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Il pastore e i lupi: Ricordando Benedetto XVI
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Ebook216 pages3 hours

Il pastore e i lupi: Ricordando Benedetto XVI

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About this ebook

L’ispirazione di fondo è cercare di dire ciò che Ratzinger-Benedetto XVI ha rappresentato non solo per la Chiesa cattolica ma per il pensiero dell’uomo contemporaneo, mettendo in luce la drammaticità di un pontificato segnato da attacchi senza precedenti, condotti soprattutto attraverso la mistificazione e la deformazione delle parole del papa e della sua stessa figura.
LanguageItaliano
PublisherChorabooks
Release dateMay 11, 2023
ISBN9791222406084
Il pastore e i lupi: Ricordando Benedetto XVI

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    Book preview

    Il pastore e i lupi - Aldo Maria Valli

    Sommario

    Prefazione 6

    Testimonianza 9

    Una parola preliminare 16

    Ultimo baluardo 21

    Come il pastore fu azzannato dai lupi 68

    Raddrizzare l’intelligenza cristiana 127

    Attualità del messaggio di Fatima 139

    Un grazie 195

    Quando sono debole, è allora che sono forte.

    2 Cor 12,10

    Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della sua vita,

    lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti.

    Benedetto XVI, Gesù di Nazaret

    La forza del male nasce dal nostro rifiuto dell’amore a Dio. È redento chi si affida all’amore di Dio. Il nostro non essere redenti poggia sull’incapacità di amare Dio.

    Benedetto XVI, Che cos’è il cristianesimo

    Quando sono debole, è allora che sono forte.

    2 Cor 12,10

    Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della sua vita,

    lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti.

    Benedetto XVI, Gesù di Nazaret

    La forza del male nasce dal nostro rifiuto dell’amore a Dio. È redento chi si affida all’amore di Dio. Il nostro non essere redenti poggia sull’incapacità di amare Dio.

    Benedetto XVI, Che cos’è il cistianesimo

    Prefazione: L'eredità del pontificato di papa Benedetto XVI

    Monsignor Athanasius Schneider*

    Con la scomparsa di papa Benedetto XVI molti cattolici hanno sentito di aver perso un punto di riferimento chiaro e sicuro per la loro fede. Si può avere la sensazione di essere orfani. Possiamo dire che Benedetto XVI è stato un papa che ha posto al centro della sua vita personale e della vita della Chiesa la visione soprannaturale della fede e della perenne validità della sacra Tradizione della Chiesa, che ne costituisce la fonte e il pilastro insieme alla Sacra Scrittura. In questo senso l'atto più grande e benefico del suo pontificato è stato il motu proprio Summorum Pontificum con il pieno ripristino della tradizionale liturgia latina in tutte le sue espressioni: la santa Messa, i sacramenti e tutti gli altri riti sacri. Questo atto pontificio passerà alla storia come epocale. Papa Benedetto XVI afferma che il rito tradizionale della Santa Messa non è mai stato abrogato e dovrebbe rimanere sempre nella Chiesa, perché ciò che era santo per i nostri antenati e per i santi deve essere santo anche per noi e per le generazioni future. In un tempo, come fu dopo il Concilio Vaticano II, in cui vi fu all'interno della Chiesa un movimento quasi generale di rifiuto radicale del millenario rito liturgico della Santa Messa, e quindi di rottura con il principio stesso della Tradizione, il pontificato di Benedetto XVI è valso la pena per il solo motivo di aver emanato il motu proprio Summorum Pontificum , con il quale ha avuto inizio la guarigione della ferita nel Corpo della Chiesa, ferita provocata dall'atteggiamento di rifiuto e di odio della venerabile e millenaria regola della preghiera della Chiesa.

    Il libro di Aldo Maria Valli ha il merito di fare memoria dell’insegnamento di Benedetto XVI, di mostrarne i contenuti principali e anche di ripercorrere la persecuzione di cui papa Ratzinger fu oggetto costante, proprio a causa della sua fede.

