos. 1503. Omnis ars naturae imitatio est. 1528. Omnis dives aut iniquus est aut heres iniqui. 1184. Omnis homo mendax, 1449.
i860. a souvent besoin d'un plus petit que soi. 160. affaiblit toujours tout ce qu'on exagre. 1437. aime bien deviner les autres, mais l'on n'aime pas tre devin. 124. 'Ovap x Ato ottv. 305. On devient cuisinier, mais on nat rtisseur. 1566. On doit des gards aux vivants: on ne doit aux morts que la

O Morte, Morte Cui O my prophetic soul!


|

tanto invoco. 836.

On On On

On donne On On
entre,

1442. des conseils, mais profiter. 1227.

vrit.

on ne donne pas
780.

la sagesse

d'en

on

crie

Et

c'est la vie.

est toujours l'enfant

de quelqu'un. 441.

6o6

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On ne chicane pas le gnie. 684. On ne donne rien si libralement que ses conseils. 248. On ne loue d'ordinaire que pour tre lou. 147 1. On ne peut contenter tout le monde et son pre. 1297. On ne peut perdre plus gaiement son royaume. 1256. On n'est jamais si bien servi que par soi mme. 215. On n'est jamais si heureux, ni si malheureux qu'on s'imagine. 464. On n'est jamais si ridicule par les qualits que l'on a, que par
celles

que l'on

affecte d'avoir.

1475.

"Ov

o\

Onor

Gsol (^tXoDoov TcoGvi^axst vo. 813. d'imperadori e di poeti. 279.

Onorate l'altissimo poeta. 1131. On peut tre plus fin qu'un autre. 123. On revient toujours A ses premiers amours. 37.
|

'OTtsp

set,

Ssgai.

1677.

Oportet esse ut vivas, non vivere, ut edas. 1627. gloria mundi! 808. cerebrum non habet. 416. Ora e per sempre addio, sante memorie! 245. Ora e sempre. 1829. Ora incomincian le dolenti note. 468. Ora siam piccoli, ma cresceremo. 543. "Opa xXo [laxpo ioo. 484. Orazio sol contro Toscana tutta, il 17. Or fu giammai Gente s vana come, la sanese.? 907. O Roma o morte. 920. Or tu chi sei, che vuoi sedere a scranna. 414. O rus, quando ego te adspiciam! quandoque licebit. 1550. Or va su tu, che se' valente. 1549. O salienti da' marini pascoli vacche del cielo, grigie e bianche nuvole. 297. O sancta simplicitas 14 18. O sanctus Deus, quanta mala patimur pro Ecclesia sancta Dei. 1192. Os ex ossibus meis, et caro de carne mea. 385. Os habent, et non loquentur. 981. O signore, dal tetto natio. 895. O sole, pi rapido a sorger t'appresta. 532. O tempora, o mores! 1650. te-toi de l, que je m'y mette. 331. Otium cum dignitate. 1545. Otium sine litteris mors est. 1479. O, true apothecary Thy drugs are quick. 1859. Oui, si nous n'avions pas des juges Berlin. 576. O peut-on tre mieux qu'au sein de sa famille. 427. Ov' pi bello tacer che dire. loii. Oviparum genus arboreum. 302.

O quam cito transit O quanta species!...

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607

O O O

voi che avete gl'intelletti sani. 1506. voi che siete in piccioletta barca. 1409. what a noble mind is here overthrown 869.
!

Pace e gioia il ciel vi dia. 1854. Pace, pace, mio Dio, cruda sventura. 668. Padroni delle acque. 504. Paete, non dolet. 1356. Paga Pantalon. 601. Pallida mors aequo pulsat pede pauperum tabernas turres. 818. Palmam qui meruit ferat. 1632.

Regumque

Panem Ev
Papa

et circenses. 51. (xyac xGvrjxs. 1^32.


tutti.

Pantalon paga per

601.

1195. Parcere subjectis et debellare superbos. 590. Parce sepulto. 814. Pardieu les plus grands clercs ne sont pas les plus fins! Parea Don Bartolo fatto di sasso. 1791. Pares autem cum paribus facillime congregantur. 70. Parigi, o cara, noi lasceremo. 1096. Paris vaut bien une messe. 1464. Paritur pax bello. 662. Parian l'opre, e poi s'intende. 13 16. Parole alate. 3. Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus. 399.
!

potest extra jus, supra jus et contra jus.

122.

Parum

eloquentiae, sapientiae nihil.

15 16.

Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non. 213. Parvis componere magna. 1763. Pas de zle. 1581. Passa la bella donna, e par che dorma. 8 30. Passan vostri triunfi e vostre pompe. 1600. Passare il Rubicone. 1357. Pass quel tempo. Enea, Che Dido a te pens. 93. ndxotov jjiv, axouaov 8. 321. Pater, peccavi in clum et coram te. 1806. Patria est ubicumque bene est. 1090. Pecunia tua tecum sit. 11 77.
|

Pelle moras; brevis est magni fortuna favoris. Pends-toi, brave Grillon! 1840. Pensier canuti in giovenil etate. 547.
Pentiti, Don Giovanni! 1830. Pera il campo e ruini, e resti in tutto. 718. Per angusta ad augusta. 314. Perch ardire e franchezza non hai? 1375. Perch l'animo tuo tanto s'impiglia. 1376.

1593.

6o8

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Per correr migliori acque alza le vele. 679. Perder due vivi per salvare un morto. 828. Perfer et obdura multo graviora tulisti. 319. Perfida Albione. 938. Perge audacter, Caesarem vehis. 11 18. Perinde ac cadaver. 161 5. Prissent les colonies plutt qu'un principe. 573. Per la contradizion che noi consente. 1776. Per me si va nella citt dolente. 467. Per poco io ve lo do. 1902. Per publicam viam ne ambules. 1222. Per quae peccat quis per hsec et torquetur. 270. Per servir sempre o vincitrice, o vinta. 1055. Perspicito tecum tacitus quid quisque loquatur. 1432. Persuadere, convincere e commuovere. 15 13. Per varios casus, per tot discrimina rerum. 1683. Per volger d'anni o per cangiar di pelo. 1603.
:

Petimusque damusque vicissim. 164. Petit tat situ au pied des Alpes. 891.
Petit poisson deviendra grand.
Petite, et dabitur vobis.

161.

1556.

Peu de gens, savent tre vieux. 556. Peu d'hommes ont est admirez par leurs domestiques. 1296. Peu en meurent, beaucoup en vivent. 364.
Piace a me e basta. 954. Pia desideria. 1801. Piano, pianissimo Senza parlar. 1036. Piccolo paese a pie' dell' Alpi. 891. Quidlibet audendi semper fuit sequa Pictoribus atque poetis potestas. 1531. Pietra dello scandalo. 1753 Piglia del legno e fanne uno tu. 1824. Piglialo su, signor Mons. 191 1. Pio bove. 280. Pi dell'essere Conta il parere. 417. Pi tacer, che ragionare, onesto, io io. Pi santi che uomini da bene. 1462. Plus a change, plus c'est la mme chose. 614. Plus in amicitia valere similitudinem morum quam affinitatem. 60. Plus ultra. 1680. Poca favilla gran fiamma seconda. 1291. Pochi e valenti, come i versi di Torti. 1786.
| | (

non emo. 989. Poi che mia speme lunga a venir troppo. 1558. Point d'argent, point de Suisse. 1295.
Poenitere tanti

Porro unum

IIoXoTsXs vXcDjia svat xv xpvov. 1597. est necessarium. 1589.

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609

Portae Inferi non prsevalebunt adversus earn. 1193. Poscia pi che il dolor pot il digiuno. 1564. Post cnam stabis, aut passus mille meabis. 1386. Post mediam noctem visus quum somnia vera. 306. Potea, non volle, or che vorria, non puote. 392. Potius amicum quam dictum perdidi. 7. Potius mori quam fdari. 1644. Pour s'tablir dans le monde, on fait tout ce que l'on peut pour y paratre tabli. 1303. Povera e nuda vai, Filosofia. 1535. Poveri frati! avvezzi a nun fa' niente; I97. Poveri versi miei gettati al vento. 15 12. Prete Pero un buon cristiano. 1876. Prima est eloquentiae virtus perspicuitas. 15 15. Prima sput tre volte, e poi toss. 1872. Primo soldato dell'indipendenza italiana. 1146. Primus in orbe Deos fecit timor. 1330. Principatus et libertas. 591. sero medicina paratur. 1220. Principiis obsta Pro aris et focis. 1047. Pro captu lectoris habent sua fata libelli. 14. Procul o! procul este profani. 1688. Pro domo sua. 1761. Profecto enim vita vigilia est. 795.
:

Progredimur quo ducit quemque voluptas. 29.


Proletari di tutti i paesi, unitevi. 612. Prophetias nolite spernere. 1226. Propter vitam vivendi perdere caussas. 1629. Prosperum ac felix scelus Virtus vocatur. 1663. Provando e riprovando. 402. Proximus sum egomet mihi. 329. Prudens futuri temporis exitum caliginosa nocte premit Deus. 487.
|

T'jx-^S 'laxpstov. 23.

Pulchre, bene, recte. 1699. Pulsate, et aperietur vobis. 1556. Pulvis es et in pulverem reverteris. 822. Pulvis et umbra sumus. 788. Pura siccome un angelo. 1641. Purch '1 reo non si salvi, il giusto pera. 582. Puro e disposto a salire alle stelle. 1642.

Put your

trust in

God and keep your powder

dry.

122 1.

