Più del veleno, l'anima
By Luca Filippi
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Più del veleno, l'anima - Luca Filippi
PERSONAGGI
CONTEMPORANEI
Manfredi Scarlatti, medico patologo
Tanja Volkovic, scienziata, fisica
Ermete Balint, capo dell’istituto di paleopatologia
Hyun Ki, gemmologo coreano
ANNO 1450
Carlo VII, re di Francia
Agnès Sorel, favorita di sua maestà, Dame de Beauté
Antoinette de Maignelais, baronessa di Villequier
Apolline, Juliette, cameriere di madame Sorel
Robert Poitevin, medico di corte
Aymeric, spia del principe Luigi di Valois
Monsieur Lemorgue, imbalsamatore
PROLOGO
Roma, Archivio Segreto Vaticano
Qualche mese prima…
Una sagoma nella luce crepuscolare.
Si avvicinò allo scaffale ed estrasse il volume, poi si soffermò un attimo a pensare. Quanto sarebbe stata bella la sua vita, se fosse riuscito a godere solo di piaceri purissimi: il profumo dei libri antichi, la bellezza dell’arte. Avrebbe voluto vivere come uno di quei fiori sulla superficie dei laghi. In equilibrio, nel sottile confine tra aria e acqua.
Non era così, purtroppo. La carne lo tormentava. Senza quasi rendersene conto, cercò l’ultima cicatrice e la percorse con un dito. Non sentiva dolore, solo un opaco appagamento dei sensi. Fotogrammi, in rapida successione, si accesero sullo schermo nero della mente.
I suoi vizi erano costosi e presto avrebbe dovuto pagare.
D’un tratto, un foglio scivolò fuori dalla raccolta che stava studiando. La carta ingiallita dal tempo, l’inchiostro quasi illeggibile. Quasi.
Come se si fosse innescato un automatismo, gli occhi allenati ai particolari si concentrarono sulle piccole lettere, vergate con eleganza.
Le labbra si mossero, mentre sillabava il contenuto della missiva.
Al Santissimo D.N. Callisto papa di Roma,
il terzo con questo nome,
per mezzo di Padre Dimitri Anastopulos,
questa è la lettera del suo umile figlio in Cristo, Jacques Cœur, nobile di Francia
per volontà di S.M. Carlo VII di Valois.
Santissimo Padre,
il vostro umile figlio Jacques sempre vi ringrazia della fiducia in lui riposta.
Da quando sono stato incaricato di difendere la nostra Santa Dottrina dalla barbarie degli ottomani, con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima ho tenuto fede al mio impegno. Mi duole avvertirvi che da alcuni mesi sono molto malato. I medici stanno facendo il possibile, ma sento che la morte è prossima. Nel chiedere la vostra misericordiosa benedizione, intendo liberare la mia anima da un segreto che mi opprime da molti anni. Un segreto che non ho voluto rivelare neanche a re Luigi XI, pur essendo stato sottoposto alle più efferate torture.
Il mio segreto, Santità, è legato a una donna. Tremo solo a pronunciarne il nome al vostro cospetto, perché ella visse nel peccato, pur essendo buona e generosa d’animo. Costei era…
Nel leggere il nome quasi gli mancò il fiato. Dovette fermarsi, per tornare di nuovo al rigo e controllare. Non si era sbagliato. Si trattava proprio di quella donna.
Possibile che fosse una coincidenza?
Continuò a leggere, con il cuore che gli martellava nel petto.
A una prima occhiata quella lettera sembrava un racconto inverosimile, una favola priva di qualunque fondamento.
Si passò una mano sul viso.
Magari, invece, era tutto vero.
Guardò di nuovo il foglio e il nome del pontefice, proprio in cima alla missiva.
«Callisto papa di Roma, il terzo con questo nome.»
Lo conosceva bene: Callisto III, al secolo Alfons de Borja y Cabanilles.
Il primo Borgia a sedere sul trono di Pietro.