    Nell’epoca dei mass media e dei social, strumenti che consumano le notizie con grande rapidità, la nostra memoria tende ad accorciarsi. Dal tempo in cui Benedetto XVI ha confermato con passione e sapienza i fratelli nella fede, ed è stato azzannato dai lupi, non sono passati molti anni, eppure la sua eredità rischia di essere già dimenticata. Doveroso è dunque riproporla in tutta la sua portata culturale e spirituale. E in questo senso il libro di Valli, giornalista che è stato testimone diretto del pontificato di Benedetto XVI, è un valido strumento.

    Nel suo testamento spirituale papa Benedetto XVI ci ha lasciato tra l'altro la seguente breve frase sostanziale, che considero la più importante di tutte: Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!. Assistiamo ai nostri giorni nella vita della Chiesa a un processo di diluizione della fede cattolica e di adattamento allo spirito di eretici, miscredenti e apostati. Il tutto sotto il nome pretestuoso ed euforico di sinodalità e abusando dell'istituzione canonica di un sinodo. Una tale situazione è demoralizzante per tutti i veri cattolici. Quindi l'eredità di papa Benedetto XVI, che si esprime appunto nelle parole Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! e nell’epocale Summorum Pontificum rimane una luce, un incoraggiamento e una consolazione. Questo papa è stato forte nella fede, vero amante della bellezza e della fermezza incorruttibili del rito tradizionale della Santa Messa, ha dato il primato alla preghiera, alla visione soprannaturale e all'eternità. Questa eredità, grazie all'intervento della Divina Provvidenza, che non abbandona mai la sua Chiesa, vincerà contro l'attuale enorme confusione dottrinale e l'apostasia strisciante soprattutto all’interno di una casta mondana e incredula di teologi, che sono i nuovi scribi, e quella di non pochi membri dell’alto clero, che sono i nuovi sadducei.

    Papa Benedetto XVI ha fatto risplendere il suo motto episcopale Cooperatores veritatis , collaboratori della verità. Con questo motto vuole dire ancora oggi a ogni fedele cattolico, a ogni sacerdote, a ogni vescovo, a ogni cardinale e anche a papa Francesco: ciò che conta davvero è l'incrollabile fedeltà alla verità cattolica, alla costante e venerabile tradizione liturgica della Chiesa e al primato di Dio e dell'eternità.

    Che Dio accolga le preghiere e le sofferenze spirituali offerte da papa Benedetto XVI nella sua vita ritirata, e conceda per il futuro della Chiesa vescovi e papi pienamente cattolici e pienamente apostolici. Perché, come disse san Paolo: Non possiamo fare nulla contro la verità, ma solo per la verità (2 Cor 13,8).

    *vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana

    Testimonianza: Il grande difensore della verità

    Cardinale Joseph Zen Ze-kiun*

    Ora che papa Benedetto XVI ha terminato il suo umile servizio di operaio nella vigna del Signore possiamo dire che il suo è stato un servizio multiforme. Qualcuno sottolineerà che è egli stato un grande teologo, altri continueranno a chiamarlo il rottweiler di Dio. Per me è stato il grande difensore della verità. È vero che la sua prima enciclica è stata la Deus caritas est , ma non dimentichiamo che più tardi arrivò la Caritas in veritate .

    Benedetto XVI ha difeso la verità contro la dittatura del relativismo. Non ha avuto paura di sembrare retrogrado davanti ai tanti che esaltano un pluralismo a oltranza, un inclusivismo indiscriminato. Ha detto che l’amore senza un fondamento nella verità diventa un guscio che può contenere qualsiasi cosa.

    Qualcuno ha sostenuto che papa Benedetto, dopo le dimissioni, avrebbe dovuto stare zitto e non creare confusione nella Chiesa. A me sembra invece che, proprio perché nella Chiesa c’è confusione, un papa emerito, come ogni vescovo e cardinale finché hanno respiro e lucidità di mente, deve compiere il suo dovere di successore degli apostoli per difendere la sana tradizione della Chiesa.