Quaeque ipse miserrima


QuaerJte, et invenietis.

vidi. 1684. 1556. Quae te dementia cepit? 1425. Quale aspetta prego, e l'uopo vede. 154. Quali colombe dal desio chiamate. 1772.
39

6 IO

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Qualis artifex pereo 1129. Qualis dominus, talis et servus. 217. Quamdiu enim vivimus, in certamine sumus. 795. Quam parva sapientia regitur mundus. 588. Quam subito, quam certo, experto crede Roberto. 400. Quand tout le monde a tort, tout le monde a raison. 142 1. Quand une civilisation est vermoulue, l'avocat s'y met. 768. Quand vous m'aurez tu, il ne me faudra que six pieds de terre. 208. Quand vous semez du Jsuite, vous rcoltez du rvolt. 1196. Quando c' la salute, c' tutto. 1886. Quando la gente non avea farina. 1266. Quandoque bonus dormitat Homerus. 388. Quanti fiaschi n'hai vuotati? 1575
!

Quanto bella, quanto cara. 374. Quanto errando, oh quanto va. 1569. Quanto si mostra men, tanto pi bella. 377.

Quantum mutatus ab ilio. 1765. Quasi Nemrod robustes venator coram Domino. 1748. Quasi oliva speciosa in campis, 1752. Quattro predoni. 422. Quegli fra gli stolti bene abbasso. 1228. Quel che solo Contra tutta Toscana tenne un ponte, il 17. Quel che vuole Iddio e noi volemo. 13 12. Quel cielo di Lombardia, cos bello quand' bello. 895. Quella l'originai, questo il ritratto, 1731. Quell'arte Che alluminare chiamata in Parisi. 774. Quella sozza imagine di frode. 509. Quelli che si risparmiano sono tanti meno spesi. 1934. Quello ch' storia non cangia mai. 1542. Quelque bien qu'on nous dise de nous, on ne nous apprend rien de nouveau. 961. Quelques seigneurs sans importance. 1918. Quel rosignuol che s soave piagne. 285. Quel sommo D'occhi cieco, e divin raggio di mente. 1125. Quel tu alla quacquera. 1275. Quemadmodum desiderai cervus ad fontes aquarum. I750
|

Quem dii diligunt adolescens Quem enim diligit Dominus,


Questa Questa Questa Questa Questa Questa Questa

moritur. 813.
corripit.

465. barba benedetta. 1855. dunque la iniqua mercede. 638. Vita che c'innamora. 807. la vita! l'ebete
|

greggia e 1' orticel dispensa. 1587. o quella per me pari sono. 107. orrenda novella vi do. 654. terra Che natura dall'altra ha divisa. 883.
|

Questi Monti poeta e cavaliero. 1139. Questi sciaurati che mai non fur vivi. 1367.

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61

Questo il rosso di pel Foscolo detto. 1139. Questo mestier davver non per te. 762. Questo secol morto, al quale incombe Tanta nebbia di tedio. 57. Quia in aeternum non commovebitur. 307. Qui amat periculum in ilio peribit. 12 18. Quia non erit impossibile apud Deum omne verbum. 1320. Quia ventum seminabunt et turbinem metent. 641. Qui baie sans son Ressemble Babion. 1790. Quid autem festucam in oculo fratris tui et trabem in oculo tuo
j

non vides? 1658. Quid, de quoque viro et cui dicas, ssepe videto. 1023. Qui desiderat pacem, praeparet bellum. 662. Qui de terra est, de terra loquitur. 1276. Qui diable est-ce donc qu'on trompe ici? 510. Quid me alta silentia cogis Rumpere ? 1040.
]

Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames. 127. Quid novi ex Africa? 947. Qui donne aux pauvres, prte Dieu. 158. Quidquid dlirant Reges, plectuntur Achivi. 1262. Quidquid sub terra est, in apricum proferet setas. 1526. Quid Romae faciam? Mentiri nescio. 1440. Quid sit futurum eras, fuge quaerere. 1396. Qui e nuce nucleum esse volt, frangit nucem. 1294. Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem. 259. Qui giace I'Aretin poeta tosco. 11 36. Qui giace un Cardinale Che fe'pi mal che bene. 1874. Qui habet aures audiendi, audiat. 1224. Qu'ils soient ce qu'ils sont ou qu'ils ne soient plus 969. Qui in altum mittit lapidem, super caput ejus cadet. 1340. Qui invenit amicum, invenit thesaurum. 61. Qui me dlivrera des Grecs et des Romains? 1906. Qui ne sait compatir aux maux qu'il a soufferts? 401. Qui non est mecum, contra me est. 72. Qui non son femmine da conio. 1653. Qui nous dlivrera des Grecs et des Romains? 1906. Qui oblige s'oblige. 635. Qui parcit virgae odit filium. 437.
\

Quis custodit custodes? 1232. Qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat. 165. Qui tacet, consentire videtur. 1031. Qui tra l'Adige e il Po giace sepolto. 903.

Qui

vit sans folie n'est pas si sage qu'il croit.


alio oderis fieri tibi, vide

Quod ab
1289.

1428. ne tu aliquando alteri

facias.

Quod Deus coniunxit, homo non Quod erat demonstrandum. 1677. Quod facis, fac citius. 1351.

separat.

386.

61

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Quod non fecerunt Barbari, Barbarmi Quod scripsi, scripsi. 980.


,Quod supra nos
nihil

fecerunt.

518.

ad nos. 1335.

Quod

non vis, alteri ne feceris. 1288. Qu'on me donne six lignes crites de la main du plus honnte
tibi
fieri

homme. 751. Quorum pars magna

fui.

1684.
prius.

Quos ego. 716. Quos vult perdere Jupiter dementai Quot homines tot sententiae. 870. Quot servi, tot hostes. 214. Quousque tandem, Catilina, abutere
Race
d' Agamemnon,

1424.

patientia nostra?

181

1.

Rade

finit jamais 1906. rami L'umana probitate. 435. Ragion contra forza non ha loco. 5 il. Rapisti al ciel le folgori. 296. Rara avis in terris. 1769. Rari nantes in gurgite vasto. 1764. Rari sono i birbanti poveri. 204. Raunar le fronde sparse. 1775. Recordve del povero Fornr. 580. Reddite ergo quae sunt Csesaris, Csesari et quae sunt Dei, Deo. 563. Re galantuomo. 1145. Regia, crede mihi, res est subcurrere lapsis. 157. Rgime du bon plaisir. 1242. Regis ad exemplum totus componitur orbis. 1260. Regis voluntas suprema lex esto. 1241. Relata refero. 1676. Relieta non bene parmula. 649. Religio christianorum, religio impossibilium. 1334.
!

qui ne
li

volte risurge per

Religio depopulata.

11 50.

Remember. 1849.
peccata multa, quoniam dilexit multum. 171. quel che di Cesare, e rendete a Dio quel che di Dio. 563. Renditi vinto; e per tua gloria basti. 952. Reprimere e non prevenire. 583. Rerum natura nusquam magis, quam in minimis, tota est. 13 io. Res miranda populo. 766. Resta l'asino di poi? 1899.

Remittuntur

ei

Rendete a Cesare

Tentenna. 1253. Travicello. 1252. Revenons nos moutons. 1739. Reverenti mi f' le gambe e il ciglio. 1619. Rex regnat sed non gubernat. 1236.

Re Re

Indice delle frasi

613

Ricordati di

me

che son
|

la Pia.

11 30.

Ridentem dicere verum Quid vetat? 1435. Ridon le carte. 775. Rien n'empche tant d'tre naturel que l'envie de

le paratre.

1476. Rien ne trouble sa fin; c'est le soir d'un beau jour. 860. Rinfacciare il peccato Altrui mai non conviene. 636. Risorger nemico ognor pi crudo. 726. Rispondo che non rispondo. 953. Risu inepto res ineptior nulla est. 54.
|

septemgemina. 916. superba. 916. urbs regum. 916. Rondinella pellegrina. 286. Rose, elle a vcu ce que vivent les roses. 861. Rotta dal vento nell'adriaco lido. 901. Rotta la tempia, e il fianco insanguinato. 917. Rotti singulti, e flebili sospiri. 17 15.

Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma

aeterna.

916.

beata. 916.

caput mundi. 916. caput orbis terrarum. 916, conquista intangibile. 922. dea terrarum gentiumque. 916.
ferox. 919.

locuta

(est),

causa

finita (est).

586.

marmorea. 916.
o morte. 920. princeps urbium. 916. pulcherrima. 916.

Rule Britannia! Britannia

Ruffian', baratti e simile lordura. 1654. rules the waves. 936.

Rumores fuge. 1022. Rusticus expectat dum defluat amnis. 1370. Ruttar plebeiamente il giorno intero. 1281.
Sacerdoti crudeli, empj, assetati. 1189. Ssepe solet similis flius esse patri. 434. Saepe stylum vertas, iterum quae digna legi sunt Scripturus. 1606. Saetta previsa vien pi lenta, il 56. S ' Africa pianse, Italia non ne rise. 235. Salus populi suprema lex esto. 589, 1241. Salute, o Satana, O ribellione. 1400. Salutem et apostolicam benedictionem. 1820. Salve, magna parens frugum. Saturnia tellus. 880. Salve, o casta e pia dimora. 212. Salve, Umbria verde, e tu del puro fonte Nume Clitumno. 913.
|
|

6i4

Indice delle frasi

Sancte Pater,

sic transit gloria


si

mundi. 808.
beve.

Sangue perfetto che mai non Sante memorie. 245.


| |

1391.

Santo Stefano Tira al quattrino. 339. Saper bramate Bella, il mio nome. 185 1. Sapiens mulier sedificat domum suam. 345. Sardi vnales. 925. Sarebbe pensier non troppo accorto. 828. Saremo inabili, ma siamo onesti. 625. Sar qual fui, vivr com' io son visso. 309. Satis loquentiae, sapientise parum. 15 16. Saule, Saule, qui me persequeris? 1809. Scastagnmo ar parla, ma armo dritto. 1666. Scheletro di citt, Rovigo infame. 903. Scherzo e bevo, e derido gl'insani. 43. Schiavi or siam, si; ma schiavi almen frementi. 741.
Scorri
il

lago e la pendice. 288.


il

Scoscendere

lollio

dalla spica.

