A rischio di fuga
By L.A. Witt
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About this ebook
Il pilota da caccia Bennett "Roid-Rage" McKinney ha da anni una cotta per uno dei compagni di squadra, Aaron "Tex" Austin. L'irascibile ufficiale addetto alle intercettazioni radar è sexy, sarcastico, gay… tutto ciò che Bennett ha sempre cercato in un uomo.
Una delle rare notti in cui Tex non avverte il solito dolore provocatogli dall'essersi dovuto eiettare in volo qualche anno prima, va in cerca del corpo caldo più vicino a lui… che guarda caso è quello di Bennett.
Dopo una notte rovente, però, Bennett si sveglia da solo. Tex inizia a mandargli dei messaggi confusi: un attimo prima lo vuole, e un minuto dopo è freddo e distaccato. Bennett non ha intenzione di prestarsi a fare giochetti, nemmeno con l'uomo che ha sempre desiderato. I rapporti occasionali gli stanno bene, ma non vuole iniziare una relazione con qualcuno che potrebbe sparire alla prima occasione.
E mentre i due uomini cercano di resistersi l'un l'altro, Bennett si rende conto di non essere l'unico ad aver paura di iniziare una relazione con un uomo che potrebbe battere in ritirata da un momento all'altro.
L.A. Witt
L.A. Witt is the author of Back Piece. She is a M/M romance writer who has finally been released from the purgatorial corn maze of Omaha, Nebraska, and now spends her time on the southwestern coast of Spain. In between wondering how she didn’t lose her mind in Omaha, she explores the country with her husband, several clairvoyant hamsters, and an ever-growing herd of rabid plot bunnies.
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A rischio di fuga - L.A. Witt
Capitolo 1
Nessuno di noi aveva la minima idea di quale fosse il vero nome del club. Era uno di quei buchi schifosi vicino alla Torii Station, la base militare di Okinawa, e il nome sull’insegna sbiadita era scritto in giapponese. Quel posto era lì da decenni, e a un certo punto qualcuno l’aveva soprannominato La Baracca
. Il nome calzava a pennello. Era fatiscente: uno di quegli edifici della seconda guerra mondiale il cui scopo originario non si ricordava più da tempo, trasformato in un locale che aveva fatto un tentativo, riuscito solo per metà, di somigliare a un Tiki bar. Eravamo tutti piuttosto sicuri che la lunga fila di bottiglie di Corona sbiadite utilizzate come lampadine e l’erba marrone ornamentale servissero più a tenere insieme il posto che non a creare l’atmosfera.
Per qualche strana ragione, però, alla mia squadra piaceva andare lì e, anche se avevo altri piani per la mia serata, per una volta decisi di unirmi a loro. Dopotutto, la folla al Palace Habu – il miglior locale gay dell’isola – non si sarebbe fatta interessante prima delle 23.00 o giù di lì. Andarci presto sarebbe stato noioso da morire.
Così mi feci lasciare da un taxi fuori da quel bar sgangherato ed entrai.
«Ehi! Roid-Rage ¹!» Il tenente comandante Vincent, alias Juggernaut, mi diede una pacca sulla spalla non appena varcai la soglia. «Amico, avevi detto che non saresti venuto.»
Feci spallucce. «Non c’era niente di bello in tv. Ho deciso di venire a divertirmi un po’ con voi stronzi.»
Juggernaut ridacchiò. «Sono contento che ci sia anche tu, idiota. Andiamo. Il primo giro lo offro io.»
«Mi piace come suona.» Mi feci condurre verso il bar, dove il resto della squadra si stava già scolando un giro. Probabilmente il loro terzo o quarto, visto che avevano deciso di incontrarsi alle 19.30, e cioè un’ora prima.
Al bar, Juggernaut mi spinse una birra in mano. Almeno non era quello schifo di Orion che servivano in tutti gli altri bar fuori dalla base. La birra scadente era sempre meglio di niente, ma grazie a Dio, per quanto facesse schifo il locale, lì non era un problema. Soprattutto perché mi serviva un po’ di alcol in circolo, prima di andare al Palace Habu.