    Da quando la parola conservatore è sinonimo di peccato? Purtroppo oggi la fedeltà alla Tradizione può essere presa come rigidità o indietrismo.

    In momenti cruciali, anche papa Francesco ha accettato questo decisivo contributo del suo predecessore, come quando difese il celibato sacerdotale della Chiesa romana nella controversia circa la proposta di ordinare viri probati .

    Come membro della Chiesa cinese, sono immensamente riconoscente a papa Benedetto. Anzitutto per la sua Lettera ai cattolici cinesi del 2007, un capolavoro di equilibrio tra la lucidità della dottrina ecclesiologica cattolica e l’umile comprensione dell’autorità civile. Questa ecclesiologia cattolica non è sua personale, ma egli l’ha esposta con insuperabile chiarezza e concretezza. Peccato che la Lettera sia stata poi sciupata: ci sono stati errori (più probabilmente manipolazioni) nella traduzione cinese e abbiamo visto anche citazioni tendenziose contro il senso ovvio del documento.

    Un altro contributo straordinario di Benedetto XVI per la Chiesa in Cina è stata la costituzione di una Commissione per curare gli affari della Chiesa nel grande Paese. Purtroppo, però, sotto il nuovo presidente, la Commissione è stata sciolta alla chetichella, senza neanche una parola di rispettoso congedo.

    Papa Benedetto è stato sovente capito male e altre volte non è stato seguito; ma proprio in questi casi, che sembrano di fallimento, ho potuto ammirare la sua grande fortezza d’animo e la sua magnanimità a fronte delle contrarietà. Ricordo di aver visto il cardinale Joachim Meisner piangere quando l’episcopato tedesco criticò severamente il papa suo connazionale.

    Nell’Angelus del 26 dicembre 2006 papa Benedetto esortò i fedeli in Cina a perseverare nella fede, anche se nel momento presente tutto sembra essere un fallimento. Tuttavia, nonostante gli sforzi, Benedetto non riuscì a migliorare la situazione della Chiesa in Cina. Per lui era inammissibile accettare un compromesso qualunque.

    Sono ancora convinto che ogni sforzo per migliorare la situazione della Chiesa in Cina dovrà essere fatto secondo la linea dettata nella Lettera del 2007.

    Mentre ricordiamo il grande pontefice Benedetto XVI, ricordiamoci che adesso lo abbiamo quale potente intercessore in Cielo. Con la sua intercessione, preghiamo perché tutti - la Chiesa a Roma, la Chiesa in Cina e le autorità cinesi - siano mossi dalla grazia di Dio per realizzare la vera pace per la Chiesa e per la nostra patria.

    Non ricordo quando incontrai Joseph Ratzinger per la prima volta. Ricordo bene, però, che quando lo incontrai personalmente mi accorsi subito che era proprio l’opposto di come qualcuno lo descriveva in quanto rottweiler di Dio . Avvertii immediatamente che era la persona più gentile che io avessi mai conosciuto .

    Quando ebbi l'opportunità di incontrare l'arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams, grande amico di papa Benedetto, gli chiesi: Che ne dice del nostro papa?. Ed egli, senza esitazione, mi rispose: He is very shy, cioè È una persona molto timida.

    Ovviamente, avendo la responsabilità della Congregazione per la dottrina della fede, dovette mettere sotto la lente di ingrandimento certi teologi per le loro discutibili vedute e dottrine. Ma io so che tutti furono sempre trattati con rispetto e perfino, si può ben dire, con squisita gentilezza.