1927.

Scrittori di peso.

1785.

Se a ciascun l'interno affanno. 463.

come il viso, si mostrasse il core. 145 ! Sedendo et quiescendo anima efficitur sapiens. 1548. Sed nunc non erat his locus. 197. Sed quis custodiet ipsos custodes? 1232. S' fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani. 617. Seggendo in piuma In fama non si vien, n sotto coltre. 994.
Se,
|

Seggio di sangue e d' empietade il trono. 1247. Segno d'immensa invidia. 211. Seguite i pochi, e non la volgar gente. 1223. Se il mondo sapesse il cuor ch'egli ebbe. 1364. Se indovini chi sono, ti d un bacio! 1835. Se le mie parole esser den seme. 193. Self-help. 132. Se mala signoria, che sempre accora. 447. Sembra gentile Nel verno un fiore. 134. Semel in anno licet insanire. 1430. Se Messenia piange Sparta non ride. 236. Semitam per quam non revertar, ambulo. 809. Semper Africa aliquid novi affert, 947. Semper homo bonus tiro est. 201. Sempre al pensier tornavano G' irrevocati di. 246. Sempre a quel ver ch'ha faccia di menzogna. 1009. Sempre avanti Savoia! 327. Sempre il Re dell'alte sfere. 1316. Sempre insolenti Coi re impotenti. 929. Se non vero ben trovato. 1454 Se no, no. 970.
|
|

Indice delle frasi

615

Sento l'orma dei passi spietati. 1925. Senza baci moriste e senza pianto. 841. Septies enim cadet Justus, et resurget. 1657. Se quella con eh' io parlo non si secca. 1028. Sermo hominum mores et celat et indicat idem. 1432. Serva me, servabo te. 159. Servum pecus. 688. Sesamo, apriti! 1850. Se'savio, intendi me' ch'io non ragiono. 1229. Se son piene le carceri son vuote le sepolture. 613. Se soumettre ou se dmettre. 974. Sette sigilli. 1758.
Severi, imperscrutabili, profondi.

13 15.

Se vincere ipsum longe est difficillimum. 1584. Sex horis dormire sat est juvenique senique. 1384. S' ha da vincere o morir. 1068. Siam fratelli; siam stretti ad un patto. 1062. Siamo onesti: non chiedo altro. 1207. Siam traditi, o regina. 1831. Siamo tutti una sola famiglia. 1094. Sia pace ai frati Purch sfratati. I199. Siate, cristiani, a muovervi pi gravi. 1605.
|

Sic erunt novissimi primi, et primi novissimi.


Si cette canaille n'a pas de pain, elle

231.
foin.

mangera du
1529. 1763.

1266.

Si che vostr' arte a


Sic itur ad astra.
Si

Dio quasi

nipote.

180.
est.

componere magnis parva mihi fas Sic, sic juvat ire sub umbras. 815. Sic transit gloria mundi. 808.

Sicut erat in principio. 1864. Sicut mater, ita et filia eius. 433. Sicut populus, sic sacerdos. 1187. Sicut umbra dies nostri sunt super terram. 785. Sic vos non vobis. 506. Si denuo sic vincendi sunt Romani, peribimus. 1759. Si Deus pro nobis, quis contra nos? 13 13.
Si

Dieu

n'existait pas,

il

faudrait l'inventer.

1344.

Siedi e favella.

1832.

Siena mi

f*,

disfecemi

Maremma. 1130.
sit

Si est tibi servus fidelis,


Signifer,

tibi

Si fore vis sanus, ablue saepe

quasi anima manus. 1383.

tua.

216.

statue signum, hic manebimus optime. 323. Signor n principe, io lo vorrei. 1585.

Signora, se l'esser piccina d'aspetto. 139. Si guardan sempre e non si toccan mai. 1787. Si hortum in bibliotheca habes, deerit nihil. 24. Si je savais un mot plus cochon que cochon, je le choisirais. 1846.

6i6

Indice delle fr.

Si je tenais toutes les vrits dans

ma

main, je

me

donnerais bien

de garde de l'ouvrir. 1439.

comme on dit, le nerf de la guerre, il est aussi de la paix. 644. Si latet in vino Veritas, ut proverbia dicunt, invenit verum Tento, vel inveniet. 1571. Silent leges inter arma. 645. Similia similibus curentur. 1380. Si mutare potest ^thiops pellem suam, aut pardus varietates suas. 1755. Sine Cerere et Libero friget Venus. 1561. Sine ira et studio. 1700. Sine ut mortui sepeliant mortuos suos. 1352. Sinite parvulos venire ad me. 538. Si nous n'avions point de dfauts, nous ne prendrions pas tant de plaisir . en rmarquer dans les autres. 747. Si nous n'avions point d'orgueil, nous ne nous plaindrions pas de celui des autres. 960. Sint ut sunt aut non sint. 969. S'io ho fallato, perdonanza chieggo. 985. S'io vegno, non rimango. 1705. Si pace frui volumus, bellum gerendum est. 662. Si, Palamede; alla regal Messene. 665. Si parva licet componere magnis. 1763. Si possibile est, transeat a me calix iste. 1608. Si quis non vult operari, nec manducet. 993. Si scopron le tombe, si levano i morti. 674, 1073. Si spiega assai chi s' arrossisce e tace. 1034. D'assister chi lo insulta. 1341. Si stanca il cielo Sit anathema. 1808. Sit autem sermo vester est, est: non non. 1213. Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant. 1382. Si, vendetta, tremenda vendetta. 724. Si vis pacem, para bellum. 662. S'ode a destra uno squillo di tromba. 672. Sur Anne, qui ne voit rien venir. 1841. Sogna il guerrier le schiere. 304. Sogno d'infermi e fola di romanzi. 783. Solamen miseris socios habuisse malorum. 233. Soldati, all'armi, all'armi. 675. Soldats, songez que, du haut de ces pyramides, quarante sicles vous contemplent. 1141.
Si l'argent est,
la graisse
|

Soient pares facile congregari cum paribus. 70. eravamo e senza alcun sospetto. 223. Solitaria nell' oblio, dal tuo sposo abbandonata. 287. Solo un punto fu quel che ci vinse. 85. Something is rotten in the state of Denmark! 1743.
Soli

Indice delle frasi

617

Sommessi accenti, e tacite parole. 17 15. Sonate, que me veux tu? 1532. Son lo spirito che nega Sempre, tutto. 705. Son noti in tutto il mondo.... e in altri siti. 1901. Sono i monarchi Arbitri della terra. 1243. Sono un poeta o sono un imbecille.? 704. Son pittore anch'io. 703. Son qui per farmi udire, non per farmi vedere. 147. Son tiranni Che dir nel sangue e nell'aver di piglio. 1248. Son Tommaso Scarafaggio. 773. Son tue cifre? a me rispondi. 1858.'
|
j

Sopra lor vanit che par persona. 683. Sors est sua cuique ferenda. 254. Sotto il velame degli versi strani. 1506. Sotto la gramola Del pedagogo. 1621. Sotto r osbergo del sentirsi pura. 1635. Sottomettersi o dimettersi. 974.
|

Souvent femme varie. 349. Spanien, das schne Land des "Weins und der Gesnge. 940. Sparsa le treccie morbide SuU' affannoso petto. 843. Spectatum admissi risum teneatis amici? 18 17. Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut ipsae. 387.
|

Speme

e fortuna addio,

che in porto entrai. 1547.

Spenta la face. 93. Spenta l'ira nel mio petto. 709. Speranza lusinghiera, Fosti la prima a nascere. 1555. Spes sibi quisque. 1361. Spesso da forte Pi che il morire il vivere. 796. 27r5 Bpaw. 1601.
\ |

Spiritose invenzioni. Spiritus

1452.
est.

quidem promptus

459.

Spiritus, ubi vult, spirat. 686. Spirto gentil - ne' sogni miei. 470.

Sprezzator degli uomini. 805. Sta come torre ferma, che non crolla. 1376. Stanco gi di mirar, non sazio ancora. 135. Star fresco. 1778.
State contenti, umana gente, al quia. 1398. Statemi ad ascoltare e parlate sincero. 1038.

magni nominis umbra. 189. Stat sua cuique dies. 794. Stette, e dei di che furono. 241. Stimulos dedit semula virtus. 1630.
Stat
Stolto, che volli coli'

immobil
|

fato

Cozzar della gran Roma. 917.


1274.

Stretto per l'andito

Sfila

il

bon-ton.

Stride la vampa!.., 294. Struggle for life. 797.

Indice delie frasi

Studente Vuol dire: un tal che non istudia niente. 1412. Stultum facit fortuna quem vult perdere. 1424. Su, corriamo in battaglioni. 676. Sudate, o fochi, a preparar metalli. 1869. Su, Italia! su, in armi! venuto il tuo di! 1065. Sul campo della gloria. 677. Sulle spalle a lei fece sovente Scender legnate da levare il pelo. 371. Sumite materiam vestris qui scribitis aequam Viribus. 1487.
|
| |

1629. 568. Sunt bona, sunt quaedam mediocria, sunt mala plura. 2. Sunt lacrimae rerum. 798. Suoni la tromba, e intrepido. 678. Super aspidem et basiliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem. 269.
jus,

Summum Summum

crede nefas

animam

praeferre pudori.

summa

iniuria.

Surge carnifex. 18 14. Surge et ambula. 1804.

Sursum corda! 1347.


Surtout pas de zle. 1581. Suspice clum, et numera
Stellas,
si

potes.

1670.

Tacete e rispondete. 1038. soli e senza compagnia. 1278. Tal biasma altrui che s stesso condanna. 252. T'amo, Francesca, t'amo. 95.
Taciti,

T'amo,

ingrata,

t'amo ancor. 104.