Quando c’è di mezzo un Borgia, pensò l’uomo, tutto può essere vero.
Anche l’inverosimile.
L’uomo fece scivolare il foglio in una tasca.
Forse aveva trovato la soluzione a tutti i suoi problemi.
1
Aeroporto di Ronchi dei Legionari
Oggi
Mi chiamo Manfredi Scarlatti e faccio il medico, ma non il medico che visita i pazienti. La mia specialità è l’anatomia patologica. Ho preferito dedicarmi ai trapassati piuttosto che ai vivi: silenziosi, disciplinati, non si lamentano per le code agli sportelli e non contraddicono le mie diagnosi. Non devo fare i conti, come invece accade a molti miei colleghi, con chi è convinto che un quarto d’ora di ricerche su Google equivalga a una laurea in medicina.
La morte mi affascina a tal punto che la vado a cercare anche a ritroso nel tempo, rovistando nei secoli a caccia di cadaveri famosi, di delitti irrisolti. Ho affondato le mie mani nel corpo mummificato di leggendari sovrani, bellissime cortigiane, splendide regine.
Mi sono procurato una certa fama come paleopatologo, ovvero patologo del passato, e spesso mi chiamano a fare parte di importanti gruppi di ricerca.
E anche adesso sono in volo per una missione scientifica che mi ha portato a lasciare l’autunno romano per andare a Trieste.
Mi lascio dietro le spalle una lunga gavetta in ospedale, dal quale ho preso alcune settimane di aspettativa.
Non ho vincoli affettivi e non sono uno che li va a cercare. Qualche volta mi innamoro, ma è come una brutta febbre: arriva, avvampa e poi passa. Di solito, non lascia troppi strascichi.
In aeroporto, all’uscita dalla zona duty free, c’è un banco che vende prodotti a base di lavanda. Sul cartellone campeggia l’immagine di prati sterminati, carichi di fiori color lilla. Camminando a passo svelto, arrivo davanti a una vetrata a specchio. Per un istante mi balena di fronte agli occhi la mia immagine. Altezza media, colori mediterranei. Forse dimostro qualche anno in meno rispetto ai miei trentacinque. Anche per sembrare più autorevole, ho deciso di lasciare crescere la barba. Per ora sulle mie guance c’è solo un’ombra ruvida.
Ritiro il bagaglio ed esco alla ricerca di un mezzo che mi porti in città. Fuori mi aspetta un tramonto stupefacente: una colata di lava su un cielo di piombo. Soffia un vento sottile ma freddissimo. Mi abbottono il giaccone, pentendomi di non aver portato vestiti più pesanti.
La fortuna mi sorride: c’è un autobus che, in un’oretta scarsa, mi porterà a destinazione. Durante il tragitto, vengo assalito dalla stanchezza e precipito in un sonno profondo.
Il pullman frena bruscamente arrestandosi di fronte alla stazione centrale di Trieste, una costruzione in stile viennese. Ogni cosa, in questo angolo di città, risente dell’influenza asburgica. A cominciare dalla statua dell’imperatrice Sissi, che campeggia nei giardini davanti alla stazione.
Per l’alloggio, ho optato per un economico Bed&Breakfast, a pochi passi dal porto. È lontano dal centro ricerche, sperduto tra le rocce del Carso, ma preferisco fare la spola ogni giorno piuttosto che rinchiudermi in un appartamento vicino al laboratorio. Il capo del progetto di ricerca, il professor Balint, abita non molto lontano dal Bed&Breakfast e si è offerto, nello scambio di mail che abbiamo avuto prima della mia partenza, di darmi un passaggio. Ci siamo dati appuntamento in serata, in una birreria bavarese, per stringerci la mano e scambiare quattro chiacchiere.
Il professore è un eminente studioso di paleopatologia. Ha scelto uno per uno i componenti del suo staff, dopo un attento esame del curriculum. Ci siamo parlati una sola volta