    D’altra parte Joseph Ratzinger fu sempre così con tutti. Quando era a capo della Congregazione per la dottrina della fede il suo ufficio era alla destra della basilica di San Pietro, ma la sua abitazione stava dalla parte opposta. Doveva quindi attraversare ogni giorno piazza San Pietro, e ogni volta si fermava a scambiare qualche parola con tutti quelli che lo salutavano. Era molto disponibile e non mancava mai di impartire una benedizione a chi la chiedeva.

    Incominciai ad avere contatti più frequenti con lui nelle riunioni organizzate dal cardinale Tomko della Congregazione di Propaganda Fide, quando eravamo impegnati a discutere i problemi della Chiesa in Cina. Gli interventi del cardinale Ratzinger erano sempre molto ragionati e incisivi, ma con modi umili. Con la sua memoria formidabile, ricordava tutto quello che gli altri avevano detto.

    Si usa dividere gli studiosi in conservatori e progressisti e certamente il giovane professore Joseph Ratzinger, portato al Concilio Vaticano II dal cardinale Frings di Colonia come perito teologo, apparteneva alla cosiddetta ala progressista. Ma questa dicotomia è problematica, perché la vita è fatta dal bilanciamento tra conservazione e progresso. E difatti Ratzinger, dopo essere stato catalogato come progressista, fu poi messo nella schiera dei conservatori. Il fatto è che la teologia di papa Benedetto è veramente, nello stesso tempo, fedele alla tradizione e originale nella sua esplicazione. E io, per la mia formazione salesiana, ho trovato particolarmente agevole identificarmi con il suo insegnamento. Ringrazio il Signore per l’ottima formazione che ho ricevuto nella Congregazione salesiana, sia nel noviziato sia durante gli studi di filosofia. I salesiani sono piuttosto conservatori. Quando mi recai in Italia per perfezionarmi in filosofia e teologia, ebbi professori molto seri e ben formati. Tutto questo mi aiuta a rispettare e ad apprezzare le tradizioni della Chiesa.

    Ai tempi del Concilio (quando si aprì, avevo trent’anni) noi giovani studenti certamente avevamo molte aspettative circa il rinnovamento della Chiesa. Tuttavia non si trattava di un rinnovamento inteso come abbandono del passato o fiducia esclusiva nel futuro. Nel discorso inaugurale del Concilio papa Giovanni XXIII disse proprio ciò che noi aspettavamo.

    La confusione che è venuta dopo il Concilio è dovuta all’insistenza dei due rami estremi della polarità conservazione-progresso, ma l'autorità garantita è data dai documenti del Concilio. Quando papa Giovanni Paolo I e papa Giovanni Paolo II decisero di assumere il doppio nome lo fecero appunto per dire che come pontefici non avevano altro programma che quello del Concilio iniziato da Giovanni XXIII e condotto alla conclusione da Paolo VI.

    Nelle riunioni organizzate dal cardinale Tomko, durante le quali la Congregazione di Propaganda Fide collaborava in modo fattivo, in relazione agli affari della Chiesa in Cina, con la Segreteria di Stato di allora, il cardinale Ratzinger non faceva mai mancare il suo contributo. Poi, quando successe a Giovanni Paolo II con il nome di Benedetto XVI, continuò a manifestare un interesse particolare per la nostra Chiesa in Cina.

    Come vuole la norma, quando raggiunsi l’età della pensione quale vescovo di Hong Kong, presentai al papa Benedetto la lettera di dimissioni, ma egli mi mise nel primo gruppo dei cardinali da lui scelti. E mi spiegò che lo fece perché io contribuissi agli affari della Chiesa in Cina.

    Papa Benedetto è stato molto restio a usare la sua autorità. All’epoca, quando il segretario di Stato era il cardinale Bertone, ovviamente scelto dal papa e salesiano come me, l’incaricato per dialogare con la Cina era monsignor Parolin, sottosegretario della Segreteria di Stato, e ricordo bene che Parolin seguiva non tanto le indicazioni del papa quanto quelle del cardinale Dias, prefetto di Propaganda Fide, il quale a sua volta non seguiva la strategia di Benedetto XVI.