1325.

Tamquam potens crapulatus a vino. T vspa xv upayiiccxtov. 644. Tantse molis erat Romanam con der e

gentem. 1681.

Tanto gentile, e tanto onesta pare. 1272. Tanto nomini nullum par elogium. 190. Tantum religio potuit suadere malorum. 1339. Tarde velie nolentis est; qui distulit diu, noluit. 154.

Te autem

Tardi a punir discendi. 265. faciente eleemosynam, nesciat


dextera tua.

sinistra tua

quid

faciat

156. Tel est le sort fcheux de tout livre prt. 16. Tel est notre plaisir. 1242. Telumque imbelle sine ictu. 1766. Tempi borgiani. 1649. Tempo non mi parea di far riparo Contr' a' colpi d'Amor. 88. Tempra de' baldi giovani Il confidente ingegno. 549. Teneri sdegni, e placide e tranquille. 89. Tenete le vostre polveri asciutte. 1221. Te sopra te corono e mitrio. 1230. Te voglio bene assai. 100. eccXaTxa, Go^Xaxxa 1810.
| |

Indice delle frasi

619

That

is

The

battle of

the true beginning of our end. 1742. Waterloo was won in the playing fields of Eton.

1411.

The owl was a baker's daughter. The rest is silence. 1042. The right man in the right place.
This
the negation of God. 454. Th. Maioli et amicorum. 18.
is

764. 760.

concessa facolt. 767. duorum. 1378. Time and the hour runs through the roughest day. 311. Time is money. 1597. Timeo Danaos et dona ferentes. 117. Tiremm innanz. 1124. Tirez le rideau, la farce est joue. 856. Ti rivedr, mi rivedrai. 1728. Tizio, Cajo e Sempronio. 1863. To be, or not to be, that is the question. 1229.
|

Through obedience learn Tibi quoque, tibi quoque

to

command. 161 1.

Tigris ut auditis diversa valle

To err is human, to forgive divin. 979. Tolerabile est semel anno insanire. 1430. Tolle ambitionem et fastuosos spiritus. 959. TV 71X0XOV vspa Tipaynicuv. 644. Torna all'infamia tua, sei troppo vile. 99.
Tornano al vaso i fiorellini miei. 848. Tornate all'antico. 411. Torniamo all'antico. 411. Tornino i grandi Occhi fatali al lor natio sorriso. 144. Totidem hostes esse quot servos. 214. Toujours perdrix. 41. Tous les genres sont bons, hors le genre ennuyeux, i486. Tous les mchants sont buveurs d'eau. 1570. Tout arrive. 927. Tout comprendre c'est tout pardonner. 167. Toute femme varie. 349. Toutes les troupes camprent sur le champ de bataille. 973. Tout est perdu fors l'honneur. 1201.
j

parle, mais peu de gens en ont vu. 113. Tout-le-monde qui a beaucoup plus d'esprit que M. Voltaire. 700. Tout le monde se plaint de sa mmoire, et personne ne se plaint de son jugement. 1406. Tout soldat franais porte dans sa giberne le bton de marchal de France. 646. Tout va par degrs dans la nature et rien par sauts. 300. Tout va le mieux du monde dans le meilleur des mondes posle

Tout Tout

fini-it

par des chansons. 50.

monde en

sibles.

778.

02 O

Indice delle frasi

Tox(p vtxa. 651. Tractant fabrilia fabri. 761. Traditori che in tal guisa rimuneri. 1905. Trahit sua quemque voluptas. 28. Tra i salmi dell'uffizio c' anco il Dies irae ! 273. Tra lo stil de' moderni e '1 sermon prisco. 1495. Tra male gatte era venuto il sorco. 515. Trasumanar significar per verba Non si potria. ioq8.
'
| \

Travaso delle idee. 1936. Tre colori, tre colori. 1068. Trema, Bisanzio! 1857. Tremanti i polsi e riverente il ciglio. 1620. Tremblez, vous tes immortels. 185. Trs faciunt collegium. 222.
Tristis eris
si

solus eris. 218.

Tu ammazzi un uomo
Tua
sia l'elezione.

morto. 729.

Tu

che accendi.

664. 1728.
civitatem

Tue-la. 368. Tu enim Csesar


potes.

dare potes

hominibus,

verbis

non

Tu Tu Tu Tu Tu proverai si come sa di Tu quoque Brute fili mi?


|

15 19. es Petrus, et super hanc petram sedificabo Ecclesiam meam. 1 193. nihil invita dices faciesve Minerva. 701. ne cede malis, sed contra audentior ito. 317. non sai Che i morti al mondo non ritornan mai! 847.
sale.

736.

18 12.

Turpe senex

turpe senilis amor. 557. rubbo a tte. 746. se' lo mio maestro e il mio autore. 14 13. sol o ideal, sei vero. 1508. Tutta gioia, tutta festa. 1151. Tutta negli atti dispettosa e trista. 712.
miles,

Tu Tu Tu

rrubbi a

mme,

io

Tutte

le vie

ponno condurre

Roma. 971

Tutti mi chiedono. 1789. Tutti slam macchiati d'una pece. 198. Tutti torniamo alla gran madre antica. 827. Tutto gioia, tutto festa. 1151. Tutto fanno, e nulla sanno. 930. Tu vuoi ch'io rinnovelli Disperato dolor che
|

il

cor

mi preme.

1160.

Ubi Petrus, ibi Ecclesia. 1194. Ubi rem meam invenio ibi vindice. 1497 Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. 657.
Udite, udite, o rustici. Ultima dea. 1560.

1901.

Indice delle frasi

62

infelice. 1904. Ultra posse nemo obligatur. 570. Un accento proferisti. 1735. Una furtiva lacrima Negli occhi suoi spunt.
I

Ultima ratio regum. 643. Ultima razon de Reyes. 643. Ultimo avanzo D'una stirpe

1168.

Un'altra volta vinceremo noi. 503. Una salus victis nullam sperare salutem. 660. Una volta c'era un re. 1897.

Una

Un Un Un Un Un

volta un ciabattino Gran signore divent. 489. bacio rendimi, due, tre, se bramii 112. bell'ardire alle grand'opre guida. 1104. bel morir tutta la vita onora. 825. bel tacer talvolta Ogni dotto parlar vince d'assai.
|
|

1035.

Che forse non morr. 1509. Une honnte femme est un trsor cach. 1646.
cantico
|

Une

ide au jour. 691.


(

Un gran proverbio Un homme d'esprit

Caro
serait

al

Potere. 1181. souvent bien embarass sans

la

com-

pagnie des sots. 697. Un homme qui rit ne sera jamais dangereux. 53. Unicuique suum. 562. Un ladruncolo jeri iva in prigione. 516. Un livre est un ami qui ne trompe jamais. 15. Un'ora dell'ebbrezza che ogni ebbrezza scolora. 1153. Uno scherzo di natura. 138. Un popol diviso per sette destini. 1064. Un premio Ch' era follia sperar. 490. Un prince est le premier serviteur et le premier magistrat de l'tat. 1235. Un service n'oblige que celui qui le rend. 635. Un sorriso pu aggiungere un filo alla trama brevissima della vita. 52. Un tesor che non ha pari. 383. Un vecchio bianco per antico pelo. 554. Un volgo disperso che nome non ha. 603. Uomini fummo ed or sem fatti sterpi. 1706. Uomini siate, e non pecore matte. 1604. Urbs caput rerum. 916. Usus Quem penes arbitrium est et jus et norma loquendi. 1524. Ut sis nocte levis, sit tibi cna brevis. 1385.
|
I

Utile dulci. 5. Utile per inutile

non
!

vitiatur.

1290.

Va

farti

monaca
cielo.

1861.
svellere.

Vacche del

297.
1569.

Vadan

pur,

vadano a

022

Indice delle frasi

Vade,

et

jam amplius

noli peccare.

i66.

1803. 429. Vae victis 659. Vse vobis Scribse et Pharisaei hypocritae. 1460. Va' fuora d'Italia, va fuora eh' ora. 1073. Vagliami il lungo studio e il grande amore. 1413. Vago upili mio. 897. Vanitas vanitatum et omnia vanitas. 781. Vanity Fair. 958. Va, pensiero, sull'ali dorate. 1093. Va per negletta via. 1504. Vare, legiones redde 444. seconda de' casi i lor pensieri. 983. Variano i saggi Varium et mutabile semper femina. 350. Va, sciagurato, mi metti orrore. 1837. Vassene il tempo, e 1' uom non se n'avvede. 1596. Va', va', povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano. 1882. Vecchio amico d'infanzia. 1884. Vectigalia nervs rei publicae. 644.

Vade Vade
Vae

retro, Satana.

1803.

Satana.

soli.

Vedere

il

fuscello

nell'

occhio

del fratello

non

la

trave nel 94.

proprio.

1658.
|

non amarti.... umana Cosa non Veggio '1 meglio ed al peggior m' appiglio. 976. Vellem nescire literas. 170.
Vederti, udirti e

Ve

lo dica

il

suo rossore. 987.


si
j

Vend

la libert,

f'

soldato.

735.

Vendevi znzero Per pepe bono. 120. Venduto ad un duce venduto. 647.
Venerabile impostura. 1457. Veni, vidi, vici. 1701. Veniam ad te tamquam fur. 1325 Veniam petimusque damusque vicissim. 164. Venienti occurrite morbo. 1292. Ventum seminabunt et turbinem metent. 641.

Vera incessu

patuit dea.

1279.

Vergin di servo encomio. 1204. Vergine Cuccia de le Grazie alunna. 290. Vergognatevi 1838. Veritas in omnem sui partem semper eadem
!

est.

1436,

Vrits de

M. de La

Palisse.

192

1.

Vero Pandolfo. 1788. Vestili come vuoi, fuggiranno sempre. 1624. Veuve d'un peuple roi, mais reine encore du monde. 918. Via di Damasco. 1809.

