In laude di Dante
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Dante ha certamente rappresentato l’emblema di Giovanni Boccaccio, orientandolo nella sua navigatio letteraria, e questa opera preziosa ne è fulgida testimonianza.
Giovanni Boccaccio
Giovanni Boccaccio (1313-1375) was born and raised in Florence, Italy where he initially studied business and canon law. During his career, he met many aristocrats and scholars who would later influence his literary works. Some of his earliest texts include La caccia di Diana, Il Filostrato and Teseida. Boccaccio was a compelling writer whose prose was influenced by his background and involvement with Renaissance Humanism. Active during the late Middle Ages, he is best known for writing The Decameron and On Famous Women.
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In laude di Dante - Giovanni Boccaccio
Τεληστήριον
GIOVANNI BOCCACCIO
IN LAUDE DI DANTE
DE ORIGINE VITA, STUDIIS ET MORIBUS VIRI CLARISSIMI DANTIS ALIGERII FLORENTINI, POETE ILLUSTRIS, ET DE OPERIBUS COMPOSITIS AB EODEM, INCIPIT FELICITER
Edizioni Aurora Boreale
Titolo: In laude di Dante
Autore: Giovanni Boccaccio
Collana: Telestèrion
Con prefazione di Leonella Zupo
Editing e illustrazioni a cura di: Nicola Bizzi
ISBN versione e-book: 979-12-5504-027-9
In copertina: Henry James Holiday: Dante Alighieri, 1875
(Collezione privata)
Edizioni Aurora Boreale
© 2022 Edizioni Aurora Boreale
Via del Fiordaliso 14 - 59100 Prato
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IL TRATTATELLO IN LAUDE DI DANTE DI GIOVANNI BOCCACCIO Prefazione di Leonella Zupo
Il Trattatello in laude di Dante, scritto dal Certaldese
Giovanni Boccaccio e dallo stesso autore rielaborato tre volte successivamente (alla Vulgata, parte principale composta tra il 1351 e il 1355, succedettero infatti due Compendi pubblicati tra il 1360 e il 1366), quale opera rappresenta una delle prime vere e proprie biografie, così come le intendiamo nella più attuale delle accezioni.
Per la stesura della sua opera, il Boccaccio - considerato a ragione il primo cultore, estimatore nonché professore di Dantologia della storia - non avendo in realtà mai conosciuto personalmente Dante, si dovette necessariamente cimentare in una minuziosa ricerca di notizie sul campo, in merito alla vita del Sommo Poeta, attraverso indagini, testimonianze e colloqui con persone che lo avevano conosciuto al tempo, recandosi nelle città che lo avevano ospitato quale esule, con la netta volontà di rivelare al mondo, attraverso la dovizia di molti particolari, la basilare influenza e l’eccezionale rilevanza della sua attività poetica. Il cospicuo materiale raccolto gli consentì così di tracciare un ritratto fisico, ma soprattutto morale e comportamentale del tanto amato/ammirato Dante Alighieri.
In merito alla sua descrizione fisica, così Boccaccio descrive il sommo poeta: «Fu […] questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d’onestissimi panni sempre vestito in quell’abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso».
Nel Trattatello, Boccaccio inserisce volutamente anche un simpatico aneddoto che testimonia la precocissima fortuna dei versi danteschi: mentre il poeta camminava solitario, infatti, alcune donne – sedute fuori dalla porta – incominciarono a guardarlo intensamente, e una disse alle altre: «Donne, vedete colui che va nell’inferno, e torna quando gli piace, e qua su reca novelle di coloro che là giù sono?». Alla quale una dell’altre rispose semplicemente: «In verità tu dèi dir vero: non vedi tu com’egli ha la barba crespa e il color bruno per lo caldo e per lo fummo che è là giù?».
…Insomma, secondo l’ingenuità popolare, Dante sarebbe stato così scuro di carnagione per aver trascorso troppo tempo a contatto con la fuliggine infernale.
A parte questo gradevole aneddoto, l’aspetto più singolare del Trattatello è da ricercare nelle notizie relative alle sue opere, informazioni più o meno accettabili, intorno alle quali gli studiosi ancora discutono instancabilmente. Boccaccio ci informa che il poeta avrebbe scritto i primi sette canti dell’Inferno quando era ancora a Firenze; l’esilio lo costrinse, suo malgrado, a mettere da parte e archiviare il poema al suo esordio. Fortunatamente, alcuni amici di Dante ritrovarono questi documenti contenenti i primi sette canti all’interno di un forziere e li spedirono al poeta, che si trovava in esilio in Lunigiana, in modo da consentirgli di continuare e soprattutto ultimare la scrittura del suo Poema.
L’inizio dell’ottavo canto dell’Inferno contiene il gerundio seguitando
, certamente un indicatore lessicale che avvalora la sopracitata descrizione e tesi boccaccesca: «Io dico, seguitando, che assai prima…». Qui sembra infatti che l’autore riprenda a raccontare dopo una lunga pausa.
Boccaccio fornisce indubbiamente importanti informazioni storiche su Dante, tracciando un sublime ritratto del poeta, elogiandone oltre alle virtù morali anche l’impegno civile, e decantandone la personalità eccellente e accurata dell’intellettuale, tramutando la sua storia nella celebrazione della poesia quale mezzo privilegiato e indispensabile per la conoscenza del mondo.
L’immagine che del Sommo Poeta ci restituisce il Boccaccio risulta altresì quella di una personalità pervasa e grondante di spiritualità (anche se mantiene il silenzio, per comprensibili ragioni, sulle sue appartenenze iniziatiche), il cui unico impegno avrebbe però dovuto ruotare solo attorno alla produzione poetica. A tal proposito, il Certaldese coglie l’occasione per illustrare la propria visione sul ruolo dell’intellettuale, che – a suo avviso – non dovrebbe tralasciare l’attività poetica per concentrarsi su altri aspetti della vita civile, quali ad esempio l’impegno politico, quasi rimproverato anche allo stesso Dante.
Per lo scrupoloso biografo, un’altra distrazione
cui un poeta dovrebbe assolutamente sottrarsi, onde poter compiere al meglio il proprio dovere d’intellettuale, è il matrimonio, e a tal fine si dissocia completamente dalla concezione di una letteratura ispirata dalla figura femminile, inibendo quindi il ruolo e la rilevanza di Beatrice nella Commedia. Dante – secondo Boccaccio – avrebbe persino fatto male a prender moglie, dato che… queste sarebbero per lui un fastidioso disturbo
e renderebbero difficile agli uomini di concentrarsi negli studi.
Un’altra costante tematica da parte del Boccaccio è rappresentata dalla violenta e sempre riemergente accusa a Firenze. Un brutale anatema quello scagliato contro la città colpevole di avere esiliato Dante, errore e peccato imperdonabile, creando così due polarità contrapposte: da una parte una Firenze matrigna e dall’altra una Ravenna, genitrice adottiva e bonaria, dove il poeta