    Come si può capire, in quelle condizioni le alte sfere vaticane non accettavano di buon grado il mio punto di vista nel trattare gli affari della Chiesa in Cina. Io allora me ne lamentai con Benedetto XVI, chiedendo di poter parlare alla presenza sua e dei capi dicastero. Sapevo che la mia richiesta avrebbe creato un certo imbarazzo al papa: avrebbe infatti ascoltato le mie lamentele davanti ai suoi più alti ufficiali! Eppure Benedetto accettò la mia richiesta senza problemi. In seguito, sfortunatamente, il mio intervento non servì a molto, ma non dimentico quella sua disponibilità.

    Proprio per il differente punto di vista del cardinale Dias e di monsignor Parolin rispetto a quello del papa, la Commissione voluta da Benedetto XVI non fu in grado di dare i frutti desiderati e Parolin, come segretario di Stato, la fece semplicemente sparire.

    Dopo che papa Benedetto si fu ritirato, lo potei visitare qualche volta, ma ovviamente in quei casi non fu possibile parlare dettagliatamente degli affari della Chiesa in Cina.

    Quando egli pubblicò il suo libro Ultime conversazioni , me ne mandò immediatamente una copia con questa dedica: In comunione di preghiera. Poco dopo, l'arcivescovo Savio Hon Tai Fai, forse non sapendo che il papa me ne aveva già mandata una copia, ne comperò una per me e la fece firmare dal pontefice. E questa volta la dedica fu: In unione di preghiera e di pensiero. Sarò immodesto, ma se dico di essere stato un pupillo di papa Benedetto penso di non andare lontano dalla verità. Tra di noi c’era una speciale sintonia.

    Se papa Giovanni Paolo II tratteneva volentieri gli ospiti a tavola, papa Benedetto lo faceva più raramente, ma un’estate, quando accompagnai i diaconi permanenti della diocesi di Hong Kong a un pellegrinaggio e il papa era in vacanza nella diocesi di Belluno, sapendo che desideravo fargli visita mi mise a disposizione addirittura un elicottero. Inoltre chiese e ottenne che la polizia italiana scortasse il pullman dei nostri diaconi verso il luogo in cui si sarebbe tenuto l’Angelus domenicale.

    Quel giorno, poi, ebbi una sorpresa. Dopo l’Angelus, qualcuno mi disse: Il papa la invita a pranzo. Non sono gesti che avvengono per caso. E io non dimenticherò mai l'atmosfera di calore e bontà durante quel pasto.

    È una cosa buona che papa Benedetto XVI venga ricordato con varie iniziative editoriali, come questa del noto vaticanista Aldo Maria Valli. Spero che questo libro, che affronta anche le grandi difficoltà del pontificato di Joseph Ratzinger, contribuisca a farlo conoscere di più e meglio a un pubblico sempre più vasto.

    *vescovo emerito di Hong Kong

    Una parola preliminare

    Nel 1990, al Meeting di Rimini, in una memorabile lezione sulla Chiesa, l’allora cardinale Ratzinger disse che la riforma, la vera riforma, è sempre "una ablatio , ovvero un un toglier via, affinché divenga visibile la nobilis forma , il volto della Sposa e insieme con esso anche il volto dello Sposo stesso, il Signore vivente". Si tratta, spiegò, di eliminare tutto ciò che è inautentico, un po’ come fa lo scultore che, alla ricerca dell’immagine che ha in mente, toglie progressivamente il materiale non necessario. Il paragone risale a san Bonaventura, tanto studiato e amato da Ratzinger, e mi è rimasto impresso, perché più volte ho potuto verificare che anche la fede, in fondo, è una continua ablatio , un toglier via ciò che ci impedisce di vedere il volto di Cristo e di vivere della sua compagnia.

    Tuttavia, nel momento in cui mi accingo a scrivere di nuovo di

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