Indice delle frasi

623

Via l'aspersorio, prete, e


Vicisti Galilsee
!

il

tuo metro!

1190.

1343.

Victrix causa Diis placuit, sed vieta Catoni. 500. Videbis, fili mi, quam parva sapientia regitur mundus. 588. Video barbam et pallium. 1623. Video meliora proboque Deteriora sequor. 975. Vide un lago.... ed era il mar. 1923. Vidi e conobbi pur l'inique Corti. 1267. Vidi il maestro di color che sanno. 1127. Vidi impium superexaltatum et elevatum sicut cedros Libani. 268. Vien dietro a me, e lascia dir le genti. 1376. Vieni a Roma, ah vieni, o cara. 915. Villicus ne plus censeat sapere se, quam dominus. 737. Vincet amor patriae, laudumque immensa cupido. 1046.
|

Vinum novum, amicus novus.

63.

Vi ravviso, o luoghi ameni. 1092.


Viresque acquirit eundo. 1687. Virtute duce, comit fortuna. 1286. Virtutem incolumen odimus, Sublatam ex oculis quaerimus invidi. 1631. Virt viva sprezziam, lodiamo estinta. 163 1. Vitam brevem esse, longam artem. 404. Vitam impendere vero. 1433.
|

Vitam nostram et sanguinem consecramus. 1137. Vitaque cum gemitu fugit indignata sub umbris. 956. Vittorie di Pirro. 1759. Viva le maschere D'ogni paese. 1468.
|

Viva Vive

l'Italia terra del canto.

888.

e lascia
les

vivere.

Vivent

gueux!

1876. 1169.

Vivere militare est. 795. Vivo in acerba pena in mesto orrore. 18 70. Vivo sepolcro a un popolo di morti. 1070. Voce dal sen fuggita Poi richiamar non vale. Voce di popolo, voce di Dio. 176.
|

1026.

elle. 1029. 720. Voil bien du bruit pour une omelette! 1908. Voil le soleil d'Austerlitz. 452. Voi sonerete le vostre trombe, e noi soneremo le nostre campane. II 19. Volenti non fit injuria. 1032.

Voci alte Vo* colle

fioche, e

suon di

man con

treccie delle livornesi.

Volli,

e volli sempre,

e fortissimamente volli.
|

1360.

Vos exemplaria
1518.

graeca

Nocturna versate manu, versate diurna.


ugna. 719.

Vota stringendo

la terribil

Vous

tes orfvre,

Monsieur Josse. 1842.

624

Indice delle frasi

Vous

l'avez voulu, vous

l'avez

voulu,

George Dandin, vous

l'avez voulu.

1843.

Vous m'en

Vox Vox Vox

direz tant. 1465. clamantis in deserto. 1754. populi, vox Dei. 176. sanguinis.... clamt ad me de terra.
veritas

Vulgoque

jam

attributa vino est.


si

1655. 1571.

Vuoisi cosi col, dove

puote.

161 3.

Wre
Well

Wer

Wir Words

das Wahr nur neu, wre das Neue nur wahr. 689. roared, lion! 1920. nicht liebt Wein, Weib und Gesang. 48. Deutsche frchten Gott, aber sonst Nichts in der Welt. 932.
!

words

words

456.

Zone grigie. 623. Zeitungsschreiber ein Mensch, der seinen Beruf verfehlt hat. 770. Zwei Seelen wohnen, ach! in meiner Brust. 706.

INDICE DELLE COSE NOTABILI

numeri indicati

in

questo indice sono

numeri delle pagine

Abissini male giudicati

dal

Par-

Aneddoto

relativo a

lui*

Be-

lamento

italiano.

ii8.

Abitudini. 9.

lacqua. 447. Allegria. 12.

Abiura di Galileo. 85. Abruzzo. 262.

Accademia Accademia
to.

della Crusca. 431.


fiorentiija del

Altezza e pochezza d'animo. 390. Ambizione. 271. Amedeo VI di Savoia, suo motto.

Cimen-

445.
di Savoia.

III.
(L')

Amedeo Vili
ritenuta

333.

Acqua

come una

America

(L') respinge l'intervento

cattiva bevanda. 455. Adriano, suoi versi sulla immortalit dell'anima. 237. Adulazione. 415. Adultera (Donna), Sua punizione secondo Dumas figlio. 102. Affari (Che cosa sono gli). 290.

europeo. 309. Amicizia. 17. Amore. 21.

ncora
st'

Affetti. 9.

Aforismi sulla cucina di BrillatSavarin. 454. Africane (Imprese). 271. Aiuto. 37. Alba. 147. Aldina (Impresa). 463. Alfana, etimologia di questa parola. 438. Alfieri, sua forza di volont. 395. Ali Baba (Novella di) e dei qua-

col delfino, storia di queimpresa. 463. Anna di Bretagna, suo motto. 476. Annunziata (Ordine dell') sua fondazione e suo motto. 333. Antico (Tornare all'). 114. Apella ebreo. 135. Apelle, non stava in ozio neppure un giorno. 288. Apostrofi diverse. 512.
,

Apparenze

ranta ladri. 523.


Alighieri (Dante). 327. Aneddoto relativo al suo orgc^o. 489.
40

(False) 115. Apparizione di uno spettro a Bruto. 514. Aquila bicipite, sua origine. 266. Aragonesi (Re), come prestavano giuramento. 278. Archimede risolve il problema propostogli da Gerone siracu.

626

Indice delle cose notabili

sano.

485.

Sua morte. 485.


76.

Leva da

lui inventata.

Ardire. 315. Arese (Antonietta). 35.

Aretino (Pietro). 328, 417. Argenti (Filippo). 276. Aria dei risi. 495. Ariosto (Lodovico), beffato dal cardinale Ippolito d' Este per il suo poema. 517. Sua casa. 52. Aristodemo del Monti, popolarissimo a Venezia. 492. Aristotile. 325, 410. Che cosa pensasse intorno all' ozio e alla
quiete. 447.

Ballo ( Un) in maschera, storia di questo libretto. 545. Bandiera fratelli. 299. Bandiera tricolore. 303, 311. Barbableue (Leggenda di). 521. Barbari da cacciare d' Italia. 307. Barbra (Impresa della casa) 460. Barbiano (Alberico da), sua impresa. 308. Barbiere di Sivigha, sua bottega
.

in quella citt.

495.

Barre, detto V Anacreonte della ghigliottina. 246.

Baronessa di Carini (Storia 244.


Batillo e Virgilio.

della)

Aritmetica (Che cos' 1'). 445. Armada (Grande). 387. Armellino (Ordine dell'). 476. Arria moglie di Cecina Peto, sua

142. Battaglione della Speranza.

152.

Belacqua
Belisario

Dante. 447. Belinzaghi (Giulio). 494.


e

morte eroica. 392.


Arte. 440. Artois (Conte d'). 331. Asino di Buridano. 400. Astuzia. 29.

(Non

vero che)

chie-

desse 1' elemosina in Costantinopoli. 139. Bellezza. 33.

Benaco. 255..

Ateismo. 389. Attanasio, suo quadro, intitolato Sunt lacrimse rerum. 231. Attentato a Francesco Giuseppe. 493. Audacia. 315.

Bene

dell'intelletto.

413.

Beneficenza. 37. Benignit. 40. Bettoni Niccol lavorava in letto.

uguri

di Cicerone. 424. Austria. 266.

287. Bevande. 452. Biancolelli (Domenico), come tenne da Santeuil dei versi
tini.

otla-

Avarizia. 31.

Averro, leggenda formatasi torno a lui. 385.

at-

Avvenimenti e fatti storici. 124. Avvocati, non godono troppo buon nome. 223. Azeglio (Massimo d'), che cosa pensasse in fatto di economia domestica. 376.
Babbione, etimologia di questa parola. 508. Bagolamentof otoscultura 510. Balaklava (Carica di). 190. Balilla (Leggenda di). 125.
.

63. Bibliofili (Di alcuni antichi). 6. Bibhoteche. 8. Bicicletta (Sonetto contro la), del
dott. A. Verga. 226. Bignami (Maddalena). 35.

suo giudizio sopra i 224. Boccalini (Traiano), che cosa penBismarck,


giornalisti.

sasse

degli

scrittori

tedeschi.

201.
Boileau, sua avventura con
l'

oste

Rolet. 419. Bolle pontificie, con quale formola solitamente. 515. si chiudano

Indice delle cose notabili

627

Bombelles (Motto del Conte

di)

Cammarano

(Salvatore)

notizie

a proposito del Giovanili da Precida del Niccolini. 808.

Bonaparte (Letizia). 329. Borboni (Governo dei) giudicato da Gladstone. 128. Borgia (Impresa del). 271. Borgia (Tempi dei). 477. Boulanger (Generale), canzone in suo onore. 522. Bresca (Capitano). 394. Brescia. 256. Bretagna (Anna di), suo motto. 476.
Brunellesco fa im crocifisso gara con Donatello. 516. Bruto a Filippi. 514. Bruttezza. 33. Buga. 415. Bull (John). 267.
in

biografiche. 496. Cancellieri (Abate). 293. Cannoni, sono l'ultimo argomento


dei re.

186.
le

Canossa (Castello di). 88. Canzonette marinaresche sopra


principali
festivit

della

Ma-

donna. 529. Canzonette napoletane famose. 26, I7'6, 244, 262, 336, 533. Capponi (Piero), sua fiera risposta a Carlo Vili. 320. Carabinieri di Offenbach. 391.
Caraffa (Card.
Carlo),

come de143.

ridesse la religione.

Carini

Buona compagnia. 53. Buona e mala fama. 42.


Buonarroti (Michelangelo). 327.