Non appena raggiunsi i ragazzi al tavolo, il mio ufficiale addetto alle intercettazioni radar (RIO), Derek "Bear Ass ²" Morales, si girò verso di me e per poco non mi rovesciò la birra sulla camicia. «Porca puttana. Alla fine sei venuto.» Fece un gran sorriso. «O ti stai solo preparando per dopo?»
Gli feci un sorrisetto e sollevai il bicchiere. «Mi faccio una birra a buon mercato prima di andare a caccia di un culo a buon mercato.»
«Ma che cavolo, amico. Non voglio sapere dove infilerai l’uccello.» Arricciò il naso e buttò giù ciò che restava della sua birra.
Io semplicemente risi, e poi andai a prendere un altro drink. La verità era che non mi andava di bere al club dove sarei dovuto andare dopo. La birra costava un occhio della testa, e la maggior parte di ciò che servivano alla spina faceva schifo. Nel locale dove ci trovavamo, invece, nonostante fosse una baracca fatiscente, potevi birra decente per pochi dollari.
«Beh, che diavolo,» disse Morales. «Per una volta c’è qui tutta la cazzo di squadra.» Fece un cenno col capo verso un punto dietro di me. «È venuto anche Tex.»
«Tex è qui?» Mi girai, e il mio cuore mancò un colpo. Forse avevo solo voglia di scopare quella sera, ma uno sguardo al Tenente Comandante Austin fu sufficiente a spedire buona parte del mio sangue sotto la cintura.
La maggior parte degli uomini non mi facevano quell’effetto. Riuscivo a mantenere il controllo ed ero abbastanza spigliato anche mentre flirtavo con un uomo per portarmelo a letto. Ma con Tex? Cazzo, era eccitante. Anche in abiti civili. Alcuni dei miei compagni di squadra erano scopabili solo perché facevano un figurone nelle loro uniformi di volo, ma in uniforme di volo chiunque sembra figo. Tex lo era qualsiasi cosa indossasse.
Non aiutava il fatto che sapessi che era gay. L’intera cazzo di squadra ne era stato a conoscenza ancora prima che incontrassimo il suo ultimo ragazzo.
Tutto di Tex mi mandava in confusione. Aveva un accento che non riuscivo bene a identificare: aveva un qualcosa che mi faceva pensare alla East Coast, ma non esattamente di New York o Boston. Aveva scelto di rispondere al nome di battaglia di Tex
perché il suo cognome era Austin, anche se il pilota di un’altra squadra aveva deciso che fosse perché in Texas c’erano solo manzi castrati e finocchi. Avrei pagato fior fior di quattrini per essere presente il giorno in cui l’aveva detto a Tex. La leggenda narra che Tex abbia fatto un sorrisetto e poi detto: «Forse mi potresti portare da qualche finocchio allora, perché sono un po’ a secco in questo periodo, e tu invece sembri esperto in materia.»
Era sfacciato. Era sprezzante. Ed era proprio... tutto quello che volevo in un uomo. Capelli neri tagliati a spazzola: le regole sul taglio dei capelli per noi non erano ferree come lo erano per i novellini appena usciti dal centro addestramento reclute, ma visto il caldo e l’umidità, tenere i lati della testa rasati aveva i suoi vantaggi. E a proposito del caldo, credo fosse quello il motivo per cui sfoggiava un’abbronzatura così perfetta. Gli arrivava alle maniche della t-shirt, e avrei scommesso uno stipendio e un pompino che continuava su per quelle spalle possenti e gli copriva il torso magro. Del resto, metà dei ragazzi sull’isola faceva jogging a torso nudo. Cosa non avrei dato per un appartamento con vista sul suo percorso. Anche se per il momento, guardarlo mentre si piegava sul tavolo da biliardo era...
«Ehi, ehi, signori!» urlò Juggernaut sopra la musica, facendomi trasalire e distogliendo la mia attenzione da Tex. Gettò con così tanta forza un braccio intorno alle spalle di Barbosa, che recentemente si era unito alla nostra squadra, che quasi lo fece cadere. «Qualcuno non si è qualificato per l’atterraggio sul ponte!»
«Che cosa?» risi. «Sul serio?»
«Immagino che sappiamo cosa dobbiamo fare