Cariddi e Scilla. 497. (Baronessa di), leggenda sulla sua morte. 244. Caritea Regina di Spagna, 299. Carlo I d' Inghilterra, sue ultime
parole. 523. Carlo e il suo impero. 273. Carlo Alberto. 331. Motto da lui assunto. 450. Cameade. 325. Carretto (FiHppo Del) difende il

Buondelmonti (De') Buondelmonte,

sua uccisione. 394.


e malvagi.

Buoni

48.

Buon

senso. 412.

Buratto (Impresa del). 431. Buridan (Asino di). 400.

castello di Cossria.

323.

Cabba o

Cipio,

marito

compia-

Cartesio (Filosofia di). 442. Casa. 51. Castigo dei falli. 67.
Castit. 475.

cente verso Mecenate. 424. Cacio, come debba essere secondo la scuola di Salerno. 404.

Cattiva compagnia. 53.

Cavour
181.

(Politica ecclesiastica di).

Caducit delle cose umane ricordata ai pontefici novellamente eletti. 234. Caff. 455, 456. a ira, storia di questo inno. 172.
Cairoli (Teorie Hberali dell' on.).

Cecilia (S.),

quadro

di Raffaello.

205.

Cena

164,

179.
il

di Baldassarre. 484. Censura (Ridicoli strafalcioni della). 214. Crmonie (La) del signor di Pour-

Calende greche. 502. Calonne (Caricatura contro


541. Calunnia. 218. Cambronne (Eroica risposta
buita a). 322.
nistro).

mi-

attri-

ultime pa513. Sua moglie. 347. Chassepot (Storia del fucile). 280. Chelussi (Filippo). 547. Chiesa. 344.
role.

ceaugnac. 541. Cesare (Giulio), sue

628

Indice delle cose notbili

Chiesa e Stato, secondo Cavour. i8i. Cianchettini (Tito Livio) e il Travaso delle idee. 548. Cicerone e la sua casa sul Palatino. 502. Ciclisti (In spregio dei). 226. Cigni neri. 504.

Coscienza. 67. Cose fisiche. 71.

Cossa (Baldassarre), sua tomba. 284. Cossria (Assedio di). 323.


Costanza. 79.

Credo

di

Gingillino

di

Mar-

gutte. 91.

Cinque
zoni.

(II)

Maggio, ode del Man-

Cremona. 255.
Crepuscolo.
rico

434.

147.
scrittagli

Cipio o Cabba, marito compiacente verso Mecenate. 424.


Citazioni (Delle), e del

Crillon, lettera

da En-

IV. 521.
178.
visita

modo

di

Crispi (Francesco), suo credo politico.

valersene,
Citt.

250.
figlia

Cristina di Svezia
di

l'Acca-

Civetta (La)

un

fornaio,

demia
Crociato

di Francia.
{II),

161.
di

secondo una leggenda inglese. 222. Claudio imperatore nelle feste del Fucino eccita i gladiatori a morire.

poesia

G. Vi-

544. Crudeli (Tommaso), suo epigram-

sconti Venosta.

ma

sul vezzoso terremoto. 530.


della)
.

189.

Clemente

XIV

e la soppressione

Crusca (Accademia Cucina. 452.


Cupidigia. 89.

43

dei Gesuiti.

277.
.

Collera. 207. Colombi (Idiotismi del Marchese)

292, 297, 547.

Colombo, poemi a lui dedicati. 430. Colonne d'Ercole. 485. Comedia di Babione. 508. Compagnia; buona e cattiva. 53. Compagnia della Lesina. 32.
Condizioni dell'umanit. 227. Condizioni e sorti disuguali. 55. Conforti nei mali. 57. Consiglio. 62. Contentarsi della propria sorte. 65. Conversare. 368. Conversione di S. Paolo. 513. Convito di Baldassarre. 484. Coraggio. 315. Corinto, sua fama presso gH antichi.

Danaro. 90, 343. Danaro il nervo della guerra e di molte altre cose. 187. Darsi bel tempo. 12. Del Buono, sua sepoltura. 57.

Demonatte

(Ultime

parole

di).

245Depretis (Agostino), sue opinioni politiche. 179. Sua risposta all' on. Bosdari. 274. Dies irae, origine di quest'inno.
70. Diffidenza.

134. Digiuni della Chiesa. 457. Dio. 377. Diogene deride Platone per
definizione
dell'

la
lui

uomo da

55.
ferrea.

Corona

inCorreggio, nanzi allaS. Cecilia di Raffaello.

329, 365. sua esclamazione

205. Corte e nobilt. 357.

data. 199. Dionigi (S.), suo miracolo. 318. Disciplina militare. 277. Discordia. 218. Disperazione. 449. Dolore. 335.

Indice delle cose notabili

629

Donatello fa un crocifisso biasimato da Bninellesco. 516.

Donazione di Costantino. 124. Doni. 37. Donna Caritea. 299.

Donne. 83.
Doti del corpo. 33. Dotti disprezzati dalla Rivoluzione. 428. Dottrina di Monroe. 309.

Fallacia dei giudizi. 115. False apparenze. 115. Fama (Buona e mala). 42. Famiglia. 120. Fanciulli. 151. Farini (L. C.), sua onest. 350, 351Far niente. 286. Fato. 135. Fatti e avvenimenti storici. 124.
Fatti e parole. 129. Faure (Il P.) usa argutamente di una citazione latina. 337.

Dreyfus (Affare) . 522.

Economia. 32, 376.


Edizioni

ad usum Delphini. 510. Edoardo III e 1' ordine della Giarrettiera.

117.

Egoismo. 89.
Elemosina. 38. Eloquenza. 426.

Favre (Parole di Giulio) sulla questione romana. 281. Fede alle promesse. 348. Fedelt. 464. Federigo il Grande e il mugnajo
di Sans-Souci.

161.

Empie (Frasi)

divenute celebri.382.

Felicit.

131.
eterno. 93.
I di

Emulazione. 472. Enrico IV vuole che la domenica ogni contadino abbia il suo pollo. 341. Eroi. 375.
Errore. 107. Errore tipografico famoso. 246. Esempio. 62. Esercito borbonico, non avea fama
di coraggioso.

Femminino
Ferdinando

Napoli fonda

l'or-

dine dell' Armellino. 476. Fermezza. 79. Ferrari (Paolo). 520. Ferravilla e il suo repertorio milanese. 535.
Ferretti (Jacopo), notizie biografiche su di lui. 538. Ferrucci (Francesco), sue ultime

470,

Esilio.

313.

parole. 212.

Esperienza, Esposizione

no.
(Grande)
i.

universale

Fiducia. 134. Figli. 121.


Figlia di
in

di rettorica usata,

un

fornaio,

trasmutata

Espressione geografica (L' Italia ima). 312. Est Est Est. 528.

Etemo femminino. 93. Etimologie bizzarre e capricciose.


437-

Eton (Collegio

di).

409.
7.

upili. 255. Ex-libris famosi.

6,

secondo una leggenda inglese. 222. Filippi (Battaglia di). 514. Filosofia. 441. Fine di secolo. 511. Firenze. 257. Sue leggi. 168. Suoi costumi ai tempi del Dati. 422. Fonseca Pimentel (Eleonora) condotta al supplizio. 486. Fontana (Domenico). 394.
civetta,

Failly

(Il

Generale De) a
107.

Men-

Formola

tana. 280.

Fallacia dei disegni.

ordinanze dei 360. Delle bolle pontifcie. 515.


finale delle

re di Francia.

630

Indice delle cose notbili

Forno

Fornaretto di Venezia. 162. delle Grucce a Milano. 481. Fortuna. 135.


Fotografia. 225. Francesca (Episodio di) nella Divina Commedia. 23, 60.

Germania. 266.

Gerusalemme (Distruzione di) 3 83 Gesuiti. 347. Loro morale. 374. Loro soppressione. 277. Ubbi.

dienza cieca

che

praticavano.

467.
Ghiottoneria di Martino IV. 346. Giacomo (Card.) di Portogallo, sua vita illibata. 475. Gianduja. 254. Giarrettiera (Ordine della) sue origini. 116. Giasoneide, poema ridicolo del Mari. 141. Gil-Blas pone un' iscrizione latina sulla porta del suo castello.
,

Francesco

I,

se abbia scritto nel

castello di

Chambord un motto
donne. 96. suo famoso biglietto
la battaglia di

sulla costanza delle

Francesco
alla

I,

madre dopo

Pavia. 349. Francesi, nulla conoscono d' impossibile.

322.

Francia. 15, 264. Francia (Intervento della) nella questione romana. 280. Frasi d'intercalare comune. 483. Frasi giocose diverse. 526.

446.
Ginnastica, sua importanza. 409.

347. Frittata (Una) 540. Frode. 143.

Frati.

di venerd

santo.

Fueros aragonesi. 278. Fugger, il vescovo beone. 528.


Furto. 145.
Galileo e

da Bismarck. 224. Giorno e notte. 147. Giovanni (Leggenda di Don). 519. Giovanni XXIII, sua tomba. 284. Giovanni di Cappadocia. 140. Giovent. 150. Giovine Italia, societ mazziniaGiornalisti giudicati

V Eppur

si

muove. 85.
conflitto

Gambetta, sue parole nel

parlamentare del 1877. 282. Garibaldi (Programma politico di) nel i860. 177. Garibaldi e l' inno che da lui prende il nome. 198, 304. Garibaldi, e il suo proclama ai volontari assemblati nei boschi della Ficuzza. 260. Garibaldi d un esempio mirabile di obbedienza. 466. Gastronomia. 453. Gavinana (Battaglia di). 212. Generazione (Dottrina Harveiana
sulla).

na. 519. Girardin (M. de), aveva un'idea al giorno. 203. Girello, antico dramma musicale.

537.

GiuUano l'Apostata, leggenda

in-

sua morte. 387. Giulio II vuole cacciare i barbari


alla

tomo

d'Italia.

307.
di fedelt agli antichi

Giuramento
Giustizia.

re aragonesi.

278.

157. Giustizia di Dio. 68. Goethe (Ultime parole

di).

241,

247.

78.

Genio. 199.

Governo. 165. Governo negazione di Dio. 128. Grammatica. 436.

Genio e folla. 201. Genova. 254.


Geografia (Che cos'
la).

Grappa (Commento faceto del) a un verso del Petrarca. 451.


444.
Gratitudine.

184.

Indice delle cose notabili

631

Grossi (Gara di modestia fra il) e Manzoni. 191. Guerra e pace. 186. Guglielmo II, sue frasi cesariane.

Italiano (Genio),
dall'

come
.

differisca

oltramontano 201. Ivone (Sequenza di S.). 223.

360.
Gusti. 9.

Kean. 357.

La Chtre (Marchse
Hostis, vero significato di questa
parola. 306.

de). 353.

Lacrime delle cose. 232. Laghi italiani. 255.


Lamartine, suoi insulti all' Italia. 311. Lamberti (Mosca) e la sua maledetta parola. 394. Lamoricire, suoi insulti all' Italia.

Iddio. 377.

Iddio paragonato dalla Bibbia ad un ubriaco e ad un ladro. 381.


Ideale. 434. Idee di Donna Prassede. 276. Idiotismi diversi. 543.

313.
(Alessandro)
,

Lanari

impresario

Ignoranza. 405. Illibatezza. 471.

fiorentino. 273. La Palisse e le sue verit. 543.

Immaginazione. 199. Impostura. 42 1


.

Imprecazioni diverse. 512. Industria. 286.


Infelicit.

condanna a morte. 428. Lavoro. 286. Leczinska (Maria), aneddoto che


Lavoisier, sua
la riguarda. 423. Leggi. 165.

131.

Inganno. 29. Inghiltena. 267. Ingiurie. 207.


Ingratitudine. 184. Inni nazionali inglesi. 267. Inni patriottici del risorgimento
italiano.

Lenclos (Ninon de). 353. Lenore, ballata di Brger. 247.

Leone XIII, come

indicato nella

profezia detta di S. Malachia.

197, 302.

Innocenza. 473.

335Leopardi (Ultime parole di). 241. Leopoldo II, G. D. di Toscana. 399Lettere e scienze. 426. Leva adatta a smuovere il mondo. 76. Libert. 213. Libri (Dei) in generale. 4, 427. Libri, se s' hanno a prestare o no. 6.

Inno Inno

di Garibaldi.
di

198, 304.

Mameli. 304.

Insufficienza dei propositi. 107. Intelligenza. 199.

Invidia. 218. Invocazioni diverse. 512.


Ipocrisia. 415. Ira. 207.

Irredentismo,

come

giudicato da

Libro
113.
Liti.

(Il

pi antico) che

esiste.

Francesco Crispi. 179. Irrevocati di (Polemica sugli) 62 Italia, come sia stata chiamata e cantata dai poeti. 251, 298. Italia in generale. 298. Italiani, se giustamente accusati d'indolenza. 286.
.

157.
(Affare).

Lobbia

477.

Lodi. 42.

Lombardia. 254.
Lotta per la Lucca. 257.
vita.

231.

632

Indice delle cose notabili

Luigi
chi

XI
non

accorda un benefizio a
lo

una
366.

frase

crudele
di

attribuitale.

chiedeva, e lo rifiuta a chi lo chiedeva. 138. Luigi XII perdona ai suoi offensori.

Maria

Cristina

Savoia,

suoi

versi devoti.

518.

41.
ai

Luigi
al

XVI, epigrammi
il

quali

Maria Teresa imperatrice. 328. Mari (Il Canonico) e i suoi spropositi.

dette luogo

trono. 342.

suo avvenimento Sua morte. 246.

141.

Mar Rosso,

Luna. 71.
Machiavelli (Niccol), suo monumento in S. Croce. 45, 57. Machiavellismo. 373. Maestri di scuola. 409. Maestro {II) del signorino. 544.

l' Italia vi cercava la chiave del Mediterraneo. 264.

Marsigliese (Origini della). 195. Martino IV, sua ghiottoneria. 346.

Matrimonio. 93. Mazzini e il giuramento della Giovine Italia. 519. Mecenate apostrofa vivamente Augusto.

Mala

buona fama. 42.


(S.), profezia

514.
,

Malachia

a lui

attri-

Mecenate a pranzo da Cipio o

buita. 334.

Cabba

marito

compiacente.

Malattie. 402.

Maldicenza. 218. Malvagi e buoni. 48. Mancini (P. S.) voleva trovare la chiave del Mediterraneo nel Mar Rosso. 264. Manin (Daniele), sua condotta
verso la casa di Savoia. 279. Manin profugo a Corfu. 304.

424. Medici condotti. 224. Mediterraneo (Chiavi del). 264. Memoria. 408. Menagio, sue strane etimologie.
437.

Mentana (Battaglia Menzogna. 416.

di).

280, 305.

Merli bianchi. 504.

Manzoni (Gara
Grossi
e).

di

modestia tra

il

Messa pro Rege. 359.


Mestieri. 221.

191.
fattagh.
delle

Manzoni
493-

(Aless.), burla

Metodisti, loro

norma

di vita.

403.

Miceli (Luigi). 520.


(Aless.) e
il

Manzoni Manzoni

Forno

Mille e una notte, loro origine.


523. Miniatura. 225. Miserie della vita. 227.

Grucce. 481.
(Aless.),
fa

un brutto
riabilita-

verso per l'Italia. 301.

Maramaldo, sua tentata


zione.

Modena. 257.
Moderazione. 457. Modestia. 471. Modi proverbiaH diversi. 500. Moglie di Cesare. 347. Monarchia (La) secondo il pensiero dei patriotti itahani. 178.

213.
,

Marangio (Pasquale)
sposta. 321.

sua

fiera ri-

Marchese Colombi. 292,

'29,7, 547. Marchi, professore a Modena. 547. Margherita di Savoia, suo viag-

gio in Sicilia. 87.

Maria Antonia granduchessa

di

Toscana, sue minaccia contro Livorno insorta. 210. Maria Antonietta, innocente di

(Se il) vada peggiorando, antico pregiudizio. 113. Mounier (Marco) difende l'Italia.

Mondo

312.

Monroe

(Dottrina di).

309.

Indice delle cose notabili

633

Montefeltro (Guido da), consiglio da lui dato a Bonifazio Vili.

Omero. 325.
Onoratezza. 348. Onori. 42. Orgoglio. 271. Orsini (Felice), sue parole dopo la sentenza. 212. Ostinazione. 276.

352. Montefiascone (Moscato di). 528. Montgolfier (Stefano). 329. Monti (Frasi tolte aS!^ Aristodemo del), popolari a Venezia. 492.

Monti (Vincenzo). 287, 329. Morale dei gesuiti. 374. Morte. 235. Morte ricordata agli Czar delle Russie e ad altri potenti. 238.
Motteggi diversi. 526. Motti di Casa Savoia. 86, 333, 450.

Ottimismo. 227. Ozio. 286.

Pace e guerra. 186.


Paesi. 250. Pandolfo (Vero). 508. Pane (Il gran). 383. Pangloss (Filosofia del dottor). 227. Pantalone. 169. Panteon spogliato del bronzo da Urbano Vili. 146.

Mugnaio

di Sans-Souci.

161.

Mureto, avventura che gli accadde venendo in Italia. 497. Arso in effigie. 498. Musica (Giudizi sulla). 440.
329. Sua profezia sui destini dell' Europa. 269. Napoli. 262.

Papi. 344. Papi, come solevano chiudere


loro bolle.

le

Napoleone

I.

Naso. 34. Natura (Leggi


Xatiu-e

di),

"j"].

248. Nazioni. 250. Nencini, bibliofilo. 427. Neri (S. Filippo), suoi motti. 517. Nerone, sue ultime parole. 326. Xesle (Torre di). 401. Nobilt e Corte. 357. Noia. 12.
diverse.

umane

515. Papiro Prisse. 113. Papotti (Professor). 535. Paradossi di Alfonso Karr. 175. Parigi, che cosa valga. 423. Parlare. 290. Parodia delle tragedie di gusto
greco. 534. Parola. 290.

Nomi

delle cose. 439. Notte e giorno. 147.

Obbedienza. 464. Obelisco Vaticano: suo trasporto. 394. Occhi. 35. Odio. 218. Oflfese. 207. Oliphant (Lawrence), sue ultime

Parola (Che cos' la). 415. Parole e fatti. 129. Parole (Ultime) di Arria. 390. Di Carlo l d'Inghilterra. 523. Di Cavour. 181. Di Demonatte. 245. Di Giulio Cesare. 513. Di Francesco Ferrucci. 212. Di Goethe. 241, 247. Di Giacomo Leopardi . 2 4 1 . Di Nerone .326. Di Lawrence Oliphant. 247. Di Rabelais. 244. Di Filippo Strozzi. 211. Parsimonia. 459. Pasquinate. 146, 307, 308.
Passioni. 9. Patria in generale. 298.

parole. 247.

Omeopatia (Principio fondamentale della).

402.

Paura. 315.

634

Indice delle cose notabili

Pazzia. 412. Pazzia e genio. 201. Peccare. 479. Pentirsi. 276.

Pepe

(Gabriele) sfida a duello

La-

martine. 312.

Perdono. 40, 286. Pero (Prete). 531.


Perseveranza. 79. Personaggi storici e letterari. 324. Peso della carta variabile secon-

Portogallo (Card. Giacomo di), sua vita illibata. 475. Portoghesi. 269. Pourceaugnac (Signor di). 541. Poussin, sua tomba. 492. Povert. 339. Praslin (L'affare) e i polacchi. 192.

Prassede (Idee di Donna). 276. Prepotenza. 143. Presunzione 271.


.

Preti.

344.

do

l'

importanza degli

scrittori.

Principi e

Re. 357.

507. Peto (Moglie di Cecina)


eroica. 392.

sua morte

Probit. 348. Professioni diverse. 221.

Profezia sui papi

attribuita a S.

Petrarca,
ra.

quando conobbe Lau-

Malachia. 334.

24.

Proudhon, sue

singolari teorie in-

Piacere. 335.

torno alla propriet.

173.

Pianta uomo. 252. Pianto della natura. 232. Piave (F. M.), notizie biografiche su di lui. 153. Piccaluga (Signor). 536. Pico (Giovanni) della Mirandola, Fenice degli ingegni. 428. Piemonte. 253. Pio III, pianse udendosi ricordare la vanit delle glorie umane.

Prudenza. 354. Prussia. 266.


Pudicizia. 475. Pusiano (Laghetto di). 255. Pyat (Felice) ha un diverbio con Proudhon. 173.

Rabelais (Ultime parole


cilia.

di).

244.

Raffaello, suo quadro della S. Ce-

205.

235.
e l'Italia. 310, 493. e Pio come indicati

Ragazze da maritare. 292.

Pio Pio

IX IX

Ranieri (S.), il suo scheletro manca di un dito. 533.

nella profezia detta di S.


lachia.

Ma-

Rapina. 143.
Rassegnazione. 465.

335.
502.

Pirro e le sue vittorie. Pisa. 257.

Re Re Re Re

di Francia,

cerimoniale nella

Plagio. 432. Platone, come defin l'uomo. 199. Sua dottrina del bello. 33.

loro morte. 358. Re d'Inghilterra, loro motto. 364.


e principi. 357. Tentenna. 363. Travicello. 362. Recanati. 258.

Pochezza

d'

animo. 390.
dell' ItaUa.

Poesia. 426. Poeti che cantarono

Regimen

sanitatis,

della

Scuola

251, 300. Pohtica. 165. Pollo in pentola desiderato da Enrico IV per ogni contadino alla domenica. 341. Ponderatezza. 461.

Salernitana. 403. Regole del giudicare.

115.

Regole del
sare.

trattare e del conver-

368.
diverse.

Regole pratiche
Religione. 377.

371.

Indice delle cose notabili

635

Ricasoli (Bettino), sua apostrofe


ai

Savoia (Filippo
offensori.

di)

perdona

ai suoi

deputati. 351.

41.

Ricchezza. 339. Ricordo del bene passato. 57. Ricredersi. 276. Riflessione. 461. Rimini. 258. Riposo. 445. Riprensione. 62.
Risolutezza. 390. Rispetto. 464. Rito di ardere la stoppa innanzi al Pontefice novellamente eletto. 234. Riverenza. 468. Rolet, sua avventura

Scherzevoli (Frasi) diverse. 526. Schiettezza. 415. Scienze e lettere. 426.


Sciesa (Eroica risposta
attribuita

ad Antonio). 323.
497. Sciocchezza 412. Scipione Africano in esilio. 184, Scongiuri cabalistici. 523. Scrittori stimati a peso. 507. Scudo, quale valore vi annettes.

Scilla e Cariddi.

con Boi-

leau. 419.

sero gli antichi. 189. Scuola. 409. Scuola di Salerno. 403. Sebastiani (Orazio), la sua frase
infelice su

Roma. 84, 259. Romana (Questione). 280. Romani (Felice), notizie biogra539. Romeo di Villanova. 397. Rossini e il Tancredi. 494. Rouget de Lisle e la Marsigliese.
195fiche su di lui.

Varsavia e

le

sue di-

sgrazie domestiche. 192.

Seguier, suo contegno

come ma-

161. Sella (Quintino) e


gistrato.

il

palazzo delle
84.

finanze in

Roma.

Senno. 354. Senso comune. 410.


Sera.

Rouher

(Parole di Eugenio) sulla questione romana. 280.


del).

147.

Rovigo. 257. Rubicone (Passaggio

Servi di casa. 51. Servit e libert. 213.

393.

Sesamo, della novella orientale

di

Dove

fosse.

393.
Giovine. 534.

Russia. 269. Rutzrvanscad

il

Sacco Raffaele, improvvisatore napoletano. 26.


Sacerdoti. 344. Sadowa (Battaglia
di)

Ali Baba: sua origine. 523. Sete. 452. Siena. 257. Sigismondo imperatore pretende reggere anche la grammatica.

437.
Silenzio.

290.
irriverenti

vinta

dai

Similitudini diverse.
Similitudini

maestri di scuola. 409.

500. contenute

Sagunto (Espugnazione

di). 390. Salerno (.Scuola di). 403. Salisbury (Contessa di), suoi pretesi

amori con Edoardo III. 117.

Sanit. 402.

Sapere. 405.

Sardanapalo (Epitaffio

di). 13.

Sardi insoflferent di schiavit. 263. Saviezza. 412.

nella Bibbia. 381. Simulazione. 415. Sisto V, sua superba risposta nella cerimonia del possesso. 235. Soderini (Piero). 399. Sofia (S.) a Costantinopoli, antica iscrizione. 286. Sogni. 78.

Sole.

71.

636

Indice delle cose notabili

Sole

(II)

non tramontava mai nei

Tavola. 452.

regni di Carlo

V. 273.

Temperanza. 457.

Sollecitudine. 390. Sollievo. 445.

Tempo. 461.
Tenorio (Leggenda
vanni). 519. Terra dei morti,
di

Don

Gio-

Somma

(Antonio), notizie biografiche su di lui. 546. Sonetto bilingue. 529. Sonntag Enrichetta, che cosa pensasse di
lei la

nome

dispregia-

tivo dato all'Italia.

Terremoto

(Il

311. vezzoso), epigram-

Catalani. 429.

Sorti disuguali.

55. Spada del Duca Valentino. 272.

Spagna. 269.
Spedizione di Aspromonte. 260. Speranza. 449.
Spiritismo. 453.

530. Terrore (Periodo del), origine di questo nome. 246. Thiers (Parole di) sulla questione romana. 280. Tirolo (Campagna del) nel 1866, guidata da Garibaldi. 466.

ma

del Crudeli.

199. Statua del Commendatore. 519. Statura dell' uomo. 34. Sterbini (Cesare), notizie biografiche su di lui. 496. Steme (Lorenzo), suo epitaffio.

Spirito.

Tolomei (Pia

dei). 327. Torino. 253. Torti (Giovanni). 507. Touquet (Canzonetta sul colon-

526.

nuovo. 431. sua importanza. 430. Stilo usato dagli antichi Romani per scrivere. 464. Stoppa che si arde innanzi al Pontefice novellamente eletto. 234. Storia (Che cos' la) 443 Stranieri come considerati a RoStil {Dolce)
Stile,
.

nello). 499. Tragicommedie. 534. Trappisti. 238. Trattare. 368. Travaso {II) delle idee. 548-

Travetti
sto

(Signor), origini di que-

nome. 509. Trentino abbandonato da Garibaldi. 466.

ma. 306.
sua morte e suo testamento. 211. Studenti. 410. Studio. 405. Suburra. 478. Supplizio (Forma singolare di) usato nel Medio Evo. 81. Svizzeri mercenari. 375.
Strozzi (Filippo)
,

(Bandiera). 303, 311. Trublet (Abate) beffato da Voltaire. 202. Turchia. 270. Turpino. 490.

Tricolore

Ubbidienza. 464.
liberti

Ugolino (Conte), se

(Farinata degli). 318. si sia nutrito


figli.

dei cadaveri de' suoi

452.

Umbria. 258.
Ungheresi giurano fedelt a Maria Teresa. 328. Uomo (Definizione dell') data da
Platone.
199.
toglie
il

Tacchinardi

(Apocrifo

aneddoto

sul tenore). 36. Tacere. 290. Talleyrand non amava lo zelo nei

Urbano Vili

bronzo che

suoi subordinati. 458. Tancredi, opera di Rossini, suc-

riveste le travi del portico del

Panteon. 146.

cesso che ebbe. 494.

Uso

nel linguaggio. 438.

Indice delle cose notabili

637

Valentino (Impresa del Duca) .271. Vanit. 271. Varsavia (L'ordine a). 191. Vecchiezza. 150.

Virt. 471. Visconti (Bernab) fa uccidere un frate che l'aveva rimbrottato.

Vedova,

artista

drammatico. 273.

Vendetta. 207.

Venere pianeta. 71.


Venezia. 256. Verdi (Giuseppe), sua opinione intomo ai nuovi metodi musi114. Verdi (Il maestro) e
cali.
tisti:
i

369Vita breve e travagliata. 228. Vittorio Emanuele II e il grido di dolore. 128. Vittorio Emanuele, re galantuo-

mo. 332.
Vittorio
rosit.

Emanuele
41.

II,

sua gene-

suoi libret-

Vizi. 477.

Cammarano. 496. Piave.

Voglie. 9.
Voltaire
tere.
:

153.

Somma. 546.
fa

sottoscrizione

empia che

Verga (Andrea)

un sonetto con226.

poneva

in fine a talune sue let-

tro la bicicletta.

386.

Verit. 415. Verit sta nel vino. 456. Vespasiani. 31.


Vestire. 469.

Waterloo

(Battaglia di). 322, 409. Wesleiani, loronorma di vita. 403.

Vidal (Gentiluomo). 535. Villanova (Romeo di). 397. Villemessant, suo motto arguto contro suo genero. 429. Vino. 72, 452.
Virgilio e Batillo.

Zanardelli (Giuseppe),
prevenire.

teoria at-

tribuitagli del reprimere e

non

Zelo non

164. gradito a Talleyrand.

142.

458. Zola e l'affare Dreyfus. 522.

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J ^-

JAN

1990

PLEASr ^^

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